Eduardo Blasco Ferrer, La parlate dell' Alta Ogliastra, Analisi dialettologica. Saggio di storia linguistica e culturale, Studi di Linguistica sarda, Collana diretta da Eduardo Blasco Ferrer e Heinz Jiirgen Wolf, num. l; Cagliari, Edizioni De/la Torre 1988, XI + 259 pp., con 5 carte e 3 fotografie. l. II fascino del sardo, questo «Naturpark der Romania», come J. Jud lo defini molti anni or sono, garantisce vivo interesse a qualsiasi pubblicazione che tratti que­sto membro della famiglia neolatina. Se tali studi sono condotti secondo i metodi at­tuali, basati su solide inchieste e completati dalla larghezza delle vedute antropologi­che, storiche e culturali, il successo non puo mancare. Eappunto il giudizio sintetico che a mo' di anticipazione possiamo fomulare sul volume qui recensito. Ne eautore il giovane studioso italiano (di origine catalana) Eduardo Blasco Ferrer, autore di al­cuni libri sul sardo e sul catalano, autore anche di una serie di studi e collaboratore al Lexikon der romanistischen Linguistik (per la storia esterna del sardo). 2. Alla Prefazione (p. XI) segue la parte 1: Introduzione teorica e storica. Testi dialettali (pp. 1-64); la parte Ilporta il semplice titolo Grammatica (pp. 65-157) ed edivisa in Fonetica e jonematica e Morjosintassi; la parte III ededicata alle Strutture lessicali e toponimia (pp. 159-178); la parte IV ci informa sil La posizione linguistica deli' Alta Ogli astra (pp. 179-188); in fine, la parte V tratta laDialettologia e [la] ricostruzione storica (La romanizzazione del versante orientale de/la Sardegna) (pp. 189-206). In calce al volume si trovano una ricchissima bibliografia (512 uni­ta), l'elenco delle abbreviazioni, dei segni e dei simboli, gli indici, 5 carte geografi­che e 3 foto in bianco e nero delle tre localita particolarmente studiate (Baunei, Ur­zulei, Talana). 3. Lo scopo dell'opera eesposto all'inizio del volume: «Questo libro vuole esse­re un bilancio provvisorio» (p. XI), «ho volu to offrire al lettore, specialista o uomo di cultura, qualcosa in piu di una semplice grammatica» (ib.). L'idea-guida, che per­vade tutto il libro, eil legame tra i fatti-li'l'lg'tristici e la storia antropologica e cultura­le. L'autore vi insiste varie volte: «La verifica sulla natura e le cause del cambiamen­to linguistico [ ... ] non potra trovare alcuna conferma nei dati linguistici, se si pre­scinde dal contesto sociale e dall'inquadramento storico-antropologico» (p. 4); «E necessario [ ... ] studiare per ogni zona [v. per questo concetto un po' av.] esaminata: il tipo di habitat, le vie di comunicazione e i suoi [sic; = loro?] spostamenti, le giu­risdizioni amministrativa ed ecclesiastica, la sua cultura antropologica» (p. 5); «SO­no convinto che la demarcazione geolinguistica non costituisca un fatto fortuito, ma che rispecchi invece una partecipazione dell'area ad un iter storico, antropologico e culturale comune peculiare» (p. 16), «il linguista opera con dati che sono tutt'altro che autonomi o staccati da una trama sociologica, antropologica, umana» (p. 192); «la sociolinguistica moderna ci insegna che un'analisi linguistica unilaterale, cioe disgiunta dai fatti sociali, non ha capacita esplicativa autonoma» (p. 202). Anche se la categoricita di alcune di queste affermazioni puo prestarsi a discussione, la dipen­denza della lingua dalla comunita dei parlanti e dall'ambiente e un fatto. 4. L'autore introduce il concetto di zona linguistica e lo «promuove [ ... ] a ele­mento centrale dell'analisi» (p. 10). Che cosa si debba intendere con questo termine (concetto) si legge a p. 5: «que/l'insieme di varieta dia/etta/i che condividono tratti linguistici ana!oghi, riconducibili ad un sistema univoco ed altamente distintivo h­spetto a varieta confinanti, e che partecipano ad una stessa evoluzione storica e cul­turale» (corsivo dell'autore). II nesso lingua-storia-cultura riappare anche qui. 5. L'analisi linguistica si basa sui testi, dati in trascrizione (secondo l' API) e corredati della traduzione in italiano (che non e sempre letterale masi regola spesso sul senso, p. 29). I testi registrano la conversazione quotidiana viva e spontanea, le leggende, le fiabe, gli aneddoti personali ecc. L'autore ha diviso i materiali registrati a seconda delle tre localita e all'interno di queste ha cercato di raggrupparli per temi, preoccupato di darci quelli che, seguendo J.-M. Petit, denomina etnotesti (p. 13). Questi esprimono «ii rapporto di un gruppo etnico con l'ambiente che !o circonda» (p. 14) e sono cosi «Sincere estrinsecazioni di una cul tura antropologica particolaris­sima, onde la piu adeguata definizione di etnotesti» (p. 29). 