ANNO VI—N. 44. Sabbato 1. Novembre 1851 •. '.it Esce una volta per settimana jl SabbatO. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini:5, Semestre in proporzione.— L'abbonamento non va pagato ad nitriche alla Redazione, SULL' ANTICO STATO DEL TIMAVO DELL' AB. GIUSEPPE BERINI. (Continuazione. V. iN. 38,39, 40, 41,42 e 43.) TJìqI ròv Prato? ò Kao-p(o* ovufialnv Kifi fi o loie, àSb> Énoal-BV- éyu Sì ò rónog ero? IQi-aionì.vaia (1) S' vrj xaì (Tidrjunysìcc. Ev «ureo Sì z<3 jiv/u za ASqìb xaì itoòv ru Jio/ivSug icìra^iov [ivr/fii]?, rò Tiucwv. rifiìvccyàv i/ti, xai lUffog InQtntg (2), y.aì niqyàg Ha lo stesso luogo delle ricche lavature d' oro 1) e delle cave di ferro. Sul medesimo seno dell'Adriatico trovasi il tempio di Diomede, degno di menzione, e così anche il Timavo a-vendo questo un porto, un bosco elegante 2), sette fonti 1) Queste lavature sono le acque correnti le quali cor- rendo sulla sabbia quarzosa, ne portano via le pagliuzze di oro che vi sono sparse per entro. Questo scrittore anche nel libro antecedente aveva rammemorate le bricciole di oro, che si raccoglievano nella stessa regione. 2) Tutti gli oggetti rammemorati in questo periodo con- servano tuttora qualche traccia della loro antica esistenza. Il porto doveva essere il Cavana, ove andava a scaricarsi in mare la massima parte del Iadinaz. Sul fondo del Cavana vi si vedono dei ruderi che indicano esservi ivi stato il tempio di Diomede, e sulla destra di esso stendesi una pianura di alcune centinaja di jugeri, che all' est dicesi Alberone ed all'ovest chiamasi Cona. Ambidue questi nomi servono di tradizione del bosco che occupava quel tratto di terreno. Il vocabolo Alberone, come ognuno sa, è sinonimo di alboreto. La voce Cona, xojvog è il nome che si dà allo storbilo, ossia al frutto de' pinocchi, quindi con esso si viene a significare che in quel luogo era una pignea o pineto che dicasi. Teofrasto accenna due volte questo albero, eh' è il Pinus, pinea de' botanici, cioè nella Storia delle piante Lib. II. cap. 3, e nella Storia delle cause Lib. I. cap. 23. e tutte le due volte lo denomina nevxrjv xcovóqiEQav, cioè pino da pigne. Si noti che un pineto offre alla vista un bellissimo spettacolo a chi lo guarda dal mare, imperocché pare che a quel sito vi sia una continua tettoja di frondi sospesa in aria, come ce ne somministra un notafiìe v S aro g ev ).vg .kg ròv ilc'dazzav ixjiinrovrog, nXazeì xcù fta&iì nozafia (1). Ilolvftiog S' BiQTjXE Ttol-ijca fiiag, àzg a)Xag cù.uvoò vSazag- xaì Si7 xaì zùg iSirqcoQtog, irryfirco Hai firytÉQa Salazzrig orofià^iiv ròv zónov.TIoouSmviog Sì i]tr>ófihVor, y.azaninztiv EÌg fitoi&QOv Él&' V7tò ytìg èvEf&Évra. tisqì ixcczòv y.aì A caSlug, ini zrj ftalàzzifl rrjv ìx(3o)lrjv TTOitìdat (2). A Plinio e Strabone Venanzio, scrittore del sesto di acqua potabile, le quali unite in un fiume ampio e profondo precipitano tosto in mare 1). Polibio dice che, tranne una,1 sono ' éàlse, e che gli abitanti del luogo la chiamano sorgente e madre del mare. Possidonio riferisce che il fiume Timavo, sceso dai monti, viene assorbito da una voragine, e che, dopo aver corso sotterra cento trenta stadj, si scarica sul mare 2). venga di seguito Fortunato secolo, che nacque nel Tre- esempio il boschetto di Belveder, tre miglia di là discosto. Col credere che il porto fosse lontano da questo bosco, converrebbe supporre che le barche andassero a San Giovanni, ove l'acqua era troppo rapida pel loro ingresso, e troppo vasta per la loro sicurezza. II Timavo viene rappresentato dal geografo greco ne' termini che Io descrisse 1' epico latino, tranne che al primo manca il calore poetico che a lui non conveniva : ambidue indicano la sua formazione da diverse bocche fuori delle quali, invece di scorrere lentamente, si precipita. Se Strabone vi conta sette bocche in luogo di nove,; ciò non porla una differenza essenziale. 