GRANDE LUSTRAZIONE I) E L LOMBARDO-VENETO ossia STORIA DELLE CITTA, IH l BORGHI, COMUNI, CASTELLI, ECC FINO AI TEYIIM MODERIVI PER CLRA DI CESARE CANTI E IT ALTRI LETTERATI VOLUME TERZO AI [LANO PRESSO CORONA E CALMI EDITORJ Contratta di S. Antonio ti, iSQfi I tt 5 S BRESCIA E SUA PROVINCIA l'Eli CARLO MOCHETTI t AL CONTE CARLO DI CASTELBMCO VISCONTE SIMONETTA PRINCIPE ROMANO CHE UN ILLUSTRE NOME DECOROSAMENTE SOSTIENE ED ACCRESCE (ÌLI EDITORI DEDICANO QUESTA STORIA BRESCIANA SAPENDO COME EGLI INTENDE CHE NELLA MEDITAZIONE DEL PASSATO STA LA DIGNITÀ DEL PRESENTE E IL GERME DELL'AVVENIRE (Castello di Brescia. ) Topografia. Il popolo, sposso volto poeta felicissimo nelle sue Immagini, alla sorridente guardatura di Palermo e di Mergellina diede nome di un pezzo di paradisa caduto in terra. Altrettanlo non si poi rebbi' dire di parecchi luoghi della provincia di Brescia? Il lago di (larda, che la separa ad orinile- dalla veronese, sembra essere slato presente alla memoria di quegli antichi, i quali cantarono degli orli Esperj. Dal Garda, al disopra di Limone, una lunga catena di monti, che al Tavalo discende nella valle di Drognello, internandosi nella provincia nostra per risalire poi ripidamente all'erto Brol'fione, e da quivi ridiscendere con dolce china lino al lago d'Iseo, discerne a settentrione il Bresciano dal Bergamasco e dal Trentino. Il lago d1 Iseo e la valle dell' Oglio, altri luoghi di grati spettacoli, llltalraz. del L. V. Voi. Ili, * 10 dividono a occidente dal Bergamasco ; e il corso di quel fiume, die volge squamelte d'oro, poi le terre già bresciano d'Asola, Castelgof-fredo, Castiglione, indi quella, toltaci e ridataci, di Pozzolengo, delimitano a mezzogiorno il nostro dal territorio di Cremona e di Mantova. Dalla punta boreale del Brolììone al confluente del Molla noli' Oglio corrono 44 miglia geografiche di lunghezza; e dalla selva Lugana a Pon-toglio, ili) di larghezza, coprendo la superfìcie censuaria di chilometri o decari 3308.07$ di cui 3084.773 produttiva, c 313.300 sterile I monti, appendice dell'Alpi Retiche, non nacquero lutti da un'unica espansione. 1 sedimenli, che si deposero primamente e si sollevarono e raddrizzarono poi, formaronsi avanti che venissero sommossi dalle rocce emersone; le (piali innalzando a grande altezza una parte dei fondi del mare, lasciarono negli intervalli ampio squamature, che, riempite poi d'acqua dolce, divennero i nostri laghi di (iarda, d'Iseo, d'Idro e di Vaja. In alcuni luoghi lo roccie emersone si fecero strada fra le sedimentario, e cosi venne spinto di basso in alto, fra le calcaree d'indole secondaria, 11 filone di porfido pir ossen t co, il quale, da Lavino a Tesoro in Val Trompia, occupa circa 7 miglia: una propaginc di questa emersione spuntò anche in Val Sabbia, e ad essa dobbiam forse la miniera di galena compatta a Provaglio. Testimoniano l'antico soggiorno dello acque oceaniche nella nostra provincia i corpi marini che si rinvennero sullo colline dalla cui vista è rallegrata la città, o sui monti di Rovaio e di Provezze. Il terreno di trasporto e i massi erratici disposti in morene, si trovano nello colline di Fraiiciacorta, da Erbusco ad Iseo. Di ciottoli erratici staccati dal l'ondo delle valli Trompia e Camonica, sono seminato le campagne della nostra provincia ; e sterminati macigni di granito s'incontrano nella Vallo Sabbia, la quale è tutta all'intorno circondata da montagne calcaree. Alla formazione erratica succede quella dell'argilla ferruginea, la quale copre, fra gli altri, i colli di Castcncdolo e Cilivcrgho, e sembra esservi stala deposta dal mare. Anche cessati i sommovimenti che diedero forma stabile al suolo, la nostra bassa provincia resiò lungamente in proda alle acquo dei fiumi spagliatili. Como furono alquanto incassati, il loro dominio si limitò al vicino lembo delle più recenti alluvioni, il quale si copri di selve e di \ Questi tiri 1 i della superficie bresciana sono diversi dai pubblicali fin qui. L'ingegnere Tito llrusa, assistente di I classe all'I. II. Ufficio provinciale delle pubbliche costruzioni, gentilmente me li procurò. Quando mi fu possibile, io ricorsi sempre alle fonti sì pei tutti storici che pei dati fatalistici: il che dico una volla per sempre, a risparmio di citazioni, TERRENI E ACQUE. POSTURA 11 paludi, dai nostri antichi padri convcrtito in giardini. Che Ìmproba fatica non dovettero sostener essi, prima di regolare il corso de' fiumi, o usufruiamo lo acque per l'irrigazione ! L'Oglio, che scaturisce allo laido del Tonalo, all'uscire dal Sebino scorre in una valle amonissima, lo cui collino, l'ormato da puddinghe aliuviali, vanno abbassandosi e vanendo con poetiche sfumature. A destra, sotto Palosco, riceve l'acque dol Che-rio; a sinistra, sopra Pontovico, ove comincia ad ossero navigabile, e ingrossato dallo Strono ; e maggiormente poi dal Molla ad Ostiano e dal Clisio a Canneto. Dall' Oglio si estraggono la Fusi;» di Rovaio, scavala nel 1347 , la Seriola Vecchia di Chiari, la Cnstrina , che in questo gennajo del 1858 gelò, la Trenzana, ecc., che hanno la complessiva portata di moiri cubici 70. 55 per minuto secondo, c irrigano pertiche metriche 1,070,000. Dal Molla, elio nasco sul Maniva, 0 diodo 0 tolse il nomo dal fioro Amelio, si eslraggono cinque canali a sinistra ed uno a destra, i quali tributano metri cubici 12.10 por secondo, ed irrigano 145,000 pertiche metriche a cereali e prati. Il doppio (pertiche metriche 299,000) è irrigata da' fiumi che si eslraggono dal Clisio, fra cui il Naviglio Grande, do'più antichi di Lombardia. Ricchissima di sorgenti e la parte bassa della provincia, 0 so no Irae profitto per l'irrigazione. Rinomata è la sorgente di Mompiano, duo miglia a settentrione di Brescia, 32 metri sopra l'Orlo botanico e 10 sotto il livello del Sebino, la quale tributa ogni giorno metri cubici 31.401 (zorlo 032,592) di eccellente acqua alle duemila fontano pubbliche e privato orni' è Broscia rallegrata. Altra fonte antica, meno copiosa ma di bonissima acqua, è quella suburbana di RebulTone 0 sant'Apollonio, che scorre sotterranea nei Giardini pubblici, luogo ove tenovasi un mercato nel medio evo. Quasi in mezzo al paese siede la magnanima città, il cui nomo risveglia tante memorie di grandezza 0 di Sventure, 0 noppur una di viltà. La sua posizione ò a 45° 32' 05" di latitudine alla Torre del popolo; 27° 53' 00'' di longitudine dall'Isola dol l'erro; 1° l'49" ad oriento di Milano; a metri 150.017 sopra il livello dell'Adriatico. Broscia, ingrandita più Tolte, occupa ora 2050.81 pertiche censitane di cui 1379.99 sono censite in lire 805,310.04, e racchiudo 35,390 abitanti È dominata dal vento d'ovest, 0 per due terzi dell' anno godo il sereno ; ma cade nella zona delle massimo procelle, e i temporali vi sono sposse volte accompagnati da grandine. L' estrema altezza raggiunta dal baro- 2 Ciò scrunilo i dati ecclesiastici. Quelli Ufficiali civili del 1837, non pubblicati accora da alcuno, fanno la popolazione di Brescia nel detto anno di ói,SS'J persone, espi usi i giovani che in dieci anni la nostra città forni all'armala per là coscrizione, L'estimo di Brescia pel corrente anno 1838 è di lire 8tì'),"2S!». HI, 12 STORIA DI UH ESCI A metro nel l'ebbra jo 1821 fu di millimetri 780.73, e la minima nel feb-brajo 1823 fu di 734.44. Il massimo dell'alia temperatura fu di gradi [27 li (1824 e 1830); a gradi — 10.25 discese nella notte dell' 11 gen-najo 1830; ma quei freddo, che ancora si menziona, fu superato, sebbene per pochi giorni, nel gonnajo 1854, ed in quello del corrente anno, il cui inverno fu de' più rigidi che si conoscano, specialmente nei paesi meridionali della provincia. Il padre Lana pel primo osservò intorno al 1073 la declinazione del nostro suolo da sellentrionc in occidente, e la trovò minore di gradi 4 ; ma nel 1085 la riscontrò di gradi 5 e 50 minuti; e questa declinazione andò crescendo lin presso i gradi 18. Ora sembra soggetta ad una progressiva annua diminuzione. La provincia di Brescia, che da pochi moiri sul livello del mare elevasi fin ai 2209, olire larga messe agli studiosi delle condizioni fisiche, ed a'suoi abitatori tutta la varietà di raccolti ond'è ubertosa l'Italia. II. I popoli primitivi. Onali furono i primitivi abitatori dell'agro bresciano? Alcuni gli indicano col generico nome di aborigeni, elio sarebbe come dire indigeni od originari 1 rna anch'essi vennero da altre parli. I Liguri, che sono i più antichi popoli della nostra- provincia, abitarono, conio attesta Dionisio d' Aliearnasso , diversi luoghi dell' Italia e della Gallia ; e sembrano acmiti dall'Asia meridionale o di qui passali nella Gallia. nella Spagna e nell'Africa. Se noi dovessimo abbandonare la nostra patria per fabbricarcene un'altra, le daremmo il pare nomo di Brescia; o ai monti o ai fiumi della nuo\a applicheremmo quel dei monti o dei fiumi della patria primitiva; e ci parrebbe cos'i di farla rivivere. I Liguri fecero al-trottante* e ai luoghi ne'quali presero stanza diedero il nomi! di quelli che avevano abbandonali; e quest'uso tennero gli altri popoli che qui seguirono; ed ecco perchè noi troviamo ripetuti i nomi dei paesi, dei monti e dei fiumi bresciani in altri luoghi d" Italia o lontano e fra lingue dissomigliantì. Questi omonimi sono mollo più frequenti coi paesi della parlo alpina della nostra provincia, perocché i Liguri e gli altri antichi popoli abitarono i luoghi elevali; essendo coperta di paludi la pia- PRIMI ABITANTI. OMONIMI K io mira è malsana I Liguri (Poltre Po avevano a re un Cigno, menzionato da Paiisania come peritissimo nella musica. E probabile che la specola o fortezza Cicnea, che fu P origino di Brescia, venisse da quei Liguri fondala, e denominala da quel re, fortissimo condottiero. I Liguri munivano infatti di mura lo loro castella, mostrandosi in ciò al tutto diversi dai Celli e dai Germani. Induriti ai ghiacci ed alla vila alpestre ed agili di corpo, attendevano alla caccia, e si coprivano con pelli di fioro. Sombra però cominciassero a coltivare a ronchi lo nostre colline; e si mantenessero lungamente liberi o indipendenti. 3 Omonimi di luoghi o fiumi bresciani, Agna limile in Val Sabbia. — Agna f. in Toscana o I'. nella Mauritania; Agno f. del Napolitano e f. clic entra nel IftgO di Lugano; Agnah, città dell'India; Agitano, sul Napolitano; Apuana, in Spagna; ecc. Alone in V. S. — Alone antica cilfà di Spagna e isola delPEólide; ed altra nella Pro-pbntide e nella Paflagnnia ; Aloni, città dell'Assiria e popoli al di là del Tigri , di cui Plinio. Anfcrro, in Val Camnniea. — Anxur, città pelasffca, ora Terracin.i. Ardo, monte presso il Garda, — Àrdo, Confluente «lei Piave; Arda, confi, del Po; Arda, nella Turchia Europea, ecc. Areno, laghetto già appartenente al Bresciano. — Arene, castellò neH'Acaja (Plinio). Ario, monte in Val T compia. — Arii, popoli, Alio, f. e Aria, isola sacra a Marte, di cui Plinio; Ariona, in Spagna. Armo, lago come sopra. — Armoa, f. nella Numidia (Plinio). B. uo, monte. — liaja, presso Napoli, luogo di delizia de' Romani, BARO H E, in V. S. — Barghe, nella tavola Paulina in lingua osca ; Barghe, nella Calila Narbonese, ci e. Berga, valle in V. S. — Berga, città di Spagna; Bergas, in Romania sul Larissa ; Bergo, isola (Plinio), ccc, Bernaco, nel distretto di Salò. — Bernac, nei Pirenei, e Bernac in Francia, in Ire dipartimenti. Bondo (valle di). — Pondo villaggio dei Coazioni; Bollilo, sul Bergamasco; Bondi, città e porto delle Mollicchi'. BRESCIA. — Brescia, I'. in Asia (Plinio); Brrxa , in Spagna; Presse, in Frància ; Brixen nella fiezia ; Pressa, nell'Udinese, ecc. Brione, sopra un monte, disi, di Brescia. — BrloUes, ditta della Spagna ; Brione, in Francia; Brioni, gruppo d'Isole nell'Adriatieo. Brozzo, V. T. — Pro/, in Transilvania ; Prozas in Spagna; Broz sul Bellunese. Busenzio, in V. S. — Bisen/io, f. della Toscana; BuSento, f. del Napolitano. CAMPIONE, f. che melte nel (iarda. — Campimi, città d'Asia, Campione terra del lago di Lugano. C.umna, in V. T, — Caelina, antica Città del Veneto. Cabcina, in V. T. — Calvina, castello menzionato da Plinio, il quale parla anche dei popoli Cannisi ; Cartiina, antico Castèllo dei Baschi. Carena, monte in V. S. — Carena, castello antico della (invia; Careni, popoli dell'Asia verso la Persia; Careno, sul Comasco, Cauvano, alla sorgente del I'. Agna. — Carvaiiis, città di Cappadocia da Tolomeo pòsta nel Ponte Poleinnniaco , Carvancas, grandi molili ai confini della Norica. Cecina., sul Carda, e Cecino, in V. S. sul f. Degagna — Cecina, castello; e Cecina, f. della Toscana di cui parlano Plinio, Pausanja e Pomponio Mela ; Cecenia, nel Caucaso. Nella parte montuosa fino al lago d'Iseo abitarono anche gli Euganei, e Plinio dice che erano parte di essi i Triumplini: e l'orse il furono i Monacensi. Capilalc degli Euganei era Stono, che molti credono esser il nostro Vestono (Velm-Stonox). Anche gli Umbri, non celli, ma affini ai Latini e maggiormente agli Osci, antichissima gente, che di trecento castelli avevano empito le valli del Tebro, i gioghi dell' Apennino e la marina ove il Po discende, ebbero dominio nella nostra provincia. Dagli Umbri trassero forse origine i Sabini, di cui una parte venne ad abitare nella nostra Valle Sab- Cimo, in V. T, — Cime città de' Polasgi ; Cima, sul lago di Lugano ; Cimono , citlà c volta degli Apennini sul Modenese. Corteno, in V. C. — Corte in Corsjea, Cnrlousi, populi della Spagna (Plinio). Do, in V. S. - Doo, f. nell'Africa! Doi.ò, monte in V. S. — Dolori, popoli della Tessaglia «le' quali parlano Senofonle, Plinio e Gemisto Platone ; Dolol, città della Senogambia. Lombardia! noia Dolo (Secchia), DoulOU (Allier) e Doulou (Lol). Dkgagna, f. e paese in V. S. — Dcgagnao, in Franchi. Eno, in V. S. — Enos, nella Romania ; Km», golfo nella slessa. Ere, monte in V. S. — Erce, città dell'Asia, di cui inula la Scrittura; Crei popoli, di cui Senofonte; Livi, monumenti in Sieilia ; Eri, f. in Toscana, Fasano, sul Garda. — Fasiani, popoli e Fagiana, prov. di cui parla jSciiol'onte; Faso, gran f. d'Asia che si scarica nel Mar Mero. Flero, disi, di Brescia. — Flcrs, in Urtinola ; Florio, f. nella Spagna (Plinio). Freg, valle in V. S. — Erogena, città e colonia nell'Ftruria di cui parlano Plinio, Stra- bone e T. Livio ; Freg in Germania-Gabbiano, tra la Val Sabbia e ii Garda ed altro ii: pianura. — Gabbiana, in Asia; Ga- biano, negli Stati Sardi: Gabiau in Francia; Gabbia, aulica città della Romagna; Gabbiano, sul Cremasco, sul Mantovano, sol Pavese. Liano, presso il Garda. — Lian, circondario nella China; Liane, riviera di Francia. Marchkno, in V. T. — Marchena, antica città di Spagna, ov'è pure un grande sobborgo dello slessu nome. Marguzzo, dist. di Salò. — Margozzo, villaggio e laghetto d'Italia (Agogna), Masima.no, sul Sobillo. — Maspii, popoli della Persia, secondo Erodoto assai polenti. MELO, f. oggi appellato Garza, — Mela, f. della Tracia; Melo, isola dell'Arcipelago, ora dotta Milo; Metti popoli della Grecia. Mknos, monte in V. S. — Mcnosca, in Spagna. Muro, presso il Garda e Mura in V. S. — Muro, città del regno di Napoli; Mura, antico villaggio sull'Oglio. Nave, sui monti, anticamente detto Navarium. — Navar, in Asia ; Navarca, in Spagna. Pagazano, nominato nel 1032. — Pagasa, castello della Tessaglia nominato da Plinio. Palosso, monte in V. T. (dial. Palos). — Palos, in Spagna; Palos inarca della Transil-vania. Sale sul Scbiuó, e presso dissugo. — Sale, antica citlà ed isola in Africa ; Sale, antico castello degli Umbri. Singla, Valle al Garda. — Singles, in Francia. Vallio, dist, di Salò. — Valli, popoli della Grecia. Zone, sopra un monte presso il Sebino. — Zone, monte nella Traccia ; e Zone, f. nella Scizia (Plinio). E così molli altri, che qui si ommettonu. ETRUSCHI. ČENOMANI 15 bia, in mozzo a' Triumplini che occupavano tutte o due le nostre valli. I Sabini si distinguevano per severità di costumi e pietà religiosa; e per ciò noli' Apennino moltiplicaronsi rapidamente, onde molti dovettero in più riprese migrare dal suolo nativo. Che i nostri fossero con quelli congiunti lo argomentiamo dal comune culto di Saturno, Dio degli aborigeni, il quale non fu qui portato dai Romani, perchè allorquando conquistarono le nostre valli l'avevano già posto in non c;do. Salirono in gran fama per civiltà gli Etruschi, che tennero tutti luoghi transpadani, eccetto un angolo dei Veneti, spingendosi fino nella Ile/ia ; arginarono il Po. e raccolsero in canali le acque stagnanti ; e devono avere cosi migliorali molti luoghi anche della nostra bassa provincia. I loro lucumoni, di cui ve n1 era uno per ciascheduna dello dodici citlà, del quale numero componevano ogni loro Sialo, abitavano in luoghi elevati per poter meglio sorvegliare i lavoratori nella sottostante cani-pagna. Uno dovette sedere nella Specola Cionca ; intorno alla quale saranno andato crescendo le abitazioni. Gli Etruschi veneravano l'agricoltura, alla quale soprintendeva un collegio ili sacerdoti anali ; e coli' a-ratro delineavano il circuito dello nuovo città. Cosa singolare; da circa trenta secoli tioi usiamo la forma di giogo e lo ceste di vimini che co* slumaVano a Ninivc ; e il baldacchino e l'ombrello clic si adoprano nelle processioni, solio quali usavansi colà quarantacinque secoli or sono; e boi continuiamo a seppellire i morti coli' intero addobbo, Collie costumavano gli Etruschi. Ma deli arte elrusca, di carattere puro e severo, rarissimi e incerti monumenti abbiati! iioi, né s'accordano i dotti noli' interpretar le epigrafi rinvenute a Cividate, a Sale Marasino ed a Volpino. Famiglie etnische dovettero però esser a Brescia, perche noi sappiamo che essi davano agli uomini il nome di qualche fiume; ed una portava appunto quello del nostro Molla o del Melo ; v'era anche una famiglia elrusca, delta Cecina dal toscano fiume; e l'aver noi due paeselli di questo nome ci fa pensare che quella famiglia dovesse per lo meno aver ira noi grandi possidenze, tanto più che è ricordata in un frammento di lapide nel villaggio Cecina, sulla riviera del Garda. DI sì ricco paese furono gli Etruschi scacciati dopo lunga lotta dai Cenomani ; i quali guidali da Elilovio e favoriti da Uelloveso, un lììiO anni prima di Gesù Cristo, si stabilirono noi paese ove trovatisi Brescia e Verona; « luoghi (dice Tito Livio) già tenuti dai Libui » lo stesso che Liguri. La maggior parto degli Etruschi si ritirò nella Rezia. Gli antichi abitatori liguri, sui quali s'era estesa la gente o soltanto la civiltà euganea, e gli Umbri, in parte rimasero soggiogali ; altri rifuggirono sui monti mantenendosi indipendenti col ferro in pugno e celPira nel cuore, tempo e modo aspettando alla vendetta. E più volte scenderono a mole-slare que1 nuovi dominatori. Si dice clic i Ccnomani l'ondassero Brescia, ma forse essi non fecero che cangiare l'aulico nome alla città : forse anche quello trovarono. I Ccnomani, di razza eimrica o belga, si stabilirono da prima sull'aperta campagna, essendo accostumali a dormire sull'erba e sulla paglia, e non usando difendersi entro mura. Vivendo di pastorizia e di cacciagione e non conoscendo la privata proprietà, nò apprezzando che Poro ed il bestiame perchè possono essere trasportali, P invasione dei Ccnomani riuscì di gran danno all'agricoltura ed.alla civiltà. Non dovettero però star molto a conoscerne i vantaggi; e allora abitarono sulla Specola Cionca, e vi adorarono il loro dio Bergimo ; costrinsero case rotonde con assicelle e graticci nella pianura, origine di nuovi paesi; c fecero, direi, un po' di transazione coi poveri nostri agricoltori. Ma uomini i cui trofei erano lo teste dei nemici e che aveano potere di vita e di morie sulla moglie e sui tìgli ; che compivano in mezzo alle solvo terribili sacrilici i religiosi non potevano inspirare ai nostri padri confidenza e affetto. Brescia diventò il capo di quella gente, che rimase padrona del paese Ira l'Adda, il Po, le valli e il Bonaco, giungendo per poco lino a Verona. I Cenomani, all'opposto degli altri Galli, tennero le parti di Roma, e in unione ai Veneti la soccorser di ventimila uomini nella lotta fra la stirpe italica e la celtica, 279 anni prima di Cristo, c nella guerra contro gl'Insubri c contro Annibale ; il quale alla Trebbia, per rompere le salde schiere dei Cenomani, dovette spingere gli elefanti. Partito Annibale, e rimasto Amilcare capitano delPesercito al soldo di Cartagine, gli Insubri, i Boi, i Salii ed alcuni Liguri s'unirono a lui ; e Posempio venne seguito da un drappello di giovani Cenomani. Questo fatto insospettì i Romani. Cornelio Cetego, mandato da essi contro gli Insubri, cercò con blandizie di persuadere i Ccnomani a serbarsi fedeli alleati di Roma: i seniori Cenomani accertarono Cetego che essi non avrebbero comballulo in quella guerra, e all'occasiono avrebbero dato soccorso ai Romani. Così fecero e resero piena la sconfitta degli Insubri. Ma fra questi era puro un drap* pollo di Cenomani; e questo l'alto chiarì i Romani che era assai meglio aver i Cenomani soggetti che alleati. A Cetego decretò il Senato Romano Ponore del trionfo per la vittoria riportata sugli Insubri e sui Cenomani. Si mandò poi fra i Cenomani il pretore Marco Furio; ma questi non avendo saputo forse comprender bene quanto si voleva da lui e non si amava dire chiaramente, tolse ai Cenomani lo armi. Essi avanzarono lagnanze al Senato, il quale fece ridar loro lo armi o rimosse Marco Furio dalla nostra provincia. La sudditanza dei Cenomani non doveva aver l'aspetto di castigo, ma di premio. Gneo Pompeo Strabonc ETÀ' ROMANA 17 meglio servi il senato romano dando ai Cenomani il gius latino coi privilegi che V erano inerenti, fra cui quello di militare nelle legioni ed avere magistrali proprj ; e ciò si fece senza mandar qui novelli abitatori, ma lasciandovi gli antichi. III. Brescia sotto la dominazione romana. Il Cristianesimo. — I Barbari. I Romani permisero ai Cenomani Puso delle loro leggi, e il sistema di repubblica aristocratica, come ora direbbesi, con cui s'erano governati; ma quando Giulio Cesare eresse Brescia in colonia romana, introducendo istituzioni e costumi romani, alP incerta comunanza celtica venne sostituito il diritto di piena proprietà e la libertà dei testamenti, rispettando però la legittima proprietà. Nell'interno della famiglia operarono i Romani una benefica rivoluzione, togliendo ai padri il potere di vita e a\ morte sulle spose e sui figli; i diritti di questi e di quelle divennero sacri : dovere P educazione e la providenza delle tutele. Anche P avita religione venne lasciata ai Cenomani; ma, se non prima, ai tempi d'Augusto vennero interdetti ai Druidi i sacrificj umani; leggi che i poveri oppressi avranno benedette. Brescia, divenendo colonia romana, acquistava il diritto di votar nei comizj, e veniva ascritta alla tribù Fabia; si affezionò a Cesare, ed egli, Panno 54 avanti Cristo, vi veniva, e qui risalutava le legioni che con lui avevano combattuto e vinto sul Reno, sulla Senna e sul Tamigi. Egli ornava la nostra città di un tempio tetrastilo, nel luogo ov'ora è il monte di Pietà. Pugnalato questo grande nel 44 avanti Cristo, i Bresciani si mostrarono avversi ad Antonio e favorevoli a Bruto nella guerra che succedette; ma vinta dal primo a Filippi la gran lite, dovettero sopportare avari proconsoli, qui mandati a farci scontare la nostra simpatia pel vinto. Augusto diede opera a cancellare dai sudditi le triste rimembranze che vi aveva lasciate come triumviro; e quasi per compensare i Bresciani del terreno che loro aveva tolto per satollare le indizio-, riproduceva nella nostra città alcuna parte dello splendore di, lllustraz. del L V. Vol. m. "> Roma ; la riordinava in colonia Augusta Civica e la riforniva, nel 727 di Roma, di cittadini romani. I primitivi abitatori che si erano rifuggiti sui monti alla venuta dei Ce-nomani, continuavano a mantenervisi indipendenti. II proconsole Quinto Marzio, nell'arnia 128 avanti Cristo, riportava vittoria sui Liguri-Stoni, che è quanto dire sui prischi Liguri accentratisi a Stono; e sembra che, per assicurarsi gli elì'etli della vittoria, sollevasse i Sabini e deprimesse i primi, perchè soltanto dopo quella guerra noi vediamo distinta la Val Sabbia, e nominato un Fermo principe dei Sabini, cioè decurione del municipio, come un1 altra lapide ci ricorda uno Stajo Esdra principe dei Triumplini. Stono decadde della antica importanza, e sorse invece Sabbio. L'arte di dividere i popoli è antica, quanto il desiderio unito alla possibilità di dominarli. Ma Quinto Marzio non vinse tutti i nostri valligiani. Molti di questi discendevano coi Reti dai monti, e devastavano il vicino territorio, commettendo crudeltà sì atroci, che amiamo crederle esagerate dagli storici. Augusto inandò contro di essi il ventiquattrenne Claudio Nerone Druso, il quale li domò L'i anni prima dell'era vulgare. I Triumplini, che rimasero allora vinti, vennero venduti all'asta: sorte che toccò anche ai prigionieri della Rezia e della Vindelicia, Gli altri Triumplini, che vivevano da un secolo sotto il dominio romano e che soffrivano per le invasioni de'primi, innalzarono in segno di riconoscenza un monumento al vincitore. Le valli Trompia e Sabbia, quella di Ledro, Arco e Pieve di Bono vennero ascritte alla tribù Fabia ed unite a Brescia. La cerchia di questa città era allora brevissima. Dalla odierna porta Bruciala correvano le mura in via retta presso le rive del Melo (Garza), e da quivi ripiegando verso il moderno teatro, seguivano la strada che ancora serba il nome di antiche mura, e si prolungavano a mattina per Santa Maria di Pace, Santo Spirito e San Siro presso Torrelunga. 11 palazzo regio dei bassi tempi dell'impero, convertito agli usi di Curia ducale sotto i Longobardi, si estendeva lino alla riva del Garza. Quattro erano le porte della città. La Milanese aprivasi nel luogo che ora chiamiamo Porta Bruciata, e quivi presso trovavasi la stazione dei Para-veredi o stallaggi: la Cremonese, perocché le porte toglievano il nome dalle città alle quali conducevano, era situata ov'è ora la Fontana Coperta: la Romana, chiamata dei Pagani, ergevasi ncirubicazionechelol.se e conservò il nome di Paganora; e la quarta, detta Orientale, era a Sant'Andrea, dal quale santo si denominò poi sul principiare del IX secolo. V'erano parecchi archv e di quattro ci rimasero memorie ad Arco Vecchio, a Rebuffone (Ar-bu(lòne), all'Arco del Vino, e presso l'osteria del Bel Soggiorno. 1 Tempio dei Genio di Brescia S • del dio Denti ino ■i • di Vespasiano 4 TVairo 5 Tempio fl Tempio del Sole 7 Foro .Vin o 8 Curia, ed ivi presso forse un tem- pio d'Ercole. 9 Dj^'I'I 10 Acquedotto Venturi (1853) 11 Musaico S. Paolo li' Mus.ico Fenaroli (1849) 13 Tempio di Vulcano li Collegio dei tiiuinentarj 13 Musaico Baili (1^20) 16 > !!■'ili.,m. (18J9) 17 > Banizzardi 18(9» 48 Antiteatro Il Musaico Itruttanome 11837) 20 ■ S. Domenico (184i> 21 Collegio dei Giovani 22 Tempio di Giulio Cesare 23 Gr..it-.jo pubblico 2V Palazzo regio 25 Tempio della Gioventù i?) 26 Nini o Mus. Venturi (1849) 27 E lincio ignoto 2S Terme o altro analopo 29 Mus. della Rotonda (secolo XV) 30 Ano Romano 31 Ponte 32 Ponte Marmoreo 33 Tempio d'Enole ;i» Musaico Puzzoni 35 » Ferini 36 Tempio di Castore e Polluce. P URTE A. Porta P.'at. Milanese B. Porta. C. Porla Cremonese - D. Porta K. PurU Orientale (?) I.' anno assimilo ai musaici é quellu della loro scoperta. Sono indicate le chiese anteriori al V secolo. Ma in sì limitato spazio quanti insigni monumenti t Sul Cieneo sorgeva il Campidoglio, e i Bresciani vi avevano posto un altare al Genio della Colonia. Nel cortile di casa Gambara presso San Zeno, si vedono ancora le vestigia del teatro bresciano. Mura a semicerchio ed alcuni piedritti sono suOlcienti per accertarne la forma, e convincerci che era più vasto di quello (il Ercolano, e pari in ampiezza a quelli di Catania e di Taormina. Poggiava col dosso della spaziosa curva alle falde del patria colle, come solevano gli antichi per attenuare la spesa della costruzione, per riparare gli spettatori dai venti, e per allietarli coiTamenilà delle vedute. Avevano un anfiteatro, un foro, dovuto in gran parte ad Arria, moglie di Marco Novio Macrino, di cui rimangono vestigia nella piazza del Novarino; era di forma rettangolare con portici lungo i lati maggiori, e in esso amministravasi la giustizia, davansi spettacoli gladiatore convocavasi il popolo e facevasi il mercato de' commestibili. Alla estremità meridionale del Foro era situata la Curia; e presso questa un. tempio ad Ercole. Celebrità recente oltenne il lempio dedicalo a YeSpa- sÌano Augusto, 73 anni dopo Gesù Cristo, e sugli avanzi del quale, sterrati nel 1823, venne eretto il Museo Patrio. La facciata del tempio aveva 40 metri di lunghezza: le colonne, d'ordine corintio alte li metri, erano maestrevolmente lavorate. Delle 16 di cui posano sopra uno stereobate > resti, una sola campò intera dalle rovine. Di marmo di Luni si trovò il lastricato dei portici, e le pareti interne erano incrostate dei più peregrini, fra i quali il rosso antico, il granito, il porfido, il serpentino« EDIFIZJ ROMANI 21 In esso è quella statua della Vittoria, insigne prova dell'eccellenza dell'arte aulica. Presso alla chiesa di Sant'Ambrogio, o nel sito istesso era il collegio de' giovani; e nella casa del signor Garlantonio Venturi a San Giuseppe rimasero le vestigia del bresciano Ninfeo, il quale serviva ad usi diversi. E v'erano le fonti; e tuttavia ammiriamo sulla strada da Brescia a Valle Trompia le considerevoli reliquie di un acquedotto, fatto costruire dagli imperatori Augusto e Tiberio per condurre l'acqua nella colonia bre-scuiua 1 Questo celebre acquedotto, clic riceveva forse l'acqua dèlti tótttfe di Sant'Apollonio, al di sopra ili Lume/.zane, continuava ancora a condurla in broscia sullo scorcio del XIV Grandi mezzi di materiale prosperità e d'incivilimento sono le strade ; e Io seppero i Greci e singolarmente i Romani, poi Napoleone e gl'Inglesi. Gigantesche come l'anima di quel popolo erano quelle aperte dai Romani nei paesi conquistati. La via militare toccando ad oriente Sant'Eufemia, Bedizzole, ecc., seguiva ad occidente verso Bergamo, varcando il Mella sul ponte delle Grotte, e per Castegnato si dirigeva alla stazione militare di Tetellus, presso San Rocco dell'attuale Rovato, e di quivi, costeggiando il monte Orfano dal lato settentrionale, toccava lo Zocco, poi le Colombaje, le Cascine antiche, e passava sull'Oglio al Civi-dino. Anche nelle valli apersero strade i Romani, e ne abbiamo ancora le traccio : diverse altre attraversavano il nostro territorio in pianura. L'ordine dei cavalieri, ragguardevole nei municipi", fu numeroso iit Brescia. Nonio Macrino andò governatore delle due Pannonie; Stazio Panilo pretore del Ponto e della Bitinia e proconsole della Betica; Publio Clo-dio Sura, flamine e pontelice addetto al tempio dell'imperatore Trajano, da cui venne eletto protettore della repubblica di Bergamo e da Adriani» di quella di Como; Nonio Minucio Fondano fu proconsole d'Adriano, e Benevolo Patrizio gran cancelliere dell'impero sotto Valentiniano. I bresciani fasti consolari registrano i nomi di Lucio Aviola e di parecchi Xonnj Arrj. Minuzio Aciliano passò con approvazione per le cariche di questore, di tribuno e di pretore, e godette dell'amicizia di Plinio il giovane. Dopo Roma, nessun'altra città d'Italia, se non forse Verona, può vantarsi di tante lapide scritte; parecchie ricordano le divinità de' nostri avi; e fra le più vetuste è a collocarsi quella del dio Alo, il quale in altra lapiile è assimilato a Saturno, nume degli aborigeni. Giove è mentovato in - trenta epigrafi ; in diciannove Minerva ; in tre Vulcano ; in quadro Silvano, nume italico antichissimo; in ventinove Mercurio; in due Iside, i misteri della quale, venuti dall'Egitto 250 anni avanti Gesù Cristo, furono più volte proscritti dai Romani. Al Sole-Elio, il cui culto è de' più antichi del mondo, si trovò una iscrizione in casa Gambara nel XV secolo; altra lapide serve di sostegno alla volta dell'antica chiesa di Sani a Maria detta in Solario ; ed una terza fu rinvenuta testò in casa Morelli, eccolo. Vedasi lo Statuto Municipale delt 385, MS. esistente nella Quirintana; Ve Cunicolo Priegni expeUiendo, pag. '20!5. Nello slesso voi unto parlasi anelo- dell' acquedotto di Mnmpiaiio e della sua conservazione, per vantaggio dei eilladini , di cui animava le fou-lane. I podestà o rettori di Brescia doveano prestare giuramento (Statuto citato, pag, VOB) «•he avrebbero conservati e fatti sorvegliare, onde non venissero rovinati o danneggiati, i cunicoli di Pregno e di Mompiano. Il primo, non b, già cementalo col signino e spalatalo, come scrive l'Odorici; ma è un getto composto di piccoli rottami della roccia cal-■-arco-argillosa del monte sovrastante, impastati da una inalta idraulica* CRISTIANESIMO. SAN GAUDENZIO 23 alle Antiche Mura, e venne da me pubblicata. Giunone, Marte, Apollo, Ercole, Tillino, Cauto Pate, la Vittoria, Nettuno, che è il Poseidon dei Pelasgi, ecc., ebbero qui culto ed altari. Ma in una stalla era nato l'Uomo Dio, che col suo sangue e con una legge d'amore veniva a rigenerare la stirpe umana. Fino dai tempi apostolici sant'Anatalone bandì in Brescia la divina parola (anno 52-64 di Gesù Cristo), qui morì e fu sepolto. Sant'Anatalone f± aveva consacrati a vescovi suoi coadjutori e successori per Milano Cajo, e per Brescia Elateo, il quale fu il primo vescovo di essa, considerata qual sede episcopale distinta da Milano. Fino dal primo secolo quindi ebbe la Chiesa bresciana fondamento e pastore; e presto diverse chiese. La prima, che era sul colle, detto poi di San Floriano, e quella di Sant'Andrea sono anteriori al quarto secolo ; e in questo si edificarono Sant'Apollonio, San Faustino in castro, San Faustino ad sanguinem, il Concilio dei Santi. Quest'ultima venne fondata (400-402) d san Gaudenzio, concittadino e vescovo nostro, e così da lui denomir ata perchè vi depose le ceneri de'quaranta martiri di Sebaste in Palestina, e reliquie di san Giovanni, di sant'Andrea, di san Tommaso , di san Luca e alcune de' santi martiri Gervasio, Protasio, Nazario, Sisinio, Martirio e Alessandro. Del molto che scrisse questo grande e santo vescovo ci rimasero diciannove Sermoni o Trattali e tre Lettere; e li dobbiamo per la massima parte alle istanze che glie ne faceva il bresciano Benevolo, uno fra'più illustri di que' tempi. Catecumeno della Chiesa nostra e discepolo di san Filastrio, Benevolo era stato minutante (magister memorie) alla corte di Valentiniano II e di Giustina ; ed essendogli da quest'ultima stato ordinato (gennajo del 386) di stendere una legge in approvazione dell' a-riano concilio di Bimini, francamente vi si rifiutava, e deponeva il cingolo, segno della sua autorità. Prima che venisse dato ai cristiani di fondar chiese, univansi a pregare in secreto; nò potevano però sfuggire sempre alle persecuzioni ed al martirio. E gloriosamente l'incontrarono i bresciani Faustino e Gio-vita nella prima metà del secondo secolo, sotto l'imperatore Adriano. Ma in mezzo alle persecuzioni crescevano i seguaci della santa religione ; e quegli infervorati cristiani, come furono erette chiese in Brescia, da tutte le parli della provincia vi si recavano per udire dai santi pastori la legge d'amore, per ricevere il battesimo, e spesse volte anche per seppellirvi col rito cristiano i loro defunti. E ciò fecero sino al quarto secolo, in cui vennero erette chiese anche in diversi paghi e vici; dal numero delle «mali (che son poco meno di 50) possiam giudicare del rapido diffondersi 2 S«? pur« è vero che sauf Anatakuie fosse il primo vescovo di Milano. C. C, della religione cristiana. Il nostro san Gaudenzio, padre della chiesa, diceva che Brescia era rozza ma avida di dottrina, priva di scienza spirituale, ma commendevole per ardore di apprenderla ; e dai sermoni di lui raccogliamo che nella nostra città v'era, sul principio del quinto secolo, eccessivo lusso nei grandi, e tanta miseria che i rustici morivano di fame. Nei gloriosi tempi dell'impero la nostra agricoltura prosperavi; molti ricchi romani avevano possidenze nella bassa provincia e vi davano nome a diversi paesi. L' irrigazione introdotta dagli Etruschi fu maggiormente applicata sotto i Bomani, e i prodotti moltiplicavano. Le valli Trompia e Sabbia avevano abbondanza di cacio, di miele, di cera, di resina e di pece, e cambiavano questi prodotti con quelli di maggiore necessità, che rarco-glievansi nella pianura. Ma quando unica arte di regnare fu ritenuta quella di smungere il maggior denaro possibile dagli inermi per satollar»; le ingorde milizie; e il fisco lasciava sfasciarsi i^ponli e le strade, allora il commercio decadde ; rovinarono i sostegni ai ronchi e gli argini ai fiumi: i canali d'irrigazione si otturarono; l'agricoltura, abbandonata a schiavi o semischiavi, languì. I magistrati delle Curie o Municipalità furono tenuti garanti per le loro città dell'imposta e delia leva militare; ond'essi, per sottrarsi acquei carico, fuggivano, e alcuni si nascondevano fin tra gli schiavi. Un impero quando è giunto a tal segno, è certamente vicino alla caduta. I Barbari erano già più volle entrali nc'dominj del Romano; Claudio II aveva sconfitto nella nostra Selva Lugana un esercilo di du-gentomila Germani; ultime prove d'un vecchio che fu robustissimo. Il nostro san Gaudenzio pronunciò la venuta di nuovi Barbarli; e tosto Alarico, poi Attila avverarono le sue previsioni. Costoro devastarono e partirono; ma una banda di raccogliticci Eruli. Rugi, Sciti, Turcilingi, guidata da Odoacre, die l'ultimo colpo all'imperò occidentale (470). Odoacre tolse ai nostri possidenti il terzo dei loro terreni, e lo distribuì a' suoi soldati. L'imperatore di Costantinopoli, che non aveva saputo difenderci, prese accordo con Teodorico re degli Ostrogoti ; il quale venne : vinse Odoacre, e se, sotto più d'un aspetto, cominciò male il suo regno, o lo finì male perseguilando i Cristiani, però governò lodevolmente per qualche tempo. Morto lui, i Greci vollero riconquiste all'impero queste Provincie ; e Brescia e Verona, durante la guerra tra i due popoli, ai quali si aggiunsero i Franchi, insorsero in favore dei Goti, e virilmente pugnarono (5G3); ma furono costrette alla resa. Allora si mandò subito annunzio a Costatilinopoli aver Narsete ritolte ai Goti le due munitissime città di Brescia e di Verona. I BARBARI iS IV. I Longobardi. — I Franchi. — I re d'Italia. Ma nel 569 di Cristo, i Longobardi ci piombarono addosso, guidati da Alboino, dol cui campo restò il nome a Pralboino (PratfAlboino). Una moltitudine di nobili Longobardi stanziossi in Brescia; e una moltitudine di vinti avrà dovuto satollarla coi redditi delle terre. Alacbi rimase duca della nostra città, e dicono fosse uomo di senno e clemenza '; e cangiò in Curia longobarda il palazzo regio, e riparò le mura. Memorabile fu in Brescia il regno de' Longobardi pei monumenti che vi eressero. La regina Teodolinda fabbricava (015), dov' ura è il callo Denotti, il battistero di San Giovanni, distrutto nel 1003. Dal lato opposto della piazza il vescovo sant'Anastasio, nella prima metà del settimo secolo, pel trionfo sullo scisma degli Ariani, faceva erigere San Pietro, che fu nell'anno 800 consunta da un incendio. Appresso a questa, una grande basilica dedicata a Santa Maria, veniva fatta costruire regnando Grimoaldo dal duca di Brescia Marcoardo e dal costui figlio Frodoardo. La giurisdizione del nostro duca sotto i Longobardi estcndevasi sul Cremonese e sul Mantovano, Uno a comprendere Pisola di Suzzara nel Po, donata poi nell'anno 880 da Carlo Crasso al vescovo di Reggio; e i luoghi di Fontana, Murgola, Sesto, Videceto, Scandolara, Volterò, (fagiolo, Casalmaggiore, Viadana, Pomponesco e Panguuedo. Il commercio sui fiumi era qui maggiore che nelle vicine città di Cremona e Mantova, perchè la capitolazione commerciale di Liulpraudo coi Comacchiensi ci chiarisce che fra noi eranvi quattro riparti, destinati a riscuotere il ripatico delle navi ; numero superiore a quello delle nominate città. < San Gregorio ci narra di Vaici iatio, morto patrizio di Brescia sotto la longobarda dominazione. Ma ciò non vuol dire, clic i Longobardici lasciassero leggi e diritti: la can-oelleria romana attribuiva i titoli anche ai vinti, come oggi chiama i vescovi di Tess;.-kmica.di Corinto. lllustraz. del L. V. Vo1. III. 4 Nè mancarono Bresciani, che avessero Influenza sugli avvenimenti o sugli uomini. Un Pctronace, decurione della noslra città, secondo il Mor-celli, si ritirava nel monastero di Monte Cassino, ed elettovi abate, ne ripristinava lo splendore e vi aveva a discepoli santo Sturmio abate di Fulda, san Willibaldo vescovo di Aichstadt, Carloraanno fratello del franco re Pipino, Ermoaldo, che venne ad abitare Pabbadia di Leno, e Rachis già re de1 Longobardi. Aldone e Gransone, fratelli bresciani, erano facitori e disfacitori di re. E un re ai Longobardi dava Brescia in Desiderio -. Questo aveva possedimenti a Leno, a Ghedi, a Golto-lengo, a Gambara, a Pavone, ecc. Prima di regnare aveva fondato, colla moglie Ansa, il cenobio di San Michele arcangelo, di cui fu prima badessa la loro figlia Ansilperga; e Io privilegiarono e dotarono, e arricchirono forse di quella croce gemmata, che si custodisce dal 171)8 fra le più pregevoli rarità della Ouiriniana biblioteca. E come fu re col figlio Adelchi, faceva a quel monastero ricchissimi doni. Desiderata, o Er-inengarda (che i due nomi significano lo stesso) sua figlia, ripudiala da Carlo Magno, veniva a chiudcrvisi, e morirvi fra le braccia, della sorella. Abbiamo memoria anche d'un ospitale detto Presindo, sottoposto (761) al nostro vescovo Benedetto. Caduto Desiderio, in Brescia resistettero i suoi nipoti duca Potone e vescovo Ansoaldore il duca di Cividate e quelli di Vicenza e di Treviso, approvando il progetto di Potone d'eleggersi re, gli mandavano cinquecento militi e un migliajo di servi. Il franco Ismondo, spedito da Carlo Magno con numeroso esercito, intimò a' Bresciani la resa , e avuto negativa, presi mille uomini del contado, H fece barbaramente appiccare dirimpetto alle mura di Brescia : pòi i patti della resa assentiva onorevoli e con giuramento, ma non li teneva, ed entrato il fi ottobre 774, faceva morire Potone, cui aveva giurata salva la vita, e cinquanta nobili bresciani. Saputo che Leginolfo di stirpe regia ed altri patrizj aveano parlato di lui in termini men che rispettosi, egli facevah morire. Iniquamente governava la città, onde il pensiero della vendetta sorgeva in tutti i cuori. Alcuni congiurati la meditavano; e preti si trovavano fra questi, e Gilberga, donna fortissima; se non che, incauta, sperando averli fautori all'impresa, svelava al causidico Gariberto ed al giudice Flaberto la congiura, tacendo il nome dei congiurati. I due vilissimi ne diedero spia al Franco, il quale Gilberga assoggettava ai più inumani strazj, sotto cui spirò senza nè una parola 2 Cioè un Longobardo, forse nato, o messo>i a dominio in Brescia. Così sempre si intendano questi pseudo nostri. C. C. 1 FRANCHI 27 [jut dire che perigliasse altrui. Ma suo marito Gualdrico, non potendo tollerare P orribile tortura, tutto svelava. I compromessi che poterono l'uggire, ebbero confiscati i beni, e posta sulla lor testa la taglia di mille mancesi, dice il cronista Rodolfo, da cui tolgo i fatti di quest'epoca: gli altri, presi, vennero uccisi sulla piazza Vecchia. Al lutto, opera del tiranno, altro ne aggiunse la peste, che in pochi giorni rapiva a Brescia quattromila persone; poi un vasto incendio distruggeva nel susseguente febbrajo (776) parte della città dal Paravert al Garnario, facendo molte vittime. Quell'anno istesso la tremenda giustizia d' un popolo, sì iniquamente oppresso, quasi fulmine scoppiò. Narrare come Ismondo tentasse indurre alle sue lascivie la pura figlia dello scabino Durunduno ; e non ottenendo l'intento, facesse arrestare la fanciulla; dire come il padre di questa, accorso, la salvasse dall'iniquo immergendole un l'erro nel seno, e cadesse egli stesso sul cadavere della figlia, ucciso dagli sgherri d'Ismondo, può essere soverchio, notissimo essendo il fatto, d'indole tutta romana ; ricorderemo solo che, i Bresciani, insorti alla morte di Scom-hurga, uccisero il tiranno, lo fecero in brani e l'arrostirono. Carlo Magno mandava a governarci il conte Rai mone, d'indole tutta opposta, il quale aggregava alla provincia nostra la valle Camonica, togliendola a Folcorino duca longobardo. Lo stesso Raimone condonò al popolo il (erratico, imposizione sui terreni. Dodici anni egli ci governava in lodevole modo; e quando il doloro dell'essere stati due suoi figli divorali dagli orsi sul nostro colle Degno, Io trasse a morte, fu pianto dal riconoscente popolo. Nel 707 fecero un' irruzione gli Unni lino allo porte della città. Sicché Ucboldo, successo a Sigifredo ch'era stato vittima di que' popoli, fece riparare le mura della città. Il popolo era stanco di balzelli, e alcuni pensarono uccidere Ucboldo; ma ne perdettero essi la vita. Due bresciani usciti dal popolo, illustravano la patria, e cadevano entrambi vittima di tenebrose mene patrizie : Arderico vincitore de"Sassoni per Carlo Magno; e Farulfo, educatore colla parola e coll'esempio della bresciana gioventù. NelP armo 838, il nostro pio vescovo Ramperto faceva con festa cittadina trasportare il corpo di san Filastrio dalla chiesa di Sant'Andrea nella confessione di Santa Maria, basilica vernale, detta la Rotonda, comi; Ia Confessione fu delta poi da San Filastrio. Il sermone o trattalo de translatione li. Philastrii, che allora componeva Ramperto, ci rimase, ed ò codice prezioso della serie de'nostri vescovi. Nell'anno 865, Bertario conte di Brescia, volendo, contro i suggerimenti di Astolfo arcicappellano dell'imperatore, con troppa severità eseguire un editto di Lodovico II, il quale obbligava tutti i laici, in età da portar armi, a marciare contro i Saraceni, provocò una rivolta in lire-scia, e vi perde la vita. Lodovico II qui veniva per punire i rivoltosi , poi perdonava per le preghiere di Antonio nostro vescovo , e di Gisla, figlia di esso imperatore e badessa di Santa Giulia. Due lustri dopo, Lodovico II veniva seppellito nella nostra cattedrale di u Santa Maria, collocan-, dolo nella confessione, d'onde poi T arci ve-; scovo di Milano lo volle trasportato in quella città. Nell'894 Brescia $ apriva le porte a re Guido, e due anni dopo a Berengario. Sullo spirare del IX secolo 1 e l'aprirsi del X, e più volte in appresso, ve- i nivano gli Ungbcri e devastavano le terre nostre, il che fu cagione che venissero tutte munite di forti, e così anche i natii ed i borghesi imparassero l'uso delle armi, e come con esse respingere gli oppressori. I COMUNI 29 V. Il Comune Bresciano. Brescia, come le altre città di Lombardia, trovandosi necessitata a provvedere da sè alla propria difesa contro gli Ungbcri, giacché noi potoarm i feudatari e non vi pensavano gli ambiziosi, che si disputavano la corona italica, riparava sue mura, formava la milizia cittadina, dilatava mano mano la sfera delle municipali attribuzioni, fino a recuperarla intera. Non fu una rivoluzione, nè il Comune è a confondersi colla repubblica: il primo imporla libertà civile; la seconda , libertà politica. Brescia non cessava d'essere soggetta ai re; e questi ne davano la giurisdizione ai vescovi, i quali, da Notingo ad Ulderico, furono quasi tutti anche conti della nostra città. Ottone il Grande queste costituzioni municipali favoriva, concedendo immunità a chiese ed a Comuni, e il più delle volte confermandole, come fece col Comune e I' Università di Maderno, segno che già esisteva costituito (909) !. Al cominciare dell1 XI secolo (1001) era conte del contado di Brescia il marchese Teodaldo, padre del marchese Bonifazio, ed avo della famosa contessa Matilde; e il nostro territorio faceva parte della Marca Veronese, dipendendo dagli Estensi. Ma queste dipendenze da vassalli dell1 impero scadevano ogni dì più, e crescevano invece i poteri del Comune. Nel 1020 le concioni dol popolo si tenevano innanzi alla chiesa di San Pietro de Dom , giacché in quelP anno il Comune di Brescia, come si vede dal Liber Poteri» Brixice, investiva gli uomini degli Orzi del castello e degli spalti; e in quell'atto d'investitura i Bresciani non riconoscono l'impero del secondo Arrigo, mentre veniva ricordato nelle contrattazioni che facevano i nobili. Negli antichi statuti di Brescia , che esistono nella Quiriniana , trovasi un decreto del 1029, dal quale si raccoglie quanta fosse fin d' allora l'autorità e il i Questo documento Importantissimo, recido nel Codice Diplomatico Bresciano, meritava una severa indagine sulla sua autenticità ; il che pure è a desiderarsi di molt'altri de'documenti ivi prodotti, e sui (piali anche il nostro collaboratore fa fondamento. Quau do sono mal sicure le premesse, vacillano le illazioni. C. C. potere del nostro Comune, perchè assumeva anche la tutela dei contratti feudali. Nel 1037 il vescovo Odorico, onde togliere le cagioni di contesa tra esso ed il Comune, prometteva, avanti a molti uomini liberi di lire-scia, di non erigere fortezze sul colle Cicneo, e di cedere al Comune Ì suoi diritti feudali di Montedegno ed altri luoghi della provincia nostra. Ma tal concessione forse veniva in seguito ad una rivoluzione; e questo crescente potere del Comune [ a scapito dell' imperiale , offendeva l'imperatore Corrado, il quale nello stesso anno metteva nelle mani del vescovo stesso gran parte del dominio della città. Ma anche i vescovi non avevano più la santità de' primitivi pastori. 11 malcostume era cresciuto in proporzione delle ricchezze : la simonia specialmente vi serpeggiava, e pare non ne fosse immune il nostro vescovo Ulderico II. Il sassone Conone, parente di Arrigo, nostro vescovo nel 1080; Giovanni lo scomunicato, vescovo fin al 101)0; Oberto, eletto dall' imperatore e per ciò non riconosciuto nò dal clero uè dal popolo bresciano, erano ben lungi dalle virtù che sono desiderabili in un ministro di Dio. I preti simoniaci e concubinari favorivano le parti dell'imperatore contro il papa Gregorio, mentre i buoni tenevano per que-st'ultimo, il quale abbassando la potenza oltramontana, favoriva l'emancipazione dei Comuni. Brescia (che secondò mollo la crociata -) stanca delle elezioni scismatiche, tenendo per invasore nella sedia Vescovile Oberto, che fu poi dichiarato eretico e simoniaco (1098), elesse Arimanno da Gavardo. Entrante il dodicesimo secolo, due uomini si contendevano il primato nella nostra città : il vescovo Arimanno, legato apostolico in Lombardia e faulore della contessa Matilde e de'romani pontefici; e Ardicelo degli Aimoni, nato in Vobarno da nobiie e ricca gente, creato prete a dodici anni dallo scomunicato Ulderico II, e marito poi di Titabuona dei Bru sali da Corone, ricca famiglia di Valcamonica. Avendo Ardiccio scoperto in i-asa un ricco tesoro, che era stato, o si credeva, sepolto da re Deli Federico Odorici pelle suo Storie Bresciane riferisce un testamento del gennajo Hot, dal quale emergerebbe ehe i fratelli del Tempio di Gerusalemme fabbricavano in Brescia la basilica di Santa Maria. Brescia avrebbe quindi avuli Templari alcuni anni prime dell' istituzione di qucll* ordine, ed un ospizio pei pellegrini. L'amore per la mia città mi farebbe accettar per autentico ijuel testamento, la critica storica lo fa ritenere apocrifo. Anche sulla attendibilità della cronaca di Ardiccio degli Aimoni, scoperta é pubblicala dal Biemmi nel ITIt, io esposi dei dublij fin dal DISI. Mi venne poi il sospetto che lo stesso niellimi, costretto da critici troppo severi a cessare dalla pubblicazione della sua Storia di Brescia, inventassi; (|uella cronaca, togliendo perù alcuni fatti, e i nomi dei principali personaggi, da anlichi documenti onde acquisirle lede. Il Biemmi avrebbe così polulo ridere dei suoi critici. Ù un dubbio fondato su alcuni caratteri mm antichi di quella cronaca; ed io lo do , per tale; e per ciò tocco dei fatti in quella cronaca narrali. ARDICCIO AIMONI 51 siderio , largheggiò col popolo ondo renderselo parziale nelle politiche innovazioni che meditava. E fu prima l'istituir un consiglio di Credenza, moderato dal vescovo e dai consoli, in modo però che essi avessero un solo voto per ciascuno, come ogni semplice consigliere. Le decisioni prese ad unanimità od a pluralità, dovevano essere ferme, inappellabili; e quando fossevi disparità di parere, da pressoché eguali voti sostenuto, si dovesser rimetlere al Consiglio generalo. Questo componevasi di cinquanta cittadini, ai quali spettava l'elegger i consoli, colle norme che or si costumano nel creare i papi. Le riforme proposte da Ardiccio trovarono gagliarda opposizione nel vescovo Arimanno, di cui cincischiavano il potere civile. Ma PAimoni, sostenuto dai consoli Salvo Sala e Paterno da Scovolo, che era anche priore, riuscì a far approvare le sue leggi dal pubblico Consiglio; ed egli stesso veniva eletto priore de'consoii. Con una legge frenava allora gli usuraj, soccorreva poveri, toglieva abusi. Un. prete, venuto dalle parti di Moma, teneva presso porta Matolfa una congrega scandalosissima; e PAimoni ne purgava la città; ma con troppe morti. Ai tempi d'Arrigo IV era nata nella nostra provincia una sommossa, che l'imperatore sedava; e confiscando dodicimila piò di terra, li convertiva in possedimenti feudali a prò dell' impero. Ardiccio proponeva e faceva accettare dal consiglio di Credenza, che.quelle terre venissero donate a tremila cittadini poveri. Eletto priore de'consoii per la seconda volta, PAimoni si innalzava ;| un grande concepimento, meditando una lega delle città lombarde. Il Consiglio Papprovava, é dava alPAimoni l'incarico di percorrere le città di Lombardia onde persuaderle a quella lega. Pressoché tutte v' annuivano, e il convento di Palazzolo veniva destinato all' adunanza dei rappresentanti delle singole città. Ma lega sì utile veniva distornata dal vescovo Arimanno, che faceva assalire nottetempo la città da duemila valligiani, condoni da Riperlo da Sarezzo e da Adamo da Monticolo , e riusciva a far credere Ardiccio traditore della patria, e come tale condannare. Si rifuggiva Ardiccio a Vobarno, presso il valvassore Oprando Rrusati; il quale, non timido amico, si portava in Brescia 6 vi sosteneva robustamente la causa dcll'Aimoni. Il vescovo per reprimere quelP ardire magnanimo pensava togliere ad Oprando il suo feudo; né a lui soltanto, ma a tulti i valvassori feudali de'vescovi scismatici ordinava, con decreto ottenuto dal popolo il luglio 1104, la restituzione dei beneficj. I consoli Sangervasi, Palazzo, Cazzago e Bilemmio, favoreggiatori del cardinale Arimanno , prendevano le armi e spogliavano i valvassori. Il solo Oprando opponeva resistenza; e vinto, meditava coli'Aimoni i mezzi della vendetta. E PAimoni, assicuratasi la neutralità della contessa Matilde, andava dagli spogliati valvassori ad eccitarli alla guerra; si recava dagli ari- manni, uomini liberi ma aggravati da tasse, e facilmente li persuadeva ad armarsi. Grandissimo sussidio ebbe da Algbisio da Gambara, vessillifero della società de'valvassori, nò spregevole da Alberto Martincngo e dagli abati di Leno e di Acquanegra. Capitanavano l'esercito de1 Bresciani Domofollo da Cazzago, Baterio Balbo e Paterno da Scovolo. I nostri storici, simpatizzando per P Aimoni, operatore di importanti riforme, propendono a lodarlo anche per questa guerra; ma noi, che distinguiamo le azioni anche nelle persone, pensiamo che P ambizioso vescovo , qual ne fosse il movente, abbassando i valvassori favorisse una eguaglianza che doveva tornar vantaggiosa al popolo. I valvassori invece ottenevano , colla vittoria, i loro feudi, non essendo valso a domarli il sussidio dato ai Bresciani dai Milanesi; e gli arimanni vennero pareggiati nei privilegi ai valvassori. Al Gambara ed agli ausiliari si dovettero pagare trentamila lire imperiali; il vescovo Arimanno fu bandito per tre anni da Brescia ed eletto in sua vece Villano, arciprete della cattedrale , col terzo delle rendite del vescovato. Ricuperato il potere, P Aimoni faceva ancora del bene, e, superiore a'suoi tempi, dichiarava innocenti una donna ed un uomo creduti maliardi. La guerra tr*a valvassori e popolani aveva lascialo semi di divisione. La nobile Obicia Garza aveva sposato il popolano Bonfado Biliemmo. Tanto bastò perchè le altre nobili la cacciassero dal tempio di Santa Maria della nobile pudicizia 3, che esse, per non avvicinarsi nemmeno in chiesa alle popolane, si erano fabbricato. Obicia, punta da quelP atto villano , avutane licenza dal vescovo, edificava una chiesa alla Madonna della pu-diciza popolana. Ma PAimoni, temendo le conseguenze di questa divisione, cercò persuadere le nobili a ricevere nella loro chiesa Obicia (e le altra popolane?); ma nulla ottenendo, fece chiudere il tempio. Ma da questa guerra incruenta ci chiamano a delitti e sangue le sorelle Calveria e Gucrcina Federici, mogli ai due fratelli Giraldo e Mar-zucco degli Omo. Sitibonde di potere, esse uccidevano il padre ed un fratello dei mariti; poi vestite da uomo, e armate di un dardo avvelenato, assalivano di notte ed uccidevano i consoli Paterno e Turoceno : ordivano quindi di mettere in potere dei mariti la città; ma scoperte dovettero fuggire. A Leutelmo da Esine si unirono ; uomo valoroso, ma di rotti costumi , il quale, dopo aver ottenuto in Germania il grado di 3 Tulli ricordano un fatto consimile ali:1, storia romana. E il parallelismo di tanti «tèi di questi racconti della Cronaca con avvenimenti romani è non ultimo argomento a farla credere finzione, e moderna, come noi la sosteniamo con ragioni, alle quali non i>asta rispondere scortesie e sentimentalità. C C. ARNALDO S* capitano supremo , sottraevasi colla fuga al patibolo, co'' delitti meritato. E la nostra provincia per costui e per le sorelle Federici fu allora corsa da una masnada numerosissima, e lacerata da battaglie e da incendj. Arrigo V ci chiedeva la proscrizione di Ardiccio degli Aimoni; il popolo preferiva rispondere colle armi; ma FAimoni lo vietava, e assogget-tavàsi a volontario esigiio (ilIO), donde ritornava qualche anno appresso, e nel 1119, anno in cui i Bresciani andavano in ajuto de'Milanesi contro i Comaschi, era di nuovo nostro console. Questo Comune, tendendo sempre a maggior libertà, nel 1121 snidava dalla rócca di San Martino a Gavardo il presidio tedesco /postovi da re Arrigo; ritoglieva ai Casaloldi (112o) e distruggeva il castello di Asola; riceveva da Goizone Martinengo quant' egli possedeva in Quin-zano per diritto di pegno (1127), e dal suo fratello Ziliolo il feudo di Pontevico. La Chiesa era divisa da uno scisma, e il nostro vescovo Villano parteggiava per f arci V esco Anselmo e per l'antipapa. Innocenzo II papa, tor^ nando a Brescia nel 1235, lo deponeva, e ricollocava sulla sedia episcopale Maifredo. I consoli nostri parteggiavano per Villano, onde il popolo insorto li privava del potere, propugnando la causa del papa Innocenzo II, difesa da san Bernardo ; mentre la nobiltà favoriva l'imperatore e l'antipapa; c il clero, diviso tra Roma e l'impero, non serbava ritegno nei costumi, e molli preti si tenevano pubblicamente la concubina. Il vescovo Manfredo, assecondato dai nuovi consoli e dai preti che pur v'erano buoni, volle ridurre gli altri a castigati costumi ; ma questi, associatisi al partito dell' espulso Villano, che è quanto dire all' imperiale, lo costrinsero a fuggire da Brescia. Tali andavan le cose quando un nostro concittadino, stato discepolo a Parigi del celebre Abelardo, veniva a predicare massime, che al clero corrotto ed allo stesso vescovo Maifredo sonavano sgradite. Perocché, in un tempo in cui tre quinti del nostro territorio costituivano il feudo vescovile, Arnaldo predicava non dover i vescovi ed i preti tener feudi né proprietà; e mentre coi redditi delle chiese si mantenevano, non già i poveri, ma i figliuoli dei preti, egli preconizzava, e dava l'esempio di una vita pura e di privazioni. Né Arnaldo era monaco: nato verso il 1105, avea avuto solo i primi ordini minori : ma sotto il tardi pentito Abelardo aveva appreso a vivere austeramente, nel che, lino i suoi avversari dovettero rendergli giustizia. Clic se v' aggiungiamo un conversare dolce, e grande ingegno ed esteso sapere, facilmente si comprenderà com' egli dovesse trovare molti fautori in tutta Italia. Più gli applaudiva il popolo di Brescia, che bramava la riforma del clero, e opponevasi all'autorità fem-Illustrai il quale atterrava in Brescia molte torri e seppelliva due mila persone, e le innondazioni e la carestia che susseguirono. Dal 1238 al 1249 si dilatarono le fosse che cingevano la città. Si fabbricava (1253) la massiccia e larga torre, della la Palata (Vedi la-paura) da uno slecconato che difendea la porta San Giovanni, che qui allora si apriva; si estendeva nel 1254 a tutte le contrade della città il ciottolato; rifabbricavansi nel 1255 la torre e le porle Pile e ArbulTone; prescrivevasi lo sgombro delle fosso, e vi si ordinavano ripari. All'ospedale di San Faustino Maggiore soprantende-vano donne, forse religiose: dalle monache di Santa Giulia era diretto quello di San Daniele {. Il nostro Comune, il 30 luglio 1253, stipulava un contratto con Berlino de Gojono per la fabbrica d'una muraglia lungo il lato meridionale del letto dell'amico naviglio, fin presso i molini episcopali. Il naviglio, estratto dal Chiese, e ricordato anche sedici anni prima, non era forse che una riattivazione del canale esistente ai tempi romani, ed e errore l'attribuirne lo scavo al vescovo Maggi. Delle acque del Mella rivendicava la proprietà, e nell'aprile 1253 ordinava al Comune di Fiumicello di tenerle sotto il ponte di San Giacomo; e nell'investire quel Comune di una bocca onde eslrar acqua dal Mella, dichiarava che ciò non doveva essere in pregiudizio degli abitanti di Tórbole. Nel 1254, onde rettilineare le strade, facevansi abbattere gli alberi e le case che erano sulPà via dal ponte marmoreo a casa Occhi, e il 3 giugno di queir anno t ha il nostro Comune e quelli di Cremona, Parma , Piacenza, Pavia, Borgamo e Tortona stabilivasi di battere monete d' oro, con quella unità che è ancora un desiderio per noi, tardissimi nipoti. Neil' ottobre dello stesso 1254 in Mosio si determinavano i conlini col territorio di Mantova. Dal fabbricar chiese e ingrandir monasteri veniamo a credere che l'eresia de'Paterini avesse proseliti sol fra i nobili. E questi erano si procaci, che dall'alto delle loro torri scagliando fiaccole ardenti, scomunicavano la Chiesa romana. Contro di essi papa Onorio III inviava (1225) il vescovo di Bimini, con ordine di sterminarli; ed egli abbatteva le chiese da loro contaminate, e le torri dei Gàmbara, degli Ugoni, degli Oriani, che erano i più pervicaci; e colpiva i re 1 Non erano questi i soli ospedali di Brescia. Dopo il Senodochio Pcresìndo, dell'ottavo secolo, troviam nominato (841) quello di San Nazario, Indi quelli dì Sanf Alessandro (1135), di San Matteo (4245), il consorzio di Santo Spirito, l'ospedale di Santa Margherita, ec. In que'secoli quasi ogni arie, ogni collegio aveva il suo ospizio, e nel 14(10 se ne contavano quattordici tra cittadini e suburbani. di scomunica, da cui non potevano essere sciolti che recandosi ai piedi del pontefice -. Nel 1227 contro Federico II, per opera del bresciano L. Poncarale, in Moso, terra allora bresciana, veniva rinnovata la lega Lombarda; ma perle vittorie dell'imperatore era nel 1238 ridotta a sole Milano, Brescia, Piacenza e Bologna. Federico, intimato che obbedissero e non ottenutolo, alla testa di tutto il suo esercito ingrossato dalle forze di Ezclino il 3 agosto 1238 poneva assedio a Brescia. Per buona sorte era caduto nelle mani de' cittadini un ingegnere spagnuolo Klamandrino , a servizio dell'imperatore , abilissimo in fabbricar macchine da guerra, e lo costrinsero a prepararne. I Bresciani facevano frequenti sortite, con gravo danno del campo imperiale; c in una del 9 agosto inoltravansi tanto, ferendo ed uccidendo Tedeschi , che lo stesso imperatore corse pericolo di restar preso. Egli ricorse allora ad un atroce sperimento, già tentalo dall'avo suo contro Crema. L'anno antecedente all' assedio di Brescia, Federico aveva espugnato il castello di Montcchiaro ed altri del nostro territorio, cd i prigionieri fatti conduceva seco. Ora li fece sospendere alle macchine che spingeva contro la città, onde gli assediati non le danneggiassero colle catapulte e coi dardi, per non lacerare i loro fratelli. Ma questi, più caldi amatori della patria che della vita, esortavano i concittadini a difendersi senza badar alla miseria loro, perocché bello è morire per la patria. Ar-dizzone Poncarale, uno de'capitani di Brescia, ordinava fosse tosto atterrata quella fra le macchine dc'nemici che più danneggiava la città; nè la straziante vista dell'unico suo tiglio, che dalla stessa pendeva, 1' arrestò. Dalla disumana prova non ritraeva dunque l'imperatore che vergogna ed infamia; onde, dopo averci per due mesi e sei giorni inutilmente assediali, fatte abbruciare le macchine da guerra , si ritirava a Cremona. 2 Era il tempo clic, contro l'imperversare dell' eresia, prendeansi rigorosi provvedimenti, e Federico II imperatore avea pubblicato un editto, liero quanto quelli degl'imperatori antichi. Tutti i Comuni lo imitarono, ed anche ijuel di Brescia, nel 1 '277 , imponeva al podestà di far guerra eterna a Catari, Lconisti, Arnaldisli, Speronisi!, Circoncisi, eretici d'ogni generazione; sbandirli, nè rimpatriarli che per decreto episcopale; scriverli fra i proscritti, rintracciaci dovunque fossero; e ad arbitrio del vescovo metter nelle carceri gli eretici, e tenerveli e punirli; eseguendo la condanna clic esso vescovo e il capitolo pronunziassero, e mettendo al fisco le loro proprietà, Un ricovero degli eretici era la ròccadi Sirmione, e sotto un Alberto e un Lorenzo vi si adunavano i Paterini del contorno. Perlanto fra Timidio vescovo di Verona mosse contro quella ròcca con armali, condotti da Bieanlo e Alberto della Scala", olire Pina-monte podestà di Verona, e Filippo de'Bonaccolsi suo liglio inquisitore. Presi, gli eretici furono ivi slesso processati, ed arsi nel 1276. E poiché il paese restava interdetto, Nicolò III nel 1283 lo ricomunicò, purché in Sirmiono si fondassero una chiesa ed un convento. C. C. FAZIONI INTERNE 45 Dalla resistenza di Brescia preso animo, la lega tornava ad ingrossarsi, il pontefice se ne dichiarava protettore, Venezia e Genova le si accostavano; e la guerra veniva continuata prosperamente tino alla morte dell'imperatore. Vili. I malassardi. — Ezelino. — Berardo Maggi. i Dalle discordie di Federico II col papa s'andavano invelenendo le fazioni dette de' Guelfi e de' Ghibellini, che per tre secoli dovevano dilaniare 1' Italia '. Da noi i Ghibellini si chiamarono da prima malassardi; e iin dal 1242 all' imperatore e ad Ezeìino favorivano a danno della provincia e della libertà. Nel marzo del 125(1 azzuffatisi per le strade coi cittadini, che noi diremo Guelfi, rimanevano vincitori, imprigionavano molti di questi, e cacciavanli da Brescia. Sebbene parteggiassero con Ezc-lino, pure non si fidarono di lui, ed unitisi a consiglio , diedero il comando della città a Griflio de'Griffi, il quale dai cronisti è detto quando podestà, quando principe di Brescia; il che prova come i due nomi si con-fondeano oramai ad indicare un padrone, piuttosto che un capo di repubblica. I più infervorati malassardi volevano si desse la città ad Ezelino, che con trentamila uomini erasi accampato sul Mantovano in attesa di quest'atto ; ma l'anno susseguente Filippo Fontana, legato pontitizio, ci inviava il frate domenicano Everardo, il quale persuadeva i malassardi a ricevere in città gli espulsi Guelfi, ed a giurar pace scambievole. Questa fu subito 1 Lo famiglio guelfe nel XIII secolo erano Maggi, Hrusati, Gàmbaru, Lavellonyrn, Sala, Palazzo, Calcarla, Poncarale, Gaetanl, Pcdrocehi, Marlincugo, tigoni, Palazzolo, Con-cesio , Mainmi, Moreschi, duellali , Soragi J Coali , Glissagli , l'orzano , Sali). Ghibelline altri tigoni, Boccacci, Oecanoni, l'randoni, Manducasene Frega.....li, Fmgetiiii, Agnelli , Gisti, Albertienli, hsehiera, Limiti, Turbinili, federici, Isei. Tanto abbiamo da Jacob»» Malvezzi, secondo il quale i Guelfi erauo suddivisi in Bardelli (cui appartenevano i Cal/.arelli, M'roguaechi, i Bocca, i Loccaposli, e alcuni dei Concesio, dei Cazzago , dei Mairani ); e Griffi, delti unelie Fcriola, di cui era capo Graziadio da Calvisano, e vi partecipavano alcuni deglj Ugoni e dei Confalonicri. C. C. rotta dai Ghibellini, i quali però rimasero vinti e cacciati o imprigionati, é tra essi il Grilìì. Il vescovo Cavalcano Sala, consigliato da1 monsignori e dai cittadini, schiuse gli imprigionati, e questi aprirono la citlà ad Ezelino, al Dovara ed al Pelavicini, i quali avevano a Torricella riportata una grande vittoria siili1 esercito crocesegnato (30 agosto 1258). « Brescia era distinta in quartieri, separati da fortificazioni. Sulla collina che signoreggia stava il castello, con doppia mura e torri assai vicine: in sulla diritta la cittadella nuova, spettante a porta Pile, e un altro ricinto chiamato città de1 Ghibellini; a mancina diceasi città guelfa il quartiere della città bassa. I tre nuovi padroni se la spartirono in modo, che metà toccasse ad Ezelino, metà al Dovara e al Pelavicini; allora con lische di beni, nuovi statuti, demolire le torri, empier le prigioni, uccidere i capi a se contrarj, fabbricare fortini. Ci vivea probabilmente queir Albertano giudice, il quale vcnt' anni prima, all' assedio di Gavardo era rimaso pri-gionero di Federico II, e in carcere scrisse tre trattati dell'amor di Dio e del prossimo e della forma della vila onesta; del dire e del tacere; del consiglio e del consolamcnto, opere di dottrina più che di forza e di originalità, ma prestamente diffuse, e tradotte in italiano, in francese, in inglese, in fiammingo per primi tentativi di queste inesperte favelle. Ci vivea certo Bartolomeo, probabilmente di casa Avogadro, celebre canonista, carissimo a Gregorio IV, ad Alessandro IV, a san Domenico che alloggiò in sua casa, e non volendo soscrivere le condizioni imposte da Ezelino, fu ucciso di ottantaquattro anni. Il vescovo, per non partecipare con iscomu-nicati, e perchè mal visto da entrambe le parti, si cansò col più del clero a Lovere, dove morì: e i Guelfi sparsero per Italia la notizia del l'alto e i lamenti della soggiogata patria » Buoso da Dovara e il Pelavicini, insospettiti che Ezelino mulinasse contro di essi, partironsi da Brescia, che rimase così tutta in potere deirimmanissimo tiranno, e in breve ne fu più danneggiata che da qualunque terremoto. I sacerdoti, da lui specialmente odiati, perivano fra disonesti e disumani strazj; le vergini e le monache venivano vituperate. A liberare la citlà congiurarono diversi Bresciani, fra cui Ottino Traina, il quale dava il segnale ai congiurati imitando il canto del gallo. Scoperti, Ezelino li faceva morire di fame, legati ad una pietra che fu detta del Gallo; e peggio incrudeliva. Un anno durò, Etiche Ezelino vinto da una santa lega contro di lui, e ferito dal bresciano Lavellongo, liberava di se- l'umanità (1259). La nostra città cadeva allora ad Uberlo Pelavicini, che la reggeva come Dio non vuole (1200-05); onde i cittadini, mentr' egli era andato 2 Ces. Cantiì , » Ezelino da Romano, storia d'un Ghibellino ». IVI i I u 111 > I8S4. CARLO D'ANGIO' M a cercare d'opporsi al passaggio di Carlo d'Angiò, si sollevarono, ed al governo di Brescia, col titolo di rettori, «saltarono fra Taglione Boccaccio e Lanfranchino Lavellongo : poco dopo dettero il principato a Francesco della Torre, che venne cacciato un anno appresso dai Guelfi, i quali tennero la città per tre anni, in lotta col principe espulso , che era fiancheggiato dai Ghibellini ; e la diedero poi a Carlo d'Angiò re di Napoli. Fino dal 27 marzo 1205, Federico Lavellongo, Corrado da Palazzo e Inverardo Bornato, sindaci e procuratori dei fuorusciti guelfi di Brescia, con un atto ch'io pubblicai, avevano stretta alleanza coi procuratori di esso Cario d'Àngiò, il quale prometteva rimetterli in Brescia ■". Carlo governò quindici anni per mezzo di vicarj la nostra città, e per altri quattordici suo figlio e successore Carlo II ; in capo a'quali Brescia fe signore il proprio vescovo Berardo Maggi, che la tenne (1292-1308) fino alla morte. Fece egli estrarre dal Molla il fiume grande per animare macine da grano e irrigare, il fiume Bova pei lavorìi delle lane \ 3 II 22 maggio 1270 si concliiusc un tradato fra il vescovo di San Severino, Bertrando del l'oggetto e il sindaco Pietro Imbelli, per parte di re Carlo, e Jostaco de'Bru-tàati , Bonincnnlro da Calvisano , Corrado Palazzo e Ognibene Lombardi, per parte dei Bresciani, stabilendo elio re Carlo avesse la podestaria di Brescia per tutta la sua vita, e la trasmettesse al figlio suo successore nel regno di Sicilia per cinque anni, e la esercitasse mediante un vicario; che usasse gli statuti e le consuetudini di Brescia negli affari penali, in quanto non fossero contro la libertà della Chiesa; avesse negli altri libero arbitrio. Avesse pure tutti i tributi della città e distretto. Tenesse per nemici suoi tulli i nemici della Chiesa , e quel della parte intrinseca di Brescia, e tulli i fautori di Corrado Novello, difendendo i Guelfi bresciani da qualunque nemico. Non potesse obbligare i cittadini a tener armi e cavalli più del consueto, nò a militare per esso re fuori di Lombardia, nò imporre taglie per quei servigi. Carlo dovesse tenere per amici il marchese d'Este, il conte di Verona, Paneera Adelpreto ed Eurico d'Arco, Ottone di Lodrone cd i Comuni di Milano, di Mantova, di Ferrara, di Cremona, di Parma, di Bologna, di Modena, di Reggio, di Piacenza, eia parte della Chiesa di Bergamo che si chiama parte inferiore. 4 Dallo Slabilo in pergamena nella biblioteca Quiriniana, si raccoglie che era in fiore l'arte della lana in Brescia nella prima metà di quel secolo. Errano quegli storici nostri che attribuiscono al vescovo Alaggi anche, l'opera del duino Celato, perchè tino aito scorcio del secolo XVI nell'aniieo ae.quidotto scorreva l'acqua che veniva da Pregno Ile poteva quindi servire, eoni'ora la iuterrotlainenle, da Concesio a Mompiano, pel fiume Colato, che si sarà estratto dal Molla dopo essersi rotto il cunicolo, e reso inservibile per l'acqua di Pregno, Il Liber Poteris lìrixkc, codice membranaceo nella Quiriniana, è un grosso volume di carte 1>36, o pagine 1072. È sempre un desiderio che alcuno tolga a ponderare insieme gli statuti di tutte le città lombarde, dove, appajono insieme e la rilevazione di costumi particolari, e il tentativo di farne un codice generale, un corpus juris. Brescia otfrirà preziosi documenti; é per farne qui soltanto un cenno, diremo come vi sussi-slesser fin nel XII secolo la legge longobarda e le professioni di legge; perocché uno statuto del 12152 prescrive, che, si aliqua mailer confessa futi se lege vivere romana, licei lombarda sit, non possi t postea dicere se lege lombarda vivere. Un altro statuto proibisce i coltelli proditori, ferri fraudolosì; et utrum sit frau-dolosum nec ne, sit hi arbìtrio pobislalis, Sotto la rubrica de apparecciamento et re- e dcilc altre arti in città, ov1 erano diviso in collegi. Gli Umiliati, che fino dal 1235' avevano convento a San Luca, soprantcndevano a molti ollìej; al sale, alle mercanzie che entravano ed uscivano di città; erano massari od esattori di Brescia, e quando andavasi a oste, due Umiliati seguivano l'esercito in qualità di camerlenghi, e pagavano i soldati. 11 vescovo Maggi ordinava il ripatriamento degli espulsi cittadini, e facea giurare in San Pietro de Dom la pace fi298) fra' due parliti. Per allargare la piazza delle pubbliche adunanze eransi fatte atterrare le chiese, ed i monasteri di San Cosma e Damiano c di San Barnaba, e il Maggi rifabbrieavale ove trovansi attualmente. B vicentino Fercto cronista contemporaneo, dice che rinnovò anche le mura della nostra città, e le coronò di propugnacoli e di torri; e lo chiama severo conservatore della fede, con tatti benigno, cauto neW agire, sobrio e parco, e di fermo proposito. Avrebbe potuto aggiungere anche ambizioso; perocché, spirati i cinque anni pei quali era egli stato eletto reggitor nostro, ottenne che gli anziani bandissero T emulo suo Tebaldo Brusato e gli aderenti di lui, e non senza lotta si tenne il potere supremo. Egli però bene resse Brescia; e con leghe e con patti d'alleanza la vantaggiava , e meritavasi il nome di padre delta patria. Veniva sepolto (ottobre 1308) in Santa Maria Maggiore, detta la Rotonda, in un monumento (Vedi la figura) fattogli costruire dal fratello Maffeo, il quale era eletto signore perpetuo di Brescia. II costui tiglio Federico, giovinetto di tredici anni, succedeva allo zio nella cattedra vescovile; e come Berardo assumeva i titoli di duca di Valcamonica, marchese di Toscolano e conte di Bagnolo. gimine carroccii, proscrive che • in occasiono di guerra il carroccio venga apparecchialo a spese del Comune di Brescia e degli anziani del Comune, i quali dovevano provederlo d'ogni cosa, e dei trombetti o pifferi come ad essi piacerà per maggior onore della città e del popolo di Brescia: e vi siano tre chorici della chiesa di San Pietro de Dom c non d'altra; e dei cavalli che devon condurlo due siano dali dagli aiutanti di porta Mainila, due da quelli...., coi servi e cogli stallieri, che devano cavalcarli, vestili di guar-nacche, corazzili i e celale senza barbuta, ecc. • C. C. illustra-;, det L. y. \'„|. [|J. 7 AD STORIA IH BRESCIA IX Tebaldo Brusato. — Enrico VII. Enrico VII di Lussemburgo imperatore, nel 1310 giungeva a Torino, e
  • <> e disastroso assedio, la peste qui mièteva in un mese, secondo alcuni storici, settemila pensane; il Malvezzi soggiùnge che, non bastando i luoghi sacri alle molle vittimo, venivano sepolte lungo le pubbliche vie. Forse '2 Da molliconi è iiiinutaiuenlo descrilto quell'assedio; ina melila ricordo un fra Bartolomeo, vissuto sulla line di <|iiel secolo, inserito nei Renati lini. SCfiptorep vol. XXIV, il duale ne racconta delle grosse, e per esempio, die i Bresciani « ogni di uscivano fuori alla battaglia, e quanti ne prendevano, Dm li ne ai rosi ivano e mangiavano. • Or cidi slesso dice che » si difendevano con m'intani e;COU tn>iuhunh\ e con Iralmeclii e con balestre « Alcuni vollero dunque veder in questo assedio il primo uso delle bombarde e della poi-Vere da scoppio; ma è provato che quel nome davasi ad aflre macelline da tiro, a che bombarde non si Videro prima dèi tii7G ne cannoni prima del 1320. G! C GUIOLPI E GHIBELLINI li" quo'' disagi Lisciavano mortifero germe anche in Enrico VII e sua moglie Margherita; e questa moriva Tanno appressò a Genova, egli nel Ì8ti3 a Ruonconvento. Aveva egli condotti seco settanta ostaggi, dalli; più nobili famiglie di Brescia; ma a Genova gli fuggirono, e ritornali in patria, suscitarono a rivolta contro il vicario imperiale ed i Ghibellini: I quali, mentre fingevano sollecitare la pace, ricorrevano per ajuti a largamo ed a Cremona, e conseguitili, assalirono e cacciarono i duelli. Onesti, in lega coi Fiorentini e con Roberto di Napoli, scorrazzavano il territorio, lincile nell'ottobre del 1313 si stabiliva una pace, e la si faceva giurare anche a|!e donno, e per meglio raffermarla, fra li! primarie famiglie delle nemi-«''«e setLe si stringevano matrimoni'. Nella pace palliiivasi di rivedere gli zatuli, stabilire un consiglio composto di trecento Ghibellini e diigenlo duelli; il podestà si eleggesse fra i primi e durasse un anno in potere; collo 1 'I"'lidio di duemila e seicento lire imperiali, olire quello per il suo segnilo, imposto di cinquanta pedoni e venticinque uomini (Tarmi, non perù tedeschi; si costruisse la porta di Saul' Alessandro ; e diversi provvedimenti. Baco anche questa e lì mera. I Ghibellini, cospiranti contro i duelli, pro-curaronsi Tajuld di Gane della Scala, il quale prelendevasi creditore di •seimila scudi verso la città per danni recali dai nostri al territorio veronese. I tinelli, mandato per soccorsi a Cremona, nel gennajo del 13149 vnnero alle prese coi Ghibellini sul Mercato Nuovo, o li cacciavano di città e con essi il vescovo Federico Maggi, che veniva poi scomunicato. La guerra civile con esterni sussidj continuava tre anni, in guisa die attraeva gli sguardi di tutta Italia. Temendo i Guelfi di non potere a lungo resistere ai Ghibellini ed a Cane della Scala, il 28 gennajo 1311) davano a Roberto di Napoli la signoria della nostra città; e quel re vi mandava vicario Giovanni Anpiabiauca. Ma questo cercando violare la giovine Andriola figlia di Negro Ronearale, sollevava contro di se- i Bresciani, né campava da morte che colla fuga, e Roberto gli sostituiva Simone Tempestai. Qui uni avvicendare di fortune, e un ricorrer all'uno o all'altro potentato, finché offrirono il dominio della città a Giovanni re di Boemia per tuffa la sua vita, a patto che li difendesse e non vi richiamasse i Ghibellini. 11 31 dicembre dei 1330 egli faceva il suo ingresso in Brescia, incontrato dai cittadini, i quali, portando in mano rami d'olivo, andavano gridando Pace, vita e gloria al nostro re. A lauto recavano le fraterne lotte! Il re, contro i [»alti richiamava gli esuli ghibellini; e cercava l'arseli amici e preferirli; fabbricava un fòrte ; impegnava ai Casfelbarco la Iti-viera di Garda; donava a suoi ulìiziali i castelli; disoggettava dalla città 'a Val Cauionica. Era troppo perchè, per amore di pace, venisse con tutto ciò tollerato dai Bresciani, ondo odrivano la signoria della città a Mastino della Scala, che \i si avvicinava il 15 giugno con due mila cavalli c gran fanteria. [ (lucili insorti gli aprivano la porla San Giovanni; i soldati del re di Boemia si ritiravano nel castello, ma si rendevano il 4 luglio; e Mastino della Scala, rimaneva signore di Brescia. Reggendo con ferrea mano però, non potè essere sopportalo dai Bresciani che invitarono Azzimo Visconti; e a lui si diedero (1309). Da qui infrangi, eccetto alcuni fatti clamorosissimi, la storia di Brescia si confonde con Quella di Milano e poi di Venezia, che i leggitori di quest1 opera illustrata intesero da ben altro narratore. Saremo quindi più brevi; e a ciò cordonaci pure il pensiero che a sdegnosa anima è troppo grave raccontare inonorati patimenti. Ad Az/.onc Visconti succedeva Luchino, il qua! faci1 va aggiungere tali opere al nostro castello, da far-nelo credere da alcuni fabbricatore. Ricordato , come dicemmo già , da Catullo, che visse negli anni 80—40 avanti Gesù Cristo; da memorie dell'Vili, del IX e dei secoli successivi; rifortificato da E/.elino, poi dal Visconti nel XIV, o dai Veneziani nel XVI, quel castello tuttora sovrasta alla città, a cui più d'una volta fu micidiale (Vedi In ////. a yng.W). Barnabò Visconti faceva incendiare di notte il pubblico archivio a Sant'Agata, e sua moglie Regina teneva in Brescia un arsenale di ferramenta. Barnabò'dava la nostra città a suo figlio Mastino, giovinetto di circa due lustri; il quale,Come suo padre rimase vittima di Giovanni Galeazzo, si chiuse nella nostra cittadella. Ma Antonio Porro, capitano del conte di Virtù, entrava in Brescia ai 17 maggio 1385; e il 40 luglio Mastino rendeva la cittadella per mille ducati al mese durante un certo tempo, e per mille fiorini d'oro, c se n'andava a Verona. Gian Galeazzo Visconti di Bresciani si circondava ; Faustino Lanieri conte di Paratici), e Marco Battello erano fra1 suoi consiglieri; e il primo era da lui mandato in Francia ambasciatore per le nozze di Valentina sua liglia col duca di Turenna e conte di Valois (1337); il secondo all'imperatore Ven-ceslao (1395) 6d alla repubblica di Venezia: il bresciano Filippino Emilio era segretario del duca, e Giovanni Palazzo e Pietro Gàmbara suoi scudieri. I Guelfi, aspiranti a repubblica, meditarono sottrarre i Bresciani al Visconti, e tennero segrete intelligenze coi Fiorentini e con Francesco Carrara; ma Gian Galeazzo, puniti di morte i congiurati bresciani, radunale qui parecchie migiiaja di lance e molti pedoni sollo la condotta dei bresciani Taddeo e Jacopo del Verme, di Facino (Line e del Gonzaga, batteva le truppe imperiali comandate (111 Carrara. Giovanni Konzone da Val Trompia spingeasi lin a Brescia coi Guelfi, e tentava darla al Carrara; ma era respinto dai Ghibellini. DOMINIO VISCONTEO La l'orza della citta ora indicata con un verso che fu scritto sulfepi-taPio del duca: lin-riu civili nec enervata duelli). La reggenza di suo figlio Gian Maria (1402) non era da tanto di frenare i compressi spiriti, ma sciaguratamente erano ancora le fazioni de" lineili e Ghibellini che dividevano i cittadini. A capo de'primi stavano Giovanni Martincngo, Pietro ed Achille Àvogadro, Faustino Lantana e Giovanni Ronzone; dei secóndi Pietro Gambara, Giovanni Palazzo, Giovanni Luzzago e gli Oldofrcdi da Iseo. Ma anche questi dividevansi : il Gambara aspirava a farsi principe di Brescia; il Palazzo gli sorgeva rivale. Entrante luglio 1403, i Guelfi assaltarono Brescia: e superate le mura a Cantone Mombello, fecero strage dei Ghibellini, saccheggiarono, incendiarono; come agnelli sgozzavano anche le donne, non sesso, non età, non luogo risparmiandol I figli del Gambara furono segno principale a erudele vendetta. Il presidio ducale erasi ritirato in cittadella e simulava una tregua; ma spirata senza conchiudere la pace, Pietro G C tubar a entrava per Torrelunga nella cittadella, donde usciva a combattere i Guelfi: e respinto, si gettava sul territorio. I Guelfi chiamavano in soccorso Francesco Carrara, e gettali ponti sul fosso della cittadella presso il borgo del Gambaro, venivasi quivi co' Ghibellini a licrissima lotta. Pandolfo Malalesta, uno de1 capitani di Giovali Galeazzo, veniva mandato dalla reggente Caterina in sostegno del cadente parlilo ; ma costui, creditore di dugcntomila ducati verso la duchessa, scriveva a' Guelfi che lo ricevessero entro la città, e ne sarebbe buon principe. Simulavasi un attacco, e Malatesta entrava in Brescia. Ma Giovanni dell'Agnello, capitano della cittadella e delle rocche urbane, Barnabo Lunello proveditore delle lance, Manfredo da Boscoalio, condottiero dei balestrieri al soldo della reggenza, non vollero cedere i forti a Pandolfo, nemmeno dopo averne avuto ordini» replicalo (13 e 20 aprile 1404) dalla reggente, e in quella anarchia esigevano patti vantaggiosi dal fortunato Malatesta. Molli polenti Ghibellini, ricusando di slare sotto il suo dominio, s'elessero volontario esiglio; e Pandolfo applicò al fisco i loro beni. Il suo governo non era tale da contentare i Bresciani ; nò l'assodavano i processi 0 la condanna di molti cittadini. Nel 1413 veniva eletto dai Veneziani capitano generale contro gli Ungheresi penetrati nel Friuli, ed egli conduceva Seco Taddeo Martincngo e Antonio Nassino. Avuto poi sentore che alcuni Bresciani meditavano dar la città nelle mani di Cabrino Fondulo, principe di Cremona, ritornava qua a punire i congiurali. Con l'aitilo de'Bresciani sollomelleva poi la Camonica e là Cavallina, ina Filippo Maria Visconti man- 86 STOMA DI DKKSCIA dava contro del Malatesta il prode Carmagnola. Pandolfo, vedendo di non poter conservare Brescia, e non volendola cedere al Visconti, adunava a consiglio i primi cittadini di Brescia, onde avvisassero il da farsi. Guglielmo Tangatini energicamente cercava persuadere i Bresciani ad allearsi cogli Svizzeri e coi Grigiori t. « L'esperienza (cos'i egli) è la bilancia di Dilli « i negozj del mondo... Noi abbiamo sperimentato che i principi ita-« liani die sì sono usurpati in diversi tempi il dominio della nostra re-« pubblica, ci sono riusciti atrocissimi liranni , e da noi, e da'1 nostri « padri s'è sensibilmcnlo conosciuto nel crudelissimo dominio de1 Visconti ■< Pi assoluto esterminio di questa infelice patria, che pur è stala compa-« gna di quasi tulle le gloriose grandezze di Roma: con gPistcssi colpi » d1 infelici disavventure ci vennero quei re stranieri, che chiamati dalle i nostre imperite fazioni, ci levarono i tesori, e ci lasciarono nuvole di « lacrime e di sangue. Ne disgrazie inferiori solferirono i nostri mag-« giori (piando crearono principe alcun nostro cittadino: perchè questi, « appassionati ne"1 soli loro proprj interessi, esercitarono come barbari « una continua furia delle nostre miserie..... La nostra salute con- • siste nel conservarci la libertà..... Questa vera libertà ci viene ora i olicela sicurissimamente dalla nobilissima lega, con tanta prontezza e « con lanla sollecitudine dai signori Svizzeri e Grigioni, con palio di non « voler altro da noi che una perpetua congiunzione delle nostre con le « loro forze a comune difesa ed oll'esa necessaria, contro di chiunque « tentasse disturbar le noslre o le loro ragioni, dipendenze o con lini. (Jui « vogliono convocar le diete di questa lega, qui delegar tulle P appella-« zioni ne'criminali e delle liti, qui terminar tutte le loro operazioni, « qui stabilir tulle le leggi e condizioni, che non inferiscono altro se. « non che la curia di Brescia avrà la monarchia d' una gente invinri- • bile, che, già molli anni sono, ha cominciato a farsi terror dell'Europa, « non che di crasi tiranni che hanno mortalmente smembrala la già con-« l'usa e vilissimamente incarcerata Balia '. » \ I"sisl*• manoscritto nella Quirhiiuna nel volume intitolate! lìacrol/a di carie notizie spettiniti a Brescia, cap. \, \7t. Voiameiile ili fianco all'ora/ione «li Tarigalino, di cui riferii pòdi i brani, avvi l'anno l'èli. L'Odorici, nelle Storie Bresciane dai tempi ili Arrigo 17/ al -DCJO in eouliuiinzinne a quelle del Univo, al T. I. pa;?.'2; le trombe e, il suono dell' armi percosse vi risposero : tutta la città fu in armi, e chi correva all'assalto delle mura, presso la porla dell'Albera, che era fra quelle di San Giovanni e Pile; chi somigliava le strade e le difendeva, onde nò dal castello, nò dalla Garzetta, nè dalle cittadelle nuova e vecchia, nè dalle rócche delle porte uscissero i soldati del Visconti. Bre- 4, Caprioli succitato. Anche il Biglia direbbe autore il Carmagnola drl suggcrimenio ni Bresciani di sottrarsi al dura, Insegnando loro anche il modo di prendere la città. :; Che j,rii uomini di Franciacorta Fossero fra quelli che vennero a prendere Brescia rnnsta aiirlir pel donimento MI del mio libro, Documenti per le Storie Patrie , lire scia, 1881, ti Medium ferme crai noeti s , mense marito..... primum inde in platea per via s undii/uc cenci am nnuicu conclama ni ; alane is terror cxpcrgcfecil omnes, qui primum òb lubarum atque armorutn fragoretn attoniti, eie. F. Andrej; Buiis, Rerum Mediotanensium Bistorte, Rer. Kal, Script. Tom. XIX eoi H(i Muri nove anni dopo la presa di Brescia nel ii3!i. BRESCIA PRESA DAI VENEZIANI & scia aveva tre miglia di circuito, e Conteneva triplici foriilìcazioni 1. Il castéHo era separato dalle mura da duplice grossa muraglia, e cinto da frequenti torri. La porta dell'Albera veniva presa dai cittadini, e dopo sanguinoso combattimento le genti del Visconti furono respinte nella cittadella nuova e nel castello. I cittadini facevano volar messi alli pro-veditori (Veneti), i quali mai se volsero muover con la gente che haveano, fin che inlesero la presa della prima ròcca per la (piale poi inlrorno ». Emiliano Nassino aveva intanto fatto una breccia a Ganton Bagnolo , ed era corso poi a battere porta Pile. I cittadini assaltarono la porta di San Giovanni e la sua rócca, e molti ivi rimasero morti perchè ad ogni modo volevano ditta porta et rócca. Ma quanto ne ferivano et ammazzavano, piò (unto li valorosi ìlressani più s'inanimavano. La mattina lo stendardo di San Marco sventolava sulla torre della Palata. I cittadini ed i valligiani e gli uomini di Franciacorta non desistevano dalla pugna: mangiavano sul campo della lotta, e ritornavano all'assalto. Entrali nella rócca di San Giovanni, gettavano dalle mura a capo fìtto, il castellano Giovanni Lodovico Porro e i sette suoi figli: andavano dipoi a dar la scalata alla rócca di San Nazaro, e ne prendevano possesso dopo aver menati per il (il di spada tatti 'incili che erano dentro. Ma molti erano i forti della città e alcuni di difficilissima espugnazione Venne il Carmagnola con 0000 soldati; vennero con 7000 cavalli e 5000 fanti i condottieri dc'Fiorentini, e fra questi e quelli ilei Visconti fu lunga e accanitissima lolla: èrano i migliori capitani e tutta Italia aveva gli occhi su Brescia. Il Carmagnola , ottenuta che ebbe Porta Pile, esegui una grandiosa fortificazione, ricingendo con altri bastioni e trincero le cittadelle, le porte e fin sopra la cima del monte. Si prese poi la cittadella vecchia, indi la nuova, che teneva il centro della città, ed ad uno ad uno gli altri forti, eccetto il castello. Mentre veniva questo assediato, radunavasi in San Pietro de Dom, ch'era in cittadella nuova, il generale consiglio (G ottobre) e molti capifamiglia delle diverse quadre, e alla presenza del Carmagnola e dei proveditori veneti, giuravano fedeltà alla repubblica K. E dovca questa mantenere le fatte promesse, ed erano: « Che dinanzi ad ogni altra cosa i cittadini nostri fossero ricevuti e trattati con quell'afletlo da'Veneziani, col quale sogliono trattare i proprj cittadini... Che i Bresciani fossero esenti da qualunque gravezza, fuorché 7 Poggu nnAcr.ioi.iNi Ilislorìarum Fiorentini populi, Rer, Hai. Script. Tom. XX colonna XX. Morì ili 7!» noni, il U giugno del i'.iTl. Anche il Platina ( Ilis/. Mnnluamr un. V) descrive ir tortene e la presa «li Brescia; e le descrive il Biglia , entrambi ••<>»-temporanei ; e degli storici e ilei cronisti editi o inediti contemporanei io mi valgo. 8 Juramcntum lidelitatis llrkiaimriiiii anno 1426. Manoscritto nella Quiriniaua, C. l.iS. dai dazj delle porte e dagPimbottati; e che tutti i minori magistrati del contado di Brescia si dovessero dare a fedeli cittadini (C.vpiuoli) ». Dopo questo giuramento si diede l'assalto al castello, avendo già fabbricati due bastioni di legno, ed una macchina, colla quale si gettavano nella for-s tezza sassi grossissimj: e infine anche il castello si arrese il 20 novembre ai Veneziani. Ad espugnar Brescia e le sue molte fortezze erano dunque occorsi otto mesi: espugnazione che, dice il Machiavelli « in quelli tempi, e secondo quelle guerre fu tenuta mirabile ». XI. Assedio di Brescia del 1438-1440. Per ricuperarla Filippo Maria nel 1438 mandava Nicolò Piccinino. Gattamelata, capitano de'Veneti, vedendosi addosso tutto queir esercito e intercetti dal Gonzaga i soccorsi dei Veneziani, lasciati nella città soli mille fanti e seicento cavalli sotto il marchese Taddeo da Estc (24 settembre), per la via delle montagne, guardata in più luoghi dall' inimico, erasi aperto il passo al Trentino, donde era calato a Verona. Il Piccinino allora occupava tutto il paese all'intorno, divergeva l'acque del fiume (;j ottobre), scompartiva i suoi ventimila uomini in tre accampamenti. In dodici anni i Bresciani s' erano affezionati alla modesta e non umiliante signoria veneta , ond' erano disposti a lasciarsi seppellire sotto le rovine della città, anziché ritornare sotto il Visconti. Essi non erano slati inerti spettatori del nembo che verso loro s'appressava: e rimesse le fortificazioni, avevano istituita una compagnia di quattrocento guerrieri, detti Immortali perchè il loro numero non doveva mai venir meno, i quali accorrosser ove maggiore il pericolo; e due mila guastatori erano stati assoldati ; alla difesa sovrintendeva un consiglio dei Maestri della guerra: dimenticate le private inimicizie, furono volate alla patria le sostanze e le vite dei cittadini. Il Piccinino con ottanta bocche di cannoni giorno e notte sfolgorava la città, e i nostri rispondevano bombardando le chiese e i mona- ASSEDIO DEL PICCININO <>l ■steri ov'egli aveva postate le sue compagnie, ed uscivano a distruggerne l'opere : tutti d'ogni età e condizione , di e notte si tenevano sulle mura alla difesa; e le dorme, guidate da Brigida Avogadro, portavano loro il cibo, medicavano i feriti, seppellivano i defunti, faticavano a spiare i nemici, a riparar le mura. A che vi narrerei i particolari di queir assedio? Brescia si mostrò allora eroica come sempre. Il Piccinino, vedendo impossibile il prenderla, avendo perduto da settemila uomini, acquartierò le truppe nelle terre vicine a svernare, in modo da intercettar ogni vittovaglia ai cittadini. E di vittovaglic avevano maggiore scarsezza, perchè il Piccinino aveva devastato il territorio prima che le messi venissero alla falce. Il senato di Venezia, onde prestar soccorso alP eroica città, si ben sostenuta da Francesco Barbaro proveditore, stringeva lega coi Fiorentini, e dava il comando supremo delle congiunte forze a Francesco Sforza. La guerra continuavasi intorno al Garda, a Verona, a Legnago : ma Brescia vedevasi ogni giorno mancare il vitto e le speranze ; la peste, che già da tempo serpeggiava, Testate del 1439 mietè da quaranta a cinquanta e fino settanta persone al giorno. Di dieci cittadini due mangiavano pane : gli altri erbe selvatiche, cavalli morti, cani, schifosi insetti. Nè potevano sollevare lo spirito colla speranza di vicina liberazione: mentre già salutavano i soccorsi di vitto, questi cadevano nelle mani degli assedianti, e la campagna era devastata, sì che le sonile dei cittadini non ottenevano che di scemare il loro e il numero dei nemici. Il futuro era' bujo , o ognuno tremava d'interrogarlo. Le contrade presentavano il lagrimevole spettacolo di vecchi, donne e fanciulli che gridavano Fame, fame: i forti si chiudevano in un cupo silenzio: nessuno pensava ad arrendersi. Così passò la primavera del 1440, e parte dell'estate, finché alla metà di giugno potè lo Sforza liberar questo popolo d'eroi. Il 20 aprile, la Serenissima, in premio della fedeltà bresciana, aveva con pompa e solennità fatto porre all'altare maggiore di San Marco un magnifico stendardo coll'epigrafe: Brixìa magnipolens, fidei sme cceterisur-bibus exemplum prcebuit. Chiamò poi Francesco Barbaro, con cento gentiluomini che avessero meglio servito la patria, onde ricevere dal principe azioni di grazie. Introdotti in pieqo senato, vennero dal dogo abbracciali lagrimando; ed essi e la loro posterità furono esentati da ogni taglia: a Brescia fu rimessa una entrata di ventimila ducati che il fisco ritraeva dai mulini: tulle le terre furono assoggettate, alla giurisdizione della città, e venne dato al nostro Comune autorità di riformare i proprj statuti. I cittadini che si erano distinti in quegli anni di calamità e di gloria, venivano rimunerati conferendo loro le magistrature del territorio. La repubblica diede inoltre a'eittadini una grande casa in Venezia per quando vi si recavano, e promise ottener dal sommo pontefice elio fossero ci inferiti a soli Bresciani i beneficj della diocesi. Ma poi morto il Visconti, ed essendo Venezia in guerra coi Milanesi, Francesco Sforza occupava il nostro territorio, e poneva nuovo assedio alla città (1448). Le mura erano state restaurate cinque anni prima: si fecero allora da'ciltadini altre opere, ma presto lo Sforza, accordatosi coi Veneti, levò I? assedio. Eletto però duca di Milano tornava in guerra coi Veneziani, e nel 1453 invadeva di nuovo il nostro territorio. Fra questi due assedj i Bresciani, non meno pietosi che forti, pensavano ad erigere un grande ospedale, e inviavano il canonico Antonio a chiederne licenza a papa Eugenio IV, che con bolla del 26 aprile 1442 da Firenze, approvava l'accentrazione di più ospedali in un solo. Veniva eretto a San Luca, e ne poneva la prima pietra il nostro vescovo Pietro da Monte nel 1444; la seconda il podestà, la terza il capitano, la quarta l'abate di San Faustino; la quinta un cittadino, e la sesta Cristoforo da Soldo, che nella sua cronaca divisa questa pietosa festa cittadina. Vi si unirono gli ospedali di San Giovanni, della Casa di Dio e il consorzio di Santo Spirito del Duomo. « A' 13 agosto 1452 fu principiato ad alloggiarvi gli infermi ed in quel giorno furono levati tutti i poveri ammalati che erano all' ospitale della Misericordia, e furono portati tutti con una bella processione, ove erano tutte le discipline e regole de' frali con trombe e pifferi, e tutti erano portati in bara, cadauno per se, e furono accompagnati da una grande moltitudine di cittadini e popolo e donne, e tutti furono messi in que'letti netti e politi ». Pochi anni prima dell'assedio (1423) avevano i Bresciani costruito l'ospedale delle donne, che venne poi compiuto con disegno del Bagnadore. Nel 1435 un eremita Giorgio, vestito di sacco e colla corda al collo, girò per le nostre contrade invitando i cittadini alla penitenza, ed a fabbricare un santuario, e n'ebbe tanto denaro, che bastò all'erezione della chiesa di Santa Maria delle Grazie, fuori Porla Pile L Nel 1467 il consiglio cittadino stabiliva di erigere una splendida sala per le adunanze e gli uffici municipali -. Dieci anni dopo si poneva la prima pietra del vòlto sulla Garza, sul quale poi il 5 marzo 1492 co- 1 Caprioli lili. XI. Venne poi atterrata nel iìilfi, conservando però il bassorilievo marmoreo, la porla esimia, le imposte ili legno intagliate e i due leoni in russo, che vennero adoperali nel iììTl nella ere/ione del tempio di Santa Maria delle Grazie, tutt'ora esistènte, lo quel sito Uno dal PiiKì i frati Umiliali avevano convento e chiesa col titolo di Santa Maria di Palazzolo. Il disegno del lempio attuale è del padre Gerolimino Lodovico Baccella, con pitture del Moretto, di Pietro Rosa, di Poppa il Giovane, «lei Procaccini e di altri. % Zamboni. Notizie sulle fabbriche pubbliche di Brescia, pag. 40 eseg. LA LOGGIA 63 minciavasi il magnifico edificio denominato la Loggia, il cui primo disegno^ del vicentino Formentoni, e quello della sala di Jacopo Sansovino e di Palladio che ne disegnava le finestre. Il bresciano Cristoforo Rosa dipingeva la parte decorativa di quella sala, e il Tiziano tre grandi quadri nella soffitta sopra argomenti datigli dal bresciano lecchini. Ma e sala e pitture venivano consunte da un incendio nel 1575. Nel XVII secolo si cercò ricostruire quella sala ; ma non era il Vanvitelli che potesse succedere al Palladio, ed è là ancora ad aspettar chi la ripristini. Il nostro municipio a"113 ottobre 1480 ordinava venissero conservati tutti i monumenti e le lapidi antiche, c ne decorava la piazza municipale, e faceva erigere in quegli anni anche un pubblico macello 3, comodità che a molte città manca ancora. Nel 1485 per decreto cittadino ergevasi in quella piazza il Monte di Pietà, e nel 1487 erasi cominciatala chiesa dei Miracoli, sebbene si prevedesse che a compirla sarebbero occorsi « ben miile talenti d1 oro ». Nè eran quelli tempi di piena pace e prosperità. Nel 1469 i Bresciani davano gente e denaro ai Veneziani contro Maometto II, e alcuni anni dopo contro Bajazet II, e così contro gli altri nemici della repubblica. Poi nel 1478 la peste mieteva qui, secondo il Caprioli, trentamila persone. Aggiungaci devastati i raccolti dallo cavallette, da grandini di smisurata grossezza; rovine cagionate dal Molla, che « scorso con grandissimo impelo lino nelle fosse della città, e inondò in maniera le vie e le case poste tra il letto suo e la città, che senza barchetta nessuno potea traghettare da un luogo all'altro (C.\rmoi.i) »; le viti perite per un verno rigidissimo, rovine di torri e di chiese, * spesso passaggio qua e là de1 soldati italiani ed alemanni, in modo che tutta la grascia si comperava il doppio più», erano sventure che gravavano sui padri nostri, onde ci cresce ammirazione per le molte opere che compivano nella seconda metà del XV secolo. Xll. Arti, Industria, Scienze, Lettere, Stampa. Che in Brescia liorisscro le arti durante il romano impero, ne fanno splendida prova gli avanzi di grandiosi monumenti. Nè qui morirono: decaddero bensì, ma forse meno che altrove; e Brescia, sovra molte città dell' alta Italia , può ancora mostrare considerevoli edifìcj delle età de' Longobardi e dei Franchi. Parlando delle chiese di quell'epoca diremo come vi si vedano ancora affreschi del IX e del X e del XII secolo. Di un Guardo, pittore bresciano, è memoria al 1174, c di questi anni 3 CA.rruou, lih. Xll. ARCA DEL MAGGI 65 devono essere le statuette sulta parete meridionale del Broletto, e il gruppo che da questo palazzo fu trasportato nel patrio Museo. Forse e le prime e il secondo rappresentano un solo fatto, cioè un povero spogliato per opera d'un ricco soverchiatore e truffatore, e la giustizia del popolo. Si pretende che da un piccolo brolo del povero, rapitogli dal dovizioso, e che stava dove ora il palazzo, derivasse questo il nome di Broletto. Del XIII secolo sono probabilmente le due sculture murate in alto presso la porla Pile, alla quale appartenevano prima che venisse ricostrutta nel 1818 su disegno di Rodolfo Yantini. Il maestro Acquistabcne, pittore , nel 1295 era Ser. Camerarius. Ven. Pat. D. Berardi; e il dotto Zamboni suppone disegnasse nel 1308 il monumento di quel vescovo nostro. Ma quel celebre sarcofago, latto scolpire da Maffeo Maggi in marmo rosso veronese, dalle storie di Camillo Maggi 1 (vedi a paa 49), conosciamo essere stalo eseguito in Verona, e parrebbe dalle mani stesse che fecero le celebri arche degli Scaligeri. Nella parte anteriore del coperchio, a due pioventi, rappresentasi il rito funebre, celebrato intorno al feretro del defunto, importante pel vestire ecclesiastico di quei tempi: ai quattro angoli stanno gli Evangelisti, raffigurativi con corpo umano e le simboliche teste di bue, di leone, di uomo e di aquila, quali sul carro di Ezechiele. Nelle quadro nicchiette sottoposte, san Pietro, san Paolo, i santi vescovi Apollonio e Filastrio, e i martiri Faustino e Giovila. Il Maggi è rilevato sul feretro , tenente il pastorale, colfagnello sormontato dalla croce come nei pastorali di oggidì, fanello nel quarto dito della sinistra e con lunga e lata pianeta , col manipolo, che vi appare pendente dal sinistro braccio, col camice e colla sottana, ma senza le due tuniche che ora si indossano dai vescovi , e senza la croce encolpia. I quattro chierici, che formano parte del rito funebre, sono vestiti di ampli e lunghi rocchetti, ed uno tiene la croce astata, uno la coppa dell'acqua lustrale e due il turibulo e l'incensiere. Vi sono tre ministri, uno de' quali, adorno di pluviale, tiene faspcrgillo ; un altro è vestilo di tunica e stola, e il terzo porta un messale. Nella parte posteriore del coperchio, che ora non si vede stando nel duomo, è rappresentata la pace del 25 marzo 1298, procurata da esso Maggi. Il monumento stava forse in uno dei vani degli archi della Rotonda, e soltanto nel 1572 venne dal vescovo Bollani fatto trasferire ove trovasi di presente. Nella stessa cattedrale un altro sarcofago degno di considerazione, racchiude le spoglie del vescovo Baldoino. Il prospetto rappresenta a bassorilievo, fra i santi Pietro e Paolo ed a lato alla Beata Vergine, 1 « Mapheus, princops alccltti, Berardo ejus frulri mausuleurn ex lapillo veronensi BCUlptum, ete. . Cam. Madu. Ilistoria' De rebus patria 0. 1508Ì3Q», p. 510. Cori. Qui* rimano. Illustra:, dei L. V. Voi. III. 9 66 Sl'OttlA DI RASCIA parecchi santi bolognesi , l'orse perchè bolognese era quel vescovo o sarà sialo srullo a Bologna il monumento. Sono i martiri Vitale ed Agricola , quei che tengono una spada : e mal furono creduti dall' 0-dor;ci i ganti Fauslino e (ìiovita , che si rappresentarono con abiti mililari soltanto dopo la creduta apparizione al Ravarotto. Nel quale sito si erigeva (1466; un monumento bifronte istoriato, portante sculti, in abito guerriero, i nostri due santi martiri, che si disse essere ivi stati veduti dai nemici a difendere Brescia. Nel 1184 abbiamo sulle monete coniale in Brescia le immagini, probabilmente ideali. dei santi Apollonio e Fauslino e Giovita; e del secolo susseguente, e forse parimenti a capriccio, era l'immagine di sant'Apollonio, s'un cippo infisso nella torre della Baiala. Nella vita di sani' Apollonio, codice dell'Xl secolo, è in principio miniata l'immagine di esso: e miniatore eccèllente nel XV secolo avemmo fra Apollonio da Cal-vis;ino. In quel secolo ispesso Giacomo Coltrino ebbe fama di pittore, ingegnere ed architetto: che aveva ben dipinto nelf ora disiruilo sotterraneo di San Faustino maggi uro e che raffigurò anche f ingresso in Brescia del papa Innocenzo IV nel 1251; Rifabbricò la torre per riparo alla fortezza grande, ch'era caduta, e ordinò un nuo\o letto al Brenta. A sua moglie fece un cocchio, che fu stimalo cento dramme d'oro. Per i Veneziani disegnò alcune fortezze , ed altre opere di difesa contro i Turchi; c mori in Canea al servizio della veneta repubblica. Antichi1 certo erano le sculture in San Pietro, rappresentanti sacrilicj di tori e montoni. le quali, per decreto municipale del 1456 venivano distrutte -. Nel principio di quel secolo « fiorirono nella città nostra Ottaviano Prandino e Bartolin Testorino : a'quali per anco (sono parole del Caprioli) non si è ritrovato pari nella virtù e nell'arte di colorirle ligure; con tuttoché Gentile pittor fiorentino dipingesse politamente una cappella a Pandolfo, allora principe , chiamala fin oggi la cappella di Pandolfo ». Il Testorino effigiò la celebre vittoria riportala dai Bresciani nel 1191, e le pareti della chiesa elicerà sotto il coro de'Santi Fauslino e Giovila. Convien dire che il Prandino ed ii Testorino fossero pittori di merito, se il Caprioli scriveva quell'elogio mentre vivevano, ed erano morti da poco Vincenzo Foppa e Bartolomeo e Benedetto padre e fìgiio Montagna, invano contesici, il primo dai Milanesi, i secondi dai Vicentini, mentre bresciani li provò Paolo Brognoli. Di Vincenzo Foppa il vecchio, detto altro Apelle dal Caprioli, è un quadro rappresentante Gesù Cristo in croce a Bergamo, ì Nel lili. 1. provvisioni degli atìtìl 1'jjj-1;7 dell'archivio municipale, son liciti antichi quégli ornamenti qua' óommenwrunt idolatria», AUTISTI 67 eseguito nell'aprile del iiìiG; e sebbene di scuola veneta e imitator del Montagna, è riguardato fondatore di una delle antiche di Milano, e forse per questo il Lomazzo lo credetle milanese. Si dice fosse anche architetto e scrivesse sulla prospettiva è simmetria del corpo umano. Richiamato con pubblico decreto in patria, \i conduceva diverse pitture; colle previsioni del consiglio speciale 18 dicembre 1180, e del generale -4 agosto 1100 gli si assegnava lo stipendio annuo di lire 100 plateali, perchè istruisce i giovani nell'arie pittorica. Moriva qui nel i 402, è veniva Sepolto in San Barnaba con un'iscrizione serbataci da Zamboni, la quale' diceva*! EjeeteLtìèNfis. \c: fcxfarl Pretoria M. Vfftc'ENttì Di: For-pis li. IK. U9fc fefeso educò all'arte un figlio, o nipote che Rtàlej d'egual nome; 6 da un bullettario della città riferito dal Zamboni (Fabbriche di Brescia P- 3$ n. !#) si rac.'oglie, che ai Iti luglio del l$95 gli si paga* ari 5|re Li. 10; onde furono distinti coi nomi di vecchio e giovane, Sèb-b&Bè spi-sso si confondano. Ma lo stile più largti e ])ìù morbido, particolarmente neirunione delle parli interne; le mosse e le forme più sčeltCj e talvolta nobilissime; il piegar de''panni più fluid*) e ragionato; e non infrequente forza di chiaroscuro è colorito succiso negli affréschi e n<;'quadri a olio, distinguon il giovane, oltre gli anni segnati 'ielle, pitture. Cos'i il San Nicolò di Bari alla porteria delle Grazie ha I'Omo IS33 1 Montagna erano degli Orzinovi, e furono pittori edili', cisori. Alessandro Ardesio, probabilmente da Rovaio, nel 1181 ripingeva d'ordine pubblico le immagini di san Marco e. de'santi vescovi Filastrio ed Apollonio sotto la Loggia. Fu pure di quel secolo il pittore Guglielmo Cajo, di cui possedeva e illustrava un dipinto Paolo Brognoli. Anche la musica fu degnamente rappresentata; e Antonio Tedesco compositore e citarista, era chiamato con grosso stipendio alla corte di Galeazzo Maria. Le arti industriali nel XV secolo avevano pure toccato in Brescia bel grado. Nel 1411, essendo qui venuto non so che principe, la città nostra gli fece dono d'un elmetto lavorato a oro e argento, di un pugnale e di speroni sopra indorati e di sei lazze d' argento di dodici libbre, indorate e latto con artificiosissimo lavoro (Cvnuou). Nella seconda metà di quel secolo era invitato a Venezia il nostro concittadino Giovanni Antonio Graffa « ingegnosissimo vetraro (per la qual arte ella non meno si nobilita ora, che già si facesse Sidone), il quale riuscì per l'illustre investigazione di quest'arte così chiaro, che essendo quasi [| primo artefice di quel mestiere, vendea i bicchieri ed altre molte cose, tanto argento quanto 3 Saia. PlUtiPe c.lullri oggetti dì belle ai li, ptg, 7G, Brescia t83L pesavano, perdio non produce la natura sorte alcuna di gemma o di fiori che il nostro Graffa non imitasse vagamente e non fingesse col vetro (C.\pmoli). Questo artefice è lodato dal Bossi e da altri, i quali pure asseriscono che ne' vasi di vetro portava Brescia il vanto sopra ogni altra città d'Italia. La fabbrica dell' armi, nella quale fu sempre rinomala la nostra città, sulla fine del XV e sul principio del XVI secolo erasi di tanto perfezionata che molte volte le armi qui lavorate valevano tanto oro quanto pesavano. Agostino Caprioli, fratello dell' avo dello storico Elia, pagava un pugnale cinquanta scudi d'oro. Consalvo Agidario, generale spagnuolo, comperava qui in corsaletti, corazze, gambiere, targhe, piccole bipenni, spade, spiedi, bastoni ferrati, saette, archibugi, archi e balestre per tremila scudi; sicché Brescia allora fu dimandala l'armamento dell'Italia. Nè erano da meno i lavori de'fabbri, perchè si contrappcsavano con P argento, anzi le chiavi e le serrature bilanciava usi alcune volte insieme con P oro massiccio. Sui tappeti c sugli arazzi rappresentavansi in modo da illudere le diverse opere della natura. Il 4 agosto 1497 veniva a Brescia Caterina Cornaro, regina di Cipro: e la città le mandò incontro uomini a cavallo ed alcune compagnie di giovani con superbissimi vestimenti guerniti di seta, d' argento, d' oro e di gioje,* collane ed altri monili. I cronisti ci descrivono le carrozze nobili e ricche, nelle quali si conducevan la regina e le sue dame; e il palazzo di Lodovico Martinengo, in cui alloggiò; le feste, le giostre che si fecero in onore di lei, le quali ci sono testimonio che l'arti qui procedevano di pari passo. Altrettanto le scienze e lettere. Nei principj dell' era volgare avemmo uomini illustri per cariche sostenute sotto il romano impero. La cultura rimase poi per qualche secolo patrimonio del clero; e forse al vescovo Bamperto appartiene anche il prezioso Carmen saphìcum penta-metrum ad laudem beati Philaslrii episcopi, oltre l'altro scritto De transla-tione li. Philastrii (838). Da due codici membranacei alla biblioteca Quiriniana, trasferiti dall'archivio capitolare della cattedrale e scritti nell'XI secolo, veniamo in cognizione che, già prima dell'838, la chiesa di Brescia possedeva il suo Martirologio; semplice, quasi a modo di calendario. Dell'XI secolo è pure il calendario accennato dal Gradenigo e pubblicato dallo Zaccaria. Due codici, uno del X e l'altro dell'XI secolo, pubblicalo il primo dal padre Giuseppe Bianchini, esistente il secondo nella Quiriniana , trasportatovi dal monastero di Santa Giulia, ci conservarono le Libarne bresciane. Di quest'ultimo secolo è la cronaca, già menzionala, di Rodolfo nolajo; e del XII quelle, di San Pietro in Oliveto, di Ardicelo, ove sia vera, e T indice delle chiese bresciane, che dal- scrittori 69 P archivio dei canonici della nostra cattedrale passò alla biblioteca di San Salvatore in Bologna. Ai primi anni del secolo XIII appartiene la cronaca di San Salvatore, pubblicata nel 1780 a Bologna, e che era a San Giovanni 4. Nello stesso secolo, oltre codici liturgici, e gli scienziati Allertano Giudice e Bartolomeo Avogadro già menzionati, sono da lodare Giovanni Pontoglio, arciprete di Trenzano e cancelliere episcopale, il quale nel 1255 cominciò ad ordinare in un volume, di circa mille e ottanta pagine, preziosissimi atli cittadini dali1 XI al XIII secolo, col titolo di Liber Poleris Commitnis Brixii?. Alla metà di quel secolo Rai* nerio da Isorella scrisse uno Speculum adeersus hwreses. Il medico Guglielmo Corvi, detto Guglielmo da Brescia nacque nel 1250 s in Canneto, ed ebbe in Brescia la prima educazione. Vestito ecclesiastico, salito presto in grido di valente , nel 1274 fu invitato a insegnar logica e filosofia nelPuniversità di Padova. Nel 1280 si portò a Bologna ad apprender la medicina dal celebre Taddeo Alderotti da Firenze, senza però abbandonare gli studj filosofici. Avutovi nome di Agijreipitore, per le svariate sue cognizioni, ivi cominciò a scrivere trattati medici. Nel 1288 venne dichiarato archiatri pontificio presso Bonifacio Vili; poi canonico di Lincoln d'Inghilterra e di Parigi, indi arcidiacono della chiesa bolognese, dispensato sempre dalla residenza. Seguì Clemente V in Avignone, ed ebbe dal conte di Provenza incarico di insegnare medicina e filosofia nell* università ivi fondata. Svelava con Filosofico ardire gli errori degli antichi maestri e «le' loro partigiani, insegnando che nell'una scienza e nell'altra la ragione debb'essere indipendente dalle autorità, e il ritrovamento di una verità dipendere dall'esatto criterio e «lai metodo analitico, non da quella vulgare opinione, allora più che mai in moda, di starsi schiavi a quanto aveva detto o pensato un nome illustre (Seiu-vahih). Della corte stancatosi, ritirossi a Parigi ove all' amico suo Lanfranco di Milano fece parte delle sue ricchezze; e vi mori nel 1320, legando alla patria parte di sue dovizie, per dotare una prebenda canonicale nel nostro Duomo, che tuttavia esiste ; il resto per fondar un collegio in Bologna dove mantener cinquanta giovani bresciani, dotati d'ingegno e privi di fortune. Il collegio portò il nome di Istituto Bresciano, ma centoventi anni dopo Eugenio IV lo soppresse, unendo le sue rendite ad altro che si denominò da Gregorio : nessuno protestò. 4 In quella cronaca è scrìtto: Iste ttàer esl ecclesie sanili Johannis ile f>ris< lìrijìc: f tratta di cose nostre. 5 il l.iiliiis pellu dotta vita del Corvi, Iella all'Monco tifi tsi3, accertò quesl' epoca correggendo l'errore ti'un secolo commesso dal .Muzzuihdii, 70 STORIA DI BRlìSClA Fra Ì libri che ei lasciarono i pochi letterati bresciani del XIV secolo, nomineremo quello di Giovita Foro, sulle crudeltà usate in Brescia da Ezelino da Romàno, Ottolino scrisse versi e musica ; Guerrino Cerei! la vila dei santi Faustino e Giovila; Ardizzonc Brasato un Diario , di cui si valse Ottavio Rossi nella Istoria delle Croci. Abbondammo di letterati nel secolo susseguente. Ubertino Puseolo, nato nel 1431, studiava a Milano ed a Ferrara, indi viaggiò ia Grecia, a Costantinopoli cadde prigioniero durante l'assedio di Maometto; riscattato si mise in cammino per rivedere la patria; ma, preso dai pirati, venne condotto a Rodi. donde potè fuggire e ritornare a Brescia?. Scrisse in versi eroici l'assedio che patì Brescia per Niccolò Piccinino; e compose un poema in quattro canti sulla caduta di Costantinopoli* e fu l'orse il primo che qui diffondesse I' amore per l'antichità, diventato si generale in Italia dopo quella caduta. Molli eruditi, scrivendo in latino, trascurarono la patria l'avella , e fu grave danno perchè la lingua è stretta-mente legata alla nazionalità. In varie università d Italia donarono bresciani : a Padova l'Avogadro. Calfurnio, Graziano, Lanfranco e Paolo, padre e tìglio Oriani, Torta, Bagna-dore; a Bologna Giovanni e il Codro : a Pavia Pietro Lazzaroni; a Roma Bernardino Parlenio e Pietro Bembo insegnavano rettorica chiamativi dai pontefici. Carlo Yalguglio, segretàrio del cardinale Cesare Borgia, tradu-oevr dal greco i libri di Plutarco , e scriveva di filosofia e di musica f— i i98); Diversi libri di matematica e di filosofia, di materie religiose ed altre, scriveva Domenico de'DomemVhi, professore in Roma di teologia, decano della collegiata di Cividal del Friuli, poi vescovo di Torcello, vicario spirituale di Boma. indi vescovo di Brescia, ove morì dopo rifabbricato il palazzo episcopale. Di questo è menzione fin dal 1025 , e che venne ampliato nel 1570 dai vescovo Bollani con disegno del Pian-tavigne r>. Giovanni Ducchi, arcivescovo di Corona, nella Morea, scrisse, sul regime della Chiesa; Bernardino Gadolo stampava la Bibbia con correzioni, la Bembeide, contro Pietro Bembo, e altri libri: Lorenzo Calcagno, morto nel -147N, era giureconsulto e teologo: e giureconsulto fu pure Ambrogio Avogadro (1454); Donato da Brescia scrisse sugli istinti e sulle sensibili delizie del Paradiso. Il benedettino Michele da Brescia indirizzava ne! 1490 un libro al Savonarola, sull'eccellenza della vita contemplativa. 6 Lo stesso TJolJani, Ho1, da nostro podrsta, divenne vescovo nel marzo del 1539, fece cosi miro la strada sotterranea che dal Vescovato Biette, alla Rotonda. Fu uno dei padri del Concilio ili Trento, ed eresse il Seminaih. San Carlo si trovò présente u'suoi funerali nei e con eloquente orazione celebrò i meriti di quel vescovo nostro. SCRITTORI 71 Plauto, Terenzio, Catullo, Tibullo, Orazio, Ovidio, Lucano, Persio, Stazio, Giovenale e Marziale avevano ira noi illustratori in Pilade, Call'nrnio, Ta-veri, Maggi, Brittannico. Laura Cereta gareggiava di sapere coi più celebri uomini: in tenera età sosteneva pubbliche difese di filosofia, sposa a Pietro Scrina, vedova dopo diciolto mesi dedicavasi tutta agli studj filosofici, onde veniva eletta ad insegnare dalla cattedra. Moriva a soli trent1 anni nel 1400, lasciando un volume di eleganti epistole. Brescia istituiva anche una cattedra di lingua e letteratura greca, e la affidava (1502) a Giovanni Taveri, lodato grandemente» come uno dei primi grecisti da Aldo Manuzio. Pietro Lazzaroni, professore d'arte oratoria a Pavia, per avere diretto al nostro municipio un Carmen Ciritntis BrLcia>, ne riceveva nel 1487 ventiquattro ducati d oro, col gentile pretesto che egli lacere addottorare un suo tìglio studente a quella università. Lo stesso Lazzaroni scriveva anche versi mediocri conservati nella biblioteca Ambrosiana, in morte di Beatrice, moglie di Lodovico Sforza; epitalami nelle nozze ili Bianca Sforza Colf imperatore Massimiliano, e lino un Carmen ad Caiolum Vili Frannaam rajem , de ipsius animi crcvllcntia. Fra questi accattatori di lama . altri per amor di patria seriveano istorie. K il Caprioli rese così popolare il suo nume: e salvò daìl'obblio il suo Daniele Cerelo (De Faro ci luuddms liti.ria'). In lode della nostra città scrissero diversi altri, fra cui Francesco Arrigoni, cavaliere del re di Panuonia. Più inosservati altri muravano i casi patrj, cosi amanti della loro città che, mentre si esaltavano ricordando nobilissime azioni, non potevano alcuna volta prender la penna a dire d'una sconfitta. È di questi il Malvezzi; il quale, al pari del Caprioli, beve di grosso, ma e esalto quando tratta la storia de' tempi a lui vicini, o de'' quali ebbe autentici atti. E noi leggiamo gli scritti di questi, e con predilezione cerchiamo le rozze cronache di Cristoforo da Soldo che narrava la sera le l'orti cose operate nel giorno; di .Iacopo Melga (1477-88), la cronaca del quale potrebbe servire di continuazione a quella del Soldo, come altra di anonimo (1508-11) a quella del Melga. Bono Planerio che scrisse dal 1414 al I47"i; i diarj di anonimi (si poro erano ambiziosi) servono ora maggiormente agli studiosi che non le opere degli eruditi. Alcuni, come il Malvezzi e il Melga, erano medici, e diversi di quella scienza si distinsero. E nomineremo Gabriele da Brescia, medico e stampatore; Boniardi Diomede, che nel 1400 scrisse su Galeno, e Girolamo Lamberti, il quale, con testamento del giugno 1500, lasciava erede d'ogni sua sostanza la magnìfica città di Brescia, perchè convertisse una sua casa a Santa Lucia in Padova in un collegio, portante il suo nome, onde mantenere giovani studenti in filosofia, medicina ed astronomia; allo scopo, ci diceva, di animare gli studj e di promovere la prosperità e la gloria della sua patria 7. E perchè la comunanza più nobile, più santa, più fruttuosa è quella che è stretta dall'amore della vera sapienza, l'ultimo priore della abbazia di Leno, B. Avcroldi vescovo di Spalato, istituiva in Brescia nel 1479 l'accademia dei Vertunni. Diede diffusione alla cultura la scoperta della stampa, fatta nell'anno istesso in cui nasceva Colombo (1440): e cacciata di Magonza dalle armi di quel vescovo che le rapiva la libertà, riparavasi in Italia. Brescia fu la quinta città in Europa ad accogliere ed usare sin dal 1470 quell'invenzione, diventata il palladio della moderna civiltà. Nel 1478 la stampa si diffuse anche a Toscolano, nel 1489 a Portese, sull'istessa riviera del Garda, e lino a Collio, all'estremità settentrionale della Valle Trompia. Da queste stamperie, nei treni'anni che corsero dal 1470 al 1500, si fecero dugento sessanta edizioni, le quali, in generale, sono eseguite con carattere tondo sopra carta bellissima, probabilmente delle cartiere di Toscolano, che diedero un altro capo di asportazione ai Veneziani. Di quelle edizioni, 55 sono religiose e teologiche, 00 scientifiche; le opere stampale dal 1470 al 1480 sono quasi tutte dei classici che abbiamo più sopra nominali e d'altri, fra cui VAcerba di Cecco d'Ascoli e il Baldo di Merlin Coccai. Progredendo prevalgono gli studj religiosi, quindi i legali. Nel 1487 si stampò, con tavole, la Divina Commedia; sette libri ebraici, fra i quali la ripulatissima Bibbia, che servì di testo alla versione di Lutero. 7 Quel collegio fiorì lino al XVIII secolo, in col il municìpio ili Padova lo soppresse e lo unì al proprio, d"Uodi San Rocco, che gli eri vicino. La repubblica con suo decreto del 1772 approvò quella pirateria: I Francesi si Impossessarono del collegio di San Rocco e lo convertirono in caserma. Nel 1 sls soltanto si pensò a rivendicare j diritti nostri per il legato Lamberti, e si trovò che ili quella sostanza rimanevano ancora austriache lire, 41,31*7. 7!», la qua) somma fu dala ad interesse ;il Ire p surco, e che è tli 14, anziché di l'i quarkv Itlustraz. dei L. V. Voi. UL il 74 STORIA DI BlUiSClÀ provincia, ed i cronisti fanno elogi alla vigilanza e carità del podestà Francesco Bragadino, la cui liberalità e munificenza, dteono, superò di gran lunga quella già mostrata dai pretori della romana repubblica Genuzio Cippo ed Elio, e dagli Scipioni. Ai 17 giugno del susseguente anno fu venduto il frumento a nove lire la soma; c nello stesso dì, dopo.l'ora terza, si comperò a sole lire quattro e sedici soldi; e così di mano in mano si deprezzò ogni altro grano. Le strade dovevano essere in buono stato nella seconda metà del XV secolo, perchè la notizia dell'uccisione di Galeazzo Sforza ci fu portata in cinque ore; mentre se ne impiegano tre e mezzo ora colla strada ferrata. L'anno 1502 « dovendo passare da Brescia per andarsene di Francia « allo sposo, Anna sposa del re d'Unga ria, si radunarono insieme col « vescovo e col clero tutti i nobili, e assaissimi della plebe; preparato un « suntuoso baldacchino di broccato d'oro, portato da' giureconsulti vestiti « di seta e di pelle, ed ornalo il collo di fini collari d^tto, le fecero un « incontro veramente magnifico e regale. Sì solennemente accolta fermossi « fra noi. per lo spazio di tre giorni, causando ne' cittadini una tal licenza « di senso,_ che pareva ravvivata al nostro secolo la libidine di Marco « Sauro.......Nove guise di tavole fabbricaronsi di mirabili olive, « naturalmente figurate, di modo che potevano star de! pari con quelle « non solo d'odorato cedro e di soave cipresso, ma quasi con quelle di * avorio che fecero sì gran pompe della fastosa superbia degli antichi. « Bisplendeario sopra le credenze i vasi, la maggior parte d'argento e « d'oro. Sui loro tripiedi inviavano al candore delle mani ben varj e « capricciosi cadini, e orciuoli. Erano dell' istessa materia i candelieri, « le sottocoppe, i salini, i cocchi ari, le tazze, le diverse inghistare, e « tutto il rimanente che di necessità si ricerca al- servizio c all'orna- * mento d'un lautissimo convito. Tralascio il prezzo e l'ordine delle fab-« briche ne' muri, e nelle colonne di marmo; il cui stupendo lavoro « s'usurpava i medesimi vanti che sarebbero a quelle dovuti, essendo, * non dirò di bronzo, ma più che d'argento. Taccio il valore delle gar-« gantiglie, delle collane, delle cuffie d'oro e degli anelli e dell'altre « sorti di gemme e di gioje, il quale fu tale e tanto, che non si di-« scernevano i gentiluomini e i senatori del popolo; e se fosse ritornata « l'antichità, non avrebbe conosciuto gli usi de1 re distinti dagli abusi « del volgo ; e, dirò quasi, non avria potuto separare i fasti de' mortali < dalle grandezze degl'Iddìi. E pur le vergini populari non eccedevano « nella dote il numero di mille lire delle nostre, e poche delle nobili « vi stavano di sopra; cosa però stimata grandissima in tutte le parti * della terra. Stimariasi vergogna il non cangiar i lini in seta; parrebbe « scorno se non si deponessero le lane per strapazzare i broccati. Bella COSTUMI 37 • cosa era veder le camiscie dell'uno e-dell'altro sesso, se non di seta « reale, di tela simile alla seta, sottilissime e larghe, ed ampie in guisa, « che non d'una sola persona, ma di più potevano facilmente essere capaci. « Tutta la loro strettezza si ristringe nelle minute crespe del collo, a cui • sono attaccati i mostruosi collari di superbissimi ricami.Di lunghezza basti ' il dire, che giungevano d'avvantaggio insino all'ultimo termine de' tal-1 Ioni. Quindi vennero in tanta libertà d'ognuno le sopravesti militari, le * l°ghe, i pallj, le cinte, le zone, le zimarre, con la coda lunga, e « listate in belle maniere di spessi fregi d'oro, i manti, le vesti rica- * mate, così larghe come corte, particolarmente nell'ampiezza delle loro « fimbrie, le diverse invenzioni d' acconciarsi le treccie, e qualsivoglia « domestica, e straniera guisa d'abiti, espressi ancora con vocaboli sco* • noseiuti; magnificenze più facili a dilatarsi in spaziosa tela, che a ri-« stringersi in piccol foglio; vennero, dico, in tanta libertà, che gli ar-1 tigiani e i contadini, anco ne' giorni di lavoro, si facevano lecilo iVc-« mulare i nobili, di gareggiare co' primati. Di non minor stima si rico- * prono sopra con vestimenta distese, con giupponi, e con calcie unite 1 alle calcene e tirate su ai Dragoni un buon palmo di sopra dalle gi-« nocchia. Chi vedesse una tal pazzia, vederebbe insieme il capello di • Mercurio moltiplicato su le teste bizzarre degli uomini capricciosi. « Cucendo in un sol tutto assaissime particelle di molte sorti di panno, « si van fabbricando gli abiti: e questi benché ricchi, tengono più del « ridicolo che del civile. Le faldee prima originate, come si dice, in Na-« poli per sottovesti delle donne gravide, perchè con un cerchietto di ferro, « o d* altra solida materia , slargate a basso , pendono dapertutto ugual- • mente in fuora e celano le gravidanze, coprono adesso le impudiche « membra delle meretrici, che pur alla sciolta libertà delle loro chioma « ondeggianti, senza alcuna difficoltà si possono conoscere. Così appunto * la cangrena di bianca suole divenir negra, e disdicevole al senso della « vista e a quello dell'odorato. « Le donne di conto hanno anch'esse il loro insolito abuso. Non « anderebbero per tutto I' oro del mondo a celebrar nozze di sorte al-« cuna, a solennizzar balli, anzi a sentir prediche e a ricevere i san-« tissimi sacramenti se non ve le conducessero i cocchj di velluto, tratti * da velocissimi destrieri ». (Ciprioti, lib. XIII.) Ho lasciato parlare un contemporaneo, perchè meglio apparisse la condizione di Brescia allora che cadde sotto i Francesi. Il 25 marzo del 1498; quando venne pubblicata in Brescia, con grandissima pompa, la lega tra » Veneziani e il re di Francia, qui e nella pro/incia per tre notti si tennero accesi i lumi alle finestre in segno di giubilo. I leggitori di quest'opera conoscono già i motivi della famosa lega di Cambrai a danno di Venezia. Questa eleggeva a capitani di sue genti Nicolò Orsini, che poco prima aveva ambita ed ottenuta la cittadinanza bresciana, e Bartolomeo d'Alviano, c ordinava la rassegna delle sue genti a Pontevico « ove la città nostra per mostrarsegli (qual sempre fu) isviscerata e fedelissima , gli mandò sette mila soldati pagati s ». Ebbe di questi il comando l'audacissimo Alviano *. Seicento soldati aveva a sue spese raccolti il conte Luigi Avogadro il quale, non alla pugna, ma ad accrescere il disordine della sconfitta de' Veneti ad Agnadello o Ghiaradda, gli adoperava *, Gli altri settemila, pagati dalla città e tutti bresciani, si virilmente pugnarono in quel fatto d' arme che rendevano per alquanto spazio di tempo dubbia la vittoria dei Francesi, e perdute prima le forze che il valore, rimanevano pressoché tutti morti sul campo. Fra questi ultimi contavansi il conte Bartolomeo Marlinengo da Barco e Pietro Bona. La notizia di quel fatto fu la notte istessa del li maggio 1500 portata a Brescia da alcuni ragazzi: et è sta tal el remor de la zente che la nova è zonta fino in monester. I giorni susseguenti 15, 10 e 17 maggio: se impeni la città de saldai et de contadi, et tutti i nos maser, son venuti in Brescia, con li so donne et putti, che quasi ne era pieni lutti i porleghi nel Atrio 7. Il re Luigi XII mandava a Brescia un araldo, superbamente vestito, a chiedere la dedizione; e i Bresciani si unirono a consiglio, e chiesero tre giorni di tempo a deliberare. li re francese aveva partigiani Gian Francesco Gambara e l'Avogadro; ma è certo che il popolo stava per Venezia. E fu probabilmente opera del Gambara o dell' Avogadro, nemico del Gambara ma secreta-mente fautore del re francese per dignità promessegli o sperate, il tumulto che allora si suscitò nella nostra città. Le case dei Giudei, setta non amata, furono saccheggiate; e mentre questo fatto poneva in iscom-piglio la città, e faceva ognuno curante di sè stesso, come accade 3 Patrizio Spini, Supplimenfo dell'Istorie di Brescia di Elia Caprioli, pag. T.H. 4 f. Domenico Godagli, Storili Orrenna, lik x, pàf. VÌI. 5 M. Piktho Ehm bo, Della Storia Yiniziana, 1. Il, pag. S8; Vtnegifl 17i>». C Onesta diserzione dell'Avogadro a Vailale nati è riconlata da nessun nostro; Bfugg) all'Odorici, il quale ebbe puro sodo gli occhi i due cronisti contemporanei che ce la raccontano. II nostro Nassiho, parlando del conte Luigi Avogadro, dice chiaramente che fui fa traditore a Veneziani al tempo e liei ditto re Ludovico rompete lo campo in, Geradada: e la cronaca di Antonio Grumello pubblicata dal Mùller (Vol. I, pag. 12), detto della prigionìa d'Alviano, sogghigno che Solicino Benzoue e Luigi Avogadro andarono pel campo gridando: Salvalive, gente d'arme; et per tati rridi fu misso lo exercito Veneto in. faglia. Se lene per certo che lo conte Avogadro et Soncino Bolzone fossero d'accordo con il re. V Avogadro emendò poi con un bel morire, questa ■ed altre sue colpe. 7 Memorie d' una monaca di Santa Ciulia pubblicate dalla Baitelli, Annali Hìstorìci ec. di Santa Giulia. Brescia 16o7. DEDIZIONE A LUIGI XII 77 quando non si conosce nò dove nè quale sia il pericolo, per opera di alcuni vennero disperse e messe a sacco le armi e le munizioni da guerra che doveano servire per la difesa 8. I fautori del re francese, approfittarono di quel fatto, ed il consiglio del'conte Gianfrancesco Gambara, che proponeva la resa a re Luigi; prevalse. Giangiacopo Feroldo, che aveva studiato a Parigi, venne scelto perchè recasse gli omaggi della città al re, e oratori allo stesso, Nicolò Gambara, Yettor Martinengo, Pietro Porcellaga, Sigismondo Bocca, Matteo Avogadro, Onofrio Cigola, Lodovico Nassino, G. B. Appiani, Giovanni Antonio da Monte, Apollonio Bona e Girolamo Maggi. Luigi XII accolse prima benissimo a Chiari il Feroldo; poi a Travagliato gli oratori benignamente, e udì i quarantotto patti che gli venivano da questi, in nome della città, proposti d'accettare; e alcuni di quo1 patti rimise all'uso antico, ed erano quelli • che concernevano il pagamento o l'esenzione delle gravezze; altri concesse, ed erano che le reliquie e P altre cose sante non fossero levate dalla città nè dal contado; che il Monte di Pietà insti-tUito in sussidio de' poveri restasse fermo; che i Giudei non potessero stanziare in Brescia nò nel distretto; che i cittadini potessero mercantare e avercasa in Milano. Altri patti confermò, ed erano, Che tutle le decisioni del senato veneto in favor di Brescia restassero in Rigore, non come date dalla repubblica, ma dal re; che i privilegi anticamente concessi dagli imperatori alla città, massimamente intorno alle rive dell' Oglio, venissero mantenuti attivi. Il re promise di non imporre nuove gravezze, e delle vecchie scemò per l'importare di 111,100 ducati; e che i Bresciani potessero essere promossi a tutte le dignità, non solo della provincia, ma dello Stato. Il re si fece precedere dal cardinale di Bouan, che venne il 22 maggio, dice la cronaca Soldiana, « a « tor lo logo forse con cavalli quatrocento, et faceva sonar de alegrezza « per tutte le Giese et al Populo. » Il giorno susseguente, essendo stata preparata la gioja dei Bresciani, fece, dalla porta di San Nazaro, alle ore sedici, il suo ingresso il re Luigi, con suntuosissima pompa, descritta dalla monaca di Santa Giulia , dalla cronaca Soldiana , e da altri cronisti, testimonj di vista. Lo accompagnarono diversi principi, il legato pontificio e molti vescovi e cardinali e ben ventimila uomini a piedi ed a cavallo. 11 re si mostrò benigno coi Bresciani e duro 8 M Caprioli (libro XIV) dico sollanlo che alcuni giovinastri misero a bottino le ricchezze degli Ebrei, togliendo pariménte l'altro giorno la monizione per la guerra: ma In confusione nata allora in Brescia è maggiormente descritta nelle memorie della uionaca anonima di Santa Giulia, e nella cronaca manoscritta, pure anonima, ma detta di easa Soldo, per essere slata posseduta da quella famiglia. coi VeneLi, e a preghiera dei cittadini, mandò libero il podestà Sebastiano Giustiniano, che ci aveva lodevolmente governati. Era un segno di stima alla persona e al governo della repubblica, che, stretti dalla necessità, dovevano ì Bresciani abbandonare. E anche nelle fe di Salò, che con una mano d'uomini del lago di (Iarda la sorpresero, svaligiando e uccidendo i geutilomini che tenevano pei l'imperatore. ti Patrizio Spini, Supplemento al Caprioli, pagina 2!»9. CONGIURA CONTRO I FRANCESI 79 « merita de' soldati, non amministravano quella giustizia che sarebbe « stato bisogno » (SeiNi). II conte Giammaria Martinengo, « sebbene « avesse giurato fedeltà al re di Francia, non credeva però (scrive Ot-« tavio Rossi) d'essere più obbligato a quel distruttore della libertà d'I-4 talia, che alla repubblica conservatrice dell'antico splendore e dell'in-« corrotta dignità dell' imperio italiano 12 ». Ma avendo egli dato al servitore una lettera diretta al senato, quegli l'apri, e veduto che si trattava di toglier Brescia ai Francesi e di far uccidere esso domestico, congegnò quella lettera al governatore francese, che fece decapitare il Martinengo il lo settembre del 1510, collocandone la testa sulla torre del Popolo. Il 18 del mese successivo « fo messo talia ali zenlilomeni che andavano * iti lo campo de Venetiani. Chi li daseva vivi 50 ducali, morti 25 fiorini la 1 comunità de B.-essa, et questo fo per il fìolo'd' Elia Capriolo, che era an- * dato di là. A dì 2G ottobre fo fatta crida in questa tera che tutti quelli f che erano zoso de! paese del Be de Franza dovesseno tornare a casa * fra termine de quindrse dì, et non tornando fosseno fati rebelli, et « ci padre fosse obbligalo per ci liliolo, et la ritoglierà per el marito, * et non venendo li soi fossero obbligadi andar de la da Adda, ovvero « de la da Po sotto la moderna pena ls ». Nell'anno appresso (1511) nove gentiluomini, cioè Gian Giacomo Martinengo, Valerio Paitone , Giacomo l'ilippo Rosa, Gian Francesco Bozzoni, Luigi Valguglio, Galeaz/.o Fena-rolo, Annibale Lana, Angelo Caudino e Gabriello Lanlana, si univano nella chiesa di San Domenico, e quivi, sull'altare della terza cappella a sinistra entrando, giuravano fratellanza strettissima et perpetua (Cosimo MahiifJBNGu), e mandavano a Venezia un nunzio offrendo ai capi de' Dieci la cillà. Poco dopo anche il conte Luigi Avogadro oll'rivasi pronto a sottrarre prescia ai Francesi « tenendosi bavere anchora receputo in-« iuria dal re Gallico, per averli esso re rnanchato de le promisse facte < ad esso Aluixio, per la cui via et modo la città de Brescia venne sotto . lo miperio gallico senza un bollo di arlelieria » (G.ilmku.o). Questo conte due anni prima, e forse al tempo in cui insorgeva a Bovato Lorenzo Gigli1*, cospirava contro di essi, perchè deluso nelle sue speranze l'i E'ogi historici, Luigi Avogadro. 1.1 Palazzo, Cromica, manoscritto di cui recò diversi brani il Cambimi , nelle sue buone nule al poverissimo poema: Gesto de' Bresciani durante la Legaj di Cambiai. Brescia, tH'JD, nota alla pag. ♦»!». ih Clio in nell'agosto del 18911. Tutti i documenti risguardanii quella importante rivolta, die era all'alio ignota agli storici e di «ni diremo a suo luogo, furono da me rinvenuti nell'Archivio Comunale di Kosalo, e pubblicati in Brescia nel t^ii k nel mio libro : Documenti per le storit nutrie. L'odorici ristampò togliendola da me, sebbene noi dica, U sentenza del celebre Morone. di ingrandimento; ma avendo in allora avuta promessa d'una condotta di cavalli, abbandonava il pensiero della congiura, e lo accoglieva di nuovo quando vedeva a quella promessa non seguire i fatti. Scopo principale del conte Avogadro era di far grande la sua casa. Assai più elevato era quello degli altri congiurati. Nel consiglio dei Dieci lungamente si dibattè se convenisse accettare le proposte dei congiurati bresciani, Il doge Loredano stava per il no, vedendo malagevole I1 impresa; ma il voto dei più fu per l'accettazione. Si notificò al conte Avogadro il nome di quattro altri congiurati, onde si unissero insieme e operassero di intelligenza. E così fecero. Entrarono poi nella congiura Pietro e Francesco figli del conte Luigi Avogadro, Antonio Martineogo, Tommaso Ducco, Gerolamo e fratelli Biva, Giacomo dei Negroboni di Valtrompia, e Ventura Fenarolo, fratello di quel Galeazzo di cui Nas-sino dice non aver inteso mai « che rompesse lanza nè di legno nò di vitro « ; e moltissimi altri di non bassa condizione si accostarono in secreto a quei congiurali. Badunarono armi, soldarono villani in più castelli del territorio nostro, e massimamente nelle valli e in Fran-ciacorta, e stabilirono che la notte seguente al 18 gennajo 1512, alle ore otto, parte di essi dovessero trovarsi fuori delle mura alla porta di San Nazaro alla testa dei contadini e dei valligiani, e gli altri rimanessero in Brescia con cinquecento uomini scelti, onde, all'ora istcssa, abbattere quella porta, e fatti entrare i soccorsi, movere tulli insieme ad assalire i Francesi. Il conte Luigi Avogadro e suo figlio Francesco, Giacomo Negroboni, Galeazzo Fenarolo e Valerio Paitonc cs irono dì ciltà ; rimasero Tommaso Ducco, Pietro Avogadro, Giacomo e Antonio Martinengo, Girolamo Biva, Francesco Bozzoni e Ventura Fenarolo, o ascosero nelle loro case i cinquecento destinati ad operare entro la città. Il Gritti, avvisato di recarsi coi militi veneti sotto le mura di Brescia quella notte, passò l'Adige presso Legnago, il Mincio fra Goito c Va-leggio, e riposato a Montechiaro, mosse verso Brescia. Giorgio Longhena vi corse a spron battuto ad avvisarne i Francesi ; e il governatore diede ordine di fare tutta notte scariche dal castello, affinchè il Gritti non credesse coglierlo alla sprovveduta. Da questo tonare e dallo scorrere della cavalleria i congiurati si conobbero traditi; e il furono, o credettero, da Annibale Lana. Che far dunque? Il Martinengo, il Ducco, opinarono si proseguisse l'impresa; ma agli altri non parve. Alcuni poterono calarsi dalle mura, altri si nascosero. I congiurati ed il Gritti che , circondato la ciltà, stavano attendendo il segnalo, sospettalo il vero, si ritrassero sdegnati e confusi. « La manina seguente sì fecero sulle piazze e sulle vie della t città le pubbliche proclamo, che chi sapeva di questa congiura e de' i congiurali, e non lo riferiva al govcrnator regio, cadesse in disgrazia IL FENAROLO 81 < del Re e nella colpa dell'oflesa maestà (Spini). » I beni dell'accusato furono promessi al rivelatore. Molti cittadini furono dal banditor regio gridati ribelli, e mandate le milizie a farne ricerca. Pietro Avogadro fu preso nel proprio* palazzo, Tommaso Ducco in casa di Francesco suo cugino, Girolamo Riva presso un tessitore di tele, suo compare, Yen-tura Fenarolo, tratto da una sepoltura della chiesa del Carmine, per non cadere nelle mani dei Francesi si diede un pugnale nel petto. I tllttstraz. del L. r.iVol£lll. n 82 STORIA DI BRESCIA Francesi gli trassero di mano il pugnale, è lo condussero sanguinoso alla rocca; ma quivi giunto egli cacciossi le mani nella ferita e spirò, e fu appeso ad un patibolo sulla piazza. Il Ducco ed il Riva, dopo un processo che venne conservato, furono decapitati. Le 'sevizie de1 Francesi spopolavano la città. I congiurati ch'avcano potuto fuggire, s'unirono agli altri per tentare novamente l'impresa al 2 di febbrajo. Il Gritti avvisatone, rispose che il primo di quel mese sarebbesi trovato a Sant' Eufemia. « Subito lette le lettere (del Gritti) e inteso quanto aveva detto il nostro messo, mettessimo ordine, e subilo radunassimo i nostri uomini con l'armi in mano all'abbazia di San Gervasio, luogo prima per noi eletto per qucst'clfello, il quale è,vicino a Brescia circa due miglia dalla banda di ponente, sì che immediate il conte Aloisio, e il conte Francesco suo Tiglio , mes-ser Valerio Paitone , messer Francesco Bozzone, messer Galeazzo Fe-narolo, messer Giacomino di Val Trompia, ridussero di Val Trompia, Val di Sabbia, Pedemonte, ed altri luoghi assai uomini. Io andai in Franciacurla dalli miei amici, d' onde condussi molti uomini, talché tutti passavano dicci mila.».; così uno de'principali congiurati ls. Il Grilli giunse con quattrocento uomini d'arme, mille stradiotti e più di ottomila fanti, e seguivalo Gian Paolo Baglioni con altra truppa e artiglieria. Alla mezzanotte del 2 febbrajo V Avogadro fece d'ogni banda circondare le mura e dar nelle trombe in diversi lati onde ingannare il nemico; e Giacomo Martinengo con altri congiurati, costeggiando il castello da tramontana, pervennero in città, e all'alba corsero gridando Mano, Marco, ruppero le porte e fecero entrare i congiurati coi dieci mila villani e il Gritti colle sue genti. Volcvasi approfittare del terrore dei Francesi e assalire la ròcca; ma il Gritti l'impedì; e vedendo di non poter frenare i contadini, e temendo che disamorassero i cittadini dai Veneti, li rimandò alle proprie case, ritenendone solo tre mila, a spese del pubblico. II signor di Luda, governator francese, chiese soccorso a Gastone di Foi\, che allora comandava l'esercito del re di Francia in Bologna e che rapidamente giunse a Brescia, battendo per via il Baglioni; fece occupare dal cavalier Bajardo il monastero di San Fiorano, e mandò un araldo in Brescia ad intimar la resa ai cittadini. Rispose per tutti il conte Avogadro, che Brescia era e voleva restare della repubblica; onde Gastone fece approssimare l'esercito, e lo distribuì parte nei sobborghi di San Giovanni e delle Pile, a Mompiano e alle Grazine; parte a Sant'Apollonio di contro alla Pusterla. La notte susseguente, IS Martinengo, Manoscritto, C. VI. 3, pag. 34. (IASIONE DI FOIX E BAJARDO & monlre l" Avogadro, il Martinengo e il Rozzone si disponevano ad assaltarlo, egli, lasciali alla testa de'suoi l'Ivone e l'Allegre, entrò nel castello per la porta del Soccorso con cinquecento uomini d'armi fra i migliori, e 'con seimila fanti, parte Guasconi e parte Tedeschi, a quella guisa che operò pure THaynau nel marzo del 1849, venuto dal Veneto contro di noi. La mattina del 19 febbrajo, giovedì grasso, rinfrescate le truppe, ti Foix scese in ordine di battaglia con dodicimila uomini, il bore del suo esercito. I cittadini in armi, c i soldati veneti gli attendevano di pie fermo, e due ore si combattè fieramente sotto la neve. Ma scesi impetuosamente dal castello forse 8 mila altri Francesi, abbatterono Torrelunga, e introdusser le truppe che accampavan di fuori. I nostri, soverchiati dal numero, piegarono alla piazza, del liroletto, orti si combatteva da più ore fra cittadini e Francesi. Frattanto le porte venner in mano di qursf ultimi; Agnolo della Marea, capo di stradiotti, corse co'suoi alla porta di San Na-zaro, la fece atterrare, e usci di città, onde l'Allegre vi entrò colle sue truppe. Lodovico PoroeUaga, che custodiva porta San Giovanni, udito che i Francesi erano entrati da San Nazaro, si spiccò a cavallo dal suo posto, e solo venne incontrarli al Cantóni defili Stoppini, assali ed abbattè da cavallo l'Allegre; ma cadde vittima di inaudito coraggio. I Francesi erano già passati oltre, quando videro stogliersi dalla battaglia, che si faceva sulla piazza dell'Albero, un altro bresciano, grande e bèllo della persona e spirante fiero contegno e valore. Era Lorenzo Porcellaga, fratello dell'ucciso, che veniva a vendicarne la morte. Gastone di Foix, che n* aveva veduto prodigi di eroismo, si tolse due volte il guanto, e alzò la mano e la visiera per offrirgli pace, e vietare ai Francesi di combatterlo ; ma quegli, credendo meglio soccombere da grande e vendicato che vivere misero e schiavo, trovò morte degna di grandissimo uomo. Gastone fece dare sepoltura ai fratelli Porcellaga, e pianse sul loro feretro. Ma Brescia non poteva più resistere a tanti armali. Andrea Gritti era rimasto prigioniero insieme col podestà Antonio Giustiniani e molti personaggi di grado veneti e bresciani. Come i cittadini desistettero dall'armi, oramai inutili, i Francesi, incalzando le turbe lungo la via* e fino nei templi, scannavano ai piedi degli altari i sacerdoti, i vecchi e le donno coi fanciulli sul petto; e dalle finestre erano gettati gli abitatori dello case. Durò il sacco tre giorni, ne' quali, scrive un Bolognese testimonio di vista, non fu lasciata indietro alcuna sorte di tormento, col quale non affliggessero i miseri cittadini uomini e donne, per fargli confessare i denari e le cose migliori nascoste. E quello che più importa, non fu lasciato sorta alcuna di disonesta violenza contra le donne (T ogni qualità. Per tutta la terra il giorno e la notte non si sentivano se non strida miserabilissime degli infelici che erano tormentati, o delle donne che 84 STORIA DI BRESCIA facean resistenza co-nlra coloro che voleano violarle; e molte se ne videro gettar se.stesse per le finestre, peV più tosto così morire, che saziar del corpo loro la sfrenata libidine di coloro che avevano uccisi i padrj, i figliuoli e i fratelli loro, e che tuttavia rapivano le sostanze, e bruciavano e rovinavano le lor case. Molte se ne videro coi coltelli ammazzar sè slesse ; molte, mostrandosi piacevoli e contente, ammazzar quei che erano loro attorno caldi d'ingordo appetito di godersi dell'amor loro; e molte ucciderli nel letto, non curandosi poi nulla d' essere esse dagli altri uccise crudelmente. Per le strade non si vedeva se non misere donne e fanciulli andar cercando i corpi morti de' padri, o fratelli, o mariti, o figliuoli loro; altre per tutto avendoli trovati, stare a piangere e a lacerarsi sopra i lor corp*i; e moire non partirsene mai nò dì nè notte, fin che ancor elle quivi si morivano presso a loro....... » E per certo io vi giuro, che ritrovandomi io in quella città, e quantunque come bolognese era amato dai Francesi, e venuto con esso loro a quell'impresa solamente per vedere, e per informarmi da potere scrivere, come io fo già da molto tempo, mi vidi tuttavia in tanta angoscia d'animo , che non solamente mi dolsi d'esservi mai venuto, ma mi dolsi ancor d' esser nato. E più d'una volta vedendo quelle così nefande scelleratezze, mi metteva a proibirle, e a riprender coloro, non tanto per speranza ch'io avessi di far frutto, quanto per essermi venuta a no«a la vita , e cercar quasi occasione di farne fuori » t»j Brescia era, dopo Milano, la più ricca città di Lombardia; e i soldati si dividevano gli ori e le gemme cogli élmi. Dai quindici ai diciasctte-mila, secondo i computi più moderati, furono i morti, fra Bresciani, Veneti, Francesi e Tedeschi. Il sacco di Brescia empio di orrore tutta l'Italia, e i vecchi, ricordandolo ai nepoti, piangevano dirottamente. Nella terribile pugna era stato ferito il cavalier Bajardo. Trasportato, a quanto pare, in casa Cigola, nel Mercato Nuovo, la padrona gli si gettò ai piedi pregandolo di salvarle l'onore delle due sue figlie. Bassi-curolla il Bajardo. Sei settimane egli stette in quella famiglia, con molta ospitalità trattato; e prima che partisse, la Cigola gli presentò uno scrigno contenente duemila e cinquecento ducati, in riconoscenza d' avere salvato P onore ad essa ed alle di lei figlie. Il Bajardo ne diede mille per cadauna di quest'ultime, e disse loro donassero gli altri 500 a qualche donna spogliata dai Francesi. Ma la riconoscenza del Bajardo non era imitata dai suoi nazionali. Il cavalleresco Foix. volle sevire ancora l7. 16 Anielmi, Descrizione del Sacco di Brescia, pag. 34(J—332. (7 (iasione diFoi^duea di Nemours, nipote di Luij;i XII e governatore del Milanese» passa per cavalleresco tra coloro die di questo titolo fauno applicazioni, che le più voltu SACCO DI BRESCIA 85 (Gastone di Foix) - Molu gentiluomini cadati prigionieri, ebbero troncata la testa. Il conte Luigi Avogadro non avendo potuto nò combattendo morire, nò fuggendo salvarsi (Mart.nengo), condotto innanzi al Foix, era da jlui condannato son ridicolo adulazioni, e altro volte sanguinoso insulto. A 22 anni, avea vinto in tre mesi quattro battaglio, espugnato dicci città ; mentre per omaggio all'amica non portava piastrone, e null'altro che la camicia dal gomito al guanto, non risparmiava slrappazzoo carnilìcina ai poveri Italiani, ne pericolo 0 fatica a' suoi soldati. Si sa che fa morto alla battaglia di Ravenna ; ed ebbe per tomba uno de' capolavori della scultura lombarda, ora disperso tra Milano e la vicinanze. Merita esser .letto il racconto di Ginn Giacomo Martinengo, pubblicato in calce alla Storia di Milano del Rosmini. Egli divisa tutti i mezzi de'congiurati, la, loro lìdmia so- a morte il 20 febbrajo. Negatogli di vedere i figli, diceva al frate confessore di riferir ad essi: che sempre temessero Iddio sopra ogni cosa, che appresso amassero con tutto il cuore i lor signori Veneziani; e che per questa disgrazia che a lui interveniva, non restassero ancor essi di arrischiar sempre la vita per lor servizio, e massimamente contra oltramontani cosi crudeli. E che egli moriva contentissimo, vedendo di non aver mancato alP animo e al debito suo .... e che nelle cose grandi e cos'i importanti non si può negoziare, nò arrischiarsi a gran guadagno e a gran gloria senza gran pericolo: la qual grandezza di pericolo è quella che fa V ardir laudabile, e l'eseguu;e glorioso » (Anselmo). La città e la provincia era gravata di multe, e costretta a festeggiare le vittorie degli oppressori. Il viceré Cardona, venuto anch'esso ad assediarla, trattò secretamenle coH'Aubigny, il quale, vedendo di non poterla difendere, il 18 settembre •1512, forse per comando preventivamente avutone dare Luigi all'intento di suscitare discordia tra i collegati gliela cedo. I Veneziani domandarono il possesso della città, secondo i trattati; ma il viceré disse volerla ritenere per la Lega, a nome della quale avevala ricevuta. Sdegnati di ciò, i Veneziani entrarono in trattato col re di Francia (24 marzo 1513), contro il quale era stata stretta la Santa Alleanza; e 1' Alviano veniva sul nostro territorio; ma non jstimò opportuno avvicinarsi alla città, nella quale erano già entrati molti paesani, favorevoli alla repubblica. Luigi leardo, governatore di Brescia per la Spagna , sdegnato perchè i Bresciani s'erano dimostri affezionati a Venezia, il 13 giugno 1513 condannava a morte in contumacia pressoché ottanta spettabili cittadini e non pochi popolani. Paolo Zani, bergamasco, assessore dell'leardo, aveva assecondata quella crudele sentenza. È debito dello storico serbar il nome anche de' nazionali istigatori o fautori di sevizie agli stranieri pru mille accidenti che (elicano per'infallibili, e clic uscirono al contrario, e che egli, secondo il solilo, imputa a tradimento. Fra altri, don Raimondo Cardona doveva impedir a' Francesi d'abbandonare Bologna, intanto che i Bresciani coi Veneti, cogli Spaglinoli, cogli Svizzeri avrebbero occupato gran parte del Milanese. Ma egli si lasciò corrompere da trentamila scudi , numeratigli dal Foix. Vivissime sono le particolarità di quel racconto, che finisce con queste parole: • Ora, figliuoli miei carissimi e discendenti, io ve raccomando per l' obbedienza che sete tenuti portarmi, che mai in alcun tempo facciale come ho fatto io in questo, a metter la vita e la roba in servizio de' principi, perchè con essi si ha a perdere molto e a guadagnar poco; perchè li principi sono libéralissimi rimuneratori a parole, ma de'fatli sonoavarissimi; e se non obbedirete a'miej comandamenti, ve ne troverete malcontenti. » Fu notato un bizzarro riscontro fra l'impresa di Gastone e quella de' Tedeschi nel tH4t* contro Crescia stessa. La parte di Bajardo sarebbe rappresentala dal giovine Nugent, il quale avanzandosi per calmare, restò ferito a morte; testando beneficò la città stessa, cIil« sulla sua fossa scrisse, Oltre il rogo non vive ira vernica. C. C. * FRANCESI E SPAGxNUOLI ■ 87 dominatori, Nè bastando, V leardo cacciava da Brescia moltissimi popolani dai 14 ai GO anni; imponevasi una contribuzione al territorio in ragione di lire 200 plateali al fuoco, minacciando saccheggio e confisca a chi lardasse; altre imposizioni gravose infliggeva in seguito per lo urgente bisogno de denaro di sua signoria il viceré Cardona, sotto pena de rebellione: minaccia che ricompare in tutti gli ordini degli stranieri dominatori in Quegli anni infelicissimi. E poiché il brutale governo costringeva molti ad esulare, lo Spagnuolo comandava ai Comuni di dare distinta relazione degli emigrati e del luogo ove s'erano rifuggili: o avrebbe confiscati i beni dei consoli e dei Comuni. Egli faceva intanto da'suoi Spagnuoli atterrare in Brescia tutte ]e case che erano lasciate vuote dai loro proprietarj. Comandava che ognuno, indistintamente, dovesse condurre a Brescia la metà della biada raccolta; prevedendo dover sostenere un assedio. Aveva a tal uopo fatto Miche ricostruire un muro e nettar le fosse. Infatti il Trivulzio assediava la città, ed esso ed il Navarro non allen-•tarono i lavori, perchè sapeano che gli assediati, levata loro la speranza delle paghe, e disperati di poter avere soccorso, non erano, per sopportare gli estremi disagi delle cose. E già gli Spagnuoli e i Tedeschi con grandissima arroganza chiedevano le paghe, e mettendo a sacco t miseri cittadini facevano ingiuria alle ragioni dell'albergo, e cominciavano a minacciar i capitani e a dir tutti i mali dell'imperatore (Spim). Seguì una tregua di venti giorni. Prima che spirasse, giunsero con soccorso d'uomini e dt munizioni da guerra e da bocca il conte Lodovico Lo-drone e Guglielmo Bocandolfo. Bipartirono tosto per P Allemagna onde provedere altri denari per le. paghe; cd i soldati spagnuoli e tedeschi vennero a tal insolenza, che vollero ammazzar leardo e gli altri capitani, i quali per salvar la loro vita s'andavano rimpiattando in luoghi segretissimi; nò fu possibile estinguere, anche dopo un lasso di tempo, quesla fiamma, se non con un donatilo riscosso asprissimamente dai miseri cittadini, e diviso ai soldati, e con dar loro ostaggi (Spini). Il Lodronc, che ritornava con soccorsi, cadde nelle mani de' Veneti, ed allora i soldati che erano in Brescia, imponevano ogni dì novi carichi a' miseri e consumati cittadini (Spini). Odetto di Poi*a ch'Ito I.autrec, venne in ajuto de'Veneti sotto Brescia, alla quale città diedero 1' assalto. leardo trattò delia resa, e Lautrec ne prese possesso, e la restituì al Gritti il 22 maggio 1510; tornando al sospirato dominio della repubblica, per opera di quegli slessi Francesi che gliel' avevano rapita. (I.aulrec). XIV. Eresie. — Processi di streghe. — Fatti varj. — La peste. L'esperienza avea mostrato che le chiese ed i conventi dei colli su-burbani servivano di riparo ai nemici; onde i Veneziani li fecero atterrare (1510-17), e nei borghi distrugger tutte le case. Erano allora in Brescia quindici conventi di frati e quattordici di monache; ma non impedivano che l'eresia di Lutero vi trovasse fautori. Un anonimo scrive che nel maggio del 1527 quell'eresia entrò « in alcuni puochi cittadini; tre preti ne sono infetti »: ma l'anonimo annalista sognava quella data, perchè allora « cinquant'uomini in Brescia andarono per ERESIE. STREGHERIE 89 alcuno notti per la città cantando le litanie de' santi, attribuendo ad essi, a Dio et alla Beata Vergine diverse esecrabili villanie 1 ». Nella nostra città anche prima vi fu chi parteggiò per questa o per quella eresia; ma non mancarono i campioni della fede. Il vescovo Adel-manno lodigiano, secondo il Cozzando, intorno al 1048 scriveva una dotta epistola contro Berengario di Tours, il quale negava la presenza reale afeli1 Eucaristia; e circa undici anni dopo, i Bresciani spedivano ambasciatori al papa Nicolò li, perchè volesse rimediare ai rotti co- , stami del clero. Venezia, fin dal 1240, faceva giurare al doge che avrebbe eletto buoni e discreti cattolici per inquisire gli eretici in quella città : cosi anche il municipio di Brescia, per secondare i terribili decreti imperiali di Federico II, nel 1277 imponeva al podestà di far guerra eterna agli eretici d'ogni setta. Contro l'eresie che serpeggiavano pubblicava un libro nel 1498 il domenicano Antonio da Brescia; come nel 1470 avevano scritto un altro il domenicano Giacomo Pietra. Per estirpare l'eresia, Brescia, nel 1528 se non forse l'anno precedente, eleggeva Matteo Avogadro, Giovanni Antonio Chizzola e Camillo Buzio. Nel lì>28 scriveva contro i Luterani il domenicano Bartolomeo da Seniga, e intorno alla metà di quel secolo sorgeva confutatore dei Luterani Giulio Pavesio: il canonico lateranense Ippolito Chizzola dettava contro Pier l'aolo Vergerlo, vescovo apostato di Capo d'Istria (1505); e Nicolò Gaz-Zone da Gambara cappuccino, contro un calvinista. Nei secoli XV e XVI fecero rumore anche i processi contro le streghe. Uno sollevonne nel 1485 il domenicano Antonio da Brescia, essendosi scoperti ad Edolo, stregoni ed eretici, rei di negare i sacramenti, immolare fanciulli, adorare il demonio; invocava egli il braccio secolare; ma Barbaro podestà di Brescia, e il suo vicario dottore Alberto degli Alberti, non lo secondarono. Il frate ed il vescovo Paolo Zane impetrarono il breve 13 settembre 1480, contro chi recalcitrasse ad eseguire le sentenze ecclesiastiche, ed il legato del papa e il patriarca dì Venezia vi ottenevano l'adesione del senato; e poiché il podestà non faceva eseguire una sentenza contro donne eretiche, di cui una venne trovata innocente, l'inquisitore proferiva eretico il vicario di esso; ma la repubblica gli intimava silenzio. lì Tonale credeasi luogo di convegno delle streghe; onde furono in molo gli inquisitori ; ma il processo dimostrò che la pubblica voce s1 ingannava, è quel monte continuò ad essere, scrive il padre Gregorio, « il pomposo tea- l Annali manoscritti ili Brescia nella Quinniana. Alcuni li crédono (IH benetldttiho Amadeo, altri del Rossi, che (iella storia manoscritta dà colle istesso.p noie il l'alto dèlie streghe, lllustruz. del /,, r. Voi. IH. l'i tro delle nuvole ». Però in Pisogne, terra aggregata alla Valle Camonica soltanto nel XIV secolo, ed in Edolo furono abbruciate « nel 1510 ses-« santa streghe ed alcuni stregoni che assaltavano huomini, donne, animali, c seccavano prati, herbe, etc, co1 loro incantamenti. Quando furono me-« nati al fuoco, dicevano che non lo temevano, che haverebbero fatto « miracolo, loro era apparso il diavolo, etc/-2 ». Assurde accuse; ma allora i più le credevano, ond' è a lodarsi la prudenza del governo di Venezia in tali occasioni. L'estate 1518 le giunsero lettere da Brescia che l'inquisitore aveva fatto abbruciare da settanta streghe di Val Camonica , toltine i beni e dati alle chiese. I tre capi del consiglio dei Dieci scrissero ai rettori di Brescia, perchè non avessero fatto rapporto di fatto si grave e l'avessero tollerato, e ingiungevano loro di provedere, perchè non si rinnovassero simili esecuzioni. Il vescovo Zane d' altra parie, avuto eccitamenti dalla Valle Camonica v' andò con un domenicano e predicatori, e fece abbruciare alcune, streghe a Edolo. Dai processi appare che le confessioni erano estorte coi tormenti; una ritrattandosi soggiungeva: « me li hanno fatto « dir per forza, e questo dico per discargo de mia coscientia ». Altro, andando al rogo, recitavano divotamente sacre orazioni. Il consiglio dei Dieci eccitò il legalo pontificio, che era il bresciano Altobello Averoldi, il quale fu governatore di Bolo&na, indi di Modena e Bcggio, dell'esarcato di Bavenna, poi di tutta la Bomagna, a recarsi sul luogo ad esaminare il vescovo, i vicarj, gli inquisitori, i giudici, i notaj e tutti che avevano avuto parte nel processo, perchè * non hanno fatto debitamente « 1' ufficio loro, et hanno agito con grande severità, per quanto è la « fama, mossi, da cupidità di guadagno contra juris ordinem, et contra quello si contiene nel sapientissimo et justissimo breve di Sua Beali tiradinc ». Si voleva doppio coraggio ad opporsi agli inquisitori, perchè questi erano applauditi, e sorretti dalle moltitudini, che credevano quelle accuse, ed anch'essi operavano in piena buona fede. Fu merito della repubblica se qui l'Inquisizione si limitò ad imporre ai bestemmiatori ed ai profanatori delle feste il pagamento di alcune lire o periodiche preghiere \ 2 Annali tli 11 resi io, all'anno t'ilO. Manoscritto mila Qniriniana. "» l'io lardi, cioè il 13 settembre 1710, veniva condannato il prete* Giuseppe Becca-relli a fare, sulla piazza del Duomo, al cospetto di innumerevole popolo, la solenne abjura de' suoi errori, indi al carcere. Nato ad Urago d'Oglio, territorio nostro ma allora dio-resi cremonese , egli aveva aperto un collegio in Brescia in casa Longhena nella via di Salili Spirilo. Nella chiesetta di Santo Stefano, sul Cionco, egli diffondeva massime di quietismo, Satire crudelissime corsero allora per la città contro il vescovo nostro cardi- IL CINQUECENTO ni Il 22 maggio 1526 stringevasi lega fra il liberato Francesco I, il papa, 10 Sforza ed i Veneziani; e questi eleggevano a capitano Francesco Maria della Rovere duca d'Urbino. La nostra provincia contribuì viveri e munizioni; ma non fu teatro di memorabili azioni, se non fosse l'uccisione di Marcantonio Martinengo della Palata, onorato di splendide esequie nel Santo Cristo, poi sepolto in un magnifico monumento. Non ostante la guerra e la carestia la città crebbe grandemente di edifìcj e di traffici. Nel 1519 fabbricava la muraglia di porta Pile o alcuni bastioni; nel 1523 il torrione della porta di soccorso del castello, e la porta di Torrelunga, che era stata chiusa dal 1512 Tn poi. Nel 1523 il vescovo Zane poneva la prima pietra dell'ospedale degli Incurabili. Alcuni lustri dopo fondavasi l'istituto "elemosiniere, detto la Congrega Apostolica. Si costruivano nella seconda metà di quel secolo i magnifici portici dell'orologio, che fanno prospetto dal lato orientale al Palazzo della Loggia, e il cui orologio, lavorato nel 1582 dal matematico Pietro Fanzanc da Clusone , o dal gesuato Lodovico Barcolla da Ch iari architetto'e astronomo, ha due statue di bronzo che battono le ore, e nota le fasi della luna e il passaggio del sole ne' segni dello zodiaco, meccanismo come usavasi a que' tempi; il Mente Grande fondavasi nel 1507 a compimento della bella facciata meridionale di quella piazza; si edificavano le due gentili contrade di Strada nuova (1549-53) e del Gambaro, disegnate dal Lodovico Bcretta; la bella fontana della Palata, disegno di Pier Maria Bagnadore, ed altre opere di cui accennammo. La ricchezza nella nostra città appalesavasi anche nelle feste e nei tor-neamenti, e la giostra tenuta nel Mercato Nuovo il 20 maggio 1548 per l'ingresso del proveditore generale di terraferma, Stefano Ticpolo, fu la più famosa che da anni si vedesse in Italia. Vi combatterono Nicola Fè, il conte Ugolino Sessa veronese, Alessandro Pavone, Giovanni Battista Ofllaga, Luca Calino, Giovanni Battista e Marcantonio Calino cavaliere, Camillo Bovato , Mario Averoldo, che combattè c*d capo scoperto, Carlo Martinengo, letterato e "guerriero, Fortunato Martinengo Cesaresco, Giovanni Battista Gavardo, e Giovanni Battista Fiso-gno, il cavaliere incognito. Tre giorni durò la giostra. Vinse nel primo 11 Gavardo, ed ebbe un par di guanti profumati « per essere comparso in campo più attilato et meglio concertato di niun altro », e gli furono dati dalle duchesse Isabella e Lucrezia, sorelle di Carlo e Federico dei naie Badocro, che fu costretto a condannarlo, eccitatovi pure dagli altri preli e frali. Fu-rono giudici del Bcccarelli esso cardinale Badocro, il podestà Renier, il capitano BurbarlfO e il frate Marangoni inquisitore del Santo Uffizio. Nmi mancavano persone che credevano nuocente il Bcccarelli, nobili, ricchi, uomini e adone. Gonzaga da Gazolo. Nel seeondo giorno vinse Nicola Fé, e ottenne in premio una collana del valore di cento scudi d'oro, ed il titolo di cavaliere. • Nel lo70 Brescia soccorse di uomini e denari la repubblica, in guerra col Turco, e la sola famiglia Porcellaga vi assoldò e condusse dugento fanti, ove rimasero vittime Scipione e Ottaviano. L'anno istesso una crudelissima infermità tolse a Brescia, secondo lo Spini, da tredici mila persone; e maggior numero la peste, sette anni dopo. La città aveva presi molti provedimmiti, non badando a spese; ma il j2 agosto una donna, venula da Val «Camonica per Iseo, ov'era la peste, morì in due giorni. Le si trovarono « cinque petecchie, e un poco d'un carboncino sopra una spalla: costei era sposa e bella giovane, abitava vicino al canlon Bom-basaro, il restante della famiglia condotta al lazzaretto ivi tutta mori: pure La cosa passò-in tal ordine, che s'ascose per alcun giorno; poi quando si credea che fosse estinta, si sentì che in casa d'un armajuolo alla Palata, aveva feriti alcuni suoi di maniera, che di undici che erano in casa, morendo lutti, restò solo. Si dilatò il male, e «i sparse ivi intorno arrivando lino a Pozzolo, contrada poco discosta dalla Palata, la qual cosa diede molto travaglio al li signori della sanità , finalmente con V a-julo divino, e con la incredibile diligenza di quelli signori fu il male un'altra volta sopito, talché al carnevale seguente, posto in oblio e il timor divino e le passate angoscìe, si fecero su la piazza del Duomo molti torniamenti e bagordi, a provocar meglio l'ira divina, talché passarono pochi giorni della quaresima, che furono gli Conservatori necessitati per diversi accidenti a proibire le prediche. E crescendo ormai il contagio, che più non si potea riparare nò difendere, la città col territorio nel mese di marzo fu da tutte le città e luoghi circonvicini bandita, e al tutto priva delli loro commerzj; faceva in questo mezzo formidabile progresso il male, di modo che non passò aprile che la città fu quasi abbandonata da' cittadini, da' mercanti, chiuse le botteghe, che porgeva gran spavento e compassione a quelli che rimasero nella città. Non mancavano però gli Conservatori tra tanto a provedere, a comandare, a proponere, ed eseguire tutto quello che l'umana providenza poteva, disponere, ma fu vano ogni studio, ogni provisione inutile, ogni spesa gettata al vento; poiché prevalendo il caldo, talmente questo mortifero male si sparse per tutta la città, e cominciò i suoi dolorosi effetti in miracolosa maniera a dimostrare talmente, che poche case fuggirono il contagio; gravissima era la spesa che si faceva e nella città e al lazzaretto, che ascendeva alla somma di mille scudi il giorno, quantunque molte nobili terre circonvicine non mancassero, per amore e divozione che avevano alla città, di soccorrerla di grosse elemosine; come PESTE 95 fu Bagolino, che con opere e parole mostrò incredibile benevolenza a questa patria. Val Soriana ancora, che è territorio bergamasco, non si lasciò vincere d'affetto da niun'altra; poiché con lettere amorevolissime e doni dimostrò (pianto gli pesasse delle sciagure della infelice Brescia, astiano, Castel Giofredo certo con presenti regj manifestarono la loro liberalità e propensione verso L'afflitta città nostra. Ma sopra ogni altra cosa sarà sempre memorabile , sempre impressa ne1 cuori nostri e de1 nosi ri posteri la paterna carità, e amorevolezza non mai abbastanza lodata de1 nostri potentissimi ed invittissimi Signori Venetiani verso la stia fedele Brescia; perchè sapendo quelli eccellentissimi signori in qua! miseria e calamità si ritrovava la sconsolata e desolata città sua, avendo distrutto (piasi tutto il suo patrimonio per sostentare si gran carico; iratissimi delle memorie passate, nelle quali avevano scoperto ne' Bresciani fede non più udita nò scritta giammai, da anteporsi ancora a Quella di Sagunto, presero tra loro parte di soccorrere la miserabile ctlà di ventimila scudi: e così per la sua Serenità furono scritte lettere al carissimo Luigi Grimani capitano, che operasse che per la ducal Camera fossero quanto prima numerati: soccorso invero di incredibile giovamento alla città in tanto sterminio e desolazione ridotta 1 ». Propagata dall'esercito tedesco, la peste colpì di nuovo, nel secolo susseguente, la nostra città; preceduta da un terribile ausiliare, la carestia, Poiché nel 4629 vendevasi il frumento venti e ventidue scudi la soma, che.è di ettolitri l.;iO :i. fu Brescia cominciò a svilupparsi e menò stragi nel susseguente. Gli ammalati, chiusi per ordine dei magistrati, erano uianliuiuti a spese pubbliche: i morti si gettavano dalle finestre: la città era un deserto, le contrade un cimitero *• '» Lo Spini, contemporaneo, di (.uj qU(»s(0 brano* dite die » olirà a ventimila crea* ture umane si erede per certo (lenirò alle mura della cUttì di Brescia essere stati di vita tolti ■• Un alleo contemporaneo, Pandolfp Nàssino direbbe l6,3WeviUime entro la bitta. o (MIO nel cifCUltO delle chióitìre, è Zi) fili nel territòrio, Pietro Violi, le dice anch'essi, '■"ninnila nella citta (Crouirhefla, pag. IMii. 'J G. Pif.tro Violi, Breve Crouìc/tctla, ecc., pag. ti<>. Scriveva nel Hi35, ed e quindi contemporaneo ai fatti. B Come frequenti accadessero né' secoli scorsi i contagi è notissimo. Fu «àà notalo da Cantù e da altri, che da Augusto al MflW di Cristo si eontano in Europa 117 p"sii famose: onde l'intervallo medio è 17 anni. Dal IIMHI al USI) ve ne furono Vi, cioè una ognj ÌZ anni. Nel secolo XIV tornò *4 volle, cioè ad ogni settimo anno. Ne etano ea Rione la sudiceria del corpo, l'aiutare a troppi insieme nelle camere, il gran numero da' pitocchi e vagabondi, la negligenza dei governi neh'opporsi ai principii e I' ignoranza delle linone pratiche, Ma noi, continuando quel calcolo, osserveremo che il nostro secolo, «e suoi 517 anni, non fu guari fortunato, perocché la petecchiale, il vajunlo, che in Uremia ricomparve anche-nel IMI enei IH 38, e tre volte il choleiu (IH..U, IHt» e fttSj ardissero gii italiani. Il nostro medico Giambattista Ducco fa de' primi ad annunziarlo , e francamente proponeva si dovessero vietare le relazioni, e persino che venisse ucciso chiunque eludesse la legge: riconosceva pure che ne rimanevano più facilmente presi coloro che abitavano meschinamente e male si nutrivano; ma soltanto dalla crescente mortalità furono costretti a ritenerlo contagioso. La città, il 13 luglio, facea voto di fabbricare una cappella a san Nicola da Tolentino. XV. Rivoluzione contro i nobili. Il sonato di Venezia sino dal 1524 ordinò che i rettori de'suoi do-minj di terraferma dovessero, compito V ufficio loro, rendergli conto delle condizioni statistiche, economiche e morali dei luoghi da essi governati. Di quelle relazioni, che dal 1525 giungono fino al 1700, nell'archivio de1 Frari a Venezia se ne trovano 125 spettanti alla nostra provincia. Marin Sanuto aveva però fino dal 1493, in un suo itinerario, dato preziose notizie sugli Stati di terraferma e sulla nostra provincia. Quest'ultima fu descritta nel 1527 dal podestà Nicolò Tiepolo, e nel 1562 dal podestà Paolo Correr. Secondo questi, nel 1501 l'interno della città era ripartito al modo italico, in quattro quadre: di San Faustino , San Giovanni, Sant' Alessandro e Cittadella. Capo d'ogni quartiere era l'anziano, il quale, al suono della campana del popolo, doveva recarsi dai rettori, per ricevere gli ordini da far eseguire nella quadra. Nel 1501 Brescia aveva 5242 case e 1733 bolteghe, 41,108 abitanti, divisi in 8373 famiglie; e l'intera provincia di Brescia 278,000 persone, compresa la Val Caraonica, popolata allora da 43,000. Nel 1578, cioè dopo la peste, « fatto il calcolo diligentissimo e sottile dell'anime, si della città come del territorio, fu trovato che arrivavano, tra uomini e donne d'ogni età, al numero di dugento e ottantadue mila settecento sessantanove » (Spini). Il Gallo, morto nel 1570, nelle sue Lodi di Brescia e terrilorio MS., diceva essere questo abitato « da più di seicento mila creature humane ». Ma sebbene a quella cifra aderissero Giovanni STATISTICA yo. Boterò e Davide Podavino, e il vescovo Bedani la aumentasse lino al milione, pure dev'essere esagerata. Il Cozzando nel 1094 la diceva di circa 334,000, di cui circa 44,000 nella città, alla quale il Bossi ne attribuiva erroneamente 50,000. Dalle relazioni esistenti a Venezia si rileverebbe pel 1776 la popolazione di 310,388 individui, e tre anni appresso Antonio Zatta la diceva di 310,000, esclusa la riviera di Salò. Nel 1561 eranvi in Brescia 200 preti, 600 frati e 1284 monache. Le quali erano ridotte a 159 nel 1776, mentre in quell'anno si trovarono saliti a 762 i frati. Nella prima delle due accennate epoche esistevano in Brescia 15 scuole, nelle quali annoveravansi 1784 inscritti, e 18 discipline di battuti con ^400 ascritti. I disciplini di San Giovanni erano esenti dai dazj, per •'assistenza che prestavano ai condannali. Il censo ecclesiastico era allora c'rca il sesto di quello dei laici, cioè era diminuito grandemente da quel ch'era noli'XI secolo. Nel 1561, secondo la relazione Correr, riferiti dal Bosa, erano depositate nel broletto 12,000 some di segale e miglio, del quale alimentavansi le truppe, anche un secolo dopo V introduzione del granoturco. Il palazzo della Loggia, che doveva servire per la cagione, allora non per anco finito, era costato 70,000 scudi. Secondo >l Correr, entravano in Brescia 80.000 some di biada all'anno, circa 30,000 delle quali erano vendute al granarolo ai nostri 73 fornaj. Dalla sola porta di San Giovanni, dal 26 ottobre al 23 dicembre 1525, entrarono in Brescia 1530 some di fermento, e 854 carra e 10 zerle » di vino: «et mi Pandolfo Nassino notai ogni cosa a tal loco deputato ». Nel XVI secolo, secondo riferisce il Correr, la provincia produceva 400,000 some di biade all' anno più del bisogno , circa 35,000 delle quali andavano in Val Camonica. In principio del XVII secolo la nostra città costruiva la Fiera (1612), cingendola di fosse. Nel 1610 compivansi le scale e la porta orientale del Broletto. Il bel portico che guarda a mezzogiorno, fu eretto dalle fondamenta nel 1626. Nel 1620 il territorio pagava d'imposte 120,000 ducati.' Ma le concessioni cd i privilegi che la grata repubblica aveva fatto ai nobili in epoche in cui avean questi ben meritato della patria, erano divenute pericolose armi nelle mani dei tralignati nepoti. Nella Quiriniana sta un codice membranaceo del XV secolo, trascritto con mirabile diligenza 6 fregiato di preziose miniature, fra le quali una rappresenta un leone alato, cui stanno intorno rnolti nobili a spennacchiarlo , e sovra leggesi un motto pungentissimo: Pelale pian mano che la gazala no grida. L'autore di quello scritto previde sagacemente l'abuso che avrebbe fatto 7 La zerla bresciana è ili Vi boccali, o ettolitri 0, A'.\ 74, '27. di quelle concessioni della repubblica. La quale, governata aristocraticamente, chiudeva spesso uno, talvolta ambedue gli occhi sugli abusi di potere dei nobili. Nel XVII secolo il governo della nostra città era in mano di pochi individui, i quali reggevano secondo lor volontà R1YCL170NE CONTRO LA NOfllLTA' 97 loro, e nella ristretta cerchia de'loro amici od aderenti distribuivano gli onori. Ciò non poteva piacere ai cittadini esclusi dagli stessi. Nell'anno 1G44 erano rettori di Brescia, per la repubblica, Bernardino Beniero podestà e Girolamo Veniero capitano. Il giudice Francesco Gallo era abbate, Francesco Lana giudice avvocato, Francesco Martinengo da Vi Maga n a e Agostino Ponzoni deputati; Giuseppe Savoldo giudice e Giovanni Paolo Zamboni erano sindaci. Trovandosi ambasciatori in Venezia Giovanni Antonio Bodengo e Agostino Luzzago nunzio ordinario della città, scrissero a Brescia essere stata presentata al senato una supplica in nome del popolo dolente, nella quale si accusavano i membri del gran consiglio di tener ristretti in pochi la direzione degli affari e gli onori. I deputati lagnaronsi coi rettori che ricevessero scritti anonimi e si prendessero informazioni senza chiamare i rappre-senlanti della città, del cui interesse si trattava; ma fu risposto che i deputali s'insinuavano in materie del senato che erano celate, e che non fra lecito ai sudditi perscrutare i secreti del principe. I malcontenli intanto frequentavano le sale del podestà e del capitano nel palazzo di Broletto, e alcuni insultavano i municipalisti per le pubbliche vie. Un giorno Francesco Gallo incontratosi con Fabrizio Soardo, sebbene dichiarato si fosse abbate (dignità che doveva essere sempre data ad un giudice) venne cacciato dal muro dal Soardo, sotto pretesto che come conte a lui spettava la uiano : del quale insulto il consiglio generale s' era dichiarato offeso. Il Gallo, durante il suo sequestro in casa, veniva sostituito da Lodovico Lottino, cavalo a sorte fra i quattro abbati. Il Lovatino era senza pratica degli affari, c perciò i rettori, sperando saperne ciò che invano avevano agli altri dimandato, lo fecer chiamare in Broletto, e introdotto il cancelliere prefetto a chiuse porte, gli chieser, minacciandolo, da chi avessero sapulo i deputati il secreto di Stato di cui tratfavasi, soggiungendo che dovevano averlo inteso da qualche senatore, nella pelle del quale affermarono essi di non augurarsi per 10,000 zecchini 8. Andava scusandosi il vice abbate di non saperlo, perdio da poco era in ufficio: aversene avuto avviso da Venezia, e le lettere essere in cancelleria. I rettori Beniero e Venier, ottenuta quella risposta dal Lovatino, per amore o per forza avute le lettere, ne fecero trar copia, e questa posero nelle carte dei deputati, e T originale tennero pel processo ; violazione d'uffizio che feri i membri del municipio e del gran consiglio, i quali reclamavano a Venezia. 8 Ixdovtco Iìaitklli Co. Cav. giudice di Collegio, Istoria della rivoluzione de' malcontenti sediziosi contro la nobiltà e Consiglio di Brescia l'anno IUR Manoscritta india Quiriiuhna. lllustraz, del L. V. Vol. III. ti I rettori mandarono l'informazione al senato, donde il 3 settembre si rispose, che trovando sconvolti in gran parte gli ordini e le disposizioni contenute negli statuti, inosservate nelle parti più essenziali le leggi; tronco il filo delle decretate e commesse riduzioni ed estrazioni de'necessarj consigli, col numero di pochi operandosi quello che doveasi appoggiare alla deliberazion e di molti, ed altri abusi, ordinava ai rettori di ristabilire le vecchie costumanze, ed adunar il consiglio. Eseguirono essi, e fu tempestosa l'adunanza. Si scrisse a Venezia, e il senato fece invitar colà il Savoldi, il Gallo e T Ugoni. I rettori facevano intanto pubblicare in Brescia un proclama in cui dicevasi che volendosi ripristinare le antiche leggi, tutti quelli che credevano esser capaci della civiltà e del medesimo consiglio in vigore delli statuti, dovessero darsi' in nota entro otto giorni alla cancelleria preturale come prefettizia, presentando le prove autentiche e scritture necessarie. Si seppe allora della supplica de' malcontenti: tutti ne parlavano, tutti volevano essere del consiglio; sicché i deputati all'estimo, che risedevano nel convento di San Barnaba, e gli impiegati della pubblica cancelleria erano di continuo assediati da mercatanti, da artigiani, da cittadini d'ogni condizione, che cercavano i necessarj documenti. Radunato il consiglio, il podestà Reniero e il capitano Veniero, rettori, assecondando i malcontenti, lo scioglievano, dopo soli otto mesi, e ne eleggevano un nuovo di loro arbitrio. Gli statuti del 1488, con parte confermata nel 1517, portavano che il consiglio generale doveva essere composto di soli cittadini originar} e benemeriti, salvo al consiglio stesso di derogare in favore di qualche individuo; ma nessuno poteva essere ammesso se non era prima conosciuta la sua abilità da sette perquisitori eletti dal consiglio. Questa legge aveva dato cagione agli abusi delle patrizie famiglie, perocché i titoli cui richiedevansi per essere ammessi nel consiglio, e il modo che tenevasi per riconoscerli davan campo di esclu-, 4 derc moltissimi. I lamenti che moveano per questo tutti coloro che eran tenuti lontano dal consiglio, minacciando di rompere a rivolta, avevano persuaso la repubblica a prendere delle misure per prevenirla. Il podestà e il capitano, per introdurre persone nuove nel gran consiglio, fecero fare 1' anzi accennata perquisizione col mezzo di fiscali, come se le dignità di Brescia fossero capitale al Fisco, dice il Battelli: il quale, da nobile che era, fece gran caso dell'avere i rettori elette persone prive delle richieste qualità mischiando con tal modo la nobiltà con la plebe. Il Bailclli, Camillo e Cesare Marlinengo, Ottavio e Vincenzo Calino, furono eletti dal vecchio consiglio a protestare a Venqzia, e il 7 aprile 1645 ottennero che si ripristinassero le cose, tornando le cariche a quelli che le avevano prima occupate, vietando solo a questi, in conformità allo statuto 75, l'occuparne due, come solevasi fare dai nobili per tenere IL SETTECENTO ■ 99 ristretto in pochi il potere. Così gli abusi dei nobili venivano dalla con-disocudenle repubblica sanciti; e guai a quel governo che lascia sussistere giusti motivi di lagnanze nei sudditi ! Rottasi la guerra per la successione Spagnuola (1700), Francesi e Tedeschi provigionavano nella nostra provincia. Il foraggio de' Tedeschi era più universale perchè vivevano sul nostro, e non aveano paga, quello de" Francesi era più insolente perchè distruggevano per levar i viveri ai Tedeschi e poter sostenersi in Italia. Sopra tutto era intollerabile la petulanza dei Francesi alle donne, i quali ne spogliavano la maggior parte ignude, e le lasciavano così andare, o pure anche se ne abusavano; onde si sentiva uno scompiglio grandissimo Secondo le convenzioni, le armate belligeranti non dovevano entrare nelle terre murale; ma le convenzioni non valgono contro i prepotenti se non in quanto si ha la forza di farle valere. E il non essersi fatta rispettare con forte contegno dalle potenze belligeranti fu per Venezia danno morale, e per i sudditi cagione di agitazioni e di molestie grandissime, Venezia accordava l'esenzione del campatico e d'altre imposte alle terre maggiormente danneggiate dalle truppe straniere. Ma queste concessioni non potevano distruggere nei potentati e nei sudditi l'idea di debolezza che Venezia aveva fatto concepire di sè stessa; per la qual cosa, non solo i potentati, ma anche i suoi sudditi, che per dovizie e nobiltà primeggiavano, appresero a non temerla. Non erano ancora sanate quelle piaghe che un'altra guerra si accese per la successione Austriaca (1735-1748). Visi aggiungevano intemperie. Il freddo del 1739-40 durò dall'ottobre al maggio; e lungo fu pure nell'anno susseguente. Nel 1764 si provò didatta di cercali, e nel marzo di quell'anno gli abitanti di Val Trompia e Sabbia, ove il frumento vendevasi lire 44 la soma e lire 36 il grano turco, calarono minacciosi. Quattrocento Valsabbini a Desenzano presero circa 1800 some di grano destinato per altri paesi. Oltre mille Valtrompini vennero a Brescia, e impossessatisi di porla Pile, andarono al palazzo, chiedendo di Francesco Grimani capitano e vice podestà. E poiché le guardie venete erano fuggite, la città stava in isgomento, ma tutto fu tranquillato col promettere abbondante grano ed a tenue prezzo. « La notte del 17 al 18 agosto 1769 parve, dice un contemporaneo, che si addensasse il cielo per formare un fatalislimo fulmine, che cadendo sulla torre sopraposta alla porta di San Nazaro di questa città dentro • At.fu.nso CAZ7.AG0. Libro che contiene tulli i successi di Brescia dal 1700 «^ 1731 Manoscritto nella Quiriniana, pug, 2L cui esistevano 200 mila libbre di polvere di pubblica ragione, accesa la combustibile materia, volarono ali1 aria la grossa torre, la gran po»ta e due lunghi pezzi delle mura circonvicine. Slanciati a lunga distanza sui palazzi e sopra le case sassi grossissimi, smantellarono e precipitarono in rovina due popolatissime contrade, cioè quella detta della Matrone, l'altra di Santa Croce ed il borgo di San Nazaro, e dove i sassi non giunsero ben vi giunse la l'orza dell' aria riverberata dallo scoppio delle polveri, che scosse ed atterrò ogni ostacolo che vi si frapponeva. Tutta la città ne tremò, le porle ed i balconi delle case, tutti spezzatici o contortisi li catenacci, si spalancarono e fu universale la frattura dei vetri e delle finestre. Le fabbriche le più lontane restarono pregiudicate, c giù van cadendo con nuovo danno delle persone. Sino a un miglio di distanza dallo scoppio ben forti poggiuoli di ferro quasi pasta presero una nuova forma, e furono strappali da'suoi nicchj, e sino a più miglia si trovarono grossi sassi, porte, uomini portali in aria. Ma tutto questo è nulla. L' umanifa non resiste al funesto racconto, e non forza d' immaginazione o arte di scrivere che possa dipingere i lagrimevoli e crudelissimi effetti derivati. Per quanto s' estendono le tre vaste soprano-minate contrade giacciono sotto alle rovine sepolte a centinaja miste, morte, vive e semivive assieme le,persone. Non si lardò a dar mano a dissotterrarle, ma erano poche le braccia all'immenso lavoro, e lutt'ora lo sono, poiché a capo di due giorni non s'arrivò che alla terza parte, e 200 furon li feriti e parte d'essi quasi moribondi ricondotti a spirar l'aria, e presso che 300 furono gli estinti ritrovati. Io stesso vidi (ed oh non l'avessi mai veduto) qui dissotterrarsi un tiglio infrante le gambe, schiacciata la testa, sprofondali entro gli occhi, morto martire, e vicino a questo disseppellirsi suo padre, a cui per dono infelice restava ancora solo tanto di vita per vedere l'orrido spettacolo. Là vidi in un sol letto tratti dalle rovine due pargoletti morti nelle braccia della madre, che li teneva abbracciali; e a lei dappresso lo sposo senza vita, eh' essa sola disperatamente conservava fra quei cadaveri 10 ». Nel 1790, sotto il reggimento di Giambattista Albrizzi capitano e vice podestà si diede alacre opera a dilatare, retlifilare, rinnovare tutte le strade della provincia; fra le quali riuscì magnifica quella che da Brescia mette a Bergamo ed a Milano. $ 10 Lettera manoscritta presso di me. Altri descrissero quell'infortunio, ed è tutti gli anni ricordalo coti pubbliche preci. VESCOVI . 101 XVI. I Vescovi — Le chiese. Prima di toccare Tela moderna crediamo dover presentare V elenco de1 vescovi bresciani e parlare delle chiese che furono e tuttavia sono nella nostra città. Molto fu scritto e discusso intorno all' epoca dei primi presuli nostri ed air ordine, perocché alcuni ne cominciano la serie con sani'Anata-lonc, altri con sant'Elateo; e cosi dell'intervallo di due secoli in cui rimanemmo senza pastori per le persecuzioni, o forse perchè i nomi de* vescovi di quei tempi non giunsero fino a noi. Io seguo i nostri migliori storici religiosi. Anni di Cristo. 52-04 I. Sanf Analalonc vescovo di Milano fondò la chiesa bresciana. 64- II. Sant'Elateo, vescovo di Brescia. Ili. San Viatorc. IV. San Latino. 120o 130-140 V. Sant'Apollonio. Sede vacante per due secoli. 347 VI. Sant'Ursicino. 347-380 VII. San Faustino. 380-387 Vili. San Filastrio. 390-410 IX. San Gaudenzio, padre della chiesa. X. San Paolo. XI. San Teofilo. XII. San Silvino. XIII. San Gaudioso. 451 XIV. San Oliaziauo. Fu presente al sinodo milanese nel 451. XV. San Vigilio. XYJ. San Tiziano. 102 . STORIA DI BRESCIA XVII. San Paolo II. XVIII. San Cipriano. XIX. Sant'Ercolano. — VI secolo XX. Sani' Onorio, probabilmente fondò il monastero di Sant'Onorio, nel centro della città presso quello di San Cosma e Damiano distrutto. XXI. San Rusticiano. XXII. San Dominatore. XXIII. Innominato, simoniaco e forse anche scismatico. XXIV. San Paolo III. XXV. San Paterio. XXVI. Sant'Anastasio. XXVII. San Domenico. XXVIII. San Felice. 679 XXIX. San Dcusdedit. Intervenne al Concilio romano nel 679. XXX. Gaudioso II. XXXI. Busticiano II. XXXII. Apollinare. XXXUI. Andrea. . XXXIV. Teodaldo o Teodoaldo. XXXV. Vitale. 761 XXXVI. Benedetto. 774 XXXVII. Ansoaldo. XXXVIII. Cuniperto. 799-805 XXXIX. Amfrido. 818 XL. Pietro. 827-845 XLI. Ramperto. 846-864 XLII. Notingo. 865-898 XLIII. Antonio. 901-921 XL1V. Ardingo. XLV. Landolfo. Prima del 958 XLVI. Giuseppe. 962-976 XLVIL Antonio IL — 994 XLVIII. Gotifredo. — 995 XLIX. Attone. 996-1007 L. Adelberto. 1013 1030 LI. Landolfo II. 1031-1048 LIL Ulderico I. -1048 LUI. Adelmanno. — 1053 LIV. Ulderico II, morì scomunicato. VESCOVI IC3 1080-1085 (?) LV. Cono, mori scomunicato. — 1096 L VI. Giovanni I. 1097- 1098 LVII. Oberto, investito da Arrigo, c non riconosciuto dai Bresciani, fu poi dichiarato eretico e simoniaco. 1098- 1116 LVIII. Arimanno, deposto. H16-H 35 LIX. Villano, deposto. H35-H53 LX. Maifredo. 1153-1173 LXI. Raimondo. 1173-1195 LX1I. Giovanni II Fiumicello. 1195-1212 LXII1. Giovanni IH. 1213-12 LXIV. Alberto, eletto patriarca d'Antiochia. 1229-1244 LXV. Gualla. 1244-1253 LXVI. Azzo di Torbiato. 1253-1263 LXVII. Cavalcano de Salis. 1263- 1264 LXVIII. Uberto Fontana, intruso dal M. Pallavicino. 1264- 1275 LXIX. Morlino Armanno. 1275-1308 LXX. Berardo Maggi. 1308-1317 LXXI. Federico Maggi. 1317-1325 LXXII. Princivallc Fiesco. 1325-1333 LXXUL Tiberio Delia-Torre. 1335-1344 LXXIV. Giacomo degli Atti. 1344-1349 LXXV. Lambertino della Cecca. 1349-1358 LXXVI. Bernardo Tricardo. 1359-1362 LXXVII. Baimondo Bianchi. 1363-1367 LXX Vili. Enrico Sessa. 1369-1372 LXX1X. Agapito Colonna. 1372- 1373 LXXX. Stefano. 1373- 1378 LXXXL Andrea. 1378-1383 LXXXII. Nicola Zanasio. 1383 — LXXXIII. Andrea Segazeno. 1389- 1390 LXXXIV. Tommaso Visconti. 1390- 1396 LXXXV. Francesco Lante. 1397 — LXXX VI. Tommaso Pusterla. 1399-1406 LXXXVII. Guglielmo Pusterla. — Sede vacante. 1418-1442 LXXXVI1I. Francesco De-Marerio. 1442-1457 LXXXIX. Pietro De-Monte. 1457-1464 XC. Bartolomeo Maripiero. 1464-1478 XCI. Domenico De-Dominici. 1478-1481 XCII. Lorena Zane. 1481-1531 XCUL Paolo Zane. J 04 i532-Ki 43 XCIV. i 543 1551 XCV. 1551-1558 XCVI. 1550-1579 XCVII. 1579-1584 XCVI1I. 1585-1396 XCIX. 1590-1031 C. \033-1045 CI. 1045-1054 cu. 1654-4664 CUI. 1004-1078 CIV. 1082 1098 cv. 1098-1704 evi. 1700-1714 c vir. 1714-1723 C VII I. 1723-1727 CIX. 1727-1755 cx. 1755-1773 CXI. 1773-1804 CXII. 1807-1831 CXIII. 183 i-1846 CXIV. 1849 — CXV. STORIA 1)1 BllESCIA Francesco Cornelio. Andrea Cornelio. Durante Duranti. Domenico Boilani. Giovanni Delfino. Giov. Francesco Morosini. Marino Giorgio. Vincenzo Giustiniani. Marco Morosini. Pietro Olloboni. Marino Gio. Giorgi. Bartolomeo Gradenigo. Marca Dolfino. Giovanni Badoaro. Gio. Francesco Barbarigo. Fortunato Morosini. Angelo Maria Quirini. Giovanni Molino. Giovanni Nani. Gabrio Maria Nava. Carlo Ferrari. Girolamo Verzeri. Alcuni di questi vescovi furono anche cardinali; Pietro Olloboni rinunciò il vescovato e si ritirò a Roma; fu indi eletto papa col nome di Alessandro Vili. In diversi luoghi ufficiarono i vescovi di Brescia successivamente, trasferendovi la loro cattedra. Sani' Anatalone scelse quel luogo suburbano sul colle Degno, ove fu poi sepolto, ed ove sorse la prima chiesa cristiana, dedicata a san Floriano. Aveva cappelle sotterranee, e vi furono scoperte nel 1472 le spoglie di sant*Anatalone, che vennero portate nel Duomo vecchio, da doversi trasferirono nel nuovo Tanno 1719. A San Fiorano ufficiarono, e furono probabilmente anche tutti sepolti i santi Elateo, che molti dan per primo vescovo, Viatore, Callimerìo, Latino e Faustino. Questi ubimi due vennero poi trasferiti a San Faustino ad Saiiguinem. Il tempio di San Floriano venne atterrato nel 1510; e n'è ricordalo il nome dal colle su cui era posto. Sullo stesso colle Degno venne edificala, probabilmente da sant' Crucino, che vi fu sepolto, la chiesa di Sant'Apollonio; la quale reslaurat, da san Rusliciano, che pure l'officiò e v'ebbe sepoltura, venne distrutta nel 1510, come varie altre, per difesa della città, vescovi m I vi?.scovi seguenti edificarono o restaurarono pressoché tutti chiese in città o nella provincia. Sant'Andrea venne probabilmente falt » cu-lrurro da san Filasi rio, il quale vi fu sepolto da san Gauden io. F delta dal Malvezzi prima cattedrale, e dava nome alla vicina pota orientale di Brescia amica. Verso il 1420 il suo titolo ne venne trasferito in RnnlW* gala, e la chiesa, già abbandonala, danneggi.ila nella guerra ilH M33, fu poco poi distrutta. Dopo san Filaslrio ufficiarono in Sani' Amliva diversi vescovi, i quali favorirono o edificarono altre chiese, ove furono, com'era costume, sepolti. Così il vescovo Tiziano aveva edificato San Cosma e Damiano, atterrala ai tempi del vescovo Berardo Maggi per allargare la pfezza del Duomo. I successori di san Felice cominciarono ad officiare in San Pietro maggiore P osiate, e in Santa Maria maggioro P inverno, comesi appr ride ''al beato Ram p erto, vissuto nel IX secolo. Igrano quindi « | i n • 11 ■ * chiese concattcdrali. San Pietro, dello ile Dom, per distinguerlo da San Pietro <" ripa, già esistente ov'ora Santo Cristo, e da San Pietro in aMm ma* Jori, nominalo dal beato Bamperto, venne restaurato dal vescovo Antonio I per Pailar maggiore, e da Landolfo I per la cripta, come da epi* tatto datoci dal Gagliardi. Non si saprebbe «piale di queste Ire ch'ose dedicale a san Pietro, sia quella falla cosirurre da san An sii io e abbruciata Tanno 800 nel giorno in cui entrò in Brescia il conte |!duino. Una era detta chiesa maggiore di Sun Dietro, iin'aiira San Pietro iiir(jginre. All'esterno, San Pietro de Dom era quale Vedesi dipinto in un qua..rene del Duomo vecchio rappresentante la traslazione falla da san Cariò nel 1581 dei quattro vescovi bresciani Dominatore, Paolo, Anastasio e Domenico, dalla chiesa di Santo Stefano incastello a! Duomo vecchio; aveva però nel mezzo una porta maggiore con fwestrone rotondo e due porti-celle laterali; e tre porle mettevano alle navale rovinile da due Ordini di dodici, o forse di sole sei colonne < i i marmo granitico. Due di esse sorreggono ora l'architrave della porla maggiore dèi Broleito, due qu Ho della porta maggiore dilla Carila, sci il portico elei palazzo Ma/zuchelli a Ciliverghe, e due redolisi fuori del Duomo nuovo. Il Rossi urrà quella colonne essere slate levate dal Foro detio del Nonrino, ma più" v erisi-Utilmente avranno appartenuto alla Curia attigua, perocché il Loro era sorretto da pilastri, come si rilevò dagli scavi falli. Il pavimentò di San Pietro era tessuto a musaico, e vi appartenevano forse le due iscrizioni pure a musaico, rammentatiti i nomi di Massimiano e Leoni i no, e di Siro diacono e compagni che l'avevano tessellato; «ebbene alcuni le credano appartenute al paviménto della Rotonda. San Pietro maggiora venire latto atterrare all'aprirsi del seco'o XVII per far luogo al Duomo imov.i. La vecchia cattedrale, della di Santa Maria nel Vili secolo, e dalia Illusira:. del L. \\ y()|, m. \ \ sua forma, la Rotonda, fu edificata probabilmente migli anni 002-671! dai duchi Marguardo e Frodoardo, padre e tìglio. Il Corderò ed altri la vogliono posteriore, ma i dotti Zamboni, Biemmi, Gagliardi, Doneda e Brunati, a quell'epoca ne riferiscono l'edificazione. Che due cattedrali, estiva e jemale, l'osservi in Brescia nell'YIII secolo è fuori .di dubbio, é non mancano gli argomenti per farci credere vi esistessero anche nel secolo precedente. Prima del 774, in cui avveniva la presa di Pavia, ante rtu/mm sanclce Maria? veniva sepolto Benedetto, vescovo di Brescia, come si ha dal Catalogo de'vescovi bresciani edito ed illustrato dal Gradendo. Il Duomo vecchio è il primo esempio di chiesa rotonda in queste Provincie longobardiche. Le grandi cappelle sono aggiunte posteriori, fatte in due riprese. Il presbitero è probabilmente dei primi anni del XIV secolo; il coro si ampliò e prolungò per decreto municipale del I» marzo 1489; e nel 1571 le cappelle vennero ricostrutte con altre forme dall' architetto bresciano Giammaria Pianlavigna. 11 10 gennajo di quell'anno Avogadro, Bozzoni e Rodengo, deputati alla fabbrica del Duomo stipulavano contratto collo scalpellino Martino Bissone per la costruzione di due porte, una verso la piazza, l'altra a monte del Duomo stesso; ed il 10 ili quel mese altro con Clemente Parentano e Girolamo Franchino muratori per l'intonacatura della Rotonda e per la costruzione di due scale sottomurate ton volti, che dall'alto vestibolo mettessero nella Rotonda medesima; opere che dovevano essere eseguite sotto la direzione dell'ingegnere architetto Pianlavigna. Ove s'apre l'ingresso ergevasi una torre, che cadde il 5 marzo 1708. Nel 1815 la Rotonda mostrò nella sua volta alcune fenditure, onde fu l'istaurata e di poi da Pietro Pupilli dipinta a guisa del Panteon, alla cui forma architettonica si avvicina. Il tempio ha vòlta emisferica e due circoli concentrici, dei quali il minore è l'ormato da otto pilastri, che sostengono con archi di tulio sesto la cupola: il circolo maggiore è una parete da cui vanno gli archi ad appoggiarsi ai pilastri, formando un ambulacro più elevato della rotonda mediana. Questo maestoso tempio ti inspira. Più antica è la sua cripta dedicata già al Redentore, poi a san Filasi rio. \] lunga 21 braccia e alta poco più di otto, internandosi sotto il presbitero, e sotto il piano della crociera, rimanendosi distante dall' ala della Rotonda parecchie braccia. Mostra avere avuti sei absidi, e quindi sei altari; ma i Ire dalla tribuna superiore furono distrutti uscendo il secolo XIV. Il Redentore vedesi tuttavia nell'abside maggiore coi simboli dei quattro Evangelisti o con sani' Elena e Costantino, dipinti a fresco nel IX o nel X secolo. È fra le più antiche dell'alia Italia; e la bassezza e oscurità ci persuadono non aver essa mai servito di cattedrale, ma solo di confessione. CHIESE t 07 Ivi fu traslato il corpo di san Filastrio (838) dal beato Rampcrto; vi veniva sepolto nell'874 l'imperatore Lodovico IL Nel 1450 per decreto municipale costruivasi un'altra scala, per discendere dalla Rotonda nella cripta. L' affresco indicato non è il solo ; e nei quattro triangoli della volta della tribuna vedonsi san Michele, san Gaudenzio, è probabilmente san Filastrio, forse del XII secolo. Menzionammo altrove il Concilio dei Santi, edificato da san Gaudenzio e consacrato o dedicato nel 400 quando Alarico re dei Goti invase la Lombardia. Da un documento del 701 e da altri del XII secolo, quella chiesa è detta di San Giovanni evangelista, o San Giovanni de forte, perchè sita fuori dell'antica cerchia della città. Arsa nel giugno del 1151, venne ricostruita di poi; indi per la terza volta nel 1444, ■asciando gli. avanzi della preesistente, che era probabilmente più ampia; nel 1051 venne ridotta alla forma attuale. Ila tre arcale; ma fanno visitare questa chiesa melanconica i bei quadri del Morelto e del Romano. Dalla basilica di San Salvatore, ebbe nome il monastero di Santa Giulia , asilo a sorelle^, liglie , vedove di re e di imperatori. Il monastero era detto anche di San Michele, il patrono de' Longobardi, e di San Pietro, o perchè derivasse questo triplice nome da una chiesa cosi variamente intitolata, o perchè tre chiese in se contenesse. La basilica di San Salvatore e la sua cripta furono l'ondale da Deside- rio subito eletto re, e dalla sua consorte Ansa cioè nel 757 o ne.l- ! J11 A1" cartello di quella cripta, esistente uni nel Musco, vetlcsi rappresentata il martirio di santa Giulia, ed Ansa diademata, cioè regina. Non ebbe dunque ragione 1*0-wrici di accusar d'errore i! l.ahus, il Biemmt, il Brunatì, il Nicol ini, il Corderò, il Man-■'""''trli allei tutti, che attribuiscono la fondi/ione di quel monastero a Desiderio prima Mie venisse eletto re. l'anno appresso. La basilica ha forma quadrilunga a tre navate, divise, per dne peristili ili otto colonne ciascuno, la maggiore delle quali termina in D'ibuna semicircolare E semicircolari sono pure tutti gii archi che girano su quelle colonne. Come era in uso in quell'età, la porta della chiesa fu situata in faccia all' occidente. If tetto delle navate dovette èssere a travi non a voli a, come ora si vede; e le laterali erano illuminate da tante finestre quanti erano gl'intercolunnit, costrutte a peno centro, come si ravvisa nelle tre otturate, a deatra di chi entra, là dove è scalcinato. L'otturazione di tali finestre e la sostituzione delle volte di mai ione si fece nel 1070 per opera di Eclìcia Luciaea abba-dessa, come da un'iscrizione sotto della nave media. Le colonne sottoposte aurIÌ archi, ed allre nelle vicine cappelle, di proporzioni e di marmi orientali e nostri, sono nobili rimanenze di più antichi ediiirj atterrili. Di marmi greci e nostrali è lastricato in gran parte l'antico pa-vim nto delle due navate minori, e di essi sono formati i peristili della cripta di San Salvatore . ornati con capitelli che devono essere considerali tra le sculture più belle del secolo di Desiderio. Alcuni nel Museo si conservano tra i monumenti dell' Vili secolo, e rappresentano il martirio ili santa Giulia, il corpo della quale fu trasportato dall' isola Gor-gona a Brescia, forse il IH dicembre del 757, nel qual giorno vedesi commemorala negli antichi Calendari della Chiesa bresciana quella traslazione. Insiemi vennero qui portati anche i corpi e le reliquie de' santi m rliri Ippolito e Pimenio, de'quali pure vedonsi istoriate le gesta iu un capitello della cripta. I capitelli delle colonne maggiori intonacati più tar.li, .si mostrano dell'età istessa, ma forse non di pari merito. La cr'pla sembra essere stala dilatata anticamente, ingrandendone l'abside., sostenendo la volta con pilastri in luogo delle colonne che SOnovi nel resto della cripta. Vi si discendeva per una scaletta , alla quale se ne sostituirono poi due grandi, alle estremità della chiesa. INel monastero di Santa Giulia, ora stanza militare, sono poste in opera, in diversi luo.dii, molle colutine e capitelli antichi romani e longobardici. La chiesa di Santi Giulia, ad una sola arcata costrutta in marmo e compita nel lòili), è di siile paladiano. Il 10 dicembre del 1000 vi fu trasferito il corpo di santa Giulia, donde poi, dopo la soppressione di quel celebre monastero, verme trasportato in Sui Pietro in Oiiveto; e, divenuta poi questi chi sa ospitale militare, venne da monsignor Verzeri trasferito in Santo Cristo. DÌ lìaftco al soppresso monastero di Santa Giulia e parte del lo slesso, vedesi l'antica chiesa di Santa Maria del Solario, eretta proba obliente o\e primi un tempio del sole. È solido edificio ottagono ric-di.i.ato l'orsa noli'Vili o nel IX secolo, e che serviva di chiesa e insieme di custodia dei vasi sacri, degli argenti, degli ori e delle gemme chiese 109 di quel celebre monastero; onde provocò Dell'886 la rapacità di Carlo Grosso, e più tardi d'Ezelino. È a due piani; le volte del terraneo erano sorrette da un grande cippo dedicato al sole. Ora venne scrostala, e quel tempio sotterraneo serve di ripostiglio di materiali. 11 tempio sovrapposto ha tre absidi ornate di affreschi del XV secolo. Sopra una parete di questo tempietto dal cielo stellato mirasi dipinto il sole, per ricordare l'orse l'antico cullo. Altra chiesa, diversa da questa, ma avente lo slesso titolo, fu allo scorcio del secolo XIII distrutta. Dell'antico San Benedetto, che nel 958 apparteneva al monastero di Leno, di San Zenone, ricordalo nel la-tercolo delle chiese nostre scritto nel 1153 e pubblicalo dal Doneda, "on rimangono che i nomi nelle chiese erette sui ruderi delle antiche. A san Zenone, illustre vescovo veronese, quasi coevo al nostro san Fi-lastrio, sonvi in Brescia due chiese. Una chiamavasi San Zenone de foro nel 1153, pel Foro Nonio che le stava presso; l'altra San Zenone dell'arco, ed è dietro la Loggia, presso la piazzetta dell'Arco Vecchio. Fu anticamente parrocchia , poi priorato dei canonici di San Giovanni nel 117;; me2Z0 vedesi nel pavimento il parapetto marmoreo dell'antico altare con due colombe beventi ad un vaso, una pisside ed altri ornamenti eseguiti forse nel V secolo. L'oratorio di Sai» Faustino in ripaso, forse e l'edificio che Bo-dollo notajo narra incomincialo, ma per morte non finito , dal conte Baimene intorno al 777 , ad imitazione della grande basilica , nel sito elicerà dello Paravert, cioè presso la porla Milanese, attiguo a quest' oratorio. Il quale, prima che venisse di molto mutalo, avea I' ingresso con pronao al settentrione, mentre or» lo ha a mezzogiorno, e per tetto il concavo della guglia, che vi si vede sovra stare. L'oratorio è menzionato nell'Indice della consacrazione delle nostre chiese del 118$. Il nome di San Faustino in riposo deriva a quest'oratorio dalla sosta che quivi si fece nella prima traslazione, (secolo IV) dei santi martiri Faustino e Giovila, per opera di Faustino; in cui possono essere accaduti i miracoli, de' quali parla il Malvezzi, di uno storpio guarito e dei vivo sangue sparso da quelle sacre spoglie al ponticello del Garza. San Faustino Maggiore venne forse l'alto edificare da quel vescovo uostro;e perla vicinanza della stessa nel 707 era detta dai martiri no tri la porta Milanese. F menzionata anche nei dialoghi di san Gregorio Magno (593), nella cronaca del notajo Bodolfo e dal vescovo Rampollo, Quest'ultimo vi edificava da presso nell'841 un convento, e chiamava a popolarlo monaci risplendenti per sant'ila e sapere. Ira cui l.eulgario, Ildemaro ed Aimone francesi, e il bergamasco Maginardo. Nell'843, cioè cmque anni dopo d'aver celebrata la traslazione di san Filastrio, il vescovo Ramperlo irqslatava da uno ad altro luogo di quella lor chiesa i corpi de' santi martiri Faustino e Giovita. Quella basilica veniva poi rifabbricata, e nel 1152 riconsacrata dal vescovo Maifredo. Nel 4598 si deliberò di riedificarla, ma non vi si diede principio che il 9 marzo del 1022; la facciata cominciata nel 1008 sul disegno del bresciano Stefano Garra, e finita per legato di Orazio Fenaroli, morto nel 1702. L'urna di marmo paragone che racchiude i corpi de' nostri santi martiri proiettori è d'invenzione e lavoro di Antonio Garra, a cui forni perciò denaro il vescovo di Castellanetta Aurelio Averoldo. Da Rodolfo notajo al 775 è nominata la basilica di Sant'Agata, allora probabilmente suburbana. Nel 1189 distrutta da un incendio, fu rifabbricata poco dopo. L'ampia navata è ancora di quel tempo: la facciata del XVII secolo. Quivi presso abitava il famoso Albertano, capitano di Gavardo (1238), che, gettato'da Federico II nelle carceri di Cremona, scriveva le opere che menzionammo colle parali1 di un illustre storico. l'na chiesa dei santi Nazaro e Celso era certo anticamente; nel 1200 Ottonello Martinengo, canonico della cattedrale, le lasciava pingui rendite, e il vescovo Berardo. Maggi vi riordinava un collegio canonicale ed un prevosto. L' uso della mitra veniva accordato al prevosto Altobello Averoldo. La basilica odierna fu Costrutta nel 1780 disegno del canonico Zinelli; sopra la porta esternati collocato il busto di monsignor Fé. vescovo di Modone e proposto e benefattore munifico di questo tempio, nel quale vi son quadri del Moretto e di Tiziano. Sant'Alessandro è certamente antica; alcune tradizioni ne farebbero fondatore il vescovo Maifredo. Che verso il 1135 la dotasse con beni vescovili, è accertato da registri di quella minore collegiata "2. Una pergamena aulica fa menzione di un prete Lanfranco confratello delia casa clericale, o collegiata di Sant'Alessandro, come di tale che fondava nel del 1153. vicino a questa chiesa, uno spedale, clic veniva dal vescovo Alberto assoggettato il 12 maggio 1219 al governo pel capitolo parrocchiale della chiesa stessa. Quel capitolo, da prima secolare , passò ai canonici regolari di Sani,'Agostino. La chiesa veniva demolita e poi rifabbricata nel secolo decimoterzo. Martino V univa a Sani1 Alessandro Sanlo Šli -fano e San Desiderio, che erano prima soggette alla sede pontificia nel 1421 per opera di un Giacomo de Biechi abile di Sant'Eu-. femia. Antonio de Nardi , ultimo prevosto dei canonici di Sant'A-gostino, il 0 luglio 1430 faceva cessione della chiesa e del beneficio al padre Laudi servila, il quale veniva, per bolla di Eugenio IV in data 25 marzo 1431 , stabilito con tutta solennità nei diritti della chiesa e I 2 Notici■ • .2cn!il'ii"ii»> ••-mnne-:it'-.)i dal reverendo prevosto don Luigi Lombardi. CHIESE Ili (lolla preposilura dall'abate di Santa Giustina di Padova, esecutore apostolico (26 aprile 1432). Il pontefice istesso, con suo breve del 1442 da Firenze , incaricava il prevosto di San Salvatore extra menta di incorporare 1' ospitale allo proprietà del convento; al quale vennero pure uniti nel 1459, per breve di Callisto III, la chiesa e i beni di San Bartolomeo di Cotignaga (ora Arsenale), colla soppressione dell'ordine degli Umiliati. I Serviti, non si tosto ebbero occupata la chiesa, pensarono a restaurarla in una all'annesso convento; e il 21 settembre del 1466 il ■ vescovo Domenico De-Dominici la consacrava. Nel 1785 la riedificarono, dietro disegno del bresciano Giovanni Donegani, e la ridussero allo stato attualo, rimanendo incompiuto il prospetto. È ad una sola arcata e vasta. Vi si conserva il corpo di san Gaudioso, il quale trasportato in un campo suburbano nel 1797, veniva il 10 giugno 1823 restituito a questa chiesa, e il 15 maggio 1825 collocato con pompa cittadina nell'ara maggiore. Nel 1433 il padre Laudi commetteva al domenicano Giovanni da Fiesole, notissimo col nome di Beato Angelico, d'eseguire un quadro, che è quello restaurato nel 1852, rappresentante la Beata Vergine Annunziata. Nel XII secolo cran presso San Pietro de Dom chiese dedicate a san Martino, e ai santi Grisanto e Daria; di una Sant'Eufemia è menzione doII'VIII secolo. Presso la quale è nominata, in bolla del 1148, la cappella di Santa Maria ove abitavano i fratelli e le sorelle degli Umiliali de Urceis z; era doppio cenobio. I Benedettini che abitavano nel borgo di Santa Eufemia, il 30 maggio del 1444 ottenevano da Eugenio IV di stabilirsi nel convento urbano, presso Torrelunga. Nel 1403 rifabbricavano la chiesa. Compita nel 14(58, l'anno susseguente la consacrava e dedicava a monsignor Paganino, prevosto di Bovato e vescovo iti partibus di Dolcigno; nel 1770 fu ricostruita con disegno del loro monaco Faita, il quale conservava il coro vecchio non bene proporzionandovi il vaso nuovo. Il convento servo ora al militare. San Clemente e Santa Cecilia sono ricordati in un documento del 24 agosto 954; e come una sola chiesa, nella bolla di Eugenio III del 1148; e in San Clemente è in fatti una cappella a santa Cecilia. Questa era parrocchia; e Caperoni, ultimo de'suoi rettori, la cedette ai padri Celestini intorno al 1433. Nel luglio del 1517 si affidò ai frati di San Fiorano per le messe e la cura d'anime. Nell'agosto susseguente i! popolo e i deputati pubblici con Marco Saraco arcivescovo naupotense li cacciarono, ondo ricoveraronsi fuori di Brescia; ma nel 1519 la ottennero nuovamente. Nel 1770 quei Domenicani furono uniti agli altri 3 Gradomcus, Brixia Sacra, pag. m, nota che abitavano a San Domenico, sostituendo un arciprete al governo della parrocchia, fino a che, per decreto di Napoleone, fu dichiarata succursali' di Sant'Alessandro. Vi sono sepolti due grandi bresciani , il Gallo ed i! Bonvieino, principe de' nostri pittori, a cui vi si poneva, nel 4841, un bu>to , lavoro dello scultore Sangiorgio. Il Bonvjcino vi conduceva cinque tele, e tutte belle. Il titolare san Clemente IV coi sanli Domenico e Floriano, Caterina e Maddalena, che sta nel coro, è fra' migliori quadri di lui. Noi dopo averla contemplala con soave compiacenza , ci volgiamo a mirare l'altra sua rappresentante sant'Orsola colle vergini compagne. Non si dimentichino i visitatori della stessa di osservare nella sacrista un quadro di Calisto da Lodi, rappresentante la Natività, un de1 suoi migliori. Ne! 1133 è ricordata San Lorenzo, che, restaurata nel 1404 dal vescovo di Taro, venne ricostruita nel 1751. Antica parrocchia era San Giorgio, ora succursale de'Sanlj Faustino e Giovita. San Giorgio è nominala da Rodolfo notajo nel 775. Dal 1218 al 1254 vi atelier i Francescani; restaurata, per decreto cittadino, nel 1429, poi nel 1639, nelle tre absidi a tergo conserva le forme del secolo XIII. Dell" XI o ilei primi anni del XII ò San Pietro in Oliveto e il convento de' Benedettini, ora seminario; che secondo il Malvezzi sarebbe stato fondato sul principio del XII secolo dal venerabile Vitale, autore della Cronaca di San Pietro. Nel 1487, dopo varie incerte vicende, fu dato ai canonici di San Giorgio in Alega di Venezia. Rifabbricato in principio del secolo XVI; soppressi i canonici nel 1008, venne dal 1009 al 27 giugno 1798 occupalo dai Carmelitani scalzi, che da qui passarono a Crema. Bicin'amati nel 1799, espulsi definitiva mente nel 1805, e due anni dopo vi si collocava il seminario ,'che prima era tra San Gaelano e i Cappuccini. 11 Santo Corpo di Cristo, lenuto dai Gesuati venuti nel 1408, era consacralo nel 1801; nel 1485 aveva in vicinanza altra chiesa chiamata San Pietro della Ripa. Soppressi da Clemente X i Gesuati (1043), dal 13 maggio 1009 al 10 maggio 1810 vi officiarono i .Minori Riformati. Ricostruendola due secoli fa, si lasciò intatta la facciata. Nel 1821 il vescovo Na\a faceva fabbricare a sue spesa* il lungo corritojo coperto che mette in comunicazione quel convento col seminario. Nella chiesa del primo deve essere osservalo il mausoleo ricchissimo di medaglie, di minuti iniagli, e di bassi riHevi in bronzo ed in marmo, ch'è uno dei più pregevoli monumenii dell'arie italiana nel XVI secolo. Santa Maria della visitazione ebbe nome di Calcherà dalla famiglia Calcarla, che la beneficò e ricoslrussc. Sulla line dello scorso secolo fu rinnovata con poco gustò. AjNJjjjuj y u ita\ CHIESE 113 Nel 1345 la città costruiva il monastero detto del Carmine, pei Carmelitani chiamali dal vescovo Lambertino. Il tempio colla facciata di stile gotico ò del 1432, rimodernato in parte nel IG20. L'immagine di Maria Vergine, di maniera greco-moderna, si vuole portata dalla Palestina da fra Cristoforo Marti non i (1437). Discendiamo nella chiesa sotterranea di Sant' Afra. Ci sta sopra un tempio, ci sta sotto un ossario. A chi appartengono quelle .ossa? Il popolo le venera come di martiri. Pochi giorni prima del 0 marzo i529 furono scoperte, negli scavi fallivi, alcune tombe, e trattene le spoglie, che furono credute di martiri, vennero deposle in otto arche. Ma aperte, alcuni anni or sono, le due che stanno all'altare della Beata Vergine, di questa chiesa, non vi si trovò tavoletta scritta, non pergamena, non un nome, non segnidimartirio.il Pozzo venne scoperto nel praticare altri scavi, il 29 ottobre 1580, e dentro teschi ed ossa, che si tennero di martiri. Una cronichetta intitolata Martijrium Hrixianorum, proclamata per vera da diversi canonici Lateranensi di Sant' Afra , rigettata dalla critica e dai dotti padre Daniele Papebrochio, cononico Paolo Gagliardi, prete Bruttati, olire una lunghissima serie di nomi, preiti italiani, o longobardici, o teutonici, dicendoli di martiri della persecuzione di Adriano. Quella cronichetta è una impostura del secolo XV, fabbricata sopra una tradizione che ha un fondo di vero. Quando vennero condannati al martirio in Brescia i santi Faustino e Giovita, Calocero, ministro palatino dell'imperatore Adriano è duce delle persone i\e\V Officio, di cui era capo, dette però collettivamente Officio di Calocero, negli atti di lui, datici dal padre Daniele Papebrochio, e in quelli de' santi, da cui si fecero battezzare e ch'ebbero a maestri nella lede, si dichiarò, con tutti i suoi, cristiano. L'imperatore condannò al martirio Calocero, che lo subì poi santamente in Albenga, eillà del Piemonte; e fattisi condurre innanzi nel circo della nostra città tutti gli officiali di lui, e trovatili fermi nella fede, tulli dannò nella testa, e li le subito decollare, forse nel sito stesso ove avevano colta la palma del martirio i nostri santi Faustino e Giovita. 1 fedeli furtivamente li seppellirono. Dove? Qui presso esisteva il sepolcro di san Latino. Il Pozzo de' santi martiri di Sant'Afra, su cui tanti scrissero con opposte sentenze, contiene le loro ossa, o quelle de' primitivi cristiani? Ma gli officiali «li Calocero non doveano essere migliaia, nò centinaja, perocché sappiamo che sotto Teodosio seniore e Àrcàdio, VOfficio, se pur era quello del prcfeUo del pretorio, era composto di una ventina circa di officiali. Non sarebbero i costoro corpi stati confusi con stelli di altri fedeli? Il nostro ò simile ai pozzi di martiri che si visitano a Roma, a Bavenna, a Padova, a Nola, a Saragozza; e anche prima che venisse trovato, ne parlava la tradizione, e l'accennava Ubertino Puscolo Ill'islraz. del L V. Voi. III. 18 nel 1458 dicendolo hujo, come Daniele. Il consiglio bresciano nel 22 febbra|o 1585 vi faceva costruire un altare spendendovi 500 ducati. San Carlo, con decreto da Brescia del 2 novembre 1581, ordinava si riconoscessero quelle ossa che snnclorum esse assenniteli: Siano esse avanzi de"1 primitivi cristiani, o di martiri della fede, o della patria, religiosamente salutiamole. Il tempio superiore cbiamavasi San Faustino ad sanguine*} perchè probabilmente quivi presso avevano sparso il sangue Faustino e Giovila, o quelli dell'Officio di Calocero. e quel titolo si .aggiunse fors'anco per distinguere questa dall'altre chiese omonime. Nel 1221 o 23 san Domenico vi collocava i religiosi ilei suo ordine, i quali cedevanlo nel 1255 ai chierici, e questi ai canonici Lateranensi (1523), da cui venne ricostruito e amplialo nel 1580, eon disegno del Bagnadore. Il 10 aprile 1003 vi si solennizzò il trasporto di alcuni santi, dalla chiesa sotterranea; e fra questi sant'Afra, la quale sulla via Cremonese nel 122 o nel 130 aveva ricevili o la [ialina del martirio. La chiesa venne ad essa dedicala, lascialo l'antico nome. L'annesso monastero, rifabbricato nel XVI secolo, è di bella architettura, e secondo 10 stile del Sansovino. Santa Chiara e il monastero di Francescani son nominali negli sia- , tuli municipali 1270, quando le religiose chiedevano un po d'elemosina al Comune, e il vicario di Carlo d' 4n^'° ne appoggiava l'istanza. Adesso è oratorio unito al collegio maschile Peroni. La chiesa delle Consolazioni era detta San Faustino in castello, secondo l'avviso di molti, ma quest'ultima potrebbe essere la chiesa d'Ognissanti, convertita al presente ad uso profano. Quella delle Consolazioni ricoslruivasi nel 1520. Nel 1251 , per voto della città, ergevansi la chiesa e il convento di San Francesco. Il 20 maggio del 1707 quella divenne succursale, ed 11 convento per una parìe fu venduto, il restante convertilo in caserma. Sorgeva in fondo ar mercato nuovo un' antica chiesa dedicata a san Siro, il quale venuto di Pavia con sani'Kvenzio, converti al cristianesimo molti bresciani, e liberò un fanciullo ossesso, per nome Eustachio. Quella intitolata ai due martiri Felice e Fortunato . coronati del martirio sotto Massimiano Erculeo presso Aquilcja, sorse probabilmente lino dal IX secolo; e sulla piazzetta di Santa Maria della Passione ne riesce ancora visibile il lianco. Fino dal VII o dall'Vili secolo Brescia erigeva una chiesa a san Desiderio vescovo di Vienna nel Delfìnato, dalla regina Brunechilde condannato a morte nel 012. Fu officiata dai Oeleslini, rinnovata e rifabbricata; nel 1772 tolta al divin culto. Di Sant'Agostino vedesi la facciata, nel vicolo che ne serba il nome, sulla parete occidentale del Broletto. In San Domenico giuratasi la lega cittadina contro i Francesi, e settantatrè anni chiese li;; dopo predicava il celebre Savonarola * Nel 1009 ricostruissi dalle fondamenta, per le insinuazioni'e cure del domenicano Vincenzo da Colonne, a disegno del Bagnadore, in una sola magnifica nave. Soppressi i'Domcni-cani il 29 settembre 1797, il governo provvisorio assegnò all'ospitale i loro beni, e il convento a pubblico Licèo. Il 7 novembre del 1812 vi fu istituito un collegio di educazione, diretto da preti e da una presidenza, dipendenti dalla congregazione municipale. Quando nel 1842-45 venne il cenobio stesso convertito in ospedale Con disegno .lei signor Giovanni Cherubini. L'architettura pesante del nuovo edificio maggiormente ci disgusta (piando la confrontiamo coli' allegra sala della fabbrica anteriore, che sola si conservò. Il signor Belletti donò lire 230 mila per la fabbrica, ma da circa cinqueeentomila altre si dovette aggiugnerne per condurla a compimento. Fa distrutta anche la bella chiesa detta La Pietà, disegnata dal Bagnadore, erigendo in suo luogo la spezieria. La Carità, e l'annesso convento delle Convertite sarebbero stali fondati, secondo il Gambara, da Laura Gambara dal 1481 al 153!. La chiesa venne a pubbliche spese ricostruita nel 1730. Le due colonne di granito orientale che sorreggono gli ornati della porta, appartennero a San. Pietro de Dom; gli angeli di marmo sull'alto della facciata furono scolpiti, il destro da Antonio Ferretti, l1 altro da Alessandro Calegari. Nel 1487 comineiavasi la chiesa della Beata Vergine dei miracoli; e per decreto del Consiglio, veniva l'anno dopo stabilita l'erezione di più ampio edificio. Primo architetto ne fu un mastro Jacopo; ma dal 1521 al 1523 veniva modificato il disegno da Girolamo Sampellegrino e mastro Stefano, che era probabilmente lo Stefano Lamperti, di cui fanno menzione Caprioli e Zamboni, ch'ebber incombenze pubbliche nel 1535; e forse vi avea parte anche l'architetto Antonio Beretta. La fabbrica, per la finezza dei lavori, progredì lentamente, nò venne ultimata prima del 1(512. I bellissimi candelabri della facciata sono di Gian Gaspare Pedoni. I quattro dottori ne'peducci della prima cupola, ili Antonio della Porta, come gli cremili Antonio e Paolo in bassorilievo, e gli angeli sul cornicione i Fra Girolamo Savonarola,predicò ;i Brfscia nel 1 isi Nei yeder Ir alle montagne coperto di neve, quasi guardiani posti da Dio al nostro paese, e i colli degradanti in limpidi laghi, «ottava frequente ad ammirar lo bellette della natura,e con qualche versetto (Ur salmi o de'profeti <> i ni.....\;t una meraviglia, mista d'umano o di sopranaturale, A Brescia, spiegò ''Apocalissi o. fu qui die cominciò a mescere ni religioni gì' intendimenti politici, vic-PM Beatiti quanto peggio si »tava. Forse i Bresciani I' udirono dire volesse? sempn ricordarselo!): « lo non bailo a verah artifizio ili retorica, a venni ornamento; mi servi •
