ANNO X Capodistria, 16 Novembre 1876 N. 22 LA u u OYINCIA DELL' ISTRIA ti ontiiìqni; IL mi-i oiadd-nioq ■ ib !,silfi?» i ■ ! !» -OHijJ l'i.':' Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-trimestre in proporzione.— Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Dn numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ELEZIONI DIETALI Ecco il risultato delle elezioni per la dieta provinciale nella nostra provincia: Pei Comuni Foresi nei distretti elettorali di Capodistria — Pirano — Pinguente : D.r Lion i. r. medico distrettuale — rev. Carlo Fabris parroco di Pinguente. Parenzo — Buje — Montona: D.r Andrea Amoroso — marchese G. Paolo Polesini. Dignano — Pola — Rovigno : D.r Sbisà notajo — Alberto Marchesi. Pisino — Albona: Cav. Wintschgau i. r. capitano distr. — barone Giacomo Lazzarini. Volosca—Castelnuovo: rev. parroco Andrea Sterk — rev. parroco Antonio Spincich. Veglia — Cherso — Lussino : il Luogotenente barone Pino — rev. parroco Dorcich. Per le città — borgate — luoghi industriali: Cherso — Vegliai il luogotenente barone Pino. Lussinpiccolo — Lussingrande: D.r Francesco Vidulich. Pola —• Dignano: Eoberto Muller i. r. direttore dell'ufficio idrografico. Rovigno : il podestà di Rovigno D.r Matteo Campielli. Parenzo — Cittanova — Umago: Francesco Sbisà. Pirano: il podestà di Pirano D.r Pietro Vatta. Capodistria: D.r Cristoforo Belli. Isola — Muggia — Pinguente : rev. parroco d'Isola Zamarin. Montona — Buje — Visinada — Portole: D.r Silvestro Venier podestà di Buje. Pisino — Albona — Fianona : il podestà di Pisino D.r Cech. Volosca — Moschenizse — Lovrana — Castua : Terdich i. r. consigliere d'appello in Trieste. Per la Camera di Commercio: D.r Giuseppe Basilisco di Rovigno — Giuseppe Corazza di Montona Per il grande Possesso : D.r Antonio Scampicchio di Albona. D.r Francesco Venier di Pirano. D.r Giuseppe Vergottini di Parenzo. D.r Giov. Batt. " D.r Marco Petris di Cherso. Franceschi di Seghetto. liuiQ Il risultato di queste elezioni si può dire soddisfacente, perchè la maggioranza dei deputati eletti è di nostri .comprovinciali i quali rappresentano i nostri interessi, la nostra civiltà; però onde riuscire in questo intento si è dovuto combattere una lotta accanitissima quasi in tutti i collegi elettorali, contro candidati sostenuti con ogni mezzo dagli organi governativi per ordine superiore; questi candidati erano preti o impiegati dello Stato a seconda della opportunità di persuadere gli elettori nei vari collegi dove per gli uni dove per gli altri. Lo stesso luogotenente del litorale si fece eleggere in due collegi. Noi per quanto tentiamo, non sappiamo spiegarci le cagioni che possono aver mosso il governo ad un partito così estremo come quello di combattere la volontà dei cittadini stessi, eh' esso stesso governo invita a liberamente manifestare. Deplorevoli però ne sono le conseguenze : parecchi dei nostri migliori sono rimasti esclusi dalla Dieta, e ne furono introdotti di quelli i cui sentimenti o sono un' incognita, oppure sono manifesti come ostili alla amministrazione provinciale che ha durato fin ora, godendo la fiducia del paese, tutti però obbedienti alla volontà dei superiori. Una voce di agitazione, di discordia si è sparsa per tutta la provincia e come la crittogama che si ferma sulle piante infermicce, ha preso radice nell' animo degli uomini deboli ed in quelli che hanno sempre basate le loro speranze sui torbidi e sulle disgrazie. Abbiamo vinto! ma sappiamo approfittare della vittoria stringendoci sotto la nostra vecchia bandiera la quale ci guida a progredire sulle traccie di una antica e splendida civiltà. ir, i .fino rt» 03 foisu '«ir 1933 . uri t- / 07V. COREISPOOESZE Dragucli, Novembre 1876. (r) Da molto tempo eia desiderata la organizzazione di una scuola in questo paese, dove il parroco non poteva per ragioni del suo miuist'éro, trovare il tempo di impartire una regolare istruzione. I danni che si potrebbero enumerare e che hanno origine nella mancanza di scuola bene organizzata sono molti Qorne da per tutto, e finalmente i miei concittadini apersero gli occhi, davanti le funeste conseguenze dell'ignoranza, ed ebbero la fortuna di poter affidare ad un bravo maestro il sig. Giuseppe Grossich, la istruzione dei loro tigli. Quanto bene faccia e possa fare questo bravo maestro, è inutile dirlo per nou ripetere a voi, cose già note, come sono queste del benefizio dell'istruzione; ma forse nè qui uè in altri comuni di campagna si sa ancora valutare il gran bene che porta la scuola ed è perciò che in ogni guisa, ed iu ogni tempo bisogna insistere per la istituzione di scuole; ed indicare quali veri pa-triotti meritevoli della stima di tutti, quei poveri maestri che pur aspirando a più larghi orizzonti rimangono quasi fuori del mondo in un piccolo villaggio a portare la civiltà; onore ad essi, onore al nostro bravo maestro sig. Giuseppe Grossich ! -I»o?. -n;i> ói.'