PREZZO m TUTTO IL T.L.T. Lire 20. 1 MAGGIO 1948 M. 21 Tassa postale pagata - Abb. Il Gruppo E’ ARRIVATO IL PRIMO MAGGIO Dividi et impera 7 nostri amabili governanti sono molto affezionati alle tradizioni. Le antiche storie dei loro paesi riempiono i loro cuori di nostalgia e dì commozione. Essi sognano sempre con rimpianto i bei tempi nei quali l’Inghilterra era divisa in due opposte fazioni, come ad esem'pio al tempo della «Guerra delle Due Rose», o quelli nei quali gli eserciti nordisti e sudisti percorrevano in lungo c in largo l’America, scannandosi a vicenda. Così, per respirare un poto l’aria di casa, hanno pensato a creare pure a Trieste un’atmosfera di fazioni, di lotte, di nordisti e sudisti. Trieste è una città nella quale due opposte fazioni si dilaniano in una lotta mortale; però, noi, che pur essendo amanti delle vecchie tradizioni, amiamo la pace e l’ordine, dobbiamo intervenire per proteggere la vita e i beni dei cittadini e non ondarcene di qui finché questa atroce situazione non sa-rà chiarita. Questo è press’a Poco il generoso e disinteres-sàto pensiero dei nostri fiduciari. Infatti, per far meglio il lóro dovere dì protettori dell’ordine e della pace hanno Pensalo di dividere la città *n due zone nelle quali le °Pposte fazioni debbano starsene rigorosamente isolate Senza possibilità di contatto, in questa specie di ghetti, le °PPoste fazioni triestine celebreranno le proprie feste, Iranno i propri affari, ecc. ecc- Nutrite formazioni di ce-Tlni, all’uopo arruolati, sorveglieranno chè le due op Poste fazioni non vengano a contatto. Come sono romantici e buoni * nostri amminislra-lòril Soltanto sarebbe bene che si persuadessero una buona volta che il Medio Evo è passato da un pezzo e che i popoli non corrono più dietro alla rosa rossa o a quella bianca. I tempi delle fazioni sono finiti. Oggi fazioni non ce ne sono più, specialmente qui da noi, in questa nostra città laboriosa e pacifica. A Trieste il 95 per cento della popolazione si guadagna la vita lavorando mentre il rimanente che non lavora, vive godendo i frutti del lavoro della maggioranza. Questa e la realtà che nessuna finzione scenica, anche di registi provetti come i nostri governanti, potrà mutare. Qui non si tratta di conflitto di fazioni, qui non si tratta di guerra delle dixe rose o di nordisti é sudisti. Qui si tratta unicamente di una minoranza di sfruttatori che si valgano della protezione dei governanti per continuare indefinitamente questo comodo sistema di vita e per impedire che la maggioranza, ormai stufa di vedere il proprio lavoro andare a beneficio di costoro, possa ribellarsi ed esigere un sistema di vita nuovo, nel quale certe porcherie non esistano più. Ma siccome certe cose non si possono dire esplicitamente, ecco che si tira fuori la storiella delle fazioni, dell’impossibile convivenza, delle lotte, dei ghetti e della necessità della permanenza di certi signori che hanno molta nostalgia delle vecchie leggende di casa 'propria. A questi se ne aggiungono poi altri, che hanno essi pure delle nostalgie, di data più recente. E in questo modo si cerca di nascondere una realtà concreta e immutabile: quella della lotta fra sfruttatori e sfruttati. Non credano però di avere molto successo. La cosa è ormai chiara a tutti. L’operaio che ritorna a casa stanco dal lavoro e non risce a sfamarsi con la magra cena, l’impiegato che alla fine del mese conta e riconta i pochi soldi guadagnati pensando che non potrà farcela fino al mese prossimo, la donna che va a fare la spesa e vede vuotarsi il borsellino senza aver niente in borsa, il giovane che lavora o studia e vede davanti a se un futuro dì stenti e di miseria e il pericolo