1) Presentemente l'acqua salsa del mare in molte occa- sioni di alta marea si fa sentire sino alle Rocche del Timavo: però sono certo che ciò succeda più spesso ai nostri giorni che al tempo di Polibio, quando la copia maggiore delle acque doveva essere un forte obbice per la marea che vi saliva. La frase di sorgente e di madre, usata da questo scrittore, non può aver altra origine che la impressione che faceva la sua piena a chi lo riguardava. 2) Vuole ogni ragione cho la voragine indicata dal Pos- sidonio, sia presso a poco il villaggio di Rubia ove venivano, od intieramente o per la gran parte, assorbiti i due fiumi, Sonzio e Frigido. Si disse di sopra che Possidonio su tal punto fu consultato anche da Plinio, e che non si sa da chi dipenda lo sbaglio nel divario del corso che si fa percorrere sotterraneamente al Timavo. vigiano non lungi dal sito ove ora è Ceneda, e mori in Francia vescovo di Poitiers. Egli doveva esser citato in questa operetta, perchè mostra d'aver conosciuto il nostro S. Canciano. In prova di ciò io qui adduco in italiano coli'aggiungervi il testo, il seguente passo dell'itinerario da lui proposto per guida ai viaggiatori devoti nel suo poema in lode di S. Martino. Quindi con passo rapido ti avanza Seguendo 1' Alpe Giulia 1) e su pel monte Che s'innalza alle nubi 2): indi pel varco Del Foro, che dal duce che fondollo Giulio si dice 3), volgiti all' Osopo 4), Alle cui rupi lambe il piè coli' onda, Che costeggia Reunia 5), il Tigliamento 6). Seguita il tuo camin pel colto piano Sin che giungi alle Venete boscaglie, O ti trovi Yicin ad Aquileja. Ivi le spoglie tanto care al cielo De' Canciani 7) venera, ed all' urna Di Fortunato 8) martire ti prostra. „ Hinc pete rapte vias ubi Julia tenditur Alpes 2). „ Altius adsurgens et mons in nubila pergit3), „ Inde Foro-Juli4) de nomine principis exi, „ Per rupes Osope tuas 5) qua lambitur undis „ Et super instat aquis Reunia 6) Tiliamenti 7) „ Hinc Yenetum saltus campestria perge per arva. „ Aut Aquilejensem si forte accesseris urbem, „ Cantianos Domini nimium venereris amicos, „ Et Fortunati 8) benedicti martiris urnam:„ 1) La valle Zelia di oggidì. 2) Vi corrisponde il monte Croce. 3) A Zuglio nella Cargna si sono trovati de'monumenti e de' ruderi, che vi rendono certa l'esistenza di Foro-Giulio. 4) Il nome di quella eminenza sassosa fu comunicato alla fortezza, che vi si vede sopra presentemente. 5) Pare che il nome del villaggio Ragogna sia nato dal- l' alterazione del vocabolo Reunia. 6) Il nome attuale del Tagliamento si formò cambiando in a la lettera ì. 7) Sono essi i fratelli Cancio, Canciano, e Cancianilla menzionati di sopra al N. IV, che soffrirono il martirio alle Acque Gradate di Aquileja, poste tra terra alla volta del Timavo. Le ossa di questi martiri furono di là trasportate a Milano. Niente si sa del destino delle urne, nelle quali stavano riposte tali reliquie alla maniera di quelle del beato Crisogono e del loro ajo Proto, che con essi fuggì da Roma e fu ucciso. L'addotto passo di Venanzio prova che la traslocazione di que' santi depositi successe in un'epoca posteriore al secolo sesto. 8) Egli era fratello di S. Felice. Fu ad ambedue in Aqui- leja dedicata una chiesa, e la diocesi patriarcale di Aquileja celebrava la loro festa il giorno 16 di giugno, come la celebrano presentemente le due diocesi di Udine e di Gorizia. Fortunato Venanzio, forse per un atto di amor proprio, cita il santo di §. VAI. R Carso, guardato in distanza ed alla sfuggita, sembra un suolo massiccio composto di stratificazioni compatte, poste le une sulle altre senza che vi restino in mezzo vuoti ed interstizj. Però all' opposto di ciò esso è foracchiato in tutto il suo interno come se ne fece cenno di sopra al N. VI. Vi sono grotte, ove i colombi prolificano tutto l'anno, e riposano la notte, e strette buche ove si ritirano il giorno i gufi e gli altri uccelli notturni, e vi si aprono innumerevoli altre caverne oltre gli anfratti, de'quali si fece cenno, ove per di