  • ili Dresda ,) vi conduce dalla strada per Milano; di facciata alto si estollo Su doriche colonne il ben costrutto Vestibolo, e sovr' esso alzalo e nudo I/'epistilio sublime, a cui si atterga La rotonda del tempio augusta mole; (Ànici) cioè la cupola che s'innalza svelta e gentile, rivestita di pietra bianca a squamine, Due porle riescono nell'interno delle due ale di portici, terminati agli estremi da due cappelle mortuarie. Altri portici interni, ili stilo semplice e castigato, prolungano quei fianchi, interrotti da edicole; e non saranno compiti che fra alquanti anni; ma è pressoché a termine il Faro, marmorea torre, nella (piale amò essere sepolto l'architetto Van-tini. In mezzo alla funerea quadrilatera campagna ergesi un monumento al sacerdote Giovanni Bossini, curato di San Giorgio , morto in concetto di santo nel 1810. A destra si cominciò altro tempietto, nel quale, por gròsso lascilo del pittore Cigola, si collocheranno busti e monumenli degli illustri bresciani, e primo il suo. Il Yantini seppe immaginare costruzioni AUTISTI iT,r, elegantemente distribuite in maniera che si prestano; tulle ad accogliere cadaveri; onde le agiate famiglie, comperando un'arcata di quei inaili liei porticati esterni ed interni, forniscono i mezzi per proseguire la grandiosa fabbrica. Che i Bresciani guardano con giusto orgoglio,, perchè testimonierà ai venturi che la presente generazione, se infelice, non era però ne vile, né inetta, nò avara. Lo cantarono i nostri poeti 1>. Pietro Galvani, Cesare Arici e Giuseppe Nicolini; ed è celebre in tutta Balia. Nel Camposanto, e fuori Dell'emiciclo lavorarono gli scultori Labus, morto a Milano il 1857, Lombardi, Gaudollì, Seleroni, Monti, Sangior-gÌ0, Fraccaroli. Quest'ultimo fece il monumento al poeta Arici nell'edicola a sinistra, in cui ne poserà pure un altro al conte Maggi, che lasciò Millo il patrimonio alla Congrega, luogo elemosiniere. Il Vantiiii nel 1835 nell'emiciclo faceva innalzare un monumento ad artisti bresciani che posero in fama la patria, o\e campeggiano Alessandro BonVicino, e a"1 suoi lati il B orna ni no e il Gàmbara. Giovanni Cherubini, dimorante a Milano, il cieco Marcantonio Ta-gliani, il professor Gaetano Clerici sono altri architetti nostri. XYIII. Scienze e Lettere. t In questa città è quello illustro, e famosissimo a tutta l'Italia, col-« legio de'Giurisperiti, ornamento certo unico e singolare, al (piale da « grandissimi principi d'Europa vengono commesse cause di grandissima « importanza, quale è numeroso e ripieno d'uomini di grandissimo va-« !ore ». Così scriveva nel XVI secolo Patrizio Spini, continuatore «Ielle storie di Elia Caprioli. Il collegio de' giudici ili Brescia, instituito intorno intorno alla metà del XIV secolo, ebbe dal pontefice Paolo III il privilegio di conferire la laurea dottorale a' nobili originarj della città, e altri diritti che competono ad un' università. Ma la repubblica vedendo che ciò pregiudicava l'università di Padova, nel J54Q decretò che non po- lesse essere accettato nel collegio de' giudici, o dottori di Brescia, chi non avesse ricevuta la laurea dottorale a Padova. Si sostenne lungamente in fama. Vincenzo Fusari (1027), avvocato fiscale, scrisse De subsdtutio-nibtts e sulle ultime volontà ; Lodovico Baile Ili consigliere di stalo, De ultimi» eolunlattbus ; Foresto Foresti da Palazzolo (1008-1750), diverse opere: Ganassoni Andrea benedettino (1735-80), professore d'instituzioni civili, poi nel 1773 vescovo di Corfù e nel 1779 di Feltro, scrisse in Ialino di diritto civile, del fondamento e dell'origine delle leggi, ecc. Durante il governo provvisorio del 1797 e il regno italico avemmo rinomati giureconsulli, fra cui Beccalossi; e morì in questi attimi anni Giuseppe Saleri, forle pensatore. Fra i viventi ricorderemo gli avvocati Beccalossi e G. B. Pagani. Dicemmo già come il nostro municipio, il 13 ottobre 1480, nemine discrepante provvedesse che Je lapidi si dovessero raccogliere e conservare, ponendo una multa di due ducati per ogni lapide che fésse vendula o distrutta, con che Brescia diede l'esempio del primo museo lapidario di pubblica ragione eretto in Europa. L'anno susseguente il carmelitano Michele t'errarmi da Reggio, trascriveva le epigrafi raccolte in Brescia e nella provincia, facendone Offerta alla cillà che il ricambiava di doni ed onori-ficenze. Lo stesso lece il bresciano Taddeo Solazio sullo scorcio di quel secolo; sul principio del XVI secolo Raffaele Stella lo imitava (De Itn.ria-antiqui» monumentisi ecc.). Sebastiano Aragonese disegnò i marmi nostri e trascrisse molte epigrafi; nel 1504 pubblicò Monumenta antiqua urbis et agri bnxiani; e lasciò mille e seicento ritratti di medaglie antulie. Il servita Alessandro Tolti (1555) scrisse un'opera col titolo stesso; e Ottavio Rossi (1570-1030) pubblicava altri marmi nelle Memorie Ilresciune, ma alcuni sono immaginari, altri goffamente interpretali. Vi fece un'aggiunta Fortunato Nicola Yinacese (1031-1713), uomo dotto in parecchie lingue : altre lapidi avea raccolte Francesco Soncini sul principio dei XVII, ma non pubblicolle. E manoscritte rimasero quelle raccolte nei 1030 da Giorgio Medici, morto a Lovere nel 1045, da Pietro Gnocchi (1087-1781), e la dissertazione del giureconsulto Giulio Antonio Gagliardi. Il governo provvisorio di Brescia del 1797, concepì il pensiero di far raccogliere ed illustrare i patrj monumenti , e si diede principio alla collezione nel già convento di San Domenico; ma un fortunato avvenimento venne ad accendervi gli animi. Abbassandosi la strada denominata il Dosso, vennero in luce molti marmi antichi, fra cui una nobilissima epigrafe latina, la quale dava notizia di un anfiteatro. Rodolfo Vantini ne stampò particolareggiata relazione, coli'illustrazione di quell'epigrafe pel Labus, e una memoria del Basiletti, che, profittando delle cognizioni IL MUSEO. LABUS. MORCELLl l3ò acquistate a Roma ed a Napoli svolgendo le Memorie del Rossi con Baroni Antonio, Saballi e Girolamo Monti, propose scavi: in cui si trovò (1823) l'insigne fabbrica che noi abbiamo descritta a pag. 20. Il Municipio (1822) eccitava l'Ateneo a compilare una storia filosofica della nostra provincia ; e lo sovveniva nelf illustrare i monumenti scoperti, e quelli raccolti per la provincia, e comparve* in bella edizione un discorso Della importanza delle investigazioni archeologiche specialmente intorno ai municipi italiani dell' avvocalo Giuseppe Saleri, i Cenni preliminari spettanti alla storia e ai monumenti di Brescia del Nicolini, le ricerche dell' architetto Vantini sull'antico edilizio, nel quale ò posto il Museo, e Osservazioni storiche e archeologiche del Labus. Quest'ultimo, archeologo reputato in Italia e fuori, cominciò con poesie repubblicane nel 1797, e col Giornale democratico, che cangiossi in ìride] poi in Circospetto, modificazioni significanti. Pubblicò notizie intorno Ubertino Puscolo, Giuseppe Zola, Giambattista Guadagnini, Carlo Roncalli, Guglielmo Corvi, ec. La sua Dissertazione sopra il cippo inedito di Lucio Magio Primione (1811) fu seguita da tante che il solo enumerarle sarebbe lunghissimo. Fu talvolta così felice nel supplire inscrizioni, che si diede il caso di sterrar il frammento che portava il compimento, e di trovarlo identico. Egli erasi proposto di illustrare la storia nostra interpretando più di mille lapidi; e dopo quarantanni di studj e di pazienti ricerche, nell'aprile 1851 ne cominciava un'edizione, mail 5 ottobre del 1853 fu còlto dalia morte. Nel 1854 uscì il volume postumo, ove soltanto le epigrafi sacre e storiche son lavorate e condotte con scentifica diligenza; quelle credute bresciane sono lavoro incompleto, e mancano le Onorarie, le Pubbliche e le Sepolcrali, ec. L'Ateneo invitò il celebre archeologo Rossi a continuare quel lavoro e compier P illustrazione del nostro museo. Il gesuita Stefano Antonio Morcelli (1737-1821), professore a Fermo, a- Ragusi, a Roma, ove istituì l'Accademia Archeologica, infine prevosto di Chiari, fu insigne archeologo ed epigrafista, e il suo libro De siglo inscriplionum latinorum, libri III (Roma 1780. Padova 1819) lo fa legislatore dell'arte epigrafica. La fece seguire da molle altre: ìnscriplio-nes commeutaris subjectis ( Roma 1783 ) ; Trapspyov Inscriplionum no-vissimarnm ab anno 1784 (Padova 1818); Africa Christiana (tre volumi m 4, Brescia 1810); Sull'Agone Capitolino; Della Bolla de' fanciulli romani (Milano, 1810), ec. Le sue iscrizioni erano avidamente cercate, lette e applaudite dai più dotti: pochi furono al pari di lui [ladroni della erudizione più recondita latina e greca; e l'invidia non avea per lui ve-;|mo, non livore gli eruditi. Come fosse anche eccellente prete diremo altrove. m STORIA UI RRESCIA Nicolò Tartaglia, figlio ili un cavallaro, nel sacco del 1512 dalia brutalità fcòldflttésca ebbe cinque ferite, una delle quali gli tagliò per mézzo il lab- bro. La pietosa madre curò il tiglio imitando i cani, e lavandogli con acqua fresca le ferite, tua rimase scilinguato, onde ebbe nome ili Tartaglia. Educatosi senza maestri a Venezia, nel ì'i'AÌ vi spiegava Euclide, e \' ebbe; quislioni scientifiche con Antonio .Maria del Fiori- discepolo di Scipione del Ferro. Nel 1930 un professore di Brescia. Giovanni de1 Tonini da Coglio, avevagli proposto due equazioni di terzo grado, e avendogli detto essergli stato comunicato il metodo di risolverli irenf anni prima da un grande matematico, Tartaglia vi s1 applicò e ne trovò la soluzione, il milanese Cardano pregò Tartaglia di comunicargliela; è questi, sotto giuramento di secreto, gli spiego con versi la maniera di aver la radice di tutte le TARTAGLIA 137 equazióni del terzo grado. Ma il Cardano inserì nella sua Ars Magna la soluzione, e la posterità continuò a chiamarla dal nome di lui. Il Tartaglia compose molte opere, ma quella in cui aveva esposta tal soluzione, e date altre ricerche algebriche, non ò giunta lino a noi. Il suo gran Trattalo dei nameri e delle misure ò un corso completo, ove T aritmetica, T algebra, la geometria, le sezioni coniche sono successivamente insegnate. Il calcolo dei radicali è stato da lui perfezionalo; egli s' è occupato, come il suo allievo Benedetti, della risoluzione dei problemi di geomeiria- eoli'ajulo d'una sola apertura del compasso, e .della costruzione delle equazioni algebriche. Il Tartaglia, chiamalo in patria perchè vi tenesse scuola di matematica, dopo diciolio mesi dovette ripartirne malcontento, e tornare a Venezia ove morì nel 1899, Pose anche i primi fondamenti della balistica. e; nella sua Scienlia nora comprese che si ottiene il più grande effetto tirando sotto un'ala di 45 gradi:• proposizione vera, sebbene fosse incompleta la dimoslrazjone clf egli ne dà. Tentò anche di creare la meccanica, e primo applicò la geometria alla determinazione del movimento curvilineo ed alla caduta dei #ravi. Galileo deve certo avete studiato, oltre Benedetti, anelli; l'opera del Tartaglia, costui maestro. Ma della Scientia nota mancano i due ultimi libri. Il quinto doveva essere una specie di manuale di chimica, applicata alla fabbricazione della polvere e dei fuochi d'artilizio in generale. Tradusse Euclide, ed il trattato de Jnsidcntihus di Archimede, di cui l'originale greco essendosi perduto in appresso, la traduzione ne tìen ora luogo. Trattò pure del come sollevare i vascelli sommersi; di artiglieria, degli assedj, ecc. Faceva acclamare le sue scoperte a suono di tromba, forse per paura che un altro Cardano se ne appropriasse il merito. Peccato che dettasse in tino stile ributtante *. i Nicolò Tartaglia (lieo di sè stesso: Giamai discarneti arlegliaria, archibnm. bombarda, néschiomto; tuttavia Indossi addietro gli artiglieri de'tempi suoi, i quali, neri pratici, non dubUavan nemmeno che la professione loro si potesse ridurre a scienza, l'inno disputò circa i uradi d' inclinazione dei pezzi , gli effetti de' projrtti , le distanze dotili, ragguagliati alla inclinazione ed alla carica, e specialmente distrusse la Vècchia opinione che i projetli delle artiglierie descrivessero Una retln, e quelli (lei mortaj i due lati omologhi d' un triangolo isoscele: lo quali cose, seguite dallo scioglimento di molte quislinni, sovente l'elice e ipiasi sempre ingegnoso pe' tempi, bastano a dargli il primato di scienza fra uli anteriori, ed il primato di epoca fra i posteriori. Queste cose egli esponeva dapprima nella Nuora scienza (Venezia t!JS7 ). Più compilila è l'opera dei Quesiti èd invenzioni diverse, nella quale, rifuso ed ampliato quanto prima aveva dello dell' artiglieria , prende occasione dalla piani» ai Torino, inasinitagli da Gabriele 'ladino di Martineugo', a chiarire i difetti della fortificazione d'allora. Di chiarate che le sue cognizioni in architettura militare sono meramente teoriche, non a-M'iido esaminala mai fortezza alcuna, appone alle mura di Torino sei culpe, delle quali llluslraz. det L, V, Voi. IH. • 18 Benedetto Castelli dei numeri e della geometria ebbe padronanza, e divenne legislatore delle acque, imprendimelo che il Galileo disse più arduo che il dar legge ai pianeti. Nato in Brescia nel 1Ò77, di diciol-t'anni monacatosi, ripensava continuamente ai meravigliosi discoprimenti del Galileo, che conobbe a Padova, e le di cui opere illustrò. Nella bilancella idrostatica de! Galilei , dopo proposto d'investigare la mescolanza de' metalli per mezzo di pesi che notino le differenze anche minime, pruponea d: conseguire l'istesso effetto colla bilancia ordinaria, difese contro i Peripatetici il discorso del Galilei sul galleggiare de'corpi « notò P irradiazione delle stelle e l'attrazione del magnete: prima di Evelio mostrò l'opportunità dei diafragmi negli stromenti ottici; conobbe che i corpi al sole diversamente riscaldatisi secondo il loro colore (Gami'} »; raffermò la scoperta delle macchie solari. Eletto a maestro del principe Leopoldo di Toscana, poi a leggere matematiche a Pisa; L'rbano Vili lo chiamò a Roma primo matematico,' e disputandosi tra Ferrara e Bologna sull'immissione del Beno in Po, lo incaricò di comporre quella lite. Qui conobbe gli errori di chi l'avea precedutole scrisse il Trattato della vtisura delle acque correnti. Nel 104J venne invitato dalla Repubblica a dir il suo avviso circa il divertire alcuni influenti della laguna, e lo fece, ma non avvertì, come poi felicemente ■ Montanari e Guglielmini, a impedir gl'interrimenti della laguna dalle torbe dei fiumi, e le epidemie cagionate dalla mescolanza delle acqne salse colle dolci. Morto in Roma nel 1044, il principe Leopoldo de'Medici gli fece innalzare un monumento in Firenze, vicino a quello del sommo suo maestro ed amico. « Uno de' primi a vantar il vantaggio e 1' esattezza del calcolo infinitesimale fu il bresciano Bernardino Zendrini, e contro il padre Ceva tre sono mollo sagaci, cioè l'andar soggette ad esser battute perpendicolarmente ; il potar offendere poco o nulla lo batterie nemiche ; l'essere, a motivo della pianta, capaci di poca difesa. In una giunta spiegò la forma e le dimensioni delle traverse lungo la cortina con altrettanti parapetti di terra con cannoniere, a guisa di piccole \ò'.\//v. d'armi»coperte; invenzione eccellente a tutelar il presidio contro i rimbalzi e i tiri di liceo dall'alto parallelamente alla cortina, più tardi applicala alle opere esteriori. Molli migliora menti propose ancora circa la forma dei baluardi e dei cavalieri, e specialmente circa la elevazione di questi, qualora capitassero In un saliente, e sul modo di volgere ad impedimento e difesa le mine d' una breccia : discorre anche dello spallo e della slrada co-perla in.moilo da far credere clic le .stimasse sue invenzioni, e veramente era il Tartaglia cosi eslraueo.alla pratica delle forlilicazioni, e queste due parli essenziali delle fortezze erano allora cosi infrequenti , che alle parole sue ben si può credere die egli le abbia trovale nella sua inente, quantunque già praticate. Importante è pur anche il suo pensamento circa (a forlilicaziono d' una'grande citta ; alla (piale m voglia leuer mulo un tratto di campagna attorno, e salvai la ad un tempo dai colpi delle artiglierie nemiche: ove vuole le opero si faccian tutte sul limite estremo, alla città bastando una semplice muraglia per una battaglia da mano. C. C. CASTELLI. ZENI)FUNI. LANA 133 mostrò come s'agevolassero coli1 analisi alcuni problemi; esaminò l'inflettersi d" un raggio traverso ad un mezzo di densità variabile. Contro Parent difese il moto degli animali di Borelli, scrisse la Scienza delle acque correnti, e s'affaticò intorno al difficile problema di trovar ne' l'unni la linea dì corrosione, e l'applicò al Peno, la cui sisleraaz;one die per tutto il secolo a discutere fra Bologna e Ferrara. Dalla repubblica veneta fatto'matematico, cioè soprintendente alle acque e'ai porti, Zendrini trovò prima necessità il conoscer i luoghi, e ne risultarono le Memorie sullo "tato antico e moderno delie .lagune venet,', producendo documenti per quattro secoli ; e suggerì a Venezia i famosi Murazzi. Scrisse sul migliora men lo del-.Paria di Viareggio, a richiesta de'Lucchesi: progettò i modi onde diver-il Etonép e il Montone che inondavano Bavenna (C\>n'j. » Tre anni dopo la morie del Castelli, vestivasi da gesuita Francesco dei conti Terzi Lana (IM1-87). compiuti gli studj di lìlosolìa a Poma fu destinato ad insegnare belle lettere in quel seminario; indi filosofia in diverse città d'Italia, e da ultimo le matematiche nella università di Ferrara. La sua gracile complessione lo persuase a ritornare in patria, ove non potendo stare ozioso, si dedicò alla fisica fino alla morte. Scrisse diverse opere, e maggiore di tutte il Magislerium naturee et 1 1814., stampava (1808) Osservazioni sul prospello dei risultati della 'Unica medica pubblicali da Basori, appuntandone con chiare idee, logica e medica erudizione gli errori senza disconoscerne i meriti. Stefano Giaco-mazzi da Bedizzole (1790-1831) pubblicò diversi scrini medici, poesie e un libro Sul genio, sugli amori e sulle malattie del Tasso, al quale diede l'ultima mano di suo amico Giuseppe Nicolini, tributo di amicizia viva anche » oltre la tomba. Bartolomeo Signoroni di Adro, professore di clinica chirurgica a Pavia, indi a Padova, colla Chilissorafìa operava radicalmente le ernie inguinali. Trovò il ferro squarciato™ onde facilitare lo sgusciamelo dell'osso del calcagno in casi di carie centrale; con tanaglie os-sivore a becco, come le cesoje degli agronomi , giunse pel primo ad asportare parte e tutta V inferiore mascella per esteso osteo-sarcoma salvando gli esterni tegumenti. Immaginò il compressore delle arterie, nel tempo istesso che indicavalo in Brescia anche il Bonizzardi; uno strumento per la guarigione delle fistole cistovaginali; e di più sicure macchinette accrebbe l'ortopedia. Gli onori avuti dovettero consolarlo delle molte amarezze sofferte gli ultimi anni della sua breve esistenza. A Mocasina nasceva Giacomo Andrea Giacomini, cui le mirabili scoperte sull'azione dei rimedi, il Trattato filosofico sperimentale de'soccorsi terapeutici fecer illustre; malgrado la guerra mossagli in Italia e fuori ò quasi universalmente adottata qual testo. Arricchì la scienza di moltissimi fatti nuovi; propose una dottrina sulle funzioni di diversi organi; lissò la condizione patologica di morbi, la cui diatesi era prima incerta, sceverò l'azione meccanica e secondaria de'farmaei dalla dinamica e primaria: eppure mori giovane "il 29 dicembre 1849. Schiantatili Giuseppe (1777-1830), primario nel nostro ospitale, ebbe fama per le operazioni oculistiche, e scrisse Sull'ago della cateratta. In questo ramo distinguesi ora il dottore Giovanni Ballista Torri di Ca-strezzato. La pellagra dal medico provinciale Lodovico Balardini è attribuita al mais non sano. Contro l'abuso del salasso, sul colera e su altri punti di scienza medica pubblicarono opuscoli il dottor Luigi Forna-sini, Agostino Maraglio, il Nullo ed altri; sul giornale che pubblicavasi dal dottor Maggi col titolo di Medicina Politica, e nel Manuale pe' medici e chirurghi, che qui si stampò sotto la direzione del Sandri; sul magnetismo, sulle febbri, ecc. Grovanni Pellizzari. Il chirurgo A. Sandri è valente nei preparati anatomici in cera. Giuseppe Pedrioni, morto ini provvisamente all'ospedale nel 1848, portò da Parigi il frangipietra di Civiale; perfezionò l'esploratore dell'udito di Eau; creò un apparecchio pelle fratture complicate delle gambe, e denominollo ginocchiello. A. Schivardi ottenne un premio dall'I. B. Istituto di Venezia per un nuovo letto ad uso degli spedali, e scrisse la Biografia dei medici illustri Bresciani. La varietà e magnificenza della natura, la ricchezza delle nostre miniere eccitarono in ogni tempo i Bresciani alla Storia Naturale, e specialmente dei minerali. Nel XV secolo si istituirono cattedre per commentare Aristotele, Plinio, Ebano. Teofrasto. Nel XVI se n'occupavano Barlolomeo Arnigio ( 1523-77 ) nella Meteoria ; ovvero discorso intorno alle impressioni umide e miste, così in alto come nelle risiere della terra NATURALISTI 145 generate ; il Braccoschi degli Orzinovi nella Cognizione di Gebcr filosofico nella quale si dichiarano molti nobilissimi segreti della natura ; Giambattista Nazari da Sajano nella Immutazione metallica, ecc.: clic se poco o nulla giovarono alla scienza, versando spesso giorno air alchimia, ne tennero però vivo l'amore. Nel 1G8G il padre Lana qui istituiva l'accademia de' Filoesotici, e nel secolo appresso il Sanvitali quella d'agraria e di fìsica, Giambattista Mazzini, professore di medicina pratica a Padova, ove morì il 23 maggio 1743, acquistò fama colle Congetture fisico-meccaniche intorno le figure delle particelle componenti il ferro. Anche qui una luminosa scoperta di un nostro concittadino fu ingiustamente ad altri attribuita. Il ferro crudo, uscendo fluido ed incandescente dal forno, ove si lasci lentamente raffreddare manifesta alcune volte nell'interno alcune cavità, tappezzate di punte piramidali quadrilatere, per lo più aggruppate e impiantate le une sulle altre. Queste piramidi sono il risultato d' una vera cristallizzazione, e questo fenomeno venne proclamato con istuporc dai Usici, i quali credevano che i cristalli non si producessero che per via umida nell'acqua, non sospettando che si formassero anche per via secca col ministero del fuoco. A Mazzini ò dovuta quella prima osservazione, fatta sopra un pezzo di ferro crudo, uscito dalla fornace fusoria di Forno-Valasco nella Gar-fagnana, che gli venne spedito da esaminare perchè presentava la singolarità che abbiamo accennata: e così aperse la strada onde la cristallografìa fosse ridotta a norme precise. La scoperta del Mazzini fu pubblicala nel 1714, eppure il francese Grignon nel 1784, la promulgò come nuova, e n'ebbe lodi da Mongez, Fourcroy, Chaptal, ce. Don Cristoforo Pilati, che nel 1701) pubblicò il Saggio di Storia Naturale bresciana, si occupò fino agli ultimi giorni a raccor fossili della provincia; fece conoscere il legno silificalo di Urago Molla, e primo die contezza della lumachella silicea di Collebcato; procurò un'altra edizione delle opere di A. Gallo, di cui se ne contavano allora ventiquattro, e la corredò di annotazioni. L'Accademia Agraria della quale era segretario, favoriva la mineralogia, ma terminò colla repubblica veneta. Il governo provvisorio del 1797 pensò introdur nel ginnasio una cattedra di storia naturale, specialmente per la mineralogia, invitandovi il pavese Martinen-ghi, che avea parecchi anni in Sassonia studiato sotto Werner ; del quale qui prima in Italia fu insegnata la dottrina. Vi fu associata la chimica chiamandovi il Marabclli. Dopo i sovvertimenti della nuova invasione, la cattedra di storia naturale, offerta invano al celebro Fortis, fu data all'illustre G. B. Brocchi, che così bene meritò della provincia colle sapienti lezioni e col Trattalo mineralo-(Jtco e chimico sulle miniere di ferro del dipartimento del Mella. Itluslraz. del L, V. Voi. III. Il La storia naturale ebbe qui altri cultori , fra cui Alessandro Sala, nome però municipale, e Zendrini, che successe al Brocchi, poi fu professore in altri licei; ma in 40 anni di-professorato non pubblicò che la traduzione dall'inglese dj Flessig ed un trattato di mineralogia. Ai nostri giorni levò grido l'opera sull' origine delle montagne e dei vulcani di Paolo Gorini, professore a Lodi. Nel XVI secolo noi avemmo molti letterati; ma dei mediocrissimi non imporla conoscere il nome. Jacobo Bonfadio di Cazzano, servì da segretario il cardinale di Bari, poi il cardinale Ghinucci : la repubblica di Genova il condusse qual professore di etica e politica, e per scrivere la sua storia. Vi s'accinse con lodevole cura; ma, sia non allatto infondata l'accusa di pederastia, sia che di questa si giovassero alcuni nobili, dipinti da lui con foschi colori, il Bonfadio venne condannato alla decapitazione e al fuoco, il 19 luglio ITifiO. Nelle sue opere scintillano pensieri ingegnosi; ha stile originale e periodar corrente e morbido; se non che largheggiando nelle metafore LETTERATI H7 lascia scorgere il germe della depravazione del secolo successivo. Poco valgono i suoi versi italiani; meglio i latini e le lettere; gli Annali di Genova vanno dal 4S28 al 1549, in latino elegante e vivace, e si vede ch'egli proponevasi a modello il nerbo e la dignità di Salustio. Di Evangelista Lancellotti di Garpencdolo, poeta laureato da Carlo V, non abbiamo che rozzi commentar] storici in latino. Francesco Lichcto Minore osservante che morì nel 1520 in Buda, ove era slato mandato da Leone X a por argine alla dottrina di Lutero, nel 1517 stampò in, Brescia In quolìbcla Scoti super sententia: e nel 1520 a Parigi altra opera sullo stesso, e Tlworemata disputata contra Agoslinum Suessanum, a Napoli. Alessandro Luzzago, morto in concetto di santità il 7 maggio 1602, scrisse vile di nostri santi vescovi, che rimasero inedite, e altre operette di pietà cristiana, senza nome. Fe imprimere nel 1573 Theoremata in universum philosophiam. Ottaviano Maggi segretario della repubblica di Venezia, ò autore di un Traclatus de legalo ( 1526) e d'altri libri e traduzioni. Vincenzo Maggi che a Padova ebbe alunno Benedetto Varchi, poi a Ferrara educò il tiglio di Ercole li, morì in quella città nel 1564, dopo dotte fatiche sulla poetica d'Aristotile e sull'epistola di Orazio a' Pisoni. • Marco Marini, (1541-94) poliglotta, fu agli stipcndj di Gregorio XIII, poi segretario interprete della repubblica di Venezia. Il suo dizionario ebraico-latino, pubblicato a Basilea in 5 volumi in folio nel 1579, venne ristampato ad Amsterdam in 7 nel 1645 Tre edizioni si fecero della Grumalicu, due del suo Thesaurus Lingua' Sanctov, ecc. Tito Prospero Martiucngo cassinese, liglio del conte di Villachiara, dottissimo nelle greche e nelle ebraiche lettere, chiamato in Boma per correggere le opero do' santi padri; attese a san Girolamo, al Crisostomo, a Teofilato, alla Bibbia greca; morì in patria il 6 ottobre 1594, lasciando diversi libri editi e manoscritti di poesia, di filologia, ecc. Bongianni Gratarolo di Salò scrisse la storia Benacense e tre tragedie, Allea, Polissena, ed Astianallc. La seconda venne ristampala 139 anni dopo (1589-1728), e la terza, edita prima nel 1589, fu ripubblicala nel 1723 nel Teatro Italiano del Maffei. Ottavio Pantagato servita (1494-1567), da Giuseppe Scaligero fu detto padre dell' Istoria, e da altri La fenice degli ingegni de"1 suoi tempi; fu due volte in predicato di cardinale; emendò Catullo, Tibullo, Properzio, Varronc; i sermoni di san Gaudenzio, ec. Giampaolo Caducei di Salò, uno dei nove fondatori della seconda accademia ili Venezia, nel 1593 era professore di medicina e versalis-simo negli sludj di astronomia, cosmografia, su cui lasciò anche molti libri. i '»8 STOMI A DI BRESCIA Lorenzo Gàmhara, morto in Roma di novanta anni nel 1586, scrisse molti poemetti e carmi, fra cui quattro canti sulla navigazione di Cristoforo Colombo, che ebbe in quattro anni tre edizioni. Andrea Alarono, improvvisatore lodato dal Giovio, e dall'Ariosto paragonalo all'omonimo antico, tenne scuola di belle lettere nel Friuli, indi passò alla corte di Ferrara e di Leon X: il quale lo dotò di pingue prebenda. Nel sacco di Roma del 1527 venne spogliato, e morì nella miseria a 53 anni. Più durevol lama lasciò Veronica Gàmbara, sorella, madre, zia di tre cardinali e sposa a Giberto di Correggio. Nata in Pralboino, feudo della sua famiglia (1485-1550 ) dal conte Gianfrancesco e da Alda Pia da'Carpi, entrambi partigiani de' Francesi contro i Veneti, chiamò presto l'attenzione del Bembo, che le fu poi consigliere e maestro. Celebrata dai contemporanei, fu buona poetessa, ottima moglie e vedova , tenera madre. Ebbcr nomo i di lei fratelli Brunoro, caro a Carlo V ed a Filippo il, ed il cardinale Uberto, Gian Francesco Conti, detto Quinzano dalla sua patria, e Sloa perchè i discepoli lo chiamavano portico delle Muse, fu scolaro, poi emulo del bresciano Giovanni Britannico, e venne eletto maestro di Francesco I re di Francia e rettore della università di Parigi, e da Lodovico XII incoronato poeta in Milano, ove pure professò belle lettere, poi in Pavia.. Egli slesso scrive: « Molte opere pubblicai; molje più ancora ne pubblicherò. Non si stamparono più di 0000 versi miei? non fui visto com< porne mille ottocento in un sol giorno? quante tragedie, commedio e satiro, concepite nella mia testa, fan ressa per isbucarne? » Morì nel 1557 di 72 anni. Nel seicento non potevan le lettere essere diverse nella nostra provincia che altrove. Nella poesia satirica per facilità di verso, sebbene non colto, e per frizzo, si le nome il cavaliere Bartolomeo Dotti , e si suscitò nemici che lo fecero trucidare a Venezia il 28 gennajo 1713 in olà di 02 anni 4. Delle sue satire si fecero innumcrabili copie. Una tragedia, Edclfa, pubblicò (1027) Agostino Luzzago. Per ostacoli dell'inquisizione non potè divulgare il suo poema Vkcnziade Ettore Martinengo. Maria Maddalena Martinengo (1087-1737), morta in concetto di santa, per comando del confessore, e per propria e per altrui edificazione scrisse 4 Venne egli dalla Valcamonica a Milano per una lile, c il sonalo fecelo arrcs(aro,"e. bruciale por mano del lioja aliami suoi scritti saliricl contro quei senatori. Riuscì a fuggire dal castello" di Tortona, e preso servizio a Venezia, meritò il cavalierato; inline si stallili alla dominante eome agente della valle natia Careggiato pel suo motteggiare,ma insieme temuto e odialo, mentre una sera tornava a casa da un vicino ritrovo, fu trucidalo.'Io possedo molle sue satire non stampale; ma il frizzo è grossolano e il più spesso insipido. C C. POETI 149 parecchie operette ascetiche, Cristoforo Mompiani scrisse in latino degli Hymni sacri, carmi, poemi ed elegie sacre (1683). Il conte Durante Duranti (1718) oltre diverse orazioni scrisse due tragedie, Yir-ginia (17(54) e Attilio Regolo (1771), ed .un.poema VUso, diviso in tre parli; lo prime duo stampate nel 1778, la terza, intitolala // Vedovo, nel 1780. L'abate Chiari (—1785) frustato dal Bareni, scrisse un profluvio di commedie, di romanzi, voluminose storie, con ricca fantasia, ma slombata affettazione e un fare o goffo o enfatico. Conobbe il gusto della folla e seppe farsi applaudire fragorosamente con commedie a soggetto, con decorazioni, fuochi d'artifizio, trasformazioni, ce. Nella seconda metà del secolo scorso avean nome di poeti i fratelli don Francesco e Marco Capello, Camilla Solari d'Asti Fenaroli, e Carlo Bon-« falli, epigrammatico (1731-1811), figlio del celebre medico, che a Parigi conobbe le celebrità letterario, ed ebbe lode da distinti letterati nazionali e stranieri. te tragedie di Luigi Scevola, foggiate sull'Alfieri, piacevano più di quelle di Foscolo. Il suo Annibale in Bitinia interessa, sebbene senza donne e senza amori. Prima di lui ne aveva scritte il conte Orazio Calmi, non prive di merito. Piacque la sua prima tragedia, Sabino; e assai più la seconda, Zelinda. Alcune scene furono giudicate degne di Bacine (—1784). E tragedie e commedie, le più per collegi, scrisse il conte Francesco ,Gàmbara, morto il 20 novembre 1848, lodevoli per moralità, alcune volte discrete per intreccio, in generale fiacche e difettose nello stile. I drammi lirici del poeta Anelli di Lonato furono egregiamente musicati ; ma l'autore delle Cronache di Pindo, fulminato da Giordani, non può essere lodato per venustà di verso, quantunque non gli si debba negare frizzo e facilità. Oltre il professore di belle lettore abate Colombo, l'abbate Antonio Bianchi, segretario dell' Ateneo, tradusse odi di Pindaro e fu l1 istruttore di una generazione di giovani valenti. Si ristamparono più volte e leggonsi ancora le Piacevoli rime di un Lombardo del carmelitano Pier Luigi Grossi (1741-1812), scurrili più che a frate non convenisse. Egli era anche oratore sacro, e negli ultimi anni potò essere testimonio dell'entusiasmo che destava don Pacifico Deani, le cui prediche stampate dopo morte furono più presto cagione di diminuire che di accrescere la sua fama. Dopo di lui ebbero nomo nella predicazione don Alberto Francesco Bazzoni (1790-1847) prevosto di Gàmbara, la cui omelia pastorale, data, come alcune altre alla luce, venne qualificata fra le più belle che fossero mai fatte in tale argomento. Non lasciò scritti il suo amico e compagno nel professorato in seminario, poi nella predicazione don Giuseppe Angelini (1795-1838) da Bovato. Il missionario Beccalossi Antonio di Gardone (1790), e Francesco Dalola (1092-1782) furono a' lor tempi celebrati, Molti scrissero storie, ma i più non mcritan lode che per le buone intenzioni. Patrizio Spini, canonico in san Giovanni di Brescia, volgarizzò la storia di Elia Caprioli e la continuò.- A suo luogo citammo il pregevole Trattalo di dare a Venezia la.nostra città, di G. G. Martinengo; e quell'età calamitosa fu da parecchi cronisti ritratta, fra cui il Nassino, l'An-selmi, il Covi, il Cesari, ec. Per la calamità della peste di san Cario servono agli studiosi le lettere del vescovo Bellani a quel santo, e le costui risposte. Bernardino Faino, prete secolare, scrisse da ventitre volumi, rio' 'quali indarno si cercherebbe la buona critica (1073). Ben meritò pel Ristretto di storia Bresciana e per la Libreria Bresciana il servila Leonardo Cozzando da Bovato (1020-1702), che lasciò, fra edile ed inedite, trentasei opere di filosofia, storia, biografia. In Brescia fu professore di teologia. Uomo franco, scrisse De plagiariis, e fu ber- * saglio della fortuna e degli uomini. Il padre Giovanni Andrea Astezali (1073-1747), islorico critico ed erudito, spiegò per tre anni Euclide, poi l'architettura militare. Il prete Carlo Doneda, morto otlagenario in Brescia nel 1781, Notizie della Zecca e monete di Brescia (Brescia 1755 e Bologna, 1780); Antonio Sambuca, segretario dei cardinali Quirini e Molino, la raccolta di opere di Bresciani e le Memorie islorico * critiche, intorno aWantico stalo de' Cenomani; il parroco di Ghedi don Carlo Scarrella procurò, ordinò e corredò di buone annotazioni e d'una dissertazione quella Raccolta, ch'ebbe origine da lunga lite fra -i nostri c i letterati veronesi. Campione nostro principale fu il canonico Paolo Gagliardi, erudito di alta fama (1075-1742) che stese il Parere intorno all' antico stalo dei Cenomani ed a'loro confini, Notai ad Ughelium in bri.viensibm epi-scopis, e l'edizione de' santi vescovi bresciani, a spese del cardinale Quirini. Del quale, sebbene non "bresciano, ci corre obbligo di parlare per i molti e grandi heneficj che fece a questa sua patria seconda. Trasferito in Brescia dall'arcivescovato di Corlu nel 1727, diede opera a ravvivare gli studj. Comperò in Venezia, pel nostro seminario, molte pregiale opere Nò si contentava di eccitare e dar mezzi agli altri di studiare e pubblicar libri, ma scriveva egli stesso Specimen brixiance lilteratura;, Con* speclus bibliothecai vaticana;, aggiungendovi le medaglie de'papi benefattori della Vaticana, e la serie de' biblioteca!'] cardinali. Dicemmo già delle sue premure per la fabbrica del Duomo nuovo. Cinque anni prima della sua morte, avvenuta il 6 gennajo 1755, fondò ed arricchì di volumi mano-, scritti e stampali la Biblioteca, che porta il suo nome, alla quale lasciò anche un reddito per l'acquisto di opere nuove. A 30,000 ascendono ora i volumi, con amplissima raccolta d'incisioni d'ogni scuola. V è in essa YEvangelario, uno dei quattro più celebri conosciuti, boi codice gallicano del IX secolo, contenente i quattro vangeli secondo l'antica versione italica, e principia coi BIBLIOTECA. STORICI 151 canoni d'Eusebio, scritti gli uni e gli altri sul far dei 'celebri evange-larj, di Verona, di Vercelli e di Gorbia, coi quali collazionollo il padre Bianchini, sopra pergamena porporina con mica aurea ed argentea. Si crede fosse donato alle monache di Santa Giulia dalla loro abbadessa Àn-gilberga, sorella di Garlo il Grosso e moglie dell1 imperatore Lodovico IL Vi son pure il Corano in arabo, in dodici volumi in carta di bambagia-con miniature e dorature; la Croce di Galla Placidia d'argento doralo, in greco stile, adorna di molte pietre dure, di preziosi agatonici, granale, calcedonio, oc; la Lipsanoteca, tavolette d'avorio congiunte a guisa di croce, e che formavano prima una cassetta da reliquia , ed è il più importante monumento cristiano che noi vantiamo : tre dittici d'avorio, uno di Manlio Boezio, console nel 510, padre di Severino, il secondo rappresentante Postumo o Flavio Lampadio, console nel 530, in alto di presiedere alle corse circensi; intorno al terzo scrissero dotti eminenti, come sull'epigrafe'del primo, e fra questi il Mazzocchi, il Passeri e il nostro Quinci, per la cui lunga promessa divenne proverbiale il dittico Quiriniano. Sull'Evangelario scrisse un' epistola anche prete Filippo Garbelli, nostro concittadino, che nel i 733 venne chiamato a Vienna da Carlo VI per riformar gli sludj, ma, amante della quiete, ricusò l'invito. Mori abate di Ponlevico nel luglio del 1750 di 70 anni. Scrisse le note sopra Polibio dell'edizione del Gronovio, epistola?, carmi, ecc. Don Giammaria Biemmi, morto il 1784, stampò due volumi della Istoria di Brescia, e lasciò manoscritto un terzo per le critiche mossegli. Pubblicò dopo la Cronaca e la Istoria di Ardicelo 'degli Aiuwni e di Alghifio .Combura (1759) , e lasciò manoscritto la Storia delle Valli Trompia e Sabbia, quella della società Lombarda, ecc. Giovanni Lodovico Luchi benedettino, morto di 85 anni nel 1788, dio in luce nel 1759 Monumenta monasterii Leotiensis brevi commentario illustrata, e sei volumi storici lasciò manoscritti, fra i quali il Codex di-plomalicus brixiensis ab anno Chr. 847 ad un. 1312. Michelangelo Luchi ( 1743-1802), eletto cardinale da Pio VII, profondamente vergato in tutte le colle antiche lingue, potè da solo compilare con scrupolosa esattezza ciò che non fecero società d'uomini colti, una nuova Poliglotta della Santa Scrittura, disposta in modo, che nella prima colonna v'è il testo ebraico, nella seconda una nuova versione greca letterale, nella terza una corrispondente versione Ialina, nella quarta l'interpretazione greca dei LXX secondo il codice Vaticano, colla giunta di varie lezioni del codice alessandrino del De Bossi, e del codice ebraico Borgiano: nella quinta colonna v'è l'interpretazione latina, nella sesta la Vulgata con ampio commento nel senso mistico e letterale. Ne quest'opera, che pur sembra aver dovuto occupare l'intera vita d'un uomo studioso, è la sola clic ci sia rimasta a provare la sua grande erudizione. Commenti, illustrazioni, castigazioni di codici greci e Ialini, dialoghi, poemetti scritti in quelle due lingue con aurea semplicità gli meritarono il titolo di Varrone Cristiano. Il grosso volume delle Memorie intorno alle pubbliche fabbriche di Brescia ( 1778) o non pochi altri scritti storici dell'arciprete Baldassare Zamboni, le sue indefesse e dotte ricerche negli archivj, potrebbero meritargli il nome di Muratori della nostra provincia. Egli aveva raccolto moltissimi documenti per iscrivere la storia di Brescia, c mori prima di eseguire questo disegno. Quei documenti ereditati da suo nipote abate Pietro Bravo fecero nutrire a quest'ultimo il pensiero di adempierlo. Ma i cinque volumi da esso pubblicali, che giungono lino al 1311, ci fecero chiaro che troppo era lontana l'erba dal becco; e inesattezza di citazioni, mancanza di critica, fiacchezza e trivialità dello stile Io trasser in dimenticanza. Federico Odorici, dopo averlo continualo, Io mise in beffa. Antonio Brognoli, mancalo nel 1807, fra altro stampò nel 1780 le Memorie aneddoti' spellanti all'assedio di Brescia dell'anno 1438, attingendo a buone fonti, e un poema in 12 canti in ottava, intitolato // Pregiudizio (Brescia 17(55). Brognoli Paoloj autore della Guida di Brescia e di memorie sui pittori, rivendicò a questa città Vincenzo Foppa, c Bartolomeo e Benedetto padre e figlio Mantegna. Giuseppe Brunali (1798-1845) pubblicava parecchi libri di grave dottrina in italiano, in latino ed in ■francese; la Difesa del decreto del Concilio di Trento (Torino 182(5 e poscia a Vienna), e il dottissimo Leyen darlo , o vile de'santi bresciani, cui. attendeva a ristampar di mole quadruplicata, (filando lo colse la morte. Viaggiò mollo, e fu ad Utreck onde trovare notizie di Adriano VI, che molti asseriscono fosse della, nostra riviera benacenses Ebbe solidità, e spesse volte novità di giudizj, puri costumi, c se facile all' ira altrettanto al perdono. Don Alamanno Barelli, il Nestore de'nostro storici , volle appuntarlo; ma all' erudizione non andando in lui pari la critica, resta a gran pezza inferiore al competitore. 11 conte Giammaria Mazzucchelli (1707-05) dettò gli Scrittori dltalia. Ne furon quasi saggio le lodale vite d'Archimede (1737), dell'Aretino, di Pietro d'Abano: poi della grand'opera non pubblicò che le lettere A e B, altri volumi lasciò manoscritti. Prendi ciascun articolo? è compito; ma l'ordine alfabetico nuoce all'opera perchè, l'uomo separando dai contemporanei, non si ha un'idea netta dell'epoca. Poco s'allarga nei giudizj, ma è copiosissimo ed esattissimo nelle particolarità biografiche. Jacopo Germano Gussago nel 1708 stampò le Memorie intorno alla vita e agli scritti di Baldassare Zamboni, poi su altri nostri letterati, e nel 1820 STORIA LETTERARIA 153 il Saggio della Biblioteca Clarense in Ire grossi volumi, la storia della nostra tipografia, superata da quella che non ha guari pubblicò il conte Luigi Lecchi. Giambattista Corniani degli Orzinovi scrisse, con islilc inelegante e disforme dal tema, I secoli della letteratura italiana. Mcn dotto del Maz-zucchelli e del Tiraboschi , ma buon cittadino , nò senza coraggio , il Corniani, come osservò Tommaseo, giudica oltre gli scritti, anche P indole degli autori. Ma distinguendo questi fra di loro, e suddividendo la valutazione in istoria, opere e carattere, separa l'uomo dal letterato e il letterato dai contemporanei, seguendo un ordine che, come a lui, nocque a Camillo Ugoni (1784-1855), il quale ne continuò l'opera con intendimenti assai più generosi c con arte maggiore. Le biografie non sono vera istoria della letteratura d'un paese, se pur non si raggruppino intorno a qualche grande , in un dato genere di studj, tutti gli altri di quel secolo, considerandolo come il rappresentante d'un intero ordine di idee. Il letterato non può essere diviso dai contemporanei nò dalle condizioni fra cui visse: uopo è vedere quanto ricevette, quale impulso diede a'suoi tempi. E questo desiderio, nell'opera di Camillo Ugoni, non è soddisfatto nemmeno dall'edizione postuma, sebbene le biografie vantaggino per esattezza di date, abbondanza di fatti e maggior larghezza di vedute. Il servita Fulgenzio Micanzio di Passirano (1571-1G54) fu amico di fra Paolo Sarpi, di cui scrisse la vita, e a cui successe come teologo e consigliere della repubblica veneta, servendola per 48 anni. Tenne corrispondenza letteraria col Galileo, e lasciò diversi scritti, di cui alcuni ebbero più edizioni. Sta nelle opere del Sarpi V Istruzione ai principi circa alla politica dei Padri Gesuiti: il Theologorum venelorum Jo. Marsilii, Pauli Veneti, F. Fulgentii ad e.vcommunicationis, cilationis el monitionis romance sententiam in ipsos latam responsio. Dodici volumi manoscritti formavan i suoi Consigli alla repubblica". !ì Ne' Servili a Venezia fu posto a fra Micanzio un opitalìo, che è un capolavoro del secentismo, giocandosi sul nome suo, sul cognome, sull'eia: RISTE PEDE.M , 1IOSPES NON AD TUMULUM SEI) AD GLORIA T1IALAMUM ACQUIESCE TERRENI QUOU SUPKRKST RR. l'ATRIS MAGISTRI FULGENTII MIGANTII EXIGUO HOC CLAUDITUR LAPIDE COELESTI UUOO AMM/E SUPERNO CONDITUU COELO UIC TAMEN MAGNUM SERENISSIMA REIPUULIC/E THEOLOGUM QUADRAGINTA ET OGTO A NMS INTUERE CUJUS VIRTUS SERVITANE RELIGIONE NESCIO AN MELIUS MIOANS SIDUS A UT SOL PULGEN8 1uxeris OCTUAGENARIUS ET TERTIUS (»RUT SCU.ICET UT OOTAYUM VIRTUTIS GRADCM ET IN TERTIO omn1s PEIU'ECTIUNIS NUMERUM EXPLEVISSE SCIAS PATRUO SIDERI VER K M [CANTI. P. DOM MI GANTI US WiPOS PI'. 1007. C C. Illustra;, del L. V Voi. III. '20 Giambattista Scarclla (1711-1779) filosofo c matematico distinto, negli Elementi dihgica, ontologia, psicologia, e teologia naturale « propose una novità del sillogismo particolare, conciliando i principi della contraddizione e della ragion sufficiente, combattè Io scetticismo non men che gli scolastici, e rispose il principio della certezza in quel predicato che chiaramente vedesi esistere o no nel soggetto » (Cantò). Il benedettino Cipriano Benaglia (1750) da professore di matematica e di filosofia morale nella bresciana accademia degli Erranti passò pubblico professore di canoni nello studio di Padova; ed ebbe onori e dignità. Il padre Serafino Maccarinelli, casista scrisse la vita di Girolamo Wilelmo, e nel 1754 le Exercilationes theologico-morales, ecc. Don Andrea Marini (1752-1801 ) eletto canonico primicerio di San Nazzaro, stampò nel 1784 una Dissertazione ai teologi disappassionali sullo spirilo di partito neW argomento della Grazia combattuto; nel 1787 la confutazione della storia filosofica e politica di G. F. Baynal, indi dei Casi, proposti ai teologi relativi all'opera stampala in Cremona colutolo: Saggio sul voto della povertà religiosa; Una breve analisi degli errori degli spiriti forti (1793); nell'anno appresso sulla Sovranità de' principi; nel 1795 / secoli della religione, ecc. L'arciprete Giambattista Guadagnini, morto di 77 anni il 1804, oltre 1' apologia di Arnaldo da Brescia, sostenne dispute teologiche e scrisse Della pretesa infallibilità dei giudizj di Roma : Nuovo Esame di alcuni lesti del concilio di Trento relativi all'assoluzione dei casi riservali ; Piano di una riforma ecclesiastica e per qual modo i principi cattolici possono facilmente riuscirvi. I titoli indicano il pensiero dell'autore, devoto alle dottrine giuseppine nemiche d' ogni ecclesiastica libertà. Girolamo Ferrari, conosciuto sotto il nome di padre Fortunato da Brescia ( 1701-54), toltosi alle discussioni degli Scotisti e Tomisti, battè la filosofia peripatetica, difesa dal padre Giuseppe Antonio Ferrari, mpugnò gli errori di Giansenio, non volendo fuor di ragione nè moltiplicar i Giansenisti, nè che le bolle pontificie fossero scagliale contro una larva, sostiene che le cinque proposizioni condannate sieno veramente nell'Agostino di Giansenio. Impugnato nelle Novelle letterarie di Firenze rispose: replicò il Novellista, e lo combattè con un Esame anonimo il cappuccino Viatore da Coccaglio (1785). Si difese il padre Fortunato: il padre Viatore rispose con una Storia e difesa delle due censure del Novellista Fiorentino (Lucca, 1757), ma il primo era morto da tre anni a Madrid. Primeggiò in tali quistioni don Pietro Tamburini (1736-1827), il quale conservò fino a tarda vecchiaja robustezza di mente e prontezza di spirito. TAMBURINI E ZOLA {SS La vera idea della Santa Sede, il Concilio di Pistoja, ecc., attirarono su di lui le censure di Boma. In filosofia, ripudiando come impotenti il sensismo e la morale dell'interesse, traeva l'obbligazione morale dal bisogno della perfezione, pur confutando il progresso indefinito di Condorcet. Giuseppe Zola (1739-1809) di Goncesio, sotto i due bresciani dottissimi filippini Girolamo Verdura c Camillo Almici, aveva acquistata estesa cognizione dei Padri, dei concilj e dei più accreditati scrittori ecclesiastici. Dal vescovo Molino collocato di ventidue anni nel seminario ad insegnar lingua greca e morale, pubblicò in due tomi De fontibus theologice moralis el de ultimo hominis fine, scritti con eleganza e chiarezza. Volendo ritirare i chierici da' rilassati casisti c condurli alla Scrittura e alla tradizione , si fece dei nemici, i quali crebbero poi quando prese a difendere 1- opera di Tamburini De summa de gratia Christi dottrina; prcestantia et necessitale, la quale, ristampata in Vienna, in Firenze, nel Portogallo, in Spagna e tradotta in Francia , aggiunse fuoco all'incendio giansenistico che allora ferveva. Perocché nella guerra dichiarata alla Società di Gesù, il libro del Tamburini, che mostrava la deformità delle dottrine moliniane, ebbe il successo dell'opportunità; onde esso e Zola furono licenziati dal seminario, ma vennero invitati a Boma da Clemente XIV, e impiegati, sotto il dotto cardinale Marefoschi, come prefetti agli studj, Zola nel collegio Fuccioli e Tamburini nell'irlandese. L'imperatore Giuseppe li chiamò poi al portico teologico di Pavia. Quivi Zola dettò storia ecclesiastica, preludendo colla dissertazione De dissimulatane vitanda; e ambedue pubblicavano frequenti scritti nelle controversie d'allora. Tamburini stampava le Lettere di un teologo ad un conte in difesa della sua dissertazione or accennata , e Zola prendeva le parti dell' amico. Contro VAnalisi del libro delle prescrizioni di Tertulliano, stampata dal Tamburini in Pavia, si scagliarono da venti scrittori. Zola si occupò anche ad educare a miglior gusto i tipografi pavesi, e mercè la munificenza del conte di Firmian, provvederli di nuovi caratteri. Giuseppe II, trasferendo da Boma a Pavia il collegio germanico-ungarico, ne dava a Zola la reggenza, e affidava la prefettura degli studj al Tamburini. Quest'ultimo stampava a Lugano due lettere Sulla necessità della religione per la [elicila dello Stato, e Dell' ispezione della pubblica autorità sull'insegnamento ecclesiastico. Nel 1797 Tamburini e Zola furono chiamati dal governo provvisorio di Brescia a fondare un ginnasio a guisa di piccola università, e ad esservi professori. Napoleone elesse Zola a professore di storia; e le Lezioni delle leggi e de" costumi de popoli sino alla repubblica di Roma da esso pronunciate furono edite postume a Milano (1809). Zola è inferiore per forza di mente a Tamburini , non per erudizione. L'amicizia la più viva li unì, c Zola incontrò volontariamente la persecuzione, e fin il divieto dal vescovo di celebrare, per difendere le dottrine di Tamburini : ma senza la partecipazione a quelle lotte teologiche, il suo nome sarebbe in dimenticanza. Dissidenti in materia teologica, e compromessi in una congiura politica migrarono gli abati Pietro Gaggia di Vcrolanova, che nel 1820 pubblicò una traduzione degli Inni di Callimaco e ridestò nel seminario, ov*era professore, F amore per Io studio della lingua greca, e Passerini, che vive in Svizzera e scrive di metafisica. Il frale Fortunato Ferrari (1701-1754) insegnò geometria noli' accademia degli Erranti, scrisse elementi di matematica, di geometria c filosofia comparata, sopra Euclide, ecc. e d'alcune sue opere si fecero parecchie edizioni. Locarmi Andrea Camillo nel 1044 servì l'imperatore Ferdinando III, scrisse De novi instromenli fabbrica et usupro directio-ne fodinarum et cimiculorum; ed altri libri. Leopardo Martinengo conte di Barco, nato nel 1037, fu condottiero d'uomini d'armi per la repubblica veneta, e scrisse opuscoli e problemi geometrici, e istruzioni per l'estrazione della radice cuba. Il teatino Scarella, maestro allo Zola, salì in fama nello scorso secolo con sue varie opere di matematica. Giovanni Gorini di Palazzolo, professore di matematica all' Università di Pavia , stampò nel 1810 gli Elementi di algebra; nel, 18111 que'di geometria piana e solida, di trigonometria rettilinea, ecc., gli Elementi di matematica pura. Il padre D. Bamiro Rampinclli (1097-1759) professore a Bologna, sottomise al calcolo degli infiniti varj trattati di fisica : versò in modo particolare sulle leggi del molo, e se avesse allora pubblicalo le sue Insliluzioni meccaniche avrebbe occupato un posto, clic lo fu poi dagli oltramontani. Il conte Gio. Battista Soardi (1711-07), tenendo fra le mani due pezzi di carta rettangolari, e combinandoli per trastullo ora in un modo ora in un altro, trovò quella combinazione di cui ci dà la figura nel primo do' suoi Trattenimenti. Dicci sono gì' istromcnti da lui inventati. Il primo serve per la descrizione organica delle diverse concoidi, col secondo delinca la cissoide di Diocle e di Carré; il terzo è destinato per la linea quadratrice, e il quarto per le sezioni coniche. Forma il quinto la logaritmi e la trattoria e il sesto la cicloide. Le ovali di Cartesio applicate alle refrazioni sono descritte dall'ingegnoso settimo istromcnto. Gloria assai maggiore gli portò l'ottava macchina, da cui deriva la descrizione organica d'una novella curva, non prima da altri conosciuta, e che fu detta Soardiana. Il nono strumento descrive le curve generate dal moto composto di due circoli, le cicloidi di base circolare, molte spirali, particolarmente quelle di Archimede. Il decimo ò diretto alla descrizione organica della loxodromia e de' poligoni rettilinei regolari, di cui parla ACCADEMIE 157 a lungo e con profonda dottrina. Il Soardi applicando alla terza sua scoperta la sua teoria di catottrica e diottrica, deduce la ragione per cui nella zona torrida i raggi solari sono più intensi che altrove. Dal Soardi apprese le matematiche la bresciana Diamante Medaglia Faini (—1770), che fu anche poetessa. Gran parte ebbe nella rivoluzione e sotto il regno italico Domenico Coccoli ( — 1812), professore di matematica al liceo, ispettore generale delle acque e strade, ed autore di cinque opere di matematica, di statica, di geometria e trigonometria. Oltre l'accademia dei Verlunni, v' ebber quella degli Occulti, fondata nel XVI secolo da Martinengo Giulio poeta, da Alfonso Caprioli matematico e da Girolamo Bornato poeta; quella degli Assidui, principiata nel 1580, durò poco; quella de1 Rapiti, istituita intorno al 1500 dal conte Francesco di Lucrezio Gàmbara, ad insinuazione di Alessandro Luzzago, cessò colla partenza del conte Martinengo per Bologna. L'accademia degli Erranti, aperta per cura del padre Lattanzio Stella, del Bossi o del Bichiedei nel 1019, durò fino al marzo 1797. Fu ordinato che dovesse condurre un professore di matematica, uno di filosofia morale, uno di musica, un maestro d'armi ed uno da ballo, all' oggetto che si accoppiassero gli studj delle scienze e dell'arti liberali cogli esercizj accademici. Quella de" Sollevati istituita nel 1076 ne' Carmelitani, era diretta da Andrea Corsini; e durò poco. Quella medica degli Eccitati venne fondata in sua casa a Brescia dal medico rovatese Fcliciano fiotterà, e rinnovata nel 1740 nell'abitazione del preside del collegio de' medici. L'altra dei Filesotici, per lo studio delle scienze fisiche e matematiche, ebbe a fondatore il padre Lana nel 1686. Il vescovo Barba-rigo fondava la Ecclesiastica nel 1715 c la Colonia Ccnomana nel 1710. Il vescovo Nava fece risorgere quella ecclesiastica nel seminario, esercitando i chierici nella letteratura sacra e nella poesia. La società del Diametro, istituita da L. Pulusella, durò fino al 1797 ; cinque lustri una scientifica e letteraria aperta dal conte Giammaria Mazzuc-chelli nella sua casa, e della quale erano socj Roncalli, Guadagni, Gagliardi, Brognoli, Bicci, Cappello, Buonafede, ecc. Le memorie lette vennero raccolte da Giovanni Battista Chiaramonti, il quale pubblicò pure le lettere di Paolo Gagliardi con note, ecc. Monsignor Zucchini, vescovo di Laodicea in par-tibns, fondando 1' accademia de' Leali mirava alla coltura dello scienze, delle lettere e delle arti. Quella di agraria e fisica per illustrare la storia e naturale della provincia eseguire esperienze onde dare un corso regolare di fisica e di agraria fu istituita dal Sanvitali, e il segretario Pilati l'arricchì di una raccolta di minerali e vegetabili pel pratico insegnamento. Or resta l'Ateneo, eretto nel 1800, per promovere e diffondere, particolarmente in provincia, le scoperte e le cognizioni relativo all'agricol- tura, al commercio, alle scienze, alle lettere e alle arti in quanto giovano specialmente all'istruzione del popolo. Pubblica ogni biennio un quesito; e chi lo scioglie in modo commendevole riporta una medaglia d'oro, e diviene socio d'onore. Due medaglie d'oro, di lire ilal. 100, tre grandi d'argento, ed onorevoli menzioni sono destinate alle migliori scritture o produzioni d' arti, offerto dagli accademici nell'anno. L'Ateneo pubblicava alla line d'ogni anno i Commentari delle produzioni lette, ma, secondo il nuovo statuto, compilato nel 1851, darà per esteso le produzioni accademiche che ne fossero trovate degne, e per estratto le altre, col mezzo di commentar)' trimestrali, che conterranno le prolusioni del presidente, l'indicazione dei prcmj aggiudicati, quella delle opere venute in dono; i cenni intorno alla storia, biografia e statistica dell'anno per Brescia e sua provincia, le osservazioni meteorologiche e agrarie d'ogni mese, oltre un sunto di notizie scientifico-letterarie, utili a difondersi per istruzione del popolo. Opera di grande importanza è il Museo bresciano illustrato. Nel primo volume T architetto Vanti ni prendeva a considerare lo sterrato tempio antico, e lo diceva fatto dai Bresciani ove esistevano prima un altro, e ad imitazione del Giove Capitolino a Boma. Baoul-Bochette , nel fascicolo d'agosto del Journal des savanls 1845, appuotava il Vanlini, I d'avere sconosciuto la reale destinazione dell'edificio: li di non averne con fedeltà rappresentalo la rintegrazione: III di avere erroneamente supposto analogia di stile tra questo monumento e l'antico Foro di Brescia. Tutti in quella critica vider l'opera d'un bresciano, come nella più acerba censura che Baoul-Bochette faceva al discorso proemiale dell'avvocato Giuseppe Salcri, allora presidente dell' Ateneo, sulla importanza delle investigazioni archeologiche. ' In effetto il Saleri donando come suo a principi e accademie quel volume, riportava lodi, ricompense, decorazioni, e il succedutogli Luigi Lechi P accusava di aver fatto un' edizione di lusso in luogo della più modesta in quarto, ch'era già cominciata , e di aver sconcertato F economia e la diffusione dell'opera (\ 6 Doveva costare lire 15,000 , allargale, lino alle 20,000 per la pubblica/ione di un Codice diplomatico, c dove il municipio dava il sussidio di lire diciassette mila; mentre per l'edizione di lusso giunsero sino alle lire 37,000, alle quali aggiunto il prodotto delle copie vendute, si el>l)e la cifra di -iò.O'JO, olire più di cinquemila lire di debito, pel sedo primo volume e poche (avide del secondo. XX. Rivoluziono del 1797. — Repubblica Cisalpina. — Regno d'Italia. Quando Brescia si diede alla repubblica di Venezia nel 1420, go-vernavasi con tre Consigli; generale, speciale e di credenza. La repubblica destinò al governo due nobili del senato, P uno col titolo di podestà l'altro di capitano; due altri nobili del Consiglio maggiore col titolo di camerlenghi soprantendeano alla cassa, e ad un altro nobile affidavasi la custodia del castello. Il Consiglio generale continuò ad essere popolare ed elettivo finché nel 1488 la generale adunanza lo decretò ereditario nei discendenti de' cittadini originari, che non avessero esercitata arte meccanica dall' avo in poi. Cosi ie adunanze generali si ridusser a cinquecento cittadini, e talvolta a trecento. Avevano diritto d'entrarvi tutti i nobili veneti originarj di Brescia; gli altri cittadini non potevano esservi ammessi che in via di grazia. Un uffizio di sette deputati alla civiltà, prendevano in esame i requisiti de'ricorrenti, ne riferivano al Consiglio generale, che decideva colla maggioranza di quattro quinti. Il Consiglio speciale continuò ad essere formato da dodici cittadini, preseduti da un abbate ; estratti, di due in due mesi, dal Consiglio generale, dal quale dovevano esser approvate le loro determinazioni. Il Consiglio di consulta era composto di sette cittadini con un presidente o abbate, ed un avvocato, che faceva le funzioni di contraddittore, sostenendo lo ragioni della città. Tre di quei cittadini soprantendeano all' esecuzione degli statuti, e due, col nome di sindaci, all'economia della cassa della città. La repubblica, colle leggi del 1528, 1540 e 1017 raffermava quanto erasi stabilito nel 1488; poi anche dopo la rivoluzione del 1044. Ne nascea malcontento anche nel ceto pensante, poiché, per divenir membro del Collegio de' dottori era mestieri esserlo pure del Consiglio generale; prepotenze, omicid] commettevano o facevano commettere i nobili, ai quali era concesso talvolta una piccola scorta d'armati, eui non si facevano scrupolo di raddoppiare ed anche triplicare; e non rado volte l'audacia patrizia giungeva a tanto, che un privato affrontava lo slesso governo. Chi non sa quanto i buli bresciani divennero famosi? Gli ottimati veneziani chiudevano gli occhi su quelle prepotenze ; e se alcune volte aprivanli c mandavano decreti, o mancava la forza a chi doveva farli eseguire, o conniveva al reo. Un buio del conte Alemanno Gàmbara passava un giorno per Calvisano, armato fino a' denti. La guardia veneta moveva per arrestarlo, e perchè quello rispondeva esser di casa Gàmbara, il condottiero della milizia soggiungeva che i gamberi e' soleva mangiarli; e l'imprigionava. Saputolo, il conte Alemanno mandava una mano de' suoi a Calvisano, e salutava a palle i soldati, i quali erano costretti chiudersi in quartiere, e sopportare le ingiurie. E la Repubblica tollerava; e se dopo mille di siffatte usciva con un decreto d'esilio contro il Gàmbara era quando l'audacia di costui sossoprava tutta la città. Alcuni birri della Repubblica inseguirono un contrabbandiere fino sopra i feudi del conte; questo li fe accogliere cortesemente ed ospitare; ma la mattina che sussegui entrava in broletto un carro pieno di verdura, e staccatine i buoi, colà era lasciato. Vi si trovarono coperti i cadaveri dei birri. Altri delitti, spesse volte domestici, nasceano dalla legge tramandata dalla feudalità, per la quale si radunava nel primogenito pressoché tutta Ja sostanza paterna. Depravati i costumi dei nobili, a segno che nè i luoghi sacri rispettavano ; nella seconda metà del XVIII secolo un grave scandalo accadeva in un convento di monache in Brescia, che ora serve di dogana. V'erano complicati dei conti bresciani, che vennero poi privati della nobiltà, e i discendenti de' quali geltavansi quindi nella rivoluzione del 97 , e atterravano la colonna eh' erasi eretta a loro infamia. Preti e nobili milanesi v'erano pure involli. E anche fra la plebe i maneschi andavano attorno armati, fin in chiesa ; e per risse o per vendette proprie od altrui freddavano un uomo, e rifuggivan poi sul ducato di Milano o sul feudo di qualche nobile, ove erano sicuri. Il popolo conservava il sentimento di religione o di famiglia, rispetto all'autorità, fede alla data parola, che valea più che non ora un documento; ma era superstizioso: soffriva men patimenti d'oggi, ma più umiliazioni. Del resto, un carnevale quasi continuo; imposte tcnuissime, e anche quelle tratto tratto diminuite della metà o condonate per intero; e noi vedemmo ccntinaja di decreti della Repubblica, ne' quali, per essere stalo un paese danneggiato dalla grandine, da un torrentello, dalla siccità, veniva esentato dal soddisfarle, o gli erano ridotte d'una metà o per Io meno gli si prolungava di anni il pagamento. La Repubblica KIVOLUZIONR GIACOBINA 101 amava esser detta madre de' sudditi; ed eralo infatti, se non che era madre vecchia che, per mancanza di energia, lascia che il figlio cattivo si cavi ogni sorta di capriccio. Nel 1792 il popolo levò rumore contro i giudici delle vettovaglie : e venivano tolti e nominati in lor vece i provveditori conti Giorgio Mar-tinengo ed Alemanno Gàmbara, il quale, nel 1781 tornalo dall'esilio di veni'anni, avea ricuperato i feudi. La rivoluzione che operavasi in Francia non destava dal torpore Venezia. I Francesi venivano in Italia, e Buonaparle enlrava in Milano il 14 maggio del 1790. Il 25 di quel mese, 30 e più mila uomini giungevano all'O-spedalelto, olto miglia da Brescia, e due o tre battaglioni s'avanzarono il dì stesso fin sotto le mura della città, attendando la notte presso porta Tor-relunga. Il 20, ricorrendo la solennità del Corpus Domini, l'armata francese sfilò sotto le mura di Sant'Alessandro, e fissò le tende nei campi del vescovo, dirimpetto al Ganton Mombello. Sebbene non fosse conceduto che agli officiali l'ingresso in città, sulla sera numerosi camerati, nulla curando le guardie venete di soldati schiavoni, oltrepassarono le porte senz'armi, e con marziale contegno percorsero le contrade cantando la Marsigliese. Brescia si animava a quei canti, e senlia bisogno di grandi fatti. Parecchi ponevansi fin d'allora sotto le bandiere francesi, fra cui tre fratelli Olini. 1127 maggio entrava Buonaparte, e dopo breve visita al governatore Alvise Mocenigo in Brolelto, andava ad alloggiare nel monastero de' Benedettini a Sant'Eufemia, donde la mattina seguente seguitava colle schiero verso il Mantovano. Ma il sistema della neutralità disarmata facea sì che gli stranieri comandassero da padroni sulle terre dei Veneziani, fino ad ordinare la distruzione delle loro fortezze, come fece Buonaparte con quella d'Anfo. Murat e Luigi Buonaparte cadevano prigionieri degli Austriaci in Brescia d 29 luglio; e il primo veniva cangiato con prigioni imperiali, il secondo diretto in Tirolo, passando per la vai Trompia. Anche Salò, già preso dal general Busca, cadeva in potere degli Imperiali; ina e questo paese e Brescia venivan ripresi dai Francesi ai primi d'agosto (1790), nei quali giorni Buonaparte batteva gli Austriaci a Lonato. Erasi formata in Milano una società secreta collo scopo di far ribellare a Venezia tutte le città di terraferma e introdurvi un governo democratico. Brescia doveva essere il capo di quel movimento, che da qui doveasi propagare a Bergamo ed a Crema: la favorivano individui appartenenti a primarie famiglie, e non pochi preti. » Alessandro Ottolini capitano, vice podestà di Bergamo, ne dava avviso a Francesco Battagia proveditore straordinario in terraferma. Ma il Battagia era o debole o connivente (Vedasi vol. II, pag. 213). illustraz. det L.-V. Voi. III. 1\ m STOMA DI Rti ESOIA Ma, qual ne fosse la cagione, anziché a Brescia, la rivolta scoppiò ; ejL&ra si ristampa coll'altre opere sue ordinate dal dott. Pallavcri, professore di lingua greca, coll'aggiunta fino alla rivoluzione del 1797. Ma il Nicolini salta di piò pari quasi tre secoli e di quella età non tocca che i fatti militari, ommettendo i civili tanto importanti. Nel 1830 il Nicolini succedeva ali1 Arici qual segretario dell'Ateneo. Antonio Bucellcni, già professore in Brescia poi in Belluno, indi avvocato a Brescia, ora vaga per l'Europa col bresciano violinista Antonio Bazzihi. Nel 1807 e negli anni susseguenti egli pubblicava bonissimi saggi di traduzione di Virgilio, di Tibullo e di Properzio. Il Viaggio al Meila, al Clisio ed al Be-naco (1822) è la migliore delle sue composizioni originali. Giovita Scalvini, che nelPesiglio tradusse il Fausto di Goehte, morendo lasciava i suoi scritti a Camillo Ugoni ed a Nicolò Tommaseo, il quale inviandoli a Firenze per l'edizione che se ne intraprese, scriveva: « C'è le memorie dell'ingegno e dell'animo suo e de'suoi tempi dal 1808 al 40; c'è pensieri civili e morali e letterarj; c'è non narrazioni, ma meglio che romanzi d'amore vero; c'è versi pochi, ma notabili mollo____Posso affermare, che in questi scritti lo Scalvini si mostra un de' più caldi e accurati scrittori dol tempo. Senza che, non avrei speso intorno a lui tante cure ». Dai tempi del Begno d'Italia al 1821 il nostro Ateneo, di cui era segretario Antonio Bianchi, traduttore di Pindaro, ebbe anni operosi e brillanti. Non gliene mancarono anche ne1 susseguenti; ma poi entrò la discordia, e i frutti che mena seco. A! 3 dicembre 1851 il governo militare proibì le tornate accademiche, poi concesse venissero riprese, eleggendo presidente lo storico Federico Odorici, che rinunziò all'illegale elezione. Egli non avea ancora pubblicale le sue Storie Bresciane, bensì parecchi scritti di breve mole, fra cui primeggia la Brescia romana. Nelle storie lo stile duro, l'inamena discussione, il secentismo che vi portò, le disadatte apostrofi sentimentali talora disgustano; ma la copia dei documenti e dei falli, raccolti con indefessa curacd amore, sebben non sempre abbastanza vagliali, gli meritano gratitudine, e maggiormente la pubblicazione del Codice diplomatica bresciano. Angelo Mazzoldi colle Origini italiche levò rumore e suscitò dispute quando l'opera apparve; e pur non convenendo nell'assunto di lui, non gli si negò erudizione, coltura di stile e amor patrio. Utile libro è il da lui pubblicalo intorno al filugello. Gabriele Uosa scrisse molti opuscoli e libri, fra'quali ottennero lode quelli intitolali / Feudi ed i Comuni in Lombardia, e l'altro sui Dialetti, costumi delle provincie di Brescia e di Bergamo. Accurato raccoglitore di documenti, con vedute svariate c conoscenza di molti libri, lascia desiderare maggior arte nello scrivere e ordine migliore. Bella l'ama acquistarono al professore Andrea Zamhclli, le dissertazioni sulla guerra, sulle religioni, su Machiavelli, sull' influenza degli Arabi né primordj della letteratura italiana. LETTERATI ODI GUM {Ili Nella .storia e nella tragedia si provò Carlo Cocchetti, autore di queste pagine. Moltissimo accura la lingua e lo stile V abbate Pietro Zambelli, imitatore di Giordani e autore di orazioni sacre e di elogi. Scritti ascetici filosofici dettò Micovik, padre della Pace. Opera di profonda erudizione è il Misticismo biblico del teologo Emilio Tiboni, che ha pure una antologia ebraica con un glossario giudicato buono dal celebre Samuele Davide Luzzatto. Il dottore Àttil-o Cencdclla nella vale chimica. Carl'Antonio Venturi è fra'migliori micologhi d'Italia; il conte Ferdinando Cavalli, presidente della Società d'Incoraggiamento a Padova, pubblicò dotte memorie economiche. Versarono in questi studj anche gli avvocati Pagani e Ba-rucchelli, i dottori legali Bonaventura Gerardi e Giuseppe Zanardelli, e il cavaliere Giuseppe Porcelli. Alberto Balestri™ inventò uno scandaglio elettrico a piombo perduto, che presentò all'imperatore Napoleone III, il quale gli concesse la linea telegrafica che anderà da Marsiglia a Costantinopoli, toccando tutti i porti mediterranei d'Italia. Il dottor Omboni arditamente perlustrò l'America e l'Africa; Emilio Dandolo il Sudan, che è ora visitato, con santi intendimenti, dal missionario Daniele Comboni. 11 professore Francesco Ghibellini ha molta memoria geografica, e fece un ristretto di geografia per le scuole. Lorenzo Erculiani stampò tre romanzi di patrio argomento (Atade Poncarali, I Valvassori, Leutelmonte), uno de' quali incontrò fortuna ; tre Costanzo Ferrari (Tiburga Oldofredi, Maria da Brescia, Lorenzo Gigli), e due Eugenio Maestrazzi (La Lega Lombarda, Giovanna di Napoli.), Felice. Turotti continuò la storia del Botta, e fe rappresentare parecchi drammi ; commedie per case d'educazione il professor don Gaetano Scandella, autore della vita del vescovo Nava e della monaca Capitanio. I drammi lirici di Temistocle Solerà son forse i migliori dopo quelli- di Bomani. Su argomenti politici in prosa e in versi dettò il prete Donalo Patu-celli, che, dopo il 48, vive nell'Elvezia; alcuni nell'esilio, Filippo Ugoni. Poeti civili sono Giulio liberti e Matteo Gatta; intimo il dottor Giuseppe Allegri; di sacro argomento Giuseppe Gallia e il padre Chiarini. Tradussero dal greco il conte Luigi Lochi e il suddetto Pallaveri; dal francese Toccagni e Piazza; il prevosto Livraga recò in bei versi sciolti il Telemaco di Fénolon. Un libretto di geologia stampò il dottor Francesco Maza; un volume intorno a Socrate e la pratica morale il giovane Guerzoni ; altri di argomento filosofico, l'abate Bicobelli. Intorno al miglioramento, e alla sistemazione e distribuzione delle acque per l'irrigazione ed alle Stime 11 ingegnere Lorenzo Bidolo; il professore di chimica agraria Angelo Mona Discorsi mto-rno all' agricoltura. 17« STORIA 1)1 BRESCIA Non certi di aver tutte nominate le persone meritevoli d1 esserlo e tanto meno d'averle contentate, percorriamo questa simpatica città rapi-pidamente, colla sua carta topografica sotto gli occhi, indicandone i filantropici istituti, e per via alcune pubbliche fabbriche. j ~l—... SfiM n nui/v in-Il H TV , , ;,-. ••• 11— ~— In.-' ' I..' 1 ------ ".'-"."..i.... '5 .. " t Proietto. 2 Duomo nuovo. a Duomo v nei-In», 4 Tempio di Vespasiano. ì> S. Pietro in Uliveto. 6 Giardini pubblici. 7 Mercato gran i. 8 S. Eufemia. 9 S. Afri». 10 S. Barnabi, 11 Teatro Grandi;. 19 Piazza de' commestibili, lil S. Nazaru e Celso. 14 S._ Francesco. 15 S. Giovanni Kvanjjelisfa. 1G Carmine. 17 s. Faustino maggiore. 18 Palazzo municipale. 49 Ospitale. 30 Stazione, 21 Castello. M Asili Infantili. 5878 X+I 9 DESCRIZIONE DELLA CITTA' i77 Cominciamo dal Broletto. Qui oltre la Delegazione Provinciale e il Tribunale, havvi l'Agenzia della cassa di risparmio, istituzione tanto utile pel povero industrioso. Movendo dal Broletto, per la via del castelo troviamo un istituto aperto di recente da un prete pei liberati dal carcere. Il benemerito don Luigi Apollonio , sostenuto dalla carità cittadina, a' suoi derelitti procura un onesto sostentamento, occupandoli nei varj lavori di falegname, sarto, calzolajo, ecc., sotto la direzione di valenti capi-oflicina. Apprende pur loro a scrivere, a leggere, l'arte del disegno, a mezzo di maestri che si prestano gratuitamente, e l'educazione morale e religiosa. Così questi traviati si rendono degni d'entrare nuovamente in seno della società. Abbiam già parlato del monastero delle convertite e dell'istituto elemosiniere della congrega. Prendendo la via del Vescovato, noi osserveremo, nel già convento di San Clemente, le scuole infantili, introdotte nel 1836 dall'avvocato Giuseppe Saleri. Qui presso fino dal 1173 tenersi il mercato^ detto nuovo, vòlto, non ha molf anni, in giardino pubblico: fronteggia il palazzo Cigola, ove credesi ospitasse il ferito Bajardo. A pochi passi allacciasi il mercato dei grani, eretto nel 1820 su disegnò di Angelo Vita (Vedi qui dietro). È un robusto edificio con lungo portico a pilastri di pietra di Botticino o di virle, come il Campo Santo. Quivi era un'ortaglia del convento di Sant'Eufemia. Seguendola contrada maggiore verso l'interno della città troveremo l'Istituto dei figli di Maria a San Barnaba, già degli Eremitani, aperto nel 1821 dal canonico Lodovico Pavoni, che ne ebbe poi la governativa approvazione il 30 maggio 1825. Avendo fino dal 1818 manifestata al vescovo Nava, di santa memoria, l'intenzione di prendere in cura gli orfani e i fanciulli abbandonali, raccoglierli e sostentarli col lavoro delle loro mani, addestrandoli in qualch' arte, n'otteneva ajuti pronti e opportuni. Il Pavoni vi collocò stamperia, officine di ferrajo, di legnajuolo, di calzolajo, e coi migliori artefici della città. Non bastandogli tutto il suo non piccolo patrimonio, ricorse alla carità cittadina. Larghi ed inaspettati sus-sidj assicurarono la sussistenza dell'istituto, fra'quali nomineremo Marta Avogadro, Ottavio e Teresa Borroni, monsignor Carlo Ferrari, Beatrice FenaroJi, Cattcrina MalTei, Giulia e Maria Bonaglia, Carlo e Paolo Carli, Vincenzo Maggi, Clemente Bosa e Antonio Valotti. Il Pavoni vi accolse tutti gli orfani che gli furono presentati nel luttuoso 1836. L'istituzione Pe' sordo-muti, già ideata dal padre Lana e cercata d'attuare da Giacinto Mompiani, avea vita nel 36 per opera di alcuni religiosi, che nel 42 ne offrivano ia direzione a Pavoni. Sul finire del 1847 (8 dicembre) quasi presago della sua fine eresse Y Istituto in religiosa congregazione col titolo di Figli di Maria, nuovo ordine introdotto da lui, composto H/ustni; dol L V Vol. lit. |J DESCRIZIONE DELLA CITTA' 179 ì di sacerdoti e di laici, concordi nel proposito di porgere in sè stessi P esempio di tutte virtù. Il Pavóni moriva a Salano mentre Brescia era avvolta fra le stragi e le fiamme. È presso la pinacoteca, di cui il conte Paolo Tosio, morendo T 41 gennaio 1842, faceva ricca la città; magnifica raccolta di quadri, di sculture, incisioni, libri, cammei. La contessa Paolina, sua vedova, v'aggiunse libri, manoscritti, medaglie ed altri lavori.bellissimi, come il Torquato Tasso del codesti, il Pigiatore di Lorenzo Bartolini, il Laocoontc di Ferrari; e alla sua morte anche la casa, escluso settembre e ottobre, è aperta a tutti; e annessavi scuola comunale di pittura, d'arti e mestieri. Nella bellissima piazza delle erbe, la marmorea fontana fu disognata da Luigi Donegani e la statua scolpita da Gian Antonio Labus. A due passi troviamo il Macello pubblico. Conosciam già il Monto di Pietà e il Monte Grande. Nell'aule a tramontana della Loggia sta l'Archivio notarile. È degna di menzione l'epigrafe del 1177, tolta dalla porta della basilica di San Pietro de Dom, portante una sentenza pronunciata dai Consoli di Brescia cum campana populo laudante, che condanna all'infamia Guiscardo e Gerardino per giuramento violato; l'ospitale della Mercanzia fu eretto dall'università de'mercanti il XV secolo, e veniva mantenuto coi prodotti delle multe pecuniarie inflìtte a' negozianti e professionisti. Si raccoglievano uomini e donne provcdendoli di vitto, vestito e assistenza. Diminuiti i sussidj, non vi si poterono ricevere che donne, per lo più vedove di artigiani. Ora non toccano le trenta, che in piccola casa, diretta dalla Camera di commercio, godono dell'assistenza medico-chirurgica, ed hanno una infermiera ed una priora. Al nuovo ospitale la nobile Erizzo-Malfei legò rendita annua per provvedere di cassa i morti, e la signora Lantieri-Soardi una rendita per sovvenir i convalescenti. La prima faceva costruire, con disegno di Vantini, un più adatto luogo per le pazze, servite dalle Ancelle della carila dette Ospitaliere. E questa una istituzione della nobile Paolina Bosa, morta non ha guari in fresca età. Sull'area del cessato monastero della Maddalena, dal cavallerizzo Luigi Guillaume fu eretto un teatro nel 1850, ad imitazione del circo olimpico di Parigi. Alla grande arena per gli spettacoli equestri è aggiunto il palco per le rappresentazioni drammatiche. Dicemmo del Teatro Grande, sorto nel 1810, le decorazioni del quale si tengono per i migliori affreschi di Teosa. V è unito un Pio htiiuio Teatrale. Nel convento di San Cosmo furono trasferite le Orfane dal chiostro confinante all'infermeria femminile, alla quale fu unito. L'ingegnere Lorenzo Bidolo proponeva di avviare gli orfani della Misericordia all'agricoltura, formando una colonia. Uno simile aveane ideato monsignor Carlo 180 STOMI A DI BRESCIA Angelini, già prevosto di Rovato sua patria, ora abate di P-ontevico, a beneficio degli esposti dell' ospitale, con cui si sarebbe ottenuto il triplice vantaggio di minorare la spesa al pio luogo, di salvarne molti con cure maggiori e di servire al progresso agricolo. Dal 1770 al 1807 gli esposti ricevuti furono 13,085; dal 1808 al 1851 furono 22,059, di cui 14,479 morirono. Dicemmo della Casa di Dio e di ricovero, od Ospitale de' Mendicanti fondato nel XVI secolo, e dotato dalla privata beneficenza. Ha l'annua rendita di circa 73 mila lire, e vi si mantengono ordinariamente 3(i() individui, più donne che uomini, e piccol numero di fanciulli impotenti, con comode e salubri infermerie, assistenza medica e chirurgica, medicinali provveduti alla farmacia del civico spedale. Oltre gli accolti, soccorre poveri a domicilio, con denaro agli infermi, sostentamento a vedove e pupilli, specialmente della parrocchia di San Nazaro, e doti a zitelle. La Casa d'Industria, fu aperta nel carestoso 1817. Si mantiene con cittadine sottoscrizioni annuali, piccole elargizioni de' Pii Luoghi, sussidj del Municipio, le multe applicate a politiche trasgressioni, e il fruito decapitali lasciati, fra' quali uno del medico Ercole Zambonelli di 120 mila lire. La rendita della Casa d'Industria è di aL. 30 mila. Vi hanno lavoro ogni giorno, per adequato, 180 maschi e ICO femmine, e il frutto ne rimane a vantaggio dei ricoverati. Hanno oncie'10 di pane, e minestra a volontà; carne e vino in certi designati giorni. La sera l'invalido riceve 20 centesimi per l'alloggio; 10 il seminvalido, 15 la donna invalida e G la scminvalida. I mestieri sono filatura della canapa e del lino, torcer refe, tessere, calzolajo e falegname; libero ai poveri P assentarsi e ritornarvi quando n'abbiano bisogno. Un benefico sacerdote, Pietro Riva, frequentando il grande ospedale onde prestar assistenza agli infermi, pensò istituire un ospizio pei sacerdoti ammalati o invalidi, e nel 1842 acquistò, a tale scopo, co! proprio censo, il chiostro di Sant'Orsola; e il canonico Noy lo sovveniva di denari. La spesa annua ascende a L. 10 mila. Quelli che amassero starvi non poveri nè impotenti, corrispondono una tenue pensione. Non manca a Brescia la scuola di ginnastica e di scherma; e due stabilimenti pei bagni (Schivanti e Urgnani). Troppo ci dilungheremmo se volessimo esaminare i monumenti privati; ma chi visita Brescia non dimentichi il palazzo Martinengo Cesaresco, una delle più corrette e gentili fabbriche della città; quello di Martinengo della Fabbrica, il più grandioso, ha buoni affreschi, arazzi mirabilmente lavorali, e conteneva le armature che orafanno di sò bellissima mostra nella regia armeria di Torino, comperate da Carlo Alberto. Per l'architettura devono essere vedute anche le case Maggi, Bonalda, Brozzoni; per og- DIALETTO is1 getti d'arte, quelle Sabalti, Avoltori, Martinengo del Novarino, e socialmente le gallerie Brozzoni, Averoldi, Lechi, MafTei, Fenaroli, P i tozzi. Dalla pcrta di San Nazaro, disegno di Luigi Donegani, usciamo a vedere la- stazione della strada ferrata, disegnata dal signor Boltura e dall'ingegnere in capo dottor Benedetto Foix. Com'è bella Brescia guardata da quel punto 1 Come sono ridenti i suoi ronchi seminati di case e di palazzi! Volgiamole ancora uno sguardo ed un salutol Ne lasciamo senza visita il giardino Brozzoni, attiguo alla Stazione, ricco di oltre quattrocento specie di echinocacti e mamillarie, di più che cinquecento varietà di coniferi, di resinosi e sempreverdi; di oltre un migliajo di varietà di camellie, di una raccolta di palme, di cicadee, di cadi, ecc., che lo rendono uno de' principali di Lombardia. NOTA SUL DIALETTO BRESCIANO Il dialetto bresciano, meno rozzo in città e nella parte meridionale, è affatto triviale ed istantaneamente varialo a poche miglia dalle mura al lato nord-ovest; le valli hanno*molle varietà. Nella riviera di Salò sa del veronese, e ne* paesi della vai Tenese Gavardo, e suoi dintorni orientali va di mezzo fra il bresciano ed il salodiano , ne' paesi del sud-est risente del mantovano, ed è marcatissima la Z pronunciata in luogo della •S per esempio adèz, spèz, milza, mentre in generale si dici; adès, spòs. railsa----Nel contine cremonese si sente lino all'estremo il dialetto bresciano, franco,, reciso, aspretto e forse provocante, in occasione d'ira o di risentimento. Le agevolale comunicazioni, le scuole elementari attivale in ogni parrocchia, la vita ed il movimento che ora sono impressi anche alle popolazioni di campagna, fanno che tuttodì progredisce la modificazione nella pronuncia e nell'uso delle parole; e se ne riscontrano le trac-eie in una stessa famiglia. La parola dentro dalla vecchia di casa si dirà dal figlio déter, dal nipote dealer, dallo scolaro dienlro o dentro: Il nonno di famiglia dice ancora diurna (l'ebdomada latina), a pus (apud), a proef (propc), scus (exclusus), endèrdèra (interea), alèta (electa), set per set, boeschoerà, balcà, derma, sninzà (togliere la pienezza a un vaso, un sacco, un pane), dove i più giovani dicono invece settimana, aprés, visi, difès, enlàt, pura, ovvero lambica, parlando dell'acqua; de spess, des-menteyùs, cessa, posta, romper o rompi, ecc. I nostri villici dicono ancora it> certi paesi, specialmente nelle valli, aiyua per acqua, barba per zio, 182 STORIA 1)1 BRESCIA meda per zia, e boba per babbo; ma non vi s'ode più da tempo I' atta, che nell'VIII secolo usavasi appunto ad indicare il padre. Il dialetto bresciano manca del passato perfetto, del trapassato rimoto, del participio presente c del gerundio; e nella conjugazione pochissimo diversifica dal milanese. Giambattista Melchior! nel 1817 diede in due volumi un Vocabolario bresciano-italiano, e testò un bel lavoro sul nostro e sul dialetto bergamasco, fece Gabriele Rosa, al quale rimettiamo il lettore per non lo dover ripetere. Sol diremo che il primo libro che si conosca, scritto per intero nel nostro dialetto, è quello di Mariotto Martincngo della Pallata, intitolato La Matsera da bè per drita Ioni Fior de Cablai, edito in Brescia nel I5o4, poi in Venezia nel 1868. Un secolo fa scriveva in dialetto D. Arcangelo Barcellandi, arciprete di Homo. Non ha molti anni moriva in Chiari l'avvocato Loltieri Pietro, au-lore di parecchie poesie vernacole; e in un paese della bassa provincia mancava, in giovane età, un medico che molte aveanc composte, e a quanto si narrava, fortissime. Fra i viventi il prof, abate Gaetano Scandella sta pubblicando tre farse in versi bresciani; scrisse, ma non istampò poesie vernacole G. B. Zani, bibliotecario della Quiriniana, e di molto facili l'arciprete Tenchini, che, come a me, così anche al Bosa fu cortese di documenti risguardanti il nostro dialetto, e specialmente dei proverbi, che corrono fra il nostro popolo, importanti per più molivi. Di lui adduciam questa inedita in dialetto rustico della bassa. M'è mori la pola — Caro lu, scior arséprèt, Za chc'l passa che'n contrada, Fase grascia el vegne del. El glia daghe à lu un' cociada Al me scèt pice pisinì, Che'l sta mal el veel mori. Lè tré de che' 1 tee! negot, E noi và nò ingnàns nò endrc, Set per set ghà ve' 1 sangiot, E za' l par che' l rèste lé.... Fase grascia igni a vedìl, E, séc piàs, a benedil » *. 1 Faccia grazia a venir a vederlo, e so gli piace, benedirlo. DIALETTO 1K3 Chi ma faa sto bòi parla, V era un toc d' una raamuna Semper piena dò da fà; E aisébé che la fces bona 2, Gho pensa t isé tra me, Che'l glia stès sto scèt nei pé. Tanto pice, che quand i riama I/ arséprét en sto ocasiù, Per ci pice, lè una quàc marna Glie tra' I slràc e la passim La ghà ghcest (a dil tra no) o he. o mal d'andagba eneo * L'ia gnamù lìnìt de dì, Glie zac tàc me séré'n casa, E troc lé slé rapati, Ros foghél com'una brasa, Coi sò cecì voltàg insce, Che' I spalisela che mai pice *. Gho postàt la mà scoi front... L'ho ciamàt,... gho fàt carcse... Tcel sopìt... noi ma respont, Nè 'I dà segn che '1 ma capese... Anche noma en del tra 'l fiat, k Gho capii che lè z'andai. Pier... me turna a repetigha: Cosa fòt el me rani ?... Dil a me?... ma sèntct miglia/... Ta fà mime'1 rosoli?... '<> Dil a me?... Ma come un sàs, Mai capìm... gnè mai squasàs E me aìlura, isé sot vìis Reselando un'Aimuria, Gho fat sura' 1 segn crùs. E voltai per vegni vìa, A ste mama ch'era lé. Cho credit de digita isé: - E sebbene la fosse bucina. " Tn la stanchezza e il rincrescimento, la desidera (a dirk fra noi) di venirne un fine. * Che ansa alla peggio. » Ti fa malo la testolina f STORIA 1jI BRESCIA — Poera mader disgrasciada, Str vost scòt lè a un gran brce! pàs. Sà vèd ciàr che lè zi fada... Mei dè tcet l'è rasegnàs... Tanto pice che, coni' cs dis. El sa roba el paradis ». Lr» matina eh' è igntt drè (\ Nel .inda d'una malada, So pasàt amò de le, E troando le' n contrada. Sta madona dei dolor Noma lagrerac e cridùr, (ilio dit subet: — Oh poarètat... Ghie rezii... lè prope andàt. »7. E le, teeta impianzoléta, K tirando a sbals el fiat, E con vùs casada' n gola: Oh car lui... m'è mori la pola. 0 La mattina seguente. 7 Avevo ragione: è proprio andate. PROVINCIA DI BRESCIA XXII, Provincia. ~ Statistica civile. — Il Municipio. I/ ostensione della provincia di Brescia non coincide colla diocesi. Fanno parte della prima Lonato, Desenzano, Padenghe, Moniga del Lago, Sermione, Pozzolengo, Rivoltèlla, Manerba con Munticellc, Portese, San Felice, Sojano, Balta, soggetti alla diocesi veronese fino dallo scorcio del quarto o dal quinto secolo. Per lo contrario sono addetti al vescovado di Brescia i paesi di Valcamonica, staccata in parte dalla provincia col decreto 24 brumale, anno VI repubblicano ( 24 novembre 171)7) ; poi tutti coi decreti del marzo 1798 e del maggio 1801 '. l l comuni della Valcamonica, avendo pressoché lutti i loro interessi commerciali eoo Brescia, il 17 gennajò ixii presentarono al viceré una supplica per essere aggregali alla nostra provincia anche poi civile; e sugli ultimi del giugno 1848, non avendo risposta, facevano un secondo reclamo, allegando ire nuovi fatti; primo, il rifiuto che l'ospedale di Bergamo esercita a danno dei crolliti B dei pelagrosi di Valcamonica; secondo, il rifiuto di quello spedale ad accogliere i trovatelli che non possono essere , per man-tUunlraz, rf< i !.. V. Vol. III. 'l't La giacitura della stessa valle addita che tutte le sue tendenze sono rivolte a Brescia. Nei costumi è poi si vivo T affetto a questa città che quando un valligiano dà parola di sposa ad una giovane, le fa pure la promessa di condurla entro un anno a Brescia. Ma lino a che il desiderio non si converta in fatto compiuto, noi ommetteremo quella valle dalla nostra storia. Sotto la repubblica veneta il Bresciano era scompartito in cinque parli principali; Valcamonica, Valtrompia, Valsabbia, Biviera e Territorio. Quest' ultimo dividevasi in Franciacorta, Piò di monte e Pianura. Tutto il Bresciano formava diciannove quadre , contenenti cento quarantadue canza di mezzi, ricevuli] dall'ospitale di Malegno, distretto di Breno; ter/.o, la privazione di sussidj dell'Istituto Scolastico di Brescia ai quali la valle avrebbe diritto, perchè non piccola parte del fondo destinato per la pubblica istruzione formava»! pel decreto 7 settembre I7N7 eoi beni delle confraternite religiose di Valcamonica. Il 18 agosto lSi!> i Comuni di Valcamonica inoltravano una terza supplica, e avevano aitine una risposta, ed era che non si faceva luogo alla dimanda perdio si Icndeva ad ottenere una novità. Povera slori;»!.....Il 28 agosto i Si," si appaltava la costruzione della strada lacuale da Bisogne ad Iseo; e la nostra provincia concorse colla Valcamonica alla spesa, perchè la circolale delegatizia H febbrajo lN'iiì nuni. 1628-78, diceva clic ciò polrcbb'cssere cagione d' unire la valle a noi. La Valcamonica rinnovava teste la sua istanza, e sembra che alla line si voglia esaudire la povera supplicante. , Sul nuni. ti (8 maggio IO), ilei Giornale l'Alba redatto da Carlo Cocchetti, il signor cavaliere Giuseppe Porcelli pubblicava il confronto del commercio che ha la valle con Bergamo, a cui è unita, e di quello che tiene con Brescia. Noi lo riproduciamo qui: Bergamo e pr.— Brescia e pr. Ferro lungo, acciajo, vomeri, ghisa, per.........L. lOS.oOO L 1,020,280 Il legname d'opera è divenuto produzione assai scarsa nella Valcamonica, per essersi alteriate selve da impellenti bisogni. Hi- guardo al poco restante ne viene portato, per.....» 77,100 » 3!»2,b00 E qui si rifletta quanto economicamente si presti il lago al trasporto del legname da Pisogne (ov'è il principale deposito) ad Iseo, e quindi a Brescia. Del bestiame la maggior parie segue la medesima linea stradale che tiene quello della fiera di Tirano, Valtellina e delle valli del Titolo a questa provincia, per...........• 7'5,00O ■ 480,000 Palate, per.................... i:;,00O • 128,000 Fagiuolij noci, fruita fresche e castagne, per......•-- ' 330,000 Il formaggio ed il burro della valle non trovano uno smercio favorevole nella provincia di Bergamo, provveduta del proprio : perciò la maggior parte ottiene il necessario perfezionamento u Rovaio, per................... 4,000 . 384,000 Pietre da macina, per...............■ 3.000 ■ 10,000 Gesso di ogni uso, per...........> . . »--» '24,000 S'Ivaggiuine, per.................--. 10,000 Lana, per.................., {im . /š>j,ooo Vetri,carta, corami, candele, mobili, cordami ed altri generi per . 100,000 » tt.400 Totale L. 804,001 L. 2,847,480 Prodotti che vene.....l importati nella valle danno l'importo di L. 108,000 L. 2,804,000 STATISTICA 187 terre grosse, e molte piccole. Brescia Io governava nominando annualmente podestà maggiori per Valcamonica, Salò, Asola, Orzinovi; minori per Chiari, Lonato, Palazzolo; vicarj maggiori a Bovato, Iseo, Montechiaro, Gotlolengo, Calvisano, Quinzano, Pontevico; vicarj minori a Gavardo, Manerbio, Ghedi, Gàmbara, Castrezzato, Pontoglio, Pompiano. Godeano privilegi separati la Riviera di Salò, con 33 Comuni, Lonato col suo territorio, Asola con sette Comuni. Privilegi godevano pure le valli e la Franciacorta; aveano giurisdizione limitata civile e criminale feudale i Gàmbara a Verola ed a Pralboino, i Martinenghi Cesaresco agli Orzi-vecchi, gli Avogadro a Lumezzane, gli altri Martinengo ad Urago , Pavone e Gabbiano. Venezia oltre i rettori di Brescia, mandava castellani agli Orzinovi, Asola, Salò, Pontevico, Breno e qualche volta a Rócca d'Anfo. Non la sola Valcamonica veniva sottratta alla città nostra durante la repubblica cisalpina, ma anche Asola. Nel 12 aprile 1816 la provincia di Brescia era dagli Austriaci divisa in diciassette distretti amministrativi con 237 Comuni. Poi nel 1853 come segue: Distretto Comuni aventi consiglio convocalo politico giudiziario con uffizio proprio senza I. Brescia.... . Brescia 8 24 II. Ospitalctto . . idem 4 13 III. Bagnolo. . . . idem 1 I 15 IV. Montechiaro . . Montechiaro 3 2 2 V. Leno ..... Leno 2 0 3 VI. Gardone . . . . Gardone 2 (* 11 VII. Salò..... . Salò 1 10 14 VIII. Lonato .... . Lonato 3 3 4 IX. Vestone. . . . . Vestone 1 0 17 X. Gargnano. . . . Gargnano 1 4 I XI. Chiari Chiari 3 1 6 XII. Verolanuova . . Verolanuova 2 3 8 XIII. Iseo...... Iseo II 15 XIV. Orzinovi . . . . Orzinovi l 2 13 Limitandoci ai tempi nuovi, avemmo a capi della provincia: sotto la repubblica italiana, 1802, Verri Carlo, prefetto; 1804, commendatore Mosca Francesco, prefetto; nel regno d'Italia, 1806, Tornielli Giuseppe, commendatore della corona di ferro, prefetto; 1812, Somenzari Teodoro, commendatore ec, prefetto; 188 STORIA 01 BRESCIA sotto l'impero austriaco, 1814, Torriceni Francesco, I. H. delegato, come i seguenti; 1817, Brebbia conte Giuseppe; 1828, De Pagave cavalier Gaudenzio, morto nel 1833: gli si eresse un bel monumento, opera di Somaini, nei Camposanto presso al poeta Arici; 1833-34, Carlo Berchel, I. B. vice-delegato; 1834, Terzi cavaliere Fermo, consigliere aulico; 1842, Breinl De Wallerstcrn cavaliere; 1848, 18 marzo, rivoluzione e governo provvisorio; 1848, agosto. Klobus, dirigente; 1850, Barollio cavaliere Gaetano dirigente, indi I. B. delegato. Nella citlà siedono il tribunale civile, il criminale e il mercantile. Un podestà e quattro assessori formano la Congregazione Municipale, con un consiglio di quaranta. È desiderabile che ogni comunista eserciti il diritto che gli dà l'articolo 58 della legge 12 aprile 1810, che è di esaminare il conto dell'amministrazione comunale e di presentare al Consiglio le proprie osservazioni sul conto stesso, e su quant' altro importi agli interessi comunali. I Bresciani, collocati in una delle più deliziose plaghe di Lombardia, in clima saluberrimo, in città fra le più cospicue e gloriose per grandi fatti, manifestano nel complesso dei loro attributi fisici e morali che tutto ciò esercita sovr'essi una felice influenza. Vivaci, pronti d'ingegno, di fervida fantasia, inclinati per natura all'allegria, da cui soltanto li distolgono le miserie successe al 48, apprezzatori del bello, dotati di un senno pratico quasi istintivo, che nelle cose fa loro vedere e segui re ciò che può essere attuabile; leali ed aperti, quanto son fermi e costanti nelle amicizie altrettanto mostrano disistima e disprezzo per coloro che se ne resero indegni. Poco gentili nel tratto, sono generosi e liberali per sentimento di beneficenza, di religione, d'amicizia: amanii della personale indipendenza, sdegnano abbassarsi a mendicare grazie e favori. Una lodevole costituzione fisica giovata da una vita regolata, sobria e guardinga, procura (scriveva il dottor Menis) al Bresciano un'esistenza felice, gioconda e tranquilla. Taglia piuttosto elevata, lineamenti regolari, bene pronunciati ed espressivi, fisonomia aperta e franca, roseo colorito, scioltezza negli atti e nelle mosse, palesane e-, e nei Bresciani predomina il temperamento sanguigno. Lungo le riviere acuali questo si accompagna al bilioso, e nelle valli e nelle colute abbondano i temperamenti linfatici. IGIENE. POPOLAZIONE 18°. Delle malattie, le une derivano dall'azione del clima, altre da abusi dietetici. Le febbri inliammatorie, i reumi, i catarri, le flussioni d1 ogni natura, le infiammazioni dei visceri del petto, quelle dell'encefalo, le angine, le epatidi esprimono il genio morboso d'un clima soggetto a frequenti e repentine variazioni, e d'un'aria elastica, vibrala ed abbondante d'ossigeno. Le affezioni gastro-enteriche, le biliose, le cardialgie, i vomiti, le cholere, le diarree, le affezioni isteriche, l'ipocondriasi, le palpitazioni, le soffocazioni, le vertigini e perfino l'apoplessia traggono ordinariamente origine dai disordini dietetici. Nell'inverno e nella primavera compajono più frequenti i morbi che derivano dalla prevalenza dell'azione del clima; nell'estate e nell'autunno quelli da' fomiti irritativi gastrici. Fra le malattie endemiche le più comuni sono le febbri di ac cesso, la pellagra2, prodotta dal cattivo nutrimento, specialmente dalla polenta fatta con farina di grano turco preso dal verderame: c nella città la scrofola, che attacca la classe povera, e la prima età, e di cui sono cagione le abitazioni del povero, spesso mal ventilate o esposte a tramontana, il vizio e l'intemperanza. Nella Valtrompia è comune la plcuropcripneumonia pel frequente passaggio degli operaj dall' atmosfera delle miniere e delle officine, calda e pregna di esalazioni minerali e sulfuree, a quella esterna, fredda e molto ossigenata. Il clima della provincia di Brescia, diversifica a seconda delle condizioni topografiche. Asciutta, sottile ed clastica nella parte montana, l'aria è molle nelle riviere lacuali e umida nella bassa pianura. Neil' alta e nella parte pedemontana le correnti d'aria che scendono dalle valli soprastanti vi fanno frequentissimi i cangiamenti di temperatura. La differenza fra la massima diurna e la minima notturna dello stesso giorno si può ridurre in ogni stagione alla media di 12 gradi Beaumur; ma giunge talvolta fino ai 1S. La provincia nel 1815 aveva abitanti 314,978. Dopo un notabile de cremento per l'epidemia tifo-petecchiale negli anni 1816, 17 e 18, nei quali si ebbero 8863 morti più dei nati, andò progredendo fino al 1829. Da quell' anno al 1835 si tenne stazionaria. Il rigidissimo inverno 1829-30, l'estate piovosa del 1831, l'incostante e rigida primavera del 1832 e 33, la siccità dell'autunno del 1833 prolungata a tutto l'inverno del 1834 furono cagione di generale perturba mento nella condizione sanitaria della popolazione. Nel 1827 fuvvi nella nostra provincia un' epidemia cholerica, ma di pronta e facile guarigione. 2 Nella Lombardia vi sono l'2S3 Goniuni infetti da pellagra, e sopra una popolazione di 1,146,702 contadini si annoverano 20,282 pellagrosi, de'quali 6000 appartengono alla nostra provincia. Ren d'altra natura fu quella importata dalla provìncia di Bergamo, che, più d'ogni altro paese, bersagliò Brescia e il suo territorio nell'estate del 1836. Sul principio di queir anno la popolazione della nostra provincia era di 335,546 abitanti. I colpiti da cholera furono 20,087, di cui 11,024 maschi e 0,963 femmine, dei primi guarirono 5,492, delle seconde 5,551, e i morti, in totale, furono 9,944. Si ebbe quindi un choleroso sopra 16 individui, ed un morto sopra 33 circa, ossia 6,25 d'attaccati dal morbo, e 2,96 di morti per cento. Nel 1849, e maggiormente nel 18.55 ritornò il cholera a funestarci. La popolazione che nel 1854 fu di 365,436 abitanti, discese nel 1855 a 363,101, e nel 1856 a 361,465; il che dava una popolazione relativa di 119 abitanti per chilometro quadrato, in via media, perocché nel distretto di Chiari si annoverano 204 abitanti per chilometro; in quello di Verola 176, di Brescia 138, di Iseo 134. La minore popolazione riscontrasi nel distretto di Gargnano che ne ha 59 e di Vestone con 53. Secondo la statistica ufficiale del 1857, che noi primi pubblichiamo, la popolazione della provincia di Brescia è di 5456 abitanti superiore a quella dell'anno precedente. Eccone la tavola: DISTRETTI Indigeni Forestieri * Popolazione Indigeni Totale' presen t j p resoti ti presente assenti ed assenti Brescia regia città. . 33,228 1127 34,355 534 34,889 Brescia distretto . . 46,556 340 46,896 188 47,084 Ospitaletto . . . . 17,674 149 17,823 62 17,885 Bagnolo .... . 17,342 481 17,823 118 17,941 Montechiaro. . . . 21,891 630 22,521 243 22,764 Leno..... . 21,392 269 21,661 162 21,823 Gardone .... . 18,866 168 19,034 261 19,295 Salò ., . . . . . 22,430 424 22,854 164 23,018 Lonato .... . 20,996 388 21,384 258 21,642 Vestono .... . 20,231 78 20,309 250 20,565 Gargnano. . . . . 11,965 83 12,048 234 12,282 Chiari..... . 32,317 454 32,771 238 33,009 Vcrolanuova . . . . 28,789 237 29,026 194 29,220 Iseo..... . 35,798 467 26,265 370 26,635 Orzinovi .... . 18,373 402 18,775 94 18,869 Totale . . 357,858 5697 363,555 3366 366,921 POPOLAZIONE 191 Se omettiamo i 5697 forestieri che al 31 ottobre 1857 si trovavano nella nostra provincia, e che vi dimorano senza avervi il domicilio legale, la popolazione risulterà di 361,224 abitanti, i quali sono divisi come segue: Sacerdoti............•..... 1,940 Impiegati.................. 2,047 Letterati e artisti............... 1,034 ' Militari.................. 57 Procuratori, notaj e legali............ 333 Persone sanitarie............... 882 Possessori di fondi.............. 21,907 Possessori di case e rendite........... 5,717 Fra queste due categorie sono compresi anche 471 nobili. Fabbricatori esercenti industria.......... 4,808 Commercianti................ 4,96/ Naviganti e pescatori.............. ^78 Lavoratori sussidiarj dell'agricoltura......... 45,296 Lavoratori sussidiari dei mestieri.......... !8,449 Lavoratori sussidiarj del commercio......... 3,817 Inservienti diversi............... 4,453 Giornalieri . ............... 39,884 Non appartenenti alle categorie suddette, e superiori ai 14 anni /.383 Donne e fanciulli............... 200,663 Fra la città e la provincia vi sono sette case di religiose e quindici di religiosi. La popolazione, malgrado le epidemie e le guerre, nel 1857 presenta un aumento di 46,246 abitanti sul 1815, non tenendo calcolo dei 5697 venuti d'altrove. Nel 1810 la città contava 31,051 individui, di cui 14,811 maschi e 10,240 femmine, divisi in 8167 famiglie e 3WS case. Secondo i dati ecclesiastici nel 1857 sarebbe accresciuta da quell'anno di 4331' persone. L'adequato annuo dei matrimoni dal 1847 al 1856 risulla di 3010. Il minor numero si ebbe negli anni 1847 e 1848, e la media fu superata nel 1850 (3190), nel 53 (3322) e nel 56 (3574). Nel 1855. anno del cholera, il numero dei matrimoni fu di 2840; superiore a quello del 1847 (2694), anno di materiale ben essere, dal che si vorrebbe dimostrare fondata l'osservazione che la nostra popolazione tonile a rimanere stazionaria. Nel decennio dal 47 al 56, il numero dei nati vivi fu di 125,721, dei quali 4953 illegittimi. Nel 1854 si ebbe un nato sopra 30 abi- 195 STOKI A 1)1 BRESCIA tanti, né! 1847-48 e 58 uno sopra 27, nel 1853 uno sopra 20, e sono il minimo e il massimo del decennio. Nel 1850 i nati nella provincia furono 12,533, di cui 1440 nella città. Nel decennio 1847-1850 i nati morti furono 22110. I morii nello stesso periodo furono 120,950, cioè 4229 più dei nati. Il maggior numero assoluto e relativo di morti si ebbe negli anni 1849 e 55 per le note cagioni della guerra e del eh olerà. Ne! primo di questi anni i morti furono 13,340, cioè uno sopra 27 abitanti, c nel 55 ascesero a 23,058, equivalente ad uno sopra 15. Si ebbe il minor numero de' morti negli anni 1851 (10,705) e 1850 (10,890). In quest'ultimo anno si ebbero quindi 1037 nati più che decessi. Nel decennio dal 1835 al 1844 a Brozzo e Marmentino, nella Valtrompia, e a Ta-vernola e Zone sul lago d'Iseo si ebbe un morto su 43 abitanti; a Pezzoro in Valtrompia, uno su 40. II decennio dal 1847 al 50, nel quale, come osservammo, si ebbe una perdila di 4229 individui nella popolazione, non può essere preso per norma generale, troppe essendo siate le sventure da cui fu bersagliata in questi anni la provincia nostra. Nel 1837 la popolazione era di 330.004, e nel 1854 di 305,430, divisa in 312 parrocchie, 57,594 case e 81.380 famiglie. Noi avemmo quindi un aumento di 7. 88 per cento in sedici anni. E però la provincia (die aumentò in minor grado di tutte nella Lombardia. Le tengon dietro Lodi e Crema, che in sedici anni accrebbe dell'8. 25 e Mantova dell'8. 57 per cento. Milano ebbe un aumento superiore di molto a quello di tutte. Nel 1838 le ditte possidenti nella provincia erano 07,232 e nel 1850 avevano aumentato del 19. 55 per cento essendo ascese a 80,382, che equivalevano ad un possidente su 4. 50 persone. Da quell'anno, le moltiplicate sventure le fecero diminuire di mollo. Ecco il STATISTICA 195 Prospetto dei possessori di (oìhI) e cose r>. Abitanti Superficie Numero i elle Ditte i lensuarie ir,.:li anni DISTRETTO nel in pertiche mi censitane 1814 Miti Brescia, città . . 34847 c Uà 2058 I distretto . . . 48795 330920 103 41 10439 10490 ''•18539 H Ospedaletto . . 17(592 142674 3045 3000 3082 3107 Bagnolo . . . . 17074 205052 3002 3589 3617 3659 Montechiaro . 225Ó8 209855 7173 7193 7215 7035 Leno . . . . 21090 200160 4581 4041 4099 4097 Gardone . . . 18790 298101 4740 4872 4019 4889 Salò .... . 23407 207838 0370 0408 6453 0509 Lonato . . . . 21549 183570 4715 4083 4760 4700 Vestono . ... . 20803 39500S 7044 7134 7202 7283 Gargnano . . . 12131 204501 3027 3072 3701 3701 Chiari . . . . 31005 150959 43S0 4391 4385 4382 Verol anuova . . 28904 165593 4009 3703 3690 3710 Iseo .... . 25077 190183 5727 5495 5550 5553 Orzinovi. 1 . . 18867 l'i 9020 2071 2082 2077 8131 Totale . .301,405 3,045,518 72.091 71,428 70,952 72,013 Nel 1842, sopra 10,000 partite d'estimo, vi furono 1300 trasporti, cioè il 13 per cento. Nel 1838 l'estimo era di scudi 17,974,890 sopra pert. milan. 4,094,844 ; ogni pertica era quindi caricata per adequato di scudi 3, sosti 4, 7 ottavi e 25;48.Nel 1843 Pestimo èra di scudi 17,947,216. 7, dei quali 6,070,097 spettavano ai quattro distretti di Bagnolo, Leno, Vcrolanuova e Orzinovi; e scudi 11,870,519 agli altri tredici distretti. Ciascuno dei primi 4 aveva quindi un estimo maggiore degli altri di 004,095 e 45/52. Questa sproporzione dipendeva, oltre la bontà de' terreni, da un fatto che non ricordiamo osservato da altri, cioè, che sotto il dominio veneto parecchie famiglie di nobili, posseditrici di gran parte della bassa provincia, onde apparir più ricche, o raggiugnere una cifra necessaria per goder qualche privilegio, nei censimenti s'erano volontariamente dato un estimo mag- 3 II prospetto pubblicato nel rapporto della Camera di Commercio per gli anni Ì8M, 1HSS c 18:;ii dà in quest'ultimo ditte 72,081, cioè 371 ditte censiiarie piti del presente, il quale fu da me attinto alla fonte ufficiale, come parecchi altri. filiti (raz, del L. V. Vol. fll 2S .more ', poiché pochissimo allora pagavasi d'imposte; e quei fondi, come pure i beni del clero, continuarono ad avere una elevata cifra d'estimo lino al 1853, quando si attivò il nuovo censimento. Secondo lo stesso la •superficie totale è di pertiche censuarie 3,045,518. 89, colla rendita censitole complessiva di lire 12,283,843. 38, delle quali lire 12,244,303. 48 sono soggette all'imposta. La crittogama della vite, la malattia del baco, altre sventure e le prediali elevatissime ridussero allo stremo moltissime famiglie, onde i deputati della Congregazione Provinciale si indussero a stendere un indirizzo all'I. R. Luogotenenza per ottenere una diminuzione d'imposte. Di quell'indirizzo noi riproduciamo i seguenti brani. «... Ormai si sono quasi disseccate le fonti della bresciana industria, consistenti in lavori di ferro, d'armi, cartiere, cuoj, lane, refe ed altri generi; ciò che facilmente rilevasi dall'aumentarsi del pauperismo lungo le riviere lacuali e specialmente nelle valli Trompia e Sabbia e si può anche desumere dalla quantità dei mutui passivi sopraccaricanti quei Comuni, presi da varj istituti di beneficenza, i cui frutti sono in gran parte insoluti da due o Ire anni, uè presentano possibilità di soddisfarli, ed è grave il pensare che rimangono spogli d'occupazioni industriali più di 50,000 abitanti. Nò devesi confidare nel prodotto dei boschi, esagerati nel reddito cen-suario in guisa che furono ridotti ad un interesse minore de' pubblici carichi, oltre di che le legno soggiacquero anche al generale ribasso in causa del disseccamento delle viti. L' unica industriale occupazione che rimaneva, e quella di maggior lucro, era la trattura della seta, e questa pure, a motivo di essersi raccolti circa 80,000 pesi di bozzoli, invece dell'ordinario prodotto di pesi 550,000, ha subito una riduzione allar- 4 I catasti della provincia riterivansi all'i stimo generale tlel ìHìi, pieno di errori é duplicazioni. Nel IO si faceva un estimo, ma basato in parte su inesatte infornia/àmii parziali si sentì il bisógno di un altro, clic venne deliberato dal Consiglio generale di Dresda con parte presa il i.l geiuiajn Ititi, confermato dal Senato colla Ducale ti giugno susseguente e i CUI capitoli furono pubblicati il & l'ebhrajo 14*77 dal podestà Carlo Confarmi (Brescia, per G. G. Vignadolti 1077). Restando ferma la calasiicazione dei beni a cadaun Connine descritti nell'estimo generale 1 ti4-1 , per togliere le duplicazioni occorse in quello e nel successivo del ltli>8 si elessero 'il estimatori perchè andassero per il territorio a far II prelij con la vision del luogo ai campi, case et edifilij secondo gli ordini di Sei deputati eletti per la rinnovazione del censo. Aveau obbligo dì dare esatta nota, olire che de' beni stabili, di tulle le mercanlie, danari, traffichi, bestiami d'ogni sorte non destinati all' agricoltura, biade da vendere, ce, nome, cognome, età, condizione di lutti gli individui, dei forestieri, ec. Nel primitivo catasto, anteriore ai nominati, i eampi dei contadini stimati erano 17'2,8!)0, oltre quelli clic appartenevano ai cil-ladini, che avevano un estimo separato La repubblica nel 17 24,480. — L. 155,050. 1841. • • * 121,108. — 1842..... 141,903 — 1843. » 95,803. — 1844. 201,558. — 1845. 77,525. — 18'i0. 62,394. 1847. 192,304. — 1848. 11,030. — 1849. 3,948. — 1850. . » 32,042. — 1851. * 10,092. - 1852. . . . * 04,308. — 1853. * 127,395. — 1854. . [ * 130,599. — 1855. 42,890. — 1856. 37,339. — 1857. 30,302. L. 1,552,428. - in questi anni si aprì la bella contrada di San Luca e si rettilinee quella delle Beccherie, del Portone, ec. 200 STORIA Or BRESCIA XXIII. Agricoltura. Il suolo dell'agro bresciano è composto da banchi di sabbia, di ghiaja, di ciottoli variamente e a diverse profondità commisti a strati di argilla nelle parti piane e del piedemonte, con quelle varietà che nelle valli e sui dorsi dello montagne portarono i più grossi detriti granitici, e nella zona delle colline i diversi composti delle marne e delle calci, che vi rendono iìorentissima la vite. Questi elementi facendosi più minuti nella pianura meridionale produssero i feraci terreni dei distretti di Verola-nuova, di Orzinovi e di Chiari. Molti spazj, sede altra volta delle acque, presentando affatto superficiali gli strati di ghiaja commisti a sabbia, difettando di miscela calcare, riescono naturalmente sterili, come sono le vaste brughiere di Montechiaro e di Ghedi, che solo con ingente dispendio possono essere conquistate all'agricoltura. Ciò non deve dissuaderci dall'operarne la bonificazione perchè le antiche ceppajc di alberi che vi si rinvennero provano che furono in tempi "remoti coltivate, e forse erano anche irrigate, come ancora si potrebbe e dovrebbe fare. Altri siti, per inclinazione più bassi, come il lembo trasversale che da Maclodio corre oltre Bagnolo, o per depositi lacustri, come le vaste paludi del lago d'Iseo, presentano fondi acquitrinosi, clic si dovrebbero bonificare mediante l'applicazione del drenaggio, il quale consiste in trombe aspiranti mosse dal vapore, che attirano l'acqua dai tagli fatti nel terreno. Nella topografia abbiam detto a quanto ascenda la superficie della provincia, quattro decimi della quale sono montagne, il resto colline r pianura. Qui daremo la superficie dei terreni fruttiferi e della loro ili-visione secondo le varie colture: Campi aratori.....Pert cens- 1,251,000. 71 Bisaje........ » 14,777. — Vigne........ » 2511,411. 68 Prati ed orli...... » 455,1 99. 45 Pascoli ....... - 200,215. 05 Boschi........ . 010,283. 74 Oliveti........ . 20,037. 89 Boschi di castagno e di lauro. » 124,458. 01 Pert. cens. 2,994,380. 41 • AGRICOLTURA 201 Nella provincia il suolo coltivato sta ali1 incolto come 60, 68 a Ì00. Dopo le provincie di Mantova, di Cremona e di Pavia quella di Brescia ha maggior quantità di terreno da coltivare per ogni villico al di sopra dei diciottenni. Nella bassa Bresciana, ove sono più estese le possidenze, si rende spesse volte necessario un maggior numero di villici; e vi concorrono Parmigiani pei lavori nelle risaje, Tirolesi per estirpare e segare piante, Genovesi e Yalcamonici per isfrondare i gelsi e zappare il grano turco. Il grano turco tiene il primo posto nella nostra economia rurale. Nel decennio 1842-51 il suo prodotto adequato fu di ettolitri 320,472. Inferiore di molto all'ordinario riuscì quello del 1854, cioè cttol. 285,360; mentre vi si avvicinò quello del 1855 e del 1856, ritenuto di ettolitri 300,000. È però evidente che la provincia ne produce assai più dell'enunciato nelle statistiche ufficiali, secondo le quali avremmo un ettolitro circa per ogni individuo, mentre in un anno di discreta abbondanza noi raccogliamo oltre un milione di ettolitri, come si può rilevare dalla quantità che spediamo a Bergamo, a Lecco, in Valcamoniea e nel Tirolo. Il grano saraceno, sebbene da circa un secolo e mezzo introdotto in Europa , non è ancora abbastanza divulgato nella provincia , quantunque sia molto farinoso e nutritivo, e manco soggetto a deterioramento ed alla corruzione. Il suo fiore è grato cibo alle api: gli artieri, e singolarmente i fabbricatori di vetro, possono utilizzar la cenere de' suoi fusti, più ricca di potassa o sale alcali, che quelle di altri vegetabili; perciocché da 600 parti di questa cenere lisciviata discioltene 250, il liquore svaporato diede 230 parti di sale alcali, mentre, secondo Vauquelin, le ceneri degli altri vegetabili non ne contengono che 18, od al più 20 parli al 100. Secondo 1' adequato del decennio su riferito il raccolto annuo del frumento sarebbe di ettolitri 130,200, cifra di oltre la metà inferiore alla vera, sebbene il frumento non basti al consumo della provincia, tributaria del Mantovano e del Cremonese. Nel 1854 il prodotto fu piuttosto abbondante, ma nel 1855 toccò appena i due terzi dell'ordinario, e scarseggiò pure nel 1856. Il raccolto de'fieni si fa ascendere a 168 milioni di chilogrammi. Il lino è di circa un milione di chilogrammi; quattro quinti ne spettano ai distretti di Verolanuova, degli Orzi e di Leno. Il nostro lino può competere per la robustezza col lodigiano e col cremonese, al quale è inferiore per il colore e la tinozza. Ai tempi di Ottavio Rossi, da sette quadre della nostra provincia, senza contare quella di Gàmbara, si asportavano dugento mila pesi di lino all'anno; i quali erano ridotti alla metà sul principio del nostro Uluslraz. del L. V. Voi. III. M secolo, secondo il Sabatti. La concorrenza del cotone fu una principale cagione dello scadimento di tale raccolto, il quale è suscettibile di im portantissimi miglioramenti. Primi devono essere quelli che si riferiscono alla scelta di un terreno adatto, alla qualità de1 semi, alla maniera di coltivarlo, di macerarlo, di maciullarlo, pettinarlo e ammannirlo. I contadini sono restii ai nuovi melodi; e quindi, mentre nelle Fiandre, in Irlanda ed in Piemonte si macera il lino ad acqua calda, secondo il sistema delP americano Schcnk, da noi si continua ancora nclPantico metodo insalubre; nè furono adottate le macchine di Konte e di Garnier per maciullarlo e pettinarlo. Il nobile signor Filippo Ugoni, promettendo un premio a chi troverà un mezzo meccanico per l'estirpazione del lino, per sollevare gli uomini da quel penoso lavoro, che rammenta la sorte dei Negri in America, continua degnamente l'opera dell'illustre fratello Camillo, di cui nel 1812 una memoria era premiata dall'Ateneo, diretta a introdurre fra noi i metodi di coltivare e tessere le tele usati nelle Fiandre. La canapa presso di noi è pochissimo coltivata c poco pure la segale, l'avena, l'orzo, il miglio, il panico, che, uniti al sorgo nero, danno annualmente circa 40 mila ettolitri. La coltivazione del riso si limila alla parte più bassa della .provincia; e il raccolto supera di poco i 12 mila ettolitri. Attesoché in questi ultimi anni la coltivazione ne venne proibita in tutto il territorio del Comune di Mairano, non abbiam più la cifra intera delle 14,777 pertiche censite come risaje. È veramente doloroso che un raccolto sì utile, e nel quale, per condizioni climateriche e idrografiche, poche contrade in Europa ci possono essere rivali, abbia ad avere sì triste conseguenze pei coltivatori, da offrirci il lugubre spettacolo di villici tremanti e sparuti per febbre. Nel raccolto del riso la nostra vien dopo le provincie di Milano, di Mantova e di Cremona; ma è prima fra quelle che congiungono questo ai prodotti pedemontani e montuosi. Per le fortunate e speciali condizioni di clima e di suolo della Bresciana, fino da tempi remoti vi fu introdotta e vi prospera la coltivazione degli agrumi. Per questa , lungo la riviera lacuale del Garda, su breve spazio di terreno si venne creando un considerevole capitale. Una temperatura quasi eccezionale, acqua perenne per l'irrigazione, cure solerti e dispendiose degli abitanti,che dall'opposta riviera trasportano un terreno pingue e ferace, sovrapponendolo al locale, poco adatto a quella collivazionc perchè costituito di sabbie e frammenti di roccie calcaree, misti a poco terriccio, sono condizioni necessarie, e che si riscontrano su quella riviera. Essa conta circa 25 mila campate di giardino, vale a dire altrettanti appezzamenti di terreno, conterminate da due pilastri che ser- AGRICOLTURA 203 vono di sostegno alla tetloja, lunghi dai quattro ai sei, e larghi dai cinque ai sette metri, del valore di lire 230 a 300, c del prodotto adequato di 000 limoni commerciabili. La massima parte spettano ai Comuni di Gargnano, di Toscolano e di Limone; le restanti ad altri Comuni dei distretti di Salò e di Gargnano. V'ha piante le quali occultano da sole due intieri campi, e danno 3000 e fino 4000 limoni all'anno. La pianta raggiunge il massimo vigore intorno ai 5'0 anni; ma può durarne 200, si che la sua vita media ò computata di cento anni. A 18 milioni circa si fa ascendere il numero dei limoni che si raccolgono dai giardini della riviera del Garda, senza calcolare i cascaticci, che si smerciano ad uso della popolazione meno agiata. I nostri limoni sono di molto superiori a que' delle riviere meridionali, cosi per la candidezza come per la maggior copia ed acidità del sugo e per la più lunga durata, onde una buona metà dei nostri limoni commerciabili viene spedita in diverse parti della Germania ed a Pietroburgo. Per sostenerne il valore la maggior parte dei proprictarj si uni da alcuni anni in una società Lago di Garda, la quale, superate le prime difficoltà, ottenne già grandi vantaggi. Essa ò sussidiata da case figliali e da appositi incaricati sulle principali piazze di consumo, ed evita così la concorrenza e i danni che soffrivano i piccoli possidenti, costretti a vendere sotto la pressura di urgenti bisogni. È desiderabile che l'anonima società segua l'esempio dato dai fratelli conti Giuseppe e Cesare Marti-nengo, che sostituirono i cristalli alle così dette usc'iere di legno ; dal che derivano parecchi vantaggi: più vaga e brillante l'apparenza delle limoniere, migliore la qualità del frutto, perchè la pianta, oltre essere meglio riparata dai rigori del verno, non resta mai priva di sole e di luce; e infine maggiore economia nella manutenzione. Più estesa è la coltivazione degli ulivi, che non richiede sì dispendiosa educazione. Ne son coperte le riviere dei laghi di Garda e d'Iseo, e i colli più aprichi della Valtenesi e della Franciacorta; ma questo raccolto non ha vera importanza che nei distretti di Gargnano, di Salò, di Lo-nato e d'Iseo. La provincia produce 240 mila chilogrammi di olio all' anno, cioè molto più che non tutte insieme quelle di Como, Bergamo e Mantova, le sole di- Lombardia che ne producano. V olio della riviera del Garda, che si smercia anche nel Veronese e nel Tirolo, è il più reputato > ma ha sapore troppo grasso e men delicato degli olj di prima qualità forestieri. La coltura dell'ulivo fra noi volge al decadimento, colpa in parte la trascuranza dei proprietarj, in parte gì' infortuni di questi ultimi anni. Ne? luoghi di men felice temperatura vi nocquero moltissimo gl'inverni 1854 e 1857-58, e da per tutto la crittogama che nel 1855 ne invase le piante. Le quali soffrono e quando la stagione corre asciutta e quando piovosa, nel primo caso per T arsura, nel secondo per la malattia del verme, che fa perdere gran parte dei frutti. La nostra provincia produce 365 mila chilogrammi1 d'olio di linseme. Siam gli ultimi nel prodotto dell'olio di noce, di ravizzone e di vinacciuoli. Da qualche tempo, ad esempio de' Vicentini e Mantovani, si introdusse nella bassa provincia la coltivazione del ricino; e nei territori di Ghedi e Mcntechiaro quella del girasole. Questa pianta servirebbe moltissimo a rendere più salubri i terreni paludosi del lago d'Iseo, di Maclodio, ecc., perocché l'arbusto della stessa assorbe più migliaja d'ettolitri d'umidità; e quindi la coltivazione del girasole presenta il vantaggio di rendere utilizzabili fondi incolti e di servire ali* igiene -. Nella Bresciana sono in uso tutti i contratti agrarj: la coltivazione per economia del proprietario, il quale, è se piccolo possidente, è spesso anche il lavoratore del proprio fondo: P affittanza, che comincia sempre co! san Martino e predomina nella parte mediana e bassa, dove ha luogo la grande coltura, ed è praticata da corpi morali e da molti proprie-tarj: la mezzeria, maggiormente in uso nella parte predominante della provincia dove la proprietà è più divisa, ma non frazionata come nelle vallate. In questa i capitali di bestiame, foraggi, attrezzi, lavoro del terreno sono a carico del colono, il quale divide a metà col proprietario i prodotti, tranne quello del gelso, restando solo obbligato il proprietario a dare al colono un pattuito numero d'oncie di seme di bachi, dividendo a metà i bozzoli. Nella bassa pianura i pochi mezzaiuoli hanno un terzo del fieno che si raccoglie ; e nella parte pedemontana, ove non sono che pochi prati, il mezzajuolo gode a titolo di regalia un prato stabile per il mantenimento del bestiame. I carichi pubblici sono per intero pagati dal padrone, il quale, dovendoli prelevare dalla sua parte, è a peggior condizione del colono, anche fatto calcolo del costui capitale e lavoro. Il contratto di terzeria è una modificazione di quello di mezzadria: in esso il proprietario somministra il capitale e il colono il lavoro, e la ripartizione dei prodotti è a seconda della maggiore o minore qualità e feracità dei terreni. 1 11 chilogrammo è circa il triplo della libbra piccola consueta ; e precisamente 3. «li: 1. 2 Su lai proposito stampò una nicmoriclta Cesare Canili sulla Gazzetta di Milano , riprodotta in molli giornali. Nell'esposizione bresciana dell'agosto 1857 il chiarissimo micologo C. Antonio Venturi presentò diciannove qualità di olio tratto da altrettanti frutti differenti, cioè anguria, avellano, colsat, cotone, gelso, girasole, lino, mandorlo, ulivo, ncce, papavero, quercia, ravizzone, ricino, sanguine, senape, sesamo, vinaccioli, zucca. AGRICOLTURA 20:> Pressoché ignote le decime e i vincoli feudali, ci resta l'enfiteusi, die dalle più avanzate legislazioni viene cancellata. Ove tutto il nostro territorio fosse stato coltivato da mezzaiuoli dal 1820 al 1848, non vanterebbe quella portentosa quantità di gelsi ond'è ricco, sì che in un campo che prima dava mantenimento a due oncie di seme di bachi, ora se ne raccoglie per venti ed anche più, ed è il principale raccolto della provincia ". Dopo il 48 non si fecero che poche piantagioni, causa la critica condizione -dei possidenti, che in molti luoghi non ricavano dai fondi quanto basta a soddisfare i pubblici aggravj. I quali, se fino a un certo segno possono stimolare l'industria, quando eccedono sono cagione di rovina, e noi siamo minacciati dell'isterilimento dei fondi, che precesse e seguì la rovina del romano impero. Aggiungi la sproporzione che si verificò fra l'abbondanza della foglia •ed i locali e le braccia per l'allevamento de' bachi; il diminuito smercio della foglia, perchè la provincia di Cremona, che faceva da noi vistosissimi acquisti, ora è bene provvista di gelsi; e così la Bergamasca. L'attivazione della strada ferrata servì in quest'anno (1858) allo smercio della nostra foglia, e potrà giovare raagiormente quando sarà compito il tronco di Lecco. L'incremento che, dal 1820 al 1845, in 'special modo ebbe la coltivazione de' bachi giovò anche a migliorare le abitazioni de' coloni. I bifolchi, che lavorano i fondi condotti ad economia, ricevono per ogni individuo maschio atto a qualsiasi lavoro, in denaro lire 100. sei ettolitri di granoturco, quattro di formento e tre di vino. I maschi giovani, alti solo ai lavori di minore fatica, la metà. Tutti questi individui hanno il carattere di salariati, e sono soggetti al padrone ogni giorno. Le donne sono obbligate a prestare l'opera loro, specialmente pel raccolto del fieno, verso una mercede che varia dai cinquanta ai sessanta centesimi. I bifolchi sono provveduti di abitazione gratuita con orto, hanno il diritto di zappa per un pezzetto di fondo, dividendo col padrone, secondo le diverse località della provincia, al quarto, al quinto ed al sesto il granoturco raccolto e stagionato. Biceve pure un dato numero di oncie di seme di bachi da allevare dividendo col padrone a metà i bozzoli, ma ricevendo il solo prezzo, così detto comune, che viene fatto sul mercato di Brescia, restando al padrone il ili più del prezzo comune che ottenesse dai bozzoli. Ciò varia però secondo 3 Presso la etite I1Ó1 abbinino gelsi che contano quasi cinque secoli. Nel 4 77S il «onte A. [lettoni di Bngliaeeo riuscì ad allevare i bachi d' autunno , onde risparmiare i gelsi, colpiti allora da una propagatesi infezione, e ottenne il premio di zecchini che era stato proposto dall'accademia di Brescia. Ora alcuni coltivano ilue volte i bachi, in primavera ed in aulunno. i luoghi, come pure il salario, che noli' alta pianura tocca alcune volte le lire 125, e la retribuzione in natura di ettolitri dodici di grano. Dove si coltiva il lino, i bifolchi ricevono altri due terzi di ettaro di questo prodotto, col granoturco, detto quarantino, per secondo prodotto, di cui ricevono il terzo. Tutto calcolato, la retribuzione annua rj' un bifolco si aggira fra le austriache lire 320 e le 400, e non è vero che il contadino dell'agro bresciana sia meno pagato perchè lavora meno. 1 braccianti sono obbligati a lavorare per il padrone, dal quale il più delle volte hanno V abitazione pagando una pigione. Si chiamano giornalieri quegli accordati soltanto per un dato tempo o lavoro. La loro mercede nei distretti della parte meridionale della provincia è, per adequato, di lire 1. 08 nell'inverno e di lire 1. 70 nell'estate; e nei distretti della parte settentrionale di lire 1. 28 nell'inverno e 1. 50 nell'estate. Nelle basse l'adacquarolo, che irriga i fondi, tiene spesse volte luogo di fattore. La natura fu provida con noi di acque, e dispose il suolo della pianura in un dolce declivio verso mezzodì; nò i nostri padri furono pigri a usufruttare quei doni. Il Comune bresciano, al capo 118 dello Statutum Clausomm dà facoltà di condurre le acque liberamente sul fondo altrui per adacquare possessioni, non ostante qualunque legge contraria*. Noi abbiam dunque preceduto di oltre sette secoli i Francesi, i quali soltanto il 12 febbrajo 1841 discussero, e nei 1845 approvarono una simile ordinanza. La provincia possiede da sola più di un quarto di tutto il terreno irriguo della Lombardia: e perciò il valore dei beni stabili- si fece ascendere, prima degli ultimi disastri, a 370 milioni, cioè più di qualsiasi altra provincia lombarda, eccetto la milanese. È sentito il bisogno di una legge per sistemar l'uso delle acque correnti, a compimento delle italiche 20 aprile 1804 e 20 maggio 1800. L'incertezza dell'uso dell'acqua è di grave danno all'agricoltura. Quelle dei fiumi Bova, Grande e Celato, che derivano dal Mella, si usano a nord della città senza orario, e si direbbero del primo occupante; il che dà luogo a dispute, e a perdite o cattivo impiego dell'acque stesse in tempi ne' quali sono preziose. Ove poca parte di territorio si può irrigare si coltiva a prato, come a Padenghe, Desenzano, Botticino, ecc; ove l'irrigazione è più estesa, oltre i prati, l'acqua serve anche pel granoturco, come a Bedizzole, Lonato, Calcinato, Montechiaro, ecc; ove è estesa la parte irrigatoria , ma tenue la quantità d'acqua, ed utile la coltivazione del lino, si pratica questa e si esclude, o si limita quella de' prati, usando del trifoglio per l'alimento degli animali, come a Verola , Allianello, San Gervasio, ecc.; finalmente ove 1' acqua è più abbondante si coltivano il 4 II libero acquedotto è d'antica consuetudine anclie nel Milanese. V. Vol.I,pag. oTÌ. AGRICOLTURA 207 lino, il riso, i prati, e ogni altro cereale. In gran parte della provincia l'acqua abbonda e si irriga in ruota di sette giorni, e fino di 25, secondo i luoghi: in alcuni s'ha acqua perenno. IVel nuovo catasto si adottò di valutare i terreni irrigui con acqua d'affitto, al par di quelli che l'hanno propria: mentre ognun vede che i primi possono rimanere asciutti. Gli avvicendamenti agricoli sono due: uno biennale nei fondi di poco polso, nei quali si alternano senza posa il frumento e il granoturco; l'altro quaternato ove si raccoglie il lino, cioè: Anno I. Granoturco, II. Frumento trifogliato, III. Trifoglio, IV. Lino e poi quarantino. Questo avvicendamento praticasi nei fondi molto fertili, e chiamasi inquartare, inquarterare, fondi in quarto. Le altre ruote, tranne quella in sesto nella parte pedemontana ed alta della provincia, sono rarissime od eccezionali; ed è grave errore. Che direste voi (scrive il professore A. Mona) di quel medico citrullo , il quale, entrato in un ospitale, pretendesse guarirvi tutti gli ammalati con due sole ricette? E precisamente così facciamo anche noi, i quali, in tanta differenza di terra, di mezzi, di scorte, di foraggi e strami, di letami, di guardatura, di coltivo, di fertilità e via via, non abbiamo che due rotazioni agrarie. È credenza comune da noi che, chi arriva ad inquartare il proprio fondo , tocchi 1' apice dell' agricoltura ; e che ciò non si possa fare che nei fondi assai buoni e molto concimati. I terreni digiuni e magri son invece quelli che hanno maggior bisogno di un lungo avvicendamento, tanto più quando scarseggi il letame. Una terra può essere coltivata in cento modi, ma uno solo è il migliore; e trovare questo vuol dire essere perfetto agricoltore. Con sistemi più razionali, colf inlrodur nuovi attrezzi e macchine rurali , potrebbe più che raddoppiarsi il prodotto del nostro suolo. Ciò che è ottimo in alcuni paesi può non essere applicabile ad altri; è certo però che, colle necessarie modilicazioni, le macchine servirebbero grandemente anche da noi, specialmente nella bassa provincia, ove sono più estese le possidenze e, per certe epoche di lavoro, scarso il numero delle braccia. Chi non sa come in Inghilterra, sotto clima assai meno felice, il terreno renda adequatamele il triplo di foraggi e di biade del nostro a pari estensione? il qual fatto dovrebbe ridestare la nostra attività. Per vincere i pregiudizi dei nostri contadini e di molti fra gli stessi proprietarj sono indispensabili buone scuole agricole, colle quali si pò- tranne- poi anche allevare giovani istrutti, che, sparpagliati nella provincia in qualità di agenti, di l'attori e di capocci, propagheranno le buone pratiche più coll'esempio che colla voce. Godono fama per vini prelibati la Franciacorta e la riviera inferiore del Garda fra Salò e Desenzano ; e la provincia produceva 800 mila gerle di vino, che a lire dieci sommano ad otto milioni annui di lire-L'oidio, che negli anni 1852 e 1853 aveva pure cagionato gravissimi danni,, nel 54 e 55 tutto il prodotto consumò, e dal 53 al 50 la nostra provincia ha perduto trentadue milioni di lire, onde molte famiglie caddero» nella miseria. Nel distretto di Salò, il valore del vino risultante dallV dequato del decennio 1842-1851 fu calcolato in austriache lire 1,235,550; pel triennio dal 1852 al 54 di sole austriache lire 187,570, talché, compresi nel computo tutti gli altri prodotti, la rendita netta ottenuta dal suolo, che in ciascun anno del decennio 1842-51 ascese ai lire 1,735,820, in quel triennio si ridusse a lire 573,270; dedotta T imposta di lire 320,000 riducesi a lire 253,270, mentre la rendita confinaria attribuita al distretto è di lire 030,703. 43. E si noti che la> proprietà fondiaria v1 è aggravata da un debito ipotecario di cinque milioni di lire. I proprietarj dovendo pur provedere al mantenimento dei coloni e sostenere le gravi spese di coltivazione dei vigneti e di nuove piantagioni, rese indispensabili dalla mortalità cagionata dalla crittogama e dagli straordinarj freddi, e supplire ai consueti bisogni delle famigliari amministrazioni, si videro costretti ricorrere ai mutui. Questo palliativo, che non toglie il male, mancò per la diminuzione dei capitali disponibili, e i fondi vitati, per i debiti ipotecarj ond1 erano già alletti ^ e pel considerevole deprezzamento, presentarono troppo incerta garanzia, cosicché il credito fondiario ne rimase, si può dire, annichilato. Ai mutui tennero dietro le vendite volontarie, poi le espropriazioni per debiti li-scali, e privati, a condizioni rovinose pei proprietarj, e in generale può aifermarsi che il valore dei fondi a viti è diminuito di una buona metà. À questo tristo quadro che la Camera di Commercio fa dei paesi della riviera del Garda, noi potremmo aggiungere quello dei paesi viniferi dell'alta Franciacorta, Monticelli Brusati, ecc., ove le vendite forzate dei fondi succedono tutto dì, e a men della metà della stima; anche gli irrigatori, P<-r 1° imposte esorbitanti, son diminuiti a metà prezzo. Rincresce che i proprietarj di vigneti non facciano uso della solfatura per preservare dell'oidio, il quale in alcune località s'è di già mostrato anche nel corrente anno 1858. La provincia fu costretta ad importare il vino dal Piemonte e dai Ducati : nel 1854 nella sola città se ni; consumarono sessanlamila gerle, che al prezzo medio di lire 40, fanno due milioni e quattrocento mila lire. AGRICOLTURA 209 Quando il raccolto dell'uva tornerà ad ottenere la primitiva importanza, perchè il nostro vino gareggi coi più reputali del Piemonte, della Sicilia e della Francia , converrà che i proprietarj pongano in pratica i dettati dell'enologia, troppo da noi sconosciuti; e mettano maggior cura nella preparazione dei terreni e nella scelta e qualità de' vitigni. La coltivazione delle viti è improvida in que' luoghi ove la mediocre colonna barometrica è inferiore ai 27 pollici, come nelle nostre valli. Oltre l'uva la provincia di Brescia produce molte varietà di eccellenti frutte, fra cui diverse qualità di saporose poma e pere, il cui reddito annuo è di quintali 7144, o pesi bresciani 87,710. Il prodotto delle noci è di some metriche 006. Secondo Jacini, il raccolto delle castagne sarebbe di 10,245 ettolitri, importanti lire 153,080. Un prodotto troppo a torto dimenticato % è quello dei funghi. Da una esatta statistica dell'ingegnere Battista Chizzola, assessore municipale che noi abbiam perduto e lacrimato nel 49, rilevasi che , nel 1841, si vendettero sul mercato di Brescia 20,500 pesi di funghi, ricavandone lire 177,187; e nel 1842 pesi 17,020, introitando 170,220 lire. Se a questi aggiungiamo tutti i funghi che non si portano sul mercato, ma si vendono dai villici nelle famiglie e negli alberghi della città senza fare la consegna prescritta dalla legge e impunemente violata, e di tutti quei che si vendono in campagna, facilmente si vedrà quanto denaro metta in giro questo prodotto. I pomi di terra, che si coltivano nelle valli, darebbero austriache lire 73,430; ed i legumi lire 157,380. In bulbi, rape, agli e simili prodotti d'orto ricaveremmo, secondo Jacini, lire 110,445, ma più probabilmente 174,180, come calcolò l'ingegnere del censo che fornì i dati delle produzioni del nostro suolo al dottor Menis, che li pubblicò nella sua statistica (Vol. 1. Brescia 1837), senza citare da chi li avesse avuti. II valore dei pascoli per un'annata ordinaria fu calcolalo nel 1825 di lire 110,000. Jacini direbbe la provincia di Brescia avere un pro- li Come fece l'autore delle Lettere sull'esposizione bresciana, clic lo disse oggetto piuttosto do gabinetto scientifico che da industriale esposizione. Nell'esposizione dell'agosto t857 il Venturi presentava l'JO tavole raffiguranti un migliajo di specie di funghi, divisi in molti generi; altri ne diede in natura, disseccati, o conservati nello spirili o nell'acqua salala. Egli fece conoscere il fungo A'untanti, che è ì'agarieus mouceron di Rulliard, così squisito che in Francia ed in Piemonte si vende disseccato \\ e fino Iti franchi la libbra; il tuber cestivum di Vittadini; e io squisito tubar mugna/um di Pico. Da una sua beli' opera (Icones fungoruin agri brixiensis, ecc.), si vede che parecchi funghi furono dal Venturi scoperti e classificati. Fra questi l' he.lrrlta puinilla, il boletus vtnQSUS, il sangnifluns, il (ricolor, ce Da nove egli ottenni' l'ossero portale a trenta le specie ili funghi di cui si permette la vendila ; ed ora ce ne mostrò .'>'» di mangerecci, alcuni de'quali sono più delicati forse del conosciuto ovolo. llluslraz.dcl L.-V. Voi III. '27 dolio annuo in legna forte di lire 718,275 e in legna dolce di lire 559,935; cioè, nella prima venire terza dopo le provincie di Bergamo e Como, e nella seconda non essere inferiore che a quella di Como. Il carbone , secondo la statistica del Menis, sarebbe di metri cubici 87,092. È deplorabile il deperimento delle proprietà boschive, e specialmente delle comunali. I boschi della provincia coprono la superficie di pertiche censuaric 010,283. 74, dal cui confronto con quella rilevata al principio di questo secolo risulta che d'allora in poi scomparvero 00,000 pertiche censuaric di bosco. A questo danno, già per sè rilevante, devesi aggiungere quello a cui andarono soggette per deperimento le proprietà boschive. Delle antiche selve di alto fusto noi» ci rimangono che pochi e scarsi avanzi nelle estreme parti delle valli Trompia e Sabbia, e in molte località nelle quali in tempi non lontani frondeggiavano ricchissimi boschi cedui, più non si scorgono che radi e intristiti cespugli; in altri, come fra i monti che costeggiano la riviera occidentale del lago di Garda si trovano estesissimi spazj nei quali, pel taglio disordinato delle legne e per l'estirpazione delle cep-paje e dei patumi, più non si scorgono che nude roccie, colpa l'insufficienza e troppo fiacca applicazione delle leggi forestali attivate sotto il regime italico. Il bisogno indusse privati e Comuni a tagliar delle selve e boschi cedui. La squallida condizione de' tempi fa crescere a dismisura i ladri campestri, che non si limitano più ai furti delle legne da fuoco, ma mettono mano anche alle piante di castagno, che si educano per trarne i 271,100 pali, che ogni anno occorrono per i vigneti e i giardini d'agrumi1'. Si ruba di tutto oramai; legna, frumento, grano turco, fieno, foglia di gelsi, e fino gli agrumi cresciuti nel ricinto della serra ; e con sì sfrenata e crescente licenza da rendere troppo insulti-cienti e nient'affatto temute le leggi penali comminale per simili trasgressioni, che il codice considera leggiere, mentre il fatto prova che i furti campestri sono scala c principio agli altri; a non dire poi che sarebbe grande ingiustizia non proteggere con più eflicaci leggi la proprietà. Da un pezzo s'invocano energici provedimenti, e un codice ti Questa deplorabilissima concisione è comune anche ad altre Provincie, ma, senza scusar il povero ladro, devo avvertire anche il guasto che recano ai fondi i cacciatori. Messisi fra una piantonaia recente di roveri o di castagni, tagliano rami e virgulti, altri torcono e piegano per farne capanni ove collocar la civetta o il vischio o gli archetti. Solo ehi I' ha velluto sa quanto guasto ne venga, e non per la necessità di cuocer la pentola, ma per un divertimento, per privar la campagna nostra dei distruttori degli insetti, le nostro boscaje dalle canore armonie. || contadino non osa farne le rimostranze al cacciatore, che d'altronde porta il fucile : il povero impara a non rispettare la proprietà. C. C. AGRICOLTURA 211 e un regolamento agrario diretti a reprimere i furti campestri e quelli dell'acqua, i quali sono dalla giurisprudenza ritenuti semplice turbazione di possesso, mentre la suprema importanza della irrigazione richiederebbe leggi penali. La nostra provincia potrebbe, ove non mancassero capitali, triplicare il valore de' suoi boschi ripristinandoli ; lo che, oltre fornire ottimi materiali all'industria, servirebbe ad impedire o rendere meno rovinose le piene de' iiumi. Ne' prischi tempi, quando vestivano folte selve i nostri monti, fra quelle posando le acque, le sabbie e le melme, l'esalvea-mento de' fiumi non avvenivo così repentino, nò rovinoso. Ma perchè tutto ciò si possa effettuare converrebbe fosser diminuite le imposte. Le proprietà boschive sono censite in una misura del tutto sproporzionata ai redditi che se ne possono ritrarre, e in molti luoghi quattro quinti dei proventi sono assorbiti dall' imposta fondiaria. Nel 1779 la nostra provincia, secondo Antonio Zatta7, alimentava più di 00,000 animali bovini, 10,000 fra cavalli, muli, asini, e circa 00,000 fra pecore e capre, non comprendendo nel calcolo la riviera di Salò8. Nel 1824 si noveravano nella nostra provincia 1189 cavalli di lusso, altri 4880 per l'agricoltura, 2124 asini, 2180 muli, 35,595 buoi, 15,603 vacche, 320 tori, 7243 allievi, 1525 arieti e 14,018 pecore, 1811 meticci, 4398 agnelli, 5809 capre, 10327 suini. Durante il regno Italico si introdussero nella provincia stalloni per migliorare la razza dei nostri cavalli. Ecco il prospetto dello stato del bestiame al 31 ottobre 1857: 7 Descrizione corografico-siorica della provincia bresciana. Venezia, 177!). É dedicata ai Deputati della città di Brescia. S Un podestà veneto nel 1553 osservò che a broscia v'erano lettighe con bei muli, « un altro nel lo»»7 diceva che i nobili bresciani tenevano molti cavalli di valore. Prospello dello stato del bestiame al 31 ottobre i 857. ■ •- 1 DISTRETTO 1 C ■ ri lino anni i fino a inni p Ci C C s >- < S Cm C/3 2_ e • > Brescia città : Q 6 170 337 2 13 1 8 8 8 22 I 4 30 Brescia distretto I. 489 550 76 333 10 1975 3393 1733 408 948 1114 3416 Ospitaletlo idem IL li 232 174 48 141 12 354 1904 453 191 268 120 2319 I Bagnolo idem III. 10 394 261 00 89 19 923 2611 391 143 549 186 2191 Moni echi aro idem IV. 1 283 359 10 84 4 389 3233 123 250 289 367 l 1253 Leno idem V. 4 348 242 3o 153 7 591 3068 023 101 56 14 2266 Gardone idem VI. 2 96 71 io 245 52 3840 201 1801 93 1732 1473 1018 Salò idem VII. i 82 136 6 108 5 604 1763 367 145 682 1355 737 Lonato idem Vili. 3 142 206 1 72 5 240 2808 213 139 294 352 944 Vestone idem IX. 74 89 4 225 59 3195 406 1471 143 1728 4107 502 Gargnano idem X. » 15 51 » H7 14 257 511 35 280 1864 1393 155 Chiari idem XI. 4 229 494 25 125 16 1068 3184 445 252 248 208 3421 Verolanuova idem XII. 7 523 312 89 115 34 1362 3681 902 228 765 82 5377 Iseo idem XIII. 2 IO 137 271 13 178 13 1282 2248 1481 143 790 1392 ' 2290 ! Orzinovi idem XIV. 365 161 77 78 23 1186 -; c. ~" 2580 578 125 320 78 3169 ; 1 1 1 1 Totale 0 3585 3714 464 2076 274 17274 31599 10084 27Ì3 10534 12305 29088 PRODUZIONI CAMPESTRI 213 Le aumentate imposizioni costringendo i proprietarj delie valli a vendere fuori i foraggi, fu cagione del deterioramento del cacio pecorino, il quale gareggiava prima con quello della Svizzera. Nè solo i foraggi, ma a vendere tutto o in parte lo stesso bestiame si videro costretti i possidenti. Nel 1835 le produzioni animali della provincia bresciana erano come dal seguente prospetto: Denominazione dei generi Quintali « ... Linei Q«amit" Butirro . , , Formaggio . . Mascherpa . . Latte . . . . Lana di pecora Carne porcina . Bozzoli . . . Mele . . . . Cera . . . . Pelli di bue. . di cavallo, d'agnelli . di capretti di capre . di pecore. id. Polli . . . Oche . . . Anitre . . Polli d'India Prodotti della pesca Prodotti della caccia Cantaridi. . . . 5,734 12,511 5,004 10,842 471 18,910 28,872 90 10 Misure .... bresciane pesi 71,500 ■150,000 02,400 200,000 ■> 5,870 235,870 » 300,000 libbre 12,000 1.300 numero 10,720 numero 10,720 900 17,370 400,000 25,000 24,000 53,000 pesi ibbre 900 17,370 400.000 25,00(1 24,000 53,000 22,000 2,200 500 Le nostre giovenche, specialmente quelle delle valli, sono di lino pelo e d'ubertoso seno, e vanno spesso ad accrescere le pingui mandrc del Milanese e del Lodigiano. In questi ultimi anni si notò una considerevole diminuzione nel prodotto dei formaggi, e conseguentemente un proporzionato aumento dei prezzi, dannoso a questo commercio che richiederebbe abbondanza di produzione e buon mercato. Ne fu in parte cagione Pincarimento de'fieni, che dal 1830 in poi, da lire 25 al carro ascesero a lire 50. Si calcola che 100 vacche diano quattro pesi di formaggio e due di burro al giorno. Quest'ultimo, essendo meno grasso del lodi-giano, resiste maggiormente, e viene spedito nel Veneto, nella Romagna, a Corfù e nel Brasile. I mandriani abitano sulle montagne ne' mesi estivi, e nella nostra bassa provincia nella stagione invernale e primaverile. I formaggi che essi fabbricano vengono per gran parte confezionali nelle casere di Rovato ; nè soltanto quelli de1 mandriani bresciani, ma eziandio altri delle valli bergamasche Camonica e di Scalve; colà si smerciano a san Pietro ed in settembre. Molti altri formaggi si confezionano nelle casere di Brescia, ove si introducono immaturi pagando un dazio nella ragione d'un terzo dell'ammontare del dazio stesso, coli1 obbligo al negoziante di riasportare i due terzi della quantità introdotta, o di pagare alla Finanza gli altri due terzi di dazio tenuti in sospeso, più centesimi quattordici per ogni formaggio che entra in città, e centesimi undici per ogni bolletta. In Brescia si ebber formaggi : nel 1854, entrati 10500 usciti 7779 1855 * 9049 » 7141 1850 » 7505 » 4910 I Comuni di Collie e di Bagolino, e quest' ultimo in singoiar modo, sono distinti per la bontà del loro formaggio; ma e duopo confessare che l'arte del caseificio non progredì fra noi, ed abbisogna d'essere migliorata. La repubblica di Venezia nel 1774 propose un premio di quaranta zecchini al migliore trattato sud' allevamento de' buoi e delie pecore, e fece stampare le Venti giornate di agricoltura del nostro Gallo, delle quali eranvi già 18 edizioni. Anche l'allevamento delle api fra i nostri contadini si va perdendo. Sermione sul Garda e Peschiera sul lago d'Iseo vivono quasi esclusi vomente della pesca; altri paesi, come Clusane , ecc. ne fanno smercio. La vendita del pesce sul mercato di Brescia dà il valore annuo di circa austriache lire 170 mila. I nostri quattro laghi, compreso il piccolo e poco noto di Vaja, e i nostri maggiori fiumi ci danno pesci rari e delicati. Trote, di cui soltanto a Sermione se ne prendono per circa 400 pesi ; anguille, lucci, tinche, sardelle, avole, pesci persici, lamprede, scazzoni, c il carpione del Garda, celebrato dal Fracastoro , e che non si trova in nessun altro lago d'Italia, eccetto quel della Campania, donde esce il Fibreno. L'annuo prodotto si fa ascendere a 1200 pesi. La strada ferrata potrebbe farlo conoscere e gustare alle altre provincie. I liori sono parte cara e gentile, ma potrebber essere anche utile dei prodotti del nostro suolo. La provincia di Brescia, che ha una temperatura media più mite di quella di Milano e pressoché una terza parte di più di giorni sereni, con amene collinette, colla riviera del Benaco, il cui clima si accosta a quello del Mediterraneo, dovea ben essere la patria di questi tìgli del sole e della rugiada. PRODOTTI MINERALI 215 Principalmente la camellia vi prospera; ed oltre Brozzoni, i conti Bernardo Lechi, Maggi, Calini, i signori Torre e Madoni ne posseggono numerosissime varietà. I rododendri del conte Lechi non temono confronti in Lombardia. Oltre le magnolie, i cactus, i coniferi, ridono vaghissimi geranj, cinerarie e calceolarie coltivate da Bosani e da Rossi. Qucst' ultimo introdusse lo gesnerie, le fuchsie, le begonie e le tropicali orchidee. La contessa Bice Maflèis-Fenaroli coltiva a preferenza la rosa, pur sempre regina de1 iiori. HI. Torbe — Marmi. — Miniere. Due pezzetti di carbon fossile furono trovati a Codio ed a ValIio parecchi anni fa da Giambattista Bagazzoni; alcuni ne scopri nella Val Trompia l'ingegnere Fedrighini, e alquanto ne raccolse testò sul monte di Biosecco di Ilario l'ingegnere Domenico Biccobelli. Noi abbiamo in rilevante quantità la torba. Il medico provinciale L. Balardini e il dottor chimico Stefano Grandoni nel 1842 diedero un quadro delle torbiere nostre, e alle località ivi menzionalo 1 è duopo aggiunger Pian d'Oncda in Val Sabbia, Casaglio, Montironc, Orzinovi, Maclodio, ecc. Stando solo ai luoghi dai sui Ideiti esplorati, noi abbiamo una superficie torbosa di piò bresciani 1930, pari a metri quadrati 0,301,080. La quantità di torba appena scavata fu dagli stessi calcolata pesi 1,189,718,773, i quali riduconsi a 198,280,402 dopo la stagionatura. Calcolati questi a centesimi 20 al peso, ceco un valore di lire 39,057.292; dalla qual somma detratte le spese, risulta che abbiam sepolto nella provincia un tesoro di lire 29,495,190. Le torbiere della Lombardia, in generale, posano su ciottolame erratico, o alluvioni moderne, nò sono molto antiche: si deposero in acque dolci, ed alcune, come quella d'Iseo, in tempi non remoti per ostacoli posti allo scolo dell'acque. Gli strati di torba nella nostra provincia hanno la I Pisogne, Iseo e Provaglio, Torbiato, Padengbe, Sojauo al Rossone, Mohiga e Pa-denghe, Polpenazze, Pozzolengo, Ghedi, Leno, Azzano. grossezza di uno a quattro metri; sono a pochi pollici sotterra, in linea orizzontale, e coperti da sabbia o da un terriccio vegetale. Quella d'Iseo ha maggior forza calorifera che tutte le lombarde, tranne le comasche; e quella di Torbiato in Franciacorta, e di Padenghe presso il Garda, la vince in peso ed in forza-. Il governo Italico, con decreto 9 agosto 1808, ordinava che, al pari del carburi fossile, la torba fosse esente da dazio, e Pusava nella regia fabbrica di falci a Castro. In Olanda, dove scarseggia la legna, o nell'Oerland, in Norvegia, ove manca affatto, la torba supplisce a tutti gli usi. In Germania ed in Francia è moltissimo adoprata. Nella Brianza se n1 è generalizzato l'uso nelle filande, ove serve benissimo, perchè mantiene più costante la temperatura dell' acqua, che non faccia la legna. Eppure nella provincia di Brescia soltanto il signor Francesco Nullo 1' adopra a Iseo nella trattura della seta. E potrebb' essere tanto utile anche ne' forni fusorj. Ma la torba, che serve a tanti usi, non è da noi a gran pezza usufruita come dovrebbesi ". Fra la generale noncuranza è meritevolissimo d'encomio l'ingegnere Giuseppe Pedrali per avere con lunghe fatiche e sacrificj aperto in Cologne uno stabilimento per la preparazione della torba che egli scava in Franciacorta, preparata per forni e stufa, e prodotti di torba atti a dare un gas illuminante, che^rende 000 litri di gas ogni chilogrammo di materia gasifìcabile; e questi 000 litri alimentano una Gamma per 12 ore, a centesimi sei ali" ora. Il Pedrali non ha che a rettificare e disinfettare meglio l'idro carburo per pareggiare folio gas di Lafond. 2 Già nel 1774 la si scavava ad Iseo, ed il benemerito Pilati la sperimentava quivi per la trattura delle sete, con ottimo risultato; così nel 1770 a Padenge, era bruciata nelle filande, in una fabbrica di candele, e in un'altra di pallini da caccia. 5 L'Irlanda, che possiede 1,'200,0I>0 ettari di torbiera, adopera la torba per quotidiano combustibile, ne fabbrica carbone compresso, ne estrae gas illuminante, ammoniaca, parafine , eco; ora in diversi luoghi si illumina col gas dell'olio di torba , che costa quasi due terzi meno di quello di carhon fossile. La torba, a parila di peso, produce anche maggiore quantità di gas, perocché 100 chilogrammi ili carbon fossile inglese non danno più di 28 metri cubi di gas misurato al becco, mentre <0(l chilogrammi di torba ne danno per minimo Utì. A ciò bisogna aggiungnere che, secondo gli esperimenti di chimici e tisici distintissimi, quali Chevalier, Faucaujt, Gii arditi, ecc., l'olio di turba risultò di una potenza illuminanti! da cinque a sette volte maggiore di quello del carbon fossile, ti gas dell'olio «li torba ha Inoltre il vanteggio rilevante «l'essere interamente igienico o innocuo, a differenza di quello di carbon fossile, il quale, malgrado i migliorati Sistemi di depurazione, è pili o meno imbrattalo da gas noeevoli alle suppellettili preziosi' e alla salute. Da anni si pensa illuminar Brescia a gas, e pare si voglia ora venirne a capo. Brescia è ora illuminata da :>8j l'anali, eh" verranno portati a 700 od anche ad K00 colla illuminazione a gas. PRODUZIONI MINERALI JI7 Alla provincia di Brescia non manca nemmeno lo schisto bituminoso; litantrace esiste ad Oriolo, contrada di Vallio in Valsabbia in filone verticale, matrice calcare, di un nero lucido, struttura schistosa. Se non che brucia con difficoltà, e svolge molto fumo denso e nero. Fra i prodotti naturali della provincia di Brescia occupano bel posto i minerali. Il marmo bianco saccaroide di Bagolino in Valsabbia, può competere con quello di Carrara di seconda qualità4. Questo, il marmo venato di Lavone e la pietra litografica di Urago e Collebeato, attrassero l'attenzione degli intelligenti anche all'esposizione di Parigi nel 1855. Il dottor Claro Malacarne fu de' primi8 a suggerire l'applicazione agli usi litografici della nostra calcarea di Collebeato, che somiglia alla pietra litografica di Pappenheim, Migliore è quella di Brione, scoperta da Giambattista Bagazzoni. La pietra marnosa di Collebeato, sparsa di dendriti nere o giallognole, è suscettibile d'ottimo pulimento, e non cede all'alberese della Toscana. Col bellissimo marmo di paragone di Degagna venne costrutta, al dire dello Zatta e di altri, la tomba di Carlo V. Cave di pietre arenarie esistono a Paratico ed a Capriolo. Le arenarie rosse di Codio servono per macine da mulino, inviandole in Romagna e Francia. I marmi screziati di Serie, di Tavernole, di San-t'Eufemia, di Mazzano sono suscettibili di bella pulitura quanto i mi-^ gliori d'Italia. I nostri graniti hanno magnifiche varietà di tinte. Il filone di porfido al ponte di Predondo ha sette miglia di lunghezza e due di larghezza. Nei suburbani colli di Urago Mella abbiamo fra le roccie stupendi diaspri: il marmo bianco compatto oolitico di Botticino mattina, presenta massi di 600 metri cubici, ed è ottimo per grandiose fabbriche 4 Non sappiamo porche il Rapporto della Camera di Commercio tacia del marmo di Bagolino, di Salò, ecc., e parli solo delle cave di Botticino, di Rezzato e dì Virle. E anche di queste non dà idee giuste. Si dice, per esempio (pag. 85), che sono costituite da un carbonato di calce non saccaroide, e che il marmo si presta a qualunque lavoro di figura e di ornamento, al pari del marmo di Carrara, il quale è appunto saccaroide. La parola venustà non è bene applicata al marmo, cui converria meglio quello di finezza trìstallina. Non potrebbesi poi attribuire che ad una svista di quel Rapporto il calcolare a lire VI mila il valore dei marmi e delle pietre delle tre cave di cui parla, poiché, anche solo ritenendo il numero di quaranta operaj, impiegativi ad austriache lire i.UO , che danno austriache lire 00 al giorno, calcolando ."00 giorni di lavoro noi avremmo austriache, lire 18,000 di spese: cioè cagionerébbesì ai proprietarj delle cave una perdita annua di austriache lire 6000: il che e assurdo. 5 Vedasi la traduzione del Manuale della Storia Naturale di Dlumenbach.\oì.\, pag, 522-2.", nota i. Milano, 1828. Ulustraz. del L. V. Voi. Ili 28 architettoniche, e per fregi ornamentali, come attestano la chiesa de' Miracoli, le colonne del palazzo della Loggia, il Duomo Nuovo ed il Camposanto. La pietra di Virle e alla superficie, e quindi il minerale si presenta traforato da tarli e danneggiato dalle filtrazioni. Gli scavatori poi adoperando le mine in luogo de' cunei non possono staccarne massi di considerevole dimensione. Nelle fabbriche ordinarie è frequente la pietra di Bozzato ,;, che costa assai meno, ed essendo disposta a strati di varia grossezza, vien attissima alla costruzione di poggi, scale, stipili, cornici, ecc. L'arte dei tagliapietre ivi comune ebbe grande incremento dalla scuola di architettura ornamentale eretta da Bodolfo Vantini; ma P infelicità dei tempi stogliendo dall'innalzare fabbriche, la fa volgere in basso. Dovremmo pertanto approfittare dei marmi a colori; e sarebbe mestieri si introducessero seghe adatte per tagliarli. Il granito sì sparso nella Valsabbia sotto forma di grossi ciottoli, serve a lastricare le contrade nella città, surrogato da circa trent' anni al granito di San Fe-(h'Iino nel Comasco. Ad Adro abbiamo le pietre focaje; legni agatiz-zati ad drago Meda ed a Concesio; non ci mancano le agate, le corniole , ecc. A Odolo in Valsabbia, ed a Magno nel distretto di Salò , trovasi l'ampelite, terra di cui si fa uso in Francia, e dovrebbesi fra noi, per fertilizzare le campagne, specialmente i prati, spargendola cruda ed anche ridotta in cenere. Sul monte di Capriolo abbiamo la terra che serve per coprire i modelli da stampa nelle fonderie, la quale lascia passaggio maggiore all' aria e fa ottenere maggior rilievo negli ornati di quella che si ritirava da Bergamo. La nostra si asporta ora anche sul Veneto. Non mancano le marne ed argille da lavori laterizj e plastici, da colori, da fullone; la polvere dolomitica che si adopera a pulire gli utensili da cucina, ecc. Breccia fluviale, o ceppo rustico, ceppo gentile, che giova a molte opere edilizie, si riscontra a Ciliverghe ed a Castenedolo. Nei dintorni di Iseo, Vello, Sarezzo, Lodrino, Vobarno, Nave e Virle esistono pietre da calce. Testé a fianco della stazione di Palazzolo fu aperto dalla Società Francese proprietaria della ferrovia, un forno di calce idraulica, ritirando il materiale da Pilzone bresciano, e da Tavernola bergamasco, al quale uopo la Società prese in affitto dai Comuni di Rovato, di fi Fra gli allievi della scuola di Pezzato è a ricordare il Lombardi, figlio d' un» scarpellino di colà, che passato a Milano e a Roma, e veduti i migliori modelli, e applicatosi alla scuola della verità, eseguì lodatissimi lavori, fra cui, per tenerci in Brescia, la donna velala del monumento Dossi nel Campo Santo: l'altro greppo dell'Industria ausiliaria dell» Carità, per memoria del Pacchi : e il monumento del conte Annibale Maggi. C C. MINIERE 219 Chiari e di Palazzolo la Seriola Fusa. Fra i gessi della provincia è notevole quello di Cornerò in Valsabbia 7. I monti, che ci mitigano i venti settentrionali, celano miniere di ferro, fra cui il magnetico, copioso nei paesi settentrionali, galene argentifere, rame, piombo, zinco, antimonio. Le miniere della Valtrompia Miniera in Valtrompia 7 II veneto magistrato deputato alle miniere nel 1007 trovava arcavi di pietre da costruzione a Rezzato, Virle, Pezzazc, Bovegno, Collio, San Colombano. Allora Rottici no mattina « Botticino sera cocevano 825 carra all'anno di calce (dalle lire \A alle 25), l'ottava parte, secondo il Rosa, di quella che ora si cuoce sulla riviera d'Iseo. Secondo i dati per noi assunti, dalle dieci fornaci di calce di Sa rezzo si cavano annualmente ."'»00 carra di calce di 144 pesi ciascuno, che si vendono sul Bresciano e sul Cremonese ad austriache lire 35 al carro, dando un reddito lordo di austriache lire 122,500; dalle quali dedueendo austriache lire 24,500 per imporlo di 700 carra di legna, lire 5500 per condotta del materiale dalle cave alle fornaci, e lire 2100 per fitto di queste, rimane un reddito nettali» lire 9?,<00 Le gessaje di Lavone e di Savallo sono fra le più considerevoli della Lombardia. Le, prime contengono anche cristalli di solfato calcico , in prismi esagoni terminati iu piramide quadrilatera. Il filone di gesso quarzifero di Savallo ha gli stessi caratteri de-lU volpinite. sono di semplice struttura. Le gallerie accompagnano l'andamento degli strati, i quali sono ordinariamente inclinati, alcune volte orizzontali. I nostri storici asseriscono che le miniere di Valtrompia erano scavate dai Romani; lo negò Scipione MafTci, e G. B. Brocchi argomentò che soltanto circa il tempo de' Longobardi si cominciasse a scavarne il ferro. L'avvocato Angelo Mazzoldi sostiene fossero ora usufruttate dai Romani, e Gabriele Rosa dalla linguistica arguirebbe che anche prima; ma Giulio Curioni cercò invano prove meglio concludenti. Non so se l'aver i Bresciani eretto templi a Vulcano, dio de'fabbri, confermerebbe quanto dalla tradizione, dalla linguistica, da alcune iscrizioni, dalle parole di Plinio si dedurrebbe. Fatto è che Bodolfo Notajo all'anno 811 narra che ribellaronsi i lavoratori delle miniere, perchè troppo vessati, e la strage che di essi fece il conte Suppone, governatore di Brescia per Carlo Magno. La repubblica di Venezia attese seriamente a far prosperare quest'industria. Con decreto del 4 luglio 1421 abolì il dazio sul ferro, messo dai Visconti, e vi sostituì quello del Malatesta, che nel 1406 per il primo diede concessioni e privilegi alla valle. Nell'antico statuto di Bovegno del 1341 si prescrivono ottime discipline pel governo delle miniere e pei boschi. Il Codice minerale della veneta repubblica fu l'unico che sia stato pubblicato in Italia, e alle prescrizioni, fatte in 39 articoli nel 1488, altre ne aggiunse nel 1670. Fissando i diritti della repubblica, quelli de' particolari investiti, e concedendo speciali privilegi agli scopritori, si eccitarono i sudditi a queste ricerche. Da principio la diretta sorveglianza sulle escavazioni spettava al consiglio dei Dieci, poi si creò un particolare magistrato alle miniere. In Valtrompia risedeva un suo delegato o vicario, che veniva eletto dai Comuni della valle e confermato dalla repubblica, la quale lo decorava del titolo di nobile. Questo aveva obbligo di invigilare sull'esecuzione delle leggi, visitare coi giurati le miniere in caso di controversia, e decidere le quistioni, riservato però alle parti l'appellarsi al magistrato. Da un'opera di Becher, citata dal Brocchi, sembra che la Repubblica stipendiasse anche un mineralogista. II dazio sui prodotti delle miniere, secondo i regolamenti del 1440, era libero per tutta la provincia, eccetto la gabella di transito per la città. I mercanti delle valli Trompia e Sabbia ottennero anzi di poter condurre e vendere le loro manifatture di ferro per tutto il dominio della repubblica, senza che vi potesse frapporre ostacoli l'arte de' fabbri. Nel 1695 Venezia mandò un magistrato alle miniere per regolarle con formali investiture, onde esigere decime sul minerale scavato; il che era improvvido. Due anni appresso il magistrato delle miniere concedette alla Valtrompia 1" investitura perpetua di tutte le miniere di ferro ritro- \ MINIERE 221 vale e da ritrovarsi. Quarantacinque anni prima (1662), la Repubblica vedendo che gli armajuoli di Brescia continuavano ad uscire dalla provincia recandosi a Milano ed a Pistoja, cosicché dal 1600 al 1613 le 38 botteghe d'armajuoli nella città erano ridotte a 12, e sette anni appresso, cioè in venti anni, erano uscite dalla Valtrompia 261 famiglie lasciando in abbandono 34 fucine, 34 miniere e 3 forni, minacciava di bando capitale tutti i lavoratori di ferro che avessero trasmigrato su terre spettanti ad altri Stati. Nel 1715 poi, a fine di distribuire con eguaglianza i lavori su tutti gli artefici, proibì di stipulare un contratto coi singoli opera j senza la cognizione del sindaco dell'arte, al quale spettava la ripartizione dei lavori stessi. Provedimenti meschini. Venezia, onde rianimare la nostra metallurgia, apriva nel 1605 una fonderia di cannoni in Brescia, di cui una fiorì in Sarezzo sul principio del secolo seguente, di proprietà della famiglia Balio; e nel 1765 avendo la Repubblica ordinato a Gardone molte canne da fucile, che dovessero resistere alle prove dell' acqua, e non riuscendo, fece a sue spese rinnovare i mantici nelle fabbriche, e il lavoro venne ultimato felicemente. Eppure sulla fine della sua dominazione la repubblica lasciò anche su questa importantissima industria pesar la sua inerzia. Alle investiture, che prima erano concesse con tanta facilità, volevansi ambagi ed andirivieni : la cabala trionfava, gli uomini distinti nella scienza mineralogica non ve nivano impiegati: v'erano insomma quei disordini che indicano la decadenza d'un governo. Molte miniere, sullo spirare del dominio veneto, erano deperite o innondate e neglette. La repubblica Cisalpina abolì le decime sulle miniere, e rese libero a tutti lo scavo delle stesse. La legge veneta del XVII secolo che determinava le proprietà e stabiliva il censo, quantunque eseguita incompletamente sì «he prevaleva su di essa la consuetudine locale, durò nullameno fino a che surrogolla il decreto italico 9 agosto 1808, abrogato ora dalla legge montanistica del primo novembre 1857. Sul principio del nostro secolo si scavavano dalle miniere di Valtrompia, secondo i calcoli del Brocchi, £87,437 quintali di minerale. E tuttavia non era quello che uno spigolare in confronto dell' antica ubertosità. Ma testé le cose peggiorarono. Secondo il calcolo del Curioni le nostre miniere darebbero in ghisa: Alto forno di Bagolino pesi 100 mila » Tavernole » 80 mila » Pezzaze » 50 mila > Bovegno » 80 mila » Collio » 100 mila Annuo totale pesi 410 mila Il valore è di lire 1.50 al peso8. Il nostro ferro dà il quaranta per cento di ghisa. Più di cinquanta miniere possedeva un tempo il solo distretto di Bo-vegno 9 : ora sono venticinque sole in tutta la valle. Bimane in dimenticanza la grande galena argentifera di Val-della-Torgola, che era scavata nel 1488. Anche piombo, rame, e zinco si scavavano in Valtrompia. Piombo esiste anche in più d'un luogo in Valsabbia, ove manca il ferro; e la ricca galena sul monte delle Calchere sopra Provaglio, somministrava l'ottanta por cento. Quella di rame e di ferro piritoso, delta la marchesa, riaperta di recente a Pezzaze, promette il trenta per cento. Il rame si ottiene anche dalla pirite epatica di Vallumczzane. Nel 1854 venne scoperta a Lodrino, a poca distanza dalla chiesa, da certo Valdini, una miniera; la quale, esaminata per via umida dal dottore Maza e per via secca dall'assaggiatore Baltaggia, fu conosciuta contenere del rame: analisi che fu poi confermata dal Curioni, il quale vi riscontrò inoltre del fosfato di rame. I nostri monti, da Pezzaze a Gollio, si potrebbero dire una sola miniera. Il più abbondante minerale nostro è il ferro spatico comune, coevo alla formazione delle montagne nelle quali si trova. Da esso provengono immcdiat amente due varietà, che spiegano caratteri diversi, una cioè a grandi lamine con lustro di madreperla, a diversi colori, chiamata tri-netta, grassura e fettone dai minatori; l'altra è una vena bianca, di grana minuta, grigia, ambi cristallizzate in varie forme romboidali, di cui la più osservabile è quella chiamata a cresta di gallo. Il ferro spatico, di aspetto lucicanle, attraibile dalla calamita dopo la torrefazione, di aspetto biancastro, è risguardato come il ceppo da cui derivano le sottospecie o varietà, del ferro spatico epatizzato, del compatto, dell'ematite rossa, dell' eisenrham bruno, del ferro micaceo e del ferro rosso. L'eisenrham rosso fa parte da sè, e da esso derivano altre varietà. È in perfetta ossidazione, ed esiste nella miniera di Zaglio, sul monte dei Becchi in masse or solide ed ora friabili, lamellari, lucenti ed untuose al tatto. Si trova alcune volte mescolato col ferro bruno, altre coli' ematite bruna e con l'ocra gialla. Il ferro speculare, che nulla ha di comune colle antecedenti specie, è di due forme distinte: quello che si trova alle falde del MulTetto è a tessitura scagliosa, ora a larghe 8 Lettera ilei 3 dicembre 1857 al Cantù, che me l'ha gentdmente comunicata. Questi dati s'accostano ai nostri. Il Rapporto delta Camera di Commercio la fa di 50 mila quintali. » La Valtrompia èra divisa in due distretti , di Bovegno e di Gardone. Nel 1833 fa tutta compresa in quest'ultimo. MINIERE 223 lamine, ora a minutissime; è pesante, duro, scintillante sotto i colpi dell'acciarino, ed è quasi sempre accompagnato da feldispato e da ferro magnetico. Il ferro speculare della miniera Zocca, o d'Ono, nel Comune di Pezzaze, e assai più compatto, di frattura granulare minuta, con piccole lamelle sparse qua e là, alle quali si trovano unite delle piriti marziali. Il più notevole tra i ferri speculari è quello presso Irma. Per il brillante d'acciajo somiglia moltissimo al ferro dell'Elba. Il ferro magnetico arenaceo abbonda nell'Oglio. Le principali miniere in lavoro sono la Valdardo a Collio, che dal manufatto d'introduzione e dalla tradizione si giudica fosse scavata ai tempi dei Romani; la miniera Cavallo a Bovegno e quella Pacchina a Pezzaze. I proprietarj di quest'ultima, mancando di capitali per le opere d'introduzione, con difficoltà raccolgono il minerale ond'è ricchissima. Come si possano usufruttare le miniere lo prova 1' esempio , sgraziatamente unico, dato dalla Società che conduce la miniera della Valle dell'oro, nella quale venne costrutta di recente un'ampia galleria che serve al doppio scopo dell'asportazione del minerale e dello scolo dell' acque. Gli angustissimi fori non permetton in più luoghi l'ingresso che a fanciulli di sette in otto anni, i quali possono trasportare sol tenue quantità di minerale, e, non curandosi i proprietarj di farvi rinnovare con mezzi artificiali l'aria mefitica, dall' infanzia si logora od estingue a quegli sgraziati il principio vitale. E tanto più succede, perchè le ore di lavoro, che sul principio del secolo non erano che sette, si portarono a dodici, delle quali il minatore misura il corso dalla quantità d' olio che viene consumato dalla lucerna che gli illumina quelle spelonche. L'estrazione del minerale si opera dal novembre al marzo; negli altri mesi i mineranti attendono a' lavori di campagna. La prima operazione alla quale viene sottoposto il minerale è l'arrostitura o torrefazione, che si pratica con semplicità e agevolezza in fornaci dette regane, allestite presso la miniera. In appresso viene fuso nei cinque alti forni, che abbiamo di sopra nominati, de' quali quello di Bagolino, è nella Valsabbia, gli altri in Valtrompia. Nel 4300 eranvi fucine e un forno a Fusio, ove ha principio il vaso Fusia di Rovato. Nel 4562 la Valtrompia aveva otto forni e quaranta fucine, e la Val-sabbia sette forni e cinquanta fucine. Il forno di Tavernole parrebbe essere stato primieramente costrutto in principio del XV secolo, poiché era detto forno novo 10: da alcuni anni 10 Ciò appare da diverse spese fatte a quel forno dal Comune di Pezzaze nel iA'llì. Vedasi il grosso volume manoscritto intitolato : Annali della Comunità di Pezzaze compilati da Pietro Voltolino (pag. 15 e 18), appartenente a quel Comune e che un venne concesso da esaminare onde me ne giovassi per questa istoria. 224 STATISTICA DI BRESCIA venne costrutto secondo il sistema francese. Secondo Brocchi, la costruzione; primitiva di un forno costa quasi 4,000 'lire. Si accostumarono per gran tempo in Valtrompia grossi mantici a doppia valvola, i quali, messi in movimento dall'acqua, producevano una corrente di vento senza intermittenza. Nel 1745 vennero sostituite le trombe idro-eoliche, meno ingombranti e più economiche e durevoli. Una colonna d'acqua che precipita dall'alto, imbocca una tromba verticale di legno, che termina in una grande cassa di pietra, e sviluppa nella sua caduta molta aria, la quale, raccolta in un grosso cannone, si introduce nel forno. Da qualche tempo ne venne migliorata la costruzione sostituendo alla forma quadran- \ INDUSTRIA DEL FERRO 22n golare la circolare, che era usata dai Romani, come si raccoglie da Plinio, e che, nel mentre ha minor bisogno di riattamenti, perchè il fuoco rode i centri delle pareti dei forni quadrangolari onde acconciarne !' interna forma alla sua natura circolante, serba anche una più uniforme intensità di calore. I nuovi apparecchi introdotti per ottenere una economia del 10 per 100 nel combustibile, e lodevoli da questo lato, non sono forse di vantaggio alla qualità del ferro, perchè V aria calda che si usufrutta, accelerandone la fusione, il ferro non rimano abbastanza purgato: tal è il nostro avviso nonostante che tutti i nostri scrittori portassero opposta opinione. Venne pure a' dì nostri felicemente adoperata nella costruzione l'arenaria detta salis, che abbonda nei nostri monti, sostituendola con grande utile economico alla terra che ritirasi dalla Francia. Ogni alto forno impiega undici operaj, colla giornaliera mercede di lire 1.50; produce da 500 a 700 quintali di ghisa nei mesi di attivazione: consuma per ogni giorno utile di lavoro, detto un'ora di forno, circa 25 sacchi di metri cubi 0. 70 di carbone, del valore di lire 7 al sacco. Dalle nostre miniere si potrebbe cavare una quantità incomparabilmente maggiore di minerale; e ove si rimediasse alla insufficienza del combustibile coir usufruttare le ricchissime nostre torbiere, col-P introdurre un miglior sistema di carbonizzazione e i processi recenti per la fabbricazione, che fanno risparmiare tanto combustibile, i nostri forni potrebbero fornirci una quantità di ferro assai più rilevante. Ed è veramente biasimevole il non cercare d'accrescere questa nostra importantissima industria11, per riacquistare la fama di cui godettero le fabbriche nostre dalle più remote età. Nel 1100 erano rinomati i dardi di Gardone; i nostri statuti fino dal 1226 determinavano i dazj per le lamine di ferro, per gli acciaj, il piombo, lo stagno, il rame, il bronzo, l'ottone, pei coltelli; nel secolo susseguente, introdotta la polvere, venivano in fama le nostre armi da fuoco e le spade ; delle quali Brescia nel 1450 contava dugento fabbriche. Qui si fabbricava l'armatura a Carlo V e a molti altri principi e privati, e intorno alla metà del sedicesimo secolo, i nostri acciaj, le nostre armi, i nostri badili, le nostre falci, le nostre chioderie si diffondevano in ogni parte del mondo. Il Nell'Inghilterra, che più d'ogni altra forse progredì in civiltà materiale,dal 1819 al 1847 la produzione del ferro si è accresciuta del 000 per 100, in Francia, del 511.per cento; in Austria dal 1830 al 47 , del 94 , ed in Prussia del 52 per cento. Nella Russia, ove scarseggia il combustibile, e talvolta dista (ino 150 chilometri dalle fucine, l'industria del ferro ebbe un aumento del 20 per cento ; questi l'atti dovrebbero persuaderci ad accrescere la nostra attività. Iltuàiruz, dei L. I. Voi, 111. Vi Delle novanta fucine che erano nella nostra provincia nel 1562, ora soltanto ventisei restano. La fucina nella quale si cangia la ghisa in ferro, delta fuoco grosso, non vuole confondersi, come si fa anche in iscritti recenti, colle piccole fucine o fuochi piccoli, dove i grossi masselli di ferro (quadri, verghe, ecc.) vengono trasformati in ogni sorta di grossi e piccoli lavori (zappe, falcetti, scuri, badili, chiodi, ecc.): le quali sono ben diverse dalle prime. Il signor Bortolo Glisenti, che già possiede nel vicino Tirolo una fucina à la comploise, sta edificandone una anche a Lavenone in Valsabbia, e sarà la prima fra noi con questo metodo , che risparmia combustibile e mano d'opera. Noi non abbiamo nemmeno quelle dette dagli inglesi puddling fornaces, e seguitiamo viete tradizioni. Recentemente il signor Bartolomeo Facchi stabilì a Mompiano una fonderia con tre forni fusorj Cubilot, una motrice a vapore, una turbina, due torni paralleli, uno con banco spaccalo, una macchina da spianare, due da forare e due trancio. Nel 1856 vi si lavorarono 7700 centinaja di Vienna di ghisa, consumando 2000 centinaja di coke. Il prodotto ascese a 7200 centinaja di Vienna pel valore di lire 174,000. Nella fonderia Facchi sono impiegati 45 operaj, i quali guadagnano da lire 1 a 5.80 al giorno. Colla ghisa nostra, fusa con quella di Scozia e con rottami di qualsiasi altra, egli ottiene una pasta più omogenea, e quindi getti migliori. Alcuni lavori usciti dalla fonderia del signor Facchi potrebbero quasi gareggiare con quelli delle rinomate di Berlino. A torto fu dimenticata da altri la fabbrica d'acciajo di Bagolino. Se la Valtrompia imitasse F Inghilterra, ove la torba è usata per lavorare il ferro , potrebbe attivare fabbriche d'acciajo, ora impossibili soltanto perchè la legna è appena bastante ad alimentare gli alti forni. ' A produrre F acciajo è necessario il ferro spatico, qualità predominante nelle nostre miniere. Ove noi introducessimo il sistema inglese dell' acciajo di cementazione, o quello fuso secondo l'invenzione di Huntsmann, fatto coll'acciajo naturale o di cementazione, daremmo a questa industria uno slancio grandissimo. È a desiderarsi che prenda maggiore incremen'o l'industria delle falci e delle lime, onde non vederci più costretti a dipendere dalla Stiria. Del resto le nostre manifatture del ferro hanno bella rinomanza, perchè alla bontà Uniscono la tenuità del prezzo. Fra noi si fabbricano lucerne contadinesche a 50 centesimi, striglie a 70, gangherini a 5 centesimi ; brocche e punte a 40 centesimi al mille, forchette di ferro a 40 centesimi la dozzina : le intere posate di ferro costano lire 5, le lame di sega lire 2.50 alla dozzina, le cesoje pei sarti lire 1. Queste industrie degli abitanti di Valsabbia e di Lumezzane, ove si fabbricano anche utensili di ottone , hanno spaccio rilevante nei Ducati, nella Bo-magna, nell' Italia meridionale ed anco in Oriente. FERRO 227 L'acciajo di Bagolino, pregevole pel buon mercato, ma lungi dall' essere fabbricato con buoni sistemi, si riduce in oggetti di coltelleria, che nulla invidiano ad altri, e in alcuni rami possiam essere maestri. Furono tenute gran tempo in pregio le forbici dei Cogi; ora quelle dei fratelli Leali da Odolo pareggiano le inglesi. I coltelli, i temperini , i rasoj di Fabbri, di Fugini, di Da Como per tempera insuperabile, bella brunitura, rara solidità e durevolezza, taglio facile e dolce, e per relativa mitezza di prezzo, poiché ottime forbici si ottengono a lire 2, e temperini a due lame per lire 4.50, non temono confronti. I rasoj del Da Como a Parigi si antepongono ai migliori inglesi. Luigi Fugini , unico fra i nostri che spedisse saggi all'esposizione di Parigi nel 4855, v'ottenne l'onorevole menzione. I nostri coltelli non {scapitano da quelli di Sheffield. I ferri chirurgici di Fabbri e di Fugini hanno bella rinomanza e nel 4839 Ignazio Fabbri aveva il primo premio de! nostro Ateneo per il frangipietra di Hourteloup, migliorato. Ma queste industrie avrebbero bisogno di capitali, e che vi si applicasse il fecondo principio della divisione del lavoro. è Il traffico non è circoscritto ai ferri nostrali, ma è in parte alimentato anche da quello che si trae dalla Stiria e dalla Carintia. Una industria, della cui perfezione rimarrà eterna memoria in due versi di Carlo Porta, è ora affatto scaduta, vo' dire quella degli acciarini. Gli acciarini a pietra furono abbandonati fra il 4820 e il 4825 per quelli a capel-lozzo, continuando a farne a pietra per l'Oriente. Il 21 novembre 4843 il tenente maresciallo barone Augustin annunciava personalmente agli artisti della Valtrompia, fatti adunare a Gardone, che per ordine governativo restava sospesa la fabbricazione degli acciarini , che dal secolo XIV in poi era lodevolmente e proficuamente esercita a Lu-mezzane,*a Marcheno e a Magno d'Inzino, e della quale si giovarono i governi di Venezia, di Piemonte, di Napoli, di Grecia, di Turchia, di Spagna, di Marocco, ecc. Egli prometteva a quegli artisti un compenso nell'ordinazione di altri lavori, che poi non venne. Tal determinazione veniva dal volersi adottare gli acciarini a fusione od a getto, introdotti allora a Vienna. Ma colà non si gittavano tutte le parti, ma soltanto la pietra ed il cane perchè più grosse e meno complicate; e queste istesse si doveano fare più voluminose onde fosser consistenti come quelle a ferro ladino o puro. Alcuni anni dopo si abbandonò il sistema di fondere il cane, limitandosi a conservare di getto la piastra, unica parte che prometta consistenza dovendo essere fermata sul calcio. Ma quantunque si abbandonasse quasi affatto il sistema che avea tolto il lavoro a' nostri valligiani, non venne a questi ridato; e la miseria stringe. Chi non conosce le fabbriche d'armi di Gardone e di Brescia ? Lazzarino Cominazzo, morto in Gardone P ti ottobre 1096, venne in credito per tutta Europa per le sue canne leggiadramente rigate all'esterno a finissime fila metalliche, dotate di maggior forza di projezione, e da lui denominate lazzarine. Ricercate dai mercanti greci e turchi, esse fanno bella mostra di sè nelle reali armerie di Torino, di Monaco, di Dresda, di Berlino, nell'arsenale di Venezia e nel CatajO. Santino Cameri godè fama d'abilissimo cesellatore; PicinoFrusca perfezionò l'acciarino a pietra, e Pietro Chinelli fu espertissimo incisore. Nel 1732 parecchi artefici di Gardone andavano a prestar l'opera loro nelle nuove fucine d'armi nel Piemonte, largamente rimunerati; e quello Stato nel 1793-94 diede commissione di C000 moschetti alla fabbrica di Gardone. Dal 1794 al 97 la Spagna commetteva alle ditte Franzini e Beccalossi 150 mila fucili, pagandoli sei pezzette d'oro ciascuno. Durante la repubblica Cisalpina ed il regno d' Italia grandemente aumentarono le commissioni, non solo per parte dello Stato, ma anche per commercio. Con decreto del 20 settembre 1802 il ministro della guerra incaricò la fabbrica di Gardone di 70 mila fucili con baionetta, 9 mila carabine e 9 mila paja di pistole, e fu tutto compito in tre anni. Durante il regno Italico si facevano fabbricare a Gardone 40 mila fucili alf anno. Il viceré Beauharnais visitava quella terra il 29 dicembre 1806, e istituiva in Brescia un apposito arsenale, con distaccamento in Gardone per dirigere la fabbrica, della quale fu comandante il capitano Nobili, autore di scoperte elettro-magnetiche; e in quegli anni una rilevante quantità d'armi veniva spedita specialmente in Levante, nella Spagna e nell'Africa, pei porti di Venezia, di Trieste, di Livorno e di Genova. L'aumento del lavoro era stimolo a perfezionarlo; nel 1810 Giacomo Landi, otteneva premio da Beauharnais per la dama-scalura delle spade, e nell'anno appresso G. B. Paris l'applicava alle canne. Caduto Napoleone, nel 1815 e nel 16 il governo delle Due Sicilie vi ordinò molte armi ; e nel 1816 le ditte Paris e Franzini somministrarono alla Toscana 3000 fucili , 3000 carabine, 5000 paja di pistole , 450 sciabole da cavalleria e 600 per fanteria. Il 16 marzo dello stesso anno Francesco I, visitando Gardone con Mettermeli, decretava che ogni anno vi si costruissero 6000 pezzi ad uso dell'esercito ; e nel 13 agosto 1829, esentava gli artisti di Gardone dal servizio militare ; privilegio confermato anche da Ferdinando I. La Congregazione Centrale nel carestioso 1817 commetteva qui 3200 fucili ; e negli anni 1819, 20 e 21 Gardone mandò migliaja di canne a Parma, nella Grecia, nella Turchia, in Algeri. Ma nel 1821 fu proibito l'asportare le armi da guerra. Venne poi concesso di fabbricarle per governi amici; e nel 1840 si compirono 1200 fucili per il ducato di Parma; dal 1825 in poi una ditta di Gardone fabbricò e somministrò tutte le pistole, tromboni compiuti e acciarini a percussione pei cannoni e per l'armamento dell'arsenale di Venezia. AHMI 229 Nel 1848 s'ebbe uno straordinario incremento, fabbricandovisi cinque mila canne al mese, il che avrebbe portato una rendita di circa un milione e mezzo all'anno. Ma l'utile fu per gli artisti, perchè i proprie-tarj dovettero poco dopo consegnare quante n'erano rimaste. Da quel punto cominciano gli anni più tristi della sua esistenza. Durante lo stato d'assedio non si fabbricarono che poche migliaja di fucili per l'erario; e così dal 1853 al 55, ove si eccettuino poche centinaja di canne da pistola o da fucile per la caccia, a grande stento concessa. Dappoi vi fu qualche aumento di commissioni per parte di privati, ma diminuirono le erariali; cessate affatto colla sovrana risoluzione 31 dicembre 185G; che molte famiglie condannò alla miseria. Che se nel 1857 vi furono ricerche di armi per uso privato dalle provincie e dai ducati, non furono sì rilevanti come allri scrisse, ed è a considerarsi che le armi di lusso non tengono occupati che pochi e i migliori artisti. Che se i! governo venne alla determinazione accennata perchè la ditta che aveva assunto l'impresa, non era forse la più atta all'uopo, la Camera di Commercio nel suo lodevole rapporto al Ministero scriveva, sperare che « in vista del danno gravissimo ed irreparabile che dalla mancanza del lavoro erariale deriverebbe all'intera popolazione di Gardone e dei vicini paesi di Lumezzane e di Marcheno, dove si fabbricano gli acciarini e gli altri finimenti, l'I. B. governo non vorrà privare del suo valido appoggio questa antica e pregevole manifattura. Che se venisse esaudita l'istanza della deputazione comunale di Gardone e concessa al signor Antonio Franzini, in via di esperimento, la fornitura delle canne per le II. RR. truppe, la Camera, certa com' è della capacità e dello zelo di questo fabbricatore, nutrirebbe la fiducia che la fabbrica di Gardone possa pienamente appagare le giuste esigenze delle II. RR. autorità militari, e assicurarsi, nel lavoro per l'erario, un elemento di durevole prosperità ». Nella esposizione mondiale di Parigi del 1855 una spingarda della ditta Paris e Premoli attrasse gli sguardi degli intelligenti. Nel 1845 il nostro Ateneo premiava i fratelli Franzini per una spingarda damascata: e l'Istituto Lombardo, l'artista Marco Cominazzi nello scorso anno, che lo fu anche all'estero; nella esposizione di Brescia dell'agosto 1857, la ditta Paris e Premoli otteneva medaglia d' oro per fucili da caccia e canne damascate; ed erano pure premiati Giovanni Michelini di Brescia e Antonio Franzini da Gardone, il quale esponeva una magnifica spingarda, la prima che a Gardone si lavorasse alla lazzarina ed a ferro damascato , lunga quasi tre metri, colla bocca di 42 millimetri ed il peso di 47 chilogrammi ; la quale caricata a pallini da anitra , ha la forza di projezione di 500 passi, cioè il doppio delle spingarde comuni. IJ Cominazzi otteneva menzione onorevole per una pistola a sette canne. In Gardone esistevano, prima della innondazione dell'agosto 1850, quattordici fucine, con edifizj mossi a acqua, per fabbricar canne da fucile e altre armi. Ma in passato, il numero n'era maggiore, e d'alcune restano le rovine, come altre ricordano l'alluvione accennata l2. s o VI .Negli Annali della Comunità di Pezzate, manoscritto da noi citato alla pag. 11 E» è ricordata una innondazione del ói agosto 1757, che atterrò diciannove fucine. ARMI 231 In Gardone si fabbricano attualmente circa cinque mila canne semplici o doppie da caccia, non tenendo conto di quelle che, pel valore di circa lire 30,000, si mandano in Grecia ed ai Montenegrini, che le prediligono. Il prodotto annuo delle altre si può calcolare a circa lire 400,000, di cui una metà tocca a Gardone, ove una parte delle canne vengono anche incassate; le rimanenti s'incassano a Brescia, nel resto del Lombardo - Veneto, in Romagna, nei ducati di Modena , Parma, Toscana. Le ordinazioni dal Levante vanno diminuendo, forse per la concorrenza dei negozianti di Francia e del Belgio. Le nostre canne superano quelle della Germania, ove le fine si vendono anche quasi il doppio, se a miglior prezzo le ordinarie. In Francia, in Inghilterra e nel Belgio, ov' è in uso la divisione del lavoro, e dove le macchine suppliscono all' uomo, le armi si vendono a miglior mercato che da noi; ma in quelle di lusso noi pareggiamo e Inglesi e Francesi, e li vinciamo in economia. Il nostro ferro, essendo più malleabile, va meno soggetto all'azione dell'ossigeno, e le nostre canne si lordano meno nell' interno. In Italia specialmente sono preferito per maggior forza di projezione. Nei lavori di damasco, pei miglioramenti introdotti, possiamo forse stare in confronto dei Francesi, merito del signor Antonio Franzini il quale ideò, anche a consiglio del chimico Bagazzoni, un nuovo sistema di damascatura sostituendo il bagno caldo al freddo, ed i sali agli acidi; sicché l'ossigeno ha minore forza nociva sulla canna, la quale riesce inoltre più lucida: e il damasco ha più rilievo. Agli edificj di Gardone, non manca mai l'acqua del Mella, e potrebbero essere duplicati ove si approfittasse della torbiera esistente in Valsabbia e si rimboscassero i monti. Gli artisti, di mente svegliata, hanno attitudine a riprodurre qualunque miglioramento, purchò ne veggano un modello. Una scuola di meccanica sarebbe utilissima. * II lavoro delle canne, scrive l'artista Cominazzi, è ripartito in cinque classi di artisti, che sono i bollitori, i trivellatori, i livellatori, i molatori ed i finitori. Ciascuno di questi ordini si elegge un capo che rimane nella carica per tre anni, e risiede in Gardone senza cessare di prender parte al lavoro; i cinque capi presieduti dal capitano formano la rappresentanza della fabbrica. « I bollitori ricevono il ferro lavorato al maglio in lamine piatte, lo ripiegano coll'azione del fuoco e del maglio, in guisa che i due lembi vengono ad avvicinarsi e poi a fondersi insieme per formare la canna. In questa operazione è di somma utilità una specie di schisto micaceo che dicesi vulgarmente serès (sarizzo), il quale pesto ed asperso sul ferro infuocato, impedisce che l'ardore il consumi. « Preparata poi la canna, e verificata perfetta da un sopraintendente, viene questa trasmessa ai trivellatori, i quali, mediante un meccanismo a acqua', v' introducono entro la cavità scabra e ruvida lime circolari e trivelle, prima più sottili, indi grado a grado più grosse, fino a che giungano a dare alf interna cavità la dimensione richiesta. Ma siccome il trivellatore non può dare co' suoi mezzi a quella cavità la forma perfetta cilindrica, viene la canna passata al livellatore che vi adopera più sottile ed accurata industria. Ài molatori vien poi commessa la politura esterna, i quali con industria, in parte ritenuta proprio di questa fabbrica digrossano la canna ad attrito, mettendola in contatto con un gran disco o mola d'arenaria mosso ad acqua. Viene poi la politura con apposito lime compiuta dai finitori, e finalmente dalle donne che sfregano e puliscano la canna collo smeriglio. J fondellieri, i vitonieri, quelli che pongono la mira, ed i provatori formano poi appendice alle cinque classi d'artisti sovraccennate. Terminate e provate le canne, vengono trasmesse a Brescia »%, IV. Industria. Dalle produzioni del suolo siamo passati a narrare di alcune industrie. Diremo qui dell'altre. In quella del ferro aggiungeremo che, nel Comune di San Bartolomeo abbiamo anche quattro stabilimenti per raffinare e ridurre il rame in utensili domestici, il cui prodotto si calcola di lire 400 mila, che si ripartiscono colle officine dei ramieri in città. V è pure una fonderia di campane. Parlando dei gelsi dicemmo che presso la città se ne vedono che contano quasi cinque secoli i Nel corrente 1858 il signor Limali trovò per caso e fc ristampare a Brescia gli Avvertimenti di Lcvantio Ma?itoano Giudiciolo a chi si diletta di allenare, et nudrire, quei cari animaletti che fanno la seta, ecc.; i quali ermo nuovamente dati in luce nella slessa nostra città nel In quel libriccino leggcsi : « Se per tristo caso mancassero le fronili al moro, o pei' calilo eccessivo , o per stemperato freddo , e fuor di tempo, acciò non perisca in tutto la speranza della seta, puotrannosi mandare quelli che cogliono le frondi, sopra de'robusti olmi, e fargli spogliare delle più tenere cime Imo: et elle saranno buone a sostentargli in vita; perchè 1' olmo non è molto lontano dalla natura, o condilion del moro; anzi inserendo il moro sopra l'olmo, ottimamente riesce ». BACHI 233 La coltivazione de' bachi occupa fra noi la maggior parte delle famiglie nelle campagne; e ove ne mancasse, come in questi anni, diverrebbe allatto impossibile sostenere i gravissimi pesi. Questo prodotto nella nostra provincia è una nona parte di quello di tutto il Lombardo-Veneto, una decima del francese, pressoché la quarta del piemontese, agguaglia quasi quello delle Due Sicilie e della Spagna, è il doppio dello Stato Pontificio e del Toscano. Quarantanni or sono di bozzoli si calcolavan chilogrammi 1,124,873; ora, negli anni ordinarj, non meno di 3,208,000, che, al prezzo di quatltro franchi, rappresentano quasi tredici milioni. I fornelli per la trattura della seta, che or son quarant'anni erano 2000, toccavano nel 4845 i 77GO; nel 1854 scesero a 0849; a 6054 nel 55 ed a 5754 nell'anno appresso, e il prodotto medio è di chilogrammi 233,330 di seta. Di filande contavamo 942 nel 1845, rimaste 852 nel 54, poi 774 nel 55 e 687 nel 56 2. La media è di soli otto fornelli per filanda; lo perchè da noi nè si adottarono Fuso della torba, nè i più recenti miglioramenti. Da quattro filande a vapore aventi 299 aspi, ora ascesero a nove; ma il numero ne è tuttavia piccolissimo se consideriamo che noi conliam quasi un terzo delle filande di tutta Lombardia, e un terzo degli aspi che novera il Piemonte, Le più distinte sono quelle di Zamara a Botticino, e di Franchi, presso la città, dove s'applica apposito processo per la macerazione dei bozzoli, e doppie bacinelle. Alcune nostre filande sono alla Tavelle, preferibili alla filatura a croce generalmente usata, ma non a quella sans-mariage Chambon, e con ordigno per determinare il numero delle torte, e regolatore a chiave per conservare l'invariabilità dei giri. E anche di queste se ne introdussero fra noi. Ma le piccole si conducono ancora coi metodi vecchi, e lasciano desiderare maggiore precisione ed uniformità. Filandosi in molte senza torta ne avviene che le sete che producono trovano all'incannaggio il rifiuto dal sei al dodici per cento di strazza, mentre le migliori, anche a fornelli, non ne danno che dall'uno al tre. E importa migliorare il metodo di filar la seta ora che nelle ordinarie possono fare una pericolosa concorrenza alle nostre le sete dell'Asia. E l'elasticità e la poca perdita all' incannaggio rendono accreditate in commercio le sete bresciane. Alla nostra provincia nulla mancherebbe per primeggiare nella filatura e nella torcitura e tessitura della seta. Serenità del cielo, dolcezza del 2 Ciò secondo il Rapporto della Camera di Commercio- 1 dati ufficiali che noi raccogliemmo non farebbero ascendere a più di 51I>0 le filande nostre nel IMO. Ognun sa che questa diminuzione fu cagionata dall'atrofia de'bachi. Illustra*, del L. V. Voi. [[[. 