di venir un giorno maredato al macello per interessi non suoi; tutta questa gente sa che non esistono fazioni; tutta questa gente sa che non ha da difendere rose bianche o rosse; tutta questa gente sa che da difendere soltanto se stessa, la propria vita e il proprio avvenire contro quella minoranza chè non lavora, che spreca e spende senza scrupoli mentre essi fanno la fame. Per questo è inutile cari signori cercare di invertire i termini del problema, la nostra lotta è quella che è: lotta di sfruttati contro sfruttatori, e se voi siete venuti qui per difendere questi ultimi, ditelo chiaramente senza cercare di nasconderlo dietro sciocchi e inutili paraventi. PARTITO SCIMUNITI VENEZIA G.ULIA — Allora per Ardine della «Lega» il primo maggio canteremo «Bandiera rOSa» P inneogeremo a De Ga speri! ri>is di Lucas) AGGIORNAMENTI — Ancora fascisti, è una vera indecenza. — Mica sono fascisti, sono democristiani PERCHE' IN FONDO... — ... e mi raccomando: Al primo maggio niente «... va fuori o stranieri», gli anglo-americani potrebbero offendersi (Dis. tu Luctu) Sim Chfociotte , LA RAGIONE PER CUI •— Ma perchè sabotano tanto i festeggiamenti per il Primo Maggio, non è forse una manifestazione per la pace mondiale e per le relazioni amichevoli con tutti i vicini? — Appunto (Dis. dt Sene) A TRIESTE NELL'ORDINE E NELLA LEGALITÀ' ■Abbiamo arrestato un perturbatore dell'ordine pubblico, lanciava dei manifestini inneggianti alla pace1 (Die. di Welter) U® SECOLO I V TRE asnii DIETRO 1L MFAKio i— Attenzione, caro camerata, sta arrivando il Primo Maggio! (DU di Sme} — Siamo per costume contràri ad. ogni sorta, di tradizionalismo, e se oggi dedichiamo buona parte del nostro giornale alla celebrazione del l.o Maggia non veniamo a meno al nostro costume perchè il l.o Maggio tradizione non è. Abbiamo voluto premettere ciò perchè teniamo a distinguerci da coloro che hanno ancora, nel cuore le •date fatidiche». Anche il nostro giornale vuole celebrare nelle sue l>ossibilità l’anniversario della fine di un’era di obra-brio e di schiavitù, fine, avvenuta per virtù di un popo- lo, di unterà che durava da quasi un quarto di secolo e che negli ultimi due anni si era vieppiù infangala in una crudele occupazione straniera servila ignomignosamen-te da altri nemici del popolo purtroppo non stranieri Gli uomini amanti della libertà. venivano appesi a quei tempi alle forche, seviziati e bruciati vivi, 1 carnefici, stranieri e no, ridevano e sghignazzavano allora eseguendo la loro opera belluina. Poi il l.o Maggio del '45, per molta gente purtroppo dalla memoria assai labile un secolo fa, gli Nostalgie Qualche vecchie camerata thè non ha più il cardiopalma, ritornata or ch’ò la calma, grida «Italia» a poi da il via a speranze rifiorite, sulle foglie rinverdite della dolce amnistia. . La parole vien dal greco e vuol dir «dimenticanza». Ma non già della baldanza di cui ognun faceva spreco. Nè del tono di sussiego. Nè del motto «me ne frego». E nemmeno del terribili «ideali immarcescibili»! Tutti in giro per la strada, pettoruti più di prima. Beh, ormai male che vada, se qualcun grossa la fà c’è la «Police». Non si creda! Poco dopo è in libertà. Padre Eusebio. Mussolini perchè a noi non son vicini? Qui c’è aria di riscossa della «... fè nell’ideale»! Dov’è il «Duce Fondatore»? Qui fascismo a tutte l’oie come prima, tale e quale oppressi si sollevarono e si liberarono dagli oppressori. Parve spuntare un’aurora. di giustizia e dì libertà. Trieste fu salva, fu restituita ai triestini degni di questo nome. Alcuni dei responsabili purtroppo non tutti, vennero giustiziali. Molti ne riuscirono a scappare, travestendosi, giurando il falso. Pqi passò un secolo. Quel secolo che divide molta gente dalla, liberazione all’oppressione. Molte cose mutarono, molte altre Ulegalilà ebbero luogo. Molte maschere caddero. Gli oppressori di prima 'potevano divenire le vittime di dopo. Le canaglie uscirono dalle loro tane con rinnovata imprudenza, i gaglioffi con immarcescibile faccia di bronzo fondarono giornali partiti movimenti. 