sotto ed occultamente le acque scolano in mare. Per lo più dall' alto di questi antri pendono a fascj gli stalattiti che ne ingombrano gran parte dell' interno vano. Queste petri-ficazioni meritamente sono un oggetto di ammirazione, sia che se ne contempli la origine, sia anche la moltiplico varietà delle forme. Traggono il principio da un tenue sudore che tiene umettata la superficie interna della cavità in grazia che non vi penetra il sole che 1' asciughi. Questo trasudamento de' sassi, coli' esservisi antecedentemente infiltrato a traverso, s'impregnò di carbonato calcareo, cui giunse a sciogliere coli' intervento dell' acido carbonico. Il gas acido, purché non sia legato con una base terrea od alcalina, non istà unito all' acqua che pochi istanti, quindi è che presto si dissipa dando luogo che vi si formi una concrezione spatica, la quale resta longitudinalmente traforata, perchè la parte liquida della soluzione cade abbasso tratta dal proprio peso, facendosi strada lungo lo stillicidio prima che questo termini d'impietrirsi. Gli ammassamenti dello spato si fanno continuamente più grandi, perchè la continuità della sgocciolatura vi aggiunge ad ogni momento della nuova materia. Alcuni stanno sospesi in alto e sembrano essere nel loro primordio, ed altri, se non sono per anco giunti a terra, mostrano che presto o tardi vi giungeranno. Al primo ingresso in que' sotterranei si crede di essere in un la-berinto di tortuosi corritoj fiancheggiati da colonne e chiusi in alto da cupole e da volte, ma questa impressione non dura che un momento, perchè alla più leggera attenzione si scancella ogni traccia di disegno architettonico, e si rileva l'illusione della fantasia. Se la mente si accinge a rintracciare un sistema a cui ridurre tante varietà, ella si perde in un nuovo laberinto ove non trova che confusione. Il traviamento, in cui si cade, per non vedervi l'unità del disegno in un' opera tanto moltipli- . cui portava il nome, senza indicarne il fratello. In ii: detta chiesa, che ora è in ruina, si , sono trovati due sarcofaghi di pietra, che meritano di essere conosciuti per la singolarità delle loro epigrafi, che facilmente saranno pubblicate. In uno di essi insieme colla di lui moglie stava riposto un certo Va-lentiniano che morì martire come consta dalla stesa, -•I che ne fece una pubblica commissione 1'anno 1774. i': . Neil' altro furono parimente riposti due conjugi, ma se ne tacquero i nomi. Il mio amico Giambattista Vatta diede una gran prova del suo occhio linceo col rilevarne le sigle della iscrizione, e dell'ingegno colla spiegazione. cala, giunge all' eccesso, quando si pensa agli anni che passarono, prima che colla tenue concrezione di un sudore si formassero degli stalattiti di sì gran mole, e poscia, prendendo dal passato motivo d' intrattenersi sul futuro, si entra nell' abisso de' secoli che ricerca l'intiero infarcimento di .tutta "la cavità. Queste riflessioni si stampano vivamente sull' anima per la circostanza che serve ad esse di fomento la pallida luce delle fiaccole, che là dentro vi scorgono la via. Per esse non resta che debolmente diradato il tenebrìo del sotterraneo, nè mai col loro ajuto la vista può spingersi tanto innanzi che la mente resti alleggerita dalla penosa idea di uno spazio prolungato senza fissazione di termini. Io credo che altrove non si trovi un luogo più opportuno per presentare al pensiero 1' orrore della situazione in cui si trovano le anime reprobe condannate alla pena di una durata interminabile. Sono certo che l'inferno della Divina, Commedia farebbe maggior impressione su chi la legge, se il suo immaginoso autore avesse riservalo questo lavoro ai suoi ultimi anni, quando coli'incontro che si trovava in Tolmino, poteva una valta o 1' altra entrare in qualcuna di tali grotte, che s'incontrano anche in quelle vicinanze. Ma questi luoghi cavi, tanto frequenti in tutta la estensione del Carso, sono essi coevi al suo