.f ij ifiois^lfi —OK. ---—J5 teso» il oJ/Ml«?i ote sopra i Castellieri Rovine preistoriche «Iella penisola istriana del capitano 11. F. IttltTO.X, vicepresidente della Società Antropologica di Londra, e console di S. JI. Britannica in Trieste Prima versione acconsentita dall'autore - '••• ««ma! «» «tffHBeJojM N. M.-G. istriana. oouiqqàa noa .o«uiiJu'ri oiaàup vhj io9t nq usi Ir. ornavo^ li oesora vr/r. onosnoq sdo iitofcj» il Preliminare Gli è con vero piacere, che io espongo un tale soggetto a'miei colleghi della Società Antropologica di Londra, e a tutti gli amatori della giovane nostra antropologia. Io credo che la vera esistenza dei Castellieri istriani sia anche oggigiorno un segreto per l'Inghilterra. Infatti il signor James Fergusson scrive nella riputata sua opera "Monumenti di pietra rude» quanto segue: "Per quello ch'io mi sappia, nulla è noto dei Castellieri istriani. Una descrizione iu proposito sarebbe assai utile ed interessante per addimostrare quale analogia essi abbiano coi Nurhags della Sardegna, o colle Torri de'giganti di Malta e delle Baleari. Le isole del Mediterràneo contengono parecchie antichità disperse, d'ignota origine, la quale sarà nota soltanto allorché se ne scopriranno di consimili sul continente europeo.,, Alla estremità nordica del golfo adriatico, (M Superum), laddove termina lo stretto di mare, che rap-preseuta la gola dell'imboccatura del Mediterraneo, giace un piccolo triangolo di terra, rassomigliante ad im' ugola. Questa è l'Istria. Le sue dimensioni ed i suoi limiti sono cento o sedici chilometri dalla base della linea nordica (lat. 45° 53) all'apice del sud, ov'è il Capo Promoutore (lat. 45° 46); quaranta nove chilometri in massima larghezza dal fianco di levante del Monte Maggiore (long. 14° 15) fino a ponente dov'è Parenzo, l'odierna capitale (long. 13° 35 40"). Le rive istriane misurano in ampiezza cento e novantatre chilometri lineari, e la terra di fronte, che si .-estende jla nord-ovest a sud-est, novantanove. L'intera penisola poi misura duecento settantaquattro chilometri, con un'area di tre mila quattrocento e dieci. Per la sua costa lunga quasi due volte la sua frontiera, e per la sua altezza di circa mille piedi sopra il livello del mare, l'Istria gode di uu clima delizioso, eccettuati que' pochi luoghi dove il temuto borea (Boreas), dono del Carso glaciale, e della vallata xlelia Sava, .attratto dalILaria. calda del golfo adriatico, invade le ubertose pianure. La sua amena postura deve averla un tempo resa abitazione di popoli non civilizzati, i quali l'avranno prescelta ut freddo e sterile Carso o Carinola, detto volgarmente Cragno, col quale confina a nord-est ed est. La vicinanza del mare la provvede di pioggie invernali ; mentre per io contrario, la formazione calcarea e cretosa, chè per crepature e voragini versa i suoi scoli nel mare, presso il quale abbondano sorgenti d' acqua fresca, dette poh opolle, 1) (vedi le note) rende l'interno soggetto nella stagione estiva a siccità. Ma a ciò po-trebbesi riparare coli'imboscamento e coli'introdurre il sistema veneziano dell» cisterne, oppure con quello dei tólàbs o serbatoi d'aequa dell'Indostan. Fazio (o Faccio) degli Uberti, nel suo poema il Ditta®ondo,„ III, 2, giustamente dice: "Ed Istria vidi come nel mar cova» "And Istrian land I saw brood o'er the sea». Il defunto dottor Kandler di Trieste del quale parleremo iu seguito, descrive così il suo paese natale: »Chi cpnsidera questa regione dal mare, ammira le forme bellissime e regolari degli altipiaui, |à fertilità e la splendida vegetazione delle pianure, il numero e la sicurezza delle strade e dei porti ; nè dura alcuna difficoltà a comprendere l'alta lode prodigatale da Cassiodoro (nato intorno l'anno 468 d. C.) nell'epistola che scrisse da Ravenna. — Per lo contrario chi la considera dall' interno, costretto a traversare una successione di pendici settentrionali non raramente aride e desolate, e stanco e confuso dalla moltiplicità di forme svariatissime, vede ogni cosa sotto l'aspetto il più svantaggioso. Incapace di concepire un piano generale, giudica sinistramente del paese. Secoudo esso la costa, i porti, la lussureggiante vegetazione delle sue spiagge, i campi ridenti, le frequenti città, i monumenti vetusti son gittati a casaccio come oggetti smarriti sulla costiera». Punt.1 10, •'l'Istria et. Uguale contrasto veggiamo anche tra' il Libano, le coste della Siria e della Palestina, le cui bellezze debbonsi ammirare dall' alto. Quelli che costeggiano la Terra Santa, non veggono che steppe d'ignude muraglie, le quali sostengono una successione influita di terrazze] e benché ne rimanga nascosta la lussuriosa