1 seviziatori approfittarono dell’inevitabile disordine e sfoderarono vecchi e littori slogans, si fecero passare da infallibili profeti o addi-rii tura da tveri• salvatori della democrazia. Molti purtroppo non seppero conservare la libertà, patrimonio che gli uomini liberi avevano conquistalo per tutti pagando di persona e a molti non riuscì di liberarsi delle scorie e della loro meschinità, non seppero ricevere degnamente e degnamente conservare il patrimonio così duramente ed eroicamente conquistato dagli uomini liberi. E così oggi, appena tre anni di distanza, per molta gente dal maggio ’45 è passato un secolo. Ma non per gli uomini liberi che, consci delT’impor-tanza della vittoria conquistata nell’insurrezione popolare del maggio '45 sono ben decisi a difenderla, poiché gli uomini liberi non dimenticano il quarto di secolo di miserie morali e materiali! RICORDO o mmm ® I i p m is m n Si sarebbe giurato che alla not-ì la piogge avrebbe ‘mpantena-) la campagna, invece verso lo nbruniTe s’era levato il vento e ì nubi erano fuggite. Ed era uscita la luna e le stelle bcendo b ancheggiare la selva j croci, mutandole in marmo. Croci d*. legno, costruite con ami saldati alla meglio, con corta, talvolta con filo spinato, ar-agginlto dal tempo. Perchè parecchio è il tempo assale d’aliora. E la riposano quelli della «ter-a». a pochi eh lometrf daf paese on diverso da tanti altri paesi Darsi nelle valli, sui monti, net ianori. Sui colli bruii' che fanno corata alla località non a’accendono iù misteriosi fuochi, ne dalla enura ormai vaporosa di nebbie ispondnmo le scie luminose e corcate dei rasai. Questa notte però sta accedendo qualcosa d’insolito, ove i tumuli sono di terra rosse che sembrano di san-uè. Ombre ai aggirano nella selve di croci. A gruppi o Isolate, parlottano eotto-voce. «Tirano berte quei maledetti mongoli!». E tutte si muovono leggere, che sembrano veli. «Biaginotti! Pomari! Gher-sini!». «Quaggiù slamo Stati impiccati». «Lassù m’ha fregato un mortaio!». «Adunata! Compagni, adunata!» «Bisogna ritirare le sentinelle!». Alla ripida curca, ove la strado divide '1 torrente dalla campagne piccole croci e stele e mezzo infrante s’ergono. Sono la sentinelle che vigilano ancora. Ed ombre s'aggiungono alle ombre E sono tante che ormai pieno nè è ni pianoro. Ed altre scendono dalle colline, e ancora ne arrivano dalla strada e dai boschi. Cantano. — Sembra di ritornare e quei tempo, quando sulla strada fangosa passavano grandi carri di ferro rumorosi, gli automobili', le motociclette e gli autocarri rombanti. CI sono tutti ormai. Tutti t nostri migliori, die giacquero. — Saranno in testa, domani al nostro corteo, stretti intorno alla nostra bandiera, e canteremo insieme. Ci apriranno la marcia Loro quell: della «terza», e di tutte le altre. Perchè domani è S Primo Maggio! La nostra festa è la loro. “3)on Ch foci otte,, Responsabile: REMIGIO PAVENTO Redazione e amministrazione: CAPODTSTRTA. Via Cesare Battisti n. 301 Concessionaria esclusiva per la distribuzione in Italia e all’estero: MES9AGERIE ITALIANE S. p. A. via PeoJr L«mazzo N 52 MILANO t-:- 4: Primo MAGGIO proletario «he vent’anni di galera, di confino e di silenzio sotto la camicia nera non riuscirono ad abbattere nè a riidur, trepido e vàie, nella nuova fascistissima festa del ventuno aprile, dell’esilio immeritato, primo maggio, ben tornato, Ma, tornando, tu preparati a una vita alquanto mossa: sii prudente, per esempio!; uell’espor bandiera rossa. 