suolo, ovvero si sono formati posteriormente? Per conoscere quale di queste due opinioni si meriti la preferenza, si esamini la natura del luogo. Questa regione, ovunque venga essa percorsa tanto lungo le valli che in costa e cima dei gioghi, non offre agli occhi che un ammassamento pietroso, che si formò bensì interrottamente ed a riprese, ma però con un piano di regolarità, poiché le stratificazioni corrispondenti ai tempi, dimostrano in tutta la loro serie di essere il risultato di un sedimento fatto con uniformità: il che non poteva succedere se nelle acque, che in allora allagavano il globo terrestre, non fosse in parte cessata la violenta agitazione che non lascia cadere sul fondo le materie che la intorbidano. Questa specie di tranquillità doveva succedere al tumulto della prima epoca, in cui eliminossi il caos, e si formarono le roccie primitive. Le roccie che si formarono posteriormente, divennero solide per la via di semplice impietrimento, e formarono un suolo che a colpo di occhio distinguesi dall'antecedente, e perciò dicesi suolo secondario. Le roccie primitive appartengono tutte alla prima epoca della creazione, quando vi dominava la forza della cristallizzazione la quale vi conveniva bensì alla crosta fondamentale del nostro pianeta, ma sarebbe stala fuori d'ordine ed incompatibile colla coesistenza degli esseri organici destinati a comparirvi di seguito. Questi hanno bisogno di qualche grado di calma, perchè altrimenti non vi succede l'assimilamelo della materia esterna che traggono ne' loro organi, il qual assimilamenlo è l'unico modo con cui possano crescere. Siccome la costituzione degli esseri organici è tale che, dopo di esser cresciuti e di essersi riprodotti soggiacciono alla morte ed alla dissipazione delle parti, così addivenne che sino dalla seconda epoca insieme col sedimento terroso cadessero sul fondo del mare i loro a-vanzi, lasciandone impresse le forme sul deposito di mano in mano che questo s'impietriva. Le forme de' parificati più antichi rappresentano belemmili, encriniti, orto-ccriti, ammoniti, trilobiti, e tanti altri zoofiti e testacei, i quali per la gran parte o sono periti, o non vivono più se non che ne' mari remoti ed assai profondi, ove per anco non giunse l'uomo colle sue indagini. Molti esseri organici, che non si sono petrificati insieme col sedimento terroso, in cui restarono involti, colla dispersione delle parti hanno lasciato un vuoto, ove posteriormente essendovi sgocciolata della soluzione di carbonato di calce, si formò un nucleo spatoso, il quale si è modellato dietro l' interno delineamento dello stampo, ma non già compiutamente se non che nel caso che , la materia ne abbia riempita tutta la cavità. In molte pietre, i cocci de' testacei si sono incorporati col limo delle acque, che s'impietrì, e si presentano alla vista sotto la /orma di macchie, le quali fanno una bella comparsa ove il mar mo sia abbastanza compatto da ricevere la politura. Sono pure monumenti della seconda epoca della creazione i bellissimi ittioliti che si trovano a Yigrad. Nelle cave di questo villaggio si tragge certa pietra schistosa, nerastra di colore e puzzolente sotto la percussione del ferro, la quale, spaccata in lamine, adoprasi colà, invece di coppi, per cuoprire i colmi delle case. GÌ' ittioliti stanno inserti in mezzo alle lamine, che si combaciano, e si mostrano sulle due pagine del contatto col rilievo sull'una e col-l'incavo sull' altra. Il dotto mio amico, conte Giambattista Coronini di Gorizia, possiede nove diverse specie di tali petrificati che rinvenne in detto luogo : tre delle quali poterono determinarsi, e, per una singolarità meritevole di esser ricordata, si rimarca che tutte tre sono indigene del nostro Mediterraneo. Esse sono il rombo, (P/cwro-nectes naximus), il dentale (Sparus dentex), ed il pesce S. Pietro (Zeus Faber~). La pietra calcarea stratiforme, che forma la seconda crosta di tutto il Carso, massime