vegetazione, tuttavia Son desse riparo alle inondazioni ed ai terremuoti. Quando il viaggiatore recasi per la prima volta iu Istria, e perfino quando ispeziona la carta geografica, è tentato di credere che questa penisola sia una eccezione alla legge generale che governa il globo. In ogni grande penisola triangolare, le cui sommità guardano a mezzogiorno, per esempio l'India, le parti sono unite da Ghats o recinti laterali, che fiancheggiano un interno bacino, od altipiano di bassa elevazione. Le parti minori come il Sinai, presentano un piccolo triangolo V di altipiani, racchiuso in uno molto più grande, come in questa figura i U oìiin -. uq/. .cbfcf '»[,. Vista la penisola istriana dal mare dovrebbesi ritenere abbia un regolare pendio dalle alte frontiere nord-est, est, e sud-est; cioè dallo Slaunik (monte Tajauo), dalie Montagne dei Cici, e dal Monte Maggiore ossia Caldiera. Per cui Plinio scrive col suo splendido stile: "Histria ut peniusula excurrit„. (Nat. Hist. ili, 23). E geografi istriani l'hanno considerata come un sostegno delle Alpi Giulie, spinta innanzi dal Nanos, dal Monte Re o Regio 2), e dal Monte Albius o Albanus, conosciuto per il Monte Nevoso (Schneeberg). Plinio (Nat. Hist. iii. 19), in un passo evidentemente corrotto dice che "alcuni scrittori hanno asserito essere la lunghezza dell'Istria 40 miglia M[P. xl), e la sua circonferenza 125 (il/. P. CXXV). Lo stesso dell'attigua Liburnia e del golfo Flanatico; mentre altri la fanno 225. Altri invece vogliono la circonferenza della Liburnia 180 miglia. „ Queste parole in italiano dovreb'bousi intendere così: "Alcuni vogliono la circonferenza della Liburnia attigua al Golfo Flanatico 225 m., altri vogliono la sua estensione 180 miglia. Straboue (VII, ò, § 3) dice essere la costa istriana lunga 1300 stadii, o circa 155 miglia. Nelle carte dell' Istria noi troviamo quattro grandi vallate centrali, le quali sboccano nel mare una al nord-ovest, due all' ovest, ed una al sud. La prima è la Dragogna, i di cui tratti caratteristici sono praterie e saline. La seconda, che divide la penisola iu due prende vari nomi; per esempio: La valle del Quieto all'imboccatura, la Valle di Montona più sopra; e questa è la sola acqua 3) corrente in Istria che meriti nome di fiume (il Risano è un semplice ruscello 4) la qual acqua può trasportare nell'Adriatico la ricca messe di legname che popola le sue sponde. La terza e la quarta sono la Val di Leme (Culleus Limenis) ed il Canale e la Valle d'Arsa (la classica Arsia, che divideva l'Italia dalla Liburnia), profondi e dirupati canali o burroni di pietra calcarea nella parte superiore, veri Fjords nella inferiore. (Continua) NOTE 1) Pola, il grande arsenale dell' Austria, fu erroneamente derivata da Pietas Iulia; comecché anche Strabone la denomini così; e Plinio nella Storia Naturale III, 23 la chiami Colonia Pola, ora Pietas Iulia. Sebbene il primo voglia tragga sua origine dai Colcbi, (exulum oppidum), pur tuttavia pare che il nome di Pola sia una parola affatto indigena, significando essa una sorgente d'acqua dolce nel mare, fenomeno assai comune lunghesso le spiaggie del Mediterraneo. II dotto cavaliere Tommasini di Trieste, ed il barone Carlo de Czoeruig (junior), miei compitissimi amici, asseriscono ambidue che la parola Polla sia una derivazione dal latino pullidare e pollutio; anzi il primo aggiugne in proposito che, La langue Romai-ne de la décadence, et l'italienne conservent presque sans exception les voyelles doubles de la langue clas-sique. Quanto a me rispondo, che detta regola nou è senza eccezione. In primo luogo perchè noi diciamo ad esempio Bora mentre Procopio scrive: BIIps; Boppàv ih omM qJ In secondo luogo perchè io ho inteso perfino da uomini colti pronunciare la parola Pola e non Polla. Quando i romani trassero molti istriani iu ischia-vitù, lasciarono qualche avanzo del popolo soggiogato, e probabilmente allora adottarono alcune delle sue espressioni. Se, come ritiensi generalmente, la lingua in Istria era pelasgo tracica, noi possiamo trovare delle analogie nel dialetto celtico degli albanesi, i diretti discendenti dell'antica razza, la cui lingua ha fornito derivazione a molti nomi propri degli antichi el-leni. — Così pure in Islandese, Poli, è un buco o fossa, espressione che decomposta trasformasi in Pola. — L' amico mio dottor Burnard Davis mi adduce le parole = Cornish Poi, Welsh Poli, Armoric Poull, Gaelic Poli, and Manx Poyl, tutte corrispondenti al nostro stagno, o serbatajo d'acqua o di fango. 2) Monte Be. Deriva il suo nome regale da Alboiuo, re dei Longobardi, il quale nel -568 d. C. avrebbe piantato la sua lancia sopra la cima, da cui prospettò l'Istria, che invase senza occupare, preferendo di fondare il ducato dei Friuli. 