11 fasciamo? Più non domina: ma in difesa all’ideale trovi più d’un scalmanato con le bombe ed il pugnale che non tollera bandiere a man che non siano nere. E non dir, leggero e frivolo, che tu fosti un fuoruscito: a coloro che lo fecero venne dato il buonservito. Non dir bene della Russia, se no passi fra coloro che barattan corpo ed anima con un pugno di rubli-oro! ed alfin tienti lontano dal lodare il partigiano, D fascismo? Cadutissima Sdì sovente sui giornali trovi ancora qualche articolo con le firme di quei tali che in isti!» imperialistico e in divisa tutt’orbace disdegnavano e schernivano ogni umano amor di pace, ma che. giunto il tempo dura se ne stettero al sicuro. Primo MAGGIO proletario tu che dal crudele esilio torni alfin qui a rivivere odi bene un mio consiglio sii pur sempre democratico. progressivo, indipendente: ma però «cum grano salis» voglio dire- sii prudente. Non è male essere pratici tra— fascisti—democratici l !?> Il freso arrivava lento e pesante, assordando Evsri co!l’urtare continuo delle catene e lo cadenzo regolare delle ruote sulle rotaie. Si alzò di scatto, correndo in mezzo ai binàrio urlando: — Sono colpevole... sono... Due strisele dt luce rossastra scorrendo svi metallo delle rotaie arrivavano fino ad Evset av-vilupandolo: parvero diventare due fuochi incandescenti che dirigessero i passi e lo fuga dello sventurato. — Sono colpevole, gridava agitando le braccia. Una massa enorme dura gli urlò il dorso, ti jrfede gli imeiampò in una traversa e un rumor• metallico acuto e forte soffocò i suoi ultimi lamenti. MA/7tMO GORkl LA SPIA deflo QVOI ITPH di MASSIMO GORKI -séH LA CODA DI PAGLIA il fitti! m a°a I boi-scouts della D. C. — C’è poco da sfotterei (Die. di Walter) Q)m Chtieiotle Numero Z/ ^ giovani in Cavana a gioia si son dati Pei voti... spaventati, dice «Voce libera» De G asperi consulta per fare il Gabinetto. Oh cfuasi gioia! oh diletto! Quanti saranno a credere Non facciamone un dramma: d’esser gli «ammazz assolte » è la «voce» di... mamma! e non le... marionette? ^ta d’insurrezione conrmemora Milano. a Sceiba fa il marrano col picchiare fanatico. Quanto ancora userà 'lue! legno... di papà? Romita fa cilecca 6 Perde un'occasione di non fare il frescone, ^sr cui oi fa sorridere 'luelfintenzione ardita *l’una mente- patita. Un buon burattinaio, Lovett. frattanto boccia (che fredda quella doccia!) quella proposta elettrica che scaldò molte teste sul... fato di Trieste. Già passata la festa, più d’uno fu gabbato. Beh, lasciamo il passato! Meglio assai se chiedessimo ai potenti padroni «Benissimo, benissimo», gridarono entusiasmati gl’invitati della baronessa. $1 conte sei alzò in piedi se-’rio, s’inchinò lievemente e, tolta dal leggìo del pianoforte la musica disse: «Gentili signore e signori, domani, come sapete, festegge-remo il I Maggio. Ho pensato, pertanto, di comporre questo inno che noi canteremo stilando per le vie della città. Il grande industriale, Benn, ha messo per domani a nostra disposizione delle ottime tute da lavoro perchè la nostra manifestazione nulla abbia da invidiare a quella de: veri lavoratori». E il conte, dopo aver proferito la parola «lavoratori» si pulì la bocca con un fazz Cile t tino di seta. Suscitò il gesto risatine, strizzatine d’occhi e occhiate furbesche e maliziose. «Conte!», gridò il marchese dopo essersi brevemente consigliato con l’industriale, «avete pensato ai calli?» «Ai calli?», ripetè allibito il Dante. «A quali calli?» «Bisogna pensare a tutto», rispose il