ove abbondano i fossili petrificati, ha la frattura liscia e concacea ; però se ne vede anche della granulare a punti luccicanti e cristallini e persino della ooli-tica, sulla quale ordinariamente spariscono le forme dei zoofiti e testacei. Gli strati da per tutto sono intersecati da spesse vene di spato calcareo che si diramano in mille modi e per ogni verso. La pietra suol essere per lo più di un bigio smorto, ma ve ne ha anche di oscura, e persino di negra, il che succede per il bitume il quale per altro vi si mesce in così picciola dose da non farsene conto, e perciò il composto pietroso deve riguardarsi come una miscella di molta calcarea epoca argilla, massime se non vi sono immedesimati gusci intieri od infranti di testacei. I suoi strati alternano con alcuni stratarelli della stessa composizione, cioè di molta calcarea e di poca argilla, ma siccome manca a questi l'acido carbonico clic fa nascervi l'impietrimento, così si presentano nello stalo di un impasto terroso e friabile, il quale non fa alcuna effervescenza quando 1' acido nitrico vi sgocciola sopra. Collo staro questo impasto terroso esposto al contatto dell' atmosfera prestamente s'impregna bensi di acido carbonico, come se ne rileva il l'alto col mezzo degli acidi, ma non giunge più a formare un corpo compatlo. Per il perfetto impietrimento della calcarea si ricerca la combinazione simultanea di molte circostanze, dovendo concorrere colla predisposizione della calcarea l'intervento dell'acido carbonico, la presenza dell' acqua, e la tenuità dell' inviluppo argillaceo. Gli strati della calcarea impietrita del Carso per lo più sono rivolti al Nord, ed hanno una tale giacitura che foimano col piano dell' orizzonte un angolo di quarantacinque gradi. Questo modo di stratificazione è bensì il più comune, ma non però il solo, perocché vi sono dell' eminenze nelle quali gli strati sembrano essere diretti similmente dal centro a tutti i punti della periferia. In qualche luogo si rimarca la confusione di una mole caduta in ruina, e spesso s'incontrano de'banchi di grando potenza, eretti perpendicolarmente e screpolati alla sommità. Questi banchi verticali sono alternati al pari delle stratificazioni inclinate coi depositi terrosi risaltanti dalla unione di molta calcarea e poca argilla. Gli ammassamenti di terra si mantengono in tutta la loro integrità, se la pietra calcarea ad essi contigua li chiude in modo che non sieno attaccati dall' acqua, e ciò succede anche nel caso che vi si insinui il gas carbonico, perocché presentemente mancano ai nostri monti quelle condizioni, per le quali il carbonato di calce restò impietrito alla prima sua formazione. Ma il deposito terroso al contrario si diminuisce successivamente calando in modo che giunge anche all'intiera consumazione se vi ha accesso un'acqua che vi scorra sopra con rapidità. Ove il suolo è di natura friabile, le cui particelle non abbiano la mutua coerenza, se mai vi arriva con impeto l'acqua, colà si forma una torbida piena per la divisione della materia che sollevasi dal fondo. La terra dell' intorbidamento, non viene deposta già dove fu tolta, ma passa a crescere il terreno de' piani, ove si calma l'acqua, e conseguentemente può schiarirsi lasciando cadere abbasso le impurità che vi stavano sospese in grazia del moto violento. Il livello delle pianure s'innalza, perchè viene portata dalle acque giù dei monti la terra che vi fu deposta alla seconda epoca. In tal modo non venendovi fatta verun' altra sostituzione, dovevano nascere dei vuoti in mezzo agli strati ed ai banchi impietriti. Adunque lo spesso foracchiamento del Carso si può spiegare senza supporlo coevo alla sua formazione. Qual meraviglia che vi sieno anfratti sotterranei, grotte e caverne, se l'allagamento della seconda epoca vi ha lasciato tanti depositi di marna, e se nel lungo tratto della terza epoca le piogge dirotte del cielo, le acque che cadono dall'alto, nòn cessano