3) Dagli archeologi Pietro Coppo (1540 d. C.) e Tommasini vescovo di Cittanova (1595 d. C ) fu ritenuto essere stata quest'acqua il fiume a cui allude Strabone nel libro i, 3, § 15. Questi archeologi supposero essere stata quivi un'altra riviera in appendice all'Istro primitivo, portante lo stesso nom*3, e che si scaricava nel mare Adriatico, dal quale l'Istria, attraverso cui scorreva, ne prendesse il nome. Supposero ancora che Giasone per questa riviera ritornasse dal suo viaggio della Colchide. -— Plinio (Nat. Hist. iii 22 ) è della stessa opinione ma in pari tempo ne modifica il racconto, perchè è un fatto che nessun fiume proveniente dal Danubio si scarica nell' Adriatico. Gli archeologi suaccennati furono, io credo, presi in inganno dalla circostanza che la nave Argo venne per un fiume nell' Adriatico non lungi da Tergeste (Trieste?), ma qual fiume foSse è ignoto. Gli scrittori più diligenti asseriscono che la nave fu portata attraverso le Alpi sul dorso di uomini, passando lungo l'Istro, poi lungo la Sava (Save) quindi per Nauporto (nome derivato da vxj; e xspQiw? passaggio = Ober Laibach nel Cragno) il quale essendo situato fra Oemona (Laibach, la capitale) e le Alpi, da quella circostanza deriva il suo nome. Strabone (iv. 6.11) dice Nauporto probabile corruzione di Pamportus. — Siami permesso di osservar qui, che io non trovo ridicola la leggenda della nave Argo portata sulle spalle da uomini pel Danubio nella Valle del Quieto. È vero che i moderni penseranno subito a vere navi od a fregate, mentre la classica nave sarà stata ùii lungo battello, che senza armamento, avrà pesato due tonnellate. Così la sua ciurma di cinquanta remiganti se la sarà caricata sul dorso senza difficoltà. 4) Il Risano non è un ruscello ma, benché piccolo, è fiume. Esso ha la sua origine in vicinanza al villaggio Lonche e dopo un corso di circa IO miglia da oriente ad occidente si scarica nella valle di S. Nicolò d'Oltra presso Capodistria. (Nota della Eed.) ';fI —li.. : -»/i! i .,<{ \ ■ ' , lo Schizzo di Loewenthal Più campo e più ne sento delle belle ! GUADA GNOLI — Nove anni in uno. (Cont. e fine V. N. 21) A spiegare certi arcani, io vorrei evocare dalla tomba un psicologo: ma non lo sceglierei tra gli stranieri molti de' quali hanno la psicologia negli atomi incorporei, nelle ^monadi". Io lo vorrei nostrano. Avutolo innanzi gli chiederei, „Con le ginocchia della mente inchine" una cosa assai ingenua.- Perchè gli istriani con pertinace insistenza fanno da qualche lustro 1' appello nominale dei celebri loro morti ? — C 'è sotto una ragione psicologica ? Se c ' è... ma già sarebbe fiato sprecato perchè i morti da noi non parlano, da noi che abitiamo la Terra dei morti per eccellenza, ed ora per soprassello la Terra dei malscal-zoni: morti e mascalzoni che non sentono neanche l'eloquente resurge del bastone; comecché i secondi, stando all'etimologia della parola, dovrebbero, se non altro, saper applicare in permuta dei potentissimi. . . sottintesi. Questo esordio mi scivolò dalla penna rammentando gli ultimi dolcissimi nomi dei nostri morti, coi quali ho finito l'antecedente tiritèra : Vergerio, Muzio, Trevisani, Gavardo. — Po' su, po' giù la solita letania, ma necessaria per iscusare quella che andrò ancora nominando ; letania di nomi armonici e soavi che basta le mille volte a soffocare quanto di cupo e disarmonioso ci regala la ospitata filologìa. E prima di proseguire collo Schizzo voglio porre, quasi ghirlanda agl'illustri nominati, i recentissimi defunti, le cui calde ceneri fremono sempre amor di patria : Francesco Corniti Nicolò De Rin Antonio Madonizza Andrea Manzoni Di Francesco Combi fu detto egregiamente che egli va annoverato fra gli illustri patriotti che più hanno diritto a duratura memoria nel cuore d'ogni buon istriano, e che nella storia della nostra provincia si leggerà il suo nome come quello di un istriano che la onorò con una vita tutta lavoro e virtù, come quello di un eccellente scrittore e poeta che la illustra dinanzi alla cara patria, come quello del padre di Carlo Combi. — Mori di 78 anni, il 31 agosto 1871. Nicolò De Rin fu "patriotta ardentissimo„, d' a-nimo integerrimo, modesto e fermo ad un tempo. Egli era uno di quegli uomini ai quali la stessa malvagità consente ammirazione e in cui non trova addentellato la maldicenza. „ Sino dal 1848, quando, benché giovanissimo, è stato eletto a formare parte decennale di Trieste, egli domandò che nelle scuole venisse impartito l'insegnamento nella nostra lingua italiana, e parlò anche per la fondazione di una Università italiana. Nel 1862 fu nominato cittadino onorario di Trieste. Nel Consiglio Municipale del 1863 fu portato candidato al posto di podestà, a cui lo si voleva eleggere per sorpresa, ma verificatosi il caso di un ballottaggio. egli fu a tempo di