7t{) clima, ricchezza di torbe, acque di laghi, genio artistico; manca solo di volere e di studiare e adottare i metodi migliori. E grande la sproporzione fra la materia prima e la lavorata; e forse un giorno non si crederà che i nostri bozzoli vengano ora filati fino nel mezzodì della Francia, e ritornino poi convertiti in manifatture, facendosi pagare il decuplo e fino il centuplo di più. Nel XVI secolo erano qui in fiore le manifatture delle stoffe di seta e dei velluti noverandovisi 179 telaj; e le stoffe bresciane erano tenute, come quelle di Genova e di Milano, in grandissimo pregio. Nel 1779 eran già soli 67. Nel 1807 asceser ad 80, ma nel 1819 discendevano a 35, e nel 1844 a 15. Ora la tessitura della seta si può dire estinta non restandoci che pochi tclaj, che lavorano calze, berrette e fazzoletti, ed una fabbrica di damaschi ad uso dì chiese. I piviali, le pianete, le stole, gli stendardi e i baldacchini ricamati e trapunti in seta, in argento ed oro sul raso e sul velluto, sono degni di lode, specialmente quelli del signor Angelo Bresciani. Neppur tutta la nostra seta convertiamo in organzini e trame, ma soltanto due terzi. Nel 1776 la nostra provincia contava 73 filatoj, e 70 al principio di questo secolo. Ora ne ha 77 con circa 12,300 fusi, e son posti nei distretti di Brescia, Montechiaro, Salò, Lonato e Chiari, che n' è con Palazzolo il centro principale. Da alcuni anni si migliorò tale industria; ma soltanto i filatoj dei signori Franchi e Schuler forniscono organzini strafilati. Nel 1846 venne eretto in Brescia uno stabilimento per la stagionatura della seta, il quale dal 26 novembre di queir anno al 31 maggio 1857 stagionò chilogrammi 1,416,390. 33 di seta. Questa cifra non è proporzionata all'entità dei contratti serici che qui si conchiudono, perchè gli acquisitori milanesi e bergamaschi esigono che la stagionatura venga eseguita nei loro paesi. La società della Talabot nel 1855 instimi, ad eccitamento della nostra Camera di Commercio, anche un assaggio per le sete. Di queste se ne vendettero nell' ultimo decennio, nella stagione della fiera , che ricorre dal 6 al 18 di agosto, come venne ridotta dalla Ducale Veneta 23 settembre 1G103, secondo i seguenti dati: 1847. Libbre 130,000 1848. » — — 1849. » 150,000 1850. » 100,000 5 La lìcra di Brescia pare esistesse lino dai tempi romani, e allora e nel medio evo avesse maggiore importanza che oggidì. Nel 12!ì!ì gli statuti di Brescia ordinano di continuare, si1 conilo il costume, la liera del brolo e quella del caslello. INDUSTRIA 233 1851. 1852. 1853. 1854. Libbre 200,000 200,000 150,000 50,000 1855. La fiera non ebbe luogo in causa del cholera » 1856. 1857. 1858. 160,000 15,000 150,000 La fiera di Brescia, pel commercio serico, è la prima dell'Italia, e influisce anche sul mercato di Lione. Da noi dobbiamo lamentare Passo-Iuta mancanza delle fabbriche per la filatura dei cascami. A far progredire la sericultura fra noi e la tessitura gioverebbero apposite scuole, e l'istruzione dei parrochi, come si pratica in Prussia, e come saggiamente costumano alcuni fra noi, senza trovare imitatori. L'arte della lana, vetustissima, e qui in fiore nel medio evo, per opera specialmente degli Umiliati*, ha tuttavia qualche importanza. Nel secolo XVII si facevano annualmente più di 30 mila pezze di panno. Ne 1779, secondo Antonio Zatta, si contavano nella provincia, esclusa la riviera Benacense, quarantasei fabbriche da feltrare i panni. Ora, se non è vero che « fabbriche di panni non ve n'ha più », come scrivono altri, e però molto scarso il prodotto del panno detto lagnoto, che fabbricasi a Bagolino, sostituendovi quivi i tessuti di cotone. A Marone esiste un lavorio dei feltri, che si adoprano nelle nostre cartiere a mano, ma ha in attività sol due telai, impiegandovi otto persone. Intorno alla metà del XVII secolo, trovasi già lamentata la decadenza del lanificio di Sale Marazino, di Marone e di Zone. A Sale Marazino, per la bontà delle terre espurganti, prosperò moltissimo. Nel 1804 qua-rantasette telaj apprestavano trenta mila coperte all'anno; dalle trenta alle quaranta mila nel 1835, secondo il Menis, che ne calcolava il valore a quasi un milione di lire. Nel 1844 Costanzo Ferrari scriveva ascendere il prodotto di quel paese a 40,000 coperte all'anno. Nel 1848 questa industria prese uno straordinario incremento pel numero delle coperte e pel valore triplicatone; ma subito il consumo tornò scarso, e crebbe il prezzo delle lane. Le fabbriche sono quindici che hanno complessivamente trentacinque telaj, occupandovi da 737 persone, tra uomini, 4 II nostro Comune nel 1248 proibì il vendere e il lavorare pelo di bue o di capra, onde impedire le frodi che lo introducevano nei panni, e fece diverse prescrizioni pei fustagni, le tintorie, ecc. Mei 1252 si trova raccomandato il panno de' frati. donne e ragazzi; i primi colla mercede di lire I. 20, le seconde di centesimi 75 e gli uUimi di centesimi 50 al giorno. La lana che alimenta questa industria è per circa una quarta parte prodotto d'armenti nostri, di Valcamonica, Valtellina e Tirolo ; e l'altra si ritira dal Levante per la via di Trieste. Nella fabbricazione delle coperte ordinarie si adopera anche il pelo di capra, o solo od unito alla lana. Lo smercio delle coperte si fa nel Lombardo-Veneto, nel Tirolo, nei Ducati e nel Piemonte. Il loro prezzo varia dalle lire cinque alle cinquanta. Ma anche quest'industria dovrebb'essere migliorata. A Sale Marazino soltanto i Signoroni hanno introdotto macchine, per tutti gli altri son nulla i miglioramenti di Gradin, Lemaire, Jourdain e Paturle; e si continua a far uso della lana cardata anziché della pettinata, che presenta il duplice vantaggio di una maggiore perfezione ed economia. Ma per introdurre i perfezionamenti e le macchine, sarebbe mestieri che i meno agiati fabbricatori si unissero in società. La ditta Bellandi a Pralboino ha una fabbrica di tappeti dilana, c soppedanei, di non comune consistenza e durata, con 20 telaj alla Jacquard. Prima dell' introduzione del cotone era in fiore la filatura del lino nella provincia; la Biviera di Salò asportava 400,000 libbre di ottimo refe a Genova, a Livorno, in Spagna e sulle coste di Barberia. Ottavio Rossi (Memorie Bresciane, 1G16), scrive che il traffico del refe candido occupava nella riviera più di diecimila persone, fra uomini e donne, che lo .filavano, torcevano, innaspavano e imbiancavano, la quale ultima operazione si fa bene sulla ghiaja fra Salò e Gardone della Riviera , come per l'imbiancatura delle tele serve ottimamente l'acqua del Fusia a Rovato. Antonio Zatta dice che, nel 1779, esclusa la Riviera di Salò che ne era il centro principale, la provincia contava 733 telaj di lino e cotone e 2694 di tela. Nel 1835 l'industria del refe a Salò trovavasi ridotta, secondo il Menis, a tre o quattro mila pesi. In principio di questo secolo si contavano a Salò 19 torcitoj del refe, che fruttavano un milione e trecento mila lire. Pettinato in Salò, il lino veniva filato nel Tirolo, poi rimandato a Salò per la torcitura e l'imbiancamento. Introdotta la filatura meccanica quegli abitanti ebbero il torto di non seguirla, e cosi l'industria, nella quale sarebbe loro stato si facile conservare il primato, scadde affatto la semplice imbiancatura, occupando poche famiglie. Per la tessitura del lino si noverano ora forse più di 600 telajs, dei quali 75, e di questi parte alla Jacquard, nello stabilimento Bellandi a S Zanardelti scrive, che la provincia « annovera quasi 500 telaj (lettera IX); ed il Rapporto della Camera di Commercio dice 400 » sparsi nelle case dei contadini di varj FILATURE E BIANCHERIE 237 Pralboìno. In questo Comune nel 1835 se ne trovavano 300. Lo stabilimento Bellandi impiegava cento operaj, ora soltanto quaranta. Gli altri telaj sono sparsi nelle case dei rurali in attività per circa un terzo dell'anno, e quasi tutti per conto di privati e di negozianti. Le tele bresciane sono ricercate per durata nel Milanese e nelle Provincie venete. I filati si ritirano per la massima parte dalle filature a macchina del Milanese e del Bergamasco, di rado adoperandosi quella a mano. Ciò fa comprendere P importanza di introdurre nella nostra provincia le macchine per la filatura del lino come negli stabilimenti di Alme, Cassano e Melegnano. All'esposizione bresciana si ammiravano alcune tele dei signori Tenchini Bovati, Cantoni, ottenute con filati che sorpassavano il numero cento; e buoni saggi di refe del To-deschini. È distinta la biancheria da tavola della nostra provincia, specialmente quella della ditta A. Bellandi di Pralboino. È fatta esclusivamente con filo di lino, ed ha il non comune pregio di una lunga durata, di grande precisione e di riflessibile candidezza. Se ne fa di damascata e bellissima. Il commercio delle nostre tovagliature è largamente diffuso sul Milanese, sul Veneto, a Trieste e nei Ducati. La passione per l'uccellanda dà vita in Brescia a parecchie fabbriche di reti, e ad altre a Mont'Isola nel lago d'Iseo, ove forse un migliajo di persone vi lavora assiduamente, e recansi altrove a farne. Nella provincia esistono due filature di cotone; una nel Comune di S. Bartolomeo, presso Brescia, eretta nel 1837 dal sig. Baebler, con 1500 fusi alla mule-Jenny, dà 57,000 chilogrammi di filati, impiegando GO operaj. Nel 1847 i signori Lualdi eressero nel Comune di Sant' Eufemia, uno dei dodici più vasti stabilimenti di Lombardia, animato da due turbine alla Joonval, con macchine recenti delle più riputate fabbriche di Zurigo e di Manchester. Ha 5000 fusi, di cui 4000 animati colla mule-Jenny t e 1000 colla macchina continua, o thrastle, dando circa 138,000 chilogrammi all'anno, e impiegando cento venti operaj. La tessitura del cotone precesse qui di molto la filatura. Se i nostri G500 fusi son ben lungi dal numero che vantano Milano e Como, ed anche da quelli delle due fabbriche di Bergamo, di cui la Zuppinger ne ha sette mila, nella tessitura i nostri 600 e più telaj sparsi dei distretti di Brescia, Ospitaletlo , Chiari, Verone, Bagnolo, Leno e Verolanova, superano in numero quelli di tutte insieme le provincie Lombarde, esclusa la Milanese. Il Bapporto della Comuni nei distretti di Brescia, di Ospitalclto, di Leno, di Verola, di Iseo e di Bagnolo (THig. 113), omettendo quindi i distretti di Orzinovi, e di Chiari, nei quali pure se ne contaro molti. Soltanto in Rovato ve ne sono circa 60 , oltre dieci di tovaglie e cotoncrie. Camera di Commercio farebbe ascendere a dieci mila le pezze di fustagno prodotte, rappresentanti il valore di lire 900,000. Lo stabilimento Baebler, a San Bartolomeo, appresta filati dal numero 2 al 24, e quello di Lualdi fda trame ed organzini dal numero 3 al 52, ma in generale il titolo adequato è il numero i8. La massima parte dei nostri tessuti riducesi ai rustici fustagni ed a poche cotoncrie. Quelli di Finadri e Marchetti ci provano che i nostri fustagni sono in via di miglioramento, mentre il prezzo andò sempre diminuendo dal 1816 in poi, in guisa che un chilogrammo di fdo del numero 30, che nel 1816 costava 12 franchi, e 6 nel 1834, ora lo si ottiene a franchi 4,50; e i tessuti che in principio del secolo si pagavano 8 franchi, e 3 nel 1827, ora si comprano a centes. 60 il metro. In Brescia sono anche 10 telaj da 14 calcolo, e 30 da 8 per passamaneria e galloni. E son degne di menzione le orfane e pericolanti de1 Pii Luoghi per le rammendature. Forniti come siamo di acque correnti, noi potremmo moltiplicare i nostri stabilimenti di cotone, e cosi dare a questa industria, come ad altre, straordinario incremento. In questi ultimi quattro anni le manifatture del lino e del cotone soffersero per T impotenza delle classi povere a farne acquisto. Nella conceria delle pelli portiam forse la palma in Lombardia per quantità e qualità.Il Piemonte, perchè ha un esercito proprio da appro-vigionare, conta 403 concerie; 100 la Lombardia, delle quali 23 la provincia di Brescia, come dal seguente prospetto: LOCALITÀ1 Numero delle fabbriche Numero dei lavoratori Ammontare approssimativo del prodotto anno» Pelli conciate in corteccia di pino in corlccc. di quercia in vallonea in sommaco vitelli me/ze Brescia . . 1 8 300 3000 1000 2000 Iseo . i, . 4 22 3000 2500 loco 000 300 Desenzano 2 25 2500 4000 2000 1400 500 Rovato . . 1 10 1000 1000 2400 600 200 Palazzolo . . 1 3 300 500 10U0 Chiari . . 1 3 200 1000 500 Salò . 2 20 1000 2000 2000 600 500 Bagolino . 2 4 800 500 Verolanova 1 8 1000 500 500 300 1000 San Bartolomeo 6 120 6000 25000 20000 9000 6000 Fiumicello 1 25 2000 6000 5000 3000 Collebeato 1 20 1800 5000 4000 1500 1000 Totale 23 208 19,900 51,000 38,400 17,000 12,500 CONCERIE. CARTA 239 Nel 1836 non erano che 17; e il Menis calcolava che la fabbrica Federici ritirasse allora annualmente da Trieste pelli crude per lire 500 mila: il prodotto è più che quadruplicato dal principio del secolo. Tale esercizio vi è singolarmente favorito dalle numerose correnti d'acqua, e dall'abbondanza e buona qualità della scorza di rovere e pino, e dall' erba sommaco che si raccolgono sui nostri monti, e si adoprano in luogo della vallonea. Il dissanguamento delle pelli qui si opera in miglior modo che altrove; ma non si spelano col vapore, o collocandole in sotterranei privi d'aria e di luce, bensì all'antico immergendole in una soluzione di calce, nè si adottarono molte innovazioni fatte altrove per abbreviare il tempo. Vero è che il sistema di lavorare il corame coi processi celeri è a scapito dei consumatori, perchè il tessuto resta olfeso dalle sostanze colle quali si vorrebbe surrogare la materia usitatissima dei legni destinati al tannaggio, e il corame riesce di poca durata. Soltanto nella conceria Federici si adottò un sistema razionale, forse non pregiudicevole, e col quale s'impiegan soltanto da tre a nove mesi, secondo lo spessore de' cuoi, in luogo di 12 e di 18 mesi. E consiste ned' applicazione di trombe idrauliche le quali rinnovano continuamente il contatto delle pelli coli'acqua tannica. Nel 1848 anche l'industria delle pelli ebbe grandissimo slancio, per l'uso dell'esercito nazionale; nel 1854 per lo contrario andò soggetta a rilevanti perdite per l'incarimento delle pelli crude e per la diminuzione dello smercio delle lavorate. Nel 1857 s'ebbe di nuovo un rovinoso ribasso nei prezzi <\ La calzoleria fa uso delle sole pelli conciate in paese. Altrettanto non è de' guanti, essendone in Brescia una sola fabbrica , e che adopra pelli ritirate da Napoli e da Nicort. Eppure noi potremmo dar vita anche a questa industria ove non venissero esportate a conciarsi in Francia le nostre pelli di capretto. A. Ferrari può emulare i migliori sellaj di Milano e di Torino. L'Italia precedette la Francia e l'Inghilterra nell'introduzione della carta; e forse risale al XIII od al XIV secolo nella nostra provincia, la quale conta ora 36 fabbriche sulle 91 che possiede la Lombardia. Diciassette sono poste nel Comune di Toscolano, otto in quello di Paderno, 0 La nostra Camera di Commercio, nel suo lodevole Rapporto, ricorda d'aver fatto istanza « al line elio gli appaiti dot la somministrazione degli oggetti di calzatura e di selleria per le IL RIL truppe di guarnigione nel regno Lombardo-Veneto, venissero di visi per ogni capoluogo di provincia dove n' è stanziata una certa quantità , ed esistono »nuni fatture. tre a Limone, sette a Nave e Caino, ed una a Carcina; e contano in complesso 30 cilindri, 14 tini per le carte fine e 52 per le ordinarie. Nel 1835 i cilindri erano 21 e 74 i tini, tenendo occupate 1200 persone, mentre ora soltanto 650 circa. Il prodotto attualo delle fabbriche di Toscolano e Maderno venne calcolato da Zanardelli ascendere a 2,160,000 chilogrammi di carta ordinaria, che a 47 centesimi rappresentano lire 1,015,200, e 312,000 chilogrammi di carta fina, i quali a lire 1.12 danno lire 349,440. 11 prodotto del Comune di Limone lo fa di chilogrammi 201,600, a centesimi 54, e quello di Nave e Caino di chilogrammi 432,000, a centesimi 28 al chilogrammo; complessivamente quindi disse la produzione della nostra provincia essere di 3,105,600 chilogrammi di carta, rappresentanti'il valore di lire 1,554,144. 11 Rapporto della Camera di Commercio fa ascendare a due milioni di lire il valore della nostra carta. Ma in questi calcoli non si tenne conto della fabbrica di Carcina, la quale però, mentre poco fa era la più importante dopo quelle di Toscolano e Maderno, è ridotta ora a poca cosa. In tutte le nostre cartiere si lavora a mano, mentre l'Olanda, l'Inghilterra , la Francia e la Svizzera introdussero le macchine, da nostri alunni che erano diventando maestri. Da noi si adoprano quasi soli stracci raccolti dal regno. Anche qui in alcune fabbriche si progredì producendo carta che s'avvicina alla migliore della Francia e dell'Inghilterra. Se non che la si fabbricava in passato senza gesso e con maggiore quantità di colla, era preferibile all'attuale per consistenza. Dal 1852 tal industria andò in sì grave diminuzione, che i soli Comuni di Maderno e Toscolano avevano in attività un numero di tinozze eguale a quello che ora conta l'intera provincia, e più del doppio era il lavoro delle carte fine e soprafine. Dicemmo (pàg. 72) che Brescia fu la quinta città d'Europa ad avere tipografie. Le edizioni del XV secolo sono eseguite, in generale, con carattere rotondo sopra bellissima carta. Il nostro primo tipografo fu il povero Tommaso Ferrando; e ne avemmo di meritevoli fra cui Gabriele di Pietro, e Vincenzo da Sabio, chiamato dal Comune di Bergamo nel 1577, come altri in altri paesi. In principio di questo secolo la nostra tipografia era fra le migliori d'Italia, e vi si stamparono opere immortali. Ora nella tipografia Gilberti, Giuseppe Giore applicò la galvanoplastica alla stereotipia, ignorando che metodi simili fosser in uso negli Stati Uniti, a Vienna ed a Monaco. Ora si contano sette tipografie nella città, una a Salò e un'altra a Chiari. Nessuna a Portese, a Toscolano, a Collio ed a Pralboino, di cui i tre primi n'ebbero nel XV secolo, e l'ultimo paese nel 1535. Le nove INDUSTRIA 241 tipografìe hanno complessivamente 38 torchj 7, tutti a mano, e impiegano 50 operaj. La città possiede inoltre due stabilimenti litografici : a quello del signor Pietro Filippini, fondato nel 1831, è aggiunta la cromolitografia. In Brescia vi sono anche quattro fotografi. È bene esercitata la legatura de' libri dai fratelli Valentini e da Giuseppe Quadri. Brescia che fu maestra all' Europa, e che, dal XV secolo al principio del XVIII, vantò sempre rinomati liutisti, dal Pasta in poi lasciò scadere quest'arte, mentre Cremona vantasi del Ceruti, inferiore agli antichi, ma superiore al lodato Vuillaume di Parigi. Nella industria degli strumenti da fiato la Lombardia non conta che le quattro officine di Milano e quella di G. B. Masuzzi a Brescia. Il signor Tonoli seppe condurre P arte degli organi a sì notevole perfezione che ò di poco inferiore a Serazzi ; ed atteso il buon mercato, ne spedisce anche sul Veneto e sul litorale. Nella provincia sedici fabbriche di carrozze, forniscono 250 veicoli d'ogni genere all'anno, notevoli per bontà di ferramenta, solidità, e qualche venustà. Sette fabbriche di mobili ne producono per lire 400,000 all' anno. 11 signor Paolo Bubagotti fabbrica scranne con sedili di vimini sulla foggia di Chiavari. Fra le fabbriche di cappelli quella di Giovanni Ponchielli possiede una macchina per radere il pelo: e mentre col metodo vecchio a radere SO pelli una donna impiega sei giorni e guadagna lire 10, la macchina d fa in un' ora. Esso Ponchielli introdusse le mazzette della lypha (maz-zasorda) nella fabbricazione dei cappelli a feltro in unione al pelo di lepre, di coniglio ed all'altre indispensabili materie. La tintoria del signor Pellegrini ha notevolmente progredito da qualche tempo, e la ditta Zuppinger di Bergamo e alcune di Busto vi mandano a tingere i loro tessuti di cotone. L' orificeria tiene occupati cento operaj nella città e circa altrettanti nella provincia, e non pochi sono distinti per abilità. È giusto il desiderio che venga rinnovata la legge di garanzia sui •avori d'oro e d'argento, da molto tempo promessa; ma anziché leggi Proibitive che sarebbero facilmente deluse, perdio, quand'anche si escludesse dal Lombardo-Veneto i lavori di basso titolo, ricomparirebbero c°l nome di chincaglieria fina, sarebbe a desiderarsi venisse concessa anche ai Lombardo-Veneti, la fabbricazione di tali titoli, di cui hanno ? Gii altri scrivono !>■", ma errano. (a 38 torchi non bastano "IO operai). Illustro*, del L. V. Voi. III. 31 il privilegio i Tirolesi e provincie tedesche della monarchia; e tali lavori dovessero portare un marchio speciale. Se i Tirolesi sostenessero la loro fabbricazione al titolo 326, che lavorato abilmente può figurar quanto il 750, e costare la metà, i nostri manifatturieri rimarrebbero scioperi. Anziché leggi proibitive invochiamone di uguagliative. La libertà è sempre feconda. Dodici fabbriche di candele di sego ne danno chilogrammi 245,412 pel valore di lire 465,120. In città tre fabbriche di candele di cera, producono annualmente chilogrammi 44,912 rappresentanti il valore di lire 244,800. Altre due lavorano a Rovato. Due fabbriche di amido nel circondario suburbano, dan la produzione annua di chil. 120,000, e si continua a cavarlo dal frumento fermentato, mentre il granoturco ne presenta in maggiore quantità. Dalle tre di cremortartaro nel 1846 se ne mandarono a Venezia lib. d. 47,478. Il sig. Faustino Bonalda introdusse in Brescia l'uso del canfino. Nello stabilimento dell' ingegnere Pedrali a Cologne, oltre l'olio gas, di cui parlammo, si appresta anche l'acetato di ferro per tintoria, la benzina, l'acetato di calce, ecc. Non abbiamo fabbriche di sapone. La distillazione dell' acquavite dalle vinaccie era comune a tutta la regione vinifera; ma più della malattia dell'uve, tramontò tale industria per la gravosissima imposta ordinata dal Decreto ministeriale 14 luglio 1856. I 640,000 chilogrammi di acquavite producenti da 800,000 lire, ora si ridusser a un migliajo circa. Pel raffinamento dell' acquavite e per la preparazione dei liquori esistono in provincia dodici fabbriche. II curassau di Landi di Salò può competere con quello d'Olanda, Buon mistrà si fabbrica anche a Bovato; ed è giustamente rinomato V anesone triduo della ditta Bossi, succeduta al Reboldi degli Orzinovi che ne fu l'inventore. Quel nome deriva dalla triplice distillazione. A Salò, Gargnano, Limone e Toscolano si fabbrica da oltre un secolo l'acqua di tutto cedro; abbiamo anche sette fabbriche d'aceto. Il signor Giuseppe Carrara, proprietario del caffè della Rossa, trovò processi nuovi per la conservazione degli aromi sfuggevoli di certi succhi d'ortaggi e di frutta. In Brescia quattro birrerie fabbricano circa 1500 quintali di birra all'anno, con orzo provveduto in Lombardia e nell'arciducato d'Austria, e con luppoli, che si tirano dalla Boemia: ma anche quest' industria è aggravata eccessivamente da tasse e da prescrizieni di controlleria. Nel 1835 s'introdusse in Brescia l'industria dei solfanelli a sfregamento e novera al presente 5 fabbriche, una delle quali dà lavoro a 130 individui, tra uomini e donne, apprestandone undici milioni di mazzi all'anno, di circa 130 fiammiferi l'uno, fatti con abeti montani, e che si strade 243 vendono ad un centesimo al mazzo. La cieca abitudine impiega ancora il fosforo bianco invece del rosso, ed espone consumatori e fabbricatori a pericoli grandissimi. Sarebbe utile V introdurre in tale fabbricazione il sistema dello svedese Lundstròm, che applica il clorato di potassa allo zolfanello, ed il fosforo rosso polverizzato sulla sola superficie del recipiente, che ora si costuma coprire di vetro pesto. Sessanta fornaci, per mattoni, tegole, tubi, utensili di cucina, di fiori, ecc., impiegano fra noi 250 operaj. II conte Lana avea migliorato la fabbricazione dei mattoni, ma non ottenne il favore meritato. Nel circondario suburbano esistono anche tre fabbriche di stoviglie, e in provincia una di vetro, ma scadente. IV. Strade. Acque. Toccammo di volo delle strade nella nostra provincia ai tempi dei Romani; e alcune lapidi miliari ci rimangono Le repubbliche del medio evo pensarono a costrurre strade , obbligandosi alcune volte a vicenda a mantenerle inghiajate, come fecero Brescia e Bergamo nel 1219, od a farle secure dai ladri Noi diamo il 1 Erra il signor Odorici nel diro che quella di Gioviano sia stata scoperta nel secolo passato ad Asola, ove non potè trovarsi, perchè non passava di là la via Poslunimia, "è alcun' altra via militare, fornita di lapidi miliari. La Poslummia metteva da Verona a Mantova e Cremona; l'Emilia o Gallica o Cesarea od Augusta che dire si voglia move;) da Verona a Brescia, ecc. 2 Queste convenzioni di far secure le strade dai ladri durarono anche nei secoli successivi, e furono comuni eziandio alle borgate ed alle valli. Nello Statuto di Valtrompia pubblicato nel lS7tì, il cap. 29 è così concepito : « E statuito che i Comuni di Valtrompia siano tenuti et obbligali a tutto suo potere tener li suoi territori sicuri dai malfattori, ':i(lri et assassini, talmente che cadauna persona possa transitar sìcurarr 'lite per delti loro terrilorj. Prospetto delle strade mantenute dallo Stato nella provincia di Brescia nel i848. DENOMINAZIONE DELLE STRADE 4. Postale veneta dal ponte d'Urago d'Ogli» al confine colla prov. mantovana presso Peschiera . . . 2. Postale da Br.a a Bergamo perPalazzolo cominciando dalla piazza di Coccaglio 3. Strada daBr.aaLodiper Orzinovi, Soncino e Crema 4. Da Br. a Crem.a p. Pontev. 5. Postale da Br.a a Mantova 6. Di Valtrompia da Br.a a Colli© verso Bagolino . 8. Da Desenzano a Salò 9. Di Valsabbia pel Tiroli 40. Da Br.a a Quinzano 44. Strada d'Iseo . . '42. Al porto di Yillagana 43. Di Sant'Eusebio . Lunghezza in ehilomelri Larg. media in ghiaja in selciato totale in metri 62,580 6,554 69,134 8,50 40,529 1,350 11,879 8,50 29,777 30,468 24,083 1,158 2.145 0,652 30,975 32.313 24,735 9 8.20 8,50 36,848 5,932 42,750 4 7 32,219 5,299 37,518 \ 7,30 >3 18.375 37,201 33,065 16,201 0.875 24,855 0,450 2,295 0,372 0,872 1,756 48,825 39,496 33,437 47.073 0,875 26,611 5 5 6 6,40 6 5,75 356,746 28,835 385,621 Spesa annua per la manutenzione in lire austriache a carico regio 7,354,85 17,496,80 20,744,59 17,383,02 18,250,55 16,593,81 5,276,83 21,424,46 17,714,75 9,341,73 395 9,322,14 a carico comunale 11,336,42 1,840,15 1,115,20 311,62 1,443,22 4,190,41 3,133,13 223,17 2,546,43 1,120,91 212,74 917,86 totale 89,648,44 9,195, 18,612 21,056,21 18,826,24 22,440,96 19,726,94 5,500 23,970.89 18,835,66 9,554,47 395 10.240 239,610,35 28,391,26 268,001,81 Imporlo per ogni chilometro di strada Ghiaja da spandersi annualmente in metri cubici in totale 1,296,80 22,098,33 774, 2,603 601,30! 3,786,81 651,60 4,765,17 761,10 5,807,70 524,90 525,70 292,20 606,90 563,40 502 454 384,70 5,653,25 4,115,44 1,837,50 5,200,74 4,083,53 2,581 80 2,081 per ogni ehilogr. 353 247,10 127,20 158 241,10 153,50 III 127,70 III 100 III 140 III 123,50 III3 139,30 HI 92 III 83,70 III 64,413,471 Classe cui appartiene 3 La strada di Quinzano, lunga, secondo il Cantalupi, metri 33,00ìi, risultò metri 33,089,40. invece dalle misure dell'egregio sig. ing. Tito Brusa STRADE 143 Spesa occorsa per manutenzione, adattamento e costruzione delle strade in provincia dal 1828 al 1847. ANNI Importo dei lavori eseguiti per —— Totale. l'ordinaria manutenz. opere nuove. 1828 Lire 179,160 Lire 17,564 L in I 196,724 1829 » 180,108 34,809 » 214,917 1830 . 180,770 13,368 194,138 1831 » 179,173 30,807 * 209,980 1832 . 196,680 6,162 » 202,842 1833 1 199,144 * 27,717 » 226,861 1834 » 196,543 38,055 » 234,598 1835 . 210,861 90,943 301,804 1836 . 214,672 92,055 306,727 1837 » 243,942 » 44,532 » 288,474 1838 . 232,038 -- 232,038 1839 » 231,108 -- » 231,108 1840 » 215,990 -- » 215,990 1841 » 230,498 -- » 230,498 1842 » 222,500 18,576 • 241,076 1843 » 220,820 ■ 10,398 ■ 231,218 1844 . 237,162 49,282 286,444 1845 » 233,748 34,920 ■ 268,668 1846 » 227,360 > 15,110 242,470 1847 » 243,939 i 14,000 » 257,939 Totale L. 4,276,216 L. 538,298 L. 4,814,514 Lasciamo via la tecnica descrizione delle vecchie strade per dir solo come dalla postale veneta diramasi alla Mandolossa la strada per Iseo e per la Yalcamonica, e nell' agosto 1850 fu aperto il nuovo tronco che congiunge Iseo con Pisogne *. Quest'ultimo Comune, che ebbe l'iniziativa di quella lungamente desiderata e utilissima via, contribuì per lire 192 mila; per 252 mila gli altri Comuni della Valcamonica e del Bresciano, per 30 mila Brescia, per 74 mila il pubblico tesoro e per 10 mila la Valtellina, purché si costruisse la strada dei Zappelli d'Aprica, già decretata sotto il Regno d'Italia, e eh' è la più diretta comunicazione fra Brescia e Sondrio. La strada lacuale venne a costare 558 mila lire. 4 Prima del 48 venne ampliata la strada d'Iseo al Bettolino di Rodengo, e si posero Paracarri di pietra lungo i torrenti Zandovcro e Livorna. Al Conio de"* trenta passi si dovettero aprire gallerie. Insorsero quistion fra i Comuni e l'erario relativamente alla manutenzione di questa strada, dicendo i primi di avere votato le oITerte a solo titolo di costruzione, e negando l'altro di assumerne il carico. Questo sarebbe troppo oneroso pei Comuni, specialmente negli anni che corrono di tanta pubblica miseria, e la strada, sottoposta a frane e torrenti rovinosi, richiede pronta e attiva manutenzione, come lo provarono i guasti che ebbe a subire presso Vello, per franamento del monte sovrapposto, che richiesero nuove opere ondo assicurarne la conservazione. E sarebbe nelP interesse del governo P assumerla, e diremo anche nel decoro e nel dovere. La strada lacuale, alla cui costruzione contribuirono molti Comuni bresciani, nella speranza che abbia, come vennero lusingati3, ad agevolare la riaggregazione della Valcamonica alla nostra provincia, è percorsa in diligenza od in vettura da circa 20 mila passeggeri all'anno; e in denaro viene spedito in gruppi fra il Bresciano e la valle meglio d' un milione e mezzo ogni anno: segno indubbio dell'importanza degli scambj fra questi due luoghi. E ciò senza dire delle comunicazioni per mezzo del lago. La strada da Porta Pile verso la Valtrompia ò delle più insigni della provincia per solidità ed eleganza di costruzione, pel dolce pendio, e pei luoghi in cui fu aperta, che la rendono grandemente vaga e pittoresca. Il mantenimento delle strade costa nella provincia di Brescia lire 118. 91 per ogni chilometro. Il numero degli stradajuoli è di 69, a ciascuno de' quali vennero assegnati in medio chilometri 5. 50 di strada. La ghiaja è fornita dai fiumi e dàlie cave che si fanno ne'fondi attigui alle strade; e costa quindi più o meno secondo le diverse località. Sulla postale veneta la ghiaja vagliata costa dalle lire 1. 98 alle 3.76 al metro cubo, e la sabbia dalle lire 0. 66 alle lire 2. 82. Sulla postale da Coccaglio a Bergamo la ghiaja vagliata si paga da lire 0. 62 a lire 1. 44 al metro cubo; sulla via di Crema lire 3. 22, su quella di Cremona lire 2. 51. Sulla strada da Brescia a Gargnano lire 1. 91, ma a Salò lire 2. 85, ecc. Nella provincia di Brescia sono particolarmente noti i seguenti passi: di Croce Domini, che mette in comunicazione la Valsabbia colla Valcamonica, nella direzione di Bagolino e Breno : la Calma, o monte di San Zeno, per cui comunica la Valtrompia colla Valcamonica, nella direzione S L'I. IL Delegazione, quando invitava il Municipio di Brescia a concorrere alla spesa della via lacuale, scriveva che questa « potrebbe un giorno essere considerala come altra delle cause, agevolanti la chiesta aggregazione della Valcamonica alla Provincia Bresciana *. STRADE **7 di Pozzaze e Pisogne; c del Maniva sulla linea di Codio e Bagolino, che serve di passaggio dalla Valtrompia alla Valsabbia ed al Tirolo. Il chiarissimo don Giulio Curioni investigò pazientemente le traccie d'una strada probabilmente romana, qua e là fiancheggiata di torri quadrangolari, la quale dal castello di Bovegno salendo al forte Canelli, volge a ponente a toccare ad Avano il castello Vanile lungo il monte Grandine; e correndo la valle di questo nome e quella del Faggio, superata la vetta di San Zenone, monte che separa la Valtrompia dalla Valcamonica, discende a Fraina ed alla Beata, e accennando a Cividate, si perde nel piano di quest'ultima valle. Questa strada fu percorsa da Macdonald. A Brozzo, dalla strada di Valtrompia si dirama la comunale, che, passando il Mella sopra un bel ponte di muro, per Invico e Lodrino e pel monte Cocca va a Cornerò in Valsabbia. Forse da ottomila strade comunali e numerose vie consorziali mettono, oltre le erariali, in comunicazione fra di loro, i borghi ed i villaggi bresciani, e tutti con la città. Questi veicoli fanno si che il commercio v'è diffuso, e popolate le fiere ed i mercati della provincia0. Fra questi, nel genere buoi e formaggi, il più importante è quello d'ogni lunedi a Bovato, al quale concorrono negozianti dalla nostra e dalle provincie di Bergamo, Milano, Como, Mantova, Verona,e fin dal Tirolo e dal Piemonte. Ne fu accresciuto piuttosto che scemato il concorso dopo l'attivazione della strada ferrata, la quale attraversa la provincia dal confine veronese al bergamasco con 9 stazioni7. Fra i molti ponti su cui percorre sono degni di menzione il viadotto di Desenzano, lungo 400 metri, e che costò lire 2,030,961. Alla bellezza non va pari la solidità, onde lo si lasciò armato. Il ponte suiti Le fiere si tengono in Brescia (ti ai 18 agosto), Carpendolo (26 e 27 agosto) t Calcinato (22 e 23 gennajo, 8 e 9 settembre), Bagnolo (25 marzo, 2 e 40 luglio), Desenzano (22 gennajo, i tre ultimi giorni d'aprile, il 22 luglio, il 1 e 2 di settembre), Gambata (13 dicembre), Gargnano (il mercoledì santo e il mercoledì dopo l'ottava di Pasqua, il 2I> Luglio e TU novembre), Gavardo (1 maggio), Montechiaro (12, 13 e 14 maggio), Lonato (17 gennajo, 24 giugno e la terza domenica di ottobre), Orzinovi (2!ì agosto e dal 3 al I ottobre), Hemedello (la seconda domenica di luglio e la seconda di ottobre); Rovato (2Ì> marzo e 8 settembre, sul monte); Travagliato (29 giugno e 1«, 17 e 18 ottobre); Collio (24 e 2S maggio e 24 e 2ì> settembre), Vestone (primo lunedì e martedì di luglio), Verolanova (dal 7 al 12 novembre). Oltre queste , in molli luoghi si tengono bere ne' giorni in cui ricorre la festa del santo protettore del paese o titolare della parrocchia. I mercati si tengono a Brescia, a Bovato, Chiari, Iseo, Orzinovi, Verolanova, Pontevico , Desenzano, Gavardo, Montechiaro, Bagolino e Vestone. 7 Sono quelle di Pozzolengo, Desenzano, Lonato, Ponte San Marco, Rezzato, Brescia, t)spitaletlo, Coccaglio e Palazzolo. 248 STATISTICA DI BRESCIA POglio a Palazzolo, al quale lavorarono 1500 persone j è lungo metri 209.50, largo 9 e alto quasi 40, con 9 archi a pieno centro del Viadotto di Pala z zalo. raggio di metri 10. Pel fiume su cui è posto nomineremo anche quello del Mella. Nella topografia noi toccammo di volo delle acque bresciane; e nella storia di Milano ebbero i leggitori di quest'opera la superficie dei laghi di Lombardia (Vol. I, pag. 395), e quindi anche quella dei nostri di Garda, d'Iseo e d'Idro. Il lago di Vaja, non noto fuori, e poco anche in provincia, è un bacino, dell'ambito pressoché circolare di circa un miglio, nella valle di questo nome, a due miglia sopra Bagolino. È il più alto dei laghi, essendo di molto più elevato di quello stesso d'Idro, che pure s'innalza 378. 658 metri sul mare. Dal lago di Vaja, nutrito dall'acque delle sovrastanti montagne, esce un piccolo rigagnolo, che va nel Caffaro. La sua importanza deve quindi pressoché tutta all' eccellenza delle sue trote, che hanno carne rosea e il' collo fregiato di una collana indorata, sì lucida e splendente, che si direbbero d'oro le squame. Al lago d'Iseo tributano la vasta Valcaraonica e le due minori di Scalve e Clusone per mezzo dell' Oglio, che riesce collo stesso nome a Sarnico. Dal 21 al 24 ottobre 1857 questo lago si è alzato da 0,n,40 a Om,75 sullo zero delPidrometro di Sarnico, quindi prossimamente \ ArrrcjfiJD ari dva ACQUE 249 allo stato medio di 1 ,71 più depresso della massima piena 1823. Abbiamo altrove accennato il corso dell'Oglio , e i canali che dallo stesso si estraggono, e qui daremo la sua elevazione nei diversi luoghi: Foce in Po metri 16. 894 Foce di Clisio > 26. 044 Canneto » 29. 958 Foce di Mella 41. 304 Pontevico • 53. 004 Bordolano, presso Quinzano • 68. 004 Bonpensiero » 91. 474 Soncino 102. 504 Bocca franca 120. 504 Pontoglio » 143. 004 Palazzolo 152. 504 Sarnico 189. 344 Lago Sebino * 191. 844 Capo di Ponte 1 419. 000 Edoio » 697. 000 Passo Tonale » 1,976. 000 Il lago di Garda e alimentato principalmente dal fiume Sarca, che scaturisce dalle ghiacciaje del Monte Adamo, dal Ponale, che precipita da altissime rupi, e dai fiumicelli Brasa, Toscolano e Campione, che scendono dalle vicine valli. È il più vasto lago della Lombardia, contando 300,000 chilometri quadrati di superfìcie. Situato fra le fauci dell'Alpi Betiche è dominato da due venti periodici; il più violento, detto Sovero, muove da tramontana e soffia dalla mezzanotte a mezzogiorno; l'altro, chiamato Ora, spira da austro dal mezzodì alla sera; ma la direzione dei venti è in più luoghi cangiata dalle fauci dei monti, onde si destano varie correnti atmosferiche. Al lato orientale di Sermione una congerie di bolle d' aria, talvolta fumanti, si alza gorgogliando verso la superficie dalla profondità di circa 70 metri. Si svolgono da esse gas acido carbonico e gas idrogene solforalo, ed è probabile che ciò provenga dalla decomposizione di qualche strato sotterraneo di piriti. Dopo le grandi burrasche ha luogo in questo lago una corrente subacquea, che si dirige sempre in senso contrario al vento solfiato; e forse ne sono causa i venti stessi, i quali sospingendo violentemente le onde o all'una o all' altra estremità del lago , le costringono ad aprirsi una corrente opposta negli strati inferiori onde ristabilire l'equilibrio, specialmente nei luoghi ove il lago è mcn vasto. La temperatura delle acque superficiali di rado eccede il 24" B. e non discende quasi mai al di sotto di 3° R. Sono esse limpidissime e leggerissime, come saluberrima v'è l'aria. tllustraz. del L. V. Voi. III. 32 Anticamente s' era cominciato a scavare un canale, derivando l'acqua da questo lago, presso Padenghe, ma forse la difficoltà dell'impresa fece abbandonare quel progetto. Secondo il Lombardini8 il lago di Garda sarebbesi alzato dal 20 al 24 ottobre 1857 da 0.'" 71 a 0.m 75 sullo zero dell'idrometro di Desen-zano, rimanendo così più depresso dello stato medio od ordinario, che è di 0.'" 92, e di oltre un .metro della massima piena 1810, la quale fu di l.m 94. Il lago d'Idro riceve il Cafl'aro ed il Glisio o Chiese. Il Cafiaro trae le sue fonti nella Valcamonica e si getta nel Chiese poco prima che questo fiume, il quale nasce nelle Alpi Rezie, entri nel lago, dal quale esce poi col medesimo nome. Il profilo del Chiese è come segue: Foce in Oglio metri 20,044 Ponte sotto Montechiaro » 95,827 Ponte sopra Montechiaro i 102,401 Gavardo » 203,425 Yobarno » 244,875 Sabbio • 278,925 Barghe » 294,838 Nozza » 311,725 Vestone » 321,075 Lavenone » 345,975 • Travata inferiore » 357,225 » Travata superiore » 375,175 Lago d'Idro » 378,058 Questo fiume anima nel suo corso molti opificj; metà delle sue acque sono state assegnate al Naviglio, e l'altra per i vasi Lonato, Calcinato Montechiaro in parli eguali fra i tre Comuni, colf obbligo a quelli di Lonato di darne a Bedizzole 3/16 della quantità che decorre nel vaso, e si ottenne lo scopo di ripartire le acque in quantità proporzionali al tutto mediante partitori, o bocche aperte aventi la soglia a livello del vaso dispensatore, il che non si verifica nella distribuzione dell'acqua di altri fiumi. Il Clisio conserva alquanto la forma di valle sino alfa campagna di Montechiaro, quindi scorre libero fino ad Asola: più sotto è dominato dalla circostante pianura , specialmente a sinistra. La portata dei canali che si estraggono dal Clisio si può valutare a metri cubici 23 per secondo. Si pensa a cangiar il punto della foce del canale Calcinato S Notizia sulla straordinaria piena del Po avvenuta il 25 ottobre 1857. — Atti dell' 1. il. istituto Lombardo. Vol. 1, fase I, 48oH. ACQUE 2'il onde poter irrigare una maggiore quantità di terreno. Ove con indispensabili leggi di compensi si sistemassero le acque del Naviglio Grande, colPallungare la ruota dai 7 ai 12 giorni pei terreni più ghiajosi, ai 14 per quelli di sufficiente fondo , ed ai 18 pei più tenaci si otterrebbe tanta acqua quanta ne fosse necessaria per irrigare almeno un ventesimo della campagna di Montechiaro e di Ghedi. Col nuovo regolamento del Comprensorio generale del Naviglio Grande, stampato nel 1846, si riformarono molte pratiche antiche ed adottarono discipline più confacene agli attuali bisogni. Sembra però, dice P ingegnere Ridolo, che tale scopo non sia conseguito riguardo alle rappresentanze ed al riparto delle spese, il che sarebbesi ottenuto osservando le disposizioni contenute nel decreto italico 20 maggio 180G num. 37 risguardante la società degli interessati negli scoli. Dell'Oglio e del Chiose raffrenano le piene i laghi d'Iseo od'Idro; ma il Molla , non trattenuto da alcun bacino, trabocca subitamente e porta sulle circostanti campagne la furia dell' acque dalle quali viene di frequente ingrossato. Move esso poverissimo dalle radici orientali del Maniva, monte che è quasi a cavaliere del Chiese e delPOglio, sopra San Colombano, e scorrendo per tutta la valle, arricchendosi d'acque, a livello della pianura, incassandosi alquanto verso la parte inferiore del suo corso, indica 09 metri a Manerbio, che è circa a mezzo della pianura fra Cremona e Brescia. Alla sua foce nell'Oglio indica metri 41,304, a Urago Mella, limite della pianura, 157, a Gardone 338, ed a Collio 858, altezza singolare a tanta distanza dall'Alpi. Dal Mella si estraggono, oltre i sci canali principali, a' quali alludemmo altrove, altri minori, in tutti la Masserola, la Serioletta, la Marchesina, il Celato, il Collebeato, il Fiume Grande, il Bova, PUraga per irrigare le pianure di Villa, Concesio, Collebeato, Urago, Mella, Bovezzo, Mompiano, San Bartolomeo, Fiumicello e Chiusure di 'Brescia. Dopo il Ponte delle Grotte, in tempo di acqua ordinaria rimane asciutto per lungo tratto , indi, raccogliendo sorgenti e scoli si derivano dal Mella le gore Capriana, Movica, Gam-baresca, Calcagna, Bassana, San Martino, Marianna, Marcandona e Cigola. Non ò determinata la competenza dei singoli vasi che si cstraggono dal Mella, e per antiche determinazioni municipali viene nei tempi di magra concentrata l'acqua ora nell'uno ora nell'altro, senz'ordine o regolamento positivo. Il Garza, che ò P antico e celebre Melo, nasce sui confini della Val-sabbia, bagna Nave, viene a Brescia, ed entra nel Mella sopra Manerbio. Il Gandovero nasce in Franciacorta, e va nel Mella. La provvida natura ci forni sorgenti d'acque per l'irrigazione nei luoghi ove finisce quella degli indicati fiumi. Fra Ovanengo e Gabbiano ha la sua sorgente la Savarona, che vicino a Mezullo si unisce airOglio, nel quale fiume entra pure lo Strone, che ha principio nei territorj di Scarpizzolo e Faversano. La Geriana nasce sul confine d' Isorella e irriga molta parte del suolo di Gambara. Il canale di quest'ultimo nome, la Gambarella, il Polpice, il Molone, il Lussignolo, la Fossa Magna, che dà origine a ben 30 riparti d'acqua, ecc., sono altrettanti canali che nascono e irrigano il suolo bresciano; del quale non resta all'asciutto che la parte montuosa delle valli, i colli delle riviere e della Franciacorta, e la campagna di Ghedi e Montechiaro. Le acque dei canali che originano dalle nostre sorgenti si dividono in quantità aliquote, ad eccezione di pochi casi ne' quali per antiche convenzioni vennero stipulate delle quantità costanti d'acqua. Se non che alcuni di questi contratti non vengono osservati, e gli assegnalarj soggiaciono alla condizione della molta o poca quantità d'acqua che scorre nel vaso dispensatore. Biguardo al modo di ripartire le acque noi vinciamo le provincie di Milano, Pavia, Cremona e Novara, assegnandosi in queste le acque in quantità costanti, dal che ne avviene che ne' tempi di scarsezza le prime bocche hanno acqua più che bastante, e le ultime ne rimangono totalmente prive. Fra noi si riscontra però un difetto nell'uso dell'acque nascenti, che si fa spesso a poca distanza dalla sorgente, come avviene nei territorj di Lograto, Pievidizio, Mairano, Trenzano, Cossirano, Comezzano e Ciz-zago, mentre quell'acque fredde, poco utili nell'irrigazione estiva, potrebbero essere impiegate con maggiore profitto nei territorj inferiori di Barbariga, Yerolanuova e vecchia, Cadignano, Pedergnaga, Oriano, ecc. e pei territorj dei Comuni ove si trovano le sorgenti suindicate si potrebbe provvedere all'irrigazione coli'acque che si estraggono dall'Oglio. Nell'inverno invece anche le acque delle sorgenti possono servire benissimo per marcentare i prati stabili, poiché in quella stagione sono comparativamente calde. Abbiamo parlato del viadotto romano che dalla Valtrompia conduceva l'acqua a Brescia. Nei nostri statuti del 1385 troviamo prescrizioni per la conservazione di quel cunicolo, che tuttavia conduceva tributo d'acque alla città, e deducemmo pei primi conseguenze sud' epoca in cui vennero estralte dal Meda quelle del fiume Celato, che per un tratto da Concesio a Mompiano scorrono in quel celebre manufatto. Romano deve essere o dei tempi di Teodorico l'acquidotto di Mompiano il cui rivo sorto a pie d'arcana arbore antica (Anici), allieta Brescia di tant'acqua. Allude allo stesso un documento del 761, dato dal Muratori. Le acque di Mompiano si conducevano al monastero di santa Giulia, animavano un mulino, e prima servivano anche per il ninfeo e per le due fonti al ACQUE 253 tempio Vespasiano. L'acquedotto dal pelaghetto alla porta Pile, ove entra in città, è lungo 3802 metri ,J. Dicemmo la quantità d'acqua che conduce a Brescia ogni giorno, tale da far essere la nostra città la più ricca d'acque dopo Boma; e se alla fonte di Mompiano aggiungiamo l'altra di Rebuffone, ne abbiamo, senza paragone, maggior copia d'ogni città d'Europa, e pareggiamo l'istessa Roma, che ha 944 litri d'acqua al giorno per ogni abitante, mentre Liverpool ne fornisce soltanto 18, Edimburgo 43, Filadelfia 05, Parigi 07, Londra 95 e Genova 110. Alla quantità corrisponde la qualità, che non si potrebbe desiderare migliore, avanzando in bontà e purezza la stessa celebratissima romana delta Vergine o di Trevi, composta, secondo il professor Carpi, di sette principi fissi nella proporzione di un quinto per ogni libbra d'acqua, mentre a cinque soli, e n%lla proporzione di un solo grano, son quelli della nostra. Dall'analisi che fecero di quest' acqua Grandoni e Perego si vede quanto sia leggiera e di facile digestione ,0. Essa è poi freschissima, perocché quando nella stagione estiva il termometro segnava 33° 12 C. essa venne trovata ad 11° 83 C, quindi alla notabile diil'ercnza dall'atmosfera di 21° 29 C, e più fresca della stessa acqua dei nostri pozzi, la cui media è inferiore 13°67 C. all'atmosfera estiva il. «J Questo acquidolto, a tratto a tratto, ha dei fori perchè servano a fornir acque agli abitanti di Mompiano; ma urge il bisogno di chiuderli e sostituirvi delle trombe, perchè in quei fori si getta ogni sorta di immondezze. Da anni se ne prese la deliberazione; ma è ancora un voto. 10 Ecco l'analisi del chimico Stefano Grandoni e del prof. Perego, entrambi di onorata memoria. Acido carbonico costituente Acqua di' Mompiano. i bicarbonati. Orani. Frazioni. Carbonato di calce Ili !> • ferro \ 44 » magnesia 2 18 Solfato di calce tracce Cloruro di magnesia 1 Olì Allumina — 83 Acido silicico — 62 Materia organica — 7!) 23 27 Acqua grani 4797IJ 7." Totale oncic 100 48000 00 11 Il Menis nel 1H!»6 contava in Brescia 1342 pozzi, di profondità varia. L'analisi chimica fece conoscere che anche queste acque sono delle migliori fra le potabili, non avendovi riscontrato che minima dose di carbonato calcare e di nitrato di potassa, l'ori-8'iie del (piai ultimo sale è da riferirsi agli elementi delle sostanze organiche animali che vengono disseminate sul suolo della città. Da sette polle scaturisce, disposte quasi in linea retta tra oriente ed occidente, dalla viva rupe del fianco settentrionale del colle di San Giuseppe, al piede di gigantesco tasso, sempre ricco di frondi ; e si versa in una conca in forma di pelaghetto, in cui la differenza fra la massima e la minima altezza è di 30 centimetri. Non tutte danno acqua fresca e limpida a un modo, e l'ultima verso ponente è più calda e s'intorbida dopo le pioggie per filtrazione dell'acque del vicino fiume Celato. Converrebbe adunque versarla nello stesso nei tempi di pioggia onde non intorbidasse l'acqua delle nostre 78 fontane pubbliche e 1940 private ,2. La sorgente di Mompiano essendo elevata 32 metri sull'orto botanico, potrebbe somministrare acqua, mediante fontane, a tutti i piani superiori delle case. Ora si pensa istituire un Bagno di Diana. Manchiamo di canali per la navigazione. L'Oglio, il diritto di estrazione dal quale ci tenne tante volle in dissensione co' nostri vicini lr> nel territorio di Pontoglio, dopo la pescaja della Castellana, è asciutto, e non diventa navigabile se non sotto Pontevico. Il canale Fusia, scavato nel 1347, derivandolo poco sotto l'emissario del Iago alla Nassa Paranco, e all'antico molino di Fusio, è navigabile a barchette fino a Bovato, per linee disgiunte di metri 22,212 culla portata di 0, 7 metri cubici '* per secondo (once mil. 100). Decretatasi nel 1805 da Napoleone la costruzione d'un canale naviglio da Brescia all'Oglio, l'ispettore generale Coccoli propose 12 In principio del secolo non erano elie 1409, quindi crebbero di SOI). Nel IMO le fontane pubbliche erano 31, le privale 170. Nel 1803 Vincenzo Uercnzi , professore 4'architettura nostro Liceo, fece, per incarico avutone, la Descrizione ilei piano generale delle bocche esistenti sul condotto maestro delle fontane della città di lire-scìa che comincia dalle falde del cotte di Mompiano e finisce nell'ex monastero dì Santa Giulia, ms. esistente nell'Uflizio Acque. Una assai migliore ne fece l'ing. G. B. Chizzola, premiata dall'Ateneo. 13 No toccammo nella Storia. Il marchese Galeazzo Pallavicini ottenne nel Ioli dal Municipio di Cremona di poter derivare un canale dall'Oglio nel territorio di Pume-nengo; ma i Bresciani vi si opposero per il diritto loro su quell'acque, basandosi adatti di antica concessione. Quella contesa venni! appianata fra il Duca di Milano e la Repubblica di Venezia nel 13'27, pattuendo un canone annuo di 400 ducati da pagarsi dal concessionario alla città di Brescia. I Cremonesi derivarono il loro Naviglio dall'Oglio nel 1337, ed i Bresciani estrassero allora in Seriola Vecchia dichiari, la cui portata è circa una metà di quella del detto Naviglio; e due lustri appresso costrussero la Fusia, e successivamente la Cassina, la Ternana, la Travagliata, la fìajona, la Radiano, la Caslcllana, sicché nelle magre dell'Oglio ben poca acqua vi restava. Fra le magre di questo jiumc è considerala per secolare quella dell'estate 1837. 14 Nel mio libro Documenti per le Storie Patrie, pag. 14 e seguenti (Brescia, 1831), io diedi l'indicazione dei varj documenti relativi allo scavo dal canab; Fusa, i quali esistono nell'archivio del Comune di Rovaio. La nassa di Paralieo, che si pretendeva di far levare, e a cui s'opposero, lin armata mano, i Comuni di Rovaio, di Chiari e di Pa-lazzuolo, esisteva anteriormente allo scavo del vaso Fusa, e fu acquistata, in una a parte del molino, i 5) novembre 1347 dal milite Oldofredi q. Giacomo, dai cui eredi la comprarono poi i Rovatensi, o dai rappresentanti £ :iPalazzuolo e di Chiari. ACQUE m di allungarlo fino al lago d'Iseo, usando del vaso Fusa, e unendolo al Naviglio, derivato dal Chiese. Partendo dal principio, già dimostrato dal bresciano padre Castelli rispetto al lago Trasimeno, mediante un determinato abbassamento dell'emissario di un lago, al quale si applichi un regolatore, si possono utilizzare le acque stagnanti, egli ripromcttevasi di conservare la competenza dell'acque del fiume dovute alle attuali derivazioni e di estrarne inoltre un corpo sì considerevole da bastare ad alimentare il nuovo canale navigabile da Iseo a Brescia, ed alla irrigazione di 100 mila pertiche di terreni prossimi al canale, e a quella eziandio di gran parte della campagna di Montechiaro. Gli ispettori generali fran-• cesi Prony e Sganzin dieder voto favorevole a quel progetto, riserbandosi a più maturo esame; ma l'ingegnere Lombardini dice che essi avrebbero considerata la proposta tome oggetto puramente speculativo, ove si fossero rappresentate le circostanze speciali dell' Oglio , le cui acque utilizzate per irrigare oltre a 90 mila ettari di terreno, devono alzarsi sopra il livello ordinario per sopperire alla competenza delle derivazioni; essere inoltre da avvertire che l'Oglio inferiore attraversa 24 mila ettari di regone difese da 100 chilometri d'argini, e che sopravvenendo una piena nel lago mentre questo si trovasse artificialmente invasato in tanta misura, collo scaricare le acque accumulate, si potrebbe aggravare la portata massima del fiume, fino a porre in pericolo, e forse a sovverchiare le sue arginature 1S. Abbandonato il progetto Coccoli, l'ingegnere Gonzalcs ne presentò un altro nel 1817 col quale pure si proponeva d'abbassar l'emissario e applicar un regolatore, ma al solo scopo di deprimere le piene del lago, e di assicurare la competenza della Fusa, non avvertì ciò che non era sfuggito a Coccoli, cioè che, per abbassare l'emissario, insieme colla bocca della Fusa sarebbe probabilmente necessario impegnarsi in un taglio di roccia. Inoltre parecchi terreni rimarrebbero asciutti, specialmente a Rovaio. La prolungazione del canale per navigazione riuscirebbe di non lieve utile <6. Il Comune di Gambara fino dal 1782 pensò profittare dell'acqua che va perduta della roggia Ceriana, tracndola ad irrigare il territorio sud-ovest del paese; il che si rilevò essere fattibile mediante un' intoppata che alzi il letto dell' alveo sul luogo detto de' Bajamontl Approvata l1 impresa dalla vicinia 12 settembre 1790, e in parte eseguita, rimase poi inadem- !S Dei progetti intesi a provvedere alla deficienza di acque irrigue nel Cremonese , memoria letta nell'I, ti Istituto. Giornale dell' Ingegnere Archileito ed Agronomo , •»uggio is:;s. IR Le stradi1 ferrate scemano o tolgono importanza alle vie d'acqua. E sia l'aveano diminuita le migliorate strade. Non pochi tra vivi hanno veduto navigare la Fusa, che pur s 2,521. 32 Marcheno » 11,764, 65 » 4,891. 24 Marmentino » 17,127. 43 7,120. 92 Polaveno » 12,167. 85 5,059. 20 Pezzaze » 28,906. 46 » 12,018. 04 Pezzoro . 5,066. 42 » 2,106. 56 Sarezzo » 38,341. 68 15,939. 00 Villa » 28,256. 54 » 11,747; 88 Aggiungansi le imposte comunali, accresciute dopo il 48, talché la rendita è pressoché tutta assorbita dai pubblici carichi. I 19 Comuni della Valtrompia avevano nel 1779 da 13,000 abitanti; ora 19,295 ; nel 1616 oltrepassavano i 18 mila. Primo a chi muove da Brescia, si presenta Carcina di oltre 500 abitanti ; ben situata. Alla sua porta verso la città, si recarono nel 1797 i Valligiani a combattere i rivoluzionarj; e sopra alcune case si scorgono affreschi allusivi a' que' fatti. Bella è la parrocchiale, con sacristia jonica. Il quadro di san Bocco ritiensi del Palma. Dalle 1632 pertiche di bosco si raccoglie annualmente la legna per 1800 sacchi di carbone, della misura di metri cubi 0. 40 (V. figura a pag. 230). Pregno, a pochi passi di distanza sulla strada provinciale, è ameno villaggio, ma nella innondazione della notte 14 al 15 agosto 1850 ebbe a patire ingenti danni. Il torrente che cade dalle sue montagne menò orribile schianto di alberi, che sparse sui campi, e lasciò aulla strada maestra, dove sbalzò il ponte per accumulamento di massi e di ghiaja. La forte briglia di pietra costrutta al di sopra di Pregno onde mandare parte dell1 acque del Meda in un cunicolo, destinato ad animare macina e mulino in Pregno; cartiera e molino in Carcina, e indi la fucina Molot ed un altro mulino, dispensando poi Tacque all' irrigazione lino al confine meridionale di Concessio, fu distrutta, e cosi VALTROMPIA 201 gran parte del canale. Il ponte sul Mella, che da Pregno mette a Car-cina, fu ricostrutto con non piccola spesa; e su di esso varcando noi visiteremo Villa, dalla bella torre. Le sue 21(1 pertiche di bosco forniscono circa 2000 sacchi di carbone. V'è osservabile il monumento Bellori. A Villa sono uniti i due villaggi di Cogozzo e di Cailina sulla dritta del Mella, il quale li danneggiò nella ricordata innondazione. Alla sinistra dopo Pregno, alle falde della Pendeza, si scorgono gli avanzi dell' acqui-dotto romano, di cui parlammo. È desiderabile si costruisca la strada sulla dritta del fiume, dal ponte di Pregno a quello di Sarezzo onde poter abbandonare il tratto della Pendeza, pericolosissimo per le frane. Termina questo a Valgobbia, frazione del Comune di Sarezzo, d'onde una via conduce a Valle Lumezzane, posta ad oriente. Il torrente che scende da questa, ruppe nel 1850 il ponte che l'attraversa a Valgobbia, e menò guasti. Lumezzane era feudo dei conti Avogadro, che vi mantenevano un vicario, il quale però non aveva giurisdizione civile. È diviso in tre parrocchie, Lumezzane Pieve, Lumezzane Sant'Apollonio e Lumez-zane S. Sebastiano, più popolate le prime due, di circa 800 abitanti la terza, due sono i Comuni, perocché il terzo villaggio è frazione del secondo. Dicemmo delle lime, coltelli, filo di ferro, cucchiaj di ottone, manichi di forchette, ecc., che vi si fabbricano. Lumezzane Pieve ha 2504 pertiche di boschi, e 1445 Sant'Apollonio, e danno complessivamente circa 2000 sacchi di carbone. A Lumezzane Pieve si vede la torre dei feudatari Avogadro; e a Sant'Apollonio, nel giardino di quell'arciprete, gli avanzi di antichissima torre. La suasa del coro della chiesa di Sant'Apollonio è istoriata con arabeschi del maestro Emo del 1604. La torre è costrutta colla lumachella del monte Lodizzo. Gazzolo e Pìecucco son due terricciuole della Valgobbia. Sopra Lumezzane è la chiesa di Santa Maria in Conche, fondata da san Costanzo da Niardo, il quale, ferito nel combattere sotto le insegne della contessa Matilde, si ritirò sopra questo monte a vita ascetica, e fece consacrare questa chiesa dal vescovo Arimanno nel 1112. A san Costanzo deve probabilmente origine anche il monastero di santa Maria, il quale vi durò fino a che lo si vide sconveniente a monache poco regolari. Nel 1236 venne assegnato agli Umiliati, i quali l'occuparono nel 1249 per breve di Innocenzo IV. Nel 1443 passò alle monache di santa Catterina di Brescia, le quali nel 1481, non senza forte opposizione del vicinato, trasportarono a Brescia le spoglie di san Costanzo, restituite a Nave nel 1797, quando fu soppresso il monastero di santa Catterina. Sarezzo, luogo ove la famiglia Balio aveva una fonderia di cannoni, è a dritta della strada, a 9 miglia dalla città; è bello e popolato paese. La suasa del coro della sua parrocchia fu istoriata con arabeschi nel 1704 da Pietro Dossene. Neil' innondazione del 50, il Redocla, che nelle ordinarie pioggie reca appena dal monte San Miliano un filo d' acqua, scavò presso la chiesa parrocchiale un vigneto, e profondandosi nel suolo, sterrò arche di pietra, contenenti ancora ossa, e poco mancò non diroccasse la torre, formata da bellissime pietre riquadrate e connesse con finissima arte 2°. Negli statuti di Sarezzo 21 fra altri provvedimenti si trova inflitta la pena di L. 2 planete a chi aprirà l'uscio della sala del consiglio, mentre questo è adunato (cap. 43), e L. 5 a chi giocherà, sonerà e ballerà o farà sonare e ballare nella piazza mentre sia adunato il consiglio ordinario o generale (cap. 86). Un altro libro 2~ reca una Supplica al Principe Serenissimo di Venezia delle valli Trompia e Sabbia, unitesi iM8 marzo 1607 onde ottenere l'adempimento dei privilegi concessi ai Valleriani il 4 luglio 1427, contro l'opposizione del territorio e della città. Ricordando i servigi prestati, essi dicono che « li Valleriani stimando più di servirla con fatti che » con parole, delle quali furono sempre scarsi e poco curanti, che essi » vennero volontariamente d'innanzi alli Magnifici Procuratori suoi, e » s' offersero di darsi sotto a questo imperio dovendo essere trattati nel » fatto dei dazj, et in tutte le altre cose come erano trattati sotto il » signor Pandolfo Malatesta, e cosi furono accettati; e tal dedizione, » come hanno per tradizione, seguì nella città di Verona, senz'altra d scrittura per la quale ricevuti quelli ordini che alla Serenità furono » opportuni si ritrovarono all'acquisto della Città, e furono li primi che » entrarono sotto la scorta del signor Pietro Avogadro, e così soprag-» giunto il Carmignola general dell'esercito trovò la città presa a nome » di V. S. E li cittadini della parte ghibellina si ritirarono nella Cit-» tadella, nè potendosi più difendere convennero cedere. Dopo il quale » primo acquisto non hanno mai mancato di essere la vita e facoltà in » servizio di V. Serenità, e però in detta parte 1427 4 luio venne » esposto, che essendo essi stati principal causa dell'acquisto di Brescia, » che siano fatti pagar delle loro ferrarezze quel solo che solevano pa-» gare sotto Pandolfo e non quello, che li voleva astringere pagare l'ec-* cessivo Dacio il Duca di Milano, qual sebbene pareva che li confer-» masse li privilegi di Pandolfo, si volse però di riservare di farli con- 20 li dottor Maza e l'avvocato Angolo Mazzolai narrarono i commoventi fatti clic ebbero luogo a Sarezzo in quella luttuosa circostanza, e i guasti che allora sofferse il paese. 21 Statuti e Previsioni e Transazioni della Sp.te Communità di Sarezzo copiati dagli antichi da Angelo Bonasio causidico = 1766. M. S. esistente nel Comune di Sarezzo, che mi fu gentilmente dato da leggere. Ti Annali della spettabile Comunità di Sarezzo registrati da Angelo Bosio per comando ed utile del Comune, 17tìS. Grosso volume ms. che pure mi venne concesso. VALTROMPIA 263 » tribuire ad altre gravezze quando avesse nominati esenti o non esenti, • cosa che non era giusta coi Valleriani, che avevano privilegi conven-» zionali con Pandolfo, e che essendo li privilegi suddetti concessi a » voce solamente mandarono a'piedi diV. Serenità, et avuta la informa-» zione dalli Rettori di Brescia sotto il dì 13 gennajo susseguente fu-» rono ridotti in scrittura nelli quali anco particolarmente vien espresso, » che se alcuna persona mancasse dovesse essere punita, ma restar però » sempre ferme, et inviolabili le convenzioni, et permissioni non vo- • lendo, che la fede delle Valli mai non mancasse come è stata sempre » costantissima. » Quello poi si ebbe operato dopo l'acquisto primo nelle maggiori » turbulenze della Bepubblica si possono vedere dalli Annali che si ten- » gono secreti da V. Serenità, e la città pur l'anno 1438, in tempo > d'obsidione nel qual acquisto tanto meritò nelle sue comissioni del » Consiglio generale il signor Pietro Avogadro suo oratore ricercò la » Serenissima Bepubblica, che volesse aver per raccomandati li Valle- ■ riani come buoni amici perchè per quel solo forame avcano avute le » vettovaglie, e nelle istorie il Sabello dice, che a quel tempo il Gatta » Melata andò contro il Picinino con giovani ferocissimi scielti dalli » monti di Valtrompia con moltitudine di gente col mezzo delle quali » levò l'assedio di Rovato ed il Saracino istanco de'fatti d'armi famose » disse, che nel fatto d'arme successo fra detti due'Capitani l'anno • 1438, essendo accresciuti li battaglioni delli Valtrompia col Melata, » convenne al Picinino, sebbene superiore di gente, restar perdente. Sa-» rebbe lungo, Principe Serenissimo, il narrar tutte le operazioni, e » fatti egregi de'Valleriani in servizio di questo Serenissimo Imperio del ■ 1438 sin all'anno 1508. Principiate le guerre 1509 in Italia Val-» trompia sola mandò all'impresa di Roveredo contro l'Imperatore a » sue proprie spese gran quantità di gente a Bagolino et alla Rocca » d'Anfo per conservazione di que' passi con numero grosso di guasta-» dori, che vi stettero giorni 72. Fatta la lega di Cambrai mandarono » 400 uomini ad Asola, et a Pontevico 200, e volendo il Marchese di • Mantova saccheggiar Casal Alto questi Valleriani similmente combat-» tendo ammazzarono da 300 delli inimici, 150 fecero prigione, presero * cavalli, ed artiglierie, che lutto consegnarono al provedilor Contarini * in Asola, che dopo la rota di Geradada rimasero in poter delli inimici, * e la maggior parte gloriosamente poiché non poterono aver luogo da * ricoverarsi avendo quelli portati grandi accidenti, che la città di Bre-» scia et il territorio s'avessero dati volontariamente al Be de Franza, '............. Li Commissarj Begi mandati al governo delle Valli » furono dalli Valleriani ammazzati con tutte le loro famiglie, quelli che d erano atti all'arme delli Valleriani andarono al servizio del corpo Ve- » neziano anche senza stipendio, e perciò come ribelli a quel Re furono » proclamati 153 a quali furono confiscati li beni e fatto morir il conte » Alovisio Avogadro con due suoi figliuoli. Nò anco di questo accidente » della perdita del loro capitano mancò la fede, e la divozione alli » Valleriani perchè continuarono nel loro fermo proposito di seguitar e • nella buona e nella adversa fortuna quel principe, che a principio » s'elessero, e che avevano scolpito nel cuore per loro e per li posteri; » l'attestan le lettere Ducali di V. Serenità scritte l'anno 1511 2 luio... » esortando li Valleriani, che continuino ad estirpar li Francesi, che ne » riporteranno lode, e recognizione, onde li Francesi vedendo questo, » e come disse l'istorico Giovio, la pertinace fede de'Valleriani verso » la Repubblica si risolsero destruggerli, ed estirparli tutti, questi valo-» rosamente si posero alla difesa al fondo della Valle spendendo tutto » quello che avevano. Ma Dio benedetto, che voleva conservar ed ag-» gradir la Repubblica e seco anche li difensori di quella, che in questo • tempo successe la morte di Monsignor de Tois contro la potenza di j) quello, essendo già la Valle ridotta all'estremo per la sterilità, e po-» verta loro non s'averiano potuti mantenere, scrisse V. S. sotto li 5 » luio susseguente, che inteso questo desideravano essi Valleriani per > difendersi dai Francesi communi nemici pervenendo^ tutto dalla somma i fede verso lo stato Veneziano, che dava ordine al suo generale acciò » fossero assicurati e così poi aggiustati li confermarono li suoi privilegi » e lo. meritarono perchè non mai la volontà di questi benemeriti sud-» diti fu dominata da alcun altro Principe, e sebbene tornali li Francesi > in Brescia si ridussero gli uomini delli Valleriani confiscati in camera » non si scemò pure la medesima fede, come si dimostra dalle Ducali » 1512 8 agosto che dicono così: L'antichissima fede vostra comprobata » con antichi e recenti efTetti è di sorte, che già molto tempo mi ha » ridotte ad amarvi communemente, e ad avervi nel numero de' caris-» simi figli dello Stato Nostro, vi confortiamo con tutti li nostri spiriti » che vogliate dimostrare, e con la fede e con le operazioni quello che » sapemo essere collocato nella mente vostra che adesso è dato il tempo » di eseguire il vostro desiderio. Anco il Giovio disse nelle sue istorie, » che li Valleriani custodirono li passi, nè poteva passare alcuna persona " che non fosse morta, ed appiccata alli alberi aggiungendo queste pali role, che li detti montanari con ostinata fede hanno sempre adorato » il nome Veneziano. »■ Questo borgo fu patria al Riperto, di cui si valse il vescovo Arimanno contro l'Aimoni. (Vedi a pag. 31). VALTROMPFA 265 All'opposta riva del Mella trovasi il villaggio di Noboli, frazione di Sarezzo, ove si preparano i biscotti, castagne cotte nel vino. Altra frazione ne è Zenano, ove furono trovate le quattro laminette di bronzo 2% con iscrizioni, tanto disputate fra gli eruditi. I prefetti de' fabbri, qual era Silio Aviola, non presedevano già, come vogliono alcuni, a tutte l'arti fabbrili del municipio, e meno alle nostre miniere; ma perchè nulla mancasse nel campo all' esercito; e le laminette di Zenano, anziché una prova di confederazioni e patti d'ospitalità o d'amicizia tra i valligiani ed alcune città della costa d'Africa, indicheranno nelT Aviola un prefetto de'fabbri, probabilmente nativo di Valtrompia, che, stanziato già in Africa colla terza legione d'Augusto, venne detto protettore da qualche popolo di colà. In Zenano furono trovate altre iscrizioni romane. I Visconti nel XIV secolo, mandavano capitani nelle valli, i quali aveano corte nel castello di Testa forte, ch'era al ponte di Zenano, o in quello di Gardone. Gardo.ne è il più importante borgo della valle e capo luogo politico e giudiziario con pretura di seconda classe e consiglio. Un recentissimo dispaccio (16 luglio 1858, n. 21935-2889) licenzia le istanze degli abitanti della Valtrompia per riattivar la fabbrica erariale d' armi già esistente in Gardone , e di cui parlammo. Aggiungeremo che i lavori commessi dallo Stato non venivano assunti da individui , ma dalle classi degli operaj; e ognuna di queste, compito il lavoro, lo trasmetteva alla successiva. In ogni classe partecipava alla mercede chi per malattia o per vecchiaja poco o nulla avesse potuto assistere alla fatica dell' opera. Gardone si trova nominato in un atto del XI secolo risguardante una permuta di beni tra il vescovo Oldarico e il monastero di sant'Eufemia. Vi fu trovata un'iscrizione a Giove Conservatore: ed una alle Ninfe sullo scorcio del XV secolo 24, ove Melanalia Severa si dichiara cliente delle Ninfe Creme ossia Fontanili, figlie di Giove. Gardone è sul Mella, e questo culto alle dee Linfe deve aver durato a lungo, come riguardo alla Valcamonica siam fatti certi da Rodolfo notajo 25. 23 Rossi, Memorie bresciane, pag. 17!} o seg.; Comparoni Storia delle Valli Tram-pia e Sabbia, pag. 18—1!) e 3*22 e seg.; Gagliardi, Parere intorno all'antico stalo dei Cenomani ed ai loro confini; Sambuco, Memorie storico-critiche, ecc. Mafpei, Mtis, Veronese; Brocchi Trattalo mineralogico; Angelo Mazzoldi, Della Valtrompia, ecc.; Labus, Bikmmi, ecc. G. Rosa le risposta al Brocchi. 24 Labus, Marmi antichi bresciani raccolti nel Museo Patrio, pag. 88, n. 12'J. tè «otevolc che in Valtrompia non si trovò alcuna iscrizione a Vulcano, mentre due se no rinvennero a Brescia ed una a Gargnano. 2K Erant adhuc in illa valle (7711) plurimi Pagani, qui arboribus, et fontibns victi-mas offerebant. Histortola, ecc., scoperta e pubblicala dal menatili. Hlustraz. del L. V. Voi. 111. Presso la famiglia Bianchi esistono gli statuti di Gardone del 1400, manoscritto d'un frate. Un Ambrogio, parroco di Gardone, fu consigliere di riforme de' costumi clericali al vescovo Maifredo ; il quale costretto a fuggire dalla fazione dell'espulso Villano, stette per due mesi nel H 38 presso il sunnominato Ambrogio, riparando poi presso Testando parroco di Vestono. Sotto la piazza di Gardone è un sotterraneo con cisterna, ora coperta. Nel convento di san Bernardino si trovavano sei tavole del Bonvi-cini, che vennero trasportate a Milano quando nel 1803 fu soppresso. Il dieci aprile 1797 la milizia franco-bresciana, comandata dal capo battaglio ne Cruchet, stabilì a Gardone il quartiere generale. Questo Comune, per aver accolti i Francesi dopo una mischia a Carcina, era venuto in uggia ai partigiani di Venezia; e il 27 aprile una schiera di Val-sabbini, di Triunaplini e di ausiliari tirolesi marciò contro Gardone per cacciarne i Francesi. Poco sopra Inzino vennero con questi alle prese, e vinsero. Abbandonato dai Francesi, Gardone fu messo dai valligiani ad orribile sacco, ma i Francesi si avanzarono il giorno susseguente contro i Sabbini, ch'erano ritornati a Lodrino, e contro i bersaglieri tirolesi a Brozzo; ma la fortuna favorì una seconda volta i valligiani, i quali tornarono a saccheggiare Gardone, incendiando anche alcune case. Animati da questa seconda vittoria, i valligiani marciarono verso Brescia, ma al Ponte di Zenano scontrati i Francesi, dopo un combattimento di più ore li obbligaron ritirarsi a Sarczzo, e gli altri, tagliato il ponte di pietra sul Mella, retrocessero a Brozzo. Gardone dalle 0270 pertiche diboschi ricava 3500 sacchi di carbone, Fruttangli le molte uccellande, e in quella dei fratelli Franzini si presero fino duemila uccelli in un giorno. Son questi, colla polenta, cibo lautissimo ai Bresciani nell'autunnale stagione; e bene trovasi dipinto dal Bucelleni. Arbor chiomato si distende a tergo Un verde padiglion; tappeto è l'erba; Rude pianta dall'ascia ora divisa La mensa appresta. Ghirlandato il capo Canestri arreca giovinetta turba. Sarmenti e rami accolti, eccoti acceso Il foco. Infitto d'un abete al tronco Esce ferrato uncino, e da lui pende Vaso lucente di forbito rame. Pura linfa per entro altri v'infonde, E trito sale; altri la fiamma attizza, VALTROMPIA 267 Che del capace arnese il tondo ventre Lambe seguace. Già l'umor fumante Gorgoglia e bolle. Muscoloso atleta Versa nell'onda del color di croco Il macinato grano, ond'è cortese A' nostri campi il Saraceno infido. La manca stringe del pajuolo il curvo Ferreo sostegno; indi la destra afferra Ramo rimondo e schietto, e la tenace Pasta convolge, e la sovescia, e preme Alle pareti dell'ignito vaso, Insin che pura esca la canna ; e tolta D'insù le brage, e capo volta versa In bianco lino la ritonda massa, Altri dispicca d'odorato legno Sotti! vincastro, e di corteccia ignudo, Ove spiumati, c in lungo ordine infitti Stanno soavi augelli. Avvi l'azzurro Pettirosso, che invano entro le fide Macchie si appiatta, e di canoro spirto Vispo il fringuello, e dalle brevi penne L'ingenuo lucherino, al tuo palato Vittime sacre. Dall'un Iato un tronco Biforcuto la verga alto sorregge, E dall'altro la volge esperta mano Con equabile giro. Arde rimpetto Continua fiamma; e già più volte aspersa Di liquefatto burro, indi col fiore Di sale polveroso, effluvio grato Manda alle avide nari, e d'auro tutta Già si colora l'arrostita preda. Siedi, e le mani arditamente arreca Al cumulato cibo, e non ti prenda Timer che in ora non usata aggravi A te soverchio il dilicato seno; Che la pura spirando aura del monte La torpente natura si rintegra E vigor novo assume. Non ha guari il sig. Giovanni Battista Consoli legava, morendo, a questo comune un capitale di L. 20,000 ed una casetta per iniziarvi un ospi-^ta Nella innondazione del 50 soffri molti guasti; e vide atti d^eroi- smo e d'abnegazione personale. Sul monte, al confine dei tre Comuni di Sulzano, Polaveno e Gardone, e appartenente agli stessi, trovasi la chiesa e il già convento di Santa Maria. Quivi la vista si allarga a dominare il soggetto lago d'Iseo, e una lunga catena di monti. Il sottoposto Polaveno appartiene alla Valtrompia. È Comune con consiglio, ed ha 2908 pertiche di boschi cedui, e 275 di castagni e lauro. Il suolo dà gelsi, viti e buoni navoni, e vi si fabbricano eccellenti salami. L'ultimo ottobre 1409 Pandolfo Malutesta concesse a Pietro quondam Giacomo Àvogadro « il luogo, terra, territorio et huomini di Polaveno, con la giurisditione, honor et pertinenze di detto in feudo et a'suoi figli legitimi e discendenti » : ma il 27 novembre 1427 la Repubblica, in vece di Polaveno , concesse all' Àvogadro « il luogo delle mezzane (Lumezzane) con le ville, dacj et giurisdizione » come nella precedente. Un quarto di miglio a nord di Gardone, sulla diritta del Molla, trovasi Inzino ; uno de1 più antichi paesetti della Valle, poiché vi si rinvennero iscrizioni a privati, a Minerva, a Mercurio, a Tullino epicorio, su cui tanti sognarono prima del Labus. La chiesa fu delle primitive pievi, e avea soggetto anche Gardone. NelPinnondazione del 50 sarebbe stato interamente travolto dall'acque se la casa detta del Diavolo, posta su alta e viva roccia in capo al villaggio, non avesse durato saldissima contro all'impeto del torrente Re, che dalla Valle dTnzino si versa a ^destra nel Mella, cosi dividendolo in due (V. pag. scg.)-{\ Un Franzini da Gardone, parroco d'Inzino, lasciò un capitale, ora di circa L. 20,000, onde l'annuo frutto venga dato, in parti eguali, a quelle giovani di Gardone e d'Inzino appartenenti alle famiglie Franzini, e di vita illibata , che passano entro l'anno a marito. Se però una si fa monaca, tutto il frutto viene a quella assegnato; e va in aumento di capitale quando nessuna passi allo stato religioso o matrimoniale. Presso Inzino , sorge sopra erto monte il paesetto di Magno. Da un manoscritto nell'archivio parrocchiale d'Inzino (lettera B) si raccoglie che quivi si sviluppò primieramente nella casa Rossi la peste, ai tempi di san Carlo, portatavi da un soldato venuto da Brescia; di là si diffuse ad Inzino, a Gardone, ec. A Zenano v'era stata portata da una bastar-dina, venula da Brescia in casa di Fioravante Àvogadro. Nella valle infierì sì fattamente, che molle famiglie, abbandonati i paesi, ritiravansi sui monti. Sulla strada nazionale della Valle dopo Inzino si trova Marciieino, che s'occupa di lavori di ferro e d'ottone. Gli affreschi del santuario della 26 Una innondatone del 30 maggio 1676 recò il danno di 150,000 scudi alla Valtrompia e a Savallo, Odolo, e Pertica di Valsabbia, come si legge negli Annali di Pczzaze, pag. 446. VALTROMPIA S69 Madonna furono fatti eseguire dall' arciprete Graziadio Franzini. Di lì da questo villaggio si cangia la misura [del sacco di carbone, che in luogo di metri cubi 0.40, è di metri 0.70; ed anche il periodo di anni nel quale segue il taglio delle piante, in luogo dei 10 ai 12 facendosi dai 12 ai 14 anni; e gli abeti ogni 60. All' opaco Biiozzo, che pianta radici sulla nuda pietra, ed ove s'acquartierarono nelT ottobre 1735 le truppe savoiarde, un Trivelli eresse nel 1200 un palazzo nel quale si segnarono diverse convenzioni armigere. A Brozzo . . . Bacco si fermò, che il violento Tramontano rendea l'asilo infido Della tenera vite al molle fiore: Quinci oltre ricusò metter radice L'arbor di Tisbe: le superbe vette Corona il bruno abete e il faggio e il cerro. BuCCF.LLENI. Mase oltre Brozzo cessa la vile cominciano le miniere, di cui la più antica memoria è quella conservata da Rodolfo Nolajo, ove narra che nel 811 essendo il conte Suppone governatore di Brescia per Carlo Magno, si facevano dal figlio del conte lavorare le miniere con vessazioni, onde i lavoratori si sollevarono e l'uccisero in una a' suoi compagni. Il conte Suppone, acceso d'ira e anelante vendetta, entrò nella Valtrompia con grossa mano d'armati, e menò siffatta strage degli abitanti, che la fe deserta, e pressoché priva di abitatori -7. Passando sul bel ponte di Brozzo, ci recheremo sulla* sinistra del Mella a visitarvi Lodrino, ove in un fondo di proprietà Ghidinelli fu trovata 27 t li li ottobre KìV(5 i Comuni di Bovcgno, Coli io e Pezzaze pensarono di convocare i Consigli generali di tutte le Comunità di mincranli onde costringere la Valle a prendere l'investitura delle miniere, in esecuzione d'una transazione seguita fra questa e quelle. Determinarono poi di presentare una supplica alla Serenissima onde, nel caso ricusasse la Valle dì prendere l'accennata investitura, ne venissero investiti i tre Comuni mineranti, colla prerogativa del vicariato, licenza d'armi, ed altri benefici a detta Investitura appartenenti, coli'offerta di ducali 2o0, come si è praticato dalla Valle stessa, continuando indi la causa contro la Valle per astringerla a soccombere a quanto è tenuta in forza della transaziono precitata ». Nel 1710 i Comunelli di Valtrompia, col qual nome si distinguevano i Comuni di Cimmo, Marmentino, Cesovo, Mareheno, Magno, Inzino, Villa, Carcina, Sarezzo, ed i Comuni, con die s'intendevano le Comunità di Col I io, Bovegno, Pezzaze, Erma (Irmi), Pezzoro, Lodrino, Brozzo e Gardone compromisero le loro vertenze in Federico Barbarigo. Pretendevano i Comunelli « che fossero rejelte nelle ragioni di Valle le spese fatte in Brescia e Venezia per le decime delle miniere»; evenne dal Barbarigo, capitano di Brescia « fatta la terminazione con adineltere esse spese con diffalco di berlingotti 1200 da essere distribuiti sopra i Comuni, che Io vorranno. Quale terminazione viene dagli agenti d' ambe le parti accettala. » ■ Voltolino , Annali delta Comunità di Pezzaze, rns. pag. e .1711-380. =» Il 27 inaggio 1714 per togliere i dissidj fra i Comuni e i Comunelli, Giacomo Morandi, 'sindaco della Valle propose che questa prendesse l'investitura delle miniere cum onere et honore, imponendosi soldi S al peso sopra il sale per pagare la gravezza dell'ordine di banca e la tassa per le genti d'armi. E la proposta fu adottata, pag. VALTROMPIA 271 una miniera di rame. Nella chiesa gli affreschi rappresentanti il martirio di san Vigilio vescovo di Trento, sono del Sampietri, morto a Brescia nel corrente anno: artista di molta fantasia e di pochissima scuola. È sulla strada che conduce in Valsabbia. Alla Cocca il passo , in tempo di guerra, si difendeva con milizia. Il suolo dà bei cavoli e verze. Sua piccola contrada è lavico. Lodrino è nominato fra le terre donate coi loro servi da Desiderio al monastero di Brescia, da lui fondato, e di cui sua figlia Ansilperga era badessa. Bitornando sulla strada da Brescia a Gollio, noi troveremo Tavernole, e visiteremo la sacristia della chiesa di San Filastrio, la sala ove si univa il consiglio della Valle ed il forno fusorio Cimmo sopra un monte, è il più freddo paesetto della Valle, e da secoli ha soggetto al suo Comune Tavernole. Più grosso è Mahmkntino, che gli sta di fronte sulla sinistra del Mella, colle contrade Ombriano, Villa e Dosso. Vi si raccolgono noci e funghi d'antana. La chiesa di Villa venne ingrandita nel 1854. A Dosso fu di recente ricostrutto il santello alla fonte di san Carlo, cosi denominata dalla tradizione che da un miracolo di lui derivasse. L'Oratorio dell'Assunta a Dosso venne edificato nel XIV secolo, e unito alla parrocchiale nel 1450. La parrocchia ha quadri dei tre nostri migliori cinquecentisti. Alla dritta del Mella, ma discosto, si trova sui monti Pezzoro , paesello sanissimo il quale conta il 10 per cento di abitanti dai 70 agli 80 anni, e oltre l'uno e un terzo per cento di 90. Sotto il dominio veneto avea sciagurata celebrità pe'suoi buli. Gli abitanti vivono anche oggi con indipendenza, favoriti dalla loro posizione, fabbricano acquavite di genziana, e amano la caccia, nulla curando la proibizione dell'armi. A Lavone si conserva memoria di Macdonald, ed esistono presso una famiglia due edizioni della tipografia che fu già a Collio. Vi si trovò un'iscrizione romana, riferita dal Bossi. Piccole contrade di Pezzaze sono Avano, Cevenone, Mondaro, Pezzazole, Stravignino ed Etto. La chiesa di San Nicolò nella contrada di Etto era un tempo parrocchia. Suo prodotto, oltre il ferro, è il creno. È fra i luoghi più popolati della Valle, ed anche fra i più antichi. Vi si vedono due torri credute di romana costruzione, una nella contrada Mondaro, l'altra in quella di Pezzazole. Dicemmo altrove degli avanzi di una strada romana sul monte Colma 0 San Zeno. Un Deod.ato da Pezzaze nel 1105 guidava i Triumplini ed 1 Sabbini nella guerra contro i Valvassori, e perdeva la vita in uno sconco sanguinosissimo, che ebbe luogo l'anno susseguente a Montechiaro. taeldo da Pezzaze fu capitano della Valle verso il 1324. Nel 1318 Pez-zaze ebbe statuti proprj rifusi nel 1528. Il 9 fcbbrajo del 1407 Pandolfo Malatesta concesse alle valli Trompia e Sabbia il privilegio del sale, e sì in Pezzaze come in altre terre vi furono legati per dispensar sale alle famiglie; il che in alcuni Comuni tuttavia si costuma; e dicesi Carità del sale. Nel 1474, 84, 1512, 29, 49, 77, 1630 31". Pezzaze ebbe a soffrire per la peste. Nel 17 giugno 1548 la comunità creò il difensore delle vedove e dei pupilli. Nel 1588 spedì guastatori alla fabbrica del castello di Brescia, e nel 1594 a quello di Palmanova 20. Due anni appresso si stabilì dal Comune di infliggere mezzo scudo per ciascun uomo, e per ciascheduna volta che senza legittima cagione entrasse e si trattenesse nel molino con donne, nubili o maritate. Il 7 gennajo 1765 si consacrò la nuova parrocchia. Insorta quistione tra le diverse contrade, il 27 aprite vennero terminate mediante transazione del padre Bonavventura Valerio da Venezia, minor osservante e missionario apostolico, il quale decise che, acciò la chiesa di Sant'Apollonio, ove sono l'ossa de' defunti, non resti derelitta, dovrà officiarsi in una delle feste del Natale, Pasqua e Pentecoste, nei dì dell'ottava de' santi Pietro Martire ed Apollonio, al giorno della dedicazione della medesima, ed in un fra l'ottava dei morti. Non sapremmo accertare se questo Sant'Apollonio, o la chiesa di Lu-mezzane sia quella che venne arricchita dal duca Marcoaldo colle sostanze sue tutte. Travagliati ncH'800 da cruda fame, i Trentini pensarono recarsi in Valtrompia a saccheggiarvi la ricca basilica di Sant' Apollonio; ma i Triumplini atteseli al varco di erte montagne, dei dieci mila invasori fecero orrenda strage 30. 28 Negli Annali di Pezzaze, all'anno IMO fra le spese per la postesi trova quella incontrata por mandar a prendere g Cremona l'acqua della Beatissima Vergine, e l'olio miracoloso della sanila, come nel colera del 1836 andarono i Bresciani a prender I'acqua della Madonna agli Orzinovi. Nelle grandi calamità il popolo è sempre lo stesso in ogni tempo. — I nostri vecchi dicono che una volta non accadevano quasi mai morti improvvise. Negli Annali ms. di Pezzaze trovo che il 27 giugno 1717 il consiglio della Valle propose di far celebrare il 10 novembre d'ogni anno una messa solenne in onore di sant'Andrea Avellino • acciò interceda da Sua Divina Maestà la preservazione dallo morti iinprovisc, che sovente accadono •, 20 Tutte queste notizie le desumo dagli Annali della Comunità di Pezzaze, compilati da Pietro Voltolino, esistenti in quel Comune. Pezzaze e la Valtrompia spedivano armati in molli luoghi de! territorio bresciano ed anche fuori nel 1427, 28, 31, 32, 71 , 83, 87, m, 1500, i:i()7, 'J, 10, ecc. 30 BmoLFUs Not>bius Ilistorìola, pag. 21, et seq. Nel 1S09 il Comune di Pezzaze, dovette pagare alla Camera Begia, per ordine del governo francese, e per taglie di sei mesi, da mangio ad ottobre, L. 132. 18, e per limitazione di quatlro mesi, L. 30. 18: in tutto h. 10!». 13; somma, dice il Voltolino, che equivaleva a 109 scudi de' suoi tempi (1707) : e ciò senza coniare le gravi spese per le armate. YALTROMPIA 273 Nel secolo XV il Comune di Pezzaze salariava il parroco per un anno o più, con L. 5. 12 planete ogni due mesi; alcune volte per tutta sua vita. Nel 1428 il Comune acconsentiva il dar L. 100 annue al parroco, assegnandogli per L. 33 i beni del beneficio di Sant'Apollonio. In molti contratti prima del 1500 si impose l'obbligo al parroco di Pezzaze di assistere anche alla terra di Lavone. Nel 1327, e poi nel 1449 e negli anni successivi si disputò fra Mon-daro, Stravignino, Pezzazole, Avano, Etto e Cevenone superiore ed inferiore, terre di Pezzaze, e quelle di Ajale, Camone, Ribecco, Forno dei Grilli unite a Lavone per la proprietà di alcuni boschi e simili cagioni, e nel 1470 quest'ultimi luoghi ottenevano favorevole sentenza. Soggetta alla parrocchia di Santa Maria Maddalena di Lavone è pure la terra di Taverna, il cui forno era venduto il 10 febbrajo 1070 al Comune di Pezzaze dal prete Raggi, cappellano in Mondare. Per cagioni di possesso di monti nacque pure contesa tra lo stesso Comune di Pezzaze e quelli di Pezzoro e di Bovegno. Quest' ultimo, che per la recente organazione cessò d' essere capo luogo di distretto, ò importante per le miniere, pe' forni, per l'acqua minerale; mostra due torri che si tengono romane, una a Castello, V altra nella frazione di Lodizzo. A Bovegno si trovarono iscrizioni romane. La sua pieve di S. Giorgio trovasi nominala nel 1159, e venne rifabbricata nel 1729 n1. Bresciano da San Vigilio, arciprete di Bovegno, e Agnese, conversa della chiesa di Zerma r>-, infeudavano parecchi beni nel 1258. II castello di Bovegno era feudo dei Confalonieri, e la terra aveva da Brescia i suoi podestà, di cui fu uno Corrado Marti-nengo nel 1231. Bovegno venne aggravato nel 1250 da una taglia imperiale, che rovinò gli abitanti. Sei anni appresso Bovegno concorreva alla spesa per le gazzere da gettarsi nel lago d'Iseo, e nel 1290 era dispensato dallo spedire soldati al castello di Monzambano. Il villaggio di Magno gli fu incorporato nel 1339. Nel 1341 i consoli di Bovegno ordinavano la compilazione degli statuti, che veniva intrapresa in quello stesso anno da dodici sapienti, i quali prendevano le mosse da Platone e Boezio : considerevoli perchè trattano, fra 1' altre cose, delle miniere. Nelle guerre tra i Veneti e i Visconti, i Valcamonici, affezionali a quest' ultimi, furono spesso all' armi coi Triumplini ed i Sabbini; ma pro- si Gli Annali di Bovegno, M. S. esistente in Quel Comune, furono compilati da Pietro Voltolino, il medesimo che ordinò quelli di Pezzaze. 32 ii 26 agosto Miti gli arbitri eletti dai Comuni di Bovegno e di Pezzaze decidevano «he il monte di Zerma, in alcune carte nominato Henna, doveva appartenere a'Bovegnesi fino al fiume Meola, mediante alcuni compensi pccuniarj ai Comuni di Pezzaze e di Lavone. Illustraz, det L. V. Voi. iii. 3:; curata da alcuni saggi uomini la pace, radunati in Bovegno i deputati delle valli, venne Vii giugno 1426 per istromento stabilito a vicenda di non offendersi, mediante diversi capitoli cui giuravano di osservare. L'Istituto di Carità esiste in Bovegno fino dal 1260. L'ospedale, detto di San Giovanni, vennevi fondato nel 1606 da Zenone Brentana, con l'obbligo di ricevere qualunque ammalato a" ogni paese, ed ordinando che fosse governato coi metodi dell'Ospizio degli Incurabili di Brescia. Parecchi benefattori ne aumentarono in seguito le rendite, le quali unite a quelle del nominato Istituto di Carità, bastano a mantenere ammalati ed a disporre annualmente di L. 500 a favore dei poveri. Nel 1527 per una creduta apparizione di Maria Vergine s'innalzò alla stessa 35 un tempio, che sorge alto in vista delle terre circostanti. Ingrandito più volte manca di buon disegno. Ogni anno, ai 22 di maggio, gli abitanti di Bovegno e di Pezzaze, vi celebrano la festa di commemorazione. Il convento de' Cappuccini venne edificato in Bovegno nel 1610 con elemosine raccolte in questo e ne' paesetti vicini. Dalle sue 17480 pertiche di bosco Bovegno ha un prodotto di circa 4000 sacchi di carbone. Sulla sinistra del Mella, sorge a' pie' del monte Ario, di fronte a Pezzaze, il villaggio di Irma, il cui suolo dà frumento e barbabietole. Una frana distrusse 1' antica contrada chiamata Rimini, di cui si scorgono i ruderi. Nel 1847 si disseppellì una vetusta officina manifatturiera, nella quale si trovarono getti e stampi di vasi. La parroccTiia possiede un armonioso organo degli Amati di Pavia. Al di sopra di Irma v' è la terricciuola di Zigote, e sopra Bovegno quelle di Graticcile, Memmo e Tizio, frazioni quest'ultime di Colilo, popolato paese, in suolo che dà patate e sellerò e il vìburnum lantana, con cui si fanno spazzadenti. La vasta chiesa di San Rocco è gotica : la parrocchiale è moderna. Da 13,896 pertiche di boschi trae 3500 sacchi di carbone. Presso una famiglia di Collio si conservano galanterie in argento ed una medaglia fuse a Collio, e contemporanee alla stamperia che vi esisteva. San Colombano è discosto due miglia, pressoché alla sorgente del Mella; e fa parte del Comune di Collio, con parrocchia a sè. Il 23 marzo 1619 il borgo di Collio, che contava allora 4000 abitanti, venne tutto consumato da un incendio, e gli abitanti si sparsero per la campagna, fabbricandosi nuove abitazioni, dando origine al paesetto che oggi è nominato San Colombano (Compauom). La valle, prima di chiudersi, dilatasi quivi pittorescamente. Le montagne dalle quali è cerchiata si congiungono fra loro ."."> Benàgua, Breve Racconto della celebre apparizione di Maria Vergine, ecc. Brescia, 172(1. VALS ABBIA 275 con bella degradazione in verdeggianti colline, quasi abbassandosi per baciarsi amorevolmente. Da questa romantica e gaja solitudine gettiamo uno sguardo sulla fortissima valle, e quindi per il passo del Maniva ci recheremo alla Valsabbia, sulla quale anticamente si stendevano le trium-pline genti r>'\ Valsabbia — Distretto IX di Vestone. A settentrione di Brescia si estende per oltre 28 miglia la Valsabbia, confinante a settentrione col Tirolo italiano e colla Valcamonica, ad occidente colla Valtrompia e ad oriente colla Riviera del Garda; da quel lato i confini furono altra volta in controversia. Sabbio, che dà il nome alla valle, ai tempi di Ottavio Rossi era membro della Riviera, alla quale apparteneva pure il lago d'Idro. Il governo provvisorio, con decreto 1.° maggio 1797, comprendeva la Valsabbia nel cantone del Benaco ; e la terra di Vobarno, che dà varco alla stessa, trovasi ancora aggregata al distretto di Salò. Il Bossi diceva la valle composta di dodici Comuni, po-' polati complessivamente da circa ventiduemila abitanti, mentre lo Zatta nel 1779, e il Tentori dieci anni di poi le attribuivano 26 Comuni, abitati da sole 13,000 persone. Oggi ne ha 27 con 20,565 individui. La valle, in alcuni luoghi angusta, in altri si dilata fin otto e più miglia. Alle falde de' suoi monti, fra i quali il Dosso Alto elevasi metri 2065, sorgono colli deliziosi e fruttiferi. Il Clisio la percorre, ed anima molti opificj : a nord-ovest è solcata dal Caflaro, il quale sfocia in quel fiume poco prima che esso entri nel melanconico lago. Chi questa sinuosa valle percorra risalendo il Clisio dalla gola dei Tor-mini di Salò sino al Caflaro, al punto ove comincia il Tirolo, e diverga a quando a quando a sinistra sulle vallette o seni della Degagna, di Provaglio, Gorgone di Treviso ed Hano; e sulla destra per quelle di Sabbio, Odolo, Preseglie e Biono, Casto, Tovere, Livemmo, Dignone, la Pertica 3ìi ed Abbiocolo, Presegno, ed infine per la vallea di Bagolino, incontra al 34 Siamo a tempo a soggiungere che, secondo il Catastico, la popolazione della Valtrompia, entrante il secolo XVII, aveva circa 18,900 abitanti, neppur compresa la vai Lumezzane: cioè assai più d'oggi: contava 7000 bestie bovine, 6000 pecore, 800 tra cavalli e muli. Lumezzane contava SO paja di buoi, 150 vacche, 200 pecore, 100 fra cavalli e muli, 50 tra carri e carrette. 35 Nel lliO!) Pertica era Comune che comprendeva 10 Comunelli Hano, Prato, Presogno, t-evrange, Avenone, Ono, Forno di Ono, ecc., che avevano complessivamente intorno a fuochi e 5 mila abitanti. basso della valle il frumento, il granoturco, il fagopiro, fagiuoli, viti e frutte, escluso il fico, il quale non si trova che in qualche orto, e il gelso. La vite fu introdotta nel piano d'Oneda nel 1643. Nel restante danno buoni prodotti i boschi ed i prati. Tanti fiori vi olezzano, che riesce di ottima qualità il miele e la cera. L'industria del ferro, dell' acciajo, e quella scaduta del panno (agnolo, ed altre ofTron il sostentamento, cui a gran pezza non basta il suolo. In principio del diciassettesimo secolo il Caflaro animava 14 fucine e due forni; molte sul Chiese, e diverse sopra altri fiumi minori. Di panni finivansi cinque mila pezze all'anno; e 60 anni prima, quando non era introdottoli dazio che rovinò quella industria, ne produceva da 10 a 12 mila pezze M, di 60 braccia l'una. Sopra pertiche censuarie 395,008. 09, di cui 393,783. 89 soggette all' imposta, la Valsabbia non ha che 5583 gelsi, mentre la Valtrompia con 95,760 pertiche censuarie di meno ne conta 7708. Nel 1488 alla Valsabbia venne attribuito l'estimo di lir. 24 s. 14 d. 1, cioè soltanto soldi 4 e denari 8 più della Valtrompia '7. Ora ha la rendita imponibile di lire 425,836 centes. 40. Sul principio del secolo XVII la Valsabbia avea da pagare 820 ducati per la taglia ducale, e altri 500 pel sussidio « et non altro ». Era poi a suo carico il mantenimento delle strade e dei ponti. Nella discordia tra nobili e popolani, i Triumplini e Sabbini sostennero il partito democratico, e fecero prigioni 60 nobili. In quella tra l'imperatore Ottone e Innocenzo stettero per il papa. Da Pandolfo Ma-latesta ottennero (8 maggio 1406) un privilegio che li distingueva dagli altri sudditi; e fra le concessioni ebbero pure quella di poter comperare il sale in Germania. Il 23 gennajo 1428 il doge Foscari conferma ai Valligiani i loro privilegi. Per sentenza 19 agosto 1463 la valle ottenne di essere separata dal territorio, ad imitazione della Valtrompia, che l'aveva ottenuto il 30 gennajo 1453, donde le questioni colla città 36 Calcistico di Brescia grosso volume ms. nella Quiriniana, fog. 612. 37 Estimo generale del liHS, di cui ho copia. Nel Calastico suddetto al foglio 01!) si legge: « L'estimo (della Valsabbia) è di general 1. 24, 14, 1, diviso in 25 fuochi, et ogni fuogo fa vinti soldi bressani. Avvertendo non essere possibile il sapere, che qualità de beni possa importar una lira, overo un fuoco, perchè un Communo, che sarà in estimo., supponemo 1. 80 m. in un anno, il seguente sarà di maggior somma, o di minore, et la valle può esser un anno un estimo de 100 m. ducati, et un altro de 120 m., più et manco. Ma l'estimo delle 24 lire, come di et fuochi, sta sempre fermo, nè può esser alterato, nè minuilo, et le compartile si fanno, se non secondo la qualità, et quantità de beni, non estimandosi altro che beni stabili, animali e mercantia ». La Valsabbia aveva allora 200 paja di buoi per l'agricoltura, due mila e più vacche, 400 cavalli da soma, 8 mila pecore e 200 capre. VALSABBIA 277 e col territorio, che si tenevano pregiudicati; indi i Concordali nel secolo XVII. I Valleriani alla Repubblica, che n' era più volte madre provvidissima , fornirono armati per difficili imprese, e durante la lega di Cambrai la ajutarono a ricuperar Brescia, e le restarono uniti da forti vincoli d'amore, e insorsero nel 1797 per prolungarne l'esistenza. Sotto i Veneti governavasi come la Valtrompia. Il consiglio dei Comuni si adunava a Nozza ogni Natale onde creare il vicario, il sindaco e l'altre cariche. Ciascun Comune vi mandava una o più persone, a seconda della sua popolazione. Il vicario aveva giurisdizione civile : gli affari criminali erano riservati alla carica di Brescia. L'insegna della comunità consisteva in tre monti accavalciati, il più alto de' quali sormontato da un rastrello, e gli altri due da un' alabarda dritta, tutto in campo azzurro; a dinotar animo forte ed elevato, proclive alla guerra ed alla industria. A chi v'entra dal Maniva, affacciasi prima il territorio di Bagolino, borgo di pressoché 4000 abitanti. A nord-ovest apronsi la vallo ed il laghetto di Vaja, dai prelibati pesci, collocato tra il Maniva e il Broffione, coli'estensionc di pertiche metriche 26. 37, pari a tavole di piò bresciano 816; ma è elevato sul livello dell'Adriatico, ben metri 1969 5H. Bagolino è formato dalle due contrade di Caprile ed Osna, congiunte da una piazza. È a nord del fiume Calfaro, a mezzogiorno del quale il terreno è appellato Bomanlerra; forse perchè quel fiume dividesse il territorio romano ; di Bagolino alcuni trarrebber il nome dai Bagandi, ed avvalorerebbero questa congettura dall'essere gli abitanti delti in dialetto Bagòs ; ma le loro tradizioni accennano invece all' Oriente 39, e il 38 Cosi da lotterà 10 settembre, 1858 dell'ingegnere Bortolo Cappa di Vestono al signor Costanzo discuti. Delle fucine di Bagolino e del lago di Vaja già parlammo. Di Bagolino scrisse una storia Alberto Panelli al cominciar di questo secolo: non fu stampata, ed ha i soliti difetti di simili lavori, parzialità di vedute e di giudizj, fino a lasciar via la critica de' documenti. 30 lo ne raccoglieva e pubblicava due nel 1855; e qui ne riproduco una. Nella più remota età i nostri padri abitavano sulla vetta del Broffione; monte grato alle loro fatiche, perocché erano buoni e pacifici, amandosi e soccorrendosi a vicenda. — E le stagioni si alternavano miti e dolci, come i costumi di que' primi padri. Ma i figli cominciarono a tralignare dalle virtù dei padri, e più i nepoti. E mano mano che i figli 8d i nepoti tralignavano, il terreno si facea più duro, e più aspre le stagioni. Vennero 1 pronipoti, e meno ancora teneano delle antiche virtù; e il suolo negava dare i suoi frutti. E il cielo si oscurò, e lasciò cadere fredde e minute falde, che copersero, come u>io strato bianco, tutto il terreno. E allora i giovani andarono dai vecchi, e dissero loro: ~~Cos'è quel che veggiamo?—E i vecchi, alzate le lunghe e folte loro sopracciglia, visto quello strato bianco, risposero: * Nipa, nipa, alta marina.» E i giovani seguirono quel consiglio, e abbandonarono il monte, già sì ubertoso pei padri loro, fatto ad essi sterile e inabitabile. Rossi e il Labus *o stimano, e ci sembra che meglio s'appongano, essere il nome derivato da Pago Livio, nome scolpito nell'iscrizione che dalla torre di Santa Maria in Bagolino fu portata nel Museo di Brescia. Ai tempi degli imperatori romani nelle vicinanze di San Giacomo eravi un castello sul Dosso de' Balbani, al quale le terre circonvicine ricorrevano per giustizia. Colà, sulla fine dello scorso, o sul principio del corrente secolo, venne ritrovata una bellissima testa di metallo di mirabile pulitezza e lavoro con elmo, e sopra 1' elmo una sfinge. Ella è come di bronzo, ma finissimo e dolce, e vien creduta dagli antiquarj la testa di Pallade, formata per indicare un donario all' istessa dea. Fu comperata da Matezzanini di Vestono 4) ». Nel 1000 gli abitanti di Storo, Dozzo, Lodrone , Bovile e Villa del ponte, le quali due ultime terre furono distrutte, la prima dal Chiese , la seconda dal Casano, invitarono i Benedettini ad occupare il piano d' Oneda, focus noster de Caselis 4-, ed a fondarvi una chiosa ed un monastero. Il quale fu celebre ne' suoi primi tempi, e il superiore era detto Abate di San Pietro in monte. Venne poi * occupato dai PP. Bianchi di santa Francesca Romana di Bodengo, i quali, come luogo poco alto per darsi bel tempo, lo cedettero ai PP. di san Lorenzo Giustiniani di Monte Oliveto in Brescia. Questi ancora lo sperimentarono paludoso e malsano, e quindi i PP. Benedettini, dopo d' essersi mantenuti con costanza per molto tempo al possesso del monastero di Casale .... costretti dall'aria pessima afiìttarono (nel 1335) tutte le loro possessioni alla nostra (di Bagolino) comunità, riservandosi la sola chiesa con sei braccia di terreno attorno M1 ». Bagolino era soggetto ai conti di Lodrone, e nel 1152 parecchi di quel borgo, andati cogli stessi conti alla impresa d'Oriente, trasportarono da colà P immagine della B. V., che si conserva nella parrocchia di Bagolino. Nel 1180 i Bagolinesi si sottrassero ai conti di Lodrone per sottomettersi del principe di Trento; e il vescovo Alberto di Casupo li diede a tosare prima ai conti d' Arco , poi ad un di Breno. Nel 1337 e ne'due seguiti dalla peste morirono 3500 abitanti. I conti di Lodrone, non potendo sopportare la cessione de' beni, fatta dai padri Benedettini al Comune di Bagolino, divertirono nel 1357 l'acque del CalTaro, e ta- 40 Rossi, Memorie bresciane pag. Irti, Labus, Marmi antichi bresciani, opera postuma, pag. Ila, ». 413. 41 Istoria della Terra di Bagolino raccolta e brevemente descritta dal cittadino A. P. 1805. ms. procuratoci dal sig. Costanzo Glisenti. 42 Bonardei.li. Lettera del '20 marzo 15'J7 a Manzoni parroco di Bagolino, citata da A. P. 4.1 Istoria di Bagolino, pag. l'2-13-l!>. VALS ABBIA m gftando i ripari fatti dai Bagolini, le ritorsero verso il lago a seconda della strada che porta a San Giacomo di Casale, e così ottocento jugeri di terreno , ridotti fertili dai Benedettini, andarono perduti per l'agricoltura. Nè di ciò contenti, impetrarono da Bernabò Visconti la giurisdizione feudale di Bagolino; se questo, guadagnata con denaro Begina della Scala, moglie al Visconti, non avesse distornato per allora la sventura. Ma la Repubblica di Venezia, ottenuta che ebbe la nostra provincia, per cattivarsi i Lodroni gli infeudò di Bagolino con Ducale il aprile 1441, vedute anche le lettere d'assenso di quella Comunità *4. Consisteva nel dominio civile, colla contribuzione di quanto pagavasi alla camera ducale. Essi fabbricarono un castello sopra le case del Dosso onde tenere in ischiavitù il sottoposto borgo; ma era contro i patti coi quali avevano ottenuto il feudo , e tre anni di poi i Bagolinesi insorsero e lo spianarono , alcuni de'conti uccidendo, altri forzando alla fuga. Nel 1451 acquistarono poi dai padri Benedettini tutti i beni del piano d' 0-neda, che prima godevano solo quali affittuali; e poiché i conti di Lo-drone pretendevano aver diritti sugli stessi, la Repubblica di Venezia, a istanza dei Benedettini e dei Bagolini, riconosceva legittimo il possesso di que'beni ne'Benedettini, e quindi alienabili, e rivocò (1472) il feudo della terra di Bagolino ai conti di JLodrone, ma la lite per il piano d'Oneda ricominciò e tenne divisi i conti ed i Bagolinesi, finche la Repubblica nel 1753 segnò i confini fra i due territorj. E anche le altre contese, anche ad armata mano, per la diversione del fiume Caf-faro, furono più volte rinnovate. La peste del 1478 tolse al territorio di Bagolino circa duemila persone; quasi tremila quella del 1577, e 2580 quella del 1030 (Panelli). Era portata dai Tedeschi , ai quali fu dovuta anche la rovina del territorio nel 1509 e altre volte. Il tremuoto del 28 gennajo 1527 , la carestia dell' anno susseguente e del 1542, prodotta quest' ultima da un nembo di cavallette, che rovinarono il raccolto; quelle dell 591, del 1628-29, ec.; tre incendj che bruciarono buona parte del borgo, furono altre sventure che colpirono quella grossa e industre borgata. Nel 1010 si fondò a Bagolino la scuola della Carità, la quale crebbe poi a vantaggio grandissimo dei poveri e degli infermi. Il governo del 1797 l'arricchì delle rendite del soppresso monastero, ivi fondato nel 1518 da Lucia Versa calumi e da Deodata Rigoli d'Idro; ed ora quel pio luogo dispensa commestibili, medicinali e vestiti ai bisognosi. Sopra disegno di un Domenicano, il quale prese a modello San Domenico'in Brescia, si costrusse nel 1024 e negli otto anni susseguenti la 44 Comparoni, Storia delle valli Trumpia e Sabbia, pag. ZÌI. parrocchia di San Giorgio a Bagolino, il quale era soggetto nello spirituale al vescovo di Trento. Bagolino aveva proprj statuti. Ora possiede un ginnasio. Furono di questa terra la nominata Lucia Dalumi beata, Siro Benini pubblico lettore in Padova, Giulio Moreschi, promosso al comando di sei compagnie di corazzieri, molto accetto ai pontefici Paolo III e Giulio III e all'imperatore Carlo V, e combattè a Milhurgo: Antonio Scalvini venne fatto conte palatino da Giulio III nel 1511: un altro Giulio Moreschi combattè alle Curzolari contro l'esercito di Selim nel 1571 e nel 76, e fu promosso ad onorifici impieghi dal re di Spagna; Simone e Faustino Forsi, si distinsero a Costantinopoli quali addetti al baliato della Repubblica Veneta; il medico Carlo Buccio ed altri. L'accento dei Bagolinesi è diverso da quello degli altri valligiani, e le donne s'intrecciano bizzarramente il capo. Il lago d'Idro, assai più elevato di tutti, eccetto il piccolo di Vaja, presenta in gran parte lidi bassi c paludosi, e lateralmente monti di subita altezza. Il medico Pietro Biccobelli di Vestono (1773-1857) cogli Logo d' Idru. scritti igienici e colle istanze al governo promosse V opera dell' abbassamento dell'alveo dell'emissario del lago, ottenendosi così la bonificazione delle paludi. Se il lago d' Idro, il cui nome indica origine greca è tristo per mancanza di sole nella sua riva orientale, sull'opposta, dice 439^16 * fu t VALSABBIA 281 il Cesati, e massime sotto la Ròcca d'Anfo, mostra tenere un posto tra il confine della vegetazione australe. La Rócca d'Anfo venne eretta nel 1486 dalla repubblica di Venezia che vi mantenne un nobile veneto col titolo di provveditore. Nel 1M3 aveva questa dignità il Priuli, il quale fuggì lasciando alla difesa della Ròcca contro i Tedeschi guidati dai Lodroni, Giovanni Pezzarossi da Bagolino, gabellino e Bucela d' Anfo c Tongino da Idro, i quali, costretti alla resa dopo eroica resistenza, vennero condannali al capestro; T ultimo fuggì. I Lodroni ordinarono di atterrare la Bócca (1515), ma i Valleriani la ristorarono; e i Tedeschi accolsero a cannonate. E meglio ancora li ricevettero i Veneti e gli alleati francesi i quali, nel 1516, in una battaglia cominciata nel piano d'Oneda ed a Riperone, diedero ai Tedeschi una sconfitta, togliendo loro oltre mille uomini, e molti altri facendone prigioni, fra cui il conte Lodovico di Lodrone commissario imperiale di guerra, come notammo (pag. 87) già in questa istoria. Giovanni Fregoso, comandante la milizia franco-veneta, passava a saccheggiare le terre di Lodrone e di Storo per rappresaglia d' avere il Lodrone estorto 400 ducati d' oro a Bagolino. Udito che f imperatore di Germania calava, Valtrompia allestì mille armati, e mandò anche cento guastatori ai Veneziani per fornire di ripari Asola. * In consiglio generale, tenuto in Tavernole alli 25 di febbrajo 1516, fu deliberato di spedire alla Bócca d'Anfo il sindaco Bonl'adino Bobbi per concertare col Fregoso il modo di chiuder ogni via ai Tedeschi anche per la parte di Valtrompia, e quindi furono poste guardie a Bagolino ed in Maniva , ed al ponte di Pregno 200 soldati sotto la condotta di Girardo Tozzi da Gardone, che aveva per cancelliere Stefano Muti. Volle la Valle difendersi con tanto suo dispendio, perchè provando il furor tedesco nelle vicinanze di Brescia, temeva maggiori ingiurie all' inoltrarsi di un nuovo esercito della stessa nazione ; e di fatti que' Tedeschi che presiedevano la città, di tratto in tratto facevano per mancanze di paghe scorrerie sì funeste nei paesi vicini, che nulla lasciavano di ciò che potesse supplire ai loro bisogni, o venisse sotto le loro mani rapaci. » (Compahom). La Bocca è costrutta sul ripiano d' una montagna e protetta nella parte più elevata da una rupe scoscesa, che ha radici nel lago. La fossa ^ tagliata nel vivo sasso. Si ascende passando per gallerie, che comunicano con pozzi scavati nel macigno, ove sono le scale che adducono nelf alta torre. Il 12 agosto 1796 venne presa dai generali Saint Ililaire v Saurel; al 15, Napoleone avendola esaminata, comandò di atterrarla : ma costituita la repubblica italiana, la ricostruiva (1802-1805). Dal 19 Illustrai. del i.. v. v..i. in :t> Rócca d'Anfo, agosto 1802 a tutto il 1803 nelle sole opere di mina, zappa, calce, mattoni, pietre lavorate, legnami, ferramenta e costruzione, non contando le spese relative all' artiglieria, il dispendio salì a circa cinque milioni e mezzo di franchi, i progettisti e direttori dell' opera grandiosa erano i piemontesi Rollando e Feroggio, il colonnello francese Leidot e il colonnello Galateo da Padova, e vi lavoravano 1400 operaj. La fortezza doveva estendersi fino alla sponda del lago con diversi fortini, e Dell' ampia e profonda fossa entrare V acqua ; due grandi ponti levatoj avrebbero data comunicazione alla strada superiore, e doveva esservi fabbricato a vòlto un grande palazzo. Per la rottura colf Austria, Napoleone dichiarò in istato d'assedio la fortezza, non ancor terminata, pro-vigionandola pel mantenimento di 500 uomini per tre mesi. Fece co-strurre anche una bella feluca armala di due cannoni con otto remigatori e alcuni soldati, comandata da un tenente di marina, per vegliare i Tedeschi che erano accampati a Lodrone, Storo e Dazzo. Dappoi la fabbrica venne ripresa ; stazionando sempre nella stessa mezzo battaglione VA LS ABBI A 283 di Francesi, ed una compagnia in Vestone. Nel 1809 fu di nuovo dichiarata in istato d'assedio e munita di nuove difese. Ai primi del 1813 venne bloccata dagli Austriaci, i quali, avutala il 28 aprile 1814, aggiunsero nuovi lavori. Nel 1848 venne in potere dei nostri per breve tempo, Aisfo, terra a mezzo miglio dalla rocca, ha oltre 700 abitanti. liuto, si diparte in allo e basso, e gode bellissime vedute. Tre lapidi romane si rinvennero all' antica parrocchia di Santa Maria , che era Pieve. L'attuale dedicata a san Michele, possiede qualche discreto quadro. La contrada di Lemprato, all'estremità meridionale del lago, ha una chiesa dedicata ai santi Fabiano e Sebastiano, e l'altra di Crono, a san Rocco. A Idro si trovano alcuni avanzi di monumenti antichi '>•<. Il pacsetto non ebbe malati di cholera nel 1830, ma gli diede 60 vittime nel 1855. Sulla stessa riva del lago al nord è Veste; e sopra i monti, trovansi Mano che ha unite le contrade di Rosego e di Zumie, e Vico, e tra il lago e la Valtrompia Pkeseono, colla contrada di Busenzio; Oino, pae-setto di circa 700 abitanti, fra le cui quattro chiese quella della B. V. è in fama per miracoli 4,1 ; in Navono e Livemmo, le contrade di NolTa e di Odeno, la quale fa parrocchia da sè. Aveivonk sul monte, Lavinone sul Chiese, poco sotto l'emissario del lago, potrebbe ricordare i Vennoni vinti in una ai Camuni da Silio Italico nel 738 di Boma e 16 avanti G. C. Lavenone è sopra una collina, con bellissima prospettiva verso la Biviera. Or fra due secoli e mezzo avea circa 800 abitanti, presso a poco come oggidì. Maestri nel lavorar ferri, che andavano a lavorare in Germania, Schiavonia, nell'Abruzzo, Toscana, Bomagna, Parma e altrove. è bella la sua chiesa. Seguono Lkvrange, al torrente Dignone, con Prato, Cornerò, Mura, Casto e l'antico Alone, con parrocchia dedicata a san Lorenzo. Nel XVI e nel XVII secolo, Alone, Cornerò, Osico e Mura colle contradelle chiamate Posico, Malpaga, Acero, Casto e Ulsinago formavano il comune di Savallo, che aveva 700 fuochi con 4500 anime, e 35 fucine. « Nel qual comune terre et contrade vi si fabbricano dei panni bassi al num. di 500 in 600 pezze all' arino de brazza 60 l'una, per il qual elettovi sono anco cinque folli, che lavorano sopra alcuni fontanoni, che nascono in quel comune per folar detti panni, si vendono XV in 16 gazette il brazzo di color bianco 'ili Uno ili questi, che serviva d'architrave ad un uscio dell'osteria della Grotta, fu ('Otnperato e trasportalo da un forestiero, che parti lieto del suo tesoro. 4« Fa ini. Coetum Suneta Brix. Eccl., pag. 221. solamente, et tanè, nei quali due essercitij vivono molte persone prevalendosi delle lane di Venezia, e di altre del paese u. Visione, capo della Valle, e il più popolato dopo Bagolino, « era guardato da tre forti, quali tult'ora conservano il loro nome, e le rovine de' quali mostrano, negli avanzi di grosse muraglie, che erano il riparo, e l'ornamento d'un luogo capitale di una Provincia » (Campekoni). Vi si trovò una iscrizione romana. Tebaldo Graziotto da Vestone mosse tutto il borgo e la parte occidentale della Valsabbia che dicesi Pertica, e con un corpo di 500 uomini, andava ad unirsi a Pietro Àvogadro contro il Tulliano e ii Piccinino. Il quale, assistito da alcuni traditori, i pae-,setti di Prato, Odeno incendiò, come dopo Pertica e Vestone. La parrocchia di Vestone è dedicata alla Visitazione di M. V. La chiesa di San Lorenzo, nella contrada di Promi, era anticamente parrocchia: Vestone aveva due ccnobii, uno della congregazione di san Pietro, V altro di san Francesco. A Nozza si univa il consiglio della Valsabbia. La parrocchia è dedicata a santo Stefano. Nella ròcca di Nozza e in quella di Sabbio vennero rinchiusi i sessanta nobili fatti prigionieri dai popolani coi consoli di Brescia Baimondo e Galzerio; dopo oltre due anni ili prigionia vennero messi in libertà da Oberto, destinato alla loro custodia, troncando cosi le dispute insorto sulla opportunità di quella misura. Distrutta"l'antica rócca venne eretto un castello. Nel 1609 aveva 100 fuochi e 400 abitanti, poco meno di adesso; ed erano « gente povera non avendo esercitio alcuno se non quello dell'agricoltura, et hanno tanti beni propri del commune de monti da' quali si traggono legne per carbone, e dal molino che pagano (Fa-vantaggio ogni gravezza pubblica e deWistesto Commune. Ha una sola fu-sina sopra il fiume chiamato la Nozza » (Galattico). E cosi Savallo e altre terre; il che vuol dire che i Comuni poveri avevano allora maggiori mezzi finanziari che non ora i Comuni ricchi. Pkovaglio di sopra è piccolo Comune , colla parrocchia dedicata all'arcangelo Michele, e un oratorio a san Lorenzo, ed un altro alla Beata Vergine. Provaglio inferiore, è alquanto più popolalo: la parrocchiafe è intitolata a Maria e un oratorio a san Francesco. Sta a nord Treviso, con circa 600 individui. Buwun:, ha poi oltre 700 abitanti. È diviso in due contrade dal fiume Chiese. Vi si fabbricavano nel 1609 da 5 a 600 pezze di panni, ed i suoi terreni, nel secolo suddetto, pagavansi fino 47 Catartico, ec. ms. Quir. La lira bresciana nel 1(10(1 valeva diciassette gazzette ed un quattrino, a quattrini Bette per gazzetta. Quattro gazzette e due quattrini equivalevano ad un marcello. v a L s abbi a 585 ducati 500, « per esser angusto et molto più delli altri Communi a gran lunga, che non ecr idono ducati 100 al piò, salvo Presei ». Fino a Barghe potè penetrare il Carmagnola nel 1420: lo arrestarono i Val-leriani guidati da Galvano della Nozza. La chiesa è titolata a san Giorgio , e ha due oratorj, a san Gottardo e a san Quirico. Bione , che gli sta ad occidente, sopra un monte, è nominato nella Cronaca di Àrdicelo come patria di Silvestro che successe a Duodato nel comando degli uomini di Valtrompia e Sabbia. Cinque secoli appresso era Comune, diviso nelle quattro contrade di San Faustino, Piazza, Avere e Bonevio, aventi complessivamente 1500 abitanti, cioè un terzo più che al presente. Lavoravano panni, purgandoli nella terra d'Agnosine, perchè pe-nuriavano d'acque. La chiesa di Bione è dedicata alla Beata Vergine. Prima dell'atrofia de'bachi era molto ricercata la semente di filugelli che vi si faceva. Presegli e lino al 1853 era capo distretto. Nella casa Moscardi si trovò un' iscrizione romana. Questo borgo venne dalla repubblica concesso in feudo a Galvano dalla Nozza insieme con alle terre di Abhione, o Bione, di Agnosine e di Odolo pei servigi dallo stesso prestati contro il Piccinino. In principio del 1600, Preseglie, Comune formato delle contrade di Castello, Piazza, Mazzerago, Ardezzano, Dosso e Gazare, avea 1500 abitanti, cioè circa 400 più che oggi. Vi si lavoravano panni bassi al numero dì 100 pezze di lane grosse. Aveva 4 folle da purgar panni. I suoi terreni valevano 500 ducati al piò. Circa 600 de' suoi abitanti vivevano a Venezia a fachinar et salumeri da pesci con botteghe et simili. Era il Comune più ricco della valle. Smmio,-è diviso in Sabbio di sopra e di sotto, con oltre 1100 abitanti, compresa la contrada di Pavone. Ha un castello, del quale s'impadronì il Carmagnola nel 1428, e vi pose forte presidio. Agnosine presso i confini della Valtrompia, conta circa mille abitanti, mentre nel 1609 ne aveva 1500, comprese le contrade Trevio, Ronzano, Binzago, Monario.' Lavorava di panni grossi, duemila pezze all'anno, di diversi colori, che si smerciavano in Piemonte. Le folle sessant'anni prima, erano discese da 36 a 6 per l'imposizione del dazio, che era di otto gazzette. « Quando lu imposto questo dazio nacquero tanti disordini, che non è stalo possibile poterlo più regolare, et per aventura li Principi esterni proibito H panni di questo stato, si come sono stati proibiti li alieni, necessariamente la cascava la valle in estrema miseria , et quest'arte, che sostenta le migliaia di persone si riduceva in ultimo esterminio » (Catastico). Riviera Benacense — Distretto VII di Salò. X di Gargnano, Vili di Lonato. a te salute, l'adre Henaro! in te i'aljM sublime lingua le piante, c la nevosa fronte Spereliiu nell'onde. I/oriente sole Lieto ti arride, c dall'occaso lieto Minula l'ultimo raggio. In te la luce Selliforme si frange in color mille. K s'imbruna, ed imbianca, e imerdc e inaura. K Bllor elle notte lo stellalo carni Volge, e intenebra il mondo, i scintillanti Astri ti pinge nell'azzurro grembo. K sereno il tuo riso, ullor che bagna In te Favonio l'odorate piume. E (renando il tuo sdegno, allor die innalzi Colle spume canute i tempestosi Flutti, e col vasto moto il mai somigli. In te Venere alberga e. si diporta Sovra candida conca a fior dell'onda. Air apparir dell'amoroso raggio Piove spillo fecondo, c brulicanti Di pelei bai l'acque? e di palustri augelli. Salve, padre Delinco ! Blcki.i.km, Viaggio al Melili, al Clisiu e ni lìeitm ■•. Virgilio, Catullo, Dante, e infiniti poeti e prosatori favellarono di questo Iago: tutti conoscon quel che ne disse il Bonfadio : eppure al suo tempo quanto si era lungi dall'incanto de' moderni giardini 1 Secondo gli antichi scrittori, il Garda si dovrebbe argomentare fossi-più grande che al presente, poiché infatti del 709 e del 774 del Codice di-plomulico Quiriniono, la penisola di Sermione si vede toccava nel suo principio il letto del Mincio, e Minciade è appellato il lago: prova che estendevasi maggiormente verso la vetusta Arilica, o Peschiera. I Benacensi trovansi nominati coi Triumplini nella iscrizione eretlai dai due popoli a Giulia liglia di Tito Augusto; e in altro marmo rinvenuto a Toscolano, che era probabilmente la civitas dei Benacensi nell'antico significato della parola, da essi consacrato a Settimio Severo. Ricchissima di iscrizioni romane è la Salodiana Biviera; ed è a dolersi che molte di queste passassero ad arricchire il Museo di Verona, alla cui storia non appartengono. A Toscolano serbasi la preziosa, che RIVIERA BBNACBNSE 287 Benacensi erigevano a Claudio, il grande sterminatore dei dugentomila Alemanni nella selva Lugana. Gli abitatori del Clisi, del Mella, dell'O-glio e i Benacensi sono del pari invitati a intonare un cantico al venerando Filastrio nel Carmen preziosissimo del IX secolo *8. San Vigilio, vescovo di Trento e martire, percorse queste spiaggie a battezzare fedeli a predicarvi la fede. Ed è importante l'osservare che i confini bresciani comprendevano l'ora Baiaci, cui tanto ci contrastava il veronese Madei. Il quale appoggiavasi all'autorità di Plinio; « ma se il latino enciclopedista, scrive il Labus, potè statuire nell'agro Veronese ì\ Benaco, perchè ne lambe una ripa, le molte apidi nella ripa opposta ne chiariscono l'appartenenza bresciana; ed avendosene parecchie di sacre, onorarie, funebri a Salò, Maderno , Toscolano, Moniga, conciossiachè segnatamente a Toscolano presso al lago vi abbia l'antico Oratorio B, V. Murice de Benaco quod est in maxima vene-catione in quo disciplini sua habent pielalis exercilia *°, son d'avviso che tal sopranome siagli venuto da un antico sacello dedicato al patrio nume nell'età gentilesca ; probabilissima cosa parendomi che il lago fosse adorato da questa parte come lo era dall'altra » A Salò, a Bcdizzole, a Maderno, a Sirmione si trovarono epigrafi a Giove; una a Giove Alannino nell'isola del lago di Garda; a Nettuno nelle terre di san Felice, Toscolano e Gargnano; una a Marte a Vobarno; ad Ercole a Maderno, a Manerba ed a Gavardo; a Minerva nella terra di Maderno, Manerbio, Bedizzole. E se ne trovarono in onore del Benaco , della Vittoria, ec. ec. Ne abbiam citate anche troppe a provare l'antichità e l'importanza dei paesi intorno al Benaco. I Benacensi si radunavano nell'antica Toscolano, che ricorda col nome i prischi abitatori Toschi, e dove si rinvennero, lapidi, e marmoree colonne, e sculture di vetusti edificj ; e che si trova nominato con Salò e Maderno in carta del H 23, e Tusculano in altra del 1085. Le corti Benacensi son menzionate nel diploma di Carlomanno (878), ai mimaci Zenoniani di Verona. Dopo gli Scaligeri, la Biviera si governò a popolo libero sotto la protezione di Venezia, alla quale ricorse nel 1344 per riformar il governo; »x Ferlilem cantum, babilator omnis, Quo tluit Cleosa. fluit atqae Metta, Circuit currens Ollium recurvum, Concino mecum. Istius cantus modulator adsit Nostra [tenaci habitans et ora-M Paini, Ctvlum Sancì. Urix. Ecct., p. 234. :»0 Labus, Marmi antichi bresciani, pag« ed essa vi destinò un podestà. L'anno susseguente i Benacensi spedirono spontanei ai Veneziani cinquanta lance, a proprie spese, contro i ribelli di Zara; eppure i Visconti aveano dominio sulla Riviera ; e se è da credersi ad un codice del Comune di Salò, citalo dall'Odorici, Regina Visconti avrebbe nel 1348 concessa alla Riviera ed alla Valcamo-nica una certa indipendenza dalla città, riconosciuta da Barnabò l'anno appresso; mentre appunto i Veneziani (1348-49) acconsentivano di spedire, come lin allora, de' rettori nella Riviera, e nunzj a Milano ed a Brescia per far cessare i gravi attentati contro lo stato e la quiete della Riviera. Le molestie però non cessavano, finché forse tra i Visconti e Venezia si veniva ad una convenzione giacché nel 1351 dai Visconti veniva nella Riviera il podestà. Nel medesimo anno l'imperatore Carlo VI, concedeva un privilegio a Mastino della Scala, facendolo padrone di tutto il lago di Garda, fino alle nostre rive, onde egli vi poneva un capitano del lago. Il Comune di Brescia, forse non troppo fidente in chi otteneva i favori imperiali, nel 1352 rettilicava i conlini della provincia verso il Mantovano a Guidizzole, Medole, Castel Goffredo, Mariana, Redondesco e, alcune altre. Morto l'arcivescovo Visconti, la Riviera colla provincia nostra veniva nel 1354 in potere di Bernabò; nel 1301 le terre di Ga-vardo, Gargnano, Padenghe, Pozzolengo davansi agli Scaligeri, ma ricadute in potere de'Visconti, colle restanti della Biviera vennero alla repubblica nel 142G. Galvano della Nozza avendo progettato ai Valleriani la presa di Salò, ancora soggetta a' Visconti, investi all'improvviso quel castello, e dopo una forle resistenza da parte di quel presidio, se ne rese padrone in una al litorale del lago. Dopo quella vittoria ottenne le rocche di Vobarno e di Sabbio; e cosi la Biviera, come le Valli Trompia e Sabbia accrebbero il territorio della repubblica. La Biviera dividevasi a' tempi di Venezia, in alta e bassa, composta delle 0 quadre di Gargnano, Maderno, Salò, Montagna, Valtencsc e Campagna; 42 Comuni, divisi in 174 villaggi, secondo il Catastico dei primi anni del XVII secolo, ed in 150 secondo Zatta e Tentori, nella seconda metà del secolo susseguente. Il Catastico fa la popolazione della Riviera di anime circa 50 mila , « la metà data alle armi, al traffico et alla mercantia di ferrarezza, carta, biave, azze con grossissimi capitali, et altri all'agricoltura et al taglio de legnami nei boschi per carboni per le molte l'usine, che lavorano de chiodi et altri instrumenti .... 11 paese non produce grani per il terzo dell'anno, servendosi di quelli vengono al mercato di Desenzano famosissimo. Vi sono però gran quantità di vini, olj ottimi. Nella parte superiore, et a riva del lago grosso numero di frutti, cedri, naranci, limoni per Alcmagna, valendo i terreni circa ducati 400 al piò , et in altri biechi circa 200. La Communilà in ge- RIVIERA BENACENSE 289 nerale ha di entrada circa lire de planete 7000, et li communi in tutto circa ducati 25 mila » Il territorio veniva rappresentato dal Consiglio della Patria, era composto dei deputati di 36 Comuni con 6 aggiunti detti Conservatori delle Leggi. Nel 1427 quelli della Riviera dimandarono per loro ambasciatori d'essere separati dal Bresciano « come fecero dopo ancora del 1428. Ma non l'ottennero, anzi con parole significanti, il Serenissimo Prencipe confermò quest'unità, conservando le santissime leggi della ineffabile giustizia veneziana » B2. Pur la Riviera ebbe statuti proprj, e a capo del suo governo criminale e militare un nobile veneto, col titolo di provveditore e capitano, che risedeva in Salò, ed era indipendente dalle cariche di Brescia, eccetto in alcune faccende. Il decreto del 1451 distingue le mansioni del provveditore veneto da quelle del podestà di Brescia; « impone le gravezze occorrenti alli Comuni, et è patrono delle condanne pecuniarie, essendo in compartita col territorio Bresciano per la XV parte nelle pubbliche gravezze et spese » (Calaslico). Un podestà nobile bresciano col vicario, dottore di legge, aveva il governo civile. Nata nel 1797 la rivoluzione a Brescia, il Salodiano s'armò in sostegno della repubblica veneta; ma dovette cedere, e accettare la nuova condizione di cose. Il governo provvisorio (1 maggio 1797) a capoluogo del Cantone del Benaco, pose Salò: ma la repubblica Cisalpina nel nuovo scom-parlo, al Dipartimento del Benaco fe capo Desenzano. Se ne scontentarono non solo i Lonatesi e gli abitanti di Castiglione , ma eziandio quelli di Montechiaro, di Carpenedolo, di Bcdizzole, di Calcinato e di Padenghe. Lunga discussione; ma Bonaparte nominò gli ufficiali municipali , non già di Desenzano, ma di Lonato. Tutto ciò in punizione della fedeltà di Salò 85, che fu poi capo luogo di San Felice, Sojano, Sopraponte, Soprazocco, VaDio , Villanova , Vobarno e Volciano, cioè d'una metà delle terre che le aveva prima assegnate il governo provvisorio. Al presente la Riviera fa parte di tre distretti. Salò era già pieve con arciprete nel 101(5 :'''; e si vorrebbe che il suo castello venisse costrutto nel 1121 per consiglio del conte Alberto Martinengo, console di Brescia, per argine contro le scorrerie degli Imperiali, mentre le comunità della Riviera, seguivano le parti della Chiesa. '»I Calastico, iris, nella Quiriniana foglio 648-649. Ottaivio Ros le dà 48 mila anime, 1,1 Zalta 40 mila. ^ Rossi, Mem. lìres., pag. 2i6« S.> Vedasi II Redattore del Gran Consiglio, bimestre secondo; pag. 2115 e seguenti. M Odorici, Storte Bresciane, Vol. IV, pag- 254. Illustrai, del L. V. Voi. (li. 37 li 25 marzo 4797 Francesco Gambara a capo dei rivoluzionarj fece prigioniero in Salò il governatore veneto Almorò Condulmer con la sua famiglia e corte, ed elesse una municipalità democratica, ma i Salodiani e tutta la Riviera insorser contro il nuovo governo, alla resistenza incoraggiati dai Valsabbini, il cui duce principale era il prete Andrea Filippi da Barghe I Benacensi ed i Valsabbini ebbero il sopravvento (31 marzo): il generale Fannucci, l'ajutante generale F. Gambara, Giovanni Caprioli, un Emilj, due Lechi, uno Zecco, un Beccalossi, un Bel-tramelli di Bergamo e Giovanni Mazzucbelli, rimasti prigioni, vennero condotti a Venezia, liberati poi pel trattato di Leoben. Ma il 9 aprile scese dalla Valsabbia a Salò un battaglione francese, che venne alloggiato nel convento di san Bernardino , mentre i legni dal lago faceano fuoco a destra e a manca sul borgo. Si fe tregua per 4 giorni; poi il generale Lahoz venuto a Salò, vuotatosi d'abitatori, lo abbandonò al saccheggio. Fino dal 1743 il Bonfadio nutrì il pensiero di fondare un'accademia sulle rive del Benaco ; e il 20 maggio del 1564 Giuseppe Mejone ne istituì una col nome di Unanime, che decaduta e ravvivata si serbò fino ai nostri tempi. Meno rinomate furono la Modesta nel XVI, quella degli Ingegnosi nel XVII, e quelle di Teologia morale, degli Industriosi e dei Discordi nel XVIII secolo. Salò diede vita a molti uomini per pietà, ingegno e valore distinti, di parecchi de' quali facemmo altrove onorevole menzione. Nel palazzo de' conti Martinengo Cesaresco, or fa un secolo, restò alcun tempo la famosa Montaigu, la quale scriveva da quel luogo a sua figlia la nota lettera. Il palazzo grandioso fu edificato da un Medici di Firenze. Dopo la dominazione viscontea , seguì la dedizione a Venezia il 23 marzo 1426. Nel 1509 il re di Francia donò la Riviera Benacense al cardinale d' Amboise : ma frattanto il prode Salodiano Francesco Calzone « per balze e per pendici di monti senza via, e parte quasi per mezzo le schiere de' nemici » (Gbàtàrolo) conduceva cinquecento uomini della Riviera alla ricupera di Padova per Venezia. Paolo Orsino duca di Bracciano, fuggendo l'ira di papa Sisto V, venne a stanziarsi a Salò, e vi morì colla tragedia conosciuta. Il Gratarolo verso il 1585 in Salò trovava molte scuole, dove vernano anche forastieri ad imparare, e che « s'introduceva a poco a poco un convento di padri Somaschi della Misericordia, che non solo ;;;; Vedi RlCCOBKLLt, Memorie Storiche, ecc. pag. 7(i-7!>, Brescia. Il prete Antonio Ossoli elle aveva combattuto a Carcina, era stalo fucilato dai Francesi. RIVIERA BENACENSE 2!)1 celebrando i divini offici e predicando insegnano la via di Dio, ma ancora ammaestrano i fanciulli nelle buone lettere ». Il conte Sebastiano Paride Lodrone fondava nel 1595 il collegetto di sei chierici nella Valle Vestina che diede ultimamente due meritissimi vi-carj vescovili e capitolari a Brescia, monsignor Stefani e monsignor Corsetti ; e dal quale germogliò il collegio o seminario della Carità laicale, fioritissimo nella seconda metà del secolo andato. Salò ora possiede un ginnasio comunale, e due case di educazione femminile, tenute dalle Salesiane e dalle Orsoline. Nella parrocchia di Salò, a tre navate gotiche, si ammirano tele di Palma il vecchio, del cavaliere Celesti, del Berlamia e d'un imitatore Parrocchia dì Salò litì Sebastiano Paride conte di Lodrone, signore della Ròcca di san Giovanni c cavaliere di san Giacomo, guerriero poi cappuccino, era nato in Salò, ove fondò pure un ricetto per la conversione delle donne di mala vita. Il conte offerse al Consiglio speciale 'Idia Patria l'annua rendila di mille ducati di argento da lire 7 venete per la dignità di vescovo da crearsi a Salò. Accettò il consiglio, e si interessò san Carlo Borromeo per ottenere ai Salodiensi quella dignità, ad imitazione di Crema; ma vuoisi che le Co-""inità della Riviera, entrate in sospetto ed in gelosia, facessero si che (pud desiderio venisse esaudito. Vedi brunati, Dizionarietto degli uomini illustri della Riviera Salò. del Perugino. Buone pitture han anche altre chiese. Aboliti i Carmelitani restano i Cappuccini. Zambellino Bolzati nel 1395 lasciò per stabilir un ospitale il quale nel 1477 esisteva tuttavia col nome di Ospitale Zambellino, insieme col-VOspitale della Misericordia 87, dappoi uniti in uno, che fu rifabbricato nel 1785. Il Governo Provvisorio del 1797 gli assegnò le rendite dei beni claustrali, per le quali e pei lasciti de'privati, possiede ora lautamente. Nel 1810 venne trasportato in un soppresso chiostro di monache , ed a' nostri giorni amplialo ed abbellito, mantiene dai 45 ai 50 malati al giorno, di Salò e vicinanze. V'è inoltre orfanotrofio, Monte di Pietà, istituti elemosinieri; quello fondato dal medico Girolamo Fantoni con testamento 1566 e 1 mar/o 1587, detto Commissaria, mantiene quindici giovani ai pubblici studj in seminari, licci e università. Salò, in fondo ad un golfo occidentale del Benaco, ha alle spalle il monte Pennino, o di san Bartolomeo; ad occidente Caca vero, a circa un miglio di distanza. Queslo è nominato in documenti del 1016 e del IMO. Il ponte di sant'Anna sul Ciisio, venne di recente gettato-sopra un altro di carattere romano. Il suo territorio è coltivato aulivi, viti, gelsi e agrumi. Anche la corte dì Vulciano è menzionata nel 1107. Ebbe un tempio dedicato a Diana, sotto il nome di Delia, che nel 1252, direbbe il Bossi, venne dal vescovo Cavalcano Sala consacrato a san Pietro, detto perciò san Pietro d' Eliano K8. Il sito è invero amenissimo. Da settentrione l'umile Gaz/ano. Fra le pampinee viti si nasconde; Picciola terra ; ma fu culla al sommo Bonfadio. (BcCCBLLENl). Sarniga è terra di Salò, come Muro, Villa san Bartolomeo, e Renzano. Quest'ultima terricciuola, distante appena un miglio da Salò, si vorrebbe da alcuni abbia dato i natali ad Adriano VI : incerta gloria. Sono congiunte a Gardone Supiani, Moncuco, Carere, Casa del Lago, Tresnigo, Morgnaga. Guidone di sopra e Gardone di sotto han nomi forse d'origine settentrionale. Fasaiyo, a settentrione di Gardone e in riva al lago, col nome ricorda un villaggio del Veneto ed una città del regno di Napoli, oltre gli Ii7 BRUHATI, pag. 40. Milano, lip. Pogliani, 1837. 2»8 Ma delia chiesa di questo nome si avrcbber memorie uri secolo e mezzo prima, ove la cronaca di Ardiccio fosse veritiera. RIVIERA B ENA GEN SE 293 antichi popoli da noi altrove menzionati (pag. 14). Fu di Gardone il diplomatico Gaspare Rizzini (1660-1730). Volgendo ad occidente, sulla via di Valsabbia, ci appare Com.io piccola contrada appartenente, come quella di Pampignino, all'antico Vo-bah ivo, ove si rinvennero parecchie epigrafi romane. Il castello di Vobarno sostenne replicati assalti dei Valvassori nel 1105, e cede solo pel tradimento dell'adultera Sinalda, che uccise l'arciprete Ugone suo marito, e per la venalità e la vigliaccheria di Filippo da Corvione, che contrattò la vendita del forte coll'adultero Paganello. Secondo una carta ricordata dal Faini, Manfredo vescovo di Brescia vendeva il feudo di Vobarno ai Bru-sati, tolto ingiustamente dal vescovo Villano al celebre Oprando di quella famiglia. La fortezza venne distrutta da Barnabò Visconti nel 1362. Dicono alcuni che i Voharnesi godevano la cittadinanza di Brescia, e parecchie famiglie si rifuggirono allora in questa città. Il borgo è diviso dal fiume Glisi e congiunto con un bel ponte di pietra M. Ad occidenle di Salò e di Volciano trovasi Puamwulio , Comune di circa 300 anime. Vali.io, ai confini della Valsabbia, è nominalo in un atto del 1041 del Luchi e nella Cronaca di Ardicelo; ed ha presso la terricciuola di Bernaco. Prandaguo, Sopraponte, Paitone, Villanova e Soprazocco appartenevano alla Quadra di Gavardo. Quest'ultimo borgo, secondo il Malici, ■sarebbe il Vardagateusinm della epigrafe esistente nel patrio museo. Nella seconda metà del decimo secolo, ad intercessione di Adelaide, Ottone il Grande confermava ai monaci di Leno la terra di Gavardo e parecchie altre (Zaccaria). Fu di quivi il cardinale Arimanno vescovo di Brescia, del quale tanto discorre la Cronaca di Ardicelo. La quale dà pure la devastazione e l'incendio di Gavardo nel 1109 per opera di Leutelmo da Esine. Noi altrove dicemmo distrutta dai Bresciani nel 1121 la ròcca di san Martino a Gavardo, nella quale Arrigo IV avea posto un presidio tedesco, che non vi potè essere tollerato dai nostri fortissimi avi. A chi guadagna la cima del poggio fra Gavardo e Moscoline, si offrono ancora ' ruderi d'una torre massiccia quadrangolare , col nome dei morii di s«n Martino. Ad un miglio, sulla sinistra del Olisi, esisteva, sopra un c°He, altro castelletto. Nel 1312 i Guelfi cingevano di fosse e di ripari Gavardo; il quale nel 1362 veniva in potere del signor di Verona; nel ■398, fra le contese guelfe e ghibelline, fu saccheggiato. Una lapido quivi dovala lo darebbe per uno de'confini d'Italia, ma Labus provò 110,1 doversi l'espressione di quella epigrafe intendere strettamente per il confine, ma Presso il confine; il (piale do! riteniamo fosse allora sul territorio di Bagolino, al sito spellato Romanterra. Il golfo di $alò, scriveva il Sala, è circoscritto al sud da facili colline, che sorgendo dall'acque corrono declinando con isvariate linee, interrotte da popolose ville, sin oltre Desenzano. Le più alte proseguono nelle spiaggie meridionali, poste in fronte al lago, e si appianano nella provincia mantovana. Sono esse amenissime oltre ogni credere e ricchissime di gelsi, d'ulivi, di viti e delle più care e saporose frutte. La bellezza di questi luoghi, e qualche somiglianza nell'appellazione, destò per avventura in alenili scrittori la vaga idea di applicare ad essi i nomi delle più celebri contrade dell'antica Grecia, che forse non furon mai sì dilettevoli. Tanto fu detto intorno a Valtencse,cambiata in Val Ateniese; a Manerba la quale pretendesi tragga la denominazione da Minerva, ove si dice ch'ivi avesse delubro. Il Munichio porto, e suo tempio sacro a Venere o, com'altri vogliono, a Diana, sorgeano, secondo essi, dove ora si stende la vicina Monica ». Alcuni di questi luoghi sono indubbiamente antichi. Ermoaldo, primo abate di Leno, era slato pievano di Tenese ; il che là risalire a undici secoli indietro la sua pieve. Di quella di san Fiorano di PovEGWAflO è parola del 905, e della terra di Povegnago in altre del 965, del 1014 e del 1016. Leulelmo da Esine nel 1109 vinceva a Povegnago i Bresciani : d'una basilica di san Faustino, presso Povegnago, si ha ricordo in atto del 1161. Povegnago ha con sè Mura e Castello. Polpenazze, patria dello storico A. Sambuca, ad occidente di Manerba, sorge in ridente posizione sopra un colle e presso un laghetto dello stesso nome. Ha oltre 1300 abitanti, comprese le sue contrade di Vedrini, Castello, Fontanella. Di facciata all'isola Lechi, all'estremità di quella dolce china di colli che cingono il braccio di lago da Salò a Portese, ergesi un dirupato promontorio , romanamente detto Scopulo. Là si scorgono le vestigia di quadrilungo recinto, e di due torri ai capi del lato occidentale: e presso si rinvennero nel 1839 avanzi di fabbriche romane. Ricordato in un diploma di Carlomanno dell'878, il castello Scovolo, fra'più insigni del lago di Garda nel XII secolo, e tutta la Valtenese e le terre fino al Mincio erano (1106) levate a sommossa da Radificano da Scovolo, secondo il breve d'Ardiccio. Mentre i Bresciani combattevano TEnobardo, gli uomini di Scovolo seguivano la parte di lui, che li dichiarava non ad altro sottoposti che all'impero 60. Distrutto in principio del XV seno È importante nella storia de'Comuni il privilegio che, nell'anno HSB, Federico Uarbarossa concedeva agli abitanti di Scovolo, prendendoli sotto la sua tutela colle mogli, i tigli, i servi, le ancelle, le proprietà mobili e immobili, presenti e future ; volendo che nessuna città, vescovo, duca, marchese, conte, decano o qualsiasi altra pei- t n RIVIER * BEN AGENSE 20,*; colo, l'eredità delle sue memorie fu raccolta da tre villaggi che gli erano congiunti, Portese, San Felice e Cisano. Portesio de Scovolo è detto ancora nel 1352; e la prima volta che si trova nominato solo, come San Felice, è nel 1385. I procuratori dei tre villaggi si univano in Ma-derno nel 1408, e alla presenza di Giovanni dei Gazoni, vicario di Pan-dolfo Malatesta, accordavansi di formare una sola comunità. A San Felice, scrive il Rossi si trovasse un bronzo figurante un sa-grifizio. Cisano gli è unito. L'Isola di Gadda, ora Lechi (V. pag. seg.) si crede fosse unita alla terraferma. Già abitata nel IX secolo, ai tempi di Dante vi fioriva un convento di Francescani; e nella più alta parte il vetusto oratorio di santa Margherita era soggetto ai tre vescovi di Brescia, Verona e Trento; perciò sembra che a questo sito accennasse Dante coi versi ; Luogo è nel mezzo là dove il Trentino Pastore, e quel di Brescia e '1 Veronese Segnar porria se fesse quel cammino. (Inf. XX). Il convento fu ridotto ad elegante abitazione del conte Lechi che formò di quel!' isola una delle più pittoresche ville. A mezzogiorno di questa vedesi l'isoletta di San Biagio, la quale ha di fronte le terre di BafTa e di Pieve. La prima, innanzi la malattia dell'oidium, era celebrata per ottimo vino; la seconda e le contrade di Solando, Montinelle, Baliana e Gardone sono congiunte con Manerba. Della Bócca di Maneaba rimane la rupe, la quale ne porta il nome. Fortissima per arte e per la natura, vi si chiuse nel 774 il longobardo Cacone, fratello di Ansoaldo e di Potone, fermo di morire piuttosto che cedere air armi de' Franchi, comandate dal feroce Ismondo. Soffocata la rivolta di Treviso e del Friuli, (776) sulla Bócca di Manerba sventolava ancora la bandiera longobarda; ma perduta la speranza di una riscossa e stretto dalla fame, anche il prode Cacone s'arrendeva a Marcario duca del Friuli, il quale come forte l'onorava. Nella seconda metà del decimo secolo, Ottone dava in benefizio a Liutprando di Manerba i luoghi di Manerba e di Moniga. È incerto se a questa o alla Bócca Minervia di Montechiaro, o forse a quella di Manerbio devasi attribuire l'onore d'avere lungamente resistito all' esercito tedesco nel 1091 , cedendo solo quando vi fu astretta dalla fame. sona grande o piccola possa giudicarle, e mettervi oppignora/ione o accusa, nò entrar nelle •oro case (il prezioso diritto degli Inglesi), nè spogliarli di loro averi, uè esiger pedaggio °d altro ubblico aggravio; ma essi possano celle sostanze loro vivere quietamente. C. C RIVIERA MONACENSE 297 Un Biemo o Biemino da Manerba, nel 1201 soccorrendo Brescia con soldati della Valtenesc, riportò vittoria sopra i Casalalti. Con privilegio imperiale ebbe un feudo nel tenere dell' isola. La ròcca venne demolita verso la metà del XVI secolo dal Soranzo provveditore della Veneta repubblica, perchè ricovero di malandrini. La pieve di Manerba è antichissima, e Zatta scriveva vedervisi ancora le vestigia del tempio di Minerva Il 24 dicembre 1831 perdo un ottimo parroco in D. Alessandro Gualtieri, che scrisse diverse memorie di agraria. La quadra di campagna era maggiore di tutte 1' altre perchè formata da undici Comuni con terre minori; ed erano: Desenzano capo quadra, Moscoline, Burago e Bottonago, Castrezzone, Carzago, Calvagese, Bediz-zole, Maguzzano, Padenghe, Pozzolengo e Rivoltella ; quattro de' quali erano formati da più contrade, cioè Moscoline avea Moniga, Mcrzò, Cobianco, Castello e Longavina; a Calvagese erano congiunte Mocasina, Terzago, Piazza, Locco, Montcventurello e Zavina; Bedizzole tenevate tuttavia ha con sò varie contrade; Padenghe aveva aggregate le terricciuole di Monte, Villa, Pratello e Borgo; tutti gli altri stanno da sè. Padenghe sta presso la sinistra sponda del lago, ove ha la sua maggiore larghezza. Alle falde del colle v' è il casale denominato Porto-Padenghe. Si vuole che il nome di questo paese sia d'origine ligure, e valga quanto bodinco, cioè senza fondo. La rocca turrita di Padenghe veniva ristaurata nel 900 per difesa da' Barbari. Nel 1107 chiedeva comunione di privilegi con l'altre corti del bresciano contado. L'imperatore Federico I riconosceva nel 1154 i diritti di Teobaldo vescovo di Verona secondo il privilegio di Eugenio III, sulle corti di Desenzano, Peschiera, Lonato, su tutti i luoghi del litlorale da Malcesine a Rivoltella, sulla Valteneso, comprendendovi quindi Padenghe, Manerba, Pozzolengo e Maguzzano col suo monastero. A quest'ultima terra venne trovata una colonnetta militare. Maguzzano è nominato in un diploma di Carlomanno. Il suo vetustissimo monastero di Benedettini, riformato da Baterio di Verona, abbruciato nel 900 dall'orde settentrionali, accolse il lepido benedettino mantovano Teolìlo Folengo, detto Merlin Coccai. Nel 1553 vi si ritirava per attendere allo studio il cardinale Polo Reginaldo. Il 3 maggio 185G moriva nei deserto convento Don Pietro Tedoldi di Palazzolo, il cui nome era batti Vi si trovi una lapide a Minerva. L'n M una Ih l'iva liana equo publkàno è nominato in quella epigrafe; e Lahus non trova improbabile che i Miinal/i procedessero dalla gente Miami in romana , celebre nei fasi i consolari e nelle medaglie. Questa iscrizione e il nome di Minerva, dato anticamente alla lerra, avrebbe dovuto togliere ogni 'bibbio al Sala sull'origine della slessa. illustraz, del L. V. Voi. III. 38 stante a dar fama a più case di educazione. Lasciò scritti di pedagogia pratica, dedotta da quaranta e più anni di esperienza; ed alcune brevi biografìe, ed i consigli dall'orlo della tomba a'suoi alunni, con stile di rara semplicità ed evidenza. A settentrione di Maguzzano alla sinistra del Clisio, troviamo Ca-STREZZONE con pascoli, viti e cereali; C ah/.ago, in terreno a biade, gelsi e vili; Calvagf.sk, in suolo arenoso, pure produttivo di gelsi e viti; e Buhaco, in più ubertosa terra. Nella ròcca di Garzago si rinchiuse nel 1110 Giraldo degli Ome, fratello di Marzucco e alleato di Leutelmo da Esine, che ne sbucava a mettere a guasto il circostante paese. Vedutosi circondato dall'armata repubblicana, condotta dal Gambara, Giraldo, chiamati intorno a sè i suoi compagni, ordinò loro che, data alle fiamme la ròcca si irrompesse fortemente nelle schiere bresciane per incontrarvi da eroi la morte. Fu di Calvagese Antonio Pasieno, o Pasini, dotto medico del sedicesimo secolo, e valente grecista. BimizzoLE è ad occidente di Maguzzano, ha quattromila abitanti divisi in tredici terricciuole del vasto territorio, ognuna con chiesa: si chiamano: Piazza col castello, Maicrina, Contrina, Masciaga, Cogozzo-Castel-cogullo, Sedesima, Monte da Bosio, Somniaso, ò V attuale San Tommaso , San Vito , San Rocco, Fenilazzo, Drugole e Ponte delle Nuove. Buttisolis era il prisco nome della terra, cangiato nel 400 in Bidicioli e nel 500 nel!' attuale. Il suo stemma consiste in una corona capovolta sorretta da un giglio. La parrocchia di Bedizzolc è vicaria delle parrocchie di Mocasina, Carzago, Calvagese e Castrezzone. La chiesa presente venne cominciata il 28 settembre 1720, e terminata nel 1760 per cura del parroco Lelio Emilio, patrizio veneto. Di architettura corintia, ad una sola navata, è capace di tremila persone: bella e maestosa, con nove altari marmorei, con musaici e due buoni quadri, il Cenacolo e san Stefano. Nel parapetto dell'altare maggiore è bassorilievo dì marmo di Carrara, rappresenta il martirio di santo Stefano, opera di Pellizzari di Santa Eufemia. Al primo altare, a sinistra, vedesi il busto del dotto e caritatevole arciprete D. Giuseppe Antonio Febbrari, morto il 9 gennajo 1842. Lo scultore Emanueli non improntò abbastanza sul volto del Febbrari il carattere della sapienza che possedeva questo amico di Zola e di Tamburini. Di fronte alla chiesa, in una casa di proprietà comunale, è ancora infisso nel muro un grosso anello di ferro con sottoposto un sgabello di pietra con tre gradini, dove esponeansi gli oberati dolosi nel XIII secolo. Il castello di Bedizzole venne innalzato intorno al IX secolo, restaurato nell' XI, coll'aggiunta di torrioni e di una gran torre, che nel 1536 si RIVIERA BEN AGENSE 29D adattò alla chiesa. Nell'agosto del 1485 venne assediato da Alfonso V 'li Calabria, e difeso bravamente dai fratelli Averoldi, e nel 1512 venne oppresso da Castone di Foix. La contrada Contrina, secondo una tradizione, sarebbe stata P ultima ad abbandonare il paganesimo verso il decimo secolo. Eravi una dogana. Il principe Eugenio di Savoja vi accampò nel 1704. Nella terra di San Vito è il grande palazzo della discendente di Al-ghisio Gambara. Il castello della contrada di Bruffolo era feudo degli Averoldi. La chiesa di Ponte, delle Nuore era la vetusta pieve di Bedizzole, e parrocchia fino al 1506. Giovanni Aguto nel 1391 a questo Ponte della via Emilia batteva l'esercito di Giovanni Galeazzo Visconti; il quale, secondo una fama, si sarebbe rifuggito a Serie in casa dell'audacissimo Giovanni Ronzone. Nella chiesa di San Tommaso di Bedizzole si trovò un frammento di lapide a Giove; e si vuole che fino al quarto secolo fossevi un tempio a Minerva, alla quale fu pure trovata un' epigrafe. Nella pieve del Ponte delle Nuove altra lapide capovolta forma base ad un pilastro. Tornati alla riva del delizioso lago visitiamo Desenzano , di romana origine, e donato nell'878 da Carlomanno ai monaci di san Zenone di Verona. Toccammo già più volte di questo borgo, importantissimo pel suo mercato di biade. Il ginnasio istituito dal Comune per consiglio ed opera del poeta Anelli, nel 1702, venne disciolto nel 1799, ma il sacerdote e letterato Cristoforo Bagatta riuscì nel 180G a restituirlo, e ne fu nominato dal Comune presidente e prefetto. Egli fondò poi anche un collegio, e il 18 marzo 181(3 da Francesco I ottenne, mtlla admota prece, il singolare privilegio di unirvi il corso filosofico. Per l'educazione femminile serve il collegio delle"Orsoline. A Desenzano si ammira, e in parte si deplora l'insigne viadotto della .strada ferrata. RIVIERA BENÀCENSE 501 I cugini conti Antonio e Ortensio de Villio nell'andato secolo furono tenenti-colonnelli, il primo al re di Polonia e di Prussia, il secondo all'Elettore di Baviera. Il barone Alessandro Bosmarini nel 1724 ebbe il diploma di luogotenente-colonnello neh" esercito austriaco. Di qui fu sant'Angela Merici. Rivoltella in ridente posizione al mezzogiorno del lago, sulla strada postale; ha con se le piccole terre di San Zeno, Venga, Arrighi, Ono-fria ; e gli sta a sud, e ad alcune miglia distante il Castello Vcnzago. II prode conte Sigifredo dopo aver fatto macello degli Unni, od Avari, nella Selva Lugana, nel 797, fu costretto da costoro, rannodatisi a nuova pugna, a chiudersi nel Castello di Vcnzago, cui i brutali stranieri diedero alle fiamme. Una lapide posta quivi, secondo il Bossi, nel 1350 ricorderebbe avere Vcnzago celata nel 950 dalle perse dizioni di Berengario la regina Adelaide; onore che si disputano parecchie terre intorno al Garda. Il Comune Bresciano nel 1125 fortificò i castelli di Venzago, ora distrutto, di Torricella nella Lugana e di Pozzolcngo. La Selva Lugana, nominata in un documento dal 25 settembre 771; fu campo a grandi fatti d'armi; e d'alcuni dicemmo. Anche Costantino vuoisi battesse qui presso Massenzio (312). Pozzolengo ò a tre miglia a mezzogiorno del lago, in territorio sparso di colline, e fertile di biade, gelsi e viti. Nel 1107 chiese comunione di privilegi come l'altre corti del Bresciano, benché nella diocesi veronese. Pozzolengo aveva due mila abitanti nel 1779 , e non crebbe che di circa un centinajo, mentre di forse mille individui aumentò quella di Bedizzole. Menzionate le contrade Ballino, Mescolaro, Bcdotto, San Bernardino, San Pietro, ecc. ci porteremo a Seiimionk, penisola ed isola Scrmionc. 302 PROVINCIA DI BRESCIA' a un tempo, come la dicea Catullo, perocché quando abbondano l'acque, il flutto scorre sovra la breve lingua e ne la ricopre. (lual bresciano non lesse i versi dell'Arici, che con modi classici celebrano questa deliziosa terra, e la sua rocca e le grotte? Intatto t)el solid' arco è il sommo, nè cemento Crollò, nè pietra;...... La sotterranea volta a dritto mena Ver la punta del colle, ed altra ancora L' attraversa. Dal ver lungi non mira Chi 1' affermava del lieo serbato Eletta agli usi ... . . . . . Di bagno hanno sembianza Qui celle assai, dove ponean le membra A diletto gli antichi. Grolle di Catullo. RIVIERA REN A C EX S K 305 Nella Quiriniana esiste Tatto di donazione di Cunimondo figlio di Cunimondo dell'isola di Sermione alle basiliche di San Martino e di San Vito in Castro Scrmionense; di San Martino in Gusscnago da Sermione e di San Pietro in Manina, che sorge ancora sul colle presso le rovine che son dette Palazzo di Catullo. È del 760. Tre anni di poi Desiderio e Adelchi concedevano al monastero di san Salvatore i beni confiscati per omicidio a Cunimondo. Nel 771 Anselperga, badessa di san Salvatore , permutava que' beni con altri nel Vicentino. Carlo Magno nel primo anno del suo dominio sui Longobardi (774) donava al monastero di san Martino di Tours insula cura caslello Scrmionense que est sita in lacu Mìnciade, e il Monasteriolo ricostrutto da Ansa, nel castello di Sermione. Ermengarda, altra badessa di quel celebre monastero di Brescia, otteneva da Carlo il Grosso le peschiere di Sermione (secolo IX). Un contratto singolare perchè stipulato in Sermione con licenza di Azzone Alberto signore di Canossa, conte di Mantova, di Bcggio, di Verona, ecc., è quello del 977 in permuta di beni tra Biccardo da Lonato, e Berta Dadessa del monastero di santa Giulia. Nel Liber Poteris è un atto del 1180 col quale Rufino conte di Lomello e sua moglie Beatrice vendono ai consoli di Brescia diverse feudalità, fra cui quelle nelle corti di Sermione, Rivoltella e Remedello. Da questo amenissimo sito, vero sorriso di cielo, rechiamoci in battello sulla riva occidentale che abbiamo abbandonata, e visitiamo la settentrionale Riviera. Approdiamo a Maderno, luogo ameno quant' altri mai, e dove possedeva un bel palazzo il duca di Mantova. Due striscie di terra estendendosi nel lago ne formano un seno, in cui si specchiano gli olivi, i vigneti, i vaghissimi giardini, e Maderno e il colle che gli sovrasta. Il paese è vetusto, e la sua basilica di Sant'Andrea (V. fig. p. seg.) è fra' più insigni monumenti dell'arti nostre nel medio evo, e data forse dal IX secolo. Nel fianco esterno dal lato orientale è murata una lapide romana portante le insegne militari di que' padri nostri. Nel 1282 vennero trovate le reliquie di sant'Ercolano nella parrocchiale, riconosciute nel 1486. dal vescovo Zane, e nel 1580 da san Carlo, il quale ordinò fossero rase le immagini gentilesche che ne ornavano il sepolcro di marmo rosso veronese, le sante reliquie vennero dal vescovo Nava nel 1825 trasferite dalla vecchia alla nuova chiesa parrocchiale, e collocate in un altare sopra del quale si ammira quel santo, dipinto da Paolo Veronese. San-1 Ercolano fu nel 1466 eletto a patrono della Riviera. La turrita rócca di Maderno venne restaurata nel novecento dai monaci di Leno per riparo contro i Barbari invasori. L'imperatore Ottone Basilica di Sant'Andrea. nel 962 riconosceva il privilegio di que' monaci sopra Maderno; e di altro privilegio di Ottone I a quel Comune tenemmo discorso G2. Gli uomini di Maderno dall'imperatore Barbarossa ottennero decreto di indipendenza. Maderno fino al 1377 fu principalissimo luogo della Riviera bresciana, v'avea sede il podestà; poi il vicario eletto da' suoi abitanti, il quale comandava pure alla vicina quadra di Gargnano. A Moderno, vi sono fornaci di tegole e mattoni ; si commercia di caria, ferro, legnami, carbone ed olio. La sua popolazione, che nel 1779 era appena di mille, crebbe di oltre quattrocento abitanti. Con Maderno fan comune i villaggi di Slina, Settico, Vigle, Ruzorno, ecc. La sua quadra era 62 Pag. 81 11 documento di Ottone al Comune ili Maderno è dato anche da Bartolomeo Vitali da Desen/.ano, giudico in Maderno col titolo di vicario nella seconda metà del secolo XVI, ne' Rerum Mater noi slum et privilegiorim fragmenta, Lio. li, il cui manoscritto originale serbasi nel Comune di Maderno ; e copie altrove. RIVIERA BEN AGENSE m di tre soli Comuni, fra1 quali Gardone suddetto e l'antichissimo Tosco uno , capo ne' prischi tempi benacensi, ed ora famoso per le car- Toscolttno. tiere come dicemmo da 2300 discese il numero de' suoi abitanti a 1800. Nel Iato orientale della sua torre leggesi l'epigrafe: w-,irs'is uiubus. Altre sonvi ad imperatori, ecc: una passò al museo Verona. Non è improbabile che il vescovo san Gaudenzio fosse di Illustra;., del L. V. Voi, iii. 3» Toscolano, ove morì l'amico suo Benevolo, o di Gai.no luogo nel quale si rinvenne un epitafio gentilesco posto da un Gaudenzio a sua moglie; famiglia di cui non si trovarono in Brescia monumenti; nè san Gaudenzio disse mai sua patria la città. Toscolano era capopieve. « Degna d'osservazione, scriveva Zatta, è nella parrocchiale la sedia vescovile forse per quel titolo d'onore che porta il vescovo di Brescia di marchese della Riviera ». Nel 1085 Giovanni vescovo di Brescia donava alla chiesa di San Nicolò, costrutta nel monastero di sant' Eufemia , alcuni beni in Toscolano, ne' luoghi detti Stagnaga e Cuzaga. Toscolano è in riva al fiume che porta lo stesso nome. * È voce, e manifesti segni nelle opposte rupi lo persuadono che in tempi assai remoti queste acque ristagnassero nella valle ove discorrono, descrivendo picciol lago, ma che repentinamente^forzato l'argine naturale, seco traessero immensa materia colla quale venne formata la pianura compresa fra Toscolano e Maderno » (Sala). Formano parte del Comune le contrade Rovina, Messaga, Gaino, Gabbiano, Folino e Cecina, il cui nome ricorda l'etrusca famiglia. Gaugnano e le contrade di Villa e Bogliaco sono lambite dall'onde, e qui tutto è pittoresco. Boschi di lauri e d'olivi coprono il declivio del monte; le mura e i colonnati dei giardini rimontanti gli uni sugli altri, occupano Cedrièra. 03 A (Jaino, paeselli) della Riviera, nacque Giuseppe Avanzini (17!m-18ì7) sacerdote, e professore di matematica all'Università di Padova, e segretario dell'Accademia di Brescia ; fu adoprato a studj idraulici intorno al Brenta, e ricreava gli studj severi colle amenità letterarie. C. C. RIVIERA RKNACRNSE 307 tutto lo spazio intermedio, e con semicerchio vaghissimo a vedersi formano di que' tre paesi una sola borgata. Gargnano, è nominato in un atto del 973: e nel 1779 aveva abitanti 3400. Le case hanno alle porte stipiti di marmo bianco. La parrocchiale , dedicata a san Martino, antica collegiata con altissimo campanile, 6 a tre navate con ricchezza di marmi bresciani, veronesi e bergamaschi, fra cui una bellissima breccia a fondo giallognolo e cenerino, sparsa di frammenti neri in forma di macchie. Venne in parte rifabbricata, e conserva dipinti di Bertancia, di Gasazzi, ecc. La chiesa de1 Francescani possiede un quadro del cavalier Celesti, uno del Bertancia, uno del Grossi. Bogliaco è patria dei fratelli conti Bettoni, Carlo che scrisse intorno alla torba, ai bachi da seta, all'agricoltura e propose un premio per novelle morali, conseguilo dal Soave e dal Padovani; Giovanni, generale agli stipendj dell'Austria durante la guerra dei sette anni. I Bettoni possedono a Bogliaco un bel palazzo, disegno del veronese Adriano Cristofoli. Zuino, presso Bogliaco, Muslone, feudo già dei conti Buccel-leni, che vi teneano un vicario con autorità civile, e patria dell'ebraicista (1010) Girolamo Comboni; Navazzo, Musacco, Liano, Costa, sono terre del Comune di Gargnano. À*T promontorio di Campione (V. fig. p. seg.), fra Tremosine e Tignale, passò alcuni anni e mori il vescovo di Brescia sant' Ercolano ; e gli si eresse una chiesa , soggetta alla pieve di Tignale , ma altra volta unita all'abbazia di Leno. Ad istanza della buona Adelaide, riconfermava Ottone nel 962 ai monaci di Leno il possesso di Campione. Nel secolo scorso era Campione posseduto dai marchesi Archetti, con parecchie fucine di ferro, nelle quali si lavorava pel valore di circa 4000 zecchini all'anno. Tignale, sotto la Bepubblica era Comune separato, ed aveva un proprio vicario con autorità civile. E posto sopra un monte, ed ha seco le terre di Oldese, Prabione e Gardola. Il piccolo torrente che porta il nome di quest'ultima terra divenne famoso per la pace di Campoformio. Tremosine, a 41 miglia da Brescia, 1200 abitanti, colle contrade di Vesio, Villa, Sormiero, la Pieve, Cadignano, Pries, Musso, Vosandese, Mezema, Pregazzi e Voltino. Si trovò murala nel campanile un' iscrizione bilingue, che levò rumore fra gli archeologi italiani e stranieri, I quali si tormentarono per ispiegarla, ma fin ora invano. Ultima terra della Biviera ò Limoni:, abitata da circa 700 persone. Questa spiaggia, olezzante di olivi, di cedri, di limoni, forma come il piedistallo all'orride balze che la chiudono da settentrione, e difendendola da que' venti contribuiscono a renderne più appariscenti e più succosi 8|i agrumi. Così al bello sta presso 1' orrido. Ascesa la montagna per c,rca un miglio, trovasi una cartiera, il cui follo agisce per mezzo di una Promontorio tli Campione. macchina idraulica animata da una caduta d'acqua, che scaturisce da un macigno, due mila passi più in su. Sud' eminenza sta la chiesa parrocchiale, di moderno disegno, con altari a belle colonne di marmo e buone tele dell'antica scuola bresciana e veronese. Le nude rocce ne tolgono di proseguire da settentrione il cammino; e noi rifaremo la via onde visitare altre terre di questa bella e forte provincia. Nella Riviera abbiamo compresi i Comuni del distretto di Lonato, del quale borgo ci resta di parlare. Sopra una delle amene colline che fronteggiano il lago di Garda e parte del Mincio dal Monte Covolo a Castiglione delle Stiviere, sorge la grossa borgata di Lonato. II Caprioli accennava come luogo de' Romani la terricciuola di Montemaro, corruzione di Monte Mario; e i molti avanzi di fabbriche ivi ed a Lonato rinvenuti, fra cui un musaico scoperto nel 1814, e i sarcofaghi danno RIVIERA BENÀCEftSÉ 30!) credenza a quella versione «l. La chiesa di San Zeno, antichissima parrocchia e collegiata, distrutta col paese nel 11134, sarebbe stata edificata tona io. tra il fine del IV ed il principio del V secolo, a tre navate, e assai più spaziosa dell'attuale, che perde il titolo di parrocchia dato a San Giovanni Battista. Il 13 maggio 909 Berengario concesse ai Lonatesi di fortifi-care la loro terra, la quale fu distrutta ed arsa nel 1109 da Leutelmo. Federico I riconosceva i diritti di Teobaldo vescovo di Verona su diverse terre \ fra le quali Lonato, con altre della Riviera soggette alla diocesi veronese fino dallo scorcio del IV o dalla prima metà del V secolo (pag. 185). Da un atto del 22 aprile 1107 si raccoglie che fino su Lonato estendevasi la giurisdizione feudale dei conti di Montechiaro. Distrutto nei 1334, Lonato venne rifabbricato e cinto di mura per ordine di Az-zone Visconti, ma a mezzodì del distrutto paese, ove stava una lunga contrada che sarebbe quella, la quale dalle Fontanelle termina a Porta Steppa. Il 17 febbrajo 1404 Francesco Gonzaga marchese di Mantova per 63,650 lire imperiali, di cui andava creditore, si faceva cedere dalla duchessa reggente Lonato, Castiglione dello Stiviere, Castelgoffrcdo e !>'< Nel 1 HI3 si trovò a Lonato dal signor Orazio Tessadri, che lo donava al chimico Cenedella, nativo di quel borgo, uno strumento di rame, che serviva a raschiare il sangue delle vittime dalle are; ed è simile a quello che si conserva nel museo di Parma. Ksso dottor Cenedella sta raccogliendo memorie di Lonato, e mi diede a leggere una sua memoria intorno a quella chiesa. 310 PROVINCIA DI BRESCIA Solferino; salvo il diritto ne' Visconti di ricuperarle. Il duca di Mantova nel 23 maggio 1406 assoggettava a Lonato i luoghi di Castiglione, Me-dole, CastelgofTredo, Solferino e Bedizzole, e nel 1411 era ancora padrone di molte terre nostre. Venezia restituiva Lonato a Brescia, che vi mandava un podestà, gentiluomo bresciano, a giudicare nel criminale cétra poenam sanguinili, mentre la Bepubblica vi spediva un nobile veneto col titolo di provveditore, il quale giudicava in civile ed in criminale, rimettendo ai rettori di Brescia per appello. Lonato nel 1630 fu occupalo dagli imperiali che si portavano all'assedio di Mantova; e nel 1706, poi nell'agosto del 1706 era campo di clamorose battaglie tra Francesi e Tedeschi. L'ospitale, istituito nel 1400, si rinnovava nel 1572, ma poteva mantenere solo da tre a quattro ammalati, finché il governo provvisorio bresciano (col decreto 30 ottobre 1797) ne ordinava un nuovo nella chiesa di Sant'Antonio Abate, assegnandogli le rendite delle Confraternite, e del Capitolo della collegiata. Dopo alcuni contratti fu eretto, ma in una casa del Comune, e aperto il 20 settembre 1803. Nel 1850 vi furono chiamate le Ospitaliere colla direzione anche dell' Ospizio delle Orfanelle, che gli sorge da lato. Questo Comune nel secolo XVII aveva cmque mila ducati all'anno di rendita, per una spezieria, la quale però dava poco vantaggio perchè la robba si vende a quel jiretìo che si compra (Catastico); per boschi, ecc. quanti sono ora i Comuni che poterono salvare intatto il loro patrimonio ? 08 Il territorio — La Franciacorta Quelle parti della bresciana provincia che abbiamo descritte , eccetto Cavardo e la sua quadra, erano in molte cose distinte e separate dalla città e dal territorio; la Franciacorta invece, sebbene anch'essa privilegi» i Boccacci orano feudatari ili Venzago. Nemicissimi dol Malatesta, sostennero nel 14ì'2 le parti di Facino Cane; il che fruttò ai Boccacci, uomini e donne, sentenza di morte e incameramento degli ampj feudi , che vennero dal Malatesta, il M luglio \\\*2 , largiti ai cordi Pralo di Mantova, che li perdevano di poi per essersi sottratti al Gonzaga, il quale rimanevano signore per molta parte, per la restante il Comune di Lonato, che poi comprava anche l'altra. Tornati i Visconti, i Boccacci tentarono ricuperare il loro feudo ; ma non l'ottenevano dai LonaloM, i quali per ciò erano scomunicati in nome di Paolo iii. Di Venzago non resta che il nome alla vastissima campagna, e due piccole contrade dette Centenaro e Scoperta, oltre un gruppo di case ove sono i ruderi del castello. Nel 1800 i beni feudali di Venzago vennero divisi per testa fra gli antichi originari di Lonato. (ili Intorno alla Frcmciacorla vedansi i miei libri Documenti per le Storie Patrie, pag. 8 e segv Brescia, tS'H ; Manfredi, Vol. 1, Notizie storiche, pag, \-^l-Wt\ e Gabriele Rosa, La Franciacorta, Bergamo, Wi'i. RIVIERA BENACENSE 311 giata, era a quest'ultimo congiunta. Dividevasi il territorio in tre parti: Franciacorta, Piedimonte e Pianura, e in diverse quadre, le quali ai tempi di Ottavio Bossi contenevano 142 terre grosse così che parecchie « sono maggiori che molte in città di Toscana e di Romagna; oltre le piccole, che non s'han in conto, perchè non avranno se non cinquecento o settecento anime ». Venezia mandava reggitori nobili veneti a Salò, Asola, Orzinovi, Pontevico , Lonato e Ròcca d'Anto; e Brescia podestà maggiori ad Asola, Valcamonica, Salò ed Orzinovi; podestà minori a Lonato, Chiari, Palazzolo; Brescia spediva pure vicarj maggiori a Rovato , Iseo, Montechiaro, Pontevico, Calvisano, Gottolengo e Quinzano; vicari minori a Gavardo, Manerbio, Gambara, Ghedi, Castrezzato e Ponloglio. Avea vicario anche la quadra di Pompiano, mentre ne erano prive quelle di Mai-rano, Bagnolo, Gussago, Travagliato, Carpenedolo, Bezzato, Nave. Oltre le valli Camonica, Trompia e Sabbia, la riviera di Salò, Asola colle sue sette terre e Lonato, la città e i suoi sobborghi, per tre miglia all'intorno, detti le Chiusure, e le terre di Corvione, Pralboino, Verola-AI-ghise (Nuova) e Breda de'Gambara, Urago d'Oglio de' Prevosti, Pader-nello, Mottella, Orzivecchi, Zurlengo e Barco dei Martinengo, Meano degli Avogadro, San Nazzaro (felle reverende monache, di Santa Croce; Breda (Franca) dei Maggi, Mezullo, Castelletto, Gabbiano, Colere, Oriano, Mil-zanello, Pavone e Marochina erano o separate od esonerate dai pubblici carichi, eccetto alcuni pochi, e in tenue proporzione ; e quest'ultime anche quando era espressa la formola esenti e non esenti II territorio veniva quindi ad essere ristretto, sotto questo nome, a 63 terre, che si potevano dividere in quattro categorie: conteneva la prima 16 terre o ville, dette buone, e stimate assai più delle altre nell'estimo del 1531 perchè possedevano, sia in comune che in privato, tanta quantità di beni quanta vi aveano ivi cittadini; la seconda ne comprendeva 15, possidenti beni di mediocre valore; la terza 35, ed erano terre nelle quali pochissimo avevano i contadini o terrieri, e il più eran proprietà di persone privilegiate; la quarta abbracciava 07 villaggi nei quali gli abitanti del luogo non aveano pressoché beni proprj ed erano lutti proprietà di religiosi e di cittadini. I carichi ricadevano quindi su pochi. A ciò si aggiunga che tutti i beni i quali venivano acquistati dai cittadini si sottraevano all'estimo del territorio, il quale restava in tal guisa ognora più diminuito. Dall'estimo del 1442 rileviamo che due terzi del territorio erano proprietà di persone abitanti ne' varj paesi; ma sì andarono diminuendo che nel 1610 ne Possedevano un solo quarto. Da ciò varie lagnanze de' villici chiedenti diminuzione di imposte in ragione del diminuire delle proprietà vincolale aJ territorio. Nè queste lagnanze erano sempre inascoltate. DifTatti nel *S42 ridueevasi da 8599 ducati a 6000, e nel 1591 a soli 4981 quelli gravanti sul territorio, mentre accrescevansi prima a 13,899, poi a 14,418 1/2 i ducati dovuti dalla città pel così detto sussidio. Ma le taglie per le lancio militari rimanevano ancora addossate al territorio, nullostante fossero i beni di questo considerevolmente diminuiti. Nell'estimo intrapreso l'anno 1573 e pubblicato il 14 dicembre 1591 si vede che la città e i cittadini possedevano beni per 64,025,227 di lire planete (i7, detratti i debiti e il territorio avea l'estimo di L. 25,575190. Secondo la pubblicazione del 3 giugno 1648 di Marco Antonio Pisani e Antonio Capello, delegati sopra l'estimo allora ultimato * bene, giustamente et rettamente fatto » la città aveva 64,317,678: 11 di planete; il clero L. 10,530943.2, e il territorio L. 20,682409: 10. Il territorio non compresi i luoghi separati, era rappresentato da un Consiglio di settanta mandandovi alcune quadre tre consiglieri, e altre due od uno. II territorio aveva due possessioni, del.perticato complessivo di 170 piò, con casamenti, a Bagnolo, che si affittavano L. 1700 planete. L'estimo del territorio fatto nel 1531, non compresi i luoghi separati, era di fuochi 225, soldi 7, denari 6, cioò L. 225.7.6 « essendo che ogni fuoco fa una lira d'estimo. Fu giudicato che un denaro de tutto l'estimo, che è la dodicesima parte di un soldo, importasse il valore di L. 284 d. IO 1|2; et un soldo, che ò la 20 parte di una lira, o caratto, facesse il valore de L. 3408, 10. 6. Et una lira, o caratto di detto estimo, facesse il valore di L. 68170.10 de moneta Bresciana (Catastico).» Un'ordinanza di Alvise Foscarini, capitano di Brescia, del 22 maggio 1693 impone « che l'entrate, che tengono i Comuni di ragione degli y Originar]' de' medemi, siano impiegate in conformità del praticato, » nel pagamento delle gravezze, tanto pubbliche come private aspettanti * a detti contribuenti Originar] per i loro caratti (fuochi o lire); proi-» bendo assolutamente ogn' altra forma di distributione di dette entrate, » sotto nome di bocche, o teste, essendo risoluta volontà pubblica; che » il tutto cammini con detto ordine, a sollievo degli detti Originarli con-•> trihuenti ; e tanto eseguir si debba da cadauno, sotto pena irremis-» sibilo di ducati 100, d'esser applicata la metà alla Magn. Due. Ca-» mara, e l'altra metà alla fabbrica del Duomo di questa città, e di » corda, prigion, e bando, ad arbitrio, a chi ardisse contravenire a delta » Sovrana disposinone, e di proponer parti contrarie alla medema. » Gli originari di molti Comuni, non ostante l'osse il territorio aggravato in ingiusta misura, avevano tanto dei beni comunali, che le rendite ba- . 67 Nominammo più volle le lire planete. Diremo qui che, secondo il Doneda, nel i56» una lira di planete valeva soldi ."<> di lire piccole correnti nella Camera di Brescia; e che nel 1572 un'oncia d'argenlo valeva fi3 soldi di pianeti; e il soldo di pianeti bresciani era di 6 quattrini. FU A NCI ACORI A 313 stavano a soddisfare le imposte di tutti, e spesse volte ve n' era da distribuire anche alle famiglie ; e gli originar) vecchi, che videro i tempi della repubblica, narrano come fosse per loro un giorno di festa quello in cui si dove\ano soddisfare gli aggravj, perchè andavano a ricevere anziché a sborsare denari. Ma nel 1790 molli Comuni dovettero vendere de' loro beni per solvere le imposizioni; le quali poi andarono crescendo lino alla cifra attuale. La milizia in Brescia e nelle fortezze del territorio , secondo la nota del 20 novembre 1609, era distribuita come segue: in Brescia, sotto il governatore marchese Erasmo Mal vicino, che aveva per se lo stipendio di 1500 ducati all'anno, v' erano un sergente maggiore con cinque lande spezzate; il capitano Florentani con 85 fanti, destinati alla guardia della pia/za del Broletto e delle porte della città; Geronimo Bruscia-bosco, capo de'bombardieri, con 8 bombardieri stipendiati, e 300 senza paga, detti scolari. Nel castello il governatore Gaddi con una compagnia di 100 fanti, Invitis con una di 80; Cerabello, sostituito poi dal conte Nievo vicentino, con 80; nella fortezza d'Orzinovi oravi il conte Vi-mercate, pagato da Venezia, con una compagnia di 60 fanti, un sergente maggiore e 4 lancie spezzate; i capitani Majolini e Zanella con 100 fanti cadauno ; un capo di bombardieri con 4 bombardieri e 74 scolari <18. Ad Asola si teneano 220 soldati; nella rocca di Pontevico, il capitano G. G. Soldano con 20 fanti, un capo di bombardieri con 73 scalari di Pontevico e delle terre vicine; nella ròcca d'Anfo il capitano Nicolò de Preti con 20 fanti e un bombardiere. Stava alla guardia del territorio il capitano Bevesi con 30 cappelletti a cavallo. Nel territorio v'erano poi 400 fanti* cioè: nelle valli 900, nel quartiere di Bovato 838, di Orzinovi 860, di Ghedi 806, di Montechiaro 582. Dicemmo il territorio diviso in tre partì. Bellissima e importantissima fra queste era la PranciacORta. Come sull'origine del nome, cosi intorno alia sua estensione non s'accordano gli scrittori. Ma la ducale veneta 26 gennajo 1450 vi comprende i Comuni di Rovato, Coccaglio, Erhusco, Cazzago, Calino, Bornato, Paderno, Passirano, Camignone, e loro pertinenze, appartenenti alla quadra di Bovato; e Gussago, Cellatica, Bo- «S G;»briole Rosa, in lettera a me diretta sull'Alba (8 maggio 1858), dice clic dalle relazioni ^stenti nell'Archivio dei Frari a Vem zia, rilevasi che nel 1C06, cioè tre anni prima della noia del CatasticOj da cui io tolgo i mici dati, la repubblica teneva agli Orzinovi 80 soldati, ai 'inali poteva,occorrendo, aggiungere 400 armali tratti dai 2440 abitanti. Vi avea in quell'anno 1*20 petti a botta,SIA corsaletti, 4^7 arcobusi ordinar,), 11100 morioni per arcobusi, 100 ebetti da forcina, 1(10 da cavalletto, 870 picche. Un secolo dopo quel paese era munito con M cannoni, 1." morta j, '240 moschetti d'azzalino, !«>!>!) da serpa, 12.10 picche di campo. 1706 Venezia, pel presidio d'Orzinovi, avea quivi deposito di S3M some di miglio , b'i nutriente e sano del granoturco, e col quale alimentava»! la milizia. Iltmtrnr 'v r. V. Voi. ni, l* dengo, Ronco, Sajano, Brione, Orne, Polaveno, Monticelli (Brusati), Pro-vezze, Provaglio (disco), Valenzano c Caslegnato colle loro pertinenze ,;;>, spettanti alla quadra ili Gussago. Nelle altre ducali è compresa tutta la quadra di Bovato e quindi anche Monterotondo 70. Tutti si trovano ad occidente di Brescia, in plaga ridente e a collinette, succedentisi come onde agli estremi lembi delle alpi Betiche verso il piano tra Brescia e l'Oglio. Il nome derivò dalla insurrezione del 1205 contro Tarmata di Carlo d'Angiò, chiamato dai papi a sottrarre la Sicilia a re Manfredi. Preso il castello di Capriolo, de ogni sexo vi fu fiuto grande uccisione (Como) ; dopo di che P esercilo crocesegnato s'avanzò nella direzione di Brescia, dando per nove giorni il circostante paese a ferro e fuoco, e vergogna. Gli abitanti, alle ventidue ore insorsero contro quel!.' sfrenate soldatesche, e le costrinsero ad affrettare il loro cammino. E maggior danno avrebbero fatto alle stesse ove Buoso da Dovara si fosse-mosso ad appoggiare la popolare sommossa7'. Bovato, che \i avea dato il segnale e l'esempio, ne conservo memoria lin al 1797, sonando ogni giorno la maggiore campana alle ventidue ore. Il nome di Franciacorta si trova la prima volta in una legge del Comune di Brescia nello statuto municipale di quel secolo; e indi più non s'ode, forse per la dominazione degli Angioini, fino al 1400: conservato poi in pubblici atti, nelle storie e dalla viva voce del popolo. La repubblica di Venezia con ducale 17 luglio 1440 confermava alla quadra di [{ovato i privilegi datile nel 1438 da Gattamelata e dallo Sforza ; ed il 28 luglio 1440 chiamava anche la quadra di Gussago a partecipare dei privilegi concessi alle valli Trompia e Sabbia, e cos'i tutta la Franciacorta, per avere dato opera a ritornare sotto il beneviso dominio di Venezia. Pagando la cos'i detta Limitazione, erano esenti da tutti i carichi ordinarj, reali e personali, di qualunque sorta; dal dazio delle carni, vino, ecc. detto dell'hnbotudo; dal bollo delle bestie ; dal pedaggio nella provincia e nel Trentino dalle tasse per le genti d'armi e dall'alloggio de" cavalli, se alcune volte vi si derogasse, dichiaravasi che non s'intendeva pregiudicare a' loro privilegi. fi!» Lodovico Matanza, Raccollu de' Privilegi", Ducali, eco, pay. M-'iS. Brescia, 1744. 70 Gabriele Rosa comprende nella Franeiacorla anche Adro, Capriolo, BorgonalO, N'i-poline, Torbiato e Timolinc; ma da parecchi atti non parrebbe v'appartenessero; e d'alcune la posizione ci persuade ad escluderle: all'insurrezione die diede origine al nome dì Franciacorta, non potevano prender parte le due prime, specialmente perchè aveano sul collo tutto l'esercito di Carlo d'Ansio, e Capriolo fu anzi dallo Stesso distrutto. Queste terre poi appartenevano alla quadra di Mazzolo, e non godeano dei privilegi concessi a quelle della Franciacorta. 71 Gabriele Uosa non crede al Iradimento tli Buosp da Dovari, Nelle mie Malizie Storiche su Manfredi (Vol. I, pag. l'i'i-i'ió) credo aver dimostrato doversi prestar t>■.i.• ;i lah! accusa datagli dal fiale Pipino, dal Mataspirii, dal Villani, da Dante. FUA.NCIACOKTA Sl5 La Franciacorta è una dello regioni ove più densa è la popolazione. Parte ili questa è intenta a Gussago alla fabbricazione de1 fru-stagni, che sono i migliori di Lombardia; a Boritalo, Monterolondo e Provaglio a trasportar biade dalla pianura ai mercati di Brescia e d'Iseo ; in Rovato al commercio delle sete, de' formaggi, de' bestiami, all'imbianchimento delle tele; il restante è dedito all'agricoltura, che grandemente vi prosperava. Sul monte di Rovato, a Cellatica. Provaglio e Carnivorie si vedono ancora le reliquie d'oliveti, periti pel successivo aumento dell' intemperie. Il monte di Rovato dava alcuni anni addietro il vino santo più prelibato dell'alia Ilali^7'. Anticamente (ulto il monte Orfano, era col- Monlorfano, visto ria Santo Stefano. T* t uno do'più dilettévoli e insiemi: curiosi monti. Vieti dello Orfano perchè.senz'at-Ueearsi ad allro, sorge, all'altezza ili 4I>0 metri, isolato Ira la gran pianura in eui muojono le Coltine della Franciacorta, e che si stende liti all'Apcnnino. E di terreno calcare, ma tutto sovvertito , in modo che avendo avuto occasione di smovervi terreno molto o a l'ondo vi trovammo , con moltissime lumache fluviatili, anche fossili d'antichissima 'orinazione, sin un'ammonite e una testa di sauroide, e anche trovanti di basa Ite, hon-°he questi non sogliano cominciare che nel dominio del lago di (iarda. In un fianco 'Presi una grotta , da cui spira , o entro cui si spinge un vento, talvolta fortissimo a *>gne , che la tradizione vuol che talvolta trascinasse tin un bove. I natii ne inducono 11 hello o il cattivo tempo; fenomeno che barometricamente si spiega, e che ha rispondenza oiiii un altro soffione di natura simile, nella casa Alassi in Rovaio. Quella buca monte chiamasi Iacea , e più'comunemcntc oreggina de mar, ed ù notevole che la Ovato: ora, per la massima parte, è sterile. Cesare Cantò dio imitabile esempio comperandone dal Comune un pezzo, e convertendolo in fruttifero vigneto. Dopo la Riviera di Salò, la Franciacorta dà i migliori vini e le frutte più copiose e squisite. « Cellatica che sembra nome latinogreco de' serbato]' di vino % ha tutto il suolo unicamente a fruiteti ed a viti, che vi portan grappoli per grandezza meravigliosi. Il Rosa dice che ha un ricavo annuo di circa 200,000 lire in sole pera , e possiede le più belle e grandi cantine della Lombardia, fra cui la maggiore, quella di Borroni, vendeva 000') gerle da 36 pinte di vino all' anno ir\ celebrata anche per lusso di pareti e di bottami. Il vino di Cellatica si beve fresco, e si reca massimamente a Bergamo ed a Lecco. Lo supera forse quello di Monticelli in valore e bontà, e prelibato pure è quello di Er-busco. Oltre la vite è molto coltivato il gelso. Luogo principale di questa amenissima regione, e fra' primi della provincia, è Rovmo; la sua popolazione, che nel 1610 era di 6000 abitanti, nel 1779 era di soli 5000, nel 1817 di 6586, non compresi i servi, di stossa denominazione vico data nella Vallassina ad alcuno profonde sienditsre, maggio 1*>7I» capilo a lìoato il mollo reverendo P. Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, assieme con due altri padri e un prete coadiutori , per qui continuare le sante missioni, già ad istanza di monsignor illustrissimo vescovo Marin Giorgio intraprese nelle terre interiori di Gabbiano, Quinzano e Orsivecchi. Qui dunque gìonto, et accolto da tutto il nostro per altro numeroso clero, incominciò le sue fontioni il susseguente giorno, quali furono di visitar proeessionalmente ogni mattina (essendo le donne in allo di penitenza, cioè scalze, coperte di velo nero, con corone di spine sopra il capo, e corde o catene al collo) una «Ielle terre aggregate a questa missione, cioè Cazzago, Ilei-buse», Cocalio e Cotogne, dove faceva un sermone invitando quel popolo a venire per tulli li otto giorni della missione a Koalo ancor loro processionalmenle nella forma suddetta, al l'hore 18. Quali uniti in gran numero e con non minor devotione, e aggregati tutti insieme al nostro popolo, e molli alili in comuni*, quali per loro devotione intervenivano, (die in tutto sotto sopra dovevano ascendere al numero di '>!> mila persone nella fossa crm responde contro il torrione contiguo al choro della chiesa pai urinale, si faceva da un padre coadjutore un sermone, nel quale con gran chiarezza spiegava la dottrina cristiana, e risolveva molti casi di non poco giovamento a tulli, ma in particolare all'idioti; l'ornilo il sermone, quale durava il spatio di un bora, il popolo, benché non lutto, si portava in chiesa, dove si faceva dal reverendissimo prevosto l'esposizione del Santissimo Sacramento per un quarto d'hora quale l'ornila, il popolo di nuovo si riduceva nella fossa sudetta. Quale aggregalo, il P. Paolo, assiso sopra d'un palchetto a questo line aggiustato, faceva un sermone d'un'hora: per altro con lanto afTetto, spirito e energia, che bastava ad intenerire ogni più che indurito cuore. Terminava il sermone il principio di una rigorosa disciplina, con la quale battendoci il popolo, riempiva l'aria di lacrimevoli voci, quali altra parola non articolavano che misericordia, penitenza. In questa forma si portava di nuovo nella chiesa, con gran seguito d'nomini tanto forestieri, come lerreri, e quivi nudato il tergo facevano mezz'ora di disciplina, quale fornita, tutti si portavano chi alle loro terre, e chi alle loro case; poi la sera circa le ore '2fl, di nuovo si faceva la processione di penitenza per tulli li uomini di Roalo, alla quale diede gran mossa il clero, per essa a questa intervenutola prima sera in gran numero in habilo di penitenza nella l'orma sudetta delle donne;questa processione poi crebbe di sera in sera in tal guisa, che l'ultime due sere, cioè venerdì e sabato, per il gran concorso del popolo, massime di tutta la nobiltà circonvicina ancor lei in abito di penitenza, e per le lacrimevoli rappresentazioni si fecero, che furono il funerale di Cristo 0 Maria addolorata, haverebbero cavate le, lagrime a qua) si voglia più (die impedito cuore: ''ultimo giorno poi fu la domenica della benedizione solenne, e fatta una gcneralissima, comunione di ì\ mila persone, s'andò in processione alla Moja {luogo suburbano, ora oilla, del dottor Cocchetti), dove s'era fatta una gran querelata per detta fonzione, e qui aggiustata tutta la gente a'suoi destinati luoghi, la quale a giudizio d'ogn'uno doveva ascendere al numero di 00 mila persone, e fatta da P. Paolo al solilo la predica ed un'aspra '''S(''pliiia, diede la sudetta benedizione, e così tutto contento si portò il popolo alle pro-Prie case ». C. C. I! lustra z. del /,. V. Voi. 111. M Rovaio nel 1810 venne privato d'ogni civile rappresentanza ; e rimasero finora inascoltate le replicate istanze delle terre di Franciacorta , che chiedevano di averlo ancora a capoluogo, perchè sito centrico, e col quale hanno molti rapporti di commercio. È il caso della Valca-monica. Fin quando rimarranno inascoltate le istanze? E l'importanza di questo borgo fu sempre grande, dal XIII secolo in poi. Nell'estimo territoriale di Gian Galeazzo Visconti del 1355 Rovato compare colla cifra di 119, elevata a que'tempi. Dell'importanza del suo mercato settimanale dicemmo altrove : e trovasi menzionato come celebre anche nel 1610, mentre non si nominavano parecchi altri della provincia. Menzionammo pure gli uomini illustri di questa terra dalle venti chiese , fra cui Alessandro Bonvicino, della famiglia del quale io trovai memorie del XV secolo nell'archivio comunale. In Rovato abitò Pandolfo Malatesla, forse nel turrito palazzo a nordest del paese, che fu poi della nobile e celebre famiglia Porcellaga ; e in Rovato egli fe decapitare il guelfo Tonino Calini nel 1404, e da qui il 5 settembre 1410 comandò a quei di Clusone e di Scalve, ed a Bacon/ino dei Lozj, si astenessero dal danneggiare le terre di Angolo, Masino, Anfuro e Monti, in Valcamonica, che s'erano date a lui78. Nel 1830 il reverendo signor prevosto don Carlo Angelini , aprì a sue spese in Rovato un Orfanotrofio femminile 7!l, in una, casa che era stata campo a tragica scena nel 1809. Fanne parte del Comune o della parrocchia di Rotato le contrade Domo ■ con 823 abitanti; Lodetlo con 809; Sant'Andrea con 634; Sant'Anna, che ha un buon quadro di Guadagnine, con 267; San Giuseppe con 257, e la Bargnana con 114 : i restanti sono compresi nel Borgo. Nel 1749 un Bellini da Bovato lasciò una cappellata coli1 obbligo di istruire giovani poveri 80 : un Bellini le un legato di beneficenza, un 7S Codice Quiriniano. c. 1. 10. — Padhe Gheoomo, Curiosi trattenimenti conle- >i raijyuagli sucri e profani de*PtrpotiCÒmvni,pag.i*lì,porta però il faltoal 1408. Fu di Bovato anche Vespasiano Bona (16'.)0-17!;0), (rate nel convento sul monte di Rovato, indi generale di Svezia. Vedansi i miei studj biografici, Vespasiano Bona,c Vincenzo Bieca, nelle Letture di Famiglia. Trieste, 1«!>4 e Ititi!». 7!* Fu principalmente per le fanciulle rimaste orfane nel cholera del 1830. Le allevava interamente alle cure casalinghe c campestri, lavorar la terra, filare, batter il telajo far la cucina ; un po di leggere, niente scrivere. Di questo rovatense, ora abate di Poli-lavico, dovremmo dir molto, se non ci stesse avanti il ,\v lande» hominem ante mortem. SUO fratello don Giuseppe (l/ìt.'i-l«:>:;) ebbe fama aneli esso di missionario e predicatore eccellente, avvalorando l'eloquenza collo virtù. C. C. HO Nella seconda metà del XV secolo Rovaio avi a contemporaneamente cinque professori di belle lc(i Rovalensi non vollero accordare al conte Vincenzo Calini la fondazione d' un convento di nobili, per non (scapitare di libertà, FRANCIACORTA 525 Bianchi, per doti: i sacerdoti Carlo Mazzi (1815) e professore Gaetano AI i lesi (1825) lasciarono le loro copiose librerie perchè se ne formasse una biblioteca. Bovato ha consiglio e uflicio proprio ; un lilatojo da seta e molte filande, fornaci da tegole, un maglio ed altri edificj animati dal Frigia. Coccaglio è a mezzo miglio , a sud-ovest di Bovato. Il Sanulo nel suo viaggio scrive : Gothay è uno castello Ms. della Irti. Mazzucchelli, lib. IV WUtVà* th:l /,. T. Voi. III. •liti dai Bresciani, che ebbero favorevole sentenza. I conti ottennero licenza dai Bresciani di costruirlo mediante un' annua retribuzione alla città. Ed eccoci colla nostra scorsa arrivati all' emissario del Sebino. Monti.cerno, castello di fronte a quel di Paratico, convertito prima in convento, poi in villeggiatura del senatore Marco Alessandri nel 1800, olire una delle migliori vedute d'Italia. Noi non ci fermeremo a descriverlo, perchè le parole non ci possono dare che idee successive, non il complesso loro, FRANCI AGORT A 331 nun la simultaneità colla quale ci si presentano quando miriamo un'incantevole scena. E poiché da questa parte non ci resta che a visitare la riviera del Sebino, prendiamo un battello e scorriamo questo lago, non meno bello benché fosse assai meno celebrato. Clusanb, primo paese che troviamo a dritta, ha unito Cremigna che ebbe un castello della famiglia Corradelli. Vi era una lapide a Giove, donata dal Gagliardi al Malici. Troviamo dopo Iseo, da cui prende nome il lago. Con decreto Io dicembre 837 Lodovico imperatore permetteva che, dopo la morte di Amalporga, le monache di San Salvatore si eleggessero fra di loro la propria rettrice, e confermava alle stesse le corti di Hisegìes (Iseo,), i Molini, Pradella, Valcamonica, Clusione, Subera. Barbada, Mellario, Miliarina, Rivariola, Pisale, Albano, Summolaco, e parecchie ■dire. Le mura del castello d'Iseo vennero, secondo il Bossi, riparate nel 1)00; i Tedeschi poi di Federico I non ne lasciarono (1102) che poche rosine. Rifabbricato, venne incendiato da Federico II, durante 1' assedio di Brescia. Un anno prima, (piando Milano dimandava gli accordi a Federico, Brescia spediva (1237) Graziadio da Iseo e Bomadino da San Ger-vasio si procuratori a Binaldo, legato apostolico, ed al cardinale di Santa Sabina per discutere sui patti. Uscite a vuoto le trattative, i Bresciani stabilirono di vincere o morire, e sostennero il memorabile assedio. Gli OldolVedi d'Iseo tennero la parte ghibellina, ed ajutarono del 1311 Arrigo VII, assediatore di Brescia. Giacomo Oldofredi, morto nel novembre 1325, fortificò Iseo, e vi fabbricò grandissima torre. Gli Oldofredi favorivano pure ai Visconti, e Barnabò nel 1380 creò conte d'Iseo, di Val-bracciano e di Franciacorta Giovanni Oldofredi8:i che pei Visconti pugnò, devastò terre in Valcamonica; e fu anche podestà di Milano. Il Malatesta divenuto signore di Brescia, privava delle loro terre e feudi gli Oldofredi. come gli Emilj, i Calini, ecc. Un Bodolengo degli Isei, preferendo l'esilio al giogo, si dava col suo piccolo Gottilredo (1409) a Giammaria Visconti. Il Malatesta premiava i suoi aderenti, e ai Medici di Brescia confermava la proprietà di molti luoghi lor concessi da un preteso diploma di Boberto imperatore; cioè il feudo della Riviera d'Iseo, di quella del Garda, di Gavardo, Lonato, ecc. tre quarti della provincia 1 E credo abbia giovato poco più ai Medici di quello che agli Emilii il diploma del 7 dicembre 1518 dell'imperatore Massimiliano, co! quale a Girolamo e Lucio, padre e tìglio, ed a Giacomo, fratello, per essersi dimostrali contro i Veneziani nell'assedio di Brescia, venivano investiti in perpetuo delle terre X4 Liber Previs C.om. Britr. c 900* 8!i Padre F01.genzi j Uinaldi, Monumenti tìislorici dell'antico e ••.»•.:/•• ••.<><'H<> d'Iseo. Brescia, ics:;, p. 21). LAGO D' ISEO 533 «l'Iseo, Rovato, Pontoglio, Palazzolo e Castrezzato, con tutte le pertinenze, cum mero et micio imperio, et rum omnimoda poleslate gladii, separando quei luoghi dalla città s,i. Fatto è che Pandolfo seppe grado a Nicolò da Tolentino d'avergli serbato la signoria del castello d'Iseo dell'armi del Carmagnola (1418), come fece con quello di Chiari. Caduto Malatesta, il Rodolengo degli Isei che avea battuta la via dell'esilio col figlioletto Gottifredo, tornava in patria, e chiedeva al Visconti Ja restituzione d'Iseo. Avutone negativa rinfacciavano al duca l'occupazione, e sdegnoso esulava. Fu a Cesena col figlio, ed ebbe dal Malatesta lieta accoglienza ed officj. Dal 1509 al 1512 Iseo fu occupato dai Francesi, poi dagli Spagnuoli lin al 16. Nel castello si fece di poi un convento di Cappuccini, da tempo soppresso. Un altro di Zoccolanti in riva al lago, fu convertito in ospitale nel 1841. D'antichissima importanza è il mercato d'Iseo (martedì e venerdì) per le biade, e testò vi si destinò un bel fabbricato ad opera d'una Società detto Monte tirani, che mediante determinato contributo, riceve in deposito le granaglie, e dà sovvenzioni ai depositanti. Nel 1610 ad Iseo V1 erano dot folti da pano de mercanti, che caminano a forza S'acqua costrutti-*opra la seriola , Incorandoci diverse persone. Aveva allora 2000 abitanti, cresciuti ora a circa 2300, e possedeva 100 buoi, 50 muli, 25 cavalli, 400 pecore, 100 vacche e 45 carri. Ila diverse chiese. La parrocchiale, Con bell'altare di San Vigilio protettore del paese, venne in questi ultimi tempi ornata di affreschi di Teosa e di Inganni, e di due buoni quadri di Ilaycz e di Diotti. Della famiglia Oldofredi furono le due eroine Ti-burga ed Imazza del XIII secolo, che diedero argomento a un romanzo di Costanzo Ferrari. Fu da Iseo anche il frate Bonaventura, autore della Coinposlclla, opera d'alchimia. Moni'Isola contiene diverse terre: Peschiera, Carrano, Siviano, Olzano, Minzino, Solzole, Senchignano, che tutte insieme avevano nel 1610 la popolazione di 1040 abitanti, dediti per la massima parte alla pesca colla fabbrica delle reti. Sulla vetta del monte teneva una ròcca Geronimo Mar-linengo, e tutte le barche che passavano doveano abbassare la vela. L'altra pOcca che vedesi ancora sul monticello di Peschiera, con torre alta e antica, gettava agli Oldofredi. Pescuikha ne! 1610 aveva 400 abitanti, ora 260. E vicina a questa vasta, una isolotta di San Paolo, e che aveva un monastero di Zoccolanti. Pii.zone Piccola, amena e di piccanti vini Fertilissima altrice, si protende Penisoletta quinci vaga e adorna M .lunati ms. di Dresda ad annuii:. D" uliveti......... Oh bello il quadro onde natura seppe Adornar queste piagge! Or guata il vario E sinuoso limite del laco Di cui le ripe sono ascosa insidia Alle vispe lacchette e ali1 argentate Dolci sardelle. Ferrar i. A Martignano, contrada di Sulzano, son antiche fornaci da calce. En trante il secolo XVII Sulzano aveva 200 abitanti ora 800. Vetusta è la terra di Sale Mar azzimo, e noto agli eruditi il marmo a Cauto Pali, Sale Marazzino, trasportato nel museo il 1824. Non replicheremo quanto già dicemmo delle fabbriche di lana di Sale Marazzino. Quest'ultima contrada nel 1600 non avea chiesa, ed i suoi 60 abitanti andavano a quella di Sulzano. Ora, colle sue contrade di Marazzino, Pozzolo, Riva, Maspiano, tocca quasi i 2000 abitanti. Ai tempi romani la riviera disopra di Sale apparteneva alla Valeamo-nica ed era ascritta alla tribù Quirina. A nord di Sale si trovano, sul monte, le contrade di Vesto Airolo (ai pso, elevare) e Campione, e in riva al lago Maronb, ov'era un l'orno fusorio e la cui popolazione nel 1610 era di 700 abitanti, ora il doppio. LAGO I)" ISEO oŠ,') Scemò invece '[nella di Zone, che allora 1000, ora ne conta Ob'O. Questa terra, air estremità della Riviera bresciana, è sopra un monte, ed ebbe un castello ed otto fornaci da calce. Vello, presso il lago, di poc'oltre 200 anime, è ricordato nelle cronache del 1300. Qui cavatisi i macigni ond' hanno materia le fornaci. Ne1 boschi cresce il tiglio, le cui scorze filaticcio, macerate nel lago, contorconsi a molti stami. Chi volesse seguire verso Lovere, troverebbe una bella e recento strada sulla sinistra. Noi ripreso il battello discendiamo il lago 87, entriamo nel canale Fusia, per visitare altre terre. Distretto XI di Chiari. Questo distretto ad occidente di Brescia, è composto di Chiari, Ca-etelcoVatij Cologne, Palazzolo, Pontoglio, Rovaio, Rudiano, Urago d'Oglio. Discendendo la Fusia, in prima troviamo Palazzolo, pago romano, ove s< rinvennero epigrafi a Costantino ed a Giuliano. Fu una delle prime chiese plebane della diocesi. Era fortificato, non meno che Mura, sua contrada sul!1 opposta riva delPOglio, celie lino dal 1192 ne e staccata, Questo lago è dominato d;» due venti; l'ora, vento di sud, che spira dal nienti *5'urno fin verso sera: e il sover.che tira dui nord cominciando a sera Li ti alle Ì0 di m;U-•'na. Lo solcano 280 burelle, ed occupa la supcrlicio di 22 miglia, C. C. l'orse pertinenza regia o feudale (curie Mura). Sul ponte di Palazzolo, costrutto forse quando cadde il romano di Cividino, passò Ezelino nel 1259 con otto mila cavalli per sorprender Milano. Palazzolo nel 1205 si arrese ai Torriani , che l'assediarono di nuovo nel 1208. Il vescovo d'Acquino legato del papa, avendo pacificati i Guelfi coi Ghibellini nella chiesa di Sant'Eusebio, presso il Montorl'ano a Cologne (1272), vennero diroccate le mura di Palazzolo, di Chiari, di Seniga e degli Orzi. Ma pare fossero poco dopo ristaurate, perchè nel 1310 i Ghibellini, cacciati da Brescia, ripararono in Palazzolo, Chiari ed Iseo. Il Piccinino ebbe in feudo Palazzolo , e lo cedette a Pandolfo Malatesta per dieci mila fiorini, indi lo bombardò e prese nel 1440. La repubblica veneta nel 1428 gli concedette 1" antico mercato (mercoledì) ed il pontatico di due denari pel pedone, quattro pel cavalcante. Il Sanuto descrive il castello di Palazzolo, e dice che v'era un rinomato fabbricatore d'armi bianche. Circa mezzo secolo dopo, Leone Alberti (1540) lo diceva « civile castello e pieno di popolo, ove è un ponte di pietra ». Nel 157(5 aveva, secondo il Rosa, 1781 abitanti: ma nel 1610 il Catastico gliene assegna 3000, e nel 1779 lo Zalta 2500, diminuiti per la peste del 1630: ora 4000. Nei 1679 fu saccheggiato due volte, dai Francesi che fuggivano, e tagliarono il ponte sull'Oglio, e dai Russi che li inseguivano. Dal castello, che somiglia a quello di Calcppio, secondo le solite tradizioni, una strada passava sotto l'Oglio, per comunicar col castello di Mura; un'altra andava al palazzo Duranti, che vuoisi appartenesse alla famiglia Palazzpli, estinta nel secolo scorso. Sopra un torrione del castello si fabbricò, con largizioni raccolte dal prete Torazza, l'altissimo campanile rotondo, portante in cima una statua colossale di san Fedele, patrono del borgo, e alla base quelle degli apostoli; ed è il più vistoso al certo della provincia, massime perchè sulla spalla elevata del fiume del quale è grazioso e insieme maestoso il serpeggiare. Un informe casolare, fondato nel 1770 dal canonico Giuseppe Gaiignani8S, serviva ad accogliere i poveri infermi. Nel 1805 corse voce che una Madonna dipinta sul muro in Campo Schivardi, trasfigurasse e facesse miracoli. Il concorso, le offerte di denaro, gioje, robe furono grandissime. Scopertosi che era un effetto della rifrazione della luce al tramonto del sole, fu dalla autorità ecclesiastica e civile fatta atterrare la cappelletla, e ordinato che le raccolte offerte si adoprassero nell'erezione di uno spedale, or ben inteso e bello. Furono di Palazzolo il matematico Giovanni Gorini, professore a Pavia, padre del naturalista; Vincenzo Rosa, professore prima nel collegio sul xs Questo nome ci ricorda il Gaiignani, che nel secolo passato trasferitosi a Parigi, vi istituì il giornale inglese che tuttora sì pubblica col nome di Gallgnanì's Messenger. C; C. PàLAZZOLO 1JQontc di Rovaio, indi custode e ampliale del museo di storia naturale a ^avia; il violinista Costa, che arricchì a Parigi ed a Londra ove dimora come maestro di musica ; il tenore Eliodoro Bianchi, maestro ili bel canto *',lla Corte di Pietroburgo, e diversi altri de1 quali parlammo. Htustraz. dol L. V. Vol, III. Palazzolo era capo quadra. Durante il regno italico venne assoggettato, 10 uno a Gologne, al giudice di pace di Rovato, e nel 1810 al distretto di Chiari. Ila molti lilatoj di seta. Eminentemente pittoresca si presenta la vallata dclPOglio, quando si discende la faticosa erta: e di gran bellezza è il ponte or gittato su quel fiume per passarvi la strada ferrata (Vedi Vol. I, pag. 427 e il disegno qui dietro a pag. 248). Gologne, sulla dritta della strada postale, ebbe un castello sul monte, convertito poi in convento, indi in casa colonica. Il Lupo recò un istru-xnento del 975, fatto nella basilica Sancii Esebi Monte Orfano, che è questa. Era costrutta giusta il rito primitivo, ma non restan tracce. La chiesa de" Santi Gervaso e Protaso era curata da un prete, che aveva 300 scudi d'entrata, e pagava pensione a Boma. Gian Piccinino di Carlo Visconti dava in feudo il castello di Cologne a Galeazzo Viscónti, figlio di Barnabò, il quale moriva in Palazzolo (19 agosto 1405), e questa terra per concessione di Giovanni Visconti passava in potere (3 settembre) del Malatcsta. Ila un Monte di Pietà per dispensar cereali ai poveri, come molti altri nella provincia. Nel 1010 Cologne contava 2300 abitanti, a" quali ora non giugne. Borgo principale del distretto e della provincia è Chiari, 1G miglia a sud-ovest di Brescia. Una contrada chiamata tuttora Cimbriole, nella quale 11 1843 si sterrò un sepolcro formato di grandi lastre di cotto, con entro bei vasi e 22 monete di rame del IV secolo, e un pezzo d' antico musaico , indicano V antichità e V origine della popolosa borgata. Si formò dall'unione di quattro villaggi, forse nel X secolo, per il bisogno di fortificarsi : onde il borgo e la sua campagna son tuttavia^divise nelle quattro di Zeveto, Villatico, Cortezano e Malarengo, corrotto ora in Marengo; e ognuna di queste ha beni proprj, chiesa propria in Chiari e nella campagna, propria bandiera, e lino il colorito delle case distinte. Ciascuna quadra ha due sindaci e segretario, tolti sempre da famiglie inscritte ab antico nel libro della quadra, alle quali famiglie dispensa soccorsi. Il consiglio comunale consta di quaranta uomini, dieci per quadra, ma ognuna di queste è indipendente dal Comune riguardo alla propria amministrazione. Clara; era detto in antico il Comune, e Giare pronuncia ancora il popolo, nome che vuoisi derivare dalla chiarezza dell'acque. La Serbia vetra (vecchia) è della prima metà dell' XI secolo, e il prete Bota dice esistere a Chiari, del 1060, una divisione fra due famiglie litiganti intorno all'acque. Prova che Chiari era fino d'allora terra molto ricca. Nel 1347 prendeva parte alla escavazione della Fusia con Bovato e Palazzolo; il qual raso era primieramente navigato da certo Della Bianca da Paratico, nel 1421, con opposizione dei Comuni s!