grande industriale. «Io che mi onoro di aver vieto qualche volta da vicino degli operai autentici, posso assicurare che gli operai sono largamente provvisti di calli e di peli sul petto. Perciò, se noi intendiamo camuffarci da operai, è nostro dovere il farlo con la massima precisione e ricercatezza. E’ noioso, lo sò, ma soprattutto doveroso che va: tutti vi tegliate giacca e camicia affinchè io, che ho visto operai veri, possa assicurarmi che i vostri petti e le vostre braccia non bianche e prive di peluria siano, ma abbronzati, nerboruti e villosi». Risero le dame,« e prima che l’industxcale fosse riuscito ed esonerarle dall’esame si tolsero rapidissimamente i corsetti e griderellamdo e motteggiandosi vicendevolmente sfilarono davanti ali'industriale a petto nudo. I cavalieri batterono le mani e inneggiarono al I Maggio. Passati in rassegna i cava-fieri. l’industriale disse che no, che proprio non poteva andare. «Non avete un solo pelo su: Vostri petti», esclamò, «e le vostre braccia sono bianche e flosce. Non combineremo niente!» «Credete proprio?» sussurrò la marchesa intensamente fissandolo negli: occhi. «Beh, io intendevo altro», rispose l’industriale scomparendo nei buio giardino d’inverno con la marchesa. A tal vista, ti conte, avido dii godimenti e d’insani piaceri: «Anch’io sono del parere dell’industriale! Non combineremo un bei niente!» «Credete proprio?», sussurrò ti biondo baronetto, intensamente fissandolo negli occhi. Scomparsi che furono il conte e il baronello nel giardino di inverno i convitati si guardarono con occhi assetati d’insani piaceri. «Resistiamo, signori!», gridò il vecchio duca, «dobbiamo prepararci: domani dovremo figu rare degli autentici lavoratori. Non perdiamo la testa!» «Viva!» tuonarono in coro I presenti. «Ebbene», rispose il duca, «abbiamo noi calli?» , «No». «Abbiamo noi peli sul petto e sulle braccia?» «No». «Non importa!» «Come?», domandarono i presenti non comprendendo. «Ho detto che non importa! Domani noi avremo peli e calli; ve lo prometto solennemente». «Duca! Duca! Duca! ripeterono a gran voce i congressisti battendo le mani. «Propongo, pertanto, che le gentili signore qui presenti sacrifichino una parte dei loro capelli con i quali noi, con un po’ di colla, ci faremo 1 petti simili a quelli degli autentici lavoratori!» — Atteggiarono la bocca a disgusto le dame, ma assicurate dai cavalieri che dopo il taglio dei capelli sarebbero tutti assieme andarti nel giardino d’inverno, accondiscesero. I calli furono realizzati con cartone. Calli enormi, superiori di gran lunga a quelli dei veri lavoratori sia per quantità che, per qualità: calli che cominciavano sul palmo della mano e finivano sotto le ascelle. Furono confezionati calli bellissimi e variopinti anche per le cosche e per 11 viso. Soddisfatto, il duca si sedette al pianoforte e intonò l’inno. «E adesso», disse, «i signori fomiti di calli e maggi» degli operai metalmeccanici il* via Pondares con uso per Vam* massamento tinaie del camp» sportivo Ponzlana; I.o maggio degli impiegati al catasto in Piazza S. Giovanni con gare ginniche e coree attorno al monumento a Verdi; I.o maggio dei suonatori di oboè in sala Giraxdelli, vi» S. Francesco, 4, con corteo fino al bar Nettuno. Senza contare poi i più piccoli Primi Maggio di altre categorie di lavoratori che abbi Emo In comune pregi e difetti fisica Gli otorinlaringolatra dal piedi piatti usufruiscono di un permesso di comizio in Piazzetta Barbacan mentre in via della Cattedrale si svolge la corsa cri sacco organizzata dal nostrom* guerci. Che bazza per 1 triestini! Non più un solo I.o Maggio tozzo, rudimentale, uniforme, totalitario ed antidemocratico; bensì