dichiarare recisamente che non avrebbe in alcun modo accettato l'onorifico ufficio. Ed anche l'ufficio di Consigliere municipale declinò nell'elezione del 1865. La sua voce è stata udita per l'ultima volta nel Consiglio municipale nella memorabile seduta del 16 gennaio 1865. Non si ritirò però del tutto dalla vita pubblica, non privò il paese dell' opera sua: si mise soltanto in disparte, dicendo che bisognava eh' egli desse posto a forze più giovani. _ Morì a 57 anni il 7 ottobre 1871. Vedi „La Provincia dell'Istria'', anno VI. Antonio Madonizza fu pure una delle più belle illustrazioni della provincia. "La sua vita fu un apostolato di civiltà e di progresso, di giustizia e di ripa-zione ; e vi attese assiduo, incrollabile, sereno, con una fede indomita, con un coraggio, che mai si smentì, con una varietà di modi, che, se mostrava la versatilità del suo ingegno, era insieme prova dell' affetto intenso, ch'egli portava alla patria. — Morì nel 65° anno, il giorno 1 settembre 1870- Provincia, anno V. Andrea Manzoni amò di caldo, proficuo amore il suo paese, e questo affetto lo persuase a mai abbandonarlo, come con grande vantaggio avrebbe potuto, perchè la fama della sua mente e del suo cuore portando, malgrado Lui, il suo nome lnnge di qui, gli spianava la via ad offerti lucri cospicui, a rinomanza invidiabile. Contento del plauso della propria coscienza antepose 1' amore e la gratitudine de'suoi concittadini alle ricchezze e agli omaggi forestieri. Dotato di acuta ed ordinata intelligenza coltivava con amore gli studi filosofici, inclinato naturalmente alle cose elette gustava e faceva suo prò delle |bellezze della letteratura italiana e latina. — Gli ultimi momenti della sua vita furono come il suo corso posati e santi : morì come visse, esemplare, il 1° di giugno 1872, nell'età d'anni 74. Provincia anno IV. Ed ora ripiglio la mia difesa, qualunque ella sia, azzardando come l'animale della favola di respingere gli attacchi dello Schizzo.: Cet animai est tres mechant Lorsq'on l'attaque, il se defend! Vedete ardire! dirà taluno; ma non vi basta la compiacenza che altri si degni parlare di voi, sia pure a diritto o a rovescio? A dir vero io, nelle cose nostre, vorrei sempre far parlare quei soli che hanno voce in capitolo, e chi con l'ha vorrei . . . vorrei rimanesse entro suoi limiti. Il Guadagnoli diceva: Se ne' limiti miei io mi concentro, (Eipeterò con un moderno anch' io) Se in ciò che mio non è, giammai non entro, Perchè altri dev' entrare in ciò eh' è mio ? Per carità si tenga ognun sul suo, E il dritto rispettiam del mio e del tuo\ Dunque mi son fatto intendere ? Quisque in provincia sua! E troppo? "Isola borgata posta sopra una rupe (Tarpea forse f) che si protende sul mare, ha un porto capace d'accogliere anche bastimenti di grande portata.. Lasciando stare che per rupe intendesi propriamente, secondo il Fanfaui, altezza scoscesa e diroccata di monte o scoglio, Isola era un isolotto iu oggi congiunto alle terra ferma mediante due strade, una delle quali conduce in un fiat a Capodistria, l'altra a Pirano. Il suo porto antico (detto di San Simon) era capace di accogliere bastimenti di grande portata; anzi il Tommasini lasciò scritto ne' suoi Commentari — sott' acqua si vede 1' antico suo molo con anelli di ferro ai quali legavansi le funi delle navi, e che al presente è là una piccola chiesa. — Che Isola debba la sua fondazione agli aqui-lejesi non è provato. Se stiamo al Leandro ripetuto dal Manzuoli nella Descrittane della Provincia dell' Istria, Isola, sarebbe stata edificata contemporaneamente a Capodistria; quindi secondo gli stessi storici, dai Colchi, 500 anni prima di Koma. Fu già detto però, col giudizio del Carli, che la venuta di quel popolo in provincia è un mito beli' e buono. Dunque? dunque assegniamo ad Isola, se non spiace al Loewen-thal, la stessa origine (sempre presumibile) di Capodistria, di Trieste, di Parenzo, di Pola etc. perchè città come queste alla costa istriana. Anche 1' antico nome di Alieto non prova niente affatto; tutt'al più dinoterebbe la sua posizione elevata, dominante qual aquila il mare; Alieto vale Aquila; ed Alieto è tuttora uua piazzetta ed una chiesóla in Isola. Quai greci sieno venuti a conquistare Isola nel secolo duodecimo mi resta a sapere; ina già ^'autore dello Schizzo conserverà, senza fallo, una tarlata pergamena che insegnerà agi' istriani di gran novità storiche . . . forse la loro origine ... ma non vo' togliere la più bella prerogativa dello storico, eh' è di stenebrare il passato colla severità della critica, cotanto progredita nel nostro secolo. „ Isola fu conquistata a vicenda dai pisani, dai greci, dai genovesi, e dai veneziani „ e tutto questo, secondo lo Schizzo, fra il XII e il XIV secolo. Ch' ella fosse boccone tanto