\ SO I documenti esistono nell'archivio comunale di Rovaio- Nel l"«7 i Chiamisi scavarono In Seriola Bajona, è noi Cì45 la Seriola ,v o - , che irriga anche parte del ter- CHIARI 359 Le fortificazioni di Chiari furono atterrate dai Guelfi nel 1269: ricostrutte si diroccavano novamente nel 1272. Per non replicarci diremo che nel 1403 Chiari fu preso dai Veneziani, capitanati dallo Sforza; che il 20 ottobre 1418 accolse papa Martino V, ricevutovi dal Malatesta; e che nel 1420, quando il Visconti cedette Brescia ai Veneziani, restò del duca, e separato da Brescia con decreto 27 ottobre di quell'anno, in data di Milano, col quale anche Budiano e Boccafranca, appartenenti alla quadra di Chiari, venivano slaccati da Brescia. Il 22 gonnajo 1427 il duca confermava podestà di Chiari il nobile Franceschino Ghisolfo, e concedeva ai Chiarensi di farsi propria legislazione. Ma il Carmagnola •lopo la vittoria di Maclodio, con breve bombardamento s' impadroniva di Chiari, di cui i Veneziani Io crearono conte, confermando a questo i privilegi, eccetto la separazione da Brescia. Nel 1441 la Signoria, tolse a Chiari il giudizio nelle cause criminali, forse perchè nelle guerre dimostrò simpatia per il ducato. Infatti il 13 febbrajo di queir anno avevano aperte le porte al Piccinino, dandogli agio a farvi prigionieri i 1000 cavalli de' Veneziani di presidio. Nel 1453 veniva preso dallo Sforza; nel 1494 accoglieva solennemente il Beato Bernardino da Fel-tre, che v'istituiva il Monte di Pietà; nel 12 agosto 1509 era donato dal re di Francia a La Palisse, che ne prendeva possesso. Il primo di settembre del 1801 v'ebbe luogo la battaglia fra gli Austriaci, comandati dal principe Eugenio di Savoja, ed i Gallo-Ispani guidati da Villeroy, che fu battuto. Il 19 marzo 1797 si proclamò in Chiari il governo provvisorio, e 15 giorni dopo tentò una controrivoluzione, tosto sedata. Nel 1799 vi si accampò l'armata russa, dopo avere scambiate al filatojo di Bovato alcune fucilate colla retroguardia francese. La repubblica italiana nel 1803 annoverava Chiari fra le 40 città del suo territorio: decreto non confermato dai successivi dominatori; ma che meriterebbe'd'essere, giacché molte città sono assai inferiori a questa per popolazione , ricchezza, istituti. Secondo il Catastico del 1010, da noi più volte citato, Chiari aveva •»000 abitanti; nel 1779 ne contava già 7000, ed ora 9800, comprese le quattro sue quadre. Ha 24 filato], e il lavoro delle sete mantiene quasi la metà degli abitanti; i quali, quando questo manca, come l'anno passato, cadono in miseria. Nel 1610 il suo mercato, che si teneva in giovedì *:; Hartulomeo, Sant'Eufemia, San Nazaro e Verdiano, San Vigilio, San Zeno, Serie, Urago Mella, e Virle. Questo distretto ha la rendila imponibile di lire 2,739,707. 35. I Comuni di San Nazaro e Sant'Alessandro hanno la maggior cifra d'estimo. Vien dopo Castenedolo, che ha 3300 abitanti; Sanf Eufemia, Rezzato, Nave eccedono i 2000; Serie giugno ai '1800, Fiumiccllo ai 1600, Concesio passa i 1400; li conta Botlicino sera; superano i 1300 Borgosatollo e Mompiano; arriva ai 1200 Nuvoloni, sorpassano i 1000 Collebeato, Ron-cadelte eie Fornaci; vi giugne Botlicino mattina e appena Virle. Di Brione, Cefalica e Gussago con Bonco parlammo nella Franciacorla 9*. Le Chiusure o corpisanti, esonerate dai pubblici aggravj(jp^.3lì) sotto la veneta repubblica, e che godevano il diritto di cillndinanza. erano abitate 84 Giacché rasentiamo Brescia, suppliremo ad alcune ommissioni di personaggi recenti. Giuseppe Beecalossi, presidente del consiglio de' Seniori (pan. t."4) combattè, nel corpo legislativo la famosa alleanza che i Francesi offerivano alla repubblica Cisalpina, e che la fa iva padrona del novello Sialo. ■ L'alterezza dell' animo onde sostenne 1' onore italiano, la copia dei lumi politici e la eloquenza onde le prova gli meritarono d' essere ascritto all'accademia dei Quaranta , e gli ottennero dal Cesarotti il lusinghiero elogio , eh' ei plaudivà alle glorie del Rrccalos-i, ina che gli dolca che la nominanza del discepolo ton-lasse quasi d'invidia l'animo del precettore. Il generoso animo, su cui non poterono ne 1 inori, nò le speranze a Irarlo a servili sensi, gli le perdere il posto di legislatore, e gli fruttò il conlino nella nostra provincia; ed egii vi tornò, contento cheti servigio fedele alla patria il riconducesse alla privata conili/ione, ed alle intermesse legali disotta ''ioni. Tramutala la repubblica in Regno Itàlico, Napoleone decoro!lo del titolo dì cavaliere, di consigliere di slato e primo presidente «Iella corte d'Appello in Brescia,' Avvocalo G. SÀLBRl, Discorso letto all'Ateneo di Brescia e pubblicato nei Coiiinicnlarj del tX.lì. li Saleri, fra gli nomini chiamati a Vienna nel 1S!>0, parlò con franchezza. L'avvocato Francesco Pagani sotto la repubblica Cisalpina fu segre :a ri o generale del Direttorio esecutivo, e il nobile Lucrezio Congo In prefetto del dipartimento dell'Olona, indi senatore, conte del regno e membro della reggenza provvisoria del ISL'i. Ai letterali aggiungeremo I'avvocato Giammaria Febhrari (t'TS-lSM) che nel FJU8 pubblicò 'a Fra/ita democratica, poi versi e prose.su diversi argomenti, e insieme coll'avvocalo G. B. Pagani volgarizzò e commenlò l'opera ili Locrò intorno allo Spirito del codici' iti napoleone. Virginio Solicini ( . . -iso:»), fe la Storia della Scandinavia (Milano, 4X28), premiata dalla corte di Svezia; un romanzo, il Conni; lodate versioni dall'inglese e dal francese. Agli uomini da noi menzionati (pag. 168-67) distintisi nell'armi durante l'èra Napoleonica aggiungeremo i colonnelli della guardia reale cavalieri Vincenzo Arici c Francesco Bordògni, morti in Russia; ove perirono pure il colonnello cavaliere Pietro Pavoni, il conte Taglia, cavaliere ajutante del viceré, Gavazza, capo dello stato maggiore di Eugenio, ecc., 1 1 ^lineili Carlo Gagliardi, G. Battista Pavoni, A. Kodella, G. Ventura, il tenente colonnello Andrea Bordogni, il capitano del Genio cavaliere Ferrini, il prode capitano cavaliere ^igni; ì maggiori Chizzola, Lonati, Svanini, che esulò con Olini e ripalnò per l'amnistìa J*' Ferdinando; Calinì comandante la piazza di Tolosa, Tadini, comandante il forte di -»to; Giovanni Mazzucehelli colonnello d'artiglieria e cugino del generale d'artiglieria, ecc. *ui moderni ingegni di Brescia, e sulla gaja società che tenevano, prima del 21, nel 'aminone, posto in un sotterraneo di aulico convento, ieggonsi Interessanti particolarità ,1pRa Vita di Camillo Ugoni srrilta da suo fratello. Milano, Tip. Rernardoni, tO. lllustraz. del L. V. Voi. .111. 44 da 10,000 persone. Fuori delle porle di San Giovanni il borgo, di questo nome, Fiumicello, ov' era un marmo ad Ercole, e il cui monastero venne sotto il vescovo Villano (secolo XII) unito a quello din Santi Cosma e Damiano. Anastasio, con sua bolla del 9 dicembre UiJ3, riconosce i privilegi delle monache di Fiumieello. La chiesa di San Giacomo, presso il Mella, nominata in antichi documenti; la MtyndolossQ,,a ft§miglia da Brescia, ove dalla strada postale diramasi ijuella per Iseo. Fuori di porta San Nazaro, cioè da mezzodì, le Fornaci e Verziano; lìoucadelte, ne1 cui boschi Oprando Bru-salo da Vitale Palazzo restava vinto (1100); e il villaggio era saccheggiato ed arso da Leulelmo (1109); e lo contrade Casette e Bottouaga in cui si rinvenne un'epigrafe romana, Fontanelle e Serpente* Fuori tli porta Sant'Alessandro, pure a mezzodì,trovasi Folzano che era sulla via cremonese della quale alcuni luoghi portano ancora il nome; Aspes e Ponterira, ove nel 1777 l'u scoperta un'ara a Minerva. Da oriente, fuori della pittoresca porta di Torrehmga, San Francesco di Paola e San Polo, ov' era un'epigrafe romana; da set-tentrione, uscendo da-porla Pile, il borgo di questo nome, San Bartolomeo e Moui'iano, generoso altore di aeque purissime. Ma di queste, e degli stabilimenti che sono in alcuni dei nominati luoghi, abbastanza dicemmo. Alte Giuzini: poco fuori del borgo Pile, era il convento di frati Gerolomini della congregazione di Fiesole, distrutto nel 1516, ed fa immagine della B. V. dipinta in un capitello, che poi molti miracoli si ea santa Maria delle Grazie3S. Proseguendo la via su questa strada, e presso la contrada Stocchetta volgendo ad oriente, si trova Cortine, contrada di Navi-, indi quest'ultima terra, da Ottone I infeudata con parecchie altre a Tebaldo Martincngo nel 9o3 o nel 969. V'era un marmo a Braso e Germanico, uno a Claudio,ed altri a privati.II vescovo Ulderico,al quale l'imperatore Corrado concedeva giurisdizione sul castello di Brescia e su altri, dandogli il governo suburbano per la Girconferenza di cinque miglia, ed il possesso dei fiumi Olio e Mella, cedeva poi ai liberi bresciani (1037), e forse in seguito ad una rivoluzione (pay. 30) i suoi diritti feudali di Montedengo, dalla valle di Botticino alla fontana di Sant'Eufemia, e da qui ai limiti di Nave e di Mompiano. ecc. Raimondo di Brescia (1158) investiva Pietro e Lanfranco dei Martinenghi di parecchie feudalità episcopali e di alcune proprietà in Nave. Nave fu poi di Valerio Paltone, e ivi si radunavano i celebri congiurali bresciani. Oltre le cartiere, animate dal torrente Pisenna, che qui presso mette foce nel Garza, il borgo possiede testrine e l'ornaci di tegole e calje. Presso Nave fu uu 93 l'n molinaio dir ,|,,\;| nel inolino, tuttora csiilenle, dietro la porta dol apccor^ •del castello portò a Castone in Bologna l'annuncio della rivolta di Broscia. Quel inugnaj" Ih appiccalo '•opra la strada clic dal molino metlc a Mompiano. DISTRETTO I 547 Iorio scontro (1797) Tra le truppe Franco-bresciane ed i Valsabbini. I Francesi saccheggiarono Nave e vi incendiarono alcune case. Dopo le contrade Dergago e ViUa trovasi Caino, alla destra del Garza, alcune terre del quale, come altre in Nuvolenlo, Serie, Vallio, Bagnolo erano donale nel lOii da Ardcrino arciprète di Mancrbio alla basilica di San Pietro in Monte. Ila fabbriche di tele e lilatoj e cartiere. Sopra Caino è la contrada Rovaio, i cui monti confinano coi distretti di Salò e di Vestono. Ridiscendendo questa valle, a nord di Cortine ove pure era una lapide romana, troviamo Bovezzo, in territorio a viti, gelsi e biade. Sulla via di Valtrompia è la contrada Campagnuola da Ottone riconfermata ai monaci di Leno nel 962. È parte di Concksio, aulica pieve, poco più a nord, presso la quale rinvenutasi il prezioso monumento a Giove Conservatore delle possessioni dei Kosci. La quale famiglia aveva molle possessioni a Congesto, ed in altri luoghi della provincia noslra. In castello Boscio era sul territorio degli Orzi; Roséto è il nome di un monte presso Brescia, come d'altri nella Siria, menzionali da Plinio (lih. V). Luscio Boscio Eliano fu console nel 640, di Cristo 187, come dalla iscrizione dottamente spiegata dal NoriS ,J7. Ardicelo degli Aimoni, nativo di Vobarno, metteva al fisco ' disonesti guadagni di Adelongo da Concesio, fornitore dell'armata del Comune. Un Gandolfo da Concesio l'u console di Brescia nel gennajo 1124. In Corrado Concesio, con Corrado Ugoni, Goizio dei Poncarali e Corrado «dei Camignoni provedevano nei 1237 alla difesa di Monlcchiaro assedialo dall'imperatore Federico 11. Il territorio di Concesio confina con quello di Carcina, prima terra dèi la Valtrompia, onde noi passeremo ;) vedere San,ViftGlLI© sulla diritta del Mella, in sito a colline producenti £elsi e viti. E volgendo a mezzogiorno, passato Gussago e Celalica , di cui intrattenemmo i leggitori, toccheremo Collimato, in posizione qual il nome annuncia, e ricco di vigneti e frutti. È sua frazione Campioni. A mezzogiorno sta Uhaco Mi-m.i a , con circa 890 abitanti , e presso il ponte delle Grotte, su cui passava la via romana. Portandoci di nuovo sulla sinistra del Mella. e da qui ad oriente di Brescia, troveremo Sak-t' Eufemia sulla strada postale. Tua lapido romana quivi uscita alla luce emigrò ad ornare le torri de1 Picenardi : altra ad Ercole è nel museo. Sant'Eufemia fu incendiala da Leutelmo (1109). Dieci anni dopo quel monastero, come quello di Leno, e preso sotto la protezione della repubblica Bresciana, essendo consoli Ardicelo degli Aimoni e Sibello della Noce (1119). Conta parecchi lilatoj e seghe. Poco lungi, a nord della strada postale, sta Caio* vi co, in territorio a vili, gelsi e biade, e con W Labcs, tifarmi antichi bresdmi, pag. 51 '•»7 Nouis, Epistola consiliari), eie. Bononia, MDCLXXXIII, pag. Uì el >eg. l'orni da calce. A qualche disianza ed a mezzogiorno della strada postale giacevi ììojfalora, contrada di Cajonvicu. Ne! 1010 Landolfo II vescovo o conte di Brescia comperava ila Milone, arcidiacono della Chiesa bresciana, la corte di Carretto in Botticino, diverse proprietà nel castello di Virle e nei luoghi di Cajonvico, Puseniano e lungo il Clisi. Al tempo del regno italico Cajonvico aveva sulla strada postale una grande fonderia di cannoni. Proseguendo dall' abitalo di Cajonvico, sulla via comunale, entreremo in Botticino s k ha, e un miglio più avanti in Botticino mattina. In liuti icino aveva possidenza la famiglia de" Nonj, come da marmi quivi scoperti. Il vescovo Landolfo lasciava al monastero di Benedellini in Santa Eufemia, da lui fondato, le proprietà che aveva acquistate da Milone, specialmente i beni in Botticino, usurpali da quel Comune, rivendicale ai monaci verso il 1022 da un placito imperiale. Queste due terre sono situate in altezza presso un monte ricco di cave, ed hanno parecchie villeggiature. Il territorio è a vili e gelsi. Ki./.zATO, che fu già capo quadra, trovasi sulla strada poslale, presso la l'errala, avendo a tergo i monti che danno le pietre notissime. Rezzato (Regiade) è nominato nel T atto di donazione di parecchi beni fatta dal vescovo Romperlo 'H al monastero de" Santi Faustino e Giovila in Brescia (841). Sulla strada per Salò, dopo Bozzato, vedesi Virle indi Mazzino. Virle è nominato in atti del 1150 e del 1131."Eravi un delubro a Mercurio. Mazzano aveva un monastero, devastato ed arso nel 1109 dall'orda di Lcutelmo, ad evitare gli abborrili abbracciamenti della quale opravano alte e disperate cose quelle claustrali. In Mazzano era una epigrafe a Giove ed un'altra a Minerva. Segue Campielle, ad occidente della strada di Salò, e più a settentrione Nuvoleia, nominato vico in atti del 961 è del 1041, e ove esistevano lapidi romane; e circa un miglio più in su Nu-volento, ove si rinvennero epigrafi a Giove, alla Vittoria, alle Matrone ed a Mercurio; e vi aveva possidenze Sesto Manuzio Campano. Il 18 luglio 11.'10 segui una permuta di beni tra il monastero di san Pietro in monte e la pieve di Nuvolenlo. Con altro atto del giugno 1040, Alta, badessa di San'a Giulia, dà in permuta a Regimberlo Diacono ci Alberico sette pezze di terre in soprascripta plebe Nubolento et in locus Nubelaria. Nuvolento confina a nord-e>t i ori Pamom:, ove conservasi uno stupendo quadro del Moretto, ed a non' con Sr.iu.i-:, terra degna di considerazione perchè i suoi abitanti, posli s'un monte, occupansi di pastorizia e d'agricoltura, e sdegnano come servili i mestieri. Nelle case fan pel proprio uso da sarto, da calzolajo, ecc; ma i più comprano gli oggetti di questi mestieri a Brescia. Nel loro Comune non vogliono !)s (òudc/mcu?, Brina Sacra, pag. liti ei seq. Codko Diplom. Quiriniano, ecc. DISTRETTO I 349 possidenti d'altre terre, e le cose comunali trattano d'unanime concerto. SÌ potrebbe dire la repubblica di San Marino della nostra provincia. Alti e belli della persona, amantissimi dell'indipendenza e forse alquanto inclinati alla prepotenza; elevano bel bestiame, che vendono sul Lodigiano. Sui monti di Serie Giovanni da Castiglione capitano del Visconti venne il 16 maggio 1401 a fiero scontro coli' indomito triumplino Giovanni Ronzone, che comandava a due mila uomini. Cento in quella zuffa ne perde, ma il Castiglione dovette tornare di nuovo in campo. Egli corso i monti di Serie, e 17 luoghi incendiò o guastò, e l'alto un vallo sui gioghi della Nozza il fe guardare dall'Orsino; ma il Ronzone lo assali e tolse di là. Egli era il Garibaldi di quo' tempi. Nominate le contrade Salvandinot Ronco e Villa, a nord di Serie, abbandoneremo questi monti e andremo a Cii.ivrncni:, sulla postale da Brescia a Verona, nel quale villaggio ha un bel palazzo Mazzucchelli ; e da qui volgendo a sud-ovest Castenedolo, che è sulla via da Brescia a Montechiaro. Sulla ròcca di Castenedolo e di Montedegno dava l'imperatore (1037) ad Ulderico, nostro vescovo e conte, potestà e giurisdizione, consegnandogli anche le porte di Brescia ed il governo per cinque miglia all'intorno. Nel 1102 venni; Costrutta la chiesa'111 di San Giacomo in Castenedolo dai monaci di Sant'Eufemia. Nel 1132 papa Innocenzo essendo fra noi mandò il cardinale Anselmo a San Giacomo in Castenedolo, a legger il suo decreto e le lettere; del vescovo Villano minacciami la scomunica se non l'osse 'atta libera e secura la via al santuario durante l'ottava della consacrazione de! medesimo l0l). Nel 1196 Castenedolo, essendo diserto, venne dai Bresciani dato a ripopolare La casa che ebbe il Carmagnola in principio di Castenedolo, ora venne ereditata dal Comune. Del castello si vedono traccie. Un terremoto fece cadere il 29 maggio 1799 la volta dell'antica parrocchia in castello, e occupante per una parte il luogo dell'attuale, che volge però a sera, mentre la prima a sud-ovest. La bella chiesa moderna, a semicerchio, disegno di Donegani, venne intermessa fin al 1817, nel qual anno si ripresero i lavori e si Condusse a line ne'successivi: tutto per elemosine. Le casupole che aveva davanti vennero atterrate non ha guari. II consigliere avvocato Luigi Val- ìm» Malvezzi, Chron. Tua. A'IV Iter. Hai, diss. VII: Carmi. San l'etri in Oliveta a. Men. etc i#0 Per le vìe di Castenedolo, Canneto, Qnìnzano, San Giorgio, ed i ponti diManerbio B di Gattello {ffhetem) emanava prescrizioni il Comune di Brescia nel Vì'Àl. Molte altre x le nostre son nominato negli statoti; ed è osservabile una legge «li quo'tempi per la luale il podestà non poteva avere l'assoluzione del papa senza d permesso del consiglio. KM Vedi la cronaca di San Pietro, pubblicata in line alla Zecca del Doneda. II Caprioli direbbe che ciò accadesse nel ti'itt. secchi ( — 1852) donò milanesi lire 00 mila perchè l'ossero eretti tre altari e istituita una cappellania. L'aitar maggiore, di marmo di Carrara di seconda qualità, è lavorato dal nostro Palazzi ; con due statuette e sei piccoli busti del Seleroni. La pala dell'altare maggiore, rappresentante il martirio di san Bartolomeo, fu fatta dall' Hayez, per austriache lire 14,500: quella dell' altare a dritta è del Buonvicino : gli affreschi del Teosa. Il presbitero è alquanto ristretto, e*poco è il peristilio. Castenedolo ha molti telai per tela, tutti occupati da donne , e forse 150 muratori escono di paese il lunedi a lavorare e tornano il sabato. Nominate le piccole contrade Bettola, Macina, Rodenga, Santa Giustina, (Janni, Capo di monti; diremo di Bohgosatoli o, in terreno a biade, gelsi e viti f0-. San Zeno, a nord-ovest di Borgosatollo , e circa tre miglia a sud di Brescia, sufia via di Ponlevico, confina colle chiusure ossieno Corpi Santi. Nel 1010 non àrea che 200 abitanti, cresciuti a 718, compresa la frazione di Àspes. Distretto II di Ospitalelto. Onesto distretto è composto dei Comuni di Berlingo, Camignone, Ca-stegnato, Cizzago, Comezzano, Corzano, Cossirano, Lograto, Maclodio, Omo, Ospitalelto, Padcrno, Rodengo, Sajano, Torbole, Travagliato, Tren-zano, ha la rendita censibile complessiva di lire 806,724,64 delle quali lire 806,000,00 soggette all' imposta. Di molti parlammo nella Francia-corta, nella quale sono situati. Ospitai etto è'sulla strada postale. La repubblica Veneta, circa due .secoli prima della sua caduta, diede ad Ospitaletto il privilegio di limitazione dei da z j dell' inibotudo pane, vino e carne. In due secoli e mezzo la popolazione da 1500 crebbe ai 1914 abitanti. Tuavacliato, altra volta capo quadra, è la terra più popolata del Distretto. Nel 1010 aveva abitanti 3000; ma lo Zalta nel 1779 gliene dà 2000; e crebbero lino ai 3400. — Fu di qui il sapiente ed infelice Farulfo, ucciso nel 790 da Macerunto, figlio del giudice Teutelmo. Quivi accampava nel 1509 il re di Francia, e nel 1528 il duca di Brunnswick. Travagliato ha un bell'ospitale, disegno del Vantini. HYl II nome di juesto paese, come quello di llorgoponlrcarale, Casali», Casalallo, Cortitia, CÓtticèlie, indicano che sono d'origine italiana. Chiariscono la natura del sito ove furono fondati quelli di Castenedolo, Castcgnato, Carpenedolo, Corna, Ronca del le, Ronco, Acqualunga. DISTRETTO II 7>ò\ Torbole, ad Oriente di Trcnzano, sulla via da Brescia agli Orzi e a Crema, apparteneva pressoché tutto ai padri di San Faustino di Brescia, i quali vi facevano officiare da un prete la chiesa di Sant'Urbano. La trazione di Casaci.io, una volta Casale, pure sulla via reale, era quasi tutta de' Fisogni. Siede sulla stessa via Lograto « terra che ebbe .già un castello picciolo, ma ben munito ; dentro al quale si ritrovarono molte memorie degli antichi • (0. Rossi). Alla pieve di Looiiato e in altri siti di questa terra si rinvennero lapidi romane. Lograto ha 1000 abitami, e il territorio che dà riso e ogni altro cereale, fieno, gelsi, viti e lino. Gli è a mezzodì e a breve distanza la terra di \I\ci.omo, che ha 500 Castello ili Maeìodio. abitanti e un piccolo castello: è notissima per la battaglia \inta dal Carmagnola, e nella quale il soldato venduto ad un duce venduto Con lui pugna nò chiede il perchè. Era esente dai dazj, e fu dei Chizzola. Da Maclodio, seguendo la strada reale, si ghigne a Corzano, che ebbe anticamente un castello, e spianato da qualche secolo: vi sono congiunte Matite Giardinoe amministrativamente Mranò, che conserva ancora le forme del feudale castello, e Bargnano, ove se ne vedono i ruderi. Togliendoci dalla strada reale e volgendo ad occidente, ci recheremo a Tramano. Lanfranco da Martinengo nel 1032 lasciava con testamento alla chiesa di Sant'Alessandro di Bergamo alcuni suoi beni in Trcnzano. Dà gelsi, riso, cereali, viti e lino, e conta oltre 1300 abitanti. Si vuole d'origine romana, e tragga il nome dalla famiglia Terenzia, come Pompeano dalla Pompeja, Meano dalla Emilia, Quinzano e Quinzanello dalla Quinzia, Calvasesio e Càlvisano dalla Calvisia, Sejano, in Francia-corta, dalla Sejana, ecc. Cos-sira.no, Comezzano e Cizzago, avevano castelli , volti ad uso signorile o colonico. Due Comezzano, uno dei Pedri di Bodengo, l'altro dei Maggi (secolo XVII). Regosa , apparteneva ai Maggi e al monastero .di Santa Giulia. Cossirano ha 700 anime. Il castello di 'Cizzago venne in potere de'Guelfi nel 1313 come Trcnzano, e diversi altri della provincia, avversi ai rappresentanti imperiali lasciati da Enrico in Brescia. Cizzago fa preso di nuovo e munito nel 4 319 [<ì7\ Cizzago è abitato da 480 persone, nel 1610 ne contava 400. Il parroco D. Domizio Fabeni, fece a sue spese costruire la nuova chiesa parrocchiale (1850). Berlingo colla contrada di Berlingherò, al nord di Maclodio, conta 907 abitanti. Distretto III di Bagnolo. Ila la rendita imponibile di lire 925,074.74. e io compongono i Comuni di Azzano, Bagnolo, Barbariga. Brandico , Capriano, Castelnovo, Corticelle, Dello , Fiero, Frontignano, Ghedi, Longhena , Mairano con Piev-edizio, ove si trovò un marmo in onore di Germanico, Montirone, Poncarale e Borgo-Poncarale, Quinzanello con Boldeniga. Bagnolo ha presso 2900 abitanti; Ghedi, 3458; Mairano con Pievedizio 1400, Capriano 1200, Poncarale con Borgo-Poncarale 1333. Dello con 1130. Vengono dopo Fiero con 970, Barbariga con 900, Castelnovo con 849, Montirone con 807, Azzano con 810, e gli altri con minor numero di abitanti. Castelnovo, in bella pianura alla destra del Molla, dista circa un miglio dalla strada maestra che da Brescia mette a Quinzano ed a Cremona. Ila con sè le contrade Colorne e Onzato, ov'era una lapida a Giove. Castelnovo è menzionato nel diploma di Arrigo II del 1014, e in parecchi altri. In principio del XV -secolo con altre terre, venne sì malconcio da bande di proscritti, che per lungo tempo restò disabitato. Gli sta a sud-est la terra antica di Flebo, ove si trovarono lapidi romane. Nel 1610 aveva 550 abitanti, ed i suoi 2200 piò di terra erano tutti 103 Malvezzi, foli 992. DISTRETTO 111 533 proprietà djj irati, monache e cittadini, si che gli aggravj si pagavano per testi e colonnati. Gli è a mezzogiorno Poncarale, (a più di colline e alla destra del canale -Violone,investito da un Boccaccio a Garacosa, badessa del monastero di Ma-nerhio, nel 1163). Giovo ebbevi adoratori e marmi, e si nomò una distinta famiglia bresciana, da cui nacque Andriola, soggetto a tragica scena. Il horgo Poncarale fa parte dello stesso Comune, il quale nel 1010 non aveva che 70 fuochi e 400 abitanti. Ad occidente di Poncarale e della stessa collinetta ergesi Capriano. Secondo il Caprioli, il castello di Capriano sarebbe slato spianato dai cittadini nelle guerre intestine allo aprirsi del XIII secolo; e per la seconda volta, Rodolfo dei nobili Gaetani nel suo Castello ordiva la celebre congiura contro il tiranno Ezelino, della quale faceva parte Ottino Traina (pag. 46). Nel 1610 Capriano aveva 700 abitanti compresi Fenili Belfast sulla via, al principio del monte da nord, e Monigo, ('he era luogo con otto case ed un castello de*' Calini, fin d'allora diroccato. Sulla sinistra del Molone e sulla via per Cremona, otlo miglia a mezzogiorno di Brescia, trovasi Bagnolo. I Martinengo, gli Avogadro ed altri nobili bresciani vi aveano palazzi fortificati. Si trovarono epigrafi a Giove, ed altre ricordanti privati. Il castello veniva riparato intorno al 900. Nel 110"» cadeva nelle mani di Ardicio, ucciso a tradimento da' proprj Vassalli l'bertino da Oriano, che Io presidiava. Ardicio lo consegnava di poi al valvassore ch'erano stato spogliato dal vescovo Arimanno. Sini-baldo, condottiero delle truppe milanesi, nel 1106 veniva sconfitto dal Presidio di Bagnolo, comandato da Oprando Brasato. Negli Statuti al 1249 81 parla anche delle strade selciato, trovasi il divieto di condur acque per 'e vie di Bagnolo, Quinzano, San Giorgio, Paiazzolo, Montechiaro e Dcsen-zano fuori che in canali coperti. La quadra di Bagnolo non aveva privilegi sotto i Veneziani: il solo borgo capoquadra era limitato per l'imbolati) delle biade e vini. Anche allora vi si fabbricavano tele in gran (piantila. Nel 1610 v'erano più di 00 telaj, ed i lini si conducevano a vendere anche a Venezia. Un consorzio con 70 piò di terra, dispensava elemosine a' poveri, pagava loro le medicine, dotava donzelle. Il Monte di Pietà aveva 108 some di miglio. Bagnolo contava allora 2525 abitanti, e 2500 no aveva nel 1779. Di olio parti di terreni sette appartenevano ai cittadini. Bagnolo era contea del vescovo di Brescia. Montinone era esente perchè proprietà feudale del vescovo. Non v'erano fiorita Comunali, ma solo il massaro, per le esazioni. Una torre alta e antica gli s'erge in mezzo ed ù del conte Emilj. , Gkeui, sulla stessa via, era capoquadra, e aveva soggetto anche Leno. E nominato in una carta de! 12 ottobre 843. Eranvi due lapidi ad Br- II!usi,-a:, del L V. VÓI. 111. tU cole Ai tempi della lega Lombarda Ghedi trovasi Ira le vastissime proprietà dei conti di Montechiaro. Il castello nel 1319 fu preso dai Guelfi, che vijmprigionavano 150 nobili ghibellini. L'anno appresso i Ghibellini, ingrossati dagli ajuti giunti da Verona, riprendevano Ghedi, non senza macello, e spedivano allo Scaligero 70 prigionieri. Nel 1453 il marchese di Mantova assalì con infamia Ghedi. In Ghedi ebbe palazzo e mori (1515) l'Alviano, generale supremo de'Veneti, e il suo elegante monumento da Muh h ini-uh* Ghedi. qui al Museo, venne donato dai signori Mondella. Il castello aveva cinque lorrioni e ponti levatoj. Nella terra si entrava da sette porte, ad ognuna delle quali si manteneva al tempo dell'uva un guatdaroìo. Nel 1010 Ghedi aveva 3300 abitanti, discesi a 3200 nel 1779. Possiede una stupenda tela dell'Assunzione di nostra Signora del Bonvicino. Portandoci ad occidente passeremo alla dritta del Molla sul ponte di legno di Corniciai.k. Nel 879 Carlo il Grosso ne confermava i beniadErmen-garda, badessa di San Salvatore. La chiesa di Santa Maria formica (?) era pieve, ma la sua rendita fu data alla parrocchia. Nel 1316 i Guelfi 104 Ove non sia.sbagliato l'anno, un documento del 408H, esistente nell'archivio del nobile signor li li. Catini, oitato dall'Odorici, darebbe la vendita d'alcuni beni in rnrtc e! teratorio Qhidi— per XL solido* imperia Ics monete JirLrie: cioè Prescia avrebbe avute monete proprie fin d'allora mentri' il Doneda le direbbe battute qui U prima volta quasi un secolo dopo (1181). DISTRETTO lil Zbb toglievano Corticelle ad un Fregamoli che vi s"' era fortificato; e rovinarono la terra e il castello. I ruderi del quale vennero fatti atterrare da mio zio dottor Carlo Cocchetti, che ne era il proprietario. In principio del XVII secolo Corticelle aveva 500 abitanti, ora 054. Boldeniga frazione del Comune di Quinzanello e parrocchia disgiunta ne conta 227. Quinzanello aveva un forte abitato dai Duchi e dai Fisogni. Fuori della terra, la Madonna della Spica, era monastero. I suoi abitanti in due sècoli e mezzo da 200 crebbero a 451. Dello è terra antica. Gradenigo reca un compromesso del 1178 per la controversia che verteva iniler plebei», de Etto ci Capellam Sancii Nichelai silam in spaldo castri Elli, controversia decisa dal vescovo Giovanni. Ad Elio e Barbafjga (Ellum et Barbarigam) Ugolino de' Masperoni batteva i Ghibellini nel 1317, i quali avevano rovinata quella terra. Le mura del castello eran distrutte lin dal XVII secolo. Barbariga, gli è a breve distanza , e anticaglie romane furono trovate presso una chiesa donata dalla mia famiglia a quel Comune. Del castello non rimase che il nome. Frontignano al confine del distretto ha 300 abitanti ed un castello, sì che da queste parli ad ogni miglio ve n' era uno, perchè Frontignano confina pure con Bargnano e Meano, frazioni di Cordino, tutte fortificate. Longhena, a nord di Frontignano, ebbe pure un castello, che si atterra; Castel-gonelle, era soggetto alla quadra di Mairano come gli ultimi luoghi che abbiamo testé nominati: ora è frazione di Brandico, come pure Ognato. Brandico è piccola terra ad occidente di Mairano già capoquadra sotto la Bepubblica , con castello. Conta 700 abitanti come PìevecUzio, parte dello stesso Comune con parrocchia sepa-> rata. Terra abitata ai tempi romani pare accenni col nome ad un' antica pieve/ Sulla via principale da Brescia a Verola, Ponti: gattello, era luogo fortificato con fosse e mura di proprietà dell1 Ospitale civico. E frazione di Azzano sulla dritta del Mella, luogo con castello già appartenente ai nobili Nigolini. Mediante ponle di legno comunica col vicino Capri ano. Distretto IV di Montechiaro. Questo distretto ha la rendita imponibile di L. 084,102. 30 ed è forcato dei Comuni di Calcinato con Ponte San Marco, Calvisano con Mezzane e Malpaga, Carpenedolo , Montechiaro , Bemedello di sopra, Hemedello di sotto, Visana. Il Ponte San Marco, frazione di Calcinato, è il sito più settentrionale. •Neil 813 seguiva un cambio di proprietà, per il quale l'abbazia di No- nantola cedeva alle monache di San Salvatore , Calcinato . Castiglione e Montecucoln. Al placito imperiale tenuto da Arrigo e Corrado nel.a corte di Botticino (1022) era presente un Leone da Calcinato. Questo borgo era (1167) fra le vastissime proprietà dei conti di Monter?!iaro. È presso il Chiese, sovra un colle, in bella posizione, con 4500 abitanti, colle piccole contrade Calcnxilello, Gìwrlclli, Yighizzolo, Ulto. Possedeva un forte castello, e nel 1701 vi battagliarono il principe Eugenio di Savoja e il Duca di Vandome. Dalla porta della chiesa di Calcinato trasmigrò, non ha guari, nel patrio museo un marmo ad Apollo. DÌ Montecuiako che ha 7300 abitanti, Ufoìtlecìt t'aro. toccammo più volte, e specialmente de'suoi conti, del cui stipite sono i Gonzaga e gli Ugoni, come trovò Zamboni. Il monastero è nominato da Rodolfo Notajo (700). Dagli Ottoni riceveano i Lomelli in beneficio le corti di Montechiaro, di Volongo, di Marcarla, dei Remedelli, d'Asola, di Mosio, di Bedoldeseo. Nel 1164 venne distrutto il vetusto castello che chiamatasi Minerva, la quale pagana divinità si trovò quivi ricordata. Il 6 aprile 1107 Narisio, Vizolo ed Azzo de' Longhi, conti dell'impero e di Monte-chiaro, Asola, Mosio, ecc. investirono gli uomini del Comune di Monte-chiaro della Campagna confinante con Calvisano, Ghedi, Formignano (distrutto dai Crocisegnati nel 1265), Monlirone, Frfotam, (CastegnetuH) •Caslenedolo, Mazzano, Monlìsboui, (Ziliveryi) Cil i verghe, Calcinato, Mezzane, Acquauvdda ed altre terre, promettendo essi uomini di essere DISTRETTO IV 5*7 buoni e sinceri vassalli, e difenderli contro i malesardi e gli inimici. I conti Narisi e Ziherio furono anche podestà di questo borgo. I conti di Montechiaro giudicavano e punivano i malfattori, e non mancano i racconti di crudeltà commesse. L'alleanza degli uomini con essi conti palatini fu scontata colla distruzione (1108) della terra e dal castello per parte del Comune di Brescia, negli statuti del quale (secoli XII e XIII) trovasi vietato di ricostruir la Rocchetta. Avendo i Lomelli, conti Palatini suddivisi in diversi rami, sostenuto l'impero contro la lega Lombarda, i Bresciani fecero erigere un castello nella terra di Casaloldo, allora bresciana, onde frenarli (1178); e poiché il conte imperiale sollevava un tumulto ad Asola, i consoli di Brescia mandavano a sedarlo Alberto Lavellongo m; e pare che per questi torbidi il conte Bulino Lomelli fosse Costretto vender le sue feudalità sul territorio bresciano dall'Oblio al Mincio, ai consoli di Brescia: atto che fu stipulato il 211 marzo 1180 a Confluenza sul Vercellese im. Con altro il conte Bulino scioglieva i vassalli «Ielle terre vendute dal giuramento di fedeltà e sudditanza l(l7. Tutti i luoghi del piano di Montechiaro e di Canneto, come la Fran-ciacorla e le terre lino all'Oglio, insorgevano nel 1312 sottraendosi all' imperatore. Montechiaro tenne per la reggenza, onde il Malatesla l'assediava e costringeva Micheletto Parenzana alla resa (15 ottobre 1404). Sia poco dopo le lancio di Giammaria Visconti lo riprendevano. Se non ehe circa un anno di poi fu ricuperato dal signore di Brescia. Cario Malatesta, fratello di Pandolfo, riconfermò a Montechiaro |os immunità fl400) , perdonando agli abitanti le uccisioni e lo spoglio dei potenti Mezzani. Nel 1411 era padrone della quadra di Montechiaro il Duca di Mantova, e dai bandi frequenti nel 1509 e dalle minacce agli abitanti d'essere saccheggiali, afri, confiscati et impiccati ove non si prestassero prontamente a fornire quanto veniva ad essi dimandato, risulta come amassero i Montechiari gli stranieri, e come fossero da questi trattati. Montechiaro, sulla sinistra del Clisi, era come diviso in due borghi, uno al piano, e l'altro sul colle, dov'è il castello che racchiudeva la Rocchetta la quale era forse una cosa col bello e grande palazzo (fukrum magnani polatium in Castro) dei conti ; la pieve di San Pancrazio, ri-rordcta in atti e bolle del 1172, 1177 ecc., e il monastero di Cappuccini. Gli abitanti « vivono del proprio col lavorarle terre senza trafeghi, » (Caiastieo del 1010); ma ora Montechiaro ha un frequentato mercato °£iu venerdì, specialmente di buoi, e diversi fìlatoj per la filatura della seta. Oamii.j.us Madiu*, Chróntea de reètte tòristi te. Caétee Quirloìano. I«« I.ìImt Poteris, car. 4 1*1 LnVr Poteris, car. 8. o>8 stórte opra. 123 Nel t"oi la fabbrica soffrì gravi danni a diminuir i quali vi fu aggiunto uno sfogatoio che rovinò nel J82G, e la spesa di ricostruzione costò L. tOtl,0(M>. Nel 1X10 la rottura dell'argine esigette a ripararla la somma di L. 3.",1Ct. DISTRÉTTO XII 369 Fin al 1513 fu parrocchia F antica pieve, la quale aveva a lato il battistero, ov'ora esiste la cappella del Patrocinio di Maria. La parrocchia attuale, dovuta in gran parte ai parrochi Martinengo, Capello e Busi, ila P aitar maggiore fregiato di bronzi dorati, e un quadro del Moretto, uno di Calisto da Lodi. La cappella di Montevecchio, a nord-ovest di Quinzano, già chiamala in vetusti atti qntiguum haptvtterinm di San Gio. Battista, servì probabilmente di parrocchia ai primitivi cristiani di Quinzano, Gabbiano e Padcrnello. li monastero dei Minori Osservanti, un quarto di miglio ad occaso di Quinzano, venne eretto nel 1409, soppresso nel 1810, indi demolito. Tra gli illustri, oltre i nominati, ricorderemo il Patina, segretario del cardinale Ercole Gonzaga, mandato al concilio di Trento; Giulio Pavesi, arcivescovo di Sorrento; Serafino Cavalli, medico , ecc. Quinzano era capo quadra. Nel 1779 contava 3000 anime, ora circa 4200. Ha con sè la contrada di Mezzullo, presso P Oglio. Bassano ad oriente di Vcrolanuova, sulla via di Pontevico, ha 1281 abitanti. Nel 1310, essendosi la terra ammulinala, veniva distrutta dai Guelfi, che conducevano i sollevati nelle carceri di Brescia. Il Rossi scriveva essere <* Seniga, San Gervasio, Bassano ed Allìanello terre di molta con-sideralione per la bontà dei terreni, e per la copia de' contadini di polso e principalmente Seniga et Allìanello. » A sud-est ha San Gervasio da Ottone I infeudato nel 953 a Tebaldo Martinengo, e nel gennajo del 1158 dal vescovo Raimondo ai fratelli Pietro e Lafranco Martinengo. Ha 1030 abitanti. Milzano, ai confini orientali del distretto, ne conta 1332. Muoiano è fra le terre menzionate nel diploma di Arrigo II (1014) agli abati ili Leno, e nel 1041 Arderico, arciprete di Manerbio donava alla basilica di San Pietro in Monte alcune terre in Milzano ed in altri luoghi. AuivNr.i.io, ira questa terra e Pontevico, è borgo di 2050 abitanti. Séniga, nome ripetuto altrove in provincia e che ha riscontro in Africa, è, sulla sinistra dell' Oglio, colla contrada Regonu, presso la foce del Mella in Oglio, con circa 2200 abitanti. Nel 1266 Seniga, Oriano, Pontevico, ecc. venivano messi a ferro e fuoco da Oberto Pallavicino. Trusardino Colleone, podestà di Bergamo, comandava nel 1318 le due compagnie di cavalli lasciate dallo Scaligero in Ghedi onde proteggere i fuoruscili ghibellini. Il Colleone prendeva con quello Seniga, cui invano tentavano di ricuperare i Guelfi, battuti poi dal Colleonc a Ponte Gattello, mentre tornavano dalia male uscita impresa di Seniga, Nel 1320 Seniga, presidiata per la città da Guidesco Ponearale, ricevè per costui tradimento i Ghibellini che la devastarono. L'origine sua latino-italica disvela col nome Pontevico, grossa borgata che più volte menzionammo. La via cremonese,, nominata negli alti dei martiri bresciani, correva per Pontis vicus. lllustraz, del L. V. Voi. III. 47 Nel luogo Pontìsvico Tarmo 774 nacque intestina discordia per cagione d'una giovane, pretesa in matrimonio da due l*'>. Il feroce Ismondo vi si recava, e vedendola parata a riceverlo coir armi in pugno, ricorreva alle blandizie, e ingannati cosi i terrani, vi otteneva l'ingresso, evi faceva carneficine, e molti privava della luce degli occhi. Il 24 agosto dell'847 Lodovico imperatore confermava ai monaci di San Zenone di Verona 1*' loro proprietà a Pontevico. Nel 1127 il conte Goizone Martiuengo infeudava i consoli e il vescovo di Brescia di quant'egli possedeva in Quinzano per diritto di pegno, e si obbligava in guisa che il fratello Zilio si trovava costretto a vendere il proprio feudo di Pontevico ,f8ì I consoli di Brescia, il 4 dicembre 1170 investivano del feudo di Pontevico un Adegerio Bosa-dro (Liber Poteris). I tigli del quale **• con tradimento lo cedevano ai nobili seguaci di Alberto Casalalto, cacciati dalla città. Ma i Bresciani, condotti dal milanese Obizone Pusterla, nostro podestà, sconfissero i mobili e i Cremonesi costoro alleati: e nella notte del 22 settembre ^208 assaltato all'improvviso Pontevico, còlte le guardie mal deste, le fecer Ponti'' irò. 12« r.cdolfus notarile Misi. i'Ji» L t ber Poteris Com. Bnx. i'26 II Caprioli li dice tìgli di Altèrcherio Bosardo.h Cronaca di San Salvatore di Ath-cherii Loxadri (sic), Malvezzi e Odorici di Attichero. Credo si debba ritenere fossero i tigli dell' Adhegerium de Boxadro, investito dal lustro Comune net H70 delle sue azioni feudali in Pontevico. DISTRETTO XH 571 prigioniere e s'impossessarono della terra. E da questo fatto ebbe ori-t;in" la proverbiale dimanda: Ehi si dorme in Pontevico? Nel 1317 i Ghibellini erano quivi battuti dai Guelfi. Nel 1453 fu preso e messo a sacco dalle truppe di Francesco Sforza, alleato di Renato d'Angiò, e i Francesi condotti da quest'ultimo, non essendo giunti in tempo per saccheggiare, sevirono contro gli abitanti, il che obbligò lo Sforza a volgere le armi contro i suoi alleati. Nel 1509 i Francesi si impadronirono di Pontevico. La ròcca del borgo era in riva all'Oglio, ove si fa lo scarico delle navi. Nel 1779 contava già 6000 abitanti; ora 6441. Il Compasso o Campacelo < è un buon habitato su'! territorio di Pontevico; e tutto patrimonio dell' antichissima casa Ugoni » (Rossi). I) primo di novembre 1858 venne in Pontevico attivato un ospitale. Distrette XIV ed mtltimo dii Orlinovi. È formato dei seguenti COMUM Con o.( n.iiglto. Cori ttptQtti le. Read. C«DG. tmpcn, Acqualunga 1 L. 31,509. 99 Earco 1 16,704. 69 Cremezzano i 21,302. 64 Farle ngo 1 > 26,650. 50 Gabbiano \ 65,266. 05 Gerola con Zurìengo 1 ■ 48,634. 20 Ludriano 1 > 35,107. 39 Oriano 1 32,637. 63 Orzinovi • 264,911. 36 Orzivecchi 1 » 59,919. 20 Padernello con Monello 1 » 30,984. 71 Pedergnaga con Trignaoo 1 » 35,220. 02 Pompiano 1 43,786. 55 Roccafranca 4 t 59,485. 70 Scarpizzolo I » 14,824. 02 Yillachiara con Villagana 1 » 58,884. 26 L. 865,810. 91 AcQuAiuNGA» presso POglio, è la terra più meridionale, e confina col distretto di Verolanuova e, mediante il fiume, col Cremonese. Tocca appena « 600 abitanti, Gli sta a) nord Gabbiano, menzionato in documenti del IX secolo. È sulla destra del torrente Saverona con 3351 abitanti. Popolato lo chiama it Codagli e c molto illustrato dalle lettere di Serafino ■Canevaro medico e filosofo, terra che ha prodotto nobilissimi spiriti nelle lettere, come ne fanno fede li tanti dottori di medicina e teologia, tra' quali viterà per sempre la memoria di M. Paolo, dell'ordine de' predicatori, gravissimo teologo e filosofo » e il Rossi lo diceva * pieno di gente comoda e civile, come ordinariamente sono anco tutte le altre grosse terre di questo paese; è feudo de' signori Martinenghi nobili veneti, in compagnia di Pader-nello, che è palazzo e ròcca forte di quei signori: et è onorato della prigionia del signor Luigi Gonzaga. Questa terra parimente ha campi bassissimi e della natura di ■■quelli di Virola ». Non conta che 460 abitanti; compresa la frazione di Molello. A Padernello esiste ancora bene conservato il castello. Ha la popolazione di abitanti 470 Faiui.m.o. e 02(5 Pedkrgnàga, lerra antica, ove si rinvenne quella epigrafe a Giove Paganico, dalla quale conosciamo il nome di uno dei varj distretti ond'era nell'età romana diviso l'agro bresciano. Quello del marmo di Pedergnaga era detto Farraticano, probabilmente, dice il Labus, pel farro che vi cresceva rigoglioso, o per l'ampio mercato che se ne facesse. Dalla frase Fin il m Crerhònénsium dedussero alcuni che il territorio bresciano « avesse a' tempi romani ,più angusti conlini, ne giugnesse tampoco nemmeno all'Oglio, » (Gagliardi) e che il Cremonese giugnesse fino a Pedergnaga. perché la frase riferita non vuol dire precisamente lungo il confine ma verso il confine, come l'altra che accennammo parlando di Vobarno. Il conte di Virtù dava privilegi, a Pedergnaga ed al vicino Oriano dagli 800 abitanti. Quest'ultima è fra le terre che vennero infeudate da (utone I e Tebaldo Martinengo nel 933 (S.uvspviNO) e dal vescovo Raimondo a Pietro e Lafranco Martinengo nel H58. Per timore che ebbe del Carmagnola il castello di Oriano tornò all'obbedienza de' Veneziani. E fecero lo stesso Cadignano, Villachiara, Verola, ecc. Un Guglielmo Oriano era console di Brescia nel XII secolo. Nel 909. o 953. rome darebbe il Sansovino nel diploma di investitura fu citala e nominata la pieve di Oriano. Il palazzo a guisa di fortezza in Scarpt'zzolo apparteneva nel 1010 od Ercole Martinengo ed a Mattia Avogadro; e la lerra numerava 450 abitanti mentre ora ne conta soltanto 342, Da cento di più è popolato il vicino Crkmezzvno, ove trovasi tuttora, in un angolo della chiesa, il marmo sacro ad Ercole. Gli esuli ghibellini, confederati dello Scaligero, col ferro e col fuoco espugnavano nel 1317 il castello di Cremezzano, sottoposto alla città. Le terriceiuole Rossa già castello che apparteneva alla famiglia dello stesso nome. Cótiibìo, dov'era un monastèro di Serviti, fondalo nel I486, un'abazia de'canonici regolari di Sant'Agostino ed una rocca fabbricata, secondo il Godagli, dai Francesi, Otfitnerìgo e Pudiano, il quale ap- DISTRETTO XIV sft parleneva al corde Capriolo, erano tulle governale dal Comune degli Orzinovi, come unite alla fortezza : sebbene l'ultima le sia a qualche distanza. Gehoi.a con 480 abitanti, e Zurlengo, frazione e parrocchia separata con pressoché 300, era soggetto alla quadra di Pompiano. Vjllachiara, * celebre, scrivea il Rossi, per il conte Marc'Antonio Martinengo cavalier segnalato nell'arme e nelle lèttere, » colle frazioni tillabona, ViUagana o Bonpensiero presso l'Oglio, supera i mille abitanti; e Barco in una alle piccole contrade Martinengo, Meo, Le Vittorie ne novera 305'. Tulle queste terre erano de" Martinengo, che si chiamarono conti di Barco da questo luogo donato a Tebaldo da Ottone I. Narro aveva una forte rocca, falla ricostrurre da un Martinengo nel XV secolo, avendo soffèrto per le devastazioni de' Cremonesi nel 1208. Son fuori della strada maestra, e Manno ad oriente della medesima. Dalla parie occidentale della stessa sulla sinistra dell'Oglio, siede LudiuanO, terra e castello nel 1010 popolata da 330 persone, ed ora da 070. RoccÀi'ranca , che gli é vicina, ed ai contini nord-ovest del distretto. In Roecafranca si chiudeva Federico Maggi, privalo dal seggio episcopale da Giovarmi XXII. Corrado Rocca desiderava aver intera Rocca Franca, nella quale teneva possedimenti, ed entrato in una congiura a favore di Mastino della Scala, l'otteneva dallo stesso, prima di vincerla 1,7 ; e gliela dava infatti, non si toslo, per opera de1 Guelfi congiurati, egli rientrava armata mano in Rre-scia (1322). Il castello di Roecafranca era preso dal Carmagnola nel 1127. Conta 1380 abitanti. Sulla strada reale da Brescia a Crema, pressoché ad eguale distanza dalle due città, siede Pompiano (Pompejanus), aulico castello de' Maggi: passato pot in proprietà de' Martinengo, era preso armata mano dai Guelfi nel 1271, veniva in potere dei fuorusciti ghibellini nel 1310; distrutto dai Guelfi tre ^nni appresso, essendovi entro i Maggi: e nel 1321) gli uomini della stessa fazione vi trucidavano quelli dell'avversa. Pompiano e il vicino Orzi vecchi si resero al Carmagnola. In quelle vicinanze s'accampò lei 148$ Roberto Sanseverino generale de'Veneziani; ed altri condottieri d'eserciti prima e dopo quell'epoca. 1! castello di Pompiano aveva un'alta lorre, gir avanzi della quale furono, circa dodici anni or sono, fatti distruggere col castello dal conte Carlo Martinengo. Il convento di Pompiano venne soppresso nello scorso secolo. La lerra, già capo quadra, ha 900 anime; *SQ0 quella d'Ou/m-ccm. lìrzi è castello della Spagna, nominalo da Plinio H da Tolomeo, ed una VùtH* Vrdce è nella Toscana. E Urctt era l'antico nome di questo paese, conservalo nel dialetto (Ufi.) Il Godagli però dì-frebbe gli Orzivecchi essere siali una Villa degli Orzi, che ora diconsi Kàon», riist. de Rebus Patriae. nitori, e anche l'Odorici a quest'ultimi riferisce i documenti anteriori al 1193, ne' quali è parola del castello. Io credo gli stessi documenti, logicamente interpretati, portino ad altra opinione Per la difesa dei conlini della provincia nostra, il castello degli Orzi, che vecchi poi furono detti, non valeva. Se ne richiedeva uno più forte e più presso il contine; e si pensò erigerlo ov'era San Giorgio. Gli abitanti degli Orzi vedevano essere orribil cosa dover abbandonare i proprj lari, le piantagioni belle e fertili, per un luogo deserto ed una terra quasi incolta. A compenso chiedevano che il castello di San Giorgio fosse cosi grande da capirvi ottocento fuochi, e come Pontevico, e più ancora, se possibile ; che le terre circostanti fossero del castello non che i pascoli della corte di Aguzzano; che le corti Barghe, Rivolta, Ovanengo e Campagnola fossero dello stesso, e che per fabbricarlo si trasportassero i materiali di quello degli Orzi che si distruggeva; che un mercato venisse loro concesso, ecc. E il Comune di Brescia annuiva. Gli abitanti degli Orzi si recarono ad abitare il forte di San Giorgio, che essi chiamarono Okzinovi, per affetto all'antica patria. Orzivecchi era feudo dei conli Martinengo i quali davano ogni anno per censo alla repubblica uno sparviero. I dazj dell' imbatado o commestibili, erano dei conti feudatari, e gli abitanti avevano i diritti di cittadini. Orzivecchi ha congiunte le piccole contrade Cescrina e Ca de Villa. Bella è la moderna chiesa decorata da un quadro del Moretto". La torre fu ricostruita dalle fondamenta non ha molli anni. La popolazione nel 1610 era di un quarto maggioro dell'attuale. A sud-est esisteva il vetusto Bigolio, infeudato nel 953 a Tebaldo Martinengo. V'era un marmo a Giove ultore, ed un altro di non so qual regina de' Goti. La chiesa di San Lorenzo in Bigolio era pieve. Bigolio, esi-sistente ancora nel 1158, era forse il nome del castello degli Orzi distrutto dai Bresciani? Agli Orzivecchi si sterrano tuttavia in un campo fondamenti di fabbriche vetuste. Due miglia circa a mezzogiorno d'Orzivecchi, sulla stessa via reale per Crema, ergesi Orzinovi, eretto, come dicemmo, dal Comune di Brescia Vìi Dov>ra il castello degli Orzi distrutto dai Bresciani per trasferire gli abitatori dello stesso ad abitare il nuovo di San Giorgio, più dappresso ai contini ? Nel sito Stesso no, perchè sarebbe stata fatica inutile il distruggerlo per rifabbricarlo, e perdio, coma dice il documento recato dal Codagli e in piccola parte dall'Odorici « hominibus dtt (Jrccis satis ridebatur horribile, proprio* lares, prestila, plantationes delicatas , lo-cumque munitum, ac (erlitem prò abdatione deserta et Terra quasi ine ulta deserere. >on era dunque il luogo istesso, perchè uno era bello ed ubertoso, come sono gli Om-■vecchi, l'altro deserto e quasi sterile, come eia la campagna, ed è ancora in parte, di Creinovi. Non s« poi come l'Odorici legga e.astrum Urcei qaandoque edificatum fuerit (Docum, del 1IH4) per Le rovine del castello degli Orzi. DISTKE1T0 XIV 373 nel 1193', onde resistere agii uomini di Soncino, i quali, non solo in tempo dijguerra, ma anche in piena pace, non cessavano dal molestare pi agricoltori e le terre bresciane. Ne poneva la prima pietra il vescovo Giovanni di Fiumicello. Orzinovi fu assediato, ma non preso da Ezelino; Castello di Orzinovi. incendiato dai. Cremonesi, occupato dai Ghibellini, rovinato dall' imperatore Enrico VI : riceve i Guelfi ; è occupato dai Ghibellini, discacciati di poi dai Guelfi. Lodovico imperatore si ferma agli Orzi ; Azzone Visconti Vè ricevuto nel 133G, e sotto i Visconti formano gli Orceani i statuti. Venuto in potere di Pandolfo Malatesta, alcuni prescelgono volontario esilio alla costui dominazione, e i loro beni vengono confiscati. Gli Orzi s1 arrendono al duca Filippo Maria Visconti, e sono occupati dal Carmagnola. Il duca vi dà privilegi, fra1 quali Tessere separati dalla Clltà, e tenere presso di sè le chiavi della fortezza. Il beato Bernardino da Siena predicandovi dà origine al monastero di Aguzzano. Venuto ai Veneziani, Francesco Foscari dà privilegi agli Orzi ove si manda podestà Giorgio Malipiero. Per tradimento del comandante Pietro da Lucca, cade jn potere di Niccolò Piccinino, che v'impone h la glia de olio mila ducali. * dato in dono a Lodovico Gonzaga : ritorna spontaneo sotto i Veneziani, arfengo, ribellato alla città, viene espugnato dagli Orceani, i quali s'ar- rendono allo Sforza (1453): tornano sotto i Veneziani, che fanno erigere torrioni intorno alla fortezza. Cadono sotto il dominio francese, da cui P oreeano Giacomo Isnardo tenta sottrarli; ma è costretto alla fuga e dichiarato ribelle dai Francesi. Orzinovi ritorna sotto i Veneziani: cado sotto gli Spagnuoli; è racquistato dalla Repubblica. Ha in Codro un poeta laureato; una beata in Stefana Quinzani. Altri illustri nominammo. Nel 1393 un Triliaudi vi fondava un ospitale, dotato dal governo provvisorio del 97 coi beni delle soppresse ecclesiastiche residenze, e trasferito nel chiostro dei padri Domenicani. V'ha una congrega apostolica; la commissaria Albini che dispensa annualmente soccorsi, medicinali e vestiti ai poveri; il legato Asmondi per mantener giovani ali1 Università, e quello Obici per dotar fanciulle. Deir o-spitale è partecipe anche Orzivecchi. V importanza del castello degli Orzi .sotto i Veneziani appare dallo relazioni dei rettori al governo, perocché di Brescia ve ne sono (il, della Riviera di Salò 43, degli Orzi 20 ed una di Asola. 11 castello, in mezzo al quale scorre il liumicelle Villa-chiara, nel 1799 aveva presidio francese, che capitolò cogli Austriaci. Le mura vennero demolite nel 1828, e spianate le profonde e larghe fosse. Lieve aspetto di fortezza conserva ancora alla porta settentrionale come ad indicare che i nemici vengono da quelle parti, e che di là dobbiamo fortificarci. E allatto aperto dal lato di Gremona, colla quale, come con ogni altra città italiana, vogliamo essere e conservarci sempre fratelli, deplorando la trista necessità che ci aveva costretti ad ergere de' forti onde respingerne i lamentevoli attacchi. FINK DELLA STORIA DI BRESCIA. E SUA PROVINCIA PEL D-r FRANCESCO R0B0L0TTI tllusfraz. del L. V Voi. (Il IL NOME E LA BENEDIZIONE DI MONSIGNOR CAVALIERE ANTONIO \0\ \Si;0\l VESCOVO PIO E ZELANTE DI CREMONA IN TEMPI DIFFICILI VENERATO E CARO SIAN FAUSTO AUGURIO ALLA DESCRIZIONE DELLA SUA CITTA E PROVINCIA DI CUI GLI FANNO OMAGGIO RIVERENTE GLI EDITORI DELLA GRANDE ILLUSTRAZIONE S DEL LOMBARDO VENETO I. Aspetto generale. La terra cremonese, posta giù nel fondo della valle circumpadana, è formata dalle alluvioni del Serio, dell'Adda, dell'Oglio e del Po, le «mali, nelle più recenti età geologiche, deposero a strati orizzontali i frammenti delle roccie silicee, argillose e calcari trasportate dalle Alpi, e a P°co a poco alzarono il fondo, ove prima era mare, e ricoprironlo del terriccio vegetabile. Questa zona quadrilunga, e tutta piana e uniforme, comincia presso la foce del Serio, prolungasi nella sua parte più estesa e depressa per novanta chilometri, nella larghezza quasi uguale di venti, fra due linee parallele, F una formata dall'Oglio, l'altra dall'Adda e dal Po, ed è pressoché tutta circondata da questi fiumi. Il Serio morto ne bagna i confini per pochi chilometri, VAdda per ventisette, VOglio per sessantaquattro, il Po per settantaquattro. Il Serio e l'Adda ad occidente la dividono dalla provincia di Lodi e Crema ; l'Oglio a tramontana e levante, da quella di Bergamo, di Brescia e di Mantova; il Po a mezzodì, dallo Stato di Parma e Piacenza. Questa pianura distendesi per 1245 chilometri quadrati, ossia per 118 mila ettari, è alta dai 110 ai 24 metri sopra il livello del mare, giace tra il 44° 5'C e 45° 27' di latitudine boreale, e tra i 27° 22' e 28" 45' di longitudine occidentale; dista per trenta o quaranta chilometri dai primi colli sub-apennini e sub-alpini, ed è dolcemente inclinata da nord-ovest a sud-est, e quindi esposta a meriggio ed oriente, ossia verso l'Adriatico. Il territorio cremonese elevasi a' suoi confini sopra due altipiani a duplice pendenza, al piò dei quali e sotto il livello delle circostanti pianure si devolvono profondamente incassati que' fiumi. Tra le rive di questi e i promontori' degli altipiani il suolo più o meno s' avvalla e si allontana, talvolta per sei chilometri, dalle correnti; è lo spazio anticamente occupato da esse, e reso coltivato e abitabile dall'uomo, ma spesso corroso e sommerso. Ivi sorgono gli argini, antichissimo monumento di providenza civile, i quali , a guisa di giganteschi bastioni, alti e larghi sei metri, difendono dal furore dei fiumi la provincia sino a' suoi confini; gli argini dell'Oglio si prolungano per quarantun chilometri, quelli del Po per settantasette. Quando le fiumane si elevano sino a cinque o sei metri sul loro livello ordinario, è mirabile e commovente la lotta che su queste dighe colossali affatica da venticinque secoli l'ingegno, la vigilanza, il coraggio degli abitanti per salvare uomini, animali, case e poderi. Il suolo cremonese ò solcato da ampj acquedotti naturali e artificiali, che con corso tortuoso o rettilineo, proveduti d'argini anch'essi e attraversando i colossali, mettono foce libera, o muniti di chiaviche o chiuse ne' fiumi maggiori. I due navigli Civico e Pallavicino, altri monumenti di cittadina civiltà, distribuiscono ad ogni battuta di polso sul territorio assetato quaranta metri cubi d' acqua viva dell' Oglio, la quale suddivisa in mille rivi fecondatori, sormontati sulle mille strade da altrettanti ponti di pietra o di marmo, s'incontra, si sorpassa, si sottopassa, si intreccia con varj congegni e livelli, e a calcolate misure di volume e di velocità se ne permette o se ne preclude V ingresso. Poi si aduna e con-giungesi ne' canali diversivi e di scolo, destinati a raccogliere le acque derivate o cadenti dagli altipiani superiori e a tradurle nell'Oglio e nel Po 1. i Molte ville e campagne cremonesi conservano oggi ancora i nomi molteplici , che alludono nel linguaggio proprio del paese all' antico stato sabbioniccio, silvestre e pa- IDROGRAFIA 583 Col governo degli argini, delle irrigazioni, de' concimi e colla coltura a vicenda, ossia col largo, assiduo e intelligente lavoro e dispendio si abbonirono e si mantengono feraci alcuni terreni, originariamente ribelli a qualsiasi produzione, sì che il paese più basso di Lombardia dopo Mantova, più volte in preda alle acque, alle sabbie, alle selve, e ognor minacciato di essere impaludito e sterile, è forse quello al mondo che goda la massima quantità di terreno coltivato, cioè per diciannove ventesimi, e che offra simultaneamente si prodigiosa copia e varietà di prodotti d'ogni clima. Qui prosperano le biade del Danubio e le viti della Grecia, il mais del Messico e il lino delle Fiandre, i formaggi dell'Olanda e i gelsi della Cina, il riso dell'India e le patate dell'Irlanda. La mediocre superfìcie del territorio, non sproveduto di amenità naturali, archeologiche e artistiche, contiene trecentoventi tra comunelli, villaggi e borgate, presso a 20,000 case, 500 tra chiese e oralorj, 44,502 famiglie, e 175 abitanti per ogni chilometro quadrato, i quali comunicano sopra una rete di strade estesa per 1500 chilometri. Sulla riva sinistra del Po, nel lembo più basso e meridionale del suo territorio, e sopra un altipiano che declina in pianure sommergibili, non difese dagli argini, giace Cremona, alta 45 metri sopra il livello del mare e al 27° 41' 37" di longitudine meridionale, e al 45° 07' 45" di latitudine boreale. In prospetto di essa il Po allargasi a forma di lago e divagasi con lento corso tra isole alluviali con canali variabili; in acque ordinarie quel fiume distendesi dai 300 ai 400 metri, in piena ordinaria per un chilometro, nelle grandi piene sino a tre. Ne' suoi tempi migliori Cremona oltrepassava col suo distretto le linee fluviatili, che ora la circondano, prolungavasi da Cassano a Brescello, dal Taro a Brignano, abbracciava Crema e la Geradadda con Maccastorna e Castelnovo, tutto lo Stato Pallavicino con Borgo San Donino, Nuvolara e Guastalla, lustro dol territorio. I Cremonesi sino dal secolo X aveano la giurisdizione di tutto le acque dell'Oglio e del Po dall'una all'altra sponda coi diritti (regalie) di pesca, di barche, rnolini] bine, ecc. Nel secolo XII possedevano un naviglio (Navilelto d'Issa e Barbata) Privato dai' fontano!)! e da altre acque ad utilitatem Crcmonce. Ma riconosciuto insuf-diente ai bisogni della navigazione, delle irrigazioni e delle macine dei grani aquistarono nel secolo XIV la facoltà di estrarne altro acque dall'Oglio sul territorio di Bergamo, è 'li condurle nel proprio ed anche fuori di esso. Costrusscro perciò nel 13.»7 l'attuale na-vi*lio (civico o antico), il quale servì prima alla navigazione, trasportando alla città legnami, merci, ecc., e poscia fu rivolto esclusivamente alle irrigazioni c alla pulizia della «Ita (Documenti nett'Arch. Scgr.). Sul principio del secolo XVI i signori Pallavicini' SCiu'arano poi quello che da essi o nuovo si nomina, e si ap'ersc il Colatore di llobccco per divertire le acque sovrabbondanti, mentre quello delta Belmona o Tagliata fu co* strutto intorno il 1.10«. Noi accompagneremo di abbondanti note qnesto rapido compendio, spesso deducendolo * altri lavori del Robolotti, il quale non volle ripetersi qui. PANORAMA 585 giungendo a sette miglia da Parma, a dieci da Piacenza, a dodici^ da Milano, da Bergamo, da Mantova, Le discordie fraterne e P altrui^ prepotenza ridussero alla m^tà quel distretto e T immiserirono. Ulustraz. dei L. V. Voi III. 4» Avanti di descrivere lo stato attuale della città e provincia cremonese; dirò brevemente da quali genti e vicende furono per due mila anni agitate; come dal primiero squallore palustre divenissero col senno e l'industria amene e splendide; come colla negligenza tornassero imbarbarite. Il nodo della storia di Cremona sta nella lotta alterna dell'uomo contro i fiumi e il suolo selvaggio, e delle acque irrompenti contro la prosperità di lui. I periodi storici degli Etruschi, dei Romani e del Comune, che, rispettando i diritti e le pratiche tradizionali, lasciarono agli indigeni la libertà di contenere quelle acque e di convertirle in fertilità ed agiatezza, rappresentano la prima lotta. L'altra è costituita dalle epoche storiche dei Galli, dei Barbari e degli Spagnuoli, che ignari dell' indole e degli usi dei luoghi, ed opprimendoli di tributi e di tutela, operarono per modo, che il paese si ricopri di lande e paludi inospitali. II. La Colonia. — I primi Barbari. (Dal 222 av. Cristo al «03 d. Cristo). Gli Etruschi dopo i Liguri e gli Umbri frenano cogli argini VEridano dai gorghi profondi, con fosse e canali prosciugano la terra palustre delle grandi acque correnti; entro o ai confini dell'agro cremonese, sulle rive più erte ed amene de' fiumi fondano Àcerra e Vulturnia, e forse Castore, Bebriaco e Cremona. I Galli, stanziatisi nel paese conquistato, e, ignari di civiltà ne abbandonano gran parte alle acque e alla sterilità. I Bomani, valicando la prima volta il Po alla foce dell'Adda, cioè presso a Cremona trovano selve e paludi, il fiume indifeso dagli argini raggi-rantesi per alvei sterminati di dieci miglia, stagnante in profonde lagune a circuente borgate e città: ergono un tempio alla dea Mefite, indizi» d'aria corrotta e di malsanìa. Distrutta Acerra, presa Milano e sovrastando la seconda guerra Punica, i Romani conducono in colonia Cremona, città od oppìdum che fosse, per frontiera oltre il Po contro ai Galli o altra rovina che calasse dalle Alpi (522 di Roma, 222 avanti Cristo). La restaurano e muniscono di alte mura, di torri di pietra, e di porte ferrate, e la rendono capace di ospiziare nel prossimo inverno dieci mila Bomani vinti alla Trebbia e di resistere agli assalti de' ribellanti nemici. LA COLONIA 387 Posta nel paese, e a freno ed onta di questi, diviene Cremona il baluardo più combattuto, l'isola e l'emporio coloniale più cospicuo di Roma in queste parti. Amilcare cartaginese, collegatosi coi Galli sempre pronti aita riscossa e sempre vinti, dopo aver arsa Piacenza minaccia Cremona (200 avanti Cristo); i Romani e i coloni cremonesi escono in campo a loOO passi dalla città, disfanno meglio di 40,000 nemici coi loro capitani migliori, tolgono dugcnto carri di prede con settanta bandiere, e liberano due mila prigionieri piacentini; insigne vittoria che vendica la sconfitta di Canne. Il Senato applaude alla fedele e generosa colonia, che col suo sangue e col suo oro salvò l'impero e la maestà del popolo romano, decreta di ristorarla con altre seimila famiglie di veterani e con altre legioni, stremata com'era di abitatori uccisi o dispersi dalle pestilenze e dalle guerre. Cremona, intatta nelle guerre esterne, fu infelicissima nelle civili. Ottaviano, vittorioso degli emuli suoi, dà in preda ai veterani il territorio della misera Cremona,che tenne le parti di Bruto pretore e della libertà patrizia; i prischi possessori snidarono dai fondi aviti. Ai piani di Cremona e dì Bebriaco era serbato di terminare la maledetta contesa fra Ottone o Vitellio, tra questi e Vespasiano competitori dell'impero di Roma. Tre mediocri battaglie intorno a Cremona, altre più feroci presso al nefasto Bebriaco fanno orridi di romano sangue e d'insepolti cadaveri il suolo cremonese I Yitelliani ricoverano nell'amica e munita Cremona, che oppugnata e difesa alla romana, è finalmente presa con impeto vigoroso dai Flaviani, e per quattro giorni arsa e distrutta (09 dopo Cristo). Trentotto mila romani e quindicimila tra cittadini e forestieri, accorsi ad un solenne mercato, perirono. L'eccidio di città si splendida e benemerita, scellerato quanto inutile, si tenne una calamità italica; tutta l'Italia maledisse ai vincitori, rifiutò comperare spoglie e schiavi cremonesi; nobile atto di amicizia e di civiltà. Per lo ajuto degli Italiani, i conforti dello stesso imperator Vespasiano, mondo forse della colpa, e per la munificenza de' cittadini si riunì il popolo disperso e si ricostruirono tòri e tempj. Gli storici, i geografi latini e i marmi rimastici fanno fede del florido stato della colonia-. Ascritta alla tribù Arnese, una delle più onorevoli, 1 Di Rebriaco e delle sue antichità ragionasi a suo luogo. 2 Le iscrizioni cremonesi sono per la maggior parte monumentali, onorarie e sepolcrali, e ricordano magistrature municipali, uomini chiari per dignità, lettere e scienze, perizia nell'arti, o imprese belliche, risguardano famiglie e persone cospicue per "enelicenze e virtù. Alcune sono romane e de'primi tempi cristiani, altre gotiche, la. Maggior parte dell'evo moderno; poche sono dettate in greco, in ebraico, in spagnuolo, In italiano; le più jn latino. Dopo la distruzione e lo smarrimento delle più antiche- ebbe il gius latino ed italico, poi la cittadinanza di Roma; governossi con proprj decurioni e comizj. Si rammentano duumviri, quatuor e se-stumviri, seviri augustali, auguri, edili, questori, circitori, magistrati benemeriti per opere pubbliche in Cremona ed altrove, soldati incliti nelle guerre puniche e civili, sì in Italia che neh1 impero. Encomiata per l'elice postura, comodità di fiumi e di strade, bellezza e magnificenza di edilìcj, per ubertà di suolo, ricchi commerci, illustri parentadi e alleanze, Cremona possedeva un ginnasio, collegi educativi militari e fabbrili, bagni e terme, un anfiteatro e un'officina d'armi, specialmente di scudi (Cyppus), tempj ed are a Giove, Ercole, Cibele, Iside, alla Fede, alla Fortuna, a Diana, a Proserpina, a Mefite. Il territorio riconquistato all'agricoltura e alla salubrità, popolato di vichi, di corti e d'are sulle sponde più elevate e ridenti dell'Oglio e del Po, produceva mirabile lapidi o Iscrizioni, delle schede degli storici cd epigrafisti che le trascrissero, non possediamo se non <|tielle che dalla carità cittadina si raccolsero nel famoso giardino alle Torri de' Picenardi , ora Araldo ErÌMO, e dottamente illustrate dal P. Bianchi (Manin n-rmniiesi ere.1796), insieme còlle ."7 non cremonesi, cioè il) comasche, i'1 napoletane e 13 bresciane. E Bianchi aveva primo spiegalo le epìgrafi d'una illastre famiglia cremonese (Monumenti dalla genie Maghi 1775). Altre lapidi e iscrizioni adunarono nella loro casa i Sonsis , altre si trovano in città e fuori di Cremona e nel suo territorio. Una murala alla base all'antica torre di casa Dati, che rammemora un edile cremonesi! autore d' una strada tra noi, fu chiarita da un anonimo, che fu lo stesso possessore di quella (Lettera ecc. il")); le poche de'Sonsis, ed altre conservate nel Museo Fari)esiano di Napoli, a Piacenza , a Milano si riferiscono dai chiarissimi Aporti e Dragoni nello loro istorie ecclesiastiche cremonesi. Tutte poi le nostre epigrali furono in un sol corpo ridotte dal p, Vajrani insieme con le corrosi;, le perdute o trasportate altrove e rammentale da antichi manoscritti, ed oltrepassano le duemila; se ne potrebbero aggiungere altre scoperte dopo il suo lungo lavoro Ittscriptioncs Cremonenscs, 17'Jtt. Oltre -40 ne abbiamo di romane, le (piali risguanlano tempj, are, o doni volivi fatti alle divinità pagane, cioè alla Dea Melile, ad Ercole, a Cibele, a Giove, ad Iside, alla Fede, ulta Fortuna, a Diana e Proserpina; altre ricordano magistrati municipali, decurioni, consoli o decemviri, seviri augustali, seštu m viri, auguri, edili, questori e un ciredore ; altre i Collegi de' Fabbri, di Minerva , della Gioventù , altre soldati cremonesi incliti in guerra, o morti in paesi stranieri, ed altre spettanti a monumenti funebri di privali. Per indicare taluna delle più rare e singolari, ricordo quell'ara o cippo romano in basso rilievo ornato di liguri; in marmo, che si pubblicò da Muratori e da altri, ma con qualche menda, e più esattamente dal Bianchi, che ne fece il disegno e la illustrazione. Soavemente pietosa è l'epigrafe d' un altro monumento romano : Mater monti-mentum ferii — Mierens /ilio, ex quo nihil — Vnquam doliti t nise — cum is non /uit. Alle iscrizioni cremonesi de' tempi romani dovrebbero aggiungersi quelle giacenti nel Museo di Brescia, di Mantova, a Concordia, altrove, clic accennano a famiglie cremonesi, In Pompeja , la Stazia , la Sonzia , la Sulria , la Ditola. La statua della Vittoria rinvenuta a Calvatone [torta il nome ili Sutrio; in alcune pietre e lucerne in pietra cotta ivi scavate stanno i nomi di Saturnini, Yibiani, Ardi. D'un Calvio cremonese decurióne e questore, chiaro per opere pubbliche in Bitinta e in Asia, parla una lapide pubblicata da Zambaldi, Monumenti Concordiani, ecc. Ì840. C. C. I PRIMI BARBARI 389 copia di animali e di biade, di frutti, di pece, di vino e di lane; ab' bellivanlo continui pometi e utili foreste. Strade magnifiche ponevano la colonia in commercio colle vicine; la Bresciana o Pretoria, la Bebria-cense, che per Bebriaco metteva a Verona, la Postumia arginata lungo >1 Po, passando da Vulturnia, riusciva a Brescello; la Piacentina per Castore andava a Piacenza, la Mediolanense per Acerra e Laus Pompeja giungeva a Milano ; della Bergomense esistono avanzi a Caravaggio e Verdello. Nella decadenza deir impero romano e nello stanziamento de1 primi Barbari, pochi e tristi avvenimenti si successero in Cremona. Fu occupata dai Gentili Sarmati (405); il goto re Alarico qui valica il Po (408); gli Unni distruggono Bebriaco; Odoacre, combattuto da Teodorico, fugge a Cremona ripresa o rimastagli fedele (490). Teodorico fa ricco e navigabile l'Oglio, e taglia molti boschi lungo il Po per rifiorire la navigazione e il commercio e vettovagliare le città. Narsete, vincendo Goti e Franchi, ristora Cremona (553), che appartiene ali1 impero d'oriente e all'esarcato di Ravenna, ultimo e più minacciato possesso de' Greci nell'Italia transpadana. I Cremonesi, ne' quali non era ancor morta l'antica virtù, resistono soli con inaudito coraggio agli assalti del longobardo Alboino (569); e per trentatre anni son salvi dall'esterminio di que'feroci conquistatori. Se non che per la perfidia dell'esarca, re Agilulfo, chiamate molte milizie degli alleati, assedia e prende a viva forza Cremona, che adegua al suolo colla vicina Vulturnia o Valdoria (003). I cittadini cremonesi scampati alla strage ricoverano, come i popoli della Venezia e del Lario, nelle isole e negli altipiani più nascosti e inaccessibili per le acque e le selve, e fabbricano Crema e molti Casali. I duchi di Bergamo occupano, tra l'Adda e l'Oglio, Genivolla, Paderno, Casalbuttano, Sesto e Grumello; quelli di Brescia fra l'Oglio e il Po, le isole Ciconaria e Suzzara, Ca-Salmaggiore, Vitelliana, Pomponcsco, Scandolaria, Vidiceto. Gli- imperatori romani tolsero alle colonie e ai municipj ogni franchigia e vitalità ; le curie e le cariche comunali, prima gloriose ed ambite, divennero strumenti di violenze e di oppressioni. Coi Barbari minacciate le vite c le proprietà, sottentrano ai molti e piccoli i grandi Possessori, agli operosi e frequenti coloni i pochi e lenti servi, alle splendide città le povere borgate, ai popoli liberi e colti gli uomini inselvatichiti come il terreno. Le ville arso e devastate, le campagne coperte di vasti stagni, di sabbie e di ericaje, sono visitate o fatte rifugio di orsi e di lupi, d'aquile e di serpenti. Il Po, sbrigliato per gli argini folti, erra senza legge; i fiumi minori nelle inondazioni diluviali ingojano Ponti, strade, latifondi, villaggi; un'ampia rete di fossi, di melme, di laghi S1 frappongono tra Cremona e le vicine città; l'Adda od un suo ramo prolunga il corso sino a Cremona; altri canali, or poveri d'acque o interrati, erano allora fiumi e torrenti, ed oggi molti luoghi nei nomi e nei documenti tradizionali e geologici che conservarono ritraggono il lugubre aspetto del territorio d'allora. I primitivi fatti e monumenti della Chiesa cremonese ci sono ignoti o incerti, in causa delie molte sovversioni della città e della trascuranza de' nostri. Se non si può provare con documenti storici inconcussi l'origine immediatamente apostolica di essa per le predicazioni di san Barnaba, nè la fondazione della prima chiesa e gerarchia all' anno 54 dell' era vulgare col vescovo san Savino, pare almeno che la prima luce del Vangelo fosse qui propagata dai fondatori della Chiesa milanese. È pia tradizione che greci per la maggior parte, e romani fossero i primi vescovi cremonesi sino al secolo VI, abitassero e fossero sepolti ne' vichi suburbani, ai quali lasciarono il proprio nome. Forse non erano essi veri e stabili vescovi, ordinati in chiesa e gerarchia, ma preti sussidiar] e propagatori del Vangelo con cura ed ufficio di vescovo, ma è certo che si celebrarono ne' dittici, menologi e calendarj antichi, si commemorarono nei canoni della Chiesa sino al 1458, e i loro corpi si venerarono in duomo. Il pomerio, spazio d'un miglio intorno la città, apparteneva alla chiesa; ivi si collocarono i primi tempj e cimiteri cristiani, laonde de* Corpi Santi tuttor si nomina. Secondo i documenti trovati da monsignor Dragoni, la prima chiesa fu eretta nel secolo II nel sobborgo occidentale della città; entro questa e nelle case de' Cesj era un oratorio, catacomba o grotta (crypla), nella quale si adunavano e seppellivano i primi fedeli. In questo luogo medesimo a' tempi di Costantino (310) si costrusse una chiesa, che fu la matrice o cattedrale, dedicata a M. V. Assunta e a santo Stefano, alla quale era aggiunto un primo ospitale pe' pellegrini e gli infermi. Il vescovo Audemio fondò le prime parrocchie ne' paghi e ne' vichi, ossia le pievi e collegiate con fonte battesimale, distinte dagli oratorj (oracula, martyria). Posteriormente si instituirono le cappelle e le diaconie, e queste, come gli oratorj, avevano quasi sempre gli ospitali retti da diaconi (hospitia, xenodochia) pe' pellegrini, i poveri, gli orfani, i vecchi, gli infermi. Nel secolo VI sorsero altri oratorj e ospitali, sì dentro la città che ne' sobborghi e nel territorio. Cresciuto il numero de' fedeli, il vescovo Crisogono (520) divise i sette diaconi ond'era composto il suo presbitero o senato, nelle sette regioni ecclesiastiche della città; dunque la Chiesa cremonese trovasi già costituita in gerarchia. Il presbitero ajutava il vescovo nel ministero della diocesi; aveva beni, abitazione e mensa comune presso la cattedrale, spesso insieme con lui; CHIESA. LETTERE ARTI 391 preti preseduti da un arciprete amministravano le cose spirituali, i diaconi coli'arcidiacono le temporali. Il vescovo, come il parroco, era eletto dal clero e dai fedeli, ossia dal popolo, poi presente il popolo, cui spettava la postulazione, che raccolta dagli ordini maggiori della città, comu-nicavasi al presbitero che eleggeva; diritto sociale il più antico, dice Partou-neaux, e il meno rispettato. Il vescovo era confermato dal metropolita di Milano o dal patriarca di Aquileja, il parroco dal vescovo. Neil'861) quel diritto fu tolto ai laici e conservato al solo clero; i parroci erano scelti da esso e dal vescovo. La Chiesa cremonese sino da' suoi primordj ebbe riti e discipline speciali; vi prevalse sino al 1457 un rito misto di romano e di greco, e molto simile all'ambrosiano e al ravennate, il quale dal vescovo Offredi del secolo XII, che lo riordinò, fu detto Off rediano. Essa vanta martiri e santi, diaconesse, vergini e vedove pie. dotti scrittori, vescovi ed arcivescovi insigni. La vedova Desiderata fondò un monastero di vergini e un altro ospitale pei pellegrini (594); i vescovi Giovanni ed Eustazio assistettero ai concilj di Milano e di Roma (451-501); un Anastasio dicesi vescovo o arcivescovo di Brescallo (582). Cremona ebbe un ginnasio pubblico, nel quale Virgilio apprese i primi clementi delle lettere, delle scienze e delle arti ; ebbe collegi di educazione militare e civile per istruire i giovani nella ginnastica e nelle arti, come nelle liberali discipline. Gneo Pompeo Magio amico a Pompeo, a Cesare, a Cicerone, fu esimio architetto e ingegnere militare, come Publio Silvano c Mario Alarico, nominati da Ammiano Marcellino e dal Wolfango. M. Furio Bibaculo e Quintilio Varo amici di Catullo, di Virgilio e di Orazio, riuscirono autori rinomati di giambi satirici e di poemi epici ; Alfeno Varo, console di Roma e padre dalla giurisprudenza romana, scrisse molti libri legali. Dalle opere di questi primi letterati cremonesi non rimangono che frammenti, insigni ruderi di grandiosi edificj. Fra gli uomini di chiesa ebbe Cremona famoso Eusebio del secolo IV, amico e discepolo di san Girolamo, e scrittore di opere celebrate; ebbe un prete Andrea, scolastico e catechista, e uno Stefano lettore (lectur) venerabile del secolo VI, nel quale si apre entro la città una prima scuola, forse di studj sacri. Da molti illustri famiglie trasse il municipio cremonese lustro e beneficj civili per strade, tempj ed are costrutte, ma se ne ignorano gli artisti * S Sullo arti cremonesi possono vedersi le Guide del Panni, dell'Aglio, del Grasselli, Corsi, del marchese Picenardi, e la Pittura Cremonese, del principe Vidoni; ma flssai resta a dire su quell'età che i nostri antecessori dispensavansi dallo studiare col III. 1 Vescovi e il Popolo. Fin che visse il longobardo re Agilulfo rimase deserto il luogo ove era seduta la splendida colonia romana. Morto lui la pia Teodolinda, quasi correggendo le immanità del marito, permise ai Cremonesi, erranti da quindici anni, di riunirsi nelPatterrata città, la quale restaurata, cinta di mura e fossati, e divisa in regioni, fu sede d'un duca e di famiglie longobarde, popolata di ediiìzj pubblici e privati. Sotto i Longobardi, i vescovi, quasi sempre di gente latina, non partecipavano al governo civile. Pure, per antiche consuetudini, essi e gli uomini liberi e possessori curarono le opere pubbliche, la pulizia urbana, il censo c l'annona. Adunque per opera di costoro proseguirono, qualunque ne fosse la forma e il nome, alcuni uflìzj dell'edilità e del. municipio romano, che i Longobardi, banda militare di ventura, ignoravano o spregiavano, e i nostri non mai dimenticarono. I Longobardi primi col ripartirsi il suolo e gli abitanti, cui imposero di contribuire un terzo dei frutti raccolti, non ispogliarono forse de' possessi e della libertà tutti gli antichi signori latini, nè spensero tutti gli ordini e diritti romani. Liberi e possessori, godenti la legge e cittadinanza longobarda, furono certamente parte di essi signori, il clero, i dotti, gli scribi, gli esercenti le arti belle, industriali e liberali, i livellar], i mercanti, i longobardizzali e imititi, quasi tutti romani e prevalenti nella città. Schiavi ed al d j non erano forse che gli antichi servi e coloni dell'impero decaduto. Dopo re Liutprando avendo i Longobardi adottato la religione, la lingua, gli usi e i costumi dei vinti lasciarono che questi usassero la legge c le instituzioni romane, cui que' dichiararla barbara e ignorante. G. Aglio e L. Voghera s'erano proposto (l'illustrar i monumenti cremonesi, e il primo specialmente le cpigrati romane, e pitture, sculture e memorie d'insigni cremonesi: l'altro i monumenti dell'evo romano, i gotici, e quelli de'secoli XIV o XVI: ma i loro manifesti, pubblicati nel 1804 e 4826 non trovarono ascolto. Al Cicoguara erano slati spedili molti disegni di opere dimentiche di Geremia da Cremona, di Bramante Sacchi, dei Pedoni, di T. Amici, di F. Mabila de' Maio, ma andarono perduti. Il professore Aporti pubblicò alcuni monumenti del secolo XIII e XIV tìelle Memorie di Stò+ia Ecclesiastica Cremonese. Altri compajono ne' Documenti storici e letterari del Robokttti, dove, relativamente all'antichità, si hanno le statue di Esculapifr e della Vittoria, che noi pure daremo parlando di Cai vato ne; un capitello composito forse reliquia di tempio d'Ercole; e una iniziazione bacchica, forse avanzo di antico sarcofago. I LONGOBARDI 593 nuovi ospiti per fini e interessi comuni obbedirono. Dalle loggie del palazzo del re o del duca facevansi le pubbliche giustizie ai singoli uomini con un nolajo e un giudice o avvocato, assistiti da molli buoni uomini. Antiche cronache cremonesi, ora perdute, narravano che il duca Autari cospirò contro ai proprj re Desiderio ed Adelchi, e che autore e capo della congiura fu quell'animoso ed atletico fra Martino di Cremona, diacono, poi arcivescovo di Ravenna, il quale insegnò a re Carlo di Francia un incognito varco per entro le Alpi donde scendere in Italia a disastro de' Longobardi. Rammentavano che un prete Stefano, orando il popolo e alcuni militi minori del ducato, agevolò la conquista*. Certo un prete Stefano fu da quel re fatto vescovo di Cremona e onoralo di lega/ioni importanti; Sicardo lo chiama venerabile uomo quanto Alenino, Carlo Magno, sottoponendo la spada al pastorale che lo fece re d'Italia c l'incoronò imperatore, pone sotto la propria difesa (mutui ih un Iti) la Chiesa cremonese, ossia il vescovo e il presbitero, cui concede le chiese battesimali, gli oratorj, i monasteri, gli ospedali, i predj, le celle coi loro servi e aldiani, che già possedevano. Poi aggiunge (801) le gabelle sui porti e le rive del Po e il transito delle navi da Vulpariolo alle foci dell'Adda, le pesche, i mulini, i mercati, gli alberghi e alcune isole •sul Po, sull'Oglio, sull'Adda e nel mare Gerundio, e finalmente alcune corti regie. Il più magnifico dono fu la corte di Castclvetro (rimpctto a Cremona oltre il Po ncll'Aucia) co'suoi servi e arimanni, e il diritto della giudicatura e del libero governo, esclusa ogni autorità di conti e messi regj. Primo esempio di sovranità accordata ed esercitata in questi tempi da ecclesiastici, i quali dettano leggi civili e politiche agli uomini liberi di quella corte, e ne ricevono il giuramento di fedeltà e di obbedienza (807-835). 4 11 canonico Dragoni tiene raccolta una quantità di documenti intorno alla storia patria* preziosi viepiù (piando ne sarà stata discussa e posla in sodo I autenticità. Fra altri egli somministrò a Carlo Trova, il quale non esitò a inserirla nel suo Codice Diplomatico, una lettera di Martino da Cremona, figlio di Paolo, nobilissimo uomo, e di Sabina onoranda femina, in cui racconta del suo viaggio fatto a Carlo Magno. « Nel nome di Dio, io Martino cremonese, per divina grazia diacono della santa cattolica Chiesa ili Ravenna; per online del SS. in Cristo binine arcivescovo di Ravenna avendo intrapreso Un lungo e difficile viaggio, e arrivalo ni confini dei Franchi, o parlato cui glorioso re Carlo, e nel ritorno venuto a Cremona mia patria, mi parve sarebbe grato a Dio e a Maria Sua madre se de'miei beni giovassi questa canonica... » Si ha di fatto un diploma di Carlo Magno, che loda i sacerdoti di Cremona, qui mihi fidelcs fucrunl jam ab ipso nostro adventu hic iti Italia. Se le opinioni qui sopra manifestate dal dotto illustratore intorno alla persistenza diritto romano, variano da quelle esposte in alcun'altra parte dè\VIllustrazione, ciò ap« paritene alla libertà d'opinioni che a ciascun collaboratore è conservatale dalla cui varietà deriva poi il vero, chi sappia cercarlo. C. C. Ulnstraz del L V. Vol. III. 89 Nell'818 Volfoldo vescovo avendo congiurato contro Lotario imperatore per far re d'Italia il nipote Bernardo e indipendente dall'impero, venne esiliato o chiuso in carcere o in un monastero. Allora Rotchildo, ajo o ministro (bailo) di Pipino re d'Italia, spogliami wjusle il vescovo Attone, successore di Volfoldo, dei doni e diritti della Chiesa, di cui s'erano smarriti i documenti. Il vescovo Pancoardo li ricupera, e i successori di Carlo Magno li confermano, e ne aggiungono di nuovi, cioè, altri ponti, mulini, mercati, altre pesche, terre e corti nella diocesi e fuori (corti di Ru-berino presso Fornovo, di Corlemaggiorc, di Castcnedolo, Sospiro, Sesto, Crotta e Cella), e prosciolgono preti e parroci dal prestar carri, cavalli éd alloggi regj e militari, vescovo e presbitero dal censo di esse corti e dalla giurisdizione de' ministri regj. I Carolingi sanzionano con legge le antiche consuetudini del paese, proteggono le scuole o confraternite d'arti e mestieri, divise per porte e parrocchie, attribuiscono ai clero e a tutto il popolo la costruzione e il nstauro de' pubblici edifìcj, cioè ponti, porti, strade, piazze, acquedotti, cloache, ecc.; accordano che il popolo segua liberamente le proprie leggi, che sia rappresentalo nei placiti dagli scabini, eletti anche col suo consenso ; che in quelli esponga domande, consigli, doglianze sulle angarie dei conti e dei vescovi (825-875). Se non che coi re Franchi mediocri, raggirati, discordi, lontani, i primati ecclesiastici e laici esercitano poteri sovrani ne' loro feudi, ritornati stabili e liberi; si arrogano anche il diritto di eleggere, rifiutare e deporre quei re. Nulla essendo l'unità e la forza dello Stato, gli ecclesiastici, assunti alle maggiori dignità, a compilare le leggi, a presedere i placiti e le assemblee nazionali, cercano soverchiare in potere i conti e i marchesi, cioè la parte laica e straniera, acquistar piena giurisdizione sulla città e sul popolo indigeno. Come i vescovi avevano assicurato le libertà popolari e indigene contro la spada degli stranieri, così a mezzo il secolo nono cominciano le reazioni de' mercadanli e de' feudatarj contro il vescovo. Sin dai tempi di Carlo Magno, i Comacchiesi e Veneziani recavano a Cremona col sale assai mercanzie, pagando al vescovo il censo delle gabelle. Nel secolo nono risorgono a nuova vita gli antichi porli o mercati sul Po e suIPOglio, a Cremona, a Vulpariolo, al Vhò, a Moneslirolo, a Genivolla, frequentati da navi venete, comacchiesi e ferraresi. Così dal mare Adriatico e da Spina ci erano venuti i primi nostri progenitori etruschi ad iniziare tra noi i commerci, le industrie e la civiltà. Un grande insolito movimento di navi e di negozj si agita sul mercato o caratura di San Nazaro presso Cremona, tra quo' popoli delle foci del Po e gli abitanti della città, i quali si rifiutano di pagare i diritti e tributi sulle navi mercantili dovuti al vescovo, nemico forse DOMINAZIONE VESCOVILE E REAZIONE POPOLANE 59"> dei tumulti commerciali e di genti libere e operose. D'altra parte alcuni uomini cremonesi, longobardi e bresciani, cioè i conti urbani e rurali, gli antichi e nuovi conquistatori, insofferenti dell'onnipotenza ecclesiastica, ardono, distruggono beni e carte della Chiesa, si in Cremona che a Ge-nivolta, riscuotono i censi dai liberi massari e coloni del vescovo. Avanti ai placiti si movono querele, si accusa a vicenda delle ingiuste rapine, iieile oppressioni e violenze tanto la podestà secolare e pubblica, quanto la parte del vescovo, che teneva con collusione beni e diritti usurpati e bugiardi. I Pagani, ossia gli Ungari, sul principio del secolo decimo, rubando , incendiando chiese e monasteri, corti e terre dell'episcopato, riducono il vescovo e il clero in gran povertà. Berengario I, per compensare le patite distruzioni, donò al vescovo in podestà regia mercati e vie pubbliche, corti e castelli, isole e ripe di fiumi, e il comitato di Cremona entro e fuori della città per lo spazio di cinque miglia, colle solite immunità dalle gabelle, dall'ospìzio e dalle giurisdizioni dei regj ministri (910). Concesse inoltre le fortificazioni novamente erette per l'utilità comune si nella città che intorno alle corti e alle pievi dell'episcopato, col diritto di edificarne di nuove. Ma con l'aumento di questi poteri il vescovo Giovanni si lagna delle molle calamità e miserie omf era attrita e desolata la Chiesa (920). Dappoiché alcuni pessimi cristiani, pravi e temerarj uomini, fra cui un giudice, invadono le terre, le case e le navi vescovili sul l'o, novamente contrastano e ledono il tributo delle gabelle sulle ripe e i porti. Nei placiti si prolesta contro le usurpazioni del vescovo, che forte de' suoi diritti, n'ha la conferma dai messi regj, ma la parte laica 0 feudale, esclusa dal dominio della città, rinselvata ne' suoi castelli, rinnova ad ogni occasione gli assalti contro la gerarchia ecclesiastica, indipendente e padrona oggimai di gran parte della diocesi. In questo tempo i livellar]" e massari della Chiesa, che nulla possedevano, osano celebrare placiti pubblici, contendendo ai diritti del vescovo. Così i mercanti della città tentano sciogliere e trasportare altrove il porto sul Po. Il vescovo ricorre a re Rodolfo, il quale (924) vieta que' placiti «d ogni insidia alla Chiesa, raccomanda a quello di sciogliere i primi, e di far leggi per rimovere ogni male, sopire e allontanare le pubbliche occasioni. È questa forse la prima resistenza del popolo cittadino e campatolo , stretto in difesa comune contro il proprio vescovo , che qui non rappresenta l'autorità spirituale , ma il dominio civile. La classe degli uomini liberi e possessori, dei negozianti e cittadini si era in questi anni accresciuta, in ragione che quella de' servi e conservi scompariva. Nelle discordie dei vescovi e de' conti, degli imperatori e de' papi, nelle lunghe vacanze dell1 impero e della Chiesa, e per le calate degli Ungari erano pure cresciute in concordia e ricchezza quelle associazioni delle arti urbane, che si ordinarono in comune governo con consoli, statuti, possessi e franchigie; primi germi del Comune italiano. Ad esse si unirono i militi minori indigeni, poi i piccoli signori feudali minacciati dai grandi. I Longobardi, pochi e combattuti dai papi, dai Franchi e dai Greci, talora contendenti in guerra fra loro, armarono i robusti coloni e artigiani natii, divisi fra i duchi e i re. Coi Franchi, minacciati anch' essi o in guerra coi Saraceni e coi Greci, concedenti il diritto e il dovere delle armi cittadine, que' militi si aumentarono e viepiù nelle incursioni degli Ungari, nelle quali dovettero imparar i popoli ad armarsi e fortificarsi , essendo impotenti il clero , i signori feudali e gli imperatori a respingere quelle bande sparpagliate, che non oppugnavano i castelli, ma attaccavano ogni masseria, ogni convento. Fglino adunque co' servigi e le vittorie acquistando diritti civili, indipendenza e forza, resistono ai feudatarj ed ai vescovi. Questi, non più eletti dal popolo, ma imposti dagli imperatori, di cui furono cappellani, consiglieri, legati; non più di sangue latino, ma parenti ed amici alla parte laica e straniera, curanti più gli interessi imperiali e temporali, che i doveri spirituali ed il popolo inerme ed oppresso, riprodussero il dispo-tismo dei conti, ed eccitarono le resistenze popolari. A stornarne il pericolo e' si alTrettarono di legittimare i poteri e i privilegi impugnati, mediante diplomi imperiali, i quali facilmente sancivano quello che non potevasi tórre,o negare, o ch'era fatto compiuto e passato in consuetudine. Sulla (ine del secolo, i mercanti tornano a negare i soliti censi e diritti de' vescovi; altri uomini ne involano di nuovo le carte; e mentre Ottone III accorda la solita immunità al vescovo Olderico (992), questi narra all'imperatore che la sua Chiesa pativa di grandi avversità da parte di pravi uomini, e de1 cittadini Cremonesi, i quali con temeraria audacia avevano da padroni arse e saccheggiate le sue terre, case e navi, imprigionali i suoi chierici e laici, con violazione della legge pubblica (990). Ma Io stesso Ottone nel medesimo anno concede in possesso a que' cittadini liberi (distinti in ticchi e poveri) l'uso delle acque del Po dall'una all'altra sponda, coi pascoli e le selve da! Capo d'Adda a Vulpariolo, comparte loro il diritto di fare tutto che conosceranno utile per la cosa pubblica, rimossa ogni molestia e spogliazione de' ministri ecclesiastici e civili, si che quietino sicuri nella loro città. Se non che Ottone pochi mesi dopo, ad istanza di Olderico vescovo, eh'era aRoma con lui, ritratta pentito e condanna il suo primo precetto, carpitogli dai cittadini cremonesi con nefanda frode ed inganno, e lo dichiara illegittimo e nullo. Chi ha in mano la forza e può tutto che vuole, suol conservarla ed accrescerla; ma con- DOMINAZIONE VESCOVILE E REAZIONE POPOLARE 597 centrando in sè tutti i diritti e imponendo agli altri tutti i doveri, perpetua le ingiustizie e le guerre. L'imperatore, giunto in Cremona, compone le controversie, ma se ne ignorano le condizioni; certo è che, esso 'to appena con sue genti in Germania, i Cremonesi continuano a contrastare i suoi diritti e possessi al vescovo, impotente a debellarne colle armi secolari le milizie, si che due anni dopo egli li chiama usurpatori de" suoi beni (998). Intorno al mille, si avviluppa un'anarchia d'uomini e di cose, un conflitto di tutti gli ordini sociali, un finimondo politico , più vero del fisico temuto. Il popolo soffre, ma si educa e avvezza a libertà, si emancipa dalle classi superiori ornai scassinate, che lo blandiscono a vicenda ; progressivo riformatore operoso, acquista ed esercita gli attributi municipali e civili, poi i giudiziari", militari e politici, che gli imperatori accordano ai vescovi, finché resiste e spodesta vescovi e feudatarj, e la guerra agli stessi imperatori. Nel 1007, pontificando Landolfo, acerrimo persecutore (dice Sicardo) del popolo cremonese e del monastero di San Lorenzo, gli stessi suoi militi, uniti ai cittadini e suburbani, molestano lo facoltà della Chiesa. Stranieri a queste sommosse popolari non furono i monaci Benedettini di San Lorenzo, nò gli stessi canonici; i primi perché quel vescovo voleva amministrarne i beni col pretesto che essi li dissipavano ; gli altri perchè da Olderico vi et injusle furono spogliati di alcuni loro poderi e diritti, caricati gli altri di tributi. Nel 1015 il popolo insorto furiosamente, assale e atterra il palazzo episcopale, cinto da duplice muro e munito di sette torri, rovina le case, i castelli e poderi della Chiesa, ne uccide e vende i famigliari e custodi trovati a difenderli, toglie i fitti de' mulini e ì censì delle navi , costringe Landolfo a uscir di città. L' episcopato (aggiunge Sicardo) che molto aveva guadagnato, mollo ancora ha perduto per la superbia e inerzia di lui. Accusato e convinto alla dieta di Pavia di commesse oppressioni, esulò e cadde prigione di re Corrado, pagando, (dice Wippone) la pena dell'intollerabile suo orgoglio. Poi cangiando costume e riconciliatosi coi Cremonesi, patteggiò di fabbricare per ammenda la chiesa e il convento di San Vittore, e di lasciarlo governare dai monaci di San Lorenzo (1024). Caduto gravemente infermo (voce tantum epi-ncopw) Gerardo, nipote di quell'arcivescovo Eriberto, clic, levato in superbia ed audacia, regolava a suo senno l'Italia facendo lecita ogni cosa giusta °d ingiusta, invase la corte e pieve d'Arzago, che era della Chiesa cremonese :i. S La rivoluzione episcopale non fu tampoco avvertila da alcuni storici della risma «el Verri, nè abbastanza dalla più parte lino all'età nostra. Guardando la cronaca di Si-cardo, appare come Cremona fosse delle prime a ottenere 1' immunità episcopale, e delle Morto Landolfo e succedutogli Ubaldo (1031), egualmente nemico del popolo e de1 Benedettini, le cospirazioni de' liberi cittadini perdurando, si vieta al nuovo vescovo il possesso della Chiesa. I Lodigiani mandano in ajuto de' Cremonesi alcune coorti di pedoni e torme di cavalieri. Re Corrado scrive a tutto il popolo cremonese (allora distinto in militi, valvassori, popolo e cittadini maggiori e minori) che riceva il suo vescovo, e lo risarcisca dei danni; poi giunto a Cremona, punisce i ribelli e insedia Ubaldo. Ma i cittadini ricusano compensarlo, e intervenire a'suoi placiti, e con ostinato animo (è detto nel diploma) insistendo nella congiura, capo un Alberto, saccheggiano, incendiano le selve e i possessi di lui, e lo cacciano di città; indi venuti a battaglia con esso, lo vincono al Lago Oscuro, cioè a quattro miglia da Cremona. Poi schiantano la vecchia città, sede de' maggiori feudatarj, degli uomini regj e della Chiesa, e un'altra più ampia, centro di popolani e di nobili nuovi e minori, ne edificano contro l'onore di Corrado e per resistergli. Ubaldo, esiliato in Germania, è condannato ingiustamente dallo stesso Corrado, con gran dolore del figlio Arrigo. Liberatosene appena, si pacifica coi cittadini (1040), ma i patti non sono stabili, che il popolo pochi anni dopo ricomincia la lotta, la Chiesa è ancora oppressa da calamità per parte di stranieri e di domestici, il vescovo perde i suoi diritti di conte e di capo politico. A rifarla dei danni e delle afflizioni; Arrigo III concede alla Chiesa i beni degli uccisori de' oberici e cardinali, e privilegi e pred j d'ogni maniera. Ubaldo, ricomposto in seggio, domanda e ottiene (1047) la restituzione del possesso d'Arzago, della pieve di Misano, e del castello d'Agnadello, che per essere consacrato dal metropolita Eriberto aveva prime a rcllultar ai vescovi, mentre le altre città lombarde respingano i conti. Così insorse contro il vescovo Olderico, probabilmente perchè fautor dell'impero. Eriberto arcivescovo di Milano vtiol imporre il vescovo Landolfo a Cremona, e la governa per mezzo di sin» nipote e della nuova famiglia di Doara. Il vescovo, invece di sminuir le giurisdizioni feudali, attenta alle ecclesiastiche col perseguitar l'abate di San Lorenzo. Il popolo indignalo si stringe con questo: il vescovo è cacciato. Laudai fus sancii Laurentii, et ere-monensis populi fui t acerrimus persecnlor. Qu&circa populus ipsum de Civita te ejecil, et palatium turribus et duplici muro munitum deslruxil. Perindc sicut episcopio multa conquisierit, lumen multa per superbiam, multa per inoxiam perdidit. Sicardo, 1010. Ma poiché la cronaca soggiunge che la città fu distrutta, fabbricandone un altra più. ampia, che fu delta la Città nuova, credo con ciò si indichi una rivoluzione contro la feudalità dimorante nella vecchia, a cui fu opposta una nuova città. Quando Landolfo rientrò in città, dice la cronaca che dovette far concessioni al popolo e all'abate di San Lorenzo: Ubaldo suo successore 6 nominato sotto l'influenza dell'impero, e il popolo gli vieta il possesso, onde l'imperatore dee punir i contumaci e installarlo. Ubaldo, come imperiale, torna a perseguitar l'abate di San Lorenzo: Ubaldus quoque monasterium sancii Laurentii pcrseqautus est, et apud Lacnm Obscurum im-pugnatus est. Sicauoo. C. C. ORIGINE DEL COMUNE 399 dovuto confermare al nipote di lui; ottiene ancora Caravaggio, essendo concorso al fatto di Parrasio (1059). Il conte Alberico di Mayfredo dell'episcopato di Cremona, è fatto capo o vessillifero della lega o società de' valvassori, congiurata non so se contro i grandi feudatarj o contro il vescovo (1077). Ma nelle contese tra Gregorio VII e Arrigo IV l'influenza di Roma s'insinua ne' Cremonesi, i quali cacciano il vescovo Arnolfo di parte imperiale, accusato alla dieta di Pavia di concussione e simonia, scomunicato e deposto, e compiono intorno al 1080 la lotta incominciata nel 992, anzi nel 910. Principiano il libro d'oro delle famiglie decurionali o consolari, si armano per la libertà, e introducono il carroccio, cui, secondo la tradizione, impongono il nome di Berta, dalla moglie d'Arrigo, il quale concede loro ii diritto di usarlo e di reggersi co' proprj consoli. Se non il nome, certo la forma e l'essenza d'un Comune qualunque, mdipendentc dai vescovi e dai conti, appare, sin dal principio delle ribellioni popolari (i Cremonesi in ciò precedettero, non seguirono i Milanesi), le quali suppongono ordinamenti, comizj e milizie municipali a difesa comune. L'origine adunque del Comune cremonese ha luogo verso questo tempo, nel quale ricorre appunto la leggenda di Zannino della Palla, o Giovanni Baldesio, che sceso a singoiar tenzone con un figlio di Arrigo, lo vince, e scioglie Cremona dal tributo d' una palla d' oro. Cosi la tradizione: ma in esso io ravviso un carattere eroico e poetico del medio evo cremonese, il mito, la personificazione dell'indipendenza ottenuta dal popolo (i. li Niun documento contemporaneo, il semplice cenno d' un oscuro poeta del secolo XV, il silenzio degli storici del XVI, le contraddizioni sul nome, la patria, la biografia del simbolo cremonese, e sulla pugna e la vittoria di lui, depongono contro la verità storica del fatto, amplificato da più recenti scrittori. Ne il dottissimo monsignor Dragoni , si peritò risuscitarne la tradizione per la scoperta d' una moneta cremonese col busi» ' u" 'loanncs (Coìigcllure salta //tonata anecdota, ecc. Milano, 1818), appaga la severità p1|u storia. La rassomiglianza tra questo busto della moneta e le rozze statue marmoree 400 STORIA DI CREMONA Il secolo olta\o corse assai tristo per Cremona e la sua chiesa. Re Agilulfo, longobardo e ariano, distrusse quanto di civiltà latina e cristiana trovavasi nella città e nel territorio. Per la pietà della moglie Teodo- del secolo MI che giaciono sotto la Bertazzoni, e che vestivano ogni anno di nuovo nella festa della Battagliola, a eoinmemori'/.ione appunto dell'acquistata libertà di Cre- mona, non parmi accertata né quanto alle flsouomie, nò quanto all'addobbo. Quelle statue d'altronde erano pel Campi un Ercole, cui gli storico-mitologi del secolo XV attribuirono CHIESA ATTO II NO AL MILLE 40i l'Oda e del nostro vescovo Anselmo, come porla la tradizione, si rifabbricarono ne' sobborghi, fra le chiusure o entro la città e nella diocesi, chiese e oratorj, pievi e diaconie, monasteri e ospitali pei pellegrini e Sii infermi, alcuni provveduti di cibi e di medicine (686). II presbitero (cioè i canonici, che cosi ancora non si nominavano) fondò in Busseto, a mezza via tra Parma e Cremona, un ospizio per refìciare i pellegrini e tredici poveri (768); l'arciprete Ansperto stabilisce (070) un ospitale po' trovatelli con scuola d'infanzia e laborerio. Nel secolo X contavansi in Cremona non meno di trenta fra oratorj e basiliche, non 80 se restaurate o novamcnle costrutte. Il primo monastero fu quello delle vergini, detto della Regina forse perchè costruito da Teodolinda. I Benedettini l'ondarono in città o nella diocesi otto cenobj di monaci e monache prima del mille, con ospizj e noscomj, che poi crebbero ag-giungendovisi nel secolo XII i Yallombrosani e i Cistercensi; le Benedettine colle Cistercensi si allargarono ne' molti conventi più antichi di Lerno a tre miglia da Cremona, del Boschetto, della Pipia e della Colomba suburbani. Al clero cremonese tornò pure argomento di lode la emancipazione de'servi, delle ancelle e degli aldiani dell'antica razza latina, viventi sol per nutrirsi e obbedire. La gerarchia cremonese a' tempi longobardi era composta di selle diaconi e 12 preti; nel 724 diconsi questi de canonica de C'remona, nel DIO canonici, cardines o cardinales. Re Liutprando rende immuni i loro fondi da multe (frede, leudi) regie, da ogni albergarla, fòdró o tribunale di messi, duchi e conti. I vescovi sedettero ai molti concilj di Questi tempi; Desiderio in quelli di Costantinopoli e di Milano del secolo settimo; Sini baldo e Pancoardo a que' di Mantova, Ravenna e Milano del nono: Liutprando a que' di Roma, Ravenna e Ferrara del decimo. Altri vescovi assistono alle diete di Milano e ili Pavia, ove posseggono casa e chiesa propria, per quando vi vanno ad eleggere e coronare i r« d'Italia; altri si all'accendano di atterrare monumenti pagani, di cercar ''origine di Cremona, Aggiungiamo quest'alti;! effigie, sapposta di Zannino, tratta da un Marmo. UlUilraz. de t L. V. Vol. Si • corpi e reliquie di santi e di martiri e di trasportarli in Cremona con processioni solenni: in una ad onore di sant'Imerio figuravano 130 vessilli di chiesa. Vedemmo la grande jattura che pati la Chiesa dal secolo IX air XI pe' tempi aspiranti a libertà, e per avere i vescovi, che pur sono uomini, confuso in sè i due reggimenti religioso e politico. • Nella notte del medio evo anche il clero cremonese fu il custode quasi esclusivo dell'intelletto romano e dell' antica civiltà, come l'iniziatore e il rappresentante della nuova; ma i documenti ne furono ignorati, sebbene non meno certi e legittimi. Nel secolo VII si diffondono scuole e istruzione pe' servi.e gli aldiani; nel presbitero trovasi un Alfrido prete bibliotecario e cancelliere: preti e diaconi, bibliotecaria lettori, scolastici, dottori, magistri scholarum, si moltiplicano al secolo susseguente, nel quale Aldo primerio (primicerio) scrive l'Episcopologio, ossia le vite e la storia de' vescovi o gli atti della Chiesa cremonese, e il Menologio, cioè il calendario. Nuove scuole d'istruzione religiosa di lettere umane e di arti liberali si succedono in Cremona e nella diocesi, appo il vescovado, presso alcune parrocchie e monasteri nel secolo decimo. È noto che, pel capitolare di Lotario imperatore (825), Cremona era fatta centro d'una scuola di grammatica, quasi già università, alla quale concorrevano que' di Parma, Piacenza, Reggio e Modena. Il Sigonio dice essere intervenuto anche un Cremonese a quel concilio di giurisperiti valenti, che esso Lotario (828) convocò per regolare una sua legge sui feudi; nelle pergamene del secolo X si nominano alcuni cremonesi col predicato di sapienti. Un canonico Abderano, laureato nelle sette arti liberali, leggeva filosofia (DOG) nello studio di Cremona, a cui convenivano molti giovani non solo dall'Italia, ma anche dalla Gallia e dalla Germania. La Lombardia era allora fonte della sapienza, e soleva mandare tutta la sua gioventù alle scuole. Un altro canonico bibliotecario del Duomo possedeva 100 codici di libri scritturali e grammaticali, o di storia contemporanea di Cremona, dettati dai canonici del nostro presbitero, codici ora ingojati dal tempo, ma conservati almeno ne' titoli su pergamene del 955 e del 1200 7. 7 Le numerose pergamene cremonesi, che arricchivano gli archivj del vescovo, ilei capitolo, de' monasteri e casati più antichi ed illustri, furono disperse e distrutte nel nefasto 4796; il solo archivio segreto del Municipio, perchè nascosto sulle volle del Duomo, rimase inviolato. Peri fu gran ventura, che l'Ughelli, lo Zaccaria e il Muratori avessero tratto da que' depositi paleografici molti privilegi e diplomi concessi dai re alla Chiesa cremonese dal 71!> al 1247, i quali documenti, trascritti dagli originali, prima nel t)!>0, indi nel 1169, furono dal vescovo Sicardo nel P210 raccolti nel Lìbcr privttegtorutn LETTERE ATTORNO AL MILLE 403 Como gli ordini municipali, gli statuti, i collegi d'arti, i feudi, le consuetudini, cosi la letteratura e le arti del medio evo italiano si ranno- cpiscopii cremonensis. Quasi prevalendo la vicina dilapidazione di ). Essa rappresenta un quadro zodiacale di persone occupate nei lavori campestri e domestici in ordine alle stagioni ed ai segni dello zodiaco, citali emblemi lor Proprj, ma sono ben lontano dal crederle, con Ilammer, una rappresentanza dei misteri di Mitra, ignoti ai rozzi scultori del secolo XII o XI11. [Vedi figura qui dietro.) Un goffo bassorilievo sotto un loggiato della Cattedrale esprime in due quadri distinti d fallo de'nostri primogenitori. Sopra questo piccolo monumento sta capovolta un'allea scultura , o fregio di carattere longobardo, senza probabile relazione colla prima; d' incerto significato, reca due personaggi con appresso un animale. Un piccolo bassorilievo In marmo posto sul frontispizio dell' antica chiesa or soppressa de'santi Vito e Modèsto, rappresenta san Vito in atto di liberare dal demonio 11 figlio dì Diocleziano, e di rendere mansueto il leone, che l'imperatore aveva fallo cagliare contro il martire. Sulla immagine cornuta sta scritto DEMON; sulla testa del Prostrato innanzi al santo che è seduto, FILI V IMPERA ; sopra una mano che si vede ") alto d,.| quadro e sul capo del santo istesso S. VI (san Vito) e sopra il leone LEO, parte più intelligibile della iscrizione, che cerchia I monumento, suona: DEMO 1)1-SCESS1T DE REGIS CORPORE NATI. Sono sparsi intorno alla città altri monumenti d'antichità, preziosi per la storia delle "rti cremonesi, che meriterebbero di essere maggiormente conosciuti. Tali, a cagion d'«-senipjo, le due sculture di vescovi o di profeti sulla facciata di Sant'Omohono, l'altra di Ban Francesco d'Assisi su quella di sant'Angelo, i fregi in terra cotta, che adori....... alcune poche case del secolo XV e alquante colonne sugli angoli di parecchie contrade, o a sostcilcr |e vojte ^Re chiese più vetuste. C. C. pergamene del secolo VII che Cremona aveva un circo, un teatro, una officina monetaria, corti o curie e palazzi dei re e dei duchi longobardi ARTI. FAMIGLIE 407 del vescovo e del presbitero, con portici, vestiboli e peristili ; che eresse tempj cristiani sulle rovine de' pagani con manasteri e ospitali, e la basilica maggiore di Santa Maria con battistero, campo santo, due ospitali e la torre maggiore. Orafi cremonesi del secolo X e XI Alchisio , Alleno e Sicardo lavorano per la cattedrale croci d'argento con figure di pontefici mire elaboralis, ovvero con statuette di santi, emblemi d'oro finissimo e versi esametri scolpiti in ogni figura, opus vere mirum et stupendum. Alla irruzione degli Ungari (902), sorgono castelli, mura munite di torri in città con la ròcca (ar.v) de' canonici, fossati e pusterle e opere di fortificazione. Nel territorio coli»; torri, i castelli, i vichi si ergono corti, chiese e badie. Si abboniscono terreni impaludati e sterili; ogni fondo dato ad enfiteusi od affitto deve migliorarsi con strade, acquedotti e fossati ad aquandum; si traggono canali ed acque dalPOglio per la navigazione, il commercio e l'agricoltura: si hanno selve d'olivi ed oliveti lungo V Oglio nell' isola di Fulcherio. Pure notansi ancora luoghi montuosi, sabbie, selve, pesche, paludi ed alvei sterminati di fiumi, vasti laghi a Crotta, Sesto, Aquanegra e altrove. Le più nobili famiglie di questi tempi, quasi tutte teutoniche, trassero il nome e l'origine dai poderi, castelli o villaggi ch'ebbero in dono dagli imperatori o edificarono, ed oggi conservano la desinenza in erigo, isco, ecc. Altre ebbero il cognome da singolarità, o da soprannomi di desinenza prettamente italiana. In alcune pergamene del secolo ottavo tro-vansi esempj d'uomini chiamati Tosabarba, Boccatorta, Bellavita, Belladonna, Volpone, Ribaldo; una pergamena bresciana del 701 parla d'un Gastaldi e d'un Piccioni di Cremona; indizj che sin d'allora si usava il dialetto italico. Posteriormente si hanno nomi di famiglie appellate Cagavitelli, Cagalana, Cagabissi, Codeca, Panza de pecora, Pancalaneia, Amazzabove, Cavalcabò, Pelavicini. Dante nomina e distingue il parlar vulgare di Cremona, ma il nostro dialetto non sembra ora caratteristico, bensì un passaggio tra i lombardi e gli emiliani. Grande varietà regna in esso nella città e nella campagna, tra un' estremità del territorio e l'altra, dove partecipa de' modi e vocaboli delle provincie confinanti, con cui i nostri hanno maggior conlatto. Duolmi che dell'origine, delle modificazioni, delle attinenze o differenze del nostro dialetto coi vicini e cogli idiomi primigenj non siasi occupato chi tra noi compilò il vocabolario cremonese. IV. Il Comune. (1082-13 35) Nella lotta capitale del medio evo, cioè il conflitto tra la autorità spirituale e la potenza temporale, improntata col nome di lite delle investiture, formasi la prima lega lombarda di ventanni tra Crema, Milano, Piacenza e Lodi contro Arrigo IV (1093), scomunicato dal papa e deposto dal ribelle figlio Corrado. Vinto egli a Canossa dalle armi della lega e della contessa Matilde, quelle citta si consolidano nella indipendenza. La contessa investe la chiesa e il comune di Cremona di tutto il contado di Crema e dell'isola di Fulcherio (Geradadda), col patto che tutti gli abitanti, i capitani e i militi prestino soccorso militare e feudale a lei ed a'suoi successori (1098). Arrigo III lo aveva già donalo nel 1055" al vescovo di Cremona; dono infausto, che fruttò tanto sangue, rovina e vergogna alle città lombarde, cui Dio non ha ancor perdonato. Crema, Cortissimo castello allor dominato da un conte, dopo lunga resistenza obbedì alla legge de1 Cremonesi. La costituzione del Comune cremonese fu pressoché uniforme a quella degli altri lombardi, e dell'antico municipio romano ed etrusco, non mai spento dalla conquista, almen nelle memorie. Consoli e giudici reggono e-fan giustizia a tutte le parrocchie e agli uomini maggiori e minori della città (1138); nel 1175 si elegge un primo podestà; indi questo, che dura un anno o sei mesi ed è forastiero, si alterna coi consoli, che giungono sino a 21 (1185). Nel secolo XII il podestà ha 7 consiglieri prò credenti^ ri cornarti, talor 15, con i inquisitori de'beni del Comune (12i>9). Enrico V conferma ogni suo possesso a Cremona, aggiungendo la libera navigazione delle navi cremonesi sul Po da Pavia sino al mare, e per tutto il regno italico; permette che il suo esercito non entri in città e si fabbrichi il suo palazzo ed ospizio fuori di essa (1114). In poco più di due secoli combatterono i Cremonesi settanta battaglie, con varia fortuna e virtù, conquistando i carrocci de' loro nemici e perdendo il proprio , gioja di gran prezzo ; sostennero ventun assedj con saccheggi, arsioni e devastazioni del florido territorio, con anatemi e scomuniche, con torti e vituperj fatti o patiti, ch'io non voglio raccontare. GUKltRE COMUNALI 409 Si rimprovera a Cremona la guerra di Crema e l'alleanza cogli imperatori Svevi, spesso a danno delle città sorelle. Nò io l'assolvo; ma dico, giudicatela colle idee e i costumi dei tempi. Ella voleva esser libera ; difese giustamente, sebben con brutti fatti, il proprio, posseduto legalmente da un secolo, confermato dagli imperatori ad alto prezzo, e osteggiato dai Milanesi intenti a soggiogare ed assorbir le midolle delle vicine città; dai Milanesi che distrussero, avvilirono, oppressero Como, Lodi e Pavia, s'allearono col Barbarossa (148S)pcr rifabbricare Crema contro la santità dei patti, in odio e spregio de' Cremonesi, e occupare o disfare ! castelli di questi, alzarne altri fra l'Adda e POglio. Le alleanze de1 Cremonesi cogli Svevi imperanti erano consigliate dall'interesse più vicino di conservare od accrescere i propri possessi e diritti, avversati dai loro nemici; da quelli ebbero i Cremonesi la conferma o il dono di molte terre e castelli, il privilegio di batter moneta, e di reggersi co' proprj consoli '. Ma quando Cremona, cioè i popolani della Città nova, videro 4 Atto interessantissimo dì Federico I è quello, con cui al cremonese Tinto, detto Muso di gatta, buon ingegnere militare, concede il titolo e la podista di conte colla giurisdizione feudale sui beni che possedeva, per sè e suoi eredi, come da atto 17 maggio MBtj da Marignano; inoltre gli donò 1" isola di Fulcheno, no) la Geradadda con questo privilegio ."iO dicembre 1HJ0 da Crema: Federìcus, divina (avente clemenlia, lloma-"orwin imperator semper augustus. Qnamvis omnibus qui imperatoriae tibertali* fllij esse diijnosrunfur tutelar, imperiali* jure debcamus praesidium, quattoni tamen speciali praeroga-tira diteci'ionis UH à nobis *unt ampleclendi, quorum et decotto in aryum •ninni [idei mayis est cognita, et fidelità» ipsa ad cxaltandam Coronae nostrae gloriavi amplius est 0Pcribus comprobata Eo propter notimi fa ci mas universi» per Italiani Imperij nostri fidellbus Inni praesentibus, quam futuri*, ipialder p de li nostro Tinto Crniioncnsi, qui die ìtur Muso tif> Gatta, prò maynis, et praeclaris ejtis obseqiujs liane graliam iitdulsimus, qui.d nun de Gomitala Insiline Fulcher'au■ , sicnt in termini» istis conliwtur, vidrticet, De Picighilono nsque ad Pontirolum siculi est infra Abduam. et Serium, quidquìd ad nostrum jas pertinet, Per rectum pheudum jure. Comitalus investivimus, rum omnibus cjusdem Comitatus perii-Rettiti* vidclieet, caslris, villi*, mercati*, enradijs, tenis cult is, et inculi is, pascuis, pràtis, molendinis, aquis, aquarumq. decursitnis, pontilms, ptscationibu», ripatici*, pcdayij, alberga riJs, dislrictis, balalijs, placiti», silvia, campi*, vassalli*, arimannisf fodris, jave comitalus a'l Comitem pcrtinenlibus, et cum omnibus pertinentijs , quae ad ipsum comilatum de jure peritane diynoscunlur. Et ut habeat jus danài tutore* , resliluendi minore*, consti-tuendi mondualdos, et alias leyitimos acln*. Pcaelcrca, quonìam Mediolanense* hosles Im-l'n'ij indicali sunt, et, bona corum publirala, pracdiclo fateli nostro Tinto Unsi rum Prode, <'t quidquìd ollodij Mediolanense* habebant in eju* pertinentijs, per incesi durom pheudi ':°uccssimus, assistente, et consensum prudente cxcrllmo nostro duce Vulphone. Ilare nutem "mnia supradicta pracdiclo Tinto, el ejus haeredibus niasculis ci fominis, concedimuSj et "'ictoritatc nostra conftrmamus. Quicunijue antan Iniju* nostri privilegij ciolator esse praesumpseril, sciai se composUwrum auri optimi libra* ducentas, dimidium Camerae nestaie, et dimidium praedicto Tinto corniti Muso de. Galla, tei eju* Ueredibus. IIujus vero 'wesiiturae lestcs sunt. Iknrieus Dux Bau et Sax. Conradus Palalinu* Comes de lllicno. Hrnrtcus Dux de Carintana Rertoldus Dux de Cerinya. Comes Vtjo de Ach*bnrch. Comes Valter. Come* Federicus de Eppa llurrardu* de Asemburch. Giberlus de ììomado Judex '■'uriae nostrae. lllttstraz. del L V. Vol. III. M il fasto e le avanic dei ministri dell'Enobardo, che creò antipapi e scismi, allora, posti giù gli odj e gli sdegni, si lega alle città sorelle contro di lui; è la prima che con Pavia, Bergamo Lodi e Como ricovera i fuorusciti milanesi, e con Bergamo e Brescia li riconduce nella distrutta loro patria e ne rifabbrica le mura *, la prima che co' Milanesi e Piacentini fonda Alessandria, interviene ai parlamenti di Pontida e di Modena, ed è posta al bando dell'impero. Poi quando s'accorse che il suo vescovo, i suoi consoli conducevano fiaccamente la guerra sotto Alessandria, patteggiava secretamente cogli Imperiali, e Cremona meritava Tira di Alessandro III e de' collegati, e il titolo di vile, infame, traditrice: allora la stessa parte popolana atterra a furia e saccheggia le case e i beni de' suoi ministri, li discaccia di città ed alf ri ne elegge.- La vittoria de' Cremonesi sui Milanesi e loro alleati a Caslellcone " (1213) si disse dai cronisti contemporanei fatto illustre, che sparse la fama del nome cremonese per lutto I' Occidente. In una battaglia contro i Mantovani essi armano cento barche sul Po (1222): in altra contro gli stessi tagliano il Po fra Guastalla e Luzzara e ne devastano mollo paese (1220); combattendo contro i Bolognesi deviano l'acqua della Scondena sopra il, loro territorio (1235). In 54 carceri della città tengono prigioni 1354 militi di Lodi, Crema, Milano, Brescia, Mantova, Alessandria, presi ad corna Piacenti®, oltre i restituiti a Bergamo e Pavia (1234). Urbano II venuto a Cremona (1095) anima i nostri alla crociala; cento nobili con 500 artigiani salpano per Antiochia e Costantinopoli ; cento altri con 1500 artigiani sopra duo grosse galee (Busa) fabbricate ed armate in Cremona e a Casalmaggiore, veleggiano co'Genovesi, Pisani «Lombardi per sovvenire a Terrasanfa (1188). Meglio di mille altri Cremonesi vanno in oriente co' Veneziani e i Francesi (1204); altri per causa 'ì Rechiamo parte del bassorilievo della Porta Romana di Milanu, di cui si di-eorrr noi Vol. I pag. 83. Vi sono chiaramente designate le «'iliadi Brescia, Bergamo, Cremona. 3 A questo fatto si connette la memoria di Lanfranco Oldovinp, intorno al quale si ha un'iscrizione tra quelle del Vajrani. Nel palazzo di lui, allor allora si dipinse il fatto medesimo. Vestigio di pittura antichissima: al qual proposito ricorderemo che, in una «■aria del 1209, scoperta adess'adesso, dicesi che il palazzo del vescovo era pičlo. C. C. Jjì ETÀ' COMUNALE 4M di commercio e di lucro viaggiano oltre mare (1160-09). Lotario Rosario arcivescovo di Pisa, dopo aver guerreggiato in quelle parti, di-vicn patriarca di Gerusalemme (1210); Guiscardo da Cremona domenicano, corre intrepido in riva al Volga e in Persia (1245), e fra Bartolomeo, altro missionario, penetra con fra Carpino nell'Asia centrale presso i Mongoli e i Tartari (1253). Il Comune cremonese sali ben presto a molla prosperità e reputazione * All'autorità, alla prudenza civile e a! valore de' consoli e del popolo di Cremona ricorsero le vicine città, e alcuni principi, imperadori e pontefici per chiedere alleanza e soccorsi, per stringere concordie, confederazioni o società. Venticinque città, fra cui Venezia, Genova, Bologna, Firenze, ebbero negoziati con Cremona; i marchesi di Monferrato, d'Este e di Ferrara, i conti di San Bonifazio, Amedeo V di Savoja, gli Ezelini e i Della Torre si collegarono più volte nel XII e XIII secolo co' Cremonesi. arbitrato e la malleveria de' quali è prescelta dal primo Federico e dai confederati lombardi per decidere la grande contesa e stabilire la Pace; Anselmo Dovara è uno dei rettori della lega.lombarda, dignità di sommo credito (1175); Federico II, che teneva Cremona capo e fondamento del romano impero in Italia, di tanto confidò ne'sapienti di Cremona, che senza il loro consiglio nulla volle proporre o decidere intorno ai negozj suoi e dell'impero (1218); altra volta giurò che, quanto saria stato stabilito dagli ambasciatori di Cremona,' eg'i avrebbe sulla fede imperiale mantenuto (1219). In segno d'onore egli manda in dono a Cremona camelli, dromedarj, leopardi, astori e un elefante, e Cremona, madrina al battesimo di Corrado suo figlio, regala l'imperatore di preziosi monili d'oro e di gemme « (1243). In Cremona si adunano più volte a parlamento 4 Nel 1Ì9S (lavanti alla porta Torre di Como, i consoli del Comune cremonese Ciardo di Zanibone, Tetlamanzio de Gaidaldi , Odone di Modulate, per mezzo della lancia e del gonfalone rosso con croce bianca, ricevevano da Enrico VI I* investitura di quanto si contiene nel privilegio d' esso Comune. Antiq. Medii /Evi, T. I. fi'22. E quei privilegi che cos'erano in fondo, qui come altrove? la ricognizione delle supreme autorità del pontefice c dell' imperatore, la federazione italiana considerata come il nesso'fra i due capi della cristianità, il diritto individuale delle città, quello de' castellani fi 'e transazioni che in diversi modi, condussero c cittadini e castellani a viver entro lo stesso recinto e sotto le' leggi medesime, quest'era in fondo la costituzione delle città. C. C. !» W rìmpatto le città guelfe sparlavano di Cremona, c fra l'altre satire inventate da quella retorica de' partiti, che oggi ha per organo deplorabile i giornali e i bufoni, si disse che quando i Cremonesi levarono sul fonte battesimale Corrado pro-fuser regalie fecero fare una quantità di mannaje per uccider tutti i nemici di esso, • ben trenta mila ne mostrarono in una sola rassegna. In compenso dissero: • Concedeteci, sacra maestà, una grazia grande: che possiam fare due volte l'anno il ricolto, e e v°l'ft portili frutto gli alberi , e ogni cosa vi sia doppia, e i denari grossissimi per modo, che cascando in terra facciano tun ». E sua maestà ne fece decreto, e che anche avesser l'anno di dodici mesi, e il giorno di ventiquattro ore, e così via. Vedi Monumenta mtorim Patri«, Voi. Ili, Scriptorum, pag. 4M7. C. C. consoli e podestà di popoli, vescovi, arcivescovi e legati di pontefici, conti, marchesi e messi imperiali, per definire alte ragioni di Stato o della Chiesa. Se poi volete sapere come il Comune cremonese sorgesse potente d'oro e di senno, fosse molto innanzi nell'economìa pubblica e quanto avesse di rendite e di spese, piacciavi considerare che a Federico I e ad Enrico VI paga o presta in pochi anni molte migliaja di lire imperiali, di marche d' argento e di infortititi. Contava di rendite (lucro comunale) più di diecimila lire imperiali nel 1234, di spese quasi altrettanto; durante sei mesi d'un altro anno le une e le altre giunsero a cinque mila; ricordandovi che, per trasportare tre mila di quelle lire, nel 1227 i Cremonesi adoperarono quindici sacchi e otto giumenti. Sovrastante la parte feudale o la minaccia delle emulo città o l'ira imperiale, esso Comune addestra la sua gioventù al maneggio di tutte armi e delle navi, mantiene 16,000 combattenti, edifica lungo ai fiumi o ai confini del territorio, ampliato coi doni, colle compere o colle conquiste, torri fortilizio, nuovi castelli, e fortifica i vecchi, presidiandoli (costume romano) con colonie di famiglie bellicose. Allarga e munisce di mura, baloardi, rócche e fossati la città; in un solo anno (1128/ erge 34 torri , e 53 difendono con tre castelli le mura; 372 braccia di queste distende in 41 giorni, spendendo 900 lire imperiali. Fabbrica o compie in pochi anni la cattedrale, il battistero, il pretorio e palazzo pubblico, che chiude con porte di bronzo; poi quelli delia Città nova, de' capitani e militi del popolo, il torrazzo e tempj magnifici. Cremona è tra le prime città che, in mezzo a tante discordie e guerre civili eH esterne, rialza e restaura con mercantile coraggio gli argini dei fiumi, devia, abbrevia o .restringe gli alvei di questi, prosciuga terreni paludosi ed infermi, scava canali per la navigazione, le irrigazioni e gli scoli,- gitta ponti e porti sul Po e sull'Oglio, i quali popola di navi commercianti e guerresche; detta statuti0, insigni per senno civile e politico sul go- 6 Gli statuti che corrono stampati o si conservano in pergamena nell' Archiviò segreto, furono in un volume ridotti nel 1.1H7 sopra altri jamdiutitts compunta, essendo signor di Cremona Gian Galeazzo Visconti; ina corretti e riformati (correda, resecata, limitata et adjnncta), come importava l'eterno fatto e diritto del nouus rex, nova lex. Però il Robololti ne pubblicò di più antichi, cioè dal li3i) al i'248, tratti da un prezioso codice cartaceo del secolo XV o XVI appartenente al marchese Uberto Pallavicino. L'amanuense dichiara: Reptri quandam additioaem factum statu/is Cremona? tempore quo adhuc libera vioebat, ut liodie Venetia:, Genua, Luca, quee, quoniam digna notalum est, huc relitti, et erat scripta manu Lanfranci Stradiverti nolarii rremonensis, in sacrastìa mnjoris ccclesitc cremonensis reperla. MCCXL. Indictione XIII. Additum est quod massariis de c;etero, nec aliquis corum debeat ire in exercitibus vel cavalcatis expensis Communis; sed unus solus Humiliatus ex illis qui sunt vel erunt ad labulum cum uno bono et leali notano, debeat ire prò STATUTI 413 verno giudiziario, sull'incremento delle industrie, del commercio, dell'agricoltura, della pulizia e salute pubblica, degli studj, della beneficenza. negotiis et expensis Communis faciendis, qui notarius eligi debeat per ordinem fralrum Minorum et fralrum Predica loru m et Ilumilialorum, qui Humilialus et notarius nabere de-bcant prò quolib.t die sedicim denarios prò quolibet quocumque irent, et hoc Iocum habeat in pendentil>us et futuris. Alii vero ofticiates seu conranonerii ammodo non de-beant stare ad expensas Communis, excepto si confauonerii irent antequam alii milites vel exercilus de voluntale polestalis vel consulum communis, qui debeant haberc expensas a communi secundum quod hahent ambaxiatores qui vadunt prò communi, donec communitas aliorum militum vel exercitus veniret. MCCXL. Indiclione XIII. Addilum est quod qualuor milites tantum stare debeant cum Carozolo et esse, et unusquisque eorum habere debeat XII denarios prò uno equo tantum, et non prò plure, aliquo modo v-sentis statuti plenain et generalem bayliam et inerii m et liberum arbilrium inquirendi procedéndì, praeedcnlibus legitimis indiciis, et puniendi et condemnandi omnes et sin-gulos qui dieto vel facto auderent aliquid tractare, lacere vel ordinare vel fieri tacere redundare possct in prcejudtcium damnum seu diminuitone dieta: societalis et hominum dieta; societalis, De modo procedendi contra olTendentcs illos de dieta Societale Populi. Itein eodem millesimo, indictione et mense statutum et ordinatum est, quod de omnibus ma ledei is seu injnriis, seu violenliis illatis in persona vel rebus alicnjus popularis seu alicnjus de dicla societale per aliquem qui non esset de dieta socii tate possint et debeant domini Potestas el Capitaneus qui nunc sunt et prò temporibus eie. (Qui avvi una croce.) Quod Potestas et Capitaneus et eorum familia; non possint inquietaci occasione alicnjus de dieta societale. Hem eodem millesimo Indictione et mense statutum et ordinatimi "quod Domini Potestas, Capitaneus et eorum fàmilice non possint sindicari, molestar! et inquietar! per aliquos officiaics communis Cremona; occasione alicnjus processus seu condemnalionis facta; in favorem alicnjus. qui sii de dicla societatc contra aliquem qui non sii de dieta societale prò aliquo maleficio vel execssu commisso vel perpetrato in personis vel rebus alicnjus de dieta societale per aliquem qui non sit de dieta socielate sed ipso jure au-torilate prasenlis Statuti sinl absoluli et liberati. Oe pocnis illorum qui sunt de dieta Societatc, committenlium gravia malcficia. Rem eodem millesimo Indictione et mense statutum et ordinatum quod si afiquis qui sii de dicla socielate seu esse intelligalur secundum formam stalutornm populi Cremona; de celerò feceril seu coaimiserit aliquod grave nialeficium seu enormem injuriam in persona vel rebus alicujus qui sit vel esse intelligalur de dicla societatc inferiori.15 condì lionls quam ipso sit, quod il le tale damnum maleficium seu injuriam commitlcns pocnis alias statutis et ordinatis prò dictis malefìciis in prosanti volumi ne Ptalutorum subiaceat. Et quod ultra diclas pcenas ipso jure intelligalur exemptus et pri va t US de dieta Socielate populi ipse et descendenles ab co ex palrimonio tantum, et quod dominus Capitaneus infra terliam diem ex quo fuerit sibi denuntialum teneatur el debeai illuni lalem delinquentem eassare seu cassar! facere de libro dieta; societalis. Addilum est quod i He teneatur potentior et major qui approbabitur per dominimi Capilaneum consubs el An-zianos vel majorem partem eorum, facto partito Inter eos ad bussola* et ballotta». De baylia Consilii generalis populi et de solemnitate servanda et expendendo de ha-vere dicti Communis. ZECCA 41 o uniforme7; coi marchesi di Monferrato (1191), con Azzo d'Este, i Ferraresi, i Parmigiani, i Reggiani, i Genovesi (dal 1170 al 12o3) per Ilcm eodem millesimo, indiclione et mense, statum et ordinatum , quod Consilium generale populi habeat bayliam tolius civitalis et dislriclus Cremonae, scilicet in ordinando statuendo et providendo quicquid ei utile videbitur prò defensione et conservalione dieta-'ivitatis, et totriis Status, Communis et populi Cremonae. C. C. 7 La Zecca cremonese usava coniare, quand'ebbe origine nel secolo Xlf, di due sorta monete, la vecchia e la mtova o imperiale in argento puro, cioè il danaro e il do-drantc, il mezzo danaro o media/ino, il piccolo o quartario, il šestino o settario o Paganino di bilione, il mezzo sestario, il dodicesimo e il ventiquattresimo di danaro, o quarta parte d'un sestario: nel 4'20l> si parla delle lire infornale di Cremona. II danaro vecchio pesava grani .Ti, il nuovo 'iti; il dodrantc vecchio '28 1|'2, il nuovo l'J 1|2; gli altri in proporzione; però se v'era lega o mi-tura, il peso aumentava. La maggior parte delle monete cremonesi portano la croce, stemma della città, ora Picco'a, or grande, quando gigliata e quando trifogliata, talor con punti, stellette od arabeschi, tal altra con rosette; in uno avvi un giglio, ed in parecchie le parole sono divise da globetti, in altre si osservano i segni dell'abbreviazione. Molte monete sono in argento lino , alcune in rame , altre in bassa lega o mistura. Sei, coniate nei secoli'XII, XIV e XV, si-fregiano del busto e dell'effigie di persone; una d'un braccio fasciato lenente in pugno una palla, alcune di stemmi , cioè il leone rampante de' Fonduti, Io scudo, l'elmo e l'angue Visconteo e degli Sforza, talora improntato 0 sormontalo dall'aquila o dalla corona ducale. V'ha cinque tipi «Ielle monete cremonesi rari ed unici ; tre coniale a' tempi del Ila rba rossa e una in quelli di Azzone Vi-Sc°nli ; la quinta è unica e inedita, e risguarda Cabrino Fonduto, Si contano 42 tipi (nel Museo Ponzoni avvene 8) di monete, che portano il nome di l'Cdericus o l'ederieas Imperator o P. R. I. (forse Priuius Romanorum Imperator) 0 'a semplice; iniziale F. e nel rovescio Cremona; sono dilTerenli fra loro nel valore, nel Peso, nella lega e grandézza, ma spesso somiglianti nell'Impronta die'caràtteri e nelle ePÌgrafl, e sembrano coniali dal 415:; al 118:». Senonchè entrala Cremona nella Lega Lombarda al 1167, non impresse più moneta col nome di Federico, ma conservò le stesse dualità delle imperiali. Laonde a quell'anno, o poco dopo, appartengono le seguenti monete autonome rarissime. Una moneta di tipo unico è il quartana,conservato nel .Museo Castigiiemj di Milano, un'altra il sestario che trovasi nell'I. R gabinetto numismatico di filano, entrambe diverse dalle imperiali: segue il mediatino novo, che ha impresso un Johannes, busto barbato col berretto in capo, e nel rove .ciò Cremona con la croce e le stellette È la Moneta anecdota di Cremona illustrata dal Ponzoni, ossia da mons. Dragoni (Milano, 1818); poi il danaro di moneta vecchia col S. Ilimerins , protettore Cremona, seduto col pastorale nella sinistra e in allo di benedire colla distra, mezza j'^ura di fronte, col capo mitrato e nimbato, con Cremona nel rovescio e lo stemma. Mnalméate il dodicesimo del danaro novo o imperiale di gr. li col braccio fasciato, «nenie in pugno una palla d'oro col l'epigrafe Forti! udo mea in bracino; nel rovescio il busto di sani' Imerio colla leggenda S. Ilimcrius cpi$c. Cremona?. Quattro tipi di moneta cremonese si impressero ai tempi dì Azzo Visconti. Nell'un» R i appare in busto colla leggenda Azo Vicecomes e nel rovescio Cremona, ma senza il visconteo; l'altro consimile colla stessa leggenda e lo stemma della croce gigliata, "e contorni; il terzo è il mezzo denaro colla stessa leggenda e lo sti......la nel diritto, quarto è un altro mezzo denaro, lipo unico , colle eguali parole diritlo e rovescio. Qjfrrf0miaan^e ' ;il)im" Fonduto si fabbricarono sci tipi di moneta : uno di gr. 34 co! nvs rùitdulta nel diritto, e Cremona nel rovescio con leoncino rampante, e la Patta nella destra, stemma de' Fonduli; l'altro di gr. '2(i diverso di forma, carattere « aprire e ordinare nuove strade e canali navigabili, nuovi ponti e porti sui (iumi, ridurre i dazj, agevolare e assicurare i commerci, la fede pubblica, la giustizia, i soccorsi. In causa del dominio de1 fiumi e delle vie commerciali, de1 confini territoriali, per [ rosperare i suoi traffichi e i canali irrigatori Cremona non teme fronteggiare potenti vicini. peso, ma simile noi resto ; il lerzo è il mezzo danaro di gr. IJ, nel contorno ha Cremona' Dominus e le iniziali C. F.; il quarto è il mezzo sostino pure ili gr. 1.1 simile all'imperiale, ma nel diritto in contorno ha Cu brinili Fonilulus , e nel contorno del rovescio Dominus Cremonte; il quinto è la quarta parte del danaro imperiale di gr. 27 coli'iniziale C, manca il Dominus, ma si legge Cremona. Tipo inedito e unico è la moneta di G gr. col leone de' Fonduli nel mezzo del campo, o colla leggenda nel diritto Cabrinus marchio Cnstrilevnis e nel rovescio Comes Sonetni. A' tempi di Filippo Maria uscirono della zecca cremonese i fiorini d'oro simili a' veneti e una moneta colla biscia viscontea inquartai;» colfaqnila, segno del vicarialo imperiale; nel diritto ha la leggenda Dux Al li l'I*. Angle e nel rovescio la croce colle lettere Q Comes et Cremona' D. Nove lipidi moneta si coniarono nel dominio degli Sforzeschi; delle quattro di Francesco I nell'una è la biscia Vieoonloa nel diritto e le ledere iniziali /•'. S., al rovescio la croce e la leggenda eguale alle viscontèa; un'altra ha lo slemma degli Sforza inquartato nell'aquila e la biscia, ma è rosa e d'impossibile lettura; una t,-rza ha le lellere CR. e la leggenda in giro Franciscus Sfortia Virecomes (lux Mli, Cornea PapiCB et Cre-monoc D. la quarta In rame è eguale alla prima, però coll'aggìunta Sfatila Vtcecomes. La moneta cremonese di Dianca Maria e del figlio Galeazzo Maria ha nel diritto la corona ducale e le iniziali lì. li/, ducisa Mli oc Cre. D., nel rovescio G. M dux Mli ac Janna' I>.\ l'altra del solo Galeazzo ha l'epigrafe Galcaz M. dux Mli V\ nel rovescio ac Cremona? D. Chiudono i lavori della zecca cremonese tre monete in rame; una colla leggenda nel diritto Franciscus II Sfortia Mediala, dax 11Ì27 ha il serpe visconteo col bambino in bocca, nel rovescio S. Omobono, nuovo protettore di Cremona , che fa l'elemosina ad un fanciullo colla epigrafe 5. Ilomobon paupertali cremonensi; l'altro tipo è eguale, ma diverso pel conio. L'ultima moneta è la ossidionalc o castrense, che ha noi diritto la leggenda 1j2<>. Gvs. Cre. obs. (Cicsaris Cremonam obsidenlibus); il rovescio non è inviso. Le monete scolpite nella zecca di Sabbionela, appartengono più presto ai fasti dell'illustre famiglia lombarda, che a quelli di Cremona. Ne a Cremona spella veramente quel!'antichissima moneta illustrata dal Mazzocchi coli'iscrizione elrusca Acerra, città degli Ìnsubri posla sulla sponda occidentale dell'Adda, ai contini e a 12 miglia da Cremona. Anche Bozzolo c Pomponesco pur nella diocesi di Cremona ne impressero fra i« 4U40 e i litio dal duca Vespasiano Gonzaga (nel Museo Ponzoniano trovansi venti tipi insieme alle preziosità delle tre arti sorelle), che testé si ammiravano in quel celebre castello* Il P. Ignazio Tedisi C. R. S. lasciò un autografo Trattato storico, economico e teologici) delta moneta coda Vera storia delle lire longhe di Cremona , la toro origine c ctttjianc, j loro cu/tiri e/felli fisici e, morali dlTtii). Diviso in.4fi capi, ed ornato di 44 tavole, con molti documenti storici inediti e allusioni frequenti alle condizioni economiche di Cremona e dilla Lombardia ne' secoli addietro. Tedisi ne pubblicò un saggio (Della lira imperiale e tonga di Cremona, Bergamo 178Ì>), e molti brani nell'opera dell' Argelati (De moneti» Italia' 17o«) sotto il (itolo di Anonimo cremonese. Una magnifica medaglia cremonese col l'effigie di Giannello Torri, e al rovescio la fonte della virtù» sta nella raccolta della libreria di San Marco. NOBILI E POPOLANI . 417 Ma il primo eroico periodo delPetà del Comune cambiassi in quello sciagurato delle fazioni e de' tirannucci. I nobili, eredi degli antichi conquistatori, e propugnanti i diritti feudali e imperiali, furono costretti venir a vivere gran parte dell'anno nella città, e obbedirne alle leggi. Ma nemici naturalmente di pace e del popolare reggimento, eh' era amico di libertà e degli interessi generali del paese, essi fomentarono invidie e discordie nella città per avervi il primato e dominarla assoluti col pretesto di difenderla e di pacificare i partili. Fin dal secolo X essi abitavano la vecchia città, e i popolani la nuova, divisa dal Rodano. Nel 1112 comincia tra lor sordamente la lotta, che si rinnova per tutto il secolo, in cui si alterna reiezione or de1 consoli, or dei podestà; i primi, indigeni voluti dai popolani; gli altri forastieri, chiamati dai nobili «. Dal 1210 scoppiano aperte e frequenti guerre civili tra la vecchia città, abitala, secondo i nuovi nomi, dai Ghibellini e Barbami, e la nuova dai Guelfi e Cappelletti, gli uni e gli altri con proprj consoli o podestà, e separati palazzi pubblici. Finché imperò Federico II, prevalse la parte ghibellina, che pe'Guelfi valeva quanto eretica e scomunicata. Morto lui, il marchese Uberto Palavicino e Buoso Dovara, non curandosi nè di quella nè di questi, formano con Ezelino un triumvirato imperiale, che doma fili uni e gli altri. Ezelino essendo trasceso in potere e in crudeltà, quo' due nostri fan lega ed oste contro il rivale, che è distrutto a Cassano ft muore in Soncino, difeso per essi dalle vendette della moltitudine , e 8 Quest'alternativa di consoli e*podestà rivela l'intima lolla de' due parlili. Il primo Podestà si trova nel USO con Gerardo da Carpineta. Nel 1182 si Dan due podestà; Dovara che fu ucciso dai ministri dell'imperatore e Guazzone. Nel 1182 si han i consoli; nel 84 un console solo, cioè un dittatore indigeno: arbitrio abolito l'anno seguente collo sceglier varj consoli. Nel 87 si prende podestà uno di Brescia, per secondar la democrazia di Questa' l'anno dopo si succede un podestà di Crema, ma in questa città fedelissima a"a democratica Milano si sceglie un conte di Camisano, cioè por casta avverso ai do-doratici. Nel 89 si crede inutile neppur la maschera, e si prende il podestà da Pavia, c'Uu sempre regia. Allora il popolo si rialza, ed ecco nel 110 i consoli: poi s'avvicendano 'luesti e i podestà. Ma nel 98 nasce discordia ■ in grazia d'un canale, che si nominò della Mf>noora pel mormorar del popolo, il quale insorto creò podestà Cremonino Oldoino, che n'j>nò coi consoli fin l'anno dopo». Nel 1200 son due i podestà : nel 120!i cinque i con-*so No1 *20«J UH de Cittanova conjuraverunt simul, quia populares simul citila't ™fen fawbant, et itti maxime vieinia Pantaleonis. Per toglier l'anarchia, nel 1*210 si a" due podestà, Maslalio nella Città nova, Correggio nella vecchia, el sic seditio magna età est Inter iitos de civitate nova et iltos de civitate veteri, et bella civiltà plura I"""'1 fewaat. Tandem composi/io farla est per episcopum Sicardum. Nel 1212 1 nu°vo olle busse, e il quartiere di Pantaleone è proso a saccheggialo: pure quo' frantumi?* ""^ ""s|a" slip STORIA DI CREMONA Guellì cremonesi fondano una società di 7921 militi per comune difesa ed olfesa (1270) ed a celebrare la lor vittoria ergono il torrazzo, 9 Primo. Che il Consiglio della Società del popolo sia al numero di Sessanta Consiglieri, cioè quindeci per ogni Porta o Quartiere, lutti nobili, li quali siano obligati di congregarsi ogni volta che dalli consoli li sarà commandato et sopra il tulio sijno fedeli alla patria loro, havendo sempre l'occhio et la mira di ordinare, et consultare quello risulterà a'utile et benelìcio puhlico. Ed ogni volta che la maggior parte d'essi Consiglieri saranno congregati nel Palazzo puhlico, s'intendi esser quivi tutto il consiglio d'essi, e vagliono le loro ordinalioni, e cose da loro fatte come se vi fossero tutti personalmente et realmente, mentre però ve ne siano de Congregati delti tre terzi li due, cioè del numero sopradetto ve ne sia quarant' uno almeno, e caso non arrivassero a tal numero , s' intendi non esser quel Consiglio valido e de ni un valore. Secondo. Che questi sessanta Consiglieri debbano ogni anno nelle calende di Marzo creare quattro Consuli de più Nobili e più Potenti della Città, creandone uno per Porta o Quarliero di età almeno d'anni quaranta, avertendo anco essi Consiglieri di ellegere persone che siano scritte in essa società proliibendo che ninno de essi si debbano nominare a niun altro officio che OOCOresse dispensare ma l'acino elettione d'altri Nobili che sieno buoni a tal governo. Terzo. Che questi Consoli subito eletti , el havulo l' baviso della elettione loro debbano el siano obligati andare a giurare nelle mani dell! Consuli Vecchi di far l'officio a loro contesso per la Società bene el legalmente secondo la forma delti presenti statuti, et ordini fatti per mantenere il buon governo di questa Società, et sijno obligati delti Consuli ogni tre mesi almeno far congregare li sopradelti Consiglieri el con essi esaminare, se alcuni di essa società sono morti, overo sijno absenti dalla Ciltà. ovcro infermi, overo caduti in vechiaia, subito faccino che sijno sustituiti alili in lor luogo. Quarto. Morendo alcuni di questi Consiglieri si ordina che quelli di quel Quarliero 0 Porla fra il termine de giorni cinque debbano far cicli ione ili tre altri nobili che paleranno più idonei e quelli tre nominati proposti nel Consiglio generale e quello che ha-veva ricevuto maggior balotle in suo favore s'intendi essere eletto in luogo del defonto di quel istesso Quartier o Porla dove sarà mancalo acciò sij sempre il numero compito de quindeci per Quarliero o Porta et quel tal eletto nel termine de altre giorni cinque debba giurare di venire al li consilij ogni volta, che li sarà inlimalo et di consiliar bene, ci legalmente con vera e sincera fede, e senza fraudo, el inganno havendo l'intento solo di faro il tulio ad onore el utile del Commune di Cremona el di ossa società. Quinto. Che in ciascuna Porta e Quartieri) si debba per li sessanta Consiglieri elogerò un Nobile, et de più prudonli e giuditiosi dell'arto della Militia con titolo di Capitano il quale duri l'Officio suo, mentre viverà e sua cura sia di lener sopra un libro scritto li nomi di tutti quelli ohe li saranno dalli Consuli destinali a guerreggiar sotto il suo commando e quelli assiguati al Rollo della milicia del Commune di Cremona, et a ciascuno d'essi far giurare di servare la fedeltà alla sua Patria et di esser sollecito ad ogni aviso di Campana o d'altro motto da darli, porsi subito all'ordine con l'armi suo e seguire il Gonfalone o Stendardo del suo Quartieri) o Porta per tulio dove sarà com-mandato si nel diffondere la Patria come Dell'offendere chiunque volesse molestarla e quiV' s intende che delto capitano non possi rinonciare l'officiò suo solo che per infirmila, o per veehiezza o por qualche altra logilima causa facendo il consiglio generale elettione di un altro in suo luogo. Sesto. Si ordina chi! ogni quarliero o Porta babbi un Confaloniero, il quale sia tenuto portare il stendardo over Gonfalone d' esso Quarliero o Porta ogni volta che farà bisogno et li sarà commandato dal Podestà per tempo overo dalli Consuli. Questo Confaloniero sia nobile forte e potente il quale debba sempre tenere il Confalone o stendardo in casa sua propria ben custodito, el in Luoco ove niuno li possa porre su le mani salvo che lui solo sotto pena do conto fiorini d'oro. Sia detto Gonfaloniere obllgato tenere uno SOCIETÀ' DEL POPOLO 421 compiono la cattedrale e ne ornano due pirte con quattro leoni di marmo. Un altro parlamento delibera (1282) di munir Cremona, non essendo ancora acquetati i Ghibellini. de presenti statuti in casa et le scritture d'esso suo Quartiero che giornalmente dal Not-taro occorrerà farsi, et sij obligalo ancora ricevere tutti li danari delle condanne che faranno li constili di tutte le persone della società del suo Quartiero o Porla, et quelli fenderne conto alli Consuli nei line del governo d'essi Consuli, e questi Confalonieri durino «n queir Officio per sempre, et non possano renoneiare tal carico salvo come si è detto di sopra. Settimo. Che ogni mese ciascun Capitano in giorno di festa sia obligalo doppo il dlsnare condor li h uomini a lui assignati al luoco detto il ceppo fuori di Porta Musa, e là facci esercitare li huomini del suo Quartiero o Porta nel maneggiar l'anni, et quelli si provino si all' offendere come al d i (Tendere et questo si facci per esercizio di questa Società acciò sij no nell'armi vigilanti et esperti. Ottavo. Che tutti li huomini che saranno ascritti in questa società debbano, et siano °bligati bavere l'armi infrascritte, e quelle tenerle in casa sua per adoperare alli bisogni della Società cioè una Concilia, e panciera di ferro, un elmo overo zuchcllo di ferro per diffondere la testa, una spada, uno scudo ovcro mezza Targa e dipinto nel mezzo vi sia •Opra l'impresa del Leone del suo quartiero conforme sarà dipinto nel Confalone o slci-dardo che seguirà, et di tutte queste cose si debba provedere fra il termine de giorni quindooi sotto pena di tre fiorini d'oro per ciascun disohediente. Nono. Che questa società babbi un Nolaro publico, et jdoneo eletto per gli consiglieri Qual sia sua cura di scrivere tutti li consiglij che si faranno , et sotto bono custodia t(,|icr le scritture «-ho si faranno, et che bisognammo fare per essa società et questo sij di età di trenlasei anni almeno. Decimo. Che in questa società vi sia quattro servitori cioè uno per Quartiero o p°rta e questo porti sopra la Zimarra dalla parte destra uno scudetto dove dentro dipinto vi sia il Leone di quella Porta 0 Quartiero ohe servirà, il quale sia obligalo cillar *utti gli huomini d' essa società far le proclamo e pubblicare a suono di tromba li precetti ohe li saranno dati dalli consuli , secondo farà bisogno ut addimandare a consiglio Consiglieri del suo Quartiero o Porla tutte le volte che li sarà commandato. UndecimO. Si ordini che li consuli debbano durare in officio un anno solamente , il "Otero et li senatori d'essa società a beneplacito delli sessanta consiglieri, et che al Notali) se li dia di salario o sua mercede una volta l'anno quattro Fiorini , et li servitori d"e Fiorini per ciascuno e questi siano pagati de denari del publico e questo si fa acciò Questa società si conservi lungamente. Duodecimo. Che tutti quelli che haveranno Oflicio in essa società siano obligati fra 11 tarmine de giorni tre dopo l'elettione de loro Oflitij giurare nelle mani del Podestà (,t in caso non vi sia il Podestà nelle mani de'consuli che saranno per tempo eletti, jjttrimente passato dotto tempo s'intende et ex nune sij cassato et annullato da tale Of-Unn et ili più si;l qW\ tale eondennato in cinque scudi d'oro d'applicarsi alli più poveri d'essa società. Decimoterzo. Che niuno della società predetta possino conseguire Oflicio di sorte *' Gttna overo honore dal comune di Cremona se prima non bavera pagato alla società atto quello li sarà debitore per qualche causa occorsa dove sia pena. Decimoquarto. Si fa espresso ordine da essere inviolabilmente osservalo che se alcuno ^alcuni della presente Società si nel andare come nello slare, o nel ritornare per la ooeteta, da qualche attiene o faltione di guerra o altra causa faranno tra ossi risse o ori, «ver diranno fra essi parole ingiurioso per le quali vi fossero anche parole dico CS u S' pfiriniìtl(' a ciascuno che possa et debba accusar quelli tali alli consuli, quali "su i debbano condannarli in un Fiorino d'oro et più ancora secondo l'ingiurie che Sorge il secolo XIV colle speranze de' Ghibellini lombardi che guerreggiano la guelfa Cremona (1307), devastano campagne, incendiano ville e ponti, prendono castelli, e distrutte ne' sobborghi le numerose fabbriche de' pannilani, espugnano la città, che resiste valorosamente e fa pace. Ma le fazioni ringagliardano in essa più che mai, si rinnovano confische di beni, uccisioni e bandi di cittadini. Arrigo VII, che aveva presunto venir qui a calmar le fazioni ostili, e stabilir la pace imperiale, manda Decoreranno, ol questo secondo l'arbitrio di essi consoli, qual pena la metà sia della Società l'altra metà del ingiuriato. Decimoquìnlo. Si ordina ancora alli consuli che di tempo in tempo saranno a questa società eletti procurare in tutte le maniere a loro possibili, che non sia alcuno di che eondiltione esser si voglia la qual non fosse della società di ferire o percettore alcuno di essa società mentre eserciterà le pubbliche attioni in honore, et utilità del commone di Cremona: quello il quale offenderà se li debba dare il perpetuo bando di maleficio il quale non possa esser liberato senza il consenso del ferito overo de suoi heredi, et se non haverà pagato al sopradelto ferito o percosso li danni patiti mentre la ferita o percossa nwn sia mortale e pagare doverà lire ottanta almeno. Ma se I' offeso passasse a miglior vita ipso jure sia bandito in perpetuo e:.ilio, et tutti li suoi beni siano datti alli heredi del dell'unto, et volendosi liberare (mentre però dal slato Cremonese sij stato bandito cinque anni almeno) il comune di Cremona possi liberarlo , mentre però babbi la pace dalli heredi del dell'unto, et mentre sarà nel bando venesse nelle forze del com-mune di Cremona sia dalli consuli della società condannato alla morte fra il termine de giorni otto. Decimosesto. Si statuisce ancora che se alcuno di questa Società rinunciasse o si facesse cancellare dal rollo di questa Società questo tale o tali che saranno non possa 0 possano mai più essere posti aggiunti over scritti in essa società, et quel tale e tali che saranno si dichiara per espresso commandamento che non possano ne debbano mai haver honore, ne oflicio per benefìcio del corninone di Cremona sotto la pena de cinquanta Fiorini d'oro a chi no!li consiglij li proponeranno, e questo si fa acciò ninno si parti overo ab-handoni questa società et si mantenga longamente in beneficio del Commune et popolo di Cremona. Decimosetlimo. Si ordina et commanda che li consuli di questa società che saranno ili tempo in tempo eletti siano tenuti et obligati per special sacramento dar opera con effetto che il signor Podestà che sarà di tempo in tempo facci osservare , et obedire li sridetti statuii et ordini fatti a beneficio del commune di Cremona et popolo cremonese li quali habbino luogo el si servino in perpetuo , et debbano esser scritti et registrati nelli libri et statuti di Cremona et popolo cremonese, et farne mettere una aopia nell'Archivio publico a memoria de viventi, et altre copie farne tenere dalli Confalonieri, et ancora se ne debba dare una copia per ciascuno dell i sessanta Consiglieri acciò si j no inviolabilmente osservati. Decirnotlavo. Si dà ampia autorità alli sessanta Consiglieri che ogni volta che volessero emendare aggiungere o minuire li presenti statuti per utile et beneficio del commune et popolo cremonese li Consuli siano obligati far congregare li sessanta Consiglieri, et quello che ordineranno fare, et slimaranno bene sia il tutto scritto dal Nolaro sopra alcuni foglij di carta e quelli farli rivedere da quattro sapienti Dottori del Colleggio di Cremona, et doppo tre giorni farli approbare da tutto il numero della Società ogni uno al suo Quartiero o Porta, et questo si fa per levar le fraudi ed acciò ogni imo sappia quello haveranne da osservare. {Cosi trovatisi tradotti dal Bresciani.) ENRICO DI LUSSEMBURGO 123 m Cremona un suo vicario per dominarla, ed è respinto per consiglio ed oro di Guglielmo Cavalcano e degli ambasciatori bolognesi e liorentini. Guglielmo Cavalcabè Allora l'imperatore con tutto l'esercito suo e de' Ghibellini move contro di essa; fuggono le famiglie e milizie guelfe, nò v'è modo a resistere. Trecento cittadini con corda al collo, piò nudi e in ginocchio ne implorano ,a misericordia a Pademo. Il barbaro, quell'alto Arrigo invocato da Dante 0 drizzare Italia, quello imprigiona e lentamente consuma, poi per tre Barrii saccheggia, incendia, smantella, uccide; vuole 100,000 fiorini, riforma d'un suo vicario la città, cui toglie ogni rendita, ogni franchigia (1311). L'anno dopo, mentre egli assedia Firenze, i Guelfi fan nuovo lega ed esercito, sorprendono, duce Jacopo Cavalcabò, Cremona guardata dal vicario Galeazzo Visconti e da duemila tra Ghibellini e Tedeschi. Ridotta a parte guelfa, è presidiata da Giberto da Correggio, l>0' da un vicario di re Roberto di Napoli. 424 STORIA DI CREMONA I Ghibellini con Ponzino Ponzone usciti o cacciati da Cremona, si confederano coi Visconti e gli Scaligeri, e guastato il territorio, quella Ponzino Ponzane rendono a sé devota colle solite rovine e crudeltà di Guelfi, come dianzi dei Ghibellini. Rinvigoritosi, il Cavalcabò solleva la città a stormo (1317), pugna e fa strage di cittadini sulle piazze e le vie, e fuga il Ponzone, il quale saccheggia terre e castelli, e uccide uomini guelli, poi irrompe con nuova oste sopra Cremona, e v'entra a forza o tradimento (1318). L'anno dopo Giberto da Correggio col Cavalcabò la ricupera, indi di nuovo il Ponzone con Matteo Visconti, che uccide di propria mano il Cavalcabò. FINE DELL' AUTONOMIA CHIESA 423 Lodovico il Bavaro, imperatore non riconosciuto, accolto a festa in Cremona (1329) le ridona tutto il suo territorio e gli antichi diritti, e le manda un vicario, perchè si governi a nome dell1 impero. Poi nel 1331 legatasi in fede all'avventuriere Giovanni di Boemia, figlio di Arrigo VII, Cremona è assediata da Azone Visconti, difesa validamente dal Ponzone, sicario del re partitosi da Italia, e repulsa il nemico (1333). Ma Azzo v» ritorna Panno dopo con le genti degli Estensi, degli Scaligeri, de1 Gonzaga, 30,000 combattenti con 6000 carri guerreschi. Cremona, impotente a tener fronte, pattuisce di darsi al Visconte, se non sia soccorsa tra due mesi e mezzo dal re con osto campale. Il soccorso non venne, e 'a città ornai solitaria e quasi mendicante, e che di dieci mila soldati che solea avere, ne contava appena 1200, pacificamente si sottomette il 15 luglio 1334. Quando cessò di essere libera, essere non poteva più misera. Quindici anni prima, il vescovo Egidio aveva descritto lo stato lugubre e orrendo "«Ha città, la quale, dianzi piena di popolo, signora di genti e ornata di ricchezze, era caduta si basso, che le monache, spogliate de' beni dalle Bierre, furono costrette uscire dai chiostri, allogarsi con secolari, o mendicare. Per le rinnovate contese tra il sacerdozio e l'impero, per la trasduzione dei papi ad Avignone e il suo carattere ancor feudo-imperiale, la Chiesa cremonese soffre altri danni, gli scismi nelle frequenti elezioni °ontemporanee di due papi e di due vescovi, e le eresie. Nel secolo XI si to'se agli imperatori il diritto di nominare i vescovi, e si restituì al clero e al popolo, secondo gli antichi canoni; ma come, si altrove che a Cre-m°na> i canonici ne' loro comizj spesso discordavano nella scelta per le fazioni civili, cosi i papi da sè gli elessero. Alcuni nostri vescovi furono troPPo aderenti alla parte imperiale, altri devoti agli antipapi; Prete (li Medolao, benché, dice Sicardo , degnissimo per scienza ed altri me-riti> fu scomunicato e deposto. Ribellatisi i Cremonesi ad Arrigo VII, e alletti alle parti di Lodovico il Bavaro e di Nicolò V antipapa, sono Col-piti da anatema con que'di Crema, Soncino, Caravaggio, Castelnovo B°cca «l'Adda, e prosciolti da Benedetto XII. Conseguenze di questi scismi furono le discordie e le eresie. Molte Chiese negano obbedienza ai vescovi; ad esse i laici destinano i sacerdoti; 1 Soncinesi uccidono il loro arciprete pontificante; insorgono liti tra i vescovi di Cremona e gli arcivescovi di Milano, tra il clero di Pontevico e u Comune di Cremona, cui Innocenzo III intima scomuniche. I cano-niCl>Per timore dei seguaci, d'Arnaldo da Brescia, impongono agli uomini '"astra;, drl /. y Voi. III. STORIA DI CREMONA di Gussola di respingere tutti i forestieri e gli eretici: nel Castello di Mozzanica s'annidano i settarj del Segarelli e del Dolcino, protetti dal Palavicino, ma ne sono espulsi appena alza il capo la parte guelfa. Però altri vescovi vanno a Roma pei concilj Lateranensi; ad altri Federico I e Alessandro III, donano i castelli di Maleo e di Viadana, Castelfranco e la curia di Lamo, due pievi su quel di Pavia, monasteri e parrocchie. Essi vescovi anche nel secolo XIII conservano il titolo di conti, hanno vassalli, avvocati, arcidiaconi, confalonieri, che convocano nella propria curia a parlamento, e rogano el sentenze. Alcuni insigni uomini, che poi furono santi, onorano la nostra città : san Bernardo, san Francesco, san Domenico, santa Chiara, sant'Antonio, san Pietro martire vengono qua, e compongono discordie, fondano monasteri, estinguono eretici. I canonici, che pubblicano i loro statuti, cessano dal vivere in comune (1250), portano a segno d'onore Talmuzia, come alcuni parroci. Oltre il capitolo della cattedrale a vvi quello di San Michele di otto canonici (1162), quello de1 Santi Egidio ed Omobono nel secolo XIII- 1 canonici regolari erano a Sant'Agata (1090), ne*monasteri di San Sai-vadore, di San Giovanni in Pipia , di San Cataldo e di San Pietro nel secolo XII; nella diocesi a Rivolta. Le chiese o parrocchie (vicinice) urbane e suburbane crebbero nello stesso secolo con rettori o parroci, eletti dal vescovo o da regolari o da privati: nel XIII erano 68 parrocchie in città; alla porta o quartiere di San Nazzaro 16, alla Natali e Ariberti 13, alla Pertusio 26. In diocesi, 30 pievi con rettori e arcipreti. La contessa IVJatilde ne fonda e dota sei (San Giovanni di tre lettere, Sospiro, San Giacomo, Delmona, Gu-rata, Ottoville). Undici chiese di città hanno ospizj e ospitali, ventuno nella diocesi. Po' tremuoti e gli incendj del secolo XIII si consumano 27 chiese in città, ma molte se ne rifabbricano, o a miglior forma si riducono, sì che, alla fine di. quello, se ne notano 70 colle suburbane. Net secoli XII e XIII han luogo gli ordini religiosi dei Carmelitani, degli Eremitani, degli Antoniani od Ospitalieri, de' Canonici regolari di San Marco e de' Crociferi , prima in case con ospizj sì in città che nella diocesi, poi nel grandioso tempio e convento di San Agostino. I Francescani primi dell' ordine de' santi Cosmo e Damiano, de' santi Francesco ed Antonio, indi i Conventuali e i Minori osservanti ebbero anch'essi case, poi monasteri. Gli Umiliati vi sedettero e si allargarono sino al secolo XVI, e i Predicatori sorti per due famosi cremonesi (fra Rolando e Moneta) stanziarono prima ne'sobborghi, poi in città fabbricando il magnifico tempio e convento di San Domenico, e si estesero nella diocesi. Ebbero l'inquisizione, soggetta ai papi e ai vescovi nel 1266. Le Benedettine pel ECCLESIASTICO 427 mal costume e le dilapidazioni dei beni, e per le guerre e i pericoli ri-l'arano in città presso altri conventi. Le pie confraternite, sorte pe' mutui soccorsi, per la quiete e pace comune e per alloggiare pellegrini, hanno statuti nel XVI secolo; quelle di Santa Maria della Passione, del Cristo risorgente, dal SS. Rosario nel XIII. I riti di nostra chiesa nel XII secolo sono descritti nel Mitrale del famoso vescovo e storico Sicardo, pubblicato a brani dal Trombelli di Bologna e dal cardinale Mai, compiutamente a Parigi dall'abate Migne nel 1857. coltre erano esposti nei molti libri liturgici (antifonari, tropi,' legionari, monologi o calendarj, rituali, cerimoniali, martirologi d'Adone e d'Usuardo, l,br' dittici) che esistevano nella cattedrale. Da essi documenti e dal primo sinodo diocesano del vescovo Rainerio (1297) appare che esistevano ancora tra noi de'non cristiani, e che battezzavansi in età adulta; eh' era tuWavia in vigore la penitenza pubblica e la disciplina dell'astinenza dalle carni nel mercoledì e venerdì; pe' soli sacerdoti anche nel sabato. An-lic° fu il culto de' santi e de' martiri tra noi dal secolo nono al duodecimo, nei quali si trasportarono in Cremona i corpi o le ossa de' santi Archelao, Gregorio, Marcellino e Pietro, Mario e Marta co' loro figli, <* Lealdo: ebbero poi culto speciale il cremonese sant'Omobono 10, san Gt-roldo, sant'Alberto d'Ogna e san Facio. , *0 Omofono è quasi il tipo cremonese, e la leggenda ne ha fallo il modello delle Vlrtù casalinghe e della pazienza domestica. La moglie di Omobono era indignata perchè T)<'fchgeva le cose domestiche, vestiva rozzo, appartenendo ai terziarj.umiliali, e dava tutto Molti ecclesiastici cremonesi insigni per dottrina, dignità e santità illustrarono il secolo e la patria loro; tra le dignità canonicali oravi un maestro della scuola (1157). Alla scuola di grammatica del secolo IX succede nel XII un pubblico studio generale, che protetto da buoni ordini e dalla fama di dotti e prudenti uomini, insegnava teologia e diritto canonico e civile, lingue e grammatica, filosofia naturale e morale, fisica e chirurgia ed arti liberali a molti scolari nostrali e forestieri. Lo statuto cremonese ha 12 rubriche sulla disciplina, le immunità, i privilegi, i comodi e gli onori che in esso fruivano docenti e discenti. In esso fu sin da fanciullo educato ne1 misteri della filosofia e in qualunque arte quel maestro Gerardo che tradusse in Spagna dall' arabo 76 libri di scienze, capolavori della letteratura araba e greca che mancavano in Italia. Da esso uscirono quo' molti consoli e podestà, capitani di giustizia e del popolo, giudici delle corti imperiali, che sedettero nelle principali città d'Italia o ne' consigli do' principi reggendo la cosa pubblica; ne uscirono forse que1 molti dottori e maestri, che lessero legge, ragion civile e astronomia ne' più cospicui studj d'Italia e di Francia. Bulgaro, i due Gosiani o Gosia, Lotario, Guido Luzzara, Alberto Gandino, Ricardo Malombra, Egidio de' Madalberti professarono giurisprudenza a Bologna e altrove; Azo Porco e Giovanni Bassiano apersero a Lione e a Montpellier la prima scuola di diritto; Clearco Cavalcabò, Gerardo Rangoni, Vincenzo Visconti insegnarono astronomia e filosofia a Parigi e a Vienna. I secoli che molto operano, peco scrivono. Pure, oltre i surriferiti, che lasciarono alcune opere reputatissime a que' tempi, ristampate più volte anche nel secolo XVI, abbiamo le astrologiche di Leonardo da Cremona, ai poveri. Nella carestia, e portata a sua casa una paniera di pane, ma i poveri l'aS" salgono e se la mangiano. Egli sia a vederli tuli'in gioja: ma quando la moglie apr? la dispensa, trova quel pane moltiplicato, e che spandeva la più fresca fragranza. Dn'àltW volta e' portava bere ai conladini che lavoravan i suoi campi, ma i poveri lo seguono, ed egli li lascia bere quel vino. Sopraggiunta la moglie, comincia i rimbrotti, ed cgb empie la brocca d' acqua e la benedice , ed ecco è vino squisito. Aggiunge la leggenda che la donna era gelosa di lui, e però quando uscisse gli attaccò talvolta un refe a' bottone dell'abito, svolgendo il gomilolo lincile andava; ragomitolando poi, lo trovavi i" ginocchio a una devota immagine. Ingenue tradizioni, di cui si può ridere, ma che han un alto signilicato come linguaggio d' un popolo che risorge nel nome di Cristo, e cb< cerca i suoi eroi non negli Ercoli o nei Napoleoni , ma in un sartore, in un romito , in Facio, in Omobono. C. C. SCIENZIATI 429 di Gerardo di Sabbioneta |ij quelle dell'altro astrologo Hrabano Magnantio non si conoscono che dai titoli. Altre scritture di cremonesi intorno le il Questo medico e matematico tradusse l'Almagesto di Tolomeo, il trattalo de' crepuscoli di Al-IIazen e un'infìnilà di altre opere dall'arabo, per imparare il quale e conoscere 'e opere era andato apposta in [spagna. Diede pure la 'I'/teorica planetarum, la quale «i leggeva nelle università e fu stampata a Ferrara il 1472, a Bologna il 1477 e 4480, :i Venezia il 1478. Scrisse anche una Geomanzia astronomica, piena di osservazioni per conoscer le cose preterite, presenti e future, a vantaggio di medici, chirurgi, chimici, architetti, cacciatori, pescatori, giardinieri, agricoli ed altri: e se il ventre darà maschio o femmina; e se il messo che reca novella dica vero o bugia: e se si scoprirà il ladro che rubò. Moltissimo era egli interrogato dai principi, e nella Vaticana si conserva un codice manoscritto de' suoi responsi; Juclicia magistri Girardi de Sabbitela cremonensis super multis qiueslionibus , et certis nativilatibus, ac annorum mundi revoluito-nibus. Negli Alti dell'Accademia de' nuovi Lincei, l8!ìt, il principe Buoncompagni inserì notizie intorno a Gherardo Cremonese, raccolta paziente di quanto di lui si ha o si disse, Ma uè esame uè giudizio. Importante è un brano*ineditò di traduzione d'un trattato d'algebra che se non il più antieo, è de'primi ove fosse insegnata agli Europei questa scienza del raziocinio generale per via della lingua simbolica. Ivi si trova anche il segno negativo, mentre gli Arabi e così il Fibonacci, non conosceano che quantità positive; eppure, s» tardò trecento armi a dedurne l'utilissima applicazione, cioè lino a Michele Stifel. Fa Soluzione delle equazioni di secondo grado vi è espressa con questi versi : Cam rebus censum si quis dragmis dabis equum lies quadra• inedia s quadratum adjiec dragmas, Radici quorum media» res excipe demum. Residuimi queesti census radicem ostendel. Bisogna sapere che dagli algebristi per cosa s'intendeva l'incognita, pei' cento il quadrato, per numero il noto: onde coi simboli moderni si costruirebbe: x 2 H- p x 9 Donde a?>» — 4 P * Y T p 2 + 9 Seguono gli altri casi: e ognun vede che con ciò trovasi prevenuto fra Luca Paoiolo. Ai dilettanti di tale scienza non isgarberà veder qui un problema e la sua soluzione. Quceritur quecnam tint UliB parte» denarii, quarum differentia, juncta letra-Qonis earundem, collige 54. SU una parlium res, altera 10 minus re (cioè x, e 10 — x). Pi/ferentia 10 Minus duabus rebus ex qua 2 parlium tetragoni» covjunctis colligantur 100, et 2 census minus 20 rebus, quee data sunt cequalia 54 (cioè x * + (10 - x «) + 10 - 2 x = 54). Per restaurationem ilaque rerum, 2 census cum 100 equivalent 54 *t 22 rebus (cioè 3 x« -f H0—= j;ì + 22 x). Per ejeclionem vero abundan/ìs nu-mcriMet 2 census, 22 rebus udwquanlur (cioè 2 x * + 56 = 22 x). Et per conver- scienze naturali e morali, la grammatica **, la storia e le materie teologiche indicate dai vecchi storici sono forse smarrite; il Chronicon e il Mitrale del vescovo Sicardo si trovarono e pubblicarono solo testò. Guglielmo Amidani, nato nel 1270 e vescovo di Novara, fu buono ed elegante scrittore di poesia vulgare; da un codice di lettera guasta si estrasse un »tonem unu» censo» cum 28 wquentur H rebus (cioè x 1 |- 28 - 11 x). ReSOÌVS per quintum modani, et re erit 4, cioè * - 7 11 ± V 7 = 1 + 1 i - i »ude i due valori X - - ì x <= 4 L'autore indica solo quest'ultimo. Se non isbaglio, ivi è un tentativo di rappresentare le quantità per lettere, come noi usiamo. Perocché, dove cerca qualiter figurentur censo» radices et dragma>, insegna: Numero censuum Utero, c, numero radiami litera r deorsum virgulas habentes, subterius apponantur Dragmce vero sine liter is virgulas habeat quoliens taeo sine diminuliune proponuntur. Verbi gratta duo census, tres radices, quatnor dragane sic fi'purenfar 2 3 4 c r d o Qui equivale al nostro 9 x * * a Zx L ^ al numero 4 Chasles aveva asserito che l'algebra numerica fu introdotta in Europa dai traduttori del XII secolo. Guglielmo Libri lo impugnò colla solila acerbità. Ecco chi avesse ragione. C. C. 12 Dopo il 1200 in molte scuote estere insegnavasi la grammatica sulla Somma cre-monese, probabilmente opera di Gherardo da Bellona che insegnò grammatica nell' università di Bologna il 4267 e 68. Ottone di Cromoua, verso il 1200, scrisse US versi sulla scelta de'migliori semplici: e per ciò forse da alcuno gli venne attribuito il poema del pseudo Macro, e da Choulant i vrni che riducono a forma metrica l'antidotario. C. C. DIALETTO «1 sonetto astrologico, che il Perticari dichiarò di modi umili e pedestri, ma di parole e costruiti perfettamenle civili, anzi italiani r\ 13 Lo adduce il Perticari nella Difesa di Dante, c. 29, per quel suo ticchio di provare che in tutta Italia scrivcasi bene come in Toscana. Ma doveva avvertire che (se anche fosse vero) questi autori ingegnavansi di scriver in toscano. Di fatto, nel secolo XIV, mentre a Firenze cantavansi le Laudi in un volgare cosi caro, a Cremona usavansene alcune, di cui diam per saggio una, da una raccolta pei Battuti: Com fo trahit el nos Signor E vel dirò cunt grant dolor. Al temp de quei malvas zudè Un grand consey de Crist se fe Chel fos trahit et ingannatb E su la eros crucilìcath. Inter lo corp de quey malvas Denter gintrava (gli entrava) el Setenas Zozin fo Yuta Scariot Che Crist trathiva dì e not. Quel Yuta fals et renegath Ay sovra princep fo andath E si ye dis, quem volef da Se vel tradis illy vosy ma? Itespos i Mora quei zudè, Trenta diner tini de acce Stul po trady et inganna Deraz de no apresentà . .. Et quant ey taf sflagelath Mul tosto ey laf incoronath De spini grossi et ponzent Per che el so volt fos sanguanent, Da poi chey laf xy fori befath, A Pilat fo apresentath E falsamcnt ey lacusà La sua faza poy ligà. Po tug (lutti) crithava cum remor, Crucifia el malefactor, E su lo vis tug ye sputhav» E dolzament ye perdonava. Stagant in crus el nos Signor Dis a la Mater cum dolor ; Zoran te do per to fiol, Che teg se pi ura cum gran dol . . . Nel secolo XII ebbero in Cremona origine e ordinamenti i collegi di scienze ed arti liberali, vo' dir de1 notaj, de' giureconsulti, de' causidici e de' medici. Le arti belle, alimentate dalla libertà, assunsero novello vigore.NelP e-poca ghibellina sorgono torri, castelli, propugnacoli di guerra; sotto Guelfi, chiese, monasteri, palagi e monumenti civili, che ancor sono c saranno. Architetti o ingegneri militari e civili innalzano dal secolo XI al XIII i principali edifizj di Cremona, in stile bizantino o gotico moresco; opere mirabili a Soncino, Vicenza, altrove. Tinto Muso di Gatta vende l'ingegno e la coscienza a Federico I e ai Cremonesi nell'oppu-gnor Crema con macchine belliche, poi fabbrica e fortifica le mura di Lodi (V. p. 409). Alberto Carraria incendia con suoi congegni il carroccio de' Milanesi (1213). Le sculture, le statue, i bassirilievi che tuttora adornano le nostre chiese; le immagini di santi, di croi o di animali impresse sulle monete della zecca cremonese, sulle medaglie, sugli stemmi, sui sigilli, sui codici membranacei, sui libri liturgici e corali della cattedrale e d1altre chiese che ci rimangono; i dipinti a fresco d'uomini e di santi ch'erano negli antichi palazzi o stanno tuttavia in alcune tavole o altari delle chiese, opere rozze e secche di stile, se vuoisi, e di metodo, ma pur sempre Dom doncha tug volò servi A quel che vols per no mori, Azo che quant som trapàsath Chel gne conduga al regn bcalh. Avvegnaché cosi ran; avanzino le canzoni popolari, non disgradirà il recar qui una clic, secondo il Campi, fu composta da un Lanieri per la nascita d' un lìglio di Gabrino l'ondulo ; canzone per la quale il Lanieri fu sepolto vivo nel 1407: Si fa e si fe Gaudio, e perchè ? Un piceni re Nacque testé. Tristo quel re ■ Mal aggio il re Che padre n' è, Il qual da se Servendo il re. Tristo quel re! Odiando il re Scannò il suo re, Poi si fe re E ancora è re. Ti isti » qui l re ! BELLE AKTI • 43." preziose pei tempi e la stima dell'arie e deila civiltà, mostrano a quale altezza salirono le tre arti sorelle fra noi nei secoli XII e XIII!l. 14 Abbiamo un Simone da Cremona, che dipinse in Santa Chiara di Napoli. Chi siano gli autori de' citati bassorilievi, specialmente della cattedrale, scolpiti dal secolo XII al Xly s'ignora, il Cicognara asserisce che « con tanti altri nomi sepolti nell'oblivione incontrasi eliche quel Giacomo Porrata di Como 0 di Cremona, che nel 1*274 scolpì i profeti laterali all'ingresso maggiore della cattedrale e l'architrave ornato di bassorilievi. E non golo 'lue' lavori sono di sua mano, ma'attentamente osservando s'incontrano in Cremona molle altre Scultore di quell'eia, di quello stile e verisiniibnente di quid scarpello ». Ma I1 attribuir al Porrata i lavori delle due facciate del Duomo, non piace al Robolotti, primo, I* l'elio alcuni, come appunto i quattro profeti' nominati dal Cicognara, le statue sulla Bertazzoni e qualche altra, hanno l'impronta d'un secolo almeno anterióre al Porrata : secondo, sul lo il gran tinestrone rotondo sulla frante maggiore del tempio un'epigrafe in marmo dichiara che il Porrata medesimo feci t liane rutam. Ora I' essersi indicato "opera speciale della rota, ossia del flnestrone, una forse delle ultime cose terminate al-t*alto del frontone, dimostrerebbe, che di quell'unico lavoro, come aggiunto alla fabbrica, fosse il Ponala l'autore. Finalmente tanto nell'epigrafe anzidetta, come presso i •''coglitori di memorie patri.: il Portata è chiamato magister, faber ctementarius, muratore architetto, ma non scultore. , Pure questi bassorilievi e monumenti (prosegue il Robolotti) furono molto probabilmente opera di Cremonesi, e mostrano i primi rudimenti delle arti e della cultura in Cremona, la quale vanta eccellenti nivlnlrtti e scultori anche di que' tre secoli. Ne siano prova gli edilìzj religiosi, militari e civili più antichi, per essi gittati o abbelliti tra noi, e quelli s,,rti a Vicenza, Verona, Brescia, Venezia, Milano, Homa caltrove, di che parlano le guide e le storie di quelle città, e gli illustratori détte opere di diseguo ed intaglio sì in pietra 6 in metallo, che in legno, ju cera e in vetro, oltre le miniature su pergamene. La pittura cremonese fu poi coltivala tra noi sino dal secolo XIII e XIV. Nel palazzo di Lanfranco Oldovino vi dipinse nel l'21.> la vittoria de' Cremonesi sui Milanesi: il Campi ricavò l'effigie ''i Jacopo CavaleabO da un dipinto a fresco esistente nel suo palazzo , e quindi proba-mlniente dei primi anni del 1.100; alcuni sigilli, alcune monete di questi tempi olirono i 'J'^'gni e le sembianze non ineleganti di persone illustri.e di santi, di ediflcj e di emblemi borenti o venerati in Cremona. Nel Duomo abbiamo, benché sbiadite e guaste dagli anni, 'abilissimo pitture di Somenzi seniore e di Polidoro Casella del MU con bibliche l:iPprescntanze, pitture cheli Lanzi non aveva dimenticate, il quale, salito ad esse vicino, '"'^ ammirarne il colorito forte, e insieme alla grande semplicità un corretto disegno, e !" «indicò cose uniche, il cui autore nulla deve dell'arte sua nè a Giotto, nò a Cimabue, ''": tatto è italico in esse, tulio nuovo, tutto patrio. Rosini scelse la più pura e corretta Meglio conservala di queste pitture del Casella, le (piali chiama «grande opera e sin-lir" monumento •, e né aflidò il disegno e, F intaglio al Caporali per adornarne la sua • torta delia pittura italiana. C. C. Ulustraz. ttei L. V. Voi. III. V. I principi Italiani. (133ÌJTJ35.) La storia di Cremona può dirsi finita; d'ora innanzi le sue glorie, che pur non mancarono, non son più sue, ma delle famiglie che la ressero, alle quali presta il territorio, Toro, il braccio e l'intelletto per difendere, spesso a suo danno, interessi non suoi. Al popolo si toglie ogni ingerenza nella cosa pubblica, lo si prepara a dimenticare le sue tradizioni, a portare un giogo che lo approssima ai bruti. La mala signoria suole attribuirsi le virtù de' popoli soggetti, ai quali rimprovera quelle colpe e que' vizj, cui essi li educa e incita. Essa fa scomparire dalla città e dal territorio ogni rimembranza del Comune. Ai consoli sostituisce i sindaci e i podestà, mandati da Milano e circondati da \ 50 decurioni che amministrano le rendite e i tributi della città; riforma gli statuti (1387) secondo gli ordini e i costumi nuovi. Il palazzo de' capitani e de' militi del popolo, chiusi i portici, diviene il collegio de' giureconsulti v1392); quello de'popolani a Sant'Agata sede della università delle arti, della lana e della seta (UH). Si atterrano nel territorio molti castelli, altri se ne. fortificano per la difesa e P utilità dei duchi. Morto Gian Galeazzo Visconti (che de'suoi predecessori e di lui nulla ho a narrar di speciale a noi) le città lombarde scuotono il giogo aborrito, (1402). Giovanni Ponzone, cui scalda il petto la memoria del proavo, ribella Cremona, e scaccia il vicario del duca. Ugolino Cavalcabò non di- 4 Corrado Cavalcabò trovasi col titolo di marchese Del it.ll», quando concorre a fondar il monastero cistercense di Santa Maria della Colomba nel Piacentino. Nel l."»(>7> è indicalo col fratello Andreasio qual caporione de'Guelfi in Cremona. A lui e suoi discendenti nel 11118 fu donato da Federico Parbarossa il feudo di Viadana, confermato da Enrico^ 1 nel 11116. Nel Ulti moriva a Parigi ov'era professore d'astronomia, Clearco Cavalcabò. Cavalcabò Cavalcabò interviene al congresso di Venezia nel 1177. Corrado suo figlio fu caporione de' Guelfi , col cui ajulo Guglielmo suo fratello ottenne primato in patria, l'are ehe altrettanto conseguisse Carlo (iglio di Corrado, e fratello di Ugolino vescovo. D' un altro Ugolino era figlio Guglielmo, primo signor di Cremona. Dopo la sua uccisione la famiglia andò dispersa in molti paesi d'Italia. Suo fratello Giacomo, in lolla col Ponzone, lini nella battaglia contro i Visconti del l.Vi'2. Ugolino fu ancora signor di Cremona, benché dipendente dai Visconti : Gian Galear/.o I o tenne prigione: poi ebbe le avvenlurc narrate nel testo. C. C CAVALCABO K FQNDULO 435 mentico anch'esso della potenza di sua famiglia, uscito appena dalle carceri del Visconte, in una popolare assemblea nel duomo, si fa gridare signor di Cremona, proscrivendo o avvelenando il Ponzone. Dapertutto risorgono le mal sopite fazioni civili, dapertutto uccisioni e rovine. Il Cavalcabò con Cabrino Fondulo, alleati co' Fiorentini e con altri popoli, armano 2000 cavalli, e obbligano ogni Cremonese dai 17 ai 60 anni ad armarsi, cacciano dai castelli le genti ducali e sospettando de1 Ghibellini e de' Visconteschi, spengono i principali cittadini. Ugolino è fatto prigione a Manerhio, il nipote Carlo prende il dominio' della città, che lascia governare a Cabrino, 8 questo stringe alleanze, fortifica il paese, aduna gente e denaro. Fuggito di carcere, Ugolino ripara a Cremona, ove ò fatto prigione dall'ingrato Carlo, finché Cabrino, invitati molti de' Cavalcabò al suo castello della Maccastorna, gli uccide e si fa padrone della sua patria. Per timore o Cabrino Fondulo ^ndetta fa gittar giù dal torrazzo, o in altri modi uccidere, molti capi Potenti famiglie, fa tregua con Filippo Maria Visconti, ristora lo studio pubblico della città, si collega a olTesa e difesa comune coi marchesi di Mantova e del Monferrato, e coi capi delle città vicine, compera il titolo «li vicario imperiale dall'imperatore Sigismondo, cui ospita magnificamente con Giovanni XXIII e molti cardinali, principi e baroni convenuti in Cremona ad un comizio religioso-politico (1414)-. 2 Un libro, che certamente pochi lettori conoscono ancora, e che sotto la leggera forma epigrammatica dissimula un lungo studio e un'alta Intelligenza, malgrado tanti intrepidi errori di fallo e di raziocinio e tante tenebre alternate con lucidissimi lampi di verità inconsuete, e la proclamazione della fatalità fra lx>, proteste dell'azione individuale, tanta conoscenza, e tanto sprezzo dell'umanità, (anii computi e tanta fantasia, lauta pazienza e laida ironia, Ionia erudizione e tante temerità, tanto allettamento e tanta noja, mette questa rivoluzione di Cremona sotto quelle die Intitola fìepubllche abortite. « Se in alcune città troviamo fatti che simulano le diverse fasi della crisi , vai a dire I' insurrezione guelfa o ghibellina, la republica che, per interromper la dinastia forestiera, oppone là ricomparsa de'prischi signori per ristabilir l'indipendenza, e il cambiamento di scena che vi surroga un capo militare per rigenerarli, queste mutazioni compionsi male , e questa risurrezione illusori;! non Ri che rassodar la conquista. Che serve a Cremona il sorpassare la miserabil Pavia, e mostrare i capi, le famiglie, le fazioni de' vecchi tempi ? È Milano 8!>, (piando, deserte le vie, bisogna prometter immunità a chi venga a popolarle. Le enormi tasse nel 139j, colpendo indistintamente lutti i contratti, fin i matrimoni, sulto pena di multa, non rappresentano che una necessità generale. Le prime sue speranze alla morie di Gian Galeazzo nel 1402 fan sorrider la reggenza milanese, che ella Btessa libera Ugolino Cavalcabò, rampollo della dinastia guelfa, 84 anni fa stropizzata, e talmente svilita eh'e' promette andar ingannare il popolo che lo chiama a regnare. Libero appena, l'aria larga della rivoluzione, le generali rivolte di Lombardia, le sètte ravvivate, la vista degli emuli, degli amici, de'nemici, gli fan girar la lesta, scuob» la criniera come il leon del deserto; s'associa con Giovanni Ponzoni, anch'esso rampollo d'una dinastia perila nel suol di Cremona, e si getta sopra i Ghibellini, cacciandoli, uccidendoli, facendo 400 cadaveri nella sola fortezza di Pizzighettone. Il veleno 10 libera poi dell'intimo nemico eh' ei s' era associato, e il popolo non cessa di seguirlo, perchè permétte tutto, tutto consacra purché si tratti di combatter Milano, e resuscitar la signoria. Ma I' inetto signore ricade in man de' Milanesi tra lo scompiglio d'una scon-lilta. Carlo suo fratello sollentratogli, legasi con Lodi, Brescia, Crema, senza poter trovare ni: truppe ne denaro che il rassicurino; ed il giorno che, per inaudita ventura, il suo concittadino Cabrino Fondulo di Solicino gli presta la sua spada di condottiero, allora si trova all'orlo del precipizio. Intelligente, rapido , fisionomia impenetrabile , occhio penetrante, braccio infallibile. Cabrino, che ne'suoi atti congiungeva una prevision miracolosa a un ateismo incomparabile , vedendo i Cavalcabò disarmati , Carlo senza forza , Ugolino liberato di nuovo dai Milanesi , e alle prese col proprio fratello, e tutta la i' Briglia divisa fra i due capi, si fa dal suo amico Otlobon Terzi signor di Parma spedire 11 sottocapo Spampano, perchè lo rinlianchi a condizioni stipulate. Predicando la pace e l'unione ai signori di\isi, esso li conduce a una riconciliazione solenne nel suo castello di Macastorna, e quivi no trucida 70, a proclama signor di Cremona Ottobon Terzo» rappresentato dallo Sparapane. Alquanti giorni dopo egli trae questo a una rivista fuor della mura, e improviBo volta briglia, rientra a galoppo, alza il ponte, chiude le porte, e mentre il capo malaccorto va al patibolo in Parma, Cabrino restò signore e armato in Cremona. Non un motto, non un gesto nel popolo che lo impacci; intendon il suo concètto, sari che combatte Milano, e tanto pésta a tutto il mondo, lin al papa e all'imperatore che lo visitano, il primo dandogli la benedizione e l'altro il titolo di vicario W- -periale. L'ammirabile pirata meritava una corona, la teneva, e per sua[sventura il pop<"° HIAZIONE CONTRO I VISCONTI 437 Il duca Filippo, ripreso nerbo e coraggio, manda il conte di Carmagnola ad occupare il Cremonese, e dopo lunghe vicende guerresche vedendo il Fondulo la maggior parte de' suoi castelli presi e distrutti, il territorio desolato, minacciata la città, duhbj i cittadini, e .lenza speranza d'essere soccorso dagli impotenti alleati o di poter resistere, vende Cremona per 35,000 zecchini, e si ritira nel suo feudo di Castelleone. Diviene poi capitano de1 Bolognesi : e reso sospetto al duca, avido de1 suoi tesori, come trattasse segretamente coi Fiorentini e Veneziani contro di hi* è preso a tradimento da Oldrado Lampugnano amicissimo suo (i traditori non vanno dimenticati mai) e decapitato a Milano fi424). I Veneziani, gelosi della potenza del duca, con 46 galee sul Po e milizie di terra minacciano Cremona e i Visconteschi; 50,000 combattenti-e ventimila cavalli infestano il Cremonese; Casalmaggiore ò preso e ripeso; la flotta veneta rompe la ducale (1427). Alcuni anni dopo, l'e-Sercito di Filippo, condotto da Francesco Sforza e da Nicolò Piccinino, »on a\ea nj j| ,|,Mi;,t.0 p,,r nutrirlo, nò i soldati por combattere, uè la moralità delle ■Jlove più innocenti signorie, nò gì' impeti plebei che avrebher tutto giustificato a nome ''una causa superiore alla politica. La accortezza di Cabrino servivagli solo a vedere che '•'sognava ceder al momento che Milano terminava la crisi: ma B anni dopo la sommos-Mone, il Lampugnani ministro milanese l'invitava a desinilo , e lo tacca prendere, giu-°'°>re, decapitare lì per lì. E tal moria qual visse, uè d'altro si pentiva che di non aver Settato l'imperatore e il papa dall'alto del torrazzo il giorno che di là illustrava lofo il *(;ri'iso delia lombarda pianura. Ma la qncstion locale non era di distarsi del papa e del-taperatore, la cui reazione rìducevasi a pensieri (piasi occulti, e certo inoffensivi ; trattasi di sorpassare in ricchezza la banca di Milano, e qui il popolo cremonese avea fatto '"'"'Possibile, il furor suo aveva rialzalo la dinastia, la sua perversila av. a partorito un j*Po abominevole; non poteasi chieder di più, e la città addormentavaM senza rimorsi ». frrhaiu, liéeolatìons d'Italie, T. IV, Paris, IO. Dai calcoli, così bizzarramente intralciati in quell'opera alla poesia, si raccoglie che r'rem°na ebbe guerra cn'i Milano nel 1019, 1098, 1107, HO», 1110, 1129, il, SO, B4-84, 83-90, 09, 1201, 17, 18, 28-30, 32,'H 36, 37, 43, 43, 78, 82, 83, 88, 00, 08, 09, lóti, Ili, 17, 22, 5«. 1403-20 COa Brescia 1109, 10, 40, 59, 01, 93, 99, 1201, 0, 10, 23, 29, 32, 34, 3«, 38, 38, 131«, 1414 CO» Parma 1120, 31, 53, r>7, 67, 88, 1230, 1307 con Mantova 1138, 1220-23, 32, 36, 40, 36, 1313, 17 con Verona 1201, 8, 32, 38, 39, 1307, c»o Piacenza 1146, 30, 99, 1217, 18, 28, 29 c«n Crema, sempre fin nel 1300 con Alessandria, Como, Novara 1199, 1217, 18, 82, 90 co" Tortona l'i!7, 18, 82, 90 *W1 Orzinovi 1200, 33, 68 Asti e Vercelli 1199: Rassano e Vicenza 1210, 32; Bologna 1236; con Malaspina »! Saluzzo 1217, 18; col Monferrato 1243; con Treviso 1210. C. C. STORIA DI CREMONA batte il Carmagnola allora generale de1 Veneti; l'armata di 35 legni non soccorsa da lui, è distrutta con feroce valore da 40 navi del duca (1432). f Veneti soffrono altre battaglie e sconfitte sul Cremonese dai Ducheschi. Francesco Sforza, sdegnato con Filippo che gli nega la figlia fidanzata, divenuto generale de' Veneti, assale il Cremonese. Avuta Bianca Maria Francesco Sforza con la dote di Pontremoli e di Cremona, tranne i castelli di Pizzighettone e di Castelleone, la sposa in San Sigismondo (1440), celebrando giostre, feste e battaglie molte di genti equestri. Il duca trema del conte, allealo con Veneziani e Fiorentini, e vuoi ricuperar Cremona a forza o a tradimento. Francesco Piccinino e il Colleone l'assediano per terra e per acqua, mentre lo Sforza è altrove. Ma i cittadini, capitanali da Giaco-mazzo Salerno e soccorsi dai Veneziani, ottengono vittoria con segnalate VENEZIA E GLI SFOHZA ',."<) prove di valore (1446). Due anni dopo, i Veneziani con 70 legni e molte soldatesche tentano tórre la città allo Sforza, che è ancor lungi ; di nuovo i cittadini, condotti dallo stesso Salerno, da altri gagliardi cremonesi e dalla stessa Bianca Maria, rintuzzano egregiamente i nemici. Sopraggiunto il conte, attacca colle artiglierie di terra le galee de' Veneti, che sconfigge, e poi vince a Caravaggio in giornata campale (1448). I Veneziani, collegati con Lodovico XII di Francia e papa Alessandro VI contro Lodovico il Moro (1499), occupano Cremona e la Gera-dadda; il gran consiglio della città giura fede ai provveditori veneti. Ma il mite governo della repubblica non dura che dieci anni Per la '(,!sra di Cambrai il re di Francia ne prende il possesso (1509): poi per 'altra lega contro i Francesi Cremona è data a Massimiliano Sforza (1512). Da quest' anno al 1526 è presa e ripresa pel tristo privilegio d' essere la più stupenda e formidabile piazza d'arme che fosse in Italia; è ■^echeggiata e manomessa da forestieri e nostrali, da amici e nemici, che se ne chiamano a vicenda difensori e liberatori; il suo territorio rovinato; i suoi cittadini migliori impoveriti, oltraggiati, confinati od uc-c,si. Finalmente tutta guasta e sanguinosa è ceduta al duca Francesco II sforza, e morto lui, se ne fa padrone Carlo V nel 1535. Molta parte del territorio in questi secoli, per le ultime agita/ioni della città, per le conquiste e i trattati dei vicini principi, ò staccata da Cremona. Dieci grosse borgate tra POglio e il Po si danno al tranquillo governo dei Gonzaga; i castelli e i paesi delToltre Po formano lo stato Palancano e il vescovado di Borgo San Donnino; altri tra il Serio e l'Adda, la Geradadda, compongono quello di Crema; anche sei terre co-sP'cue del Cremonese (Calcio, Fontanella, Soncino, Castelleone, Pizzighet-t0ne, Casalmaggiore) ne sono separate. Tuttavia i cittadini cremonesi, divisi •lallo fazioni, congiunti nella sventura, dimenticate le armi e il pubblico reggimento, applicano l'animo e l'ingegno prima a ristorare la patria dai Janni delle guerre civili e dei duchi, poi a prosperarla coli'agricoltura irrigatoria, le arti industriali e il commercio, indi illustrarla cogli studj e e arti belle. Lasciati al lor genio e svolgimento naturale, e non oppressi a tributi e da tutela, rivolgono il superstite territorio in un ferace e ««meno giardino, per ogni sua parte coltivato e fruttifero, ricco d'ogni Prodotto della natura e dell'arte, popolato di ville e di case quasi a con- inuo so^borgo della città, con borghi industriosi ricchi e civili, somi- M Vii' Codice CIjX mmi- W'it de' manoscritti foscariniani giacenti nell'archivio di Corle f'°na, >ono i privil.^i veneti intorno a Cremona. C. C. glianti a città, dai 12 ai 20 mila abitatori. Il naviglio Palavicino, che costò centomila zecchini, deriva dalPOglio tant'acqua irrigua quanto il Civico;'altri canali divertono le acque di scolo e tengono sano ed asciutto il suolo poco declive; si pensò far navigabile la Dclmona con 25,000 ducati *. Le arti industriali hanno 35 paratici, ordinati in statuti nel 1313. Intere contrade della città e de' sei capaci sobborghi, e tredici milafamiglic di operaj si occupano negli opifìzj e nelle manifatture de' drappi, panni e telerie. I Cremonesi sono trovatori di nuovi veli e tessuti, variamente composti di seta, lana, cotone e lino, come famosi artefici di bellissimi coltelli e lavori in tarsia. Alla sola Venezia mandano ogn'anno 40,000 pezze di frustagno per 170,000 ducati, e da essa comperano in cotone per 101,000 ducati (1421). Le migliaja di navi sul Po, le mercanzie e i traffichi grandi fanno chiamare altrettanti porli di Venezia i porti di Cremona e di Casalmaggiore. Francia, Spagna, Lamagna, le Fiandre 4 Secondo gli antichi usi c statuti, anche sotto gli Spagnuoli il podestà coi 130 sapienti del consiglio generale, lutti cittadini cremonesi, governavano la città. G. lbessiani {Diario curioso ecc. 4038) riferisce i diversi ufficj assegnati a quelli ed a questi. " podestà, ch'era uno de' senatori di S. M. C. nello Stato di Milano e durava in corica due unni, aveva in ajuto il vicario civile, il giudice criminale, l'avvocato fiscale e il referendario, eletti da quel senato. Il consiglio generale, ogni anno od ogni due, sceglievo i Milli agi segreti il conservatore degli ordini, il cancelliere e notaio, due consiglieri, uno di toga e l'altro di cappa e, spada, il cui mandato era di contraddire ai parlili proposti nelle pubbliche concioni ; ad altri deputati, sempre nobili e associati ad un dottore b>-gato o a causidici di maggiore autorità, affidava i seguenti ufficj: Ventiquattro consiglieri assistevano alle occorrenze e al benefizio pubblico ; Sei alla fabbrica del Duomo, del Battistero e del Torrazzo; Sei al Naviglio e agli acquedotti della città; Sei agli argini del Po, alle chiaviche, ai ponti e alle acque del territorio; Sei al decoro e alle strade della città e del contado ; Due per mantener la via, che dalla citta riusciva alla chiesa de' Cappuccini; Tre per l'estimo delle case della città, de'borghi e delle terre civili; Sei alla sanità e pulizia urbana; Sei, con un vicario di provvisione, alle vettovaglie ; Sedici al reggimento dell'Ospitai maggiore e del Monte di Pietà ; Sedici a quello dell'Ospitale de'mendicanti, infermi ed orfani di S. Alessio; Sedici a quello dell'Ospitale de'poveri orfani ed orfane; • Tre sopra S. Corona Serafica, assistiti dal parroco, dal medico e da un cittadino di ciascuna parrocchia ; Tre sopra il collegio de' fanciulli nobili ; Sette alla prolezione de' poveri carcerati ; sei agli alloggi militari ; ' Oito notari collegiali, detti del pilastro, attendevano agli esami delle cause civili Un oratore della città risedeva costantemente a Milano ; e, come dottore di collegio, difendeva le cause pubbliche dinanzi al senato e alle altre magistrature, e rappresentava al governatore i bisogni della sua patria. C. C CHIESA 441 mandano e domandano merci e derrate. La città, sul principio del secolo XVI, ha 80 mila abitatori, somministra a Carlo V sino a 60 compagnie di valorosi soldati, che si segnalano in tutte le guerre d'Europa; le sue 500 famiglie di nobili, ascritte sulle matricole de' mercanti, splendono nelle capitali d'Europa per banche commerciali e ricchezza; una sola presta a Carlo V centomila scudi; mandano cento giovani negli studj pubblici d'Italia ad apprendere le lettere e la giurisprudenza. Lo statuto di Cremona, gli ordini per moderare le spese del vestire, del banchettare e de1 funerali, e la nota delle preziosità d'oro e di gemme involate al Monte di pietà nel secolo XVII, attestano l'opulenza e lo sfarzo delle famiglie cremonesi. Col crescere della popolazione e della sommessione s'aumentano le chiese, gli ordini religiosi, le devozioni. La cattedrale dalla forma di basilica passa a quella di croce latina; nelle altre chiese alle soffitte di legno si sostituiscono le volte; molte antiche chiesuole e oratorj scompaiono, e di nuove si edificano e si abbelliscono con torri e sagrestie suntuose; le chiese de' sobborghi sono atterrate con essi, ne' molti as-sedj e assalti della città, ma se ne alzano altre. Si moltiplicano le compagnie o confraternite, i consorzj e gli ospitali. Le prime, formate da secolari o dalle università delle arti e de' mestieri, hanno chiese, oratorj e santi protettori speciali; gli altri alimentano poveri, vecchi, Pellegrini, infermi. Quasi ogni parrocchia conta un proprio ospitale, e da essi mal governati e impoveriti sorge l'ospitai maggiore nel 1451. Gli ammalati della lebbra, del fuoco sacro, della peste; i sacerdoti, i vergognosi si ricoverano in altri; quello di sant'Alessio mantiene 400 fra Mendicanti incurabili ed orfani, che alleva in esercizj manuali. Il consorzio di sant'Omobono e della Donna, la Carità di san Giorgio, di san Arealdo, di san Nazaro, di san Michele vecchio e il Monte di pietà nascono nel XIV e XV secolo per soccorrere di elemosine, di doti, di Pane le famiglie miserabili. Nella diocesi, a Caravaggio, Sabbioneta e Padana, poi a Castelleone, Soresina e Soncino si fondano ospitali, istinti elemosinieri, Monti di pietà. Gli antichi ordini religiosi, degeneri per scialacqui e indisciplina dal Prisco splendore, si mutano con altri di moderna instituzione, o si migliorano di riforme. Alla metà del secolo XV i Benedettini neri diminuiscono, e le molte loro abbazie e possessioni, già convertite in priorati e commende, si danno a monaci nuovi, quali gli Olivetani (Benedettini •anchi), i canonici o monaci Lateranensi, i Serviti, i Gesuali di san Girolamo, i Gcrolomini. Questi e i Francescani si spargono ne' maggiori 0rghi della diocesi, e vi si aggiungono i Cappuccini, que' del terz'ordine Ututtraz. del L. v Vol. Ili 3« e de' frati Amedei. Bianca Maria Visconti fonda il monastero di Santa Moniea (agostiniane) e del Corpus Domini (francescane). Ai Templari, introdotti nel XII, succede'nel XIV secolo l'ordine di san Giovanni di Gerusalemme o di Malta. I frati o cavalieri Gaudenti, insediati nel 1335, emigrano nel 1468. I Carmelitani riformati anch'essi si diffondono nella provincia, insieme colie Carmelitane. Così nel secolo XV sono in città 37 parrocchie, tra cui nove prcpositure e sei governate da regolari; nel 1448 si erige il collegio de' parroci; al principio del XVI si hanno 6 abbazie, 8 conventi di frati, e 13 di monache o di suore, la società de1 preti, il cui numero era infinito, e de' disciplini (batlutorum). Nel 1570 si contavano nella sola città 3000 religiosi. Nel 1480 la nostra Chiesa adotta definitivamente le preci usate dalla romana; i libri corali del duomo sono scritti e miniati in quell'anno. I riti, le discipline, i costumi si indicano ne' molti sinodi diocesani, celebrati e pubblicati in questi tempi e ne' posteriori. Dopo la morte del vescovo Bottigella (1476) la Chiesa per 74 anni non ha vescovi stabilmente residenti, perchè insigniti di altre cattedre , dignità e legazioni onorevoli. I vicarj generali la governano; ma pochi canonici, abbati e parroci, investiti di molte chiese e parrocchie, abitano in una sola, più spesso in nessuna, raccomandandole a mercenari-I collegi o capitoli canonicali vanno in dileguo, o si riducono al solo proposto; cessano le tre canoniche regolari della città e le sette della diocesi, dotate di sei o nove prebende; perciò canoniche, chiese, prepositure si danno in commenda. Non pochi Cremonesi di quest' epoca sono celebrati per opere benefiche e pie, per dottrina e santità di vita. Alcuni divengono vescovi o arcivescovi; il Lazzoli c il Nicolino riformano gli Agostiniani in Lombardia; A. M. Zaccaria fonda con altri milanesi i Barnabiti; la Elisabetta Pice-nardi, la Nisolli, la Stefana Quinzani e la Modesta di Soncino acquistano titolo di beate. Colla floridezza dell'industria e del commercio diffondesi la cultura. Lo studio pubblico di Piacenza, instaurato dai Visconti, anneghittì il cremonese, anche allora che Cabrino tentò restituirlo al primo decoro. Pure un ginnasio o accademia di lingue e di lettere antiche, di scienze naturali e di giurisprudenza durò per tutto il secolo XV e il XVI. Dieci maestri o lettori pubblici e solenni, molti de' quali allievi di Vittorino da Feltre e scrittori di cose poetiche e oratorie, o traduttori e commentatori di Archimede, Aristotile, Diodoro Siculo, insegnano (1515) in questo ginnasio. Al quale concorrono molti giovani da ogni parte d'Italia, alcuni figli di grandi principi, e Cremona è chiamata dotta, coltissima, madre LETTERE ED ARTI 443 di mirabili ingegni e di nobili vati. Erano in essa 38 giureconsulti, 70 causidici e notari, 38 fisici e maestri eli chirurgia, splendida nobiltà, uomini chiari in ogni studio e in ogni arte di pace o di guerra. Anche Soncino, Casalmaggiore, Sabbioneta, Gastelleone hanno ginnasj e collegi, mantengono dottori e maestri di scienze ed arti. Perciò esperti Cremonesi divengono segretarj, ambasciatori, consiglieri di principi e di papi, o lettori ne' più cospicui studj di Italia, ove si rendono famosi nel secolo XV i legisti Vernazzi, due degli Ala, Barbò di Soncino, Egidiolo Gavitelli, Petronio, i medici Azzanelli, due degli OlTredi, Bacillerio, Cattaneo Chizzoli, Giovanni Battista Plasio, e più altri in varie discipline. Anche la istruzione del clero dilatavasi; si moltiplicarono le scuole di musica, di grammatica e di belle lettere, si fondò il seminario; uno Stabili instituì due ludimagistri per erudire i chierici. I conventi de' frati più dotti avevano biblioteche,magnifiche per codici e libri; alle due antichissime del Campo Santo lasciò esso Stabili (1483) grande copia di questi, di cui non si ha che V elenco. Alcuni ecclesiastici cremonesi Mescono celebri maestri di teologia e di diritto, di lingue e letterature antiche sì in Italia che in Francia e Lamagna, oratori e scrittori di opere studiatissimo, vescovi e generali di ordini religiosi. Valgano fra tutti i etterati Dolcino, Borgo, Guarna Salerno, Botta, Molosso, Faerno, Clara-vaceo, Lampridio, Elio Crotti, Guindani, Baronio, Negri, Beccari, Paroli e con molt'altri i vescovi De Capra, Amidani, Vida, Sfondrati Francesco e Bonomi1*. *4 Vedi Bissolati, Di due illustri cremonesi, ecc. Milano, 18l»6. Al Vida, che pur era **n sant'uomo, portò testé un liero attacco l'abbate Gaume nel Ver rongeur de la sociéte'mo-aerne,ove mostra-come il paganesimo siasi infiltrato nella letteratura non men che nella mo-rale. Dopo discorso del Sannazaro, soggiunge: • 11 Vida non pensa, non parla se non con Virgilio ch'ei sapeva a mente. Vescovo dotto, incolpabile, fu nelle più favorevoli condizioni per ostare all'andazzo del suo secolo; e per tale riguardo, merita uno studio speciale: e lnflusso del paganesimo sovr'csso ci dà la misura di quello che fu sopra animi di men '0rle tempra. Ora, il dotto, il grave, il degno vescovo ci ò viva prova che il rinascimento, nPudiando l'eredità letteraria dei secoli di fede, non permetteva di scrivere senza ado-Pn,re il linguaggio del paganesimo, e porre di mezzo i suoi uomini e i suoi Dei. La Poetica del Vida, scritta in centoni virgiliani, parla continuo di Febo, delle Us8, del Parnaso, di Minerva; più che non in verun autore pagano , vi ricorrono i Oomi degli Dei e delle cose del paganesimo. Nel suo fanatismo, il Vida giunge perlino are di Virgilio una specie di Dio per l'eloquenza e per la santità {Verba Deo s i mi lis ; permorlale s°nas. Salve, sanctissime vales), un Dio ch'egli onora; al quale promette, (Te Se,Hf)re curone, incensi, altari ed un culto sacro: un Dio che il poeta dee invocare colimus : Ubi seria damus, libi thura, libi aras, Et Ubi rite sacrum semper di-AdvUS flonvrem- N°s aspice, precsens, Pectoribusque, tuos castis infunde calorcs, wiiens pater, alque animis lete insere nostris). mj sso Pilato compone seriamente un poema sul Giuoco degli scacchi: e non crediate °a che i giocatori sieno semplici mortali; nere, imperatori, personaggi storici d'Oriente Gloria speciale a Cremona e alla sua diocesi saranno sempre le prime tipografie ebraiche, aperte a Soncino e a Casalmaggiore nel secolo XV, a Sabbioneta e Cremona nel XVI. Venuti da Spira, gli Ebrei di Soncino v'impressero intorno a trenta elegantissime edizioni dal 1484 al 1490, e d'Occidente; la partita è impegnata tra Apollo e Mercurio, nelle nozze dell'Oceano colla Terra; Giove è giudice; spettatori Venere, Marte e Vulcano: la lotta si compie fra la astuzie degli immortali, e terniina con vantaggio de' neri, i quali trionfano per inspirazione di Mercurio ! Dopo esercitatosi sovra letlerarj argomenti, ilJVida assume argomenti cristiani; eia sua più importante opera è la Cristiade. Ricalco dell' Eneide, con interminabili discorsi. San Giuseppe, poi san Giovanni, raccontano a Pilato, nel momento della Passione, 'a storia di nostro Signore. Lascio da parte l'anacronismo; lascio la mancanza di naturalezza e di opportunità in discorsi senza fine, rivolti a un giudice premuroso di.farla finita, e IL VIDA 445 tra cui la Bibbia intera, reputatissima e rarissima. Passati in molte città d'Italia e in Oriente, vollero sempre chiamarsi soncinati. In Cremona, ov'ebbe vasto commercio librario, introdusse primo le stampe ebraiche Antonio Conti, il quale, insieme con Cristoforo Dragoni, letterato e Starn- erà pensiero per la sommossa che mugge nelle vie chiedendo la morte della vittima. Vengo alla forma tutta pagana, data ad un soggetto che sì poco la comporta. Dio padre si rivela con tutti i nomi dati a Giove: egli è il padre degli immortali, 11 Possente signore della procella, del tuono e della pioggia, il monarca d'Olimpo (Supe-ram salor, superuni'pater nimbìpotens, altisonans, imbripotens, regnalor Olympi). N°slro Signore è sempre un eroe; 1' eroe rimprovera Pietro perchè gli vuole vietar di morire (increpuit dictis quem taUbus heros); l'eroe cammina circondalo da'suoi componi (mullis comilanlibus heros... instai); l'eroe, immobile sulla tomba di Lazzaro., Prega suo padre (immobilis heros orabat); l'eroe, entrato nel tempio, vede i pr ofanatori, (heros ingressus vidit); l'eroe, giunto al giardino degli olivi, si trova accasciato da afllig-B*bti pensieri (curis confectus tristibus heros); l'eroe non teme alla vista degli Ebrei c'ic lo vengono a prendere (his nil trepidus, compellans vocibus heros): l'eroe pronuncia parole che convertono san Pietro (tum monilus verborum, heros qua? ex trema '''»'•bat, ingemuit); l'eroe muore insultalo dal cattivo ladrone (ipso eiiam verbis mo-Tiontem heroa superbis slringebat). Anzi pone questo titolo profano sulle labbra di san Giovanni. Narrando a Pilato le azioni del Divin Maestro, il prediletto discepolo gli dice: « L'eroe, traversando una campana , fe seccare un fico sterile {heros qui hac forte tenebat): l'eroe, alzando le inani a' cielo, libera un ossesso (heros patmus in cozlum sustutit ambus); l'eroe erasi ritirato n°l deserto (se ciani subduxerat heros coelibus); Y eroe, assalilo dal demonio, rivela )a sua divinità, ed elude tutti gli artifizj dell'inimico; quale un corsiero, libero dal Inorso, si slancia nella pianura e si ride dell' inseguirlo che fanno i servi mandati sulle sue orme (Se prolinus heros Ipso Deum claro confessus mimine corani Irrita furia °losque exibat semper apert.os. Qualis, ubi excussis per plana evasil habenis, Liber etìuus ludit famulos hinc inde sequentes). . E ne dice di ben altre. Per conoscerle ci comincia con essere trasportato nel soggiorno degli Dei. Penelralia Divum mente subii. Ritornato in terra, e narrando a Pilato "Uracolo della moltiplicazione dei pani, dice che il popolo da cui il suo maestro era ^guito nel deserto, si trovava privo da tre giorni dei benefìzj di Cerere; eos tertia namque 1 u>ieris expertes Cercris lux acta videbat. Finalmente accusa le Eumenidi d'aver ac-Ceso Podio degli Ebrei contro di lui: Eumcnides ... circumeunt.. . agilanlquc fu-r°n(es. Sino al sedicesimo secolo nessuno aveva mai saputo che san Giovannni Evangelista avesse imparato mitologia nelle sue estasi; ma che sapevano mai i secoli barbari? Però il discepolo prediletto non ha detto tutto. Il poeta vi indica co' loro nomi, colle di^f) '0ro' tutli glì sPiriti del,e tenebre che spinsero gli Ebrei all'uccisione del Figliuolo Bulli ju Primo ^ '' re dell'Èrebo; vengono quindi le Gorgonidi, poscia la Stìnge , se-i 1 1 (tai Centauri, dalle Idre e dalle Chimere. Al retroguardo camminano le Scille e le onde Arpie. Arbiter ipseÈrebi...Gorgonas hi, Sphingasque obsceno corpore reddunt fo3d^troS consunte le pingui sostanze, chiudonsi in casa per vergogna, o sono cacciate dai palagi e dai fondi aviti, o incarcerate per debiti, o si im-P'egano nelle arti meccaniche e negli esercizj più vili, o vanno mendi- (iq 1 Da un bilancio del 1586 si raccoglie, che il dazio d'entrata o d'uscita, ossia del "sunio delle mercanzie in Cremona, fruttò quasi otto milioni di lire; invece nel 1616 rió-USSe a 2,334,000 lire. La regia Camera che avea affittalo prima un dazio per quasi due lav""11' llopo t'0<'ni Wtòì non potè ricavarne neppur uno; gli affitti d'altri dazj che frut- I Sii a1'' °rurio /32 non potè più pagare i frutti dei molti suoi debiti, dopo citr 11 rm*usso al due percento e pagò per polizze, mancando di moneta, o avendola 'lllva e alterata. C. C. cando vagabonde, o si ricovrano ne' chiostri o ne' luoghi pii per non morir di fame. Per supplire ai carichi e ai debiti sempre crescenti, nobili, cittadini, artigiani, coloni avevano dovuto vendere a vii prezzo su pubblici incanti, case, palagi, poderi, di cui ricusavasi anche il dono; vendere le suppellettili più preziose o impegnarle al Monte di pietà, ove furono infamemente involate; vendere le cose più necessarie, sino gh armenti e i ferri del mestiere. Le calamità esorbitanti col chiudere le fonti d'ogni idea gentile, spengono ogni più sacro affetto di patria, di famiglia, di paternità. Negato ai padri, usciti da ricche e nobilissime stirpi, di maritare ed educare i figli, soffocavano sino il desiderio della posterità. Scienziati, artisti, dottori negletti, svigoriti, mogi, cessava ogni cultura e civiltà, mentre l'ozio, i vizj, i delitti crescevano. Per la distribuzione e il dovere delle gravezze e la impossibilità di soddisfarle, le corporazioni e le classi sociali tenzonavano, 1 mercanti col Comune, questo col contado, il clero coi secolari. Con disperata rassegnazione i corpi municipali e mercantili scrivevano ai re di Spagna; « lasciamo che il mondo rovini, essendo cessata la misericordia tra gli uomini; Cremona è divenuta una solitudine, un deserto, cadavere spirante, scheletro insensato e stupido che non può mantenere il puro vitto al miserabile avanzo de' suoi cittadini, spettacolo doloroso de' popoli finitimi ». Lo stato fisico e sanitario del paese e del popolo corrispondeva all'economico e morale. La scienza dell'economia sociale disgiunta, com'era, da quella dell'economia animale e della prosperità fisica della nazione, e ridotta a smungere da questa il maggior interesse possibile, non poteva prevenirne e provederne i bisogni, assicurarne la conservazione e la salute; e lo Stato con popolo avvilito ed esausto non ebbe nè ricchezza, nè. forza. Mancate le braccia, i capitali, i risparmj, scemato il prezzo e il consumo dei prodotti agricoli, o questi divenuti inutili e dannosi, assorbiti i piccoli fondi e i piccoli proprietarj nei grandi e nelle mani-morte, si abbandonò la consueta diligenza dell'agricoltura, il governo degli argini e dugali, de'ponti e delle strade, delle irrigazioni e degli scoli, della pubblica pulizia e salute. Gli ufficj edilizj, annonari e sanitari piovevano a diluvio. Gride e bandi acciocché fossero ubbidii1 gli antichi ordini e statuti della città; ma niuno poneva mano ad essi nè chi doveva rispettarli, nè chi dovea farli rispettare. II territorio cremonese, si celebrato per la somma sua fertilità e V ubertà dell' annona divenne indifeso ed aperto alle corrosioni e alle piene di fiumi e canali, novamente coperto di vasti allagamenti e paludi (ut camporum planiti^ transiisse prope viderelur in maria, scrisse l'Arisi nel 1705), inselvatichito ed infermo. Spesse volte il Po, superati o distrutti gh argini trascurati fi MISERIE DEL SEICENTO 453 senza possibilità di ripararli, dopo di avere ingojata una florida parte del territorio, sovvertito gran moltitudine di edificj e di piante, d'uomini e d'animali occupò i campi e gli orti suburbani, rovinò i borghi e le mura della c'ttà, penetrò nelle case più depresse, lasciando per gran tempo sommersi i terreni avvallati, e pregne di umidità e di miasmi le abitazioni. Si annunziò che una sola inondazione del Po danneggiava per più di 50,000 scudi, che gli edificj, macerati nei fondamenti dalle acque stagnanti, minacciavano offese e pericoli ai viandanti e ai vicini, o seppellivano cadendo 1 loro padroni, e che questi danni e queste rovine andavano maggiormente crescendo (Dalindati). Al solo territorio di Casalmaggiore il Po rapì ln pochi anni 90,000 pertiche di terreno a fertili vigne; le regone, ossia *°ndi bassi inondati da Cremona a Casalmaggiore, erano 300,000 pertiche, e forse più quelle del Serio, dell'Adda e dell'Oglio. Trascurato ['ampliamento, lo scavo e lo spurgo de' navigli e dugali, interrati o sgombri d'alberi e d'erbaggi, non più regolata la servitù vicendevole degli acquedotti e delle chiaviche, sovcrchianti o disperse o impedite le acc|ue nel loro libero corso, non più alimentavano i molini e le irriga-Zl°ni, ma annegavano per molta campagna e stagione i piani coltivati e fruttiferi. Nei due secoli infatti, che precedettero il presente, gran parte della provincia trovavasi inseminata e deserta per le molle antiche boscaglie lungo i fiumi, per le fredde selve e le brughiere boscate o nude, per 1 zerbidi, i prati e i pascoli selvaggi, le lande allagate, i campi limosi, k terre affelciate e i piccoli monti sassosi, i quali facevano disuguali e Paludosi i terreni. Il solo Comune di Casalmaggiore per la estensione jadrata di 15,000 pertiche aveva pianure aspre, rangolose, marce, vegne, brinate; cioè sterili, imboschite, abbruciate, palustri. Che più? nel Pr,ncipi0 di questo stesso secolo, benché dicasi molto cangiato d'aspetto suolo e il clima cremonese, vi sussistevano tuttavia allagamenti de' campi P,u bassi per l'impedito e difficile scolo delle acque, valli fangose, fondi •macciosi, vaste risaje e frequenti paduli, boschi sterminati negli alvei aDbandonati de' fiumi, abbondanti di tassi e di talpe, di serpi e di lupi. ^e strade anche regie e vicine alla città, prive di ponti, ingombre d'al- eri e d'impedimenti, corrose e inondate con danno e vergogna del pub- ,co> erano sì pericolose e inaccessibili, che molti cavalli impigliati nel ango morivano, e non permettevano per più della metà dell'anno di aver c^niercio interno tra la città e la provincia. Laonde si propose di ren-re navigabili fino a Cremona il Naviglio Civico e la Delmona; e la ^nemeriia Società patriotica di Milano pubblicò nel 1780 il programma Un Premio a chi trovasse modo di migliorare le strade del territorio sino °neSC' Ancne le strade principali della città e de' sobborghi, selciate 0 dal 14G9 con sassi nel mezzo, e mattoni cotti ai lati, tornarono 454 STORIA DI CREMONA irte di borre e di fango, turpi per letame ed acque stagnanti e corrotte, e impraticabili neirinverno. Soverchianti o guaste o aperte sulle pubbliche vie, e ingombre di sozzure e di ostacoli, le latrine delie case, ed i sotterranei acquedotti mandavano squallida puzza. Pochi avvenimenti pubblici e guerreschi scossero il torpore monotono di questa consunzione. La guerra di Mantova e quindi la carestia e la peste9 sperperano gran parte del territorio e la metà o due terzi degli 2 Giacché è divenuta un tema di moda la peste del 1630, diremo come nel 1628 e 211 a Cremona precedette un'orrida carestia , da perire per le strade e le piazze moltitudine di poveri, alla quale per le calamità pubbliche continue e troppe erasi chiusa la consueta carità. Nel sospetto di prossima pestilenza si misero pel territorio ufficiali di sanità a sorvegliare gli infermi e i morti sospetti, s'innalzarono lazzaretti in varj luoghi, si restaurarono gli antichi al borgo di san Lazzaro e fuor porta San Luca, si allestì l'ospitale de' mendicanti e si costrussero 2!i8 baracche di legno per ricoverarvi i primi sospetti e farvi le quarantene ; e niuno vi si poteva accostare. Dovevansi notificare dai consoli, dai capi casa e dai vicarj foranei le persone o le bestie inferme o morte, le case e pei'" sonc sequestrate, le quali si chiudevano a chiave col precetto di non uscirne, pena cento scudi d'oro. Le lettere e mercanzie provenienti da luoghi sospetti, come ogni casa, stanza, suppellettile, o persona profumavasi col metodo di Seb. Bressiani. Ogni merce o persona doveva avere fede di sicurtà , o dare la malleveria di 23 scudi d' oro. Vietossi ogni adunanza sacra e profana, l'ingresso in provincia e in città ad ognuno, tranne ai fr»li Cappuccini e di san Sigismondo, muniti però della bolletta, vietossi lo spoglio de' cadaveri di forestieri, e de'soldati tedeschi e spagnuoli, e il comperar cosa qualunque da costoro. Si posero ai confini, ai porti de' fiumi, ne' passi e nelle vie più frequentate « alle porte della città cancelli difesi da guardie armate, comandate da nobili, gentiluomini o mercanti. All'avvicinarsi della peste, il municipio domandò al governatore la quarantena pe' soldati imperiali di passaggio da Mantova per Casale, o almeno non entrassero e alloggiassero in città, ma essi vollero entrarvi e alloggiarvi; domandò denari alla regi'1 Camera per le spese, ma essa, come sempre, non ne aveva; convenne far denari con collette, porre tasse nuove sugli eredi, sui sequestrati, sui forestieri, ma il contado, 1« terre separate, gli interessati milanesi e gli esentuati non vollero pagare. Il provicano generale impose due decime sul clero secolare e regolare e i eorpi esentuati, ma il ve" scovo sospese 1' editto , minacciando di rigori e castighi, e per giunta non volle ubbidire alle gride dell'ufficio di Sanità e del Comune, il quale scrisse al tribunal supremo perchè l'editto avesse luogo e fossero rispettate le leggi sanitarie. Si convenne 01 cambiare il termine di decima imposta in quello di prestito grazioso e di elemosina. » sovventori in denaro furono i soli parocchi di San Domenico e di San Luca, l'Ospi^ Maggiore e della Donna, il Consorzio di sant'Omobono e l'università dei mercanti; cosi che con queste offerte, colle tasse, le condanne e le questue, il Municipio ammassò iti ducatoni , ossia 31315 lire; ma non bastarono, e fu costretto far nuovi debiti. Perche.