tanti piccoli, graziosi, gentil‘ssi-mi e civilissimi Primi Maggioli* ni alla portata di tutte le categorie. Cari concittadini, allegri. A voi pensano costantemente quelle grosse teste di fiduciari. PILLOLE Dicono Ohe per il primo maggio-festa dei lavoratori la Lega vog'K tenere un comizio in piazza Uniti-Oratori designati: l'industriale CO* sulich e II barone Economo. HlegaJità, piegalità! ma chi più illegale del «prefetto» mister Palo-tamil Volete una novità? Fi» poco «Voce Libera» diventerà l'organo dri partito socialista V. Q. V’immaginate 11 «socialismo» della Voce? Bevfn, Slum, Saragafc Schumacher, Frieto, eoa tc confronto saranno del veri rivoluzionari. Fissi... Fissi... Cianciano tanto d1 Marx, eppuf» anche Itti aveva fi suo... Capitale-* Sai quale differenza passa fi» l’ex «p od està à» Pugni ni e l’attuale «podestà» Miani? — No. —— Nemmeno Io. Ma se «tutta Trieste» ha manifestato contro le sinistre, come die* «Voce Libera» perche' tanta paur* di manifestazioni popolari per ri primo maggio? Adesso a Roma, negli lppodroiri ai svolgeranno concorsi ClpprcL- - -.......-eS ROSSI MA NON TANTO Il ricco industriale: — Oggi tuta a inno dei lavoratori] niente equitazione, (Dia. ài Red) — Bisogna andare verso Q popolo! — disse la marchesa. B mondo volge a sinistra! Il barone tagucchiò: — Sinistra... chiese., che cose vuol dire sinistra? La marchesa lo guardò con corruccio: — Suvvia.. — disse... — non mi vorrete far credere che voi ignorate la vastità di quel movimento che comunemente viene chiamato popolare. — Popolo... — chiese ancora 11 barone... — che cos’è ti popolo? La marchesa arrossi. Sollevò un braccio e strinse la mano guantata facendo ti pugno — Beco... — disse... — il popolo. Il barone fece un movimento brusco e si versò il thè sopra 1 pantaloni grigi. I rossi... — imprecò.« — maledizione! L'avvocato si alzò — Signora... — disse rivolto alila marchesa... — cono dei vostri. Una — congiura! — urlò n barone, e fece per lanciarsi alla finestra; ma la metrehesa lo fermò con un’occhiata dicendo: — Nessuna paura barone, rispetteremo i diritti delle minoranze. B barone si abbattè pesantemente sulla poltrona sentendosi mancare: — Credevo sospirò... — di essere stato invitato per discutere sulla situazione della nostra azienda. «— Appunto — disse la marche- sa con calma. — Discutiamo. L’avvocato parlò: — Gli ope- j rai delle nostre fabbriche chic-1 dono l’aumento, minacciamo muovere uno sciopero e— — .« ci minacciano di morte! EIA, EIA, ALALA’ — Ho buone speranze: dicono ohe l’anno -prossimo invece del I Maggio festeggeremo il 21 aprile. — rincorò il barone piagnucolando. B cardinale che fino allora a-veva taciuto, disse: — Ne va... ne va la vita! — La vita? — La vita. — Orbene... — esclamò la marchesa... — sono io proletaria? — Eccessivamente! — assicurò il barone ancora emozionato dal lo spavento di poco prima. — Lo siete voi avvocato? — ehia e ancora la marchesa. — Evviva ti popolo! — assicurò l’avvocato. — E allora... —- disse la marchesa... — se i nostri operai minacciano di morte o sabotano jl '.-"-oro del proletario, che cosa sono? — Nemici del popolo! — rispose l’avvocato con enfasi. — A morte i nemici del popolo! — urlò allora la marchesa! —- Bisogna indebolire la reazione! — disse l’avvocato con trasporto. — Ho capito... — disse allora 11 barone al quale era ritornato il sorriso sul faccione.- — da domani diminuiremo le paghe dei nostri opera!. Il cardinale dl.se uva Ave Maria, dopo di chè tutti se ne andarono. Allora la marchesa chiamò il maggiordomo e disse: — Augusto, controllate l’argenteria! DIFFIDENZA Dl C. d. L Stiamo attenti, par e che nelle nostre file ci s»3 un operaio vero! (dìs. di Red)