mai d'intaccarla e di dividerla portandola seco loro giù nel piano? Deve ogni abitante di questi paesi aver osservalo che l'intorbidamento de* due fiumi Isonzo e Yipaco in occasione di colmata succede col depauperamento del suolo molle delle parti superiori. L'Isonzo in tali circostanze diventa biancastro come se portasse al mare della neve sciolta per metà, e ls ragione si è perchè attraversa gioghi e valloni nei quali, gli-strati e banchi di pietra calcarea alternano con depositi di certa terra bianca analoga alla creta, e carico di essa scende al basso. II Vipaco poi in tempo di colmata coli' intorbidamento diventa, come si disse, del color dell'ocra. Questo fiume in tutta la lunghezza del suo corso' trascorre un suolo ove la marna è rossigna per causa dell'ossido di ferro che vi si trova misto per entro. Colla ripetizione delle colmate il suolo pietroso delle valli e dell' adiacente pianura re- stò coperto di uno strato di terra soffico che si lascia smuovere dal vomero e riceve i semi de' cereali che ad essa l'uomo affida, quindi si può dire che alla formazione dalla campagna abbiano non poco contribuito i rivi montani che concorrono a formare i due fiumi Isonzo e Vipaco, e che il Carso resta cavernoso perchè da là venne la marna che riempì valloni ed eguagliò pianure a comodo dell' agricoltura. Il terreno de'nostri campi non è unicamente una miscella di calcarea friabile e di argilla, sicché se ne attribuisca la formazione alla sola marna : imperocché vi entra ancora una porzione non picciola di sabbia e di ghiaja calcare«. Le acque in occasione di colmata strascinano seco insieme colla terra frapposta agli strati e banchi di calcarea impietrita anche il tritume di questa pietra, il quale dipendentemente dal suo sminuzzamento più o meno tenue assume i nomi di sabbi«, di ghiaja, e di ciottoli. Questo tritume si ammassa a cavalloni lungo il letto de' detti fiumi. Nel Carso in ultimo luogo sono da prendersi in considerazione que'cumoli di sassi infranti e disuniti che ingombrano alcune valli, si estendono sul fianco di certi gioghi, e molte volte formano delle intiere eminenze, come sono quelle che s'incontrano fra Sistiana e Nembrosina lungo la via che conduce a Trieste. Sono esse in grande dal basso all'alto un'immagine de'cumoli di scaglie che si vedono davanti alle officine de' scalpellini : lo che diede occasione che nascesse fra il popolo la diceria non per anco distrutta, che colà si scavassero ne'tempi andati le pietre per la costruzione di Aquileja e di Venezia. Quanto non dovevano riuscir grandi quelle due città, e quanti jugeri quadrati non occuperebbero le loro aree se la riquadratura delle pietre impiegate pei loro palazzi fu causa che si formassero tanti ammassi di scagliume ? Ma non era bisogno di ricorrere a siffatte supposizioni mancanti del senso comune, perocché l'impietrimento particolare del suolo di questa regione fa conoscere che lo stritolamento de' sassi doveva aver luogo in molte circostanze. La marna, sia essa rossigna, sia anche bianca e della natura della semplice creta, non fu limitata ad alternarsi cogli strati e banchi della calcarea impietrita: imperocché spesso s'introduce nell' interno de' massi, e forma in tal caso della pietra di tessitura schistosa, la quale alle volte si fende senza l'intervento del ferro, bastandovi la sola pioggia. L'acqua incomincia la sua azione col rammollire la terra sparsa entro del sasso, indi la ; divide e seco la strascina fuori. Con questo mezzo non solamente si formano naturalmente delle lamine, ma ancora delle scheggie, perocché la miscella terrosa non solo s'intromette tra lamina e laminar, ma penetra ancora per traverso. Se tra gli ammassamenti de'sassi infranti e staccati se ne vede qualcuno di grosso, che non sia per anco stato ridotto in pezzi, si scuopre esserne la causa la tenuità delle vene terrose, nelle quali non ha per anco potuto insinuarsi l'acqua che le scioglie. (Continua.)