ghiotto e contrastato io non lo sapeva, e per ciò benedetta la storia ! È ben vero che il succitato Tommasini descrive il territorio isolano come „ il più fertile e fecondo di quanti ne siino nella provincia, anzi pare un giardino, perchè qui vi sono degli orti bellissimi, che producono ogni sorta d'erbaggi eccellenti, specialmente i melloni rarissimi con semenza senza scorza, frutti, ceriese, peri, pomi, persici, castagne e mandorle con uva preziosa da mangiarsi. Il territorio ( continua 1' egregio Tommasini) è tutto pieno di olivi e vigne delle quali si fanno le ribolle famose, che vanno per tutta Italia e specialmente in Venezia. „ E in ciò si dev'essere d'accordo collo storico nostrano. Isola ha pure operosissimi agricoltori, i quali però non trovano sempre adeguato compenso alle intelligenti ed assidue loro fatiche. La fertilità e fecondità del territorio isolano, piuttosto che nelle fantastiche conquiste del Loewen-thal, trovano riscontro nelle seguenti date storiche, raccolte dal benemerito Kandler, (uomo notissimo anche alla dotta Germania), nel suo celebre Manoscritto (Cronico profano), stampato nella tipografia del Lloyd austriaco. Nomino le principali: (967 d. C.) Ottone I dona Isola al doge di Venezia Pietro Candiano. (971) Lo stesso imperatore dona Isola al patriarca di Aquileja. (1041) Popone patriarca di Aquileja dona Isola al Monastero di Dame di Santa Maria fuori le mura di Aquileja. (1112) Il patriarca Volrico dà in cambio Isola per Paciana ad Artuico Vescovo di Trieste. Da una vera e piena donazione si passa poi con più discretezza a regalare le sole decime d'Isola. Ecco altre date storiche del sullodato Manoscritto : (1150) Il vescovo Bernardo di Trieste, amministratore di Capodistria dà in feudo al conte Engelberto d'Istria le decime d'Isola. (Sarebbe questo il conquistatore greco dello Schizzo ? Engelberto d'Istria era di Ortemburg della Casa degli Ep-penstein, discendente da quell'Engelberto che nel 1090 usurpò il Marchesato d'Istria ad Enrico dei Conti di Lurn.) (1166) Il vescovo Bernardo di Trieste annuisce alla donazione delle decime d'Isola che il Conte d'Istria Maiuardo (1156-1171) fa al Monastero di Dame di Santa Maria fuori le mura di Aquileja. (1184) Il patriarca Goffredo conferma alle Dame di. Santa Maria le decime d'Isola. Ma ribellatasi la piccola città da sì opprimente servitù, preferisce chiedere protezione ed ajuto ai potentissimi signori veneziani; finché nell'anno 1281 fa la sua dedizione alla Serenissima, la quale inviolle primo podestà Enrico Aurio ; bel nome, assai promettente per una terra tanto spolpata! E questa una modesta pagina di storia municipale per Isola, ma io la ritengo assai più eloquente di quella postaci innanzi dallo Schizzo, che colle fantasie delle conquiste greche, pisane, genovesi e veneziane, vorrebbe fare di Isola un' altra| emula di Atene, di Pisa, di Genova e di Venezia! Però, comecché modestissima, Isola fu pur culla di uomini distinti; tra i quali Francesco Egidio, personaggio, secondo il Manzuoli, di gran lettere latine e greche, Pietro Coppo geografo valente, Cristoforo Et-toreo cancelliere celeberrimo, e fra i recenti Antonio Pesaro, Chiaro Vascotti e Pasquale Besenghi degli Ughi. Il Pesaro studiò nel Seminario-Collegio di Capodistria, e fatto sacerdote prese sua dimora per parecchi anni a Firenze. Fu poi canonico di Barbana, onorario di Cittanova, e sarebbe divenuto vescovo se per troppa umiltà non vi si fosse rifiutato. Scrisse un " Corso di filosofia „ in latino (inedito), alcuni Saggi di storia istriane^ (inediti - dove sono ?) e . . . Una Memoria teorico pratica sulla maniera di liberare i camini dal fumo ; stampata a Venezia nel 1801 dalla tipografia Andreola. Povero prete! i tempi un po' troppo tranquilli non gli coucessero di pensare più vantaggiosamente alla sua fama.. Avess' egli almeno lasciato ai posteri una memoria sul "modus tenendi, per iscansare certi altri furai, insegnando (teoricamente) a seguire le orme di quel sapiente re, che predicava essere le cose di quaggiù vanitas vanitatum etc. Povero prete! ... Ma la tua paziente Memoria non andrà dispersa: tu raccorrai, se non altro, le benedizioni e i voti delle brave massaje istriane! Il Vascotti fu esemplare religioso, illustre ora- tor sacro, e scrittore terso ed elegante. Di Pasqnale Besenghi (1797-1849) è superfluo parlare; manifesto solo il pio desiderio che qualcuno scopra la sua Storia del Friuli, il Poema il Mogli-cida, e la Storia della Rivoluzione di Grecia, alla quale prese parte ei pure, come rilevasi dalle seguenti parole di una sua lettera datata - Tebe di Beozia 25 gennaro 1829: ... lio percorso tutta l'Argolide, la Corintia, la Laconia e la Messenia e attualmente mi trovo in Beozia. Sono stato nel pericolo d' essere niente manco che pigliato