* introdotta la peste nel territorio, si dovette sospendere ogni commercio fra esso e la cn»» chiudere le porte per meglio guardarle, vegliando gelosamente l'entrata de' foresi, restaurare le mura cadenti e innalzarvi terrapieni. Scopertasi la malattia anche in clt per le gimdum, i catoncelli e i buboni, serpeggiò, non avvertita o dissimulata da medici, che furono dei primi a morirne; si dilatò per le prediche, le processioni, le 1 dulgenze e la fuga del vescovo e dei magistrati. Chiusi i tribunali, ritirati o periu giusdicenti, moltiplicaronsi i delitti col crescere delle calamità. I cittadini, senza governo temporale e spirituale, o solo soccorsi dalla carità di alcuni laici ed ecclesiastici, cadevano morti jn numero di 150 al giorno, alcuni in tre giorni, altri in 24 ore. Però i medici IL SETTECENTO 455 abitanti. Poi l'assedio di Cremona (1648) fatto dai Gallo-Sardi-Estensi, distrugge gli ampj sobborghi, le sostanze e vite de' terrazzani, danneggia con 88,000 tiri di cannone la città, che in opere di fortificazione spende 55,000 scudi \ Nella guerra di successione, il principe Eugenio di Savoja cogli imperiali sorprende per tradimento Cremona (1702), s'attacca in essa pugna sanguinosa, i Cesarei sono respinti, ma imprigionano il maresciallo di Villeroy 4. Quattro anni dopo gli Austriaci occupano il castello di Cremona e di Pizzighettone, e questo muniscono con cento cannoni e ren- chirurghi collegiali assistettero gratuitamente all'ufficio della sanità, curarono gli appestati ne'lazzaretti e nelle case; alcuni altri, stipendiati dal Comune con quindici, o con Clnquanta ducatoni al mese, ajutarono ai fisici nel medicare i poveri. I monatti netti assistevano agli infermi nelle case, o li trasportavano al lazzaretto, i brutti seppellivano 1 cadaveri, non più scoperti e nelle chiese, ma in luoghi appartati, e entro casse di legno c°n calce. 1 prefetti della sanità attestarono avere la peste e la carestia mietuto due terzi cittadini, e tre quarti dei contadini e degli animali, cioè cavalli, pecore e buoi; a Casalmaggiore mancarono 10,000 persone, a Cremona 25,000. G. Bresciani contempora-neo che lasciò una storia manoscritta, somma a 80,000 gli abitanti perduti nel territorio Cremonesc, e in un ricorso del podestà del 11169 sta scritto, che, Cremona, florida di 35,000 c'uadini^ fu ridotta a 10,000 colla perdita di tutti quasi gli agricoltori. C. C. 8 Francesco I duca di Modena, non potendo aver dagli Spagnuoli i vantaggi che esiderava, diede ascolto ai Francesi, che gli promiser tutti gli acquisti che farebbe a anno del Milanese. Egli dunque con truppe sue e di Francia passava il Po, sicché gli Pagnuoli si ritirarono a difender Cremona. Ivi furono assediati , ma poiché il duca di *v°ja, malgrado le promesse, non veniva mai a soccorso, i Gallo-Estensi dovettero riti -rarsi a Casalmaggiore. Quivi ingrossati (in a 14,000 uomini, assalsero gli Spagnuoli, e poser Un niemorabil assedio a Cremona. Ma i Francesi, poiché non dovea toccar ad essi la la> poco zelo poneano nell'espugnarla, e intanto il governatore spagnuolo potè far pagare aro all' Estense la'volontà non di liberar 1' Italia, ma di cambiarle padrone. Tra le fa-/,10ni di quel secolo ebbe assai grido l'assedio di Cremona, e molti ne parlarono, e in uno sP'endido volume in foglio fu impresso a Milano il 1654 Horatii Landi , Obsidio Cre-mQnens\S. .°-ui diamo la figura dell'accampamento d'allora, del quale un ampio disegno ritro-SI in casa Castelbarco. (Vedi pagina seguente). C. C. * 11 principe Eugenio, d'intesa con un Cozzoli, fratello del parroco di Santa Maria orUoya, per un acquedotto introduce una mano di guastatori austriaci sul bastione che a e Pubblico passeggio presso San Vittore; e quelli, ucciso le guardie, aprono le porte Vii"'^"11 c Margarita, cui entrano gì' imperiali. I Gallo-Ispani si oppongono invano. pr °r0J' ^ Preso: pure gli Austriaci non possono sostenersi e lasciano 700 morti e 400 S()[) ,lieri-fra cui il generale Mercy, si ritirano col prete, del quale la casa e la chiesa sfasciate dai Gallo-Ispani, che ebbero un migliajo tra morti e feriti e 500 prigioni. C. C. IL SETTECENTO 457 dono piazza di prim' ordine, spendendo undici milioni. Molte epizoozie distruggono gran parte del bestiame utile. Nella guerra de'Gallo-Sardi contro gli Austriaci (1733-36), Cremona sostenta (costume antico) quasi tutto l'esercito col suo totale eccidio. Oltre i carichi ordinarj e gì1 interessi di sette milioni di debito, sopporta tasse e contribuzioni arbitrarie, e lo sperpero aborrito di biade e d'ammali. Ritornata agli Imperiali, l'afflitta città seppellisce 20,000 soldati, infauste conseguenze di quella guerra inauspicata Maria Teresa e Giuseppe II in tempi più miti ristorano quanto possono, ma non quanto si aveva bisogno, l'esausto paese. Nel 1749 rimanevano in città, forse unica industria, 13 piccoli filatoj e 60 telaj (di 5000 ohe erano nel secolo XVI) che lavoravano le sole sete della provincia, «età almeno del territorio si manteneva ancor incolto e deserto, rudi, mdolenli gli artigiani e coloni, poco il denaro e chiuse le fonti di ottenerlo. Si insinuano coi precetti e gli esempj de' filantropi milanesi, l'amore del-' agricoltura, delle irrigazioni, della coltivazione de'gelsi; liberato il commercio e P industria dai tributi e dai vincoli, dalle strade impraticabili, dalla moneta alterata, s'aprono fiere e mercati; le paludi, le ericaje, i tapi e i serpenti scompajono, come l'inquisizione, gli asili, i tribunali eccezionali, altri abusi e strasordini <>. Ma si lamenta la soppressione di molte confraternite coi loro oratorj, di molte chiese e monasteri urbani e fo-rensi, di monache e di frati, la riduzione di 36 in 14 parrocchie. Pure Queste si arricchiscono coi fondi delle une e degli altri, insieme coi nuovi istituti d'industria, d'educazione, di beneficenza pubblica7. ■ l'izzighellone credeasi inespugnabile perchè aveva 100 cannoni di bronzo e le im-P0r'antissiine opere fattevi da Carlo VI. Villars e il duca di Savoja lo lasciano dietro, e 0ccupano Cremona, affollandosi per le case e i conventi. Nel solo convento di Sant'Ago* sllt>o seppellironsi 17,000 Callo-Sardi. C. C. . * E memorabilissimo l'aver Giuseppe II, nel 1781, fatto demolire i forti di Cremona ,n Parte quei di Pizzighettone, locchè risparmiò i guai di guerra guerreggiata. C. C. ' Il conte Biffi, che fu cavaliere e ciambellano intimo dell'arciduca Ferdinando e ^ar° a Giuseppe II e a Leopoldo austriaci, soprantendente del regio ginnasio, scrittore econdo di cose gravi ed amene e collaboratore al famoso giornale II Caffè e socio ^ varie accademie d'Italia, così sentenziava, egli patrizio, della società di Cremona 0 suoi tempi: « Il nostro popolo ò grossolano, ma non maligno; i cittadini pettegoli, nosi, frivoli; i patrizj ignoranti e non curanti, e questi trovansi sempre e unicamente cJ)a Somma delle cose; sono i padri della patria, ma l'abitino, la parrucca, il lopè, i tac-rossi alle scarpe, l'aria grave e la serietà asinesca formano il loro merito. ... Le lrSr porla 0 dicilur quia est in vice porla-. C C. Nella scuola pittorica cremonese al Bembo, al Campi, al Beccaccino , al Zuppelli subentrano i loro figli e nipoti, Bernardino e Gervasio Gatti ed altri, i quali tengono il campo per tutto il secolo XVI ed ornano di squisiti lavori la lor patria, la Lombardia e Roma, paragonati ai più grandi pittori. Allievo dei Campi e di Gatti Bernardino furono le sei sorelle Anguissola lodate dagli storici, massime la Sofonisba, celebre per ritratti sì veri che pareano vivi; 11 allievo il ca- Sofontiba . I ttgitissola. 11 Nel CtliS il Vasari ricevea cortese ospitalità a Cremona da Amilcare Anguissola, <~ lo chiamava - felicissimo padre di onesta ed onorata famiglia » e la sua casa • albergo della pittura, anzi di tutte le virtù». Per quel ricambio di cortesie, che spesso ci porla anche a trovar merito dove non ce n'ha, il Vasari lodi Smisuratamente la Sofonisha Anguissola per ritratti che pajon vivi. Diflàlto ella acquistò rinomanza ; Filippo II la votle alla sua corte, <• !<■ assegnò i'1 mila scudi per dote, e annui mille ducali quando sposo don Fabrizio Moncada. Andò con questo in Sicilia, poi vedovata, navigando per Genova invaghì di sè Orazio Lomellino che la sposò, e con esso rimase a Genova, dove vecchia e cicca, conversava dell'arte propria, onde Van Dick dicea d'aver imparalo meglio da questa cieca che da stimati pittori. C. C. ARTISTI 401 valier Trotti, detto il Malosso, perchè mal osso da rodere lo chiamò il suo potente competitore Agostino Caracci, e seminò di preziosi dipinti Cremona, Brescia, Parma, Piacenza, Milano. Antonio Campi come colle arti del disegno, così colla penna volle far omaggio alla patria scrivendone, una bella storia Ala, Locadelli, due Dovizioli, due Dottali o P i zzi fuoco, Torriani l:'«'lin" l' ' rilralli (^e"a Storia dai Cinipi sono incisi da Agostino Caracci, salvo quel di vi(l| p10"1" cne pregio fossero le pitture di Antonio lo mosti i il sapere che il suo miracolo di Brandi ]i ° inciso ('aI Caracci stesso; e dal Valerio veneziano la Crocifissi*.....in quattro •■ole . ,Slle cli ram00 ruote, che Indicava tutti i movimenti de' pianeti. C. C. 14 Agostino Capra nacque verso il 1620, e campò assai vecchio. Studiò la meccanica s le matematiche, e inventò felici congegni per fontane da sale e da giardini; provale Cremona di mulini per occasione di guerra migliorò H bustone di Giacobbe, formandoli* la verga astronomica per pigliar le altezze e lontananze, e squadrare campi; fe molti macchinismi da teatro, e n'aveva uno lodalssimo nella propria casa, e più eccitò meraviglia con uno a Venezia. In patria fabbricò il collegio: in Ponticmoli il duomo. Com« architetto militare servi Gonzalo di Cordova e Ambrogio Spinola governatori del Milanese, poi nell'assedio di dimena del tt>47 ; fu chiesto ingegnere da Filippo IV, ma p1'1' malattia non polo andar in Spagna. Si han di lui la Geometria famigliare ed istruzione pratica per gli edifizj nuovi e vecchi, 1 (»74 : la Nuova architetti,ra famigliare, l"^" la Nuova architettura militare, 4f<83 Scrisse sul « Modo di rimediar ai danni delle acque correnti con grandissima facilità e pochissima spesa, ed in particolare del li"111' Po • sul qual tema abbiamo una memoria di Domenico suo ligi io. C. C. 18 II veneziano Gian Gabrieli avea cominciato la fondamenlale rivoluzione della musica moderna, che poi fu compita dal Monlevcrde, il quale sletle trentasei anni maestro di cappella in San Marco. Repudiando le matematiche combinazioni da'Fiamminghi, <'g 1 proclamò che la musica non deve sottoporsi a regole astratte, sibbone dilettar l'Orecchio, e ritrarre i movimenti dell'animi. Si sciolse dunque dalle tradi/ioni del canlofermo gre-goriano, ed arrischiò l'accordo della settima dominante senza preparazione. Gridarono a novatore, ma il pubblico gli dio ragione cogli applausi, e venne a introdursi nella composizione l'unità dell'ottava, quale è data dalla natura, sgombrandola dalle inlcrminabi 1 varietà degli accenti melodici, che equivarebbero a quel che i dialetti hello lingua. C C. LETTERATI 463 Ma colla uscita delle ricchezze caddero le lettere e le arti nel secolo XVII, e Ci *emona discese a tanta miseria, che il Comune abbandonò il ginnasio pubblico, la scuola di leggi ed instituzioni civili, ogni istruzione cementare; i padri, impotenti ad educare i figli negli stulj; analfabete 'e donne e le classi operaje, cresceva una popolazione inerte, corrotta, ^elvaggia Alcuni benemeriti collegi e cittadini si adoperano tuttavia a porre argine a tanto danno, e i padri Somaschi istruiscono gli orfani ne'le arti e nella grammatica (1585); i Gesuiti, per legati di Cremonesi, . 0'. /ani nobili e civili nelle lettere e nella filosofia (1602), i Francescani dettano filosofia naturale e dialettica; il collegio della Beata Verone educa alcune donzelle nobili e civili, e istruisce altre della città ne' 'avori femminili, nel leggere, scrivere e conteggiare. Il medico Giorgio ^ondulo e Alessandro Arisi provedono di libri e maestri d i lettere venti Poveri fanciulli; Girolamo Regio apre una scuola pubblica di grammatica e aritmetica per altri cinquanta; Guglielmo Macchi Lodi un collegio pe' giovani civili; G. P. Corradi un altro pe' giovani nobili poveri; il medico Fogliata, un Ugoni, un Macchi da Piadena, e una confraternita di Casalmaggiore lasciano eredità atte a sostenere giovani cremonesi all'U-°iversità per apprendere medicina e leggi. Nel secolo diciottesimo, non più spregiata o inaccessibile l'istruzione, s aprono quattro scuole normali in città e dieci nella provincia, che infilano grammatica, lingue italiana e latina, geografia e meccanica; si aPre il ginnasio di lettere, filosofia, fisica , matematica, istituzioni civili e disegno; s'aprono la Biblioteca pubblica e un'Accademia di scienze, attere ed arti. Ma la cultura e la penna sono pressoché confinate nel clero e nei chiostri; i più grandi scrittori sono sacerdoti o frati, massime camaldolesi, che studiarono fuori di Cremona. Il matematico Guido Grandi16, i Buon Idraulico, professor a Pisa e matematico del gran duca, fu ammirato da «''nnitz (. da Newton, al (piai ultimo dedicò la sua disquisizione g......ictriea De infinitis ."{inUorutn et de infiniti', partorum m d i nt bus. Pisa, 1710. Dimostrò geonielnciimente doremi di Hugiens sulla logistica e la logaritmica, e immaginò certe curve correlativo 1 r cogliere difficili problemi sen/.a il calcolo differenziale. Ecco una medaglia a suo onore. C L* Guido Grandi il fisico Fromond, gli ascetici Careno, gli storici ed eruditi Menila, Fiammeno, Assandri, Canneti, Ricchini, Zaccaria, Biagi, Boni, San-clementi, Bianchi, i due Fontana di Casalmaggiore, i due Vairani levano alta fama per l'Italia, alcuni per V Europa. Dei letterati secolari non conosco che Ariberti, Treccili, Della Porta, i due Bresciani, l'Arisi, Bonetti, i due Tadisi e molti medici i7. 17 Sui medici cremonesi scrisse l'aulore della presente illustrazione al cap. VMI dell» Storia e statistica dell'ospitai maggiore di Cremona, 18!>1. Qui torniamo a nominare Pietro AzzaneUo, che commentò Galeno e Avicenna.e die un compendio dello stato di Cremona nel 1433, e preferì servir in povertà la patria che andar a lauti stipendi di forestieri; il Platina, cioè Bartolomeo De Sacchi di Piadena, che scrisse sull'igiene e sulla Francesco Arisi {storiografo Uno dei Vairani or nominati e il tipografo Manini difontlono due °pere periodiche, L'Accademia di scienze, arti e costumi, e le Notizie diverse ,85 intese a togliere la boria e l'ignavia, molti pregiudizi ed errori, Uc,na, oltre te celebri vite de' pontefici; Realdo Colombo e Giovanni de Romani, il "" -rande apparecchio fu pubblicato poi dal suo scolaro Mariano SanlO; Omobono Of-vantassimo filosofo e astronomo (-ItiS.'l); Tommaso Somenzi, oratore e poeta; Teo-I"1'" baronio, uno de'più celebrati chirurghi; Gaspare Aselli suddetto; Paolo Valcarengo . ^° il 170ì>, che grand'eflìcaeia ebbe sulla pratica medica al suo lenipo e sulla scienza generale; Andrea Fromond ,(I71!>-8'J); Cirillo Gennarelli carmelitano ctie sostenne . *^'J la formazione dei monti per sollevamento; Martino Ghisi di Sorcsina(17C>-04) cho . ('G primi a illustrare la angina membranacea o croup. Fra gli odierni ebbe molta '""a e molte contraddizioni il Geromini, morto quest'anno, che attribuiva gli errori della °dicina all'ontologismo, e fondava la patologia sull'irritazione. Non vuoisi dimenticare che T. Raronio, morto nel ltiàO, biasimò e proscrisse l'ope-m x°ne (*e"a P^Ptfài inventala un secolo prima dal suo concittadino; e Omobono Risone n • aI principio del 1700 , la circolazione del sangue, da duecento anni asserita da Tj*1 Plombo. C. C. . « H primo giornale era redatlo dal Vairani, c voleva popolarizza™ la scienza; l'altro <;iai) p"''1' eoillenea mo,le notizie patrie, e politiche, letterarie, estratti di opere. Il canonico 'ra,lcesco Fromond, dopo un pellegrinaggio per Europa onde perfezionarsi nell'ol-I nella (ìsica sperimentale, coli'Amoretti, col Soave e col Campi redigeva a Milano fan,» a tli 'Muscoli sulle scienze e sulle arti, giornale di gran vantaggio, e che lasciò M,a OllOfni!,-.l_ 0r'orevo|(>. 02. del f. y. Voi. III. MI C. C tllusli 460 STORIA DI CREMONA eredità spagnuola, a propagare lo studio di cose utili e pratiche, vere scuole ed enciclopedie popolari. Macchine ingegnose di meccanica, idraulica ed astronomia, e per incannar la seta ritorta, e il telajo da calze inventano Dognazzi, il P. Oliva, l'abate CornefTer. Fanno risorgere la perduta arte di dipingere e colorire all'encausto Ferrari e Motta, congiungendo la bellezza e vivacità dei colori alla consistenza e lucidezza dell' impasto. La scuola cremonese di pittura, dice Rosini, fu nel suo finire piu numerosa d'alcune altre d'Italia; dopo il Malosso non s1 incontrano che mediocrità. E vaglia il vero, i molti e migliori scolari di questo o iml~ tano il maestro, o gli rimangono inferiori. Pure dipingono con onore in patria e fuori Panfilo Nuvolone, che apre applaudita scuola a Milano; F. M. Bassi, chiamato a Venezia il Cremonese de'paesi, il Mainardi, i Natali, il Massarotti, il cavalier Borroni, Benini, Bottani, Guerrini. Sul principio del nostro secolo figurano nelle belle arti Rodi, Moglia, Motta e Voghera, architetti e ornatisti, Maflezzoli intarsiatore in legno ; Diotti pittore ; Beltrami glittografo; nella letteratura Carnevali, Perucca, Bello, Romani, Vertua, Radaelli, Tedaldi-Fores, Lancetti, Montani, Dalonio, Corbari, Pini, Schizzi, Geromini. Tra' primi pittori sollevasi a Roma e a Londra Agostino Aglio, che manda quadri in Asia ed America; tra' primi architetti a Roma ed altrove l'abate Uggeri, ed oggi vivono alla letteratura ed alle arti valenti ingegni, che saranno consegnati alla storia. Molta parte del territorio, smembrato nel civile, si lascia al vescovado, cioè le grosse terre e borgate che furono dei Gonzaga ed altre provincie occidentali; la diocesi gira ancora 200 miglia di circuito, con 263 borghi e Comuni, 116 terre feudali e 200,000 anime. La cattedrale è decorata di 25 canonici, tra cui nove dignità o prelature, 17 talor 27 mansionari ; le collegiate di Sant'Agata e Sant'Omobono ripristinate hanno otto canonici coll'almuzia e sei mansionarj. I canonici del duomo ebbero i titoli di conti e cavalieri palatini, di prelati maggiori della curia romana cogh onori e privilegi de'protonotarj apostolici (1415). Gregorio XIV, che fu vescovo di Cremona, aggiunse loro il diritto di portar la croce patriarcale nelle pubbliche funzioni, e le prerogative del capitolo della basilica Vaticana (1591). In città v'avea 46 chiese parrocchiali, ed altrettante non tali, con 25 monasteri di frati e 18 di monache, neppur uno di Benedettini , che ne avevano avuto 11; le confraternite delle arti 52. N«lla diocesi trovavansi 230 parrocchie, tra cui 7 collegiate restituite o novanti ente erette, 37 cenobj di frati, e 15 di monache. DIOCESI 467 1 santuarj più celebri della diocesi furono que' di Caravaggio, di Castel-leone, e di Casalmaggiore (Madonna della Fontana). Il primo ebbe in principio una chiesetta e un ospitale, poi cresciuto in fama e ricchezza un tempio suntuoso col disegno del Pellegrini, assai visitato dai credenti sempre e più in una festa secolare. (Vedi nella Provincia di Bergamo.) La disciplina ecclesiastica ripigliò vigore per lo zelo e le visite diocesane del cardinale Francesco Sfondrati , il quale istituì le scuole e le società operaje della dottrina cristiana, tolse molti scandali e abusi, e riformò la Chiesa secondo i dettami del Concilio di Trento e del cardinale Borromeo '".Anche promosse la istruzione de' chierici, pe' quali di-iato il seminario suo figlio Nicolò coll'annuo reddito di 2000 zecchini, permise che si tenessero scuole di grammatica e di umane lettere ed arti liberali anche nelle chiese. I canonici di Pizzighettone stipendiano un Maestro pubblico per insegnare grammatica e retorica a chierici e secolari. Nuovi ordini religiosi entrano in città e nella diocesi. Soppressi lei 1584 gli Umiliati, ne occuparono i conventi i Teatini, i Barnabiti di san Paolo, i chierici regolari Somaschi e i Camaldolesi; ultimi le Suore Angeliche di san Paolo, le Vergini Oblate di sant'Orsola, i padri Gesuiti e della Missione. Se non che alcuni frati abbracciano la riforma di Calvino e fuggono in Valtellina predicando , o reggendo chiese -°. Ai nuovi istituti di beneficenza appartengono le case delle convertite 0 penitenti, delle orfane, del soccorso, il collegio di Santa Corona Spinea P''r maritar figliuole bennate ed istrutte, liberar carcerati per debiti, somministrare medici e medicamenti gratuiti. Anche in quest'epoca vanta la nostra Chiesa assai vescovi e cardinali; j Primi pervennero a 34: gli altri a 15, di cui tre Sfondrati , Berneri ? faglia, tre Vidoni, Rozzi, Pallavicino, Ariberti, Fontana, Cadolino, banchi. Sulla fine del passato e sul principio del presente secolo la Chiesa cremonese fu assai contristata por la soppressione di molti ordini reiigìosi e la profanazione di molte chiese, i cui fondi passarono a beneficio della repubblica francese in compenso della libertà e dell'eguaglianza, che diceva averci col suo sangue largito. *9II Bonomo cremonese, vescovo di Vercelli, fu grande amico del coetaneo cardina lw la°p0me0' in onor del (ìuale scrisse Vita et obitus Caroli Borromei, Colonia^ 1S87, « "orromeìs poema in esametri. C C. »• Sono annoverati dal Cantò, S%cro Macello di Valtellina. m STORIA DI CREMONA A questo brevissimo sunto della storia della Chiesa cremonese sog giungo la Serie dei Vescovi 1. Sabino....... 54 2. Babila....... 80 3. Felice........ 96 4. Gorgonio....... 409 5. Marino....... Incerta 139 6. Simpliciano...... 153 7. Creato....... 200 8. Materno....... 214 9. Cassiano....... 240 10. Sisto........ 270 11. Eustachio...... 288 295 12. Floriano...... . 299 318 13. Stefano I...... Romano 320 342 14. Sirino........ Greco 342 380 15. Auderio....... Greco 380 391 16. Corrado^1...... Cremonese 391 —407 17. Vincenzo....... Pavese 407 422 18. Sisinio....... ? 422 450 19. Giovanni I...... Romano 450 491 20. Eustachio...... Greco . 491 513 21. Crisogono...... Sardo 513 537 22. Felice........ Cremonese 537 562 23. Creato........ Lodigiano 563 593 24. Sisto........ Mantovano 594 609 25. Desiderio I«..... Modenese 609 610 26. Anselmo....... Cremonese 610 637 27. Eusebio . •..... Piacentino 637 670 28. Bernardo....... Franco 670 677 ìi I primi dodici sono forse più propagatori e ministri del Vangelo, che veri e sin-bili vescovi. I primi olio diconsi santi. Sino al 776, cioè a Stefano II, io seguo la serie stabilita da mons. prim. Dragoni (Discorsi di Storia eccl. crem.). Ma è una serie più tradizionale che istorica, come appoggiata a pochi e incerti documenti. 11 celebre vescovo e storico Sicardo, che doveva saperne più di noi, comincia appunto da Stefano la sua commemorazione dei vescovi cremonesi, segno che era dubbioso sugli antecedenti. 22 É eseluso dal Kossi (Tubata dyplicu), che molti altri ne dimentica attestati da documenti inconcussi. VESCOVI 4*9 29. Desiderio II. . . . , . ? 678 703 30. Zenone ...... . Parmigiano 703 733 31. San Silvino..... . Cremonese 733 773 32. Stefano II..... . Cremonese 774 816 33. Voifoldo .... , . Modenese 810 818 34. Attonc..... . . ? 818 827 25. Sinipcrto "... . Cremonese 827 841 30. Pancoardo .... . . ? 841 «:ìi 37. Benedetto .... . . Cremonese 880 881 38. Landone ..... . . Cremonese 881 910 39. Landolfo *s . . . . ? 910 916 40. Giovanni II ... . ? 916 925 41. Darimberto .... . . ? 925 961 42. Luilprando .... . . Pavese 963 973 43. Olderico..... . . Franco di Pavia 973 1004 44. Uboldo ** .... . . ? 1004 1006 4:ì. Landolfo II2S . . . ,lf . oqoa 1007 1030 46. Uboldo II ... ? 1031 1073 47. Arnolfo..... 1074 1086 48. Oberto JG .... 1087 1096 49. Gualtiero. . . • . ? 1096 1110 SO. Ugo...... . . Parmense 1110 1118 81. Oberto ...... . . ? 1118 1162 52. Prete Medolao . . . . . Cremonese 1162 1167 53. Emmanuele .... . . ? 1167 1168 54. Oflredo OfTredi. . . . . Cremonese 1168 1185 W. Sicardo Casaiano . . . . Cremonese 1185 1215 56. Madalberti Omobono . . . Cremonese 1215 1248 57. Bernerio de Summo 27 . . Cremonese 1248 1261 58. Gacciamonte de Summo . . Cremonese 1201 1288 23 Dopo Landone non sedette un l.eolmaiino al governo della chiesa, o fu illegittimamente nominato ed intruso. M Esistono cinque pergamene di questo Uboldo I, non ricordate da alcuno (Dragoni, dipi, eccles. Crem.)\ una fu edita dal Muratori, A. M. M. T. t, p. 421. 25 Valerio Schizzi, cacciato da Cremona Landolfo, ne fece forse le veci, ma non fu niai vescovo. 26 Dall'uno all'altro Oberto o Usberto seguo la cronologia del Seletti (Manoscritto '■sso di i1H,j ; ammirate da Raffaele, da Tiziano e da cospicui forestieri. Nei sei doviziosi sobborghi ancora fiorenti al secolo XVII, nei tanti e magnifici tempj e monasteri, atterrati o convertiti dal 1762 al 1814 in caserme e Magazzini militari, in case e ortaglie private, si custodivano cimelj d'arti belle, più presto maravigliosi che belli. Chi tenne d'essi memoria, notò affreschi, tavole, tele, sculture e tarsie de' nostri più antichi e grandi Maestri, ed anche di Fermo da Caravaggio, di Marco Marziale, dei Procaccini, del Francia, del Giorgione e di molti altri ; notò che la maggior Parte fu con iniquo sperpero dissipata, o portata a Milano e Parigi, ove con la roba d'altri, che non si ebbe mai coscienza di restituire, si arricchirono le gallerie di Brera e del Louvre. Nè furono affatto rispettate alcune egregie pitture delle chiese superstiti alla gran distruzione , Perchè si lasciarono guastare da impudenti restauratori o coprire di calce col pretesto di dar più luce colà, dove non dev' essere che raccoglimento e compunzione. Finalmente molte famiglie patrizie e private, che testò possedevano fortunate palagi pregiati per architettura, per sculture, plastiche e tarsie, per magnifiche pinacoteche e musei d'arti belle, si estin-8ero, e que' lor palagi ammodernati, cioè immiseriti coi bugiardi processi del secolo, furono spogliati della splendida originalità antica, dei lavori delle più celebri scuole pittoriche del mondo, delle medaglie e Monete delle più celebri zecche (non poche d'orientali ed inedite), d'ogni addobbo artistico o sfarzoso. Questi raccoglitori di cose più facilmente uniche che rare non avrebbero mai creduto che i loro eredi ne facessero tanto scempio; ma e' dovevano raccomandarle al culto della patria carità forcandone un pubblico museo, che le custodirebbe tuttavia colla memoria Miperitura de' benemeriti donatori: ora essi non meritano di essere no-Miriati. Pure grandiosa suppellettile di ricchezze archeologiche e artistiche sorvive tuttavia in Cremona, la quale si sente ancor degna d' essere incoiata da molte città capitali, visitata con profitto dai forestieri. Se non che io non presumo d'illustrare tutti questi nostri tesori, bensì di inerii appena. La piazza maggiore. Questa piazza, eredità fastosa di monumenti e di rimembranze, ripete storia dei Cremonesi. Là al sacro fonte di quel battistero i padri nostri rono redenti alla religione della fede, della speranza e dell'amore; tro le are di quel Duomo orarono fanciulli, furono avvinti in nodi nuziali; nelle aule di quel palazzo sedettero adulti in prudenti consigli, dettarono i patrj statuti, i patti delle alleanze e della prosperità civile con popoli e re potenti; da quel palazzotto, cogli stendardi delle parrocchie e delle arti, col carroccio custodito sotto quelle loggie, chiamati a stormo dalle campane di quella torre, uscirono catafratti alla battaglia, a difendere la patria e la libertà; il loro cenere dorme appo quelle are e in quel Campo Santo. Su questa piazza, palestra concitatrice di prodi, si agitarono per quattro secoli le sorti del Comune e delle famiglie, si amministrarono le giustizie, si elessero i vescovi e i magistrati, si ordinarono le più magnanime imprese, si cantarono gli inni della vittoria o i treni della sconfitta sempre benedicendo al Signore, che dona e toglie, affligge e consola. Caduti in balia d' altrui, i padri nostri non ebbero più dritti e avvenire, ma solo doveri e dolori ; su questa piazza fremettero, gemettero ai danni e al corrotto della patria vinta. Dal di che il cavallo di Carlo V sali la scalea cordonata di quel palazzo umiliato, impararono a udire da quella ringhiera gli ordini, che più non dovevano discutere nò trasgredire; assistevano indifferenti alle carnificine, alle pompe, alle orgie de' loro oppressori, come agli assedj, alle sorprese e invasioni di alternati stranieri. Queste chiese, questi palazzi non furono addobbati che per le pubbliche devozioni e per allegrezze non cittadine; le campane di quella torre, cambiato tono, sonarono per esse, o per avvenimenti privati, o per supplizj frequenti. Solo una volta V anno il silenzio sepolcrale di questa piazza era interrotto dalle feste del rigollo e del toro, nelle quali il popolo scendeva a finte battaglie, ad essere schernito per poche lire, dimenticandosi che quelle feste erano simulacri insultanti delle antiche sue glorie1. Quanti ora, attraversando questa piazza, pensano al suo sublime passato, sentono gratitudine agli uomini che innalzarono questi monumenti?2 1 Vedi la nota al line di questo paragrafo. \ 2 Per la descrizione architettonica della Cattedrale, del Battistero, del Torrazzo, 51 consultino la Guida del Picenardi, e la relazione dell'architetto Voghera (Aponti, Memorie di Stor.eccl. Cremori. Vol. I, 1835), pei giudizj delle principali pitture sì della cattedrale che delle altre chiese delle città, l'insigne opera Della pittura cremonese de principe B. Vidoni ole Storie della pittura italiana del Lanzi, del Kostni, e L'art chrétien di F. Rio, che nel II volume giudica questa scuola da un punto di vista differente, e perciò con altri risultati, siccome vedrassi più avanti. La Cattedrale. Incominciata nel 1107 coi ruderi delle antiche strade romane e i ma-teriali del suolo, consacrata in forma di basilica a tre navi nel 1190 dal m°so Sicardo vescovo, la cattedrale di Cremona come edificio costrutto ln temP' e da artefici differenti congiunge molti ordini architettonici senza grandi disformità. È poi un prodigio per tempi sì infelici alle arti la sua vastità, magnificenza e bellezza. Era originariamente isolata e la facciata principale di gusto bizantino, vestita a mattoni cotti e arrotati, ma nel 1491 fu ricoperta di marmi a diversi colori, alcuni lavorati e finissimi, aggravata di gotico antico e nuovo, e di greco romano, di ornamenti soverchi, di case, botteghe, portici e loggie. In mezzo ai fregi, alle statue e sculture, agli animali fantastici e simbolici rilevante è il basso rilievo figurato dei dodici segni zodiacali e dei lavori campestri, testé illustrato da Hammer, Zardetti, Odorici (Vedi qui sopra a pagina 405 e 406). La porta principale, della forma rituale cristiana, racchiude nella grossezza dello stipite quattro profeti scolpiti rozzamemte a bassorilievo, Tuno so- pra Paltro. Due colonne sul dorso di due leoni sdrajati, in marmo rosso, sostengono il decoroso vestibolo, e sopra l'arcata a sesto acuto >Hn quattro leoncelli sopportano la loggia, quasi a somiglianza delle basiliche di Roma. I due frontespizj laterali, aggiunti quando si adottò la croce latina nel secolo XIV, sono di gusto gotico-moresco; il settentrionale e fregiato di statue, di bassi rilievi e del vestibolo con due leoni ; il me- LA CATTEDRALE 47!) ridionale ne manca z. A mezzo di quel secolo si dipinsero le volte a tre cavate della nuova croce con istorie del vecchio Testamento, le volte prin- Facciala meridionale del Duomo. !Wi a fondo celeste con stelle d'argento e molti ornati e dorature. j°rrente il XV e sul principio del XVI secolo, ogni parete ed altare fu forato da dipinti a fresco o in tela, da sculture in marmo o in legno ^ 1 artisti di prim'ordine, e per la maggior parte cremonesi, i quali vi asciarono un monumento figurativo emulo della cappella Sistina, se non corretto, certo più animato. «siste t"0' (iis,egni dc,,e molteplici facciate della cattedrale sa medaglie del 1270 e del 1320, di G r nellArCflivio segreto e nel Museo Ponzoni, e in una tarsia in legno del 1484 c°stru/-' P'alina Pos*a neS'i stalli del coro in Duomo, si può confrontare la primitiva e pui .'j000' n0B guasta dagli ornamenti posteriori, colla presente e con quella disegnata e&eala ll* °a' C,ìmV[ nel *Si*4 e coli'incisione in rame di G. M. Cipelli, che rappresolo". ^ ^laZZa Cremona nel giorno della caccia del loro iB72. Questa iconografia e si cr^a anlastica delle cattedrali più vetuste, benché ne ignoriamo spesso il senso riposto, legg,Ml(i( £ ;il,:u,n dotti la espressione di tradizioni popolari, la formota artistica delle cimali ' . m(i(*io evo cattolico, una pagina della storia filosofica del passato. Quattro Pertanto su questa facciata sembrano gli emblemi idei quattro Evangelisti, e il Entrando nella nave maggiore lunga 208 piedi parigini, alta 80 e larga colle due laterali 82, selciata a marmi neri, rossi e bianchi, si veggono aperte sopra gli archi alquante finestre; erano forse le loggie destinate alle donne, che anticamente assistevano alle sacre funzioni separate dagli uomini. La vòlta è sostenuta da otto colonne, che nei giorni festivi si vestono d'arazzi rappresentanti le gesta di Sansone , lavorati parte sui disegni di Giulio Romano e parte di Rubens. I due pulpiti in marmo di Carrara formavano parte d' un sarcofago in San Lorenzo, le cui sculture a bassorilievo, distribuite in molti quadrelli con belli arabeschi, esprimono la vita e il martirio dei santi Mario e Marta co' loro figli nobili persiani, insigne lavoro non di Amadeo pavese, ma di Geremia cremonese del 1472. De' sei altari posti sotto le due navate laterali, ornati d'ancone marmoree di bella architettura, il primo a destra ha una tavola della B. V-eoi bambino, due santi e due figure di Licinio da Pordenone, il secondo con intagli e figure di marmo a mezzo e a intero rilievo, del cremonese Arrighi del secolo XVII, racchiude un piccolo affresco di Boccaccio Boccaccio , la B. V. della Neve col bambino in braccio; il terzo altare e ornato d' una tela del Cattapane cremonese. 11 primo della nave sinistra ha un antico dipinto che rappresenta la "Vergine ; il secondo la sacra Famiglia con intaglio in legno a basso e a tutto rilievo del Bertesi ; il terzo la B. V. in-gloria, o delle grazie, con sant'Antonio e altri santi, dallo stesso Cattapane. Sopra le prime quattro arcate della navata maggiore a sinistra il Boccaccio dipinse i meravigliosi affreschi della,, vita di N. S. e della B. V. in quattro quadri, divisi ciascuno in due, dal 1514 al 1518, per miHe lire im periali. Nella prima arcata risplcnde la visione di san Gioachino e la p artecipazione fattane alh sposa ; nella seconda la nascita e lo sposalizio di M. V., quadri degni di Raffaele; nella terza P Annunciazione e la Visitazione di Santa Maria Elisabetta ; nella quarta la Nascita e la Circon cisione di N. S. Sopra la quinta arcata, in altro quadro partito in due, l'adorazione de'Magi e la presentazione al tempio di G. C**> dipinse il Bembo Gian-Francesco; sulla settima oltre l'organo AUobcllo vescovo che tiene sul petto aperto il Liber generaiioms Jesus Chrisli sembra san Barnaba, credulo dai Cremonesi fondatore della lor chiesa. j Fra i monumenti della facciala settentrionale, o entro il Duomo, sono a notare ' gruppo dei dodici Apostoli e le sei statuette di santi e di vescovi del secolo XIV, qo«»e de' profeti Enoc ed Elia, poste nella sagrestia e portanti una lapide, in cui sta scritta l'anno di fondazione del tempio (1107); l'avello dell' acqua santa del secolo XIV, » quattro statue collocate sulla Bertazzola e le logge di quella, od esprimenti Berta e Za'1" iiino della Palla, col bue e il leone, malamente credute da alcuni di Ercole e di Alcroena. Velile a pag. 4U0. i LA CATTEDRALE 481 Mellone nel 1517 fresco in altro quadro pure diviso la fuga in Egitto e la strage degli innocenti e sull'ultima il Boccaccino aggiunse la Vergine Annunciata e la disputa di Gesù coi dottori, quadri ammirabili per architettura e prospettiva. Al- ibi ih ^'ns" ^' ^uest'' 'a Madonna in piedi avente in braccio il bambino, e un uomo in ginocchio, è unico, ma stupendo affresco dell'anno 1370 pel Somenzi seniore; l'altra Madonna pure col bambino, ma più basso e all'opposta parte, è forse dello stesso autoic o dello stesso secolo. Proseguendo alle opposte arcate della parte destra , il primo quadro che presentasi sopra il coro è la cena del Salvatore cogli Apostoli di Al-tobello Mellone, del quale sono pure i due quadri che seguono ripartiti in due, la lavanda de' piedi, l'orazione e la cattura nell'orto e la presentarne ad Erode. Sul!' altro quadro in due Cristoforo Moretto colorò Gesù Cristo avanti Caifas , e poi legato alla colonna. Le ultime quattro ■Tcate non sono dipinte da cremonesi, ma il quadro in due di Gesù Coronato di spine e mostrato al popolo, appartiene al valente Romanino bresciano, e nelle tre altre arcate non divise il Pordenone fresco Pilato chc si ]ava |e Gesù strascinato al Calvario, indi inchiodato in Croce; pei quali tre lavori egli ebbe dai massari della fabbrica del ''uomo nel 1523 mille lire imperiali. , Nello spazio della parete sopra la porta maggiore giganteggia la tela ||' 'u', Gesù Cristo in croce ferito da Longino ; e a lui pure è dovuto 1 bellissimo scorcio del Redentore staccato dalla croce al lato destro a P°rta, mentre all'opposto la risurrezione di N. S. è di Bernardino ***** ^tto il Sojaro del 1529. Dim v mi t i profeti sporgenti dagli angoli J "e arcate alcuni sono di Vincenzo Campi, altri di Cristoforo o del agnano da Pizzighettone, altri di Somenzi Francesco o juniore. alendo al coro senatorio, sede esclusiva de' magistrati, l'organo vien sputato uno de' più rari in Italia : le cantorie e le tribune erano destinate Wuitraz. del L. v. Voi. HI. 01 482 DESCRIZIONE DI CREMONA prima del 90 alle donne patrizie. Ascendendo ancora al presbiterio, si presentano quattro moderni dipinti del Diotti,, che , sebbene commen-devoli, troppo scapitano in mezzo a questa pinacoteca di antichi. Perocché il quadro grande all'aitar maggiore, la B. V. Assunta con sci apostoli, notabili pei paneggiamenti e per le mosse, è di Bernardino Gatti del 1575, tanto più maraviglioso, perchè fatto da lui decrepito e colla mano sinistra, paralitico della destra, e non terminato per morte. I due affreschi laterali sotto alle finestre, il centurione a pie del Redentore e l'entrata in Gerosolima, sono di Antonio e Bernardino Campi, e lassù nell'absida del coro assiso su nubi, circondato da raggi d'oro e dai quattro Santi protettori di Cremona, tenente il gran volume sul ginocchio e benedicendo colla destra, risplende in tutta la sua maestà il Redentore del Boccaccino del 1506. Quasi figura perfetta sorprese i pi" grandi pittori del suo tempo, e a' nostri giorni Appfani e Sabatelli non potevano staccarne gli occhi. Nel coro sono ancora da ammirarsi gli scanni canonicali in tarsia a prospettiva di case, edifizj, figure, arnesi, trofei, nobilmente intagliati da G. M. Platina cremonese tra il 1488 e il 1490. Passando alle due navate laterali, sostenute da altre dodici colonne, ecco alla destra si offre la prima sagristia, dove si contempla la B. V. LA CATTEDRALE 483 Assunta di Antonio Campi, e degna di osservazione è la piccola lapide antica portata da Enoc ed Elia , elegantemente scolpiti colla iscrizione a caratteri semigotici, indicante Tanno di fondazione della cattedrale. Negli altari che seguono, la tela dell'incontro di santa Elisabetta con san Gioachino e san Giuseppe è di Gervasio Gatti; il bel crocifisso intagliato in legno, del Bertesi ; il Salvatore legato alla colonna e la B. V. Annunziata, del Malosso. Sopra una lapide è inciso V albero genealogico della famiglia Malatesta benefattrice del tempio, e •sul pavimento appajono in marmo le ligure di Cesare Spedano e del cardinal Campori, vescovi di Cremona. Il san Benedetto, che benedice Cremona, sul quarto altare, è del cavalier Borroni del 1747, il bello scorcio del Cristo morto, di Antonio Campi del 1560. La minor sagristia ha la tavola del Limbo con molti bei nudi di Altobello Mel-'°ne, e altri quadri pregiati. Ne' tempi andati v'erano riposti molli ar~ redi antichi di gran prezzo, rarità e lavoro; derubata de' migliori . n°n custodisce che la croce di 140 oncie d'argento, con cornucopie , statuette e ligure benissimo scolpite dal beato Facio nel 1267; la croce patriarcale con gemme, nielli e cesellature del Da Prato del *$64; il calice con patena d'oro, donati da san Carlo Borromeo nel 1575. e la gran croce di 2591 oncie d'argento, tempestata di pietre preziose e di belle sculture, di Pozzi e Sacchi orafi milanesi del 1478. Cos'idei tanti libri liturgici, miniati in oro con pitture eleganti, non rimangono ebe alcuni breviarj, calendari, messali, e il martirologio di Adone del 1181; '1 quale ha sulla pergamena dipinte a varj colori molte figure d'uomini 0 d'animali, esprimenti i segni zodiacali e i lavori campestri in ciascun mese; ligure e segni molto simili a quelli a bassorilievo posti sul fron-,,sPizio del duomo, e bizzarramente illustrati dal barone De Ilammer. Vicino alla nominata sagristia è il maestoso sarcofago del vescovo ^londrati Francesco , bella architettura e scultura del Combi o Bombarda del 1550. Il gran quadro a olio in alto e in faccia alla porta colla storia d'Ester, è di Giulio Campi del 1567, lodato per disegno, colorito 0 grazia d'abiti e di volti. Le ancone in marmo degli altri due altari si lecer nel 1593 da Angelo Nani, e costarono 1900, e 3000 lire imperiali. Le volte di questa e dell'opposta navata furono sino dal 1345 affrescate (la Polidoro Casella, ma non possono ammirarsene le bellezze riposte, perchè tr°Ppo alte e oscure, e ornai cancellate dagli anni. Il Lanzi che le vide vicmo, e il cosini che ne fece disegnare alcune, ne tessono magnifici e,08', e il primo le chiama uniche, italiche, nuove. All'altare della cappella del Sacramento , in fondo alla navata laterale destra, maestoso per marmi, per belle architetture e sculture del Dataro 0 Pizzifuoco e dei Combi, i sei dipinti in tela dell'ancona disegnala dal '»84 DESCRIZIONE 01 CREMONA Malosso, cioè la lavanda de' piedi, il sagrificio di Melchisedecco, la risurrezione di Lazzaro, la cena di Gesù cogli Apostoli, il miracolo della manna, e santa Maria Maddalena che unge il Redentore, sono opere singolari di Giulio e di Bernardino Campi. La cappella «Iella Madonna del Popolo in fondo alla navata opposta è anch' essa ornata con bella architettura e con stucchi in oro di quelli stessi architetti e scultori ; il cenacolo, la risurrezione di Cristo con sei guardie, e lo Spirito Santo sopra Maria, sono tele egregie del Malosso; la decollazione del Battista, e la sua predicazione nel deserto, dei due Campi anzidetti; il Gesù battezzato di gran forza e colorito del 1509, il convito d'Erodiade, la nascita del precursore, sono dipinti stupendamente da Bernardino. Piegando alla navata sinistra, la tela dell'arcangelo Gabriele e dell'Annunziata nel primo altare è di Giulio Campi, lodata dal Vasari, ma sagrificata dalla poca luce; nel secondo quasi in prospetto, l'istoriato della B. V. d'antica maniera è di pittore ignoto; nel terzo la scultura gotica in marmo a mezzo rilievo del 1484, commendala dal Cicognara, è di Tomaso Amici e Mabila de Mazo cremonesi, che rappresenta san Nicolò io mezzo a sant'Imerio e sant'Omobono (Vedi qui contro); la tavola antica della Vergine con due santi è di Bernardino Ricco; l'elegante altare delle SS. reliquie contiene in nicchie e cristalli 113 parti di santi, martiri e beati; nei rimanenti altari la sacra famiglia è intaglio del Bertesi; i dipinti speciosi, del Cattapani e del Miradori. Di Sante Legnani è il gran quadro a olio di fronte alla porta settentrionale del tempio, li caduta di san Paolo, del 1814; gli ornati e gli affreschi de' patriarchi, apostoli, profeti e dottori, i putti e gli emblemi sacro-simbolici di que~ sta e dell'altra navata sono lavori moderni di Giulio e Giovanni Motta, del Manfredini e del detto Legnani. In una stanza de' fabbricieri serbasi un bel crocifisso del Boccaccino. Nel sotto confessione o piano inferiore del duomo, la volta è sostenuta da ventiquattro colonne e le arche in marmo di Carrara a vaghissime sculture racchiudono le ossa di nove santi. Quella di sant'Arealdo e di G. G. Pedoni ; la storia del martirio de' santi Marcellino e Pietro al maggiore altare, distribuita in sette compartimenti, d'alto, basso e medio rilievo, è insigne scultura di Bramante Sacchi e non del Maloja; lavori rammentati con lode dal Cicognara. I quadri in marmo sovrapposti a'" l'arca di sant'Imerio e di san Facio sono di Amedeo pavese del 14#* e 1484. Il viaggiatore anonimo del secolo XVI pubblicato dal Morelli (Venezia 1800) dichiara autore di una di queste arche Gian Domenico da Vercelli, mentre nell'archivio notarile abbiam un contratto del 1500 tra i massari della fabbrica del duomo e Benedetto da Brioscho milanese, che si obbliga di fare quell'opera per 000 ducati da lire quattro, e que- *l arte»ce si dichiara autore delP arca e della porta della Certosa di av,a> la quale è attribuita ad Amedeo pavese. Essendo molte e rilevanti queste sculture, e composte in pochi anni da molti valenti, tra cui nomasi anche un Isacco Restali e un Matteo Gaietti milanese, non si ' oggi con certezza a quale artista attribuire l'una o l'altra. Or ora in ^esto sotterraneo si scoprì un' opera tessullare o musiva, forse del se-0 *W ; è un pavimento di sepolcro, che rappresenta in cornicette 486 DESCRIZIONE DI CREMONA ornamentali, o zone o campi punteggiati a guisa di stelle, parecchi mostri intrecciati d'uomini e di animali, che sembrano immagini funebri, o costellazioni zodiacali, futuro tormento dei simbolisti e degli storici. /7 Battistero, di figura ettagona, secondo la simbolica cristiana, fu fondato nel 900 sopra un altro più antico, e compiuto con altre opere esterne nel 1267. È formato con materiali Iaterizj di pietre cotte, levigate sì all'esterno che all'interno, rivestito di marmi ai lati di settentrione e levante, da cui provengono le maggiori bufere, e coperto il padiglione di lamine di piombo. L'altezza sua è di 38 metri, e di 23 il diametro esterno, quindi il più ampio battistero che sia in Italia, la quale ne vanta non più di sei °. La volta interna, a due ordini di loggie con finestre e lanterna, su cui posa un angelo di bronzo dorato colla croce, è sostenuta da trenta colonne ; entro lo spessore delle pareti sono scavate due scale a chiocciola, che salgono alle loggie esterne ed interne. Aveva in origine tre porte; unica or rimane la settentrionale verso la piazza, decorata con portico e vestibolo a due colonne, che posano sul dorso a due leoni. Alle due porte murate sottentrarono altari, e negli inter-colunnj ravvisasi ancora qualche traccia di dipinti a fresco di Francesco Boccaccio e d'altri; e due quadri a tempra or or redenti del Beccaccino, l'Annunziata nell'uno e l'Angelo nell'altro. La Madonna e le cantorie a intagli grandiosi, cogli stemmi della Passione, sono del Bertesi. Unico quadro moderno è il battesimo di G. C. del valente Gallo Gallina, con due quadri ai lati dello Speltini. Nel mezzo del tempio il vaso immane, monolito rosso di Verona di forma ottangolare, contiene quattro chilolitri d'acqua. 0 Intendasi dei grandiosi, che di minori ne abbiam già indicati e ne Indichcr ben più nella sola Lombardia. Ci C. IL TORRAZZO 487 Fra il Battistero e la Cattedrale giace il Campo santo, ove si scopersero umili sepolcreti, ossa, iscrizioni. Ivi trovasi quel simbolico pavimento a mosaico, che pubblicai in disegno, e sembra avanzo di grandioso edificio del secolo ottavo: meriterebbe d'essere rimosso da quel luogo '"degno, ed esposto al culto del pubblico. Questo Campo santo servi nel XV secolo a pubblica biblioteca e nel XVII a scuola di legge. Per la sua antichità (1284 e forse prima), per la elevatezza (oltre 1*0 metri, ossia oltre braccia 185), per l'agevolezza della salita (498 gradini), per la proprietà del disegno, la solidità, l'artificio e la bellezza dell'architettura, il Torrazzo di Cremona si nomò l'ottava maraviglia del mondo. Certo è la più alta e bella torre d'Italia. Dalla sua cima, come da eccelsa collina, contemplasi il delizioso spettacolo della gran valle del P°> le vicine città e la ghirlanda delle Alpi e degli Appennini. Prima trovavasi isolato, con gran basamento, balaustra e gradini, e vi si entrava Per una porta bramantesca a bassirilievi, ora nascosta entro un andito 0 Porta, giudicata una delle più belle opere di scoltura del secolo XVI; e di Lorenzo Trotti cremonese del 1515. La parte quadrata della torre 8 erge come in due imbuti, entro i quali sono scavate le ampie scalee. Nel mezzo di essa avvi il magnifico orologio o planisferio dei cremonesi D°vizioli del 1583, il quale con quattro indici dimostra le ore del giorno e i giorni del mese, in qual grado o segno dello zodiaco trovasi il sole e con qual stella cammini, i cambiamenti della luna e de'pianeti e il scorso delle eclissi. Sotto di quest'orologio brilla lo stemma di Cremona 111 marmi decorati di sculture e dorature. Alla fine del quadrato della torre coronato di merli, loggiati e gallerie s'intreccia il castello delle Sette campane di quasi 1400 pesi. Sopra di quello elevasi la ghirlanda ottangolare, sostenuta da sedici colonne binate con torrette e portici ai-intorno e ringhiera di altre 128 colonnette di marmo disposte in due ranghi, e termina in una vaga piramide, che sopporta la palla e la croce dorata offerta liberalmente da Don Giuseppe Fossani di Milano nel 1840. Sul'a cima della piramide sin dal 1301 sedeva un leone di bronzo, che fu percosso dal fulmine; i Visconti tolsero l'insegna repubblicana e vi sostituirono la palla e la croce, anch' essa fulminata più volte ; i Vene-z,ani vi innalzarono il lor leone alato e dorato, che fu tolto da chi aveva Paura anche di lui e vi restituiva la palla colla croce. inalzato nel 1200, il Palazzo municipale ha due portici colossali a grand'archi di sesto acuto, sostenuti da ampie colonne investite di marmo, ]a cima coronata di merli, due porte coperte di piombo, premio della vittoria sui parmigiani nel 1251, vendute nel 1840. Aveva una scala cordonata, ed un officio di referendaria e di vettovaglie ricchissimo 11 deschi commendevoli del secolo XV del nostro Francesco Tacconi, che dipinse in San Marco a Venezia e fu dipinto nelle loggie del Vaticano; i padri della patria d'allora diedero non primo e non ultimo esempio di sapienza e di carità cittadina coprendoli di calce. Superiormente il palazzo ha due porte antiche a bassorilievo lodevolissime, e un cammino a minuto intaglio e a mezzo rilievo in marmo con fiori, simboli, sfingi e il ritratto del magnifico Trivulzio; inclito lavoro di Gian Gaspare Pedoni del 1502. Nelle aule si custodiscono grandi quadri di Gervasio Gatti del 11)80, del Malosso, di Antonio e Bernardino Campi con alcuni ritratti d'uomini illustri cremonesi. L'annesso Palazzo del Pretorio aggiunto nel 124?i è ora del Tribunale Provinciale con le carceri criminali. // Palazzo de' Confnlonicri o Capitani del popolo fu eretto nel 188* con grande portico ed archi acuti. Ivi si adunavano i capi delle quattro porte o quartieri della città co' loro militi e stemmi, la croce bianca in l'ulti zzo municipale e de* Gonfalonieri. campo rosso e i quattro leoni a varj colori. Divenne poi nel 1392 stanza del collegio de' giureconsulti chiudendosi i portici, e aprendo la scala esterna, che si disse de"1 lupi. Soppresso anche il collegio, che fu seminario d'uomini illustri e di grandi encomj a Cremona, il locale ne* nostri tempi infaiiciullili si destinò alle scuole elementari delle femmine. Era adorno di pitture del 1577 che ora scomparvero. -M CURIA 48!) .La Canonica fu sede un tempo del Capitolo, della Curia e famiglia del vescovo, degli archivj, delle biblioteche, de"1 pubblici giudizj. Essa esisteva nel secolo IX con torri e rocca, e forse ne esistono gli avanzi m que' massi rozzi immani, quasi mura di fortezza, che formano il basamento esterno del coro del duomo. In una cantina avvi un bel gruppo antico scolpito in marmo e una Madonna frescata col bambino, che dovrebbero essere posti in luogo più degno. Nel 4256 Bono de' Geroldi arcidiacono, non vescovo, rifece il Palazzo e la curia vescovile, che furono poi raffazzonati dai vescovi Spedano, Settata, Litta e OfTredi ; in carte del 4204 e 4209 presso l'archivio segreto si rogano atti in pa-to'io piclo domini Episcopi Cremona;. L'attuale ne' vasti appartamenti contiene ragguardevoli oggetti d'arte, lapidi e scultore e antichi dipinti. Nella Cappella di santo Stefano la tavola di gran pregio del san Cristoforo, Cne porta sulle spalle Gesù bambino, è di Galeazzo Campi del 1515 ; nella sagrestia la tela della sacra famiglia è del Masserotti, il bel gruppo di M. V. col bambino e san Giovanni Battista nella cappella privata è attribuito a Costa mantovano; il sant'Omobono sulla pietra nera, che k carità a un mendico , è forse del Malosso, certo della scuola cremo-nese; la statuetta in avorio del san Giuseppe col bambino è di ignoto, ma insigne artista , come il bassorilievo in marmo d' una Madonna col bambino. La parrocchia della Cattedrale. La parrocchia della Cattedrale ha due chiese sussidiarie; presso la P'azza maggiore l'Orarono di san Girolamo, che non ha cosa degna d'es-Sere botata, tranne l'iscrizione sul sepolcro de'giustiziati, la quale suona: jUs foriera, Deus vitam, Caritas sepulcrum; e un po' più lungi s'erge magnifica chiesa di San Domenico. I celebri domenicani cremonesi olando e Moneta fondarono un primo monastero del loro ordine nel 0 borgo di San Guglielmo, dove san Domenico avea risanato miracolosamente un pozzo infetto. Nel 1238 entrarono in città, e superate alcune r,?he coi Francescani, fabbricarono tempio, torre e convento, compren- padr°Vl ^ P'Ccole cniese di Sant'Agnese e di San Martino nel 1290. I c^(ri domenicani ressero questo tempio, eretto nel 1788 in parrocchia, Preso*IVCnne suss'd'ar'a a' duomo quando nel 1798 e' furono sop- chiesSlrUlta pr'ma con st''e gotico? indi riformata con altri ordini, questa Sa è a croce latina e a tre navate, lunga 172 braccia, larga e "lustroz. del L. V. Voi. ih. 02 alta 44: ha 19 altari, i destri entro capaci cappelle. Nella prima di queste a mano destra il Gesù in croce con santi e il ritratto del Broccardo Persico , cavaliere Gerosolimitano e viceré di Napoli, è di Antonio Campi del 1578; la statua in legno, del Bertesi; gli affreschi della cupola, di G. Natali ; le figure della volta, del Masserotti, mirabili per 1' illusione ed effetto del chiaroscuro. Nella seconda cappella il san Pietro Martire appiè del crocifisso è del Malosso, i miracoli del Le Longe. L'altare della terza è ricchissimo di marmi e di licenze, la cupola frescata dal Malosso medesimo coir assunzione di M. V-, le pareti da altri cremonesi dell'epoca della decadenza ; così è degli ornati, delle sculture, e degli affreschi della quarta e quinta cappella. Nella sesta eravi la circoncisione del Malosso tolta dai Francesi, nè più restituita; l'altare fu fatto costruire nel 145 2 dal famoso Giacomazzo Guarna Salermo intrepido difensore di Cremona nel 1448. Nel braccio trasversale destro e presso la porta minore il primo altare ha un buon quadro d'uno scolare del Malosso, ma prima eravi lo scorcio mirabile di Nostro Signore morto con Maria Vergine genuflessa di Bernardino Gatti trasportato a Parigi, nè più ricuperalo. Il vestibolo di questa porta faceva parte deli'Oratorio del Cristo, bellissimo tempietto dell'epoca del risorgimento dell'arte, di gotica architettura con colonnette e capitelli in terra cotta, gli stemmi e le imprese de'Picenardi. Ivi era l'antica chiesetta di San Martino con un dipinto a fresco sopra un pilastro del 1520 ..attribuito al Boccaccino e colle pareti tutte frescate di pitture; ora è ripostiglio di sagrestia, tutto coperto di bianco, nè i nipoti si affaccendano di correggere il peccato-dei loro progenitori, tanto zelanti custodi della cosa pubblica e delle belle arti. Sopra di essa porta è una piccola tavola di Tomaso Aleni detto il Fadino del 1515, la Beatissima Vergine che adora il bambino con alcuni santi, tavola secca, ma esimia; più alto ancora il quadro grandissimo, ma mediocrissimo del san Domenico che fa abbruciare i libri ereticali, è di G. B. Natali del 1667. All'altro altare, passata la porta, la B. V. coli'arcangelo Gabriele e san Domenico, è tela mirabile di Camillo Boccaccino, ma guasta dai restauri degli imperiti. I quadri delle due cappelle vicine sono del Malosso, di Francesco Boccaccio e dello Staforino cremonesi; gli affreschi del Le Longe ; la statua in legno del san Domenico di Giulio Sacchi da Casalmaggiore discepolo del Bertesi del 1719. L'aitar maggiore risplende per finissimi marmi, per pietre preziose e per statue. Del Panfilo Giuseppe è il quadro in fondo al coro; del Malosso il san Pietro Martire in atto d'essere trucidato. Sull'altare a sinistra presso la sagrestia è appesa una buona copia fatta da Francesco Boccaccio della natività di Nostro Signore, il cui originale di Bernardino CHIESE 491 Gatti trovasi nella biblio-pinacoteea della Villa Picenardi , ora Araldi En'zzo, destinato per la Francia , ma trattenuto dalla pietosa industria del marchese Picenardi. Qui presso eravi il bel mausoleo di Sebastiano Picenardi, fregiato di egregie sculture del Combi del 4577, registrato tra i monumenti antichi del mondo cristiano, ed inciso con altri di arasti cremonesi nell'opera Delle tombe e i monumenti antichi d'Italia ; ora maltrattato dal vandalismo del 4796. Più innanzi ammiravasi un quadro di Giulio Campi, la B. V. col bambino, san Domenico e san Francesco; anch'esso rapito dai Francesi illustra ora le sale del Louvre senza speranza di riscatto. Sopra la porta della sagrestia risplende la piccola tavola, ma grande di pregio, la B. V. col bambino e altri santi, di Gavazzo Campi del 4546, ora restaurata degnamente dal valente Guelfi. Il quadro grande, ma povero di merito, del san Domenico che con Simone Monforte combatte gli Albigesi, è di C. Ferrari. Nella nave laterale sinistra il san Giacinto, la B. V. con alcuni santi, e la decollazione di san Giovanni Battista dei tre primi altari sono del Malosso del 4590, il quale fresco gli scorci degli angeli, e dipinse i Quattro quadretti sulla vita del Precursore, due de' quali più non esistono. Nell'ultimo altare la B. V. Assunta è di Bernardino Campi del 1564, quadro ripetuto più volte da lui, che ne forni una copia a Vespasiano Gonzaga, conservata dai Cappuccini di Sabbioneta. Il grandissimo quadro sopra la porta maggiore, san Domenico che resuscita un morto, e il capo lavoro di G. Nuvolone del 4620, il quale dipinse eziandio i due padri domenicani cremonesi Rolando e Moneta ai lati della porta. Alla base della torre presso ad antico monumento marmoreo giacciono c°perti della calce molti affreschi, forse del secolo XIV, dai quali si distinguono appena una B. V. coi bambino, e un Redentore morto di ottimo disegno e colorito. Così sotto il quadro del secondo altare a mano manca del tempio avvi un crocifisso a fresco di maniera antica. Entro il chiostro, ora caserma militare, sopra l'altare dell'Oratorio aV croce-segnali eravi un bel quadro della scuola del Malosso; nel refettorio ''affresco del miracolo della manna nel deserto fu eseguito sopra il disegno di Giulio Campi nel 4585, entrambi perduti con molte altre cose. NOTA SUGLI SPETTACOLI E SUI COSTUMI Poiché il nostro collaboratore accennò le feste che si faceano sulla piazza grande e noi reputiamo caratteristiche d' un popolo quelle chiassose manifestazioni, della sua vita indipendente e rigogliosa, riproduremo qui alcuni cenni sopra tali usanze in Cremona. Le feste più antiche e di significane storica e politica furono quelle della Battagliola e del Rigetto al 14 d' agosto, della caccia del toro al 18, eseguite sulla piazza del Duomo a spese del Comune e alla presenza di tutte le magistrature della città e del maggior e minor corpo de patrizj, che eran più di 600 famiglie. La prima rappresentava le fazioni che nel secolo XIII dividevano la città nuova dalla vecchia e la ricordanza della libertà e indipendenza acquistata da Cremona nel secolo XI, fatto personificato nel mito di Zannino della Palla. L'altra festa commemorava la famosa vittoria dei Cremonesi sui Parmigiani nel 1250, ai quali tolsero il carroccio tiralo da tori o da buoi. Teslimonj di vista narrano che ai monelli, i quali numerosi erano e senza pane e tetto stabile, e viveano di ruberie, apparteneva in quel giorno "l dominio esclusivo della piazza, e il diritto di riscuotere dai venditori il fìtto dell'area da costoro occupata nell'anno. Di buon mattino davan essi principio alla fesla collo scagliarsi poma, pere, meloni, cocomeri. Finito quel parapiglia, i 150 consiglieri del Comune col senator podestà, il governatore, il comandante dell'armi del palazzo civico sedeansi sui banchi palati a festa, preceduti dai pìfferi e trombetti, che sopra l'aringherio sonavano. Allora i brentadori innaffiavano la piazza, e i fornaj vestivano con abiti nuovi di panno bianco e rosso, insegne e colori della città, le statue di Zannino e di Berta, che stanno sotto la loggia presso al torrazzo (la Bertazzola). L'abito vecchio e il cappello rigato a liste degli stessi colori (chiamavasi Bigotto, e dentro vi si poneva uria moneta di sei fiorini o zecchini) gettavansi al popolo, il quale battagliando arrabattavasi a ghermirli e a meritarsi il premio e gli applausi del pubblico affollatissimo. Negli ultimi tempi, i soli brentadori e fornaj, cui toccavano le spese dello spettacolo, armati d'asta e di alabarda, e schierati in cerchio? cercavano di afferrare colla punta di quelle lo straccio. Nel 1773 la festa cessò. Nel dì successivo dell'Assunta, titolare della cattedrale, tutte le uni' versità e i paratici delle arti e de'mestieri, tutte le terre, le ville e citta del contado, i tribunali e dicasteri, i collegi dei giureconsulti, de'notaj. de'fisici, de'chirurghi, degli architetti e ingegneri, i diversi corpi civici dei nobili e dei militari, le confraternite coi loro gonfaloni e stendardi, bidelli e pifferi vestiti in gran pompa sedevano in duomo su palchi distinti, donde, chiamati da un pubblico banditore, presentavano ai, ina3' sari della fabbrica del tempio le offerte annuali di cere e denari. I duchi di Milano, poi i re di Spagna, come signori della città, partecipavano agli stessi doni. Succedeva la caccia del toro, assistita dai magistrati di quella» tronfi de' loro paludamenti e parrucche, ond'erano venerabili al vulgo: ac* compagnati dai loro quattro servitori, ornati di damasco bianco e rosso. Un toro coperto di gualdrappa, legato con corde e condotto da 12 ma-cellaj in farsetto, introducevasi sulla piazza, ove facevasi inseguire e irritare dai biricchini e dai cani. Indi sopraggiungeva una barca addobbata a festa, e tirata per mezzo d'un curricolo da milizie urbane con bandiere, timpani t SPETTACOLI E COSTUMI 495 e tamburi; sopra di essa salivano i navichieri in abito lor proprio, che con canne spruzzavano acqua sul popolo stipato sulla piazza, sui loggiati * sui tetti delle case. Altri riferiscono, che i tacchini schizzavano acqua, e i mugnaj farina bianca sopra la folla. Fossero i pericoli, la goffaggine e indecenza del divertimento, o la riverenza che si ebbe alla preghici.) del cardinale Carlo Borromeo, visitatore apostolico, la festa fu soppressa nel 1878. Una tavola incisa in rame sta presso i Castelbarco di Milano, rappresentante la piazza maggiore nel giorno di questo spettacolo, colla leggenda: Questa è la caccia del toro — che si fa correre in Cremona ogni — anno il giorno di S. Maria oV — Agosto et la fanno Beccavi et ~~ Navaroli — Jo. Maria Cipellus incidil et formis suis excudebul an, 157^ cimi pririlegio Ciritalis Cremona?. Ai-giorni festivi solevasi celebrare giostre, tornei e il ludo delle aste (asti hiéium). Nel 1462 in una giostra aperta sulla piazza del Capitano (piccola ) fa ammazzato un Guelfo da un Qnaino, cui toccò il premio della vittoria. Ogni anno al lunedì dopo Pasqua correvasi a cavallo il palio o segno da Si Onirico a S. Sofia piegando alla piazza del Duomo; il vincitore aveva in dono una porcella e un gallo (Statuta Cremona? 413). Il duca Francesco Sforza volle mutata quella festa al 25 ottobre, per ricordare l'anniversario de'suoi sponsali in Cremona con Bianca Visconti, e da Milano yi accorrevano ogn'anno i suoi discendenti sino al 1499, in cui la soppressero i Veneziani, divenuti padroni della città. Così nel secolo XIV e XV festeggiavasi la pace tra i Cremonesi ed Enrico VII, la vittoria di quelli contro i Padovani predatori del loro territorio, il primo possesso di Cremona preso da Gian Galeazzo e da Filippo Maria Visconti, la presa di Bologna e di **iSa, lo sposalizio di Francesco Sforza, la pace fermata fra questi e fra Gian Galeazzo coi Veneziani, e il primo ingresso nella città di Galeazzo Maria Sforza. Nel secolo XVII solennizzavasi la vittoria navale de' Cristiani contro 1 Ti't'chi, la prima traslazione in Cremona di nostra Donna di Loreto, e Quando la liberò dalla peste; le stimmate di san Francesco ed altre memorie. Divertimenti popolari e giuochi famigliari in uso nel secolo XIII erano pure quelli delle tavole e degli scacchi, e lo andar di notte sonando la v»°la e il liuto. Vietati, perchè recavano ai furbi troppo lucro, ai semplici Jroppo danno, erano quelli della carezola e polcerella, dell'ai e delle ™*cucc&b (biscacia taxillarum, vaginetee, ossilorum, barellarmi) giochi d'azzardo fatti con dischi o simili strumenti (Statuta Mozanicce et Cremona' - 182). Nel secolo XVI e ne'susseguenti parlasi di dadi, carte di la-rocchi, palla e pallone, della scola di scrima (scherma?), di balli, salti, spettacoli, commedie, lazzi e simili, condannati per degni rispetti, mas-s,me ne'dì festivi. Ai 25 gennajo, giorno della conversione di san Paolo, andavasi nella sua chiesa in camicia con un grande spadone in mano, a Prendere i gnocchi. Al calen di maggio, contadini e cittadini piantavano maJ(>, ossia un ramo d'albero innanzi la casa delle loro innamorate. Nel IW DESCRIZIONE DI CREMONA luglio e nell'agosto davanti la chiesa del santo di cui ricorreva il giorno innalzavasi un palo, a cui appendevasi un'oca, o agnello, pecora, gallo d'India, gatto, coniglio o altro animale, e a chi giungeva a strapparlo primo correndo a cavallo, o arrampicandosi sull'albero, assegnavasi un premio che era per lo più di alcune braccia di panno cremisino. Ai 12 di agosto, per sant'Anna, strappavasi il collo all'oca sul Po, che era anche corso sovente dalle regate, antica scuola de'Cremonesi, usi a navigare quel fiume da Pavia a Venezia. Il Po era coperto di barche cariche di navicellai, le sponde di popolo; musiche, grida di gioja, applausi alle gondo-lette e ai nuotatori che correvano come il vento per cogliere quelle oche appese pei piedi ad una fune. Nel IfJOi rammentasi ancora tra noi Y us0 delle peregrinazioni in Terrasanta; al lunedi di Pasqua i pellegrini, adunati nella Cattedrale, facevan celebrare a lor spesa la messa, poi erano benedetti da mons. Vescovo e accompagnati dalla confraternita di san Rocco con trombe e musica sino al Po, ove s'imbarcavano salutati dal popolo affollato sulla spiaggia. ' Divertimenti e giochi innocenti sottentrarono nel secolo XVII e XVIH nelle famiglie popolane. Al marzo andavasi al Migliaro, al Lazzaretto al Boschetto, a San Tommaso a sollazzarsi, a far benedire i fagiuoli prima di seminarli; pel san Lazzaro e san Rocco alcune università e paratici offerivano cere e denari alle chiese di que* santi fuori di porta Mosa, preceduti da coppie di viole ed altri istromenti musicali. La notte di san Giovanni, gittate le vestimenta e i panni, andavasi in fioriti praticelli a raccorre sulle membra ignude la rugiada, affinchè i corpi fossero conservati sicuri dai morbi e dai funesti accidenti. Al carnevale feste frequenti con maschere, balli, corsi; a mezza quaresima i fanciulli facevano molta allegrezza per la vecchia, che segavano sulla .piazza di San Domenico 7-Al primo e all' ultimo giorno dell'anno o al Natale mettevasi il capo dono, o ceppo delle giovani, poi la sera si cavava la ventura, che era qualche moneta nelle castagne cotte, e si benedivano le foccacce; al berlingaccio, come al primo d'agosto i capi di bottega regalavano, ai loro garzoni, agli scolari, ai loro maestri, ed altri agli amici. Qual differenza tra questa città del secolo XVII e quella di Federico 1 e II, che solevano chiamarla la famigliare camera, il capo e il firmamento del romano impero in Italia, la città fiorente sovr'ogni altra per molta esperienza nelle cose militari ; a cui commettevano il maneggio delle pW gravi faccende politiche; la cui amicizia era chiesta ed ambita da popoli e principi potenti; che fu salutata dagli storici e dai poeti come lo splendore delle città, la signora delle genti, la madre dei militi e dei forti guerrieri! Qual differenza tra questo popolo del secolo XVII e quello degli 7 A Brescia e altrove si fa tuttora questo baccanale; e la frase di segar la vecchia e conosciuta anche ai vocabolari della lingua; il padre Ghiaj nel 1749 a Forlì slampo un Invito a segare la vecchia nella città di Forlimpopoli. C. C. SPETTACOLI E COSTUMI 493 antecedenti, quando, ascritto al gonfalone e alla milizia del suo quartiere, usciva catafralto alla comune difesa ed offesa; quando, convocato sulla piazza maggiore, assisteva all'amministrazione della giustizia, sceglieva i suoi magistrati, il suo vescovo, dettava le leggi d'interna prosperità, deliberava della pace e della guerra; quando innondava delle proprie manifatture i mercati d'Italia, militava, negoziava oltremare; quando prescelto nelle città, nelle assemblee e università più cospicue componeva discordie, difendeva diritti. compilava statuti, reggeva la cosa pubblica, diffondeva istruzione e civiltà! Nel secolo XVII colla moltiplicazione delle chiese e delle feste crescevano le divozioni, e insieme i passatempi. Le frequenti processioni, i moltissimi apparali per santi e per defunti illustri, le prediche, i sermoni, le litanie, le indulgenze, le quarant'ore, i presepj e le musiche sacre, le luminare, le fontane o ghirlande a questo o a quel santo erano le faccende dell'epoca. Non era festa dell'anno, lasciò scritto il Conte Biffi (nelle Case notàbili (tecadute in Cremona 1775 al 1785; Ms. autografo in Casa Araldi; che non fornisse un pubblico spettacolo; traevasi divertimento anche dalla devozione; e mentre il popolo di tutto si sollazzava, dimenticava i disgusti e le prepotènze patite da noi patrizj. Giorno solenne (segue egli a dire testimonio di visla) era il giovedì santo, il divolo passeggio delle sette chiese. La città illuminata, le finestre ornate di tappeti e di belle signore, le strade frequenti di popolo, trombe, sordine, immagini, confraternite con musica e lumi, penitenti vestili di sacco con piedi scalzi e flagellai!lisi, liti per la mano diritta o sinistra, qualche omicidio e molte disonestà. A queste feste e devozioni congiungevansi offerte di cera e denaro alle chiese e ai santi, elemosine e soccorsi al popolo affamalo. II vescovo, il municipio, gli ospitali, ì collegi, le università e i paratici, le parrocchie, 'e confraternite, le famiglie de' nobili e de' ricchLJdispensavano pane, vino, 'arina, denaro ai poveri infermi e bisognosi della città e dell'arte loro, maritavano con doti donzelle, liberavano carcerali per debiti. La confraternita della SS. Annunciata mandava un vitello cotto insieme con pane, ova, vino. e altre cose ai mendicanti di sant'Alessio: quelle de' falegnami e de' muratori, instituite sino dal 1143, si sussidiavano pietosamente nelle vicendevoli loro necessità, alloggiavano pellegrini poveri, pregavano Dio e ■e i santi per la pace e quiete comune; a san Carlo dispensavasi pane benedetto pei febbricitanti. La storia e st distica sanitaria caritativa di Cremona è un bel lavoro del Robolotti, al quale voglionsi aggiungere due Preziosi istituzioni del secolo XVI : quella cioè di quattro matrone •eggenti dell'ospitale maggiore e l'altra dei prolettori dei carcerati, .'Giunzioni che prevennero, e forse superarono le moderne riforme piti v°cate che ridotte in atto. Le prime avevano cura della casa , della 'Stia, delle donne, dei lattanti ed esposti dell'ospitale, affinchè no de' ricoverati riuscisse ben allevato, curato, pulito e servito. (Ordini ... quali hanno a servire per istr unione alle Magn. Matrone elette al governo della casa pelle donne dell'Hospitale, Cremona 1564) (ìli altri dovevano provvedere di vitto e vestito, di cura e servizio i carcerati, massime se poveri, intendere la causa della loro prigionia, assistere perchè fossero presto difesi e liberati secondo i termini di giustizia, e visitarli spesso perchè non fossero oppressi e aggravati (Ordini compilati per li Magnifici S. Protettori de'Carcerati. Cremona 1578). Se non che mentre le persone pie s'industriavano ad aumentar chiese, conventi, confraternite, feste, devozioni, beneficenze, i costumi scandalosi crescevano e peggioravano cogli anni e più nel clero e nei nobili, in onta dei sinodi, degli editti, delle bolle e scomuniche dei vescovi, del santo Ufficio e dei papi, degli ordini e dei bandi dei governatori e dei re di Spagna. Osservando lo statuto e i sinodi cremonesi del secolo XIII 0 quelli del XVI e XVII, se nei primi vietavasi, massime a preti e frati, di tenere armi difensive e offensive e negoziare, nei secondi si vede che tenevano schioppi da ruota e pistole nelle loro case e chiese, in cui ricoveravano banditi, facinorosi, contumaci e condannati dalla giustizia, portavano abiti corti e indecenti, zazzere e capelli lunghi, calze e bindello di colore, frequentavano balli e commedie pubbliche, osterie c giuochi pr01' hiti, facevano mercanzie di sale e grani, favorivano contrabbandi e negozj illeciti, insomma non osservavano nessuna regola e disciplina, viveano vita indecente e scandalosa, massime nelle ville e castelli. Nè mancavano esempi d'apostasia di alcuni nostri ecclesiastici per abbracciar la riforma, e predicare o scrivere in suo favore, andando esuli in Valtellina e in Svizzera-(Vita di Mons. Spedano; Cantu', Il Sacro macello, ecc.) Nella caduta fortuna della città, cessò la educazione de' nobili e lo studio delle lettere, delle armi, delle magistrature e della politica; la gioventù ign°' miniosamente perdeva il tempo nei disordinati affetti, nella rovina dell'' case, in ogni vizio e delitto; viveva di corrucci e di sangue. I nobili tiranneggiavano i poveri contadini nelle robe e nell'onore, facevano stentar la mercede agli artigiani, non pagavano i debiti e livelli ai conventi, legati e luoghi pii, violentavano sacerdoti vestiti in abiti pontificali, sparavano archibugiate sulle pubbliche piazze e sin nelle chiese di pieno giorno contro i capitani e i podestà dei Comuni. Per fuggire la corte secolare o godere delle immunità ecclesiastiche riparavano nelle chiese, dove ti difendevano fulminando coi loro bravi polvere e piombo, o divenivano capi di banditi, cioè acquistavano la impunita licenza di maggiori misfatti-(Gridario de' Governatori di Milano; Vita del March. Ariberti 1640; La Reità giustificata e V innocenza smascherata; Vita dello Spedano). Gli antichi statuti vietavano il lavorar nei giorni festivi, salvo il caso delle mei-catanzie e il tempo delle messi, delle vendemmie, del taglio del fieno; ma nel secolo XVII la nostra città, con scandalo, delle vicine e lontane, usava irriverenza e sprezzo alle chiese, ai luoghi sacri, al clero, al culto di Dm, alle feste; conlrattavasi, lavoravasi, frequentavasi taverne, giuochi e spetta- COSTUMI 497 roli. vietati, crapole e oscenità, onde poi liti, furti, omicidj, mentre lascia-Valisi morir di fame le mogli e i figliuoli. Nei secoli XVI e XVII foto-mentansi zingari vaganti ed elemosinanti per la provincia, creduti fallaci, scismatici, venditori di libri proibiti, pieni di furti e delitti; si rammentano giovinette che mendicavano cantando per la città e la diocesi a nome delle chiese, delle confraternite, de'sacerdoti, con gran pericolo della loro pudicizia. 11 peccato della carne in Cremona, aggiungeva mons. Spedano, è cosi grande che è abbominevolc; non v'è brutalità che non si commetta ; il concubinato e l'incesto anche fra i gentiluomini è al colmo. Nel 1084 le madri, divenute lupi, vendevano l'onestà delle figlie, i mariti vivevano sulla prostituzione delle mogli ; i bettolieri e i lenoni sul guadagno dello meretrici; nò mancavano infernali avvoltoi, che insidiavano ''onestà flette colombe consacrate nei chiostri (Sinodo Isimbardi). Conchiu-l|(1vano in somma i nostri vescovi di quell'infausto seicento; i depravati costumi resero pubblici gli abusi, gli scandali, i peccati, da cui i flagelli divini di tempeste, grandini, inondazioni, fallimenti di mercanti, fìttabili o massari, carestie e infermità pubbliche, rubamenti e travagli di soldati, 'e guerre, la niaFinduenza dell'aria e le morti repentine, fatte oramai famigliari. La bestemmia e l'usura parevano vizj particolari ai Cremonesi e molto 'a/Head nel popolo, benché vietati e puniti con pene severissime, compreso taglio della lingua o il divieto di sepoltura. Raccontasi che nel 1,'57;> n'à Francesco sermoneggiò sulla piazza di Sant'Agata contro la bestemmia Sl gagliardamente, che il popolo infuriato lo fe morto a sassate; divenne P0' un martire e un santo, e si tenne a lungo in venerazione. I contratti fraudolenti esercitavano prima da soli Ebrei , ma dopo furono prediletti anche dai Cristiani. te superstizioni ed il lusso erano fonti di occupazioni e di pettegolezzi ai Cremonesi. Già fin dal secolo XIII parlasi di sortilegi, d'indovini e incantatori, di auguri, d' aruspici e di gainffi, che circolavano con biscie e spenti, vendevano farmachi, brcrezolas e parole contro le febbri. Nel secolo XVII crebbero con altre ubbie gli alti dello scongiurare, e dar rimedj e *alule3 di esorcizzare maleliziati e spiritati, di toccar facilmente corpi d' energumeno, anche da sacerdoti, con unzioni e suffumigi. Quanto è al lusso, si scrisse che i gentiluomini e gli artisti passavano il termine del vestire, le donne (mentre prima si nascondevano il volto cimi panesellix l(,"ìtis et latis, Rub. 248) facevano acconciature sfoggiate, portavano ciuffi disonesti e superbi, e troppo spcndevasi nei conviti morlnarj. Lo statuto Proibiva questo sfarzo eccessivo negli abiti e noi banchetti, e l'uso di vietare e regalare le spose (dalla Rub. 429 al-a 4.12 e la 40.'!). Ma come u impossibile spogliare le donne del quinto loro elemento, la vanità delle pompe, e le famiglie del lusso ne' desinari e nelle esequie, si puh-'bearono nel 1573 Ordini sopra il vestire, banchettare et funerali quali ai ninno da osservare nella Magnifica città di Cremona et sao distretto, i quali Illustra;, del L V. Vol. IH. 63 per la loro rarità, pe'costumi del vitto e del vestito d'allora e la singolarità della tutela, meritano d'essere conosciuti. Imponevasi alle donne di qualunque età, grado e stato di non portar alcuna sorta di perle, di gioje, d'oro battuto e d'argento e abiti di seta, nè di fregiare con cose siffatte i loro cocchi, carretti e cavalli, nò di portar alcun perfumo, come ambra e muschio. Solo alle maritate si permetteva per ornamento qualche vezzo, ma di determinato valore, cioè semplici liste di drappo di seta sulle vesli, le code di queste non più lunghe di mezzo braccio, i calzoni degli uomini non dovevano eccedere le cinque braccia di drappo; proibiti i guanti ricamati, i gibellini, e le berrette, salvo durante la notte, la pioggia-i viaggi. Alle giovani concedevasi una sola veste di cremesino e labi di seta: alle donne degli artigiani qualche ornamento, eccetto il velluto. Le meretrici pubbliche e private, cui vietavansi tutte le cose concesse alle altre donne, dovevano portare un berretto in testa, e una cintola di iaffelato rosso o di colore diverso dalla veste, e alla vista d'ognuno. Le pene ai contravventori erano di 50 scudi d'oro per ciascuna volta, oltre la perdita del vestito, 25 ai sarti e tre tratti di corda. Se il trasgressore fosse stato consigliere della città, era privato dell'ufiìcio e dell'onore in vita. Essendo incorsi in Cremona abusi e licenze grandi di far feste e balli dalle giovani da marito, cosa che non è solila usarsi nelle altre ritta d' I-(alia, si vietano le une e gli altri non solo in città, ma anche nelle ville, salvo alcuni giorni fissati. Ne'convili, anche di nozze, non si usino pavoni e fagiani, nè più d'una sorte selvaggina, nò più di quattro arrosti, nò più di tre alessi d'animali domestici, nò più d'uno di pasticci dei cibi permessi, nè si dia magnar bianco, nè salsa verde, o lavori di pasta, salvo il savore di marzapane. Nei banchetti di carne non si somministrino vjvande di pesce o strege di mare, nò più di due sorta di torta o di tartara; in quelli di magro non più di due sorla di pesce di mare o di lago, nè più di tre di pesce d'acqua dolce, e proibite le ostriche. Le vivande dovevano essere semiti ici, cioè senza ornamento di pitture, intaliature e altre cose trovate da scalchi, che hanno spesa non poca. Si permette non più di due sorta di confetti al principio del pranzo, cioè o marzapane o pignocata, e al fine non più d'altre due di confetti di zucchero, non comprese la codogna o torone o copetla; vietato ogni candito. Le pene, eguali ai cuochi e scalchi, dieci scudi o tre tratti di corda. Proibito era ai sonatori di dare mattinala agli sposi, se non invitati; agli sposi di invitarne più d'una coppia. Nei battezzi non si doni alcuna cosa ai compadri o commadri ; alle colazioni non si comparta più di due sorta di confetti di zuccaro, proibiti sempre i canditi e le paste di zuccaro. Finalmente nelle esequie vedendosi tutto giorno nascer disordini e corruttele nella città, e cose che non appartengono nè al cullo di Dio, nè alla salale delle anime, ma a pompa e vanità del mondo, si vietano le settime e le trigesime coi conviti e desinali, i catafalchi in ciascuna chiesa, i molti tocchi del campanonc del Duomo, salvo CHIESE 499 per uomini e donne nobili. I defunti nobili e graduati non possano avere più di 8 torcie d'onde 30 l'una , e gli ignobili 4, nò mettere panno nero alle case dei loro dolutiti, nò accompagnarli alla tomba con servitù, domestici, parenti vestiti in gramaglia, o con^mantelli. La parrocchiale di Sant' lmerio. La chiesa di Sant'lmerio col convento de' Carmelitani scalzi (Tcresiani) hi costrutta dai due fratelli Vidoni e dal Comune nel 1606; v'ha perciò poco di osservabile in fatto di belle arti, che inclinavano alla decadenza. Nella prima cappella a mano manca eravi una bella copia della B, V. col bambino del Correggio fatta da Bernardino Gatti, alla quale sopra-*tava un piccolo dipinto del Tiziano, un Angelo colla cetra, l'uno e l'altro portati via. Gli altri quadri non dispregevoli sono del Massarotti, del Miradori, del Natali. Nella sagrestia trovansi sei piccole tavole, tre relative ai fatti di san Clemente e tre di santa Maria Maddalena; poi una bella tela, la concordia di alcuni ordini di frati con glorie d'angoli in alto, di Gervasio Gatti del 1611. Questa parrocchia ha due altre chiese sussidiarie; di San?Eligio nel Prato, antico oratorio degli orefici costrutto nel 1610, che ha un unico Quadro, ed è del Malosso, e di Santo Geroldo e Maddalena chiesa gotica ln origine, restaurata, cioè guastata, nel secolo XVII. Aveva stucchi e dipinti pregevoli, ora malamente raffazzonati. Il gran Boccaccino colorò sul legno la Natività con molti santi e figure; l'Assunta è di Vincenzo Campi del 1577 rammentata dal Baldinucci: la bella tela della Maddalena penitente è di Carlo Maratta, il Crocifisso in legno del Bcrtesi. La parrocchiale di San Pietro, La chiesa fu edificata nel secolo XI, riordinata nel XV, occupala dai benedettini dal 1068 al 1439, che vi fondarono l'ampio monastero, nel 'luaje ebbero poi stanza i canonici Lateranensi di sant'Agata, poi i Carmelitani di san Bartolomeo, indi i Chcrici regolari di san Paolo, i padri (ella Missione; soppresso ogni ordine di frati, divenne parrocchia di Preti secolari nel 1808. Il disegno della basilica a tre navi, del più splènde ordine corintio, vuoisi di Andrea Palladio, ma pare di Colombino pari canonico cremonese del 1550. t SOl) DESCRIZIONE DI CREMONA Il quadro del secondo aliare a man destra, la Deposizione di G. C. nel sepolcro, è di Lattanzio Gàmbara bresciano, scolare di Giulio Campi. La B. V. del terzo col bambino, i santi Cosma e Damiano e un devoto genuflesso, trasportata or ora della chiesa sussidiaria di Sant'Angelo, è tavola unica di Gian Francesco Bembo del 1524, artista scarso di opere, ma grandissimo di merito c uno de' primi ristoratori della pittura lombarda. La Natività del quarto altare è del Malosso del 1583, prima cravi un Martirio di Giacomo Palma del 1593, ora nel refettorio, rovinalo dai restauri impudenti. La Conversione di santa Maria Egiziaca all'altare in fondo alla navata destra è forse la miglior tela del Malosso del 1002, a cui appartiene altresì il paradiso frescato sulla volta. Il famoso presepio del secondo altare nella navata opposta è di Bernardino Gatti del 1549, trasportato a Parigi e restituito. Dei quadri degli altari che seguono, la Sacra Famiglia è di Antonio Campi, di Giulio gli affreschi mirabili della Circoncisione; il Martirio di Santa Cedila di Gervasio Gatti del 1001 col suo ritratto in figura di soldato. Da questa chiesa si trasportò in Brera a Milano la copia della santa Cecilia di Raffaele, benissimo condotta da Antonio Campi, ma di lui vi rimasero all' aitar maggiore la B. V. col bambino e molti santi, tela dipinta nel 1575, e il bellissimo affresco dell'Elia sul carro di fuoco del " 1580 sulla volta della sagrestia. Il Giudizio universale della cupola , le Sibille e gli altri affreschi del presbitero appartengono a Gregorio Lamberti fiorentino del 1007, mentre gli affreschi degli archi e de' conlrar-chi sono dello stesso Antonio Campi del 1579. I piccoli soggetti a fresco della volta maggiore del tempio, rappresentanti le Virtù c i loro simboli sono del Malosso ; quelli delle volte laterali dei Campi, del Masserotti, del Natali, del Lodi e d1 altri stimali maestri d'architettura, d'ornato e di figure. Ai lati della porta grande, !' incontro di san Gioachino e sani1 Anna in legno è unico lavoro dello Scutellari cremonese del 1540, la Deposizione dalla croce e la Pietà del Ricco del 1522. Neil' antico refettorio sta a fresco , il capolavoro di Bernardino Gatti del 1552, ma ornai roso dagli anni e maltrattato dagli uomini, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, con trecento ligure d'ogni sesso ed età, maggiori del vero e in diverse foggie d'abili, di nudi, di volli, di attitudini e di mosse, di gruppi e rilievi ; vero miracolo dell'arte. In esso vuoisi sieno effigiati Lutero, Calvino, Beza e l'autore. Questa parrocchia ha due chiese sussidiarie. Sanici Lucia che dicesi eretta da Teodolinda, fu prima parrocchia, poi concessa nel 1583 ai So-maschi, che v'ebbero convento; ha un quadro del Malosso del 1504, la B. V. col bambino e altre figure, uno del Masserotti e un altro d'iguoto. PARUOlXIIIA di SAM imktiv) 501 Le belle staine in legno dell'Angelo custode e del Crocifisso sono forse del Bertesi. Testé scalcinatosi i! muro dell' andito dalla porta minore comparvero bellissime teste di antica maniera e di audace colorito, certo del 1400 e da meritare la diligenza di scoprire il tesoro nascosto e conservarlo. La chiesa di Sant'Angelo, prima de' Santi Cosma e Damiano, poi dei Santi Vitale e Geroldo, credesi edificata anch'essa nel secolo VII, ricostruita I)el secolo XV; occupata dai Benedettini, poi eretta in priorato, indi ceduta ai Francescani, che vi fabbricarono il cenobio, divenuto ora il Ritiro delle zitelle pericolanti. Fu spogliata di quadri di prim'ordine, il detto del Bembo, uno di Bernardino Campi una copia del riposo in Egitto del Correggio fatta da Bernardino Gatti. Dei pochi che rimangono sugli a'tari uno è del Malosso del 1585, 1' altro è pur di lui, ma su disegno del suo maestro Bernardino Campi. Sulla volta del coro eravi lavorato a fresco, come in duomo, dal Boccaccino un grandioso Redentore irradiato d'oro cai quattro animali simbolici : ma i barbari nostri e de' nostri tempi V hanno coperto di bianco e forse di calce. Dicesi ciò fosse imposto da un benefattore per dar lume alla chiesa : ma se fu pazzo o ignorante non dovevano esser pur tali quelli che accettarono l'eredità a tal prezzo? né essi potranno mai pretendere il titolo di savj e d'illuminati, finché non rintegrino, o lo tentino almeno, quel capo d'arte, che non può essere che sublime. Sulla parete della facciata avvi una buona scultura in marmo del beato Antonio da Cremona, morto a Vercelli nel 1475. In questa parrocchia eravi il Monastero delta Colomba (ora cangiato in case private), costrutto da Bianca Maria Visconti, ornato di affreschi d'uno dei Bembo. In una stanza terrena vedovasi testò ancor dipinto il muro e la volta con un Apollo in mezzo alle muse. La parrocchia di Sani' Agostino. Irati Romitani che stanziarono in Cremona nel 1200, eressero la "'Sil e il convento di Sant'Agostino, incorporandovi l'antica basilica di m J(lcol><> in Breda. Soppressi nel 1708, la chiesa fu eretta in par-lT,»a di preti secolari, c il chiostro, comperato dall' ult'mo dei conti m DESCRIZIONE DI CREMONA Sehinchinelli, fu indegnamente distrutto, eolla magnifica biblioteca di singolare architettura, ricca di pitture, di codici e di libri, visitata e ammirata dai forestieri come gloria di Cremona e d'Italia. Chiesa di Sant'Agostino La chiesa di Sant'Agostino, eretta nel 1339, è basilica a tre navi di gotico stile, con muri di mattoni cotti levigati e senz' intonaco. Dapprima aveva le navate ad archi acuti assai più alte, e illuminate da poche finestre lunghe e strette, archiacute. Nel 1558 si rifece con sli'e greco-romano guastandone l'originaria bellezza e semplicità, si ampliarono le finestre turando le antiche e si abbassò la volta delle navate. Sulla laterale destra e in corrispondenza all'altare del Santissimo ammiravansi antiche pitture vivacissime e d'alto merito, fra cui un sant'Ambrogio che battezza sant'Agostino, visto dal marchese Picenardi, salito lassù con grande fatica ; oggi ancora sussiste il venerando cimelio, ma oh come iniquamente lacerato! Coloro che nel 1809 operarono questo sacrilegio nou arrossirono gloriarsene, con una epigrafe raccomandando ai PARROCCHIA lil SAN T' AGOSTINO 805 posteri i loro nomi. Il Picenardi attribuì quelle pitture al Ricco , ma forse sono di Altobello Mellone, dicendo il Vasari, eh'e1 fresco in una cappella in Sant' Agostino con graziosa e bella maniera. Le dodici statue de' patriarchi e de' profeti poste sopra le mensole ad ogni colonna della basilica sono del Barberini da Cento, autore altresì della Passione di N. S. con figure di stucco al naturale, poste nella seconda cappella della destra navata. Nella prima sta in tela la Deposizione dalla croce del Malosso; nella quarta in marmo il bel mausoleo del Secolo XV a Giovanni Battista Plasio celebre astrologo cremonese, che trovasi in piedi tenente un libro nella sinistra e V oroscopo nella destra mano. Sull'altare che segue sta la Vergine seduta col bambino, d> Galeazzo Campi del 1510; poi la stupenda tavola del Perugino del 1498, 'a B. V. seduta in alto col bambino sui ginocchi e sant'Agostino con San Giacomo apostolo tavola trasportata a Parigi, poi restituita. Nel vicino altare, l'adorazione de' Magi, è unico lavoro di Francesco Sabioneta cremonese. La Deposizione nella cappella del Sacramento è delle migliori °Pere del Malosso del 1001. All'aitar maggiore il Redentore, che versa r,vi di sangue raccolto in calici da quattro dottori, tra cui sant' Agostino, è del Mainardi detto il Chiacigliino, del 1590; quadro, dice il Lanzi, da far onore a qualunque scuola. Sugli altari della sinistra navata, 1' Annunziata è di Antonio Campi ; d Redentore che soccorre sant'Antonio abate dai demonj, è del Malosso, che emulò Lodovico Caracci; sulla parete vicina, i ritratti a fresco di Francesco Sforza e di Bianca Maria genuilessi, si dicono di Bonifazio Bembo del 1508; il presepio di Gervasio Gatti del 1589. Ada destra della porta principale, il battesimo di fi S., è buon affresco del Lodi cremonese del 1611, la Vergine seduta col bambino in ue| paese è tavola assai lodata per originalità, grazia di disegno e forza d'impasto di G. B. Zuppelli del secolo XV, maestro a Bernardino Gatti> lodatissimo dal Lanzi. ornano ancora questa chiesa una tavola bellissima del Redentore, che vuoisi della scuola del Leonardo, sotto la cantoria l'affresco d'un Ecce Homo molto antico e notevole, poi due antichi bassorilievi in marmo fino e lapidi con gotiche iscrizioni. Di quattro chiese sussidiarie è insignita questa parrocchia. s* insili: Chiesa di sant'agata, II san Sebastiano del primo altare a man destra è di Gervasio Gatti del 1574; l'Annunziata, dello Scutellari del 1588. Nel terzo altare sant'Agata dipinta sul legno, la B. V. e una gloria celeste, forse del secolo XIII. Presso alla cappella del Santissimo grandeggia il bel mausoleo bramantesco di casa Trecchi, architettura e scultura di Gian Cristoforo da Roma, lodato per finezza di fogliami. Ivi l'Assunta e di Bernardino Campi del 1542; sull'altar maggiore, la sant'Agata innanzi al giudice è di Gervasio Gatti del 1008; gli affreschi delle pareti laterali del presbiterio sui fatti e la vita di sant'Agata, di Giulio Campi del 1537, commendali dal Vasari come mirabili per forza di chiaroscuro, rilievo, armonia e verità di tinte, ma or guasti alquanto dal luogo e dagli anni. La cupola fu colorita a fresco col martirio della vergine da Gallo Gallina nel 1852; dei quattro profeti, due si frescarono dal Morigia di Caravaggio nel 1834, due altri da Gallo Gallina; giovani artisti che tentarono emulare gli antichi. CHIESE 507 Sopra un pilastro e una parete di questa chiesa si conservano due eccellenti affreschi d'ignoto pennello, la B. V. addolorata del 1526, e il Cristo legato alla colonna del 1523. L'affresco della B. V. che allatta P infante divino, è del 1536 e forse di Giulio Campi. Nella sagrestia si custodiscono buoni quadri, trasportati dalla chiesa di San Luca; vo' dire il san Giorgio a cavallo, di Giulio Campi; la Vergine col bambino e due santi, di Bernardino ; e tre quadri del Malosso, ch'erano sulla facciata dell'organo, il cui intaglio del Vianino, ricordato con onore dal Cicognara, fu levato con essi, perchè l'organo discorda eoi riti de' Cappuccini, ora chiamati a custodir, quella chiesa. Negli altari a sinistra trovasi la Sacra famiglia di Galeazzo Campi del 1515. guasta per riabbellirla. Ai lati della porta maggiore la B. V. eoi bambino dormente e adorato dalla Maddalena e da Lazzaro del 156S, e la stessa col pargoletto, san Giuseppe e un vescovo sono di Giulio o di Bernardino. Questa chiesa conserva altresì un bel calice con nielli, e un libro eorale ornato di miniature e dorature della prima metà del secolo XV. Nel 1755 alla profondità di sei braccia si scoperse ,un lastricato e pareti dipinte (sottoconfessione) di antiche immagini della B. V., di san Rocco e san Sebastiano. Questa parrocchia ha quattro chiese sussidiarie. Sun Qairico, annessa ad un monastero di Benedettine nel 1267 , ora orfanotrofio femminile, fu fondata o rinnovata nel 1584. Possiede il Presepio dipinto da Andrea Scutellari nel 1587, e del Boccaccino la V. in mezzo a due santi, del 1518, ingiuriata dagli anni e dagli domini, ma ora è sotto il restauro del diligente Guelfi. San Vincenzo parrocchia nel secolo XII, nel XIV fu degli Umiliati, che vi eressero il convento, abitato poscia dai Barnabiti nel 1584, rivolto ad ospitai militare sotto i padri della Missione, finalmente in Casa di ricovero. In una stanza la lapide del 1804 ricorda i meriti del celebre oculista Assalini Paolo, che in questo ospitale lasciò molte prove del suo valore. La chiesa fu spogliata di insigni dipinti ; però c°nserva di Gervasio Gatti 1' Annunziata del 1608 e di Francesco Boccaccio san Gioachino e sant'Angelo; le due statue di legno della Concezione, ora trasportate a sant'Agata, e il san Benedetto sono del ^ertesi. San Luca, chiesa riedificata nel 1410, governata prima da preti secolari, indi dai frati Amadei, e da Minori osservanti di San Francesco, fa parrocchia sino al 1808, ed ora de' Cappuccini. Porta di gotico «le con la vol'a del vestibolo sul dorso di due leoni in marmo rosso, interno a tre navate fu ridotto a ordine jonico , qualche traccia con- ms DESCHI/lucili Di CREMONA Chiesa di San Luca. servando di gotico. Spogliala de' quadri migliori, trasportati in San-f Agata, non ne racchiude che alcuni del Masserotti e del Bonisoli e air aitar maggiore, il Redentore e la B. V. con san Francesco è bel dipinto del Malosso. S'addossa a questa chiesa VOratorio del Cristo risorto, tempietto ottagono del 1528 di buono stile. Ha un unico altare con buoni intagli e dorature del Vianino; la cupola è frescata dal Malosso, che pur dipinse ad olio i quadretti degli intcrcolunnj. Questa chiesuola può dirsi piccola ma ammirabile pinacoteca del Trotti, come santa Margherita è di Cini io Campi. Santa Margherita e Pelagia è di elegante facciata e campanile , modello di bellezza, benché non scevro di qualche difetto, costrutta a spese del famoso Vida nel 1557 , con disegno di Giulio Campi, che entro la chiesa, d'ordine dorico, con affreschi e dipinti a olio coprì ogni parete. Benché molti sentano le ingiurie dell' umido e de' rozzi restauratori, che vi sovrapposero i loro sgorbj e inopportuni cangiamenti, sono tuttavia maraviglisi gli affreschi della Purilìcazione, di Gesù disputante, e i dipinti della Trinità, dell'adorazione de' Magi e di Gesù risorgente. Le deperite pitture meritano efficaci provvidenze. L'annesso seminario, che ricovera 120 chierici, oltre i professori, ha buona biblioteca di 8000 volumi. Si additano ancora con alcune iscri- CHIESI! 309 £ioni la stanza, ove soleva dormire il Vida, e il luogo ove fece imprimere la prima volta la sua Gristiade. I portici sono ornati da bei monumenti ad esso Vida, ai famosi Grandi (Vedi pag. 463) e Sanclemente camaldolesi, e al vescovo Offredi, benemeriti del seminario. Il professore lienza e il Labus dettarono queste iscrizioni, che trascrivo perchè inedite, in lode di quattro illustri e benemeriti cremonesi: I. D. GUIDONI GRANDIO CHEMONEWSI CAMALD. ORDINIS EX GENERALI IN PISANO LYCEO PRI.ViUM PHILOSOPHIAE DELNDE MATHESEOS PROFESSORI CELEBERRIMO GEOMETRAE NULLI SECCNDO IPSI NEWTONOIO PARI QUI INVENTA SUA ILLI SUPPONENS HANC LAUDEM ADDIDIT U TINAM TANTO JUD1CI NON DISPLICEANT THEOLOGO QUOQUE SUMMO UTRIUSQUE JURIS I1ISTORIAE SACRAE ET PROFANAE PERITISSIMO NE PATRIUS HONOR TAM MAGNO VIRO DEESSET DOCTORES ET ALUMNI IIUJUS EPMEREI ADSENT1ENTE EPISCOPO H. M. PP. A. MDCCCXXXVII OBUT IV NONAS JULII A. CIOIOCCXLII A ET. S. LXXII II. MARCO H1ERONYMO GELELMI F. VIDAE DOMO CREMONA EPISCOPO ALBAE POMPEIAE PONTIFICASI MAX. LEONIS X ET CLEMENTI S VII GRATlAM PROMERITO QUKM LATINORUM POEMATUM F A BER RIMU M AUCTOREM ET OPTIM. A RTI U M STUDIIS ERUDITUM OMNIS EUROPA SUSPICERB NON DESTITIT THEOLOOIAE ET PHILOSOPHIAE DOCTORES SACRORUM QUE INITIALES IIUJUS EPHEB31 NE TANTO CIVI HONOR IN PATRIA DEESSET HOCCE MONUMENTINI IIOMOBONO OFFREDIO PONTIFICE N. ADPROBANTE AERE CONLATO STATUIMUS IH. IDIB. AUG. A. MDCCCXXV. III. HENRICO SANCLKMENTIO SACERDOTI DOMO CREMONA ABBATI ORDINIS CAMALDOLENSIUM A. SEORETIS COGN1TORUM NOVIS. EPISCOP1S PRODAND1S . OFEIC. ET. CONOR. SACR. RITUUM CONSULTORI QUIBUS PERHONORIFICIS MUNER1BUS ANNOS QUATER DENOS EGREGIE FUNCTUS MM. PP. IMI VI ET VII GRATTA FLORUIT CONSILIO DOCTRINA ERUDITIONK PENITIOR1S ANTIQUITATIS CIIRONOLOGJAE RE1QUE NUMISMATICHE SCIENTI A SCRIPTIS IN LUCEM EDITIS DOMI FORISQUE CELEBERRIMO UUJUS EPHEBEI ALUMM SACR1S LITER1S ADDICTI HOMOBONO OFFREDO PONTIFICE CREMONENSIUM ADSENTIENTE SUIS IMPENS1S AD PATR1AE DECUS LUBFNTES MERITO DICARUNT ANNO MDCCCXX IV. HOMOBONUS OFFREDIUS QUI ET AMBROSIN1US COMES EQUES CORONAE FERRàE ORD. li PONT1FKX CREMONENSIUM STUDJO PII1LOSOPII1CO AD PRAESENTARIAM METIIODUM CONSTITUTO AEDES HISCE DISCIPLINA TRADUNDIS ADS1GNATAS IN AMPLAM ELEGANTEMQUE FORMAM AB 1NCHOATO EXTRUXIT EV PIIYS1CES MUSEUM OMNI PERFECTIORE INSTRUMENTO SUA IMPENSA DITAV1T AN. MDCCCXX1IX CHIESE òli La parrocchia di Sant' Abbondio. La chiesa di Sant'Abbondio si tenne primamente dai monaci Benedettini, che ne innalzarono il convento, indi dagli Umiliati nel 1246 , e r'dotta in commenda: la possedettero poi sino al 1788 i Teatini e, cjaesti soppressi, i Minimi di san Francesco da Paola, ed ora e parecchia. "Fu ristorata nel 1591. Sulla volta emisferica del tempio il Sammachino bolognese e il Malosso dipinsero a fresco le Virtù, i Profeti ed Angeli con simboli, mirabili per grazia di volto e decoro di aD'ti, per istudio d'anatomia, d'architettura e di prospettiva, ga-reggiando nel fare di questa chiesa un giojello dell' arte. Se non che Per costruire l1 organo e aprire V improvida finestra sulla porta maggiore fu sagrificato uno degli affreschi del Malosso. Nella volta del c°ro, egli, sul disegno di Giulio Campi fresco nel 1594 la B. V. Assunta 001 quattro profeti ai lati. In fondo al coro la tavola della Vergine col divino infante e i santi Nazaro e Celso in abito da guerrieri è classico 'av°ro di Giulio Campi del 1527, in cui emulò il Tiziano e il Sanzio, raa il recente ristauro non ridonò la primiera freschezza. Sulla parete ®str» dell'annessa chiesetta, la B. V. col Figlio cinta di glorie d' angeli ^ne suonano, è di Altobello Mellone. Nella cappella di san Giuseppe, a"° Gallina nel 1841 dipinse ad olio e regalò S. Filippo Neri, una e'le migliori opere sue. In sagrestia la Sacra famiglia e la statua di *ant Andrea sono lavori di gran merito del Bertesi. Ivi gli armadj in ,rs'a furono congegnati nel 1497 da G. M. Platina: vi si trova pure un antico bassorilievo. S addossa a questa chiesa il santuario di M. V. Lauretana, costrutto, c°nie quel di Loreto, nel 1624. Filippo IV vi regalò un rarissimo ci-^Ijo, per la liberazione di Cremona dalla peste del 1630; cioè una Medaglia d' oro coniata e del peso di venti zecchini, attaccata ad una ana d' oro con perle. Priva di questa, la medaglia, rubata che fu , e?f^ ne' museo del conte Castiglioni di Milano, il quale la restituì: a 'a imitatori il nobile esempio. ossidiana è la chiesa de' Santi Siro e Sepolcro, ri costrutta nel 1614 ^^nticamente parrocchia. Ha due quadri eccellenti, la Deposizione di U nCenzo Gampi, e il san Pellegrino Laziosi col Crocifisso di Francesco faccino: ]a statua di sant'Eusebio è del Bertesi. tero Sussi(*'aria Ia chiesa di San Facio detta il Foppone. Al cimi- ^ vicino Ospitale Maggiore si unì questa chiesuola , attorniata da POrt,co nel 1781. Il quadro della pietà, all'aitar maggiore, di Vin- 512 DESCRIZIONE DI CREMONA cenzo Campi del 1569, vi fu trasportato dall'ospitale; quello di san Facio che dispensa il pane ai poverelli, con la Vergine e il bambino in alto, è del Mainardi del 1593; nel primo altare a destra, il Redentore che cura il cieco, è di P. M. Negri, unico che questo pittore del passato secolo mandò alla patria sua, vissuto sempre a Roma, preside dell'accademia del disegno. I chiaroscuro del tempietto, ornato della cupola, sono del Manfredini, buon architetto. La parrocchia di San Michele. La chiesa di San Michele è d'aspetto gotico-moresco, ma confuso con stile greco-romano moderno. L'interno è basilica a tre navate, sostenuta da eleganti colonne di marmo fine; il santuario innalzasi sopra una gradinata; nel 1792 si levò la softitta di legno sostituendovi la volta. B sottoconfessione, formato da piloni rotondi e da barbare colonne con + San Miritelo. CHIESE 513 goffe sculture ne1 capitelli era forse la chiesa primitiva innalzata da Teodolinda nel secolo VII al santo protettore de1 Longobardi. Non fu mai chiesa cattedrale, bensì governata dai vescovi e dal presbitero; ebbe collegiata nel 1317, laonde i parroci portano l'almuzia, insegna comune ^ nostri canonici del duomo prima che avessero la cappa magna. I tre quadri del secondo altare sono di Bernardino Campi del 15(58, ci°è la Natività , san Leonardo e san Bernardino da Siena. Di esso o della sua scuola è pure il quadro nella cappella destra, G. C. mostrato da Pilato alle turbe, come il san Giovanni evangelista del quarto a'tare; j0 svenimento di san Francesco d'Assisi, in tela nell'ultimo al-tare, vuoisi di Francesco Boccacci no o della sua scuola. Le tavole sulle Pareti del coro (erano prima nella vicina e distrutta chiesa di sant'Antonio abate) sono tempre di Altobello Mellone e rappresentano esso santo c°n san Girolamo e la B. V. Annun ziata dall' angelo. La statua dell' ar-cangelo san Michele sul maggior altare è leggiadra scultura d'ignoto, come di ignoto sono due quadretti a olio all' altare di san Francesco. E sussidiaria la chiesa di San Gregorio o della Santissima Trinità, eretta nel 1309, data alla confraternita della santissima Trinità nel 1590, lu Parrocchia dal 1788 al 1805. Ha due buoni quadri di Francesco Boccino del 1021 , il martirio di sant'Orsola, e il rimprovero di Dio ad Adamo ed Eva. 0ra ci rivolgeremo ad altri ricelti, che, come illesi in gran parte dalie Passate dilapidazioni, e custodi di antiche e moderne preziosità artistiche, tritano io sguardo dell'osservatore. Delle pitture sparse sulle pareti de'le case cittadine, ond'era ridente e fastosa Cremona nel secolo XVI, n°n rimangono che gli affreschi del Curzio in atto di gittarsi col ca-VaHo nella voragine, di Giulio Campi; del sani'Omobono che fa l'elemosina, del Malosso, nelle contrade Curzia e dell'Ospitale, e di altre lmrnagini o gruppi altrove. Qualche bel fregio in terra cotta, qualche Fregi in (erra coita Masti '**< del L, V. Voi. III. bel lacunare e lavoro in tarsia posseggono alcune case e famiglie cone qualche esempio. Lacunari. PALAZZI 513 Alcuni palazzi, sebbene oggi mutati dalla primitiva loro originalità e '"'Uezza, sono notabili per pregi d1 architettura e scultura, e degni di sludio per la storia dell'arti. Il Palazzo Trecciti, di storica rimembranza Perchè alloggiò Carlo V e Filippo II, conservò fino a' nostri giorni il frontespizio e il cortile gotico-moresco del secolo XV ridondante di or-amenti grandiosi in plastica di terra cotta e di affreschi di Giulio e Antonio Campi; di Giulio eravi un giudizio di Paride del 1580. Ora molto è scomparso; il decoroso vestibolo è sostenuto da diciotto ele-poti colonne delia celebre biblioteca degli Agostiniani ; due stanze anno soffitte stupende a legnami intagliati, con lacunari e cupolini fregati di dorature e insegne antiche; altre d'affreschi del Malosso e del Gallina. I due Palazzi Raimondi, ora Treccili e Rozzi, disegnati e costrutti a' valente architetto Eliseo Raimondi nel 1496 , il primo in marmo rosso lucido di Verona e i bugnati di bianco con sculture del Pedoni, altro più piccolo con mattoni levigati senza intonaco, di stile più purgato e prossimo al bramantesco, hanno entrambi bellezza artistica non c°mune in que' tempi. M Palazzo San Secondo, ora Maggi, ha la porta scolpita in marmo a asso rilievo del Bramante Sacchi, alla fine del secolo XV, rappresentante le imprese di Ercole e di Perseo; e i minuti lavori, dice il Cico-?nara, ivi espressi, se non giungono alla preziosità delle cose del Bam-Ja5 sono però meritevoli di molta considerazione (Vedasi qui dietro). I' Palazzo Stanga a San Vincenzo aveva testé il cortile con fascio, c°rnici} figure e ornamenti d'ottimo gusto, grazia e finezza, la più bel-°Pera, dice il Picenardi, che possa mai vedersi in plastica di terra cotta Un edifìcio di carattere gotico-moresco. Ammodernato ora e colorato essamente, e privo di alcune parti importanti, cessò di essere un mo- /0 dell'arte edilizia antica, ma è arricchito di rilevante gabinetto di '"sica. ^ u Palazzo Barbò, ora Benini, del secolo XVI, con facciata in marmo grandiosa semplicità, coi muri levigati senza intonaco, sebbene non fi-9 e de' migliori per l'ottimo stile. Affaitali dello stesso secolo ha scalone magnifico per la vastità e il rori° marm' ho'» lucidi, colorati, ma povero di disegno e ricco d' er-tin h °^ è stanza de' Fate-bene-fratelli, che vi fabbricavano a canto 'all'ospitale, disegno del valente Visioli. rchmto, ora Pagliari, fu innalzato con disegno di Antonio Campi, tnilo^i anc^e arch'tetto, come istoriografo, aveva il fregio (ora è sosti-• stucchi) d'una vite circuente tutto il palazzo, sostenuta da graziosi Putti, e allusiva alle armi e allo stemma del casato Vidoni, che era una torre ricinta di pampini. La ricca galleria di questo palazzo fu trasportata in casa Àrchinto a Milano, ma ora è supplita dal musco dei Sonsis, ricco di oggetti di storia naturale, di anticaglie e monete, di buone pitture di cremonesi cavate dai muri con un metodo trovato dal famoso medico Giuseppe Sonsis, tra cui una tavola unica del Berci del quattrocento, e alcune teste del Correggio, del Tiziano, del Morone, del Mengs. Nella casa abitata prima da lui, ora Dall'Acqua, lasciò egli alcune lapidi, che ricordano fatti e uomini cremonesi boriti ai tempi romani. PALAZZI 517 Il Palazzo Fodri, ora Monte di Pietà e Casa d'industria, è del secolo XV di uno de' più insigni architetti. La porta in marmo era a dop- Monle ili l'irià. Pio vestibolo e di stile palmireno, unico esempio tra noi; il cortile cinto di loggie e di grandiosi ornamenti di plastica, scultura e pittura della P'ù squisita eleganza. Ora anch'esso ha sofferto gli insulti delle innovazioni moderne; l'intonaco di calce, i bugnati alle finestre, i colori ,nopportuni copersero le pareti di mattoni lisciati e i bei fregi in terra cotta, e ne deturparono l'antica originalità. Fra i palazzi moderni di nobile architettura primeggiano quello de' Persichelli, ora stanza de'PP. Gesuiti e del collegio de'nobili, di grandiosa architettura di Faustino Rodi cremonese. Il quale innalzò anche l'altro de' Pallavicino, rivestito di granito e decoralo d'ornati, ricco Palazzo Pallavicino. 0B neirinterno di scala e appartamento magnifico, di galleria di quadri, tra cui la presentazione al tempio e il ritratto di uno de' Picenardi di Bernardino Campi, e la deposizione dalla croce del Malosso, non che di biblioteca con codici manoscritti rilevantissimi. L' architetto Voghera, che abbellì la nostra città e provincia di nobili edifìzj, porte della città, chiese, case, cimiteri, giardini, foggiò T elegantissimo Casino Zaccharia, modello d'architettura, e il Macello pubblico, severo parallelogramma d'ordine dorico sapientemente adattato all'uso. Molti antichi tempj, conventi e palazzi, che non furono convertiti in magazzini e caserme militari, o in orti e case private guastandone o togliendone ogni preziosità d'arte, divennero uflicj, dicasteri o stabilimenti di pubblica beneficenza e istruzione. Già parlammo del Tribunale provinciale, dei due Orfanolrofj, della Casa di ricovero, d'industria, del Monte di pietà e dell' Ospitale Fale-bene-fratelli. Colla chiesa e il convento de'Francescani conventuali minori si allargò l'Ospitale maggiore innalzato nel 1452 con un bel cortile di fregi in plastica di terra cotta. Nel vasto e solido convento de' Gesuiti soppressi si aprì il Ginnasio e il Liceo con orto botanico, gabinetto di fisica e di storia naturale, laboratorio chimico e biblioteca pubblica, ricca di 24,000 volumi. Il vicino edificio, di solida architettura come il precedente, è il Collegio della B. V., che educa nel-P interno e all'esterno le ragazze civili e del povero alle scuole elementari maggiori e minori. L'antico palazzo de' popolani a Sant'Agata, eretto nel 1210, poi della Università della lana e della seta nel 1411, è ora il pubblico Archivio, con preziosi documenti per la storia e le arti. Entro il convento de'padri delle Missioni, stabiliti0 nel 1702, avvi la Pretura urbana. Nel Consorzio della donna instituito nel 1330, soppresso nel 1808, si adattarono gli uflicj della Congregazione di Carità, ora de' LL. PP. Elemosinieri, che contengono buoni dipinti e ritratti di alcuni benefattori. Fra i primi notasi un bel martirio di santa Lucia d'ignoto ; un Battista predicante alle turbe, unico lavoro dello Schidoni scolare di Antonio Campi del 1598; una B. V. con san Benedetto e san Francesco di Bernardino Campi del 1548, e diciotto quadretti sulla vita e i fatti di san' Omobono, del Malosso. Nelle antiche case de' Guazzoni e de' Malombra , famiglie estinte, si allogarono gli ufficj dell' /. B. Delegazione. Ivi trovansi pure alcuni buoni dipinti del Miradori, e forse il capolavoro di Camillo Boccaccino del 1527, la B. V. sulle nubi col bambino, e a'piedi una monaca con due santi, e il duca Massimiliano Sforza in ginocchio, quadro de'più belli che vantasse Cremona, e paragonato ai migliori di Tiziano e di Rafaele; quello che ora esiste è una copia, o è enormemente mandato a male. PALAZZI 519 Anche non sono a trascurarsi altri luoghi pubblici, graziosi per disegno. Il Teatro della Concordia, eretto sulle rovine d'altro del 1749, è architettato dal Canonica del 1808 ; quello de' Filodrammatici in forma d" arena era nel secolo XVII teatro privato degli Ariberti, poi chiesa dei preti dell' Oratorio nel 1713, indi teatro patriottico nel 1801. Dal pubblico passeggio, spianato nel 178G, prospettasi il Cimitero fondato con disegno del Voghera, e ornato di celle eleganti, alcune con qualche scultura, e d'un Angelo colossale in marmo, opera e dono lodatissimo del cremonese Seleroni. Unico palazzo, fra i molti antichi, che rimase integro dalle devastazioni d'oggetti d'arte e d'antichità, è quello dell'ultimo de'Poloni, rabbellito nella facciata dall'architetto Visioli con quattro busti sul fastigio d'illustri cremonesi, il ghibellino Ponzone, il Vida, l'Ascili, il Sancle-mente, e con sei statue sull'attico allusive alle belle arti. Neil' interno ha stanze ornate a fresco e ad encausto dal Morigia e dal Gallina ; altre nascondono avorj, smalti, miniature, carnei, due ostiarj, un trittico, due dittici, Uno de' quali consolare illustrato da mons. Dragoni; altre raccolgono due mila tra medaglie e monete d' ogni modulo e metallo, d' ogni zecca ed età, tra cui cento tipi inediti e 600 quinarj, collezione forse unica °; altre y La maggior parte delle medaglie e de' sigilli proprj a Cremona, impressi cioè a commemorazione delle cose o persone della città e del territorio in numero di 2fi'2, sta accolta nel Museo Ponzoni. Furono disegnati in C> tavole e descritti in un'opera apposita, La Sfragistica cremonese, già stampata sin dal 18'20 in soli cento esemplari in folio massimo di oltre liuti pagina, ma da non pubblicarsi che nel l'J0'2. Quell'opera fu composta da mons. Dragoni, il quale donò al concittadino conte Ponzoni la gloria della sua ^tica di cui possiedo il manoscritto autografo. Delle medaglie e sigilli cremonesi più antichi e d'importanza slorica sono tre del Comune di Cremona, portanti la facciata primigena del Duomo; il primo intaglialo forse Poco dopo la sua fondazione nel H07, ha la leggenda in verso leonino jìxaltando bonam FOVEAS O CRISTE crkmonam con sei gigli sull'alto del tempio fra cinque torri, con sei leoni alla base quasi a difenderlo, -e con due lancio ai lati. Gli altri due sigilli portano scritto s. communis chkmonje, ^ uno del Vili manca dei gigli, l'altro del 1320 ha il torrazzo senza l'orologio, e lo scudo fasci ato, insegna del Comune, al lalo destro della facciata. Lo stemma della città, Usato sin dai 1076, fu la croce rossa in campo bianco, e l'emblema or una porca, or una Vacca, or una testuggine, più spesso un leone. Alla serie dei sigilli di Cremona appar-tpngoiio quello, che, ha impresso un braccio, che sostiene una palla col motlo fortiludo mea in bracato (Vedi a pag. T»S1) ed altri indicanti gli speciali uffici di quella prim:i Btogistratura della città, fra cai primeggia il Laborerio, ossia la fabbrica della cattedrale. 7* Comunità di Casalmaggiore, di Solicino e d'altri luoghi possedettero di speciali me-•'glie e sigilli. La mercatanzia di Cremona, aveva un sigillo del secolo XIII col motlo ""Jl*las mercalarum Cremona;, un altro 8. Conèulum mercatunfia; Creinomi' Ì58B( coli'insegna del mulo carico di merci, e il palazzo di fronte a sant'Agata, ov'ei i _ università dell'arte del fustagno. I consoli e mediatori de'contratti, sì nella città che >< cuni grossi borghi del contado, possedevano sigillo proprio. Vedasi Robolotti, dei nocumenti Cremonesi. C. C. 5&0 M'X'.lilZ'oNfi W CREMONA conservano altri oggetti preziosi, quadri e disegni originali di esimj artisti, tra cui una tela sulle età dell' uomo del Mantegna ; altre finalmente libri, codici e manoscritti, più singolari che rari, specialmente di storia e di antichità cremonesi. Tra poco, per la sapiente solerzia dell'attuale Municipio, verrà aperto il patrio Museo, legato a profitto della sua città dal benemerito conte Ponzoni, il cui desiderio diverrà finalmente una verità. Altre case e famiglie si segnalano nel conservare e raccogliere pregevoli produzioni d'arte antica e moderna. I fratelli Bresciani, oltre a molti manoscritti composti o lasciati dai loro illustri antenati, importantissimi per la storia patria, e a molti quadri antichi, posseggono una Vergine col bambino della Sofonisba Anguissola, che Giovita Garavaglia incise sul rame, e la cena d'Emaus di Marco Marziale del 4507. Gli esimj canonici Dragoni e Tarozzi hanno preziose collezioni di codici manoscritti, massime cremonesi, e di cose altre infinite. Il cav. Man.ira alla bella armeria aggiunge curiosi oggetti naturali e di popoli antichi, busti, affreschi, bassorilievi, sculture in marmo o io creta rossa, ritratti del Morone, del Piccio (Carnevali), di fiamminghi, pietre incise da Beltrami, la testa di Leonardo in corniola verde ; og~ getti descritti in versi sciolti dal dott. Chiosi (Carme epistolare 1845). Ignota, ma pregevole galleria di quadri e stampe possiede don Giovanni Gerenzani : un'epifania di Giacomo Bassano, alcuni Santi e sacre istorie in tavola e in tela di Panfilo Nuvolone, del Procaccino milanese, di Alberto Durcr, e delle scuole di Guido Reni, di Raffaele, del Tiziano, di Paolo Veronese, e di Palma, alcuni dipinti del Guercino, del Salaini discepolo di Leonardo, una Crocifissione di Bernardino Campi^ ritratti e quadri à mezzo busto del Morone e dello Spagnolelto, uno sposalizio del Giotto, antiche incisioni olandesi o fiamminghe sui fatti del vecchio e nuovo testamento. Il conte Visconti ha ritratti di alcuni de' Gonzaga fatti dai Campi, un presepio del Giorgione, due schizzi di Paolo Veronese e di Bernardino Campi ; la B. V. col bambino di Bernardino Gatti ; una tavola dello Scazzoli, un'altra del secolo XV, ma logorata ; una bellissima copia del san Rocco di Guido Reni ; poi ritratti di famiglia bene condotti, fruttiere bellissime del Legnani, uccellami, animali verissimi, alcune incisioni del Callot; la scala e alcune sale del palazzo sono frescate dal cav. Borrom e dalla sua scuola. La contessa Crotti pregiasi d'una bellissima Madonna col bambino in grembo, del Parmigianino ; d'un bozzetto del Cristo deposto dalla croce, del Ticpolo; d' una madonna col bambino e due angeli, attribuito al padre di Rafaele; d'un ritratto di sè stesso, del Gianbellino ; d'una madonna, del Salami; d'uno schizzo del Cristo condotto al Calvario, del COLLEZIONI ARTISTICHE ÒZI Pordenone; d'una sacra famiglia di Cesare da Sesto; d'una lesta di Madonna di Guido Reni ; d' un ritratto di Pio VI del Mengs ; di due affreschi dell' Annunziamone di Giulio Campi, ch'erano nel convento suburbano de' Cappuccini, tratti sulla tela. In casa Bussani (tipografia Manini) trovansi molte teste in disegno del D'otti, cartoni originali, schizzi e pensieri del Piccio e de'cremonesi bonghi, Bergamaschi, Quarenghi, Gallina e Diotti ; dipinti ad olio di Ger-vasio Gatti, di Guido Reni, del Coghctti, del Diotti ; una tavola a tempra del Boccaccino ; G. C. nell'orto sostenuto dal Battista; gruppi e sculture 'o marmo; l'Aurora di Guido incisa in pietra sardonica dallo Zampieri romano; il simbolo dell'innocenza in topazzo del Brasile, di Beltrami. ■Il podestà cav. Baroli, nella casa Schinchinelli, si onora di due antichi arazzi, ove sono disegnale le imprese di Ezelino; d'un gruppo in marmo di Carrara de' suoi parenti, del Seleroni ; di alcuni dipinti del Tiepolo, del Malosso, del Cugini, d'uno attribuito al Correggio d' una ^; V. del Luino, d' un san Giuseppe di Annibale Caracci, d'un ritratto di Tommaso Moro del Tiziano, di vedute di Venezia del Canaletto, di quatto eleganti qnadrelti colorati sul marmo. 'n una casa privata è un beli'affresco del Mazzola, la B. V. col bam-ino e varj putti, ornai cancellata ; in altra sussiste un Crocifisso di Bcr-°ardino Campi; alcune stanze de'palazzi Dati ed Arcinoto e d'una casa P^vata sono colorite all'encausto da F. Ferrari nel 1786, antico metodo istaurato dai Cremonesi. Lo ricorda questa iscrizione ivi scolpita: Dc-Pcrditani pingendi artem — ductili cera — a Plinio memoralam — simulgue PMuras cera punicei — lucidi — superinduendi ad cclernitalem — Cremona; rcslduere feliciter—conlendit — Franciscus Ferrarius — an. i 786. — Quest'ai- a ePigrafe ricorda un altro nostro artista, che si avventurò nell'cgual •~(ncre; Johan. Motta primus post vetcrcs ausus est encausto fingere et hoc °Pm (igooro qUa|e) sui Mg cxponere an. 1791. Magnifiche collezioni di cose moderne si ammirano in casa Mina-Bolzesi. . a^Della facciata del palazzo è del cav. Sada milanese, e le tre statue ed ^aSS' r"'ev* m marmo cne 'a decorano, allusivi ai fatti de' cremo- S| Alfeno Varo, Lampridi e monsignor Vida, sono del Labus bresciano, del pC Stanze s' fregiano dei dipinti del Landi, del Camuccini, deH'IIaycz, di ^a ^ Lanzoni; altre di statue, plastiche e sculture in marmo (j„ arrara del Canova, del Pacetti, del Monti di Ravenna; altre sono P°r ì a/resco da Lu'£i Sabatelli e dal Diotti, che spaziò in soggetti c più citologici, fra cui mirabile è l' Olimpo quando accoglie Veli dr1" da DÌ°mede-oelli • A"1 °r ^JOVanrH Germani si pregia di quadri lavorati da buoni pen-» una Madonna leggente, della famosa morte di Socrate, e dei w*«ra*. dol L. V. Voi. III. 66 bozzetti dell'Ugolino del Diotti; d'una predicazione del Molteni; d'un Alceste reduce dall' Averno dello Scuri : ha cartoni e quadri di questi e di altri valenti artisti ; molti ritratti del Piccio, che sembrano vivi e sono verissimi, molte insigni incisioni in corniola, giacinto e topazio orientale del Beltrami, e una larga raccolta di autografi di eminenti personaggi. • Donna Manetta Barbò fece dipingere il piano superiore del suo palazzo da Gallo Gallina colla caduta di Fetonte, la Psiche, le Stagioni, belli per immaginazione, componimento e disegno ; il piano inferiore da Giovanni Motta, il quale vi pose architetture bramantesche e una mirabile prospettiva sulle pareti del giardinetto, in mezzo al quale emerge il gruppo della Galatea e d'altre figure, che gettano acqua, in marmo finissimo del Seleroni, opera d' attico sapore da onorare qualsiasi eccellente artista. Il Motta or or ricordato prospettò nell' altro giardinetto di casa Ripari una veduta di Gastell'Arquato, che in certo ore del giorno illuse sill'attamente i forestieri e gli stessi montanari dell'Apennino, da crederla viva e vera presenza di prossime collinette l0. In casa Cavalcabò ò una tavola della Vergine col Bimbo divino e ai loro piedi un Santo in cocolla e col giglio della purità; la leggenda Laurentim de Beris pingebal; ci manifesta un pittore ignoto ai nostri biografi e pare del XV secolo. Presso il sig. Andrea Nardi si adunano oltre a ducento quadri, dei quali quelli degli autori ili prim'ordine, formano da sò soli un giojello e una scuola. Tali sono tre tavole della Natività di N. S. di Altobello Mellone, del Boccaccino e del Perugino; tre.tele e una tavola della Sacra famiglia del Mantegna, di Paolo Veronese, del Luino e di Andrea del Sarto, una santa Teresa di Correggio, un Agar ripudiala del Gucrcino, un ritratto d' un duca d'Urbino di Rafaele, un Padre Eterno ed alcuni ritraiti del Tiziano, Antonio e Cleopatra di Giulio Romano, Diana al bagno del Parmigianino, un ritratto di donna e due ritratti di principesse del Rembrant e di Wandik. / Presso i nostri artisti conservansi altri oggetti d'arte rilevantissimi-Lo studio del Guelfi, il bravo ristauratorc di quadri più volte lodato, e abbellito da alcuni affreschi antichi, riportati sulla tela da lui con suo speciale congegno; da alcuni schizzi del Diotti, da bei dipinti, o esimie copie di pittori fiamminghi, del Mantegna, dell'Albano, di Salvator Rosa, di Guido Réni, del Pordenone, di Andrea del Sarto, Ghirlandajo, Morillo, e da una stupenda plastica in terra cotta di Benvenuto Cellini, ricordata nella sua vita. 10 Un egual giuoco fece questo valente prospettico nella casa ilei signor Giacomo Scolti a Calcio, paese di diocesi cremonese, ove in fondo al giardino pinse una schiera di monti, che veramente illudono chi passa, e fanno stupire di veder tali alture in pacS4i jntcramonle piano. C. C, COLLEZIONI ARTISTICHE 523 Presso gli eredi delP esimio glittografo Beltrami trovasi una ricca collezione di lavori in pietra dura, che non furono per anco acquistati dagli amatori. Nel 1840 egli aveva compiute oltre dugento incisioni, consistenti in filosofi antichi e moderni, in poeti e artisti italiani, in santi e regnatori, e in soggetti mitologici e sacri. Una delle principali opere per grandiosità e bellezza è P Olimpo dell'Appiani inciso in topazzo bianco, col ritratto dell' illustre pittore milanese. Come la tenda di Dario, esso è numeroso di figure studiatissime, con disegno puro e stile proprio de' grandi artisti, vero prodigio dell'arte glittografica italiana nel secolo nostro. I sommi artisti contemporanei Bossi, Appiani, Sabatelli, Cicognara, Bermi, Giovanetti, Pickler lodarono a cielo il nostro Beltrami come artista, che componeva, disegnava, modellava con grande gusto e verità, e che sentiva squisitamente la grazia, e molti di essi vollero avere, inciso da lui, Un- qualche artista prediletto; Longhi e Diotti il ritratto di Leonardo; travaglia quello di Rafaele; Anderloni del Tiziano; Cicognara del Ca-nova, Marchesi del Bonarroti. La maggior parte forse delle incisioni del grande glittografo conservansi in Cremona. Delle molte possedute dai fratelli Turina di Casalbuttano diremo tra poco. Ai principi fratelli Vidoni |avorò la Cena di Leonardo in topazzo del Brasile di solo mezzo pollice m traverso, la testa di Napoleone in corniola, quella d'Apollo in carneo su topazzo del Brasile, una collana di sette corniole bionde, su ciascuna delle quali scolpi in gruppi molti fatti della greca mitologia, mirabili per mimerò e perfezione di figure. Altre famiglie cremonesi conservano la danza delle Grazie del Canova ,n corniola grande ; Venere e Amore in acquamarina, la testa di Pla-lone in carneo, di Rafaele in corniola rubina; Amore con simboli, Ve-nere e Marte, la morte di Lucrezia con cinque figure, teste d'Esculapio e d'Igea col serpente e il gallo, Andromeda legata allo scoglio, l'addio di Ettore alla moglie in corniola bionda e altro ancora. Entro sedici fra tempj e monasteri antichi, che ne' secoli passati ricoverarono sino a 2000 monache o frati, ora convertiti in magazzini o ca-serme militari di ragione erariale o comunale, ricettano legne, foraggi, ,ntorno a 5000 soldati e 1400 cavalli. Quale mutamento di costumi e 1 'dee I quai consolazione pel secolo progressivo I Termino questa lunga serie d'opere artistiche, ond1 oggi più si onora remona, le quali, scampate dalle ultime sovversioni, si conservano tuttavia ne nostri tempj e palagi; riflettendo che tanti altri dipinti eccellenti si conservano qua e là, ad uno, a due, a tre, presso altre case e famiglie Private, [ qUajj non s« sono con m0|ti ajtrj per amore di brevità nomi • « » Polone in questa ricchezza e sommità d'artisti avrebbero tenuto forse secondo posto; che, per quanto numerosa ed eletta appaja l'annove- rata suppellettile artistica, forse altrettanta , se non maggiore , fu quella che si dissipò, si coperse barbaramente di calce ; finalmente che, se enorme fu la trascuranza ne' passati tempi per quelle care glorie nostre, almeno sorga ne'presenti Ponore, la religione di custodire que' venerandi cimelj, e di riaquistare o restituire alla luce del giorno co' moderni congegni quelli che furono dispersi o cancellati. Se poi i miei lettori si dilettarono sapere le ricchezze artistiche di Cremona, meco ne sappiano grado ai cortesi, che mi aprirono i più riposti penetrali delle loro case e delle loro chiese, o mi offrirono l'elenco de"' tesori che li allietano. NOTE Prima di staccarci da Cremona, daremo il prospetto degli istituti di pubblica beneficenza a Cremona e delle somme erogate nel 185G. Crediamo bene completar ciò che il nostro collaboratore disse intorno all'arte cremonese con un pezzo del nostro amico A. F. Rio, nell'opera De VAri Chrétien, tome deuxième, Paris 1855; dove si troverà qualche giudizio sistematico, qualche ravvicinamento stentato, ma un modo di veder e di giudicare non divulgato, e che importa raccomandare, se non altro a riparo delle sentenze, che si tramandano ciecamente sulla fede di chi primo le pronunziò. qualità' della beneficenza 1. latitato Infermi. Ammalati ricoverati ed assistiti a caricodell'Osp. Cronici mantenuti con sostanza di privati . . a spese dei Comuni . . . » a carico dell'Ospedale . . Tignosi ricoverali e mantenuti noli' Ospedale . t'-i'niosie varicosi provvedali cinti e d'altri ripari Medicinali somministrali ai poveri a domicilio . » agli Orfanotroti . . » „ alla Casa di Ricovero H. Istituto ili S. Corona Serafica. Medicinali somministrati ai poveri a domicilio. III. Istituto del l'azzi. 1>;izzi a carico del7 Ospitale » della sostanza di sant'Alessio . » dell'eredità Bongiovanni . . . "Uboeilli a carico dei Comuni ...... • Ih|.iI<.»-i; r:>i|M>Mti. («ruvide e Partorienti l'P08lì ricoverati e mantenuti nell'Ospizio. . pSPosti e legittimi lattanti nell'Ospizio . . , ''"Sposti e legittimi lattanti e slattali fuori del- ,J. Ospizio.............• I'1"» alle esposte die si maritano..... Uravide e partorienti ricoverale nell'Ospizio . V. Istituto l''letiinMÌiilerc. elemosine libere settimanali in assegni da centesimi |Q a l 2. 80; colle quali venner» sussi-■JujU N. 840 poveri per settimana .... t;'''nosu,,, straordinarie........ ' lesine con-1 a famiglio ed agnazioni , ■ s "Rionale | ai poveri del Comune di Sospiro •-ussnij ai fanciulli delle Scuole, di Carità . . per allattamento di bambini .... poveri ammalali cronici di Citta . ,)ol> condizionilo ) alle sP°se di C,[[k , • ' SUssi,. lZ,onale 1 alle spose di Barzaniga . . voi J a Poveri t Elemosine....... V(rKognosi } Doti......... VI. C'ama «Il Iticovero Num. dei beneficali e delle beneficenze 27,> m 160/366 4 1073 7.1 43« S914 20 mfi impoten,, nel VII. Casa il' Indurrla. ^lavoratori a giornata \^ ; Vili, orfanotrofi. 2 1 '21 /»8 29 1114 a '20 43730 1808 77 4 1S IDI) m 98 72 2 Itili m 82 al giorno nell'anno ricette al gior. id. nell'anno ricette al gior. al giorno al giorno all'anno al giorno all' anno l. 11082» » 20490 . 14012» 177 . 1934 • 4k:;iì . 7832 260 «08 20.10 b 1841(4 837 40!; H010 11432 »800 87200 H>3 8273 23808 2291 57»3 264 »0 8308 830 2090 48» 44 12897 080 2824:; 2081» 8!ii8 L.2927H') 2000 28308 il" 87 28248 29409 62 ■ . 33307 7:? • ■ 310321- «7030 Totale delle beneficenze L 621703 XI. Monte ili Pietà. iw'n- fetonti »I 31 dicembre ..... "«ni introdotti nel Monte nel 1 Stili .... te"! "«'i 1X3« .... pKm esistenti nl 31 dicembre IH86 Capitala i 111 giro pei pegni die vi si fanno gratis N. 201»0 . 1S811 N. 3!lo3i N. 202X8 ■ 18710 N. 30034 L 111037 SULL'ARTE IN CREMONA. L'istoria delle belle arti in Cremona attrae vie più, perche è forse la sola città che avesse per istorico un artista. E' si chiamava Antonio Camp» (vedi pag. 461), di famiglia di pittori rinomati da cento anni. Non per ambizione di corteggiar due Muse a un tratto egli balzò, già maturo, nella carriera a cui non era iniziato: ma ci narra egli stesso che, per soddisfar al desiderio di eternare i gloriosi ricordi della storia nazionale, avea sottomesso al consiglio comunale il progetto d'un monumento colossale, ove una lunga serie di bassorilievi dovea ritrarre i fatti eroici più memorevole Il secolo, allora sullo scorcio, avea veduto il vandalismo, particolarmente in Lombardia, talmente accelerar i guasti del tempo, che la parola eternare pareva una chimera applicato a un monumento, qual che ne fosse la natura e la materia: laonde cangiò di vocazione, e cercò nella penna, per quanto poco esercitata, un modo di durata che non ripromet-teasi dal pennello nò dallo scalpello. Chi abbia paragonalo le pitture di Antonio Campi alla storia , frutto della sua disperazione, inclina a perdonar agli autori delle distruzioni contemporanee, giacché sarebbe difficile, per un angusto paese, trovar un racconto più pittoresco, più drammatico, più nobilmente animato dall'»' mor della patria e del bello. Non tanto l'abbpndanza come la qualità 0 la scelta giudiziosa delle particolarità allettano in quell'opera; i principal' caratteri vi sono tracciati con rilievo e movimento, e collocati nella giusta prospettiva; la è insomma una introduzione mirabile e necessaria alla storia della scuola artistica di Cremona. La quale scuola ha un carattere perfettamente analogo e al tono genfl" rale dello storico cremonese, e all'affetto estetico che producono que'monumenti civili e religiosi. Quel duomo, quel torrazzo, quel battistero, quel camposanto ora abolito, richiamano la disposizione ciclica de' medesimi edifìzj in Pisa: meno solitaria, non meno austera, e paragonando l'aspetto di lontano, Cremona è più pittoresca. Non una sola cupola o una costru* zione sola di gusto moderno scompone, per l'osservatore posto sulla sinistra del Po, l'armonia che risulta da quella varietà di torri romane o gotiche, dominate sublimente dal torrazzo, un de'più imponenti campani!1 d'Italia. Diresti che il genio del medio evo aleggia ancora sulla mela"" conica città, come respira negli annali di Antonio Campi e nelle opere de' pittori eminentemente cristiani che lo precedettero. La scuola cremonese propriamente detta comincia solo al XV sècolo; e bisogna pur dedurne il tempo che dominò il feroce Cabrino Fonduto, BELLE ARTI 527 emulo di Nerone o d'Ezclino, che prendea diletto alle torture inflitte a' su°i nemici, ai quali concedea come grazia l'esser precipitati giù dal torrazzo. Qual contrasto fra quelle atroci ricordanze e quella che dovette lasciarvi la paterna e insieme gloriosa amministrazione del grande Sforza 1 II 1441, anno ch'e' riguardò sempre come il più bello di sua vita, fu distinto dal Possesso di Cremona, data dal duca per dote alla sua figlia Bianca, che, Per forza di carattere e splendor d'intelligenza e lanci di cuore e d'a-nima, fu sempre all'altezza della sua fortuna. Sorpresa un giorno in Cremona mentre il marito era assente, si precipitò sugli assalitori, e d'un c°lpo di lancia troncò la parola a un soldato veneziano che, davanti a lei, osava gridare, « Viva san Marco ». E quando rientrava essa nel suo oratorio, e Prendea nelle mani quell'uffìzietto ch'è ora un giojello della Biblioteca Ambrosiana, le effusioni di pietà sottentravano agevolmente agl'impeti d'audacia, e mostravasi raccolta dinanzi agli altari, quanto era stata intrepida in faccia al pericolo. Legga il curioso opuscolo del Ratti3 chi vuol comprendere le relazioni cJje noi tendiamo a stabilire fra le produzioni artistiche e i personaggi cne v'influirono, e in conseguenza l'azione di casa Sforza sulla scuola cremonese. Per Francesco Sforza due sole cose eran belle nell'arte come nel ^ondo; il cristianesimo eroico e il cristianesimo ascetico : possedeva istintivamente tal verità senza proclamarla, e in tal senso esercitava il suo patrocinio. eI vecchio palazzo di Milano nella Sala dei baroni fe ritrarre i più famosi CaPitani, modelli suoi o anche rivali ; vi adoprò principalmente Cremonesi, è a dolere che nulla rimanga di queste eroiche dipinture. Quanto alle ^iose, benché non gli mancasse né la magnificenza nò il gusto di pro-verle, la più parte furono eseguite sotto il patrocinio diretto, e quasi sorveglianza di Bianca, che sempre aveva amata Cremona, e viepiù dopo c-.?Tà- E come Cremona per lei e per Francesco era prediletta fra le •>» c°si San Sigismondo fra le chiese. Davanti questo convento degli Erc-> Le opere conosciute di Galeazzo Campi sono: la Madonna fra san Hocco e san Saba-* 'ano nei Santi Fabiano e Sebastiano a Cremona del l.*MS: un <|iiadm d'e^nal genere in «<*eai un,, in Sun Domenico, i dne altri del IKili e ISM in case private. Il suo ri-rutto ncl|a Galleria di Firenze lo fa vivere dal 1177 al VM. *&I NOTA E a Cremona come a Milano è gloria dell'arte l'aver portalo il lutto della libertà. Po'cittadini previdenti questo lutto cominciò il 1815, (piando videro i Francesi abbatter parte delle mura, poi le torridi privali, inline tutte le antiche porte della città. L'anno dopo, non si distribuirono ulivi al popolo la domenica delle Paline; le processioni furono interrotte da nembi che sollevavano i tolti delle case, e l'effetto di questi tristi presagi fu prosto rinvigorito dalle strane prediche d'un frate francescano di 11 anni, e dall'apparizione di tre Soli. Appena la vittoria di Pavia ebbe reso Carlo V padrone assoluto delle città lombardo, i sinistri presentimenti de' Cremonesi trovaronsi compili. Le case, i conventi, le chiese furono teatri di scene violente e scandalose; i sacri vasi furono materia di speculazioni impudenti o di sacrileghe profanazioni, massime per parte de'Tedeschi luterani, che pubblicamente ungeansi gli stivali coi sacri crismi le estorsioni, le violenze brutali, gli oltraggi d'ogni genere {lassarono misura quando gli Imperiali trovavansi assediati dai Veneziani, pel cui ritorno sapeano che i Cremonesi làceano voli, aspettando di far di meglio. Per vendicarsi anticipatamente delle maledizioni che proruppero alla loro partenza, Tedeschi e Spaglinoli faceano lavorare alle fortificazioni e al carreggio lin le donne, i vecchi, i fanciulli; attaccavano i canonici come bestie da tiro: qualunque soldato trucidava un cittadino per un capriccio, per un'occhiata, perchè gli ricusava da bere. Finalmente il generale veneziano Pietro Pesaro entrò coll'o-sercito liberatore, fra i tripudj d'una popolazione ebra di gioja, tanto più che questa volta era preso possesso di Cremona a nome del duca Massimiliano Sforza, nipo'.e dell'eroe. Con questo nome popolare e glorioso erodessi che i bei giorni della duchessa Bianca rinascer ebbero, e l'immani nazione degli artisti s'abbandonò al caro sogno. Ciò fu nel 1527, e dal 1819 la scuola cremonese non avea dato segno di vita: gli artisti venni' da Venezia o da Brescia erano scomparsi al 1522, subilo dopo morto il vescovo Trevisan. Appena il rampollo, per quanto dirazzato, della dinastia eroica è proclamato, l'arte esce dalla decenne letargia, e il primo m°" numento di quella seconda vita, colla preziosa data del 1527, si trova» all'aitar maggiore di Sant'Àbondio. Per colmo d'interesse e di convenienza, il gusto dell'antica scuola signoreggia in questo quadro, ch'è il primo lavoro di Giulio Campi, fratello dello storico pittore, figlio di Galeazzo, che cessò di lavorare, conu; dicemmo, nel 151!), e mori a proposilo nel 1530» (piando Cremona, dopo turbinose vicende, passava definitivamente sotto la dominazione di Carlo V. Quanto a Giulio Campi, bilancialo alquanto fra le buone e le cattive iulluenze 7, dopo dato disegni per gli archi di trionfo eretti nel io^f al" t> Antonio Campi, lik III, e. 20. dj 7 II suo quadro del iliùl) che hanno i Castelbarco a Milano lia un colorilo degno un pennello veneziano. BELLE ARTI 5S3 l'entrata ili Cario V, perdette affatto di vista le paterne lezioni, la scuola ('i cui era ultimo rappresentante, e fin la patria, preferendole per ambizione il soggiorno di Milano. Potremmo guardar come suo estremo addio. Ultimo omaggio suo patriotico il quadro che nel itiiG fece per San Sigismondo , con ritratti a ginocchio del grande Sforza e di Bianca. Nessun ,n°g<», nessun soggetto poteano esser meglio scelti per l'opera che chiude W scuola di Cremona; giacche nessuna delle opere posteriori dell'artista, 0 di suo fratello Antonio storico, o dei loro emuli favoriti dai dominatori della Lombardia, non merita figurar nella storia dell'arte. Eppure in (picsto periodo di decadimento arrestasi con maggiore compiacenza il Vasari. Per lui le opere di Giulio non piglian interesse che piando, deserto l'insegnamento paterno, s'appassionò pel fare largo del Sojaro, e per lo studio di alcuni cartoni del fiorentino Salviati8. Ma i Pregiudizj dello storico confinano colla pazzia quando, paragonali i freschi d''1 Beccaccino in Duomo con quelli di Camillo suo figlio in San Sigismondo, proclama quest'ultimo ben supcriore al padre. Vien da ridere del bllo entusiasmo pel Sojaro, ch'ei giudica l'apogeo della scuola cremonese. clie in effetto non era se non un povero imitatore del Pordenone, come aPPare se si paragonino i due stravaganti affreschi suoi ai due lati della l)0l'ta maggiore del Duomo. ^r dar conto di tutte le opere di questi degeneri pennelli bisogne-''''>e misurar le superficie, anziché contar le composizioni: giacche ai lall'lli Campi, al Sojaro, a Camillo Beccaccino il dipinger tutta una cu-JJ"'1 0 anche tutta una chiesa costava nulla più che ai loro predecessori 1 '''di' un solo quadro. Il merito di quantità era ormai il meglio retri-Jul<», dondi! mi furori; d'emulazione affatto comico, e più incurabile quanto I"11 dall'alto venivano gl'incoraggiamenti. Fra i corifei della decadenza figuralo Cardinali e vescovi, che compassionavano le ingenue produzioni del sc-^.,0 precedente, e della riforma dell'arte si davano maggior pensiero che fl,lella della disciplina e de' costumi. Cremona, in tal aspetto, non In eno sfortunata di qualsiasi altra città lombarda; perocché nel lo22 le mandalo vescovo il famoso Accolli, amico, corrispondente, e fin remuiie-°''e dell'infame Aretino; e dopo lui un cardinale Sfondrati , raccoman-W alla venerazione del suo gregge per un leggiadro poemetto sul ra-j,lJ"eiito d'Elena. Sotto tali auspicj, la scuola cremonese, dopo allontanaci sempre pili dal suo principio vitale, partecipò al tristo destino di JJ a»i tutte le scuole italiani! nella seconda metà del secolo XVI. Le prin-Pal1 Produzioni di questo, che può dirsi periodo di decrepitezza, trova-sfuff ' 36 l'a l(J C|U;1
  • ertiti i loro beni in abazia secolare, divennero nel 1700 proprietà della &ran nazione, che ci compartì quella bella libertà ed eguaglianza che tutti sanno. Il nome di Lago Oscuro provenne da un laghetto, che ora ^allunga appena per 50 metri su 20. Ivi il vescovo Ubaldo e la sua l'arte nel 1031, venuto a battaglia campale coi cittadini cremonesi, fu vinto e costretto a fuggire. L'oratorio era una delle chiese battesimali a1 tempi longobardi, e i monaci di Nonantola qui possedevano molti beni nel 090. Prendendola destra via, dopo il Forcello si trovano i cinque Comuni di SrnAcoNCOLO, Stagno Pagliaro o Pala vicino, Brancere, Gere de' Caprioli, Gire del pesce con Bosco e Gere degli Oppici, de' Zaneboni, e Bornio, alcuni de' quali accennano nel nome la vetusta o recente condizione geologica, e come lambiti dal Po, appartenevano nel secolo passato il quale indirizzò a questa umile sua patria nel 1810 il seguente Sonetto. Isola, cui I' Eridano minaccia, Se fra i lividi stagni ove ti adimi I semi bevvi della vita primi, Non avverrà che co' miei padri io giaccia, lt!*Mraz. del L V. Vol. m. »« In terra avara dee stampar mai traccia Chi un cor sortiva a forti opre e sublimi ? Nò perchè di gloria orme io non imprimi L'or mi lusinga o le materne braccia. Ove il tuo fango eterno a me non mandi Gli aliti pigri, e sian le grida mute Dei ricchi vili che si credon grandi, Lieto cigno per l'alto aere le piume Io battcrO, non indarno virtute Seguendo, unica mia speranza e nume. SounoLO MoNAsniiOi.o o db'Maggi ebbene' tempi andati un monastero di Umiliati: nella chiesa parrocchiale fu rettore il celebre Vida priu--' del 1563. Avanti il mille era corte, circondata da una gran selva. Motta Baluffi con Bellezza aveva un ospitale fondato dalla famigl 1 Ca de' Lupi, il quale nel 1451 fu aggregato al maggiore di Cremona-Le inondazioni frequenti del Po distrussero la chiesa antica , di cui ^ scopersero colonne e dipinti, e ad essa erano associate tre confraternita prima del 1500. L'attuale ha due buoni quadri in legno e in tela, scuola veneziana. Lungo la nominata strada da Cremona per Casalmaggiore e tra questa e '"ultime due or rammentate siedono: Long'ardore con le due frazioni di Casalelto e Nadalino; nelle pergamene del 970 dicesi Castra Longobardorum, forse perchè re Alboino o Agilulfo qui accamparono per assediare Cremona e impedirle i soccorsi dei Greci di Parma o di Ravenna. Ivi ne' campi di casa Carloni trovossi nel 1820 una bella statuetta di bronzo, la Venere pudica, di cui si pup" blicò un cenno (D'un smtdaero romano, ecc. Milano, 1820). Sosi'iuo con Tidolo , capoluogo del distretto, ha 1200 abitanti: nel SIC) era corte ver/io donata dai re Franchi al vescovo o alla chiesa di Cremona , e detta Sexpilas forse perchè distante dalla città sei migli'1 romane.- Ebbe anche un castello ed una collegiata, onde i parroci successi ai canonici ne portano le insegne. Nel secolo IX si nominano Fontano e Manzola presso questo vico, come masserizie regie del comitato bresciano, ma della parrocchia cremonese. In un campo presso Sospiro si scavarono, e certo vi si nascondono, antichità romane. Piccoli Comuni di scarse memorie sono San Salvatore, San Lorenzo Mondinoti, dalla famiglia de mullis denariis nominata nel secolo XII, P'' «Milo, Ca de' Corti o de1'Cagliami , Ca di:' Stavoli , Casa mova degli OnitiDi, Casaiou/o Gkholdi e di:' Boldori con Ca he'Pedroni e Deho-vere con Ca de'Novelli , Comuni e casali posseduti o fondati da famiglie ora estinte, delle quali si conservano iscrizioni lapidarie e per- DISTRUTTO II 547 gamene del XIII secolo. Un Enrico Casalorzio fu vescovo di Reggio "ci 1302; dai Casalorzi ereditarono i Boldori. A Casalorzo Boldori era •ma chiesa con convento di Agostiniani nel 10(53, da essi governata in parrocchia sino al 1755. A Derovere, forse dalla famiglia di questo nome ' da un'antica foresta di roveri, esisteva un castello; nel 1057 si nomina un luogo derovar, che forse corrisponde a questo Comune. Dòsso di:' frati accenna (come Motta, Mottajola, Costa, Monticelli, ecc.) ad antiche elevazioni del territorio od a mucchi di sabbia e ghiaja, o " sponde erte di fiumi, e l'aggiunta a residenza o possesso di frati, de' 'inali ignoro l'ordine. Cella Dati con Alfco, Campagna, Castel Celami e Rabona fu donala dai re Franchi ai nostri vescovi neh'870. Filippo III di Spagna nel 1002 die in feudo a G. F. Dati con titolo di marchese. Alfeo ha forse orione, come Alfiano, dalla famiglia Alfena o Attìnia, della quale fu il famoso consolo e giureconsulto cremonese de' tempi di Augusto , Alleno Varo. Vidigeto, nominato nelle carte longobarde e certo d'origine romana iri$ieme con Scandolara, nel X secolo appartenne ai Bresciani, che molti Pa^si cremonesi occuparono lungo l'Oglio e il Po. Passò poi feudo della lamiglia Amati, illustre nell'età del Comune, la quale vi eresse un forte castello, dove Cabrino Fondulo riparò inseguito dal conte di Carmagnola, che gli voleva torre lo Stato per Filippo Maria Visconti. Nella chiesa ,lVvi un buon dipinto di Eurosia Anguissola, sorella della celebre Solona , forse unico che ci rimanga di lei. A' nostri giorni Vidiceto fu "dleggiatura di C. Tedaldi-Fores, scrittore coltissimo di inni, di romanze e tpagedie, e d'un poema didattico sui cavalli, passato tra primi dalla vecchia scuola mitologica alla storica, ove raccolse allori : meritava Vlta più junga e feijce? t'ama più diffusa in Italia, e memoria più coltila tra noi 2. In questa sua villa egli dettò l'ode, che trascrivo, perchè (}ua«i inedita e commemorante un l'atto della storia cremonese: Te non la pompa di ondeggianti colli, 0 di un lago la fresca onda tranquilla, Te di un'bosco non fregiano le molli Ombre, o mia villa. Sta fra i gregarj dell'esercito dio >.....11>;> 11 è p«l romanticismo: e pur troppo a ,j ' ''" furono rinfacciale colpo che non erano se noti del combattente; l'introduzione 'I* orrido, lo fantasie, anormali. le appari/inni di morii, conio nella Karcisa. Vuol dire '-'> vi vedea soltanto una rivoluzione di forme, non già un richiamo ull;i venta dei fatti -''"timonli. Nella slessa odo qui riferita, che ha alcune parli ben sentite con altre rr^te e prolisse, manca la verità che dovrehh' essere l'anima della poesia romantica , * * non crediamo che le nostre ombre vogliano sorger dalle ossa per librarsi d'una donzella che piange, ecc. G. C Le spiagge tue non bagna il mar, d'alpini Gioghi non vedi le dirotte spalle, Nè per terme, per case e per giardini Inclita valle. l'mjl rome il desio di questo petto, Semplice come è in grado alla natura, Chi mi conduce, agreste mio ricetto, Fra le tue mura? Il viator che polveroso il corno Del tumido Erid.ino addietro lassa, Se mai l'orme raccoglie al tuo soggiorno Ti guarda e passa. Pur di odorosi grappoli e di folti Gelsi serbi tesoro, e ti compiaci Del tuo candido riso, e de1 ricolti Aurei feraci. E vai superba pe' Ino i campi azzurri Del lin gentile, e ridon le tue rive Di fecondi lavacri e de" susurri Dell'onde estive. Ne' tuoi presepi alzare innamorale Le destriere un nitrito odi sonoro. E cozzare e muggir le maculate Spose del toro. E qui stridir bertesche o fischiar pronti Dardi, azze urtarsi di dolor ripiene Udisti un di, calar mobili ponti Dalle catene. E violenta rompere la morte Tra sgherri e tra baroni ignari e crudi, Le rocche insanguinando irte e le porte Ferrate e rudi. Cosi lugubre torreggiar ti scorse Il fuggiasco Fondiìlo, allor che vinto Fra le tue fosse a ricovrarsi corse Di pallor tinto. Di cittadina strage ancor fumante, Ingombro il pedo di corrucci e d'ire, Tremante qui lo raccoglier tremante L'ospitai sire. DISTRETTO It Nò la seconda aurora in questo albergo Queir offeso mirò, perche la rea Paura lo scacciava, e grave a tergo Lo sospingea. Al sonar sotto i passi suoi la strada Si rivolgeva; e ad ogni mover d'anca, Del Visconte scntia l'ultrice spaili Nell'alma stanca. Al fin posò: posò fra'suoi più cari La proscriva sua testa, e (umano core!) Sognò mutati ancora i tempi amari, E il trono in fiore. Pugnando, desolando la tradita Sua patria si fingea nel duro artiglio, E già dava nel sangue, in sua infinita Rabbia, di piglio. Misera speme____ ad un rancor più antiqui» Era sacro il suo capo! Dal prostrato Busto il recise d' un più illustre iniquo L'odio giurato. Ma di regali colpe, e d' alti affanni Perchè sarà ch'io le tue spiagge stampi O amica cella, e guidi atri tiranni Pe' dolci campi? Hiedo, riedo al tuo puro aere vivace, Alla tua stanza libera e pudica, Al refrigerio, all'ombra, alla tua pace, O cella amica. Erri lungo da te la ria tempesta, Lunge il vento protervo, il feral gelo; Dalla guerra ti scampi e da ogni mesta Fortuna il cielo. L'aura intrecci per te le sue carole, La pioggia le tue messi avida bagno, Sia d'almi rai limosiniere il sole Alle campagne. 0 mia frugai nutrice, che sortita Non mi fosti da lucido natale, Perchè la sorte a noi di gloria avita Fu illiberale; 350 P110 VINCI A DI OH EMONA Per queste glebe tue pingui e iiorenti Fuggo la povertà che non ha calma, L'abjetta povertà che fa soventi Abjetta l'alma. Benedicendo alle mie gelid'ossa Forse un di poserà la mano bella Del mortale incolpato in sulla fossa Qualche donzella; De' cipressi all'orezzo e degli allori Confiderà tra lagrimosa ejieta La cara istoria di solinghi amori Al suo poeta. E pace a te dirà, fedele ostello, Eco de' canti miei, mia dolce terra, Pace all'ardente cor, pace all'avello, Che lo rinserra: Dall'ossa allor sorgendo, ombra pensosa. Come un liore dai zelììri agitato, A librarmi verrò della pietosa Sul capo amato. Cinghia de'Botti finalmente con Ca de' Curti, Mottajola de' Coppini e Casaletto di sotto rammenta altri predj e casali di famiglie, cui appar-lennero. Pieve Gurata parrocchia, detta Virada e Gorata nel 870, secondo il Torresini, dalla famiglia di questo nome, fu eretta in pieve dalla contessa Matilde nel MIO e insignita di privilegi (Campi). Distretto III di Casalmaggiore. Giace al sud-est di Cremona tra quelli di Sospiro e di Piadena, la provincia di Mantova e il Po.Il fiume che ingojò sempre Comuni e terreni in queste parti, danneggia e minaccia tuttavia i presenti, a fatica rattcnuto da un argine colossale che si sostiene con spese ingenti. Copre la superficie di pertiche 274,393 coli'estimo di scudi 2,008,003, paga d'imposta prediale e comunale 743,941 lire e d'imposta sulle rendite 23,657. Hall Comuni con 20 frazioni, 5 de' quali con oltre mille anime, Gussola con 3303, la città di Casalmaggiore, capoluogo, con 5000; sei hanno consiglio comunale; essa città, il municipio; i più remoti distano dal capoluogo 10 DM- DISTRETTO III KJH i, ma dalle 1(5 alle 27 da Cremona. È popolato da 28,649 abitanti distribuiti in 4049 case e 6088 famiglie con 4071 estimati (nel 47 erano 5047), 209 forastieri, 8000 collettabili, 193 consiglieri comunali e 30 impiegati ali1 istruzione pubblica. Continuando la lasciata via dell'argine oltre Motta Balufli troviamo: Torricella del Pizzo che prima del 96 in parte apparteneva allo S lato Parmense; Gussola colle frazioni di Bolleni Caprile e Borgolieto era isola nel 700 e possesso de' Canonici di Cremona; Borgolieto fu fatto parrocchia nel 4494 distinta da Gussola; M a ut i e nana nominata in una pergamena del 780. Lungo l'altra via da Cremona a Casalmaggiore che abbiamo abbandonata a Cinghia de' Botti si offrono a destra : Soi.ahoi.0 Rainerio, il cui piccolo ospitale fu aggregato al maggiori' «i Cremona. Nella chiesa sono due tavole di Galeazzo Campi ma empiamente manomesse da imperiti. C.\Ruberto, o Casa de'Roberti con San Martino. San Lorenzo Aroldi dalla famiglia Aroldi nominala nelle pergamene e ne' Sinodi. Castel Po.n/.om: assai nominato nel secolo XIII e XIV col nome di Castelletto, ora distrutto e ridotto in case private: n'ebbero i Ponzoni 1 investitura feudale nel 1410 da Filippo Visconti. Ora il Comune ha mercato floridissimo ogni giovedì e fiera ogni anno; 60 uomini vi fabbricano cordaggi di canapa. Scandolara Rav.vra o di ripa Po d"origine romana e rammentato nelle perirmene longobarde, vi si scoprirono cimelj romani (Bianchi, Marmi CtttfofMfQ. Nel 1010 era corte e aveva presso un lago detto Martino e una selva chiamata ruinada. La chiesa vecchia abbandonata per le inondazioni del Po era di stile gotico e fornita di antichi dipinti, ora deperiti. Questi due ultimi Comuni contano 11 frazioni per ciascuno, e molli oratorj con confraternite. San Martino del Lago dal lago or or nominato. Spinkta sta nell'estremo lembo orientale del Cremonese, circondato (,al territorio mantovano. Fu feudo dei Cavalcano, ed ivi il padre della c°ntessa Matilde fu ucciso a tradimento da quelli di parte imperiale nemici alla papalina o popolare, mentre cacciava o passava per una gran Se'va, che qui incespicavasi forse irta di spini. Ora il luogo è reso ubertoso e sicuro dall'industria degli abitanti. Nella chiesa è una buona copia della Risurrezione di N. S. del Malosso, il cui originale è nel duomo di ^remona; nell'oratorio di casa Cavalcabò trovansi bei dipinti a olio: a Sacra Famiglia con due santi è graziosa composizione della scuola par-^tgiana, il cui schizzo originale conservasi nella sagrestia. 552 PROVINfilA DI CREMONA La città di Casai.maugioiik , colle 15 sue ville (viciniw), cioè f antico agro casalasco, forma un solo Comune, di 15,775 pertiche di superficie, con 1,104,827 scudi d'estimo, e 15,159 abitanti (la sola città n'ha 5000) raccolti fin 2148 case, 3313 famiglie con 2520 estimati e 4814 esercenti: paga d'imposta d'estimo 287.919 lire, di comunale 132,270, e d'imposta suile rendite 11,227. _■• ____.-ss=h/_. _. «?y '.j-.--^ i -y; ■- - ■ • Panorama di Cašalmaggiore. La città distendasi per mezzo miglio lunghesso la riva del Po, difesa dall'argine colossale, che serve di strada; ha estese e spaziose case e contrade, una piazza elegante lunga 124 metri, larga 50, abbellita dall'appariscente palazzo municipale; e bello sarebbe il progetto di atterrare \f poche case che stan dietro a quel palazzo e aprire un giardino pttbbliCG che avrebbe la magnifica prospettiva del Po, dell'opposta sponda parmigiana e dei colli lontani. Possiede belle ed ampie chiese, palazzi, archi, un teatro, scuole infantili, elementari maggiori e minori, collegio, ginnasio, biblioteca pubblica, stamperia; istituti di pubblica beneficenza, cioè un ospitale, due orfanotrofi per maschi e femmine, casa di ricovero e d'industria, monte di pietà, instituto elemosiniere per gli orlani de'morti del enotera e per i figli della Provvidenza, che si allevano ai mestieri : una cassa di risparmio, e legati pii, uno de' quali provvede d' abiti e di libW i poveri scolari, un altro mantiene due giovani all' università. CASALMAGGIOIIB Piazza di Casalmagtjìore. Apre due mercati settimanali, una fiera annuale e due più leste che ìere al civico santuario della Fontana: ha discreto commercio sul Po, clic co d'ogni arte ed industria fioriva nel secolo XVF, quando, pel commercio di navi e di merci, dicevasi la piccola Venezia; gloria-asi di tre biblioteche, di scuole, di collegi, di accademie di scienze e ,0|tere, d'uomini insigni in ogni arte e dottrina, e di tipografie, una delle qua|i stampò un libro ebraico fin dal 1480. Ebbe 16 chiese e conventi m°naci Conventuali, di Serviti, di Cappuccini, di Barnabiti che governano i| ginnasio; e di monache di santa Chiara. , La nuova chiesa di Santo Stefano , disegno dello Zuccari di questa . > emulerà tra poco nell'architettura le più belle cattedrali. Nell'an-llCa' del titolo stesso, preziosi dipinti del Mazzola, del Malosso e d'altri ccellentr, son dispersi; salvo tre affreschi antichi e bellissimi; ma in 11116 case, massime de' Montani, Baruf'fìni, Mortara, Ghiozzi, degli credi e biotti, si serbano molti quadri, diversi disegni e schizzi esimj, la-10 raccolti da quest'insigne pittore di Casal maggiore, tra cui il 1 a 0 quadro delle leggi di Licurgo, il bozzo della tavoletta di Venere, ll'UStraz. del L. V. Voi. III. 71 Santo Stefana di Casatmoggiure. dell'Ugolino che ò in Brescia, un ritratto del Moronc, e una stanza tutta coperta di incisioni antiche. Il letterato cavaliere A. E. Morta*" raccoglie, insieme a preziosi manoscritti, la più ricca collezione che conosca delle stampe del Bodoni (Catalogo cronologico, ecc. Casalmar giore, 1857). A San Leonardo una Madonna, a fresco, pare del se-eolo XIV. Nella chiesa di gotica costruzione, in un bassorilievo dell ot lavo secolo, era scolpita in marmo una croce tessulata con sigle grec e, simile ai dittici d'avorio (Romam, Storia di Casalmaggiore). Nell'oratori della Beata Vergine la bella tavola non è del Mazzola, ma di Alessandro Araldi de! 1510. Nel santuario della Fontana, ov'è sepolto e onorato Q* CASALMAcGlORE .rJr;:i lapido Francesco Mazzola o il Parmigianino 3, la chiesa era tutta dipinta a tresco, ma ora è coperta, epidemia generale, di bianco, da cui traspare qualche ligura di quel disegno secco , di quel colorito vivace del 1400; la stessa chiesa possiede due belle Madonne del secolo XIV e forse anteriori;. Gasalmaggiore è nominato forse la prima volta nelle pergamene del '86, e del 878 col titolo di Casamajore, insieme a Martignana e vico toscano, in causa d'una misura e stima di fondi. Ma è probabile sor-Sesse nel secolo VII quando i popoli latini, fuggenti la invasione longobarda , si ricoverarono in luoghi remoti e difesi da selve e paludi, °ve fabbricarono abitazioni dette Casali*. Appartenne al comitato di Brescia, nido e nerbo de'più potenti longobardi. Nel 1012 divenne castello, munito di torri e di mura, di cui rimam; °ra una parte, che serve a prigioni; forse unico edificio antico rispetto dal fiume e dagli uomini. Dal 1055 al 1077 fu signoreggiato da Casa d'Este, poi nel 1091 dalla contessa Matilde, indi staccatosi da 'ei si diede ad Enrico IV. Nei primi anni del secolo XII cadde sotto 'a giurisdizione de1 Cremonesi, i quali vi mandarono colle proprie mi-Uz>e i più cospicui cittadini a governarlo e difenderlo: spesso soggiar-'lue-ad assedj, invasioni, arsioni, dai nemici di Cremona inflitte. Nel 1130 ebbe qui campo reale Lotario III imperatore, e nel 1189 vi si fabbricò dai crociati una trireme (buza), che salpò al soccorso di Terrasanta. Decadendo per le interne fazioni la fortuna e la potenza di Cremona, al Principio del secolo XIV Casalmaggiore fu occupato più volte dai Man-tovani e dai Gonzaga, invano contrastandolo i Visconti, i quali final-mente l'ottennero nel 1390. Ma nel 1421 lo staccarono dal contado cre- di- • sventure dol Parmigianino l'ormano tuttora argomento di melanconiche tro-'•loni fra j Casalanclii. È costante a questi che i tipi delle sue Madonne siano ancor de» e vorrebbero fin additarli nella famiglia Bed uscii i. Stava ultimando il quadro santi Stefano e Giovanni Battista, commessogli dalla comunità, allorché, consunto da 0 campano, moriva sopra un pagliaio in una casa colonica, che ancor si segna col la» te (j;,mssa- a 11,1 quarto di miglio dalla città, e fu sepolto nel convento della Fon-a a vicino. Ne scrisse una biografia il Morlara di Casale, in islile arcaico. 4 1 C C- "po- i (''''"Si' Fontana fu fondata il 446,1 por un miracolo, non si sa ben quale, cirofl ,llllIa 15 V* 11 Comunfl (li Casa,e ,a cedette, nel 1471, ai PP. Serviti, che là fe-nnire e ornare, ajutall dai Gonzaga, e fu la chiesa più bolla della città. Le *i ri-a specialmente in occasione di peste, poi nel i"% per salvare dai Giacobini- 8 Ri C ': Casal ' ltuuo ' l);"h'i Cistercensi che moltissimi luoghi di Lombardia portano il noni'1 di Cauli] 0 d'umile origine, per quanto or si trovimi ingranditi lino a città, come Gauaala***oro 0 Casal Monferrato.Casa1! Lupano chiamavasi quel che poi Castkwe: Casal vatorc V1'"'1 cho PlJsterleugo, nel quale già nel 100ÌI esistevano te chioso di San Sal-' Gervasio *• F>; e-, ., San Zenone, San Martino. C. C 558 PROVINCIA DI CREMONA monese, non dalla diocesi, e allora il borgo si resse con proprj statuti, compilati per opera de' suoi sapienti. Guerreggiato, posseduto, ritolto or dai Veneziani, ora dai Viscontei, ora dagli Sforziadi, divenne dote, insieme con Cremona e Pontremoli, della duchessa Bianca Maria Visconti disposata a Francesco Sforza. Nè fu meno manomesso in seguito, e combattuto dai Gonzaga, dai Francesi, dagli Svizzeri, dagli Spagnuoli, finché Carlo V nel 1545 volle per sè, conculcando ogni diritto, la preda contrastata, che poi vendè o impegnò per quarantacinque mila scudi ai Marini, milanesi ricchissimi, loro accordando il titolo di marchesi. Questi lo rivendettero per sessant» mila nel 1508 al marchese di Pescara, che lo restituì a re Filippo nel 1017 r'. Bel tesoro di gloria guadagnò in Italia Casalmaggiore nel 1570, quando a Milano, flagellata dalla carestia e dalla peste, e costretta a mantenere 50,000 poveri e ammalati con 8000 lire imperiali al giorno, mandò quantità di capponi e d" altre,vettovaglie, e centomila carra di vino: Grata all' opera generosa , Milano ascrisse in perpetuo i rappresentanti del borgo insigne alla classe e ai privilegi de'suoi cittadini, e le diede soccorsi nella peste del 1630 7. Nel 1754 Maria Teresa elevò quel borgo a città, e nel 1794 fu la sua chiesa maggiore assunta alla dignità di abazia mitrata, col diritto di pontificare negli apparati de' prelati minori. NOTA Un anonimo manoscritto nell'archivio Moreschi così descrive il g°' verno civile di Casalmaggiore nel 1023: « Casalmaggiore e sua giurisdizione distrettuale vengono governate da un pubblico consiglio, composto di quaranta individui perpetui col titolo ti Nel M)H Casalmaggiore fu ceduto io feudo alla casa Salvatore. I Casalaschi supj pipavano che fosse infeudala solo la giurisdizione, ma non le rendile; offrendosi in tal Cfcso di tener in piedi a proprie spese una compagnia di corazzieri. Ma gli abitanti delle vi"1' *i lamentarono, dicendosi impotenti a questo aggravio; lanlochè l'infeudazione ebbe luogo, per quanto i casalascbi decurioni proclamasse!- il diritto all'unico bene clie le sventure aventi loro lasciato, la libertà. I reclami furono,continui,sinché nel 1717 restò emancipaci ma non senza lamenti gravissimi de'comunisti, e più delle ville, che si trovarono sog-gelte a dazj insoliti. C. C. 7 Ettore Lodi, oratore di Casalmaggiore, lasciò il racconto delle miserie d'allora-e come, rammemorando che nel i'»7<> la città avea spedilo soccorsi a Milano, egli esorto3 chiedere il ricambio E subilo i signori di provisione di Milano spedirono tot moggia 1 1 risu o fiO pesi d'olio; del che fu somma letizia in città, e grandissimo ristoro ai soffr Esso Lodi dice che de'Ca salaseli i morì allora un terzo, mentre degli altri paesi 1"' ! metà: e se ne diede merito alle acque della B. V. deila Fontana, ch'erano cercai-'e \ dove, e massime da Milano. C. C CASALMAGGIORE «57 di consiglieri, i quali eleggonsi nel primo giorno dell'anno, quando occorra di sostituirne alcuno alla morte di un altro. Questi consiglieri debbono essere eletti dal ceto de'principali del paese, distinti per nobiltà, per ricchezze e per prudenza. Sono essi cittadini di Milano per privilegio loro accordato nel 1577. Dal gremio dei suddetti consiglieri vengono eletti, »el primo giorno dell'anno, 18 soggetti col titolo di deputati al governo, c,1c si distribuiscono in ogni bimestre dell'anno, non durando il loro impiego che per due soli mesi. Ad essi rimane indossata la pubblica vigilanza, onde nelle istantanee occorrenze facciano le loro mozioni al genere Consiglio per gli opportuni provvedimenti. Le unioni del prefato Con-s.'glio vengono coperte dal locale preture per tempo. Si eleggono nelle ^sae calende di gennajo due individui dal corpo, cui titolo di ragionati, 1 [ano al governo: ne ivi alternamente una parte sede un anno, ed una e 1 altra non servandosi in questo la l'orma data dagli statuii, riè v'è °ini che altrimenti si sia mai servato, avendo sempre governato li suddetti nobili, ed i maggiori della Terra, e li quattro di dotti borghi senza intervento di quelli delle ville. « Tiene il Consiglio da' suoi statuti ogni facoltà di far ciò che gli pare concernente al pubblico governo, nè gli fa mestieri ottener licenza da superiori, massime circa all'imposizione delle taglie, le quali ciascun mese impone secondo la necessità corrente, facendosi prima da suoi ragionati 10 scrutinio del debito cadente ordinario e straordinario. « In principio di ciascun anno estrae a sorte i deputati di due in due mesi, ed i ragionati di tutto l'anno. Deputa anco il suo esattore senza chieder licenza da'superiori, essendo ab eterno in tal possesso, ponendo all'incanto la scossa con suoi capitoli, deliberandola a chi le fa miglio1'1 condizioni intervenendone però il podestà, siccome anco interviene a tutti 11 Consigli. Vi sono ordini generali del magistrato, quali prescrivono la forma di metter le taglie, deputar gli esattori, ed altri; ma è intero quelli parlar soltanto di que'luoghi, che non hanno i suoi statuti e consiglio fermo come ha Casalmaggiore ; che ciò sia vero si vede niuna città ha inai abbracciato quelli, nè alcun altro luogo, il quale siasi retto da perpetui consiglieri, sicché a quelli di Casalmaggiore non è tenuto. Dispone dell'ufficio delle vettovaglie, il quale lien ordini particolari oltre i statuti, estraendo a principio d'anno tre del numero de' consiglieri, ai quali è concessa da'suoi statuti giurisdizione di condannare ed assolvere i trasgrcdienti. L'istesso è dell'ufficio de'danni dati alle strade, acque, argini, estraendosi gli ufficiali nel suddetto tempo, in ciò anche tiene ■ suoi statuti particolari. « Ebbe Casalmaggiore ne' passati tempi la propria milizia, mantenuta a spese della comunità, e comandata da proprj capitani. Non mai mili'0 sotto capo cremonese, ma da sè sola come venturiera si condusse coi proprj capitani, come avvenne nelle guerre del "Piemonte, nelle quali comandando il marchese di Soresina, maestro di campo di tutta la milita cremonese ed anco delle terre separate, non gli fu permesso di comandare alla truppa di Casalmaggiore, come di ciò appare all'officio del soldo, e da altri atti all'ufficio di guerra, governando il signor duea di Feria»- «Suole (aggiunge l'anonimosuddetto)ordinariamente la comunitàcasalasra stipendiare due medici: uno forastiere e terriero l'altro. Al forastiere resta fissata Tannila pensione di ducatoni duecento di Milano, e si concede il gratuito godimento dell'alloggio, che ammonta ad altri quaranta ducatom-Al secondo medico si suol dare cento scudi ». Aggiungiamo qualche cosa delle costumanze, e delle abitudini dei Casala-schi nello scorcio del secolo decimosesto, che fu uno de' più allegri, atteso l'ordinario soggiorno che vi faceta il feudatario Alfonso Felice DA* valos marchese del Vasto: nel che ci valiamo della circonstanziata descrizione di esso Ettore Lodi. « Assettato che fu qua il marchese del Vasto (1583), ed accomodata la sua famiglia, piena invero di nobilissimi cavalieri napolitani . - - • 0 CASALMAGGIORE f&0 di altri gran signori, c concorrendo da ogni parte personaggi per loro sollazzo, e trattenuto da giovani nostri della Terra, allora molto virtuosi, venivano ad ogni tratto recitate coracdie, battute moresche, fatti balletti, ed altre azioni digne di quei signori; tanto che ogni dì vi concorrevano forestieri come ad un teatro di piaceri, facendo fare anch'esso da suoi cavalieri or giostre, or combattimenti, passandola da veri capitani e generale, esercitando nelle armi la sua nobiltà, tenendo stalle al paro di qualsiasi principe con bellissimi cavalli: e spesso veniva visitato da gran ignori, il che dava materia ed occasione alla gioventù di Casalmaggiore di esercitarsi ed affaticarsi per farsi ogni dì maggiormente conoscere. Sicché per vero era allora questa nostra Terra una formale accademia di belli ingegni, alla quale da tutti i lati si trasferivano diversi virtuosi per farsi anch'essi conoscere, i quali dal detto signore, vero mecenate, erano molto accarezzati e riconosciuti. Ne panni di tralasciare che, amandosi vicendevolmente il duca Vincenzo di Mantova primo, generosissimo signore, ed esso signor marchese per essere cugini, anzi in amor fratelli, sicché non potea l'uno star molto senza dell'altro, or questo or quello andava e veniva a ritrovarsi, ed insieme se la passavano con gran giubilo e spasso, conducendo seco spesse volte bravi giocatori da ballonc, dei 'inali per certo ne teneva allora Casalmaggiore d'eccellenti, ed entrando ;|nch'essi signori in giuoco, ciascuno della parte de'suoi giuocavachi un cavallo, chi un cane da caccia, chi un falcone, chi una cosa, chi un'altra da principi pari suoi, cose in vero da gran gusto, e degne, vedendosi due tfran signori in giuoco correre, e travagliarsi, intervenendovi sempre li •lue suoi tanto famosi trombetta, il Cingaro trombetta del detto duca, ed 11 Moro del marchese, grandi emuli fra loro, sonando sempre l'uno a 'vira dell'altro, vincendo il suo padrone ». La condizione di Casalmaggiore verso la line del 1028, ci è rappresentata da Giacomo Vezzani,ivi stabilitosi professore di umane lettere, in una lettera del 24 dicembre a Girolamo Meandri di Roma. « Hic locns, si quinam forte' sit, aut ubi sit, ignoras esse terram antiquam ad Padi ripas silam: agro cremonensi ììnitimam, honestis admodum , iisquc permultis familiis i'Opulo numeroso i'requentibus tectis commendalam; inter ea, qua? muris ,n»His cincta sunt loca, insignem; certe adeo opulentem, et multis, qua-eirca sunt, illique parcnt, vicis ac villis refertam, iis qua? ad victum per-tjnent usque adeo copiosam, ut cum ditissimis et rerum omnium abun-oantia aninenlibus certare possit locis ». Ignazio Donati, nel 1623, essendo maestro condotto di musica in Casal-maggiore, dedicò i suoi Salmi boscarecci concertati a sei voci al corpo decurionale; e nella dedicatoria dice di questa città: « Ha un clero in tonto numero, e così bene disciplinato nelle virtù morali et clericali; ha tanti soggetti eminenti si nella professione delle lettere, come di armi: ha tempj così sontuosi, et edificj sì magnificili, che porta titolo delle più »nsi^ni terre dello Stato di Milano: ha tale et tanto commercio di varie olio PROVINCIA 1)1 cremona mercautio pei essere costeggiato dal vasto liume Po, che per il gran porlo de'navigli, et gran traffico che tiene, suol chiamarsi Venetia piccola ». Casalmaggiore pretendo anche esser patria del famoso Zanino della Hall;». (V. pag. 400), derivato da gente longobarda ritiratasi quivi dopo la caduta di re Desiderio; come sa chi crede al Bresciani. Più accertate sono te glorie della famiglia Arisi, da cui vennero molli illustri, e massimameni'' Paolo, valoroso medico, e traduttore della Salute della rifa dall'arabe, attorno al l'czl). e Francesco suo fratello insigne legale. La beala Toscana, vissuta santamente presso la Madonna dalla Fontana; il beato Marco Gualtieri; il venerabile fra Diario domenicano, ed altri oltrnncr culto. E b;'st;' dire, per non esser troppo lunghi, come le biografìe degli illustri Casalascbj empiano il decimo volume di 7:>2 pagine, della Storia del Romani: dalla quale deducemmo le surriferite notizie. Indicammo altrove come i Milanesi giubilassero allorché Leopoldo U disfece le innovazioni precipitate da Giuseppe li. Altrettanto fecero i Ca-salaseli!, con un monumento, per cui il Fontana, dappoi cardinale, compose quest'epigrafe: IMPERATORI CESARI LEOPOLDO II p; f. a. CASALENSES gVOD PRISTINI S JVRIBVi ORNA MEN TIS ORDINI DEC, ET li')LI.. ICC. ADSERTIS DOMA PVPI1LARI RESTTfYTA IIVJVS ALIARVM. QVE. DOMVVM IN S( IL AMEN iNQPVSa ERECTaRVM CVRAT1QNE ClVlBVS PERMISSA CHETERÀ BENEFICIA IN COMMVNE INSVGRLE EjT IN SK CULLATA CVMVLAVERlT iu:c. DEC: AN. M. DEC XCl OPTIMO SAPIENTISS1MOQ. PRINCIPI LEGATIONE MVNICIPII FVNCTIS AD CONCILI VM CONVENTVŠ INSVIJRI.K AN MDCCXC MEDIOL. AOTVM CVIVS SVCCESSV INIOV. REN OVATA EST LEOPOLDO MOLOSSO j 'de cvrr. IOA. PONZONO t Fu levato od I7W5, (piando pareva servilità ne'popoli il ricordarsi clic avean avuto privilegi, e desiderare di mantenerli. CASALMAGGIORE 561 Dall'ingegnere Padova, come altre cose di questa sua patria, cosi ci furono procurate due cronache del canonico Morizio il quale tenne nota delle mutazioni di governo nel 17i)(i e nel 1814, appuntando dì per di e gli avvenimenti e i suoi sentimenti. Della prima epoca il più imporla ole è la sollevazione, causata dalle prepotenze e ruberie de' Francesi. Cominciò il popolo a dire che la Madonna degli Olmi, nella chiesa della Fontana Piangeva o girava gli occhi. Fattosene processo, si spiegò il fatto naturalmente, ma il comandante Le Cemte ne prese astio ai frati, quasi avessero con ciò voluto eccitare il popolo contro i Giacobini. Inoltre portò vja, come faceasi dapcrtutto, i voti preziosi olTerti a quel santuario, e lo chiudere. I Casalaschi, profittando dell'annunzio d'un momentaneo disastro delle truppe francesi, dieder nelle campane e nelle armi, uccidendo 1 Francesi che invano a ginocchio gridavano Man Dieii de punidis. Le Comte riuscì colla famiglia a imbarcarsi per passare il Po, ma i cittadini, all'oliatisi sull'argine vicino a San Giovanni Nepomuceno, cominciano a gridare, «A riva, a riva», intimando a' portinaj di fermarsi, poi si danno a fucilare, benché il Le Comte e i suoi sventolassero i fazzoletti e gittasser "°l fiume le loro armi. Ciò fu il primo agosto del 96. Non vedendo altra Salvezza, buttansi a nuoto, ma i più allogano e con essi il Le Conile, sugli 0cchi della moglie. Sono scene che or più non son rare. Ma Casalmaggiore poteva aspettarsi un trattamento simile a Binasco e Pavia: senonchè i Francesi n°n trovarono la necessità di tanto rigore: anzi dalla paura d'una nuova sommossa fu rattenutoil Buonaparte dal sopprimere il santuario della Fontana. I fiati però furono aboliti nel 1)8, (piando andò dispersa la loro bella biblioteca. Nel 1814, la Lombardia stava ancora ai comandi de'Francesi, quando 8,a in Casalmaggiore faceano correrie i Tedeschi e Napoletani, accampati di là Po; onde per tre mesi si moltiplicarono disturbi e contribuzioni, e sP'c e sospetti di spie, e arresti e ostaggi. Il 13 aprile a Sacca si fe battaglia, e gran cannonamento, l'ultimo che da Francesi si sparasse in Italia, e * chi 1' avesse detto (esclama il cronista) che l'armata d'Italia avea da finire a Casalmaggiore ! ». Poi venne la rivoluzione di Milano e il dominio austriaco; all'abate mitrato di Santo Stefano fu restituita la croce d'oro pettorale: poi la nuova invasione de'Napoletani nell'aprile del 15: e una sequela di assaltamene e furti, come sogliono seguire ad ogni mutamento dl governo. C. C. Casalmaggiore fu patria a famiglie e persone che si segnalarono in ogni tempo, e in ogni arte e dottrina. Stando alle più eminenti, fra i legisti ricorderemo il solo Azo Porco o Porzio de! secolo XII, che professò leggi a Bologna, discepolo al cremonese Gosiano e maestro all'Accursio e al Fieschi, che fu poi papa Innocenzo IV. Le molte sue °Pere gli meritarono il titolo di fonte e signore delle leggi, di vaso Mtcstraz. del L. V. Voi. 111. d'elezione, di lucerna del gius, di tromba della verità; certo erano si celebrate, che dicevasi in proverbio: «Chi non ha Azzo, non vada a Palazzo.» Le principali biblioteche di Europa e specialmente di Francia, ne posseggono molti codici; le Quwsliones Brocardicce sì stamparono sei volte a Spira, a Pavia, a Venezia nel solo 1400, senza dire delle molte edizioni che si fecero di questo o d'altri suoi libri nel secolo susseguente a Parigi, Lione e Venezia. Furono poi molto commendate dai contemporanei e dai posteri, eTiasti l'autorità dell'Odofredo tra i primi, e del sommo Gravina tra gli altri, il qual dice: « E tale e di tanto acume e solidità la Somma di di lui, che, sebbene scritta in tempi barbari, non si può senza danno e frode esserne privi ». L'invidia degli emuli o qualche bruita avventura fece esulare Azo a Montpellier, ove institui la prima cattedra di diritto, seguito da gran parte de' suoi antichi scolari. Dei medici scelgo Paolo Arisi arabista del secolo XV, e autore o traduttore d'un libro che restò inedito, e Giovanni Romani del secolo XVI, inventore del grande apparecchio per estrarre i calcoli dalla vescica, colla quale operazione provvide all'umanità tormentata e alla gloria delle arti salutari e dell'Italia. Nulla egli scrisse intorno a questo nuovo suo metodo , che insegnò al suo discepolo Mariano Santo di Barletta , ma si hanno lettere e poesie di lui, che lo palesano dotto ed elegante scrittore. Moreni e Guazzi riuscirono valenti in farmacia, chimica, storia naturale e chirurgia nel secolo XVIII. Ai letterati appartengono B: Molosso detto il Tranquillo, autore di poemetti latini, uno la Monomachia stampato a Lione (1539), altri dal p. Andrea (1816): e Negri Stefano discepolo del Calcondila e lettore di lettere greche e latine a Milano, che tradusse dal grecò in latino alcune opere di Filostrato, di Plutarco, di Musorico, di Musonio, d'Isocrate, commentò gli aurei versi di Pitagora, dettò prefazioni su Omero, Pindaro e Tito Livio, stampate due volte a Milano (1507-1521), poi a Basilea e Parigi , encomiate in versi dal grande Alciato, e riverite dagli storici della letteratura. Negri Giuseppe insegnò a Panna letterature greca e latina nel XVI secolo, fu commendato dal Kempio e dal Cardano, fece commenti reputatissimi a Teocrito, che si conservano manoscritti colla sua vita nell'Ambrosiana di Milano. Stefani, Nigrisoli, Vezioli, maestri di belle lettere ed eloquenza nei ginnasj di Casalmaggiore e di Cremona, stamparono forbiti epigrammi ed orazioni in latino a Cremona e a Brescia (1501, 1563). Nel secolo XVII e nel susseguente, si occuparono e scrissero della storia della lor patria, Araldi Zaccaria, Lodi, Favagrossa, che insegnò retorica a Udine, eloquenza a Livorno, Mallraversi, Porcelli. Nella Colonia Eridania degli arcadi recitarono poemi e poesie un Negri, il Baccanti, il Barili ed altri. casalmaggiork- se* Nella classe degli ecclesiastici, illustri per dignità, dottrina ed opere benefiche e letterarie, risplendono un Cavalli, uno Storti ed un Capelli, che furono vescovi di Cervia, di Majorca, di Termoli nel XVI e XVII secolo. G. A. Delfino minore conventuale insegnò metafisica all' università di Bologna nel 1553, e scrisse opere teologiche e filosofiche rilevantissime, sei stampate lui vivo e dieci postume. Ornamento di Ca-salmaggiore e della congregazione barnabitica, che li educò nella lor patria e gli ebbe membri e capi, furono i quattro fratelli Fontana. Il primo morì a 22 anni, già innanzi in dottrina e in opere erudite pronte Pc-r la stampa. L'altro, Mariano (1746-1808) lesse matematica e filosofia ne' seminario e nell'Università di Bologna, poi le stesse scienze e la fisica a Livorno e a Mantova, e finalmente la matematica applicata a Pavia; §°dè dell'amicizia e della stima de'suoi colleghi nelle due Università e sPecialmente di Galvani, Palcani e Zanotti: nel 1805 fu socio dell'Istituto nazionale italiano, e di altre società letterarie: pubblicò alcune °Pere letterarie e scientifiche, e ne restano inedite più altre, trattali di filosofia, matematica, fìsica, geometria, statica, idrometria , e lettere ad ''lustri uomini e di questi a lui. Alle opere sue letterarie e poetiche appartengono il Rhenus, poemetto in versi eroici (Bologna 1760), elegie, opzioni, favole, odi, ecc. italiane e latine pubblicate in diversi tempi, e la di Salvatore Corlicelli (Padova 1775, Bologna 1779); spettano alle selenitiche quelle Sull'aritmetica del Maurolico - De" Solidi di eguale resistenza (Opuscoli scelti di Milano 1783; Memorie dell'Istituto 1806)- Della dinamica, la quale fu lodata dal Valperga di Caluso, dal Pcroli, Canterani, Pessuli e assunta a testo delle Università del regno d'Italia (Pavia *7*M, 1796, Voi. 3). Il terzo fratello Francesco (1750-1822) divenne, ancor giovine, professore di teologia a Bologna, poi di lettere greche e latine nel collegio de'Nobili di Milano, ove stette vent'anni formando quella gioventù lombarda, che fu gloria della patria. L'alto ingegno, i ^olli studj, la grande dottrina e le più grandi virtù e la celebrità letteraria lo elevarono ai più alti gradi del suo ordine, del quale fu eletto vicario generale. Prigione in Francia con papa Pio VII per 6 anni dl Napoleone, di cui non volle o non seppe eseguire le ardue missioni, e liberatone dagli avvenimenti del 1814, dal pontefice, con cui divise le sciagure e i trionfi, ebbe nel 1816 il cardinalato e la prefettura di tutte le supreme Congregazioni di Roma. Mori nel 1822 celebrato e compianto da tutti, come eminente porporato e gran letterato ed amico ai migliori lette-ratl del suo tempo, che gareggiarono a dedicargli le loro opere, o coi quah fu in corrispondenza epistolare. Scrisse in greco elegie, epigrammi, 'scrizioni eversi, stampati in Milano, Roma e Livorno; un Saggio de' migliori poeti greci secondo i quattro differenti dialetti: in latino i Commen- tarj sulla vita e gli scritti di Benedetto Marcello, di Giorgio Giulini e di Girolamo Pompei, tradotti in italiano e francese, ed elegie e iscrizioni funebri in morte del matematico Frisi, e per altri pubblici avvenimenti dal 1787 al 1805. In italiano lasciò prose, poesie, poemetti, traduzioni dal greco, un elogio e un'orazione pel cardinale Gerdil, dissertazioni cristiano-filosofiche, lettere inedite e stampate, rilevantissime per la storia e la letteratura dei tempi. Il quarto fratello Giovanni Fontana fu canonico in Casalmag-giore e scrisse numerose opere morali ed ascetiche, stampale dal 1789 al 1833. Il celebre filologo abate Giovanni Romani (1757 - 1822), istruito come i Fontana nel patrio ginnasio retto dai Barnabiti, divenne maestro di letteratura e matematica nelle scuole normali della sua patria; Giovanni Ito/nani. poi direttore del Liceo d'Urbino cui provide [di gabinetti di fisica,, di ehimica, di storia naturale, d'orto botanico e di] biblioteca; finalmente vicerettore nel collegio Ghislieri di Pavia dal 1808 al 1830. j Pubblicò molti studj grammaticali; poi dedicatosi alla storia della patria, produsse la biografia di A^o Porci, del Martinelli, di Giovanni Romani, del cardinal Fontana, i fast del collegio barnabitico di Casalmaggiore ; sull'antico CASALMAGGIORE S6S corso dei nostri fiumi, e le Memorie storiche - critiche - politiche di Ca-salmaggiore in 10 volumi, edite dopo la sua morte s. Trasvolando agli uomini d'armi (il Moreschi e i tre Soncini) che si segnalarono nelle guerre nel secolo XVI, terminerò cogli artisti. Come compositori di musica e nella musica istrumenlale molti divennero eccellenti nel passato secolo; come sonatori di violino Zani e Zuccari nelle corti di Vienna, Parigi, Londra e a Milano. Giulio Sacchi fu buon scultore in legno, Francesco Ferrari dipinse all'encausto e le loro opere già si encomiarono. Dei pittori, il Civibono dipinse in Padova e altrove a mezzo il secolo XV., Araldi Alessandro discepolo del Gian Bellino lavorò assai lodevolmente in Parma, ove avvi un buon quadro del l-'ill), Agosta Cristoforo discepolo del Malosso morì giovane, lasciando pochi, ma buoni Quadri. I fratelli Natali pittori briosi d'ornalo e figura dipinsero in Cremona, Soncino e Casalmaggiore. Il Ghislina, il Chiozzi co'suoi molti allevi j quasi tutti compatrioti, lavorarono nobilmente in architettura, miniatura , ornati, paesaggi istoriati a Mantova , Cremona , Casalmaggiore, Parma e Bergamo. Uno di essi Maggiore Beltrami lasciò alla sala dell'Accademia di belle arti in Milano molli pregiati dipinti dal 1817 al 1829; Paolo Araldi, fu primo maestro di Giuseppe Diotti ((770-1846), su cui giova spendere maggiori parole. Studiò a Parma e in Reggio, Protetto da due benevoli suoi conterranei. .Nel 1805 il governo italico 8 '1 Romani è uno dei tanti che scrissero intorno alla lingua senza farne progredirà '° stmii()) uè migliorarne la pratica. In tal fallo pubblicò: Memorie sulla scienza ijrainmalieale, 480H. Mezzi di preservare la luti/uu italiana dalla sua decadenza, 180S. Sulla libertà delia lingua italiana, isti. Teorica dei sinonimi italiani, 48*24. Dizionario dei sinonimi italiani, i H 2">-24». É l'opera sua principale, ma ili canoni iir* Krarj e inefficaci. Tommaseo la dichiara « qaal poteva essere d' uomo digiuno delle *'eWltee e della proprietà della lingua, malcurante e dell'autorità degli scrittori buoni e JJwl uso migliore.» E il Fornaciari gli appone « di non aver posto mente che lo scriver (-'"° iiou islà nel riformar la lingua, ma nel servirsi bene della già formata». Nervazioni sul vocabolario della Crusca, 182(>. Teorica della lingua italiana, \ 82«. Sutl'insufficienza del vocabolario della Crusca al servigio dal linguaggio filosofo italiano per uso delle scienze e delle arti, i8'27. Origina formazione e perfettibilità della lingua italiana, i8'27. Sitila bellezza delta lingua italiana, t8'i7. Opera in proposi lo della quislione che flava allora il Monti, il (piale la giudicò severamente. *'« Storia patria si riferiscono: Nenioria ilogfaticb) del p. Antonio Marchese/ti di Casalmaggiore, tarili. n/nidio della patria per la promozione alta sacra porpora del />. fontana. 1 G>0' Rptoani inventore dell'Apparecchio grande, 181«. cret ei>l0ìia storico-critica sulfanhco corso dei fiumi ì'o, Oglio, Adda, negli agri "oneset parmigiano, casalasco, 1818. Memorie di Casalmaggiore, 182U-30. (il/tsi'/mr Di:,Hi mandollo a studio in Roma a spese dello Stato, prescelto dalle due Accademie di Milano e di Bologna per eccellenti saggi pittorici presentati al concorso; là durante i quattro anni ottenne medaglia d'argento dalla scuola capitolina , poi d'oro dall'Accademia di belle arti di Milano pei nobilissimi dipinti della morte di Socrate (1800), del Mose nel deserto liberatore de' serpenti con 70 figure mirabilmente espresse e maestrevolmente atteggiale, e finalmente della Natività di Gesù Cristo a lume di notte (1809), dipinti levati a cielo da Canova, Landi, Camuccini di Roma, e Bossi di Milano. Nel 1811 chiamato a presedere l'Accademia Carrara 93 CASA LUAGXìlORB 5G7 di Bergamo, la rese per 34 anni una dulie prime d'Italia e madre di eletti pittori, che ora tengono bel seggio nella pittura italiana, come Co-ghetti, Trecourt, Scuri, Carnevali. Studiando il bello antico più che il vero, cercò evitare le grette servilità, come lo esagerazioni artificiali. Lunga è la serie de'quadri e degli affreschi onde decorò le italiche ed estere città, più o meno applauditi dagli intelligenti. Tali sono il san Pietro Pentito a Lugano; la morte di Socrate, ripetuta in Cremona; il giudizio dei neonati spartani, in Casalmaggiore e a Milano; il serpentelli bronzo, la morte di Catone, il congresso di Pontida, rimasti abbozzi per sopravenutagli morte: la Beata Vergine, il precursore e santo Stefano, a Casalmaggiore; una Madonna seduta in trono col Bambino e due santi; d transito di san Giuseppe con due angeli ; la decollazione di san Giovanni Battista, a Stozzano; Tobia guarito, in Bergamo; una Vergine C(>1 Bambino dormente, in Milano; la benedizione di Giacobbe, ad alzano; il bacio di Giuda a lume di notte con figure al naturale, in Vienna : la conversazione di Lodovico il Moro coi più insigni uomini del suo tempo, al Gernetto del conte Melerio ; il conte Ugolino nella torre di Pisa coi figli, a Brescia, ripetuto con cambiamenti: la fuga ''ella sacra famiglia, e la morte di Antigone, a Bergamo: molti ritratti: e colla natività di Gesù Cristo , esordì e terminò la sua onorata carcera. Chiamando a nuova vita la diffidi arte di dipingere a fresco, può «Oiral che la cattedrale e casa Bolzesi in Cremona fossero le scuole del u'otti in tal genere: col suo Olimpo emulò l'Appiani ; altri affreschi lodati seminò in Lombardia , la tavoletta di Venere a Bergamo e a Ca-salmaggiore ; il san Pietro che risuscita Tubila , a Soresina, ora mal-condotto dall'umido; l'adorazione dei Magi in Budiano : l'Assunzione di Maria Vergine, alla Ranica. Le 15 ville o frazioni di Casalmaggiore sono Bagnolo, industrioso per manifatture di tela, concie di pelli, e acquavite, Agqjolo, Staffata, Camminata, È adizione che questo vico traesse l'origine e il nome da un Camino di Treviso, che nel 1257 qui si trattenne dopo la guerra che Ezclino da Romano co' Ghibellini cremonesi mosse contro Parma. Seguono Cappella, nota sin 780 e posseduto dalla famiglia Scauri; (ìambalone, da un canale di scolo che gli corre vicino; Casalbellollo, che nel secolo XII da paludoso ed •ncolto divenne salubre e fruttifero, e Roncadello, che nel 1090 i consoli e confalonieri di Cremona acquistarono con altri poderi, coltivandoli con r('loru' agguerriti. Alcune pergamene del secolo XIV nominano Ronca de faw Capvaria, Domtis de Bruni* Curar Fossw Capra ria-, dunque in origine , eadello dipendeva da questa curia, mentre ora ò parrocchia a sè. Fossa "l»'ara esisteva nel secolo Vili, proprietà delle monache di Santa Giulia di Brescia. Nel M52 era Curia da cui dipendevano altre minori terre vicine, alcune delle quali furono divorate dal Po. lì ira mio dentro o del He cioè entro lo Stato del re di Spagna distinto dal/""W ch'è della diocesi di Cremona, ma della provincia di Mantova, vuoisi ricevesse quel nome da un ramo dell' Oglio o dal fiume stesso, che anticamente passava tra questi due Rivaroli. La depressione e natura del suolo interposto confermerebbe la credenza. Ora P agricoltura e l'industria li prosperarono per modo, che fecero quasi scomparire ogni traccia della primitiva postura. Il primo appartenne come feudo ai Cavalcabò di Cremona, ai quali Barnabò Visconti altri ne concesse dell'episcopato cremonese posti tra P Oglio e il Po, e ne furono poi spogliati da Francesco Gonzaga marchese di Mantova, che molta parte assorbì del territorio cremonese. Quattro Case ha la chiesa fondata nel 1488 dalla pietà di quattro famiglie del borgo, i cui nomi sono conservati in un istromento dell'archivio parrocchiale. Vittanova ha nome e origine da una famiglia di Mantova, che qui ebbe possessi; era parrocchia nel 1003. Vico Belignano òdi origine romana (essendovisi trovate anticaglie di quell'epoca), ma non è certo il famoso Bebriaco, come assevera il dotto Romani. Assorbito il più antico dal Po, si ricostrusse il nuovo più entro terra. Vico Boneghisio è detto da una famiglia di Mantova, che sino dal 1200 vi costruiva una chiesa, restaurata nel 1756. Vico Moscano esisteva nell'878, dalla famiglia Mo-scana, che vi fece erigere un oratorio, divenuto parrocchia nel 1459. Distretto V di Piadena. Seguendo l'ordine naturale e geografico più che l'arbitrario amministrativo, fo tener dietro la descrizione del quinto prima del quarto distretto, stantechè è all'est di Cremona e fra i tre ultimi indicati e d susseguente di Robecco, registrato per quarto. AlPest e al nord confina coli'Oglio e le provincie di Mantova e di Brescia; ha di superficie 277,803 pertiche, censite 1,807,200 scudi; paga d'imposta prediale 470,950 hre, di comunale 128,887 e d'imposta sulle rendite 20,752. È popolato da 21,832 persone (pochi anni or sono salivano a 23,152) in 2454 case e 4539 famiglie con 3940 estimati e 6203 collettabili. Essendovisi or ora compreso il distretto di Pescarolo, numera 39 Comuni e 10 frazioni, 3 soli con consiglio comunale, con 104 deputati e 78 tra maestri e maestre; i più discosti Comuni sono a 8 miglia da Piadena capoluogo; da 10 in 23 da Cremona. DISTRETTO V m Incominciando da quelli a man ritta della strada di Mantova, dopo Cigognolo si presentano Cappella de' Picenardi, Cantero, l'azza liaronzio, Torre degli Angiolini e de' Malamberli, San Lorenzo de'Picenardi, Cu de' Gaggi, Siilo de' Mariani, Brol Posino, lsolcllo, llonca de' Gol/crani, Ga d'Andrea, Fossa Guazzano, Colombarolo, Poutirolo. Pozzo Bakonzio, forse pozzo o poggio de' baroni, o dalla famiglia Baronzio nominata nel sinodo Spedano secondo, era forte castello, combattuto nelle fazioni cittadine del secolo XIV. Ronca de''Gol'fbnan! fu corte ducale con ròcca; G.\ d'Andrea con San Pietro in Medegallo o Mendicate; dai rottami di fabbriche che spesso vi si rinvengono, pare essere slato assai più ricco di case e di Popolo. Aveva un ospitale pe' pellegrini mendicanti sin del 1200, ed °ra ha tre oratorj. Nella chiesa parrocchiale avvi un affresco della scuola dei Campi ; una tela dell' Ecce Homo che vuoisi di Galeazzo e un altro affresco del XV secolo, ma assai logorato, nel muro d'una casa. A Torre de'Malamberti trovasi il palazzo e giardino de' Picenardi G lardili o l'ire no rdi. Illustrai, det L. v. Vol. Hi. 79 570 PROVINCIA DI CREMONA ora Araldi, Erizzo, sempre più abbelliti e accresciuti di nuove preziosità naturali, archeologiche e monumentali Con quel che il bello e il caro accresce ali1 opre L'arte che tutto fa, nulla si scopre. II vestibolo del palazzo acchiudeva pur leste armi, scudi e busti bellici squisiti, appartenuti ai Gonzaga e ai Picenardi, che si segnalarono nelle guerre di Carlo V e de' tempi anteriori. Nel piano inferiore, entro appartamenti di magnifico addobbo, si ammirano statue, sculture, bassi rilievi, busti in marmo, bronzi antichi, dipinti vivaci, arazzi lìaminghi disegnali da Rubens nella gran maniera, e rappresentanti la storia di Massinissa; un teatro e un tempietto domestico. Ivi in avello di marmo fino riposava testò il corpo della B. Elisabetta Picenardi, trasportato per ora nella parrocchia, e tuttavia si conservano la visitazione a Santa Elisabetta, tela di Francesco Boccaccio e due quadri sulla vita d'essa Picenardi. forse i migliori dipinti di Sante Legnani del 1800. Nei piani superiori tu ammiri musei di storia naturale e di geografia , e la biblio-pinaco-teca, più ricca e famosa di cui si onora Cremona, adunandovisi dodici mila libri, distinti per rarità e bellezza di edizioni e di autori, e un ccntinajo di manoscritti e di quadri, insigni la maggior parte. Colà tavole e tele del Perugino, di Sebastiano del Piombo, di Guido Reni, dei Campi, dei Caracci, di Tiziano, di Wanilik, di Manghel, il martirio di Santa Apollonia con molte figure di Giacomo Palma, ch'era a Sanf Abondio in Cremona, la nascita di G. C. di Bernardino Campi, ch'era in San Domenico; la fruttivendola di Giulio, l'Adone di Rubens, un lavoro di Marco Marziale emulo di Rafaele del 1507, 'due vedute di Canaletto il vecchio. Il giardino venne disposto nel 1780, e quindi va tra primi in Italia, col gusto e le tradizioni di quelli dei re di Piemonte, che il Tasso ritrasse nei giardini d'Armida; e fu descritto e cantalo da colte dame, da dotti stranieri e da poeti italiani. Vi si alternano il museo lapidario illustrato dal Bianchi (Marmi Cremonesi, 1790), il Colombario con olle, urne, sarcofaghi, cippi ed are, il tempietto al Genio del loco, l'isola d' Esculapio colle statue del nume in mezzo ad erbe e piante medicinali, il teatro arcadico di tasso, il tempio e la statua a Bacco in mezzo a floridi vigneti, il simulacro di Diana venatrice, il romitaggio di \oung e il tempio alla Dea Ragione infra amene prospettive, pralelli, frutteti e foreste. Poi archi vitruviani, grotte nel tufo di monti artificiali, lag0 sinuoso con capanna di pescatori e tempietto sacro alle ninfe, » capanna d'Angelica e Medoro, l'armatura d'Orlando paladino, rivi scorrenti fra sassi, il labirinto d'Arianna, tempietti al custode degli orti, e DISTRETTO V 571 Pane, e quello a Castore e Polluce, che sarà mutato in un picco] panteon ad illustri cremonesi. Tutto è circondato da viste deliziose di vallette, di colli, di acque, di piante esotiche, che ti sembra essere trasportato in altro clima e in altri tempi, e rivelano colle idee prevalenti del secolo il buon gusto e la leggiadra coltura de"1 fratelli Picenardi, che di tante amenità vestirono la monotona uniformità della pianura disadorna, o sol rigogliosa di biade, di salici e di gelsi. Togliamci a queste delizie per seguire a destra della stessa via da Cremona a Mantova, e tra questa e la Tagliata o Dclmona ci si affaccerà il Comune di Piaoe.w capoluogo del distretto, con commissaria e Pretura, abitato da oltre 1400 persone; borgo assai industrioso e commerciante con mercato settimanale frequentatissimo: fabbriche di candele, di cremorditartaro, di rosolj e liquori assai appetiti. Bartolomeo de Sacchi, che amò prendere il cognome di Platina da questa sna patria secondo il gusto nel suo tempo, lo dice fondato da Platino esarca di Ravenna, quando nel secolo VI l'impero greco estendevasi •smo a Cremona. Ridotto a castello gagliardo dalla contessa Matilde nel ^002, rintuzzò l'impeto tedesco de' guerrieri d' Arrigo IV. Barnabò Visconti a difesa de' suoi Stati qui costrusse due torri sulla Delmona e sul-r°glio nel 1367 con alte rive e ampie fosse. Aveva una badia, cinque oratorj e una chiesa antica arciprctale e abaziale, che fu retta dai PP. Gerolomini dal 1515 al 1773 raccolti in un convento. Trasportata nella nuova chiesa, eretta nel 1756, leggesi un'iscrizione lapidaria al cardinale Ardicelo Rivoltella di Milano, legato di papa Alessandro III a Federico Barbarossa nel 1154, morto in questo vico nel passar da Roma a Cremona. In essa chiesa avvi un bel quadro del nostro cavalier Borroni !'