6. La tesi centrale (risultato di una minuziosa analisi linguistica sulla quale non possiamo soffermarci) e quella della romanizzazione particolare deli' Alta Ogliastra (e Ogliastra in genere), «un'ondata innovativa di latinizzazione che dovette coipire il versante orientale sardo fino all'altezza dei tre comuni esaminati [Baunei, Urzulei, Talana]» (p. 196). Questa e anche una zona di incroci: «le acquisizioni accumulate sul trattamento delle occlusive e della iabiodentale ci suggeriscono che la nostra zo­na appartiene ad un.'area conflittiva, dove diversi sistemi si sono sovrapposti» (p. 77). La posizione della zona esaminata e il risultato dell'azione reciproca di fat­tori innovativi e conservativi (p. 181) e «ii volto della zona dialettale riflettera i pro­cessi storici ed i mutamenti sociali ed antropologici ivi opera tisi ne! decorso dei seco­ii» (ib.). Percio e lecito «interpretare l'organizzazione piu intima della cultura sarda (almeno di quella centrale o pastorale, delle zone piu isolate) come di carattere me­dievale» (p. 15). La latinizzazione dell'Ogliastra e diversa da quella che si e svolta ne! centro montano e ne! Campidano (p. 142). Un importante elemento della Sardegna linguistica e il legame -da tempo noto -tra la latinita sarda e quella africana, e anche il Nostro constata che «i primi pro­cessi di C:onquista e di colonizzazione romana denotano senza alcun dubbio vincoli stretti con la latinita africana» (p. 195). Tali contatti sono confermati dai paralleli onomastici e dai rapporti commerciali (ib.). 7. Soffermiamoci un attimo su alcune altre constatazioni interessanti che si leg­gono nell'opera del Nostro. Gli idronimi sono conservativi (p. 168, nota 263) [veramente, e un fenomeno generalmente noto]; c'e una differenza linguistica e an­tropologica tra gli uomini (pastori, solitari ma anche esposti a contatti ed innovazio­ni) e le donne (casalinghe, a contatto con altre donne e con i vicini, conservatrici di archaismi) (p. 27); in opposizione al tradizionale primato degli esempi fonetici si ri­ badisce -giustamente -la rilevanza dei fenomeni morfosintattici e deIIe preferen­ze Iessicali (p. 182) [per conto nostro, ai fini tipologici e classificatori riteniamo la morfologia piu importante del lessko]; infatti, la morfosintassi e«il settore della lingua meno labile e meno esposto alle innovazioni» (p. 200). Quanto al lessico, cer­te spiegazioni etimologiche riescono convincenti, ad es. di fronte all'attuale bettfu 'vecchio' si ha la forma antiklu, che non si spiega se non con l'influsso di veclu (< UECLUS), dunque ne attesta implicitamente l'esistenza nel passato (p. 87, nota 90); bakku 'fossa, forra, ditupo, gola di montagna, zona ombrosa, percorso di rio cir­condato da alberi' espiegiato come esito di OPACU (p. 169); sono interessanti an­che i commenti a proposito deJle voci ory6sa, uryzisa 'sorgente aJl'aperto, polla d'acqua, luogo dove scorre l'acqua e si portano le greggi ad abbeverare» (p. 175). E ci sono vari altri esempi. 8. II commento piu propiamente Iinguistico ci fornira diverse occasioni di muo­vere deIIe obiezioni, in parte anche critiche. L'obiezione critica principale con\:erne l'affermazione che si legge a p. 3 e che in una certa misura sembra essere la profes­sion de foi scientifique deJl'autore. Eccola: «Ai ferrei modelli ricostruttivi ottocen­teschi, aJl'impulso strutturalistico e aJl'innovazione, davvero attraente, mane! fon­do innocua, della Grammatica Generativa (-Trasformazionale), non sono segui­te fomulazioni in grado di ovviare agli schemi anodini e fondamentalmente estranei al dinamismo deJla Iingua di cui si avvalgono la grammatiche storiche tradizionali e moderne». L'inadeguatezza deJla grammatica tradizionale ecosa ormai pacifica e insistervi vuol dJ6vana non puo valere come esempio di desono­rizzazione. -5) Pp. 73-74: che la desonorizzazione sia antica non si puo, a nostro avviso, provare con l'argomento che essa interessa gli etimi latini, dato che in essi sono possibili anche processi fonetici seriori o del tutto recenti; ugualmente, non ve­diamo perche la posizione in clausola sintattica (termine dell'autore per juncture) dovrebbe essere posteriore a quella entro parola: i processi automatici sono certa­mente contemporanei in ambedue le posizioni. -6) P. 88, nota 94: non ci pare ap­propriato definire l'elemento [dd3] in e'febbfdd3u <-::: *REM UIUUM) 'insetto noci­vo -persona molesta, rumorosa, noiosa' come interfisso, dato che questo termine si usadi solita in un'accezione diversa (cioe, nella struttura ftlorfemica e/o nella for­mazione delle parole). Analogamente a p. 114. -7) P. 104: non risulta chiaro come una parola deittica quale kustu 'questo' possa avere la funzione anaforica e nel con­tempo, come si dice a p. 106, introdurre un nuovo argomento (rema). Le due fun­zioni dovrebbero essere incompatibili. -8) P. 111, § 22.7: nella forma ogliastrina nar sare, MELE> miere, SOLE > soare, ~ULU > ~ur ecc., di fronte a MAXILLA > masea, STELLA > stea, SELLA > ~a, GALU­NA > gaina; OLLA > oa!a, CABALLU > cal; *PILLA > piuii (REW 6496) ecc. 10. I principali errori di stampa sono stati corretti nell'accluso foglio akkfne; a p. 217, s.v. LOfstedt, Einar, l'anno 1953 andrebbe corretto in 1959 ecc. Si aggiunga che la forma nartka 'dicono che', di cui pullulano i testi riprodotti, dovrebbe essere inserita nell'indice delle parole citate. Pavao Tekavèic