da' Turchi per aver voluto troppo incautamente avvicinarmi ad Atene, in potere de' quali è tuttavia quella città. Mi sono salvato mezzo morto in Megare al campo del principe Ypsilanti, e fu mia grandissima fortuna; imperocché alcuni Americani miei compagni di viaggio e più imprudenti di me, rimasero tutti da que' barbari trucidati. Ma gli ho perdio vendicati. Nel fatto d'armi dei 25 decembre abbiamo fatto polpette di que' cani. E dico abbiamo, perchè sono stato io pure gran parte della scena, disperatamente battendomi al fianco dello Ypsilanti. Ho imparato a conoscere, che per un' anima mossa dall' entusiasmo della libertà, la guerra è sorgente d'infinito ineffabile piacere. Un assai accurato studio sul Besenghi dopo quelli del compianto avv. Madonizza e del senatore conte P. Autonini, leggesi nell' Unione N. 21, anno II, in 6 colonne firmato G. P. D. F. Neil' Archivio diplomatico di Trieste conservasi una copia dello Statuto d'Isola con Note del Boseughi, ed aggiunte di Rettori, Ordini e Terminazioni. Isola, oltre i suoi uomini illustri, vanta un ampio Duomo architettato dal capodistriauo Domenico Vergerlo, con dipinti di Tintoretto, Palma e Santa Croce, ed una ricca e bella fontana ombreggiata da alberi. L'archeologo .non tralasci di visitare presso Isola il seno di san Simon, e il monte Castellier (Urano - Cas-tellaerium) che gli offrirà coi molti vetusti suoi avanzi materia estesa di studio. Anco le notizie riguardanti Pirano, Parenzo, Rovigno, Pola, Pisino, Albona, Fianona, Buje, Montona, Dignano, sono esposte nello Schizzo con poca esattezza, in modo che lascia dubbio se il futuro Teseo dell' Istria troverà il filo per uscire dal labiriuto con tanto disordine architettato da quest' Arianna novella. Ricorderò ancora a mo' di conclusione alcune inesattezze riguardanti Pirano, pregando il sig. Loewen-thal per le rimanenti città istriane di attingere più esatte notizie negli scritti che religiosamente couser-vausi del Tommasini, del Petronio, del Manzuoli, del Dalla Croce, dello Stancovich, del Giorgini, del Kandler, del Madonizza, dei Combi, del Luciani et. et. Per queste ed altre notizie gli sarà scorta sicura il prezioso Saggio di Bibliografia istriana dell'illustre dottor Carlo cav. de Combi, pubblicato uel 1864 da uua Società patria, coi tipi di G. Tondelli -Capodistria. — Pirano tra le città dell' Istria è quella in cui trovansi eminentemente sviluppate tre sorgenti principali di ricchezza: agricoltura — industria salina — navigazione. Sull'agricoltura di quella città fu parlato varie volte anche in questo periodico. Di recente fu pubblicato dal dottor Nicolò Del Bello capodistriauo uno .studio economico-agrario sulla .maestrìa dei pirauesi nel coltivare la vite. È un libro di 40 pagine circa edito in Capodistria nello Stabilimento tipografico B. Apollonio. ,»♦>. 7 v fkfét r M ( rM& tth+ Sull'industria salina, che, secondo il Loewenthal, cominciò a prendere slancio soltanto nel 1814 . . legga l'autore quanto fu scritto intorno alle Saline dell'Istria nella Porta Orientale an. 1858. pag. Ili — 134. Tanto la Repubblica di Venezia quanto il Regno d'Italia patrocinarono con ogni studio l'industria salina, ed anzi Venezia quando vide che il sale di Trieste faceva concorrenza a quello delle altre fabbriche istriane, prese perfino le armi ed impose a quella città coudizioni restrittive del suo commercio. Della navigazione piranese è ovvio parlare; fino dai tempi più remoti, per attestazioni dello stesso storico Tommasini " i piranesi sono stati sempre famosi in mare. „ Riguardo poi il celebre dipinto del Tintoretto che eterna la memoria della battaglia di Salvore (1177) nou è vero e si nega che i piraflesi lo donassero all'I. R. Galleria di Quadri in Vienna, ma piuttosto fu il barone di Carnea Steffaneo, quel celebre barone di Carnea che = rubava quadri e ca . . . ricava l'Istria di nobili; = che se lo recò a Vienna, portando in cambio ai pirauesi, dietro sua rispettosa proposizione, il ritratto del sovrauo. Veggasi in proposito la lettera dello stesso Steffaneo, datata - Laxenburg 30 giugno 1840. — Nella stessa guisa evaporò un bel quadro del Vivarini distinto pittore veneto quattrocentista. Si sa che quel barone faceva passare anche da altri luoghi dell' Istria eccellenti pitture. "Erano tempi quelli, dice l'egregio autore delle Escursioni per l Istria, in cui un desiderio espresso da persona alto locata si riteneva comando, ed obbligo la premura d' adempirlo per ingraziarsi il potere., Pirano possiede ancora un Carpaccio ed un Tinto-retto, ed è patria, oltre del Tartini nominato dal Loewenthal, anche del tìoina, dal Caldana, del De Castro, del Veniero, del Petronio et. et. 6r. -fi V' n< : in—-:- ■ Notizie Varie — Oggetti dell' epoca preistorica in Istria. — Ballettino di