. ^ La chiesa arciprctale conserva il privilegio del sacro fonte al sabato santo, coll'inter-Vento dei parroci di Vo, Drizzone, Castelfranco. La citala iscrizione gotica dice: Morlis ob eventum transiti! Platina adempiala, Corti est decretum, sic desunl sceplra potentum, Cardo sublimi* ruil ilio qui dormii in imis Papw legatus Ardicio Ramai relatus Paccm traci ur us ven il subito r aitar US Quem mors consumpsit Verona piissimo sumpsit lliud tractatum fecìt quoti Carisio beatimi () . K(>1 1848 Giovanili Rattista Gastaldo fu investito delle ragioni feudali ili Piadena W duehi Sforza. Trae molti vantaggi dai dugali o gore Delmona, Golizio, Cavallagio, £ .lto\Piad«»ollii. Vi fiorirono le famiglie Boari, Dell'Ava, Delio, Dorati, Coruti, De-SUn ' Piccnar(lì' Polilo, Medina, Landini, Prandi, Ima contrada serba il nome del ca-°> verso Canneto, che fronteggiava quel di San Ginnesio di là dell' Oglio , demolii* Questo Comune die i natali ad Altobollo Mellone Ferrara , autore di molti laudati dipinti in Cremona nel secolo XV; ad Antonio Mellone della stessa prosapia, che fu governatore pe' Veneziani in Candia, poi colonnello dei re Francesco I e Arrigo II di Francia, e morì all'assedio di Boulogne segnalatosi con sue invenzioni di ripari e di macchine belliche; a Giulio Macchi Lodi, che nel 16G5 institui un collegio pe1 giovani nobili poveri, assegnandovi un legato annuo di 500 lire, affinchè si mantenessero alPuniversità per lo studio delle leggi; a Gamba Luigi buon pittore del secolo passato; a Giuseppe Castellani cavaliere della corona ferrea e dell'impero austriaco (1774-1840), consigliere aulico nel senato lombardo-veneto. Fra il canale della Delmona e i tre ultimi distretti percorsi abbiamo innanzi i Comuni di Pieve San Maurizio, una delle istituite dalla contessa Matilde; di Breda Guazzona, di Ca de' Sokesini, di Recokfano, di Voi/rmo che fu feudo prima di G. B. Gastaldi generale di Carlo V, poi di Araldo Araldi nel 1691 insieme coi feudi di Piadena, Castelfranco e Drizzona. Castel D'alone, fu infeudato da Filippo II nel 1558 a Lodovico Schizzi e suoi discendenti, ch'ebbero poi da Carlo II nel 1070 il titolo di conti. Rompf.nzac.no (certo non da rupe* Tani, come si dice) fu del 1484 dato in feudo da G. M. Sforza a G. P. Bergamino, poi nel 1000 a Cesare Vidoni, indi nel 1077 ai marchese Guido Soresina Vitloni (Benaglia); e fu patria di Giovanni Musonio nel secolo XVI, che dottissimo in greco e latino, insegnò lettere ed eloquenza nel ginnasio di Cremona e stampò elaborate prose e poesie latine. Si addossano a questi i Comuni di Tonnata, chiamato, dicesi, prima del secolo XII VJlla di Sant'Antonio, ma si ignora quando e come mutasse il vecchio nome nel nuovo. Da qui provengono i migliori vini del Cremonese: nella chiesa ha una B. V. col bambino, affresco di maniera molto antica. San Lorenzo Guazzonk, come Fossa e Breda Guazzona nominate, era antico possesso della famigli» Guazzona, da cui redarono la Zaccaria e la Pallavicino, che conservano il diritto di nominarvi il parroco. San Giovanni in Cuoce, forse cosi chiamato dal crocevia, ebbe castello fabbricato da Cabrino Fondulo nel 1407; nel 1410 era governato da tre parti; dal Comune, da una università e da una squadra, le quali si congregavano in consiglio per trattare ed ese- dagli Spagnuoli nel liftl. Nel 18.17 fu eretto il bel ponte suIl'Oglio. Nel 1839 il territorio ebbe a sofliir moltissimo dallo straripamento dei fiumi. Una volta vi si solennizzava il primo novembre, con invilo di parenti e amici; or si ridusse a fiera. Possono vedersi le memorie slorielie dei Comuni di Rivarolo Fuori, Piadena, Cal-vatone o città di Vegra e del Vico Debriaco, ecc. del dottor Bologni Bonifacio Mapi a Cremona, 18'iK. C. C. DISTRETTO V 573 guire i negozj; in quell'anno giurarono vera e pura obbedienza e fedeltà a Cabrino Fondulo e suoi credi, e di custodire e difendere il castello per lui. Glie vagliono giuramenti e atti di forzata devozione quando la Provvidenza sonò l'ora del tiranno? Quel castello fu valorosamente difeso nel!528 da un Favagrossa di Spineta contro i Pallavicino , ed è ora ridotto a palazzo con grandioso giardino dei Vidoni, marchesi, poi principi. Quel giardino, colle delizie delle piante, dei fiori, dei colli, dei laghi, dei boschi, colle amene prospettive, le grotte, le capanne, le vallette artisticamente scompartite, colPedifizio della darsena, ove il Motta prospettò stupendamente una regata, col monumento all'Amicizia, il Castello, la Pagoda, il Romitaggio, la Cascina olandese, formano un misto di cose naturali ed artistiche, di rustico e di colto, di nostrale e straniero, d'antico e di moderno , che desta meraviglia e diletto. Questo Comune fu patria di Carlo Felice Matta vescovo di San Severo luminare della corte di Rom:', Passando ai Comuni collocati alla sinistra d'essa strada di Mantova c rOglio, ossia in prospetto alle provincie di Mantova e di Brescia, incontriamo San Paolo Ripa d'Ogiuo e il Vnò, ossia l'antico vado o guado de' pescatori bresciani nominato nel 709: aveva la basilica e il monastero di Santa Maria, eretti dalla gente Longobarda, i quali venuti in podestà e difesa di Adelchi re, furono concessi da lui al monastero di Santa Giulia o del Salvatore di Brescia. La famiglia Maggi di Cremona vi co-strusse il sontuoso palazzo e la chiesa; nella quale avvi un crocifisso di assai buona scultura." Presso a questo vico trovasi Bel giardino, che forse trasse il nomo dall' amenità naturale o artificiale che fosse. Calvatonr da cavea o caveum, rammenta Ottone imperatore, cioè il cavo o 'a fossa del suo esercito, che qui fu sconfitto dall'emulo Vitellio. In quest'intorno, secondo tutte le indicazioni, era l'antico Bebriaco, là ove il terreno {aree di SanCAndrea) per lo spazio di 500 pertiche s' erge a guisa di colle sulla circostante pianura, e smosso rivela rottami di fabbriche e arnesi antichi, e in pochi anni offerse le famose statue della Vittoria e dell' Esculapio, e ne offrirebbe forse di maggiori se i nostri fossero più amanti della gloria e delle antichità della patria >°. 10 Vuoisi che a Calvatonc esistesse I' antica città di Vegra , anteriore a Troja (!), e ''"a cronaca ci sa dir la serie de'signori e degli abitanti, sinché fu distrutta da Attila. nns'i Plinio e Tacito ricordano Rebriaco, che par a collocarsi quivi, dove tuttodì si tro-Va:'o musaici colle monete specialmente nel quartiere di Sant'Andrea. Ricordasi una la-l'ido jvvrntvti aktanohvm PosviT COLLÈGI vìi, illustrata da Isidoro Bianchi: un busto ^WatO nel Ì8I>'2 dui signori Aloisi, di rame inargentato, che si suppose un Eliogabalo ; *H!)!1 dagli stessi una statua femminile d'alabastro con lapide, forse Cleopatra; un'altra Vittoria. Esculapio. di marmo pantelico (i. I, scuola Fiorentina. H «Senza duopo di Risanimi uvea Roma nei secoli XI e XII scuola propria di opere lessnlari, dalle quali uscirono imi secolo XIII quei Cosmali i cui musaici denuo anteporsi a' Greci di San Marco, i quali ad un tempo coi romani lavoravano in Venezia». Vallei Prefazione al Vasari, DISTRETTO V 870 ovvero di foveam ad derivandum in cani aquas fluminis del Cavitelli, ovvero una tagliala per voltar altrove il fiume, del Campi. Una pergamena del H92 porta che il Comune di Cremona investì cinque consoli del castello, nuper (edificato, a Binanova in riva dell1 Oglio, rendendo liberi tutti gli abitanti in esso, e sciolti da ogni peso della città, ed essi promettono di dare ogni anno jovaticnm et brazaticum, cioè dodici denari imperiali per ciascun fugo (jugero?), e tre per ciascun braccente. Inoltre, a nome del lor Comune e de' castellani giurano que' consoli a que1 di Cremona di salvare e difendere il castello all'onore e utilità di essa, di far guerra e pace a volontà sua, e che nè in consiglio, nè in fatto lo consegneranno ad altri, per non perdere la loro libertà. Non so se in queste parti, certo presso all'Oglio sorgeva un Casal Settori, cui allude una carta del i200, importante per le giurisdizioni d'investitura. Il Comune di Cremona investe Marchese Sopramonte d'un luogo deserto presso la ripa dell'Oglio, e consente ch'egli edifichi del suo allodio quel casale dichiarandolo libero come gli altri del distretto, col patto che sia compiuto senza spese e lavoro del Comune, che gli abitanti giurino di star sotto ai podestà ed ai consoli di Cremona e che il Marchese lo mantenga a onore e ulilità di detto Comune e al precetto de'suoi rettori sotto pena di cento marche d'argento. Distretto IV di Robecco. Questo distretto, al nord di Cremona, distendesi lungo P Oglio con cui confina, e coi «listretti di Piadcna, di Cremona e di Soresina. fi bipartito dalla strada per Brescia, che attraversando in larghezza il territorio, lo divide in superiore o nord-ovest, ed inferiore o sud-est. Lungo di essa i canali irrigui travalicano dall'uno all'altro, lasciando fluire le acque sovrabbondanti nel sottoposto colatore di Robecco. Il distretto è in superficie pertiche 211,836, estimate scudi 2,028,359, sulle quali grava P imposta prediale di 528,590 lire, la comunale di 130,557, e sulle rendite di 181,271. L'abitano 24,215 persone in 1938 case e 4807 famiglie con 1792 estimali e 6070 collettabili : ha 28 Comuni e 24 frazioni, uno solo con consiglio comunale, 91 consiglieri comunali, e 56 tra maestri e maestre; i Comuni più lontani si discostano non più di 9 miglia da Robecco, capoluogo, e dai 3 ai 9 da Cremona. Ripigliando dai Comuni attaccati ai descritti del distretto quinto, lungo POglio e a destra della via di Brescia scorgiamo Scandolara ripa d'O-ui.io, ch'ebbe un forte castello di contro all'altro di Seniga eretto dai Bre- sciani; Aspice, dal rivo o colatore naturale, che gli passa vicino, era castello nel 966, caslrum de Aspice, forse l'antico Vico Furio devastalo dai Goti, uno de' quali gli die il nome ; Corte de' Frati con Noce Garione, possesso degli Umiliati di Sant'Abbondio, fu detto anticamente de" Zeni ; Alfixno nuovo e vecchio con Grimone, d' origine romana e forse dalla famiglia Alfena, appartenne ai duchi longobardi di Brescia ; nel 760 fu corte con porto sull'Oglio, e le monache di santa Giulia, cui fu donato dai re Desiderio e Adelchi, vi nominavano un rettore; e lo tennero sino al 1060 con Montesello novo, Calvatone, Ciconaria, Meliarina, ecc. Nel 1230 vi battagliarono Bresciani e Cremonesi, che rimasero presso che tutti morti o prigioni ; e da un campo denominalo degli ossi ancor se ne sterrano arando. A Grimone un'acqua medicinale detta della lagrima, era lodata dai medici del secolo passato. Scostandosi dal liume verso la città, troviamo Grontarro, anche esso d'origine romana (vi si scavò una lapida), e corte nel 1012; p»' feudo insieme con Pescarolo; e N. A. Maggi, nel 1644, n'ebbe F investitura da re Filippo IV di Spagna col titolo di marchese. Tenne già fiera del lino più eccellente del territorio ; ha un oratorio di San Giovanni nel deserto , eh' era fornito d' un monastero d'Olivetani, successi alle monache Benedettine instituite dal vescovo Sicardo. Seguono i Comuni di Gamiuna Barciietti, Levata, Qcistro, Carpanera con Dosimo e Villasco, Persico con Persichello e Aqualonga, Sant'Arrondio, Svn Sillo, Castei.novo Giierardi o Giraldi con Villanova e Brazzoli, So-i.Mioi.o dei. Persìco, Barriseli.!-., Prato con san Pietro Delmona, Bette-nesco con Bertana e Boccida, undici Comuni ache trassero il nome per lo più da remote origini o di famiglie o di chiese estinte o cadute, delle quali non rimase memoria alcuna. Volgendosi ai Comuni situati a sinistra della strada di Brescia, la accavalca Rorecco con Monastirolo e Gallarano, sede del commissario, e popolato da 2500 anime. Era castello eretto dai Cremonesi nel 1287 per tener fronte ai Bresciani fortificali nel vicino castello di Pontevico, poi smantellato da Cabrino Fondulo, alleato coi Malatesta di Brescia. Da una lapide romana qui rinvenuta parrebbe che questo vico fosse abitato da famiglie romane. Nella chiesa v'ha una bella tavola, la Beata Vergine col bambino, sant'Antonio abate e altri santi; pare di Galeazzo Campi del 1517 e fu or ora restaurata. Monastirolo frazione,che nel 968 apparteneva alla diocesi di Bergamo, ebbe una fiera o mercato sull'Oglio frequentatissimo, detto di San Sisinio, un monastero di Benedettini detti di Cereto distrutto dagli Ungari e rifatto dai vescovi di Bergamo, e una chiesa e badia di San Michele dotate di privilegi (in Uoiielli, Lvvo e Ronchetti). Nel 1192 alcuni castellani e signori di questo luogo nella pubblica credenza DISTRETTO IV 5*1 o conclone di Cremona promettono per sè ed eredi loro ai consoli del Comune di Cremona di tenere e salvare con buona fede e senza frode il castello per Ponore, Putitila e la volontà di esso Comune, e di non Permettere che alcun castellano avente casa et sedimina nel castello di Ro-becco abiti in Monastirolo, sotto pena di cento libbre honorum imperialium. Piccoli Comuni e di niuna memoria storica ch'io conosca, sono Poz.-ZACLio, Casai.sigo.nk, Ossalengo con Livrasco e Cà de' Stirpi, Mar/.alknco (Mastalinuo), Dosso Beroardo, San Vito, Cavallana, Cignone, Corte de1 Cortesi con Campagnola e Cantonata, San M\rtino in Belisela con Ror-gonovo e Cappella, Olmeneta con Treccina, San Martino delle Ferriate e Cà del Botto. Casalsigone ebbe, secondo il Bressiani, l'origine e il nome da un Sigonio veterano d'Augusto; Ossalengo si chiamò da un capitano di Ottone III che imitò l'imperatore romano nel premiare i s,«oi fidi coi predj rapiti ad altrui; San Vito fu una chiesa costruita dalla ^miglia Guiscardi nel 1030, eretta in parrocchia dal vescovo Usberlo "el 1090; Cignone fu devastato dai Milanesi nel secolo XIII e nel 1525 dato in feudo a Francesco Del Maino dal duca Francesco II Sforza; Corti: de' Cortesi era Corte regia, poi della famiglia dello stesso nome, 1l|io della quale, detto Tolomeo, fu professore di leggi a Padova nel 1297. Maggior ricordo dimanda Casalruttano con 8 frazioni. Fu del ducalo ft diocesi di Bergamo nel secolo Vili e XI, indi corte o curia e feudo del vescovo di Cremona; e trovasi nominato insieme con Trigolo e Martalengo nel 1074 col nome di Casalbotroam: poi castello con capilanei nel 1186. Il °onte di Carmagnola lo tolse a Cabrino Fondulo, i Veneziani al duca di Milano nel 1432. Da Filippo IV fu dato in feudo ad uno degli Schin-(hine||i suo favorito, impartendogli anche il titolo di conte. Ora è sede (1' pretura, popolato da 4000 persone, assai industrioso, e ricco di splendidi edificj per la filatura della seta, dotata d'ogni specie di perfezionamenti moderni. I fratelli T urina hanno una filanda a vapore di 240 aspe, Jacini ' *20. Ha scuole elementari minori e maggiori, e mercato settimanale. La residenza permanente nella borgata di doviziose famiglie diede impulso oltremodo alle imprese agricole per quella legge della civiltà per 1 capitali raccolti dal traffico vanno a riversarsi sulle campagne ed a econdarle. E non possono essere passati sotto silenzio i grandiosi lavori ( 1 bonificazione intrapresi con esito felicissimo dai Turina e dal Jacini, f| le magnifiche cascine, che non temono rivali in Lombardia, erette nei ' '"torni di Casalbuttano dai due principali possidenti del luogo. Basti C,tare Folengo e San Gervaso ,s. ^ercT ^°n° Verame*l*fi carattere di questi paesi le famiglie ricchissime, che da sè stesse ' auo ' rropij fornii. Mentre il miglioramento di quelli sulla sinistra dell'Adda è dovuto La chiesa possiede un bel Salvatore di Galeazzo Campi e un san Giorgio del Mainardi del 1593, ma perdette testé il martirio di san Pietro di Guido Reni. In quella del convento, ch'era de' Benedettini detto di San Salvatore, trovansi altri buoni quadri in tela. CusalhtiilintQ. Il palazzo Turina, addobbato magnificamente e decorato dì seda e &àtó da ballo sontuose e d'elegante giardino, racchiude insigni oggetti artistici «' naturali, fra cui tavole, tele e pietre dipinte da ignoti, ma insigni pennelli antichi ; e voglionsi certi un ritratto del Tiziano, un bambino del Caracci, quadri del Bembo, del Malosso, del Carnevali, del Diotti; Se-rangeli fresco la storia di Amore e Psiche; quadretti e vedute di Mi-gliara, Canella, Ronzoni, Coggi, Moglia, Sidoli, Speltini, Vertua sono sparsi qua e là , e incisioni de' migliori bulini inglesi, francesi, italiani. a (ìtlajuoli, su questa riva fu opera de' proprielarj stessi, e Io ravvisi nella lautezza flenfl spese, non proporzionala al ricavo, siccome avviene dei giardini, ove il lusso è portalo ne (ìlari, nelle spianate, ne'margini de'fossi, soprattutto nelle cascine, piuttosto simili a palazzi. Di questa lauta agricoltura esercitala dai proprielarj resilienti, noi abbiamo discorso nel vol. I pag. 373. C. C. DlSTHlìTTU IV 583 Aggiungi arazzi antichi, vasi d'alabastro con bassorilievi, un crocilisso di avorio, una tazza cesellala in argento dal Cesari, tarsie, del Mafezzoli, monete, medaglie, cimelj in bronzo, argento ed oro, un Priapo di bronzo trovato in Cremona col martello nella mano destra e un fanciullo. Sovra-tutto ammirabile ci parve il gabinetto portatile, e decomponibile in molli arnesi, forse un tempo appartenente alla Certosa di Pavia; formato con denti d'ippopotamo, presenta storie della mitologia antica e de' primi novellieri e romanzieri italiani, mirabilmente intarsiate con legni peregrini, pietre preziose, specchi, ligure d'uomini e d'animali. Son vera gloria di l'illustre ricetto le migliori incisioni in pietre dure del Beltrami, cioè il Bacco fanciullo consegnato da Mercurio alle Ninfe dell' antro Niseo di Canova, inciso sopra un giacinto guarnaccjno ; sotto questo quadro dei-undici ligure il Beltrami scolpi un baccanale di sua invenzione di ventiquattro figure minutissime ; Angelica Medoro del Matteini, inciso da Moralen e in altro giacinto da Beltrami ; Venere ferita da Diomede, inventato e inciso da lui in corniola bianca; la pace d'Amore e Psiche, composto pure e inciso dallo slesso in corniola verde ; la Ricchezza che presenta ad Amore i suoi tesori e la Ricchezza cinta da Amore in corniola bianca; la fa»ta di Niobe, stupenda composizione ed incisione in topazzo del Brasile; Hinaldo ed Armida, composto e inciso in giacinto dal Beltrami, che in un piccolo spazio della pietra scolpi l'accampamento de' cristiani sotto le mura •li Gerosolima con figure minutissime in varj gruppi di fanti, cavalli, ecc. coi merli e le torri della città, di maravigliosa bellezza; V addio di Giulietta e Romeo delTHayez su topazio orientale, lavoro forse agli altri superiore Per le grandi difficoltà superale; la lesta di Giove crinito, carneo in cor-mola ; e per ultimo la tenda di Dario di Le Brun in topazio bianco del Brasile di i8 figure, lavoro compiuto in tre anni, e chiamato miracolo dal Cicognara, che giudicò maestro sommo il Beltrami. Disse un filosofo antico essere benedetti dagli uomini e raccomandati a"a posterità non solo gli artisti eccellenti, ma anche i generosi, i quali V| danno lavoro, e onorano la patria e le arti civili. Distretto VI di Soresina. Posto al nord-ovest di Cremona, è il distretto di maggior superficie e Popolazione, come il più industrioso e commerciante d'ogn'altro del territorio; ha 297,072 pertiche, estimate 2,109,882 scudi, gravate di l're 548,793 d'imposta prediale, di 143,141 di comunale, e di 19,184 sulle .rendile. Novera 31,000 abitanti in 2911 case e in 675u' famiglie e 581 PROVINCIA DI CREMONA tra essi 2789 estimati, 8200 coliettabili, 135 forestieri, 108 consiglieri comunali e 40 tra maestri e maestre. Lo popolano 18 Comuni e 8 frazioni, due soli con consiglio comunale, e i più discosti dal capoluogo, Soresina, hanno 8 miglia, da Cremona dai 9 ai 18. Seguendo la schiera dei Comuni lungo l'Oglio, dopo Corte de' Cortesi e a destra della via da Cremona a Soncino rinveniamo Mirahello, che non olire particolarità storiche e artistiche, e Bohoola.no con Crotta-nova, castello diroccato dai Milanesi nel 1218, ritolto ai Ghibellini nel 1312 da Guglielmo Cavalcano, smantellato nel 1432 dai Veneziani condotti dal Gonzaga, distrutto per sempre dai Francesi nei primi anni del secolo XVL Filippo Maria Visconti lo infeudò a Giovanni Bordolano, Francesco II Sforza nel 1525 a Giuseppe Del Maino. Castel Visconte, fu nel 1153 fortificato dai Cremonesi. Regina della Scala moglie a Barnabò acquistollo e il donò ai canonici della Scala, istituiti da essa in Milano; Gian Galeazzo nel 1391 l'infeudò alla stessa collegiata ; nel 1520 fu campo di scaramucce feroci tra Francesi e imperiali. Azzanello nominato nel secolo IX insieme col borgo Montorione, era dotato d'una selva a? ulivi. Occupato e distrutto dai Milanesi e alleati nel 1217 per vendicarsi su'Cremonesi della scontiti toccata quattro anni prima, ne furono da questi cacciati con grave perdita. Per opera di Filippo Tinti vi fu costruito un convento di Domenicani; nel 1666 n'era feudatario il marchese Del Maino. Gèni Volta, nelle antiche carte Jovenalta, Jovalla, Zovenaka per un tempi0 o ara o santuario ed oracolo a Giove, cui san Savino, primo preside di nostra Chiesa, è tradizione atterrasse rivolgendo il luogo al culto del vero Dio. La chiesa, una delle battesimali o pievane, era retta da un arciprete a' tenip» de' Longobardi ed ebbe beni e privilegio nell'852. In quell'anno si nominano acquedotti, mercati in pianura e ne' luoghi montuosi, e navi scorrenti sulla Delma detta fiume, e sull'Oglio. Si ha anche indizio d'un castello nel 1052, che il vescovo Sicardo nel 1194 fortificò ; egli vi istituì ancora un convento di Benedettine. Ivi nel 1135 il vescovo Uberto capitanando armalo i suoi Cremonesi, è sorpreso dai Milanesi, e condotto prigione; ivi nel 1234 avvenne un'altra battaglia tra i due popoli emuli-Nel 1332 divenne feudo della mensa vescovile per la permuta fattane della terra di Vescovato, con Filippino Gonzaga, marito dell' ullima donna di casa Dovara. Il vescovo Bottigella nel 1466 vi scavò un canale, che ancor conserva il suo nome, per irrigare colle acque dell'Ogl'0 vasti terreni; l'altro vescovo Lodovico Settala vi fondò il palazzo di villeggiatura vescovile. Narra il Campi compassionevole caso avvenuto m questi dintorni l'anno 1523; una fanciulletta evira un suo fratellino; la madre tornando dai lavori dei campi, trovalo morto, e percuote la figlia DISTRETTO VI 585 per modo che l'ammazza; sopraggiunge il padre che, inorridito alla vista dei cari uccisi, fredda la moglie, incendia la casa, e sè appicca ad un albero. Casalmorano si nomina nel 991; il Comune di Crempna nel M88 investe alcuni uomini delle acque, case e molini posti in questo luogo; nel 1218 fa diroccato dai Milanesi e alleati; nel 1413 la fazione ghibellina difese il castello fontro i guelfi Cavalcabò e Cabrino Fondulo, il filale poi l'occupò, ma dovette cederlo al conte di Carmagnola. Fu feudo della famiglia Barbò, che ne distrusse o ridusse a casa il castello- Qui Nacque il gesuita Ripari, ucciso al Paraguay nel 1637, ed il famoso retore e poeta Francesco Zava del secolo XVI scrittore di epistole, ora-Z)oni, versi stampati in Cremona. A sinistra della strada di Crema e del Serio Morto sono Acqualunca Badona., che fu corte o curia, poi castello, ove trovavasi il Monticello Vuiberli e la villa detta campus macer, possesso della contessa Matilde, che donollo ai canonici di Sant' Agata, nel qual tempo v' erano fosse, acque, pesche e caccie. Barzaniua colla cassina Barbova fu infeudata con a'tre terre nel 1525 da Francesco II Sforza al marchese Giuseppe Del Maino ,,;; Galeazzo Cignani nel 1556 lasciò a questo Comune due doti an-nuc a due povere zitelle. Nel 1620 si concesse in feudo ad un Ariguzzi di Cremona. Gkontorto, detto Grumnotorlo, fu anch'esso castello deva-stalo dai Milanesi nel secolo XIII ; Farfbngo o Fartefuicjo aveva una chiesa nell'828 e in esso il monastero di Nonantola possedeva alcuni l^edj. Oscasalk (tirso casule), nominato nel 1015, die nome ad illustre 'biglia. Ed eccoci a Soresina, sede del commissario e del pretore, e capoluogo del distretto ; popolato da presso a 8000 anime e molto industriosa, r,cca e commerciante, con scuole infantili ed elementari minori e magari, ospitale, cause pie, un teatro, un mercato settimanale e una iiera ar*nuale. Fra le rarità artistiche, che aduna il grosso borgo, stanno nella °l1 luei,ls granii i s et nulcher. EÌ statini oblatus ci dònatus est polesfotl Bonoaia: qui' eral. C. C. quadrata eoa merli, alta 47 metri, detta Leone, poi d'Isso, unico avanzo rimasto delle antiche fortificazioni. Nel 4213 nei campi della Bodesina o della Battaglia si combattè la giornata più celebre di que' tempi, tra Cremonesi e Milanesi, i quali vi perdettero il carroccio, perdila di molto danno e di maggior vergogna, lasciando dai 4 ai 6000 tra morti e prigioni, e un bottino calcolato 40,000 lire pavesi, che sarebber 5 milioni di lire, secondo Giulini. Nelle fazioni cittadine anche Castelleone fu preda or de1 Guelfi or de'Ghibellini, che se ne contrastarono il possesso con sangue e rovine. Nel 1403 ebbe e riformò i suoi statuti, prosciolto come fu dal dominio viscontesco. Nel 1420 fu eretto in marchesato, e conceduto a Cabrino Fondulo, che lo ridusse inespugnabile arnese di guerra, e lo resse con 20 sapionti e con proprj statuti sì, che divenne industrioso, ricco e popolato da 11,000 abitanti e da 20.000 col territorio. Esso fece coniare la moneta, indizio di signoria indipendente, Cabrinus Fondulus, marchio Ca-strileonis et comes Soncini. Ivi Onorata Rodiani, castissima fanciulla, mentre dipingeva il pa* lazzo di Cabrino, accoltella un cortigiano di lui, che tentava offenderla neh" onestà ; poi vestitasi da uomo, elegge di abbandonare i suoi e la patria, e vivere anzi onorata fuori che disonorata in essa, e incognita si arruola nella compagnia di Oldrado Lampugnano. Pugnò sotto varj capitani ed ebbe uffìcj ed onori militari, e finalmente nel 1452 entrò nelle milizie del duca Francesco Sforza, mostrando sempre grande valore, e soccorrendo a Castelleone assediato dai Veneziani. Ma qui ferita mortalmente, e gloriosa di essere vissuta e di morire onorata, fu sepolta nella chiesa parrocchiale il 20 agosto di quell'anno. Durò quattro anni Cabrino nel piccol dominio, poi glielo tolse a tradimento Filippo Visconti, il quale nel 1435 permise che la terra si governasse, ' come Pizzighettone, indipendente dalla giurisdizione e separata dal territorio di Cremona. Ma per la sua postura Castelleone soggiacque ad assedj e malavventure; nel 1450 e 52 assediato dai Veneti, fu valorosamente difeso da un Noce e da un Fiammeno, il quale, reso deforme per le cicatrici, disse ai suoi derisori, che le ferite ricevute per la patria gli erano care e onorevoli, e lo facevano bello. Nel 1460 Castelleone fu dichiarato città. Durante il dominio dei Veneti (1499-1509), il c0" mizio dei sapienti s'accrebbe a 49, scelti dai signori, dagli artigiani e dai poveri. Massimiliano Sforza, come cosa propria, diello in dono o in feudo nel 1513 al patrizio legista cremonese Andrea Borgo col titolo di conte, poi nel 1524 Francesco II Sforza ad Alfonso D1 Avalos marchese di Pescara, nel 1600 la famiglia D'Avalos di Napoli, lo vendè a Stefano Doria, e questo alla casa Rosales di Milano con titolo di marchesato. Nel 1796, colle altre terre che ne furono separate, tornò a far parte del territorio cremonese. DISTRETTO VI 589 Castelleone ha un ospitale fondato nel 1213, un monte di pietà, un instituto elemosiniere con sussidio al baliatico, e cause pie pe' convalescenti e pe' cronici ; ha teatro, scuole infantili ed elementari minori e maggiori, mercato due volte la settimana, filande e opificj. La chiesa parrocchiale, di cui Sicardo vescovo pose la prima pietra nel 1188, fu plebania, collegiata e arcipretura; ora riattata, si onora del bel monumento marmoreo del nostro scultore Vigani, innalzato a monsignor Padani, che fu qui parroco e morì vescovo di Lodi, e lasciò manoscritta in tre volumi la storia civile ed ecclesiastica di Castelleone. La sollecitudine dell'attuale arciprete Bignami ci offrì i disegni di tre croci d'argento con magnifiche cesellature, custodite nella sua chiesa di cui una diamo qui dietro ; lavoro prezioso del secolo XIII e di artisti cremonesi o lombardi, sebbene insultato dai nostri, che credendo migliorarlo lo dispogliarono di alcune parti importanti. Esse croci furono fatte git-tare dai Cremonesi, secondo la tradizione, dopo la fausta giornata del 1213 col molto argento tolto dal carozolo de' Milanesi, insieme con sei candelabri, su cui erano scolpiti emblemi allusivi ai santi Marcellino e Pietro , ai quali si attribuì la vittoria. Il dotto arciprete possiede una Beata Vergine col bambino in mezzo a tre frati, tavola alta e lunga due metri, del nostro Tomaso Aleni del 1500, colla quale emulò il Francia e il Perugino; inoltre un Padre Eterno del Boccaccino; studj originali del Pordenone eseguiti nel nostro Duomo ; due tele d' altare del Moretto da Brescia e di G. C. Procaccino, e alcuni originali e copie di l'iadri delle migliori scuole italiane. Presso questo borgo insigne, s'un'altura chiamata dosso del giandone, scamparono i Milanesi nel 1213, i Francesi nel 1513, e il duca di Bruns-^'ck nel 1528. Vi son pure due santuarj antichissimi. Quello di Brisia-"ore era insignito di una delle prime chiese cristiane erette nel Cremonese, la quale nell'842, ai tempi di Algiso conte di Cremona, aveva Un arciprete e un castello con altri quattro più piccoli, atterrati dal ^arbarossa, riedificati dal podestà Camisano, quando fondò Castelleone. Perciò lo stemma del borgo è un leone che porta tre torri sul dorso ,n campo azzurro e il motto Iforum tutela tntus. A Brisianore nel 1110 1 Milanesi trionfarono de' Cremonesi, e da pochi anni vi si scoperse una ,aP>de romana a Mercurio Dio. L'attuai chiesa del santuario fu edificata Per voto di Bianca Maria Visconti nel 14(10, secondo l'architettura di quella di Santa Maria di Guadalupa in Spagna, con un convento abitato J*gH Eremiti di san Girolamo, poi dai Minori Osservanti ; chiesa fregiata 1 cupole eleganti, frescate da pittori della scuola cremonese e caravag-^lna » di una tavola bellissima, il Cristo risorgente con bandiera trion-ae c d'un tritico all'aitar maggiore, la Beata Vergine col bambino e DISTRETTO VI 101 Maltempo del 1013, gli affreschi di Dordoni e di Mariani di Gastelleone. Fra gli illustri di questo borgo mi limito a ricordare B. Canneti e Loea-delli, architetti militari e civili celebratissimi nel secolo VvV e XVI in Italia e fuori, e D. Clemente Fiameno, che scrisse in versi e in prosa nel XVII secolo cose storiche appartenenti specialmente al suo Castel-leone. È nolo il distico antico: Castroleo armigeri*, doctoribus, atque poetis. Ariibus, ingeniis et pietate micat. Terminano il distretto que' Comuni che giaciono fra il Serio Morto e k riva sinistra dell'Adda, e prospettano i confini della provincia di Lodi e Crema. Canova e Ouano o Alzano, Conti: Madama ossia Corte Madonna. Questa fu feudo (10' Cavalcabò, e nel 1420 di Cabrino Fonduto con Ca-stellcone, Gombito e San Bassano. Nel 1666 se ne infeudò il marchese di Caravaggio, che godeva speciali esenzioni e franchigie. Gomiuto, detto anticamente Gomedo con Stellazza e Dosso Stellazzo, fu anche feudo della ^miglia Ponzoni, che n'ebbe l'investitura da Filippo III di Spagna nel 1621; ivi trovaronsi olle e anticaglie romane. San Bassano, castello codiato e distrutto con altri del Cremonese nel 1136 da Lottarlo II «Beato ai Milanesi. Gli uomini di esso giurarono nel 1157 ai consoli di Cremona di non dare juralicum el frodrum a niun altro che ad essi, d* spedir l'acqua del Serio dall'Adda sino al loro castello. Nel 1162 i Sanbassanesi sono investiti dai detti consoli delle regalie pertinenti a demona per certe acque del borgo, per ripe, pesche, molini, stazioni, banche, finestre per vendere, purché paghino dieci lire imperiali. A questi dne atti erano presenti un Tinto Musodegatto, un Albertino Votascu-Wla, un Beniamici, un Majavacca. Nel 1407 tornò in dominio de' Cremonesi per opera di Cabrino e nel 1666 fu feudo de' Borromei. È Patria del celebre Vida, d'alia facondia inessiccabil vena, che qui giovinetto in rjva al Serio e inspirato dalle ninfe Seriadi dettò II Baco da *eUt e altri poemetti latini. . ^Ar-PiacA Caniom. con santa Maria de' Sabbioni era forse letto del Se-Vl0> è nominala in carte del secolo XII. FoiuncviiA con Cornaleto, soggetto alle innondazioni dell'Adda, aveva castello, di cui solo si conserva una lunga strada sotterranea; un convento di regolari sul dosso di santa Cristina , or demolito; la chiesa fu « le plebane nel secolo XIII. Era feudo della famiglia Guarna Salerno, Patria del famoso Giacomazzo, guerriero fortissimo, e di Andrea, letterato del secolo XVI, autore del vantato Bellnm Grammaticale. Poi ne mfeudata casa Archetti di Brescia. In questo Comune avvi una sin-re caduta d'acqua, che move tre diversi opificj, un molino, un tor-cmo e un pistrino di riso. Distretto VII di Soncino. Air estremità nord-ovest del territorio, chiuso tra P Oglio e le Provincie di Brescia, Bergamo e Crema, giace il distretto settimo, il più piccolo e meno popolato di tutta la provincia. Ha 163,701 pertiche di superiicie, censite 995,979 scudi colla imposta prediale di 259,582 lire; di 66,330 comunali e 8421 sulle rendite: con 13,962 abitanti, divisi in 1557 case e 3009 famiglie, con 1109 estimati, 4000 collegabili, 81 deputati e 12 maestri.Degli8 Comuni con 8 frazioni, due soli han consiglio comunale; i più lontani distano 8 miglia da Soncino, da Cremona dai 18 ai 25. Da Genivolta lungheggiando P Oglio, recapitiamo a Sonoi.no con Ga-lignano. Se non può provarsi a documenti che fosse fondato nel secolo IV dai Goti, o dai Latini vinti e fuggenti da questi, sembra però costrutto e abitato primamente da famiglie cremonesi, milanesi e bresciane, sottraentisi dal barbarico ululato. Aggregato alla diocesi di Cremona, nel secolo VII fu Soncino purgato dall'arianesimo. Nel secolo XI, mentre in Lombardia si compievano grandi avvenimenti, Soncino era oppresso da Conti, cacciati da altri paesi. Un Ospinello, giovane d'alti spiriti e prode nell'armi, redense a libertà il suo paese, lo resse secondo il diritto di tutti e le patrie leggi, sì che divenne prospero e potente per industrie e manifatture, per armi e studj. Mutato che fu il regime episcopale nel comunale, il popolo e i consoli tli Cremona nel 1118 investono 50 militi colla lancia e il vessillo, perchè abitino, servano come vassalli, difendano con fedeltà ed onore di Cremona il feudo, la curia o corte di Soncino. Ribellatisi i Cremonesi all' impero, Lotario a danno loro espugna Soncino (1127); ma è prontamente rifatto o ristorato, poi poco dopo combattuto e dato al fuoco dai Milanesi e Bresciani (1150 -1190) in causa delle liti pel transito e il possesso dell'Oglio. Nel 1200 e 1210 i Cremonesi investono il podestà a nome de' militi, de' popolani, de' castellani, degli abitanti e vicini del castello e borgo di Soncino, i qual» giurano fedeltà al Comune di Cremona, e di conservarlo ad onore e utilità di esso. Per tutto il secolo XII fu bersagliato dalle fazioni guelfe e ghibelline, dalle risse interne dei Barbò guelfi coi Fonduli e i Covi ghibellini, e dalle esterne occupazioni e signorie or dell'uno or dell'altro dei capi di quelle, i Visconti di Milano, i Fodri di Soncino, i Dovara e i Cavalcabò di Cremona. Buoso Dovara ne fabbricò le mura nel 1247. Quivi morì e fu sepolto nel 1259, il tiranno Ezelino, e vuoisi con DISTBETIO VII »03 suntuoso mausoleo, di cui non rimane traccia, nè tampoco memoria1". Arrigo VII (1311), onorò di privilegi Soncino, avendo da esso ricevuto in dono bacili d'argento con figure in bassorilievo, pezze di scarlatto, orologi e due candellieri d'ottone, singolari lavori di artisti soncinati ; e anche nel secolo XVI lo Scoto loda le bellissime lucerne d'ottone di Soncino. Nel l'Mz> avendo Guglielmo Cavalcabò occupalo Soncino, il conte Guarniero d'Om-berg accorse a riprenderlo; e al guelfo cremonese abbandonato e prigioniero innanzi a lui, quel commissario imperiale ringhiò* « Tu non cavalcherai più nò bove nè cavallo », e con la mazza gli spaccò il capo. A Soncino si radunò nel 1318 il famoso congresso de'Ghibellini, e si stabilì una lega contro Giovanni XXII e Roberto di Napoli che anelava, parteggiando pei Guelfi, farsi signore dell'alta Italia. Negli ultimi anni del secolo XIV e nei primi del XV passò Soncino in retaggio ad un figlio di Barnabo^ Visconti, cui lo tolse il primo duca Gian Galeazzo. Poi fu 'Imputato dalle antiche fazioni redivive, e le rivali famiglie dei Fonduti e de'Barbò ne fecero mal governo, finché nel 1412 fu occupato dal conte di Carmagnola pel duca Filippo Maria : questo lo cede ai Veneziani, ma riacquistatolo due anni dopo, dichiarollo terra separata dal cremonese. Nelle guerre tra gli Sforzeschi e i Veneziani fu più volte contrastato e ripreso ; finalmente rimase a Francesco Sforza che vi rifabbricò il castello, e il figlio suo nel 1473 cinse il borgo di mura con ([uattro porte. Entrante il secolo XVI, fu tolto, occupato o ceduto dai t'J Dicono fosse sepolto alla torre di San Bernardino accosto al palazzo pubblico, con ePitaflo che ricordava come quel terror d'Italia fosse prostrato dalla valentia de'Son-(:i'»ati: alludendo alla tradizione che Giovali da Trueaz/.ano, originario di Bellinzona, ma ,Ji casa stabilita da un secolo in Soncino, vincesse Ezelino in conflitto singolare, e lo lracsse prigione qui. Paolo Ceruti nella Biografia Soncinate accumula prove di questo ,l"(1> le quali riduconsi a non v'essere chi contraddica espresso L'cpitalio diceva: Clautlitur hoc gelido quondam sub mannare terror [talite, de domano eognomine cloriti Ezelinus, guitti prottravit Soncinea virtus. Ma-ma ly.dantur coulis, Cassone, ruinam. " ulll'°, villano perchè insulla al sepolcro, supponeasi così espresso: Terra Suncini tumulo* cani* est Ezelini cj0. (juon lacerarsi manes, tartareique canes Dà sepolcro Sonci no A quel can d'Ezeli no Cui lacerano i mani Y . Ed i tartarei cani. asi H mio E zelino da Romano, storia d'an ghibellino- "to'traz. del L. V. Voi, III. Veneziani, dai Francesi, dagli Spagnuoli. Mario Tosi coir eloquenza e P autorità seppe preservare il suo Soncino dal dominio dei Francesi e degli Spagnuoli, cospiranti allora a togliere ogni indipendenza a chi la possedeva, col prelesto di compartirla. Deluse le astuzie e le minacele del Lautrec, consigliò risoluto di rifiutare un presidio di Carlo V; ma l'incauta fidanza dei giovani, amanti di novità, fece occupare Soncino da Prospero Colonna, tardi accortisi come sapesse di sale il pane altrui, e come sia duro il chiederlo^ chi ha la forza e l'usa. Soncino da quel tempo perde la sua prosperità, che non riacquistò più mai. Carlo V lo eresse in marchesato, e l'infeudò a Massimiliano Stampa, in premio d'avergli vilmente consegnato il castello di Milano. « Il nuovo governo, scrive l'abate Ceruti, non lasciando libero lo sviluppo degli ingegni e dei caratteri, soffocava quella generosità di sentimenti, che produce le grandi azioni. Le principali famiglie, informate sull'orgoglio spagnuolo, abbandonarono le industrie e il commercio, e perderono ricchezza, credito, dignità, avvilirò»0 gli spiriti in cortigianesche adulazioni, o languirono nell'ozio e nelf l" gnoranza ». Nel 1705 fu occupato dagli Austriaci col principe Eugenio» e a breve andare ritolto dal duca di Vandome coi Francesi, i quali furon« poi qui battuti nel 1799 dagli Austro-Russi, brevi e deplorabili occupa-tori. Gli eventi successivi son noti. «i Cash Ilo ili Soncitio. DISTRETTO VII 595 Soncino ebbe 18 chiese e insigni conventi di Domenicani, Carmelitani, Minori Osservanti e Cappuccini, e di monache Benedettine e Domenicane. °r quasi tutti distrutti. Soggiacque più volte al tremuoto e alla peste; e ora novera 5000 abitanti, mentre nel secolo XVI, se crediamo all'Alberti, era talmente fitto di popolo, che molte città in Italia noi sono tanfo. Vanta instituti di pubblica istruzione, scuole infantili, elementari minori e maggiori', e aveva testò un collegio di educazione maschile e il ginnasio; un ospitale di 38 letti, un orfanotrofio, un istituto elemosiniere con doti a povere giovani e soccorso agli infermi, e un monte di pietà. È molto industrioso e commerciate, massime per la filatura della seta, di cui produce oltre 50,000 libbre; e il mercato settimanale ò mollo operoso-0. San G/acomo de'Domenicani. 20 II suo territorio è irriguo, e l'assicurarsi un acquedotto o l'attentarvi diventa un ,l"o di suprema importanza. Oltre i grani e il lino, v'è particolare hi cura dei gelsi, tl|i'hu il prodotto principale ne sono i bozzoli. Vi han costante domicilio 0 lempoiuvm ^'Utie case, polenti per denaro e credito. C. C. Di alcuni monumenti antichi di Soncino, il colto quanto gentile conte Francesco Galantinici ha procurato il disegno e i cenni che si soggiungono. 11 castello o rócca nuova (Fantiča servì di basamento al monastero delle Benedettine) fu edificato nel 1464 dal duca Francesco Sforza coll'opera de'due famosi architetti soncinati Salvini e Cinedati. Per la solidità scampò ai danni delle belliche artiglierie, e all'avarizia degli uomini, sì che oggi ancora mostrasi uno de'' meglio conservati di Lombardia. Bensì non è più una tavola del Cristo in croce di Bernardino e Vincenzo Campi, che ne adornava l'oratorio. La chiesa di San Giacomo de' Domenicani colla torre settagona pendente (unica in Lombardia e rara in Italia) avea la vòlta e la cappella dipinte in architetture, e con apoteosi di santi dai fratelli Natali di Cremona, che fiorirono tra il secolo XVII e XVIII ; le due velriate del coro, rappresentanti l'Annunziata e l'Arcangelo Gabriele, furono dipinte dal Termoli domenicano soncinate del secolo XIV, vero tesoro per la storia dell' arte. Bernardino Campi rappresentò in tavola Cristo morto sopra un sasso con molte ligure. La Trinità. Meritevole ci parve d'attenzione La Trinità, antico aifresco nella chiesa plebana, che fu scoperto da pochi anni, e benissimo conservato sotto tela DISTRETTO VII 507 incatramata. Rappresenta tre vecchi a lunghe barbe, perfettamente somiglianti, seduti ad una tavola, e ciascuno ha davanti un calice dorato, e tiene la mano sinistra appoggiata ad un libro pure dorato, la destra alzata con tre dita erette come chi benedice; affresco forse più antico del secolo XV. Questa chiesa plebana di Santa Maria Assunta fu eretta nel 1150, ed ora s'abbclla nelle tre vetriate del coro con l'Assunta adorata dagli Angeli, lavoro del Bertini (1854). Costrutta da Francesco II Sforza nel 1525, Santa Maria delle Grazie con convento dato ai Carmelitani e piccola ma elegante copia del Sant'Andrea di Mantova. Giulio Campi vi dipinse bellissime tele, una stupenda tavola portata via nel 1772; col nipote Ermete Campi fresco il presbitero, la volta e forse qualche cappella. Io conservo apografa lotterà d1 un frate carmelitano Serrati, intorno le pitture che abbellivano questa chiesa nel secolo XVI: « La maggior parte della chiesa nostra è quasi tutta rinnovata colle pitture da Giulio Campi nel 1530, che si vede ritratto sul muro intabarrato. Un'ancona in coro è pitturata da Hermes Campi, pittura insigne che è peccato che sii sull'assa e pitturata sul gesso, e rappresenta la B. V. col bambino in braccio, santa Caterina e san Francesco d'Assisi, che raccomanda Massimiliano Stampa marchese di Soncino. Vi sono poi lateralmente delle portine del coro quattro angeli pitturati sul muro, che si dice sieno del Correggio. Nel nostro Refettorio poi vi è un quadro, che è l'originale del Tiziano, rappresentante il Salvatore, pittura che non e' è oro al mondo che la possi pagare, degna veramente da tenersi in una galleria ben custodita ». Ma la chiesa, soppressi i frati nel 1772, deteriorò, spogliata de'beni del convento, e d'ogni sussidio di riparazione: de'dipinti non si ha memoria: vi stanno le tombe di cospicue famiglie soncinati. È forse unica l'iscrizione lapidaria, posta sopra il monumento di un conte Covi, scolpito in mezzo a serpenti giganteschi, la qual dice : Male in vila, peggio in mori;; strano modo di onorar la memoria d'un trapassato dannandolo all' infernol Forse è quel Vincenzo Covi nimicissimo de'Barbò, del quale il Baris descrive le infamie. La torre del palazzo comunale del 1103 tuttora sussiste, alta, ampia, robusta; ma è trasandata una insigne opera del 1221, costruita con ma-raviglioso artificio idraulico, che emulava gli acquedotti e le cloache romane , dagli architetti soncinati Bollanti e Boccacci. Era un canale scavato 5 miglia sopra Soncino, che distribuiva acqua copiosa e purissima in fontane a tutte le case del paese, allora prive di pozzi, alimentava tredici opificj industriali, molte filande e i pubblici lavacri ; poi da ciascuna casa e opificio asportava le immondezze e le acque piovane entro cloache (androni) larghe quattro braccia ed alte un uomo , e cosi ben azotata discendeva a irrigare 6000 pertiche de1 sottoposti terreni. Tutto era condotto con leggi dello statuto di Soncino, riformato nel 1390 e abolito nel 1806. I tempi presenti, che, ostentando progresso e civiltà, negano o sprezzano le opere de' passati, disusaronlo a gran danno' del paese, e non conservarono neppure la descrizione e il disegno dello stupendo lavoro; e se la civiltà progredisce di tal passo,ne sarà anche spenta la memoria e sino nome degli artisti. Il tempo spazza molta parte de' monumenti giganteschi degli avi, e gli uomini presenti o ne usufruttano prosaicamente lo rovine o le seppelliscono dimenticandone fin il luogo. Le case de'' Barbò e dei Covi sussistono in parte colle finestre a sesto acuto e i fregi in terra cotta; quelle de1 Fonduli, rase nelle disgrazie delta famiglia, lasciarono il nome di ghibelline alle tre contrade che occupavano. In casa Martinelli avvi un tritico di Antonio Della Corna, uno Tritino del Velia Corna. de' primi scolari del Mantegna, forse di Soncino, del 1494; figuranti' il presepio col Battista e san Girolamo e piccole immagini di santi, lavorato con franchezza e perizia, massime nel paesaggio e nell'ornato sebbene DISTRETTO VII 599 di maniera secca e dura. Di lui aveasi una tavola lodatissima nella galleria Averoldi di Brescia, rappresentante la leggenda di san Giuliano, che uccide i proprj genitori nel letto, credendo sorprendere la moglie in colpa. Un avanzo rimane in Soncino delle famose tipografie ebraiche, ivi fondate nel 1472 dagli Ebrei di Spira, i quali, stanziatasi dal 1385, e cresciuti in numero, industria e ricchezza, dal 1481 al 90 impressero venti edizioni almeno, or rarissime e ricercatissime; poi espulsi dalla intolleranza religiosa del XVI secolo, si sparsero in varj luoghi d'Italia e in Oriente, amando sempre chiamarsi Soncinales, de Soncino. Famiglie di Soncino risplendcttero in ogni tempo nelle arti cavalleresche, nelle imprese militari e politiche, per senno e virtù, ed anche Per vizj e delitti; tali furono la Barbò, la Fonduli, la Covi, l'Azzanelli, la Tosi. Nelle belle arti dal secolo XIII al XVII ebbe Soncino molti valenti, ('l»e lo adornarono di opere insigni per cittadina utilità, di affreschi e dipinti nobilissimi, ora negletti o perduti. Già toccammo degli architetti Beffanti e Boccacci del secolo XIII; nel XV i domenicani Ambrosini e Raffaele colorirono sul vetro storie con gran vivacità di tinte, e il primo ne fece pel Duomo di filano. Gli Scanzi e un Gatti frescarono o dipinsero a °'io nel secolo XVI in chiese, conventi e case di Soncino con molta Perizia, e alcuni loro lavori apparivano pur ora graziosi e venusti per disegno, freschezza e vivacità di colori. Girolamo Soncino , degli ebrei apografi del secolo XV, stampò nel susseguente eleganti libri, più latini 6 vulgari che ebraici, a Fano, Pesaro, Rimini e Ortona. Vi tennero pubbliche scuole di letteratura, oratoria e poetica dal secolo XV al XVI Bonetti, Zappa, Gropelli, Mosconi: e a Milano e Bologna, Opicio e Raimondi; Corna Fabio, Stefano Fieschi, Baris Giro-laiUo furono reputatissimi letterati del secolo XV; e le loro opere grammaticali , orazioni, poesie latine si stamparono o rimasero inedite o si dispersero. H Fieschi nel Lucius Soncinemis deplora la jattura e le calamità d» Soncino; il Baris, nel dettarne le storie dall'origine al 1546, propugnò cimosamente i privilegi e diritti della sua patria, conculcati dagli Stampa teudatarj. Paolo Ceruti, benché non soncinate, illustrò i fatti della seconda sua patria colla postuma Biografia Soncinalc Guarguanti Francesco, Paolo Barbò lessero ragion civile a Padova nel secolo XIV e XV, e pubblicarono opere applaudite. Volpi Bartolomeo dalle più cospicue magistrature ascese alla cattedra di diritto a Pavia nel 1421 e 1431 ; Pietro Barbò professava diritto canonico nel 149G. Dei medici Orazio Guarguanti del XVI ed Ercole Capredoni del XVII secolo si raccomandano ai posteri per opere severe ed amene ~"2. Gli ordini regolari, massime i Domenicani, offrivano uomini esimj a Soncino, ove nacquero o spesero la vita in opere benefiche e letterarie. Professarono filosofia e teologia nel secolo XV a Ferrara, Siena, Bologna , Pavia, Milano fra Paolo Barbò e fra Benedetto, che corressero gli opuscoli di san Tomaso e commentarono le opere di Aristotele; nel XVI Calci, Covo, Urgnano, Tosi, Bigolotti furono oratori, lettori, rettori e baccellieri del loro ordine e dello Studio di Bologna, autori di opere filosofiche, teologiche e di sacra e profana antichità; nel XVII fra Bartolomeo, Nido Raimondo, Capredoni Girolamo insegnarono scienze, lettere e filosofia a Genova, Pesaro, Pavia, e composero sermoni, commenti ad Aristotele, opere che vennero stampate o lasciate manoscritte. Due Guarguanti carmelitani nello stesso secolo emularono i loro colleghi predicatori^ come altri ecclesiastici, le cui vite ed opere scritte si rammentano con onore dagli scrittori delle storie, biografie e bibliografie degli ordini monastici e delle università d'Italia. Costanzo Fondulo e Venturino Marni ascesero vescovi di Cremona; la Luchina Stupani e la Stefana Quinzani si intitolano beate; Massimiliano Stampa marchese e feudatario di Soncino , ridottosi a Dio col nome di fra Ambrogio, fu dottissimo in divinità, e missionò in Africa nel 1605. Accanto a Soncino sta il comune di Casaletto con Melotta e Roma-nengo del Rio, dato in feudo nel 1618 al conte Sebastiano Salazar: alla Melotta è degno d'osservazione un artificio ingegnoso costrutto sopra il naviglio di Cremona, che attraversa questo distretto e l'altro di Sore-sina, per innalzarne le acque ed irrigare un esteso altopiano. Romanenco vuoisi edificato nel secolo IX con rócca e un albergo d ricovero pei pellegrini avviati a Roma o a Terrasanta, e per coloro, i quali per traffichi s'aggiravano intorno a questi luoghi inospiti e selvaggi. Certo è che nel 1192 e 1196 il Comune di Cremona vendè la terra, in cui erano o dovevano essere edificati il borgo, il costello, i fossati e i terraggi di Ilomanengo, insieme colle vie, le acque, i mulini, le case, le aree e fornaci utili e necessarie al borgo e agli abitanti. I 'i'2 Orazio C.uarguanli come medico, cosi fu filosofo, astrologo, musico-poela (iSUHCIl), e scrisse in ottave le Eccellenze di M. V., e tutte miserie umane, e molli traliuti di medicina, e principalmente per rimettere in uso la teriaca; lavori più volle ristampati. C. C. DISTRETTO VII MI quali si dichiararono liberi dai pesi della città, come que' di Solicino, col patto ch'essi dovessero abitare in pace e in guerra, salvare e difendere il castello dai nemici, ed aprire l'acqua, cioè il naviglio, che viene a Cremona per campaneam, secondo il volere, l'onore, lo stato e l'utilità di Cremona. Soggiacque il borgo alle guerricciuole, ch'ebbero i Cremonesi cogli emuli popoli finitimi; ne'primi anni del secolo XV fu preso e ripreso or dai Guelfi , or dai Ghibellini di Cremona, finché i Veneziani l'occuparono. Spodestatine questi, Carlo V lo die in feudo nel 1525 al conte Lodovico All'aitali, che era il banchiere e il consigliere di lui; nel 1618 passò al detto conte di Salazar insieme con Fiesco, Albera e Casaletto. Il tremuoto del 1802 ne rovinò la chiesa maggiore, ricostruita con disegno del nostro Rodi. Fra Soncino e Romanengo è Tici:n<;o della cospicua famiglia Tucenga, uno della quale, Jacopino, nel 1100 fu decurione; il celebre Vida fu n,ui parroco e ne rifece la canonica. Albera con Salvirola de' Gatti e de' Vassalli e con Ronco Todeschino è grosso Comune con consiglio, già feudo del detto Salazar. Cumionano con Castelletto Barbò è in riva al naviglio civico. Fiksco fu campo di battaglia tra Cremonesi e Cre-niaschi. Finiremo a Tmuolo con Musura, Distretto Vili di Pizzighettone. All'ovest di Cremona, lungo l'Adda, e tra quelli di Soresina e di Due Miglia, giace il distretto Vili, con 232,811) pertiche di superficie, cenate 1,680,206 scudi, cuirimposla di 438,170 lire sull'estimo, 136,240 ''"munale, e 12,604 sulle rendite: popolato da 23,420 individui abitanti k 1873 case e 4803 famiglie con 3044 estimati, 6200 collettabili, 140 deputali comunali e 38 tra maestri e maestre. Sor» 19 Comuni con 11 '•'azioni, tre de' quali con consiglio comunale; i più remoli distano dal capoluogo nove miglia, tre in dodici da Cremona. Pi/ZKiUKiTONK capo luogo, sede del commissario e del pretore, ha consiglio comunale e mercato settimanale, chiese e memorie storiche imporrmi. Dicesi (e fu disputato a lungo e accannitamente) fondato sulle rovine del Forum DiuUmlorum 0 Iutuntófum de' tempi romani, detto oppidum (i»i>dum da Strabone. Col nome di Vtcilione o Pizzigudone fu nel 1120 0 H38 restaurato con castello dai Cremonesi per fronteggiare Milanesi e Piacentini. Nel 1158 ricoverò i Lodigiani, la cui città era stata distrutta dai Milanesi, e che forse vi edificarono la chiesa di San Bassano loro pa- lUmtraz. del L. V. Voi. III. 76 trono. I consoli di Cremona nel 1169 investirono quelli del castello, accordando loro tutti i diritti de1 cittadini, e imponendo gli obblighi di far l'ossati ed esercito, di tener le chiuse e il ponte sull'Adda con buona fede, di non mai impedirne il passaggio ad alcun Cremonese dell' episcopato, finalmente di pagare ogn'anno cento soldi di buoni denari milanesi. Bernabò e Filippo Maria Visconti dilatarono ed all'orzarono con torri e bastioni le difese del luogo, che cinsero di mura; laonde scriveva il Biondo sul finire del secolo XV, che Pizzighettone era terra assai popolata e con una rócca delle prime e più forti che abbia la Lombardia. Qui fu condotto Francesco I re di Francia, quando alla battaglia di Pavia, cadde prigione di Carlo V, e vi stette dal febbrajo al maggio del 1525, del che la memoria ancor non langue. Nel secolo XVI crebbe il borgo in prosperità, e l'Alberti lo chiama civile e ricco castello e molto pieno di popolo, ma per le vicende guerresche o politiche si abjettò come tutta la Lombardia spagnuola. Carlo VI volendo rendere fortezza inespugnabile Pizzighettone, nel 1736 lo ristora di fortissime mura, d'ampj magazzini e caserme, e di casematte di somma bellezza, e lo munisce di cento cannoni di bronzo spendendovi undici milioni. Era un'idea; per un'altra idea Giuseppe II nel 1781 smantella i forti innalzati dall' avo, e li converte in ergastolo militare (Y. pag. 447). Il Comune possiede antiche pergamene civili o di chiesa, il dotto parroco Favenza alcune iscrizioni romane25 e due lettere autografe di Francesco II Sforza. Si conserva il nome di Francesco alla torre che rinchiuse il re cavalleresco e il manto di lui. Il diritto di portar la mitra e il bastone era stato procurato dal re francese in benemerenza alla buona compagnia che gli fece il parroco. Nel secolo passato sussistevano ancora i ruderi della porta occidentale de' tempi romani. La chiesa parrocchiale vuoisi eretta nel 786, poi diroccata e ricostrutta nel secolo passato, certo la dimostrano antica l'architettura ogivale, le lìnestruole lunghe e strette, e alcuni affreschi coperti in parte dall'intonaco, anteriori al 1400. Era tutta dipinta a fresco da Bernardino Campi e suoi allievi, e nella cappella maggiore il Padre Eterno con figure colossali. Or non rimangono che un Calvario, i profeti e un san Paolo di lui, e a olio la lapidazione di santo Sfidano. Due affreschi più antichi e non men commendevob, 23 Dalla diligenza di lui è a ri prò mol torsi qualche acquisto di notizie, troppo neglette dai padri. Finora però non ne rinvenne di anteriori al 1133, quando il castello fu stabilito, l'osa questo sopra macerie a molla profondità, e ultimamente esso ne estraeva» alla profondità ili m. 70 un mattone, che posava sopra un travicello quadralo di rovere; e avea la data 1008. Ci culminici, pure un'iscrizione: q IHo Wassimo e alla perjwftV $i' carezza di Casuria seconda che risse 18 anni e due mesi, e. fu mi anno e 13 giorni co-marito. L'imperfetta lettura dell'originale, non ci lascia modo di meglio illustrarla, ma apre degli ultimi tèmpi romani. C. C. DISTRETTO VII! 605 la decollazione del Battista e la Natività di N. S., ornano questa chiesa insieme con tre bassorilievi rappresentanti fatti della vita di G. C. forse del secolo XIV. Ragguardevoli per antichità e finezza |di lavoro sono ancora un pallio, una pianeta, alcuni franamenti di arredi sacri cesellati e niellati. I registri parrocchiali, che cominciano al 4515, contengono le particolarità di numerosi padrini assistenti al battesimo d'un sol neonato, come tuttora si pratica in Francia. Fu collegiata, soppressa nel 1800, e abbracciava nella sua giurisdizione Formigara, Regona, Gora, or parrocchie distinte. Comprende tre oratorj e il santuario di Santa Maria del Roggione, eretto nel 10)12, e ornato nella volta con dipinti di que' tempi. Alcuni uomini di Pizzighettone si segnalarono, specialmente nel secolo XVI; in santità e dottrina un Costanzo Cazzaniga, un Benedetto Ge-rolimini, un Rusconi, le suore Prisca e Prudenza; nelle armi le famiglie Bonetti, Micheli, Santini, Roberti; nelle scienze G. B. Galenzo legista; Ferrarlo e David ebreo medici; nelle lettere il Claravaceo; nelle arti Cristofaro Magnano. Appendici o frazioni di Pizzighettone sono Regona e Geiu. La prima indica col suo nome l'antica condizione del terreno, cioè bassura sommergibile lungo il fiume, or coltivata e fruttifera; alla chiesa de1 Cappuccini aveva due quadri del Malosso. Gora, sulla riva opposta dell'Adda, e unita a Pizzighettone con un ponte di legno lungo 122 metri, col suo nome ricorda ad alcuni l'etnisca Acerra, non ne occupa la sede, la quale deve rintracciarsi, secondo io penso, non nel letto antico, bensì sulla costa più elevata del fiume nella provincia Jodigiana; quella cittA neh'Insubria, detta muniiissima da Polibio, venendo collocala dagli storici e dagli itinerari' romani sull'Adda e sulla via tra Lodi e Cremona, a 12 miglia da questa; fu tolta ai Galli Insubri e distrutta dai Romani nel 222 avanti G. C, i quali poi la popolarono» con una colonia intermedia fra Cremona e Piacenza. Il dottissimo Mazzocchi ne illustrò una moneta, e l'Arisi riferisce il contratto d'un cittadino d'Acerra de'tempi romam-Nel 1501 re Luigi di Francia infeudò Cera al maresciallo Teodoro Trivulzio, poi nel 1688 ai Trecchi di Cremona, e soggiacque a tutte le vicissitudini belliche e politiche di Pizzighettone. A cavallo della via tra Cremona e Lodi e tra essa e i fiumi Adda <' Po giace il Comune di Grotta d'Adda, che fu distrutta dagli Ungari *' rinnovata dai vescovi nostri, ai quali fu donata dai re Franchi. Qul è Tencara di fronte a Mancasturma (Maccastorna) prope bucam Abdw, nominata neh'807. AcquanegRA aveva un castello, ove nel 1160 i Cremonesi furono debellati dai Milanesi, e una chiesa governata dai Carmelitani calzati, sedenti nel 1111 nel monastero della Gerada; nel 1698 fu dichiarala prepositurale con Bolla Braida. Spwadesco, con le isole Mezzadri e Morenghi, nominato nel 786 prope (Invio Abda, possiede una fabbrica di carta grossolana, costrutta nel 1780 sul colatore Morbasco. Cava Tico/.zi (Cavum Tif/nolii nel 1015) forse è cosi dna- DISTRETTO VII! 60S naato da antiche escavazioni del Po o degli ampi canali di scolo, delle quali sussistono alcune vestigie. Nel 1227 fu sede di canonici regolari e d'un prevosto viventi in comune, ma venuti in discordia furono soppressi e surrogati dai monaci Cistercensi, che vi costrussero il monastero accanto alla chiesa. Nel 1783 i pochi frati superstiti furono aboliti e trasportati nella Certosa di Pavia; la chiesa data a preti secolari e il convento rivolto in ameno palazzo, che dall'altura prospetta molta parte di bel paese. Fra la strada per Lodi e quella per Crema s'adagiano i Comuni di C\' ov.\ del Moiuiasco, fondata sulle coste del canale di scolo, che dall'alveo così vasto trar doveva l'aspetto di liumicello; di Costa sam' A-Rramo con Cura Affaitali e San Predengo, nominata insieme con Muridello nell' 807 prope Morbaxium. Nel secolo IX si fece celebre il convento delle Benedettine di Lerno, posto fra questi due Comuni e a tre miglia da Cremona, unito a quello di Genivolta nel 1200, poi a quelli di Cremona nel secolo XV. La Cora fu curia o corte in questi tempi. sesto con Breda Lunga, così chiamato da sexto ab urbe lapide, è nominato noli' 883 presso a un lago e alla selva Aligera. Piccolo Comune e Fknco, e più popoloso Gru hello con consiglio comunale. A' tempi longobardi apparteneva con Pademo al comitato, e sino nel secolo scorso aHa diocesi di Bergamo. Era corte nell' 828, poi castello, poi marcherò, e dato in feudo da Francesco II Sforza e da Carlo V nel 1530 al conte Affaitali, ch'ebbe poi il titolo di marchese. Passò in eredità ai "'Poti Belgiojoso, che ebbero confermato il feudo nel 1660 da Filippo IV di Spagna. La frazione di Farfengo fu feudo nel 1420 di Cabrino Fon-dulo, poi di Maffeo Visconti col titolo di conte; ivi il palazzo dei Bossi di San Secondo era decorato di belle pitture, vergini ancora nel 1828. Ticino all'umile Luignano sorge il grosso Comune di Annico con consiglio comunale. Qui fu cólto all' inganno Cabrino Fondulo dal traditore 01-drado Lampugnano, che in prezzo del sangue dell'amico suo ebbe in 'eudo questo paese. Qui da tempi remoti si imbiancano bellamente tele, refe e frustagni. La chiesa fu eretta in arcipresbiterale nel 1470, quando si soppresse la parrocchia di Oscasale. Padkuno o Paterno con San Ger-vaso è forse d'origine romana essendovisi trovato un cippo, illustrato dai" Bianchi. Era castello di cui sussiste tuttavia qualche ricordo, e die nome alla famiglia cremonese che produsse uomini benemeriti. Nel 1311 l'imperatore Enrico VII, prima di manomettere la guelfa Cremona, s'era rlu'vi accampato con grosso esercito di Tedeschi e di Ghibellini italiani, P°r puuirla d'aver cacciato il suo vicario, e di voler vivere indipendente. Otti ricevette e oltraggiò gli ambasciatori cremonesi, che per salvare la patria g' erano sobbarcati al duro calle di avvilirsi e mansuefarne le ire; il barbaro, che pur è posto da Dante nel più sublime de' cieli, fece tosto uccidere o serbare a lenta morte i generosi, pose enormi gravezze alla città, che dovette obbedire ai prepotenti comandi di lui. Nella parrocchia di questo Comune fu arciprete il famoso Vida, come ricorda un' iscrizione. Chiudono la serie de' Comuni di questo distretto Polengo con Casa-rofio; Licenco con Castelletto Anghinore, Ossolauo, Castelnovo del Zappa con Cornada, Breda de' Bugisi con Castagnino Secco, che nel secolo XII era feudo dei Sommi investitine da Sicardo vescovo, e Coittetano con Valcarengo. Curlis Atkanì era sede d'un collegio di vergini, sacre a Minerva, rammentato in una iscrizione lapidaria qui trovata e illustrata dal Bianchi. Aliprando longobardo e cittadino cremonese dona nel 755 alla badia di Nonantola alcune sue terre situate in curie Athani, le quali erano ancor possedute da essa nel 990. Ne' bassi tempi questo Comune fu castello e chiamossi Cuteguno, Coriaria (1047^. elitisti tli San Iitiuieniati in Cremona, so: La Diocesi. La diocesi di Cremona dispiegasi per 1778 chilometri quadrati, conta -6 vicariati foranei, 221 parrocchie, 600 chiese, 800 sacerdoti, presso a 200 chierici e 300,000 e più anime. Avvi un canonico arciprete, un prevosto mitrato, un abate mitrato arciprete parroco, 35 arcipreti parroci, 23 preposti parroci, un priore parroco, 159 parroci. Di esse parecchie, 180 sono di libera collazione vescovile, 23 di patronato regio, 3 di nomina comunale, 15 di privata. Il clero secolare della città e provincia somma a 600 sacerdoti; il regolare, ossia le corporazioni religiose, senza gli studenti e i laici, o le novizie e converse, a 76 maschi e 146 femmine. Ai primi appartengono i Fate-bene-fratelli e i Chierici regolari per l1 assistenza dei due ospitali della città ; i PP. Cappuccini e della Compagnia di Gesù, che ha collegio pe' nobili; alle altre le Figlie e le Ancelle della Carità, queste destinate alle inferme del civico ospi-^a'e; il collegio della B. V. in Cremona, e il monastero delle Salesiane 'n Soresina. Il patrimonio del cullo ascende al valore di trenta milioni di lire, '^annua rendita lorda di poco più di uno; quella della mensa vescovi6 di 150,000, e forse di altrettante quella delle corporazioni religiose. Ija cattedrale di Cremona ha rendite proprie di 40,000 lire per sostenervi le spese del culto; per le quali in tutta la diocesi l'erario paga Presso a 89,000 lire. Il capitolo, di 18 canonici, tra cui 7 dignità (l'ar-riPrete capo del capitolo ha prima dignità dopo il vescovo), possedeva il patrimonio di due milioni di lire nel secolo XVI, ma ne fu spogliato nel 1796, e ne riceve in compenso dall'erario 28,278. Ai titoli di mon-s,gnori, di cardinali e venerabili, i nostri canonici uniscono i diritti e tf'i onori di quelli della basilica vaticana di usar rocchetta e cappa vio-acea, di portar la croce patriarcale avanti di essi nelle funzioni so-enni, di essere esenti dal mattutino e dalle laudi in coro, d'essere pre-latl della Chiesa romana. Delle 221 parrocchie, 8 sono in Cremona, 5 ne' sobborgi, 1(50 nella provincia, e 48 in altre Provincie della Lombardia. Di quest' ultime una appartiene a Milano ed è Cassano a"Adda; quattro a Lodi e Crema, e sono Pandino, Rivolta, Agnadello, Vallate; sedici a Bergamo, cioè An-lignate, Barbala , Calcio, Covo, Fontanella, Santa Maria di Campagna, Mozzanica, Pumenengo, Arzago, Brignano, Calvenzano, Caravaggio, Cu-sirale, Fornovo, Vidalcngo e Misano; finalmente ventisette alla provincia tli Mantova, cioè Belforle, due a Bozzolo, Cividale, Gazzolo, San Martino dell'Argine, Rivarolo fuori, Bozzolelto, Breda Cisoni, Cavallaro, Cigognara, Cogozzo, Comessaggio, Dosalo, Coreggio verde, San Matteo delle Chiaviche, Pomponesco, Ponteterra, Sabbioneta, Salina, quattro a Viadana, Villa Pasquali, Villa Strada e Isola Dovarese. La diocesi odierna di Cremona comprende adunque parte delle parrocchie e de' paesi, che formavano nei tempi andati l'episcopato e il distretto di Cremona. Dico parte, perchè abbracciava altresì molte altre terre e ville della Geradadda o Isola Fulcheria oltr'Adda per un lato; dall'altro dell'Àucia, poi Stato Pallavicino, nell'Oltrepò; terre e ville che nel 1580 e 1001 costituirono i due vescovadi di Crema e di Borgo San Donnino. Non usurperò i diritti di chi illustrerà le terre e parrocchie delle nominate provincie, sebben ancora attaccate alla diocesi di Cremona ; bensì m' è debito di ricordare le ragioni storiche, per le quali furono obbedienti al regime ecclesiastico e per alcun tempo anche al politico e civile di quella, poi ne furono in tutto o in parte staccate. Molle chiese e corti, molti feudi e predj situati tra l'Adda e l'Oglio, tra l'Oglio e il Po, e tra questo e l'Adda, ed anche oltre questi tìumi si concessero alla nostra Chiesa, ossia ai vescovi e al capitolo, sino dai tempi dei re franchi ed italici e degli imperatori germanici. Enrico IV investi e confermò nel 1047 il vescovo di Cremona del castello d'A-gnadello, della pieve di Fornovo con Morengo, della pieve di Misano, della pieve e corte di Arzago, e mentre il vescovo Landolfo era amma , lato e in lotta col popolo di Cremona, Gerardo nipote dell'arcivescovo Ariberto, divenuto potente e battagliero, occupò questi luoghi, uè li restituì se non per comandamento di re Corrado. La contessa Matilde nel 1098, anzi un suo antenato, dona Crema e l'isola ci Fulcherio al vescovo e al Comune di Cremona, ai quali Gregorio Vili nel 1187 o Federigo I nel 1152 li confermarono. Allorché i Milanesi nel 1167 lottavano soli contro l'imperatore e i Cremonesi, per staccar questi dall' alleanza e averli amici contro di quello, pattuirono di ceder loro i paesi tra l'Adda e l'Oglio, di non edificare in queste parti fortilizi e castelli, riè la distrutta Crema, di non congiungersi con esso senza il con- LA DIOCESI 609 ciglio e il volere de'' Cremonesi. I Cremonesi, entrati così nella Lega Lombarda, ajutano e difendono in ogni maniera gli emuli antichi. Ma il vescovo Sicardo previde che i suoi Cremonesi avrebbero nudrito la serpe in seno, e sarebbero stati oppressi dai Milanesi. I quali, assoluti infatti dall'imperatore Federico, stringono lega con esso contro la santità dei patti e in odio e spregio dei Cremonesi. E perchè questi, sdegnati della slealtà, non intervengono a Milano per le nozze del liglio Enrico con Costanza imperatrice, i Milanesi col distruttore della loro patria assalgono, distruggono i castelli e le terre de' loro benefattori, ergono Crema e castelli colà dove aveano giurato di non ergerne, ed obbligano i deboli a cedere i possessi di Crema e Guastalla e di restituire i diciassette paesi, ed altri ancora che appartenevano alla nostra chiesa, accordati nei di del bisogno. Se non che, mediante il molto argento, i Cremonesi fecero la pace cogli imperatori poveri ed avidi, e riacquistarono in parte gli antichi possessi e diritti. Federico li, probabilmente per la malia d'altri sacchi d'argento, conferma ai Cremonesi V inventura del castello di Crema, dell'isola Fulcherio e di tutti i luoghi e Pertinenze, che giacciono tra l'Adda e POglio, intorno ed oltre il Serio, e c«* tenevano avanti la riedificazione di Crema, e ne annovera 59 nel diploma del 1219. Venendo dunque a toccare delle terre e ville poste nelle provinole di Milano, di Bergamo, di Lodi e Crema e tuttavia addette alla diocesi di Cremona nei soli rapporti ch'ebbero colla Chiesa e il Comune o le famiglie di essa, dico, che di Cassano questo solo ho saputo che fu castello fabbricato da t»azo architetto cremonese, il quale anche v'innalzò i portici e le loggie; che delle chiese della provincia di Lodi e Crema e di alcune altre nominate della provincia di Bergamo furono appunto tra quelle cedute spontaneamente dai Milanesi ai Cremonesi per essere soccorsi, o loro poi ritolte a forza dal ^arbarossa. Fornovo (Forum novum), pieve nel 1047, distrutto nel 1149 dai Piacentini in guerra coi Cremonesi pel possesso di Castelnuovo Bocca d'Adda, ebbe un castello edificato da Sicardo vescovo nel 1189, che vi '"empartì uno statuto, mediante il quale doveva esser, come Soncino, immune dalla giurisdizione di Cremona, ma riconoscere il dominio del vescovo. Pumeneugo fu feudo della famiglia Barbò, e da qui Adalberto Pa-'avicino trasse dall'Oglio il naviglio, che dall'illustre famiglia si nomina. *mv Prima hengo, con Barbala fu governato e fortificato dai Cremonesi uel 1157 e smantellato da Federico e dai Milanesi. Mozzanica fu pur distrutta da queai nel 12G9, spinti da papa Innocenzo per punirvi i molti eretici seguaci di Dolcino , protetti da Uberto Palavicino. I Cremonesi vi ,:,|diearono nel 1287 fòsse e castello. Ebbe i suoi statuti, che stampò in il 610 PROVINCIA DI CREMONA Milano (Skftutù Muzaniar agri ciruiouensis, 1002). Aniignalc fu sottratte alla giurisdizione di Cremona nel 1 ri5i da Francesco Sforza. Vidalengo nel 1214 promette custodire e difendere il castello a nome e utilità del Comune di Cremona. Covo ebbe castello eretto dai Cremonesi, ricostruito da Ruoso Dovara nel 1250, distrutto dai Milanesi nel 1200; l'occuparono i Veneziani nel 1452, ai quali lo tolse il cremonese Giacomazzo Salerno a nome di Francesco Sforza, e l'ebbe poi in feudo un Covo di Soncino. Caravaggio e Castrate furono ceduti al vescovo di Cremona nel 1050 quando prese parte coli'arcivescovo di Milano alla distruzione di Parrasio, nido della setta degli Anlropomoriìti. Iti Menlegazza, vassallo minore del nostro vescovo, si ritirò nel 1140 entro il forte di Caravaggio negandogli obbedienza. Nella chiesa parrocchiale Bernardino Campi e Malgavazzo suo scolare dipinsero assai lodevolmente. Solo air entrare di questo secolo furono segregati dal territorio cremonese Torre de'Pallavicini, Pumenengo, Calcio, Covo, Fontanella, An-lignate, Mozzanica, per unirli al dipartimento del Serio, ossia alla provincia di Bergamo. Nò dopo la pace del 1815 si sono rivendicati, ritk Ite il cremonese cavaliere Lombardini, da quella di Cremona, almeno quelli a sinistra del Serio, percorsi dai principali suoi canali irrigui; donde non lievi complicazioni sotto i rapporti amministrativi e giudiziarj. Le 27 parrocchie e terre orientali dalle foci delPOglio al Po, che ora feti parte della provincia di Mantova e l'ormavano il ducato dei Gonzaga , esse pure appartennero alla diocesi o al Comune o a famiglie di Cremona dopo che le ebbero in possesso i conti e la badia de1 Benedettini di Leno, a lei donate da re Desiderio nel 758, quando esse spettavano al comitato di Brescia. Le occupò per poco la conlessa Matilde; il Comune di Cremona nel H(J2 ne fece l'estimo, che tuttor si conserva; e quatti*' anni dopo compilò gli statuti per conservare e difendere i castelli e le terre franche di questi luoghi per l'onore e l'utilità di Cremona. I Gonzaga sul principio del secolo XV nei tumulti e frazionamenti della Lombardia avvenuti dopo la morte di Giangaleazzo Visconti e nel dominio debole, incerto e tirannico di Cabrino Fonduto, si impossessarono a forza di talune di queste terre, ed altre assorbirono per dedizione spontanea. Poi n,v0' rendo le parti de' Veneziani, che erano in gnerra con Filippo Maria Visconti, ne furono investiti da essi nel 1431, indi dall'impero nel 1400, 1478 e 1483, con diritto di batter moneta: terre tutte situate, dicono diplomi, nel distretto e nel territorio cremonese con ròcche e fortilizi» con curie, ville e loro pertinenze. Esse erano: Castrum Viadana, Casti um Dosuli, Villa Ornati viridis, Castrum Sablonelu, Castrum Itiparolum de [oris, Castrum Bozzati, Castrum San Martini ab Aggero, Villa Pomponisclu-Insula Docariensis, Conum et Cassinam mantis Tcsuuri, Castrum Vescovati* LA DIOGX&I 611 Gazolo Tttxiriti i liei farle si nominano poi. Dirò di talune, di eui si conservò qualche memoria intorno ai lor rapporti con la Chiesa, il Comune 0 le famiglie di Cremona. Sabbionela, benché non ha guari offerisse antichità romane, indica nel nome recente l'antica natura alluvionale del suolo. Era corte o curia regia con ròcca nel 914; passò nel dominio de'monaci di Leno, del vescovo di Parma, del vescovo, del Comune e della famiglia Persico di Cremona. Sicardo vescovo nel 1212 vi instituì una collegiata di 12 canonici. Buoso Dovara fu infeudato di questa terra da Federico II nel 1240, ma caduto in basso, fu ricuperata dai Persico, che dovettero cederla o venderla ai potenti Gonzaga. Venuta in mano di Vespasiano nel MWW, divenne una piccola Atene per arti, studj, ediliej bellici e civili, °ra distrutti o negletti dalla menzognera civiltà de' nostri tempi. Gli arcati e i letterati cremonesi, massime i Campi, fecero famose prove del l°ro ingegno in questo borgo, ch'ebbe una tipografia ebraica illustrata dal De -Rossi di Parma, e fu patria a Gerardo de Sabloneda , celebre strologo e medico nel secolo XIII. Io posseggo la descrizione manoscritta delle stupende ricchezze artistiche che trovavansi in Sabbioncla nel 1580, massime nel palazzo del Giardino, Viadana (Videliana, Vitelltanuui, forse dall'esercito di Vitellio, che qui accampò, o da m Diance?!) ebbe conti, curia e ròcca nel 954. Fu mudo o marchesato dei Cavalcabò di Cremona, i quali in mezzo alle fazioni e ad ogni sorta d'invidie e d'ambizioni ne furono privati nel 1415 ''ai Gonzaga. Pompiaii'sci) è nominalo con Pani/anedum. nel 1077. Villa Pasquali è della da una famiglia cremonese, e aggregala alla provincia di Mantova soltanto nel 1797. tyognam (Cicanaria) era isola, corte regia e ducale nella mona del !><> no1 "50. Me Desiderio la donò al monastero di Santa Giulia di Brescia con molto immunità e privilegi. Nel 1347 le monache la cedettero ai Cavalcano marchesi di Viadana, de' quali fu feudo anche Cividale. : barolo foras o de foris con ròcca e curia fu tolto ai Cremonesi dai Veneziani, che ne infeudarono i Gonzaga. "tifarle ha denominazione recente e vernacola. Nel 1180 i consoli, il l|°Polo e il consiglio di credenza di Cremona investono il conte Bracchi (1' questo castello, dando libertà a' suoi abitanti , sciogliendoli, come gli H"mun di Soncino e di San Bassano, a fodro et juvatico, e accordando loro 1 diruto di far consoli, purché giurino di stare ai precetti e alle giustizie 1 Cremona, di proteggere nell'avere e nelle persone i negozianti e abi-'llon della città e dell'episcopato, di fare una torre larga 14 braccia e a 12 rami e anche più, di mantenere e conservare il castello e gli nbìtanli, come di far la guerra e la pace secondo il volere, Ponore e l'Utilità di Cremona. A Bozzolo ogn'anno Cremona mandava uno de1 più probi cittadini per ^ amministrar la giustizia. Cabrino Fondulo lo padroneggiò, P angariò si, che gii abitanti, come que'di Viadana e d'altri luoghi vicini, si consegnarono al mite e astuto governo dei Gonzaga. Isola Bavarese sulPOglio ebbe nome dalla famiglia Dovara, proveniente da Dovera terra del Milanese, e di essa fu feudo. Nel 1190 il Comune di Cremona investe Manfredi di Dovara del fossato dell'isola presso Monticelli; dopo la caduta di Buoso ondeggiò tra il dominio dei Persico, dei Cavalcano e del Comune di Cremona. Vuoisi che la nipote di Buoso, ultimo rampollo della famiglia, sposasse un Gonzaga nel 1332, portandogli in dote questo e il feudo di Vescovato. Credesi invece per altri che, regnando Cabrino Fondulo tirannicamente in questa terra, la facesse ribellare, e darsi spontanea ai Gonzaga. Certo esistono alcuni atti di convenzione fra le tre famiglie sunnominate intorno a questo possesso e Pin-vestitura fatta nei Gonzaga da Federigo III nel 1478. La chiesa attuale , arciprelale e plebana sino dal 1400, si onora di due affreschi e d'una tavola del secolo XV, e d' una tela di Bernardino Campi, il Redentore che versa il sangue dalla ferita del costato entro un calice. Anche Gazzuolo appartenne ai vescovi e al Comune di Cremona. aveva chiesa parrocchiale sino dal secolo ottavo. Nel 1203 nel palazzo pietà del vescovo si roga l'atto, con cui Rambaldo di Campidello promette di dare al Comune di Cremona in qualsiasi tempo il castello i* capo al ponte di Gazzuolo Tinatii sull'Ogliof guarnito o sguarnito, e ti" mantenerlo all'onore e utilità di Cremona. ' Altri paesi oltre POglio, l'Adda e il Po, a settentrione, a mezzogiorno e ponente spettavano alla diocesi e al Comune di Cremona. Oltre POgl'0 Drago e per poco tempo Gavardo e Pontevico nel Bresciano, Bedaldesc» e Marcaria sul Mantovano; oltre l'Adda Caslelnovo bocca d'Adda e Mac-cnstorna nel Lodigiano. Apparteneva il primo al monastero di San Sisto di Piacenza, e il Comune di questa città lo acquistò dall'abate. Dopo I» vittoria de'Cremonesi sui Milanesi e Piacentini del 1150 il Comune di Piacenza investì, libellario nomine, quello di Cremona del castello nuora e di tutta la corte del luogo che giace tra l'Adda e il Po, eccetto la chiesa e i vassalli di Piacenza , e ciò purché il Comune di Cremona si conlenti della metà della corte di Soragna del marchese Pallavicino e conservi la concordia con Piacenza. In quest' atto un console si nominava Poncalancia, un altro Sagittaclericum, un terzo Siccamilica; notisi cW Ira i prodotti del feudo si parla della spelta e della milica , che forse era il grano sorgo. I Cremonesi sono confermali da Federico I in que- la diocesi m sto possesso nel 1102, ma il castello nel 1189 fu diroccalo da' Milanesi, alleati coli1 imperatore contro i Cremonesi, i quali, passato il turbine, lo ristorarono : divenne finalmente feudo della famiglia Stanga di Cremona, investitane nel ìlìlrò. Il castello della Maccastorna fu preso dai Cremonesi nel 1271, poi passò feudo di Cabrino Fondulo, ove col sangue dei Cavalcano estinse a tradimento la sete iniqua di regno. Oltre il Po, nell'Alicia, dal Taro alla Nura, spingendosi a poche miglia da Parma e da Piacenza, i vescovi, poi il Comune di Cremona comandavano sin dal secolo IX a molle corti e castelli, conceduti anch' essi dai re Franchi a nostra Chiesa. Tali furono Castelvelro (Curlis de Castro celere de transpado), Monticelli d'Ongina (de anginis) Pieve Olloville, Pus. sei", Polesine, Corte maggiore, con tutte le ville e chiese sottoposte. Si hanno almeno 80 atti del secolo XII risguardanti l'estimo di tutti questi Possessi, fatto dal Comune di Cremona, il quale ne investì a jugeri, a pezze di terreno, a pertiche parziali alcuni uomini di quelle parli. Si dice che giacevano ultra Padum, in fundo o prope bučam Padi rettili, ultra l'ausculum (Paule?), supra o prope Nuram, in lecitilo, in regona, in glarea coir aggiunta di qualche santo o cognome privato; si vede che erano luoghi dominati un tempo dal fiume e prosciugati dall' uomo. A poco a poco nel principio del secolo XIV decadendo la fortuna di Cremona, e sorgendo quella della famiglia Pallavicino, valorosa nelle armi e nel coniglio , P antico distretto di Cremona formò lo Stato Pallavicino, che P°i fu staccato anche dalla diocesi nel 1001. Corte Buscilo de ultra Padum è nominata nelle carte cremonesi del 780, 'n quel borgo insigne, che fu poi città, dal secolo XV al XVIII in-S|gni pittori nostri lasciarono bei monumenti del loro ingegno. Tavole e Quadri dipinsero nelle chiese, conventi e case di Busseto G. F. Bembo, Galeazzo Rivello, i quattro Campi, il Sabbioneta, Mainardi, il Malosso, j' Lodi, Francesco Boccaccino, Superti, Benisoli, Massaretti, i Natali, " Motta. La famiglia cremonese dei Sommi comandava sul principio del secolo XIV ai paesi oltrepadani, posti fra il Taro e l'Arda, ed essa poi " divise o li cesse alla Pallavicino. Altri possessi oltre il Po, ma più del Comune che della diocesi cremonese, furono quelli di Guastalla e Luzara, e per alcun tempo di Firenzuola , Castel!' Alquato , Colorno , Borgo San Donnino, Brescello. ftel 1127 Febronia, abadessa del monastero di San Sisto di Piacenza, investe il popolo di Cremona della terza parte del castello e della corte * Guastalla, eccetto le chiese e i suoi beni. Questi luoghi sono muniti c°n arnesi di guerra, perduti e redenti colle vittorie o le sconfìtte Cremonesi, i qua|i nel 1102, alleati eoa Federico I, s'impossessano elle altre due parti. Passale altre vicende, i Cremonesi nel 1227, dive- «114 PROVINCIA DI CREMONA nuli guelfi e dovoli agli interessi del pontefice, pagano all'aliale di San Sisto 3000 lire imperiali, e concedendolo Gregorio IX, hanno l'intero ed esclusivo dominio delle due terre e citta. Ne furono poi spossessati nel declino della loro potenza dai prevalenti vicini. Il Territorio — Acque. Strade, Agricoltura. La zona cremonese, dì cui si guardò dall'alto la postura e l'aspetto generale, merita molta considerazione per le modificazioni recatevi dall'uomo, cioè per le sue ricchezze artificiali ed agrarie, più che per le naturali e spontanee. Sorvolo alla flora e alla fauna cremonese, non offerenti rarità e varietà di forme, oltreché illustrate dai dottori Sonsis, Cerioli e Tassani. Ben parmi pregio dell'opera significare con quale intelligenza ed arte, con quanto oro e lavoro i nostri ridussero e conservano a fiorente feracità un paese originariamente sterile, uliginoso e insalubre e che tale tornerebbe ove appena la mano dell'uomo s'intorpidisse. De'grandi e piccoli fiumi, che lo circondano e attraversano, a poco a poco l'uomo o restrinse gli alvei sconfinali, o abbreviò il corso, o b contenne entro dighe colossali. Più volte moke migliaja d'ettari di re§otle o fondi bassi, già letto di quelli, si bonificarono; più volle vasli deposi!' d'acque stagnanti, di ghiaje e di selve si disseccarono e ararono, si che oggi (tranne pochi traili di terreno, detti Of/lio e Po morti, il Lago oiòWfì di 130 metri di periferia, la VatneOTÙ e della Maddalena, piccoli bodnj-tamari, bugni e Valli) tulio quanto è vaslo il lerritorio coli'arie lunga e grande si rese prosciugato e fruttifero. A difenderlo dalle irruzioni de'fiumi erano innanzitutto necessari argini, abbandonali e rotti più volle, rialzali ed estesi da Sabbionela, cioè dove sfocia il Molla noli'Oglio, e lunghesso il Po da Farisengo, Ire migl':l sotto Cremona, sino ai confini della provincia e della diocesi. Più volte fiumi maggiori e i minori per pioggia strabocchevoli, o per rapido squagliamento ili nevi alpine avrebbero ingojato colle inondazioni gran parte del territorio avvallalo e poco declive. Il Po, che decorse lino a ire migli'1 lontano dalla sponda cremonese, più volte vi si approssimò di tanto, che divorò argini, chiese, casali, villaggi; ed ora disia da Cremona pochi meli'', e larabe Casalmaggiore, a pena riparato dall'argine gigantesco. IL I KURITORIO 61 .i M.i questa grane1 opera di generale difesa non bastava a prosperarsi! Paese; bisognava emendarne la rude natura, fecondarlo e sanarlo mediante le irrigazioni e il pronto deflusso delle aeque. Già sino dai tempi degli Etruschi e de' Romani, indi nel secolo X insieme colla costruzione degli argini si migliorarono molti terreni cremonesi col mezzo delle irrigazioni e degli scoli usando dei canali naturali, o aprendone di nuovi. Sopra Fontanella, Isso e Barbata estrassero molte acque dalPOglio, mediante il Navìglio vecchio, che dopo aver servito agli usi guerreschi e edilizj, alla navigazione ed all' irrigazione, giungeva in città alimentando i vecchi e nuovi acquedotti, che la circondavano e atira versavano, giovando alle faccende industriali, economiche e sanitarie. Se non che accorgendosi gli avi nostri che l'affluenza delle acque naturali e artificiali, cadenti dagli altipiani superiori del territorio per metter capo nel Po, danneggiava Cremona, e che 1 consueti canali diversivi non erano sufficienti a tener asciutti i fondi più depressi, pensarono di scavare sulla line del secolo XUI, la Tagliata, la 'inalo conduceva .all'Oglio gran parte delle acque sovrabbondanti. Poi '"'I 1331, Unita nei Cremonesi la vita guerresca e politica, si abboni novamenle il territorio coll'aumcnto di altre acque irrigatorie e necessarie aH'1 industrie cittadine crescenti. Dedussero perciò dalPOglio Ira Calcio e Cividale l'altro Naviglio che si chiamò nuoto, il (piale diviso prima in due rami, ricongiungevasi nell'alveo del vecchio (assumendo allora il nome d' Cìvico), e somministrava a dritta e a manca canali irrigui, perveniva J_ali in bel giardino. Esse sono percorse notte e giorno dalle bare, cariche granaglie e di merci nostrali e forastiere; ogni settimana la sola via ja Mantova a Milano trasporta per adequato 20.000 sacchi di grano. ' strade comunali distese in JI50 tronchi per oltre 1340 chilome-» 'mporlano ai Comuni per annua spesa oltre a 130 mila liorini. associle tutte le strade cremonesi terminano ai fiumi, che circuiscono Provincia e li varcano o sopra ponti di legno, o con porti mobili, o s°Pra barche e battelli volanti; sono 18 1 porti sul Po, quelli delira*, del L v. \v. ni. 7S rOglio quattro con altrettanti ponti stabili. Esse offrono il massimo dispen-dio nella costruzione e conservazione, importando per adequato la spesa di 700 fiorini per ogni chilometro quadrato. Mentre la strada per al por!" di Formigara sufi'Adda, in causa della ghiaja vicina, e di essere poco frequentata, costa 00 liorini per ogni chilometro, quella di Mantova, lontana dal centro della ghiaja e assai percorsa, ne impiega 023. Questo grande sistema d'arginatura, d'idrografia artiiiziale e di strade è regolato da leggi e società, antiche e sostenute con ingenti spese, li-vecchio statuto di Cremona parla a lungo del governo dei dugali pubblici, delle chiaviche e degli argini sul Po e sull'Oblio e delle acque del Naviglio Civico; i pontefici obbligarono con bolle gli ecclesiastici a concorrere alle spese degli argini e de' dugali per l'utilità universale. Presse i municipi di Cremona e di Casalmaggiore, e in alcuni Comuni lungo i fiumi sono aperti eonsorzj, comprensorj ed ulììzj pel buon governo di essi argini ed acquedotti, e per altri speciali condotti irrigui e di scolo, o per le l'tgone. I dispendi necessarj a costruire e mantenere gli argini arrivano ogni anno in via ordinaria a 200,000 lire, talora a mezzo milione, e negli straordinarj bisogni e pericoli anche ad uno. De* dispendi (Ielle strade dicemmo; per quelli dell'economia delle irrigazioni basti il sapere, che il prez/.o d'affitto d'ogni oncia d"acqua all'anno sale fino alle 700 lire, anche compartita ogni IK giorni, ma vale ad irrigare )t>0 pertiche metriche. L'acqua tra noi si compera ad alto prezzo, perch*' senz'essa rimarrebbero pressoché improduttivi molti terreni, e si perderebbero alcuni prodotti; il valore massimo della terra coltivata corrisponde prossimamente al capitale investito ja procurare l'irrigazione sopra una superficie arsiccia dalla lunga serenità de' giorni estivi, succeduti da notti brevi, non fresche e poco rugiadose. Ove si può irrigar0 il terreno almen ogni 15 giorni, ivi il ricolto è sicuro e abbondante-Aggiungi le spese de' concimi e dell'opere per migliorare e coltivare ' fondi, per riparare e preservare i bestiami, le biade, i caseggiati, scorte dalle malattie o dai danni della grandine e degli incendj. Nel le tre Società d'Assicurazione riscossero dalla nostra provincia 88.000 tire» ma nel triennio 1854-56 le sei Compagnie , comprese le assicurazioni delie vite e delle merci, ne incassarono 434,009 e restarono in perdita di 255,073. Si calcolò che il ricavo annuale lordo dei fondi affittati Si aggira dalle 0 alle 12 lire per pertica; netto dalle dette spese e da altre rivolte al necessario andamento dell1 istruzione, della beneficon/-«1-. della sanità, può credersi ridotto l'orse a meno di due quinti. Per poco ^h*' le proprietà si aggravino ancora di prestiti e di debiti, si esauriranno le font» della prosperità economica e civile del paese, la cui difesa, lerUhu salubrità è tutta artiiiziale, e sta in ragione dei dispendi che vi si prodiga"0- MUNTOLI IR A 019 ^"agricoltura varia fra noi, non solo per la diversa postura e pendenza di* terreni, ma anche pei diversi elementi tisico-chimici che li corapon-fjonoi, o vi sono predominanti, e per la possibilità delle irrigazioni. La parte superiore o nord-ovest della provincia, la più erta e declive, è generalmente formata da materiali sciolti, incoerenti e friabili, quarzosi , calcari, argillosi ; e come dicono gli agronomi, di terreni leggieri, deboli, caldi (ladini), i quali sono poco permeabili all'aria, e poco ricevono e rattengono T acqua e l'umidità , come presto risentono e con facilità di-sperdono P azione caloriferi dell' irraggiamento solare. La parte oriente invece, situata fra il Po e T Oglio inferiore, più depressa e poco declive, è ordinariamente costituita da terre più consistenti, compatte e tenaci (allumino-argillose e cretose), dette volgarmente forti, fredde, ferine, che resistono più a lungo alla siccità , difficilmente si riscaldano e si spogliano dall'umidore. 1 terreni più veramente diffusi e prevalenti nella provincia sono i cosi detti volpini, i quali partecipano della 'neschianza de' migliori elementi di fertilità , assimilati da lungo tempo ;'"e materie organiche naturali e artificiali, che l'osservazione e l'esperienza secolare e la moderna scienza e industria seppero trovare meglio •donee ad una più rigogliosa vegetazione e raccolta. Ogni qualità di terreno è fertile per le specie dei prodotti che vi si adattano, e per l'ordine accurato di educarlo. 1 terreni adunque della prima porzione, come l,MI sabbionicci e ghiajosi, si arano poco profondamente, si irrigano e si c°ncimano più di frequente, e si destinano più specialmente alla coltura dei cereali (frumento, segale, formentone grosso e agostano, miglio, Ionico, riso ecc.), del lino e de' prati irrigui stabili o a vicenda. L'altra Porzione, poco irrigata e più argillosa , si ara all'opposto più profondavate, e talora con due o tre paja di buoi, vi si agevola il declivo e lo N<'olo <|,qie acque piovane , che sopra vi stagnerebbero inerti e funeste, 6 s' dedica generalmente alla coltura de' cereali e della vite , poiché n°n vi prosperano il lino, il riso, il miglio e il formentone piccolo: in a,cuni luoghi si semina con vantaggio il lino d'inverno detto freddo, "lvernengo o ravagno, la canapa e la fava. I terreni irrigati non rag-v,ungono la metà del territorio, cioè 50,000 ettari ; e di questi 40.000 s°no nelP alta provincia tra P Adda e P Oglio, la quale abbisogna di «'eque abbondanti e frequenti. Mentre nel Gasalasco e ne'distretti fra ^o'io e il Po, ricchi d'argilla e di poca declività s'intercidono i ' amP' eon larghi fossati e bassure, noti per irrigarli, ma per tenerli '^emtti e riscaldati, ne' distretti di Soresina e di Soncino invece, poveri 1 elementi feraci, i terreni tanto più richieggono l'acqua, quanto più lar>dmente la disperdono. Perciò l'ordine della seminagione e della coltura differisce nelle due P*pe. Suolsi ordinariamente seminare, per ogni pertica di terreno, mezzo stajo di frumento e di frumentone, due quinti di riso, mi ottavi di linosa e ordinariamente si raccolgono tre staja di frumento, dalle cinque alle dieci di frumentone, due di linosa, due o tre nibbi di lino, dalle cinque alle dieci staja di riso, cento pesi di fieno. La parte irrigata coltivasi a quarto, l'asciutta a terzo, vali; a dire che si distribuisce in quattro o in tre porzioni un podere, l'una delle quali si semina a prato, l'altra a lino, la terz;i a frumento, la quarta a formentone o a riso, ovvero a formentone e a frumento, tralasciando il prato, il riso o il lino. La rotazione agraria è regolata dunque per modo, che là, dove in, autunno si seminò il frumento o la segale, si getta il trifoglio a primavera o altri semi d'erbe pratensi, e il campo che biondeggiava in giugno di spiche, verdeggia in settembre a prato rigoglioso; e dove tra la primavera e l'estate si raccolse il ravettone e il lino si semina il formentone agostano o il miglio; dove finalmente vegetò in estate il formentone grosso o il riso si riduce a coltura di frumento, di ravettone o di prato in autunno. Il concime è o vegetale, o animale, o minerale: al primo appartengono le foglie fermentate degli alberi e le varie specie di strame; al secondo lo sterco degli animali domestici; al terzo il limo de" fossati e il terriccio delle fabbriche: talvolta si seminano l'ave e lupini per sovesciarli. Si è calcolato che la metà del territorio è destinata alla coltivazione di graminacei, un terzo a viti e a lino, un decimo a prato stabile o avvicendato. Nei terreni irrigati e leggeri il prato arriva a un terzo o a un quarto, e la vite occupa il diciottesimo; negli asciutti e tenaci questa si estende per la mela, ed ogni campo è un vigneto frammezzato da aree coltivale a frumento o a zea maiz. Proprietà^ distintiva della nostra agricoltura è quella di circondare e tagliare le vaste campagne con continui filari di gelsi e di piante a celere vegetazione, le quali consolidano le ripe degli acquedotti, e forniscono il combustibile, necessario in un paese tutto coltivato e distante dai monti. Le piantagioni di gelsi non trovansi forse in verun luogo così folte e vigorose come nel Cremonese, uè sì gigantesche e perfette come nell'alta e media parte del territorio in grazia delle molte cure e spese che vi si prodigano: la parte più vinifera quasi ne manca. Sopra una superficie di mille pertiche i gelsi pascono dalle 50 alle 80 e sino a 100 once di semente di bachi da seta , e cento pesi di foglia bastando ad ogni oncia. I fondi sono condotti o per affitto, o per mezzadrìa, o per economia dagli stessi possessori. La prima maniera è comune nel Cremonese irriguo, l'altra nell'asciutto: il iittajuolo compensa il proprietario in denaro coli'obbligo di migliorare il fondo, godendone tutti i prodotti per una data serie d'armi. Colla seconda, comune nel Casalasco, il massaro divide col possessore i prodotti del suolo , che egli lavora a sue spese, esclusa però l'uva, della quale gode solo il terzo. Per le spese AGRICOLTURA G2l •Iella mano d'opera, ossia per la coltivazione del l'ondo, suolsi accordare al famiglio dieci staja di frumento odi formentone, un peso d'olio d'ulivo e di lardo, mezzo stajo di sale e 80 lire in denaro all'anno , e là dove eoltivasi il riso, il miglio, la segale o la vite, gli si somministrano 12 staja di que' cereali e 72 pesi di uva. La donna fruisce il terzo o il quarto del lino che lavora e della sua semente; un terzo del formentone che zappa frumento che spigola , e la metà dei bozzoli che ha prodotti da due o tre once di seme. Ai braccianti suolsi accordare porzione (ì) o 10 Per cento) del genere ricavato in compenso d'averlo mondato, sarchiato, zappato o lavorato comunque e posto nel granajo ; la mercede giornata di dieci soldi e una casa a pigione tenuissima. Su mille pertiche mediche di terreno irriguo s'impiegano solitamente 24 uomini, cioè sei ,;|migli, dieci braccianti e sei guardiani di cavalli o di buoi, con un fatare, i quali lavorano i campi, governano le seminagioni, le piantagioni, le "'rigazioni, i ricolti e il bestiame. Su altrettante pertiche di terreno non "'riguo si occupano diciotto individui. I famigli, parte più giovane e robusta, eseguiscono le operazioni più faticose e difficili dell'azienda agronomica, e che richieggono l'uso de'cavalli o de'bovi; i braccianti attendono a (|uelle alle quali bastano le braccia dell'uomo. Un famiglio colla moglie sani e robusti possono guadagnare in un anno immune da disgrazie, 680 '"'e di Milano, un bracciante 580. Ma questo guadagno è fonte spesso (!' malattie, e di vecchiezza e morte precoce. Ne'diversi distretti varia d'anno in anno la superficie del territorio Per le corrosioni fluviali, come la parte coltivata e improduttiva pe'cambiamenti portali dagli uomini ai fabbricali, e agli ordini dell'economia agraria. Nel 1857 di 1,1)11,545 pertiche milanesi, la parte coltivata e produttiva giunse a 1,807,460, ossia a 118,000 ettari, come appare dalle due seguenti tabelle, i cui elementi speciali voglionsi assumere in ter-V'ni generali e approssimativi. Superficie del territorio cremonese : Case, chiese, fabbricati . . . Pertiche 36,000 Piazze, strade, cimiterj, argini e canali » 53,085 Stagni, paduli, peschiere . . m • * 4,000 Lande, ghiaje, brughiere 11,000 104,085 Terreni irrigati..... 1 578,460 Asciutti....... 1 909,000 Prati, marcite, orti . . . . 200,000 Risaje . 40,000 Boschi e pascoli..... • P 80,000 1,807,460 Totale pert. 1,911,545 Le parli slerili si riducono dunque a pochissima cosa (5 per 400) ; e abbondano più lungo i Rumi e ne" luoghi già da essi occupati. Gli orti riechi di bulbi, legumi, frutti, erbaggi, prosperano dappertutto, ma specialmente intorno alle due città e ne' maggiori borghi e casali, ove possono essere irrigati e concimati più facilmente, e soddisfano ai bisogni della popolazione più numerosa; ogni famiglia colonica possiede un orticello per la mensa frugale, taluna v'aggiunge un porcile ed un pollajo. Le risaje abbondano ne' distretti di Soresina e di Soncino, ne mancano quelli non provveduti d'acque irrigue. Generalmente non sono stabili o vecchie, ma si mutano ogn'anno o due, o a periodi più lunghi; ne' pochi terreni uliginosi che non si prestano ad altre culture e sono infesti da erbe palustri, si semina il riso nostrale, mentre si preferisce il cinese per le risaje a vicenda. I boschi d'alto fusto allignano massimamente nelle ghiaje e lungo POglio e nel distretto di Soncino; i cedui nelle rcgorie del Po, de' distretti di Casalmaggiore e di Sospiro. Dote o scorta dell'agricoltura, e preziosa sorgente de'concimi e d'altri proventi economico-agrarj è il bestiame, la cui qualità, quantità e valore nel 1867 in dati approssimativi pongo quali mi vennero comunicati. ouantitù Vwi.i.d in lire aiislr Puledri da un anno a in 2278 \ 45.600 Cavalle e cavalli castrati 90 Mi 2,893,200 Stalloni (i8 27,200 Muh i asini 1622 265,820 Brattane qovallino 13,612 3,631,820 Rovi 15,840 5,513,000 Vacche 9641 2,594,970 Vitelli 6367 609,360 Tori 332 99,600 Bestiami bovino 32,420 s,740,93o Capre e arieti 1260 18,100 Pecore e agnelli 1407 Majali 9000 645,900 Gli economisti trovarono, che il numero del bestiame alto e basso è V espressione dello stazionamene o della progressione dell' agricoltura in un dato paese, e ne calcolarono i rapporti colla superficie del A i, MI COLTURA <;->:> suolo coltivato o col numero degli abitanti e de' coltivatori. Adunque la proporzione del bestiame grosso Jra noi sarebbe di 212 rapi per ogni mille abitanti, di 131 per ogni miglia geografico quadrato; sopra ogni mi-gliajo di pertiche censuarie si avrebbero oltre (5 eavalli e 151 buoi; numero quindi maggiore che nel totale della Lombardia e della Francia, ma assai minore che in Inghilterra. Paragonando le statistiche antecedenti del genere cavallino nel Cremonese osservo, che esso crebbe e migliorò plausibilmente; nel 1814 si contavano appena 4750 cavalli , uri '824 aumentavano a 8000 ; ora sono presso a 12,000: poi meglio educati da abili ed esperti agricoltori guadagnarono in pregio e valore ni 'anto, che sono avidamente richiesti e pagati ad alto prezzo, come quelli che trovansi eccellenti per eleganza e robustezza di l'orma, per durare a forti e lunghe fatiche così d'attingilo e opere rurali, che da cavalcatura e corsa. Il bestiame bovino invece diminuì; nel 17(19 le sole v3cche pe* molti pascoli selvaggi e liberi, o l'uso di ogni famiglia dei radi e poverissimi contadini che possedeva la sua vaccherella, giungevano ma soltanto 1700 erano raccolte in mandrie, e producevano 31500 forme di formaggio (Carli, Sul censimento ili Milano). Nel 1814 ''rano ancora oltre 11,000 vacche, ma dopo quell'anno scemarono, e furono concentrate nelle cascine, dove la produzione del formaggio di grana ,u nel 1831 di 3200 quintali di Vienna e di due quella degli stracchini, ^el 1847 trovavansi poco più di 9000 lacche, ma 3(5,500 capi bovini c°mplessivamente. Anche il bestiame minuto diminuì: ne! 1814 gli arieti, 'e capre, le pecore, gli agnelli giunsero a 3440, nel 1837 discesero a 082; °ra hanno qualche aumento 2. Come la qualità e maniera de' terreni e d'agricoltura , così varia nei diversi anni e distretti la qualità e quantità delle produzioni agrarie. Per modo generale e approssimativo qui pure compendiamo in un quadro i Principali prodotti del suolo cremonese col lor valore ordinario , che si W intorno ai venti milioni, nolando, che in alcuni anni assai prosperi * aPProssimò ai trenta, in altri, come nel 1852 , per la sventura della erittogama nelle viti e dell'atrofia ne1 bachi da seta . non raggiunse e1 ■ 1 tredici. Mi,,," ' oh« l'autore ri »Ise queste notizie come dati approssimativi. Non c'è stali-t(> oloinoritaro o\w min sappi:* quanto ili imi sieno imbuite li' denunzie nisì dotte proda-ili ". !°m'' ll,>l tastiamo; colpii m parti! la noncuranza iti chili» l'incarto»di raccoglierle, 'liriiri'1'' ,,,0l")si,<) dì denunziare mcn ilei vero, per tema clic so no (accja elemento di (. _";'"v:i imposizione, o aggravio delle voce-Ilio. Valga l'avvertenza por non fondarvi " l>0,,<' statistiche di paesi, che le l'anno con cura e con intenti divorai. c. C. Qualità Quantità in some metriche Valore ni lir« austr. Frumento da Ile 1(50,000 al e 200,000 3,000,000 Formentone 250,000 360.000 4,000,000 Segale e veccia 10,000 16,001) 200.000 Miglio e panico 12.000 20,000 150,000 Riso bianco 20,000 32,000 700,000 Avéna, spelta, melica. fraina, sorgo 14,000 20,000 180,000 Uva o vino 4 20.000 180,000 3,000,000 Orzo 124 600 4,000 Legumi 4.000 6.000 79,000 Linseme 12,000 13,000 600,000 in quintali metrici Lino e canapa 14,000 26,000 2,000,000 Fieno a tre tagli 424,000 440.000 2,000,000 Paglia e stoppia 180.000 400,000 300,000 Legne forti e dolci e carbone 17(5,000 290,000 500,000 Olj varj 7,000 9,000 * 1,000,000 Frutte varie 19,000 32,000 220,000 Bulbi, legumi, erbaggi 30,000 40,000 350,000 Bozzoli 5,000 16,000 6,000,000 Confrontando le statistiche delle produzioni cremonesi ne' secoli antecedenti si vede, che alcune ebbero qualche aumento ; ciò sono i bozzoli, il vino, i foraggi; invece diminuirono i cereali, le legne, gli olj di linseme, noce, ravettone, vinacciuoli e gli ortaggi, i legumi (fagioli, fave, piselli, lenti, ceci) e le patate. Si deduce pertanto che, colPaumento delle irrigazioni e lo schiantamento de'boschi, si aumentarono i prati e quindi i foraggi, le viti e i gelsi, a scapito dei cereali, delle piante oleifere e di minor pregio ". Ai prodotti vegetali, ma più naturali che artificiali, devonsi aggiungere i funghi mangerecci, alcune piante ed erbe medicinali, tagli de1 boschi ecc.; prodotti di tenue quantità e di poco profitto e valore. I boschi camerali, comunali e de'pubblici stabilimenti, lasciando quei de'privati, occupavano nel 1816 16,000 pertiche di terreno; nel 1844 erano già scemati della metà, colPestimo di 7000 scudi, e davano al regio erario in af- 3 Dal Regolatore Amministrativo caviamo questo prospetto degli adequati prezzi de> prodotti dotta provincia, compilati dall'amministrazione dell'Ospedale Maggiore e Luoghi AGRICOLTURA 615 'itto, taglio e tassa boschiva intorno a 30,000 lire all'anno; ora diminuirono ancor più. I prodotti principali tratti dagli animali mediante l'industria degli abi-fanti consistono nel latte, nel burro e nel formaggio, i quali sottosopra giungono ai 1) o 10,000 quintali metrici e al valore di due milioni; poi nella lana di pecora, che si fa salire a 130 quintali del valore di 20,000 'ire. Si trac anche partito dalla caccia e dalla pesca, dall'educazione delle "il Elemosinièri, giusta le notilielie l'alte d'ufficio annualmente dajlà Congregazione .Muscipule, di Cremona, Piadeno e Soresina. IMlOnOTTO frumento Granoturco Li mosa (vernenga [; nostrana Avena . . . 1?ava . . . . Risone . . . Miglio . . . Segale . . . (lugliano . jjino(vernengo . nostrano . Legna Sf«r,te ■ (dolce Cforti ADEQC MI pel 1883 dal is'.ii al JH,'i7 dal i7;;sanx:.7 nku.a PROVINCIA 27. 178 24. 625 21. 457 10. 350 15. 426 13. 187 33. 500 34. (riti 34. 629 30. 606 28. 570 27. 270 12. ooo 10. 306 9. 367 ogni sacco da siaja 14. 250 15. 905 14. 900 3 cremonesi. 42. 000 II. 187 35. 160 10. 000 17. 481 17. 417 13. 500 12. 939 12. 378 10. 500 15. 786 43. 112 66. 666 61. 684 51. 50S 04. 666 60. 261 57. 260 8. 850 8. 130 8. 130 o<:ni carro da riab- 9. 016 10. 750 13. 215 bi i 00. 32. 000 39. 003 31. 701 ogni peso da lib- 23. 000 25. 267 19. 333 bre 27. 21. 500 18. 592 12. io:* ogni songa da on- 10. 500 11. 858 8. 287 ce 29. 6. 500 6. 500 6. 270 ogni 100 8. 083 8. 52'. 5. 277 ogni soglio da po- 66. 681 33. 9tt) 26. 329 si o. ogni peso da lib- bre 25. mischi: i; PESI cascine LI presso ai 100. '-a maggior parte della popolazione cremonese vive ne' centri di ci-V| à> cioè nelle due cilià, in sei principali borgate aventi dai 3 ai 7000 Miiàiraz. del l r. Voi, ut 634 PBOVlNufA DÌ CREMONA abitanti, in otto Comuni d'oltre 2000 anime; il resto è disseminata in rasali e comunclli. La prima sta all'altra come 60 a 40. Essa è ripartita in 19,557 case, in 44,592 famiglie (le case diminuirono dal 1847 di 4325, ma crebbero le famiglie di 4959) con 22,590 possidenti, i quali abbondano, insieme alle strade, alle case e famiglie, nel distretto di Casalmag-giore, ove le proprietà sono maggiormente divise; quindi tra noi avvi un proprietario a un bel presso ogni 9 abitanti. Quanto ai titoli e allo occupazioni la popolazione cremonese è classificata come segue : Ecclesiastici........N. 787 Nobili..........» 64 Impiegati........: » 932 Professioni liberali......» 596 Artigiani.........» 22,459 Villici..........» 37,057 Minori d'età sino ai 15 anni ...» 28,471 « dai 16 ai 18 anni ...» 7867 Non appartenenti a queste categorie - 7717 Donne .........» 104,306 Le professioni liberali sono così rappresentale: In giuà. .Xiil.i provincia. Totale. Avvocati 10 12 22 Kotaj 9 IO 19 Ingegneri 78 - 30 108 Agrimensori 6 6 12 Ragionieri 56 11 67 Medici e chirurgi 53 75 128 Chirurghi maggiori e minori 14 11 25 Farmacisti 25 51 76 Ve le rio a rj # 14 17 Levatrici 28 94 122 282 314 596 I contadini, esclusi i minorenni, formando oltre il terzo della popolazione; gli artigiani e commercianti meno del quarto ; il nerbo della po- polazione virile dai 20 ai 60 anni sta adunque presso al 60 per cento. Ogni villico maschio sopra i diciotto anni ha 48 pertiche di suolo coltivato, 8 ogni abitante. La salute pubblica è rappresentata da 368 individui ; ma nella cifra degli impiegati non militano i gratuiti de' municipi POPOLAZIONE 635 * de' Comuni, dell'istruzione e della beneficenza pubblica, i quali si avvicinano ai 2000. Non abbiamo che 64 nobili, mentre 500 famiglie qui risplendevano nei secoli addietro. Forse 1200 fittajuoli e altrettanti massari e terzajuoli, forniti di scorie, talora di capitali e di fondi proprj, vivono in famiglie patriarcali di antichi costumi, soggette a un capo; mantengono tutti i figli alle scuole elementari, spesso uno di essi volgono a qualche professione liberale o al sacerdozio. Quando la siccità, la grandine, Pinnondazione o altra disgrazia fanno fallire il ricolto, il possessore o il fìttajuolo somministrano egualmente a' colono le derrate necessarie per sostenere la famiglia, spesso senza speranza d' esserne compensati con successive prestazioni della mano. Questo contratto d' accommandita , dice Cattaneo, tra il proprietario e d suo fìttajuolo, tra questo e il colono, questo patto tra la terra e il la-v°ro che la feconda, è costume antichissimo tra noi e molto umano c i v ile, che salva numerose e oneste famiglie agricole dagli orrori dell fame e dai delitti, e tanto più le fa partecipi ai ricolti del suolo e a retribuzioni proporzionate, quanto più vi impiegano braccia e lavoro per renderlo più ubertoso. Ma è un altro carico gravoso po'possidenti. Anche ogni famiglia de' coloni e de' trafficanti manda i figliuoli alle scuole elementari gratuite della sua parrocchia; 6 provveduta di medico, chirurgo e levatrice dal suo Comune; riceve facilmente le medicine necessarie a guarire dall'ospitale civico, il quale è sempre agevole a ricoverare 'nfermi, e spesso poi ottiene sollievi e vantaggi dai parroci, dai Comuni dalla beneficenza pubblica, quando l'impotenza, la vecchiaja, l'infortunio assale taluno dei capi. Per un calcolo approssimativo si può stabilire che, ,n tempi migliori, la classe agricola e industriale guadagnò ogni anno in compenso dei suoi lavori presso a 40 milioni di lire. Che se vi si aggiungeva parte della popolazione giovane dai 14 ai 18 anni, la quale, invece di essere un peso, come avviene nella classe media dei cittadini, diviene fonte di lucro per l'artigiano e il colono, quella somma acquistava pro-Porzioni maggiori. Perciò la nostra popolazione oprante poteva produrre P1U che consumare, e mettere in serbo qualche frutto dei suoi lavori. Ma ^fa non vi è chiamala se non per opere d'indispensabile necessità. Le casse filiali di risparmio ebbero di debito, sulla line del 1857, con Cremona per lire 952,692. 37; con Casalmaggiorc 115,760, scarso deposito quando Monza e Varese contano quasi un milione e mezzo di •re per ciascuna , e Milano ne ha cinquanta. Il rapporto tra la somma * ^popolazione è tra noi soltanto di 4.50, mentre il totale della Lom-ardia è di 21.50; sintomo di poca prosperità e providenza. Le abitazioni risentirono da alcuni anni la benefica diffusione dell'igiene e della civiltà, divennero cioè più comode, asciutte, ariose,vsane e pu- lite; cosi pure il vestito ritrae di maggior salubrità. Cadute in obblio le antiche feste e allegrie popolari, i divertimenti si riducono a pochi 6 melensi, nessuno a utile, diletto e istruzione; nelle due città e ne1 borghi più popolosi v'ha teatri, società filarmoniche, bande civiche. Finalmente il modo di nutrirsi della più numerosa e affaticata classe del popolo è più vegetabile che animale e azotato, più con acqua che con vino ; la polenta, la minestra, il pan biscotto e qualche erba cotta nell'olio costituiscono l'alimento consueto in ogni luogo, stagione e famiglia; i contadini di Casalmaggiore, che forse meno lavorano, sono prevedati di buon frumento e di vino. Quindi la soverchia fatica, i danni del clima, rinsufficicnte alimento peggiorano la nutrizione, le forze, la salute di alcuni contadini, che spesso ammalano, tardi risanano e precocemente muoiono. La popolazione cremonese consuma per adequato all'anno, in ragion:) d'ogni 100 abitanti, 165 some metriche di grano!ureo, 83 di frumento, 230 di vino, 12 di riso, 38 di frutti, 4 di bulbi ed erbaggi, 5 pesi di sale. Nel 1847 pagò per imposte indirette meglio di 3 milioni, cioè 900,000 per sale, 600.000 per tabacchi, 350,000 per lotto, un milione e mezzo per diritti di dogana, di bollo, di dazj consumo muralo e forese e altre cose. Adesso i dazj addizionali crebbero del 15 per cento: nel 1857 quel genere d'imposta aumentò, e s'approssima, se non li supera, ai 4 milioni. Nello stesso anno per imposte dirette Cremona sborsò presso a 3 milioni e mezzo di lire; per le due addizionali, compresa quella del dominio, lire 363,623; per la imposta sulle rendite, edifief, capitali, onorarj agli impiegati, arti e commercio lire 737,392 ; per la tassa arti e commercio 63,283, per la comunale 1,282,80 ì, in tutto quasi 6 milioni. Alla superficie coltivala del territorio e agli editìoj urbani e rurali si attribuisce un valore approssimativo di 270 milioni; vale a dire di 150 lire per ogni pertica, ma vi gravitano presso a 70 milioni di capitali ipotecar]'. Il valore nitido de'beni stabili, de'capitali ipotecar] e impiegati nel commercio e nell'industria si approssima a 300 milioni; quello delle produzioni sta ad ogni scudo di eslimo in ragione di lire 2. IO. Ma W proprietà fondiaria è ora caricata di altri debiti e di prestiti, perchè, sopra ogni lira d'estimo si hanno, sino a centesimi 36, mentre nel 1847 erano 17; e coi carichi comunali, il trasporlo di proprietà, ecc. oltre ai 53, che sottraggono talvolta dalla rendita i tre quinti. Le instituzionì civili. — Municipj e Comuni. Industria e commercio. — Istruzione e beneficenza. Cremona è governata come ogn'altra città e provincia lombardo-veneta. K sede della I. R. Delegazione, con 88 impiegati in città e 63 con 8 commissariati in provincia ;-del tribunale civile, criminale e mercantile con 76 '^piegati in città e 63 con 5 preture in provincia; della intendenza di finanza con 90 impiegati in città e in provincia 35, con 5 dispense delle privative, dogana in Casalmaggiore, ufficio di commisurazione in Soresina e 7 ricevitorie del lotto. La forza armata (gendarmi e guardie di polizia, dì finanza e comunali) sta in proporzione di 2 ogni 100 abitanti; la guarigione e ordinariamente di 4000. I municipj delle due città, con consiglio d' 40 membri ciascuna (quello di Cremona con 40 impiegati, quello di Casalmaggiore con 20) e le deputazioni de'' 166 Comuni con presso a i'He impiegati, amministrano i patrimonj e le rendite del pubblico, che rivolgono alla sua utilità; 19 Comuni hanno consiglio comunale, con o senza ufficio proprio, 147 hanno convocato. Nel 1840 i Comuni cremonesi possedevano 1305 caseggiati del valore d'un milione e 216 mila lire, e_ della rendita di 44 mila lire, la quale colle obbligazioni di stato ridotte e co' capitali privati, saliva presso a mezzo mi-''0ne. Il lur patrimonio attivo nel 1847 eccedeva i tre milioni, col passivo di "48,704 lire; ebbero di rendita ordinaria e straordinaria oltre quattro mi-''°ni e mezzo, e ne spesero in acque e strade, ponti e canali, illuminazione ti abbellimenti, pulizia, salute e beneficenza. Nel decennio 1848-1857 le indite e le spese del municipio di Cremona giunsero presso a otto milioni. Le prime consistevano in rendile ordinarie e straordinarie per quasi sette milioni, uno si ricavò da sovrimposte, quasi due dal dazio consumo, ed °jtre quattro da altre rendite, ed ebbe una deficienza di oltre un mi-''0ne (1,050,684. 40), cui si supplì con capitali assunti a debito. In spese 0rdÌnarie e straordinarie erogò presso a otto milioni (7,977,101. 08) cioè, ln 0I)erc di abbellimenti 570,332. 45, in opere di beneficenza (cronici del- 038 PROVINCIA DI CREMONA V ospitale e a domicilio, cholera-morbus, carestie) 480,472. 68, e quasi 700,000 in altri oggetti. L'imposta comunale nel 1857 per Cremona fu di 199,769. 22, per gli altri Comuni della provincia di 1,083,036. 32. Cremona di forma ovale, quasi grande barca col torrazzo come albero in mezzo, si estende sopra una superfìcie di 5940 pertiche censuarie colPestimo di scudi 511,230; i corpi santi estcndonsi pertiche 13,565 colPestimo di scudi 70,500.Ha 4 porte, 27 piazze, 175 strade, tortuose ma larghe e polite, 80 viottoli, 2353 case, 7276 famiglie, 1830 estimati, 3067 forestieri, 30,211 abitanti coi corpi santi (nel 1855 discesero a 25,000), due macelli, due teatri e società inarmoniche, passeggio pubblico, orti e giardini privati, ampi e frequenti instituti di beneficenza, istruzione, pulizia e salute. Casal-maggiore e le borgate più ricche e popolose imitano il capoluogo nelle in-stituzioni civili. La parte della popolazione lavoratrice e produttiva, non dedicata all'agricoltura (22,459), è rivolta alle industrie e ai commerci, circoscritti a migliorare e trafficare le produzioni del suolo, a fornire il paese di quanto abbisogna per non ricorrere alle merci e fatture forestiere. Alcuni abili e istrutti artigiani lavorano oggetti di lusso e di diletto, carrozze, mobili, ornamenti e addobbi di chiese e di stanze, ecc. tanto d .-essere invitati nello vicine provincie, o di riceverne le commissioni. Le pubbliche officine di manifatture e di industrie, e i negozj d' arti e mestieri nel 1857 trovavansi distribuiti presso la citt HI. 397 Casalmaggiore città 155 Nel distretto IV. 333 V. 192 VI. 217 • VII. 32 Vili. 109 3476 Lavoranti a fabbriche Occupazii o sussidimi a negoz.j e mestieri special 6010 484 360 194 370 185 615 146 M 00 192 1464 551 537 363 3008 403 1800 110 140 951 15.404 3579 Nel 1847 in luogo di 1219, prosperarono 1422 fabbriche e negozj ; i negozj con oggetti di consumo erano 2513; le occupazioni spedali 3987, i commercianti in genere 4718, i lavoratori alle fabbriche e sussidiar)' ai negozj 18,258, i quali ricevono la mercede giornaliera di 'ire 1.18,o lire 1.50, o di centesimi 66 col vitto. Ne1 commercianti si compresero tre banchieri, tre cambia-valute e sei negozianti ali1 ingrosso. I capitali impiegati nelle fabbriche, ne' negozj e mestieri si fanno salire a 24 milioni di lire, nel commercio a 12. L'industria più fervida e proficua è la filatura dei bozzoli. Nel 1857 lrovavansi : In città Filande a vapore N. 8 con aspi N. 463 A Soresina e Castelleone » » 7 » » 307 A GasalbnttaAo * » 4 » » 430 A Casalmaggiore e Gussola » > 2 » » 74 21 1274 Li città e provincia Filande a fuoco 682 con aspi 3760 703 5034 Ma non v' ha che due torcitoj con 256 aspi o fusi. Negli anni migliori mettevansi a covo presso a 100 mila oneie di seme, e producevano uzzoli per 300 mila pesi, valenti otto milioni di lire; il prodotto in seta greggia ed altri accessorj (seta avana, faloppa, doppi in grana e strusa) saliva a 10 milioni; la spesa della mano d'opera, de' combustibili, della riparazione de1 locali, attrezzi, interessi decapitali, ecc. ad un milione e mezzo ; l'utile de' filatori presso a mezzo milione. Questa industria, occupando per tre mesi dell'anno non meno di 10,000 persone tra filatrici e inservienti, diviene una beneficenza pubblica, perchè riversa sopra altrettante famiglie di poveri il tesoro d'un milione di lire. L'atrofia or dominante lasciò la miseria. Il lino greggio, raccolto abbondante ne' buoni anni, viene lavorato dalle contadine e ridotto in 300 mila pesi, del valore di due ai tre milioni: la sesta parte rimane nelle famiglie, il resto si asporta. Le uve pigiate producono vino ricercatissimo, di cui si apportano forse due terzi; il distretto di Casalmaggiore 200,000 brente, cioè presso al valore di due milioni; ina ne vendette sino per quattro. Anche questo è tolto dall'oidio. Vigorose mantengonsi le industrie dei salati, del torrone e della mostarda. Voglionsi i Cremonesi inventori delle varie specie di salami; certo riescono di squisita bonlà e di largo smercio. Si confezionano coi majali introdotti dall'oltrepò ; nella sola città si macellano 1000 di questi, e 2500 almeno di nostrali nelle famiglie coloniche. Del torrone (mandorlato) fabbricansi da noi forse 5000 pesi del valore di 150,000 lire; di mostarda 90,000 pesi del valore di 380,000 lire. Pochi telaj a mano lavorano tele, parosine, manifatture di lana cotone e lino, ma dal 1854 al 1857 diminuirono da 113 a 64. Le fabbriche di vetri e stoviglie d'infima qualità, non arrivano che ad otto, cioè, tre di stoviglie e di vetro in cftta e ne'Corpi Santi, e due a Casalmaggiore con 119 operaj, e l'annuo salario di 51,000 lire; queste fabbriche consumano 2800 quintali metrici di fascina. Le concerie di pelli, in numero di cinque fra città e provincia, lavorano con 37 inservienti, 4600 pelli di buoi o di vacca e 5050 di vitelli, e producono 9200 pesi di corame e 792 di vitelli o vacchette. Tre fabbriche di birra , in città con 70 lavoranti, ne fabbricano 636 quintali metrici; poche altre distillano spiriti e acelo. Non più di 7, di candele di sego, producono con 18 operaj 4100 quintali metrici. Venti quintali metrici di carta grossolana vengono somministrati dall' unica cartiera in Spinadesco con 3 operaj. In cinque tipografie con 12 torchi s'impiegano 36 individui. Intristite al par di queste sono le manifatture e le industrie degli orefici, argentieri, otlonaj, chincaglieri, e le altre arti e mestieri. INDUSTRIA E COMMERCIO Gii Il commercio, in ognor maggiore decremento, si limita a spedire all'estero i prodotti esuberanti del suolo e i manufatti del popolo, e introdurre generi coloniali, le materie delle arti e de' mestieri, alcuni commestibili e veementi, che è quanto dire gli olj, i saponi, i metalli, le droghe, le stoffe, tele c oggetti di moda, ecc.: e dicesi che nelle due dogane di Cremona e Casal-maggiore i dazi di introito per le merci estere e pe' generi coloniali superano otto volte quelli d'uscita e di transito, cioè nella proporzione di 2G a 3. Centro é alimento al commercio sono 7 mercati annui, e 16 bere settimanali. Questi si fanno al lunedi in Castelleone, Soresina, Vescovato, Gussola; al martedì in Casalmaggiore, Piadena, Solicino; al mercoledì in Cremona e Castelleone; al giovedì in Casielponzone, San Giovanni in Croce, Pesearolo, Ca- salbultano, Pizzighettonc; al sabbato in Cremona, Casalmaggiore. I più rinomati sono quelli di Piadena, Soresina e Sondino, costituiti da grani, vettovaglie, bestiami, lino e suoi tessuti, chincaglierie ed altre piccole merci e industrie patrie. In Cremona tiensi un mercato due volte a' mese di bestie bovine, di cavalli ed altri animali. Ce fiere sono in giugno a Pizzighettone : in settembre a Cremona, oramai disusala; in ottobre a Soresina e Castel Ponzone; in novembre a Casalmaggiore, Piadena, Vescovato; quella già florida di Grontardo ha cessalo. Indizio della attivila commerciale sono i movimenti de' passaporti, delle poste e delle lettere. Il numero de' passaporti e delle carie di sicurezza e di passo suol giungere a 1500;i proventi cavati dal trasporto di lettere, gazzette, merci e viaggiatori dai molti mezzi postali, dedotte |e spese, s'avvicinano alle 50,000 lire; il numero delle lettere private spostate nella sola città s'aggira intorno alle 110,000 per ogni anno, e delle distribuite a 104,000: quello delle impostate e distribuite negli nflic,Ì postali della provincia, ad oltre 150,000. Quindi il rapporto tra il numero delle lettere e gli abitanti è per medio di quasi due lettere Per ciascuno, il che non è poco per un paese, nel quale due quinti <*e'*a popolazione vive lontano dai maggiori centri di commercio, e 'ineslo è sì languido. Nel 1857 Cremona ricevette 235 dispacci telegrafici dello Stalo e di privali con 11.431 parole, ne spedì 98 (;on ,3288, spendendo 180 fiorini. Illustra-, dei !.. r. Voi, l'i. m Le arti industriali e fabbrili, come il commercio, sono rappresentate e tutelate dalla C mera di commercio e di industria, la quale ogni triennio pubblica una Relazione storica agricola, commerciale e industriale (1857). Sin qui parlammo della popolazione lavoratrice e produttiva , ora aggiungiamo la sterile e passiva, cioè quella da un anno ai 18 (in numero di 36,338), la maggior parte della quale si instruisce nelle scuole e si mantiene ne' convitti. I Comuni spendono ogni anno a mantenere le scuole pubbliche elementari maggiori e minori oltre 170,000 lire, il solo municipio di Cremona 40,000; 19 legali più di 17,000 lire, per l'istruzione elementare e universitaria. Per l'elementare e ginnasiale eravi un patrimonio di beni stabili e capitali aitivi del valore di mezzo milione. I sei asili infantili di Cremona, dotati del patrimonio d'oltre 50,000 lire, coll'altività e passività annua di quasi 700 lire, sogliono custodire, mantenere, e istruire dai 500 ai 600 fanciulli d'ambo i sessi fra i 2 e i 6 anni. Nei sei asili della provincia, cioè a Casalmaggiore, Soresina, Castelleone, Vescovato , Piadena, Calvatone, se ne educano altri 600 o 700, spendendo oltre 5000 lire. Le 16 scuole infantili di Cre mona private o venali raccolgono altri 600 fanciulli agiati d'ambo i sessi, col provento d'oltre lire 15,000. Nelle scuole elementari minori parrocchiali o comunali erano inscritti nel 1857 fanciulli 6835 e 6297 fanciulle ; mentre più di 7000 degli uni e delle altre erano atti alle scuole; quindi quasi un quarto non le frequentarono. Oltre le due scuole elementari maggiori della città, se ne hanno 5 di due, o di tre classi in provincia pe' maschi, a Casalmaggiore, Castelleone, Casal buttano, Soresina, Soncino, una di tre classi anche per le femmine a Casalmaggiore, insieme con un collegio convitto femminile. Le scuole private maggiori e minori per gli agiati erano 5 in città pe'maschi, 22 per le femmine. Queste scuole raccolsero intorno a 1800 fanciulli d'ambo i sessi. La scuola elementare maggiore maschile di Cremona con 8 maestri, ebbe nelle prime quattro classi 402 fanciulli, 45 nel disegno e catechetica, 213 nelle festive e al disegno, 120 nelle tecniche, i j i tutto 780 ragazzi. Alcuni convitti caritativi e collegi privati, 8 in città e 4 in provincia, cioè i due orfanolrofj di Cremona e di Casalmaggiore, l'insti-tuto dei discoli, il collegio di Casalmaggiore, il collegio della IL V. in Cremona, delle Salesiane in Soresina, l'Istituto della Carità, il Ritiro di Sant'Angelo, la Casa della Provvidenza, 1' Istituto delle figlie della Carità in Cremona e del Buon Pastore educano nel magistero elementare, nelle arti meccaniche o nei lavori e servigi femminili almeno trecento maschi e altrettante femmine all'anno tra convittori ed esteri. Nelle olio classi delle scuole del ginnasio liceale furono inscritti nel 1857 scolari 370; nel ginnasio comunale di Casalmaggiore di 6 classi 25: nel seminario vescovile per gli sludj ginnasiali e teologici 285 SCUOLE. BENEFICENZA 043 chierici tra convittori, liberi e privati; nel 1847 erano 280. Per la isti u-Z|one e custodia de' giovani cremonesi e altre Provincie si prestano altresì il collegio Fagnani de'nobili, che ha ginnasio liceale, l1 Instituto De Angeli e del sacerdote Gallina dotato di biblioteca circolante , la ^uova Casa di educazione, con scuole reali e di musica, la scuola gratuita di canto e le due scuole de' sordo-muti maschi e femmine. Per tal modo nelle 28 scuole o asili infantili, con 55 maestri, ispettori 0 rettori e custodi (45 gratuiti) si istruiscono con oltre 27,000 lire intorno a 1800 fanciulli e fanciulle dai 2 ai 0 anni; nelle 400 scuole elementari minori e maggiori pubbliche e private con 400 impiegati stipendiali, e forse altrettanti gratuiti, e dai collegi di carità, si istruiscono intorno a 18,00!) altri fanciulli da 0 ai 14 anni con 500,000, o 000,000 'ire, la maggior parte compartile dai Comuni; nelle scuole superiori Presso a 700 maschi dai 12 ai 18 anni con 400,000 lire, oltre gli studenti delle università. Quindi in Cremona, altrice d'ogni buona istruzione e colera e introduttrice delle scuole infantili pid popolo ', oltre un decimo della Popolazione generale usa in 460 scuole assistite da 800 impiegati stipendiati e gratuiti, spendendo annualmente presso ad un milione di lire. Le deduzioni e i confronti discendono da sé. La popolazione orfana, la miserabile, decrepita, impotente al lavoro e ;i ma lata è soccorsa negli stabilimenti di beneficenza pubblica. I due orfanotrofi di Cremona, maschile e femminile, nel 1857 mantennero ed edu-r;|rono per adequato al giorno 129 alunni dai 6 ai 18 anni, spendendo •)'1,42() lire. Questi due stabilimenti posseggono in patrimonio attivo presso ad un milione e mezzo di lire, ma aggravati di passività, dispongono di rendita 58,000 lire per la sola beneficenza. I due orlànotrolj di Casalmag-R'ore colla rendita di 25,000 lire sogliono mantenere inlorno a 60 fanelli d' ambo i sessi. I Luoghi Pii elemosinieri di Cremona hanno di Patrimonio presso a quattro milioni e mezzo di lire, ma colla rèndita disponibile in beneficenze di 160,000 lire.- In elemosine, doti e sus-S|,I.Ì (in numero di 47,000) spesero in detto anno 53,420 lire; in altre °Pere di carità (scuole infantili, allattamento di bambini, cronici della città), iri numero di 400 individui, 13,644 lire. In questi sussidj ne erogarono ')8>456 nel 1847. Mantennero ancora nella Casa di ricovero per ade-•luato al giorno 115 vecchi impotenti (nel 1847 furono 303j e nella Casa * L'abate Ferrante Apolli cremonese fu quello che introdusse in Lombardia gli asili l)(!»' l infanzia,e n'ebbe vanii e decorazioni, poi chiassosi applausi al tempo clic questi divennero un'arte strategica I I turbine eclissò lui come tant'altri. Nel 0<48 uscito dal paese nativo i collocò in Piemonte, ove fu anche preconizzalo arcivescovo di Genova, ma non approvato (al Pontelìce. Fatto cavaliere e senatore presedette all'Università di Torino «no al is:i7, 6 morì 11 30 novembre C. C. d'industria e a domicilio davano lavoro a 579 poveri, spendendo per l'uno e l'altro servizio altre lire 01,370. Con un capitale circolante di 111,000 lire ebbero 38,093 pegni gratuiti nel Monti; di pietà. L'in-stiluto elemosiniere di Casalmaggiore colla rendita di 20,000 lire mantiene 00 impotenti, dà lavoro ad altrettanti; con 0000 lire in giro ebbe 7472 pegni gratuiti. Altri instituti elemosinieri, Monti di pietà, legati e cause pie sono destinati in molti borghi della provincia a soccorrere di elemosine, di doti e di ricovero povere zitelle, fanciulli, vecchi infermi; instituti che hanno la rendila complessiva di 74,000 lire, ma ne erogano per beneficenza sole 40,000. Così per altri legali di alcune eredità e parrocchie della città s'alloggiano gratuitamente donne povere (Causa pia Aldrixi e Capelli) o signore decadule (Caus(k pia Ti/ili), e si soccorrono vedove di ci vii condizione, o povere inferme. Una pia istituzione musicale somministra qualche denaro ai professori di canto e suono divenuti impotenti per vecchiaja o malattia, e sono assistiti da medici , da chirurgi e amministratori gratuiti. Gli ospedali, instituti di carità insieme e di salute pubblica, due in città e quattro in provincia, a Casalmaggiore, Soncino, Soresina e Castelleone, sogliono ricoverare colla rendita di 450,000 lire in 900 o mille letti altrettanti malati [ter adequato al giorno, e all'anno presso ai 12,000 colla mortalità adequata dell'otto per ogni cento curati. Quindi appartengono a quelli ospitali che perdono il minor numero d' ammalali e ne guariscono il maggiore, impiegandovi minor tempo e denari. Il patrimonio dell'ospitale maggiore o civico di Cremona è di quasi 10 milioni, coll'annua rendita per la beneficenza di lire 350,000, alloggiò nel 1855 per adequato al giorno 848 individui, mantenne 1200 esposti, spése per 297 infermi giornalieri 107,188.10 lire; per 402 cronici 100,494, per 74 tra pazzi e imbecilli al giorno 27,055, per, gravide e parturienti, 15 al giorno, 5392, per esposti Lattanti o adulti nell'ospizio e fuori 114,845. Poi somministrò ai poveri infermi a domicilio della ciltà e della campagna (Instituta di Santa Corona) 87 ricette al giorno col costo di 1437.90, e ad 800 tra erniosi e varicosi, ripari, calzette espulsive ecc. per altre 4707 lire. Il servizio e i soccorsi per la salute pubblica sono adempiuti dal personale sanitario. Nella campagna, per 170 condotle medico-chirurgiche e per levatrici, i Comuni spendono presso a 120,000 lire; da 52 farmacie, di cui 12 in città, assistite da 110 fra speziali e inslitori, si dispensano le medicini!, e 17 veterinar)" assistono alle malattie degli animali domestici. Le spese ordinarie per la sanità, cioè per impedire la diffusione delle epidemie o epizoozie, o altre malattie contagiose, per la pubblica igiene, la vaccinazione e la visita delle spezierie, sogliono ogni anno ascendere intorno a lire 50,000. BENEFICENZA 6W In somma gli instituti sanitari e caritativi di Cremona col patrimonio di 30 milioni di lire, ma colla rendita per la sola beneficenza di presso a 700.000, e supplita ila elemosine testamentarie o spontanee privale dei Comuni e delle famiglie, erogano presso ad un milione di lire all'anno, soccorrendo in varie maniere ai bisogni di 3500 individui per adequato a' giorno. Se poi si aggiunga il milione di lire che si spargo negli anni migliori sopra forse 10,000 famiglie del povero per la sola filatura de' bozzoli, e l'altro milione di lire che gli instituti, i Comuni, le famiglio della citta" e della provincia spendono per la educazione della popolazione giovane, si dovrà convenire, che poche città provinciali d'Italia e d'Europa, non abitate e soccorse da principi, con si mediocre spazio e popolazione posseggono instituti e sussidj si numerosi e munifici comi1 Cremona. Le forze generali fisiche, razionali e morali, attive della popolazioni; cremonese furono calcolate, in comparazione colle passive, come 8 a 2, ma sarebbero suscettibili di maggiore sviluppo, come apparirà da seguenti XIV. Desiderj. Scossa l'indolenza spagnuola dei due secoli addietro, i Cremonesi dispiegarono nel secolo nostro maggiore studio e alacrità nel governo del-'•'gricoltura, nella quale impiegarono la maggior parte dello braccia e dei capitali, e dalla quale traggono gli unici proventi della pubblica ricchezza.Ma isolati e lontani dai grandi centri d'istruzione e di commercio, non educati ed avvezzi a grandi speculazioni ed imprese, senza associazioni, eccitamenti e coraggio, essi ignorano o trascurano i metodi, i trovati e gli istruenti nuovi, ossia le forze fìsiche, meccaniche e chimiche, mediante le quali risparmiare tempo, spese, fatiche, materie negli ordini della coltura e della fecondazione, per estendere, conservare, ridurre in miglior pregio e valore 'e raccolte. Cosi dimenticate le manifatture e i traffichi di tempi che furono, non posseggono, eccetto la trattura della seta, opifìcj e commerci alacri ed estesi, essi che, posti presso il Po, arteria naturale di smercio e di civiltà, figurarono nel medio evo tra i popoli più industriosi e sagaci d'Italia. Tuttavìa non pochi nostri benemeriti agronomi ed economisti fecero noti i frutti de' loro studj ed esperimenti, ovvero i loro progotti (principe Vidoni, ingegneri Romani e Nogarina, Mussi, Smancini, Lombardini, Schizzi, Aporti, Manini....), intosi a migliorare la nostra rurale economia, e specialmente la coltura dello zea mais, il governo de'bachi da seta, delle uve e del vino, la scelta e coltura del riso, la preparazione e filatura del lino, ad erigere instituti di educazione agricola, industriale e commerciale, a riformare i nostri instituti di pubblica beneficenza e istruzione. Alcuni giovani ingegneri ed agronomi, con operosità pari al valore, meditano oggi grandiosi disegni per aumentare le acque irrigue, traendole dall'Oglio o dall'Alida, giacché oltre la metà del territorio ne manca e le attuali sono incerte, insufficienti, non ben condotte, distribuite, risparmiate. Propongono altre opere di pubblico interesse e decoro, strade ferrate, ipposidire, nuove strade in provincia e città, e questa ornare di illuminazione a gas e di cimiteri meno inconditi; difenderle entrambe da minacciate innondazioni e corrosioni, ordinare antichi e nuovi canali di depurazione e di scolo, ampliare finalmente e rendere navigabili il naviglio Civico, e la Delmona, congiungendo il naviglio nuovo della Marlesana col-l'Oglio, questi col Mincio e il Po, e far Cremona, attaccata ai grandi ferroviari, centro principale di traffichi tra Milano e Venezia. La Camera di Commercio e delle industrie eie sorelle di Lombardia ne' loro Rapporti economico statistici triennali, non peritaronsi ad esternare i loro voti per prosperare le industrie e i commerci patrj e provvedere all'incremento della pùbblica ricchezza che va mancando. L'insigne mio conterraneo dottor Ja-cini, nella applaudita opera della Proprietà fondiaria, insegnò molti mezzi efficaci per promovere gli interessi d'essa proprfetà e della popolazione agricola. Anche chi scrive non esitò, quanto era da lui, a suggerire ai suoi lettori alcune riforme atte a migliorare lo stato economico e sanitario del suolo e del popolo cremonese, discutendo a lungo quanto si era fatto e tentato dai nostri e quanto restava a intraprendere affinchè la popolazione lavoratrice e indigente potesse, mediante associazioni organate d'industria agricola e manifatturiera e di carità educatrice, preventiva« produttiva, evitare i danni dell'ignoranza, dell'ozio, delle malattie, della miseria, dell'immoralità, e conseguire quella prosperità che altre volte aveva raggiunto, e che è attributo dei tempi e dei paesi colti e civili (Storia e statistica economico-medica ecc. Lib. II. Cap. 9 e iO). Ma pur troppo fra noi ogni progetto di riforma utile e desiderata o non si ascolta o si rinnega o si attraversa : e mentre troppo si parla, non si riesce che al pessimo dei partiti, cioè il far nulla ; per giunta oggi i capitali e i risparmi ci mancano, assorbiti dai prestiti e dai debiti. DESIDERI 647 Certamente primo e vero fondamento della ricchezza agricola è la estensione delle irrigazioni, che trae seco quella de'prati artificiali e de'pascoli, e quindi di bestiami e di concime. Ma la educazione de1 prati e de'1 bestiami ha duopo fra noi di molti miglioramenti per introdurre più salubri erbe nei primi, preservare gli altri dalle malattie e dispensarci dalle rinnovazioni, che cagionano dispendiosi tributi ad altri paesi. Anche l'allevamento delle capre, delle pecore, delle api, de1 majali merita maggior cura la Perfezione. Accresciuti e conservati i bestiami, aumenterebbero le carni, necessarie a riparare la nutrizione e le forze nella popolazione più utile, la Quale, affranta dalle soverchie fatiche, è travagliata da malattie e da morti Precoci. Pressoché sconosciute o neglette fra noi ne'pochi luoghi sterili e abbandonati sono le colture delle piante oleifere, delle radici bulbose, de1 legumi e di alcune specie di vegetabili, che furono introdotte altrove c°n tanto vantaggio e poca spesa e fatica, come quelle che riescono eccellenti foraggi agli animali, salubri alimenti all'uomo, utili concimi, e mgredienli proficui per l'arte tintoria e farmaceutica. Non si apprezzano le ricche torbiere giacenti lungo i nostri fiumi, covate sin dal secolo scorso, con porzioni di lignite, che renderebbero un Prezioso combustibile per le fornaci, i fornelli e camini economici, e c°ncime in alcuni terreni, oltre un disinfettante per le latrine. Cosi lo scavo e la preparazione dell'argilla, i procedimenti per lavorare più preste stoviglie di terraglia e majolica indigena abbisognano di riforme se-c°ndo i progressi moderni della fisica e chimica industriale. Le poche tessiture di lino e cotone non possono sostenere la concorrenza degli esteri, prive come sono dei mezzi meccanici novamente sventati per risparmiar tempo, spese, fatiche , materie, per imparare al prodotto maggior perfezione e spaccio. La Casa d'industria di Cremona fa lavorare 18 telaj a mano, ma è costretta vendere al costo 0 con perdita, o a tenere grandi depositi di tele invendute. Altri rami d arte e di manifatture potrebbero introdursi ed estendersi tra noi, ma ritemprati cogli ajuti degli artilicj nuovi. Non v' ha che due torcitoj languenti e n'un telajo per tessere la seta, laddove 5000 n'erano nel 1500. Ep-'mre Cremona, fu scritto or dianzi, ne potrebbe mettere in azione non meno di 4000 per rapporto alla popolazione e alle altre industrie. Essa la 'W) filande, ma il numero degli aspi, vero misuratore della quantità della seta filata, sale a 5000, mentre a Brescia e Milano giunge a 0700, «ergamo a 8800. Se non che le industrie e il commercio prenderanno ma"gior vigore col miglioramento della proprietà e dell'azienda fondiaria, ,L'senza lo sviluppo de'prodotti agricoli primi non possono rifiorire arti commercio, nò accrescersi la pubblica ricchezza. Nd territorio si lamenta la mancanza di alcune strade comunali, ond" e impedito agli abitanti di case e cascine disperse il comunicar colla parrocchia o colle scuole, od essi sono costretti percorrere viottoli imprati -eabili nelP inverno, lungo i fiumi e canali, talvolta cagione di morte agli incauti. La condizione della popolazione operaja potrebbe essere in alcune parti meglio prospera e lieta. Negletta in generale è l'educazione, assistenza, dignità di essa; tenendola poco meglio che bestia da soma e macchina produttrice; I più intolleranti di giogo amano essere lavoratori liberi avventizi/disobbligati, i quali negli anni penuriosi e nell'inverno vivono senza lavoro e sussistenza, a carico e danno d'altrui, usurpando i sussidi ai veri miserabili, o dandosi ai furti campestri ognor più crescenti e impuni. Su un paese sì fertile e ricco, ma bisognoso di molte braccia per renderlo e mantenerlo tale, cioè preservato dalle innonda/ioni e dalla siccità, e assiduamente smosso e fecondato; in un paese sì abbondante di institnzioni educatrici e caritative, c'è mancanza d'istrutti e costanti lavoratori, si conta un vagabondo e un mendico ogni cinque abitanti, un ragazzo privo d'istruzione su quattro che frequentano le scuole. Alcuni pochi amici del buon tempo antico vorrebbero, anziché completare le i I scuole elementari femminili che vi mancano, sopprimere le 11)8 che possediamo, quasi 1'operajo divenga più maligno quanto più istrutto. Piuttosto si dovrebbe curare che tutti i fanciulli fossero ascritti alle scuole primarie e le frequentassero, ch'esse recassero effetti corrispondenti ai dispendj, formassero cioè sani, robusti, istrutti e operosi agricoltori ed artieri, bisogno della moderna vita civile, e ricchezza dei paesi. Le nostre scuole infantili ed elementari non sono susseguite dai depositi della puerizia, dai conservatoci campestri, da scuole tecniche universali, da poderi e opifizj modelli, ove apprendere gli elementi delle scienze naturali, chimiche e meccaniche, e la pratica viva delle arti. Gli Orfanotrolj sono più presto cenobj di nutrizione e di ricovero gratuito, che seminarj d'istruzione artiera e domestica; i fanciulli si disperdono nelle botteghe degli artigiani, e le ragazze non si addestrano in esercizi e lavori industriali, nelle faccende casalinghe per divenire buone serventi, istrutte mogli e madri d'artieri, maestre di migliore educazione futura. Anche la carità, toma fra noi spesse volte inopportuna, esiziale, perché ordinariamente gratuita, abituale e non preventiva, soccorre la mendicità falsa colpevole, che non lavora nè produce, ma consuma e gozzoviglia a danno delle arti, delle famiglie, della patria. Per essa non è applicabile la legge naturale del mutuo soccorso e la legga divina, la quale comanda di guadagnare la vila e il soccorso nel sudor della fronte. TQlfUATO TAM® 03 DESIUKIU Ni Imperfetti adunque c mendosi ricorrono anche in Cremona gli ordini dell'agricoltura e dell'industria, come quelli della educazione e della carità. E vitale interesse soccorrere ai bisogni delle prime, risvegliandone l'assopita vitalità, e accrescerne e migliorarne le produzioni e if valore, ravvivare le nobili qualità e aspirazioni della popolazione operaja e dirigerla coiristruzione fisica e tecnica, e col lavoro e la sussistenza dignitosa a riguadagnare quel posto di prosperità industriale, commerciale e civile, che possedeva nel medio evo. Ma forse non potremo us ufruttare dei poteri produttivi de'campi, delle officine e del popolo, raggiungere radicali riforme senza una vasta associazione delle forze intellettuali, filantropiche ed economiche del paese, combinate e cospiranti ad uno scopo utile, pratico, generoso. La storia insegna che, quanto più gli uomini di senno e di cuore si occuparono del popolo, tanto più i paesi crebbero in ricchezza, potenza e virtù: imbarbarirono per converso allora che territori e opifìzj si abbandonarono in mano a schiavi ed iloti. L'arte d' ordinare ed esercitare l'attività industriale, l'educazione popolare e la carità, di prevenire l'ignoranza, l'ozio è la povertà e l'immoralità è la più difficile delle arti, ma insieme la più divina delle opere umane. Le associazioni e instituzioni che propongo non sono utopie, avvegnaché esistettero un tempo fra noi, ed oggi fioriscono altrove, e certo esse possono prosperare agricoltura, industria e commercio, redimere il popolo secondo la legge di Dio, che insegna di ammaestrare i poveri di mente e di spirito, di visitare le vedove e i pupilli nelle loro tribolazioni, di non tollerare tra cristiani nò poveri nò mendici. Una società d'agricoltura, arti e commercio, col sodalizio di capitali, della scienza e della pratica, avrà Tufìizio di porre ai moderni progressi e trovati l'economia rurale e manifatturiera, di aumentare le scuole tecniche, i lavori, le sussistenze alle classi operaje, introducendo le banche di credito agrario e industriale, di sovvenzione e prestazione, di mutuo ^occorso e indennizzo: instituzioni benefiche che rendono circolanti i valori '^mobili, anticipano capitali per compiere opere di pubblica utilità, imprese manifatturiere, edilizie, meccanico-idrauliche, a miglioramento de' 'ondi e de'prodotti. Spendiamo ogni anno presso a tre milioni per mante-'"'re l'istruzione, la carità, le ordinarie opere pubbliche, otlenendo scarsi ,rulti e lasciando sussistere gli stessi danni e difetti; non potremmo noi in •utta coscienza rivolgere in parte i primi a prevenire e limitare questi ultimi, a preparare miglioramenti futuri che compenserebbero con usura 1,1 somme impiegate? La detta società instituisca inoltre giornali, manuali, 1 he educhino il popolo ne' suoi bisogni e nelle sue imperfezioni, e sui mezzi più acconci per correggerli, istituisca si nella citta, che nella pro-Hfttétfa- dei i. r. vol. m s'i vincia convegni, ricoveri e scaldatoj pubblici pe* coloni e gli artieri , i quali istituti sogliono essere altrove scuole ed esercizi continui di lavori e di studj agricoli o industriali, d' igiene, di previdenza e di virtù, come quelli che, col deposito di pochi centesimi al giorno, dispensano ne'mesi d'inverno, ne'di festivi e alla sera ricetto e alimento salubre, istruzione artiera e morale. Dovrebbe la slessa società aprire ogni anno feste ed esposizioni pubbliche de'migliori prodotti agricoli e industriali, lavori e trovati meccanici, compensando con lodi, incoraggiamenti, privilegi, premj, viaggi coloro, che meglio insegnarono, appresero, perfezionarono le arti, furono laboriosi, previdenti e morali, accrebbero la patria gloria e prosperità. Un'altra società collegata alla prima deve rivolgersi alla carità educatrice, preventiva e produttiva, a quella cioè che somministra e riparte i lavori e le mercedi costanti si, che l'opcrajo possegga una esistenza operosa, una sussistenza a buon mercato, una sanità vigorosa ; a quella carila che soccorre il povero perchè s'inlruisca, produca, risparmii, migliori ; che riduce a minor numero possibile gli sterili e i passivi; che previene e abbrevia i bisogni veri con sussidj temporanei, individuali, eccezionali, anziché cogli abituali permanenti gratuiti, e li limita alle famiglie bennate e decadute, alle vedove e ai pupilli, agli onorati e benemeriti operaj. clic mancano di braccia e di lavoro, o non possono lavorare per vec-chiaja, impotenza, malattia. A tal uopo essa società introduca qui pure le case e le confraternite di previdenza, di temperanza, di risparmio, di mutua assistenza, di pensioni e assicurazioni vitalizie, altre istituzioni benefiche, che mediante piccoli contributi settimanali e mensili sussidiano al bisogno, alla malattia accidentale, temperarla con denari e con medici-medicine e masserizie, o prevengono ozio, povertà, delitti. Dicemmo che le malattie popolari sogliono modellarsi sulla forma •' struttura speciale del cielo e del territorio, e che quelle de' Cremonesi provengono parte dalla variabilità ricorrente dell'atmosfera, parte dalia umidità permanente, l'una e T altra eliciti del clima, che partecipa deli'1 natura de'continentali e de'marittimi. Ma altri principi e fomiti d'insalubrità sussistono nel territorio e nel popolo; quelli del territorio deriva'"» da alcune parli vallicose e bagnate naturalmente o artificialmente e da acque stagnanti vicine alle abitazioni. Alle acque paludose e inquinate di sostanze eterogenee, o povere d'ossigeno o di bromo si attribuisce I' origine e lo sviluppo delle molte malattie accessionali e reumatiche, degli ingorghi glandulari e linfatici, del gozzo, della litiasi, serpeggianti in alcune località e famiglie povere della città e della campagna. Cremona (specialmente il comunello di Castagnino) soggiace in grado massimo alla litiasi, contando "un pietrame ogni mille abitanti, un agiato ogni cinque DESI DEH J GjI calcolosi poveri, aia la mortalità sugli operati non è che del nove, mentre nella Lombardia è del quindici per cento. La malsania del popolo lavorai ore e indigente dipende dalle abitazioni, dalle acque, dalla sudiceria della persona, specie di climi e di territori più circoscritti e speciali, che costituiscono la parte meno cospicua del nostro incivilimento, ma insieme un argomento vitale di previdenza e beneficenza pubblica. Le imperfezioni loro aggravano ed estendono le malsanie ingenite ed avventizie del clima, massime in individui che più ad esse si espongono e ne sprezzano gli effetti funesti, incuriosi de'primi germi e passi delle malattie, de1 primi soccorsi dell'arte sanatrice. A tutelare pertanto con una igiene razionale e benefica la prosperità fisfeà e civile de'nostri, e mantenerli incolumi, resistenti e longevi, bisogna toglier di mezzo o emendare ogni centro e fomite locale di insalubrità naturale o artificiale, derivata da esalazioni umide e infette, ridu-eendo in campi e prati ubertosi alcuni terreni acquitrinosi, limitando le colture palustri, dando pronto e facile scolo alle acque pigre e impure, vicinc ai luoghi abitati, aumentando le acque depurataci con nuovi alvei 0 riaprendo i disusali e distrutti. Il nostro territorio, più volte sozzo di slagni e melili, infame per endemie e morti frequenti, fu dagli avi nostri '''conquistato all'ubertà e alla salute, e divenne uno de'più floridi e proceri della Lombardia. Ai Comuni e ai proprietarj o conduttori de' fondi e delle case, assistiti da una società di pubblica igiene e di polizia urbana e rurale, spette-rebbe di difendere le popolazioni operaje dagli enunciati elementi insalubri S| generali che immediati e vicini; di obbligare i coloni (ai quali devesi 'mporre il beneficio, non sapendo essi conoscere, prevenire, riparare i mali che li minacciano) a coprirsi di lane e di cappotti, il capo con naPpelli di paglia, i piedi con calzari di guttaperca o di corame, quando *! Primavera ed autunno si alternano le maggiori fluttuazioni meteoriche, 1(1 maggiori vicende tra il caldo del mezzodì e il freddo umido della sera, quando in estate affaticano sotto il sole, o stanno la notte immersi nel-' acqua per l'opera della irrigazione o la coltura del riso; di obbligarli a non dormire sui fenili o per le campagne, a cambiar abito, accender fuochi, ''^tenersi dall'aria e dall'acqua fresca quando sono sudanti. Poi ne miglioro i casolari dall' abituale umidità e malsania, li schiudano agli elementi Vltali e salubri, li proporzionino al numero degli abitanti e degli animali, benefichino di buoni cammini, di acque limpide e leggiere, di latrine ^odorifere. I moderni apparecchi fisici, semplici e poco costosi, rendono maccessibili le case all'umidità, alle intemperie, colle materie stercora-r°e ben custodite preparano ingrassi eccellenti per l'agricoltura; quelle d'un •mno della sola città potrebbero fertilizzare un terzo del nostro territorio. r,;iž PROVINCIA l>l GUKMONA Alle stalle, malsane per aria soffocante e mefitica, si sostituiscano le stuie spaziose, si l'ondino bagni, lavacri, asciugatoi pubblici per la mondezza e salute de'corpi, e la imbiancatura degli abiti dei coloni e dei poveri. Provvedasi che il cibo più congruo e azotato li riduea resistenti alle enormi fatiche, alle cause nocenti che li circondano, e ne vigoreggi la salute. Agli infingardi, che, come dice Dante, « siedono e abbracciano le ginocchia tenendo il viso giù tra esse basso », si insegni che colfazione e la fatica abituale, l'uomo, oltre l'agiatezza, acquista e aggiunge agli organi e alle facoltà sue maggior agilità, vigore, salute, longevità. Atto di bene-licenza pubblica sarebbe ancora quello di chiudere le troppe bettole, cause eccitatrici dell'ubhriachezza, della povertà, dei traviamenti, d'istruire il popolo con giornali e catechismi sull' importanza della propria conservazione e salute, sui pregiudizi ed errori suoi, sugli usi e costumi biasimevoli in fatto di salute, di malattie, ili rimedj; sulla importanza della sobrietà, del lavoro, della pulitezza; finalmente di aprire nella campagna dispenserie e case di mutuo soccorso, che con modiche pensioni somministrino medicine, brodi, combustibili, biancherie, e tronchino o prevengano malattie, che trascurate conducono alla tomba o alla cronicità dispendiosa e infruttifera. Ma pei genitori, pei medici e per la società igienica è imperioso di vigilare su' bambini, di cui un terzo, come si disse, muore al prim'anno di vita , e al quarto già peri oltre la metà (51. 30) dei nati; fatto af-lligente, comune in parte ai climi umidi e variabili, in parte dipendente dall'ignoranza o dallo spregio della igiene e dell'educazione civile. Migliorando il regime delle donne incinte, puerpere e nutrici, de'bambini poppanti e svezzati, si possono evitare molte infauste cagioni, che direttamente dan luogo al grave infortunio, sia colf istituire i presepj, sia col-P assistenza salvatrice di signore e di filantropi. È gloria aver belle fi grandiose città, cospicue per tradizioni e monumenti, per instituzioni benefiche e pie, ma più glorioso possederle polite, salubri, con uomini numerosi, forti, vitali. Adunque la nostra popolazione lavoratrice e indigente, che costituisce oltre i sei decimi della generale, è la più esposta alla moltiformc congerie delle cause morbigene e mortifere inerenti al clima, al territorio e alla loro condizione, e insieme la meno premunita di mezzi onde preservarsene. Essa è anche la più ignorante ed incauta, la più indifferente e restia nel fuggirle, nell'apprezzare il tesoro della salute e prolungare Io vita. Le sue abitazioni e occupazioni, le sue maniere di vestirsi e di nutrirsi o abbondano di principi infetti e insalutari, o mancano di elementi vitali e salubri, o non bastano a difenderla, a custodire e riparare quella nutrizione, quel calore e vigore, che presto consuma e imperfettamente DESIDERI <;:,.-, riproduce. Mentre l'agiatezza corregge da per tutto le malsanie provenienti dal suolo, dal cielo, dal consorzio degli uomini, la miseria le accresce, e le aggrava; la prima aggiunge sette anni al corso medine probabile dell'esistenza, l'altra ne sottrae sette ; quella significa vitalità, salubrità, longevità, questa deperimento, distruzione precoce e rapida della salute e della vita. Coi progressi dell' agiatezza e della civiltà si migliorò anche in Cremona lo stato sanitario della popolazione, e la durata media della vita si allungò in mezzo secolo di dieci anni ; in altro mezzo secolo potrebbe raggiungere quella de' climi più sani e vitali di Lombardia. Ogni, provvidenza e riforma intrapresa allo scopo di prevenire e diminuire, coli' istruzione e d lavoro, colla igiene e il costume, la miseria e la malattia, di accrescere 'e fonti della salute e dell' agiatezza varrà a restringere il numero delle morti, dei delitti, dei dispendj pubblici e privati, ad allargare la somma ''ella vita e della prosperità civile. Riparando a tempo que' due flagelli, si ottiene con poco l'intento; ogni mezzo fallisce quando sia successo ed esteso il danno. XV. Necrologie. Sotto questo titolo comprenderemo non solo alcuni uomini che vissero su questo punto del globo, ma anche monumenti e instituti, che eretti e soleggiati dalle passate generazioni, furono distrutti, come variarono gli umori, dalle presenti. Ai nepoti, che sanno quanta virtù sia nella storia e nelle antichità della patria, è debito raccogliere e conservare le cadenti memorie, farvi sopra stud j e commenti, e compiangere questo stolido o Perverso mortale, che oggi atterra e divora con furore ciò che jeri edificò e produsse, per trovarsene pentito al dimani. bell'ordinamento delle repubbliche italiane, durante le cittadine fazioni e le paure de' tiranni nostrali e stranieri, sorsero nella provincia e nella città torri, rócche, castelli a difesa ed ofTesa. Descrivendo la provincia e la diocesi notammo la maggior parte de' castelli (e non furono meno di eento) sparsi in ogni dove, e specialmente lungo i fiumi e i confini di 'juelle. Ora non ne rimane che qualche ricordo. Narra il Rardigallo, che ,lc'l solo 1128 si innalzarono in Cremona U torri gagliarde dalle più potenti famiglie; che a'suoi tempi (1515) ne sussistevano ancora 04, oltre quelle delle 77 chiese e oratori; che le torri che coronavano le mura cittadine erano presso a 00, senza dire delle ròcche di San Michele e di San Luca, e del forte castello di Santa Croce. Quindi a buon drillo chiamavasi allora tariffila Cremona, e Pomponio Leti un secolo dopo scriveva; che munita di torri, fosse e bastioni la nostra città era la più stupenda e formidabile piazza che si trovava in Italia. Quelle tante torri guerresche, di cui il cronista offre il nome, furono in parte atterrate da Teodoro Trivulzio fi529) più amico a Francia che a Italia, e in parte negli ultimi anni del passato secolo, nemico a tutto che era nazionale ed antico. Ora non si vedono che i robusti basamenti di sole tredici torri, gli altri sono incorporati nelle case. La torre pili storica e quella di casa Plasio (poi Dati), sopra la quale l'astrologo Plasio elei secolo XV, come da osservatorio astronomico, traeva coll'oroscopo il pronostico delle cose future dal corso delle stelle vaganti. Fra le istituzioni venute per isvi-luppo naturale ne'tempi barbarici, ri- "' yup^; frav%ùo$um, , slaurate in parte ne' moderni per insulsa imitazione e per premiare i sudditi fedeli, ch'ebbero per giunta il titolo di conti o marchesi, e scomparse nel 1790, furono le corti regie, ducali ed episcopali e i feudi, di cui già toccammo. A' tempi del Campi (1584) s'annoverano HO terre feudali nell'episcopato cremonese, ma altre se ne stabilirono posteriormente, e non è forse inutile farne cenno. Conservavasi sino dal secolo XIV d feudo di Pieve Ottoville e di molt'altri Comuni a Casa Sommi; quello di Calcio e Caldana superiore ai Secchi d'Aragona, consorti e condomini coi Treccili di Cremona e gli Anguissola di Milano; quello di Pumenengo e Caldana inferiore ai Barbò; di Castel Visconti al Capitolo della Scala dri Milano; dello Stato Pallavicino all'illustre famiglia ghibellina. Nel secolo XVI i Del Maino furono infeudati in otto Comuni cremonesi lungo COglio, i Vidoni Soresina in tredici, i Ponzoni Ala in undici, posti massimamente nella parte orientale del territorio. Poi gli Stampa ebbero Son-cino, gli Sfondrati Trigolo, i Borrornei e gli Arconati discendenti Triulzio condomini Formigara, Caratimi e Barbò confeudatarj tre Comuni, Azza-nelli e Pozzo Bonelli Ticengo , i Stanga Castelnuovo bocca d'Adda, gli KEUDATAKJ 6 SS Schizzi' Casteldidone. Ai Barbò si concesse nel secolo X\1I Soresina, poi Casalmorano e Levata divisa coi Ponzoni; ai Salazar quattro Comuni, anli Schincbinelli Casalbuttano, agli Annoni quattro comuni lungo il Po, agli Anguissola Fornovo, ai Maggio Pescarolo e Grontardo, ai Salvatemi Casalmaggiore e pertinenze, ai Rozales Castclleonc e pertinenze, ai Melzi Mozzanica, agli Ala tre grossi Comuni, ai Triulzi Serra Pizzighetlone o Regona, ai Barbiani Belgiojoso Grumello, ai Dati Sospiro, Cella e Motta, •gli Ugolani Paderno, ai Selz Annico, ai Cauzzi Longardore e Binanova, agli Araldi Piadena, Drizzona, Voltido, Castelfranco. Altre terre feudali finalmente ottenner nel passato secolo la famiglia Arigucci ; Calvatone, Prima del principe Stigliano, ebbe la Rota ; quattro Comuni presso all'aglio, la Olivazzi; Corte Madama la Sforza Visconti; Calvatone e sue Pertinenze la Picenardi. Nel fervore primitivo e più ingenuo del cattolicismo, nel predominio nei Guelfi, e nelle pia compressione degli spiriti bellici e repubblicani •^ergono da per tutto chiese e conventi, ordini religiosi, compagnie e confraternite, conservatorj e ospitali, che dovevano alla lor volta essere, schiantati per la maggior parte dai padri ile' nostri padri. Tralasciando le basiliche primitive rase colla città da Agilulfo, le 29 chiese incendiate nel li 13, delle quali non ci è rimasta notizia, come le chiese e le corporazioni regolari anticamente abolite, mi limito a quelle, che furono prognate e soppresse dalla metà del secolo scorso al 1814. non senza ricordare le preziosità artistiche e storiche che mi fu dato raccogliere. I monumenti e le istituzioni scomparse a' tempi di Maria Teresa 79) risguardano alcune piccole chiese e oratorj, le confraternite e ('°mpagnie di secolari e le università d'arti e mestieri, alcune instituite s,no dal secolo XII. Delle prime, e furon non meno di venti, per- amore (" brevità tacio i nomi, ma annoverai altre 25 compagnie, che si adu-navano quasi in ogni chiesa e parrocchia, o presso gli ordini regolari, oye tenevasi in culto il santo prolettore di quelle. Vestivano abiti di di-yerso colore, avevano, come le università, proprj stemmi e statuti, e furono insieme disciolte tra il 1770 e il 1770. Molti loro statuti furono sli|napati, altri esistono inediti, scritti nel XV e XVI secolo; del XV v'ha 8" statuti delle arti, della mercatandia, della mercedria, dei mercanti di Cremona, per l'arte della lana, de' battilana, batti-bombace e batti-lino, bailttorum ei arlis bomhicis, de' fustani, della drapperia, de' negozianti det-arte draporum, della lana, del pignolato, del bombaso è del panno; poi (juelli dei terrari e carbonari, dei pittori, per le navi e i navaroli. Del secolo XVI si conservano gli statuti delli olfellari e t'estari, de' mura-lon> marangoni o mulinari, de' l'ornari, formaggiari o pizzicagnoli, bren-tadori, barhior. limonari, fruttaroli, pollaroli, zavatlini, scarpari e calzo- lari. Negli ultimi tempi eranvi le compagnie e le regole degli scardassai di lana, de1 parrucchieri, servitori, farinaroli e granaroli, legnamaj, ortolani, maniscalchi, macellari, osti, ottonaj, peltrari, ramaj, tessitori, confetton, orefici, ecc. Gli oratori e le chiese loro o furono riunite come sussidiarie ad altre chiese, o distrutte e ridotte in orti, magazzini, officine e case private. Alle corporazioni regolari disciolte in questi anni spettano quelle de Minori Osservanti a San Luca (uniti a quo'di Sant'Angelo) e de' PP. Ge" suiti, il cui convento fu occupato dai Minori Conventuali. Questi lasciarono all' ampliamento dell'ospitale maggiore il magnifico tempio a tre navi, e il convento di San Francesco, l'uno e l'altro ornati di bellissimi quadri. Antonio Balestrieri veronese nel passato secolo dipinse il gran quadro di N. S. che comunica gli apostoli; il Malosso, la Cena cogli Apostoli, e Cristo che sazia le turbe con molte e splendide figure. Francesco Monti bolognese foggiò Ruth e Noemi che riposano dupo spigolato, e Elia che riposa. Bernardino Campi colorò su quattro altari una Vergine sulle nubi, la Vergine col Bambino seduta , una Gloria di cherubini e la Vergine portata da angioletti sopra la casa di Loreto. Il Benisoii espresse Ezeiino con sant'Antonio da Padova, santa Chiara che col SS. Sacramento fuga i Saraceni, e un tiranno che intima ai Francescani di sa-grdicare ai falsi Dei; il Mainardi un Cristo in croce coli'Addolorata e un san Francesco, e la Trasfigurazione di G. C. coi profeti e gli apostoli; Gervasio Gatti la Visitazione di M. V. (ora in Duomo); il Boccaccio la Vergine col Bambino che tiene un uccelletto fra le mani del 1311, Giulio Campi un san Francesco, un vescovp e santa Margherita; Andrea Regio, allievo di Guido, san Bonaventura comunicato dall'Angelo colla Vergine in alto, il Bambino e una santa. Antonio Campi dipinse il paradiso con angeli, cherubini, la SS. Trinità, la Vergine, due profeti e molti putti, e l'andata di M. V. al tempio. Le sedie del coro in tarsia erane del Sacca e del Mantello. Questi quadri furono dispersi presso un colo-nello Lerchenfeld, a Treja nella Marca d'Ancona, nelle chiese di Soresina e di san Lorenzo de' Picenardi, e altrove. Nella chiesa di Santa Maria della Pietà entro all'ospitale maggiore tro-vavansi il quadro del Monti cremonese (ora al F oppone), d'incerto un Gesù Cristo che sana il lebbroso; la Vergine col Redentore morto, le Marie, un discepolo e Giuseppe d'Arimatea piangenti di Vincenzo Camp" del 1569, e una tavola di maniera antica di Galeazzo Campi, la Risurrezione di Lazzaro, trasportata dalla chiesa suburbana di San Lazzaro, ora demolita. All'ospitale medesimo si uni il ricovero de' cronici incurabili e oriani spurj di sant'Alessio, che colla chiesa divenne ortaglia. Un tappeto mirabile v'era dipinto sul muro dal Malosso. CHIESE E COKPOltAZIONI DISTRUTTE 057 Regnando Giuseppe II (1780-90), si distrussero altre chiese e eon-venti, università e confraternite coi loro oratorj ; piccole parrocchie di Preti secolari o di regolari si ridussero sussidiarie, poi si sconsacrarono. Oratorj della buona morte, de' condannati, poi degli orefici furono Santi Faustino e Giovila, Santi Gervasio e Protasio e Sant1 Eligio; oratorio e 0spitale de'poveri infermi Santa Marta vecchia; della Compagnia di san Facio, poi di sant1 Eusebio, l'oratorio di San Facio, prima di Santa Prisca. Altri si nominavano di San Gregorio prete, con bei quadri di Francesco Boccaccino e del Lambri scolare del Malosso; del Cristo e della Penitenza; di Santa Maria Egiziaca; di Santa Croce de' macellaj; di Santa Croce in Castello; de' mercanti di Santa Corona Spinea; di San Cristoforo, della confraternita della dottrina cristiana con uno de' più bei '[ladri di Francesco Boccaccino, la B. V. con san Girolamo e sant'Andrea ; di San Rocco prima de' macellaj, poi de'mercanti e della confraternita di Santa Croce. Piccole chiese erano Sant'Erasmo, Santa Cecilia, che in una sala s°Pra il cammino custodiva una santa Cecilia che sona l'organo , del Parmigianino ; San Francesco di Paola e Sant'Arealdo, con convento e abazia de'Benedettini, poi de' Teatini e de" Paolotti; Sant'Andrea con bei freschi di G. Natali e Sant' Antonio abate con antico convento e ospitale degli infetti dal fuoco sacro, governati prima dagli Agostiniani neri, poi da preti secolari, dagli ospitalieri del santo, dai Templari, dagli Umiliati, dai Teatini. La chiesa dell'università de' fabbri ferraj (istituita nel 1455) aveva un quadro della B. V. con serafini, Sant'Antonio e san Paolo primo eremita del Superti del 1000, altri quadri del kodi e del Mainardi. L'annesso oratorio del SS. Crocifisso de' mercanti :'veva la volta frescata da G. Natali e Rocca bolognese, due quadri di * fancesco Boccaccino, un Cristo in croce, e 1' adorazione de' Magi, e Quattro altri di G. Chiari. Il priore possedeva la Lucrezia che si ferisce di Altobello Mellone, e la volta d'una stanza rappresentante l'emisfero celeste. Ai monasteri e conventi soppressi colle lor chiese e oratorj appartavano quelli delle Benedettine a Santa Maria di Valverde, a San Giovan nuovo, a' Santi Giuseppe e Maddalena, a San Benedetto, dipendenti dall'Abazia di Nonantola, poi dai monaci Cassinesi. Nella chiesa di Valverde trovavasi un bel quadro del Masserotti, la natività di M. V., ora in casa Castelbarco ; Quello delle Benedettine Cassinesi a San Quirico, col Presepio di Andrea Scutellari del 1587 ; Quello delle Francescane di San Damiano e San Bernardino a Santa Chiara e a Santa Maria della Pace, delle Scalze al Corpus Domini. La tiluurdz. del L. V. Voi III 81 chiesa di Santa Chiara era ornata d'un quadro di Federico Bianchi milanese del 1600; quella della Pace d'un insigne del Malosso della prima maniera, la Natività di Gesù Cristo con santa Chiara, san Francesco e san Giuseppe con angioli, ora in casa Castelbarco. Le Scalze dal palazzo di Santa Chiara novella, eretto da Bianca Maria Visconti, passarono nel convento del Corpus Domini, fabbricato egualmente da lei ; Quello delle Cappuccine ai Santi Tommaso e Prassede, convento ch'era prima de'Benedettini, poi degli Olivetani, che traslocati nel 1549 in quello de' monaci di San Lorenzo cedettero il proprio alle Cistercensi della Cava e queste alle Cappuccine ; Quello delle monache Lateranensi alla SS. Annunziata. La chiesa custodiva la bellissima tavola del san Sebastiano, ignudo di gran forza di colorito e di mirabile anatomia, del Giorgione da Castelfranco, ora in Brera a Milano. A quelle monache successero le Agostiniane Scalze; Quello delle Carmelitane Scalze a' Santi Giuseppe e Teresa, chiesa ornata del Presepio con belli scorci di Federico Bianchi anzidetto; Quello delle Cistcrciensi, prima monache de' Santi Bernardo e Fabiano, a Santa Maria del Cistello, chiesa che possedeva due tavole delle migliori della città, degne di Rafaele, di Tiziano, del Caraccio e del Guercino, i lavori di Camillo Boccaccino del 1527, la B. V. che presenta il Bambino ad una monaca, con san Pietro e san Bernardo; e il Padre Eterno con cherubini. Erano in casa Caccia. Il collegio delle monache Canonicliesse a San Benedetto (successe alle Benedettine soppresse) e a San Marco. Il convento di queste ultime fu occupato nel 1497 dalle monache della Pipia; chiuso che fu, divenne ospizio de" Mariani, che tuttor ricovera alcune donne miserabili. Aboliti furono in questi anni i conventi de"1 regolari Camaldolesi * Santa Maria Stella e a Santa Caterina. Quest'ultima chiesa (prima Santi Guglielmo e Alberto) aveva un convento degli Umiliati nel 13H> che trasportali nel 1560 a Sant'Abbondio, lo lasciarono ai Camaldolesi, presso i quali si educarono i famosi Grandi, Fromond, Canneti, San-clemente, Bianchi. La chiesa aveva un bel quadro del Mainardi del 1612, la Madonna delta di Regio , genuflessa dinanzi al Bambino e san Ko-moaldo più sotto pur genuflesso; era presso casa Caccia; Francescani del terz'ordine a Sant'Anna e a San Salvatore: prima conventi de' Benedettini, indi de' Canonici lateranensi, che lo cedettero nel 1440 ai Francescani. La chiesa di San Salvatore servi alla confra-lernita di Sant'Anna e aveva un buon quadro di Giovanni Calvi, detto il Coronaro, del 1558, il Cristo in croce con san Francesco, san Fermo e un vescovo; Cenobiti di san Paolo eremila a Sant'Antonino; CHIESE E CORPORAZIONI DISTRUTTE 659 Canonici Lateranensi a San Paolo c a San Pietro al Po (Rocchettini). Quest'ultima chiesa sussiste, ma San Paolo parrocchiale e ahaziale fu rasa; possedeva un quadro del Tortiroli. Il convento di San Pietro aveva due soffitte in tarsia di dorica architettura di buona forma, opera di Filippo Da] Sacco cremonese; Chierici regolari Teatini a Sant'Abbondio, che sussiste ; Padri Somaschi, a' Santi Geroldo e Vitale, uniti a que' di Santa Lucia e passati con questi nel convento di San Giovanni novo per custodir gli orfanelli. La chiesa aveva una sant'Orsola con le compagne, di Vincenzo Campi, quadro lodato dal Baldinucci ; Carmelitani calzati a San Rartolomeo, traslocati per poco a San Pietro al Po, indi soppressi. La chiesa (ora cangiata in Dogana, come il convento Begli uffizj dell' I. R. Intendenza) gloriavasi d' un quadro insigne di Camillo Boccaccino del 1522, la Vergine sopra le nubi con san Bartolomeo e san Girolamo , trasportato nella galleria di Brera in Milano , di due Quadri di Bernardino Campi del 1574, il san Giovanni Evangelista in atto di scrivere, e la Presentazione di N. S. al tempio, trasportati pure in Brera. L' altro di Altobello Mellone (o secondo altri di Gian Francesco Bombo) menzionalo dal Baldinucci, antico, ma morbido e grazioso, sul legno, G. C. in abito di pellegrino che raggiunge i due discepoli avviati ad Emaus ; trovavasi presso casa Fraganeschi e quindi nella Castelbarco di Milano. La adorazione de're Magi era buon quadro del Miradori, che alcuni pittori attribuirono al Rubens. La cupola della cappella della Madonna era istoriata dal Catapani con un bel paradiso ricco di molte ligure, e rammentato dal Baldinucci. Altri quadri del La Longe e de' fratelli Pi-senti di Sabbioneta passarono in casa Caccia. Si disciolsero pure alcuni Conservatorj neljl785 e 88, anni più abbondanti di soppressioni; quello di Sant'Orsola, ritiro di orfanelle, della Compagnia della Carità di San Vincenzo (prima ospitale dei Tinti); le fanciulle si mandarono nel convento più comodo e salubre di San Qui-r'eo, abitato dalle Benedettine soppresse ; quello del Soccorso o delle or-,ane di San Rafaele, cioè zitelle pericolanti; l'altro delle Giuseppine a $ant'Anna, zitelle che si educavano; e quello delle donne pentite che avevano la chiesa edificata dallo Zaist; e delle Maddalene, ricovero di mal hiaritaK Si chiusero nel 1790 gli oratorj della confraternita de' Crocesegnati ed il Pozzo del borgo San Guglielmo, ch'erano ne'sobborghi. Durante la repubblica Cisalpina proseguì lo sfacimento di chiese e conventi; cessarono due oratorj di nobili, uno di mercanti, l'altro di cit-!(,dini agiati, diretti da regolari soppressi; il convento di San Sisto, assegnato a pericolanti e pericolale ; le chiese M San Biagio, prima con convento di Olivetani, che la facevano tla parroci, e di Santa Maria Stella. Questa era prima stata demolita dagli Umiliati nel 1327 per ampliare il lor convento, ma ne costrussero un'altra contigua dicontro al convento delle Convertite. Un Cozzali parroco v'introdusse nel 1702 per un acquedotto sotterraneo gli imperiali, che sorpresero Cremona signoreggiata dai Gallo-Ispani. Questi cacciarono dopo molta strage gli Austriaci, ma per vendetta demolirono la chiesa, riedificata poi dai fedeli presso le mura del pubblico passeggio, la quale fu parrocchia, poi oratorio. Santa Maria in Bctlem, parrocchia antichissima, poi sussidiaria a San Clemente, e della società de' limonaj, fruttivendoli e pollajuoli, la quale conteneva due graziosi dipinti, della Vergine genuflessa coli' arcangelo Gabriele librato in alto e molti angeli e cherubini, poi della Vergine col Precursore e san Francesco, che placano G. C. in atto di scagliare i fulmini, di Gervasio Gatti del 1580 e 1020. San Donato possedeva la decollazione del Battista, di Calapani, del 1597. San Clemente aveva dipinture assai belle del Miradori-San Prospero eretta, poi ridotta in collegiata con quattro canonici, da Ja-miglie antiche, indi parrocchia, racchiudeva dipinti del Boccaccio o d'Al-tobello Mellone, di maniera antica ma perfetta; la Vergine col Bambino, san Prospero e san Girolamo genuflessi. Furono abolite le corporazioni dei Collegi, de' Canonici e de' Parroci, con archivj e biblioteche stupende; dei Cavalieri di Malta a San Giovanni vecchio nel convento abitato prima dai Benedettini. La chiesa eretta, dicesi, sulle rovine del tempio di Giano, ornavasi d'un quadro di buona maniera di Galeazzo o Giulio Campi, il Battesimo di N. S., e d'un san Giuseppe col Bambino d'ignoto; Dei Francescani o Conventuali, ch'erano passati a' Santi Marcellino e Pietro, e Minori Osservanti a Sant'Angelo, dei Serviti a san Vittore, chiesa e convento fondala nel 1024 sulle rovine, sostiensi, del tempio della Vit" toria, e occupalo dai Benedettini neri di san Lorenzo, che vi rimasero sino al 1293. L'uria e l'altro furono poi occupati dai Serviti nel 1530 viventi in un convento del borgo di San Cataldo incendiato dai nemici. In San Vittore fra Paolo Sarpi fece il suo noviziato, e la diiesa aveva un bellissimo dipinto di Antonio Campi del 1575, la Vergine col Bambino sulle nubi in atto d'abbracciare santa Caterina della ruota e in basso san Vittore in abito di soldato e san Cataldo da vescovo, con un santo e l'Evangelista; tre tavole bellissime di Galeazzo Campi, san Cristoforo, la Vergine Annunziata e il Gabriele, poi il Battesimo, di G. C. di Vincenzo Campi e due quadri del La Longe e del Polazzo veneziano; Degli Agosliani Scalzi questuanti a Sant'Ilario il cui refettorio aveva un cenacolo d'uno de' Campi ; CHIESE E CORPORAZIONI DISTRUTTE 661 Dello Agostiniane Scalze a Santa Maria Annunziala, annesse alle monache Lateranensi; la chiesa ora è caserma di cavalleria; La congregazione de1 preti dell'Oratorio a San Filippo Neri, prima teatro Ariberti, ed oggi Filodrammatico; I Gerolomini a San Sigismondo suburbano; Gli Olivetani di San Lorenzo, prima abazia e convento de' Benedettini "eri eretti nel 900, ai quali successero nel 1540 i monaci bianchi di monte uliveto, che prima occupavano il convento di San Francesco. La chiesa a '•'e navi decoravasi di famose sculture e pitture: vi primeggiavano il mausoleo di casa Meli istoriato a bassorilievo in marmo di Carrara del nostro Geremia del 1432, e concentrato a'nostri giorni ne'duc pulpiti del duomo, di cui toccammo. Le pitture consistevano in cinque quadri de'migliori del Miradori, del Mainardi, del Catapani, e di G. Panfilo. Il san Biagio r°n san Bernardo, san Girolamo e una monaca col diavolo incatenato era del Malosso. Così ancora un san Lorenzo coli'Evangelista dipinto sul muro apparteneva a Giulio Campi, un san Tommaso cogli altri apostoli, *d Antonio od a Bernardino, del quale era il san Lorenzo steso sulla gra-llcola. La chiesa sussiste a magazzino, ma il convento è ridotto in orti e casa. I Cassinensi di San Benedetto, nel convento occupato prima dai Bene-d'Ulini, poi dalle Benedettine e dalle 12 dame canonichesse. Chiesa e convento nel 1814 divennero caserma militare, ma la prima conserva ancor ornate la volta e le pareti di bei dipinti del Masserotti. Dei Predicatori a San Domenico, e Bomitani a Sanf Agostino le cinese sussistono, ma i conventi, insigniti di rarità artistiche e bibliogra-n('he, scomparvero. La biblioteca dei Domenicani era sì ragguardevole, c'le chi la mirava non sapeva se dovesse fermarsi a lodare l'ampiezza e 'a splendida archittettura, o la copia de'libri di molteplici letterature ed edizioni - contenendo quasi 8000 volumi di codici, alcuni rarissimi e d' grande autorità. Quella de'Bomitani fu costrutta nel 1517 e arricchita da libri preziosi raccolti da ogni parte da quel Guglielmo Amidano del •secolo XIII nominalo più volte. Essa per architettura, dipinti e codici '^rissimi fu lodala e descritta dal Possevino, dall'Elsio, dall'Andres, dal ^''"ichi e da un apposito libro manoscritto del 1704. Il refettorio era dipinto dal Boccaccino e dal Pordenone. N regno d'Italia compiè la distruzione di ciò che era lasciato sussistere negli anni antecedenti. Fra le chiese, primitivamente parrocchie, poi J^dotte sussidiarie, quindi in case private, si soppressero i Santi Nazzaro e Celso, parrocchia dei fratelli Campi, che l'aveano abbellita di quadri e di af-resehi eccellenti, come la ficriata della loro casa (in contrada Favagrossa); distinguevasi un Giove che fulmina i giganti; ora è coperta di bianco, e la chiesa distrutta. San Silvestro, priorato de'Benedettini nel secolo Vili e una fra le 90 abazie di Nonantola servi alla confraternita della B. V. delle Grazie. Frogiavasi della Circoncisione di N. S. di Marco Marziale del 1500, d'una Vergine col Bambino, sant'Ignazio martire e san Francesco, del cremonese Malaguazzo, scolare di Bernardino Campi; di san Stefano diacono col Gesù e l'Annunziata dall'Angelo del Malosso; della madonna di Caravaggio colla beata Giannetta del Masserotti, d'un grandioso Evangelista di Antonio o di Vicenzo Campi. San Matteo, chiesa riedificata più volte e della società de'fabbri ferrai inslituita nel 1377, or divenuta posta delle lettere, fu architettata e frescata dallo Zaist, istorico assennato e diligente degli artisti cremonesi, 0 ornata di bei quadri dell'Augusta di Casalmaggiore e del Catapani. San Mattia conteneva il corpo di sant'Alberto bergamasco, protettore de' brentadori, che vi si univano in società sino dal 1573, ed era insignita d'un rarissimo quadro in legno, attribuito ad Altobello Mellone, di stile singolare ed elevato, la Vergine genuflesa ad adorare l'infante divino, con un uomo presentato da san Mattia, da sant'Antonio di Padova e sant'Alberto; po' della deposizione di G. C. dalla croce di Vincenzo Campi. San Leonardo, con monastero antico del ponte di Preda, abitato dai monaci Lateranensi e per pochi anni dai Serviti, indi parrocchia sussidiaria e cangiata in case. La chiesa antica, a tre navi, aveva l'Assunta cogli apostoli assistenti, e il sepolcro di N. S. di Boccaccio e Camillo Boccaccio, opere ragguardevoli ma rovinate dal tempo e dai ristauri; il sant'Andrea che abbraccia la croce, di Francesco' Boccaccio, il san Francesco 36 trovasi uno Steptainns ir. (vencrabilis) Urtar (lector) qui vi-id. ecc. Ad una pergamena del «86 è sottoscritto un Atphrit & Marke priesbiter et biblio-leeharius; in altra del 736 è nominato un Dragoaldus pivsb. et magister seliolanim ; i11 altra dell'800 un Lambertus pratsb. scliolasticus; in altra dell'877 un Anselmus bibliollc-carius S. Morire; in altre dell'842, 839, 870, 910 un Abdemarus canonirus scholasti''«*■ AnsperttU ; Magnifridus, Rudeberlus son tutti chiamati preti o canonici scholasliei, AB* Spertq arciprete fu quegli clic institui nell' 870 un gerontomio e un brephotropbio I»" mfantulis et parvutis ex peccato natis , nel quale doveva essere un laborerio per essi a pei poveri della città mancanti di lavoro; pei primi eranvi anche scuote, ut ipsi in[nnl,s Uteri* inslruantur et pietate. In due pergamene del 933 e 936 legge vasi: « Anzolerius prasb. et bibliothccarius S. « Maria; Majoris dono dedid canonicis quatuor scrinia, in quibus continebantur cenim" <■ sexaginla codices, a se emptos et cnordinalos cum suis indicibus et rubricis, partii" « scripturales, partim ex sanctis Patribus, partim hisloricos et partim grammalicos; siB" • gulae partes in suo scrinio signala. « Lupus archidiaconus dono dedil segretario S. Maria* cremonensis, ut in altari ma" « jori prostaret in maximis festis unam argenteam Crucem mire elaboratami cum liguri9 ■ sanctorum Pontificum nostrorum, numero viginti, quam Crucem ipse Lupus suis atti*" • piibus fieri feci! per manus Alchisii et Alphemi argentar, cremonens ». Trovo inutile ricordare, che in altre pergamene del 630,740,780 si citano un naldus monetarius, un Anphridus priefèctus monetarioruni Cremona', e i soldi d' ar£<>llt(> moneta cremonensis; dunque ebbevi zecca anteriore al 1185, anno del decreto di l'""1'" rico Barbarpssa. Sono sottoscritti in altra pergamena del 90." un Ravasius pressi)', scholaslìcus, ° u" LamtiertUS prmtt. c^bibliothecarius. Seguono altre del 1007 , 1137 , 1166, che menioi">»(> altri canonici scholastici e magistri scholarum. Finalmente in altra del 966 si parla dello studio cremonese allor fiorente: « Omissis. Attendcnfes quod venerai). Abderamus, jam magister schol. clericoru « pmsb, cardin. in seplem artibus laureato?, propler suminam ejds phitosopbise periti*, ^ « tanlam gtoriam isti canonice pariat, tante(|uc sit ulilitatis et honoris buie slu(t'°.c.m, • inondisi, quod ad cum audiendum ex ornili fere Italia non solimi, sed et Gallia e '' « et Germania juvenes concurrant, quod non minimum etiam comodum et iocrenie». « affert civilati buie nostrac , volentes quantum a nobis est tantum vìrum aliqua ' • ci privilegio decorare, ipsum venerab. Abderamum cariss. fralrcm nostrum philosop « pciilis et cremonensis studii in ipsa philosophia magislrum laudatis. ab interesse! <- à (boro, exceplis diebus magnis, per hoc nostrum statulum dispensamus et exoneram ■> ■ et ab hac die usquedum in eòdem magisterio perVeveraverlt, dispensalùm et cxonera u . declara-nius et lenemus, etc. ». PERSONAGGI ILLUSTRI 671 lectores scholastici, magistri Scholqrum, doctores, che tenevano pubbliche lezioni, frequentate anche da giovani cT oltr' alpe ; possedeva biblioteche ricche di codici, non solo della Santa Scrittura, de' santi Padri e di scrii-La membrana del 1200 cataloga i codici uuiversos esistenti nella Biblioteca mi-,10re delta Canonica cremonese cornanom unum , compilato dal canònico Oddo, il quale promette, se Dio gli darà vita, di scrivere per l'anno prossimo l'altro dei codici i versi , qui suìit in Bibliotheca nostra major i, qua; ad usum nostrum et scholarium rs( «ita in Campo Sancto. I codici nominati in esso catalogo raggiungono i 232 , alcuni rilìn pukris fajuris. Difalti un Necrologinm, incominciato nel 107.1,1 il Martirologio d'Adone del USI, unici codici rimastici di quella biblioteca, sono ornati di ligure eleganti na(c inter lì. papam Alciandrum III et psendo-papam Viclorem IV. Girardi Rev. P. n. —Liber Mdralis ma.rinnis, seu de s. liturgia in Ecclesia cremo- '''USI ii' » o '> ne divinis oftìciis in generi-, Cltronieon sui temporis, Cltronicon universale et Chro-"ru" '"■namerne. l'Uitprandi memorab P. n. — Legatio ad Nicephorum Phocham, Ristorile seu Chro-°~> Vita» pontilìcuin romanorum Abderami Can. ven. n. Aristoteli^ opera cum glosis et comnientariis codex ; maximum "fu,s vere magnum. gob nonimoi'ani, Il istoria Pontificum romanorum, Disforia urbis Cremona;, Ilistoria Lon- ''"dorum, Ilistoria tripartita, Ilistoria; diversa;, Vita; Imperalorum romanorum. ^eliì °"nnis r>r' (d Bosiani o de Gosia) cremonensis Commentario in codicein et in de-™* Commentarla in pandectas, doclaraliones in leges. 'dgari cremonensis. In Pandectas, De diversis rcgulis .juri-. Martini cremonensis. Glossa; ad leges civiles. -oui.s Porci Summa super libros Institutionum. tari \al>ani Magncntii Opera. De mysleriis et arcani* natura;, libri X, de Mir abilibus mire, libri XXIV, de motibus ciclestibus, libri VI. tn^x Uangoni cremonensis. Opus novissimum de astrologica raduti", Broviarium de .u,<)l'l>;is eélestìbus. "ledrefy cremonensis, Opera de astronomia et astrologia. PROVINCIA DI CREMONA tori sacri contemporanei, ma anche di classici antichi e di trattati moderni d" autori cremonesi. Tra i classici spiccavano le opere di Cicerone, Virgilio, Orazio, Quintiliano, gli scrittori de re rustica et grammatica, le istorie, i poemi, le commedie degli autori romani. Fra i moderni, le opere cremonesi di Eusebio, di Liutprando, di Sicardo e di altri molli dal secolo Vili al XII intorno le cose sacre, la grammatica, la storia, le scienze tisiche, astrologiche e legali. Ciò che conferma V autenticità de1 nostri documenti si è, che i titoli delle opere indicate nel catalogo della biblioteca cremonese corrispóndono a capello a quelli riferiti dagli eruditi (Abate Uspergense, L. Allacci, Possevino, Vossio, Gerneso, Panvinio, ec.) 'nsis, Contra Ariano.-, libri,XXIV. PEKSONAGGl ILLUSTRI 073 Alcune furono stampale nel secolo XV e XVI sì in Italia, che nella colta Europa ; una anche tradotta in italiano e in versi, testo di lingua, ma la maggior parte giacciono manoscritte ne'codici presso le principali biblioteche d' Europa. Se non che in taluni di questi codici aulicissimi e autografi altre traduzioni di Gerardo si trovano, non nominate nel catalogo vaticano (tre o quattro condotte direttamente dal greco, fra le quali alcune opere di Aristotele), ornate di ligure astronomiche e geometriche, di disegni di ferri chirurgici, di illustrazioni, commenti, parafrasi, aggiunte, complementi interlineari. Donde appare Gerardo non fosse soltanto semplice traduttore, ma anche autore di materie aritmetiche, urologiche, mediche e dotto nel greco. Il Ghasles assevera che Gerardo '"-segnò l'algebra numerica, le regole (sono in versi) per la risoluzione delle equazioni di secondo grado, la notazione delle quantità negative, che portò i suoi frutti irenf anni più lardi. In altri codici autografi del secolo XII trovansi i rapporti della postura astronomica fra Toleto e Cremona, i libri De naturis signorum, la Summa Gerardi o Gerardina, i Canones Tolelani, che trattavano del metodo di medicare e di vivere, bell'uso delle medicine semplici e della purgagione, libri attribuiti a'tìe-rardo, il quale in essi codici è chiamalo magister magnus, jalro (medico) ìnelaphraste, doctor. Inoltre è creduto inventore degli specilli e autore di a'cune opinioni fdosofiche e mediche, che ebbero la conferma dal tempo. Insomma vi ha poche scienze (dissero Malgaigne e Humboldt), che non devano riconoscenza a Gerardo, col cui mezzo la più bella eredità dell'?» * 1 antica sapienza passò nella letteratura europea del medio evo. L'Italia, ag-S'Unge il Libri, deve il suo splendore a quest'uomo infaticabile, coraggioso e benefico, che cercò la scienza in lontane contrade presso gli infedeli e 'e Partecipò ai cristiani affrontando mille disagi, pregiudizj e pericoli, e Senza speranza di ricompensa; egli, come Platone di Tivoli, fece più per 'e scienze nel XII secolo, che tutti i principi del XV e XVI. In un codice delle opere di Gerardo trovasi scritto, che un Abrahamu cremonese tradusse alcune opere d'Albukasi dal greco. Sicardo Gagalana (Vi pag. 427) per dignità di vescovo e di magistrato, P°r la dottrina e le virtù ciltadine generosamente adoperate a prò della Patria e della Chiesa, rifulge fra i più insigni uomini del suo tempo. Andò Ue v°lte in Germania a patrocinar i suoi Cremonesi presso lo sdegnalo Bar-Iarossa- Non potendo ricostruire Castel Manfredo, atterralo da questo fab-r,cò le ròcche di Castelleone, Genivolla e Fornovo; fabbricò una nave c> Provveduta d'uomini e d'armi cremonesi, veleggiò a Terrasanta; conerò la cattedrale novamente edificata , e vi pose in nobili arche ed c ' corpi di sant'Archelao e sani'Imerio da lui redenti, e fece in Boma 'Uustraz. del l. V. Voi. HI. 8!» canonizzare Omobono, pio cittadino cremonese. Si condusse in Armenia col cardinal legato, e pontificò in Santa Sofia di Costantinopoli. Reduce in patria, ammansò le feroci discordie de" suoi concittadini, ..che insanguinarono più volte le contrade della città, divisa in nuova e vecchia, ossia del popolo o della chiesa, e patrizia o imperiale; pacificò anche i popoli di Lombardia componendone le contese e affratellandoli. Morì nel giugno del 4215 Prwsul Sicardus virtutum mysìica nardus. Donò alla sua chiesa una croce magnifica, due grandi candelabri e il libro del Mitrale, che si custodiva in un tabernacolo d' argento a figure. Lasciò ai posteri la famosa Cronaca, scritta, al dire del Muratori, con eleganza superiore al suo secolo, compendiando la storia sacra e profana da Adamo a Giulio Cesare, e quella di Cremona fino al 1213. Il detto Mitrale, trattato liturgico, fu da soli due anni integralmente stampato a Parigi. V'ha alcuni codici d'un suo trattato legale Stimma Canonum, che è un compendio illustrato con commenti ed aggiunte dclP opera di Graziano. Il p. Sarti disse Si-cardo professore di diritto in Bologna ; certo in un codice vaticano di essa Somma chiamasi Magister. Le altre opere, che a lui si attribuiscono (de Humìlitale vilw (historia) romanorum Pontificavi. — Ada et objtus Ilomoboni cremonensis) sono perdute, o forse giacciono inavvertite in qualche antica biblioteca. I professori di ragion civile in Bologna Giovanni e Martino Bosiano, Azo Porco, Bulgaro e Lotario son noti dagli storici della giurisprudenza, e i titoli delle opere loro : ma di Giovanni (detto prete e diacono) oltre alle conosciute, cioè i commenti al Codice, ai Decreti, alle Pandette, e le dichiarazioni alio leggi % trovavansi nella biblioteca di Cremona, Ili-fiorai sui temporis. — De gestis Karoli magni. D' un Giovanni cremonese, poeta e storico del secolo XII e autore d'una cronaca de' suoi tempi, parlano gli eruditi rammentati più sopra, e il Tiraboschi lo chiama nella filosofia e nelle belle lettere esercitato e d'ingegno acutissimo. Ma ignoro se sia lo stesso che il professor di Bologna discepolo d'Irnerio , chiamato il divino interprete delle leggi e il più antico commentatore della norma civile, lucerna del gius, specchio del mondo. Martino Bosiano, intitola dal Perusino copia delle leggi, lucerna del diritto e lume del secolo, scrisse le Glossa ad leges civiles, di cui esistono alcuni codici. Vuoisi esservi stali due Martini giureconsulti cremonesi, professori a Bologna, uno figlio di Giovanni, l'altro dei Gosia. Gravina '2 Le ojicre legali attribuite a Giovanni, e cerio contuse con quelle di Martino, sono: Stimma Codieis. — Stimma Pandectarum. — Stimma [Libri autenlicorum. — Arbor actionum. — lièér distinctiònum. — Additkmcs in casus r.niticlmi. — Lectura in Codicm. — Gioisci ad leges civiles. - hi decretar am lihrnm. — Commentarla ad constietudtnes Alvemice. PERSONAGGI ILLUSTRI ammette un altro Giovanni Bosiano scolare di Bulgaro morto nel H97, Jl Quale compendiò le Novelle, e arboremque aclionum primus inventt. D' Azo Porco parlammo; di Bulgaro, chiamato d:Il'Oddofredo Qs au-ceum, esistono codici e stampe di libri In Pahdecti*. — De diversis regulis e un altro ne riferisce Fichard. Lotario nulla scrisse, ma è detto da Oddofredo ingegno acutissimo esercitato anche nelle lettere e nella 'ilosofia, e il primo professore che nel li80 giurò di non abbandonare lo studio di Bologna. Nel catalogo cremonese leggevansi i titoli delle opere naturali e astrologiche d' altri cremonesi del secolo XII. Tre appartenevano ad un Uragano Magnenzio, cioè De mysteriis et arcanis natura libri A'. — De morbus ccelestibus libri IV. — De mirabilibus natura libri XXIV. Un codice dell'opera De astrologia et astronomia spettava ad un Glearco cremonese (forse dei Cavalcabò), due De astrologica ratione, lìreviariiim de miftibus cwlestibus ad un Gerardo Rangone. Di costoro so che maestro Clearco Professò astronomia a Parigi, ove morì nel 1196, lasciando un'opera astronomica: che il Rangone insegnò pure astrologia e lilosolia a Parigi, compose le Ephemerides ccelestimn moluum, e morì in Lione nel 1219. Conosciamo inoltre un Sigismondo dei (Ponzoni'.') chiamato Lectorpa-risinus, che commentò il codice e morì nel 1169; un Vincenzo (dei Visconti?) professore d'astrologia a Vienna; un Ottone (pag. 430) medico arabista, che scrisse in 155 versi leonini un trattato sulla scelta dei migliori semplici (Othonis cremonens. llhgthmi de electione meliorum (insigniortm) Slrnplicium, de specierum medicina'liurn, et de eonserratione valetudinis) stampati cinque volte nel 1500 a Parigi e Franclbrt (1533, 15'i5, 1553, ,:i;i5, 1557) e due volte nel 1600 a Torino e a Roma (1614, 1615), spesso uniti al Flos medicina; ossia lìegimcn sanitalis della scuola di Sa-'erno. Taluni attribuiscono ad Ottone anche il poema del pseudo-Macro, e Gaudenzio Menila, mosso dall'autorità d'un codice da lui posseduto, v°He provare che questo carme medico fosse stato composto dal cremore nel secolo XI. Certo è che il Colomesio, il Brovekhisio, il Gesnero 0 '1 Fabbrizio furono della stessa opinione del Merula, se non che Fabrizio chiama l'autore Odobono. Il Choulant finalmente ha creduto Ottone scrittore d'altri versi (forse De compositionc medicaminum), poiché v'de far seguito in un codice ai ritmi conosciuti di lui. Colla splendida educazione ed eredità del secolo antecedente anche il -MII e il XIV furono fecondi d'uomini eminenti ch'ebbero fama imperila. Scrive il Faroldo, storico cremonese del secolo XVI (Annali Veneti): Nò pare che lo stato di Cremona fosse mai più florido che allora, perchè essendo ella corte e camera regia di Federico II, ch'era molto P,u potente e splendido e magnifico che alcuno de' suoi antecessori di ,7<> BAOVINGU DI CREMONA Lamagna, ne riceveva comodo, fama e onore amplissimo. E perchè esso fa sommo fautore de1 begli ingegni e delle buone arti, e fc fiorir in Italia la milizia, le leggi, l'eloquenza, la filosofia, la scienza delle lingue esterne e la lingua toscana, che cominciò a quel tempo a pigliar ornamento, Cremona produsse molti rari uomini in quell'età ». Comincio dai professori di Bologna. Il Padre Moneta, che lesse filosofia e diritto in quell'università, fu chiamato il famosissimo in tutto il mondo. Udite le prediche di Rcginaldo, mandato colà da san Domenico, mutò vita e vestì l'abito de'predicatori. Studiò teologia, predicò e scrisse contro i Valdesi e i Cattari, e la sua opera fu pubblicata nel 4743 a Roma per cura del P. Ricchini di Cremona (Adversus Catharos et Vuldenses). Inquisitore generale di Lombardia, ampliò in Cremona il convento dei Domenicani e fondò quello di Mantova. (1 P. Rolando di cui molte circostanze della vita son comuni col Moneta , dettò a Bologna filosofia e medicina nel 4218, e il Sigonio e il P. Sarti lo chiamano phgsicorum doctor, doclor Parisinus. Anch' egli fattosi domenicano per le orazioni del Reginaldo, andò in Francia e lesse teologia a Parigi e Tolosa, confutando le teorie degli Albigesi. Alla Sorbona spiegò il Maestro delle Sentenze, e fu laureato. Predicando sulla pubblio piazza di Piacenza contro gli eretici, fu gittato dal pulpito. Nel 1238 maestro Teodoro, filosofo dell'imperator Federico II, scherniva e sfidava a tenzono tutti i letterati d'Italia: lo che Rolando non potendo soffrire, sostenne la disputa filosofica, e vinse il tracotante al cospetto dell' imperatore. Lasciò una Summit philosophw et Micologia?, detta la Rolandina, che non credo mai stampata. I PP. Sarti e Fattorini rammentano quattro Gerardi cremonesi, pro-fóssinti in Bologna nel secolo VIII; uno letterato o grammatico o legista nel 1220, detto magister legum ; l'altro dichiarato doctor arlis grammatica*, mente nel 1268, del quale circolava una Stimma cremonensis, che per f eccellenza sua divenne testo nelle scuole ; un terzo dicevasi docentom m scientìa grammatica;, et doctrinis insignibus ornatimi nel 1277; il quarto è il famoso Gerardo de Sabblonela astrologo contemporaneo di Guido Bonatti. A lui volgevansi tremanti i tiranni d' Italia a consultarne gli oracoli per le loro imprese. Fu autore di opere originali, riferite dal Fabrizio, la Theorica planetarum, la Geomantica astronomica, la Praciica PI"' netarum, un Introductorium medicina;, e un Commentarius in Vialicu»' Constaniini Afri lieuediclini. Le prime due ebbero molti codici del secolo XIII e XIV, che tuttor si conservano nelle principali biblioteche d'Europa, e molte stampe del XV e XVI; la prima fu tradotta in lingua .italiana ed in ebraica, molto letta, estimata pressoché classica da grandi ingepni, e spiegata in tutte le università; la seconda fu pur tra- PEJUSONAGrGJ ILLUSTRI 677 dotta in italiano e francese, è anch'essa onorala di molti codici ed edizioni, sebbene l'una e l'altra sian brutte delle stolte superstizioni dell'aerologia giudiziaria, comuni in quel secolo. Si hanno altri codici dell'opera hidicia super multis queslionibus et certis nativitatibus ac annorum muniti solution ibus. Sono i quesiti e i responsi che Ezelino , Uberto Pelavicino (* Buoso Dovara mandavano e ricevevano da Gerardo. Gol quale si confuse (come questi Gerardi cremonesi fra loro) un altro strologo cremonese dello stesso secolo, Jacopo o Giovanni, che scrisse ugualmente una Theorica planetarum. Ortensio Laudi annoverava un Giovanni cremonese fra i più celebri astrologi del secolo XIII, e nelle biblioteche trovansi codici distinti dell'una e dell'altra opera, stampate poi assieme in Venezia due volte nel 1548. Altri cremonesi professarono a Bologna ed altrove nello stesso secolo ; Teodorico filosofia, Visconti Gherardo metafisica, Gandino Euclide fìsica, Se-regnani Cabrino gius civile, Uberto o Alberto Gandino legge, lodato dal calilo e celebre per scritii ; fu giudice criminalista a Bologna, a Firenze, Siena e Perugia, nella cui biblioteca si conservano autografe le opere sUe sui delitti, sui giudizj e gli statuti di Bologna, stampati insieme o a parte in Venezia (4494-4578), poi in Lione di Francia e a Milano (4544), A Padova tra la line del secolo XIII e il principio del susseguente ^splendettero Riccardo, Nicolò o Nicolino Malombra, professori di diritto ft lettori dei Decreti in quella città e altrove, detti eminenli da Bartolo c Baldo. Riccardo insegnò prima giurisprudenza a Bologna, indi a Padova, dove si affermò non essere vissuto da molto tempo alcuno a lui comparabile nella scienza del diritto. Calunniato d'eresia, fu relegato a Bologna, e i professori dell' università lo difesero e lo raccomandarono al Pontefice. Ritornato a Padova, fu consultore della repubblica veneta, ed ebbe gran parte nel compilarne le leggi, onde fu fatto cavaliere e conte Palatino e scelto dal maggior consiglio consullor in jure nel 4314. Molte cose scrisse, dice Baldo, riferito dal Caccialupi, ma le copie de'suoi libri s°uo assai rare. Secondo il Campi compose volumi grandissimi sopra il codice, i digesti e 1' instituta e sopra varie questioni. Ma ben disse un nostro concittadino, che stampò un'Orazione sui giureconsulti cremonesi: assai furono ingiusti i nostri maggiori, che nò i meriti, nò gli scritti, nò 1 cognomi raccolsero e lasciarono de' nostri più grandi uomini. Vuoisi c'le la iscrizione 'sul suo monumento in San Giovanni e Paolo in Venezia sia dettata da Dante : Vas juris, legumque jubar, sine compare doctor, Militis et comitis merita ratione cathedra Dotatus titulis Ricardus prole Malumbra Malleus est umbra patrue decus atque Cremonre, Qui gratus Venetis jacet hic, sed nuncia laudis Vi vet fama viri nullum peritura per ;cvum. Nicolino, uditore o censore della Rota romana, professò pure a Padova, e scrisse dispute e commenti in materie legali, lodato da Alberico di Rosolate e dal Panciroli, e chiamato dal Diplovataccio il dottor sottilissimo. Nella chiesa degli Agostiniani a Padova leggesi quest'epitaffio di lui: Edite nobilibus celsa Nicole Malumbra Urbe cremonensis, solers, utriusque professor Juris causidicum doctissime strenue fautor Justitiic vivas, oro, per specula felix. Professarono diritto e altre facoltà nello studio di Cremona Omobono (Morisio) o Ermobono, che lasciò manoscritte alcune Glosa? ad codicem, poi le Distinctionc< o fìcpelitiones, che furono in parte stampate a Franclbrl nel 1575, e molti altri che nulla lasciarono ai posteri. Dei letterati e poeti si accenna un Daniele cremonese, forse medico, che, ad istanza di Enzo re, tradusse dall' arabo in francese un trattato sulle malati ie e la cura dei cavalli, degli uccelli da preda e de'cari i da caccia. Se ne conservava un testo a penna nella biblioteca di Padova, e il Morelli ne trovò un altro sullo stesso argomento, tradotto dal persiano in francese. Rozzo scrittore di volgar poesia, ma commendevole in que primi albori della lingua italiana fu Gherardo Pateceli, nominato dal Sa-limbeni (Cronaca 1251)) autore d'un poema Tedium , di cui trascrive alcuni rustici versi. Anche un fratello di Uberto Pelavicino , fu chiamato cantionum iarentor. Più forbito scrittore di italica poesia fu quel Guglielmo Amn.'ani, di cui toccammo (pag. 430), che coltivò le umane lettere, fu insigne, dice una cronaca antica, nel far versi, e lasciò un autografo di poesie latine e italiane nell'Ambrosiana di Milano con insiemi' sermoni, orazioni e lettere a principi e magnati Alcuni medici e filosofi cremonesi scrissero di cose scientifiche in lingua italiana. Si riferiscono dai nostri biografi i discorsi sulla pratica medicina d' un Fondulo, altn d'un Olfredi sulle umane miserie, un dialogo d' un Vidoni sopra le virtù morali; certo possediamo il primo italiano che scrisse di filosofia in lingua vulgare, od è Tomaso Golferami del 1340, che trailo della memoria locale. Dei medici accenno il solo maestro Bono, perchè ignoto ai nostri biografi , che fu autore di un libro di medicina intitolato Vialicum, citato da Antonio Guainerio e dal Malacarne, e al quale il celebre chirurgo Carbondala indirizzò il trattato De Operalione manuali. Il pubblico studio generale di Cremona, fornito dal Comune di molti privilegi ed onori, e di dotti e prudenti maestri di grammatica, di legge, di logica, di fisica e chirurgia, fiori in questo e nel susseguente secolo di insegnamenti e di scolari anche forestieri, che vi conseguivano la laurea. Lo statuto di Cremona ha XI rubriche sugli ordinamenti, i benefici PERSONAGGI ILLUSTRI «79 0 gli onori di questo studio. 11 podestà con quattro sapienti provvedevano ogni anno coi rettori di esso , eletti dagli scolari, a quello che tornava l'in utile e onorifico all'istruzione, ai docenti e discepoli, ai quali si giurava di conservare i comodi, i privilegi e le immunità concesse, ma era loro vietato di trasportar altrove i libri di legge e di medicina. Se Cremona non fu sì feconda nel secolo XIV d'uomini maschi e originali come ne' due antecedenti, continuò in fama d'educatrice d'uomini cospicui in ogni scienza e dottrina, ondechè molte città italiane le risiedevano i dottori per le loro università. Salirono alle cattedre di legge in Bologna Giovanni da Casalbuttano, ('be vi lesse Ylnforzialo nel 1330, Compiani Giovanni, Ziliolo o Egidiolo ('e Cantelis, Francesco Ansaldi, Baffaino e Gabriele; Egidio dei Madal-'*erli prima d'esser vescovo di Cremona insegnò diritto pontifìzio in ([Uesta e in altre università, e scrisse dìspute legali riferite dai bibliografi; Carolino suo fratello le leggi civili. Enrico Casalorzio dettò in essa ciltà filosofia morale e gius civile nel 1300, chiamato doctor decretorum, e mori vescovo di Reggio. Ubertino (de'Fogliala) fu il primo chiamato nello studio di Perugia ;i1 1303, con decreto del Comune, a leggere diritto civile : andò poscia a ,{°logna nel 1310, indi a Treviso nel 1338 a professarvi la stessa scienza, della quale dicesi fosse maestro ai celebre Baldo, che assai lo loda. Delle SUe opere , che andarono forse perdute, resta un tratlatello in materia criminale raccolto dallo Ziletti. Anche maestro Francesco da Cremona u il primo invitato dal Comune di Pisa a tenervi da solo scuola di •urammatica, di logica e di fisica nel 13G2. Raimondi Rafaele fu lettore straordinario àe\YInforziate) a Padova, Egidiolo e Bernardino Gavitelli insegnarono giurisprudenza a Perugia, Ferrara, Padova e Pavia, ed esposero '"'cuni consigli e trattati di diritto. Due Giovanni Cremonesi insegnarono ematica, retorica e diritto civile noli' università di Piacenza al 1398: llno di essi che, dicesi dei Capello, fu vicario di provvisione in Milano, 8 Pasquino fratello di lui, segretario e ambasciatore di Gian Galeazzo Visconti, è autore d'un codice di lettere, custodito nell'Ambrosiana di Mi-ano. Enrico da Cremona compilò il sesto libro de|!e leggi canoniche, e 11 mandato nunzio del papa a Filippo il Bello. Maestro Leonardo insegnò aritmetica, fisica e matematiche a Bologna. 11 Torino e a Milano conservasi un codice della sua Artis men sur aura-V*(iettar cowpUaiio, con liguri; geomclriche ; in un altro di Bologna sta scritto: A voler trovare la radice quadrala secondo lo filosofo maislro Leonardo cremonese. Cavichia Roberto è detto il primo storico di Soncino dal Mazzucchelli: limone di Cremona agostiniano fu gran concionatore, professore di sa- t ere scritture e lodatissimo per prediche, sermoni e d'altre opere, delle quali volevasi intraprendere un'edizione completa a Bologna. Esse trovanti in parte manoscritte nella biblioteca Ambrosiana di Milano, in parte in quella di Cremona, che le ereditò dalla soppressa de' Romitani di Sant'Agostino. Dei Sermoni e d' una Grammatica latina si hanno codici completi nella modenese; di altre sue opere nelle biblioteche di Roma e di Padova. Il Fabricius, il Gandolfo, f Orlandi, 1' Arisi danno un catalogo delle stampate. Le Postilla, ossia Opus predicabile, sono impresse a Rcuttlin-gen nel 1484, a Brandeburgo nel 1494 e altrove senza nota alcuna. Dei medici, Albertino lesse con gloria filosofia, fisica e medicina nello studio di Ferrara ; Gianbonino Gazi insegnò medicina a Parigi, indi a Padova; Alberto Oscasale metafìsica a Milano; Maurizio Anguissola logica a Bologna; Brumano filosofia speculativa a Venezia; Covo fisica a Napoli; Ermenzone medicina a Padova; Gandolfo chirurgo alla corte di Urbano V, medicava i feriti nel 1303 a Roma. Trasvolo i troppi professori cremonesi, che anche nel secolo XV e nel successivo lessero sulle università d'Italia, e rimando agli storici e annalisti di quelle. Nella sola di Pavia nel secolo XV venti Cremonesi furono eletti alla lettura d'ambo i diritti, dell'eloquenza e delle lettere, della logica, della metafisica, della filosofia morale e naturale, della teologia, dell' astronomia e delle matematiche, della fisica e medicina, e di taluno si conservano autografi in biblioteche e presso i privati. D'alta mente e dottrina, insigne nelle leggi civili, e adoperato in gravi negozj da papa Eugenio e Nicolò V, fu quel Nicolò Amidani, che governò Bologna e Roma, e fu vescovo di Piacenza e arcivescovo di Milano, ove alla Metropolitana leggonsi due belle iscrizioni sepolcrali, una in quattro distici, in suo onore. Cominciando dagli astronomi, dai filosofi e medici, qualità che spesso si adunavano in un solo individuo, troviamo un Jacopo o Giacomo o .Iacopino di Cremona, traduttore delle opere d' Archimede. Tre cremonesi di questo nome notano i biografi; uno bandito da Cremona, certo guelfo? fu raccomandato da Clemente IV a Carlo d'Angiò ; l'altro fondò un in-stituto d' anacoreti, il più famoso fu di cognome Cassiano o de'Cassianr e discepolo di Vittorino da Feltre, cui successe nell'insegnamento a Mantova , dopo aver letto in pubbliche cattedre di Cremona e Pavia, e da cui ereditò i libri e le virtù. Venuto in fama di fisico e dialettico dottissimo, d'insigne matematico e filosofo, come di eloquente ed inten-dentissimo della latina e greca lingua, voltò molle opere di Archimede per consiglio di papa Nicolò V in italiano ed otto libri delle istorie di Diodoro Siculo, ma morì assai giovane. Leggo che Giovanni M filler o Rcgiomoniano (rovo manoscritte in Roma dopo un secolo le PERSONAGGI ILLUSTRI 081 opere di Jacopo e le fe stampare (forse è la edizione di Basilea fatta dall' Oporino nel 1544). Dicesi che fossero sette di matematica e geometrìa ; il Gesnero e il Fucio citano queste traduzioni di Jacopo col titolo: Archimedis lucubrationes cum Eulocii Abscalonitce commentarti ole. G. B. Plasio, nominato altrove (p. 503 e 65) discepolo di Apollinare Of-fredi, lesse fisica, aritmetica e medicina in Ferrara, Mantova, Milano e Roma, chiamatovi dai principi d' esse città, e scrisse opere astronomiche e mediche, lettere e sermoni di molla dottrina, ora l'orse perdute. Si conserva u'»a sua Defensio di Gerardo de Sabloneda contro il Monteremo. Si disse che le cose da esso pronosticale raro o non mai fallivano, ma il Fibdfo ne scherniva i falsi giudizj astrologici. Si conosce il consulto medici» del 1455 sulla malattia e morte del duca Francesco Sforza, mandato dal Biasio alla consorte Bianca Maria Visconti. Giudicò eh' egli non sarebbe Olorto in queir anno avendo consultato il fatto del ciclo nel tempo della sua nascita, ma avrebbe soggiaciuto a molle malattie, perche nato nella costellazione dello scorpioneI Mori di 84 anni nel 141)2. I! retore Nicolò Lucaro ne lesse e stampe l'orazione funebre (Cremona, 1492.) In questo secolo un altro Gerardo di Sabbionota astrologo, scrisse, come 1 a'tro del secolo XIII con cui si confuse, una Thcorica Planctarum. idest 'lr studj di Piacenza e Pavia, poi di fisica, di filosofia generale e di medicina, chiamato insigne dotlor maggiore, espose le seguenti opere ponderose, con quaranta altre ora ignote: Expositio (commenlarius) hi librum Aristoteli* de anima. con questioni ^dissime de IP acutissimo e preclarissimo dottore (Mediol. 1474, 1496. V°net. 1496; Cremona, 1581). tiepositio in primum posteriorunt (anUlittcorunt) Aristoteli* con altre questioni dell'autore (Venet. 1493, 1497 ). De primo et ultimo instanti (traclatus) ad defensimem comunia opinioni* "Versus Petrum Mantuanum (Florcnt. 1478, 1492, Venet, lì92, altra ^ loco) edizioni citate dall'Audil'redi, Orlandi, Maittaire, de Burse, ma '"n°te all'llaim, il quale fa di questo filosofo due autori distinti, Apolli-nar° Alfredi e Apollinare Cremonese. L'illustre mio concittadino professore Baldassare Poli pronunciò che, nei Ptitoi commentari IWredi prevenne il Loche sull'argomento dell'origine llc idee, come quegli che, seguendo i principj de'filosofi peripatetici Italiani aggiunse al metodo naturale e sperimentale la critica e le proprie dottrine, e propose nuove ricerche superiori al suo secolo, delle quali sì °"orano le scuole moderne. Alcune proposizioni filosofiche di lui rivelano Illustra:., del L. V. Voi. 111. Mi com'ei sapesse svincolare la filosofia dall' impero delle autorità, [tosandola sul sentiero della libera verità. Il Vida, di poco posteriore all'Oll'redi, dichiara, che i più insigni filosofi del suo tempo leggevano e interpretavano i libri di lui, e gli avevano oltremodo cari e preziosi. Ferrari Teofilo domenicano scrisse anch' egli commentari e proposizioni su tutte le opere di Aristotele e di san Tommaso, che furono stampate da Benedetto da Soncino (Venezia 1471, 1493) e lodatissime dagli storici dell' Ordine. I nostri storici e biografi dimenticarono Giovati Pietro OlTredi figlio del precedente, il quale lesse filosofia e medicina all'università di Pisa; non scrisse opera alcuna, ma Marsilio Ficino ne fa onorevole menzione, aggiungendo che dalla salvezza dell' Olfredi dipendeva quella della filosofia de'suoi tempi. Appartennero a'medici cremonesi Albertino, dottissimo nella fisica, medicina, etica, teologia e nelle arti liberali, e ne fu professore straordinario a Padova, Ferrara, Bologna, Pisa, Pavia, e da Marsilio Ficino è chiamato doctrince el honestatis esemplar; Bacillerio Tiberio, che dettò medicina in Bologna, Ferrara, Padova e Pavia; Cropelli Cristoforo protofisico di Giammaria Sforza ; Lazzarino e Bartolomeo fratelli? figli, o nipoti di lai, che lessero a Pavia medicina, come il Borgo filosofia e medicina a Pavia e Bologna, Casalorcio metafisica a Napoli, Resta Antonio, Gozzi Uberto fisica è medicina a Piacenza. Azzanelli Pietro detto il medico famosissimo, espose ne' commenti su Galeno e Avicenna osservazioni e dottrine di pratico argomento; amato e onorato in patria, ricusò costante offerte generose, preferendo in essa una vita modesta che ricchezza ed onori presso lo straniero. Nel secolo XV comincia l'abbondanza di retori e grammatici , ('i scrittori di orazioni e versi latini', che prepararono la poetica epidemia del secolo successivo. Stefano Fiesco (Fusco, pag. 599) di Soncino, dotto in grammàtica e in diritto civile e canonico, insegnò belle lettere m Uagusi , chiamato Oralor ctarissimus, vir dissertiti, Mira eloqaii dignità fulgem, poeta elcgantissimus. Le sue Varietale.? sententiarum sett s-yuonn»11 ad rhetores, ottennero un successo straordinario, poiché ebbero non meno di venti edizioni nel solo 1400 fra nell'Italia, e nella colta Europa, e la prima è di Roma del 1474. Furono poi tradotte in francese, tedesco c italiano. Scrisse altri opuscoli De componendu epistolis; Regata? 9ra1J*~ matica: : J'/uasrs el elegantm lattila; stampati più volte dal 1400 al 1600 ed encomiali dai filologi. Compose ancora un Commentarium super DtW talia Innocenlii p. p. IV. (Venet. 1481) e il Inibii Soncinensis, dove celebra la memoria de' Soncinati illustri nelle lettere e nelle armi (Brixiaa 1634}- PERSONÀGGI ILLUSTRI 083 Egli deve adunque la sua popolarità all' indole dei tempi e degli studj, concentrati nella interpretazione de' classici. Evangelista Fossa, venerabile servita, tradusse in terza rima, I' Agamennone di Seneca (Venezia 1497) e la Buccolica di Virgilio (ivi 1494, e in Milano con una sua Egloga 1520); scrisse anche un poema romanzesco in ottava rima e in 13 canti, Libro novo dello innamoramento di Galvano, di cui avvi copie nella Ambrosiana e un'edizione a Milano ma senz'anno, e merita tutt'altro che i titoli di clarissimo poeta e di poeta laureato, di cui la condiscendenza contemporanea lo fregiò. Poeta si tenne dall'Arisi, che ne trascrisse alcuni versi italiani nella Cremona Literala, Carlo Cavalcano dominatore di Cremona nel 1405. un Lanteri ucciso da Cabrino Fondulo nel 1408, si ha il codice d'un carme al celebre Alciato, in casa Belgiojoso a Milano, nel quale deride ^Ue'grammatici che a lor modo interpretano i testi giustinianei, cioè a eontrosenso. Giorgio e G. B. Oldovini, Balistario, maestro a Flavio Biondo, Concorreggio, Manna, Somenzi, Maineri, Stavoli, Lucaro, Dolcino, Doni-neno, Daniele Cajetani e molf altri filologi e grammatici, insegnarono belle lettere, eloquenza e poetica nel ginnasio di Cremona, ed a Milano, Venezia, Padova, Forlì, Perugia, altrove, e lasciarono lettere, cornanti, dialoghi e prefazioni sui classici greci e latini, che tradussero o corressero o pubblicarono; orazioni, panegirici, epigrammi e poesie latine Belle nozze e nelle morti dei duchi, o in lode di mecenati e letterati, scritte in istile puro, elegante e insieme alto e grave, e stampate più volte 0 lasciate manoscritte. Le quali scritture auspicatissime presso i loro contemporanei hanno perduto per noi, avvezzi a più forti e utili studj, qualunque interesse, e ci sembrano vaniloqui di retori e verseggiatori, esercizi di scuola, turgide vesciche dei rigattieri di Pindo. Il ginnasio di Cremona, coli1 instaurazione di quello della vicina Piacenza, cessò dagli insegnamenti scientifici (tranne le scuole di legge che continuarono sino al secolo XVII; e dalla primitiva importanza anche allora che, pel breve e agitato regno di Cabrino Fondulo, si volle insignito d* qualunque ammaestramento di scienze ed arti liberali e pareggiato ai generali e famosi studj di Bologna, di Parigi, Orléans e Montpellier. Co-8U stipendj del Comune di Cremona si mantennero dieci professori di 'mgue dotte, di storia, eloquenza e poetica, come comportava la direzione degli studj d'allora, in questo ginnasio che fu frequentatissimo da scolari lorastieri, alcuni figli di grandi principi. Nel secolo XVI, preparalo dall' antecedente, cresce tal movimento letterario ed artistico in Cremona, che mai non ebbe il maggiore, né ìa forse esempio in altra città d'Italia e dinoia, tulio che viziosa e nociva, una educazione e coltura diffusa in ogni parte dell7 albero sociale. Non si ebbero più (pie'pochi, vasti e originali dotti e scrittori del secolo XII e XIII, ma troppi e mediocri intarsiatori di faconde orazioni, o di terse poesie, freddi languidi servili imitatori dc'pocti e retori latini, anzi del solo adornamento esteriore del loro stile. Senza inspirazioni e sentimento proprio, stranieri al lor tempo, alla lor patria e alla missione deli1 arte loro sfogavano inascoltati o derisi con lingua non intelletta dal popolo la loro individualità pretensiosa e loquace lodando i potenti e le innamorate, scrivendo per ozio e trastullo. Tempi davvero cran quelli, in tanti strazj pubblici di folleggiare e far ridere t % Il nessun interesse storico e letterario di costoro annunzia la spenta attività e libertà della nazione, la decadenza della patria letteratura. (ìli uomini d'allora, sotto al doppio giogo delle anime e dei corpi, perdettero la nativa dignità, il fervore patrio e religioso, ogni credenza e speranza ; furono quali i tempi e i padroni li vollero. Disse sapientemente Omero, che Dio toglie la metà deli' anima agli uomini il giorno che li fa schiavi. Dimentichi o incuriosi della potenza della tradizione, dissimulanti l'oppressione per giustificarla e renderla maggiore, anzi pronti a difenderla e lodarla cogli scritti e colle opere, gli uomini del secolo XVI si rassegnarono ad ogni costo a patire ogni danno e vergogna. Isolati, inerti, depravati, senza intelligenza e volontà per rimediare alla grande sciagura, inconscj delle origini e degli effetti di questa, invece di affratellarsi viepiù si divisero, e inimicarono per dar vittoria e gioja ad altrui : e chi poltriva ne1 vizj, chi mortificava Vingegno in studj vani e bugiardi, chi seppellì vasi vivo nelle anticamere e nei conventi. Perciò, come i paesi sono maggiormente onorati dall'eccellenza die dalla copia degli scrittori, ed hanno bisogno di pochi e splendidi esompj, cosi tacerò di coloro che poco o per poco applicarono l'animo e l'intelletto a benefizio del'sapete e della patria, e ne accennerò di volo le scritture per chi si piace di erudizione e di bibliografia. Del Platina e del Vida dissertò poc'anzi con mollo ingegno e sapere Stefano Bissolati,. a cui spellerà d'illustrare questa storia letteraria di Cremona (Vedi sopra a pat/. 444). Poeti elegantissimi nel latino e nel volgare idioma meritarono a Cremona il predicato di Mater nobilium valum; furono per lo più preti secolari, lodatissimi dai migliori letterati dell'epoca. Elio Giulio Crolli dettò Farragini di Carmi (Manina' lo4o, Ferrarlo? 1564); due Negri Giuseppe s la ciò slan al paragotìc eoi giorno «l'oggi» pieno ili giornali beffardi* caricatore, I"piili'/.w. C. C. PERSONAGGI ILLUSTRI 683 tramandarono scritture poetiche, manoscritte nella Ambrosiana di Milano, p stampate postume (Cremona 1700); Paroli Girolamo e Giovanni Maria, »I primo autore diversi De Specianorum familia (Cremona 1602), l'altro di ottave italiane Le lagrime di San Pietro (Cremona 1584); Angelo Ba-r°nio autore d'un Cremona genethliacon, De Urbis Cremona! laudibus, di eP;talamj, di orazioni, ecc. (Cremona 1598-1628). Claravaceo Girolamo frisse XII libri Fastorum (Mediol. 1554); Musonio Giovanni [casa belle attere a Ragusa, scrisse orazioni, una stampata a Basilea nel 1532, tre ^ri d'un poema Mariados, cioè lodi di Maria Vergine (Cremona 15(2), un Apollo italioti (Papiw 1551), ed altre poesie rimaste manoscritte. Colombano Balletti, Tartesio M. P. e Francesco Zava professori nel ginnasio di Cremona dettarono anch'essi orazioni e carmi eroici, molti de'quali rigasti inediti, altri stampati (Cremona -1562-1591}. Della Porta Ce are diluviò rime, le più in italiano e sopra argomenti sacri", una Del/a, tragedia (Cremona 1587), e tradusse in sciolti il primo libro diparta Vir-!ltH's del Sannazzaro (ivi 1578-1588). Ascanio Botta lasciò poemi epici inediti» e stampò un Rurale, ossia giornate campestri passate novellando (Cremona 1524-1535); Galiani G. G., maestro di lettere in Romaoengo sua Patria, indi a Crema e Lodi, molto scrisse e stampò in prosa e poesia la-t,na sopra sacri argomenti ; fra le cose inedite v' ha orazioni per Crema-'^''i e Lodigiani, e un poemetto Victoria Romanengcnsium, che celebra il 'dio de'suoi compatrioti, i quali nel 1513 difesero il loro castello assaltato Qa> Veneziani. Dionisio Guazzoni mise fuori a Venezia (1587) una tragi c°media boscareccia, Andromedu. ^°emi eroici lasciarono Oldovini Giorgio, autore d'elegie ed epigrammi, e tre libri De primordìis et felici successa urbis veneta- (Venezia 1551); Sigismondo Guindano, le geste di Carlo V, ossia VAttslriados in 24 libri d* cui i| dottissimo Valentinelli, bibliotecario della Marciana, ha preparato 1 Pezzi migliori con un articolo critico del poema da mandarsi al Giornale storico dell'Accademia di Vienna. Un altro cremonese scrisse De nuptiis ritanicis; un altro voltò in ottava rima le cronache di Verona, benedetto Lampridio e Gabriele Faerno ebbero merito e l'ama maggiore. Primo, caro a Leone X, ai principi Gonzaga e a' letterati celebri del suo tempo quali il Lascari, il cardinal Bembo, il Sadoleto, il Paleano, ecc. *VTl scuola a Venezia e a Roma di greco e di belle lettere: chiamato a Mantova educò il tiglio del duca Federico Gonzaga, e ivi morì. Lodovico Olce raccolse e stampò alcuni de'suoi carmi greci e latini (Venezia 1540- °"°e in molte raccolte posteriori) e l'Accademia Veneta si propose di pu Picare un altro volume di sue odi, elegie, epistole ed epigrammi che auno inediti. Paolo Giovio rimprovera l'ampollosità, la durezza e l'imita- zionc pindarica del Lampridio, ma il Tiraboschi lo difende e ne loda la forza dell'immaginativa, la nobiltà de' pensieri e l'ardire di emulare il suo grande modello Pindaro. Il Faerno, figlio ad un Francesco che lesse nel duomo di Perugia nel 1511 l'orazione De Laudibus Perusiw, che sta manoscritta in quella città, fu prediletto per la sua modestia, probità, ingegno e dottrina al cardinale che divenne poi papa Pio IV e al suo grande nipote san Carlo Borromeo. Vivendo studioso, verecondo e romito presso la corte papale, vi era come straniero, ma si valse del suo alto stato per raccomandare i letterati che ricorrevano a lui. Mori ancor giovine nel 1561. Per consiglio del papa, e per istruire la gioventù scrisse con purgata latinità in versi di vario metro cento favole, vent'anni prima che si scoprissero quelle di Fedro, pigliando gli argomenti da Esopo e da altri antichi. Fu reputato il primo favolista del suo secolo, e le sue Fabula' cenium ebbero molte e belle edizioni e traduzioni in Italia e in Europa. Andrebbe innanzi a tutte quella di Roma del 1564- con figure elegantissime, se ora non ne fosse annunziata un'anteriore di Parigi del 1563, con figure in taglio dolce su disegni attribuiti al Tiziano (Catalogo della libreria Ilira 1556). Venezia le stampò tre volte con figure in legno; Brescia, Napoli, Cremona, Brussellc, Anversa, Amsterdam, Colonia, Padova più volte. Quella di Londra del 1743 è magnifica per incisioni d' acciajo e l1 aggiunta di altre opere del Faerno, ma scorretta. Invece correttissime sono le tre di Padova del Volpi e quella del Bodoni, tutte del secolo passato, coll'elenco delle edizioni e traduzioni che arrivano alle 20. Perault tradusse le favole in versi francesi, Trombelli in italiano e Kroon Hendrik le commentò (Lione 1824). Imi detto che il Faerno ebbe tra le mani il manoscritto di Fedro, ma il Lagomarsini e la buona critica salvarono il candido Faerno dalla vile calunnia. Egli emendò ancóra e commentò meglio d' ogni altro le commedie di Terenzio, corresse alcune orazioni di Cicerone. annotò Tito Livio, Catullo, Plauto; le Emendalioncs di Terenzio si stamparono dal Giunta a Firenze nel 1505, a Parigi nel 1602, a Londra nel 1724. Girolamo Fondulo di cui cantò il Berni, « Egli è più dolio poi che Cicerone... Sa greco, sa ebraico... »,fu maestro ad Enrico figlio di'Francesco I di Francia, ove contribuì all'incremento della biblioteca reale, acquistando in Italia molti codici e libri. Compose orazioni ed epigrammi in greco e latino e una commedia Ialina Lucia, che sono tra i manoscritl1 di quella biblioteca. Non si ha di stampato, ch'io sappia, che due lettere facete nella raccolta dell'Atanagi. Alle donne letterate cremonesi (pag. 459), aggiungiamo Isotta Dragoni che meritò le lodi poetiche latine di G. G. Negri, e Cecilia Gallcrana conlessa del castello di San Giovanni in Croce, valente poetessa in latino l'KHSON Alili i ILLUSTRI r>s7 e in volgare, encomiala più volte dal Randello. E in loro compagnia meniamo i ritratti di tutte le sorelle Anguissola, tratte da un noto quadro, in atto di giocar agli .scacchi. Singolare opora è il Bellum gramaticale di Andrea Guarna Salerno patrizio ed ecclesiastico , nel quale con nuova e mirabil arte insegna la grammatica colle regole della guerra. Fu ristampato più volte, a Cremona e Venezia sei volte, a Parigi e Lione altrettante, quattro volte tradotta in italiano, da Angelo Ricci nel passato secolo, due nel presente e due in francese. Pinzino Dalla Torre, spirito bizzarro, sebben di vita grave, e non meno ^moso poeta che acuto nolajo, ci trasmise Le piacevoli e ridicolose facezie, che son brevi novelletie di casi avvenuti a lui in Cremona, e descritti c°n stile elegante. Si ristamparono tre volte a Cremona e tre a Venera. In un'altra edizione di Cremona del 1669 si mutò quel titolo in 'lucilo dello Scaccia sonno dilettevole e curioso. Alcuni versi di Faroldo Giulio storico e poeta stanno negli Elogi del Giovio; alcuni epigrammi alPAIciato autografi nell'Ambrosiana di Milano. I suoi Annali veneti (Venezia 1577-1579) si dicono compendj di quei Sabellico, certo furono lodati e premiati dalla repubblica. Lasciò inedita una storia di Vespasiano Gonzaga duca di Sabbioncta, veduta dal- l'Alio. Ul) D. Legati scrisse un Sommario di tutte le cose notabili seguile nel mondo daj 1453 al 1590 (Venezia e Firenze), e prima pubblicò le Colie, tanca in morte di Michelangelo Bonarroti (Firenze 1564). Troppo acerbe parole scrisse il Tiraboschi sugli storici di Cremona Antonio Campi (redi pag, 461) e Gavitelli Lodovico. La storia del Campi a Fui parve più ricercata pei rami disegnati dal celebre Agostino Caracci, che per notizie storiche in essa racchiuse; gli Annali del Gavitelli esser opera ehe ne per eleganza di stile, nò per esattezza di ricerche sia molto pregiata dagli eruditi. La magnifica edizione delia Cremona FidelissiffW del primo, l'alia in casa dell'autore (Cremona 1585, ristampata a Milane nel I(i3.' e 164$), è bensì pregiatile pei molti ed eccellenti intagli in rame del C iracei e per le carte topografiche della città e della provincia, ma distinguesti ancora per chiarezza e brevità di dettato, e per copia di documenti. Gli Annates Cremooenses del Gavitelli (Cremona 1588 , e nella raéco'ta del Giovio)sono scritti con rozzo, ma semplice stile latino, e 1* narrazione corre rapida, ingenua e appoggiata a falli riscontrati diligentemente. Cerio ad entrambi nocque il metodo di scrivere la storia per annali. Aneli • il Bordigallo Domenico, oltre a poesie latine, lasciò manoscritta una Storia 0 Cronaca di Cremona, preziosa per le cose accadute e per lo stato della città sui primi anni del secolo XVI. Anche coloro che si dedicarono a studj severi, e a vila operosa ed ecclesiastica pagarono il tributo al secolo sagrilicando alle Muse. Ed a costoro, j i: che ad altri letterati che lasciarono inediti o stamparono per Io più in Cremona prose o poesie latine e vulgari segnalandosi nella eloquenza del (empio e del foro, o nelle accademie poetiche, volgeremo le nostre ricerche , Bonomi Gian Francesco studiò in Cremona, Bologna e Pavia lettere e diritto. In Boma fu famigliare al cardinale Carlo Borromeo, che gh affido negozj rilevanti, e lasciò morendo i suoi manoscritti alla Badia di Nonarjtolà. Asceso al vescovado di Vercelli, v'introdusse grandi riforme e opere pie. Gregorio XIII e Sisto V lo mandarono legato con autorità pontili/.ia nei Grigioni e negli Svizzeri, ed ivi affrontò grandi disagi e pericoli, massime a Coirà e a Berna per introdurre i Gesuiti e i Cappuccio' in quelle parti. Con egual zelo e coraggio si travagliò in Germania a convertire eretici, difendere il cattolicismo, deporre vescovi ribelli, come l'arcivescovo elettor -di Colonia nemico a Boma, sostituirne altri fedeli, e mandar in ceppi al papa ['eresiarca Paleologo. Legato in Francia, mori in Liegi dj 52 anni nel 1587, martire della fede e della salute de'popoh tedeschi i il .^uo cadavere fu trasportato e sepolto in Vercelli. Scrisse decreti c pastorali per la sua diocesi, una vita di san Carlo Borromeo PERSONAGGI ILLPàTIU C8D (Colonia 1587), e il poema Borromeidos, sullo geste di quel cardinale in 4 ''bri (Mudtokui 1589), col commentario della sua vita, e alcuni Carmina (Medialani 1589 e in varie raccolte). Sl'ondrati Francesco professò per molti anni diritto civile e giurisprudenza a Padova, Roma, Bologna, Pavia e Torino; più volte legalo per Francesco II Sforza a Carlo V, poi di questo ai pontefici, e per essi a lui. Governò Siena, domandovi le fazioni fratricide, onde si chiamò padre della patria : governò Pavia e per le sue virtù e benemerenze fu fatto sentore di Milano. Giovane scrisse e stampò Consigli legali, Epistole, Orazioni, Discorsi sulle sue legazioni, versi latini, alcuni rimasti inediti, altri stampati in varie raccolte, e un poema eroico in tre libri De raplu "elenm (Venezia 1559). Mortagli la moglie Visconti, da cui ebbe sei fi-Wi si fc prete e divenne vescovo di Cremona e cardinale. Morì nel 1550 e fu sepolto nella nostra cattedrale, onorato di insigne mausoleo. Sl'ondrati Nicolò, figlio di Francesco, nacque a Somma nel Milanese, ove la madre sua erasi trasferita per opera pietosa, ma egli dichiarossi sempre concittadino e compatriota de' Cremonesi. Per la sua dottrina e V|rtù ascese, già senatore di Milano, al vescovado di Cremona, al cardinalato, indi al pontificato col nome di Gregorio XIV, e nel Vaticano 'eggesi la lapide Gregorius XIV Sfondralus Cremoneusis, poi il dislieo Quem genuil civem, coluitque palimi alma Cremona, Roma brevi tenuti tempore ponti/ìcem; •frisse Ragienamenti, Decreti, Costituzioni, Epistole in parte stampate. Spedano Cesare, di cospicua famiglia e di padre senatore, prode nelle arini e autore di cose storiche (De bello gallico , De obsidione arcis Me-dùlanensis), che non credo mai stampate, visse in «ua gioventù a Boma Presso il cardinale Carlo Borromeo, che lo fe canonico nella metropolitana di Milano, e gli commise affari importanti per le molte con-troversie che lo assediavano. Col cardinale Alessandrino va in Spagna ; L Procuratore e segretario in Roma della Congregazione de1 Vescovi e de'regolari, e vescovo di Novara. Fatto nunzio ritorna in Spagna, passa 10 Germania, e move que'principi a far lega contro il Turco. È trasferito all'episcopato di Cremona, ove affatica in pie opere. Scrisse e stampò Su atti e decreti dei due sinodi diocesani che tenne qua, statuti pei Parrochi e due Compagnie cristiane, lasciò 33 volumi di manoscritti e 'e Proposizioni cristiane e civili, delle quali il Muratori pose un brano "olla sua Filosofìa Morale. Anton Maria Zaccaria, uno de' tre fondatori de'Chierici regolari Bar-nabui, studiò in Cremona e a Padova, morì di 37 anni nel 1539. La-Epistole, Sermoni, altri trattali che stan manoscritti, e i Delit nota- Khtslnz. del £, V. Voi III. 87 bih tradotti in francese (Lione 1625; e in latino (Roma 1670). Di Ini scrissero molti la vita, ultimo il padre Teppa ed egregiamente (1853). Rosano Genesio professò scienze sacre a Pavia e divenne famoso concionatore e ministro provinciale dell' ordine de' Carmelitani per P In-subria. Ornalo degli studj oratori e poetici, in un suo carme giovanile preconizzò il papato a Pio IV, il cardinalato a Carlo Borromeo. Si hanno stampati di lui alcuni versi italiani e una predica (Pavia 1586). Bossi Arcangelo, canonico Lateranense, scrisse in vulgar poesia e intorno le leggi canoniche. Le sue Distinctiones subtilissinnr in IV libr, Sen-t'titiarum meritarono due edizioni (Venezia 1609, 1622), e all'autore l'episcopato di Galeno presso Suessa. Emo Nicolò, carmelitano, lesse filosofia a Cremona, Napoli e Padova, e pubblicò tre opere di argomento sacro in Cremona , alcuni Theoremata a Padova (1587). Mentre alcuni de'sunnominati s'affaccendavano a domar la riforma in Svizzera e Valtellina, mentre P. G. Odescalchi vescovo d'Alessandria era nunzio del papa in que'luogbi, e G. P. Negri domenicano combatteva in Praga o a Cbiavcnna le eresie di Calvino insegnando e scrivendo di filosofia peripatetica, altri, rifuggitisi colà, seguivano le dottrine de'protestanti-Bartolomeo Maturo priore de'domenicani di Cremona, Giovanni Tornano, Bartolomeo Silvio, Agostino Mainardi, Paolo Gaddi, frate Angelo, Gian Paolo Nazzari domenicani, Gajo Lorenzo minor osservante, Puerari Daniele, due Offredi, un Torso, un Cambiaghi, un Fogliata, un Pelizzarh predicarono e disputarono singolarmente le novità e contro i loro avversar), divennero pastori e ministri, educatori di giovani, professori di fi losofìa e teologia. D' altra parte Angelo Zampi domenicano, che scrisse contro gli eretici calvinisti l'opuscolo De veritate purgatori, divenuto in-quisilor generale del ducato, comprò, giusta l'iscrizione sepolcrale ch'era nel convento di Porta Nuova di Milano, per multe e confische di bèni d'eretici, fondi e casa per sostenere il Santo Officio dell'inquisizione f. Dai molli cremonesi che si distinsero nelle guerre contro il Turco , 4 In occasiono doli'entrata solenne di Carlo Emmanuel? Sardagna de Holiciisloii-trentino qual vescovo di Cremona, il barone Mazzetti stampò a Milano Cenni storta sulle antiche relazioni fra Cremona e Trento, dove appare un grandissimo miniere di Cremonesi, posti a Trento come Decani, arcidiaconi, pretori, Teologi, scrittor, sacri pastori E padri all'ecumenico convento. Fra i vescovi principi fu insigne Gerardo degli Oscasali al tempo degli imperatori sVevi; ed èra pur destinato a quella sedi! Giovanni de'Sordi nel *-17ii, che poi ebbe quella di Vicenza, ed è venerato stililo, e di lui scrisse la vita il Labus, come dell'abate sani' Eusebio pur cremonese, Al Concilio tridentino assistettero i vescovi Vida c Sfori- PERSONAGGI ILLUSORI 691 o guerreggiarono in Europa, o che divennero celebri noli' architettura militare, scelgo Benedetto Ala, amicissimo aJ Vida, che fu generale per Carlo V di tutte le fortilicazioni dello Stato di Milano , e autore di ottime correzioni sopra Vitruvio, che ornarono la edizione di Daniel Barbaro; Bartolomeo Capra, elio si eternò all'assedio di Ilarlem del 1572, e foggiò le famose cave per riponi i tesori della banca d'Amsterdam, ed il capitano Vincenzo Locadello. Il quale, dopo molte vicende, si condusse coi migliori capitani del tempo, Girolamo Martincngo governatore di Can-dia per la repubblica veneta, don Ferrante Gonzaga e il marchese di Marignano, dando prove segnalate della sua scienza della guerra e mollo prolessò, dice Natal Conti, in materie di fortezze. Passato al soldo francese, molte ne agguerrì e fondò in Francia insieme a Pietro Strozzi. Fatto luogotenente del maresciallo Serbelloni nell'esercito di Spagna, visitò le isole e i littorali dell'Italia minacciati dai Turchi, dei quali predisse le invasioni. Partissi per le Fiandre e altrove esercitando dapertutlo con gloria l'ingegno e il sapere, liriche divenuto nel 1580 generale delle milizie e soprantendente delle fortezze di Sicilia pel re Cattolico, ivi mori. Pubblicò un * Invito ai professori del riparare, fortificare ed edificare i luoghi, ecc.» che dedicò a Gregorio XIII (Bologna 1575), poi un « Manifesto oel (piale si giustifica delle opposizioni fattegli, ecc. con un breve discorso sopra l'offesa e difesa dei luoghi ». D'un anonimo cremonese, che scrisse intorno l'Anticristo, la riforma della Chiesa e la fine del mondo pel 1530, parla schernendolo Paolo Or-codini in una satira contro gli astrologi; d'un Mariano cremonese, au-'°re d' un libro De inscribendo hesagono (equilatero et crquiangulo in tftV-disserta confutando il prete Clavio. Esso è Carlo Mariani, che stampò 'n Cremona nel 1599 l'opuscolo De circuii quadratura cjusdem inventum e scrisse anche l'opuscolo sunnominato col titolo De inventione laleris heptagoni in circulo dato, che fu difeso dal nostro G. Grandi, lodando ''ingegno e gli studj geometrici del Mariani. Dello stesso secolo e casato Francesco e Giuliano Mariani filosofi, astronomi, matematici e medici infognarono o praticarono queste scienze nel ginnasio di Pavia e a Pirano "'-H' Istria. foci medici molti furono letterati seguendo gli esempj del secolo. Francesco Manfredi lesse medicina a Padova, e scrisse carmi latini lodati dal Giovio e dal Giraldi. Fcliciano o Bernardo Regazzola, non veneziano 'b'aO, Giovanni Antonio Delfino minorità, Stefano de' Faccini carmelitano; i prelati Ponzio °'iti carmelitano, Silvestro de' Minori Osservanti, Sisto Uovizioli de Henis pei Canonici - ranciisi, uomini dottissimi, Giuseppe Oliva compagno del vescovo Lippomano. Dello • onorati conservava il Mazzetti un volume intero di lettere concernenti il Concilio. C. C. come crede il conte Cicogna™, ma di stirpe e patria cremonese, come attestano il Campi e altri cremonesi contemporanei, insegnò lettere latine a Pavia, greche a Venezia ; tradusse dal greco e dal Ialino molli trattati teologici, filosofici e medici, i primi stampati a Basilea e Venezia nel 1552 e 1550, i secondi, tra i quali gli Etici e la Storia Naturale di Aristotele, a Venezia, Firenze e Basilea tra il 1541 e il 1552; dei medici fece latine alcune cose di Paolo Eginela e di Galeno, stampate a Venezia e Basilea tra il 1532 e il 1550. Del proprio stampò un'Ari/melica e una Geometria speculali va et poetico (Venezia 1545 e 1546) e una Dcfensio dei Predicamenlt di Descippo contro Plotino, dedicata a monsignor Giovanni Della Casa (ivi 1566). Il Portai gli attribuisce un libro De fcrlus for-mattone. Raccolse poi gli antichi epitali di Roma in un volume con disegni di urne, arche, ecc., il quale custodivasi in Cremona col titolo Epi-taphia antiopa urbis Roma'. De mcmorabifibtrs antiqua1 Urbis, Significatio H-terarum antiipiarum et abbreviatura' auliqwe. Professarono medicina e altre scienze sull'università di Pavia , di Padova, di Bologna e altrove un Capellari, un Manfredi, due Benetti e due Barbò, Ponziamo, Fantuzzi, Borghi, Monteverdi, Giorgio Fondulo, Omobono Offrcdi che stampò De parca et vehementi evacualione (Cremona 1533), All'aitati Forlunio, che lesse medicina anche ad Anversa, Lione e Venezia, e pubblicò Considerationcs pkysicà et astronomica' (Venezia 1549): Pietro Battista la insegnò a Nantes, autore di tre Epistola ad conclusio-ncs physico-medicas, etc. (Parigi 1504). Vincenzo Conti chiamò G. A. Magnoni fisico eccellentissimo nella esperienza delle erbe, e tale fu pure P. Fogliata che scrisse della natura dell»' piante e delle erbe, e del loro uso in medicina. G. B. Boccoli, lasciò la dis seriazione sulla dignità e l'identità della filosofia morale e della medicina (Cremona 1564); G. Cagnola, il trattato De calore innato (ivi 1539); Tommaso Somenzi due Oraliows per una controversia tra i medici cremonesi e il protofisico di Milano, e per rivoeare in patria il dotto medico Fogliata (Cremona 1590, 1597), e la Dispulatio sopra un'epidemia dominante nel Mantovano (ivi 1576). Il bravo medico e cittadino ammette in essa senza ambagi il contagio e condanna que'medici, miserabili truffatori di parole, che, per gratificare i mercanti, chiamavano febbre maligna la peste, e negando il contagio evidente ricorrevano a cause remote, occulte, ipotetiche, con danno grande del popolo. Orazio Paterno e Ala Ottavio disputarono e difesero nelle pubbliche chiese di Cremona, l'uno 800 , l'altro 829 teoremi e conclusioni di filosofia universale e di medicina, e le pubblicarono (Cremona 1581, 1602). Va innanzi a tutti Realdo Colombo tra primi anatomici in Europa , sul quale dobbiamo spendere maggiori parole. Giovane professò filosofi"» PERSONAGGI ILLUSTRI 693 ;t Padova nel 1540, poi chirurgia e anatomia supplendo al celebre Ve-salio, cui successe nel 1544. Lesse poi anatomia e chirurgia anche a Ferrara, Pisa e Roma, archiatro di Cosimo I e di papa Paolo III. Mori nell'eterna città il 1559, mentre a Venezia stampa vasi la sua opera De re anatomica, che doveva essere ornata di tavole anatomiche incise in rame, e fa limitata alla magnifica del frontispizio, disegno di Paolo Veronese, nella ma in questi ebbero dimora transitoria, costante in Cremona. À uncino borirono nel secolo XV, a Pizzighettone e Casalmaggiore dal ^*80 al 1571. Essi erano uniti in università, e furono sempre governati °-a rabbini dottissimi, alcuni anche medici reputati. Giusta gli ordini del Potere ecclesiastico e civile, dovevasi scegliere ogni anno un giudice dalla Cltla per appianare le liti e controversie che insorgessero tra essi e i CRtadini. Gli uomini dovevano essere distinti con una berretta gialla, le borine cingersi il capo con un velo dello stesso colore. ^are gli Ebrei fossero utili ai principi. dannosi ed esosi ai popoli , poiché si blandirono sempre dai duchi di Milano con privilegi e l'ran- '8,e, che erano confermate di dieci in dieci anni. Francesco Sforza |jej 145G [j presc solt0 }a sua protezione e difesa per la fede, prontezza de^' a'lta ne' soccorrere a' suoi bisogni e dello Stato, per gratitudine Snrv'gi prestati e speranza di maggiori. Ma come le loro usure l^oriiicrnonte passavano il segno, trentun cittadini cremonesi supplicarono ''!nf;a Maria Visconti perchè negasse più oltre licen/.a a qUBtte infedeli "de persone, ond'è ripiena la città, di abitare in essa e di erigervi Wcum f(vm>ris. Ma la duchessa, mentre tbclió a nuovi Ebrei la fattiti di stanziare in Cremona e di esercitare 1' arte loro, la rinnova agli esistenti. Così i duchi successivi di Milano ripetono dal 1533 al 1548 il permesso di abitare in città, e negoziare liberamente. Alcuni dello Stato , tra cui un Emanuel Carmini di Cremona, eletti deputati della università dei Giudei, implorano nel 1557 are Filippo II di seguire le vestigio dei suoi predecessori, e di permettere loro « di perseverar nel dominio di Milano, et inprestar ad interesse liberamente per altri anni 12, et in exercir li suoi trafeghi et negotii », avendo di presente sovvenute 44,000 lire imperiali per pagar le cavallerie dell'esercito, e provveder ad altri bisogni della R. e D. Camera. E il cardinal M*~ druccio governatore riconferma loro il richiesto, e li scioglie per giunta dall'alloggiar soldati, dalle contribuzioni, dal portar berrette gialle e altri segni differcMti dai Cristiani, abrogando il decreto De Judei rubri, ma vietando di tener banchi e prestar a usura indebitamente. Due anni dopo, prendendo vigore in Italia l'intolleranza religiosa, l'in-quisizione di Roma mandò Sisto Sanese in Cremona, allora convegno c sicuro asilo degli Ebrei espulsi da altre parti della penisola, per distruggere tutti i libri talmudici, cabalistici e d'altro genere, che essi vi stampavano e introducevano. Quanti ne trovò nelle officine e biblioteche, e si scrisse fossero meglio di 20.000 esemplari, tanti ne abbruciò. Sino al 1570 nulla più raccolsi di loro, ma in quest'anno, per ordita di Filippo li, fu cacciato da Cremona, benché qua noto e cresciuto, «' celebre Eliezer medico e rabbino, autore del commento di Ester, perchè ne' suoi discorsi e stampe dicevasi offendesse la religione cristiana e 1 principi cattolici. Pochi anni dopo si cacciarono tutti i Giudei, ma pare che alcuni non obbedissero, trovandosi istrumenti e notizie del domicilio loro sino al I59S, ed aBche nei primi anni del secolo XVII pontificanti' monsignor Speciano. La steria dell' arte tipografica nel primo secolo della stampa è storia della civiltà; è un'altra gloria letteraria che devesi conservare, poiché come T abbondanza dei codici rivela la coltura dei paesi, e Cremona ne fu doviziosa in ogni tempo. Israele Natan, coi figli Giosuè, Salomon • Mose Gerson, stabilirono la prima tipografia intorno al 1480 in Soncuie e impressero più di venti pregevoli edizioni d'opere proprie o d'altrui sino al 1520. I figli e discendenti dell'illustre famiglia seguitarono * stampar* in ebraico a Casalmaggiore, Sabbioneta, Brescia, Ferrara, Bologna, Pesaro, Fano, Rimini, Tessalonica e Costantinopoli sino al 1630, amando sempre chiamarsi Soncinati. Benché l'illustre De-Rossi pronunci! che. se la stampa ebraica non fu inventata a Solicino e primamente coltivata, tu poro ivi condotta al massimo splendore e perfezionamento, tu'J T II» O (i RAFIA m tavia su maggiori probabilità sembra fondala i' aulica opinione, che attribuisce a Soncino il principio e V incremento delle tipografie ebraiche in Italia e in Europa , e il nostro vico ha V onore incontrastabile altresì d'averle avute più copiose e celebrate che in altre parti del mondo. L'edizione della Bibbia integra coi caratteri quadrati, coi punti e gli accenti, del 1488, dicono i filologi sia un giojello tipografico, di cui non si conoscono che tre o quattro esemplari. Nel secolo XVI per opera di Vincenzo Conti veronese, e di Cristoforo dragoni cremonese ( primi tipografi italiani che adoperassero caratteri ebraici), succeduti ad altri ebrei, posero stamperie ebraiche a Sabbioncta e Cremona. (Dl-Rossi , Annali Ebreo-I ipografìti di Sabbionela e di Cremona. Bianchi, Tipografìe ebraiche di Cremona). Le edizioni ebraiche di Sabbioneta giungono a 31, compiute dal 1551 al 1590; quelle di Cremona a 42, dal 1556 al 1586, e forse altre 10 che diconsi dubbie. La Bibbia stampala dal Conti nel 1581, con fregi e vignette assai bene incise, si reputa un'altra maraviglia dell'arte. Rammentammo i primi stampatori cremonesi che, nel secolo XV, impressero pregiate edizioni a Venezia, Piacenza e Roma, e le prime origini della tipografia cremonese. Intorno la quale giova avvertire due errori, ripetuti dai bibliografi. L'uno è che la prima stampa avvenne nel 1485, Mentre avvi la Leclura sopra la prima parte del digesto nuovo, di Angelo da Perusia, impressa nel 1472 dai maestri Dionisio de Paravesino e Sterno de Merlinis di Lecco, e forse i Prwccpla de oratione nupliali di Dionisio d'Alicarnasso in carattere gotico senza anno e nome di tipografo, secondo l'Amali, il Morcelli e l'IIaim, sono stampati in Cremona anteriormente a quell'anno, e quindi la prima stampa cremonese sarebbe contemporanea a quelle di Venezia e Milano, e antecedente a Firenze e ad a^re insigni città. L'altro errore risguarda a ciò, che dopo la stampa del *472 non se n'ebbe più alcun'altra pel corso di vent'anni, cioè nel 1492, centro possediamo Fopera di Ermolao Barbaro In Plinium del 1485, e «n Oraiio di N. Lucaro del 1488, entrambe stampate senza nota di tipo-^rafo e citata dall'Ansi e dal Bianchi. Dal 1492 al 1500 si posseggono }7 opere almeno dei calcografi ingegnosissimi e diligenlissimi, Bernardino de Misentis e Cesare Parmense, il quale, partito Bernardino per Brescia, si uni Basaìno Ungaro, poi maestro Pietro de Muliferis gallicum e Jl Crenaonesc Carlo Darlerio. Forse allievi degli Ebrei di Soncino, G. B. de Cabellis de Sonzino, 'eronimo e Costantino Soncino, Raimondo da Soncino e Giovanni Soncino oppressero altre opere pregevoli sullo scorcio del secolo XVI a Milano, av»a, Pesaro, Perugia, Fano, Rimini e Venezia. G. M. Simonella {Ja-lastra z itd /.. y, Voi. !!!. 8* nus Marius C remone mia), assai si distinse per slampe stupende a Faenza, Pavia, Piacenza e Napoli. A Pavia nel 1525 impresse la famosa Inlrodu-(tio in chaldaicain, syriacam, armenkam et decem alias linguai; a Napoli nel 1556 alcuni libri dell'Odissea e le opere minori d'Omero con 8 tragedie e due commedie, alcune da lui tradotte o imitate dagli antichi, altre sue proprie col nome di Goriolano Martirano (e sotto questo nome si disse bellissimo scrittore in pura lingua latina), quasi dinotando, la sua qualità di esule e martire della patria. Giorgio Ferrari stampò a Roma ai tempi di Sisto V la grandiosa Biblia greca dei 70 interpreti. A Venezia Cristoforo Fiorentino, Simone de Lucro, Covi, Olivo nel XVI, Barez/.o Barezzi e Carlo Pez/.ana nel XVII furono stimati ottimi bibliopoli, ed anche autori o traduttori d'opere straniere. In Cremona esercitarono alacremente l'arte loro nel cinquecento Simone, Francesco e Riccardo de Luere, Cesare de Riccardi, Lodovico Brit-fanico, Locheta, Muzio e Vacchelli editori delle opere del Vida, il Barroccino, il Pelizzari e i nominati Vincenzo Conti e Cristoforo Dragoni dal 1552 al 1614, lodati dal Doni e da altri letterati per copia, nitidezza e correzione di edizioni latine ed italiche, fra le migliori che si esposero in Italia. 11 Dragoni produsse nel 1580 I'ediz. principe de\Y Aminta del Tasso, ricca di importanti lezioni e secondo il Savioli preferibile ad ogni altra. Come alcuni tipografi cremonesi del secolo antecedente si chiamarono dal Maiitairc non absque litteratum fama , cosi questi del XVI furono letterati non mediocri essi stessi. Minori a costoro per la povertà e la poca letteratura dei tempi riuscirono Zanni, Belipieri, Pueroni e Ferrari del XVII, Carissimi, Ricchini, Manini del XVIII secolo. A Casalmaggiore Canacci e Viotti pubblicarono la seconda edizione delh'Gerusalemme liberala nel I58J, tratta da una copia emendata di mano del Tasso ; nel 1629 si stampò la Disperazione di Giuda del grande poeta. Nè è a tacere che, in questo secolo e nell'antecedente, altri Cremonesi si resero celebri nel pubblicare a loro spese, nel correggere e interpretare codici rari e importanti, nello scrivere e miniare libri in membrana e carte da gioco. Della moltitudine degli artisti fiorenti in questo secolo , le opere dei quali già si apprezzarono, non diremo più oltre, ma ne accenneremo uno solo, non fatto conoscere abbastanza, ed è Torriano Ianello (pag. 462), del quale narrano maraviglie Famiano Strada, Lodovico Dolce, Fortunio Liceto, il Lomazzo, il P. Lana, il cardinale Federigo Borromeo, Bolero, Panciroli e più altri, oltre i nostri, e molti poeti che lo chiamarono portento di natura e dell'arte, principe degli astrologi, idraulici, architetti e meccanici del suo secolo, operatore d'incredibili cose, spirante vita al ARTISTI tiM marmo, al legno , ai metalli. Educato nelF astrologia e matematica dal medico Giorgio Fonduto da Cremona, mostrò Giovanello o Lionello pellegrino ingegno in queste facoltà, benché dicasi non sapesse nò leggere né scrivere. Chiamato da'* Carlo V nelle Spagne compose per lui due orologi: rinchiuso il primo a guisa di gemma, nel castone di un anello , segnava le ore con regolari movimenti delle molte ruote aggiranlisi sopra altrettante gemme in spa/.io si angusto; nell'altro più grande vedevano girare le sfere indicantile ore, i rivolgimenti e le e-clissi del sole, della luna e de' pianeti ne1 segni zodiacali, i giorni, le settimane. 1 mesi, il corso degli anni e del bisesto, tutto insomma d sistema astronomico secondo la credenza di Tolomeo; un irrisi! i» calli malinam oum omnibus stelli* firmamenti complectens, ita w ipsum ca'lum in terroni 8*WM dclntum videreluriPxs-cmoLi) ; macchina che aggi-ravasi col moto continuo mille e cinquecento ruote. E poiché contemporaneamente condusse con sem-i'li(,e artifizio meccanico le acque del T ago sopra le alture diToledo.un poeta cantò, In terris aria m, in ccelos flumina traxit. Inventò un Piccolo mulino di ferro, che portato entro la manica dìm monaco, macinava ogni giorno tanto grano da far pano bastante ad otto persone. Co- struì fabbriche suntuose di perfetta architettura con fontane che sprizzavano a un tempo acqua e fuoco, oltre suoni e voci concertate, oltre tuoni e pioggia, con macchine che con poco vento si movevano o mandavano suoni d'acque cadenti. Neil1 architettura militare emulò Archimede nel levare o ridar 1' acqua alle fosse , nel difendere od olTcndere fortezze ; fabbricò ordigni per rappresentare il moto perpetuo; novello Archita lavorò statue di guerrieri e di cavalli al naturale, che sonavano tamburi, timpani e 1 rombe, giocavano, ballavano , giostravano, combattevano, cani che abbajavano e mordevano, animali che eseguivano voci ed azioni a loro naturali, sì che parean vivi, uccelli che colle ali aperte portavano lettere da una stanza all'altra, e a volontà dell'artefice cantavano, mangiavano , portavano rami d'ulivo. Un'aquila volò incontro in Norimberga a Carlo V e lo accompagnò in città. Anche nei discorsi coi principi il Tornano manifestò senno arguto , animo liberale ; diceva che i principi mancavano di tre cose, la vista dell'aurora, il solletico della fame, la voce della verità; l'uomo virtuoso deve anzi esser vinto dal vero, che vivere colla menzogna. Mandò alla sua patria il modello di alcune macchine e il suo ritratto che ancora si conserva. Anche dal secolo XVfl sino alla metà del susseguente non pochi Cremonesi conseguirono dignità, magistrature, salirono alle cattedre dell'Università , scrivevano opere applaudite. Ma i principali argomenti delle scritture letterarie dell'epoca si limitarono ad orazioni, a vite, ad oratori sacri, a poesie in lode di santi o di capi degli ordini religiosi, di vescovi o magistrati estinti, o destinate a recitarsi nelle chiese o nelle accademie letterarie , o a porsi in musica. In Cremona, secondo il costume che prevalse, fiorirono accademie letterarie e scientifiche, tutte instituite e ripristinate nel secolo XVII e nel successivo. Se ne annoverarono nove, degli Animosi, degli Illustrati, dei Vigilanti, dei Disuniti, dei Palemonj, de'Musageti, degli Arcadi, la Biblica e la Eridania, gli alti delle quali, certo nè animosi, nò illustri, ci sono in gran parte ignoti. Quella degli Animosi occupavasi specialmente di scienze cavalleresche e morali, le altre di oratoria e poetica; però in taluna di esse leggevansi nel secolo scorso una buona memoria geologica del prete Gennarelli, de'crostacei e di altre produzioni marine, che sono nei monti, e alcune importanti esperienze dell' Aglio per allevare nel cremonese i bachi da seta due volte all'anno. D'altra parte i giovani patrizj cremonesi massimamente (due de'Picc-nardi, tre degli Ariberti, due dei Trecco e de'Pallavicini, un Zemignasi Malumbra, un Affaitati, un Ugolani e più altri) si divertivano, ed era il minor mah», a comporre e stampare poesie, scherzi e azioni dramma- LETTERATI DEL SEICENTO 701 tiche, drammi per musica, favole pastorali, discorsi accademici dettati c°n pompa di dottrina e di stile, quanto erano più poveri e sterili i pensieri e gli affetti. Un G. B. Lazzaroni, istruito in Cremona anche nella P'ttura, fé, recitare e stampare a Piacenza due commedie di genere romanzesco, lavorò pregiati ritratti per persone d'alto all'are (uno per Alessandro Farnese), che andarono per tutta Europa ; drammi musicali compie e stampò G. F. Bussani canonico lateranensc (Venezia, 1675-1091). Ma noi dobbiamo occuparci d' uomini più utili. Due fratelli Macchi suiti, oratori e letterati, mandarono alle stampe orazioni laudalissime ; ('' Alessandro dettò un elogio il Maz/.ucchelli. G. A. Bovio carmelitano e vescovo di Molfetta, si distinse in Roma per grande dottrina nella ce-'°kre questione della Grazia, intorno alia quale scrisse anche e tradusse Ponderosi trattati, Girolamo Vidoni, fatto cardinale da Urbano Vili; suo '"Poto Pietro governatore per Io stesso pontefice di molte città, poi in ^°nna confidente di Alessandro VII, venne da lui creato vescovo di Lodi e mandato nunzio in Polonia presso re Casimiro, indi cardinal legato in Bologna, ebbe molti amici, ma più nemici, i quali in molti conclavi gli ^traversarono il pontiiicato. Il padre G. G. Somenzi somasco, lettore di ''-elogia in Pavia, amico ai più famosi letterati dell'epoca pose a stampa HOattro Orationes (Mediolani, 1C76), // Mondo creato (ivi 1G8G), una Remica Sacra sugli esempj di Salomone, e lasciò manoscritta una storia ''^chierici del suo ordine, di cui l'Arisi dà un'idea. Turchi Tommaso fl°menic ano e generale del suo ordine, professò metafisica e teologia a Padova, Pavia e Bologna , propugnò nel Belgio , in Francia e Spagna ?ravi questioni intorno la religione e abbandonò molte opere manoscritte. ■ A. Boselli Vitalengo scrisse due opere teologiche sulla podestà e l'u-n,t;i del pontificato contro Bardai e un anonimo francese (Ferrara, 1647; Cremona, 1650), e lasciò 38 libri di 888 questioni de genitrice Dei hit-ìn(tnati. Nicolò Ceo lesse filosofia a Pavia e Bologna, e fu procurator onerale del suo ordine de'Servi di Maria; predicò avanti ad Urbano Vili c°n molto plauso e pubblicò sei Orationes (Roma, 1628). Mazzolari Ilario, monaco di san Girolamo, scrisse le reputatissime Reali grandezze dell'E-yirwle di Spagna (Bologna, 1648). umobono de'Boni chierico regolare Sar» Paolo, fu autore di molte e voluminose opere di diritto canonico J noetiche, impresse a Bologna dal 1616 al 1635. Francesco Ferrari ( conico teologo dettò la Vita di Sant'Eusebio e altre cose sacre (Cre-m°oa dal 1594 al 1639). Gallo Vincenzo barnabita, maestro di umane lere nel collegio di Sant'Alessandro in Milano, mandò alle stampe in 'Presta città dal 1610 a! 1G35 molte opere sull'arte retorica, ch'ebbero r,Petute edizioni. Fra coloro che si applicarono agli studj della giurisprudenza. G. Carena, che fu consultore e avvocato fiscale dell'ufficio dell'Inquisizione in Cremona, stampò due opere di mole spaventosa, le lìcsoluliones practtCG (sono 250) del foro cremonese (Cremona 1648), e de Ufficio ss. InqMÌ0" nis, il codice degli inquisitori, libro classico pri pregiudizj, gli errori e l'abuso della ragione e dell'autorità ; a quel trattato fa seguito un altro intorno le streghe. Un altro Carena camaldolese scrisse orazioni, panegirici, discorsi, impressi a Bologna e Venezia dal 1698 al 1703. Francesco Redenasco, senatore di Milano e pretor di Pavia, pubblicò molti Consilia seu Responso (Papiae 1652). Ottaviano Picenardi, occupata la prim"1 cattedra di legge e la pretura di Pavia, ascese a presidente del senato di Milano ed ambasciatore a papa Paolo V e alla repubblica Veneta; in Cremona e Pavia mise fuori responsi e consigli legali, orazioni e cose letterarie. Ottaviano figlio di Sebastiano, strenuo guerriero della stessa famiglia , divenne vescovo di Reggio. G. P. Bonetti, tiglio d1 un professo1" di legge a Pavia e senatore di Milano, senatore anch'egli e pretore, pubblicò gli antichi decreti de'duchi di Milano, e un ArinuninUariurn ossia gli editti sulle armi, illustrati con commenti (Mediolani, 1644, 1681)' una storia de'carichi imposti a' Milanesi da Francesco II Sforza al 166-» e sotto il pseudonimo tre libri di Querstinnes fisico-matematica?, nelle quali illustra quelle parti della fisica che riguardano la meteorologi3 > la medicina, la navigazione e l'agricoltura. G. B. Meli ebbe rinomanza di istruttissimo nelle leggi civili e canoniche e stampò tre volumi di Allcgationes a Bologna, Verona e Mantova (1637-1662). e tre altri di Observationcs et Additiones alle decisioni, del Castigiio , del Manenti '1' Mantova e della Rota Romana (Lngduni, 1667-1670). Benemeriti raccoglitori e scrittori di cose patrie avemmo due Bres-siani, Morula, Assandri. G. Bressiani come istoriografo di Cremona s'immerse a tuff uomo pel corso di cinquantanni negli studj d'antichità e storia patria , ma pose fuori poche cose lasciandone altre rilevantissime in quaranta volumi. Il Tiraboschi pronunciò troppo severo giudizio sugi" opuscoli stampati dall'infaticabile uomo, dicendo, danno qualche lume per la storia di Cremona, ma sono più cataloghi che storie. Cosi il San" clementi si mostrò poco amico di lui, il quale in mezzo a faticosa congerie di cose espone molta parte di vero a chi sappia trovarlo, documenti che or più non sono. Errò talvolta per la poca critica e il molto amor patrio , si lasciò ingannare da schede infedeli e menzognere di antichi raccoglitori, e da trascrizioni e interpretazioni d'imperiti, ma egli non inventò fatti e documenti, de' quali non pochi si disotterrarono ch'erano creduti non autentici e imaginati da lui. Scrisse pure alcune poesie dram- INGEGNERI 703 fatiche rammentate dall'Adam, opere legali e di varia erudizione. Il figlio suo Francesco egualmente istoriografo della sua patria illustrò (a famiglia Ponzoni e il collegio de'Notari (Cremona, 1653-1655) e scrisse molte opere ascetiche. Come al Bressiani, dobbiam saper grado a Pellegrino Merula per averci conservata gran parte d'antichità ecclesiastiche cremonesi. Giocane stampò versi latini, divenuto prete e parroco pubblicò libri spi-riluali, poi storico-sacri ; il più importante è il Santuario di Cremona (Cremona, 1627), pieno di pellegrine notizie irreperibili altrove, e ne lasciò Parecchi altri ch'erano pronti per la pubblicazione, ma l'Arisi soggiunge, ,sù}/5 penitus ignoratur. Assandri G. B. scrisse con bello stile e facile dottrina Della Economia, ossia disciplina domestica (Cremona, 1616), e lasciò manoscritti gli Atti dell'Accademia degli Animosi dal 1(100 al 1610 c°n molti discorsi che ivi egli lesse sull'etica di Aristotele, e una Storia til Cremona dalle origini all'anno 1039, ch'era presso Casa Dati. Passando agli ingegneri e architetti militari e civili, Erba Jacopo m matematico dello Stato di Milano ed autore d' un' opera , che possedeva autografa il Lancetti ; degli Avvertimenti per bombardieri et gio-da fochi con figure di istrumenti bellici, e della scienza pirotecnica. ^a famiglia Capra onorò per tre secoli la patria sua con artisti e archi-*W idraulici laudatissimi. Francesco del secolo XV fabbricò case in Cremona, che ancor si ammiravano , non sono molti anni, per bella ar-c'ntcttura; altri tre artisti del secolo successivo furono espertissimi per ar-ehitettura, intagli in legno e pittura. Alessan dro non Agostino (com'è detto a Pag-4G2), lodato dal padre Lana e dal Ma Ilei, scolaro dell' Erba sunnomi-nat° compose trattati d'architettura militare e famigliare (Cremona, 1658; j*°logria, 1G78), non che d'agrimensura, ornati di disegni, e lasciò alcuni lDr' sugli orologi solari e le macchine teatrali. Domenico figlio di lui, tematico militare a Vienna, difese Cremona dalle inondazioni, e scrisse Sul vero e facile riparo del Po (Bologna, 1688). Giusto, priore alla Concessa, giovò a quel paese con facilitare movimenti d'acque e riparare il danno dei|tì correnti. Anche Peliz/.oni G. scrisse sulle corosioni del Po ri a Casalmaggiorc (Cremona, 1682). Campioni Alessandro prete e pro-essor primario di matematica militare nello Stato di Milano, con sue macchine e divisamene difese Cremona assediata nel 1648, e scrisse un 'bro de architedura militari, che credo non sia mai stato pubblicato. Ja8g'o C, marchese di Pescarolo e Gronlardo, immaginò il progetto, Prima del matematico Frisi e d'altri moderni, di render navigabile la e'mona per facilitare nel Cremonese il trasporto delle merci e delle errate, pubblicando il Disegno della Delmona navigabile ( Cremona,, 1055, 1602. 1675). Luciani G. architetto e geometra del duca di Mantova nel 1685, ossia prefetto delle fabbriche e fortificazioni del suo Stato, fu autore d'urf Architettura civile e militare di nuova invenzione con disegni di edifìcj, di macchine e strumenti incisi da lui e di sua invenzione, opera ora forse smarrita anch' essa rcon altre di lui A. M. Dati, marchese di Motta Baluffi e di Sospiro, si applicò alla storia e alle scienze esatte, e specialmente all'architettura militare, addetto coni' era alle truppe del duca di Toscana. Scrisse in due volumi un Trattato di fortificazioni regolari e irregolari, difensive e offensive, con molti disegni di fortezze e slrumenti delineati da lui, manoscritto del 1696 che si conservava presso i suoi discendenti, ma ora? A quest'opera aggiunse un'altra, compiuta nel 1708, Saggi ~ versale storico degli avvenimenti piti memorabili di Cremona, la quale storia esiste in due grossi volumi presso l'illustre cavaliere Manara. Finalmente produsse anonima la Lettera sopra uri* antichissima iscrizione romana, ch'era ed è ancora nella sua casa (Cremona, 1735)-G. Malombra visse quasi sempre a Venezia e in Toscana, encomiato come poeta, oratore, filosofo, teologo, astronomo, matematico, architetto, geografo, avendo scritto trattati in più generi e di più materie. Alessandro Macchiavelli, rammentandogli il suo universo sapere, scrivevagli: In ma' thematicis disciplinis omnibus, ac prceserlim in prccccptis bellicis, quev aà propugnatala seu expugnanda loca aplissima sunt, felicissimi es ingenti, iti* Stampò degli Amori di Atalanta, rime, parte prima (Venezia, 1618); alcune Orationes e un Pancgyricus di 1600 esametri in lode della Signoria di Venezia; VAmaranta o de theologia peripatetica, sul dottorato in filosofiti; Tavole de"* moli de' secondi mobili; Addizioni e discorsi per orare all'improvviso in qualsivoglia materia e genere, altri sopra i Proginnasmi d'Aphlonio, e finalmente la famosa Pratica universale facilissima e breve di misurar? colla vista, in due parti con molte figure intagliate in rame, e dedicata a Ferdinando II gran duca (Firenze, 1630). De'medici scelgo tre soli. Legati Lorenzo è più conosciuto, come letterato e perciò da Vandenbroche salutato allerum post Vidam Cremona? et Italia? decus, che qual medico. Professò a Bologna lingua e letteratura greca» ed ivi mandò alle stampe una quantità di poemetti e di epigrammi in greco, e in latino, poemi georgici in esametri sulla storia mitica degli aranci, de'pom| silvestri, degli alberi, delle castagne, non isprovveduti di fantasia e di MEDICI DEL SEICENTO 7()o grazie di stile (Agriamcleis, Chrysomeleida, Mgihkus, Bonoaias 1007,1008, '677). Amico al famoso naluralista Ulisse Aldovrandi ne descrisse con splendida edizione il museo (ivi 1667 e 1677) ed illustrò la vita di alcuni medici, filosofi e poeti bolognesi (1667, 1668). Lasciò manoscritte le storie di alcune famiglie, dei pittori, scultori e architetti della SUa patria, un Lgceum Iferatlis, nel quale consegnò quanto aveva rac-c°'to sulla storia letteraria di Cremona, un AthetUBum Poelarum, cioè la storia de'poeti da Omero all'età sua, e un Miismim Poetriarum, importante pei bibliofili , contenendo frammenti di carmi delle poetesse Elia Eudoàsia, Proba Valeria e Sulpicia. Un indice dei suoi manoscritti si kggfl nell'Italia Regnante del Leti. Il Legati mori di 45 anni, passato a Novcllara medico di un Gonzaga. Haronio Teodoro reputato chirurgo pubblicò sulle malattie e la cura operàtionis mejenaH (Papia, 1604, ed ebbe tre altre edizioni), °Pera lodata dal Portai e da alcuni moderni. Credeva alla triturazione diretta dei calcoli vescicali co1 medicamenti injettati in vescica per sy-phoncm urinarium. Insegnò dunque prima de' moderni la introduzione ,n quell'organo di liquidi atti a sciogliere i calcoli. Pronunciò questa '"'"a sentenza medica, applicabile ad ogni altra operazione umana: si possumus quod velimus, velimus saliem quod pó&sumus. Gaspare Aselli (1581-1020) fu gloria principale del secolo, della medicina e dell'Italia. Educato a Cremona e Pavia, dedicossi in Milano allo studio Pitico delle arti salutari, ponendo studio maggiore nell'anatomia. Fu chirurgo primario noli' esercito di Spagna, poi lesse anatomia e chi-r,lrgia nello studio ticinese. Morì di 45 anni in Milano, che lo l'è suo cittadino, eleggendo a'suoi esecutori testamentarj i celebri medici Tadino 0 dettala, i quali, l'anno dopo la sua morte pubblicarono l'opera De la-tteis venia, già preparata per le stampe, opera insigne per la grande scoperta che rivela e per essere la prima che si ornò di tavole a colori. Essa ebbe poi successive edizioni a Rasilea e a Leida due volte, ed una a(1 Amsterdam, Ginevra e Lione e in biblioteche anatomiche. Era 1' A-soll> semplice, modesto, soave di costumi e di modi, virtù dc'veri sapienti, |e Quali, ad ogni pagina del classico suo libro mirabilmente risplendono insu'me colla vasta erudizione e dottrina. La storia dello splendido trovato di ttn nuovo e ignoto ordine di vasi, che sfuggì alla solerzia degli anatomi anteriori, viene narrata da lui, relegala alimi ambilione. Era il 23 luglio del 1622; mentre l'Ascili tagliava un cane appena pasciuto per mostrare agi' amici i nervi ricorrenti e i moti del diaframma, esso si accorge di m°lti sottili, bianchissimi filamenti, dispersi su pel mesenterio e gli intestini. Credette di subito fossero'nervi, se non che dopo [si avvide es-Mnstraz. rV L. V. Vol. III. W ' 706 PROVINCIA DI CREMONA seme diversi, e percosso dalla novità, e tacito ravvolgendo nella mente le controversie che si agitavano al suo tempo sull'uso delle vene meseraiche, sull'assorbimento e la nutrizione (era l'istante solenne del genio che vide oscillar la lampada, cadere il pomo) l'Aselli punge con coltello sottilissimo il maggiore di que'filamenti, e ne sgoccia un liquor bianco di latte. A quella vista non si contenne dalla gioja, e rivoltosi a Tadino e Seltala grida come Archimede, « Ho trovato, ho trovato». E certo prima dcll'Harvoy e del Galileo contemporanei l'Ascili vide e dimostrò quello che, Aristotele e Galeno non osservarono, e anch'egli infranse l'edificio scientifico di questi idoli antichi. La grata posterità chiamò quei vasellini chiliferi aselliani, distinguendoli dai linfatici. A molti è ignoto poi che nella biblioteca di casa Belgiojoso di Milano, si custodiscono tre grossi volumi di opere autografe dell'Aselli, le quali contengono trattati, discorsi, consulti medici e chirurgici, chimici e geologici. VIAGGIATORI 707 Di fama e merilo minore furono i medici seguènti: Paoio Offredi (Cremona; decus incida?), che scrisse i Commentarla sugli Aforismi d' Ip-Pocrate con metodo analitico stampati a Roma e ad Aurelda in Franca e fece le observalioncs sulle opere di Ildano; Bono Benzoni che pubblicò ur, Ante Speculimi della pratica medica (Cremonw, 1049), breve ma-BUale di medicina universale, non senza idee nuove e originali; Alessandro Risoni, seguace del sistema chirurgico del Magatti sul medicare semplicemente e rare volte le ferite, intorno al quale pose fuori un Breve Compendio (Cremona, 169,1) lodato dai medici Sancassani e Dallore di Napoli. Ma egli è debito che di due ordini illustri d'uomini cremonesi si metta Parola, voglio dire de1 viaggiatori, de' maestri e scrittori di musica e de' kbbricatori di stromenti musicali ad arco , unici artisti di grido che Vanti Cremona in questo secolo. Tralasciando quo' molti Cremonesi, che, in causa delle crociate, di commercio e di lucro penetrarono in Terra Santa e oltre mare su proprie navi dal secolo XI al XIII, o ch'ebbero missioni e dignità onorevoli nelle Pani degli infedeli, m'attengo a coloro, i quali per impulso di religione e di studio viaggiarono in paesi lontani per riscattar schiavi cristiani, convertire infedeli, acquistare cognizioni scientifiche. Nel secolo XIII si Presentano un Vario poeta, il quale, giusta un'antica cronaca cremonese C''i>padocia morituri e Bartolomeo da Cremona che con fra Carpino, mis-Sl°Qario francescano al par di lui, predicarono nel 1253 nell'Asia centrale Presso i Tartari e i Mongoli, mandati da Luigi il santo; Bartolomeo, per n°n ripassare il deserto, dicesi rimpatriasse pel Volga, il Tanai, il Dnieper. Lotario Rosano, confuso dal padre Sarti e dal Tiraboschi col rammentato 'ettor di leggi a Bologna , dotto non meno negli studj che nelle armi, *u vescovo di Vercelli e arcivescovo de1 Pisani, guerreggiò con questi in oriente e ottenne il patriarcato di Gerusalemme. Nel secolo XVI Francesco Regio, giusta la iscrizione sepolcrale che ci rimase, vagò nelle immense isole della Lusitania e pel nuovo mondo, morendo nel 1521. G. Borgo, giusta un'altra iscrizione, post longam magnorum cirorum jussu, ac c«m sua insigni laude peregrinalionem exaclam, mori nel 1572; casa Pallavicino conserva manoscritta la relazione de' suoi viaggi di cinque dfln!- Ambrogio (Slampa) di Soncino andò in Algeri esercitando con zelo magnanimo apostolato di redimere cristiani, convertire infedeli. Saetta rancesco s'associò ai viaggi del Cadamosto, e di lui si hanno due ettere a P. Pasqualigo del 1502. G. B. Raimondi le lingue orientali apprese nell'Asia, ove visse per molti anni; il cardinale Ferdinando e Medici e Gregorio XIII gli affidarono la direzione della tipografia 708 PROVINCIA DI CREMONA orientale, culla delia Propaganda, ove, lui duce, si stamparono in caratteri arabici e siriaci le due edizioni degli Evangelii (1591), la Geografia d ' Edrisi, l'Avicenna, V Euclide , e la Cosmografìa Goffra, le grammatiche e i dizionarj delle lingue araba, persiana, egizia, etiopica, siriaca: la sua grammatica araba fu molto diffusa nell'Asia e ristampata nel 1713 e 1723. Ebbe poi gran parte il Raimondi anche nella Bibbia poliglotta compiuta , con undici versioni orientali. Profondo m filosofia e matematica, lasciò cose gravi intorno a queste scienze; tradusse dal greco e dall'arabo Euclide e Apollonio Pergeo, commentò Pappo Alessandrino e Archimede , stampò anche libri di canto fermo che si usavano nelle chiese. Lorenzo da Cremona, per comando di Gregorio XlH> secondo lo Slruvio , scrisse nel 1552 l'indice dei libri abissini ci della Vaticana. Dumenichi carmelitano vescovo in Crela, fu leltor pubblico in varie parli d'Europa delle Sentenze, sulle quali lasciò commenti in quattro libri, insieme ad orazioni, lezioni, ecc. Nel secolo XVII Botta Alessandro e Della Rocca Marcello chierici teatini furono mandali dalla Congregazione di propaganda nelle Indie orientali, e morirono nei deserti dell'Arabia, martiri della fede cristiana. Carlo da Cremona cappuccino e teologo peri missionario apostolico in Africa. Giacinto de Magistris o Maestri gesuita fu due \olte procuratore delle Indie, poi visitatore generale del Brasile, poi missionario a Meliapore; pubblicò una storia di questa provincia, impressa, dicesi, in Roma, e morì a Goa. Ripari Antonio, altro gesuita e missionario, predicò il vangelo nell'India e nel Paraguai, e di là scrisse e si pubblicò una Relazione dello sialo teìnporale e spirituale del Daragnai con una mappa, nella quale era posto quanto si poteva desiderare; decapitato dagli idolatri a Ciaco (ab Ellinicis crudelilcr inteifcctus, secondo l'iscrizione posta sodo il suo ritratto) fu lodalo e compianto con uno scritto dallo Zornetti. Finalmente nel secolo passato e nel presente avemmo un G. M. De Augustis, cioè Agosti, teatino missionario in America, a Goa, a Borneo, che mori in Vienna chiamatovi dall'imperator Carlo VI. Dei viaggi in Europa ed in Oriente del conte G. B. Biffi e dei due fratelli conti Grotti sussistono le relazioni autografe in casa Araldi e Grotti. Dissi che l'Arisi aggiunse al suo secondo volume della Cremona Idlc-rata una Mantissa d'insigni musici cremonesi, che sono 17, ma altri meritano memoria , essendo trascurali dai dizionari degli scrittori di musica. Di due maestri riporta il Vairani le iscrizioni onorifiche (814,2088 in tre bei distici). Di Angelo da Pizzighettone, che fioriva prima del 1550, ricorda il Possevino un trattato De musica praclica et speculativa. Ingegneri M. Ammaestro di cappella del duca di Mantova e violinista di gran credito, menzionato da Druidio come lodevole scrittore nell'arte sua, stampò MIŠICI 709 (Venezia, 1570) due libri di messe; 4 canzoni a 5 voci e altre due opere lodatissime; Donati Ignazio compose Salmi boscherecci concertati a 0 voci. Nel secolo XVII, Lorenzo Medici (Medicei) impresse (Venezia, 1609) un primo libro di messe octoms rocibus, opera che l'Arisi conservava intera ,n 8 libri dedicali a Cosimo II gran duca di Toscana , e forse esistono autografi nella Laurenziana. Di Tar<|uinio Merula, fatto cavaliere pei meriti suoi, si hanno alle stampe « Canzoni e sonate concertate per chiesa e Per camera a due, a tre; libri 3, opera XII • (Venezia, 1637), ma l'Arisi custodiva altre opere musicali di lui. Angleria, o Angera fra Camillo scrisse la Pegola del contrappunto o Sella musicale composizione (Milano, 1022). Corradini N. maestro di cappella nella nostra cattedrale, poi bell'imperiale di Vienna, ove mori dopo il 1630, compose e stampò in Cremona un libro di Madrigali a 5 e 8 voci con sinfonie, e mise in musica alcune canzoni francesi che gli meritarono fama e ammirazione. Anche G. Scrini musicò, nel 1680, con grande applauso alla corte di Vienna un dramma, il Genio deluso, scritto da un Cremaschi cremonese. Più celebre di tutti è Claudio Monteverde (pag. 462). Studiò sotto ' Ingegneri ■> naa poco contento della regola e della pratica de'predeces-s°ri inventò nuove melodie, modi di armoniche dolcezze, calpestò precetti vieti e pedanteschi, si che operò una vera rivoluzione in Italia e nell'arle, e fu chiamato genio scopritore di altissimo ordine, e a buon ''■ritto il Galileo dell'arte tonica. Ancor giovinetto scrisse pe'teatri di Parma e di Mantova, accarezzato dai duchi Farnesi e Gonzaga, e dicesi anche assai collo e forbito scrittore di poesia italiana. Rimasto vedovo, si fe Prete, e la Repubblica veneta lo volle maestro della cappelLa ducale di San Marco, e in Venezia, per 1" eccellenza dell'arte e la santità de'costumi, visse altamente onoralo, e la sua morte a 75 anni nel 1643 fu compianta con due orazioni funebri del senatore Roleani e di Marco Caber-, con Fiori podici del Marcinoni, con un Elogio del Pighelti , con Poesie latine e italiane di molti, tra cui il vescovo di Chioggia (Vene-Zlaj 1644). Le sue opere musicali per teatro e per chiesa, alcune stampa» altre manoscritte nella Marciana, tengono un posto distinto accanto a Quelle di Jomelli e Pergolese. Fra le principali annovero VOrfeo (Ve-Qez'a, 1615, seconda edizione), ove adoperò per la prima volta il vio-'0ne; la Pi oserpina rapita (1630;: VAdone e f Al ninna (1640), il lldornod'U-m? (1641); la incoronazione di Poppra (1643); la Messa con 60 parti vocali per l'imperatore Ferdinando, giudicata meravigliosa a quell'epoca. N*d secolo XVIII. G. Fedeli pubblicò (Cremona. 1757) le Ilegale di j'0"0 farme o gregoriano, opera lodata dai giornalisti dei tempi per so->r,ela e modestia. Bianchi fi. V. scrisse in Parigi pel teatro italiano la musica di due drammi nel 1775 e 1777: a Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli musicò altri li drammi, il cui capo d'opera dicesi il Castore e Polluce. Passato a Londra nel 1790, vi mori nel 1815. Educato alla scuola di Napoli, succeduto all'insigne Arrighi maestro di cappella della nòstra cattedrale, G. F. Possa riuscì eccellente nella musica sacra; compose grande copia di messe con canoni e fughe che lo chiarirono artista valente, profondo, sublime. Mori nel 1835 compianto e onorato di elogi. Eccellenti sonatori di violino e compositori di musica, conosciuti in Europa, furono dai fine del secolo passato al principio del presente Attilio Grisi, avo delle due celebri cantanti; P. Diana, gli Schiroli sonatori di violino e di corno o cantanti, morti in Francia e in Russia, e D. Ferrari, il (piale, avute poche lezioni dal celebre Tartini, si formò uno stile nuovo, che sorprese, e fa detto inimitabile, massime ne' passaggi all'ottava. Lodato dal Corelli e coronato d' applausi in Germania, a Parigi, a Vienna, compose e dedicò al principe Corsini sei sonate a violino e basso, incise da madamigella Vendome, ristampate in Inghilterra e qualificate dal Berlini di moltissimo pregio. Nel tragitto per Y Inghilterra fu avvelenato o assassinato nel 1780. I più celebri fabbricatori di strumenti ad arco, che levarono nome per tutta l'Europa, furono recentemente illustrati da un dotto francese (Fktisj Antoine Stradivari, ole. Paris, 1850). Andrea Amati (1520-80) è fondatore della scuola cremonese degli strumenti ad arco, i quali si distinsero per la forza e chiarezza della voce e la bellissima vernice; uno ne rimane che porta la data del 1546. Allievi di lui e non meno egregi nell'arte, riuscirono i figli suoi Girolamo e Antonio, che lavorarono dal 1577 al 1038, e Cappa Gioachino, che nel 1640 si stabilì a Saluzzo, forse per essere vicino agli alberi copiosi (acero e sapino) maggiormente opportuni a fabbricare i suoi islromenti e riuscì eccellentissimo ne'violoncelli. Nicolò Amati figlio di Girolamo (1596-1684) divenne il più celebre della sua famiglia costruendo viole, violoncelli, contrabassi ed altri islromenti di forme bizzarre , che si segnalarono per la perfezione dei dettagli, le esatte proporzioni delle curve e de'profìli, la purezza e dolcezza de'suoni, quasi di voce umana, talché, sebben vecchi, sdrusciti, rattoppati, si reputano maraviglie dei-Parte, e si pagano ad altissimo prezzo. Girolamo seguì le orme del padre, ma poco lavorò, e non molto felicemente. Scolari di Nicolò furono Andrea Guarnerio, Paolo Grancino che si stabilì in Milano, Francesco Ruger o Ruggeri, e Antonio Stradivari, il principe dei fabbricatori cremonesi. I violini del Guarnerio (1627-98?) per finezza di lavoro ed estensione di voce non cedono al paragone ai più belli degli Amati e dello Stradivari. I suoi figli Giuseppe e Pie- MUSICI 711 tro lavorarono in Cremona e Mantova sino alla metà del secolo passato, ma rimasero inferiori al padre. Giuseppe Antonio detto del Gesù, allievo dello Stradivari, benché nipote d'Andrea, compose egregi violini sino al 1730, da rivaleggiare coi migliori del suo maestro, improntandovi un carattere d'originalità e d'indipendenza rivelatrice del suo genio \ Dopo quell'anno, per avute disgrazie degenerò e lavoracchiò per mangiare. Non so Se i violini migliori di costui o quelli del nonno si vendessero sino a 6000 franchi. Francesco Ruggeri, detto il Per, segui le traccio del maestro lavorando co' suoi parenti e discendenti Giambattista e Vincenzo e un altro Giambattista e Pietro Giacomo dal 1670 al 1730 in Cremona e a Brescia , ma gli strumenti di costoro si giudicano dagli intelligenti di seconda o terza qualità. Antonio Stradivari (1641-1737), cominciò nel 1670 a scrivere il proprio nome sugli strumenti che fabbricava, ma sino al 1690 pochi ne costrusse, e sempre imitando le orme tradizionali del maestro. Pare che intanto sperimentasse, meditasse a perfezionare l'arte sua, nella quale concentrò tutta la sua personalità. Dicesi infatti che da quell'anno cangiò stile, facendo violini non più convessi e ricurvi come l'Amati, ma di curve più piane, si che comparti loro una perfezione e sonorità inusata. Il signor Fétis disserta con ampia dottrina sull'eccellenza e le distinzioni materiali ed artistiche degli strumenti dello Stradivari. I quali furono anche tipi di bellezza esteriore, poiché erano intarsiati in ebano od avorio, ed or-nati con buon disegno di figure, fiori, frutti, arabeschi e intrecci graziosi, fabbricò un numero infinito di concerti di viole, violini e violoncelli, c°m'anche arpe, violoni, ecc., quasi per tutti i re, i gran signori e le corti d Europa, dai quali aveva commissioni continue, e si faceva pagare non P'ù di quattro luigi d'oro per que'violini, che un secolo dopo si vendettero per cento, ed uno si comperò per 40,000 franchi. Seguitò a là* verare sino al 1736 , mentre aveva 92 anni, e morendo ne lasciò 91 Delia sua officina. I suoi figli Francesco e Omobono seguirono con applauso l'arte del padre; Omobono lavorò poco e si limitò a rappezzare 8'i strumenti incompiuti o sdrusciti del padre, ma Francesco si avvicinò a'la bontà di lui, e vendevali allo stesso prezzo0. |» Dùcasi dot Gesù perchè a' suoi violini metteva la marca I1IS. Visse dal KiH^ al 1748, 1111 in prigione; non sappiamo perchè. Narrano che la figlia del carceriere gli portava appiatto legno, vernice, qualche rozzo utensile, con cui esso fabbricava islromenti; C. C. fi Oltre Fétis, s'occuparono testò dello Stradivari il principe Vousoupoff nella Lulha E,s^i°^raf)flia' e ^u'"'aume> editore dell'opera di Fétis, e appassionato dello Stradivari. fPr Vl r'conoscono quattro maniere distinte. Dal 1670 al 90 produce poco, e poco dif-n «al maestro; il 1090 è l'epoca critica; i suoi stromenli hai) altro aspetto,e chia- Allievo migliore dello Slradivari e compagno ne" suoi lavori Carlo Ber-gonzi riuscì meglio a costruir violoncelli dal 1710 al 1740. Il figlio Michelangelo e il nipote Carlo fecero viole e violini sino al (.781, ma si tengono di terza classe, mentre quelli del primo Bergonzi tra le principali opere della seconda. Altro allievo dello Stradivari è G. B. Guadagnino, che visse a Piacenza, Milano, Parma e Torino, imitando gli strumenti del maestro , e in alcuni riuscì a stargli vicino. De' suoi figli Gaetano fabbricò abilmente chitarre, e Giuseppe fabbricò in Pavia buone viole e violini. Nel nostro secolo il Ceruti ottenne medaglia d'oro dall'Istituto di Milano per la fabbricazione di violini di tutta perfezione e armonia , ma credo che insieme a L. Storioni non arrivasse all'altezza de' vecchi loro concittadini; degli insigni strumenti dei quali Cremona non curò conservare alcun modello, disegno o forma, nè rimembranza della scuola e degli uomini, che per due secoli di tanto l'onorarono. Gli ordini religiosi tengono quasi esclusivamente il campo della cremonese letteratura. Primo il P. Guido Grandi (1071-1742) nipote del medico Lorenza Legati sunnominato. Si fe camaldolese per più studiare; ma dotato d'ingegno acuto, vasto, innovatore, e di spirito battagliero ed indomito, biasimò di buon'ora il mal gusto regnante a' suoi giorni in letteratura e filosofìa. Instimi nel convento suo di Ravenna un'accademia dei Certanti, e le dispuste e contese letterarie gli furono sì predilette tutta la vita, che prese parte poderosa alle principali e più disperate questioni. Si arruffò con un Giordano sul moto della terra; con Marchetti e Variguan sull'infinito degli infiniti; con Randolli e Laderchi sulla quadratura del cerchio e l'iperbole; col marchese Tanucci sulla storia delle Pandette. Mandalo a Firenze nel 1094, insegnò filosofia, ad Aristotele sostituendo Cartesio; volle colla geometria dimostrare l'esistenza di Dio e le verità del cristianesimo. Trovando in Firenze ancor fiorente la scuola di Galileo, apprese con amore le matematiche, sì che i suoi confratelli se ne scandalezzarono. Balestrato perciò a Roma v'insegnò teologia; se non che amicatosi al cardinal Noris, ottenne, o secondo altri, gli fu affidata da Cosimo III nel 1702 la cattedra di filosofia a Pisa, ove s'immerse negh studj matematici prediletti, e dove conobbe l'utilità di applicare la meccanica alla fisica. Espose per prima sua opera la dimostrazione de' pro- mansi SlnnUrnrio nwatizzalo, ma con l'ormo più ampio o vernice più colorala. Dal 1"^ al 17'2!>, opere perfette, di contorni elegantissimi, di scelto legname, con vernici dì StraS" ltur^o line e di toni calili e riflessi dorati. Dopo il 17'2.'> l'impronta originale scomparisce e sposso designa i suoi prodotti colla nota Sub disciplina Stradivarii. Sui suoi strumenti scriveva Anlouius Stradìvaritis Crcmonensis faciebat anno 17... Afs. C. C. SCIENZIATI 715 blemi del Viviani intorno la costruzione delle vòlte, libro che al Mortetela pare contenga assai più che non promette il titolo; poi dimostrò i problemi di Ugenio sulla proprietà della linea logaritmica, con molte nuove considerazioni. Le ricerche della natura e proprietà del suono, nelle quali prova che si i raggi sonori che i lucidi si rompono e ribattono per una stessa legge; l'idea di nuove curve geometriche tratta dalla circonferenza di alcune foglie di fiori; il Mesolabio inventalo gli meritarono sede nella Società di Londra, e nell'Accademia delle scienze di Parigi, la stima e l'amicizia de'grandi uomini del suo tempo, come Newton, Gravesand, Leibniz, Bernoulli, llermanno, che lo dichiaro il maggior matematico d'Europa, Manfredi, e gli applausi della dotta Europa. Compose le istituzioni geometriche, trigonometriche piane, aritmetiche, Meccaniche, d'ottica, d'idraulica, d'astronomia, delle sezioni coniche. 'e quali lo dichiarano il ristoratore in Italia della sintesi sublime. Successo al Viviani, al Torricelli, a! Galileo nella dignità di matematico granducale e per giunta di teologo, fu adoperato dal granduca, come dai pontefici, dai Ferraresi e dai Bolognesi nel regolamento de' fiumi e latto arbitro delle loro controversie: le opere sue su queste materie s°n delle migliori, ornò la università pisana d'una specula astronomica. ,ld illustrò con note e commenti le dottrine e alcuni trattati di Galileo. Era altresì non mediocre antiquario, poeta, biografo, storico. Provò in tre operette che Pisa possedeva il manoscritto delle Pandette prima che si scoprissero nel H37 in Amalfi, mostrando che il diritto romano non mai del tutto scomparve da noi sotto i Barbari. Trattò delle origini della lingua 'taliana, scrisse la vita di S. Orseolo doge di Venezia, di S. Bomoaldo, 'e antichità e la storia del suo ordine, mostrando con insolila libertà la 'alsità dei fatti desunti dai leggendari, enormità che avrebbe cacciato dalle eriche eminenti e dalla casa di Pisa l'impavido frate, se il granduca uon ne avesse ottenuto la riconciliazione. Scrisse poesie latine e toscane •stampate in varie Raccolte; e bellissima si dice una canzone aslrono-m,ca5 elegantissimo un sonetto sopra la conlesa del cioccolatte col digiuno. Grediam inedito il seguente al p. Stecchi, inviandogli l'opera De w/Wftfo mfìnilomm onlinìbu.% eie. Stecchi gentil, che di Minerva e Clio l generosi spirti in voi chiudete, Onde, d'invidia a scorno e dell'oblio, Nell'uno e l'altro stil chiaro splendete; 'Unstraz, dpi /. v. Vo\ II'. 71 \ PROVINCIA DI CREMONA diaccile nobil vi sprona alto desio Di Natura indagar Tarli secrete, L'opra gradite in cui ricerco anch'io Dell'Infinito i varj ordini e mete. Se ardi poggiar tropp'alto il mio pensiero Del tuo saggio parer non siami avaro, Nò temer che arrogante io '1 contradica. Da' lumi altrui ben volontieri imparo, Nò dirò, vana fu la mia fatica, Se alla mia penna unico scopo è il vero. Oltre 7(1 opere stampate, ch'io conosco del Grandi, senza le ristampe gli opuscoli coi pseudonimi, il Soldani confratello di lui ne depose 44 v0' lumi d'inedite, ne' Camaldolesi di Pisa, nelle quali primeggiano 420 lezioni di filosofia e di fisica. Il Lami, l'Ortes, il Bandini, il Fabbroni e più altri ne narrarono distesamente la vita 7. Ad Antonio marchese Pallavicino, che fu patriarca antiocheno, dottissimo nelle lingue e letterature orientali, e a G. Cavedi vescovo d'Eu' carpia, aggiungiamo Pietro Canneti letterato tra i primi dell' ordine camaldolese, di cui fu generale nel 1729, e di più eruditi uomini d'Italia. Stampò centurie d'epigrammi, orazioni, panegirici, discorsi recital» da lui, che cloquentissimo era e dotto in lettere sacre e profane, storie di famiglie romagnuole, e fu editore d'opere inedite pregiatissime. Ma assai altre lasciò manoscritte; una Hibliotheca italica manuscriplorum, una Bìr bliotheca Aemilitv e tre volumi di lettere latine e italiane. Nel suo monastero di Classe presso Ravenna innalzò una magnifica biblioteca, ornandola di molti e rari codici e volumi, di pitture e sculture, e ad essa lasciò i molti suoi libri sì stampati che a penna, ond'è che i frati riconoscenti ne posero sull'atrio il ritratto con iscrizioni onorifiche nel 1714. Il p. T. A. Ricchini de' Predicatori, segretario della sacra congregazione dell'Indice e maestro del sacro palazzo, professò a Bologna teologia e filosofia; pubblicò oratorj, lesse e stampò orazioni accademiche in varie città d'Italia e in morte di papa Benedetto XIII e di Vittorio Amedeo II 7 Dal Grandi si parlò a pagina 403 e seg. e si die 1' effigie. Qui soggiungiamo eh'! fu aiiclii> buon critico, e s'accorse che il manoscritto delle Pandette non poteva pi'0' venir da Amalfi; e clic il diritto romano non cessò mai d'esser conosciuto in Occidente. Questa opinione l'ormò più tardi la gloria di Savigny , al quale anche i noslri la alln* boiscono, sempre ignari de'meriti pati). Ma allora il Tanucci ministro la combattè con miglio e scalpori, e concitò gli studenti di Pisa contro il Grandi, come reo di lesa nazione C. C SCIENZIATI 715 di Savoja (Roma 1730, Cremona 1732); due Commentar] Ialini sulla vita e gli scritti de1 cardinali Gatti e Barhadici (Roma, 1742-1761) ed altri opuscoli biografici, lasciandone varj manoscritti. Marzolari G. P. gesuita S1 procacciò l'ama di elegante scrittore latino con un poema De electri-citate e per diverse orazioni encomiastiche. De Lugo. A. M. Somasco, professò retorica a Roma, indi a Napoli; scrisse orazioni di grazioso là-tino, canzonette per ispiegare l'anatomia dell'occhio, biografie d'uomini celebri, le illustrazioni dell'antica Siracusa e le Ricerche sulla situazione della città d'Ercolano e del tempio di Serapide in Pozzuoli; ma alle stampe non conosco che la dissertazione de prmlanlia et studio romana? anHquitatis (Venet., 1746). Sarti Mauro abate camaldolese raccolse le In-swiptiones antiquce ex bibliotheca Camaldulensium in monte Ceesio, e pubblicò De veteii casula diplyca (Fiorentine, 1753). Il giornale letterario di Venezia (1767) contiene un elogio di lui. Sarti Cristoforo, monaco oli-cetano, lesse filosofia ragionevole critica a Pisa, ove scrisse lo Specimen della teologia naturale, che dicesi chiaro, succoso, ordinato, un Saggio di congetture sui tremuoti, e il trattato f Ottica della natura e dell'educazione, dedicata all'amicissimo Fabbroni e diretto a risolvere il famoso Problema di Matineux intorno le sensazioni e cognizioni d'un cieco nato che di tratto guadagna la vista. Queste opericciuole furono stampate a Lucca nel 1780, 1783, 1792. P. Anton Maria Leon Macchi, (anagramma Manaritano Chilacmeno), dell'oratorio di S. Filippo Neri, visse per lo piti 111 Brescia, ove nella Ouiriniana giacciono le sue disquisizioni sulla creatone e conservazione delle cose secondo la rivelazione divina e l'umana ragione, in 3 libri di pag. 700. Compose le tragedie Zenobia e Altomiro, tradusse in sciolti la Crisliade del Vida, e 19 tragedie di Euripide coi Rammenti d'altre 65: manoscritto visto dall'Ansi in 4 grossi volumi e sta nella Quiriniana. S'industriò anche nelle arti meccaniche e fabbrili e ne",agraria. Più ampie notizie di lui ci olfrirono il Mazzucchelli (Rac-c°ha del Calogero) e il Lancelti (Tibaldo, Biografie ecc. t. 6, 1838). Ta-d'si Ignazio prete poche cose pubblicò, tra cui // numero oratoria, ossia illrte della armonia di prosa (Cremona, 1749), ma abbandonò manoscritti Un quaresimale, panegirici, orazioni, discorsi e sermoni morali, frammenti storici e pedagogici sulla retorica e la poetica teorica e pratica. Jacopo Antonio Somasco , non so se fratello o nipote del precedente, pubblico le Vite dei monsignori Bonomi, Spedano, Vida e Fraganeschi, Ceramuel vescovo di Vercelli (Venezia, Pavia, Bergamo dal 1760 al 1791), un Sag-Jv° ^ belle lettere e di scienze gravi (Cremona, 1810), uno di slotia della a imperiale e longa di Cremona, il Trattato storico economico e teologico 1 moneta del 1730 anonimo, nella Raccolta delPArgelati de monctis Dalia: Dalla famiglia Careno, Girolamo, vicario generale «Iella diocesi, dottissimo nella scienza di Dio, seppe chiaramente insegnarla e ne scrisse a servizio del popolo; Francesco M. camaldolese, lettor di teologia, compose e stampò orazioni e discorsi morali, fra cui, Se sia più glorioso nel corso della vittoria proseguir la .guerra, o donar la pace ; Giambattista fu professor di clinica a Pavia. La famiglia dei Fromond somministrò il medico Andrea, lodato ancor giovine dai celebri Cocchi e Valcarengo, pubblicò importanti scritture mediche: Giovanni Antonio, che raccolse in America cognizioni e produzioni naturali che avrebbe comunicato se non fosse perito nel naufragio ; Giovanni Simone, che imparò a levare i tumori cistici di qualunque parte del corpo e di qualunque grandezza, segreto benefico, che si conserva nella famiglia Ghisi : don G. Claudio camaldolese, studiò con grande amore e sagacia la storia e i segreti di natura, scolaro in Pisa a Guido Grandi, poi professore di logica , di filosofia naturale e di fisica, dimostrò colla logica alcuni errori di raziocinio dei geometri e dei meccanici; aggregato a insigni accademie italiane e a quella delle scienze di Parigi, ebbe commercio scientifico coi fisici Beccaria e INollet, con Genovesi, Pecci, principe Sansevero, Fox, Muty; pubblicò la Nova et generalk introducilo ad phìlosophiam (Venetim, 1748), esposta con metodo veramente nuovo e ripurgata dalla barbarie scolastica. Egli, seguendo l'empirismo filosofico, ma originale e proprio, divide la cognizione nelle relazioni e nelle cose, mostra che quanto sappiamo degli oggetti risguarda le relazioni; la percezione, prima operazione dell'intelletto che si fa distinta dai giudizj, non è che un vero giudizio. Anche nelle matematiche e nella meccanica rivelò il Fromond sue proprie scoperte e dottrine nei libri applauditi che pubblicò (Evamen in prw~ cipua meccanica; principia; De ralione philosophica; Osservazioni (isico-mec-caniche. Pisa, 1758, 1759; Cremona, 1789). Conobbe che la chimica spiegava meglio i grandi, come i piccoli fenomeni di natura; nelle sue lezioni di fisica introdusse primo le dottrine della chimica sperimentale, e per lui si istituì in Pisa nel 1757 la nuova cattedra di questa scienza. Anche s'ajutò delle dottrine meccaniche per ispiegar le cagioni dello stato de'solidi e de'lluidi, e le condizioni geologiche passate e future dei corpi. Alcune sue teoriche sulle pioggie e sulla combinazione chimica dell'aria ne'polmoni e nel sangue, furono insegnate o confermate dal Le-Roy e dal Priestley. Come in filosofia, così in fisica generale e animale applicò il principio delle relazioni, spiegando molti fatti colle leggi fisiche e chimiche di affinità e di rapporto, i quali solevano interpretarsi colla meccanica; le sue Physiav instituiiones conservansi in copie manoscritte, insieme colle dotte sue Lettere. In una Risposta apologe- SCIENZIATI 717 sul commercio degli olj, e nel libro Della ftaiddà dei, corpi (Lucca, 1745; Livorno, 1754) atterra i fondamenti della filosofia corpuscolare, e l'abuso dePe dottrine meccaniche, estollendo le minute e popolari osservazioni ed esperienze e il senso comune , che racchiude i semi del vero nelle scienze naturali, influenti più delle altre sulle arti. Insigni fisiologi e medici italiani, cioè il Dall'Arme , Vacca Berlinghici , Targioni Tozzetti e Nanurci, addottarono molte dottrine del fisico cremonese, al quale tributano elogi e ringraziamenti per avere anche tentato nuovi metodi onde stornare a vita gli asfissiati e i sommersi. Gian Francesco Fromond , nipote del p. Claudio e gesuita, dedicatosi agli studj fisici e matematici, corresse i cannocchiali diottrici, di che fu ammirato dagli ottici e astro-n°mi d'Inghilterra. Dopo aver molto viaggiato e imparato, fu assunto in filano a prefetto del gabinetto di fisica sperimentale, a professore di ottica nel ginnasio di Brera, e a membro della Società Patriotica. Molte opere di fisica e di chimica del Priestley, del Delaval e d'altri, tradusse dal-' 'oglese, e illustrò o corresse con proprie osservazioni, e dicesi scrivesse bulla probal/Uità del lume perpetuo. Peramola Giulio cistercense, dedicatosi anch'egli alle matematiche e ai-astronomia, descrisse nell'atrio del monastero di Sant'Ambrogio in Milano u°a prima meridiana (1750), lodata dai giornali del tempo, ed una sfera 'nobile che segnava i venti. Così l'abate G. Corneffer carmelitano, dilettossi delle scienze fisiche; liberato dal suo ordine soppresso, eresse nella propria Casa in Cremona una specula; fabbricò egli stesso macchine e telescopi, co-strusse assai orologi solari esattissimi, e ne stampò la descrizione (Cremona, *'(d6). Inventò e descrisse una tavoletta del globo celeste, pubblicò ta-v°le astronomiche utili ai naviganti, sugli ecclissi solari, ecc., dal 1781 a' 1804. Oliva p. Bonaventura, segui la stessa via, e pubblicò in Mantova e Parma nel 1782, 1783 e 1785 la Esposizione di ire macchine, la ty«ra ed esposizione di varie macchine, della Sfera e suo uso in geografia macelline , tutte inventate da lui. Se n' ha ancora un panegirico di Sai> Giovanni Buono (Mantova, 1780). ■ P- Desiderio Arisi gerolomino , radunò un'utile Accademia di scul-'0r*> Pittori e architetti cremonesi (sono 235), e una Galleria delle insigni PMure die sono nelle chiese e luoghi pubblici di Cremona , opere che si conservano ancor inedite e autografe nella biblioteca Araldi. Il fratello Francesco (1057-1743) causidico, isloriografo, ossia conservatore dogli ordini di Cremona, aggregato a quasi tutte le accademie d'Italia, e in commercio letterario con insigni uomini del suo tempo , quali A. Para-Lemene, Magliabechi, Muratori, Grandi, Crescimbeni, Mandosio, ruvia, Fabrizio, Menchenio, delle lettere dei quali fece 22 volumi, che si conservano : appartiene indubbiamente ai migliori eruditi del secolo passato. Dal 1677 al 1736 stampò oratori, rime, odi, cantici, azioni musicali, ditirambi (la Vendemmia, il Tabacco, il Cioccolato), il XX canto dal Bertoldo e Bertoldino ; la Cremona litterata in 3 volumi in folio , le Serie de' Senatori e da' Pretori di Cremona, lettere, biografìe , orazioni e discorsi accademici sacri e profani, e fu editore di opere inedite altrui. La Colonia cremonese degli Arcadi ne pianse la morte con orazione funebre , e prose forbite e brutti versi. Il Tiraboschi lo giudicò troppo severamente dicendo : « Non v1 ha chi non sappia, quanto poco convenga fidarsi all' autenticità dell' Arisi, scrittore erudito e laborioso, ma le cui opere, o per la fretta con cui furono distese, o per la troppa facilità in addottare checche trovasi scritto da altri, sono piene di gravissimi falli, e di cose asserite senza alcun fondamento ». Se in lui la critica, come lo stile, non eran perfetti, devesi convenire eh' egli possedeva un subbisso di documenti ora distrutti, da' quali trasse peregrine cognizioni; che molte notizie intorno le cose e gli uomini cremonesi gh furono comunicate dai dotti suoi contemporanei corrispondenti ed amici, e che Cremona deve sapergli grado come ad uno de' suoi benemeriti cittadini. G. A. De Negricanonico priore della cattedrale, scrisse una Istoria dei vescovi e degli arcipreti di Cremona colle chiese della città e della diocesi e un Teatro storico de' signori e duchi di Milano: la prima opera conservasi manuscritta. Nipoti del Bicchini, i due dottissimi fratelli Vajrani consacrarono la loro vita operosa all'onore e all'utile di Cremona. Francesco Agostino domenicano espose una Hisloria dei dieci primi secoli della chiesa (Bonomie, 1765) ; i Cremonensium monumenta Roma' extamia ( Borace , 1788 in folio fig.); e le Inscriptìones ere-monenscs universa (Cremona), 1796 in folio), opere lodatissime dai dotti, come ornate di erudite note e osservazioni. Si hanno altresì di lui alcune Epistola sull' eloquenza cristiana, 1' erudizione e V istruzione. Giuseppe gesuita raccolse per la gioventù studiosa sonetti e canzoni di' poeti antichi e moderni, tradusse utili trattati scientifici sulle epizoozie e altre materie ad istruzione del popolo, condusse un eccellente giornale emulo del milanese il Caffè, intitolato Accademia di scienze, arti e costumi (Cremona, 1782) e un diluvio di sonetti, discorsi, memorie politiche economiche religiose al popolo, sempre di satira e risentimento contro il nuovo ordine politico (Cremona, 1797), e lasciò molte altre prose e poesie manoscritte. Solerte indagatore di storie e antichità cremonesi fu pure Giuseppe Aglio notajo, il quale aveva intrapreso e stampalo nel 1772 alcune sue esperienze per educare due volte I' anno i bachi da seta. Nel 1774 AUTISTI 719 espose en Antialmanacco, confutando quanto si era indegnamente scritto da un Guerrini o Vermagi intorno le pitture di Cremona, e nel 1794 Le pillare e sculture di Cremona, opera che corresse e meglio illustrò d precedente dotto Rapporto delle dipinture di Cremona dell'artista Panni, stampato nel 1762. Il suo manifesto d' associazione pei Monumenti Cremonesi raccolti e descritti da lui, rimase senza effetto, e il suo autografo giace in casa Pallavicino. Dobbiamo all' Aglio il Rapporto veridico di due orribili temporali insorti in Cremona nel 1777, più sapientemente descritti dal fisico Beccaria di Torino. Agostino Aglio, della famiglia stessa, imparò pittura a Milano e a Roma dalPAlbertolli e dal Campoveccbio ; accasatosi a Londra, dipinse a fresco in una nuova chiesa cattolica i lo-devolissimi quadri della morte di Cristo con 150 figure, e dell'' Assunzione di M. V. coi 12 apostoli' ammiranti. Nel 1826 una società di dotti lo spedi a visitare le più cospicue biblioteche d' Europa per trar copia di monumenti antichi e di codici americani. Perciò pel 1830 stampò a Londra in inglese (mentre assiduamente lavorava quadri per ogni parte del mondo) Le antichità del Messico, ossia Collezione di fic-simili delle amiche pitture e de'geroglifici del Messico, esistenti nella biblioteche di Parigi, Berlino, Dresda, Vienna, Roma, Bologna , Oxford e ne1 monumenti della Nuova Spagna ; opera magnifica in più volumi , encomiata dalla Biblioteca Italiana (1831) e dai migliori giornali. Leggo in una sua lettera autografa, che ambiva mandarne una copia alla sua Cremona per ' onor suo e della sua famiglia, copia che sarebbe stata tanto più rara e interessante, perchè intendeva arricchirla di note autografe. In altre lettere scriveva: « Di tanti lavori pittorici da me fatti e sparsi per tutta europa, Asia ed America, la mia patria non ha mai mostrato desiderio di possederne un saggio; dopo di essere oramai 43 anni dimoralo in Inghilterra, mi sento dir tuttavia forestiere, e mi si invidia il piccol tozzo di pane, che con gran studio e lavoro mi procuro ; ho lavorato a fre-sc° e in encausto per la regina e il principe, ma vedo che la Corte non '"grassa ». Questo mostra l'amor patrio e l'infelicità del valente artista e '"gratitudine della sua patria, che mai noi conobbe e lo ignora tuttora. Altri artisti sono egualmente sconosciuti dai nostri. Cento Antonio , eriche ferr arese, visse sempre e morì in Cremona nel 1732, e qui inventò e fece conoscere V arte di trasportare le pitture dai muri sulla t{-'a , mediante una colla , segreto che portò neda tomba. Se non che tra noi il medico Sonsis e i pittori Motta e Guelfi con questo e con aJtri metodi loro proprj pervennero al medesimo intento, e se ne c°ntano splendidi esempi. Dognazzi, Bavizza , Zambruni e altri artisti Meccanici inventarono macchine per incannare la seta ritorta, telaj da calze, nuove leghe di metalli e nuovi ingredienti per V arte tintoria : inx venzioni che non vennero poste in uso per 1' indolenza dei nostri, di-sprezzatort del buono nato in casa loro, caldi lodatori di quanto ci viene d' oltr'alpe, ma furono premiati dalle Accademie di Milano. I/abate A. Uggeri di Gera di Pizzighettone, educato presso i gesuiti di Cremona, poco approftìttò dalle lettere, molto nelle arti meccaniche, assai studiando l'icnografia, la geometria e le pitture di decorazione. A Milano apprese la prospettiva e l'architettura presso Albertolli e Bianconi, e fu lodato 8 premiato per lavori presentati nei concorsi di belle arti e per aver architettato il teatro di Codogno. Consigliato dall' amico e mecenate G. R-Carli, andò a Roma, e dopo aver molto osservato e meditato le opere antiche, die in luce coli' avvocato Fea 1' opera sui Circhi del consi-glier Bianconi , dedicandola a Pio VI nel 1789. Poi stampò in italiano e francese le Giornale pittoriche degli edifizj antichi di Roma e suoi dintorni, opera colossale, che in trenta volumi conteneva la storia di quelli, con 600 piante incise e 300 vedute de'monumenti (1800-1825). L Uggeri lesse ancora nella Accademia d'Archeologia di Roma e stampò (1824) una dissertazione sulla sopra posizione degli ordini nella architettura civile, che rilesse con aggiunte nel 1835 , nel qual anno pubblicò la Illustrazione della basilica Ulpia, arricchendola di 45 tavole e di peregrine notizie. Ebbe T Uggeri l'amicizia e la slima di insigni uomini del suo tempo, le lodi de'più reputati giornali d'Europa; fu ascritto alle pio illustri accademie d'Italia e d'Europa, e la sua morte, avvenuta nel 1857 di 84 anni, fu compianta da elogi universali. Bianchi don Isidoro (1731 1808) ignoro se parente a quel Bianchi Ramiro Stanislao, pure camaldolese e cremonese, che professò a Pi^3 geometria meccanica e lingue orientali; si educò presso i Camaldolesi, insegnò filosofia e matematica nel loro convento presso Bavenna, poi per ignota cagione all'orrido eremo di Fonte Avellana, indi a Monreale e a Palermo. Ivi istilui due giornali (Notizie de Letterati, e Giornale ecclesiastico) ove consegnava o stampava separatamente molti articoli letterari" e le Meddazioni su varj punti di felicità pubblica e privala (1772-1774), opera tradotta in danese, francese e tedesco, ristampata a Lodi e Cremona coll'opuscolo Delta morale del sentimento, giudicata una delle più dotte ed utili produzioni dell' umano intelletto e la più degna dell' applauso comune. Per eludere le persecuzioni fratesche, suscitate W quell' opera e da opuscoli liberali, e pe'suoi principj favorevoli ai diritti del principato sulle discipline ecclesiastiche, scelse di andare in Danimarca e in Portogallo segretario d'ambasciata. A Parigi fu accolto il Bianchi benignamente da Montesquieu e da Rousseau (che allora negletto viveva storici 721 del copiar musica), solo perchè fu P unico frate che confutandolo noi maltrattasse. Fu aggregato alla Società de1 Curiosi della natura di Berlino, Gl'Accademia reale di Parigi e a quasi tutte quelle d'Italia. 11 passag-•^l0 in climi opposti 11 ammalò sì, che si ridusse in patria e poi al suo convento di Ravenna. Ala in Milano il conte Firmiaa volendolo salvo dalle ire antiche e non spente, istituì espresso per lui la nuova cattedra gratuita di filosofia morale nel ginnasio di Cremona (1777). Soppresso il suo ordine, trovossi libero di studiare e scrivere in ogni genere di scienze e lettere ; condusse in Cremona le Notizie diverse, eccellente g'ornale dal 1782 al 1790, pubblicò discorsi per almanacchi, come Leibniz e Swift, opere di pubblica economia, di erudizione e di istruzione Pe' popolo, gli elogi di Carlo, Gabriele e Pietro Verri, di Claudio Fro-^ond, del vescovo Fraganeschi, della beata Picenardi; illustrò la storia e le antichità di Cremona coi Marmi cremonesi, le Tipografìe ebraiche e Preparavasi a illustrare Le vicende della coltura dei Cremonesi, e Le donne illustri cremonesi Poi assistè e illustrò le edizioni degli Opuscoli eri*diti dell' Allegranza , delle Lettere americane del Carli. Il Lancetti annovera 116 opere stampate dal Bianchi su giornali o isolatamente dal 1703 al 1808, e 63 di inedite, le quali lasciò morendo in sette vo-Qmi e molti fasci all'Ambrosiana di Milano, insieme con altri 18 di lettre originali a lui scritte da oltre 350 dotti e cospicui corrispondenti ed amici. abate Enrico Sanclemente e il padre Clemente Biagi, pur camal- °lesi, benemeritarono dei buoni studj, e della patria. Il primo, conditore in Boma de'sacri riti ed esaminatore de'vescovi, stampò (1793) e epochaì Christiana} emendatione, proponendosi di tutto provare con dormenti inconcussi ; raccolse uno stupendo medagliere , ricco di 1250 Pezzi in argento e bronzo, latini e greci, che descrisse nei Numismata ^keta Muswi Sanclemenliani, De Nummo M. T. Ciceronis (Romm, 1804), ® che ora forma la miglior parte del gabinetto numismatico di .Milano. aftazzonò eziandio una nuova Smisi crilico-chronologica episcoporum ere-m°nensium (Cremona;, 1814), la quale fu corretta da illustri ertici. Il Biagi, VaJente archeologo, studiò lingue e antichità in Venezia, e professò filo-• e teologia in Ravenna. Le prime opere che pubblicò risguardano gotiche iscrizioni greche e latine (1765), che sapientemente illustrò melandosi la slima dei dotti. Chiamato a Roma, vi professò teologia e Q.r,tto canonico, condusse il Diario ecclesiastico , nel quale confutava i ansenisti e le nuove dottrine, difendendo l'autorità e i diritli del pon- Wmiraz del i \>, vo!. in. Mi 722 PROVINCIA DI CREMONA tefice, non che i canoni del Concilio di Trento: poi pubblicò un Tra-ctatus dei decreti degli Ateniesi, e i Monumenta greci e latini del Museo Nani di Venezia (Rom83,1785,1787 in 3 volumi). Stabilitosi a Milano, ove morì nel 1804, postillò la traduzione dell'Argonautica di Valerio Fiacco fatta dal cardinal Flangini, tradusse con aggiunte il Dizionario teologico del Bergier, corresse e compiè V opere dei Fasti del Corsini e delle Leggi Attiche del Petit, e diresse il Giornale ecclesiastico universale, dove consegnò le Osservazioni critiche sulla musica ecclesiastica. Saint Barth-iemy ne dettò un elogio (Padova 1805). Erudito non inferiore fu il gesuita Boni Mauro, di Mozzanica agri iremonensìs, non di Genova , come asserì il padre Caballero. Educato presso i Gesuiti di Cremona e di Roma, fu mandato in un collegio di Germania a insegnar eloquenza, a Ragusi ad ordinar il museo razzo: ma prima di farsi professo e sacerdote si sciolse il suo ordine. Tornato a casa, ebbe umili impieghi ed emolumenti, tinche allogatosi educatore in casa Giustiniani di Venezia, §i die a' suoi diletti studj archeologici, e fu segretario deli' Ateneo ; stese col Gamba la Biblioteca portatile degli autori classici sacri e profani, greci e latini, tradotta in francese (Paris, 1820, Bruxelles, 1828), e le Lettere sui primi libri a stampa ecc. (Venezia, 1793, 1794); si fe editore dille opere inedite del famoso padre Cordara (ivi 1805, in 4 volumi), del Metastasio, e del Dizionario degli uomini illustri, con prefazioni, illustrazioni ed elogi. Scrisse lettere filologiche, biografie, poesie, iscrizioni latine, ed opuscoli di varia erudizione, e s1 era preparato ad illustrare P universale numismatica dei re, «Ielle città e delle genti antiche. Fu onorato dell' amicizia e delle lodi di Tiraboschi , Andres , Lanzi, Morcelli. Restituita la Compagnia di Gesù in Modena, il Boni ne vestì 1' abito, e si pose a bibliotecario e maestro de' novizj in Reggio, ove morì nel 1817. La maggior parte de' verseggiatori in italiano ascritti alla Colonia degli Arcadi, e ch'io non nomino, canticchiarono le pastorellerie solite; ma ne discerne G. e F. Perucca, forse fratelli, che, dopo stampate eccellenti difese legali, trattati economici, opuscoli e almanacchi satirici, anche in dialetto cremonese, dettarono versi robusti, quanto briosi ed arguti. Il dottor Francesco nel 1765 pubblicò Versi per nozze illustri, non indegni d' essere ricordati, perchè si conosca la infelice condizione dei tempi e degli autori. Il poeta, sentendosi qualche cosa, protesta contro la viltà del secolo : E perchè mai di poetar mi nega Ingiusta legge di stagion servile? STORICI 7-23 Essa i liberi sensi ogn'or mi lega In un silenzio neghittoso e vile..... Egli (il libero genio sprezzatordel fato) che vede Palma sbigottita Si tragge innanzi e grida audacemente : Che fai ? che pensi ? perchè cerchi aita Contro la bassa invidiosa gente ? Sorgi ed imprendi a ben oprare ardita, Che la virtù non teme e non si pente; Ella a sè stessa è spron, guida e mercede, E paga di sè stessa, altro non chiede.... Egli (lo sposo) nato a giovar, cortese accoglie I sacri ingegni che servir non sanno , Sdegna lasciar sulle superbe soglie I/ arti a languir d1 immeritato affanno..... G. M. Conti, minor conventuale, tradusse in versi latini la Gerusalemme liberata, opera che rimase inedita; e D. M. Zanni domenicano rinnovò questo inutile lavoro, Bullioneidos heroico Carmine donata, Cre-monae, 1743. Volgendoci a coloro che si dedicarono alle scienze utili, incontriamo G. Negri avvocato, che successe all'Arisi nella carica di conservatore degli °rdini, e che dopo avere stampato poesie giovanili, produsse la Dissertatone storico-legale della vera istituzione ed abusiva riscossione de'dazj Principali, e de'mezzi per ristabilire il distrutto commercio in Cremona (ivi, 1750-1774). Essa è una storia dei dazj di Cremona dal 1420 sino a' tempi dell'autore, il quale dimostra come l'aumento de'dazj e delle "nposte riesce dannoso non meno ai popoli che ai principi. I marchesi Giambattista e Pietro Martire Fraganeschi, oratori di Cremona e senatori, s' occuparono di studj economici pubblicando Sulla Capitazione della Pkbe rusticana ; Sul carico personale; Sul bilancio dello stato, ed una Lettera anonima, nella quale da valente e franco economista si dimostra la cacone del decadimento delle manifatture e della popolazione di Cre-m°na e di Lombardia. Giambattista, anonimo ancora, divulgò un Testa-meM<> economico-politico (Milano, 1787), che rivolgesi sulle pubbliche gravezze e il nuovo censimento, del quale si rivelano i difetti; Pietro Marbré inventò e descrisse (1788) un mulino da macinare a mano, lodato All'Amoretti. Il conte G. B. Biffi, uno de'collaboratori al Caffè, giornale Periodico di Milano, ebbe onoranze accademiche, diversi ufficj cittadini, molti favori di principi, arciduchi e duchesse. Assai viaggiò e fece raccolta di peregrinità naturali, di scritture antiche e di arte. Molto scrisse e pochissimo stampò, e quel poco si scorretto, che il Baretti lo derise . Lodaronlo parecchi letterati e più di tutti il professor nell'Ospitale maggiore istruttore delle mammane. A lui dobbiamo molte eduzioni, edizioni e stampe d'opere francesi e italiane di grido, le quali J ricchi di sue assennate osservazioni ed aggiunte intorno l'ostetricia, la "mica, ia chirurgia, la farmaceutica , l'agraria. Fra le opere sue ori-£,na'i distinguonsi le Lezioni di ostetricia , Manuali per gli iniziati nelle SC)enze salutari, e quella curiosa sulla Cronologia delle rappresentazioni n"ematiche e pantomimiche dal 1770 al 1824 (Milano in 4 volumi), che ebbe due edizioni. caccia A. era uomo, dice Lane-etti, ricco di dottrina, di criterio e di azioni eloquenti. Ottenne in tempi difficili onorati impieghi sì medici che '^ministrativi, ,! fó membro della società medica di Montpellier. Scrisse Ul! brevi Elogi de' medici A. Pasta di Bergamo e M. Ghisi di Cre-|n°na suoi maestri ed amici, ed alcuni opuscoli sulla vita e ia canonizzatone di Saot'OinobonO : poi con molto senno, probità, politica e carità 1 « tre Memorie medico-politiche sul regime ir annona e di polizia in \lhl0m- C Una Lofltv" medica (demona, 1780, 1793, 1705, 1803). Ri-mori * t''S"l,'i"' d'annona e di pubblica igiene occorsi in Cre- antic]'" aVtr (''mfìnticato le patrie instituzioni sanitarie, esposte negli 11 statuti, e insegna ai magistrati i modi di provvedervi; col che "distri,:, del /, r. Voi. III. 750 Provincia ih Cremona meritò bene della patria e dell' arte sua. Suo fratello Claudio gesuita insegnò belle lettere nel collegio de' nobili in Milano : dottissimo in storia sacra e profana, in archeologia, numismatica e belle arti, raccolse medaglie, monete, pitture e antichità di ogni genere, formandone un museo ricco d' oltre mille medaglie d- oro e d'' argento, greche, romane e d I medio evo , e quadri esimj. Ponendosi in vendita se ne stampò V Elenco nel 1814, Il frate pubblicò un Compendi» genealogico-storilo di casa d'Austria e di Lorena (Cremona, 1778) con rami egregiamente disegnati ed incisi, e la Felicità dei popoli derivante dalla vere religione (ivi, 1820). Geromini Felice (1792-1858), acre e prepotente intelletto, nudrito in tempi battaglieri dalla potente critica del professore Bacchetti di Pa" via, esordì nel 1812 e 1816, con una dissertazione inaugurale e col Saggio della genesi e cura JeWidrope, in cui, se trovi le impronte de'concetti del maestro, vi sorprendi quell'indipendenza d'analisi e di giudizio, e la prima protesta contro le teoriche mediche dominanti, che poi informarono tutta la sua vita. Dal 1821, quando la Società Italiana delle scienze, residente in Modena, propose il famoso quesito sui fondamenti della nuova dottrina medica italiana, sino agli ultimi suoi anni, il Geromini lottò sicuro, e sentendo altamente di sè, insistente, inesorabile provocatore, discutendo, assalendo i principi d'essa dottrina, di quelle del Buffalini, dell' Hanhemann , di tutte le forme dottrinarie ontologiche e scolastiche del vitalismo, dcW'analomismo od organicismo, dell' essenzialismo, le quali dichiarò false disutili; sulle loro rovine egli sostituì uno splendido quanto naturale ordinamento de' fatti morbosi e terapeutici, che poi chiamò fa' forma, Misontologtsmo. Pel quale ebbe grandissime lodi da uomini autorevoli di Francia, e il Simon lo salutò l'uomo dell'avvenire, e il Brous-sais lo disse autore d'un sistema superiore ad ogn'altro antico e nuovo. Assunto a medico primario nel 1827, indi a direttore del nostro ospitale, « socio corrispondente dell'Istituto Lombardo e d'altre accademie, nel 1847 a successore di Tommasini nella clinica di Parma, pubblicò Ragguagli Saggi e Discorsi clinici, che furono forse minori della sua fama, e ne'quah colle buone idee pratiche innestò la prediletta sua polemica e dialettica, sì per difendere e inculcare le sue tesi, e sì per combattere le altrui, non sempre usando quella mente pacata e quella critica severa ed urbana , che sono vanto degli ingegni indagatori e propagatori del vero. Senza precorrere il giudizio della posterità , or che non son forse cessate le ire di parte e le piccole invidie , se non si vorrà attribuire al Geromini il genio rinnovatore della moderna medicina, non gli si potrà togliere il merito d'aver voluto liberar la clinica dai metodi artificiali e ecclksf astici 731 da estranee scien/.e e dottrine, d'aver diffidato di quella filosofia, che è mcapace a tradurre ed esprimere nella più logica ed empirica loro semplicità le verità mediche ; e certo quelle lodi, rare e insuete ne1 Francesi, crebbero i vanti di Cremona e della medicina italiana. Continuando degli uomini di questo secolo, fra gli ecclesiastici troviamo monsignor A. L. Pagani (1754-1835), laureato in leggi a Pavia, giusdicente nel fòro ecclesiastico, censor teologico, canonico, rettore e maestro di teologia dommatica nel seminario di Cremona, indi arciprete di Castelleone e vescovo di Lodi. Alla bontà dell'ingegno e del cuore, e alla vasta dottrina congiunse somma affezione e attività alle opere del sUo ministero e agli stud). In Lodi ampliò il seminario a sue spese, e ne estese gli insegnamenti, sparse dottrine ed esempj eminenti nelle pasto-ra|i, nelle encicliche e omelie eloquenti. Molto scrisse e pochissimo stampò, o gli piacque serbar l'anonimo. La sua morte fu onorala di orazione funebre, di nobili inscrizioni del Labus, di elogi dai giornali di filano, e testé d'un nobile monumento in Castelleone per cura amorosa dell'arciprete Rignami. Queste sono le laboriose opere che lasciò autografe agli arcipreti di Castelleone e ai vescovi di Cremona: La Častil-»*Ofl«a sacra, ossia Memorie storico-ecclesiastiche di Castelleone in 3 volumi; ìj' nuova raccolta tli santi e beali cremonesi: le Animadrcrsioncs et du-^m sulla serie de' vescovi cremonesi del Sanclemente, di cui con modestia pari all'erudizione corregge le lacune e le mende; La separabilità del '"'"l'ulto del sacramento tlel matrimonio presso % Cristiani, con cui cerca concordare le leggi civili colle discipline, della Chiesa; omelie 27, discorsi, Allomtiones pastorates de sacèrdolum <>IJiciis 94 , lettere storiche e 1p°logiche, opuscoli ascetici, lezioni di teologia pastorale, progetto d'un "novo regolamento del seminario vescovile. L'abate G. B. Vertua di Soresina, modesto quanto dotto e ricco di mente e di carità cristiana e cittadina , arricchì la sacra letteratura di ec<'elleiiii trattali sulla scienza teologica, l'eminente scienza di Gesù Cristo: da' 1815 al 1854 andò pubblicando svariate operette sulla religione del cuore e del sentimento, un viaggio al gran San Bernardo, un piano di lstruzione elementare, le osservazioni sulle opere di Ausonio Franchi e G'us,.ppe Ferrari, del Pernet, del De Santis e del Valle. Le sue fatiche e Vir'ù ebbero i suffragi segreti dell'autore, non de' concittadini e de' c°ntemporanei. Monsignor Ignazio Cadolino, addetto giovanissimo alla nunziatura pon-l'eia di Spagna presso il cardinal Giustiniani, divenne poi arcivescovo 1 Spoleto e di Foligno, indi cardinale arcivescovo di Ferrara ove mori, me recitò una bella epigrafe del Pini, ■ non ambilo o fortuna, ma 732 PROVINCIA DI CREMONA virlù e civile sapienza gli furono scala agli onori, ch'egli non ricercò e gli ebbe tutti ». Pubblicò un Manuale ecclesiastico, discorsi sacri ed accademici, dissertazioni, lettere, istruzioni pastorali e omelie (Foligno, 1835, 1830). Dell'abate Ferrante Aporti, morto or dianzi a Torino, si pubblicarono numerose biografie ed orazioni funebri ma ci accontenteremo dì tre iscrizioni del Contrucci da Pistoja : FERRANTE APORTl ALLA PIÙ' SPLENDIDA GLORIA MELLE SCIENZE E NELLE LETTERE SORRIDENTE AL GRANDE INGEGNO E SAPERE MAGNANIMO E PIO ANTEPOSE L'UMILE OPERA DELLA CARITÀ' ALLA ISTRUZIONE DELL'INFANZIA IL '2i) NOVEMBRE LE VOCI DI QUELLI AMOROSI RISONARONO GEMEBONDE NEL TEMPIO PREGANDO ALL' ANIMA BENEDETTA DEL CARO PADRE E MAESTRO LA PACE E LA CORONA DE' GIUSTI NEL DOLORE DEL NOVELLO INFORTUNIO CHE LA FA ORBATA DI TANTI LUMI ITALIA INFIORA LA TOMBA DEL SUO BENEMERITO E AD EMULAZIONE Al) ESEMPIO DE' SA CE B DOTI NE SCRIVE IL NOME E LE GESTA NEI SUOI FASTI IMMORTALI IO Giù ne parlammo a pagina IIL». Nella oscena smania odierna di far monumenti3 ogni mediocrità morta, mentre si sputacchiano le glorie viventi, e bello ricordar elio all'Aporli, invece di statue e lapilli, a Torino si dedicherà un asilo dell'infanzia. C. C. SCRITTORI PATRJ 733 Fra i benemeriti raccoglitori e scrittori di cose cremonesi, quattro si raccomandano alla commemorazione e alla lode dei posteri, li marchese G. S. Ala Ponzoni si erudì a Pavia nella storia naturale, e riuscì abilissimo nel preparare e conservare con metodo proprio animali d1 ogni maniera, specialmente bruchi ed insetti, e ne pubblicò negli opuscoli lisici dell1 Amoretti una Memoria. Numismatico e archeologo non mediocre, fu inscritto in molte illustri accademie. Caldo amatore della storia e delle glorie della sua patria, ne illustrò parecchi documenti con opere stampate e manoscritte, e ne raccolse libri, manoscritti, quadri, monete, medaglie, dittici, sigilli, componendone un Museo, unico che ci rimanga in Cremona a documento del suo antico splendore. Il marchese G. Pi-cenardi, emulo del Ponzoni nel raccogliere, illustrare e conservare le antichità patrie, fu autore d' un eccellente Guida di Cremona e di correzioni ed aggiunte alla storia delle belle arti e de1 monumenti di lei. G. Grasselli ragioniere stampò schede storiche in varj almanacchi ed opu-S(,uli, le Memorie genealogiche di alcune famiglie cremonesi, una Guida di Cremona, un Abecedario biografico degli artisti cremonesi, e lasciò manoscritti gli Annuii cremonesi dalle origini al 1600 e memorie di erudizione municipale. Peccato che il suo buon volere e P ardente amor patrio non 'ossero sempre pari alla dottrina e alla critica. Vincenzo Lancetti, di vasta erudizione filologica e patria, si disse f ultimo rappresentante della letteratura lombarda del secolo scorso. Ebbe onori, cariche e amicizie importanti, fu ascritto a molte insigni accademie , e Iodato e adopralo da Gironi, Gagnola, Romagnosi, Monti, Oriani, Bellisomi, Compagnoni, Marocco, Piola. Dal 90 sino alla sua prima vecchiezza fu addetto al Ministero o all' archivio della guerra in Milano, e quindi stampò le opere Sullo stato militare della repubblica italiana, due codici e un giornale mili-tareì gli ordini del giorno del Ministero, e non per anco videro la luce ona Storia di Napoleone e un laborioso Dizionario militare, corredato dalle n°tizie di quasi mille opere militari, che regalò in 400 "volumi al col-•egio militare degli orfani Lombardi. In poesia divulgò drammi, poemetti, d Mongolfiera poema in venti canti, e un altro eroicomico ne preparò mtitolato Carraria, credo il fatto della vittoria de1 Cremonesi sui Milanesi ,l,'l 1213, tradusse con lode la Satira di Petronio Arbitro. Poi compilò almanacchi satirici, guide pe' viaggiatori, traduzioni, iscrizioni, riviste di libri, opuscoli d'ogni maniera, un Compendio della storia de'Longobardi, ona Pseudonimia, le Memorie sui poeti laureati. Per la storia di Cremona dettò le biografie di Alleno Varo, di Cabrino Fornitilo in forma di romanzo, del Vida e la Biografìa cremonese, della quale non potè pubblicare che i due primi volumi. Tre ingegnosi e probi giovani avvocati e giureconsulti, in mezzo alle faccende del fòro e alle magistrature si addestrarono sul principio di questo secolo negli ameni studj. Oliva Luigi governò con Vincenzo Monti le Romagne a1 tempi della Cisalpina, scrisse e stampò poesie per gli avvenimenti dell'epoca, discorsi al Corpo legislativo, orazioni in difesa de' suoi clienti; e avrebbe potuto meglio onorare la patria sua, dotalo com'era di forte e largo intelletto, se nella freschezza dell1 età sua non si fosse avvilito nell'ozio. Corbari Giuseppe stampò un Saggio di poesie con una tragedia insieme con orazioni ed arringhe di difesa, Osservazioni sulle leggi di finanza, e a tutela delia innocenza (1802-1811) Dalonio Lodovico difese con bello stile le ragioni civili, divulgò un Saggio-storico-politn" ■ una tragedia, alcuni sonetti , una diatriba De rechi pwnarum censura (1800-1814). Chiuderemo con coloro che si dedicarono pressoché esclusivamente alla poesia e letteratura. Hello abate Luigi, nato in Codogno ma educato e vissuto sempre in Cremona, precettore di lettere umane, reggente del ginnasio e direttore del liceo e pubblico censore, dettò innumerevoli prose e poesie italiane improvvisate o di circostanza, alcune festive e briose , ma tutte, colpa dei tempi, mediocri per lingua e stile. Però mostrossi assai dotto e benemerito scrivendo le vite dei due frati illustri Bianchi e Scotti. Ma le epigrafi e i versi Ialini , lo fecero emulo del Morcelli e del Borda, e il primo poeta latino vivente. Tradusse con isquisita eleganza e dignità alcuni inni del Monti e de! Manzoni , e Monti scrisse pubblicamente che avrebbe in molti luoghi volontieri cambiato il suo originale colla traduzione latina del Bello (Parma, Bo-doni 1812). Amatore d'ogni buona e nell'arte, raccolse con lungo stadio e perizia un prezioso museo d' antichità , massime di dipinti, di intagli, di libri, che parte vendè per soccorrere la miseria e la farne del popolo nel 1817, parte lasciò morendo ai poveri: i pietosi professori ornarono di un bel suo monumento i portici del liceo nel 1836-Altro valente educatore della gioventù ecclesiastica nella letteratura e nell'eloquenza sacra fu don Santo Rossi, autore delle eccellenti Massime aV un padre repubblicano, poi, d'un padre di famiglia (1707-1834), d'un Elogio dell'ubate Dello, d'Inni sacri della Chiesa tradotti (1837) e di Orazioni sacre (184(5, postume). Ronda Ignazio, cacciatore di professione, fu ottimo scrittore di versi latini, spiranti lepore virgiliano e oraziano, e ne stampò un saggio In funere Alogsii Della carmina (1824), altri ne lasciò manoscritti non meno egregi, rivaleggiando co'migliori scrittori del secolo d'Augusto. Radaelli Giovanni, mostrato ne' primi studj alacrità d'ingegno, prepotente STORICI l'ATRJ m 'amasia, animo gentile, apprese filosolia a Pavia1, giurisprudenza a Bologna, ove attese allo studio delle lingue, air improvvisare, allo stampar versi (Bologna, 1810). Son nella memoria di tutti, e poste da molli in musica le leggiadrissime sue canzonette che cominciano Odi d' un nomo '!><' muore — Non prego mai nè pianto — Sognai che delia notte. Morendo a trent' anni, lasciò non poche poesie inedite , non sempre in-provvisate e di circostanza, ma anche d' argomenti patrj e politici sugli avvenimenti dei tempi, come la Ritirata di Mosca in hello terzine, e i"'»1 sonetti air Italia. Il seguente sonello diresse a Fontainebleau , ove Buonaparte tenne prigioniero Pio VII e dove ha dovuto segnare la line del suo regno : Qui Pio, rapito alla diletta Roma, Della sciagura il calice hevea, E di catene sotto iniqua soma Perdono al Ciel pel rapitor chiedea. Ma Pietà da Giustizia era già doma, Colma il tiranno la misura avea, E sovra P empia coronata chioma La tremenda del Nume ira frernea. Vn solo sguardo a lui di sdegno Ei volve, E son colpiti dal celeste foco Gli ingiusti lacci e il ferreo scettro in polve. E muta e presa da terror la Senna Air orbe tutto il paventato loco Di tanta colpa e tanta pena accenna. Montani Giuseppe (1789-1833) uomo di molto valore, dice Vannucci, ne"e lettere umane, le quali nutrì di generosa lilosolìa onde farle non ti-m'de ministre del vero e del bello; ebbe nobile anima e nobile cuore, e "elle vicende de" tempi contaminati serbò incontaminata la fama dell'onestà 6 ^«'ingegno. Ancor giovinetto si fe barnabita, ma sciolto l'ordine, fu libe-rat° da uno stato che non poteva più comportare. A Lodi insegnò reto-riCa e filosofìa, cantò versi e canzoni per nozze e sui fiori, tradusse molte Pere dello Chateaubriand, e fu caro a insigni letterati. Seppe di greco e lnglese, del sano scrivere italiano fu vaghissimo. Nel 1823 pressato da periture ai ridusse a Firenze, dove prese a scrivere nelP Antologia del eu-sseu.\, alla quale crebbe grido e riputazione, sviluppandovi con molta m PROVINCIA DI CREMONA critica e grazia, e facendo più popolari le idee letterarie e civili del Conciliatore, che aveva diretto dopo il Pellico. Giace nel chiostro di Santa Croce, accompagnatovi da 500 Fiorentini e salutato per l'ultima volta dalle nobili parole di Lambruschini, ili Manuzzi, di Vannucci. Nella adorna lapide postavi dal Vieusseux leggesi quest'epigrafe del Giordani : GIUSEPPE DI LORENZO MONTANI CREMONESE d'I NESSUNO ODIO' E AMARONO MOLTISSIMI SCHIETTO E FERVIDO AMATÓRE D'OGNI VERO E D' OGNI BENE AL CHE ERRE SEMPRE INTENTO IL N'ORILE INGEGNO E LO STUDIARE K LO SCRIVERE FINI' DI 43 ANNI LA VITA . POCO FORTUNATA PIANTO E ACCOMPAGNATO AL SEPOLCRO DAI FIORENTINI QUASI CITTADINO E COMUNE AMICO NEL GIORNO 19 DI FERII H A.IO ÌS33 C. Tedaldi Fores, laureato a Bologna, continuò gli studj legali e di giu-risprudenza a Milano appo Romagnosi, Bellerio e Marocco; tradusse per esperimento qualche poesia d'Omero, di Catullo, di Gessner, abbozzò liriche e tragedie; poi esordi colla pubblicazione dell'//wo all'Aurora (Corno, 1810), bello di forme poetiche, ma rigonfio di mitologia, che opprimeva la verità del sentimento. NelP/ww alla speranza e in un Epitalamio cominciò ad abbandonare la vecchia scuola; nella Narcisa e in altri tre piccoli romanzi in versi abbracciò risolutamente la nuova scuola romantica (1818-1820). Acquistò fama maggiore col poemetto didascalico in sei libri, I Cavalli (ÌBM): un altro Epitalamio ingemmalo colle idee della scienza nuova di Vico e un'Epistola in versi all'Arici di Brescia gli nie-rilarono gli applausi del Pindemonte. E con questi e con Monti e i migliori letterati italiani, come con Goethe, Sismondi, Moore, Hugo visse intimo e corrispondente. Fu de1 primi promovitori in Lombardia del mutuo insegnamento, ma n'ebbe dispiaceri e malevolenze immeritate. Dettò poscia le tragedie istoriche Bondelmonte, Beatrice Tenda. Fiaschi >' Dona (1S24-1829), lodale da nostrali e da forestieri; l'ultima tragedia è preceduta da una prefazione dottrinale e da un lungo ragguaglio ìstorico su quella congiura, che lo manifestano molto addentro nella critica storica. SCRITTORI PATRJ 737 Altre brevi, ma forbite poesie pubblicò, e preparava due altro tragedie, la Giovanna di Napoli e le Nózze misteriose, ed un romanzo storico, il Disertore, quando morte il colpi a Milano nel 1830 a mezzo il cammino ''ella vita, mentre s'occupava ad erigere la pietra sepolcrale air infelice Dumont. Cremona, che s'aspettava da lui gloria maggiore, non ebbe nemmeno il conforto di conservarne le ceneri. Ugo Foscolo, parlando'della soa Beatrice Tenda, lo chiamò ingegno felice e coltissimo, ma non creato Per essere mai poeta... Il giudizio parmi ingiusto (V. indietro a pag. 547). Pini Giovanni (1770-1857), professore d'umane lettere e prefetto del £"masio, meritò bene della pubblica istruzione innamorando i giovani allo studio e all'amore del bello colla potenza dell'ingegno e della parola, e celi1 efficacia dell'esempio. Visse sempre umile e modesto studiando e scrivendo, ma poche e rade cose pubblicando di circostanza. Ora si stampano alcune sue poesie latine ed italiche, belle per la purità del 1 in-faggio e la bontà dello stile: la traduzione di alcune odi di Orazio assai ■migliore io stimo di molte pregiate de' moderni tempi. Nelle epigrafi pareggiò i più celebrati sgannando coloro, i quali disapprovarono il dettarle "el vulgare idioma. Egli pensava dovere le iscrizioni, qualunque ne sia l' genere, tornare istruttive e benefiche alla moltitudine, onde volle abbondar nelle sentenze, per le quali seppe inspirare nell'animo del popolo sentimenti di rettitudine e di amore fraterno, il buon costume e le civili V|rtù. Nel giorno del suo mortorio ebbe questa nobile epigrafe del professor Vigorellì : UOMO COMMENDAHILISSIMO PER OGNI GUISA DI CITTADINE K SOCIALI VIRTÙ INTELLETTO POTENTE INSIEME E DOTTRINATO NELLA LATINA E ITALIANA LETTERATURA E SCRITTORE IN AMBE LE LINGUE DA COMPARARSI Al MEGLIO REPUTATI EPIGRAFISTA PER NOVITÀ' E ALTEZZA DI CONCETTI PER AGGIUSTATA NOBILTÀ* DI SENTENZE E PER LA ELEGANZA VARIA ED ESrjUJSlTA DELLA PAROLA PRIMO DI MOLTISSIMI SECONDO A NKSSUNO Ulustraz. dei /„, y VoI. III. ti e in tanta luce di SAPERE modestissimo LARGO così come pronto di consiglio e dj OPERA e contro alle mutabili vicende de' tempi saldo nella rettitudine e nella onesta,' kd allo universale venuto in estimazione e riverenza la quale se lo circondò nella vita più sentita si addimostrò nella morte che togliendolo NEGLI anni ottantasei spinse in lui l'ornamento micliore della patria. Finiremo il noslro lavoro con quattro epigrafi del professore l'ini if» onore di illustri cremonesi de' moderni tempi. fi A Bianchini militare TRA valorosi valorosissimo si porse nella guerra IBÈRICA IL BIANCHINI che all'assalto di 4URRAG0NA sol UNO innanzi A tutti piantò sul guadagnato muro l'IMPERIOSO vesillo indi lanciatosi per entro Al nemici PUGNÒ vinse morì dimostrando che ne' petti italici peccato de' tèmpi è sopita non spenta la virtù DEGLI avi. II. A Gaetano Bolzesi agronomo DELLA rurale economia restauratore tenero delle buone arti studioso in ragcorne le opere de' sommi artisti il quale mosso da fraterna carità' erogava ne' miseri tempi del (molerà cospicue largizioni a prò del comune distribuiva nella carezza dell' annona il pane a' poverelli comprava dee proprio agiata casa a ripararvi con savie discipline i fanciulli che derelitti da* suoi a' maliosi volgevansi e mentre il popolo riconoscente il salutava padre della patria mentre eletto podestà' accingevasi al govèrno del civico patrimonio acerba malattia spegnendo in fiore le più delle speranze il rapì il giorno IO luglio 1838 nel sessagesimo anno di vita III. A Faustino Hodi architetto in patria e fuori reputatisslmo deli/ accademia parmense del primo premio in sua giovinezza onorato socio della ligustica professore emerito del liceo cremomese buon padre, buon cittadino che nell'una e nell'altra fori una mostrò la immutabilità* dell'animo dall'eguaglianza del volto mancati» a' vivi il giorno i8 maggio t$33 negli anni ottantadue da1 buoni desiderato e compianto IV. ,4 Luigi Voghera maestro D* architettura e disegno nelle regie scuole Di cremona sua patria socio corrispondente dell* accademia di belle arti in milano che la medaglia d' oro quattro volte in premio gli aggiudicò ascritto al corpo degli ingegneri militari e stipendiato per quattro anni in roma donde tornato a'suoi ebbe a compiere grandi e svariate opere per le quali salì ad alta rinomanza si in italia chc fuori e mentre dava nuova forma e solidità' al civico palazzo trapassò il ì agosto 1810 in et\' Dì SOLI 52 anni Fine delta Storia e Ucwhione ili Cremona e sui próviocfai Marzo l«V). COMO E SUA PROVINCIA pei; CESARE CANTI! ED ALTRI dei l, V, Voi. IH. > ♦ A SUA ECCELLENZA IL MARCHESE ANTONIO BISCA CHE GLI AVITI ESEMPI IMITA NEL PROTEGGER L'ARTI E LE LETTERE E NEL GIOVARE ALLA PATRIA SI INTITOLA LA ILLUSTRAZIONE D' UN PAESE OV EGLI TANTE VOLTE SI PIACE DI DIGNITOSA QUIETE. \ I. La Provincia in generale. compartimenti storici del nostro paese, derivino essi dai tempi anteriori ai Romani, o piuttosto dalle distribuzioni fatte tra i conquistatori longobardi e nel consecutivo feudalismo, si assodarono all'età dei Comuni, e vennero rispettate dai differenti dominatori, Porta laterale detfDuomo. finchò lo spirito HVOluzio- nario, avverso per essenza alla storia, rinnegò abitudini, fratellanza, me-morie, prese una carta topografica, e col compasso e colla squadra vi tracciò r,parti, che gli parvero una bellezza perchè erano più regolari, e perchè il prefetto, l'esattore, il gendarme poteano più comodamente stendervi la mano. Chi amasse intendere come fosse foggiato l'antico Comaseo, non ha che a far mente alla estensione della diocesi, essendosi la ecclesiastica distribuzione conservata di mezzo agli uffiziali rimpasti. Essa dunque dilatasi dalle fiorite piaggie dal lago Maggiore sino alle vette eternamente gelate dello Stelvio, e dalla sommità della S^luga fino ai ridenti poggi di Brianza. Avendo, dopo le vittorie sul Barbarossa, voluto la città di Como imitar Boma coli'aggregarsi i paesi sottoposti, divise il territorio in quattro parti, una applicandone a ciascuna delle quattro porte della città. Alla porta di Vico, unì Cernobbio, Gravedona, Dongo, Poschiavo, Teglio, Biva San Vitale, Porlezza, la Valsolda, il Baradello e la Castellanza. A porta Sala, Bel-lagio, Isola, Nesso e quella sponda del lago fino a Geno, poi da Moltrasio a Morbio, Mendrisio, Balerna, i consigli di Rovenna, Brunate, Ponzate, Camnago, San Martino, Cavallasca, Vergosa. A porta Torre, Menaggio, Lenno, Tresivio, Bellinzona, Creviasca, Agno, Uggiate. A porta San Lorenzo , Coloniola, Chiavenna , Samolaco , Olonio , Vallintelvi, Sondrio, Berbenno, Ardenno, Lugano, Fino. Dalla giurisdizione comasca furono in appresso divelti tutti i paesi, che come baliaggi rimasero sottoposti agli Svizzeri fino al 4797, quando furono eretti in Cantone del Ticino: e la Valtellina , che occupata dai Grigioni, fu da loro padroneggiata fino al 1797, quando venne unita alla Lombardia,' di cui ora forma una provincia distinta. Il Comasco dunque, nel secolo passato, abbracciava la città colla campagna, e il contado e la Vallintelvi: su cui nel 1773 abitavano 60,912 persone. Venne poi fuso, impastato, rimpastato, finché ora costituisce una provincia, di cui una gran parte spettava al contado milanese. Estendesi essa dal grado45° 38' 40" al 46° 14' di latitudine; e dal 26° 13' al 27° 14' 30" di longitudine orientale: nella sua maggior larghezza, dalla linea media del lago Maggiore fin al monte Aratta nella Valsassina, tirando miglia 44 : nella maggior lunghezza, dal confine di Verderio sin al Pizzo d'Annamaria nel distretto di Gravedona, miglia 36: colla periferia tortuosissima di miglia 253 : in cui chiude la superficie di chilometri 2485, o circa pertiche milanesi 3,800,000. In parte montuosa, e per la metà coltivata; su ogni chilometro abitano 178 persone, e per adequato 840 in ciascun Comune, 917 in ciascuna parrocchia. Neppure un terzo degli abitanti della provincia spettano alla diocesi (128./500) cioè all'antico Comasco; mentre essa diocesi si estende assai fuori, avendo l'.i rrocclne Sacerdoti secolari Popolazione In Città 3 75 0,810 ne' Borghi 7 33 13,551 nella Provincia di Como 168 317 127,383 Prov. di Sondrio 141 308 108,351 nel Cantone Ticino 186 357 97,907 Canton Grigioni 2 12 3,087 507 1102 360,089 I vescovi stettero suffraganei del patriarca di Aquileja, fin quando abolita quella sede nel 1751, furono uniti alla provincia metropolitica di Milano, conservando il rito romano. Quanto all'amministrativo, la provincia di Como è divisa ne' distretti di I Como — II Como — III Bellagio — IV Cantù — V Appiano — VI Gra-vedona — VII Menaggio—VIII Porlezza — IX S. Fedele — X Lecco — XI Oggiono — XII Brivio — XIII Missaglia — XIV Canzo — XV Belano — XVI Varese — XVII Arcisate — XVIII Tradate — XIX Caviate — XX Angera — XXI Luvino. I 21 distretti comprendono 525 Comuni, 481 parrocchie, 44543 case, 74788 famiglie: e della popolazione, 1266 sono ecclesiastici, 184 nobili, 1760 impiegati, 19497 artieri, negozianti, civili, 82476 villici, in tutto 441,331. Le ditte censite sono 101,421 : e il valore delle proprietà stabili Sl calcola in 203 milioni, de' quali 48 e mezzo sono assorbiti da debiti ^olecarj; oltre 23 e mezzo occupati neh' industria. Si avrebbe dunque il totale di 226 milioni e mezzo, che darebbe 512 per testa. La città ha 20,107 abitanti. Dopo di essa e dei due suoi distretti, 1 più popolosi sono quelli di Appiano (28500), Canzo, Gavirate, Varese (27,000), Oggiono, Lecco, Luvino (35,500). Oltre Como, ò città Varese; che nel 1857 fu dichiarata regia, poi vi sono 32 borghi, 939 villaggi. Maggiori particolarità diamo nella nota A al fine di questo capitolo. L'imposta prediale e comunale sommava in provincia a L. 1,688,500 circa; ma i sovracarichi dopo il 1848 giunsero sino a L. 844,000 nel 1850, P°i ordinariamente portano L. 562 mila per l'erario, e circa 160 mila per le spese di dominio ; le sovrimposte comunali vanno a circa un milione e mezzo Sol dopo il 1849 cominciò P età dei debiti pei Comuni. Dapprima si spendeva quanto incassavasi : talora per una strada, per un abbellimento, per far la chiesa o le campane contraevasi un debito, ma che prontamente doveva estinguersi o con oblazioni private, o con un'impresa tolta in appalto, o con una sovrimposta temporaria. Così spendeasi quel che si poteva; e si poteva quel eh' era reale bisogno. Dappoi, e le ragioni le san tutti, occorsero dispendj assai trascendenti l'entrata; l'autorità tutoria pensò potesse applicarsi anche ai Comuni la teoria adottata da' grandi Stati, e si fe connivente al contrar debiti ; questi essendo pur sempre limitati, trovaronsi facilissimamente mutuatari, e così nel bilancio de' Comuni figurò l'interesse del prestito, e anche un fondo d'ammortizzazione, il quale è noto che non estingue mai i debiti. E il debito rimane al posto ove prima stava un bisogno; e poiclu1 il bisogno è per natura inevitabile, esso vuol pure tenersi in quel posto; e a pagar il debito non rimane se non la cifra del divario, che sempre aumenta il deficit. Questa parola sovvertì imperi robustissimi non è molto; due secoli fa causò il disastro de' Comuni lombardi, trasformandoli dall'età di Beno de'Gozzadini, all'età dei Fuentes e dei Fuensaldagna. I padri della patria vedano e provedano perchè P interesse pubblico non abbia rinnovate quelle sciagure. 4 Prospetto de' sopnieariohi erariali, provinciali e commuUi del Comasco ^OVllACAUiCUI KIlAIUM.l ^ C « c 6-S 3 Cj a; M trt 3 — Si 1848 1,088,475 1849 1,088,509 1850 1,088,407 844,234 1851 1,688,467 703,530 1$52 1,688,467 562,612 1853 11,688,467 502.012 1854 11,088,407; 502.012 imi jl.0KS.i07! 502,012 a o c O 11 ' 244,101 130,884 108,793 S-S3.s3 25,750 25*756 12.878 = 9 3 c c s &■!§!■ n t. « o; i ; i pa 2 1,040.133 696,387 190,777 343,375 107.040 9,837 305.105 § 5 '/. L. - 2,790,944 3,201,020, 1,338,800 : 1,308.1491 1,078,458 1,107,8*5 I 214.069 1.531.01S STRADE 749 Di tali spese una gran parte va a soddisfare il sempre crescente desiderio di allargare, addrizzare, spianar piazze, aerar contrade, addolcire pendenze, erger campanili e campane, abbellire cimiteri e chiese, mettere lavatoj e pozzi, gettare o appianar ponti, migliorare selciati, fognare acque.... Talvolta il sentimento e il gusto dell' amenità dovettero cedere al bisogno del comodo, del regolare, del positivo : ma sebbene noi non r'poniam in questo la civiltà, ci rallegriamo alle crescenti agevolezze della vita. E singolarmente in istrade è riccamente proveduta questa provincia, tendone di erariali per metri 479,720, e comunali per 4,890,517, delle 'luali ultime la manutenzione costa 3G0 mila lire l'anno: mentre l'erario '« tale oggetto, dal 1830 al 55, erogò in questa provincia L. 4,025,371 ; e in idrauliche 2,098,254 ». Della strada ferrata già toccammo parlando di Milano (Vol. I, pag. 424) e dopo quel tempo la rete fu estesa viepiù, sebben ancora lontana da chiuder il circolo, com' è necessario perchè sentasi la efficacia elettrica. A costo di ripeterci diremo come, fin dal 1838, si presentasse il progetto della ferrata da Milano a Venezia che doveva compirsi da una società Patria, e che non andò avanti, se non allorché venne assunta dallo Stato. Quant'è specialmente alla strada di Como, era stata studiata nel 1835 all'ingegnere Giuseppe Bruschetti e da don Zannino Volta; e n'ebber approvazione superiore nel 1837, a patto che fosse compita fra 8 anni: Passerebbe da Milano fra le porte Comasina e Tenaglia, e per 39 chilome-tr' giungerebbe a Como. Solo al 14 aprile 1841 si pose la prima pietra 5 La Lombardia, secondo il cav. Lombardini, La 24 mila chilometri di strade comunali, superficie di circa 4!>,<ì00 ettari; e 2ÌI00 chilometri di strade regie della superficie ,;irca 2400 ettari. La superficie delle slrade comunali corrisponde dunque ad I/-40 di quella del ter-orio, (](»||a quale sarebbe f/."0 la superficie non censita, occupata dalle piazze e con-. ^e e da tulle le strade pubblichi e private, formatiti ettari .'0,0110. Per la costruzione delle strade comunali si sono spesi circa 60 milioni di lire, e milioni per le " ra(le regio, quindi in tutto OS milioni, dopo l'attivazione del piano stradale. La manu-n7'one delle une e delle altre imporla annualmente lire 4,!i00,000, cui corrisponde un nnkkì (" altl' lu'''om; laonde la spesa di costruzione e manutenzione delle strado ''ielle viene rappresenlala da un capitale di IKIJ milioni, la i n.t'us'r':i dei trasporti si calcola a 20 volle la spesa della manutenzione delle slrade (e in Lombardia sarebbe rappresentata da annui 5)0 milioni di lire, impiegati in ' (| per l'agricoltura ed in parie per il commercio, j. valore annuale dei prodotti del suolo in Lombardia si calcola in 300 milioni di sjp6 Atlril)uendone \fà od V*» migliori comunicazioni stradali, e prendendo tylO a c I**6 ter,,'ino medio, se ne avrebbero òli milioni. E supposto che a 20 milioni abbiasi Cola . are ''utile annuale del commercio per i facilitati trasporti e per l'aumentata cir- •'one, i \m milioni ,000 dove figurano il sotterraneo presso Monza di metri 436 per L. 707,000 Galleria presso Cucciago ..... 351 . 828,000 Stazione di Milano, non contando la grande tettoja . . • 830,000 Stazione di Desio......... ■ 54,000 « Seregno.......... 62,000 • Camnago......... 42,000 • Cucciago .... .... 33,0(10 Camerlata ......... 105,000 Per l'armamento, si spese in guide, traverse, piattaforme, cuscinetti ecc. e nel porli in opera.......... « 3,780,000 Carri, locomotive, vagoni........... 690,0*0 Utensili e scorte............. «0,000 Direzione dei lavori, spese tecniche, amministrazione ..... StijM^ Totale spesa di costruzione......« 10,297,1100 che fanno al chilometro L. 339,750, mentre quella da Milano a Venezia costò L. 289,224, compresi i mirabili manufatti. Qui bisognò aggiungere il compenso di L. 628,000 a D. Zannino Volta per la cessione del privilegio. 4 Nel Dizionario delle opere pubbliche, stampato il 1835 dal signor Forbè de Vao-xelaires, ispettore generale delle acque e strade, consiglier di stalo,pari di Francia ed eminente nelle cognizioni tecniche ed amministrative,all'articolo Chemins w»ci«fl«a?,scriveva. • Les Čtats, comme les parliculiers, ne doivent rien entreprendre au-dessus de leurs forces. Autrement on ne termine rien, et Fon n'obtienl que des jouissances imparfailes-Le parti le plus sage et le plus utile à la societé serait, sans contredit, de complete!" le système de routes royales et départementales, et en supposant, ce qui est douteux sur quclques points, que le sol contient dcmalériaux assezabondans et assez rapprochés pouf faire face à l'entretien, sans ètre obligé d'aller Ics chercher de plus en plus loin, età dos prix de plus en plus élevés, on pourrait ensuite s'occuper d'un ordre inférieur de STRADE FERRATE 751 Hi Thiers a visitar le strade inglesi, e nel suo rapporto diceva che les che-mins de fer ri'étaienl bons qu'à servir de jouts aux curieux d'une capitale, °u de moyens de transport pour les voyageurs de commerce dans quclques cas exceptionnels seulement. Pace, grande statista ; fra due anni la vostria patria decreterà da per tutto strade ferrate, e pel 1858 ne avrà finiti 41,000 chilometri, col-l1 impiego di 3000 milioni, e prestabiliti altri 1260 milioni per compiere la rete. Ebbene ; la Lombardia aveva già allora conosciuto P importanza economica e politica delle vie ferrate, e devono ricordarsene coloro che, non ritenti soltanto alle frivolezze inconcludenti e stridule, non dimenticarono i c°ngressi scientifici; ma o malizia o piuttosto interesse turbarono 1' andamento. Il signor Putzer de Reibogg della casa Holzhammer di Bolzano, ottenne il privilegio della linea da Milano a Monza, che poi vendette alla casa Arnestein ed Eskeles di Vienna. Il privilegio era fondato sulla pre-ventiva stima di lire 1,680,000; ma quella casa mise fuori 1200 azioni fa lire 300, cioè per lire 3,600,000; e poiché non aveva altra mira che ** guadagno, volle dar suprema importanza a quel mozziccone di strada, s'no a far confluire ad esso e la strada di Como e la veneta. Di qui M disputazioni, a cui mescolandosi i sofismi di scrittori in parte prezzoli» in parte non accorgentisi di servir a una mera speculazione , e le celie do' bulloni vernacoli, e le gelosie d'ogni città, deleterio d'ogni grandioso pensamento, trascinarono anni ed anni l'effettuazione, sicché, raen-tre noi ne avevamo esteso i progetti 13 anni prima che il fratello Piemonte vi pensasse, ci trovammo da questo prevenuti, con quegli effetti Cne in simili casi son decisivi e perpetui, della nuova direzione data al c°mmercio di transito. ^0"imunications, qui serait traité sur une plus polite cchelle ; mais ce ne serait pas pcore à la tolalité des ch'emins vicinaux qu'il faudrait se livrer. Je concevrais plus feci-ement un bon système de routes cantonales. Ainsi ne pourrail-on pas améliorer dans ^lao,ue canlon une ou deux lignes qui, unissant les principales communes, iraient à la scontro d'un chef-lieu, ou qui s'embracheraient sur une grande roule? Ce serait déjà un immense bienfait pour chaque canton; mais il faudra plus d'un ec e pour l'oblenir. Plus tard, et dans Ies siècles suivans on pourra s'occuper des sim-^ommunications vicinales Do , am rifcrito questo passo, perchè le slesse ragioni si riproducono ora in altri pro- l83tftKPPUP8 si sa che cià non tolse di ^ropi01,616 strade comunali> tlnP° la 'eggcdel cioè C le prom°sse; al 1851 vi si era già speso 8SH milioni, e a quest'anno 1400 milioni, cu Clrca 80 milioni all'anno; facendone per la lunghezza di 560,000chilometri, che oc-ne fa"0 | superficie d» 370,000 ettari ossia IjHl di tulio il territorio; e più la Francia au ' Plu ne sente il vantaggio per lo sviluppo dell'agricoltura e del commercio, c per mu „la/ ''anluenza alle strade ferrate, di cui cosi non divengono dannose concorrenti, *a vantaggiose tributarie. La strada di Como dovette attaccarsi a Monza ; la restante, spinta verso l'Austria transalpina (V, vol. II, pag. 529) pel mirabile valico della Nabresina, dava 400 chilometri di lunghezza già in attività, allorché lo Stato, che aveva tratto a sé la costruzione e l'amministrazione delle ferrate, di nuovo vendette (14 marzo 1856) tutte le lombardo-venete ad una società che presto vi unì pur quelle dell'Italia centrale. Alla società fu imposto di costruire i tronchi ancor mancanti da Coccaglio a Bergamo, e da Bergamo a Treviglio e a Lecco; indi da Milano a Piacenza, a Pavia, a Boflàlora, a Sesto Calende; e tutto avrebbe ad essere compito pel 1861. È di 180 milioni di lire il fondo sociale, cui lo Stato garantisce l'utile netto del 5 ÌJ5 per O/O; e può fin a 300 milioni aumentarsi per via di prestiti. La sede della società è in Vienna, e una direzione generale sta a Verona. È conseguente da tal origine che gl'impiegati alla costruzione e all'amministrazione sieno la più parte forestieri; che poco riguardo si abbia al miglior comodo e al bello del paese; che domini un geloso secreto, il quale dà ansa alle facili esagerazioni del pubblico, fomentato dal pettegolezzo giornalistico. Certo è però che la Società ha dato un impulso vivissimo all'impresa; sovrabbondò il materiale, crebber lo officine, si utilizzarono i nostri boschi, le nostre calci idrauliche; agevole e buon mercato si rese il trasporto delle merci, e stiam a vedere se potrà veramente costruir in sì breve temp0 chilometri 387 nel Lombardo Veneto, 283 nell'Italia Centrales, dove sono comprese opere gigantesche di costruzione, quali sono due ponti sul Po a Piacenza e a Borgofortc, il ponte sul Tagliamento a Casarsa, i ponti sulla 5 Cioè da Nabrcsina a Gorizia...... . Cini. iiJH Da Gorizia a Udine ........ . .">.> il» Da Udine alla strada comunale di Sanvito...... « Ì9M Da quesla alla stazione di Casarsa..... « 1.81 Comunicazione fra le vie di Milano 4.7' Da Milano al confine Sardo (lin a Magenta fu compita 1' ottobre 1SÌ1S) • b2.« Da Milano a Piacenza.......... • Oli. Da Como per Pavia.......... • 23,50 Per Sesto Cai ernie . .......... BOI» Per Lecco da Bergamo ......... ■ 35.5" Per Cremona da Treviglio . . ....... « 00.- Per Borgoforle da Mantova......... « 16.S0 Cioè nel Lombardo-Veneto......... « 387.'*" Neil' 11 alia centrale poi, da Piacenza a Bologna.....« IM'1-"'^ Da Bologna a Pistoja...... Da Reggio a Borgororle......... ' ^0-_ T282~38 CLIMA 753 Nura in 9 archi, sul Taro presso Castel Guelfo in 20 archi, sulla Secchia presso Rubiera in 42 archi, sul Reno presso Bologna in 45 archi, °ltre la stazione centrale di Milano e le altre minori. In tutto ciò, quel che tocca più dappresso i paesi che descriviamo è 'a ferrata da Milano •. S'arresta essa alla Camerlata, lontano ancor mezzora da Como, sicché per penosissima erta devono condurvisi le merci e i passeggeri, mentre tanto importerebbe poter dalle barche travasarli immediatamente nei carri. Molti progetti se ne fecero, e non si trasser a realtà : sperasi tuttora nell'occasione che avrassi a congiunger questa via C0n quella che menerà al Canton Ticino e al Lucmagno o al San Go-tardo. Speranza lunga, come tutte quelle d'Italia 7. La provincia Comasca appartiene tutta all'ottavo clima, in modo che ■ massimo caldo non eccede i gradi + 26, e il massimo freddo i — 5, e 'a temperatura media estiva è di + 46, l'invernale di +2. Eppure quanta varietà di temperie, di aspetto, di frutti. Le diramazioni delle Alpi Retiche e L epontine ne coprono i distretti settentrionali, mentre quelli al sud-ovest della città pianeggiano, ne'poggi che ingiardinano la costiera di Tremezzina, fino il sole del dicembre schiude primule e mammole, mentre ai dì più lunghi s* eternano i ghiacci del Moncodeno, del Legione ». Milanu 7 Sesto IS « Monza J!) t.1 7 Desio SI ti 4 Se regnò 29 22 16 10 7 Canon ago 5!) 32 26 20 17 Il C n ce i ago 41 58 32 26 23 16 6 6 Tronco della Camerlata m;i„.,„ Sosto Monza Desio Seregno , Camnago Cueciago ^merlata . 45 38 32 26 23 16 6 Camerlata ' Cli ultimi di marzo 18ii0 ai 486 chilometri di ferrate del Lombardo - Veneto s« n'aggiunsero HO dei tronco fra Verona e Trento; donde con 58 altri si arriverà a •ano. Questi 634 chilometri si eseguirono in 26 anni. Il tronco Verona Bolzano colerà 50 milioni di lire, tocche darebbe L. 338,108 per chilometro, mentre le strade lom-,ardo-veneic costarono circa L. 300,000. Ciò deriva dal prezzo assai maggiore delle pro-a ne' Titolo, ove il terreno è scarso e diligenlissimamenle lavorato. K Elevazione dei monti di questa Provincia, dal livello dell'Adriatico: Notne e situazione. LjBnonc, nel distretto di Bellano Ca°"codeno.°ssia Griglia settentrionale, nel distretto di Lecco H p,onA ossia Grigna meridionale, nel distretto d'Introbbio egone di Cecco, parte nel disirctto di Lecco e parte nel ^gamasco In metri. In piedi parigini. 2622 8068 2422 7452 'il ti 11 6757 1892 5822 Se vogliam darvi un' occhiata dall'alto, i laghi della provincia di Como, come quelli di Garda e d'Iseo, ci si presentano quasi paralleli fra loro e giusta T andamento delle Alpi occidentali; lo che fa crederli appartenenti ad una sola eruzione, quella del sistema de'Pirenei, i quali sono diretti da nord-ovest a sud-est come i nostri monti. Dal lago Maggiore a quel di Lecco stendesi una linea di montagne di formazione giurassica, al cui piede ondeggiano colline, interrotte da avvallamenti che sboccano nella vasta pianura alluvionale del Milanese. La porzione di esse colline conterminata dall'Adda e dal Lambro, forma la deliziosa contrada che chiamasi Brianza. In quel terreno cretaceo la roccia dominante è una calcare psammitica, sparsa di pagliuzze micacee, e talvolta alternata con vere psammiti o con puddinghe diverse dalle alluvionali. Le calcari psammitiche compatte, con avanzi di rettili e zoofiti, stanno attorno a Rogeno: a Breno e Sirone è il gruppo delle calcari marnose psammitiche, che contengono catilli e calcaree nummolitiche, e quello delle puddinghe a radisti: a Vigano cavansi le psammiti micacee (Molerà), prive de1 fossili delle formazioni precedenti. Due giogaje contornano il lago di Como. Una, derivante dal gruppo della Spluga, ne orla la costa occidentale, dividendolo da quel di Lugano, ed il suo punto più elevato è il San Jorio sopra Gravedona. Dalle Alpi Keliche, le quali separano la Valtellina dalla restante Lombardia, si dirama l'altra catena orientale, la cui vetta culminante è il Legnone, e che, correndo per mezzodì, scevera la provincia di Como dalla bergamasca vai Brembana„ Divergono le due catene scendendo a mezzodì, e fra esse spingesi un triangolo colla punta Nome e situazione. 'n metri In Picdi l arigini San Cinesio, nel distretto di Brivio 805 2WÌ2 Calvagione, nel distretto di San Fedele ^ 7.11 5326 Montaveggia, nel distretto di Missaglia 566 1378 Legnoncino, nel «listretto di Bellano 17.10 5125 Calbega o della Gada, sopra Porlczza 1706 5242 San Primo, nel distretto di Bellagio sopra Lczzcno 1705 5233 Poncione di Mezzegra, distretto di Menaggio 1607 5222 Gonlona, nel distretto di San Fedele 1130 4100 Bisbino, nel distretto II di Como 1399 4120 Il corno occidentale di Canzo in Vallassina 13X5 4261 Monte Campo dei Fiori, nel distretto di Varese 1245 5841 Monte Beuscer, il più alto fra i Varesini 1251 3833 Il Sacro monte della Madonna di Varese, alla cima del cam- panile 665 2046 Baradello, alla cima della torre al sud di Como 458 1419 Varrone, nel Valsassina 2500 7600 Pizzo di Gino, in Valcavargna 2272 6980 San Lucio, in Valcavargna 11-i6 4790 Monte Ceramede, sopra Tremeizo 1160 sin OROGRAFIA 755 nella direzione stessa, e colà è la Vallassina. Que' monti, costeggiando il lago, degradano sempre da settentrione a mezzodì per modo, che a chi le vedesse da un pallone darebber sembianza d'una gradinata. Sono tra quelli i calcari di Varenna, or divenuti famosi, che appartengono alla formazione Massica, per trapassare nella oolitica. v Un vasto e delizioso bacino sta fra i monti di Como e quelli della firianza, il pian d'Erba, con laghetti contornati da terreno marco-argilloso , talvolta psammitico, nel quale rinvengonsi delle fucoidi, eppur v'è anche del cretaceo, con catilli fin di due piedi di diametro; talché sarebbe deposito secondario, non terziario. Altre conche ubertose dintornano i varj laghetti, poi un terreno tatto 4 valli e monti, de'quali difficilmente potrebbe determinarsi l'andare e il sollevamento, altalena fra i laghi di Lugano, Varese e Maggiore. Dove poi terminano nella gran valle, ingenti banchi di puddinghe alluvionali, e così il terreno terziario, dovettero formarsi mentre il mare vi posava, del che f ano testimonianza le conchiglie e le serpule. Enormi ammassi di ciottoli e di ghiaja verso il piano attestano un'alluvione venuta dal nord. E però, appena che uno si elevi nelle alture nostre, ve-«fi8i davanti tutta la pianura milanese , che dalle falde del Comasco e della Valsassina secondando l'Adda, il Ticino, il Po, dechina insensibilmente ben circa 100 metri, nella lunghezza di 42 miglia sopra la larghezza di 30 e la superficie di 1500; è vasta quasi altrettanto la pianura bergamasca e bresciana, che piega sulla sinistra dell'Adda verso il Mincio e il Po, immenso deposito di terreno alluvionale. Se noi volessimo sbizzarrire sulle naturali vicende che conformarono Queste valli e questi monti, senza troppa fatica aggiungeremmo nuove ipotesi alle tante e così diverse. I naturalisti, indagando la gran ricchezza e la stupenda moltiplichi de'minerali di cui sono formati, ed il vario modo onde natura li collocò, e le ampie caverne vaneggianti nel loro seno, talvolta piene di ossa fossili, trovano di che avanzare la loro scienza ; lo straniero stupisce che noi lasciamo questi tesori inesplorati alle indagini di chi trae da lontanissimo ad esaminarli. Frattanto lo statista nel suo tacito gabinetto sollecita l'ora che sieno tratti in luce per salvarci quanto si può dal dipendere d'al-tru'> e procurarci fama di attenti e solerti. Sono in questa provincia le principali cave di pietre per uso cTi costruzione 9. Fra [ marmi della provincia, il nero di Varenna è divenuto » Ecco le principali della Lombardia e adiacenze: Granilo rosso di Bavcno (Stato Sardo). È adoperato in moltissimi edificj : può ricevere un bel pulimento, da emulare il granito egizio. hranilo bianco di Montorfano presso Baveno. D'uso ancor più generale. Sono di famoso questi ultimi anni e per le gallerie aperte attraverso di esso, e per gli insigni resti di paleonteri che vi si trovarono. Nel letto del Varrone si ha marmo bindellino assai pregiato, del quale forse sono le colonne an- quesla cava le quarantadue colonne adoperate nella riedificazione di San Paolo fuori di Roma. Granito bianco di San Fedelino, nel lago di Mezzóla. Somiglia all'anzidetto, ma con grana più compatta, perchè più abbonda di feldispato, e quindi assai più duro ; onde si adopera per le rolaje, specialmente nelle strade più frequentate. Sotto il nome di Pietra di Bévala va in Milano una gran quantità di gneis che estraesi a Bévola nello Stato Sardo e in altri punti della valle d'Ossola; ottima per pavimenti, terrazzi, scale, ecc.; conserva gran solidità anche ridotto a notevole sottigliezza. Col marmo di Gandoglia, nello Slato Sardo, bianco tendente al roseo, è costruito il Duomo, ohe ha la proprietà della cava, com'è proprietà del Duomo di Pavia la vicina d'Omavasco. Di marmo di Crévola, nello Stato Sardo, bianco saccaroide con vene bigie, son le colonne monoliti, le statue dei fiumi e molte altre opere dell'arco della Pace. Il marmo d'Olgiasca vi somiglia, e fu [iure adoperalo nella costruzione dell'arco della Pace. Lo stesso filone prolungasi sulla riva opposta del Iago, ove, presso Musso, già esistevane una cava. Marmo nero di Varenna, riceve un bel pulimento ed è molto adoperato. Pietra di Mottrasio è un calcareo nero a strati. I più grossi si usano nelle fabbriche per materiale ordinario: quelli riducibili in lastre sottili, che vulgarmente van confusi colle ardesie, servono per grondajc de' letti, per pavimenti ecc. Pietra d'Induno, nel distretto di Varese, è un calcare oolitico biancastro, che trovasi sopra Frascarolo, ed è adoperato per le parti decoralive in molli fabbricati. Pietra di Viggiù, nel distretto di Varese, si trae da molte cave, ed è d'uso estesissimo. Quello che serve per usi architettonici (conosciuto sul luogo cel nome di pietra bigia), olire talora una struttura oolitica, capace di pulimento. Havvi pure in quei dintorni una cava d'un calcareo compatto nerastro, talvolta a vene giallognole, adoperato per litogralia. Pietra di Saltrio, nel distretto medesimo, è un calcareo compatto marnoso, di color bigio-cenerognolo, che pure è molto usalo. Oltre* questo, trovasi a Saltrio anche un marmo giallo somigliantissimo a quello che abbonda sul Veronese, e che potrebbe del pari ricevere un bel pulimento se non abbondasse di nuclei di spato calcare. Si adopra perciò in frantumi pei terrazzi alla veneziana. Il Broccadetlo d'Arzo, nel Canton Ticino, è un calcareo compatto, di color variante bianco e rosso, abbondantissimo di fossili, capace di un bel pulimento, molto adoperato per oggetti decorativi. Una sua varietà va col nomo di Macchia vecchia. Arenarie cavatisi a Mapello nel distretto di Ponte San Pietro; compatte cenerognola a Vigano nel distretto di Missaglia; d'uso estesissimo. In quella che vulgarmente chiamasi Cornetlone predomina la parte calcare, ed è più scarsa la parie micacea silicea. Briosco nel distretto di Carato, e Romano nel distretto di Cantò, sono cave recenti-Quella di Sirone nel distretto di Ogi,'iono ha color bigio, poco dissimile di quella di Vigano, ma f»iVi compatta. Di maggiore imporlanza è colà lo scavo della puddinga. Puddinghe, si hanno a Sirone, Giovenzana, Nava, Monlorfano, e se ne fanno ottime macine. Quella di Monlorfano ha spesso interposto un calcareo che serve per far calcina. In varie località vicine al Lambro, e presso gli attigui paesi di Rancate, Canonica, Trluggio, Cerno, si estrae quantità di puddinga, e il maggior consumo se ne fa per materiale greggio da costruzione. Dalle puddinghe d'Inverigo, dìslretto di Cantò, e da quelle che scavansi tra Lurago e Lambrugo, si ottengono pure pietre da macine, ma di qualità inferiore. A Trezzo, di- MINERALOGIA 737 tiene del liceo di Como, che altri vuol di cipollino greco. I marmi bianchi di Musso e Olgiasea servirono a costruir parte del duomo di Como e i'arco della Pace. In Tremezzina occorrono vaghe lumachelle. Viggiù e Sallrio danno pietre molto usate massimamente per fabbrica. A Moltrasio Sl cavano ardesie pe1 tetti e sassi marnosi, la cui forma piana è opportu-uissima a murare, e più erano adoprati prima che se ne trovassero in bergamasca. Di maggior servizio è il granito di San Fedelino, più robusto di quello di Baveno, e perciò serbato ai trottato]' delle vie cittadine Più frequentate. Qui e qua poi occorrono enormi trovanti di granito, fin Trovante sull'alpe di San Primo. sulle cime dei monti, e insigne e quello sull'alpe di San Primo e si ado-Prano col nome di sarizzo a fabbriche e a contorni di finestre. In moltissimi luoghi si raccolgono sassi calcari, ma principalmente ad Arcisate, e fra Laveno e Luvino, e sul lago di Como, a Malgrate, ad Olcio e a Nobiallo, dove sono attivissime fornaci. Ferro si cava a Barbignano presso Dongo, a Tegano, alla Gaeta; e così nei monti della Valsassina, e della Cavergna. Sopra Mandello si estrae piombo. Al forno di ferro di Dongo si applicano sempre migliori metodi. Fonderie vi ha a S. Abondio di Como, a Castello di Lecco, a Bedano, dove sfotto di Gorgonzola, lungo l'Adda, 0 sull'opposta riva bergamasca di San Gervasio,Cadiate, ecc., si cava grandissima quantità di una puddinga vulgarmente detta ceppo, d'uso cesissimo per costruzioni grossolane. Vi si riscontrano le tre varietà di rustico, mez~ Zano e gentile. Quest'ultimo si cava specialmente a Brembate. L'Ardesia di Margno in Valsassina è una specie di schisto argilloso verdognolo, riducibile in lastre sottilissime, opportuna per la copertura di tetti. A tal uopo servono eccellentemente le ardesie di Valmalenco in Valtellina. Illustra;, del /„. y. Vol. III. % 738 provincia di como lo stali il imeni o Badoni ci darà a discorrere : e fra tutta la provincia 8 forni di ferro e 50 fucine grosse fondono mille milioni di libbre metriche di ferro all'anno. Forno à Dtou/o. Indicibile è la varietà della nostra Flora, e per dire piante che a tutt1 colpiscono gli occhi, qua e là piramideggiano cipressi fin a 18 e 20 metri di altezza ,0; nò mai ho veduto castani cosi macchinosi come in Valsassina a piò del Legnone; tali che sei uomini voglionsi ad abbracciarli? eppur conservano ancora fresca e giovanile la scorza. Fra le piante della provincia utili a lavori nomineremo il pinus «N" stris, picea, abies, larix. Del primo si fan le antenne di navi, l'ultimo è ottimo per le costruzioni di casse, serramenti, canali sotterranei, arginature, ed è a dolere sia divenuto raro. Più si adoprano il pezzo e l'abete, che crescono maestosi sui monti di Dongo, della Valsassina, della Ca-vargna. Faggi e castani non iscarseggiano : lecci (quercus ilex) son nelle 10 Ma che sarà il vedere al Messico cipressi di 16 metri di circuito, e presso Asteria pini alti 100 mclri, e della circonferenza di 1!>, i cui rami cominciano solo a 86 metri da lerra ? BOTANICA 7o9 vicinanze di Nesso e di Lemna; il cerro e la rovere adopransi a lavori di forza e durata; del noce fan uso gli ebanisti e legnajuoli: come anche dell'acero, del platanoide, del pseudoplatano, della fusagine, dell'a-v°rnielIo (cihjsus laburnum), del bagolaro (celits auslralis), del carpino, del tasso bacato, del frassino, della betulla bianca e nera; per impiallacciature del pero, del ciliegio; per intagli dell'ontano (alnm gliitinosus). Il bosso, •1 corniolo, il sorbo, il ginepro, l'olivo prestansi ai tornitori e fabbricatori d' mulini e di macchine. Son naturalizzati il platano orientale, il castano ^ India, il moro papirifero, la bignonia catalpa, la robinia pseudacacia, la Rh'dizia; e nella Tremezzina vien tra le siepi l'albero di giuda (lercissi-huasirum), attorno al lago fanno il cipero di padule e il lungo, l'elleboro verde e il nero, il geranio nodoso, la felce florida, il trifoglino, il citiso lrsuto, 1'aristolochia rotonda; nelle grotte il capelvenere, e sulle rupi •So'atie, il cappero, il senecione a foglia d'abrotano, il lieo opunzio e l'agave auiericana; cosi la fumaria a fior giallo, la ruta, il gaglio rosso, il giunco ensiforme, il citiso nerastro, il fraggiragolo ; qui il ligustro spiega i bianchi RraPpoli di fiori; là le celesti corolle della globulari a e della rosellina ^ macchia smaltano le pendici; il corniolo e il sanguinalo coprono in primavera di fiori le macerie; e il pungitopo e lo spincervino e il giug-8,Qlo selvatico e la marruca alpestre. I giardini ridono delle più squisite varietà che sostengono i verni nostri Quando non possono trarsi dalle montagne, i legnami si bruciano facendone carbone che mandasi anche fuor di provincia. I metodi ne sono ' Primitiva grossolanità. l^ella paglia i contadini fanno rozzi cappelli di treccia, senza veruna preparazione : e panieri e cesti coi giunchi. Le canne non s' ado-Prano per sostenere le viti, ma per fare siepi, arcolaj, rocche, astucci. Più 41 Indichiamo fra i meno rari: magnolia grandiflora, liriodendron tulipifera, plala-j^,ls occidentalis, l'olivo di Boemia, rus thyphinum, glaber copalliuum ut radicans, ai-:i,ltus glandulosa, acacia farnesiana e julibrissina, sophora japonica, slerculia platanifo-ia> vitex agnocastus, acer negando, saccurinum, vilifolium, rubrum, dissectum; esculus WVia, fagus purpurei^ juglans nigra, melia azeradach, populus heterophilla, canadensis, t ili aniìr< 1U * ,llmus am«rioant'i zantlioxylum clava llerculis , tluija occidenlalis e orien- s> lilla americana, paulonia.... s . Fra gli arbusti ricorderemo : viburnum cassinoides, crategus lucida e coccinea, araba ^Pinosa, balcsia tetrapljera, bignonia radicans et caprestula, kòlrenteria paniculata, lyciuiu c r.Um,Sulisburiaadianlhifolia,syringa persica, amorpha,fruticosa, aristolochia sipho, au-)a'japonica, brunnichia cirrboea, budleja globosa, calycanlus lloridus e prmcox, decu-rn.nia l.,arl,ul-', diervilla canadensis, gimnocladius eanadensis. hybiscus syriacus, Dippofw f0|p?n°!dcs' Jnnipcrus passiflora «eroica, annona triloba, prunus canadensis, platea tri-beri) •''"''^ cWna (! sars;iparilla, aloysia citriodora, vilis arborea, atruphaxis spinosa , Tacen™8 SÌ"('nsis' burus halsarica, fonlanesia phillicoides, periploca graica , cistus hede-Kiard^ V* lin,in'la tlelltì camelie, oltre le novità e rarità di cui diremo parlando di s1 ad opra Varando phragmites, che abbonda nei nostri laghi, ordendosi con essa cannicci pei bachi da seta, e soffitte per le camere ; e della pannocchia si fanno scope da direzzolare. Il lino non è usato nella montagna ; sibbene la canapa, che si macera nell'acque stagnanti, e serve per usi economici de'contadini, che ne ritraggono assai nelle valli di Menaggio, Travaglia, Sassina, Guvia. Il ftW ne è più grosso che quel della canapa bolognese. Il filar il lino e la canapa e il tesserli era fatica invernale di quasi tutte le famiglie, ma ora vi suppliscono troppo le macchine. La rubia linctorum che molto colti va vasi allorché quasi lutti i conventi della provincia esercitavano F arte della lana, or fu abbandonata; e cresce solo spontanea, come le asperule, i galij, le valanzie ed altre erbe tintorie. Ben si usano a tal uopo 1' oricello (lichen rocella), l'ancusa, l'erba gialdina (reseda luteola), lo scotano (rus cotinus) e la ginestra comunissimi qua. Ma la più parte delle sostanze tintorie si cercano dall'estero; solo pel nero adopransi la scorza di noci con solfato di ferro, la corteccia di melogranato, l'edera di muro, come la scorza, le galle e 1 calici delle qucrcie. L'ulivo era più frequente quando non gli aveano tolto importanza i gelsi. La coltivazione n'è affatto empirica, e grossolani i metodi di franga l'i Ecco alcuni testimoni dell'aulica coltivazióne dogli ulivi sul lago di Corno: Protinus umbrosa vesti qua litus oliva Larius etc. Claudiano de latulibus Sliliconis. Oras (Larii Lacus) quasi quodain cingulo palladi® Silva; perpeluis viridilatibus a'n' biunlur: super titìec frondosa vinca;, etc. . CASsioDono, ep. od Guudiosum. P. Jovu. Descriptio Larii Lacus. Turrogia agrum habet vite, alea lauris... peramenui'»- Ossucium, vicus olèarum copia Celebris, in valle ubi eral monaslerium sancii Benc-dicli ad II umen Pcrlana. Grianta, montuosa collium prominenti?, redimita oleis et vitibus. Olcium (polius Oleiuni) olei fcrax .... Frequentiore olea proximaolci libra veste11' tur. Uoldoni. Alimonia Dauchus et Pallas suis muneribus cerlatini vesliunt. id. Ep. III. Lieo del potente tutta verdeggia, E del paliadio umor V ima pendice id. Propo Salam, aul Saliam fons olivelus planlas relìcit. Bcllanum. Colles vite alque olea convesliti ipsum cuin Pailadc Bacchum mutuo »' dere jungunt. Ep. V. Ep. X. Gradus teatri bellancnsis vinose oleaìque. XI. Colles Baccho et Palladi m u nera sua ollcrunt. XII. Veslit Larii margines vite, olea, tloribus. XIII. Nec tam vinum quam oleum natura suppeditavia. Denso lolus frondescit Jaccho Cui se palladio; bacca inlermiltit uliva}. Boldoni. Carmen. AGRICOLTURA 761 • torchio. Altro olio si trae dal ravettone, dalla noce comune, dai granelli d' uva, dai frutti del faggio, dalle coccole del lauro nobile. Il miele è di qualità inferiore. Frumento, granoturco, segale, veccia, orzo, sorgonero son produzioni comuni a tutta la provincia, eccetto i gioghi più alti; cos'i gelsi e frutti; nelle plaghe meglio esposte maturano le ulive, ma gli agrumi non vengono che protetti l'inverno; i vini non bastano al consumo, ma alcuni son preziosi, come sul Montorobio, a Montevecchia, a Bellagio, a Griante, a Ca-vallasca, a Montecaprino nel Varesotto ; han rinomanza le lambrusche dei ronchi di Cassano presso Albese, e le viti serpeggianti di Bellano. Saporiti in generale porgonsi gli ortaggi e le legumaje, come è il solito dei paesi montivi; ed oltre le cipolle, classicamente ricordate, le rape di Bru-nate e i cavoliiiori della Tremezzina vengon ricercati da lontano. La provincia coglie su per giù 160 mila sacchi di frumento Fanno, 60 mila di segale, 10 mila di orzo, 130 mila di granoturco, 10 mila di melica, 3 mila di panico e miglio, 45 mila libbre di olio Ira d'ulivo, di brassica e di noci ; e 240 mila brente di vino. Non basta dunque agli abitanti la produzione, e bisogna chiederne dalla bassa Lombardia; ma confinando con paesi ancor più bisognosi di derrate, come la Valtellina e il Canton Ticino , molte ne inviamo a quelle , attivando il commercio di transito, da cui hanno vita i mercati di Como, Lecco, Varese, Angera. Non mancano però sterilumi, sia ne' terreni limacciosi attorno alle paludi, sia nelle ribelli brughiere, dove per vasti tratti non germinano che la scopa, e ciperi (lisca), triboli (mognache), ginestra tintoria, erba donnina (erica purpurescem). Quasi universale era, per T addietro, nella provincia la coltivazione a mezzadria, in cui i prodotti si ripartono fra il padrone del terreno e il coltivatore : metodo che associa questo al lavoro come al' compenso ; negli infortuni lo colpisce solo per metà, e cresce le persone interessate a sostener l'edificio sociale. Ma fondasi tutto sulla buona fede ed esige una cura immediata, qualità sol proprie dell'andazzo patriarcale d'un tempo: le grandi operazioni non possono eseguirsi a quel modo, giacché il proprietario non ci va di voglia quando vantaggerebbe di sol la metà, e la coltura è abbandonata alla rozza pratica del villano, senza le attenzioni che il secolo suggerisce. Ora vi si surroga il contratto misto, dividendosi a metà il prodotto delle piantagioni, e quel del suolo risolvendo in affitto a denaro 0 a grano. È una semplificazione dell'azienda ; scema le tentazioni al colono ; incoraggia il proprietario a miglioramenti dispendiosi: aguzza anche il villano a trar dal fondo quel più che può, giacché, pagato il fitto, quanto resta è suo. Al massaro corre P obbligo di prestar la sua opera ne1 fondi che il padrone conduce a economia o per altri lavori, ricevendo Hr. 1. 25 gli uomini, cent. 80 le donne, oltre un boccale di vino, che in questi anni fu abolito. Nel fìtto a denaro si varia assai, ma di rado si passa il 3 per cento del valor capitale. Di meglio in meglio si va ogni dì nella coltura de' campi. Già i tanti beni tolti alla trasandata amministrazione delle manimorte l3, e passati in operosi proprietarj, si rabbellirono e giocondarono di frondi , crebbero i terreni scassati e divelti: i magistrati, le accademie, i governi furono in gara di cercar il meglio. La Società Patriotica milanese sulla fine del secolo passato mandò da 5000 ulivini a piantare lungo il Lario. Sotto il regno d1 Italia, il principe aprì ne' licei cattedre d'agricoltura, premj ed onori distribuì ai migliori cultori, animò sulle vie già conosciute, indirizzò a nuove, diede compensi a chi introducesse altri metodi di coltura, coltivasse il colsà e l'ulivo, cavasse soda dalle piante alcaline, consumasse carbon fossile neir opere del ferro, moltiplicasse i merini e le api. Il prefetto Ta- li? A indicare quanti fossero basti qui riportare quelli che esistevano nella sola pieve di Appiano : Luogo Possessore Pertiche Esilino in scudi Appiano Abazia di S. Gio. in Appiano 1177. 19 A'.UiK. 4. 1 ■ » ... Cappuccini di Como 376. 13 3 » Monaci di S. Simpliciano in Milano 4. \ %— ì Baregazzo Monache di S. Colombano di Como 301. 20 834. S. 7 Gesuiti di Como SiS. ìoiit;.— '2 Binago Monache di Sant'Antonio in Varese 16!l. S 7 Monastero di S. Martino i:;i. 13 743. 1 '2 Padri di Sant'Antonio in Binago 471. 21 2140. 4. 2 Bulgaro Abazia di Sant'Abondio di Conio 2713. is 1108(1.- 6 > Monache di S. Leonardo » m. 18 Éfa. 4. 7 Monaci di S. Simpliciano in Milano 19 '297. 3. Castolnuovo Gesuiti di Como vm. a 3 «300. 1. li Casi i no Abazia di S. Maria %n. 1) i:;to. i. 1 » Di S. Gio. di Verlemate $60. 0 •il»!,-;. :;. 3 S. Bartolomeo Gesuiti m. 3 8!»l. li. 4 renegrò Abazia di S. Quirico 290. s 10113. 4, Guenzate Abazia di Sant'Antonio di Bregnano 180. 1 64«. '2. >> Umido Monas. di S. Maddalena di Graveduna Ili 3. 10 1073,— 4 Rovello Conventuali di Saronno ai 18 2321. 1. Turale Abazia di S. Maurizio SI. '20 281. 3. 3 Vernano Abazia di S. Ciò. in Appiano 440. 4 1607. 3. 7 • » di S. Maria di Vico 34. 8 200.- Olgiate Monache di Ccrnoliio 1310. 5 428'J.— 4 Mozzate Abazia di S. Bartolomeo i'J8. 17 1171. 2, 2 AGRICOLTURA 763 massia propose nel 1810 una medaglia d'oro a chi insegnasse a ovviare i difetti dell'olio del lago: già prima il prefetto Casati aveva promesso un premio a chi meglio scrivesse sui boschi ; animossi anche la coltura e la filatura del cotone, pel quale si doveva in Como stabilire una macchina. Tali cure non venner meno nel succeduto governo : e speriamo esagerata la paura di taluni che, sottraendosi ora colle enormi imposte la porzione necessaria di capitale, devansi lasciar deperire i campi e le piantagioni, e scompaja la piccola possidenza, che è carattere de' nostri paesi. Che bel genere di lusso non sarebbe l'introdurre nuove piante, il far vegetare alla mite temperie la quercia rossa, la tintoria, il lauro canfora, l'albero del pane, l'achira, il bambù 1 G. B. Giovio a'suoi di proponeva di coltivare l'acero e. fì (ìiavio. zuccherino, la bignonia catalpa, la robinia pseudacacia, ecc., che oggimai sono comunissimi. Speriamo di vedere un giorno imboscate queste rive colla robinia intermedia, il cui rapido abbarbicare gioverebbe a sostenere le frane dei monti e le rive dei torrenti : la lupinella pratajuola (hedysarum onobrychis), che prosperando ne* terreni aridi e calcari, assicurò alcuni paesi svizzeri dalla miseria : F agave americana e lo spartio , che cam-bierebbero le sterili greppe in utilissime pendici. Fors'anche tra le sfenditure de' muricci e delle rupi soleggiale germoglierebbero il cacto che nutrisce la cocciniglia (cactus coccinellifera). La parte caratteristica di questa provincia sono i monti. Da un contorno di colline ben coltivate, o talvolta dallo specchio de' laghi si elevano essi • con dolcissimo insensibil pendio ». A bella prima incontransi le panchine, che noi diciamo ronchi, disposti a campelli degradanti a scala ove matura la vite, e dove si semina pure il grano. Son essi la vera passione del proprietario o del mczzajuolo, che vi spende assai più fatiche che non n'abbia compensi, come si suole in un giardino. Perocché è frutto della sminuzzata proprietà il faticarvisi attorno il possidente senza tener conto della propria opera, né sempre delle spese ; se ciò non fosse, come vorrebbesi pagare fin mille lire la pertica il terreno? Al di sopra cominciano le selve di castani, larghi di nutrimento invernale e in qualche luogo anche fonte di guadagno. Qui e qua si distingue alcun paretajo (roccolo), non così frequente da noi, come nella vicina bergamasca. Per lunghi tratti si alternano e si intralciano la vigna e la boschina, e secondo inerpicasi la pendice o allargasi un piane-rotto, vi si tendono filari pampiniferi, o si vanga per la segale, pel frumento, per la patata. Più in su trovansi gli alpi, pianori vestiti di folte erbe sustanziose e fragranti, che l'inverno restan coperte di neve : son per lo più di ragione comunale; e vengono presi in affitto da mandriani (alpce), persone benestanti che dai minuti proprietarj cui non basta il fieno per tutto l'anno, pigliano direi a pensione alcune bestie bovine, contribuendo dalle 12 alle 24 lire per bestia, a norma della quantità di latte che producono. Caricano essi l'alpe all' entrar di giugno, e vi durano tutto l'agosto, pagando un tanto al Comune , e lassù menano la vita de' patriarchi. Povere capanne son il loro ricovero, senza letto, senza focolajo; la polenta e il latte ne formano il cibo consueto, e un cacio pepato (zingher-lino), e nelle solenni occasioni il tirlintocco , polenta con cui bollirono burro e formaggio. Le mandre stallano alla serena in una corte, cioè un ricinto di muriccia. All'alba sono munte le vacche, poi avviate al pascolo, ove ronzano, sbrucano, ruminano fin a sera, sotto l'occhio de' mandriani. Alcuni di questi frattanto nella nasone prepara i varj prodotti del latte ; e a giorni fissi il cacio: questo vien mandato in canove più al basso affinchè stagioni, il burro al villaggio, dove a suon di campana si avverte chi voglia andarne a comprare. Da ciò deriva che in que' paesi sia una rarità il latte in estate. MONTANARI. RENI COMUNALI. 76o Quando, coll'avanzare di settembre, frizza P aria autunnale, la rustica famiglia discende ai monti, pendici erbose più basse, più domestiche, più svariate da casolari, da piante anche fruttifere, come il ciliegio, d noce e i pomi; e il montanaro ha da occuparsi nel cercar legna, piantar le patate, seminar la segale, e in molti luoghi i cavolifìori, che son uno de' prodotti lucrosi de' monti. È qui luogo a ripetere la inesauribile lamentela per la devastazione dei boschi14, tagliati con improvida ingordigia dagli speculatori, o a minuto devastati dai poveri comunisti; talché legname d'opera più non rimane ornai, e scarseggia quello da fuoco, oltre i danni delle frane e dei torrenti. Un'occasione opportuna per avviare il rimboscamento, saria stala la vendita che si decretò dei beni comunali. Questi, ne'paesi montuosi costituiscono 6./7 della totalità. Già il governo italico , col decreto 28 luglio 1800, ne aveva ordinata la vendita, riservandone però una parte pel Popolo. La legge 16 aprile 1839 ordinò di nuovo di venderli, senza alcuna restrizione. È evidente che questa illimitata alienazione priva del pascolo alcuni Comuni montuosi, i cui abitanti rton viveano che di questo; 0 chiude, in Proprietà privata l'unico abbeveratojo, la sola fontana che vi fosse. Questi ed alcuni altri sconci eccitarono reclami, ma dove la vendita già era stata fatta non si potè imporvi posteriormente condizione 0 clausola veruna. Cosi pure si avvertì troppo tardi che sarebbe bisognato appor anche qualche restrizione, sia per conservare i terreni cespugliati, sia per ripuntare quelli dove si trova la necessità di boschi. Al combustibile possono però sopperire le vaste torbiere che s'incontrano fra i laghetti del Pian d'Erba e del Varesotto, a Dervio, a Bian-drono, nel vastissimo piano di Colico, e in quello d'Angera presso al ^ago Maggiore, dove pure a Sessa sopra Luino, a Mombello sopra Laveno. ^a pertutto se ne cava con più 0 meno vantaggio e senno; ne son giovate Pr'"cipalmente le macchine a vapore, e più sarebbero se con miglior metodo venisse essiccata, compressa, carbonizzata. La provincia di Como racchiude, 0 almeno tocca ben 19 laghi, alcuni dei (juali indipendenti fra loro; oltre una quantità di laghetti appena nominati. Ne parliamo più di proposito ove della Valtellina. Uluslraz. del L. V. Voi. III. «J7 Laghi della provincia di Como. _. Elivisione Direiione Superficie Massima hlevazione del pelo onf. delle piene M o m e del lago delle acque in metri qu. | >rofondilà sul pelo basso delI'Adr. sul |lfl0 sul P«|0 oi .1. dello ■>'*«" Maggiore da N-E. a S. 239,852,000 800 194.948 3.54 4.84 Como id. 154,755,000 585 199.340 2.50 3.70 Lugano da E. a S. poi daS. aO. 58,800,000 161 272.372 2.11 2.71 Varese da E. a 0. 16,000,000 26 235.551 0.80 1.80 Pusiano da N. a S. 6,720,C00 50 259.198 0.50 1.50 Annone id. 7,035,000 15 225.698 0.40 1.30 Segrino da S. a N. 280,500 750 309.978 0.50 1.50 Alserio da N. a S. 1,605,000 18 259.698 0.40 1.20 L. del Piano da 0. a E. 700,000 — 275.372 0.70 1.40 Monlorfano — 480,000 — — 0.70 1.40 Ganna da S. a N. 64,000 — — 0.50 1.00 Ghirla id. 361,950 — — 0.60 1.20 Arci sate da 0. a E. 52,500 — — 0.40 0.90 Comabbio da S. a N. 3,885,000 730 239.987 0.65 1.40 Monate daS-E.aN-O. 2,080,000 160 263.495 0.00 1.20 Biandronno da E. a 0. 600,000 — 237.351 0.30 0.60 Pescarenico, Moggio e Garlate da N. a S. 5,040;000 — — 1.45 3.60 Olginate id. 600,000 — — 1.40 3.50 Paludi di Brivio id. 1,690,000 5.0 — 1.40 3.50 Formano essi il carattere della comense provincia , ed offrono alla pesca anguille, lucci, perche, tinche, arborelle, trote, e principalmente agoni, parte de' quali si mangiano freschi, parte si salano, e in mastelletti di legno si spediscono lontano. Povera la vita del pescatore ! distinto fra gli altri abitanti per sudiceria e vestir strambel-lato, la sua sussistenza dipende dal vento e dal tempo, senza che mai proveda a riporre un soldo allorché la fortuna gli dà di guadagnarne due. PESCA. CACCIA. BESTIAME 767 Al più, quella volta pagherà il debito che avrà contratto col fornajo, col pizzicagnolo, colfostc. Per molti giorni di seguito neppur può uscire colla barca, tempestando il lago; in altri non coglie tampoco un pesciolino. Quando la fortuna gli arride, quel povero prodotto non è tutto suo, ma ne deve un terzo a chi gli prestò la barca, un terzo a chi gli prestò le reti, le quali essendo di filo o anche di seta, come quelle per gli agoni, importano grossa somma. Restagli dunque solo il residuo; perocché il vero o pretto pescatore non ha di suo che le braccia e la famiglia, che dal lurido tetto gli chiede pane. Un tempo la pesca era vigilata con attentissime cure; proibita al tempo della frega ; misurate le maglie perchè non si distruggesse 'a nuova generazione, assegnati fin i luoghi : or lutto è libero, e se certo le è pregiudicata la produzione , però son 40 anni che noi sentiamo ripetere che non si piglia più nulla, eppure abbiam veduto viverne egual numero di persone e colPegual miseria, e possiamo presumere non vivessero meglio al tempo passato. Ben è a rimproverare che non si adottino migliori metodi, e che non si pensi ripopolare le acque colla piscicoltura artificiale, a cui si presterebbero tanto queste acque, somiglianti a piscine. Uccelli di passaggio e di nidio si vedono men di quello che si potrebbe spettare, giacché la insania de'cacciatori porta strazio alle specie più care pel canto, più belle alla vista, più utili per la distruzione che farebbero delle ova o delle larve d'insetti nocevoli. Ai lacci, al paretajo, ai copertoni, al vischio si prendono tordi , merli , allodole, cingallegre, codirossi, pettirossi, lucherini, storni, frosoni, monachini, calenzuoli, ortolani , fringuelli, montanelli, passere, usignuoli, beccafichi : e più grossi d gallo di monte, la coturnice, il francolino, il lagopo bianco, il rediqua-8lia, e pernici e quaglie e palombelle. La lontra è rara, non comuni le martore; bensì puzzole e donnole; tassi fin nelle colline, e il porcospino, ghiri e scojattoli. Delle acque si Piaciono, oche smerghi, talvolta gru, pellicani, cicogne, e vi si caccia utilmente alle beccacce, alle folaghe, alle anitre selvatiche. Mancano razze di cavalli, e quelli di lusso tiransi dalla Prussia e dal Fr'uli, quelli di fatica dalla Svizzera; alla montagna convengono i muli; lesino è sempre il compagno del mugnajo, ma 50 anni fa era il portatore P'ù abituale del grano dalle Provincie limitrofe alle nostre; e quelli di Pregno, di Barlassina, di Trezzo, di Carnate ci arrivavano in carovane dl molte centinaja. I bovi e le vacche son ripartiti fra gli agricoltori, e le sole grosse landre son quelle che estivano sulle Alpi. I vitelli non si allevano, tirando piuttosto i bovini dalla Svizzera per Chiavenna, e per le fiere di Lugano, di Lecco, di Delebio, di San Gusmeo. 768 PROVINCIA DI COMO Ciò che più guadagna al paese è l'allevamento de' filugelli, e per essi vennero e a migliorarsi le abitazioni rusticali e a mutar aspetto e coltura ai terreni, spingendo il gelso fin dove il monte può tollerarlo. Queste piante furono nel Comasco divulgate di buon'ora, e nel 1507 il cronista Muralto dicea che le campagne qui davano immagine d'una selva di gdSI-Sappiam pure che un Pietro Boldone, cittadino comasco, restaurò qui l'arte della seta, addestrandovi le donne, e pel primo piantò un mulino a lavorarla, che noi diciamo filatojo. Ai dì nostri qui si praticarono le prime filande a vapore, e la prima estesa fabbrica di tali macchine (Bruni) ed anche adesso operosissima ò quella di Pantaleone Ragazzoni a Como. 62 filande a vapore numera la provincia, con 4200 aspi. 350 filande a fornelli con 4700 aspi e vi si lavorano da 550 mila libbre di seta, operandovi più di 15 mila tra donne e fanciulle, e da 1500 uomini, che rappresentano una spesa di circa 1,300,000 lire. Ormai si è compreso che non deve cercarsi tanto la maggior quantità del prodotto, quanto la sua perfezione, acciocché possa reggere al confronto delle sete forestiere : quindi i raffinamenti nel moto degli aspi, la cura di tenerli a temperatura e umidità costante mediante le chiusure di vetro alla francese o i tamburi, introdotti dai Gavazzi e dal Guarinoni di Lecco: con macchinette si misurano i giri e la forza degli aspi e la lunghezza delle torte: aggiungendo il tenue prezzo della mano d'opera e l'abbondanza delle acque posate e della torba, si può avere sete predilette sui mercati, e che primeggerebbero se si potesse togliere il pelo, cioè quella lanuggine che scema la lucentezza dell'aureo filo. Altrettanto cresce l'industria de' torcitoj, talché ne contiamo 210 16 > mossi per quattro quinti dall'acqua; e dove si occupano da 7000 persone, guadagnando circa 2 milioni di lire a lavorare 000,000 libbre fra trama e organzino. Sono generalmente introdotti i fìlatoj alla Vaucanson e principalmente a Lecco si sa fabbricarne di perfetti per rapidità e regolarità di movimenti. Anche i primi incannatoi si fecero a Lecco, ed orma' diventano generali; nel quale servigio, e nell'incannare alla vecchia col carrello nelle case, guadagna tanta parte delle nostre giovani paesane. Era conseguente che, in paese di tanta seta, si pensasse presto a tesserla, e quest'arte, fiorentissima un tempo, non è scaduta ancora» 13 In tutta Lombardia si contano 42 mila caldojuolo, e vi s'impiegano 93 mila persone per 30 giorni. 10 Tutta la Lombardia ne ha S00, di cui 97 la provincia di Milano, e vi si occupai' 12,0(10 persone. SETA 769 perocché 2360 telaj battono a Como i7, dando da vivere a 20 mila Persone col fabbricare da 28 mila pezze, che possono stimarsi 10 milioni di lire, di cui un sesto anderebbe in manodopera. Il maggior lavoro è di sete lisce, nere o colorate. I telaj sono sparsi nelle singole case a uno, a due, a tre, e talvolta perfino a venti, come usasi a Lione, e com'è conveniente ai minuti capitali. Le stoffe operate, che richiedono tante cognizioni teoriche e pratiche e il sussidio d'altre arti, °on posson quasi tessersi che in città; ma le lisce trovano conto maggiore alla campagna, e in fatto prosperano in Urio, Torno, Ccrnobbio, Cavalla-sca, Blevio, Bulgarello, Albate, Trecallo, Garzóla, Brunate, Caccivio, Appiano, Rebbio, Maccio, Oltrona, Civello. Solo alcuni grossi negozianti posero opifìzj estesi per le stoffe operate con spoliere, incannatoi, regolatori, di foggia forestiera, imitati poi qui principalmente dal Ragazzoni. Sen tredici case hanno a Vienna negozianti di qui per lo spaccio di tali manifatture, ma occorre attenzione perchè e il prezzo e la maggior apparenza de'tessuti esteri non dia scacco ai nostri, e perchè la condizione de'tes-s'tori venga migliorata, massime a fronte della odierna crisi nella seta. perchè la condizione della manifattura e degli operaj venisse migliora, bisognerebbe che s'introducesse l'insegnamento e teorico e pratico dell'arte; si tenesser esposti i modelli tutti che servirono alla fabbricatone, per confronto e per avvivare il buon gusto, e si promovesse il ■^'glioramento del lavoro, della tintura e dell'apparecchio : s'instituisscro Probi viri, che senza strepito di fòro, risolvessero le contese intorno al-1 industria stessa: a tutti gli operaj si desse il libretto di scorta, che valesse e di informazione e di carta di legittimazione; si unissero i telaj ln non più di 10 o 12 per locale, sotto un capo-operaj galantuomo e strutto. ttuona la libertà, ma ottima la regola; e se per quella si sbandarono le antiche maestranze e si isolò l'uomo, questa vorrebbe si provedesse ad una società di risparmio e di mutuo soccorso, ove il soldo deposto ne'giorni di lavoro servisse di sollievo ne'tempi scioperi; ad uno statuto, che per \da di probi uomini recidesse le controversie tra capitalisti e latranti. Ma quando il cianciero patriotismo pensò da senno a diriger al kene la plebe? non vi sono la polizia e le prigioni? 18. 17 Vienna ne ha S'iOO ; Milano 2100: e tutte le altre città dell'impero assai meno. Ma Un'one dell'Austria collo Zollverein porterà una terribile concorrenza olle nostre stolTe li-sc&, che sono le più, in grazia della fabbricazione prussiana. Eccoci fortunatamente smentiti : perocché adesso appunto la Congregazione muni-■pile, propone un Pio Istituto di mutuo soccorso dei lavoratori in seta detta città di omo e suoi borghi; q vi olire lire 12000 come capitale d'impianto. Ogni iscritto paga Nel 1853 si è posta una stagionatura della seta, ma non si esercita che sopra 70,000 chilogrammi Tanno, attesoché la più parte del prezioso (ilo è qui lavorata per conto di Milanesi, o preferiscesi spedirlo a Milano, centro di questo traffico. E le sete offrivano, gli anni addietro, il più ricco transito alla città di Como, ove giungono da Milano per la ferrata, indi sulle vaporiere vanno a Colico; di là, per mezzi celeri, a Spliigen e a Coirà. L'attività posta dal Piemonte a compier le sue vie di ferro trasse ad Àrona gran parte del transito e delle provenienze da Genova: e per non perderlo affatto e fors'anche ricuperarlo , occorrerebbe si finisse il tronco della ferrala dalla Camerlata al desiderato porto di Como: indi ai battelli a vapore si aprisse l'adito fin a Chiavenna; or viepiù, che da Coirà a Rorschak è costruita l'altra ferrovia, che avvicina al gran centro delle comunicazioni germaniche. Già un vantaggio deriverà dalla recente dichiarazione di libero passaggio per le vie del Lago Maggiore e di Como e della Spluga. Il commercio è pregiudicato non poco in Como dal trovarsi la città piantata nel circondario confinante, e in conseguenza sottoposta a visite e alle altre cautele della finanza, che tratto tratto va ad esaminar le fabbriche sin nella città murata, sequestrando per sospetto. E per verità il contrabbando si fa attivissimo, con immenso danno della morale e di quel rispetto alla legge, che dovrebb'esserc il primo sentimento del cittadino : ma è riconosciuto che il modo di evitarlo non è il moltiplicar dispcndj nelle guardie e molestie a'galantuomini, ma alleviare i dazj, e preparar così a quella libertà di commercio, alla quale tendono le ultime leggi dell'Impero. Anticamente il Comasco era nominatissimo per le manifatture di panni lani, dovuta principalmente all'ordine degli Umiliati, che in Como ebbe quasi la cuna, e che si propagò tanto in tutte le parti della provincia i9. Nella tariffa di Milano del 121G sono indicati come dazj d'importanza i panni di Como e dlsola: nominati fin nella tarilfa di Modena , donde transitavano verso l'Italia bassa: a Venezia, nel XIV secolo, spediva Como 12,000 pezze di panno, e di là traeva lane per 2000 ducati la settimana; altrettante pezze spedivansi a Genova, e Giovanni da Uzzano, ricco mercante fiorentino, nel 1442, scriveva nel suo giornale mercantile che « da Como traevansi panni assai e fini ». In pericolo d'assalto nel 1515 i Comaschi avevano dato a quei di Torno da custodire panni per 20,000 zecchini; i mercanti tedeschi e belgi tenevano a Como stabilimenti e commessi apposta pel traffico colla Germania. lire per l'entrala, poi lira 1 al mese: e sono prefissi i sussidj da darsi. V« socj benefattori. Ma non pajono abbastanza animati uè i negozianti a spingere , nò gli operaj ad accettar questo benefizio. Il Vedi l'appendice H al fine di questo capitolo. INDUSTRIA 771 Ora quell'industria è interamente perita. Nel 1820 un intraprenditore svizzero pose un opificio a San Martino colle migliori macchine per filar la lana, cimare i panni, apreltarli, ma non potè regger la concorrenza delle favorite fabbriche di Boemia e Moravia e delle estere. Gli opifizj di cotone crebbero, ed oggi nove filature, con 40 mila fusi mossi a acqua, lavorano 8000 quintali metrici di filati dal N. 2 al 24, °he servono per grossolani tessuti. Vi si occupano 300 uomini, 200 donne, 100 fanciulli. Telaj per tesserli non vi sono più di 250, e la più parte battono sol quando l'agricoltura lascia inoperose le braccia. Poco lino abbiamo, e sol nelle case rustiche si trovano telaj che pre-Parano la tela casalinga col filo tratto a mano. Industria particolare di ^antù e sue vicinanze sono i merletti emuli dei belgici. Bensì conta la provincia fin 20 fabbriche di carta: vale a dire, 6 presso Maslianico e 3 a Ccrnobbio sulla Breggia, 3 a Bollano, 2 a Montolimpino, ^ a Gemonio, 2 a Nesso, 1 a Ferrera ed altrove minori. A tutte sortola la cartiera di Paolo Andrea Molina a Varese , la prima ove si sostituissero macchine alla trecciuola. Le carte fine però si tirano sempre di Francia. I cenci raccolgonsi qui e nelle provincie vicine, massime di Pavia, di Lodi, di Cremona, sproviste di cartiere. La stampa fu primamente introdotta da Ambrogio De Orchi unito con Dionigi Paravicino, e il primo libro fu pubblicato il 9 agosto 1474. Lodevolissimo stampatore fu il Frova; e da circa un secolo durano gli Ostinelli, Oggi Como ha quattro tipografie, una Lecco, una Varese; nesena ha macchina, e i tipografi fecero fortuna con atti d'uffizio, libri scolastici e di devozione più ch'altro. Due fabbriche di vetro sono a Porlezza per lastre e campane; una a Fiumelatte principalmente per bottiglie nere: una a Porto Valtravaglia per lastre, campane, bottiglie, cristalli. 11 quarzo, la calce, il marmo son forati in abbondanza dal paese, e la fabbricazione è a bel punto di raffinatezza quanto al vetro, mentre siam disotto nella purezza de' cristalli. Sci fabbriche di majoliche contansi, e più lodate quelle di Lurago Marinone, valendosi delle belle argille nostre, mescolate con altre di Ga-stano svizzero. Pure molte stoviglie ci son portate da Biella e d'altrove. seppur tutte le pelli della provincia vengono qui conciate; e appena i 00 operaj lavorano nelle 20 concerie. Sei fabbriche di birra ne producono 3400 quintali l'anno. Nove di SaPone, ne fanno di nero grossolano, il fino si tira da Marsiglia, Livorno, Inghilterra. Vi si aggiungano 905 mulini, 16 pile di riso, 186 torchi d'olio. Mentre la Congregazione municipale promove una Società d'incoraggia-ento alle belle arti, all'industria, all'agricoltura, assegnandovi un fondo 772 PROVINCIA DI COMO di lire 5000, la Cimerà di commercio, de'cui rendiconti ci valemmo, stanziò annue lire 0000 onde premiare le migliori industrie esposte: ma se l'esposizione del 1850 molto dava a sperare essendo prima, quella del 57 non attenne; ma ciò che più è utile non è sempre il più appariscente. Altro guadagno alla provincia recano i molti che vi vengono a ricrearsi o a villeggiare. Ogni domenica la strada ferrata conduce a Como folate di Milanesi, che spandonsi ne' contorni o pel lago : come altri per Monza vanno in Brianza o sul Varesotto. Quando poi la terra palpita al bacio del sole di primavera, e più allorché l'autunno gioconda di vendemmie le nostre piagge, si popolano i casini, le osterie, i paeselli anche più silenziosi nel resto dell'anno; e quelle salubri emanazioni de'campi, quell'armonia penetrante di profumi, di colori, d'accordi, quelle rivelazioni dell'ordine e del riposo nello svolgimento d'una legge immutabile, par che facciano dimenticare le ambizioni e gli appetiti. Qui, come allarga l'aquila Nell'aura il petto anelo, Tu allargherai le indocili Nari all'aperto cielo; E di rugiade e d'alberi, Grazia d'alpestri numi, I vergini profumi Non falliranno ai cupidi desir. Non fallirà de'zefiri L'ampia vital frescura, Vano iracondo spasimo Tra le cospicue mura: Non del torrente all'aride Fauci la subit'onda, Che pigra ed ingioconda Dalle civiche gore attosca il sen. Gli amatori sensuali della natura, i mistici panteisti, assorti nelle ineffabili armonie del gran poema della creazione colla testa appoggiata a una spalla cara, non san cogliervi che folli esultanze o fantastiche melanconie, traenti a inoperosi rimpianti e a codarde abdicazioni, che pretendono drappeggiare di eroismo, e son paure. 11 forte, alle mille voci che il sl~ lenzio susurra ai pochi capaci d'intenderle, ritempra il sentimento, e ingagliardisce le membra per meglio compir quel cammino, ove i disingannati s'accosciano alle prime tappe. DIALETTI 773 La popolazione in generale è bella, è sveglia, Iranca, allegra, ben complessa e snella insieme, di contorni risentiti, di occhi vivaci, di colori vivi. Il lettore ci dispensa volentieri dalPintlagarne le origini, ricerche sempre incerte, e quasi sempre vane 20. 20 Tulio Io origini sono arcane, ila quelle del Nilo, fin a quelle della smisurata ricchezza del signor N. N. Non è raro il valersi di un'incognita per spiegare un'incognita; debolezza vie-Più comune noi secolo nostro, che abdicò alla individualità del pensiero per accettar gli oracoli de'giornalisti. Essendo arcana la origine de'popoli nostri, si ricorse ai Galli e ai Celli, volendo dedurre da radici celtiche i nomi de'nostri paesi. Ma qual era la lingua di que' popoli? Nel i SUO Gio. Picard pretese parlassero greco : Samuele Bochart, un secolo (lopo. dimostrò parlavano ebraico; nel seepl passato il P. Pezrou volle trovar la loro lin» Sua in quella de'moderni Celti, opinione adottala col furor d'una moda, sicché ne venero i Cellomani. Le Brigant e Latour d'Auvergne si spinsor più avanti, asserendo che '1 basso bretone era la lingua primitiva, la lingua madre di tutte le allre. Migliori concetti sorsero nel secolo nostro, dopo che si studiò la lingua sanscrita, alla quale s'appigliano tutte le europee, Si faticò assai a far entrar la lingua celtica nella famiglia indo-europea: Federico Schlegel ne la escluse, al contrario ve la pose l'inglese Prichard (The eastern origin of Ihe celile nations 1811): Pott, valente etimologo, sostenne ancora fosse tutt'altra da esse lingue: Adolfo Piclel pubblio,') nel 187>7 Sur l'affluite (les lan-Oues celtiqves nvec te sansr.rU, opinione avvalorala da Bopp, tanto che oggi vien creduta d'origino indiana anch'essa, sebbene con moltissima mescolanza eterogenea. Resta però intero il dubbio so il celtico moderno, cioè la lingua de*Bretoni continenti e insulari, sia identica coli'antica : o quale tra i molti dialetti di quelli, di cui le Principali divisioni sono il gaelico, che contiene l'irlandese e lo scozzese, e il cimrico, che contiene il cimbrico proprio, il dialetto della Cornovalia e il basso bretone. Dell'antico wltieo non resta nemmeno una parola scritla. Non si può dunque che analizzarci nomi ProPrj, e ciò foce, forse meglio dogli altri , Roget barone di Bolloguet nella Ethnogènie oauloisc, ou Meni, eritiqnes sur l'origine et la parente des Cimeriens, des Cymbres, tea Ombres, des fìelges, des Ligure*, et des unciens CeJles, Parigi 1888. Ma confessa ehe anche le poche voci tramandateci dai Romani son troppo alterate, trattando essi neSdigenlemcntc i nomi barbari, e modificandoli secondo la propria eufonia; aggiungansi 8*1 i svarj de'copisti, provali dalla diversità delle lozioni, o si vedrà come poco se ne possa indurre. Sarebbero 321 le voci di origine gallica di cui egli dà il glossario, 297 delle quali s> spi(igano coi dialetti moderni. Ma d'altra parte il tedesco Iloll/.mann tolse a dimostrare, nell'opera Kelten und Ger-Wanen, che Celti e Germani son un popolo solo; che le poche voci e nomi proprj trasmessici dagli scrittori, son tutti tedeschi e non bretoni o gallici, come Ambacti, Bracca, ^roida, Gesum, Sparus, Vercingelorix, Brennus, Sigomarus, Bojorix, Critognatus, ecc.; che 'e terniinazìoni di paesi in durium è durum derivano da tun siepe, casa rustica, o tor olezza, torre. Diez, che fece un Diclionnaire des langues romanes, dice che nell'Italia ^cUontrionale non trovasi orma di parole celtiche. Il doltor Perier, noi Fragments et-Hologiqucs, Parigi 18!>D, dimostra che i Cimri sono Germani, non Galli. Rastano questi cenni per vedere come la scienza comparala delle lingue rese già molti Servigi all'etimologia e alla storia; ma essa è nuova,e le si domanda più che non possa dare; ^vuoisi esperienza consumala a trattarla. E bon cautamente deve far uso delle etimologie cel-^'■'c chi non voglia cavarne un mero trastullo. Nò sul serio può prendersi il Vocabolario ' ''' dialetti della città e diocesi di Como di Pietro Monti (184!>), e lanlo meno l'Appen-' "'^ Pubblicata dopo la sua morte nel 18S6. Esaminandola il signor Biondelli in un Illustrai, dtl L. V. Yo!. lil. »8 Como delle produzioni però, così variato è l1 aspetto delle genti. Vigorosi alpigiani, ben disposti di loro vita, liberi come l'aria che respirano, cacciano il camoscio, guidano l'armento, esplorano il nido dell'aquila sulle greppe, al cui piede si genera la folgore. Intanto a Como e Varese l'industria de' telaj aumenta i rachitici; altrove la intera popolazione intristisce tra le febbri de'paduli, o trascina i giorni muli di sole nelle cave dell'ardesia o dei metalli. Allo schietto aere della Brianza e del Varesotto, lavoro presentato all'lslitulo, dopo mollo Iodi a quel benemerito, osservava, quanto al concetto generale, che «non corrisponde iti postulati della scienza linguistica. Il vocabolariod'u»a lìngua, d'un dialetto, o se pur si vuole, d'un gruppo o d'una famiglia di dialetti, è opera strettamente etnografica, i confini della quale non sono in arbitrio d'alcuno, ma bensì tracciati irrevocabilmente dalle popolazioni che li parlano. Ora il fatto dimostra, che i conlini etnografici non hanno verun rapporto coi confini politici, e meno ancora coi diocesani; i' voler fondere in un solo vocabolario i dialetti parlati dalle popolazioni comprose in una medesima diocesi, è lo slosso che fondere lingue disparate. Ciò è più vero applicalo alla diocesi di Como, la quale, per la sua posizione all'estremo confine lombardo ed a' piedi dello prealpi rctiche e lepontine, si estende e s'interna in tante valli, dalla natura segregate, ed abitale da colonie d'origini evidentemente diverse. Ond'è che, distinti fra loro e dal comasco propriamente dotto, sono i dialetti parlati nello valli Cavargna, Levenlina. Maggia, Verzasca, di Blenio, Poschiavo, Livigno ed altre, così negli elementi fonetici» come nei lessicali e grammaticali.-Che anzi, in una medesima vallo, come la Valtellina, frastagliala da eonvslll laterali, variano considerevolmente per proprietà caralteristiche i dialetti; dei quali gli uni partecipano dei dialetti reliei della vicina Engadina, gli a'' tri sono misti di radici germaniche. Inoltre la celtomania aveva invasa ed offuscala la mente del benemerito autore, che trasportandosi ai tempi di Giulio Cesare, non riconosceva più la sua patria come parie d'Ilalia, uè la favella nativa come emanazione dell'1 lingua del sì, ma ne traeva i natali dalle nebbie della Caledonia e della verde Erinni Infatti tutto il suo studio è dindio a dimostrare l'origine celtica di quei dialetti, e quii'0"1 spogliandosi di quel rollo criterio che gli fu guida in anleriori suoi scritti , va raccozzando le più strano e forzalo etimologie. • • E poiché talvolta nessuna voce celtica, prossimamente isofona , porgevagli significazione propria o traslala raffrontabile alla vernacola, si studiò di comporla con più VOtt» forzando etimologie por verità le men consentanee al buon senso. Così la voce besògn ' esprimente bisogno o bisogna, italica per eccellenza perchè comune a tutta la penisola» il nostro autore deriva dalle due radici caledoniche ba buono, son affare. La tanto chiara denominazione dei Corni di Canzo, derivata dalla singolare configurazione di quel monte, egli fa derivare dalla voce bretone coni, o dalla caledonica cani, significanti roccia- b;l voce dona per donna, sì palesemente comune in lutla Italia, e sì manifestamente derivata dalia latina domina, trasporta il nostro autore talmente tra le nubi, che, dopo alquante •note etimologiche, finisce per derivarla dalla radice semitica Adam, uomo, dalla quale derivò la celtica dean che significa nomo e donna; e che diede origine all'italiana donna, o perchè (prosegue l'aulore), secondo la Bibbia, fu la donna traila dall'uomo, o perche gli è moglie ». Potremmo aggiungere Wide villaggio, derivato evidente dal vicus latino, e che per lui è voce cornovallica: Vincià da dine por dento, Io trova in danta della lingua stessa-Grif dal bretone Ikttfì Dio da dev cornovallese. Altrettanto è a dire delle sue etimologi de nomi proprj del paese che descriviamo. E inesattissimo modo di conoscer i dialetti l'adoprarvi una traduzione: eppure è necessaria per aver pezzi comparabili: nel che però nuoce ancora la varietà di gusto dei traditori. Il Monti al suo vocabolario soggiunse la traduzione della parabola del flgliuol GLI ABITANTI 77o' all'Ara del lago, incensata dagli arancie da'mirti, ti si fanno innanzi le vispe forosettc, offrendo le cortesie dell'ospitai ita, serenando la fatica dei campi colle gaje canzoni, mentre in altre parti le compiangi avvizzite Per vecchiaja anticipata da inique fatiche. I fanciulli, appena quasi si reggono sulla vita, sono mandati fuori culle bestie, restando 1 intero giorno a guardar la vaccherella che pascola, oziando o ruzzando con altri fanciulli d'e-gual fortuna. L'inverno compaiono a quel poco di scuola, ove s'annojano lentamente alla calligrafia e al sillabare, invece di imparar con metodi rapidi il 'eggere scrivere. Tengonsi fortunati quando sieno malingberì e abbian qualche difetto, perchè sfuggiranno Prodigo in molti dialetti della diocesi. Io ho trascritto le sole prime linee e di pochi. Darò prima il comasco, intercalandovi qualche variante della traduzione nel dialetto delle wépievi, che consiste più ch'altro in diversità di gusto, migliore nel laghista. (-\ gjè |q galla da lontàn, e ilo '1 maglia lut al fait sè in baracchi. la coscrizione ; quell'età critica che sviluppa in essi tutte le passioni malevole, la bugia, l'invidia, la denunzia, e talvolta la generosità e il sacrifizio. E c'inorgogliamo del presente 1 Il bullone gaudente continui pure a ridere della compassione che mostriamo pel povero popolo. Ma noi vorremmo che, i ricchi allorché vengono a bearsi a questi Soli, non isdegnassero volger l'occhio alle miserie ch'essi indorano, e guardassero ai villani e alle contadine, non per comandarli e sedurle, ma per riconoscerli fratelli, e trasmetter loro un'idea buona, un sentimento virtuoso, un concetto di miglioramento. Non figuriamoci l'Arcadia o l'Eden; riteniamo i mali come inseparabili dalla natura nostra, come espiazione inevitabile; ma ve n'ha di molti che l'uomo può diminuire o alleviare. Perchè lasciamo infracidire gli allagamenti ed insterilire il bruco e la carice ove l'arte potrebbe preparare salutevole stanza ad una crescente popolazione ? Perchè non sono introdotti fra noi istromenti agricoli men grossolani de' consueti ? perchè non vediamo fatta la prova di macchine effossorie, di opportuni concimi, ed emendati i terreni secondo la varia loro composizione? Dove si vede usata la fognatura o drenaggio a sanare i terreni di sottosuolo impermeabile? Chi ha divulgato le statistiche di Arenstein , dove è dimostrala l'urgenza di moltiplicar 1' allevamento del bestiame ? Con quanta abbondanza non profuse la natura il sale ? e giova tanto alla salute dell' uomo ; nelle bestie previene lo sviluppo del gas carbonico e idrofosforico causato dai foraggi freschi; porge gl'ingredienti clorurati per la buona digestione, somministra un eccellente ingrasso. Eppure artificialmente si fa tanto costare, che non pensan a suggerire questo ben pubblico coloro che lo indagano invece in combinazioni politiche e rimpasti geografici. Il professor Klubeck di Gratz nella I. R. Società economica agraria in Vienna, indicò quanta importanza abbia il sale nel prosperamento degli animali; eppure, sebbene anche in Lombardia, nel 1853, siasi concesso un sale apposito per gli usi agricoli, da quel tempo sin all'I giugno 1858 non se ne consumarono che 3979 quintali ; mentre il salisburghese ne consuma 35 mila quintali all' anno. Cotesti giovani ricchi, cianciugliami di patria col sigaro alla bocca nei caffè cittadini, perchè non accorrono alle sane gioje ed alle intelligenti fatiche dei campi, facendosi scuola ed esempio, e raccogliendo qui armi ed ab alle nobili risoluzioni ? Vorrei aver voce per far sentire \" importanza delle buone abitazioni, ove la felice guardatura, l'aria passante, Vabbondevole luce, l'asciutto de' pavimenti, i buoni pozzi, l'allontanamento delle sozzure, le ben riparate aperture, gli opportuni camini, non solo garantiscono da tristi miasmi, ma allettano il paesano a star in casa piuttosto che all'osteria, a ingentilir l'animo fra le sensazioni LE ABITAZIONI 777 Piacevoli c allo spettacolo della nettezza e del bello. Signor si, signor commissario, signor podestà, signor consigliere; io la lodo allorché promove una larga piazza, un bel palazzo, un sonoro concerto, ma lo benedico allorché ad una casipola umida, afata, fumicosa, senza condotti per 1211 ni juTiriir. J WhIIIIIIIIiiiiiiii 1 ì'ì'i i li iljW: liiHIK —V.. - —»* §u Dei inferi, né pei superi, surroga un casolare, ancor rustico, ma ae-Fat°j bianco, ben distribuito, con buon coperto di tetto e asciutto pavimento. La mi scusi: io son nato in campagna, son cresciuto fra'rustici: arr)o il duomo e il giardin pubblico, il teatro ed il caffo, ma credo che sui libro dell'angelo buono si registri a migliori caratteri la fabbrica d'una Cascina, il rettifilo d'un villaggio. E Però, se guardo intorno, domando perché sì sconsideratamente si pro-Pagò la coltura del granoturco? Eppure richiede molte opere di mano, ® n«lla sragione più occupata; porge il cibo meno nutriente quando è fono, nocivo se si abbandoni alle pratiche comuni. Perchè non insegate a questo villini pien di malizia, altri avvicendamenti di cereali ? per-non gli agevolate di possedere ciascuna famiglia la sua vaccherella, ^ di poter mescolare cibi azotati alla povera polenta e al pane mal sortito? 