Paletnologia italiana. (Parma). — Pubblicazioni del Cap. R. Burton — sui Castellieri dell' Istria — sul porto di Trieste antico e moderno—su alcuue antichità della Dalmazia. (Londra). — Studi di M.r Fruman — su Trieste, Pola, Parenzo (Loudra). Neil' ultimo fascicolo del Ballettino di Paletnologia italiana che si stampa a Parma sotto la direzione dei professori G. Chierici, L. Pigorini e P. Stro-bel, (an. II n." 11 e 12) trovansi due notizie che riguardano 1' Istria. La prima è che il Museo civico di antichità di Trieste possiede già da due auni due esemplari di un martello-scure di bronzo simile ad altri due esistenti a Torino, l'uno nell'armeria Reale e l'altro nel Museo Nazionale di artiglieria. Il capitano Angelucci, direttore del Museo di ar--tiglieria, dandone la descrizione e il disegno, nel 2° n.° del Bullett. Paletn. di quest'anno, lo intitola anche scure d'arme o da guerra e mazzascure, lo attribuisce alla seconda epoca dell' età del bronzo, e lo pone fra le rarità della specie per la sua forma ricercata, nuova e straordinariamente bizzarra. Il si- gnor Carlo Kunz, direttore del Museo di Trieste, dissentendo in un punto dall' Angelucci, inclina a credere che tali oggetti sieno istromenti fabbrili piuttosto che armi, forse ascie per isqnadrare legnami, persuaso a ciò dalla linea molto obbliqua del■ taglio, dallo sperone sporgente verso il mezzo, e dal peso (chil : 1.250. 1,260. 1,330.) troppo grande per arma che deve maneggiarsi con destrezza. E dalle notizie dell'Angelucci poi, e da quelle del Kunz risulta, che tanto le due armi o strumenti di Torino, quanto le due di Trieste sono provenute, secondo ogni probabilità, dalla Dalmazia. Finalmente in una nota alla comunicazione del Kunz, la Direzione del Bullettino aggiunge, che un arma consimile si conserva nel Museo di Lubiana, trovata con altre 19 fra Castel Lastua e Spizza, una seconda nel Gabinetto Imperiale di antichità in Vienna proveniente dall'Albania, ed una terza nel Museo di Agram raccolta nel Montenegro. Nei Musei di Lubiana, di Vienna, di Agra.m sono anche molti oggetti preistorici, romani, medioevali d<-l-l'Istria. Sarebbe utile che sempre se ne notassero con precisione le provenienze, che a questa condizione soltanto le Collezioni e i Musei possono recare efficace e leale aiuto alla storia e alla scienza. La seconda notizia è, che nel territorio di Albona, presso il Castelliero Cunzi, uno dei più importanti dell' Istria, è stato recentemente trovato un coltello-pu-gnale di bronzo somigliante a taluno di quelli che rinvengonsi nelle terremare dell'Emilia. La notizia è stata data alla Direzione del Builettino dai nostri comprovinciali cav : Tomaso Luciani e Avv : Antonio Scampicchio, dai quali la Direzione stessa spera (ripetiamo le sue parole) di avere fr<} non molto più estesi ragguagli sulle antichità di quella interessante penisola (l'Istria.) Non è la prima volta che il Bullettino di Paletnologia italiana si occupa delle cose istriane. Nella sua prima annata, a pag: 32 annunziò il ritrovamento di uu martello di pietra levigata in Albona, e a pagg: 70-72 diede una breve ma sùcèosa relazione del dotto ed interessante lavoro del Cap: R. Burton sui nostri Castellieri, relazione che fu riprodotta dalla Provincia nel suo n.° 14 dell'anno 1875. pagg. 1685 e 86. Il Bullettino di Paletnologia italiana ricco di studi, d'insegnamenti, di notizie, di fatti e illustrato a quando a quando da tavole, meriterebbe di essere più conosciuto anche nella nostra provincia, dove lo si può avere franco a domicilio colla tenue anticipazione di annue lire italiane 7. Allo stesso prezzo si possono acquistare anche le due prime annate compiute coli'aggiunta di Strenne che versano sullo stesso argomento. Esso Bullettino tratta con dottrina ed amore delle cose preistoriche, e tien dietro con particolare premura alle relative scoperte e pubblicazioni, di modo che lo si deve ritenere più che utile necessario a chiunque voglia seguire i progressi di cotesta scienza eminentemente e praticamente rivelatrice. Anche il bel lavoro del Burton sui nostri Castellieri (*) gioverebbe sia posto fra noi alla portata di tutti. Il darne la traduzione, intiera o per estratto, tornerebbe non solo utile a promuovere ulteriori studi *) Notes on thee . . . ossia Notizie intorno ai Castellieri o rovine preistoriche della penisola Istriana. (Londra, in 8." di pag. 40. con 4 tavole). - l'!ìli«8Uy ouu .ituG3 **) The Port of Trieste, ancient; and modem. By'Captain R. Burton, Her Majesty' s Consul lat Trieste. (Nel Iournal of the Society of arts. Londra fase, di ottobre novembre 1875). ***) The Long Wall of Salona and the Ruined Cities of Pharia and Gelsa di Lesina. By Captain R. T. Buvton H. M. Consul at Trieste, (nel louru. Antropoldg Londra.). .oD-jtieiri osa •> .iMisibo4