'a natura ce ne punisce col propagare una schifosa e spaventevole malattia, la pelagra che, a malgrado le cure e le indagini e i vanti del progrosso, estende più sempre il desolante dominio. Non pare comparisse prima della metà del secolo scorso, quando fra noi se ne occupò assai il dottore Strarabio, dicendo cose a cui poco poterono aggiungere gfin-finiti che poi ne scrissero, sia qui, sia in Francia dove si pretende di recente importata. Su tal pretensione principalmente si appoggia il crederla derivata dal pane di granoturco, del quale infatto la coltura sol da due secoli si propagò a scapito d'altri cereali e de'prati; e vuoisi non si trovi quel llagello dove non è coltivato il granone, e dove il contadino si pasce di orzo, patate, latticinj, carni. È provato che alla buona nutrizione occorre un'opportuna mescolanza di cibi; anche i meglio azotati e glutinosi mal nutriscono se unici. Il formentone poi scarseggia del glutine, cioè della sostanza più nutriente e assi-milantesi, dando invece quasi il 70 per cento di amido-1 che è sostanza respiratori;!. Ma il danno non deriva tanto dalla natura del grano, quanto dal mal uso di esso, adoperandosi non ben secco, talché vi si produce una mulfa al germe , e foggiandolo in grossi pani che non riescono ben lieviti, nè abbastanza penetrati dal calore, sicché presto inacidiscono e ammufl'ano; o in polenta non cotta e rimenata a sufficienza: onde allo stomaco, invece di alimenti nutritivi e riparatori, recasi peso e acidità. Ne sussegue una discrasia, per cui cominciano inappetenza, gonfiezza di ventre, brucior di stomaco, stitichezza o scioglimento, verminazione, amarezza di bocca, lingua impaniata, sete. Tengono dietro febbri erratiche, congestioni sanguigne ai visceri del basso ventre, al torace, alla testa, dolori ancinanti per le membra,"emorragie, gonfiore, spossatezza, dimagramento, disquammazione della pelle esposta all'aria, ragadi e afte alle gengive, alla lingua, alle labbra, palpitazioni, svenimenti, ipocondriasi; la cute si raggrinza e prende color terreo, 1' occhio si fa lucido, incavato, cristallino, colla congiuntiva injettata; tutta la persona assume aspetto di vecchiezza precoce. I sintomi si esacerbano al venir della stagione calda. Presto ne rimangono lese le funzioni principali del sistema ded' iner-vazione, con vertigini, poi stupidezza che Unisce in fatuità e demenza ; e paralisi agli arti, poi mania, loquacità, allucinazioni , sussulti nervosi, lit Secondo le recenti sperienze di Payon, conto parli in [teso di farina pialla danno circa 07 1/2 di amido, 12 1/2 di materie azotate, Noi 1767 fu riferito all'arciduca governai ore, elio sterminalo numero di persone mi-lui*Va Vallitìtélvi e dalla pieve di Menaggio. 11 presidènte Gian Rinaldo Carli, da '"caricalo di riferire su ciò, mostrò quanta esagerazione v'avesse, e indicò i modi d ovviarvi. " Il cholera invase la città di Como primamente il 16 aprile 1836; sopitosi, di nuovo vi nsc dalla lìrianza e durò lino al !i!J ottobre, quando s'ebbe In provincia l'ultimo caso u Za a'10 '>aiVo'cn" ' na('s' P'ù ''(,t* m cielo, più salubri d'aria ne venissero colpiti di preforcn-' ,Co,fle la Brian/.a e le rive del lago. Seguace alla guerra, tornò nel 18411, ma abbastanza mite, (!'idosi i] primo caso a Binago il 7 agosto, l'ultimo a Val Grcghentino il 4 novembre. Si ovò nel 1854 dietro alla guerra d'Oriente, pollato, si disse, da un Pedolli muratore di c cavia proveniente da Genova, che morì a Brenta il 11» agosto; in ottobre proruppe vio-0 cortezza, terminò con un caso a Usanza il 28 novembre. Con vigore addoppiato rin-vossi nel 1835, introdottovi da palajuoli di Vallintelvi che lavoravano alla strada fer-a veronese; cominciava col luglio a Schignano, indi a Varese, poi a Como il 13 Iu? ■'°> e ben tosto in ogni paese, e peggio ne' più salutevoli: in ciltà recò maggiore spavento rapire persone civili e i tre medici Silo, Mondclli, Valcamonica : e il 14 settembre si cioè ^D casi-Fra tutta la provincia, di 441,331 abitanti, ne furono colpiti più di 5)000, . Il 2 pcr ceni0( della portata di 202,242 tonnellate. 69 legni dri'/zaronsi a Montevideo, 20 a Buenos Ayres, 6 a Lima, 4 a Nuova York, 3 alla Nuova Olanda, 3 a Cadice, 3 a Lisbona, 3 a Rio Ja" neiro, 2 a Filadelfia, 2 a Vera Cruz; 1 per Guayra, per Valparaiso, per l'Australia. P«r" tavano 41,041 passeggieri notificali. Dal regno unito britannico ne partono da 300 mila l'anno. MORALITÀ' Ecco le sentenze pronunciate dal tribunale provinciale. 783 TITOLI DEI CRIMINI SENTENZE CONDANNATI 1856 1857 1858 1856 1857 1858 uo- 1 mini donne uomini donne uomini donno Pubblica violenza . . 6 14 7 Abuso del potere d'ufficio 5 7 5 Stupro, oltraggio al pu- 3 4 5 4 3 9 Esposizione d'infante . 1 1 1 Grave lesione corporale 15 30 30 — 1 — Furto ..... 42 88 36 Infedeltà..... 2 4 2 Rapina..... 6 6 5 Truffa...... 13 28 27 Calunnia..... 1 3 1 Ajulo prestato a rei di crimini..... — — 1 Totale 99 190~ 127 94 10 155 15 187 9 TITOLI DEI DELITTI Trascurata custodia di 4 9 4 Fallimento colposo . . 4 3 8 Illecita detenzion d'arme 1 38 68 Totale 9 50 80 5 0 39 G 94 4 . ^a distinzione di crimini (Verbrechen, con prava intenzione) e delitti J er9chcn, errore, mancamento) è desunta dal Codice penale, che, per a Patente imperiale 27 maggio 1852, fu surrogato a quello del 2 settembre 1803, ed ebbe forza obbligatoria col 1.° settembre del 1852. Premono nei crimini i furti, le gravi lesioni e le truffe. La proprietà molto ]e 1Sa' 6 ' foMti raccolti sono cause dell'aumento. La truffa si avvera jn V0'te mediante raggiri in affare di coscrizione, e false deposizioni giudizio: genere ordinario, forse causato dal contrabbando, che abitua mdle ritortole nella difesa delle procedure finanziarie. 78i PROVINCIA DI COMO L'aumento dei delitti dipende dalle condizioni politiche di questi tempi, che portarono le autorità di pubblica sicurezza a maggiori rigori e sorveglianza sulP uso delle armi senza licenza. Il giudicar di questo reato si demandò ai tribunali dall' ordinanza ministeriale 15 marzo 1859. Nè di moralità è indizio il crescente numero de' trovatelli -G. NéH P ospedale di Como li rende esorbitanti l'affluirvi anche dalla Valtellina e dal Canton Ticino, donde forse un terzo ne deriva; di rim-patto è vero che la provincia ne manda molti al brefotrofio di Milano : dove, a calcolar solo i legittimi, cioè muniti di fedi, se ne spedirono 708 26 All'ospedale di Como gli esposti nel 1487 furono lì . 1701 • 47. . 1801 * 118. . . 1848 . 246. Per l'ultimo triennio ceco il movimento degli esposti nell'ospedale. Anni Esistenti al primo d'anno Nuovi ammessi Riconsegnati dalle nutrici o custodi Consegnati a nutrici o custodi Consegnati ai genitori Licenziati Maritate Morti Rimasti l'ultimo giorno dell'anno 1856 158 305 259 436 31 I 2 101 151 1857 151 338 260 452 31 1 4 90 171 1858 171 319 284 474 39 — 3 97 161 Movimento degli esposti fuori dell'ospedale. Esistenti MM ^ •~ o J5 'co Rimasti Anni al primo d'anno Consegnai nutrici o cu Riconsegi dalle nutrici o cu Consegnai geniloi Licenzi; M ari lat Morti l'ultimo giorno dell'anno 1856 1319 436 259 26 18 74 1378 1857 1378 452 260 4 35 14 87 1430 1858 1430 474 284 21 14 81 1504 Al cominciar di quest'anno ne rimanevano 161 1054 1665 BENEFICENZA 783 nel decennio dal 1845 al 54; e nominatamente 111 dal distretto di Gantù, 74 Brivio, 71 Appiano, 09 Oggiono, 59 Missaglia. A queste miserie e alle altre provedono nella provincia gli ospedali di Como, Varese, Lecco, Merate, Cittiglio, Luvino, Ganzo; il Monte di Pietà, gli Orfanotrofj, la Casa d'industria, la Pia Opera Gallio in Como, l'Istituto elemosiniere in Varese, dotato di 10,000 lire annue, la Causa Pia in Montenegrino, la Frasconi in Diurno con lire 0000, la Casa di ricovero pe' vecchi in Acquate, i pii istituti di Moltrasio e Torno, I?' Opera pia in Gravedona, gli Asili per F infanzia in Como e Varese. E quando si pensi che, oltreciò, la provincia conta 253 istituti di beneficenza, la cui annua rendita netta s' avvicina a 210,000 lire, e che non ostante abbondano gì1 indigenti e gli accattoni, vien sempre maggiormente di credere che la beneficenza non consista tanto nella quantità delle erogazioni, quanto nei modi. E qui veramente il secolo dovrebbe volgere la sua abilità statistica, e quella filantropia che, senza di ciò, non sarà che un'ipocrisia come tant'altre. Del resto noi vorremmo raccomandare ai gran savj del nostro secolo, di non permettere mai le gravi sciagure naturali. In primo luogo, essi vantano l'onnipotenza dell'uomo e l'attitudine sua adornar la natura, e promettono un avvenire di non turbati godimenti appena cbe esso avrà tolto le cause di distruzione, incatenati gli elementi, sottoposta la materia alF intelligenza. Ed ecco un torrente, una scossa di terra, un morbo che s attacca all' uomo o alle farfalle, un' avversità di stagione, sovvertono le g'oconde previsioni, e attestano il predominio di una mano arcana, e come precario sia il possesso dell' uomo su questa crosta che copre un incendio. Secondariamente le grosse sventure sono il giorno del prete, del frate, della carità: cose tutte che i gran savj del nostro secolo devono ingegnarsi di screditare, e d'impedirne quell'influenza che, in simili occorrenze, divien tanto efficace quanto benedetta. Sereniamoci alquanto nel contemplar la proverbiale intelligenza de' Comaschi. Allorché vanno ad assumere una fabbrica, o una strada , o diveltare una sodaglia, e adesso a lavorar alle strade ferrate, il Comasco non solo stende facilmente le operazioni per lui men solite, ma acquista superiorità H compagni. Nelle scuole e ne' collegi la maggior apertura d'ingegno e a volonterosa perspicacia fan presto discernere fra gli altri il Laghista, il rianzuolo, il Varesotto. Quando annualmente si distribuiscono i premj a Accademia di belle arti in Milano, una buona metà dei distinti ap-a questa provincia. È da essa che vennero nel secolo nostro, 1 Marchesi, Comerio, Vitale Sala, Bellosio, Prinetti, Franchini, Tatti, Al- 78« PROVINCIA DI COMO liati, Fontana, Pelegatti, Bottinelli, Buzzi, Tantardini, due Butti, tre Argenti e Galli, Cochi, Romani____e una folla di capomastri, e quei Noseda, que' Bianchi, que'Nosetti, que'Talacchini che assunsero le più arrischiate e vaste imprese di costruzioni. La letteratura, fattasi cosi universale, s' occupò moltissimo intorno a questi paesi, sia per ritrarne le bellezze in descrizioni e romanzi, sia per esaminarne scientificamente i misteri geologici, o le ricchezze industriali. G. B. Giovio, Giuseppe Rovelli, Rebuschini, due Canlù, due Monti, diedero le storie di questi paesi; molti altri ne tesserono di parziali, quasi ad ammenda di un secolo che spera molto e ricorda poco. L'abate Amoretti descrisse questi paesi con scienza e insieme con sentimento. Lady Morgan, che portò attorno per V Italia la sua inclinazione per ciò che viola il gusto e le convenienze, ne disse grossolanità che meritarono una dignitosa confutazione da Luigi Gatenazzi, professore che morì l'ottobre I808, lasciando esempio poco conosciuto e meno imitato di quell'integra moderazione, che è una dote dello spirito e una virtù dell' anima. Davide Bertolotti, che innoculò al paese nostro la letteratura leggiera e il romanzo storico, oltre il Viaggio ai tre Laghi, qui collocò la scena del ■Sasso Rancio, dell11'soletta rie' Cipressi, e d'altri componimenti che ebbero la vita de'romanzi, splendida e brevissima: qui la collocarono e Tommaso Grossi nel Marco Visconti e nell'Ulrico e Lida; e Giulio Car-cano nell'Angiola Maria e in altre novelle ; e il Bazzoni nel Falco della Rupe, e Cesare Cantù nell'Algiso; Cesare Spalla cantò la ròcca del Paradello; Gio. Berchet, Virginio Corbellini, Gio. Torti, il Gentili, il Turati celebrarono le vaghezze del nostro Lago. E ogni giorno di questa provincia si scrive anche in Inghilterra, in Francia e in Germania : ond'è notevole come quelle delizie che or c' incantano, abbian sì poco commosso i nostri vecchi, o almeno non ne lasciassero traccia nelle opere. Qualche aggettivo, qualche vaga tinta è tuttociò che potrebbe raccorsi in coloro che descrisser il Lago e la Brianza anticamente. Luigi Busca, nel Lario stampato a Como il 1626, passa in rassegna le Delitie et meraviglie di quelle ville, ma non mostra mai sentimento delle bellezze naturali. Altrettanto il Porcacchi, il Boldoni, il Minozzi. Dacché la letteratura dalle elevazioni convenzionali fu ricondotta alle intimità del cuore e alla verace pittura, ne venne in conseguenza il sentimento delle scene naturali, l'amor poetico della campagna, l'istinto delle armonie dell' universo col cuore umano. Taluno la ravvisa come un sintomo di fantasie malaticcie in anime scoraggiate ; altri teme che il sen-timenlo poetico della natura spenga il desiderio e la facoltà dell' azione. E certo v' ebbe taluni che, poetizzando la malinconia, fecero dello scoraggiamento una teoria, della noja un sistema. Ma per tutt' altre cause LETTERATURA. ARTE. SCIENZA 787 mdividuali e sociali deve ben essere snervato colui, che, nel contemplare le meraviglie del mondo visibile e le grandi armonie della creazione, trova solo un alimento al molle fantasticare, una occasione di sottrarsi ai pensamenti civili e alla pratica dei doveri. Le anime robuste s' ingagliardano alla contemplazione del bello e del paesaggio, come a colloquio dell'uomo con Dio. Vero è che troppi de' nostri nel ritrarlo cascano nell'iddio, ne'luoghi comuni o nella declamazione, o manifestano l'inclinazione odierna a rivelar il lato eccessivo' o il vulgare, Perdendosi ora nel confuso misticismo de' panteisti, or nella grossolanità dei realisti. Quali si ricordano che la poesia è la natura interpretata dal cuore nella sua divinità, e che anch'essa deve essere accessibile a tutti, eppure non vulgare, e guidar l'umanità , ma vivendo della sua Vlta ? che deve restar dea ma sotto forma umana ? Somiglianti riflessi ispira la dipintura. Col pennello moltissimi illustrarono Queste situazioni, e nell'assoluta prevalenza odierna pel paesaggio 27 che rivela la scarsezza di poesia, pochi altri luoghi offrono tanta varietà di scene Quanta questi, che perciò sono i più consueti, d'olio o d'acquerello, nelle pubbliche mostre annuali. Ma se moltissimi copiano la verità delle situazioni, Quanto pochi ne conoscono la poesia 1 E davvero nella natura non si mette Se non ciò che s' ha nell'anima. Scientificamente disputarono sui terreni di questi paesi Vanelli, Breislak, Beaumont, De Buch, Sismonda, Curioni, Colegno, Villa, Stoppani, Cor-ualia... : e delle sue arti le statistiche tutte, e fra esse specialmente quelle di Melchior Gioja e del Lanzani28; per le cose mediche il Della Porta, il W II paesaggio non potrebbe esprimere, come la figura, una condizione detcrminata ^e"o spirito, della passione, della volontà; riproduce il sentimento non con tale chiarezza da escluder le diverse interpretazioni, e somiglia alla musica in quanto che non ha per 1 an'ma che una significazione vaga e indiretta. Certamente indica un pensiero, e può av<;re il suo valore ideale, l'effetto suo sull' anima , giacché ogni situazione della natura PU0 associarsi ad una situazione del cuore umano. Ma tale concordanza non ha nulla di Preciso, e dinanzi al quadro, ancor più che dinanzi alla natura, tutto si risolve in Un sentimento vago, che ci lascia indecisi sul significato di esso- Figuratevi un paese J cui il poetico intelletto c l'esperto pennello abbia conservalo il vero carattere delle |°rnie, l'armonia de* colori, sin la fluidità dell' aria e della luce, sin l'infinito dello Prospetiive ; esso ecciterà in noi sentimenti senza nome, aspirazioni senza valor preci-So. fantasticaggini, ma non idee; appunto come fa la musica, principalmente la stro-"»entale. Il sentimento, la passione, fin il pensiero certamente si esprimon nel paesaggio; P°ssono farvisi intendere l'anima e la voce umana, ma non mai sole, nò senza voci ìnfe-/0ri> voci dalla natura che talvolta la dominano, e che non dovrebber mai elidere la Valenza dell' uomo. b|?H Fra i documenti statistici degli anni addietro vogliamo indicarne uno, che il pub-le° 'gnora. Nel 1818 si propose a Vienna di formare un gabinetto tecnico pel principe ^Ilario. L'Istituto Lombardo Veneto fu dunque incaricato di formulare dei prospetti Produzioni naturali e artificiali di questo regno; i quali vennero trasmessi alle Varzi (Sulle acque minerali della provincia di Sondrio), il Balzari, il Tonini ed ora il Tassani, zelante medico provinciale : per le botaniche Giuseppe Comolli (Flora Comensis) e Garovaglio (Catalogo di alcune crittogame); pel dialetto, per P ornitologia e V ittiologia i Monti ; per le sue iscrizioni antiche il Labus e 1' Aldini, mentre un innominato pubblicò le recenti del camposanto. L' almanacco della provincia, che da 22 anni si stampa, ancor meglio farebbe se, invece di sparpagliate letture e di conniventi biografie, o bibliografie, desse la statistica del paese, e dalla veracità del presente traesse induzioni ai desiderj per P avvenire, estendesse quella ragione dritta, sicura della sua via, animata dalla convinzione che porta il glorioso carattere della verità, cioè l'esser contradetta dai due estremi; educasse nello spirito politico , che è l'intelligenza del ben pubblico ed il coraggio di farlo prevalere contro il pregiudizio, il dubbio, l'illusione. Oggi sussidiano gli studj il ginnasio liceo di Como con biblioteca e gabinetti; molti collegi e scuole ne' borghi più grossi, e le elementari in tutti i Comuni. Nella provincia contano 519 scuole maschili» 227 femminili, cui sono iscritti 23,873 fanciulli e 11,551 fanciulle. Illa-grimevole depauperamento de' Comuni non permette di applicar all'educazione il denaro, che devono ad altre urgenze; onde non abbastanza si estendono le scuole femminili, meglio importanti delle altre, a veder mio, perchè l'educazione è più necessaria alle future madri, ognuna delle quali potrebbe poi bastar di maestra all'intera famiglia; e perchè, se nell'uomo, imperfetta com' è, l'istruzione induce arroganza e presunzione e malefici dubbj, nella donna fomenta e nobilita le simpatiche inclinazioni, che riescono tanto efficaci sulla futura generazione. Aggiungi che il trovar buone maestre e assai più facile, anche con tenui assegnamenti, che non l'averne di uomini, costretti supplire al miserabile soldo con qualche mestiero r). Durante il regno d'Italia, erasi raccomandato che ogni dipartimento avesse un corpo scientifico per farsi centro agli studj del paese. A Como fu dunque formato un Ateneo di scienze, lettere ed arti, coi regolamenti soliti, promosso dal podestà Porro e da una commissione composta di Alessandro Volta, G. B. Giovio, Ignazio Marlignoni, professori Moc-chetti e Gamba, e segretario il Catenazzi. La direzione generale degli studj, sentito il parere dell'Istituto, che fu espresso da Pino e Lamberti, lodò P istituzione, che fu sancita ai primi del 1810. Tenne qualche adunanza, poi di corto cessò, nè più rivisse. E non è gran danno un'accademia di meno. R. Delegazioni, affinchè rispondessero alle notizie domandale. Così venne ad aversi un quadro delle Provincie tutte, donde se ne desunse uno generale, che fu rassegnato alla superiorità. Restò negli nfficj. Ti A Torno il maestro comunale ha L. «J7 all'anno, alla Camerlata L. iOO, a Dozio L. !»<>• EDUCAZIONE 789 Sottentrò poi all' età della letteratura quella de1 giornali. Tralasciando la parte politica, che spesso è un delitto di ben peggior genere , i giornali rappresentano quell'universalità d' un sapere leggiero e brillante, queir intrepido giudicar di tutto, quella sicurezza arguta e beffarda, che di nulla si sgomenta, e sgomenta altrui, attribuendo a chi B'è dotato una specie di dominio e un'apparenza di superiorità. Como pure volle averne; e dopo qualche fallilo tentativo, nel 4850 cominciossi da Annibale Cressoni il Corriere del Lario, con costante vivacità e talvolta nobile senso , e fin il coraggio rarissimo di contradir ^opinione di piazza. Tacciare tali scritture di negligere il libro per analizzar l'opuscolo; di esaltare l'imparaticcio e dimenticare il lavoro di lunga riflessione; di perdersi in minuzie locali e prodigare alla mediocrità lodi tali, che o prendano aria di canzonatura, o sembrino false luci, sprizzate all' uopo di eclissar le vere, parrebbe severità , giacché sono comuni, e il secolo servo li vuole, e chi parla grossolanamente è giudicato parlare liberalmente. Intanto il popolo è spesso abbandonato alle sciagurate ispirazioni dell'ira, del disprezzo, dell'opposizione sistematica, al ripudio d'ogni autorità. Se si conceda esprimer un voto a questi dominatori senza averne le busse, o rassegnandosi a riceverle, desidereremmo si adoprassero a fomentare nelle moltitudini il senso del retto, snebbiarne gli intelletti, confortare alla virtù, mitigare gli affanni de'cuori oppressi, ricreare la mente dai severi studj con innocui passatempi; combattere del pari e coloro ebe il sentimento del proprio orgoglio e rancore intendono come avveramento della coscienza, e l'ansietà di quelli che, non paghi di mangiar '1 Pomo proibito, divorano anche l'albero della vita: smascherar gli interessi privati che parlano da interessi generali; onorar quella lealtà ebe fa preferire la sicurezza della propria coscienza al trionfo delle pro-Prie idee; fra le mille possibilità che agitano gli spiriti confortare coloro 1 Quali, armati della saviezza dignitosa che costringe a rispettar anche le eause meno probabili, gemono sul giorno che muore, ma sanno che deve rinascere, e all'alba intoneranno gloria e pace; e assicuransi che v ha un fiume5 a] qua]e mettono tutte le acque, ancorché sembrino un tratto sviare.' Fa un quarto di secolo, la storia di questi paesi noi terminavamo con Un esortazione piena di fiducia alla gioventù, quando la lusinga de'progressi ci tenea lontani dal temere il degrndamento de' caratteri. Mostrandoci quelle parole un savio, testé ne diceva: — Sta bene che noi cantiamo i miglioramenti materiali, ma intanto si perde la cosa più fugge- Wusiraz.del L. V. Voi. III. 100 vole e più desiderabile di quaggiù, la felicità : l'arte di esser contenti di sè stessi: vivesi d'una vita affrettata, violenta, dispettita, rammaricosa, invece della comune, regolare, permanente, che faceva il vezzo de'nostri padri, e che deridiamo o compassioniamo come vecchiaggine. In questa ansietà di effetti elettrici, nessuno vuol rimanersi al posto ove Dio lo collocò : si preferisce l'agonia dell'acquisto al godimento del posseduto; tutti e singoli credonsi abili a governar la città, il regno, la chiesa, Top1" nione ; ciascuno deplora o bestemmia quel che non conosce, mostrasi disilluso di quel che non provò, fa eroismo l'esser nulla, l'astenersi da azioni di cui non ò capace; secondan i bassi istinti collo svertare ogni superiorità, fin quella del merito e della virtù. In mezzo a tanta superbia personale, che fa credere di poter eseguire coll'azione tutto ciò che si può esprimer a parole, l'organizzazione ammazza l'individualità: la potenza sterminata delle forze collettive fa credere che l'individuo non valga a nulla: talché tutto s'aspetta e si domanda dal governo; prendiamo sgomento d'ogni libertà che esso conceda o nella chiesa o nell'educazione o nell'amministrazione; ci sdrajamo nel dubbio, avversi a Pietro non mcn che a Cesare, negando tutto, rifuggendo dal cercar colla ragione una soluzione qualsiasi ai grandi problemi, come ci sentiamo inetti a ottenerla colle opere. E più in quest'ultimi anni (proseguiva) s'è perduta, o smarrita la dignità, si da que'tanti che, a nome della patria, si fan mendicanti ; sia da quelli che usufruttano il patriotismo, e Io ripongono nel dir ogni male del paese, e di chi s'industria a onorarlo; si da que'buffi che, allecorniti da un applauso plebeo, rinforzano di celie per tener testa al buon senso, per uccidere il coraggio civile di chi osa pensare col proprio capo, per divagar l'attenzione dal vero e l'occhio dal giusto, e cosi gettare il paese senza onore nè considerazione, in balia agli astuti e agli speculatori di rivoluzioni o di riazioni. È una fortunata disposizione quella di ridere, e fare sbocciar rose di mezzo alle spine, ma il nostro vulgo (e vulgo si trova ne' palazzi, nelle canoniche, ne' casini) ride troppo spesso e di cose troppo serie ; sovente un epigramma è la risposta a un quesito gravissimo, è la confutazione d'un ragionamento ineluttabile, è lo spe-gnitojo d'un lume di buon senso. Più strano è che le miserie dell'ultimo decennio, tanto opportune a far maturare nella severità del pianto, rinfanciullissero colla voglia del ridere su tutto e di tutti; come quegli atleti di cui parla Plinio nostro, che feriti ne' precordj, morivano ridendo. Tristo modo di valutar una persona, un costume, un paese, un'età, una crisi, il pigliarla in canzonella 1 così minando tutto ciò che resta di fermo nelle coscienze, di generoso nelle convinzioni, riduccndo sordi agli avvertimenti per non intendere che le catastrofi. ESORTAZIONI 791 Intanto che sonoramente si ciancia di patria e di popolo, e si stillano interessi della Russia e dell'America," non si pensa a prevenir i mali della natura e della società, a far amare la vita a propagare i miglioramenti campestri coli'esempio, a istillar il gusto delle pacifiche gioje casalinghe; non a collegar il povero al ricco mediante i mutui soccorsi, l'assistenza a domicilio, il patronato. Chi difonde que' libri che prodigano la speranza fra le miserie della vita, attingendola dall'alto? Cianciasi di libertà, e intanto si questua dallo Stato educazione, onori, profitti , impieghi, che, sotto apparente aria di agiatezza, recano servilità e angustie, invece della comodità e dell'indipendenza prodotta dal libero lavoro, dove ciascuno sviluppa il sentimento della propria indipendenza, Strilliamo delle miserie, e intanto un lusso, qual mai non fu veduto, mvade anche le classi infime; l'amor delle comodità spingesi all'epicureismo: mai tanti divertimenti quanti dopo le ineffabili disgrazie. Nelle Quali, tutti abbiamo personalmente provato la vanità delle nostre previsioni, ^a fragilità de'nostri argomenti, nò mai la Provvidenza si è tanto piaciuta di smentire i calcoli dell'orgoglio umano e delle dottrinali illusioni. Eppure, inebbriati di godimenti e orgogliosi delle naturali scoperte, non vogliamo osservare se i prosperamenti materiali non diminuirono la limpidezza dell'intelletto e le morali serenità dell'animo; se, fra l'orgoglio di generose ambizioni eia prudenza di appetiti materiali, il quotidiano scostarsi dai costumi casalinghi, dalla stabilità de'domicilj e delle professioni, dalle abitudini laboriose, modeste, pie, trovino bastevole compenso nella celerità del vapore e dell'elettrico; se la libertà domestica, tutta personale, tutta di benevolenza e di realità, convenga immolare ad aspirazioni politiche, gelose, ira-SC|bili, intriganti, aggressive: se la cura convulsiva degli interessi, che obbliga ad un lavoro irremissibile e senza tregua o fine, nò speranza o consolazione altra che il guadagno, risponda alla destinazione dell'uomo, il quale 1)0,1 si nutre di solo pane; nè migliori la condizione di quegli operaj d'una Tolta, i quali, in pace con Dio, con sè, col curato, col padrone, passavano ^nominati, consolandosi che il loro nome non fosse mai stato scritto sui "bri della pretura; se si ricordi abbastanza dagli uni che il modo di men sentire l'oppressione ò il riconoscere l'autorità; dagli altri, che i governi, quando con istromenti men regolari reggevano popolazioni docili, ^uscivano più agevoli che non oggi con stromenti geometrici sopra popo- azioni reluttanti; che il potere è autorità non violenza, e non deve for-2are ma dirigere, non soffogar gl'istinti e le nobili speranze, ma proteggerle, maturarle. Cosi diceva quel savio, e ne sarà disgradato dalle persone sapienti, erocche l'intolleranza dominante fa il broncio alla verità. Stomacuzzi di 7M PROVINCIA DI COMO carta, rumati dal dolciume come bambini nutriti sol di confetti: sinché vorrete l'adulazione come i tiranni, come i tiranni sarete ingannati e abboffili. E deh avessimo quella virtù della parola sublimemente semplice, che si eleva sino al popolo perchè ne conosce i bisogni, le virtù, i vizj ; che può intimargli i doveri perchè non gli tace i diritti ; che trova il vero accento per tirar altri verso i nobili pensieri e i bei sentimenti 1 Ben alla gente bassa, e perciò men permalosa, vorremmo dir come le faccia torto quella mancanza di sincerità, per cui, a chi chiede la strada o la lontananza, risponde indeterminato, se non anche falso ; domanda prezzi esagerati, da cui è disposto a dibattere lin la metà; scuoja il forastiero per servigi resi o per comodità prestate. Gli uni belfan gli altri con sopranomi offensivi ; incon-transi con una grossolanità sul labbro, con un atto scortese del corpo; a tacer pure quella inurbanità, che i signori gli insognarono, del pippare, van sudici del vestire e del corpo, anche dove l'acqua strabbonda; non han cura di abbellirsi e ripulir le case, ingrommate di fumo (lasciate mi ripeta j e di lordure, in mezzo a cui accendon un povero fuoco di spigacci e sagginali : le case ove un rozzo panno di lana caprina gittato su foglie di castagno e di paglia, e un Cristo appeso indicano il letto, e dove vivono ammucchiati spesso senza separazione di sessi, e fin unendo due e più matrimoni nella camera stessa. Oh costa forse denaro un po d'acqua, una scopa, un secchio di calcina? Dal non esser gli animi educati a gentili affetti, derivano le frequenti liti puntigliose; il nessun riguardo alle donne, bestie da fatica anche nei momenti più interessanti, e trattate colla parola burbanzosa abitualmente, e spesso a suon di ceffoni ; viene la noncuranza degli interessi altrui o del Comune, secondo il proverbio, « Arrosto che non tocca lascialo che s'abbruci». È vero: noi vediamo vantare le scuole e quanti sappiano leggere; ma ci corre al labbro l'esclamazione: — Sta bene, ma meglio di tutte le ostentate scuole vale la semplice filosofia della preghiera e dell'espiamento, della rassegnazione e della speranza, eterna quanto i gemiti dell'umanità. Queste generalità noi volemmo premettere sulla provincia di cui veniamo a snidar alcune memorie e presentar la descrizione. Chi ci conosce sa bene che io cd i miei collaboratori tutto vedemmo co' nostri occhi, eppure non siam certi di non fallare spesso, né talvolta (Dio cel perdoni!) dir che un paese ha una campana men del vero, o tre anime di più, o un edilizio a destra che invece è a mancina. A chi ci avvertirà con buona o con mala grazia, professeremo riconoscenza, e neppur diremo, « Saria stato meglio che ci deste notizie quando ve le chiede- PROPOSTA 793 vam.0 coir insistenza del paltoniere, e come paltonieri ricevevamo solo mortificanti silenzj ». Ma in tanta varietà di storia, di postura, di consuetudini, quanta è fra i distretti del Comasco, sarebbe forse impossibile, certo intralciato e dissonante il seguir F ordine tenuto in altre provincie. E poiché noi crediamo che la regola migliore sia la più logica, e volendo d'altra parte la maggior libertà d'esecuzione nel regolato piano della presente opera, noi divideremo il paese con altre circoscrizioni che le ufiiziali : e per la più liscia, qui da principio presentiamo queste in quadro a soddisfazione di coloro cui piace andare per" l'un via uno. Anche un'altra novità ci siamo permessa : di intrecciare in parte le due Provincie di Como e di Sondrio. Se non avessimo la sicurezza che gli appuntini ci censureranno di questo come farebbero d'ogni altro sistema, e la speranza che i benevoli abbiano fiducia che, se noi lo preferiamo, gli è perchè lo crediamo men male, potremmo rammentare che le due provincie ebbero comuni le prische vicende, appartengono a un vescovado stesso, han le stesse montagne, lo stesso fiume: l'una ò quasi il braccio che l'altra stende verso i forestieri; l'altra è quasi il corpo da cui la prima trae nutrimento e per cui comunica coll'Italia ; e sono l'una all'altra necessarie, come il lago di Como vive dei mille torrenti che gli versa la foce dell'Adda. Not« 747. STATISTICA ^ ^ Distretto 1* di Como Distanza dal capo provincia Superficie in pertiche ccnsuarie Como, città e borgh { Albate 2 Albese 3 Alserio 4 Blevio 5 Breccia 6 Brunate 7 Camerlata 8 Gamnago 9 Gapiago . 10 Garcano . 11 Cassano . 12 Cavallasca 13 Cernobbio 14 Civiglio . lo Lipomo . ■16 Maslianico 17 Moitrasio 19 Monte Olimpino 19 Montorfano 20 Orsenigo 21 Parravicino 22 Piazza 23 Ponzate . 24 Rebbio . 25 Rovenna . 26 Solzago . 27 Tavernerio 28 Torno . 29 Urio . . 30 Vergosa . 31 Vill'Albese 67 80 57 74 24 87 04 44 40 > 42 93 40 80 69 97 73 » 45 20 06 53 40 60 93 53 10 07 65 73 34 3,700 7,844 8,881 I, 991 5,449 5,745 2,357 9,225 2,090 5,084 1,832 3,179 3,815 934 4,303 3,493 1,969 12,411 12,952 4,566 6,572 1,969 3,455 5,396 3,444 11,175 3,408 8,235 8,436 4,354 4,371 II, 159 14i 10 8 7 19 17 13 15 1 3 23 5 17 22 7 9 14 7 13 13 19 22 2 20 4 16 10 21 22 5 8 20 11 5 4 10 » 168,110 116 1 Non è compresa la superficie della città. 8 DI COMO 3,005 7,494 7,881 1,770 699 5,150 357 8,675 1,730 4,184 1,682 3,029 3,400 705 1,303 3,189 1,639 736 9,790 3,516 5,542 1,769 2,055 3,446 3,144 1,675 2,408 5,135 1,436 394 3,271 8,359 imBos TERRENI Numero Pretura Diocesi ESTIMO delie SCO incolti ditte di di 3 130 i * 236,799 3 7 a 723 Como Como » > 50 a ■ 34,909 1 41 67 i Como > 100 i 31,159 4 3 27 309 a Milano 50 » a 11,910 1 2 17 41 a s » 250 t i 5,837 1 a 32 880 a Como > 100 I » 39,301 2 3 a 37 » 1 100 1 a 4,463 3 a 24 187 i 150 > > 49,079 3 3 32 169 a a * 50 > a 9,653 5 4 7 19 a a * 200 » > 24,360 a a 36 33 i a » 50 a a 11,066 2 1 a 62 a Milano 50 a 14,342 3 a 2 92 a » * » 50 a 23,854 1 1 28 36 » Como 25 a a 10,796 4 3 12 98 a * 200 a a 7,719 1 1 24 242 a a 100 > a 15,855 5 7 34 38 > a * 100 a 11,028 4 6 a 53 a a * » 1,500 ■ a 12,133 1 3 46 500 a a * 1,000 a | 61,113 a 6 18 143 a a * » 250 » 22,087 5 a a 62 a Milano * 680 ■ a 36,412 2 b 21 111 a a * 100 » 11,665 2 1 a 42 > a * » 200 a a 8,710 a 7 3 195 a Como * 100 » a 14.115 2 2 a 122 a a i 100 1 a 22,567 3 1 37 41 a a 1,500 il a 16,903 a 3 24 309 » a » * 200 I a 12,401 1 2 a 50 a 1 300 a a 22,831 3 1 a 140 » a * 1,000 a a 15,072 1 5 36 655 a 1 2,160 > 1 4,381 1 2 4 329 a 200 a a 30,275 a 2 43 31 > a » 300 > a 28,156 1 a 44 222 Milano 11 * 11,215 a a 624,163 5 2 ~22 "5315 1 » Disianza Superficie divise in terreni LAVOA*^ Distretto II di Como dal capo io pertiche censuarie *1 C4*ì 11 f 1 1 irrigatori })I U Vllltld alvi U ili I » 1 Albiolo . . . 12 26 4,161 6 i 3,739 6 a > 2 Asnago . . . 10 43 44 2,515 10 • 2,165 2,434 i a i 171 1 3 Bernate . . . 4 3,005 1 > s 4 Bizzarone . . 9 79 3,855 21 > 3,031 > a I 5 Bregnano. . . 10 20 9,178 17 » 8,879 11 i » J 6 Bulgorello . . 8 80 2,888 17 2,784 17 » J 7 Cagno. . . . 13 43 5,363 2 2,99« 1 2 i a 8 Camnago. . . 9 04 2,242 14 2,062 » » i J » 9 Casanova. . . 9 69 2,612 2 2,270 19 i » IO Casnate ♦ . . 5 31 4,652 7 4,152 7 1 » » 11 Cassina Rizzardi 43 44 5,167 10 4,957 10 » a f 12 Caversaccio . . 20 2,083 11 > 1,960 18 1 > 20 » » 13 Ccrmenate . . 40 40 9,508 12 9,187 15 1 J 14 Civello . . . 6 07 4,124 6 3,903 23 1 > lo 31 60 J 15 Drozzo . . . 6 * 2,836 22 2,421 22 » i • 16 Fino .... 6 59 10,741 10 10,298 14 » n • 17 Gaggino . . . 9 33 3,901 7 i 3,174 3 1 s 18 Gironico al piano 7 27 6,270 3,922 23 ì 5,689 23 > 1 19 Grandate. . . 4 24 21 3,291 21 2 a » 20 Lucino . . . 4 27 3,405 17 3,035 17 » i 21 Luisago • • • 5 93 3,114 14 2,973 14 e i t 22 Lurate Abate . 6 92 8,762 5 8,402 5 » 1 J 23 Marcio , . . 5 73 7,552 2 6,957 2 6 a J 24 Minoprio. . . 9 14 3,188 1 2,908 1 i * t 25 Montano . . . 5 73 4,422 12 4,032 12 i * v * 26 Pare .... 5 47 3,148 2 2,728 2 » p 27 Roderò . . . 11 68 3,684 13 3,217 23 j 28 Ronago super. . 10 40 3,098 6 2,688 2 > 11 » 29 Rovclasca . . 12 33 2,160 7 1,985 16 6 30 Trevano super. 9 20 3,041 » 2,771 » D 1 31 Uggiate . . . 8 29 5,487 7 5,011 17 1 h t 32 Vertcmate . . 8 40 5,364 11 » 4,943 14 » T » > 145,4621 5 4 131,047 » 4 327 i a bose 410 350 400 824 287 Ì00 ^000 1% 340 % 210 120 170 220 400 410 600 S90 631 370 Ul 300 595 280 390 42o 450 410 60 270 TERRENI incolti ESTIMO Numero delle ditte Pretura di Diocesi di \ 11 i 19 1 a 12,285 3 7 a 128 Como Como i a a a a 14,059 1 7 a 38 a 1 ■ i a a » a 10,124 a 7 a 33 a a 11 a a a a 13,235 5 2 a 108 a a 7 a 11 13 d 63,052 4 7 a 203 a a i 4 a a 13,819 5 7 a 34 a a 1,369 1 19,478 3 0 32 70 a a • a a a 9,120 3 4 a 12 a a » 1 7 a 11,197 1 5 a 27 a a c a a a 20,222 > 1 a 48 » a 1 » a a a 21,674 2 7 a 20 a » 2 17 a 8,407 3 5 a 114 a » 130 21 a 67,102 5 a 6 291 1 a a a 9 a 20,046 5 2 a 35 a a a » a 9,337 2 2 a 44 1 a » a 1 20 a 56,688 a 5 a 75 a » a 67 2 » 10,794 4 2 a 65 a a i a a a 22,998 4 5 a 49 a I i » a a 26,079 5 4 40 25 a » a a a a 20,797 1 a » 34 a a a a a 11,708 5 1 a 26 a a a a a 40,494 1 1 a 122 Milano i a a a a 39,616 X 5 a 102 Como i a a » a 16,122 3 5 a 26 a » a a D a 15,784 1 a » 51 1 » » a a a 10,411 a 3 a 33 > i a 16 14 » 12,136 a 4 a 146 a a 4 » a » a 15,305 4 3 a 28 a a a a 103 15 a 16,268 1 5 24 173 > » a a a a a 14,054 2 1 a 27 a a > a 5 14 a 20,679 3 2 » 126 a a a \ n a 1 21 a 24,495 3 3 a 52 a a 23 a 1,728 5 I 687,600 3 8 ! 2365 a a lttftraz. dei l. v. Voi. in. 101 Disianza Superficie DIVISE IN Distretto III di Bellagio dal capo in irfi provincia pertiche censuarie asciutti 1 Bellagio . . . 20 23,365 13 1 13.013 9 i s 2 Brienno . . . 9 9,744 8 9 2,923 1 » 9 3 Carate . . . 7 » 3,535 17 4 1,962 9 * 4 Careno . . . 8 » 2,566 15 11 826 > 5 Laglio . . . 8 i 6,674 10 4 3,384 II » 6 Lemna . . . 7 7,009 14 * 4,450 I » 7 Lezzeno . . . 15 19,033 23 » 7,920 9 D 8 Limonta . . . 25 3,011 17 4 1,932 9 D 9 Molina . . . 6 19 6,065 15 3 1,600 9 9 10 Nesso . . . 10 9 13,736 14 6 7,686 D t 11 Palanzo . . . 12 9 10,868 2 11 3,927 B 9 12 Pognana . . . 13 1 5,113 11 5 1,876 1 » 1 13 Veleso . . . 15 1 8,990 15 » 1,891 1 9 14 Zelbio . . . 15 » 7,375 2 9 3,156 1 1 » • 127,091 12 10 56,546 9 1 Distretto IV di Cantù 1 Alzate . . . 6 25 9,725 6 9 7,295 6 1 9 2 Anzano . . . 6 14 5,599 10 9 4,666 10 » j 3 Arosio . . . 11 34 5,512 12 » 4,410 12 9 9 4 Brenna . . . 7 > 8,903 3 9 7,123 3 9 9 5 Cabiate . . . 11 09 5,331 22 9 4,570 22 9 9 6 Cantù . . . 6 15 40,507 13 9 32,166 13 D 9 7 Carimate . . 8 40 8,944 6 7 7,454 6 7 9 8 Carugo . . . 10 84 7,258 12 s 6,049 12 .9 9 9 Colgiago . . . 10 97 2,558 17 11 2,132 17 11 » 10 Cremnago . , 10 50 3,468 » » 2,890 i 12 9 1 11 Cucciago . . 5 12 10,456 12 9 7,842 9 9 12 Figino . . . 7 60 8,803 19 » 7,336 19 9 /> > 13 Intimiano . . 4 55 4,044 6 G 3,370 6 0 * 14 Inverigo . . . 11 9 7,312 17 » 6,094 17 B 9 15 Mariano . . . 9 83 23,888 4 7 19,907 4 l > 16 Novedrate . . 8 45 4,813 2 » 4,127 2 t t 17 Romano . . . 11 » 3,817 17 D 3,272 17 » F. 9 18 Senna . . . 3 » 4,911 9 4 3,929 9 4 » 19 Villa Romano . 12 50 2,028 20 i 1,690 20 9 > 1. 167,947 18 8 136,330 118 1 » I 9 STATISTICA 799 .840 '700 ^50 1^0 >0 *>°oo J.*oo ^40 S*,03(p TERRENI Numero Pretura Diocesi ESTIMO delle 0 incolti ditte di di 9 » 4,202 13 1 45,722 3 7 9 649 Como Como 1 971 8 9 6,417 4 6 9 334 » » k 33 17 4 3,755 2,510 4 1 13 299 » 9 | 40 15 11 2 5 46 134 9 9 > 40 10 4 6,022 5 3 10 509 9 * » » 39 14 9 4,304 5 5 15 295 » » 9 8,213 23 9 9,406 » 3 12 471 9 9 a » 59 17 4 4,527 5 1 22 228 )) Milano » 165 15 3 7,045 » 2 24 260 9 f Como 9 250 14 6 15,592 5 5 36 634 .5 » » 1,941 2 11 6,766 4 9 » 269 » 9 9 577 11 5 4,184 9 3 » 294 9 9 » 2,899 15 9 5,093 5 5 30 304 » 9 9 _ 79 2 » 5,096 5 6 36 234 » 9 19,515 12 10 » 126,348 » 1 23 4914 9 9 » 9 > 9 9 9 9 38,900 9 6 9 75 Como Milano 9 » 9 9 23,806 9 5 24 24 9 9 9 9 9 9 25,660 9 5 9 29 9 9 9 J) » 9 23,348 1 1 > 41 ». » 9 9 9 9 9 20,264 3 » 9 48 9 9 9 9 9 D 9 145,877 4 6 38 432 » 9 9 9 9 D 9 41,738 1 6 9 80 9 9 9 9 9 9 9 20,098 1 6 9 124 9 X 9 9 9 I 9 9,667 1 5 19 62 9 9 8 9 9 9 9 16,125 » 4 9 34 n 9 )) » 9 9 9 29,124 3 5 9 108 9 9 9 9 9 9 » 31,669 3 t 9 72 9 9 9 9 9 » 18,408 4 3 > 38 9 9 9 9 » | B 34,371 5 2 9 42 » ì> )) 9 9 9 9 85,295 1 7 » 501 * 9 » » > » 16,143 5 2 40 29 9 9 9 9 9 9 ■ 19,028 4 9 9 30 9 » 9 9 » 9 17,447 3 6 9 33 ■ 9 » t 9 9 9,393 4 1 9 30 9 9 > 9 9 1 9 635,369 | 4 9 25 1832 » Distretto V di Appiano Distanza dal capo provincia Superficie in pertiche censuario 1 Appiano . ♦ 2 Beregazzo , 3 Binago . . 4 Bulgarograsso 5 Gaclorago 6 Carbonate . 7 Caslino . . 8 Castelnuovo . 9 Cirimido . . 10 Fenegrò . . 11 Guenzate 12 Limido . . 13 Locate . . 14 Lomazzo 15 Lurago Marinone 16 Mozzate . . 17 Olgiate . . 18 Oltrona . . 19 Rovello . . 20 S. Bartolomeo 21 Solbiate . . 22 Turate . . 23 Veniano inferiore 7 8 9 5 12 7 7 10 9 10 8 9 13 8 8 12 8 8 11 8 8 12 8 37 SO 89 » 60 90 39 37 80 80 14,095 5,563 9,998 5,621 7,474 5,101 2,438 5,615 3,756 8,079 10.243 6,364 8,475 13,492 5,473 15,134 16,145 4,051 10,038 4,381 6,101 15,029 4,687 187,356 11,399 4,504 8,564 5,079 4,695 4,473 2.011 4,847 3,384 7,483 9,894 5,895 7,646 8,992 4,937 12,927 13,960 3,436 8,289 3,717 5,620 3,642 4,374 165,854 a bos no 680 469 Mi 281 49.3 Zìi 360 Gl3 l>68o 484 U9l 609 .297 *>238 2li >,078 sco TER RENI incolti i ESTIMO Numero delle ditte Pretura di Diocesi dì » 1966 » 65,384 1 2 9 212 Como Milano » » 179 » 19,075 2 6 37 68 » Ti 186 9 » 33,966 2 5 » 244 9 9 102 9 9 23,256 2 4 9 75 » » » 3> 206 » 9 28,004 » 7 9 51 9 J) 1 118 i 9 26,606 2 2 9 243 » Como I » 89 9 9 13,574 4 4 9 61 » 1 X 165 9 9 14,168 4 4 9 52 9 Milano 9 91 9 9 15,461 1 3 9 94 » » » 84 9 9 31,610 5 6 5 228 i) 132 » » 45,824 3 2 9 318 11 9 80 JI 9 21,362 9 4 17 67 » ì » 211 I 9 36,747 5 9 m 9 240 • » 229 » 9 74,47« 5 7 » 592 9 MiL-Conu 31 103 9 22,130 9 9 141 Milano s » 196 J 9 55,470 4 2 44 225 9 « 216 I 9 48,168 2 6 9 153 » Como » 131 S 9 13,288 5 3 6 40 Milano » 145 1 9 44,366 2 6 249 » 55 » 9 8,803 3 i » 30 Milano j 155 9 18,802 4 2 9 65 » Como s 9 136 9 9 71,951 2 2 9 175 9 Milano 60 9 » 18,046 4 9 9 93 » » 4035 » » 750,549 9 2 22 2616 9 Distr. VI di Gravedona Distanza Superficie DIVISE IN rERRENI LAVOHATl^ dal capo provincia in * pertiche censuarie asciutti irrigatori 1 Bugiallo . . . 32 40 22,123 b 507 * 200 ; 2 Consiglio diRumo 27 40 21,238 » 9 900 b • 3 Cremia . . . 23 45 11,261 » 560 > » 320 580 4 Domaso . . . 5 Dongo . . . 29 25 » 90 3,823 8,205 9 » 500 650 » b » D 6 Dosso del Liro 29 95 33,534 b b 1,800 9 » 7 Garzeno , . . 31 40 6,299 9 p 2,100 » » 8 Gera .... 28 70 42,455 9 » 3,067 p p 0 1 9 Germasino . . 28 20 26,568 9 9 754 » 350 » IO Gravedona . . 28 20 2,353 9 i 600 1 » 1 di Livio .... 30 60 48,172 1 b 1,920 9 12 Montemezzo 31 96 13,920 » 9 89 b 60 * 13 Musso. . . . 24 70 4,012 9 9 280 » » 14 Peglio . . . 29 80 16,306 9 1 1,213 M D 1 15 Pianello . . . 23 96 10,415 9 b 284 » D 16 Sorico . . . 31 60 9,428 » b 669 b % > 17 Stazzona . . 27 40 11,412 9 1 1,601 253 9 » » 18 Traversa . . 29 40 2,200 b » 9 » 9 19 Trezzone . . 31 20 6,322 » » 300 b v P 20 Vercana . . . 29 80 20,658 » 9 995 9 j) » > 320,704 9 D Ì9~,042~ » 15lu Distr. VII di Menaggio p * 1 Bene .... 18 16 8,395 9 » 732 » b p » * i 2 Breglia . . . 18 42 2,662 b » 266 1 » 3 Colonno . . . 8 76 5,634 b b 636 » » 4 Croce . . . 15 96 3,990 1 9 576 » » ! » 5 Grandola . . 16 36 17,444 b 9 1,756 p 7i p 6 Griante . . . 13 56 8,535 » d 1,083 9 p » 7 Grona . . . 18 21 7,811 9 711 D j) p 8 Lenno . . . 11 01 11,374 » » 2,313 T) » p )! 9 Loveno . . . 15 96 2,685 b » 741 » » il » P 10 Menaggio . . 15 16 1,702 » b 916 9 )> p > 11 Mezzegra . . 11 76 5,204 » 9 1,578 p 9 » 12 Ossuccio . . . 10 01 9,683 » 1,581 » )) p » 13 Plesio . . . 17 56 22,886 9 b 1,426 » » p 14 Rezzonico . . 18 66 1,385 > , B 541 » » p t 15 Sala .... 9 51 5,650 » b 1,339 » p p 1 16 S. Abbondio 17 66 3,405 9 b 550 9 » > J 17 S. Siro . . 18 66 12,372 » p 344 1,419 » » p p 18 Tremezzo . . 12 26 7,089 9 » b » p > » 137,966 1 18,728 3) » a bosco 4,187 *«? 5>462 3»30o i 86 i7*7 ?70 8a 0^9 T E li R E N 1 Numero Pretura Diocesi ESTIMO delle incolti ditte di di p 14,267 > 9 7,747 9 b 9 1121 Gravedona Como » 17,438 » 9 15,633 9 9 9 716 » » b 9,631 T> 9 8,302 p 9 » 627 9 b i 2,253 » B 16,001 » 9 » 396 » » p 6,575 p 9 22,735 » » » 542 9 II )) 28,934 b 9 12,847 b 9 9 674 b » p 4,049 9 9 8,597 p » » 423 » b 36,388 9 9 15,969 p 9 9 2033 9 » » 24,064 9 9 11,252 9 9 9 668 9 l> 1,268 » 9 20,592 » b 9 519 » i :> 43,452 9 9 10,646 p 9 9 669 9 » j 9 12,531 9 '9 7,997 b 9 9 497 0 » 1 9 3,372 9 9 5,354 9 » 9 416 9 p 12,193 9 9 9,134 b b » 654 9 » p 9,531 9 9 7,022 9 9 9 584 9 p 7,699 b 9 7,900 9 9 b «08 9 » j 7,111 9 11,756 9 9 9 855 9 » 9 897 9 6,135 9 9 » 545 9 b 9 4,372 9 » 3,749 9 '9 b 317 » B » 16,863 » 9 12,261 b 9 9 800 9 » » 262,888 9 9 221,653 » 9 9 13664 9 » 9 3,536 » » 6,948 5 3 » 353 .lleuaggio Como 1,445 » 9 1,997 1 » 24 155 9 » » 2,347 » 9 2,060 » 5 12 187 9 b 952 » » •3,562 5 » » Ili 9 » b 11,886 D » 14,904 » 4 » 581 » » » 6,788 B *9 9,001 5 79 b » 4,778 1 » 4,922 5 » » 267 9 )) 5,761 » » 17,091 4 » 12 315 » » » 1,286 9 6,215 1 5 » 125 9 • n 660 » b 7,451 » 7 36 118 9 » 1 2,383 » 9 12,272 5 6 » 120 9 B » 5,374 9 8,980 2 4 36 368 9 » b 14,714 B » 15,274 » 5 36 623 » » t 9 127 » b 4,787 5 » » 206 » XI » 2.941 9 4,441 4 5 24 352 a » 9 369 » 9 5,217 9 2 36 280 Ti » 8,345 » » 8,991 4 5 12 649 ■ » 9 9) b 3,787 4 2 24 225 9 » ~77^79~ • 147,824) 3 2 12 4914 9 » —- Distanza Superficie Distr. Vili, di Porlezza dal capo in provincia pertiche censuarie E LN TERRENI U*W*J| irrigatori TERRENI 1 Albogasio 2 Buggiolo . . 3 Carlazzo . . 4 Castello . . 5 Cavargna 6 Cima . . . 7 Corrido . . 8 Cressogno sup. 9 Cusino . . 10 Dasio , . 11 Drano . . 12 Gottro . . 13 Piano . . 14 Porlezza . . 15 Puria . . 16 S. Bartolomeo 17 S. Nazaro . 18 Seghebba 19 Tavordo . . Distr. IX di S. Fedele Argegno . Blessagno Campione Casasco . Castiglione 6 Cerano 7 Claino . . 8 Dizzasco . . 9 Laino . . 10 Lanzo . . 11 Pellio di sopra 12 Pigra . . . 13 Ponna . . 14 Ramponio 15 S. Fedele . 16 Scaria . . 17 Schignano . 18 Verna 17 30 24 17 29 25 25 17 26 19 18 23 22 26 19 28 30 29 24 96 69 83 58 53 47 78 89 24 36 71 64 51 47 10 02 12 10 80 10 14 26 15 13 15 19 15 05 17 78 25 05 11 12 105 18 16 19 17 13 19 17 14 18 14 18 3 05 95 92 58 85 12 35 48 10,515 5,060 10,166 4,398 21,962 6,292 9,248 670 14,620 435 920 5,722 2,829 13,131 21,916 16,942 19,616 4,719 3,781 172, 950 3,111 5,142 1,428 5,707 6,470 7,927 12,372 5,374 9,899 10,035 15,344 6,428 8,642 4,955 16,516 4,019 14,395 3,181 1 » 12 4 10 4 11 23 7 13 20 2 19 20 1 9 19 6 16 140,954 14 19 16 21 19 14 10 14 8 15 8 5 7 18 1 8 12 _9 6 10; 11 6 11 » (5 0 incolti 2,120 1,570 3,175 1,130 3,730 1,024 2,132 370 2,529 200 623 2,735 2,311 3,127 586 2,184 3,857 391 2,644 30,446 1,559 2,127 463 2,713 3,174 3,889 3,777 1,668 4,834 4,129 5,678 2,944 3,929 2,273 8,094 1,638 5,412 662 58^73 5,451 1 6 264 16 7 3,740 16 a 2,198 12 6 8,989 ■7 6 4,129 18 a 4,056 15 10 200 i > 6,488 4 a 128 9 a 120 a a 2,571 13 a 130 18 a 2,403 12 a 10,041 12 a 5,965 13 » 8,277 18 a 320 6 » 225 6 a 65,703 6 12 1 a 15 a a 10 03 a 40 19 a 60 09 a 70 15 a 80 20 a 100 06 a 53 a a 35 02 a 90 03 6 55 04 a 75 10 a 48 18 a 130 02 a 65 a » 115 17 » 90 13 » 1149 a 6 ' Vol (p. Numero Pretura Diocesi ESTIMO delle ditte di di 4,804 4 4 n 354 M e ii a g g i ci Milano 2,793 2 7 » 97 » 14,608 4 7 24 798 a » 2,089 1 1 24 132 » a 6,933 4 5 36 270 » 3,558 1 6 24 103 ■ 8,743 a 3 36 426 » » 1,164 2 3 12 103 a - 5,054 a 2 36 192 a - 945 1 3 » 104 a » 2,177 5 6 30 151 » ■ 4,715 3 5 12 307 » a 5,944 1 6 » 211 a m 14,109 3 5 44 573 » 1,524 2 4 » 175 » » 5,619 4 3 38 377 a » 7,736 3 a 18 384 a a 2,021 5 a 24 71 a » 6,552 3 3 a 450 » a 101,106 1 ~3~ 29 5278 j> a 6,012 2 4 18 221 S. Fedele Como 3,510 3 » a 221 a ■ 3,324 2 2 a 109 a Milano 3,522 a 3 12 234 a Como 6,573 3 1 12 372 » » 5,204 2 2 18 413 » a 10,708 3 5 41 272 Milano 6,335 3 7 36 402 d Como 5,735 2 1 12 281 a » 7,048 5 » 24 352 a ■ 10,399 5 a 24 443 » » 4,180 1 6 30 289 a » 3,941 1 » 18 206 » 2,879 1 1 30 306 13,282 4 5 12 517 » i h 3,971 3 7 | 24 181 > 6,056 » 5 45 686 » » 1,910 3 6 ! _ 12 122 n * 04,597 4 6 1 38 5627 » i n - 102 Distretto X di Lecco Distanza dal capo provincia Superficie in pertiche censuarie DIVISE IN asciutti terreni lavorati irrigatori 1 Abbadia . . 2 Acquate . . 3 Bajedo . . 4 Ballabio infer. 5 Ballabio super G Barzio 7 Belledo 8 Gassina 9 Castello 10 Chiuso M Concenedo . 12 Cremeno 13 Germagnedo 14 Laorca . . 15 Lecco . . 16 Lierna . . 17 Linzanico 18 Mandello . . 19 Moggio . . 20 Morterone . 21 Olate . . . 22 Olcio . . . 23 Pasturo . . 24 Rancio . . 25 Rongio . . 26 S.Gio.allaCastasn 27 Somana . . 28 Vassena . . 20 95 9,834 9 2 3,840 » 18 » 27,566 11 6 13,266 24 72 5,602 21 | 1,143 > 21 05 15,565 1 > 5,803 20 35 6,337 »! > 1,564 » 24 36 31,031 13| 9 5,960 t 18 55 6,844 8 j 7 4,380 s 26 19 3,238 19 ! J 600 9 17 20 1,741 23 | 6 1,400 v 19 30 2,849 2 7 1,200 2 25 32 1,621 20! 3 406 1 25 22 18,983 8 9 7,100 > 18 80 2,975 » » 2,000 > 18 60 6,959 2 b 3.633 9 16 80 2,189 16 6 1,743 » 25 84 14,431 6 9 4.010 D 21 65 8,680 6 » 2,720 9 22 54 21,844 7 » 10.144 9 26 08 20,526 8 3 4,000 9 31 17 22,486 9 6,960 9 17 60 2,662 13 i 1,739 9 24 54 8,359 16 ■ 3,6b'0 16 23 8« 26,573 12 6 7,040 » 18 40 5,335 12 6 3,000 9 23 17 14,965 20 » 4,060 9 18 40 2,722 21 2 1,884 t 24 » 7,906 4 » 3,010 9 24 80 3,540 4 » 1,930 9 ■-- » 303,375 18 7 1 108,185 18 50 i 120 i 9 D 8 8 6 » 20 » » 140 7 30 » P8 32 29 110 32 20 n 47 9 » 32 20 p 6 » 22 o » » » 8 42 8 » 7 798 TERRENI «osco *>Q0q 100 988 495 Uso ^7o °>403 660 *d,028 M90 487 3>Oo0 835 »917 incolti 2,191 4,104 3,664 6,364 2,405 8,408 1,444 1,356 102 631 513 6,563 448 2,147 237 1.125 2,470 5,738 11,123 5,018 232 2,380 5,600 1,124 6,115 310 1,888 775 84,475 estimo Numero delle ditte Pretura di Diocesi di 12,985 2 4 6 502 Lecco Como 30,052 » 6 36 610 Milano 8,941 1 7 9 179 » » 10,284 D t t 218 » 6,498 » 6 t 190 i 30,437 2 7 21 254 i 24,864 4 4 1 327 » » 7,109 4 2 36 92 * 26,768 1 7 > 146 ■ 6,593 » 6 43 195 > 4,726 5 5 24 71 1 9 17,744 1 5 24 238 9 15,783 I 7 i 180 » 8,384 1 3 9 352 1 24,647 » 7 32 387 i 13,049 9 6 14 619 Como 15,574 5 6 36 489 26,249 4 4 » 566 » U,293 3 2 » 156 Milano 10,519 1 4 36 174 • 8,916 1 7 24 136 i H,248 2 7 ■ 456 Como 24,178 3 1 36 478 Milano 12,440 4 » 188 20,378 5 4 » 524 Como 14,110 4 6 17 198 1 Milano 8,649 1 » l i 36 308 Como 3,281 4 1 36 1 137 » i tl5,711 ! 3 5 1 1 26 8370 ■ Distretto XI di Oggiono Disianza dal capo provincia Superficie in pertiche censuarie DIVISE IN asciutti TERRENI irrigatori 1 Annone . . 2 Bartesate 3 Biglie- . . 4 Bosisio . . 5 Capiate . . 6 Cesana . , 7 C i vate . . 8 Consonno . 9 Dolzago . . 10 Dozio . . 11 Elio . . . 12 Galbiate . . 13 GarbagnateMon; 14 Garlate . . 15 Imberido 16 Malgrate . . 17 Molteno . . 18 Oggiono 19 Olginate . . 20 Pescate . . 21 Pusiano . . 22 Sala . . . 23 Sirone . . 24 Suello . . 23 Valgreghentino 26 Valmadrera . 27 Vergano . . 12 6,115 » » 2,060 9 9 9 » 9 P 1 8 12 1,793 9 » 331 * * 9 9 B 18 05 2,148 I » 374 » 9 9 )> 10 25 6,758 9 » 4,015 9 » 9 V 19 65 2,598 » 1,789 9 9 9 1 10 50 4,773 9 » 2,'298 9 9 » t 8 27 11,261 9 » 3,494 9 9 9 I 17 25 3,230 « » 911 1 9 9 » 18 » 3,437 9 » 2,929 » 9 9 18 05 2,29« 9 » 335 9 9 » 14 75 3,428 9 » 2,112 9 9 7 82 11,728 » » 5,614 9 9 10 85 5,221 9 » 4,13« 9 9 » 17 75 3,087 a » 1,717 9 9 » 14 65 2,620 9 » 1,948 9 » 1 18 9 2,106 9 » 1,095 9 9 J 11 50 4,690 9 2,301 9 9 9 13 25 7,909 9 S 5,523 9 • p 18 25 4,574 9 » 2,790 9 9 » | 17 65 1,256 » 743 9 9 9 1 10 05 3,461 P » 1.523 » 9 9 t 7 82 1,967 » 1,345 9 9 » » 11 65 4,939 9 » 3,809 9 1» P 10 85 3,348 9 B 1,923 9 » 1 19 65 4,881 9 ■ 3,049 9 9 9 » 15 50 16,474 9 » 6,661 9 9 9 15 75 6,723 9 9 1,641 9 1) t > » 132,827 9 9 67,466 9 1 487 573 '3lo ,763 ^36 3,043 745 ^40 567 (127 639 993 43| iS34 ,23i >678 Mig 3>667 TERRENI Numero Pretura Diocesi sco ESTIMO delle incolti ditte di di 9 9 3,568 » 9 I 21,063 9 1 9 123 Lecco Milano » 9 139 9 9 7,615 3 2 9 62 9 » 9 1 12 9 9 4,864 » 3 9 54 9 9 » 9 2,170 D » 28,203 9 5 27 219 9 p 9 S 290 9 9 11,155 » 4 29 71 » » 9 9 165 9 9 14,363 4 1 44 207 9 9 9 9 6,871 9 9 29,391 2 6 9 237 9 9 » 9 9 9 9 7,599 1 2 9 21 9 » 9 » 380 9 9 18,373 1 9 16 47 9 9 198 9 4,127 5 7 9 62 9 9 » 80 9 9 16,395 1 3 . 9 111 9 9 3,077 9 9 42,177 3 3 36 195 9 » 9 340 9 9 28,866 1 7 11 89 9 9 9 130 9 9 15,430 9 4 24 51 9 » J) 105 9 9 14,018 4 1 9 96 9 9 384 9 9 9,918 1 4 9 62 9 9 * 750 9 » 20,578 2 6 10 98 9 ! 9 j 1,393 9 39,935 3 1 20 211 » » * 130 9 » 24,464 2 7 27 132 9 9 112 9 9 5.414 3 3 15 66 9 9 180 9 9 10,203 5 5 p 142 9 9 t 191 9 9 9,708 9 6 26 65 9 9 696 9 9 20,307 5 2 9 76 9 9 » 194 9 9 12,895 3 2 9 144 9 9 9 » 154 9 9 24,921 9 5 9 115 9 9 9 9 5,401 9 9 36,540 1 7 26 402 9 » 9 1,415 9 9 14,639 5 1 » 107 9 » 9 9 28,534 9 P 493,172 2 9 23 3265 9 9 j Distanza Superficie DIVISE IN TERT Distretto XII di Brivio dal capo in provincia pertiche censuarie asciutti 1 Airuno . . . 19 » 3,295 19 1 1 2,585 19 1 2 Aizuro . . . 21 » 2,991 1 > 792 3 B 3 Bagaggera . . 15 50 3,423 6 d 1,700 > B 4 Brianzola . . 14 75 3,189 17 B 2,400 5 B 5 Brivio ... 19 28 9,580 11 6 8,003 2 3 G Gagliano . . . 16 70 4,712 23 > 1,800 7 » 7 Calco .... 18 > 6,256 9 6 5,039 > 6 8 Cologna . . . 14 25 2,141 6 » 1,341 B B 9 Imbersago . . 21 50 4,252 12 B 3,400 12 B 10 Merate . . . 19 » 6,689 13 6 6,579 13 6 11 Mondonico . . 17 25 4,783 15 B 3,274 15 B 12 Nava .... 16 > 5,115 15 4 1,970 11 4 13 Novate . . . 20 1,553 13 B 1,363 13 B 14 Olgiate . . . 17 » 5,713 5 B 3,996 B B 15 Paderno . . , 21 50 4,792 16 B 4,094 16 B 16 Robbiate . . , 21 25 6,554 19 8 4,430 19 8 17 Rovagnate . . 15 3,458 19 3 2,058 19 3 18 Sabbioncello 18 » 3,528 16 3 3,400 16 3 19 S. Maria Hoe . 17 75 4,163 9 B 2,663 9 > 20 Sartirana . . 18 50 4,374 13 10 3,694 B B 21 Tegnone . . . 16 » 1,687 9 B 1,058 11 B 22 Verderio infer . 23 25 5,639 8 7 4,662 B 7 23 Verderio super. 23 » 3,930 21 4 3,522 10 4 B 102,829 11 10 73,821 11 9 irrigatorj 72 9 41 80 40 6 150 278 60 437 1164 23 TERRENI » Dose 710 J>198 ^3 '00 ,912 800 1,438 3=06o '■■380 ^78 ;d00 VtOo ^00 .500 540 408 incolti estimo Numero delle ditte Pretura di Diocesi di » 22 9 9 9 9 19,893 4 6 2 1 65 Merate Milano 9 B » B 9,885 2 1 9 53 B 6 9 9 9 » 13,719 5 5 9 71 B » 9 3 16 9 89 12 9 15,042 1 6 9 39 B » 9 B 9 b 46,619 9 1 24 130 b » 9 9 9 B 12,527 9 5 » 124 B - B 6 9 20 9 9 41,136 4 7 27 123 B » 9 b B | 11,525 9 2 B 61 t 9 9 9 9 29,190 9 5 9 50 » » 9 9 9 9 68,541 5 4 26 165 B 9 45 9 B 30,878 9 4 9 77 b » 9 95 4 9 12,476 2 4 40 172 1 » 5 B 9 9 B 11,360 1 7 B 41 » • 9 59 9 b 38,013 1 1 B 84 B » 9 20 9 9 36,545 b 6 B 88 B » 9 ] 24 9 B 52,275 » 1 16 105 B » 9 9 B B 9 18,862 1 5 b 121 » » 9 9 9 9 B 26,964 3 1 16 59 B » 9 13 9 9 9 B 24,528 2 5 9 71 B 10 180 9 9 28,115 » 2 28 57 B 9 9 76 22 B 7,950 1 6 9 156 » » 11 9 b 9 9 31,605 3 5 30 22 » » B » 9 9 23,177 5 1 28 28 B B 10 10 609 14 610,833 5 5 7 1964 1 1 > B STATISTICA 813 Distr. XIII di Missaglia Distanza dal capo provincia Superfìcie in pertiche censuarie 1 Barzago . . . 11 61 5,396 1 6 4,546 > * Jl > B j 2 Barzano . . . 12 91 5,234 1 1 4,974 > B )) » | 3 Bernaga . . . 14 90 1,749 22 » 1,169 b B )) 4 Bulciago . . . 10 55 4,642 21 11 4,432 B » 1 » 5 Casatenovo . . 13 91 13,195 9 1 12,895 b B - b t U 6 Casirago . . . 13 80 2,126 20 > 1,806 » B j) 1) 7 Gassago . . . 11 88 3,409 7 4 3,222 ' B » » 4 i) 8 Cass.ade'Bracchi 16 82 5,248 10 7 4,088 B » 60 b ii 9 Cereda . . . 15 78 2,398 9 » 1,368 b b s 11 IO C emusco Lomb. 18 84 5,483 7 5 4,903 B B 80 10 p 11 Contra . , . 15 23 6,671 20 11 5,591 » B p 12 Cremella. . . 12 16 2,690 5 > 2,510 b B » » 13 Lomagna. . . 18 70 5,741 13 4,411 » b 1 P 14 Lomaniga . . 12 36 4,114 13 * 3,044 » b * P ' 15 Missaglia . . , 14 85 5,510 1 B 3,820 B b » ii 1) 16 Montevecchia . 13 47 8,964 5 6 4,634 B B p J t 17 Monticello . . 13 80 5,054 20 1 4,834 B » » » • 18 Oriano . . . 13 15 1,905 17 8 1,725 B B t » 1 19 Osnago . . ., 20 50 6,185 4 1 5,725 » ■ p » 1 » 20 Perego . . . 9 95 2,328 1 ■ 11,68 B B » , ! 21 Sirtori . . . 14 69 6,246 20 5 5,860 b B » » 22 Vigano disopra. 14 68 2,416 17 i 2,226 B B » » 106,714 8 7 88,951 b B 140 14 1 DIVISE IN TERRENI LAVO«^ irrigatori asciutti 100 900 890 350 359 » Moo 900 960 ;M00 180 800 250 M 839 TER RENI incolti estimo Numero delle dille Pretura di 1 Diocesi di ! j B 250 1 6 31,604 3 5 39 157 Merate i Milano1 » 260 1 1 32,307 4 2 30 96 B * 1 1) 130 22 » 7,036 3 » B 34 » B 210 21 11 21,783 6 6 46 36 » » | » 300 9 1 82,356 2 2 13 58 b ». 1 » 220 20 b 17,351 5 B b 46 B » J » 187 7 4 20,320 5 3 b 46 )) » | » 200 6 7 32,631 5 1 24 27 b » 140 9 b 9,814 3 5 B 40 » » » 230 7 5 48,320 3 7 26 37 d 741 10 11 48,589 4 4 36 42 » » j B 180 . 5 b 15,996 4 4 b 34 » » » 230 13 b 34.148 3 1 25 b ■ 170 13 b 21,491 1 2 » 38 B » » 730 1 > 34,087 3 2 » 68 B » b 230 5 6 39,245 d 5 3 92 B B 220 20 1 35,079 3 7 20 110 1 * » » i 180 17 8 10,077 4 7 b 14 )) ! • 280 4 1 48,730 2 7 27 48 » » b 360 1 b 12,239 7> B B 55 b » b 136 20 5 27,078 4 5 21 58 B b 190 17 B 12.460 b 7 B 77 )) B 5,783 18 7 641,653 5 7 42 1,138 ■ | Iti Ust^z. uei L. V. Voi. Ili, 105 Disti-. XIV di Canzo Disianza dal capo provincia Superficie in pertiche censuarie DIVISE IN TERRENI LAVOBA« irrigatori asciutti 1 Arcellasco . . 11 » 1,124 i » 2 Asso .... 15 ' 4,207 » D 3 Barni .... 14 4 8,930 » I 4 Brenno . . . 18 12 2,932 » 9 5 Buccinigo . . 8 » 3,139 9 » 6 Caglio . . . 18 12 4,534 » 7 Canzo . . . 14 2 16,757 » 9 8 Cardia . . . 10 14 3,867 i » 9 Casletto . . . 13 10 1,994 ì 9 IO Caslino . . 12 3 9,192 » 11 Cassina Mariaga. 11 13 3,412 9 > 12 Castelmarte . . 11 6 2,093 9 13 Centeinero . . 12 10 2,016 J 14 Civenna . . . 21 11 7,832 » > 15 Crcvenna. . . 9 1 3,766 9 IO Erba .... 8 10 8,839 9 9 17 Fabbrica . . . 8 10 4,129 » 9 18 Incino . . . 9 11 5,224 » » 19 Lambrugo . . 10 13 2,750 i » 20 Lasnigo . . . 17 3 8,492 i » 21 Lezza . . . 9 13 1,549 > 9 22 Longone. . . 11 1 2,102 • 9 23 Lurago . . . 10 3 4,537 » 24 Magreglio . . 20 12 4,923 D 9 25 Merone . . . 12 7 2,112 J> 9 26 Mojana , . . 12 8 1,277 » )> 27 Monguzzo . . 10 » 4,902 1 » 9 28 Nibionno . . . 14 6/15 5,209 9 9 29 Onno .... 20 4 4,582 9 » 30 Pagnano . . . 16 1 3,747 9 31 Ponzano . . . li 6 3,197 9 32 Ponte. . . . 10 6 3,082 9 33 Proserpio . . 12 1 3,461 I 9 34 Rezzago . . . 17 9 6,011 9 » 35 Rogeno . . . 14 1 4,117 1 9 36 Scarenna . . 15 5 1,346 9 9 37 Sormano. . . 15 5 15,607 » » 38 Tregolo . . . 14 3 3,137 9 » 39 Valbrona. . . 17 7 12,000 9 9 40 Yisino , . . 16 5 4,215 » D » 196,942 Ti 9 900 3,167 1,261 2,700 3,000 774 3,657 967 1,800 4,542 3,192 1,293 1,936 1,005 3,000 5,539 4,000 4,366 2,430 1,568 1,400 749 4,157 1,584 1,012 927 4,002 5,009 770 1,089 2,447 1,112 1,461 756 3,617 473 6,867 2,637 3,400 96,481 24 9 9 32 9 100 t » 92 9 9 300 350 200 50 > 500 200 » » » 150 180 100 3 bost 200 ,Uo 4,000 200 139 ,860 ò,000 700 194 3,517 200 1,000 0 80 3,900 3,000 129 508 120 3,500 149 «00 380 1,060 600 150 900 200 yoo 'loo eoo '7(*> >ooo ^,000 600 750 TERRENI Numero Pretura estimo delle incolti ditte di 9 9 7) 9 14,284 1 5 8 74 Asso » 900 9 2 12,991 2 5 12 256 9 9 5,769 S 9 7,669 1 » 20 236 9 9 9 9 9 15,166 2 2 » 44 9 9 9 1 * 12,40! 4 4 45 89 9 9 1,900 » » 13,555 2 2 » 255 9 » 8,000 9 9 24,832 4 5 24 652 2 9 2,200 9 9 9,498 2 1 » 137 2 9 B 9 9 12,017 2 4 9 37 9 9 1,041 B 9 20,606 5 7 J 166 , » 20 » 2 15,583 » 9 16 122 2 9 400 9 I 10,324 1 3 9 183 » 9 9 9 9 12,536 1 6 9 95 9 9 2,927 9 9 5,422 5 7 44 266 2 d 9 9 9 8,265 1 2 6 35 9 » 9 9 » 27,758 1 2 44 206 9 9 9 > 9 19,324 4 3 9 7 9 9 9 9 » 23,765 4 5 13 178 9 » d D 9 14,849 3 4 22 18 » 3,374 9 10,780 1 1 12 213 9 » ■ » 9 » 6,204 5 7 2 46 9 9 753 9 9 8,154 4 6 40 306 9 9 b - 9 9 24,715 3 6 .0 45 1 2,279 » 9 4,851 1 9 9 165 1 t 2 10,958 4 1 37 11 9 9 » D 7,778 20,890 3 1 9 35 )) » 1 1 2 40 12 9 9 9 » 33,146 4 1 31 113 9^ > 2,112 » 9 5,865 3 » 9 102 2 1) 558 )) 9 12,438 5 » H 100 9 » » 9 9 16,677 » 3 38 61 » 1) 9 9 2 12,530 5 1 2 101 9 9 9 » » 8,524 3 5 2 118 9 9 2,255 » a 8,596 5 6 » 234 9 9 » 9 2 23,302 5 6 9 117 9 9 23 9 9 4,620 3 6 12 30 11 9 2,740 9 9 14,925 3 3 24 403 » 9 » * 9 18,497 4 4 20 67 1» 9 4,500 » 16,886 5 5 12 438 a » 1,100 » » 7,809 5 3 12 104 n 42,85T "i 559,077 3 1 T" ! 5,957 » Diocesi di Milano Distanza Superficie DIVISE IN TERRENI Distretto XV di Bellano dal capo in provincia pertiche censuarie asciutti ir 1 Barcone . . . 41 4,063 D TI 4,063 » J » 2 Bellano . . . 27 » 7,215 7) » 7,215 i S 3 Bindo.... 35 50 4,492 7) 7> 4,492 7) » 4 Gasargo . . . 37 7) 18,732 1 » 18,732 21 » 5 Colico . . . 37 7) 30,996 ■ 7) 30,996 S » G Corenno . . . 30 73 1,058 Ti > 1,058 » » 7 Cortabbio . . 38 40 9,371 ■» » 9,371 » » ■ 8 Cortenova . . 37 i 12,509 t 7t 12,509 71 » t J 9 Crandola. . . 35 » 14,719 I » 14,719 7) » » j 10 Dervio . . . 30 07 9,710 » 1 97,10 » rt > 1 11 Dorio .... 31 80 13,847 13,847 » ;> » 1 12 Esino inferiore . 39 40 9,346 » » 9,346 7) » t 1 13 Esino superiore. 39 40 17,392 7) 1 17,392 D S 14 Introbbio . . 42 » 39,475 7) 71 39,475 1 » 1 15 Introzzo . . . 35 73 5,586 7) » 5,586 » » 16 Margno . . . 36 Ti 5,653 H » 5,653 )) » i 17 Narro .... 35 » 11,435 7) Ti 11,435 » » 18 Pagnona . . . 42 33 14,214 Ti Ti 14,214 ■ 19 Parlasco . . . 31 4,537 » 7) 4,537 » » » 20 Perledo . . . 31 25 14,686 » Ti 14,686 si d 21 Pessina . . . 40 » 2,678 Ti » 2,678 1 1) 71 22 Premana . . . 39 40 50,405 Ti 50,405 » 1) t 23 Primaluna . . 39 47 12,939 TI 1 12,939 » > 24 Sueglio . . . 34 17 6,143 T> » 6,143 tj » 25 Taceno. . . . 34 80 5,493 1 7) 5,493 t 1) 26 Tremenico . . 38 20 12,546 » > 12,546 t i) 27 Varenna . . . 30 53 7,278 D ii 7,278 TJ ii 28 Vendrogno . . 31 » 16,454 T> , 16,454 ii » 29 Vestreno. . . 32 60 4,456 7> 1 4,456 Ti 1) 1 30 Vimogno . . . 41 60 3,759 » 7) 3,759 TI D 1 » 371,187 1) 7> 371,187 J » bosco TERRENI Numero Pretura Diocesi ESTIMO delle ) incolti dille di di 1 » 1 3,543 5 7 12 263 » » I » 22,026 2 1 16 683 » I Ti 1 4,092 2 3 24 152 > » ■ r> 14,269 5 2 36 359 » TI 50,146 3 36 1673 » » » 2,842 4 7 5 96 > 1 7,086 3 6 » 340 * » > 1 > 10,564 » 2 » 280 » > 13,943 5 1 36 262 » ■ » 10,942 1 2 44 360 » » 1 13,522 5 2 25 571 i • » » 10,597 4 1 36 230 B 7> 1 6,457 3 1 28 347 » » a 1 1 30,512 2 6 36 447 i 9 > 1 3,665 1 6 39 265 i » » 8.146 1 3 » 250 Ti ■ » 1 7,406 4 6 24 682 » » 1 6,166 4 5 36 302 n 1 > 3,916 4 3 i 60 » 1 Ti 23,179 4 1 17 694 1 . » » 1 2,255 16,078 4 3 12 117 n a » I 4 2 24 647 1 1 ti 1 13,441 » 4 24 194 | 5 » » 4,958 2 18 289 ■ » D 9,525 2 1 12 209 » » 4,830 3 1 36 253 » ■ 1 11,780 4 2 22 506 1 » 1 D 7,472 2 » 12 690 1 s » 1 5,587 1 7 30 220 Ti ■ II il 3,969 4 4 36 144 1 » 1 » 332,483 4 ~1 4 11585 Distr. XVI di Varese 1 Azzate 2 Barasso . 3 Bizzozero 4 Bobbiate . 5 Bodio. . G Brinzio . 7 Brunello . 8 Buguggiate O Capolago. 10 Cabiaglio. 11 Casciago . 12 Crosio 13 Daverio . 14 Gagliatc . 15 Gazzada . 16 Gurone . 17 Lissago . 18 Lomnago 19 Luvinate . 20 Malnate . 21 Masnago . 22 Morosolo. 23 Oltrona . 24 S. Ambrogio 25 S. M. del Monte 26 Schiano . . ' 27 Varese . . 28 Velate . Distanza dal capo provincia Superficie in pertiche censuarie DIVISE IN terreni lavora jjratOfJ asciutti 19 69 5,787 4,970 > 18 88 2,642 » 1,549 9 14 69 3,622 » 3,126 17 03 1,756 » 1,284 20 95 2,246 » » 1,710 9 21 41 9,816 » 349 9 » 19 58 1,766 * 1,257 D 1 18 97 3,285 » 2,394 1 18 33 3,241 Ti » 2,137 9 » 22 68 10,722 i » 802 9 n 17 80 2,200 * » 1,621 9 9 21 71 1,734 1 » 1,448 9 » 21 71 4,683 » D 3,408 9 1 20 49 2,360 1 » 1,883 Jt 9 18 15 2,197 1 1,956 2 » 12 78 2,106 l » 1,711 1 1 18 70 2,612 ■» 1,067 J) 1 21 41 2,148 n » 898 1 » 18 44 3,428 TI » 1,678 t) 9 12 24 8,105 9 » 5,871 J) 9 16 86 4,045 9 » 2,881 T) 2 18 23 4,470 k m 2,939 TI D 20 06 1,932 » » 1,521 0 » 17 29 2,881 » 1,767 2 9 19 83 1,994 » » 468 9 9 17 75 3,774 » 2,668 1 9 28 06 20,528 » 14,395 1 » 18 28 9,879 » 3,822 9 t __ --- • 105,432 s It 57,188 9 Jt 850 850 i 9 t e r u e n 1 Numero Pretura Diocesi isco incolti estimo delle ditte di di » 9 356 t 39,011 5 3 9 95 Varese Milano * 9 140 » 10,774 4 2 v 111 9 9 * 9 220 9 » 25,851 9 3 1 184 9 9 9 80 »' » 9,801 1 6 9 22 9 1 Tj 80 1 13,614 » 7 )) 50 9 9 * » 6,314 9 » 10,104 5 3 1 186 9 9 10 9 » 11,729 2 l 9 116 9 » 460 9 9 17,658 1 3 9 67 9 1 * i » 202 » Ti 14,903 2 2 » 66 9 1 9 1 * 1 7,019 9 13,886 5 4 9 454 » 9 1 * I 230 » D 11,747 » 7 9 44 9 9 t 40 1 10,210 3 5 2 38 9 9 * 1 105 » 9 27,792 K 9 9 104 9 » 9 160 9 S 15,499 2 7 9 67 9 9 9 100 1 9 14,115 9 2 2 97 9 9 S 20 1 » 13,242 2 1 9 136 9 2 > 980 1 1 10,248 2 5 9 37 9 9 9 58 1 » 6,926 3 3 9 36 ■ » t 490 1 9 14,149 1 3 9 130 9 D 100 9 2 50,299 2 7 9 296 9 9 * 579 t 1 20,530 5 2 9 68 9 9 t 5.70 a 9 20,322 4 9 9 75 9 T> 9 1 72 » 9 10,584 3 9 9 89 9 9 » 1 40 » 2 17,520 3 m* 9 72 9 9 9 1 1,020 » 9 5,770 2 4 1 9 66 9 9 X » 138 9 18,668 4 5 ! 2 87 » 9 » 2,300 » 9 1S6,387 1 * ì 13 659 Varese Milano! 9 1,350 D » 32,525 5 a i 9 i _1 263 9 « 20,933 ■ j 9 473,489 9 i 4 i 3056 9 Distr. XVII di Arcisate Distanza dal capo provincia 1 Arcisate . . 2 Ardenna . . 3 Besano . . 4 Bisuschio 5 Brenno . . 6 Brusimpiano 7 Gazzone . . 8 Clivio . . 9 Cuasso al monte 10 Induno . . 11. Lavena . . 12 Marzio . . 13 Porto . . 14 Saltrio . . 15 Valganna. . 10 Viggiù . . Distr. XVIII di Tradate 1 Abbiate Guazzone 2 Carnago . . . 3 Garonno Corbell. 4 5 Gastelseprio 6 Castiglione . . 7 Castronno . . 8 Gornate inferiore 9 Gornate super. 10 Lonate Ceppino 11 Lozza 12 Morazzone 13 Rovate . 14 Torba . 15 Tradate . 16 Vedano . 17 Venegono infer. 18 Venegono super Ghiringbello 18 31 21 19 19 27 11 13 21 17 32 30 23 13 26 14 13 15 16 16 15 11 17 13 12 13 13 15 16 13 12 11 12 11 76 96 68 19 19 29 84 19 69 76 56 52 29 19 44 19 Superfìcie in pertiche censuarie DIVISE IN TERRENI LAVO asciutti irn 11,434 ! 12 1,129 17 5,850 03 10,230 3,625 4,938 15,185 4,025 24,259 18,985 5,467 1,950 3,441 4,868 18,754 13,530 147,675 15,338 7,152 2,105 8,249 5,342 5,095 5,514 4,394 2,656 7,125 2,475 8,015 1,729 2,162 15,865 10,679 8,626 10,187 122,708 13 13 20 10 » 10 01 01 OS 02 20 10 20 6,429 329 3,447 6,380 2,410 1,100 14,170 3,025 8,400 13,700 2,140 400 1,031 3,527 6,906 9,500 82,894 11,000 4,652 1,455 5,249 4,042 2,295 3,314 2,794 1,506 5,125 875 5,615 1,129 662 9,000 7,629 5,376 7,937 79,655 200 150 terreni a boscc 3,240 740 >2l0 l4>090 ì>490 >170 j>5*o »290 ^244 ^217 '300 500 >0()0 \^ .800 >ooo '.200 850 =800 '000 3,25o incolti ESTIMO D 9 j 1,765 12 i 60 17 » 103 03 2 253 13 » S 5 13 d 9 148 20 » 9 39 10 i 9 25 i D 1,769 10 2 » 795 01 » » 157 01 1 » 9 10 » { 9 9 120 08 i 1 9 97 02 j 1 9 1,604 20 D » 813 10 7,768 20 D 9 » 9 1) » 9 2 • 9 9 9 9 9 9 9 0 1 1 9 9 a a 2 » 9 2 2 \ » d 9 2 9 » » 9 9 d g 9 9 s 2 » 9 9 9 9 1) 9 9 9 b » 9 ——. 9 1 9 ' 1 9 Numero delle ditte Pretura di Diocesi .di 22,579 » 4 9 228 Varese Milano 2,358 3 5 9 95 » Como 11,890 2 6 9. 540 9 Milano 24,159 4 5 » 438 » 9 9,923 » 2 9 112 9 6,185 5 4 299 )) » 52,213 1 5 » 427 9 » 15,629 4 2 d 225 2 2 27,230 5 4 2 903 » 9 51,743 3 2 2 500 )) 17,080 3 1 » 389 » Como ■ » 3,701 4 2 9 96 5,8 i 3 3 5 2 223 » Milano 10,366 1 9 9 215 9 Como! | 17,607 1 5 9 421 V Milano | 29,694 2 9 573 y> » 309,270 4 1 9 5,484 9 2 54.842 5 7 0 257 Varese Milano 27,942 2 4 » 344 » ' i 6,150 9 4 46 a * ! 31,927 4 » a 467 „ 9 ' 24,017 5 » 9 140 b 1 9 24,345 1 4 2 153 a 9 ; 21,302 2 7 ■ 2 172 ■ 9 16,390 1 2 » 107 » » 9,044 4 4 » 46 9 9 36.392 3 7 24 127 9 9 14,084 1 1 22 46 9 9 . 31,633 2 5 265 9 9 5,839 2 4 » 21 9 2 7.846 2 1 » 30 9 9 62,013 4 3 26 230 9 2 50,447 1 3 » 195 » 9 32.396 5 4 40 119 9 » i 39,265 ì 2 2 2 58 9 2 j 495,9471 5 1 ~6 16" 2,823 9 » > Uit del l. v. Vol. IH. 10 i Distr. XIX di Gavirate Distanza Superficie DIVISE IN TERRENI LAVORATI dal capo in provincia pertiche censuarie asciutti irrigatorj I Arcumeggia . . 34 68 3,749 12 i 99 12 » 9 2 Aroto .... 34 56 1,088 3 » 692 3 » 9 3 Azzio .... 32 17 3,234 6 a 2,024 6 9 4 Bardello . . . 27 27 2,832 3 9 1,769 3 » | 5 Besozzo . . . 30 10 6,077 15 9 3,448 15 » 9 i 6 Biandronno . . 28 93 8,235 3 6 5,713 3 9 7 Bogno . . . 31 30 4,317 7 * 2,324 7 » » t 8 Bosco .... 34 37 2,076 12 » 1,368 12 * 9 9 Brebbia . . . 30 60 7,984 ■ 6 5,727 9 9 IO Bregano . . . 28 33 3,356 16 1,724 16 ) li Brenta . . ' . 31 i 6,332 23 > 2,179 23 » 9 12 Garavate . . . 31 39 7,495 3 4,977 3 9 Ti 13 Cardana , . . 31 50 4,534 19 » 2,559 19 9 » 14 Casalsuigno . . 32 13 6,910 23 > 3,272 23 » f 9 15 Cavona . . . 35 49 3,436 11 » 1,191 11 » 9 9 16 Cazzago . . . 27 43 2,892 6 ■ 2,584 6 9 , 17 Celina . . . 35 23 2,153 10 » 1,244 10 » TI 9 18 Cerro. . 32 20 2,478 22 6 1,833 22 » t 19 Cittiglio . . . 20 Cocquio • . . 35 41 13,064 18 » 5,449 18 » n 27 51 13,407 10 4 5,127 10 9 t 21 Comerio . . . 24 04 6,357 12 1,774 12 9 9 22 Cuveglio . . . 34 60 4,337 14 2,463 14 )) 9 23 Cuvio. . . . 33 64 8,830 21 2,783 2i » » 9 24 Duno .... 35 80 3,493 5 » 127 5 » 1 9 j 25 Gavirate . . . 25 91 10,127 15 i 5,151 15 i 9 » 26 Gemonio . . . 30 50 5,265 21 7 4,379 21 7 9 9 27 Laveno . . . 33 67 8,607 10 7 3,535 10 7 Ti 9 28 Leggiuno. , . 33 44 3,832 23 » 2,553 23 ■ t 9 29 Malgesso . . . 28 53 4,092 18 » 2,779 18 » 30 Monate . . . 31 > 5,421 4 9 3,096 4 9 9 31 Monvalle. . . 34 10 3,813 21 9 2,847 21 » 9 9 32 Mombello . . 34 47 8,503 12 6 5,093 12 6 9 2 33 Olginasio. . . 28 33 2,980 12 » 2,281 12 i t » 34 Orino .... 32 74 4,836 11 » 1,202 11 » 9 35 Sangiano. . . 32 94 3,353 11 6 2,342 11 6 9 36 Travedona . . 30 30 4,740 1 » 2,694 1 » » 1 37 Trevisago . . 30 57 4,118 1 3 3,270 1 3 38 Vararo . . . 37 94 3,687 19 » 1,065 19 » 9 j 39 Vergobbio . . 33 93 3,679 1 1,912 1 9 9 71 40 Voltorre . . . 27 17 3,601 7 2,039 7 9 9 <*•— i .-- | » 209,339 9" 4 108,707 ir 4 383 610 M 2>146 433 ,603 ,127 3,203 2,018 *,092 2,238 57 579 420 ■,617 ,674 ,370 3,016 4,776 736 805 *.»3l A 686 ^359 7%~ TERRENI Numero Pretura Diocesi ■>sco ESTIMO delle incolti ditte di eli 9 2 650 9 9 3,061 3 4 24 178 Gavirate Como 2 2 13 9 9 4,746 9 4 12 20 9 Milano 9 9 600 » 9 11.872 3 6 36 398 » Como 1 9 422 9 9 11,516 1 6 9) 82 a Milano 2 9 483 9 9 23,621 1 1 » 187 a Ti 9 9 893 9 9 25,780 2 2 0 178 » » » 9 266 9 9 16,789 1 3 s 150 » 9 9 9 275 2 » 8,745 2 6 » 46 » 9 2 9 654 9 » 25,881 1 1 9 207 9 9 9 9 505 9 9 15,032 5 4 9 66 a » 9 9 950 9 9 15,034 3 4 36 283 a Como 9 » 500 9 9 25,506 2 7 9 318 a 9 H 9 883 2 9 18,202 5 7 9 88 a Milano 2 » 1,400 9 9 14,843 4 6 36 485 a Como 9 450 9 9 9,296 9 5 24 311 » 9 2 251 9 » 10,624 2 , 5 9 221 Milano 7> » 330 9 9 8,808 3 3 9 98 a 9 l » 225 9 » 12,219 7» 9 24 84 » 9 1 1,800 » 9 30,889 5 4 9 591 9 Como 9 3,663 9 » 34,441 4 5 11 399 9 Milano 9 263 9 » 16,668 3 7 9 200 9 9 2 200 » 9 11,618 2 6 24 436 9 Como » » 1,677 9 9 18,398 2 7 24 586 a 9 * » 350 » 9 4,404 1 1 24 150 a a » 200 9 9 33,857 1 i 13 525 a Milano 9 » 250 )) » 22,562 1 6 25 406 a Como 2 714 9 9 17,476 2 » 36 177 a Milano 9 474 9 9 18,676 4 5 9 122 a 9 Ti » 229 9 > 15,023 9 » 6 122 9 9 9 394 » 9 17,201 5 2 45 113 » 9 2 209 9 9 14,383 3 9 9 83 a a 9 871 » 37,943 2 ■ 9 360 a a 9 96 » 9 11,869 9 9 6 64 a a * 980 2 » 11.179 5 5 12 326 a Como * 143 9 9 12,603 3 7 24 149 a Milano * 324 9 9 19.377 4 6 9 214 a a 9 * 162 9 16,646 2 4 22 302 a a 9 * 150 9 » 1,653 5 6 9 126 a Como ) * 200 9 8,522 3 9 9 456 » 9 9 --. 203 9 » 11,145 2 6 12 64 Milano 23,202 9 » 649,126 3 1 44 9,501 a 9 Distr. XX di Anger a Distanza dal capo provincia Superfìcie in pertiche censuarie DIVISE IN TERRENI LAVORATI irrigatori asciutti 1 Angera ... . 24 21 12,863 11 5 6,000 2 Barzà . . . 20 76 3,241 10 » 2,600 3 Barzola . . . 21 51 2,688 7 1,400 » 4 Cadrezzate . . 20 21 6,777 18 3,000 T) 5 Capronno ' . . 21 71 4,425 15 » 2,000 Ti 6 Comabbio . . 20 Ti 5,587 20 6 2,800 » 7 Ispra .... 20 71 10,301 12 » 4,000 I 8 Lentate . . . 19 11 10,934 * 9 3,000 Ti 9 Lissanza . . . 27 21 3,726 5 2,000 » IO Mer cai lo . . . 24 » 7,307 10 2,600 p 11 Ranco . . . 2G 21 3,881 2 » 1,800 t 12 Taino . . . 22 21 11,575 3 » 5,000 j) 13 Ternate . . . 18 » 6,578 15 « 3,000 » 14 Varano . . . 20 » 3,401 14 2,000 93,29!) 8 41,200 Ti 10,300 TERRENI a bosco incolli ESTIMO Numero delle ditte 1 2,063 li 5 43,197 4 7 20 261 » 41 10 » 6,935 2 1 » 13 T) 288 7 6,510 1 7 » 21 111 18 19,246 4 5 i » 101 425 15 7,096 ■» 4 » 28 » 287 20 6 20,607' 2 2 * 93 ì> 801 12 » 22,779 3 4 131 D 934 1 9 28,942 1 4 10 63 )) 426 5 » 13,105 3 6 i » 84 » 107 10 22,104 4 1 1 1 72 81 2 10,445 5 6 » 130 ■ 1,075 3 » 34,993 2 5 t » 202 s 778 15 » 20,431 5 1 T, 63 ■ 701 14 , 11,529 4 s ■J) 10 Ti 8,790 8 » 267,926 5 _ 2 30 1272 Distretto XXI di Luvino 1 Agra. . 2 Àrbizzo 3 Armio 4 Bedero 5 Biegno 6 Bosco . 7 Brezzo di Bedero 8 Brissago 9 Gabiaglio (F.Varese) 10 Campagnano 11 passano . 12 Castello . 13 Cossano . 14 Cremnago 15 Cugliate . 16 Cunardo . 17 Curiglia . 18 Dumenza. 19 Fabbiasco 20 Ferrera . 21 Garabiolo 22 Germignaga 23 Graglio . 24 Grantola . 25 Lozzo. . 26 Luvino . 27 Maccagno infer 28 Maccagno super 29 Marchirolo 30 Masciago 31 Mesenzana 32 Montegrino 33 M-onteviasco 34 Muceno . 35 Musadino 36 Musignano 37 Pino . 38 Porto . 39 Rancio 40 Roggiano 41 Runo . 42 Tronzano 43 Veccana 44 Viconago 45 Voldomino Distanza dal capo provincia 35 25 39 22 40 28 30 29 » 36 24 32 35 29 24 24 39 34 25 24 36 31 38 27 39 32 34 35 25 20 28 29 40 31 31 37 38 32 22 29 34 40 32 26 30 70 90 12 66 87 19 79 04 » 37 01 99 45 65 91 99 07 35 36 26 82 45 32 39 87 63 82 62 40 96 29 29 87 39 99 62 92 69 76 09 95 57 79 65 29 Superficie in pertiche censuarie 5,425 4,602 4,910 3,568 6,270 3004 8,434 5,125 4,760 5,560 8,286 10,860 5,521 6,706 8,491 8,250 10,306 2,675 2,030 2,320 3,711 9,420 2,833 3,688 13,541 2,175 7,057 10,643 2,534 6,961 11,640 6,440 4,790 7,590 3,750 3,220 2,560 6,170 3,870 5,070 9,430 11,530 11,520 4,959 263,378 1,100 3,600 3,601 2,100 621 2,017 6,040 820 2,150 835 1,110 580 2,365 960 1,266 303 7,130 1,275 900 2,873 1,000 2,735 4,150 380 2,290 2,830 560 660 1,360 2,620 2,110 910 880 5,110 5,360 2,850 85,691 TER >eo RENI incolti ESTIMO Numero delle ditte Pretura di Diocesi di > 600 ì , k 10,985 4 k 24 442 Luvino Milano^ * i 680 » 5,677 2 5 k 328 k Como' * » 830 * 3,875 3 » » 486 k Milano * 468 » 7,822 5 4 12 159 « Como * 2,400 k 4,401 4 1 k 428 » » * 265 » s 5,252 2 6 36 185 k 1,144 ■ k 19,027 5 » » 430 k 399 » 9,473 4 » k 165 k * » i » » k » k k k k k * 860 » i 7,209 3 k k 327 k Milano * 300 > k 10,184 2 7 12 192 > Como * 1,625 k 10,430 2 4 » 359 k Milano * » 1,500 k 8,620 D 5 12 258 k » * 500 k 5,660 5 6 k 161 k Como 884 ■ k 13,056 4 3 k 479 k • 1,157 » 21.930 * 2 » 673 k » * 2,370 k 5,591 k k 24 263 ■ Milano » 1,500 » 11,557 1 3 24 497 1 b » 410 k 6,534 4 1 32 253 1 Como * » 120 k 5,865 k 2 k 125 k » » 380 > k 3,568 k 4 k 154 k Milano » 284 > k 12,188 k 3 16 321 k B » 1,670 k k 7,481 4 2 24 368 k a ■ » 229 » k 6,925 2 2 12 257 » » » 1,625 t k 2,190 3 6 36 2S3 » ti 1,300 1 » 29,346 3 i 17 618 k 1 • 100 » k 4,142 2 k k 227 k » » • 150 k 5,807 2 k k 160 k » 1 » 950 » k 14,470 k k 16 427 k Como] 184 k k 4,390 4 6 k 143 k , j) 771 k k 15,504 1 4 36 389 » Milano 1,200 k k 22,475 4 k 16 559 » n k * 3,600 • » 2,253 4 5 24 190 k » * * 450 k k 11,724 4 k k 190 i » | 1,610 k k 11,397 k 2 12 370 » a * 1,690 » k 3,534 1 > 36 180 > » k * 600 » k 4,358 3 2 » 244 k » 150 » k 8,610 » 5 » 186 k » 490 k k 16,353 2 1 36 389 Como » 480 k k 7.640 2 k > 152 Milano D 1,440 i k 6,745 5 4 12 200 i ! » * 1,970 > k 6,990 2 5 36 347 k ' » * 920 k k 14,196 1 3 24 494 k k 860 > k 1,6353 3 k k 620 Como 122 s » 15,619 5 2 s 470 » Milano ' 1 40,797 l k 419,428 1 3 1 14,128 r DISTRETTI Nllnir progrrì Denoti,inazione Z _ o Distanza 53 e da! capo Z 'a; provincia Superficie in pertiche censuarie Como città 1 % > 3,700 14 i 3,005 11 » I Corno 31 TI s 168,110 16 8 103,508 16 8 II Como 32 Ti 1 145,462 5 4 131,047 j » 4 lì Bellagio l'.| 20 1 127,091 12 10 56,546j 9 IV Cantù 19 6 15 167.947 18 8 136.330 18 8 V Appiano 23i 7 37 187,356 • i 165,854 9 9 VI Gravedona 20 28 20 320,704 » 19,042 9 9 VII Menaggio 18 15 16 137,966! D » 18,728 » 9 Vili Porlezza 19 26 47 172,950 10 11 36,446 2 6 ti IX San Fedele 18 14 85 140,954 6 6 58.973 11 X Lecco 28 16 80 303,375 18 7 108,185 18 7 XI Cagiono 27 13 25 132,827 » » 67.466 » 9 X!l Brivio 23 19 28 102,829 il 10 73,821 11 9 XIII Missaglia 22 14 85 106,714 8 7 88.951 9 9 XIV Ganzo 40 14 2 19042 * 96,481 9 9 XV Bellano 30 27 i 371,187 9 371,187 9 9 Varese città 1 28 06 20,528 » » 14,395 9 9 XVI Varese 27 » » 105,432 D 57,188 9 * XVII Arcisate 16 18 76 147,675 20 D 82,894 9 9 xviir Tradate 18 12 s 122,708 » » 79,665 9 XIX Gavirate 40 25 91 209,339 9 4 108,707 9 4 XX Angora 14 24 21 93,290 » 8 41,200 9 XXI Luvino 45 32 63 263,378 85,691 9 Tolde N. 525 1 — --1 ' ,3,748,470 9 11 2,005,304 4 4 550 577 327 2,389 1,510 1,388 798 140 2,678 850 9 4,900 10,300 2,020 30,192 53 l'i' Bai io E H RENI incolli ESTIMO Numero delle ditte Pretura di Diocesi di 9 130 2 9 236,799 3 7 9 723 Como Como 9 11,215 » 9 624,163 5 2 22 5,315 9 9 9 1,728 5 2 687,600 3 8 8 2,365 9 9 9 1,9515 12 10 126,348 9 1 23 4,914 9 9 9 » 9 9 635,369 4 9 25 1,832 ' 9 » 9 4,035 » 750,549 9 2 22 2.616 t 2 9 262,888 | 9 221,653 9 9 9 13,664 Gravedoiia 2 9 77,179 » 9 147,824 3 2 12 4,914 Menaggio 9 6 65,703 0 11 101,106 1 3 29 5,278 9 Milano 6 1,149 9 6 104,597 4 6 38 5,627 S. Fedele Como 9 84,475 9 9 415,711 3 5 26 8,370 Lecco Milano 9 28,534 9 9 493,172 2 9 23 3,265 9 » 10 609 14 9 610,833 5 5 7 1,964 Merate 9 9 5,783 18 7 641,653 5 7 42 1,138 9 9 9 42,85] 9 9 559,077 3 1 6 5,957 Asso 9 9 » 9 9 332,483 4 7 4 11,585 Bellano 9 9 2,300 9 9 186,387 1 » 13 659 Varese 9 9 20,933 9 9 473,489 9 4 9 3,056 9 9 9 7,768 20 9 309,270 4 1 9 5,484 9 9 9 9 9 495,947 5 6 16 2,823 9 9 9 23,202 9 a 649,126 3 1 44 9.501 Gavirate 9 » ■ 8,790 9 8 267,926 5 2 30 1,272 9 9 9 40,797 9 9 419,428 1 3 » 14,128 9 9 10 709,587 6 6 9,490,532 2 1 6 116,060 9 S '"mraz. dei L. v. Vol. III. m Nota B a pag. 770 GLI UMILIATI Nel descrivere la Lombardia, ma viepiù il Comasco, torna ogni tratto ricordanza de1 monaci Umiliati ; i quali talmente appartengono a questa provincia e città, che qui è luogo di ragionarne. Ma parlare di frati all'età del carbon fossile e dei tavolini semoventi ! Però, chi nel raccontare la vita di Orlando paladino o di Bajardo senza taccia e senza paura, ce li dipingesse accorati quando la coscrizione li colpisce, e cercarsi o esagerare difetti per essere scartati, poi a mala voglia apprendere il passo militare e a caricar in dodici tempi, costui non tradirebbe la storia più di coloro che , all'udir parlare di frati, torcono il viso come da gente oziosa, ignorante, sucida, disopportuna. E l'astuzia de'sofisti, che tutto avventurano, fidati nell'ignoranza o nella distrazione deflettori, sta appunto nel confondere i tempi; a chi invece mette ogni studio a distinguerli, ad appropriare a ciascuno le istituzioni, a mostrare come nella storia vi possa essere da deplorare e da abborrire, ma I CISTERCENSI 831 nulla da vilipendere e da negligere, volteranno addosso le beffe, quasi egli desideri per adesso ciò che asserisce era opportuno mille anni fa; quasi essi portino di giugno il tabarro di dicembre, e di quaresima vadano in volta nell'arnese del giovedì grasso. Deponiamo i pregiudizi odierni per riportarci a 700 anni fa, se vogliamo Pregiare due ordini religiosi, che tanto ben meritarono dal nostro paese applicando i loro 02)' uno all'industria agricola, l'altro alla manifatturiera. I Cistercensi, fondati da san Bernardo e da lui stesso recati in Lombardia, si posero in luoghi malsani e limacciosi; e ben presto dirigendo le acque, lavorando i campi, là dove isterilivano la carice, il ramno, il nasturzio, fecero verdeggiare erbe perenni, difondendo con regolata distribuzione i rigagni. Nel grosso delle loro possessioni piantavasi una colonia di frati conversi, difetti da un professo, il (piale era come il fattore di tutta la grancia o cascina ; egli dava il segno quando dovessero uscirai lavoro; egli distribuiva ad essi i ferri di mestiere; egli assegnava ai singoli le funzioni di armentiero, carrettiere, zappatore, boaro, e via discorrete. Non doveva accettarsi frate se non chi potesse guadagnare il vivere colle proprie mani. I conversi non doveano tenere alcun libro nò imparar altre preci che il pater, il credo e Wmiserere. Per esempio, a Chiaravalle, poco fuor di porta Romana a Milano, non v'era che sterilume e pantani, che que' monaci comprarono nel 1135 a poco prezzo; ma a breve andare l'ebber ridotto a pingui possessioni fin di GOOO pertiche, contante opere, che anche adesso, sovra lo spazio di tre pertiche appena, s'incrocicchiano sette acquedotti artificiali. Furono essi che insegnarono nel Milanese e nel Lodi-giano i prati a marcita che danno fin nove tagli di fieno ; essi che cominciarono a far il formaggio, or rinomato col nome di parmigiano; essi che introdussero il riso, essi che ampliarono la coltura della vigna, e teneano una botte capace di ^00 brente di vino che distribuivano ai poveri. Non vi sarà meraviglia se anche di lontano erano chiamati a riordinar possessioni e aziende, e Rainaldo arcivescovo di Colonia, avendo trovala in disordine la sua prebenda, invitò i Cistercensi perchè et curtibus proeesscnt, et annuos redditus reformarenl (Vedi vol. I, pag. 88). Ciò per questi oziosi ; e dite pure che io con ciò domando di popolar il Rorido di Cistercensi. Non so nemmanco se ve n'abbia più stampo: certo non v'è più stampo degli Umiliati, l'altro ordine del quale voglio dire più a disteso. Alquanti Milanesi e Comaschi, i quali aveano, verso il 1033, seguitato le Parti di Arduino d'Ivrea, proclamatosi re d'Italia, contro di Knrico I imperatore germanico, al prevalere di questo vennero relegati in Germania. Alla scuola della sventura impararono il disinganno del mondo; e datisi a Colui che non rifiuta chi gli si volge di cuore, si umiliarono dinanzi al re, e ne ottennero il perdono e la concessione di mornar alle dolcezze della casa e della lingua natia. Reduci, o per voto, o per una di quelle dimostrazioni che pajono merito a chi sofferse per ragione politica, indossarono un rozzo SaJo cinerognolo; e pur rimanendo in grembo alle famiglie, seguivano un Vlvere solingo , disagialo , pieno di pratiche austeramente devote. Molli gli imitarono;.comprata in Milano una casa, vi si congregavano la festa a salmeggiare e ad opere di pietà; le mogli d'alcuni di loro si ridussero pure al ritiro io devozioni e in lavori *. Capitò di quel tempo a Milano un de'santi più famosi e più operativi, l'anzidetto Bernardo abbate di Chiaravalle, predicando la pace fra'Cristiani accioc- ché potessero far la guerra tutti insieme contro il comune nemico della fede e della civiltà. Come i Milanesi lo voleano arcivescovo, così que'pii, che indica-vansi col nome di Umiliati, lo pregarono a dettar loro una regola. A norma di questa, si segregarono dalle mogli e con ciò l'ordine ascese al secondo grado. I primi ascritti furono Suzo Bagutano, Giovan Bello di Arcore, Pietro di So-logno, e fabbricaronsi una casa alla Breda o possessione del Guercio, che or diciamo Brera. Ogni giorno, compiute alcune pratiche di spirilo , attendevano il resto al lavorio della lana e alla mercatura, memori di quel detto del profeta, Chi ■ mangia del lavoro di sua mano, è beato e avrà bene ; e di quello dell'apostolo, Chi non lavora non mangi. Giovanni da Meda, detto così dal luogo donde nacque di famiglia comasca, fu il primo Umdiato che fosse unto sacerdote. Nel luogo fuor di Como verso ponente, che da un pantano tutto canne traeva nome di liondenerio, fondò 1 Alemannio Fino, nel libro Ideila Storia di Crema, asserisce che l'ordine degli Umiliati fu fondato da tre Cremaschi : uno de'Carrobj, l'altro de'Bagnoli, il terzo de' Piagnici, die reduci di Germania ov' erano ostaggi, istituirono le tre case di San Giacomo e Filippo il primo, di San Marino il secondo, di San Martino il terzo. Ma non adduce alcuna prova, e il suo annotatore lucchetti, nell'edizione del 1844, non v'aggiunge che la propria afférmazione. GLI UMILIATI. LORO UFPIZJ 833 una casa. La santa vita di lui e i miracoli trassero molti imitatori, donde nacque la prepositura di Rondenerio, là dove oggi prospera il collegio Gallio. Esso beato Giovanni da Meda perfezionò l'ordine elevandolo al terzo grado, 6 acconciandovi una regola più maturala. Vissuto lungamente a Como, morì nella casa di Brera a Milano; e i Comaschi, appena n'ebbero contezza, vennero a chiederlo come roba propria: e lo deposero nella chiesa di Rondenerio. Il terzo ordine fu considerato primo per dignità; mentre il primo di tempo divenne terzo, poi cessò nel secolo XV. Ben tosto si moltiplicarono gli Umiliati; il che mostra ch'erano consoni ai tempi, siccome dappoi i Francescani, i Domenicani, i Gesuiti ed oggi le Suore della carità. Le case primarie, che chiamavano convegni, o parlatorj, o canoniche, erano presedute da un prevosto; da un prelato o ministro le altre; i monasteri femminili, da una ministra , o maestra, o anziana. I prevosti delle quattro case principali a vicenda erano capi di tutta la congregazione, finché nel I24G da Innocenzo IV ebbero un maestro generale, e il primo fu Beltramo Zo-chora. Secondo quel sentimento d'eguaglianza generale, che fu tanto promosso dagli ordini religiosi, era prescritto nominatamente che anche i servi, i prigionieri, i lioerati si considerasser pari, dal momento che divenivano Umiliati, mentre rinunziavasi a titoli e nobiltà. Loro uflizj pregare e lavorare : e principalmente allendeano al lanificio , inoltre coltivavano giardini e terre: le donne filavano e cucivano; i preti non lavoravano di mano, ma esercitavano la mercatanzia. Sono nell' indole d' ogni ordine religioso le opere di carità , e gli Umiliati accudivano a molti spedali, nominatamente a quel del Convegno in Monza, e a quelli di Siena, Bologna, Bergamo, Pavia. La fama di integrità e insieme d' abilità, faceali scegliere dalle repubbliche (come Milano, Bergamo, Tortona ) ad uflizj dilicati, riscuoter le taglie o i dazj , conservare la Cassa pubblica,eseguire i pagamenti; a Como erano depositarj e giudici delle bilancie e misure; a Brescia, dov' erano stabiliti dal 1235 a San Luca, so-Prantendeano a molti uffìcj ; al sale e alle merci che entravano e uscivano di città ; erano massari, cioè economi del Comune ; e quando s' andasse in campo, seguivano V esercito in qualità di camerlenghi, e pagavano i soldati. A Milano, nel 1248, il podestà Bonifazio Sala ordina si eriga catalogo di lutli i debitori della repubblica, e diasi custodire agli Umiliati di Brera: nel l2fio fra Albertone v'era massaro o vogliam dire economo generale; nel 1381 gli Umiliati amministravano gli affari del cardinale arcivescovo Borsano, e vuoisi che introducessero, o piuttosto sistemassero le badie di arti e mestieri. A Siena 'a Pubblica amministrazione era commessa ad Umiliati e Cistercensi ; e fra Domenico umilialo prcsedette alla costruzione del Castel Paganico nel 1203. Alessandria, nel 1189, aveva per pubblico ragioniere un Umiliato che interveniva ai cornizj : ad essi consegnavansi le chiavi della città , che nessuno doveva aprire senza loro consenso ; riscoteano i pedaggi alle porte e al ponte del Tànaro, e v'ebber incarico di ripartire le acque della Bórmida nel 1492. A Casale, fra Guglielmo di Leventino diresse la fabbrica di Sant'Evasio, con autorità di reggere e disporre quanto riguardasse quella costruzione. E lo aveva preceduto nel 1276 l'umiliato fra Alberico, come fra Olrico nel 1238 era canepario, cioè cassiere di Novara. A Bologna spettava loro la sovrinlen-denza a tutti i mulini. A Firenze la briga di rifar la mura, e il lavatojo fu, nel 1317, affidata a fra Giacomo umiliato: v'erano camerlenghi della pe; cunia i frali di Settimo cistercensi, e quei d'Ognisanti umiliati, e a questi consegnavasi il grano del Comune, lamquam cernerariis publicis et authen-ticis personis. In altri luoghi riscotevano i pedaggi, costretti perciò tenersi alle porte all' ingrato uffizio di gabellieri. Da tali brighe cercavano sottrarsi; ve n'avea che per ciò passavano in altri ordini meno laboriosi : ma i Comuni adopravano anche la violenza per costringerveli, sin a minacciar d'impedire che si comprasse da loro o s'andasse a macinar ai loro mulini. Lo dice Innocenzo IV: Potestates et comune Mediolani fratres primi et secundi ordinis llumiliatorum officia puhlica gc-vere, ne exigere pedagia, et ad por tam ciritalis stare ut bladas et farinas ponderati seu mensurent, pur captionem honorum suorum, per inibitioncm quod homines Mercimonio cum ipsis non exerceant, ncque molant in mo-Icndims corani prò sua voluntate compellunt. Il qual papa in conseguenza ordinò che non potessero venirvi obbligati, acciocché per le cose pubbliche non negligesse!- le proprie ; e permetteva loro d' assumere anche incarichi secolareschi, onde esimersi da tali vessazioni. Pure negli Staniti de' varj Comuni appajono aggravj che spesso venivano imposti agli Umiliati, ed obblighi di servigi. Ne sporgeano essi nuovo lamento ai papi, e specialmente a Giovanni XXII, dicendo come alcuni ti-rannodi e prepotenti collocasser nelle loro case concubine e donne di mal aliare ; sappiamo che Ottone Visconti volle da essi una bella somma per far guerra ai Tornarli ; Matteo Visconti, essendo scomunicato dal papa ora detto, multò gli Umiliati in 30 mila lire di terzoli, e impose loro un generale di sua volontà. Neppure la Camera Apostolica li risparmiava nelle sue necessità enei 1310 fu convenuto, che quelli delle provinole di Genova, Milano, Ravenna le pagassero 1801 zecchini. E quando ottennero di non dipender più dai vescovi, ma direttamente dalla santa sede nel 1288, obbligaronsi alla Camera ApO' stolica dell'annuo censo di due libbre d'oro. Altre volte i Comuni prendeano prestiti da loro, e singolarmente i Monzesi nel 1277, dando in pegno il F*" moso tesoro. I prepotenti non se la dissero mai bene coi frali; e Bernabò Visconti, sbigottito del loro incremento, vietò comprassero altri beni, temendo potessero divenir padroni di tutta la città. De'lavorìi tenevano molti in campagna, ma poi li trassero in città. A principio, quasi da per tutto le case erano doppie, di maschi e di femmine. Nelle costituzioni, che il maestro generale fra Beltrame sancì nel capitolo lenirlo in San Calimero a Milano, è prescritto che, nelle gualchiere, non entri GLI UMILIATI. LOR REGOLA 855 veruna donna. Dappoi tennero cardatori e fattori pei servigi subalterni, fra fu statuito, che fosser separati, e distanti almeno 50 braccia, o avesser di mezzo la strada pubblica ; e ne' comizi a Como il 1343, che si spogliasse della dignità il prevosto o prelato che ricevesse una sorella nella casa maschile. Vestivano una tonaca che dava sino alla noce del piede, e sopra di quella uno scapolare bianco senza cappuccio ; uscendo addossavansi un mantellelto o gabbano, sparato ai lati per cavarne le mani: in capo una gran berretta bianca, onde il vulgo gli intitolava i Berrettani; e talora aveano pellicole fatte di lana o di stoffa. In origine vestivano color cenere; nel secondo e terzo ordine adottossi il bianco ; e i sacerdoti v'aggiungevano un cappuccio, cucito dietro lo scapolare. Le donne usavano una tonaca fin ai piedi, sovra di essa un'onestà, e in capo veli bianchi ; e furono tenute alla clausura solo al tempo di Benedetto XI. Secondo le regole suddette, il vestimento prescritto consislca nella camicia (lusso di pochi in quell'età), brache grosse, pelliccia, vestilo, guarnacca, soprabito (manstrucam) d'agnello, mantello, scarpe, zoccoli, stivali, pantofole (scofones, patitos, botas, subtalares); ed anche calccrotti da notte, se il prelato lo permettesse: per letto, il pagliericcio ola matcrassuccia (bisaciiM1 vel fdtrum) e anche il capezzale e due lenzuoli di lana. Ai malati possono concedersi anche un' altra sopravvesta, e materasso e lenzuoli di stoppa o di lino. Le sorelle aveano tre camicie grosse di stoppa : due pelliccie e mantel-lette d'inverno e d'estate, una tunica; due vesti di stoppa grossa da metter sopra le altre, un capitino (?): ma tutto di color naturale, non tinto nò imbiancato nò artiftziosamente increspato ; e quelle di stoppa sian nere, eccetto le camicie e i calzoni. I frati possono farsi salassare tre volte l'anno, in aprile o maggio., in settembre; in febbrajo; o più se il prelato lo creda; allora non mangino carne, se pur non siano malati o deboli", ma ova, cacio, pesci. Ogni quindici giorni si lavi il capo chi vuole; si radano o tondano la barba una volta il mese, e mozzino i capelli; lavinsi i piedi l'un all'altro tre volte Y anno, cioè le vigilie di Natale e di Pentecoste e il giovedì santo, e ognuno tenga pettine, coltello, ago : e tutto facciasi in pace e silenzio. Son queste press' a poco le norme di tutti gli Ordini d' allora , risibili solo, non dirò a chi non conosca i Sansimonisti e i Falansteriani, ma a chi non abbia contezza delle prescrizioni militari. Principalmente al lanifìcio si dedicarono essi, come i Cistercensi all'agri' coltura, come i Gesuiti all'educazione, come i Fate-bene-fratelli all'ospedale. Fra le loro regole relative alla mercatura , ordinatasi che le manifatture non si mandassero fuor di paese; non si prendesser denari a prestanza, non si comprasse veruna cosa servibile al vestire ; che non andassero con asino o giumento a portare panni ai follatoj; nè panni od altro recassero a vendere fuor di città : persone speciali in ogni cosa badassero ai traffici, 0 a Natale si ergesse il bilancio, dopo del quale il debito era considerato del convento. Dovea ciascuno render esatti conti al prevosto o al capo; e degb avanzi bisognava anzi lutto pagare i debiti. Riprovansi coloro che affittavano ' beni a parenti per lungo tempo e tenue prezzo. A Brera scavando si trovò un sigillo, colf epigrafe S. Fris Tomaxi mercatori* Braidae , in giro alla lettera B, cioè Brera ; e forse, oltre le lettere, serviva a bollare i panni. Il primo ordine teneva in ogni città un capo o ministro pel traffico , lo che nel 1419 era ito in disuso. Ogni domenica raccoglievansi i conti del prodotto de'lavori: ma a quelli del primo ordine era piuttosto riserbata l'ispezione sul lavoro altrui. (Humiliati primi ordinis, non ut laboratores sed ut mercatores prò communi commodo, et non proprio borsello artem lance cxercebant.. Chron. ms. Bossn). Il ricavo del lavoro doveva erogarsi nelle spese della casa, in edilìzj, in comprare possessioni, e in far carità. É opinione che gli Umiliati abbian inventato i tessuti d' oro e d' argento di cui far i paramenti da chiesa, e forse introdotto o sistemato le fraternite d'arti e mestieri. Si conservano i patti che, per commissione di re Federico IH di Sicilia, al 26 novembre. 1309, il nobile Corrado Lancia di Castel Mainardo, cavaliere e maestro portolano, stipulava con fra Daniele di Brera , a nome dell' Ordine, acciocché egli andasse, con alquanti Umiliati idonei, a piantare il lavorio de'pannilani a Palermo; il re concedeva loro in perpetuo un palazzo dove scorreva acqua, spendendo cento once d' oro per restaurarlo, Ma non Pare vi andassero, forse perchè non ottennero quanto domandavano. Taddeo, conte di Montefellro, li chiamò a Rimini nel 1261 a nome della Comunità, ut, cum eorum sororibus et magistris de melioribus qui sunt in partibus Lombardia), laborarentet facerent laborare pannos de lana cujusque generis et toloris, exceptis scarlatis, viridibus et auriferis. Ivi ebbero la chiesa di San Matteo, vicino alla quale la gualchiera e il mulino. A Perugia nel 1279 fu decretato di chiamare Umiliati qui faciunt pannos m Lombardia, ut ubi drappariam faciant. Qual e il paese che godette maggior rinomanza nel medioevo per tessuti di lana? Fu Firenze. Or bene, gli Umiliati vi furono richiesti nel 12.39 dal vescovo Pietro Manadori, che assegnò ad essi la chiesa suburbana di San Donato a Torri: poi nel 1230 i consoli de'giudici, mercanti, banchieri (cam-Ptorès) e i rettori dell'arte della lana e tutte le capitudini delle arti convennero di dar agli Umiliati alcune case, quod lana facienda urbi egregie Prodessent: nel 1278 fu loro assegnato esteso luogo, ove fondarono Santa Caterina d' Ognisanti ; erano tenuti esenti da ogni dazio, e proibito d' insudiciar le acque che fluivano alle loro gualchiere. Innocenzo III nel 1201 li dichiarava esenti da qualunque imposta sulle °ro manifatture ft ripetendo aver essi per regola di guadagnare ciascuno ll vitto e il vestito colle proprie fatiche 3. Per tal ragione Onorio IH li di- 2 De arli^ciis propriis manibus exercelis, nullus decimas exigere prwsu-fl'rAltrettanto dicevano Urbano IH, poi Innocenzo IV. •> l'ratres habeant hoc decretum prò cunctis, ut aquiranl (juolidie victum et ve-Uum teboribus manuum suarum. lUuslraz. del L. V. Voi. III. 100 spensava da alcune severe discipline, per esempio il digiuno in eslate e in tempo di vigilia, potesser usare latticinj e ova 4. Furono (enuli esenti dalla giurisdizione episcopale, dipendendo solo dal papa. Poteano celebrar a porte chiuse anche in paese interdetto : chi entrasse nel loro ordine era assolto dalla scomunica. Non parlando delle occupazioni più specialmente fratesche, accenneremo come consti che si opposero gagliardamente ai Patarini, eretici che presero piede in Lombardia. Aveano , fin dal 1259, abbandonato il rito ambrosiano per adottare il romano; e stampatone a Milano nel 1594il messale proprio, nel quale è posto il loro albero cronologico, dove si noverano diciotto persone dell'Ordine onorate degli altari; tra cui il b. Guido De' Capitani di Porla Orientale da Milano, creduto lor fondatore ; il b. Gio. da Meda, il cardinale Giacobino da Siena, il b. Luca Marzoli cardinal di Firenze, il b. Pi-cinino vescovo di Brescia, il b. Orico da Vercelli, il pio sant'Omobono di Cremona, del quale rimasero popolari le popolari virtù e la sofferenza opposta alla litigiosa e gelosa moglie. Contavano pure ventinoye vescovi, otto arcivescovi, cinque cardinali. Fra Girolamo Landriano, generale dell'Ordine, fu ministro di Lodovico il Moro, il quale, allorché fu costretto abbandonare lo Stato, il deputò alla reggenza coi vescovi di Como e di Bari e con Francesco Bernardino Visconti ; poi da Massimiliano Sforza fu messo presidente del senato, e governatore in suo nome. Molli Umiliali andavano a studio nelle Università italiane e forestiere, e non pochi scrissero, ma di materie e con modi che non vai la pena di ridestare. Vogliam però ricordare fra Bonvicino di Ripa, che visse attorno al 1280, e fu insigne per pietà e per lettere, elevò l'ospedale di Sant'Erasmo in Legnano, dettò grammalica in Brera, e, come dice la sua lapide, primo istituì di sonar Vare maria in Milano e nel contado. Egli scrisse un' opera De discipulorum prcecep forum quc moribus, seu vita scholastica; un Gironi-con de magnalibus urbis mediolensis; una statistica del nostro paese nel 1287; e la storia dell'ordine degli Umiliati; inoltre poesie, che son delle più antiche in italiano, ossia in un dialetto che cercava accostarsi all'italiano. (Vedi vol. I, p. 576;. In breve gli Umiliati crebbero per modo, che a Milano, dopo men di un secolo, ebbero 139 conventi di frati, 70 di monache: in un conto troviamo che dal 1298 al 1344 erano mancate 166 case, unitesi ad altre; ed eran-sene aggiunte 28. Ed ecco i lor conventi nel momento di maggiore prosperità. A Milano, di uomini e donne a Brera, a Viboldone (Uno statuto del 1289 porta che i frati di Vicoboldone aquam fluminis Vitabia tam prò molendi-norum utilitate, quam prò pratis et terris quas possident irrigandis libere uti 4 Nelle lor cosliluzioni leggesi : Ordinamus, statuimus, et dcftnimus, quod dcin-ceps dtebtta sabbati multo modo pingnia comodavi. Ciò era Ftalo ordinalo a tétti da Gregorio vii. E più sotto: Ordinamus quod casens et ova non comedo nt ur in diebus veneris nec ab hospidbus ncc in conventu, nisi esset infìrmilatis causa. GLI UMILIATI. LORO CASE 839 pomnt) ; qnel degli Ottazj de'Vecchi, Santo Spirito, San Pietro in Gessate, della Canova, or collegio di porta Nuova; di Cf.sirate in porta Nuova, di San Calimero, della Santa Trinità in borgo degli Ortolani, la Canonica, di Monza in porta Ticinese, di Cardano, d' Ognisanti di Mariano a San Simone, di Gallarate, di Sesto, di Carugate, di Gerenzano, di Concorezzo, di Moggio , di Rondenerio in porta Ticinese: in tutto 24. Di sole donne erano duelli di Sesto, di Bagiera (Bagnerà?), di Sant' Eufemia, di San Luca, di Cavale-rio, di fra Montenario, di Landriano, di Rogeno, di Pobiano, di donna Cosa, di Vigevano in Borgo Spesso, di Verano, il Senodochio dei Tignosi (Sant'Erasmo); di Santa Maria Valle, di Desio Casa grande, d'Uboldo in porta Ludovica, di San Maurilio, di Vimodrone, di Vigevano in porla Orientale che poi fu Collegio elvetico; di Biassono in Santa Caterina di Brera , di San Marcellino, di San Nabore, di San Protaso, di Cabiate, della Maddalena al cerchio, della Chiusa, d'Origgio, di Lachiarella in porta Vercellina, delle Azze in porta Comasina, di Turale, del Campanile di borgo Milano, del Tegnone, del Terraggio: in tutto 35; cioè in complesso a Milano 59 case. Nella campagna milanese, divisa in Faggio, erano le seguenti : A Monza, per uomini e donne Sani' Agata, San Bartolomeo, San Michele (Ognisanti), di Rivalta, di Mezzovico, di Pozzo Vaghetto (Santa Margherita), di Lecco, di Co-robbiolo, del palazzo o Cavenago, di San Pietro, di sotto la Torre, del Con-venio, in tulto 11 : e 18 di sole donno, cioè delle sorelle del Comune , di Goldaniga, di Bcrnareggio, della Zampona, di Brongio, del Cappuccio, di Biassono o Lissone. Nella contea del Seprio, di uomini e donne, a Canobbio San Lorenzo ; a Brenno, la Ca Maggiore o Cavcdra a Varese, San Martino, Masnago, Cu-vio, Mombello , Vedano, Appiano e Seleto, Fencgrò casa piccola; e di Solino, Caveechia di Mozzale, Cislago Ca Maggiore e Ca Minore, Sulbiale, Fa-gnano, Gallarate, Co di Vico e San Michele, Samarate, Arconate, Figino, Somma, Inveruno. In Busto Garolfo; uno di Bonzio, uno del Castagnolo; a Lazzato, Rovello, Saronno la Ca Maggiore e Ca Minore; a BustoGrande; Borsano, Legnano, Ro, San Siro alla Vepra, a Cornetta la Ca Vecchia e la Nuova; a Novate, Besozzo; in tutto 40: 17 di sole donne a Biumo di Varese, a Vedano, alla Gaggiata, a Castiglione, Tradale, Magnago, due a Cassan Ma-gnago, una a Samarate, a Lonate Pozzolo, Castano, Golasecca, Cuggiono, Uboldo, Parabiago, Pienzano, Rosale. Nella Martesana di mezzo 30 case erano comuni ai due sessi, cioè a Lisine quelle del pozzo, della chiesa, e di sotto : a Desio, a Mariano quelle d' Santo Stefano, di Gaudenzo, di Garbagnate rota; a Canlù quelle di Cam-Porotondo, Pianello fuori e Pianello dentro; a Vedano, a Biassono, a Carato quelle della Cassina e di Caslagnedo; a Verano la Ca Maggiore e la Ca Minore; a Briosco, Garbagnale, Bulciago, Cremella, Bestelto, Meda, Cesari Ma-derno, Binzago, Segnano, Senago, Grognotorto, Cusano, Dugnano, Cinisello. ■ femminili, a Lissone quella del Fossato e quella di Marliano ; a Sercgno fucila di fra Ferrando, di fra Alberto, di fra Martino; a Besano, a Cantò quella del Noce, a Lurago, Casirago, Monte, Valle, Muggii), Sesto; cioè 13. Nella Marlcsana di sotto, d'uomini e donne Pozzolo dentro, Pozzolo fuori, Melzo, Liscate, Limito, Orsanigo, Morsenchio, Pratocentenario, a Vimercate quelle di] Cugnolo e della Valle; a Arcore Casa Maggiore, a Frenzanese, Cernusco Lombardone, Merate, Ronco, Rernareggio, Aicurzj, Colnago, Mez-zago, Trezzo, Gessate, Inzago, Cambiago, Cavenago,Mozzate, Caponago, Ca-rugale; in tutto 26: e IO femminili a Cassago, Inzago, Piollello quelle di sopra, di sotto e della speranza, Gorgonzola, Vimercato, Oreno, Arcore, Bu-snago. Nell'isola Folcberia o Gora d'Adda, tredici case erano comuni, a Brignano, Fornovo, Caravaggio, Vadale, Cadenzano, Treviglio, Rivolta, Oriano, Olgi-nate, Oggiono, Cernusco Asinario, Rubone. Per quest'ultimo paese si ha forse a intendere Robiano nel territorio di Crema, ed ognun sa che i tre paesi precedono son della Brianza, non della Geradadda. In complesso dunque nel Milanese, vi aveva 220 case, non contando i terzi a rj. Fuor del Milanese, tal ne era lo stato: a Pavia case comuni 3, di femmine 3; a Lodi 4 comuni, 7 di femmine; a Borgbclto i comune; a Cremona 5, Solicino I, Casalmaggiore 3 e una femminile. A Como e nella diocesi 22 case comuni, cioè in Borgovico, San Vitale , Geno, Menagio, Tremezzo, Teglio in Valtellina, Chiavenna, Gravedona, San Gregorio di Bongo, Olgiale, Sèrico, Dervio, Bellano, Domaso, Santa Maria Maddalena, Ponlisello presso Como, Lugano, Osleno, Cordula presso Locamo, Locamo, e femminili tre a Teglio, due a Mendrisio, uno a Lugano, Ugurio, San Sisto. A Mantova tre. A Bergamo dodici, due ad Almcnno, una a Gorla, a Bianzano, a Palusco, a M oro igo, a Fara. A Brescia sette comuni, una ad Erbusce, a Palazzolo, a Iseo, a Esteno, (Esenta,?) a Castelgofredo, a Como in Valcamonica, a Calino, a Erbusco, a Monleehiari. Tre a Crema comuni e una femminile. A Novara, in citlà a San Simone, Santa Croce, San Giovanni di Ortello, Santa Maria fabbrica mondo, San Tommaso, in tutlo nove. A Galliate una comune, due femminili; a Borgoticino due comuni, una femminile; cosi a Tre-cale; a Cerano tre comuni, una femminile; una comune a Stresa, a Pallanza, Pontina, 0leggio, Peniate, Sant'Agabio, Romentino, Urgunto poi Vogogna, Cab ariano, Longirolo, Varallo Ponibia, Gargallo, Caselle, Borgo Lavezzaro, Marano, Agrate, Aquelengo, Gozzano, Siziano. A Vercelli due comuni, una di femmine. A Casale di Monferrato due comuni e due di femmine. Una comune a San Germano, a Demonio, Moncalieri, Civasso, Torino, Pinarolo , Alba, Avigliana ; cinque ad Alessandria; due ad Asti, a Genova, a Tortona. Bieci comuni a Verona, una a Valdera, a Porlo Legnago, ad Arcole. A Vicenza due; una a Conegliano, a Sacile, a Rovigo; a Padova tre comuni, una a Eslè, una a Venezia, e cosi a Piacenza, dove a Bardonessa era uno edale, una casa a Fiorenzola; una a Parma, una a Borgo San Don- GLI UMILIATI. DEGENFIAMENTO 841 n|no, una a Reggio, una a Modena, a Firenze, Siena, Pisa , Pistoja, a San Minialo. Cosi a Tivoli, a Paganico, a Dozza, a Faenza, a Rimini: a Roma ljna comune e una di femmine; tre comuni a Bologna. Come tutte le istituzioni umane, anche gli Umiliati non lardarono a traviare, e già Sant'Antonino arcivescovo di Firenze, lagnavasi perchè avessero abbandonato la miglior disciplina. Mario Pizzi, Umilialo, autore d' una cro-naca dal 1547 al 1558, in tre capitoli satireggia questi frali e singolarmente un loro generale, che forse era quel Landriano sunnominato, al cui tempo s'attribuisce il pervertimento, e a rafaccio indica che anticamente Chi a lettere, chi al canto, chi al pennello, Chi al suon, chi al sacrificio ponea cure, E chi a pulir e ornar qualche orticello. E un altro poeta dice che Chi al scrivere, chi al canto opera dava, Chi amava il disegno e la pittura, Chi la cetra, chi l'organo sonava, Chi d'intaglio facea qualche figura, Chi inseriva e chi oprava altri lavori B. Il Pizzi, a tacer le accuse laide, dice che esso Landriano era ambizioso: Non gli fu d' esser general bastante, E di religìon sì ricca e degna Ch' anche di ascender ricercò più avante ; Seguitò ognor la secolare insegna Desioso troppo di mondani onori____ H buon senso non permeile di dar fede ai satirici: ma è vero che i croni-li cremonesi raccontano come, a nome di Massimiliano Sforza, esso Landriano sl>ogUò la loro città, esigendone lin mille ducali d' oro, imponendo la lassa d' un soldo imperiale per pertica ; onde fu sepolto senza suon di campane ° onore e carila d' esequie, pruut aiquum et justam erat, secundum illius opera in mando actitata et gesta. Nè di miglior risma fu il successore Carlo degli Avogadri di Vercelli. Pel Sran credilo che godeva, Clemente VII l'avea destinalo a riformar quell'orbe, ma poi Visto de'falli suoi Tallo processo, Tolsegli il reggimento dell' ovile.... Citato a la gran sedia fu in persona, Ove giunto, fu subito condotto Con vituperio prima in Tordinona; ■ Fra'quali lavori è notabile che più non s'accenna il lanifizio; ed anche nella lista 0pgli Umiliali di Brera nessuno è indicalo die di lana o di (radico si occupasse. Vi è chi P^nsa che personalmente non vi attendessero mai, solo dirigendo: ma non pajono ap-Potw al vero; indubbiamente vi si appIica?ano quei della Maddalena al cerchio di Milano e quei,j di Varege Fu dentro del Castello poi ridutto E dannato — Al career de sua vita il tempo tutto. Girolamo Torchio, surrogatogli nel 1533, meritava rispetto, ma non avea vigore a reprimer i disordini degli Umiliati : Corregger non si cura chi è scorretto ; A ogni maligno il fren libero lassa O per doni o per tema e per rispetto. Raro T ovil del gregge suo compassa ; Va lento e differendo d'oggi in crai, E a gran giornate il tempo via trapassa» Morto lui, due anni si disputò sull'elezione, finche nel 1554 cadde 1° Giacobo Caddi cremonese; poi nel 1559 in Galeazzo Brivio , nel 1562 w Mario Averoldo, nel G5 in Alessandro Colleoni, nel 67 in Luigi Bescapè. Di quel tempo, a sentire il Pizzi, De' buon costumi persa è la semenza : Gola, lussuria, invidia vi abbonda, E non v' è più timor, più erubescenza. Troppo è il dolor, o Dio, che mi circonda Veder tanta insolenza! e perchè tardi Che il scellerato tosto non profonda Or portan veste seculare e vane, La pazienza ascosta e corta e stretta, Le anella in dito, al collo le collane. Chi a un modo ha il cappuccio, chi la berretta Chi ha il saglio, chi ha ij borico, chi ha il tabarro, Chi ha intera, e chi ha frappata la scarpetta.... Son d'ogni vizio pieni e di difetti, ecc. Se non sapessimo che, in certi tempi, certe accuse sogliono applicarsi generalmente, dubiteremmo fino che gli Umiliati fosser intinti delle eresie, allora predicate in Germania, perocché nel 1568 troviamo essersi bruciati a Milano per luteranismo un Umiliato e un filatore. Il fatto è che nell' indagine fattasi P anno 1570, si trovò che 97 erano le loro case, di cui 39 date in commenda ; e fruttavano 32 mila zecchini. In esse i commendatori alimentavano qualche frate; alcune lasciavano vuote; 58 aveano frati sotto prevosti ; ma talune non contenevano pur un frate ; tra tutto l'altre se ne contavano 140, con 24 conversi e 7 novizj. Tra questi pochi erasi dunque in tutta Italia ristretto il godimento delle pingui entrate , raccolte colla lunga operosità : anzi riduceasi nei prevosti t che da temporarj essendosi resi perpetui, la faceano da padroni, scialandola in convili e cacce, e corredo di servi e di bravacci, e sfarzoso vestire, e cocchi e licenziose lautezze ; e per rinunzia o testamento trasmettendo il posto a chi voleano, a parenti, a creali, perpetuavano in tal guisa il disordine. GLI UMILIATI E SAN CARLO 845 Ne veniva puzzo alla cristianità, e Paolo IV dicea che non erano umiliati ma umiliandi. Era il tempo che la Chiesa, come ogni potere dopo una rivo-lozione, si accingeva di novelle forze; e risolutamente separata l'eresia nel Concilio di Trento, pensava a toglier pretesto ai lamenti de' Protestanti col rintcgrare la propria disciplina. Caldissimo di tale riforma cattolica fu Carlo Borromeo, che, attento a svellere i bronchi dall'inselvatichito campo della diocesi milanese, sentì la necessità di sviziare l'Ordine degli Umiliali. Ma essi gli avrebbero opposti i Privilegi proprj, che escludevano ogni ingerenza del vescovo. Pertanto il Bor-romeo (e avea soli 22 anni), avendo l'insigne nostro card. Moroni rinunziato al titolo di protettore di queir Ordine, lo fece attribuire a sè (1560 febbrajo), e come delegalo apostolico per la riforma, ebbe piene facoltà di fare e disfare, malgrado qualunque esenzione e privilegio. Costretto ancora a badarsi a Homa presso lo zio papa, subito mandò nelle varie provincie vescovi e delegati che esaminassero, correggessero, richiamassero alle monastiche prescrizioni e ai decreti disciplinari del Concilio di Trento. Il distrugger un Ordine religioso reputava alle idee del secolo, e più alle idee di san Carlo, tutto frati; ed egli mirava a lasciar ai prevosti H governo e i maneggi, purché si rinnovassero per elezione ogni tre anni ; alcune delle loro case servissero ai seminarj che doveansi istituir in tutte 'e diocesi; a benefìzio^ della Chiesa si imponesscr ^decime sui loro beni. Ma fion ottenne effetto. Dopo altri a Verona e a Caravaggio, radunato capitolo generale in Cremona a'5 giugno 1566, fece eleggere nuovi prevosti e procuratori delle case, o tramutarli altrove, con ordine di rinnovarli ogni tre anni ; stabilì che in ciascuna casa vivessero almen dodici fralj, ognun dei quali avesse una cella distinta, o al più due, e congiunte#con quelle degli altri ; le suore Umiliate non fossero in tutela degli Umiliati, bensì del vescovo. Ov'è notevole che, in tulli quegli indirizzi mai non si parla della manifattura e del commercio della lana: lo che ne induce a credere fossero alfatto dismessi. Chiunque sa la natura degli abusi, comprenderà quanta opposizione vi facessero i prevosti : quelli di Locamo, di Teglio, di Santa Caterina di Locamo r'Coveraronsi fra gli Svizzeri protestando ; a San Calimero e a Brera, quando Carlo tornò da Cremona, trovò un ricevimento d' armi e di barricale; sicché devetlc ricorrere al governatore Albuquerque per domarli, e lanciare scomuniche ai prevosti pertinaci. Il santo volle che massari e coloni non consegnassero i frutti campestri ai prevosti, ma li tenessero a sua disposinone, e che gli Umiliati s' aggregassero alcuni ecclesiastici degli Ordini allora nuovi e perciò più zelanti, e specialmente Barnabiti, acciocché dalla costoro regolariià fossero avviali al meglio, e Cappuccini che all'uopo invitò da Firenze coli' intermezzo di san Filippo Neri. Pi queste providenze il Borromeo otteneva gran lode dagli zelanti; i buontemponi, come fan sempre, rideano e dei frati depressi e del cardinale contrarialo ; ma i prevosti. frenetici d' ira, non sapeano rattcnersi da ingiurie nemmeno in pubblico, e insinuavano ai governi e al municipio che non permettessero a costui di invader diritti principeschi. Siffatti metodi d'insinuazione li conosciamo per esempj anche moderni ; come per moderni esempj conosciamo il diritto che un individuo o una consorteria si arroga di far una vendetta die intitolano giustizia. II cardinale Borromeo era il più risoluto avversario; bisognava dunque torlo di mezzo, e a ciò cospirarono tutti o molti de' prevosti di Lombardia. Nodo della trama fu fra Girolamo Donati, per soprannome il Farina, milanese diacono; e con lui Girolamo Legnana, prevosto di San Cristoforo di Vercelli, Clemente Mirisio o Morigi, prevosto di Santa Maria di Fornovo, poi di Caravaggio, e Lorenzo Campagna, prevosto di Verona e allora di Brescia. Per la gloria (dove mai va ad annicchiarsi la gloria !) di figurar in un fatto storico, Caravaggio e Vercelli pretendono essere stati il teatro della congiura; ma realmente fu ordita a Milano in Brera, istigando il Morigi per vendetta, assecondando il Farina per avidità di denari. Perocché costui non cercava tampoco mantcllarsi sotto 1' apparenza d' una pubblica vendetta, ma domandava una buona prevostura, e intanto alla schietta 40 zecchini. I prevosti si trovavano, pei provvedimenti di san Carlo, ridotti in sì basse acque, che il Morigi non avea quella sommi; il Legnana non potè ottenerla da amici, nè dal Tosi prevosto di Cremona, che inorridi del delitto meditato, ma Io tacque. Divisarono dunque di rubare quattromila scudi che credeano custodisse Fabio Simonetta , priore di Brera ; e il Farina cercò strozzarlo mentre pregava , ma il colpo gli falli ; gli fallì il discendergli in casa pel camino. A Brera gli Umiliati possedeano una bellissima chiesa, ricchissima di argenti e arredile poiché all'Ascensione poneansi in mostra, si ordì di rubarli. Il Farina nicchiò davanti al sacrilegio; ma poi, per proprio conto, ne rubò qualche candclliere, la croce, una pisside; e fuggito a Mantova, per 300 zecchini gì' impegnò agli Ebrei, e col denaro viaggiò a Venezia , a Corfù ; in un momento di resipiscenza cercò entrare in un altro Ordine, ma essendone rejetto, tornò a Venezia. Consumato il denaro, trascinasi a Brescia ; quivi ruba una mula, e vendutala, compra due schioppi di quelle famose fabbriche , e vien a Milano. Qui si affiata col Legnana presso i Cappuccini di porta Vercellina, e deliberano di uccidere Carlo. Questo tornava di frequente al convento di San Barnaba per intrattenersi con quei buoni frati, e principalmente col beato Alessandro Sauli, allora prevosto. I ribaldi appostarono dunque una casa in quella via remota, da cui senza pericolo colpirlo; ma come avviene, non si riuscì, nè si riuscì nelle visite; onde il Farina, deliberato al colpo, cercollo all'arcivescovado. Soleva il santo ogni sera raccoglier tutta la sua casa nella cappella domestica per la preghiera, ma poiché si era in fabbrica, queir atto si faceva sotto al portico superiore, per tal uopo circondato d' un assito. Era il 25 ottobre del 1560, e il Borromeo si inginocchiò all' altare, fra il cardinal Crivello e lo Scarampo vescovo di Lodi : onde per questo o per sbigottimento del proprio GLI UMILIATI. ASSASSINIO 845 delitto, il Farina non osò commetterlo. Al domani torna il cardinale alla preghiera, torna il ribaldo all'attentato ; e mentre cantavasi il mottetto Tem-pus est ut revertar ad eum qui misit me; non turbetur cor vestrum ncque formidet, gli tira una schioppettata a pochi passi di distanza. Stramazzò il santo, ma ben tosto si rifece sulle ginocchia, e volti gli occhi al cielo , ordinò ai circostanti di continuare le preci. Sol dopo finite si mosse, e ridottosi in camera si lasciò visitare. Nicola Bordoni, archiatro nell' università pavese, che passava di là per accidente, udito il fatto, accorse, e tastò l'arcivescovo, e vedendo che la palla, colpendo il dorso, vi aveva cagionato una congestione di sangue, lo fe porre a letto, e applicarvi fuoco e coppette. Intanto altri mostravano la vesta di lui forata e bruciacchiata; una grossa palla, raccolta poco lungi; alcuni qua-drettoni che s' erano infissi nell' opposta parete. Figuratevi il sossoprarsi di tutto il palazzo, e subito di tutta la città 1 Immediatamente chiudonsi le porte, e nessuno possa uscirne senza licenza superiore; i trombetti vanno in volta promettendo gran premj a chi palesi il misfattore. Stavano allora in broncio san Carlo e il governatore Albuquerque per dispule di giurisdizione; pure questo, come appena ne intese, corse in persona : e Carlo gli disse : « Tanta premura meglio sarebbe adoprarla in tutelare i diritti del posto, che nel salvare il pastore collocato in questo ». Il governatore dimorò colà fino a tarda notte, e i giorni seguenti più volte non invitato venne a pranzar col santo testa testa : voleva anche metter guardie al palazzo , ma il santo ricusò, e diceva : « Cosa volete, che per paura io mi circondi d'una cancellala di ferro? » La notte stessa ci venne il capitano di giustizia, e volca porre alla tortura qualcuno dei servi per trarne alcun indizio, ma Carlo noi sofferse: solo per mantenere il diritto di giurisdizione che esercitava nel palazzo anziché per iscoprir il reo, ordinò al proprio vicario di far qualche indagine; e subito il santo si ritirò alla Certosa di Carignano a farvi cscrcizj ed espiazioni col beato Alessandro Sauli. Non occorre soggiungere come fosser accorse all' arcivescovado quante erano in città persone distinte; e subito che la fama se ne distese, condoglianze e mi rallegro d' ogni parte, e più di 200 lettere ho vedute io in Proposito fin di Sicilia, di Spagna, di Portogallo; fra esse una di san Francesco Borgia ; il Tarugi, che poi fu cardinale, scrivcagli : « Veramente Iddio palesemente favorisce alla sua Chiesa, giacché in Francia abbatte i nemici colla spada, a Milano collo scudo protegge gli amici »; alludendo alla vittoria riportala dalla Lega, per cui era stato ucciso il principe di Condé. A Papa Pio V, suo zio, subito scrisse san Carlo perchè non rimanesse in anguria, anzi si congratulasse seco, che Dio avessclo preservato per sua clemenza °nde lasciargli tempo a far penitenza de' peccati. E quello gli rispondea, inveendo contro cotesli empj, devoti al demonio, ed esortandolo a confidar in Illustra?-, del L. V. Voi III. ì07 Dio, ma non negligere la custodia umana ; e per (pianto Carlo adoperasse a mitigarlo, ordinò severa investigazione de'rei, e la affidò al vescovo Sca-rampo. Ma di nulla potè egli venire in chiaro; comminò pene gravissime contro chi non denunziasse, ma nè per queslo gli fu rivelato nulla; finche la divina giustizia menò i malfattori al castigo. Bartolomeo Nassino, prevosto degli Umiliati, si presentò a Carlo, e a ginocchi piangendo gli riferì siccome credeva, che autore del delitto fosse un Umiliato, e sapere che se n'era trattato. Altrettanto fece il Morigi; e Carlo gli esortò a far palese il fatto all' autorità. Essi dunque lo riferirono al vescovo Scarampo, ma con circostanze differenti e contraddittorie per modo, che eccitarono sospetto, e vennero posti in carcere, indi alla corda. Dalle confessioni, comunque avute, risultarono imputati il Farina , il Legnana, il Campagna, il Tosi, oltre il Morigi e il Nassino , tutti che già nominammo, e un Blancano. Il Farina, commesso il delitto, avea avuto tempo di sottrarsi, non visto o non conosciuto, e, come nulla fosse, andò a casa d'un suo fratello, che rientrando gli narrò l'occorso, senza sospettare di lui, e senza ch'egli si tradisse. Avendo il governatore tenuta chiusa per otto giorni la città, e moltiplicalo spie, promesse, minaccie, il reo lasciò sfogar quella furiata; e dopo due settimane uscì, e passato in Piemonte, a Chivasso si arrolò nelle truppe del duca di Savoja. Quando i processi lo denunziarono, il duca Filiberto lo mandò qui incatenato, scrivendo a san Carlo che gli domandava scusa se con ciò sapeva di disobbedire alla sua pietà. In fatto Carlo bramava non si proseguisse il processo, e poiché non potette impedirlo, scrisse allo zio papa che almeno risparmiasse il supplizio di quei traviali. Ma la giustizia ebbe corso ; e agli li agosto 1570 il Farina il Legnana, il Campagna, il Morigi venner mandati al supplizio sulla piazza di Santo Stefano. I prevosti di Caravaggio e di Vercelli, perchè nobili, ebber la testa troncata. Sul Farina si fece quel lusso d' atrocità, che rendea tanto simile a sfogo di vendetta 1' espiazioni! di giustizia. Quando gli furono strappate di dosso dal boja le vesti ecclesiastiche, confessò non aver mai meritato portarle. Dal palazzo di giustizia passando innanzi a quel dell' arcivescovo, quivi gli furono amputate le mani; e sempre, e già col capestro al collo, invocava gli si pregasse perdono da Dio. Il Nassino, come quel che primo attestò pentimento, e scoperse i rei, fu sentenziato a cinque anni di galera, e poco dopo ne fu graziato, per interposizione di san Carlo. Il Blancano, che aveva avuto notizia del fatto, restò sospeso per sci mesi dai sacri uffizj, e chiuso in Sant'Abbondio di Cremona. In questa città era prevosto degli Umiliati Giovanni Tosi milanese, buono scrittore e poeta , che tradusse in latino le Quistioni cattoliche del Panigarola, fece le vite di Emanuele Filiberto di Savoja e di Alfonso Davalo e molti versi ialini. Non partecipò al delitto, ma avendone sentore, noi denunziò; onde fu castigato relegandolo in altri conventi, donde poi passò consigliere del duca di Savoja. GLI UMILIATI SOPPRESSI H\7 Non è mestieri dirvi quanto il buon popolo milanese abbia preso parte al pericolo, ed esultalo della salvezza del suo Carlo, che attribuiva ad evidente miracolo, e che anche oggi come tale riguarda ; la veste traforata si conservò come reliquia ; come reliquia in San Sepolcro la palla micidiale. Ma in questa città (è così anche nelle altre ?) non fu mai carestìa di quo' bajoni, che credono liberalità il rider di lutto , il veder in tutto sotlofini , il mostrarsi arguti col pensar al conlrario del senso comune e fin del buon senso. Costoro già bersagliavano Carlo, un intollerante, uno zelante, che volea far tutto, veder tutto, esser da per tutto, raddrizzar le gambe ai cani, invece di lasciar correre l'acqua in giù; che pretendea far valere i privilegi dei preti sin contro i diritti della Corona e del governatore ; che profondea limosine e gettavasi tra gli appestati tanto per mettersi in mostra, per buscar popolarità , per far dire ch'era un santo. Questi buoni patrioti cominciarono a buccinare che tutto era un' invenzione ; che nessun mai avea pensato a sparargli ; o che gli fu sparalo si , ma d' inlesa, con un fucile vuoto, oppure mirando contro gli assi; che la era una scena montala a bell'arie; un' ordita per sopprimerne gli Umiliati, e per ingojarne i beni. E queste chiarna-vansi finezze di spiriti forti 1 Che si pensasse ad abolire gli Umiliati mi torrebbe dal crederlo il sapere che, nel 1570, il papa impose a quell'Ordine IO mila scudi per soccorrere al redi Francia nella guerra della Lega; e poiché essi vendettero per ciò i loro beni, il papa dispose dei modi coJ quali potessero col tempo redimerli. Pure egli forse ebbe a convincersi non fosse possibile riformarli, onde lasciò intendere di volerli abolire. Ed ecco quegli stessi che prima li disapprovavano farsene compassionevoli e difensori ; tutta la città in moto, e per bocca del suo magistralo supplicare Carlo a dissuaderne Pio V. Egli in fallo ne lo pregò a nome proprio e della città; il podestà scrisse lettere per mezzo del cardinal Crivelli, ma lutto fu invano, e si emanò la bolla di soppressione. I pochi frati furono distribuiti in conventi d' altri ordini: ai conversi si assegnarono 40 zecchini l'anno. Voleansi cassare anche le Umiliale, ma san Carlo impetrò si conservassero *. I loro beni non s' affondarono nel fisco , ma venivano destinati ad opere pie e religiose. Così le prevoslure di Sant' Antonio di Lugano e Santa Catarina di Locamo erano unite, e applicate a fondare un seminario in Locamo. Al seminario maggiore di Milano furono attribuiti i beni di Hedecesio e la prevostura di Santa Maria degli Oltazj, la chiesa antica conservando anche nella magnifica fabbrica nuova. La badia di Mirasole, che aveva una cappella (i Giacomo Felice Resta lasci,1) ms. una storia della congiura contro san Tarlo ; ed egli era stalo avvocalo dei rei. Un' altra starnpossi allor allora , e seltben col carattere passionalo dei lavori d'occasione, mostrasi ben informata. Alla 'biblioteca Ambrosiana V è una farragine di scritture a ciò relative, adunata dal Puricelli. È nota la storia (Irgli Umiliali del Tiraboschi. Il Ripamonti in questo racconto è declamatore retorico, come tempre. di san Salvatore presso San Pietro all'Orto in Milano, e già era dala in commenda al cardinale Altaemps cugino di san Carlo, per istanza di questo fu ceduta onde fondare un collegio elvetico. Con Santa Catarina di Pallanza si dotò la prevostura di Lecco, quella di Varese colla casa di Canobbio ; quella di San Giacomo a Cremona servì ai Barnabiti, ai Teatini quella di San Calimero a Milano, dove anche la loro Canonica al ponte di Porta Nuova fu convertita in altro seminario di quel nome; il collegio di Monza fu destinato all'educazione dei nobili: ad Antonello Arcimboldo senatore e prolo-nolario fu assegnala in commenda la prevostura di Viboldone, che avea la rendita di 34 mila lire, cioè più che i vescovadi di Como, o di Tortona, o di Lodi: altri beni del Milanese andarono a sussidio del Duomo o di Sania Sofia, e la casa principale di Brera fu ceduta ai Gesuiti che, col soccorso della città, la edificarono nella magnificenza che ora ammiriamo. E così fin ad oggi si gode a pubblico vantaggio delle ricchezze raccolte dall'oziare di quella congregazione. Della quale taluni non san ricordare che i disordini finali: propriamente come chi, guardando a noi altri nati sul cominciar del secolo, asserisse che, al tempo di Napoleone, gli uomini nasceano coi capelli grigi e coi denti cariati. Altri, di sapienza più lambiccata, domandano : — Ma perchè lavoravano i frati? perchè viveano in povertà? perchè tante abnegazioni? Certo a un secolo che non accetta i mali di questa vita come un' espiazione profiilcvole per l' altra; che a quest'altra non crede o non bada, e perciò ascolta al tentatore che gli offre la (erra in cambio del cielo, e suppone che l'uomo deva soddisfar le naturali inclinazioni senza pensare più in là, non possono che sembrare pazzia o imbecillità questo volontario soffrire queste privazioni, cercate con lauto studio* con quanto oggi le soddisfazioni. Se poi la moltitudine, alla quale nati detto che essa ha diritto di godere e d'esser felice, e che solo da iniquità sociali deriva il riparto odierno delle ricchezze; se poi un giorno s'allaccerà al palazzo del ricco, e col tremendo ruggito della disperazione, o col ghigno ironico dell'ingordigia, chiederà di dividere equamente le ricchezze, io non so perchè non sarà trovala buona logica. So bene che i gaudenti sparpagliano siffatti canoni gingillando nelle case, fumando sui caffè, dondolandosi al corso tra una visita alla ballerina e una serata al teatro, e intanto compassionano o deridono il monaco fanullone, il frate questuante. Sta bene; io non son qua per indagare gli effetti soprannaturali e nemmeno gli effetti mondani, derivanti dall'eriger in istituzione le virtù più che umane dell'umiltà, della castità, dell'obbedienza volontaria, del distacco dal mondo: in maniera che. nella convivenza umana si trovasse l'immagine vivente del dovere, l'onnipotenza visìbile dell'anima sul corpo, l'attuazione di quel freno morale eh'è la condizione del libero governo sia negli individui sia nello Slato. Ma mi permetto di riflettere : il povero, che nemmeno allora era bestia, vedeva la ineguale distribuzione delle dovizie, e morir gli uni di reptazione, gli altri di lame: se però la bestemmia correvagli al labbro, potea GLI UMILIATI 849 mirarsi attorno altri poveri volontari, che, nati di buona casa, cresciuti •r* gli agi, o nelle lettere o alle arti, sottometteansi spontanei alle privazioni, all' avvilimento, al più assoluto denudamento. E quando egli stentava nelle manifatture e sui campi, a vantaggio d'un oziarne Sardanapalo o d'un Prepotente don Rodrigo, potea meglio rassegnarsi nel veder altri ricchi e nobili, che per elezione riducevansi al suo livello, e i Cistercensi esercitare i campi, e gli Umiliati batter i telaj e computare al banco, tutto per ispon-taneità , e offrendolo al Signore. Oh, lo so benissimo che quella era una società sparnicciata ; era il rozzo e insensato medio evo ; io mi guarderei bene dall' usar le ragioni ed il buon senso per difenderlo dai pregiudizi dittatori : e lascio che i panegiristi del tempo presente mi ricordino che la società oggi ha ben altri mezzi da Ca'mare I'irreconciliabil ira del povero contro il ricco; ha romanzi sociali, e giornaletti lepidi, e iperboliche declamazioni, e sistematica menzogna; ha giudicature e prigioni, e, ultima rado, un milione di bajonette ; sicché resta ^perfino il contrappesare con virtù nascoste quegl' impulsi criminosi, che escono a proporzione dell' estendersi delle ricchezze. M. Contado d'Angera o Stazzona (Distretti XX e XXI). Nella descrizione della provincia di Milano arrivammo fin a Sesto Ca-, lende (voi. pag. 609), e da qui appunto seguitando, entriamo nella prò-vincia di Como, e ci troviam di fronte al lago Maggiore, che ne forma il confine occidentale. Forse è vero che. nc'tempi anteriori alla storia, qnanf è fra le pianure milanesi e l'estreme balze dell'Alpi fosse occupato da una vasta laguna, della quale residuano ora i laghetti del Varesotto ed altri più grandi, il Lario, Ceresio, il Verbano, con profonde torbiere frapposte. Questo, che chiamas1 Maggiore benché non più grande del comasco, sta I95 metri sopra i' livello del mare, e si prolunga da Sesto Galende a Magadino per chilometri 66 ; e da Laveno a Fariolo per chilometri 12, mentre poco plU d'un chilometro è largo fra Arona ed Angera. La maggior profondita ne segnano fra Intra e Luino e nelle vicinanze di Laveno, scendendo fin 800 metri; 60 in 65 è presso Arona: in qualche luogo ne appare all'occhio il fondo. LAGO MAGGIORE 85i Trentacinque fiumane gli tributano acque, fra cui principali, a settentrione « Ticino e i torrenti delle valli Verzasca e Maggia ; a occidente il Ca-nobbio, il San Giovanni, il Bernardino, il Toce colla Strona e col Nigolia ; a levante il Giona e la Tresa, scaricatore del lago di Lugano, il Boesio, il Bardello o Bozza, scaricatore del lago di Varese. Unico emissario n'è il Ticino, laonde per grandi pioggie o per repentino squaglio delle nevi alzasi talvolta sino a m. 3. 50 sopra il pelo ordinalo ; e m. 5 sopra la massima magra. Per le maggiori piene, (qui le dicono buzze) contavasi quella del 4 novembre 1705, che sorse fin a 200 metri sopra lo spiano del mare; tacio quella del 1177 quando, secondo lo storico Sire Raul, Lesa era coperta fino ai tetti, ma |? ha a fidarsi agli storici? Ali 'età nostra le maggiori avvennero nel 1812, 1817, *824, 1834, 1840; nel 1829, poteva dirsi lago tutta la valle sin a Bel-linzona : poi nel giugno 1855 facqua crebbe con una rapidità spaventosa fino a m. 4. 77 sopra lo zero. La sponda occidentale da Sesto a Pino spetta allo Stato lombardo ; Po-dentale fin a Brissago al Piemonte ; al canton Ticino le due sponde fra Pino e Brissago: rive tutte popolate di villaggi, borgate, ville, palazzi marmorei. La strada del Sempione costeggia il lago da Sesto sin a Favolo per 14 miglia. Dacché i trattati del secolo passato staccarono dal Milanese la riva dritta di questo lago, dove i Milanesi teneano le più belle proprietà e palazzi e castelli, non tocca a noi il descriver le importanti terre e le deliziose ville che la rivestono, e ne fanno la Tremezzina del Piemonte; ci basta il dedurne quanta sia la mitezza dell'aria e la soavità del clima di questo lago. Non vi mancano però e venti e procelle. Periodici spiano la tramontana, da mezzanotte fin alle 10; l'inverna, da mezzodì fin a sera. Il maggiora o nord, e il mergozzo o maestrale si mettono improvisi e violenti, portando nembi e tempesta. Talora, al tardo dell'autunno e più nell'inverno, il lago si copre di nebbia, togliendo ogni vista ai naviganti, sicché perfino i battelli a vapore devono valersi della bussola, rallentar il corso, e colla campanella avvertire se qualche barca si trovasse sul passaggio. Fra i pesci vi si lodano il persico, l'agone, poi la tinca, il tèmolo, le cheppie, le anguille ; più squisita la trota. Interi paesi vivono di sola pescatone, la quale sulle rive ticinesi o ne' dintorni di Angera e di Maccagno è libera: il resto appartiene a private famiglie; e principalmente ai Visconti. Rendono assai quelle vicino all'imboccatura del Ticino ; come ai Borromei la pesca sulla riva sarda, e ai Crivelli quella presso Luino; ma attesa l'inosservanza delle vecchie discipline, il prodotto divenne a ben ♦ 852 PROVINCIA DI COMO poco-, come lo comprovano gli assottigliati affitti alle indicate famiglie, e la diminuzione de' pescatori. Confrontando il Dato de' Dazj vecchio e la Nobiltà del lago Maggiore del Moriggia, si vede che Milano una volta traeva assai più merci da questo lago. Pure nei paesi litorani si tengono moltissimi mercati e fiere, prova del molto commercio cui offre comodità il lago, oltre il trasporto delle merci alla e dalla Svizzera, cresciuto dacché la strada ferrata pose Arona a poche ore da Genova. I battelli a vapore furono presi nel 1848 dal capobanda Garibaldi ; sicché dopo d'allora il governo austriaco pose una flottiglia di barche cannoniere a Laveno, e piroscafi armati, ai quali fu conceduto toccar anche la riva sarda, e servire ai passeggeri ed alle merci. Nel 1858 venne ordine di distrugger quella flottiglia e i fortilizi eretti per ricoverarla, ma i nuovi moti sospesero l'esecuzione. Incominciando la descrizione del distretto di Angera, una via dritta per 8 chilometri ci porta da Sesto Calende a Taino e Lisanza, paeselli uno in vista dell' altro e in riva al lago. Lisanza ebbe forte castello, e pagava decima all'arcivescovo di Milano. A Taino han palazzo insigne i Serbelloni, che n'erano feudatari, come di Lisanza i Visconti d'Arragona. Taino ha lode da' suoi ronchi, che danno il vin migliore di questo lago ; e chi ricorda che, in Francia, Tain è una cittadina, presso ai famosi vigneti deWIlermitage, vorrà non isgradire l'etimologia che a quel nome è data da Bullet nel Dizionario Celtico; da la buono, e vyn vino. Da Taino dipende Capronno, antica corte di Angisberga vedova di re Lodovico II, poi feudo dei Serbelloni. Vi scorre il fiumicello Guassera, dove i popolani milanesi, capitanali da Cassone della Torre, vinsero i nobili guidati dal Langosco di Pavia (127G), e fattine 34 prigionieri, li scannarono a Pavia. Anokua ha per sé sola una storia. Credo che ne' frammenti di storici antichi, che si pretesero scoperti da frate Annio da Viterbo, si parlasse per la prima volta di Anglo nipote di Enea. Costui l'avrebbe edificata e dedicata ad Angcrona dea del Silenzio, e ne derivò una serie .di regnanti, che, a sentire i genealogisti, traverso ai re Franchi e ai Paladini di Carlo Magno metteva capo ai Visconti. E tanto valse tale opinione, che questi s'intitolavano duchi di Milano e conti d'Angera. L'antica città sorgeva a un miglio dall'odierna; fu distrutta dal goto Ataulfo, e i Longobardi vi fabbricarono Stazzona, la quale poi ne' tempi feudali era capo d'un contado, che abbracciava quasi tutte le due rive del lago , anzi fin al San Gotardo e al Sempione. Il vero è che il nome di Stazzona compare primamente in una carta di Carlo Magno dell'807, e quello d'Angera nella ANGE H A 853 cronaca di Landolfo il vecchio morto nel li36, non era meglio d'un borgo, dipendente da Milano. Arnolfo arcivescovo ebbe il contado di Stazzona insieme con Arona, e gli imperatori ne confermarono più volte il possesso agli arcivescovi. Ottone Visconti, ricuperatala dai Torriani, vi fe dipinger la sua vittoria sopra di questi. I successori di esso continuarono a venirvi ; Lodovico Sforza le rese il titolo di città, e procurò rialzarla. Ma già era divenuta feudo dei Borromei nel 1439, insieme con gran parte del Iago , i quali vi si mantenner in signoria anche dopo che la porzione translacuale del contado fu attaccata alla Sardegna. Cessati i feudi, essi Borromei non v' ha-n più che molte possessioni, la rócca e un bel palazzo vicino al porto. La qual rócca grandeggia pittorescamente s' una rupe gibbosa, men guasta delle tant'altre ond'era orlato il Verbano; vi si conservano il pozzo Rolando, capacissimo ; resti delle pitture onde la fece coprire Giovanni Visconti arcivescovo, e i quadri che vi dispose Federico Borromeo. Molti marmi votivi furono adunati nel contiguo giardino dai Borromei, e nominatamente l'epigrafe di Cajo Metilio Marcellino, intorno alla quale disputarono Maffei, Muratori, Zaccaria, che non riuscendo a decifrar una linea, vagellarono nella ricerca d'un Foro Illirico, quand'è chiarissimo il titolo di Marcellino, patrono Fori jidii Triensium cioè Voghera (Virus frac). Il porto e l'argine furono fatti nel 1820, e ha vicino, oltre il palazzo Borromeo, la chiesa non compita della Madonna delle Grazie. La prepo-siturale siede più in su, di costruzione antica, sul cui segrato son disposti avanzi d'antichità, e colonne ornate di sculture Pietro Martire d'Angora (natio però di Arona) fu un erudito famoso al fin del secolo XV ; sono preziose le sue lettere dove informava man mano delle scoperte che Portoghesi e Spagnuoli faceano nel Nuovo Mondo, e fini protonotario apostolico alla Giamaica In mezzo al seno che vi sta innanzi, e rimpetto ad Angora, è L'Isolino d'appena 350 metri di giro, .e con un viale e una lapide postavi dal conte Crivelli. Vorrcbber che colà fosse trucidato lo zelante diacono Arialdo (V. vol. I, pag. 51). 1 Nel 1779 per Pietro Lancellotli di Bergamo fu stampata una « Descrizione slorica cronologica della contea e città d'Anginera, e della fortezza di Arona, ornata e divisa in due parti, composta da Socrate Peiu destro e dedicata al n. s. canonico don Giuseppe Ajcardi decano dell'antica collegiata d'Anghiera ». '-2 Sopra la chiesa di Siviglia dell'Oro alla Giamaica fu scritto; Petrus Martyr a» Anyleria ilalicus cìcis mediolanensis, protonotarlus apostoličus, haju.s insula3 ubbasi scnatus consiliarius, ligneam prius tedem liane bis igne hón&umtam lateriéìo el Quadrato lapide primus a fondamentis exlruxil. ttluslraz, del L. V. Vol. III. i OS Presso Angora, in un piano di 1000 pertiche che va dalla strada fin sotto le alture di Gapronno e Barzola, cavansi quasi 200 mila quadretti di torba all'anno, pesante da 70 a 80 libbre il quadretto. Altra ne cava presso Mombello di Gavirate don Carlo Tinelli. Isiuu è posta ove la montagna scoscesa e dirotta torna a lasciar luogo a un ampio seno. La nuova strada apertavi die luogo a rifabbricar le case : la chiesa è più che decente, con bella torre. I Castelbarco vi tengono grande e deliziosa villeggiatura, e van lodati pel favore che prestano all'agricoltura accurata, a prò della quale fabbricarono due vasti e comodi caseggiati colonici. La cartiera Stefanini è mossa dall'Acquanegra, che esce dal lago di Monatc. Sul lido si cuoce molta calce. Han qualche nome le acque sulfuree, che certamente devono giovare bevute in si bella situazione, io sì buon'aria e in tanta comodità di passeggi. Nel distretto medesimo indicheremo passando ; Rarza con Monteggia; Oriano, possesso e padronato dell'Ospedal grande di Milano: Cadrez-zate sul lago di Monate, Barzola, Osmate, Lentate, Mercallo, il cui nome vien forse dalle radici tedesche Mariti halle, perchè vi fosse istituito un mercato all'età longobarda. I laghi di Varese e Comabbio son di proprietà privata, e formano un sistema unico. Il primo ha la superficie di 16 chilometri, l'altro di 4 Si pensò più volte abbassarne il livello per bonificar 1200 pertiche di terreni paludigni interposti a essi laghi, ma finora nulla di effettivo. Il lago di Monate è più alto che i vicini di Comabbio e di Varese e il Maggiore. Sul laghetto di Comabbio siede Ternate. Il monastero di Sant'Ambrogio n'aveva la signoria, e vi mandava un monaco a regger la chiesa di San Sepolcro, ch'era stata fondata da Ansegiso, Franco di Orléans, e consacrata dall'arcivescovo Eriberto. I miracoli la fecero famosa, e colle limosino ajutavansi i poveri e ampliavasi la chiesa. Dopo i monaci di sant' Ambrogio l'ebbero gli Agostiniani, poi i frati di San Pietro in Gessate. Del contado d'Angera faceano parte le valli Vedasca , Travaglia, Cu-vio, Marchinolo, Dumenza, e la grossa borgata di Lui.no , alla quale ora ci portiamo. Della sua storia antica nulla so dirvi. Nel 600 fu concesso in feudo ai Marliani ; passò poi a' conti Crivelli che ancor vi hanno possedimenti e un magnifico palazzo non finito, architettura di Felice Soave, e con vago giardino recente, che serve a far più pittoresco il prospetto dal lago, col nuovo porto e l'antica chiesa e il viale alberato, sopra cui elevasi il monte, popolato di casine. LUINO 835 E molti altri miglioramenti di recente vi si fecero; allargato il ponte sul torrente, alberando regolarmente il risanato contorno a foggia di giardino; ampliata la piazza rimovendo il lago; e facendo un imbarco comodo, siccome valeasi all'incremento di passaggio recato dalle agevolozze commerciali e dalla strada ferrata piemontese. Perocché comodissima riesce la situazione di Luino per le comunicazioni fra la Lombardia, il Piemonte e il Lui no. Canton Ticino, massime ora che ai corrieri svizzeri è data facoltà di trasportar lettere e persone nella parte transcenerina di quel cantone. Le manifatture sono poco sviluppate, meglio amando usufrutlare la fertile campagna ; il mercato del mercoledì è frequentatissimo per oggetti di consumazione. Le cave del vicino Comune di Porto Val Travaglia e Rócca di Cadero provedean quasi sole di eccellente calce Milano prima che si potesse pel naviglio di Paderno condurre quella del lago di Como : ed è tuttora cercata per la qualità superiore. V'è un'acqua minerale ferruginea, che giova ai malati che vi credono. Non consta se di qui traesse il nome Bernardino Luini : ben l'ebbero a patria Anselmo arcivescovo di Milano al tempo delle crociate, il beato Giacomo Elenterio Luini carmelitano, che qui fondò la chiesa di Santa Maria delle Grazie e un convento nel 1477; un beato Onofrio, che stava in non lontano romitorio, e negli ultimi tempi Giacomo e Stefano Luini, che assai figurarono nel regno d'Italia. Giovanni Luini Gonfalonieri, nel 1803 stabiliva un ricovero per gli infermi, che potè effettuarsi nel 1838 colla rendita di franchi 4000. Sonvi altri molti istituti di beneficenza. Un assegno del conte Alberto Crivelli , impinguato da altre oblazioni , costituì un' istruzione musicale ; alle rendite del luogo pio elemosiniere, il Comune aggiunge una sovrimposta fin di 4 centesimi. E se i tempi andassero meno iniqui, vi si sa-rebber già posti e scuole tecniche e asili infantili. Vi passa la via che, per Ponte Tresa, mette a Lugano in tre ore, e quella che in altrettante pel sasso Mericcio reca a Varese, da cui si dirama quella per Val Cuvia. Appartengono al distretto 44 Comuni. Supponendo venissimo dalla Svizzera, troviam prima 1' uffizio doganale a Zbra. Sul sasso di Pino grandeggia un diroccato torrione ; e vi sovrastano fra i monti Tronzano, Bas-sano, Musignano, Campagnano, che prospettano Canobbio. La vai Vedasca, formata dal torrente Gionna, sbocca fra i due Mac-cagni. L'inferiore fu già feudo imperiale con diritto di zecca (una moneta di Maccagno è nel catalogo Kòhne); investito ai Mandelli, poi libera signoria de' Borromei. Nel superiore, già detto Maccagno Regio, a differenza dell'altro Imperiale, teneansi l'emporio e la raffineria del sale che da Venezia fornivasi alla Svizzera. Un bel ponte accavalcia il Gionna. Rimangono avanzi di torri e mura. Molto vi si lavora di seta , di ferro , di concerie. La famiglia Crena, di Maccagno Superiore, inventò, o meglio introdusse qui le seghe a acqua. Domenico della Bella, detto Maccaneo da questa sua patria fu professore a Torino, e diede la prima descrizione di questo lago nel 1490. Tra Maccagno e Luino, ove il lago Maggiore si dilata in un seno delizioso, per l'amenissima strada si trova la valletta Dumenza, al cui sbocco è Colmegna. Le acque della Gavaliera e della Volcina guariscono da tutti i mali e da altri ancora. La Tresa esce dal lago di Lugano a Ponte Tresa , confine svizzero, scorre da sud-est a nord-ovest, segnando il limite fra il Canton Ticino e il distretto di Luino, che poi attraversa finché si scarica nel lago Maggiore a sud-ovest di Luino. Più volte si parlò di farla navigabile, bastando a ciò sgombrarne il letto, salvo che al pozzo nero, gorgo ove strin-gesi a 8 o 10 metri. VALTRAVAGLIA 857 Varcala la Tresa, dall'altro lato di Luino, si trova Pindiistriosa Germi-gnaga; che neir 807 era preposta a tutta la valle, e nel 127G aveva ròcca e giurisdizione sulla Val Travaglia; or vi tengono un grandioso filatojo e torcitoio i signori Iliiber e G. cogli ultimi raffinamenti, e con fabbrica di guano. Poco lungi si sporge nel lago la bizzarra villetta Agnelli, a forma di castello, attaccata al giardino per ponte levatojo. Quivi entrasi nella Val Travaglia, tutta pascoli e viti. Si trova a mezza costa Bbdbro, colla collegiata di San Vittore, istituita nel 1165 da san caldino. Appartengono alla sua pieve e alla Val Travaglia, un 20 villaggi e le terre di Mučeno, Musadino , Veccana, Porto, conosciuto per le veliere. I natii, pei possessi comunali, divideansi in nobili e vicini, donde arrabbiali litigi, che si ripetono in molte terre del lago Maggiore. Siam sempre nella diocesi di Milano. Le terre di Gampagnano, Bier gno, Lozzo, Armio, Graglio, Gadero, dipendenti dalla pieve di Bédero, non erano assistite che da un parroco solo, residente a Gampagnano. Così lontani, e dovendo passare la Cusmcra ed altri luoghi pericolosi massime nel verno, restavano spesso senza messa nò sacramenti, finché Nel 1559 fu messo un altro parroco ad Armio; furono sistemati poi me-8lio da san Carlo nel 1574; nel 1739 si separò ancora la parrocchia di ^raglio ; infine nel 1837 il cardinale Gaisruck eresse Luino in pieve, distinta da quella di Bedero, e vi aggregò quasi tutte le parrocchie dell'anca pieve di Valtravaglia; a Bedero lasciando unite solo Brissago, Castello, Domo, Mescnzana, Porto, Roggiano. La Val Travaglia è chiusa a mezzodì dalla ròcca di Cadero , da tre 'ati cinta dall'acqua. Poi elevansi i severi pizzoni di Pian Nave e monte Beuscer, le cui spalle scendenti scoscesamente nel lago impediscono ogni via. Chi voglia dunque procedere prende la sinistra del fiume a Margorabbia ^ntra nella Val Cuvia, la quale dapertutto serba impronte di vicende vulcaniche. Singolarmente a Giuntola, che trovasi dopo Monlegrino e Bosco, tutto è sParso di tomoli conici arsicci, che credonsi fumaiuoli di vulcani estinti, ^el che danno indizio anche le scorie che abbondano a Cassano sul-1 altra riva del fiume. Seguendo la strada nuova per Rancio, e varcato il Sasso Mericcio, 8Ì entra nel distretto di Gavirate. III. Distretto XIX di Gavirate. Dominatori del paese furono un tempo i Visconti Borromeo, da cui passò alla casa Litta ; e in Gaviratk sedeva la curia che dirigeva tutto il territorio feudale. Sta sul lago di Varese, a capo d'un distretto, che nell'ultima divisione fu ampliato coll'inncstarvi quel di Cuvio. Il mercato che vi si tiene al venerdì, deriva da concessione di Carlo V nel 1539. Poco prima, il paese era stato devastalo dai Francesi, nè più risorse alla primitiva grandezza. Comprende le frazioni di Armino, Pozzolo e Fagnano, e in quest'ultimo sta la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. Ecclesiasticamente è capo della pieve Bkso/.zo che fa bella mostra di case e giardini sopra un clivo, dal quale facilmente si vedono quattro laghi. Da quel di Varese esce un'acqua che ne bagna le radici, utilizzata ad opifizj e cartiere e filature di cotone. Il castello che gli sta a .sopracapo, fu infeudato a Facino Cane nel 1410, poi alla famiglia che ne prese il titolo di Castel Besozzo, infine ai Viani. Un Locamo Be-sozzo nel 1140 sostenne lite coi copti del Seprio pel possesso de' feudi di Mendrisio e Rancate. La famiglia Besozzi diede uomini illustri per dottrina, cariche e santità, e due Alberti onorati del titolo di beati. Una lapide votiva MATR0N1S IVNONIBVS attestò il culto delle dee Matrone. Fin dal 1296 qui uffiziavano monaci, dipendenti da san Giulio di Dolzago nel Novarese. Pertanto questa chiesa celebrava col rito romano, finché S. Carlo la ridusse all'ambrosiano, trasferendovi parte de' canonici di Brebbia. La plcbana di Sant'Alessandro è in una sola nave grandiosa e magnifica, opera del XVII secolo. V'è attiguo l'oratorio di S. Nicò, che credesi nato al vicino Barazzo, nel 350; da sant'Ambrogio fatto soldato di Cristo per combattere gli Ariani ; ritiratosi poi a vita eremitica sul colle di Besozzo, ove morì il 18 aprile 433. Le ossa di lui riconosciute da san Carlo, furono poi solennemente trasportate nel 1685, entro un'urna che impreziosisce la bella chiesa, frequentata da divoti. La collegiata fu soppressa nel secolo nostro. 1 monaci di Besozzo possedevano quasi tutti i beni di Caudana, che poi da san Carlo furono assegnati al seminario di Milano. G A VI RATE 839 Più in antico la preminenza spettava a Brebiua, che si vuol d'origine r°mana, attestata da lapidi, e fu possesso degli arcivescovi che vi tenevano r°busto castello, distrutto dai Torriani il 1203. Fin da san Giulio nel 390 credesi edilicata la chiesa parrocchiale di san Pietro, che aveva un capitolo di 18 canonici, cui san Carlo trasferì a Sant'Alessandro di Besozzo, e in parte a San Tommaso in terra mala. In Malgresso, dipendente da debbia, è antica la chiesa di san Michele. Attorno al lago di Varese scorgesi Baudello, che è nominato già nel 1170 e dove trovaronsi urne cinerarie romane allorché, nel secolo passato, si fondò la bella chiesa di santo Stefano, che ha un ricchissimo altare marmoreo. Ai nobili del paese, fra cui primeggiavano i Besozzi , spettava 'a nomina del parroco. Sta il paese s'un'altura, a cui mena una buona strada attraverso un ponte sul confluente del lago. Del vicino Olgi nas io la chiesa è dedicata a san Brizio. Biandrono, terra antichissima, chiama ancora Castelvedro il colle ove s°rgeva un castello degli arcivescovi. Dà nome al lago, grande appena tre quarti di miglio in lunghezza e mezzo miglio in larghezza, e sepalo da quel di Varese per strettissima lingua. Sopra un' altura gran-^eggia Bit kg a no , colla chiesa detta Santa Maria del Monte , presso cui Si* avanzi d'un castello, portante lo stemma de' Besozzi. * un altro laghetto dà nome Monate , sulle cui rive uliginose combatterono Torriani e Viscontei. Vi si vede una torre rovinosa, avanzo ^Ha chiesa di San Martino. Branchino Besozzi vescovo di Bergamo ,stitui in Monate una collegiata d' un arciprete e quattro canonici, jus-Patronato de' suoi, che san Carlo trasferì a San Tommaso in terra mala, '1 cui proposto conservava il titolo d'arciprete di Monate. La chiesa dove ,ìra questa collegiata è devota al miracolo della neve. Sull'altra riva del lago di Varese sta Comriuo , che pretenderebbesi Patria di san Nicò. Qui vicino è l'antichissima chiesa di San Michele di ^°lturio, forse d'origine longobarda; e non lontano un monastero, che esisteva già nel 1290, e appartenne ai canonici Lateranensi della Passione di Milano fin alla loro sopressione. Cocql-io o Coco diede il titolo ai conti, che vi tenevano castello fin nel 1393. poi vi poterono la famiglia Besozzi e la Soresina. Giacomo Besozzo nel 1240 fabbricò la chiesa di Camisio, cui i suoi figli nel 1279 laccarono un benefizio di lor patronato, e che più tardi fu eretta in Parrocchia staccata. Già s'è potuto capire come fossero poderosi qui intorno i Besozzi ■ e °«e famiglie di questo ceppo abitavano in Travkdon.v sin dal 1330. vuivi è una parrocchiale antica, da cui dipende pure Monate. 800 PROVINCIA DI COMO Cimo, da cui prende nome la Valcuvia, si visita per la suntnosa villeggiatura dei Litta. È capo d'una pieve spettante alla diocesi di Como, di cui formano parte le parrocchie di Auclmkggia, Bedero, Brenta, Biun/.io, Ca-bt AGLIO", Cara vate, Casalzugno, Cassano, Cavona, Citiiglio, Ferrera, Gkmonio, Masciago, Orino, Rancio, Vararo, comprendenti la popolazione di quasi 13,000 anime. Il Comune di Cabiaglio in Val Cuvia fu testé disgiunto dal distretto di Luino per aggiungerlo a quel di Varese. Per la valle erta e selvosa, dappertutto abbiamo smosse di terreno, mucchi di ciottoli e ruine del torrente, le cui acque, in grazia delle lavine scese dal colle, spartonsi in due, da un lato col nome di MargO" rabbia, andando aGermignaga; dall'altro col nome di Boesio. Seguendoli quale, dopo Brenta, Gemonio, Cittiglio, si rivede il lago Maggiore e Laven'O-Questo è in fondo d'un golfo, che vi fa porto naturale ben difeso, ed ha rim-petto quello in cui si pompeggiano le ammirate isole Borromeo. Le case sono, vorrei dir, appollajate sulle pendici del monte Bceu-scer, il quale erge severa la fronte biforcuta, donde una fonte perenne scende spumeggiante fra il bruno d'antica selva. Un vecchio castello ve-deasi sulla rupe di San Michele , demolito testé per farvi fortificazioni, le quali da tutte le alture dovevano proteggere la flottiglia qui ricoverata e la costa vicina, e minacciar perlino la strada ferrata e quella del Sempione sulla riva opposta. L'antico paese sedea là dov'è ancora la primitiva chiesa fuor dell'abitato che si ufficia una volta l'anno; e se vi diranno che fu edificata sulla casa d'un Sossolo che assistè con Tito alla distruzione di Gerusalemme, e che Laveno trae nome da Labieno luogotenente di Cesare *, siete padroni di non credere. Fatto è che vi si trovano urne e medaglie ed ampie cisterne, e ultimamente un busto di marmo bianco a stil romano, figurante un guerriero con corazza e manto, che si volle credere di Celtomani lo deduranno da Lav fiume colla desinenza diminutiva en. l a veno 861 Tito Labieno, e come tale fu collocato s' un piedistallo di granito rosso nella villa Tinelli, dove altre anticaglie sono esposte. A Laveno si lavora di filande. I Franzosini d'Intra, cedettero testé la loro vetriera alla ditta Camelli, Caspani, Revelli, che stabili una grande e bella fabbrica di stoviglie e terraglie a uso inglese. Il signor Albertini vi tiene una buona fabbrica di*cappelli, cercati anche all'estero come emuli di quelli di Francia. Don Carlo Tinelli ingegnasi qui a miglioramenti agricoli, e introdusse alcuni aratri americani e l'aratro rincalzatore a doppia orecchia in ferro, e lo scarificatore, e insiste perchè agli antichi rozzissimi si surroghino aratri ed erpici ragionevoli e opportuni. Pose pure una sega a acqua sul Boesio presso al lago. A Laveno nacque G. B. Monteggia (1762-1816) che, medico poi anche professore nell'ospedale di Milano, sali in fama di valentissimo chirurgo, e stampò memorie importanti, e le Istituzioni chirurgiche, opera lodata come superiore a quante Italia possedesse. Applicò la dottrina della diatesi alla chirurgia : alle novità si mostrò nè avverso, nè troppo proclive, e non ambendo la gloria di scopritore, piuttosto cercò le applicazioni e il miglior profitto de' malati. Più fresca è la memoria dei fratelli Vegezzi; Cario valente giureconsulto; Giambattista professor di morale del seminario di Milano (1789-1858) e autore di varj trattati teologici, morendo legava 6000 lire per la fabbrica della nuova chiesa di Laveno, cui donò pure un calice regalatogli dall'arcivescovo Gaisruck. La via che rade il lago imbocca il peschereccio Cerro, donde nel secolo XVI fu un pirata Polidoro, la fama delle cui audacie sopravisse alla forca che le punì. I devoti vanno per un sentiero scabrosissimo al Sasso Ballaro, a visitar Peremo di Santa Caterina del Sasso. Nel 1319 Alberto da Besozzo, giovane scapestrato, còlto dalla procella e naufragato, potè aggrapparsi su Per questa scogliera calcare, e rifuggirsi in un antro. Ivi ravvedutosi , m voto di menar colà penitenza austcrissima, e dato ogni aver suo ai Poveri, con solo una croce di legno e una scodella e un paniere che Ca'ava per ricevere qualche tozzo dai passeggeri,.visse 34 anni nel penderò di Dio, fino al 1350. Le plebi di Sunna e di Pallanza ricorsero a lui in occasione di Peste, e ancor si vede la grotta ove il beato offrì di quegli esempj di abnegazione, che non sono intesi da! secolo, tutto materialità e godimento, e più per suo consiglio fu eretto una cappella a santa Caterina, che, dopo morto e messo in venerazione quel pio, venne rinserrata in Illustra:, dol L. V. Vol. lil. 10!) 862 PROVINCIA DI COMO una chiesa più grande. assistemmo i monaci Santambrosiani fin al 1770; ora un prete di Legiuno, per benedire i frequenti pellegrini. Santa Caterina del Sasso. Non ispcrare di trovar romitaggio più silvestre e pittoresco. Su su per scalee informi, ombrate da arbusti, arrivi all'ingresso del cenobio, donde una lunga e stretta loggia, dipinta a danze macabriche, ti porta al santuario, basso anch' esso e rozzo ; ma che importa ? hai davanti una delle prospettive più belle, con Arona e le isole Borromee e le città di Pallanza e Intra. Cinque enormi pietroni, caduti a precipizio da 30 metri d'altezza, sfondarono il tetto dcdla chiesa, ma quivi si arrestarono, e tuttora sporgono dal foro aperto sì, che tu credi devano per la naturai gravità cader da un momento all'altro ; e ci stan da tanto tempo, onde il fenomeno statico è considerato come miracolo. La costiera, parte calcare, parte d'arenaria stratificata, capace anche di bel pulimento, procede aspra e ignuda, e ove alquanto di spazio porge, vi si annidano le terre di Colina, Arolo, Bosco, Tonno, ove spesso tro-vansi monete romane. IL SEPRIO 863 Le precede Lrgiuno , che vogliono detto dalla Legio una di Cesare. Nell'antichissima chiesa di San Primo è un'arca, la cui iscrizione accenna che vi riposi il martire san Primo, donato da.papa Sergio II ad Erem-berto illustre uomo, conte e vassallo di Lotario imperatore nell'846. La chiesa plebana sussiste fin dal 1288, e avea sotto di sè 28 chiese. Monvai.le ha reliquie di fortilizio ; e nel 1042 il vescovo Eriberto donava alla chiesa di Santo Stefano colla corte, il castello, la terra ai decumani del duomo pel vitto comune. Bogno pure aveva un castello, che il conte Gniberto da Ghemo vendette al capitolo di Brebbia. Nei 1145 già esisteva la chiesa parrocchiale di San Vito. IV. Il Contado del Seprio 1 (Disfretto XVIII). Il contado del Seprio, il più vasto e potente del Milanese dopo quel della Martesana, stendeasi dal Pavese fin quasi sotto Milano, e da Fino comasco sino a comprendere Balerna, Mendrisio, Campione sul Ceresio e Canobbio sulla sponda occidentale del Verbano. Ne era capo Castelsepiuo , collocato in alta e forte posizione sull'Olona: e rinvigorito verso Varese dalla rócca di Turba, mutata poi in convento, di cui restano sol le traccie ed il nome; altri fortilizi all'intorno lo rendevano simile a un campo trincerato. Una di queste ròcche, detta Axonia, fu dagli zecchieri Domenico e Pietro da Milano donata all'oratorio di San Zeno a Campione sul lago di Lugano con atto dell' 804, ove d borgo è già detto Caslrum Sepriense ; in un' altra carta dell' 807 è detto Ovita* - con atto dell' 823 V imperatore Lotario confisca al vescovo di Como il possesso di alcune terre nel circondario sepriese; per Un altro neh' 842, il monastero di Sant'Ambrogio a Milano acquistò alcuni dominj nei territori di Seprio e di Stazzona (Angera); in due altri dell'844 e 847, si definisce l'estensione di questa giurisdizione, cui si aggregano Balerna, Mendrisio, Campione e Canobbio. 1 Questo capo g i due seguenti sono opera del professor Ignazio Cautù. Suprium vogliono sia una corruzione di hisubrium t, a ricordanza dei Galli. Sotto i Franchi lo governò un conte, la cui autorità andò svaporandosi a misura che s'alzava l'elemento popolare; alfine, dopo disperali sforzi per reggersi, ne furono spodestati, e il nome di conti del Se-prio restò senza soggetto, applicato poi per nobiltà di brevetto. Quando reggevasi a governo popolare, quel contado comprendeva le pievi di Varese, Vallravaglia, Brebbia, Legiuno, Arcisate, Mezzana, Soma, Arsago, Gallarate, Olgiate, Parabiago, Appiano, Canobbio, Valcuvia, Uggiate e Fino. Se non che, gustato il piacere della libertà e dell'indipendenza, vollero i Sepriesi scuotere da sè anche la soprastanza che esercitava Milano sui contadi lombardi. Perciò ricevettero con grandi onori il Barbarossa, e furono tra i più accaniti contro Milano. 1 Milanesi risorti sarebbero potuti vendicarsene, ma si limitarono a togliere alcuni privilegi, che i nobili di Seprio godeano nel capitolo canonicale di Varese. Venuta la seconda età de' Comuni, quando disputavansi nobili e plebei, i nobili espulsi da Milano si rinforzarono nel castello di Fagnano e in quello di Seprio. Questo fu pertanto ricinto da ogni parte, privato di viveri e di acqua; lunghe battaglie avvicendaronsi con tregue, finché nella pace conchiusa nel monastero di Sant'Ambrogio venne stipulato, che il consiglio del Comune di Milano dovesse comporsi per tre quarti di valvassori e capitani Sepriesi e Martesani; che il podestà dovesse prestare ajuto ad essi capitani e valvassori nclPesigere le imposte. Dopo di che fu dato incarico ai frati di girare per le terre a proclamar la pace, la concordia, la fratellanza. Erano corsi ventidue anni da questo avvenimento, quando Ottone Visconti, fatto arcivescovo e principe, volle impedire che i. Torriani, suoi avversari, si rinforzassero nel Seprio. A quest'uopo adopró e tradimenti e l'orza, sinché la notte del 28 marzo 1287 ebbe in mano quell'importantissimo posto, e lo volle interamente diroccato; ed inserita negli statuti di Milano la proibizione di più riedificarlo nò abitarlo. 11 vicario del Seprio fu trasferito a Gallarate, e doveva, all'atto d'entrare in potere, ripetere questo feroce giuramento. Solo si conservarono alcune chiese e una collegiata, e un convento di Umiliati che durò fino alla soppressione di quell'ordine. Che cosa è oggidì questa terra memorabile? Chi visita il colle di San Giovanni, mentre gira l'occhio fra i vigneti e i castagni, discerne un cerchio 2 Su Seprio e suoi contorni versa il trattato di Bonaventura Castiglioni de GaUo-rum Insubrum antiquls seMbus, inserito nella raccolta del Grevio; e c'è du passare qualunque vanità, e da far compatire qualunque erudito. IL SEPMO 865 cantiche mura, sorbenti circa sei metri dal suolo, con qualche traccia di cappelle; è l'avanzo della chiesa di San Giovanni, già plebana di quarantotto chiese, collegiata di dodici canonici che godean il titolo di cavalieri del Seprio, e il cui preposto era suddiacono e cappellano del papa. Qui e qua altre macerie ed alcune lapide romane raccolte presso il sig. Parucchetti a Gornate (luogo ora distinto per le botaniche ricchezze che vi alleva il dottor Francesco Peluso, distinto cultore e bello scrittore di giardinaggio) son quanto rimane ad attestare dove fu un castello si forte e sì Pieno di storia. Guido Castiglioni, che ne era stato difensore e nel 1261) giudice della Podestaria d'Alessandria in nome de'Torriani, e nel 1271 loro luogotenente e vicario in Bergamo, venne nel 1281 adottato dall'arcivescovo Ottone Visconti, per giovarsene contro l'influenza del marchese di Monferrato, contro del quale lo spedì nel 1283. Ma al marchese riuscì di far ribellare Guido all'arcivescovo, e forse egli, andato podestà a Como, contribuì alla fuga di Guido della Torre dal Castel Baradello in cui era stato rinchiuso dopo la battaglia di Desio. In occasione dell' assalto che diede l'arcivescovo a Castelseprio, Guido da Castiglione aveva proveduto in abbondanza di cibi i Torriani che v'erano rinchiusi. Per lo che, dopo la presa di quel castello, l'arcivescovo tanto lo perseguitò, che ob-bligollo a ritirarsi nella sua terra natale, e a vivervi da privato. Data al Proprio figlio Corrado in isposa la figlia d'un Francesco Pusterla, mori ui avanzata vecchiezza. Nella chiesa del Corpo di Cristo a Castiglione trovasi un sarcofago di pietra di antichissimo lavoro su cui giace un gigantesco cavaliere tutto armato, ed è creduto il sepolcro di Guido. La famiglia sua, assai estesa, ebbe nome appunto dal borgo di Castiglione, posto tra la sinistra sponda dell'Olona e la via principale per Varese. Conserva tutte le traccie dell'antichità e del feudalismo, sebbene ridotto ad eleganza moderna. Mentre bella mostra fa dall'alto della sua costa a chi lo mira dalla citata strada, gode esso medesimo un'incantevole prospetto sulle verdi colline di cui è recinto. La chiesa arcipretale del Rosario, di maestosa struttura, eretta sulle ruine dell'antico castello, di cui restano ancora le porte con avanzi delle saracinesche e de' ponti levato]', fu cominciata e terminata nel 1428 dal cardinal Branda Castiglioni. Quest'insigne personaggio, che assistette al concilio di Costanza, ed ebbe grand'ingerenza negli all'ari d'allora, da Sigismondo imperatore ottenne due privilegi: il primo, che tutti i membri di sua famiglia fossero conti Palatini ; l'altro, che eleggessero un giudice, il quale nelle controversie loro uiterne pronunziasse a nome dell'imperatore: i privilegi durati fino agli ultimi tempi. Cartello di Castiglione d'Olona. Il cardinale fondò a Pavia il collegio Castiglioni, il quale ora è aggregato al Ghislieri, e il cui patronato spetta a'suoi discendenti che sieno laureati in arabe le leggi, che perciò nominano a lor voglia pe1 posti gratuiti B. 3 Fra i personali distinli dvlla famiglia Castiglioni vuol ossero menzionalo fra S;iM>», commendatore dell'ordine gerosolimitano, nato verso il 14S0, amico del Bembo e del San- IL SEPRiO 867 Pretendesi che il cardinal Branda si sforzasse d'introdurre il rito romano a Milano; ma non è provato; bensì lo pose nella collegiata che fondò a Castiglione. Di quest'atto conservasi memoria in un bassorilievo sulla porta della chiesa , colla Madonna e il Bambino che benedice al-''oflercnte, e varj santi, e sotto di loro i simboli degli evangelisti e iscrizioni. Di dentro ha due mausolei; ono all'anzidetto cardinale, l'altro al con-s'glier ducale Guido Castiglione Monumento di Branda Casliglit Le pitture interne di questa chiesa sono opere di Masolino da Panicale che scrisse sur una cartelletta, Masolinus de Florentia pinsit. A sommo dell'arco sopra l'aitar maggiore, rappresentano la sepoltura della Verone, e a' fianchi diversi santi; mentre altri santi parimenti in piedi figurano sotto l'arco stesso. Il coro, che è di forma ottangolare, mostra sulle pareti in due ordini le storie dei due comprotettori ; Lorenzo ||'i//.,iio) nr,..in veneratore del Petrarca, grand'amatore e collettore di oggetti d'arte e di iw antichi; scrisse centotrenta Ricordi, che sono ammaestramenti di vita cristiana, di 1 »i fecero sei edizioni dal iUiG al 02; morì a Faenza il 10 marzo i'iU. che vien battezzato, che dispensa l'elemosina ai poveri, che è condotto alla presenza dell' imperatore, che è condannato al fuoco, e che dopo morte vien cinto dai compagni piangenti: la predicazione, il martirio e la sepoltura del Protomartire. Nella volta son meglio conservate lo sposalizio, l'annunciazione di Maria Vergine, la natività di Cristo, l'adorazione dei Magi, l'assunzione e la incoronazione della Vergine, e in fondo al coro sopra l'occhio che gli dà luce, signoreggia la SS. Trinità. Hanno tanto maggior pregio queste .pitture quanto sono scarse quelle del valente pittor tla Panicale. Dello stesso credonsi i dipinti del vicino battistero di san Giovan Battista, detto la Cappella del Cardinal Branda. Sulle pareti appajono gli atti del Precursore, dalla natività alla sepoltura: nella volta i quattro evangelisti, meglio conservati e nei pezzi meno guasti si scorge un'esecuzione fina, ed eccellente pratica di colorito, massime nelle teste e nei nudi. I panni sono quasi scoloriti a cagione dell'umidità , che ha sciolta e sbiadita la tempra qui meno tenace che negli incarnati ; lo perchè molte sono mal-concie, altre del tutto perdute. Degna d'essere menzionata è altresì la chiesa di Villa, detta Corpo di Cristo, coll'altare rivolto al popc!o secondo l'antico rito. Oltre il già citato sarcofago di Guido Castiglioni, ha pitture del quattrocento. La chiesa de' sanli Nazaro e Celso, di stile bramantesco con capitelli a stucco, e bella sagristia, fu ampliata nel 1837, e adorna da Gio. Rusconi di Appiano, con freschi di Gio. Valtorta. Nell'antico castello sull'alto del colle fu, nel 1070, assediato per tre mesi dai Milanesi, guidati da Erlembaldo Cotta, il simoniaco arcivescovo Goffredo Castiglione: da nuovo assedio nel' 1161 fu salvo il castello per opera del Barbarossa; poi ruinato nel 1436 dal cardinal Branda, e interamente da Massimiliano Sforza nel 1513. t radati, culla di antiche famiglie, ha circa 2500 anime, case eleganti; L'arcivescovo Ottone Visconti vi avea de' possessi che donò agli Ordinari del duomo, i quali nel 1279 ne investirono Biriano Pusterla, la cui famigli3 i Su questa primaria famiglia milanese vedi in questa l{lustrazione il Vnl. I puff- "J-Tulio il territorio di Tradate le apparteneva nel XIV secolo; e Io possedeva non Pel investitura imperiale ma in proprio. Siffatte famiglie erano quelle a cui la repubblica affidava più volontieri le magistrature, perchè non erano in dipendenza da vermi signore ; sicché diventavano popolari. Tommaso, figlio di Ardizio e fratello d'altro Guglielmo dello il Patriarca «die abitava in Tradate, era prevosto di San Pietre in Abbiate Guazzose nel laStt, quando fabbri*50 Santa Maiia del Castello in Tradate; fu vicario generale di suo zio Guglielmo arcivescovo, morì verso il U00 e in essa chiesa di Santa Maria n'è il mausoleo, elio fu riprodotto dal Ulta nelle Famiglie celebri, ma riabbellito e spoglio della caratteristit» rozzezza. TRADATE 869 v'abitava da tempo, e della quale furono Anselmo V arcivescovo di Milano nel 1126, e Guglielmo che nel 1310 era chiamato il maggiore di tutti i nobili milanesi. Anche i Biumi v' ebbero abitazione, e Matteo Biumo , senatore nel 1646, vi è ricordato in una lapide 5. Il Castel di Tradate fu convertito nella suntuosissima villa dell'avvocato Sopransi. Questi aveva messe 20 pertiche di terreno a disposizione dell'immaginoso Giuseppe Japelli padovano ; morto Japelli ne! 1854, l'opera fu compita dagli architetti Cereda e Tcrzaghi. Il palazzo ol'l'rcsi in apparenza d'un fortilizio del medio evo a chi va da Varese a Saronno. Superato d torrione quadro del custode, si ascende per lene ed ampio viale, che scorre tra il folto delle piante, onde è celato da quella parte il grandioso edificio, il quale riesce appunto più maestoso, quando d'un tratto Presentansi allo sguardo le colossali dimensioni della sua facciata elevan-tesi sopra tre spianate a scaglioni che gli fanno proscenio, soverchiata da alte moli turrite, e fiancheggiata da eleganti vedette. Al palazzo danno accesso la fronte e i fianchi, e varcato Patrio ottagono e il vasto cortile, porticato da tre parti con archi misti e fregi severi; s'entra alle sale, arredate dal Terzaghi con ricchezza e armonia. Una, in »stile longobardo del secolo XV, ha le effigie di illustri lombardi; altre di vario stile furono ornate da Reali, Mercanti, Valtorta, Tessa, Signori, Sogni. Bottinclli, Pellegatta , Pozzi vi fecero ammirati camini, di stile, dateria e figure variate. Troppe parole abbisognerebbero a descrivere il vasto giardino, creato dal Japelli con quella potenza che sapeva render reali le fantasie del-^Ariosto , e i tesori botanici che congiungono così abilmente il bello e " sublime, la grazia e la forza, l'arte e la scienza Nelle sventure di Castelseprio andò a fascio il castello di Abbiate Guaz-z°"e, la cui collegiata fu da san Carlo trasferita a San Tommaso in terra maia a Milano. Caiwago, dopo distrutto Castelseprio, divenne la plebana, ma la collegiata postavi da san Carlo, dopo trentotto anni fu nel 1611 dal cardinal Federico Borromeo in parte trasportata nella basilica di Sant'Am- •» 'Iacopino da Tradate fe la bella statua di papa Martine, in Duomo, da noi delincata nel vol. I pag_ na Fu chiamato da Gio. Francesco Gonzaga a Mantova nel 1440 a lavorar (» pietre, e forse erano sue le statue di san Giovanni e san Francesco che quel signore ^ collocar sopra l'oratorio di Santa Croce, ora perito. Jacopino lasciò discendenza in Mantova, e Samuele trovavasi col Mantegna nel 14«.» presso il lago di Garda a misurar m°numenti e ricopiar lapidi antiche; e al padre fe un sepolcro nel chiostro di Sant'Agnese •'Mantova coli'iscrizione: jacobino de tradatk patiu suaviss. qui tamquam pkaxitklks iv°s Iti MAHMORE FINGEBAT VULTUS samuel tiliSERVANTISSIMUS. C .C, tt Vedasi Una corsa a Tradate di Cesare della Porta, Milanu L8SS. illustra?, del L. V. Voi. III. liti brogio a Milano; in parte applicatine i fondi per la biblioteca Ambrosiana, in parte nel beneficio prepositurale del borgo. La chiesa è vasto disegno di Fabio Mangone. Il territorio è reso più ferace dalle acque dell'Olona e dell'Arno. Anche a Caronno Giiirungiiello diede un'ampia chiesa lo stesso architetto ; e ne accresce il pregio un san Carlo, dipinto da Pier Francesco Mazzucchelli, pittore robusto che dal vicino borgo, ove nacque nel 1157, fu detto il Morazzone. La sua casetta natale, in cima al paese ora convertita in casa Vassalli, conserva ancora a fresco sopra il camino, la Fucina di Vulcano e in tavola un san Carlo in atto di contemplare il Salvatore deposto dalla croce 7. Lasciando agli etimologisti la responsalità di dedurre da Veneri* Ago-ncs il nome dei due Veneooiso, il superiore e l'inferiore, ricorderemo le buone pitture che sono nella chiesa di questo secondo; nell'altro il rimodernato campanile e la villa Cagnola con prospettive; e i saporiti marroni che si colgono in questi dintorni. V. Il Varesotto (Distretto XVI). Vauf.sk, città di titolo e di fatto, siede in mezzo a quel bacino nordico della diocesi milanese, a cui confluiscono le vallate di Laveno, Cuvio, Marchirolo, Stabio, Ganna, Arcisate, Malnate e Vedano; mediocre avvallamento d'un altopiano, pittorescamente recinto da colli dolomitici e calcarei. Varese, che gli etimologisti dicon di radice celtica avrà corso la sorte di tutta l'Insubria sotto i Romani. Non è nominato di quel tempo, ma ne rimangono un'immagine di Giove nell'atrio della casa Ghirlanda, e due memorie di soldati della terza legione scitica nella chiesa di Morazzone ; una di Quinzano, custode del tempio della Fortuna ed aruspice, nell'altare della chiesa campestre di Venegono; un cenno d'armeria romana in Clivio, un'ara votiva per la salute di Memmia Prisca nella prepositu- 7 A Morazzone slava anticamente li» famiglia lentia; e di due fratelli Sentii, della quarta legione, conservasi memoria in due lapidi nell'oratorio campestre di Sanla Maria Maddalena. L'antica chiesa di San Pietro.fu demolita verso il 1S87; ora è parrocchiale quella di Sant'Ambrogio. Ne'fasti del 18IS è registrata la valorosa resistenza che ai vincitori Austriaci qui oppose l'eroico capobanda Garibaldi. C. C. 1 !)'«/• guerra e guardia; o Var acqua. VARESE 871 ralc di Carnago, e diverse figuline, anfore, are votive ed espiatorie, urne sepolcrali, epigrafi in ricordanza di famiglie varesine; (mali gli Albuzj, Memmi, Cccilj, Severi, Celj, Calpurnj, Caniani, Valerj, pubblicate con più o meno di critica dall' Alciato , dal Menila, dal Castiglioni e dal Labus. Le rócche qui intorno, che alcuni presumono reliquie di opere romane, sono evidentemente del medio evo : tali la torre di Velate alle falde del Sacro Monte, quella di Lomnago, che dominava il sottoposto laghetto e la Val Bossa, quella di Galliate, quella di Gasale, da Bonaventura Castiglioni chiamata Turris aerea, che signoreggiava verso il Vernano; quella di Biandronno da cui ebbe nome il vicino colle di Castelvetere, e così il Castellazzo nel centro di Varese, il castello della Rosa e Belforte, che difendeva la strada comasina , di cui rimangono avanzi nella casa Litta Biumi, e il nome di Castellanza applicato ai sobborghi di Varese. Nel libro De Bello Gallico il Fagnani raccolse la vulgare tradizione che sant'Ambrogio battesse a Velate gli Ariani, e salendo per la sovrastante altura, riposasse al casale, che porta il suo nome. Ben da famiglia di Velate scendeva Guidone, che nel 1045 fatto arcivescovo da Enrico II re di Germania, per non essere nè nobile , nò stato tolto dal capitolo de' cardinali ordinar]' della metropolitana, nò eletto dal popolo fu sgradito ai patrizj allora prevalenti, e al papa, donde i lunghi guai, mescolatisi alla questione del concubinato de' preti. Fra i caldi sostenitori della sentenza pontifizia, che escludeva il matrimonio de' preti, Arialdo da Cucciago, ammirato per dottrina e austerità di condotta, chiamatosi a compagno l'eloquente diacono Landolfo (lOò'G), a Varese cominciò il suo pericoloso apostolato. Venivano essi a sfidare cosi sotto il suo castello nativo Guidone, saldo a sostener le nozze sacerdotali. A Koma attinta nuova lena dal papa Stefano X e dal cardinale Ildebrando (I0ò7) ; tornati in Lombardia vi suscitarono tanto tumulto, che le case dei Preti aderenti all'arcivescovo andarono saccheggiate (Vedi vol. I pag. 50). Nè Arialdo quetò, finché dal popolo, incitato dai preti, fu battuto e lasciato Per morto, la sua abitazione ruinata; poi tentando salvarsi pel lago Maggiore, fu preso e ucciso, per aver poi titolo di martire. ^Allora Varese facea parte del contado di Seprio, e agitavasi nelle guerre, 'rà Como e Milano. Nel 1111 i Comaschi sorpresolo, e ruinatolo, ne trassero ricco bottino e ostaggi, del pari che dal castello di Binago, invano sostenuto dagli amici sepriesi. Risale a quegli anni (31 agosto 1148) una sentenza che i consoli del Seprio, fra cui Fusco da Biumo, Arderico da Castiglione, Lotario da Velate e Guidone da Daverio, proferirono in Varese nel luogo della Moia. Per essa un tal Gallia fu costretto rinunziare alle pretensioni che accampava contro la plebana di Varese, sotto pena di dodici lire di buoni denari ove s'appellasse o querelasse ad altro giudice, principe o potere. Nelle lotte col Barbarossa , stette Varese cogli imperiali; onde l'arcivescovo Uberto (1160) con cento militi l'occupò, e insieme Arcisate, In-duno, Biandrono, piantandovi il quartiere d'inverno. Ma da una questione religiosa venne la riconciliazione di Varese con Milano, e la separazione sua da Castelseprio. Avendo l'arcivescovo Gal-dino mandato arciprete alla Madonna del Monte Pietro da Busserò, rispettabile diacono della metropolitana milanese, si lagnarono il preposto e i frati di Varese che fosser lesi i privilegi loro accordati dall' arcivescovo Rambaldo. Rispose Galdino esservi stato costretto perchè i canonici di Varese, come nobili del Seprio, erano sempre stati aderenti al Barbarossa, tantoché lo scismatico arciprete Landolfo aveva persino consegnato il Sacro Monte ai Tedeschi. I Varesini nulla più replicando, talmente si riconciliarono coll'arcivescovo, che staccandosi dal Castel Seprio, ai Milanesi somministraron quanta legna fu duopo ad erigere il nuovo broletto, ora piazza dei Mercanti verso il compenso di 400 lire annue in buona moneta. Vicino alla chiesa di San Giovanni in Varese, tenevano palazzo detto la Corte gli arcivescovi, ed ivi uno di essi Algisio, nel 1182 giudicò uno San Giovanni* VARESE 87." de' frequenti litigi tra la chiesa del Sacro Monte e la plebana di San Vittore, determinando che le oblazioni che verrebbero a quel santuario alpestre, non toccassero più al solo clero varesino, ma per una parte a questo, per due all'arciprete della Madonna del Monte, da cui il clero varesino cesserebbe d'esigere le diciotto staja di frumento pretese fino allora, e s'accontenterebbe di tre pietanze invece di sei, ne' pasti che doveva ricevere da esso. Già l'esempio dato da Arialdo di Cucciago di opposizione all' arcivescovo aveva avuto le sue conseguenze; il popolo aveva imparato a resistere anch'esso a quell'autorità, in quanto almeno al dominio signorile. Pertanto dalla soggezione delL' arcivescovo i Varesini, volendo passare a regime proprio, intanto che Leon da Perego li colpiva di scomunica e d'interdetto, se n'appellarono al papa Innocenzo IV. Il quale non essendo riuscito nel 4246 a quietar la lite per mezzo d'un suo legato, commise a tre proposti novaresi, che, recandosi sul luogo, liberassero Varese dalle censure arcivescovili, e prendessero notizia esatta della questiono. Il litigio finì col conservare a quel borgo i suoi consoli, e all'arcivescovo una specie di protettorato, il che pare accontentasse ambedue le parti, giacche Leon da Perego nel 1257 espulso da Milano, fu co' suoi nobili accolto dai Varesini; e ne sarebbero nati brutti guai, se non fessesi la pace stabilita nell'anno seguente fra patrizj e plebei. A Varese dovea però prevalere 1' elemento aristocratico 2, se 1' anno stesso mandò a sostenere i Rusconi di Como contro i Vitani, e nei contrasti tra quei Della Torre e i Visconti, abbracciò sempre il partito di questi. Era qui appunto nel 1285 Matteo Visconti con 500 militi, quando vennero a trovarlo Simon da Lucarno e Giovanni da Lucino, ponendosi in aperta inimicizia con Castel Seprio, che teneva saldamente coi Della Torre; per il che, ad evitare d'essere posto a ferro e fuoco dal popolo milanese , dovette Varese riscattarsi collo sborso di sedicimila lire. Assodatisi i Visconti nel principato, passò Varese dalla giurisdizione arcivescovile al governo dei signori e poi duchi di Milano, succedendosi nel Possesso immediato Filippo della Torre, Lodrisio Visconti, Facino Cane, Filippo Maria Visconti nel 1440. Con quelli della valle di Lugano giurò Poi fedeltà agli Sforza, che lo chiamarono nei loro diplomi Mimicìpiorum 1 K naturalo, atteso i tanti castelli che i signori vi tcneano, e dni quali, non già dall'età romana, noi crediamo derivare il nome di Castellana. D'altra parte è certo che ll contado del Seprio fu sempre l'asilo della aristocrazia milanese; colà si ordivano le trame dui Torriani, dei Pusterla, di Lodrisio Visconti, le quali infine erano rieolpi dei signorotti contro il costituirsi d'un principato, che li riduceva tutti a obbedir alla legge. Di lui ancora lo statuto popolare che mai più non si riedificasse Castel Seprio. C. C. caput et princeps Alloggiò splendidamente l'imperatore Sigismondo ; fu derubalo e guasto dagli Svizzeri, chiamati da Giulio II per la guerra santa, Avea già ottenuto da Carlo V nel 1538 di non essere infeudato, privilegio confermatogli da Filippo IV nel 1621 e nel 1647, quando Maria Teresa il 23 giugno 1765 lo costituì, colle caslellanze dei due Biumo, con Bosto, dubbiano, Casbcno, in signoria di Ferdinando III duca di Modena. Questo pacifico, col titolo di amministratore del ducato di Milano, qui spensieratamente e lautamente villeggiava colla moglie Teresa Simonetta, a cui avea dato il nome di contessa di Castelbarco, e qui cessato di vivere nel 1780, fu sepolto ne' Cappuccini. Varese, per essere emporio delle valli, scalo al Iago Maggiore, mercato di montanari e valligiani, fu da Giuseppe II nel 1788 costituito a capo d'un vasto territorio, che comprendeva 200 Comuni e 160,000 abitanti; sotto la dominazione francese fece parte del dipartimento del Verbano, finchò nel successivo regime ebbe l'attuale destinazione Ora col suo Comune conta 11,568 abitanti, ed è capoluogo del XVI distretto della provincia, popolato da 27,450 individui, diviso in 27 Comuni con 29 parrocchie. Dichiarato città regia nel 1857, tiene un rappresentante nella congregazione centrale lombarda. Vi è un ufficio di commisurazione, che estende il suo esercizio sui distretti di Varese, Arcisate, Tradate, ed Appiano. Il poter forestale ò in mano di un sottispettore; il militare di un primo tenente di gendarmeria; il giudiziario di un pretore di prima classe, che estende la giurisdizione a tutti i Comuni dei distretti di Varese , Arci- Parlando de'tempi precedenti, Castaldo Crespi chiama Vaeisiam magnifteentia (ud'Mi)i /'amiliarum nobilitate, emporio celeberrimo, mercimoniorum varietale, inter lete™ oppida maximam. k Son note le avvisaglie succedute in questi contorni nel 1848 fra i Tedeschi e il Garibaldi. Vi tenne dietro lo slato d'assedio, del quale rechiamo questo solo documento. notificazione : In una perquisizione praticata a Caravate dall'I. R. Militare il 9 gennajo anno corrente nella casa di Giovanni Ossola figlio del fu Francesco e di Rosa Ossola, nativo di San-giano, provincia di Como, di anni 46 cattolico, ammogliato, padre di S tìgli, di condizione contadino, fu rinvenuto un fucile da caccia ad esso appartenente, e altro fucile munito di bajonetta, di proprietà di suo fi^1 io Giuseppe Ossola, nativo di Caravate, provincia di Como d'anni '20, cattolico, nubile, di condizione conladino, entrambe arme nascoste nel granajo dal tìglio Giuseppe Ossola. Essendo quindi Giovanni e Giuseppe Ossola in contravvenzione al proclama del '29 settembre IMS, di S. E. il maresciallo conte Radetzky, in cui si fa obbligo della consegna delle armi e munizione all'I. R. Autorità militare , così furono entrambi a seconda di esso proclama sottoposti al giudizio statario, e condannali a morte, da effettuarsi colla fucilazione. La sentenza fu confermala e effettuata su Giuseppe Ossola e in via di grazia condonata la pena di morto a Giovanni Ossola in riguardo alla sua numerosa famiglia priva di altro sostegno, e in braccio alla miseria. Varese, li 3 marzo 1849. L'I R. Colonnello Steininger. IL VARESOTTO fc73 sate e Tradate. Il conservatorato delle ipoteche di Varese comprende, oltre il proprio, il distretto di Angera, Gavirate, Varese, Luvino, Tradate; ed i Comuni di Sesto Calende, e di Oriano e Oneda appartenenti alle Provincie di Milano. La magistratura municipale 6 costituita da un podestà, da quattro assessori e da quaranta consiglieri. Il Comune di Varese consta di 29,576 pertiche di terreno, delle quali 7/10 sono colline a viti e gelsi; 2J10 pianura a biade; l/IO boschi, pa-duli, acque e strade. Secondo notizie dato dal dottor Francesco Visconti s, il prodotto medio di ogni pertica a tutto grano è di quattro sementi, ossia ^72 moggio; e 1/4 di moggio La riseminazione; quello d'una pertica a vile e grano è di 3)4 di brenta di vino e 1./4 moggio di grano. La vite prospera sopratutto a Casbeno, Cortabbio, sulla via di Laveno ed al Faido; tra le fruita primeggiano i pomi, le pere, le pesche, le prugne, le ciliege, i fichi; ogni qualità d'ortaggi; prodotti non indifferenti in commercio sono i tartuffi e i funghi mangerecci; il gelso vi forma una delle Più rigogliose piantagioni, e la seta una delle produzioni più doviziose; ma a calcolarne il prodotto s'oppone la quasi impossibilità di averne esatte notizie. L'olio vi si spreme dalle noci, dal seme del lino, dal col-sat, ed è peccato che non s'adornino d'ulivi le costiere degradanti verso ì laghi. Le praterie irrigate dall'Olona0, dal Vellone, dall'Anza e dalla Quadrona danno ottimi fieni, mentre altra abbondante famiglia di bestiame pascola nei prati asciutti delle montagne; i boschi delle alture forniscono per costruzione il noce che vi cresce dappertutto; il pino di cui sono superbe le selve di Sant'Ambrogio; il pioppo, l'ontano, l'olmo nei fondi limacciosi e sul margine dell'Olona; intanto che al focolare, alle fornaci al carbone provvedono il faggio degli alti monti, il frassino, la guercia, il castagno, la betulla, lo spino, il bosso, il tiglio, il platano, e l'ippocastano, orgoglio dei viali artificiali e dei giardini. Resta però sempre un fatto che l'agricoltura varesina ò insufficiente alla popolazione, come dai calcoli dello stesso signor Visconti, da cui risulterebbe tra la produrne e il consumo una differenza passiva approssimativamente di austriache lire 637,011,20, a cui supplisce collo sviluppo nel commercio e bell'industria. La popolazione di questo territorio attiva, e industriosa, all'aumentarsi aumenta le fonti della propria sussistenza. Le molto strade hanno formato di questa città un importantissimo centro, ove da estesa periferia si conviene per provvedere ai bisogni di prima necessità, crescendo Jn Varese gli esercizj di traffico svariato, e della ricchezza, di che è 7. "Il liume Olona nasce noi territorio di Velale, presso la cascina Rosa; e presto gli la e." Anme della Valganna , sul quale è la sorgente fumosa col nome di Fon-Ila degli Ammalati. Traversando il Varesotto , V Olona riceve molte aeque, finché su I eI di Malnate confluisce eolla Deverà, e poi al ponte di Pie col torrente Vellone, che prova la quantilà di edilìcj che si vanno costruendo d'ogni parie, non ancora sufficienti alla crescente popolazione. Fu con generoso sforzo del municipio istituita una scuola reale inferiore, resa più necessaria per l'indole e vocazione mercantile e industriale di questo paese, della qual scuola un recente rapporto del signor Gio. Colombo, che vi è maestro, deplora il notabile decremento degli alunni, decaduti dal 1857 al 1858, dai 611 ai 51; "come altresì quello della scuola elementare maggiore da'231 si ristrinsero a'191, e anche questi per lo più estranei al Comune. Ottimo pensiero la scuola di disegno per gli operaj, cui aggiungono incitamento la pubblica mostra dei saggi offerti dagli alunni, e il premio straordinario d'una medaglia d'argento. Un ginnasio pareggiato ai regj con collegio maschile risiede in Biumo, e in esso per liberalità di quel rettore Prina furono istituiti; nel 1857 due posti gratuiti da conferirsi dalla congregazione municipale; l'istituto Zasio ha pure scuole ginnasiali, reali, commerciali ed elementari; due collegi femminili trovansi in città, un altro nel monastero delle Agostiniane al Sacro Monte: si sta ora raccogliendo con gratuite offerte una biblioteca comunale che va sempre più dilatando la propria suppellettile. Nè manca a Varese gloria d'uomini distinti. Francesco del Cairo (1597-1674) pe' suoi dipinti alla corte di Savoja fu dal duca Vittorio Ama-deo fatto cavaliere di san Maurizio; studiò sotto il Morazzone ; ma recatosi poi ad ammirar Raffaello a Roma e Tiziano a Venezia, modificò anch'esso scendendo dai monti di Velate, circuisce Varese. Dalla roggia Revera, nel 478S fu concesso all'intraprendente avvocalo Luigi Diotti di cstrarre un corpo d'acqua,-con cui irrigare un fondo di oltre (5000 pertiche vicino a Ro; impresa nella quale si ruinò. Entra pure nell'Olona il rivo Anza, proveniente dal Comasco, e il Gaggiolo che una volta sboccava nel lago di Lugano, ed ora versa sassi e ghiaja nell'Olona, turbandone il corso. La valle dell'Olona è fiancheggiala da angusti colli fino al ponte della Caslellanza , poi si dilata via via sin all'aperta pianura verso Legnano, Canegrate, Nerviano; a Lucernate comincia a esser frenata da argini sinché, a' piedi del bastione di porta Ticinese, si mescola col Naviglio Grande. Son sedici i torrenti che mettono nell'Olona; di cui maggiori il Vellone e Gaggiolo, Ja Quadrona, la Salvagna, il Bozzenle ; minori la valle delle Mole, la Rovella di vai Gro-gna, Geni della val Fugascera, i riali di Caronno Corbellaro, di Gornalo, de'boschi di Cornalo, e fra i due Cornati, il riale Marubbio, Valscura, Fugone e la Mossa. Con molti provedimcnti e leggi si cercò dar norma all'estrazione delle acque del fiume, troppo scarse ai desiderj de'circumtcrranei. Una volta eravi un particolar governo e tribunale per ciò, durato fino al 17iH>; or servono le magistrature ordinarie, ma sebbene dei 4TJ territori per cui scorre il fiume, ili appartengano alla provincia di Como, è stabilito che per tale oggetto si dipenda dalla delegazione di Milano. E quante quistioui devano nascere basti a indicarlo il saper* che il comprensorio di quel fiume cstendesi su tO.S.Ti pertiche di prati, su cui l'acqua derivasi per ISO bocche; 4.10 ruote di macine, folle, filatoj, piste, seghe, magli, torchi ne sono mossi, e più di 500 persone formano il consorzio dell'Olona che paga un'annua tassa per la conserva/ione del fiume,diretto da sei amministratori, con impiegati e con un cassiere die gode gli slessi privilegi degli esattori dell'imposta diretta. Il regolamento disciplinare , emanalo da quest'amministrazione nel 1811), servì di norma a molti comprcnsorj, formatisi in società dopo d'allora. C. C. VARESE 877 la prima sua maniera. Di minor fama, furono il Balbino, della scuola di Lionardo, Francesco Tatti; il cavalier Pietro Magatti, sulla metà del secolo scorso, miglior nel disegno che nel colorito; G. B. Del Sole, Carlo Zavattonc, poi Giovanni Berlini, e suo figlio Giuseppe riattivò fra noi l'arte di colorire i vetri : Giovanni e Antonio Masnaghi lavorarono di cammei alla corte dell' imperatore Rodolfo II : di miniatura il cappuccino Borbone, di scultura Pietro e Antonio Daverio, d'intaglio in legno Bernardino Castelli e Aurelio Colombo. Il dottor Luigi Sacco (1769-*837) fu apostolo della vaccinazione in Italia , e la patria dal nome di lui intitolò nel 1857.la via dove egli nacque. Già ufficiata nel secolo X era la basilica di San Vittore ; la numerosa Muslraz.del L. V. Voi San Vil t ore. III. 111 collegiata, che fu disciplinata dall'energico arcivescovo Eriberto, aveva un proposto, due cimiliarchi, e trentadue canonici ordinarj, la più parte nobili sepricsi. Rimodernata nel 1591 con disegno del Pellegrini, ne fu la facciata compiuta dal Polak nel 1771 ; la torre massima costo centomila ducati, ma deviò per cattivo gusto dal primitivo disegno. Gli Apostoli o la Maddalena del Morazzone, il San Giorgio del Cerano, la statua del Salvatore d'Elia Buzzi, gl'intagli dell'organo e del pulpito, il san Vittore sul vetro, lavoro del secolo XIV, aggiungono pregio alla vasta chiesa. Dell'attiguo battistero di san Giovanni la tradizione dà merito a Teodolinda; stile romanico, con porta a pieno centro sostenuta da smilze colonnette all'asciale e sormontate da capitelli a rabeschi , e nel mezzo dell'arco la Vergine col Precursore e un devoto in ginocchio. Tondeg-giano gli archi anche delle due finestre laterali, al disopra delle quali sta il solito occhio circolare, e al sommo il titolare, scolpito in pietra sotto un baldacchino pure di pietra. Una serie di archetti chiude i lembi eminenti dell'edificio esterno. La vasca ottangolare di marmo di Viggiù, alta dal pavimento un metro, porta nei lati, larghi ciascuno metri 0. 85, rozze ligure del Salvatore e de' santi. Cessato il privilegio di amministrare l'acqua a tulli i battezzando della pieve, questo luogo conservò quello di raccogliere il popolo varesino alle adunanze generali; consuetudine che durava ancora nel 1570. Le vie, gli edilizj di Varese si vanno di continuo migliorando; alla notturna illuminazione provide Antonio Garoni, perciò memorato dal municipio con una marmorea ricordanza. Or si pensa a un pubblico macello. * L'aria sana e purificata dalle vicine selve, e le bellezze del sito, e i prospetti sempre varj e le memorie de' prischi dominj, fecero di Varese e delle sue vicinanze un luogo di ritrovo campestre; le sue vie, e le alture e le cinque castellanze si popolarono di delizie, di giardini e di ville. La più vasta è la Corte, edificata da Ferdinando III, con giardino all'antica e a carpinate; Carlo Robbioni v'aveva raccolto ai dì nostri un prezioso saggio di ornitologia asiatica, che, lui morto, andò disperso. Gli rimam incomparabile delizia di vedute. L'Annunciata, già convento di Francescani, poi delizia dell' agronomo Vincenzo Dandolo 7, forma col prospetto e colla lunga cancellata bell'or- 7 Son noie, e noi più volte in quest'opera citammo, le azioni del Dandolo, e le sue benemerenze come coltivatore, e educatore di merini. Ognun sa pure la parte che prese ago ultimi falli di Venezia, ma importerà vedere come Napoleone scartasse le maligne insinuazioni, solile contro chi per talento e per carattere si eleva sopra gli altri. Il viceré Eugenio, al 211 settembre ISOlì, gli scriveva • M. Dandolo m'aparu une mauvaise téle et un IL VARESOTTO 879 lamento sulla via per Milano. Disopra gode mirabile vista la villa De-Crisloforis sul colle di San Pedrino; mentre sul colle di Montalbano fanno MtifMt ; Je m'en méfierai . Ma Napoleone risponde: « Dandolo est un nomine d esprit q» a de l'energie et de la probilé : il n'y a point d'inconvcn.ent a 1 employer dans Vemse Poi al SS aprile 1806: - Dandolo sera bon partout ou vous le mellrez Vous vous 'aite» peul ètra de fausses idécs de la popularilé. Il a été très-populaire a \enise: pour- ^^/2.21B splendida mostra di sè le ville Gropalli e Poggi, belle per abitazione e per ricchezza di giardini. Ma l'arte di questi fece le prove più luminose alla villa Taccioli, che tolse il primato alla Mozzoni, le cui gigantesche magnolie furono le prime a fregiare i colli varesini. Aggiungono vaghezza a Biumo Inferiore la casa Berrà, disegno del Po-lak , che fiancheggia il giardino pubblico; la Lilia Modigliani, ammirata per costruzione, per bel prospetto di Simon Cantoni e per freschi alla Morazzone; mentre nella castellanza di Biumo Superiore, a cui reca una strada dolcemente acclive, sopra poggi disposti ad anfiteatro, sorgono la villa Mozzoni, la Lilla Arese, fatta più splendida dalla piazza anteposta, e la villa Arpegiani già convento di Carmelitani, che l'odierno proprietario, signor Ponti, riduce ad una magnificenza degna della prodigiosa vista che vi si gode. Colle citate s'affratellano altre ville, qua e là sparse; la Quiete de'Sam-vilo, la Molinara, palazzo all'-olandese de'Maestri, il grandioso Alzabecco dei Bellotti, il Provetto de' Talamona, il Miogno dei Torelli e in città le case Speroni, Adamoli, e più discosto il vasto palazzo de"1 Morosini a Casbeno, la casa Carantani a Sant'Albino, ed altre di nome men noto, eppur beate di magnifico prospetto, d'aria salubre e di quelle bellezze di natura che l'arte non saprà mai nè superare, nè raggiungere. Scendendo da Casbeno, eccoti alla Sciierana, porto peschereccio dell'antico glarealo, or lago di Varese. Con una superficie di sedicimila metri, deriva questo lago da varie fiumane, di cui la principale è la Breb-bia, scolo del laghetto di Ternate; ha per emissario il Bardello che va nel Verbano. Chi ama coglierne il prospetto salga alla villa Cagnola, dove i Perabò ospitarono il cardinal Pozzobonelli con tale sciupio di feste , che lasciò ai Varesini un debito di 00 mila lire, di cui pagano ancora gli interessi. Di là prospettasi il Iago coi circostanti villaggi di Capolago, Buguggiate, a cui fanno bel riscontro Calcinate Morosolo col suo Ponte di Anto, bizzarramente incavato nel tufo ; e Oltrona e Voltorre già pingue priorato dei canonici lateranesi, del cui chiostro, fondato nel 1290, avanza il portico sorretto da colonnine, tutte differenti fra loro; CasciagÒ* semivelato dalle vigne, Bodjo , Lomnago già robusto castello minato dai Milanesi nel 1160 per far onta a Seprio, Gaguate dove restano le ruine quoi ne serait-il pas employé, puisque beaucoup de gens qui on t servi Ics Autriebiens doivent l'èlrc? On n'ajamais allaqué sa probilc, sesmceurs:il peni avoir étóexallé, mais c'élait dans des circonslanees extraordinaircs. S'il veut aller en Dalmatie, il faut l'y ern-ployer. Quant à l'idée qu'il ne veut point servir, il fera tout ce qu'on voudra ». E il ■•0 aprile: . Failcs venir Dandolo , Iraitcz le bien : c'est un homme de talent, de carac-lére, probe, et qui a sa portion de popularitè et d'induencc. Les hommes supérieurs voient d'en liaut, et dès tors, au-dessus des partis C. C. IL SACRO MONTE 881 d'alta torre, e delie abitazioni che faceano un tempo questa terra assai più vasta ; Casale colle reliquie della torre Toldera, Caidate che converti il castello in palazzo, Dweuio, dove recenti scoperte di tumuli confermarono che fosse considerevole terra pei Romani, e sacra a Mercurio giusta il Moriggia ; e, fuor di questo distretto, Biandhonno, ove già gli arcivescovi milanesi avevano castello, ruinato da Gazolino, fatto conte nel Seprio da Barbarossa nel 1161 ; Baudello e Gaviiute già feudo dei Lilla, e a cui nel 1539 concesse Carlo V un settimanale mercato. L'isoletta, chiamata Camilla dalla duchessa Lilla Lomellini, è piantata di pioppi, frassini, abeti, pini, cipressi, che vi protendono un verde pelurie, alla cui ombra nei giorni autunnali s'imbandiscono liete merende. Fra i pesci di quel lago primeggiano le tinche, le anguille, il luccio, 1 ciprini, i persici. Le folaghe e le anitre selvatiche vi chiamano i cacciatori. Uniti a questo sono i laghetti di Biandronno, Moriate, Comabbio, cinti anch'essi d'ogni intorno da collinette popolate di case e di ville, ricreate da arie vitali e da limpidi soli. Ora i contorni se ne utilizzano mediante attivissimi scavi di torba. Alto 867 metri sul pelo del mare, ai piedi di alture più elevate, che guardano il paese dai venti boreali, sorge a sud-ovest di Varese il Sacko Sacro Monte di Varese. Monte della Madonna, svariato da poggerelli sempre qualcosa nuovi, ove si alternano il gelso, la vite, il castagno. Nasce alle sue radici l'Olona, che va poi a dar vita a campi, ad opifìcj, scorrendo per lunga e larga valle tra alte coste di ceppo sino a Nerviano, dove abbandonando il Varesino, si dirige verso le mura di Milano, ai pie delle quali s'accomuna ai tre navigli. Molte stradicciuole, ombrate da alberi e cinte da siepi di biancospino e di rovi, salgono, intanto che le acquicelle calansi spagliandosi in ampi veli al piano. Lo stradone che da Varese conduce al santuario parte dalla piazza del Cappello, e radendo la casa Grossi, le ville Paravicini, il Miogno, il Pravello, la Pinta de' Cattanei, procede orlato di piante fino alla rotonda, dove comincia a divenir più alpestre, e serpeggia pei quieti casali di Sant'Ambrogio e Robarello. Carrozzabile sino a Fogliaro, dappoi non serve che ai cavalli e ai pedoni. Mano mano che ascendesi ti si allarga l'orizzonte, e l'occhio corre giù pel.boscoso vallone di Bosa, e sui vigneti di Casbeno, di Bobbiate, Faido, sui laghi sottoposti e su quel tutt'insieme di bellezze naturali che svariano, adornano, e fecondano questo bacino. Era quest'altura tutto una selva di piante secolari, ferite la prima volta dalla scure quando il cappuccino Agguggiari da Monza collo zelo e colla eloquenza tanto accalorò la divozione al Santuario, che raccolse un milione di lire imperiali, e col disegno d'un Bernasconi fe cominciare quest'ampia via, che costò 90 anni e 100,000 zecchini, larga 18 braccia, serpeggiante per il ciglio d'un precipizio fino alla vetta, ornata d'archi trionfali, di fontane e di quattordici cappelle. Cominciano esse sopra l'amena Val Brinzio, che per tortuosi giri mette capo a Luino sul lago Maggiore. Lavorò in queste cappelle il pennello del Mo-razzone, d'Isidoro Bianchi, del Panfilo", del Busca e d'altri fra i migliori nella decadenza del secolo XVII; e con statue in plastica dipinte il Bussola, il Silva, il Prestinai, il Rezia vi raffigurarono i misteri della passione. La migliore è la cappella della disputa dei dottori; la più grandiosa quella della crocifissione. Deperite, vennero ristaurate ai giorni nostri da Mazzola e da Petter di Cabiaglio. Altri abbellimenti vi fece eseguire dal 1850 in poi il sacerdote Cremona. A dar allo stradone una degna prospettiva vi fu innalzato, presso l'ultima cappella, il colossale Mose, statua di Gaetano Monti, sopra la fonte perenne condotta dalla lontana sorgente Marella. Al sommo, la chiesa di remotissima fondazione mal risponde alle aspettative. La decorano pitture del Fiamenghino, del Legnani, d'Antonio Busca. La cripta sotto l'aitar maggiore ne accenna l'antichità. L'arciprete suo usava una volta mitra, ed era assistito da quattro canonici titolari. Vi riposano le spoglie della beata Caterina dei Moriggi di Pallanza, e di Giuliana de' Cassini di Busto Arsizio, le quali con tre altre compagne fondarono l'unito monastero, facendovi il 10 agosto 1486 professione VARKSE 885 della regola di sant'Agostino. Il cenobio, soppresso dal governo cisalpino nel 1798, riaperto nel 1821, ricovera suore ed educande. Chi è in lena non risparmii una salita al sovraposto Campo de' Fiori, dalla cui cima si gode la vastità della pianura lombarda, colla capitale distinta alle guglie della sua metropolitana, e Monza, ed i ridenti colli del-l'Eupili e della Briauza, e intorno intorno Pavia, Vigevano, Arona col suo colosso, Vercelli, Novara, e più presso quel seno del Verbano che s'adorna delle isolette colla rispondente costiera occidentale, cui fanno contrasto le lande di Somma, e maestosa cornice il Rosa, il Genlsio, il Monviso, le Alpi, d Gamogbeo, il Ghiridone, il Legnonc, il Generoso, il Còdeno e i Corni di Canzo. Intanto che il dilettante di belle viste godrà di tante vaghezze, il geologo riconoscerà nella cerchia scomposta di quelle vette il ciglio d' un cratere d'eruzione, che chiude le acque del lago di Lugano. Nel distretto di Varese si trovano molte terre che hanno Comune lo splendore del cielo, Pubertà del terreno, l'aria salubre, la vaghezza dei ■ prospetti, e quasi generalmente anche i tesori geologici, di cui sa Pin-dustria trarre profitto. Fra essi vogliono speciale ricordanza Azzate , donde ebbero origine molte famiglie illustri, tra le quali la Bossi, di cui fu san Benigno divenuto nel 465 vescovo di Milano 8. Alla parrocchia 8 Abbiam già detto quel che s'abbia a credere di questi primi vescovi , attribuiti a famiglie. E d'origine varesina vorrebbero pure san Benedetto Crespo, non abbastanza conosciuto fra gli arcivescovi della nostra diocesi. Variano i cronologi Dell'assegnarne il tempo, ma il vulgato catalogo del Sassi lo fa sedere dal tìHI al 7'2S, e seppellire in Sant'Ambrogio. Vivea nel fondo della barbarie longobarda, e ch'egli avesse insigni meriti nelle virtù che ad ecclesiastico si addicono, appare dall'aver ottenuto l'onore degli altari, ne' martire-logj è indicato come miraculis clarus et virtutum laude in omni Italia florens; se ne celebra la commemorazione agli 11 marzo, ma cadendo in quaresima si trasporta in settembre. Paolo Diacono che Io loda come virum egregia} sanctitalis, de quo per universali* Italiani bona> opinioni s fama flagravit, racconta che, essendo nata controversia fra esso e il vescovo di Pavia, che pretendeva esser consacrato non dal metropolita di Mi-lano ma dal papa, Benedetto si condusse a Roma a sostener la propria causa; ma no par" colla peggio, atteso che dai prischi tempi era consueto che il vescovo di Pavia venisse consacrato dal papa. Chi lesse la recente opera del nostro Giuseppe Ferrari sulle rivoluzioni d'Italia, vedra in ciò uno dei tanti conflitti fra le città regie e le città romane ; fra le città guerresche come Pavia, e le ecclesiastiche come Milano; i pratici poi delle ragioni canoniche sanno come vada intesa l'asserzione di Paolo Diacono. Si ha a stampa l'arringa di Benedetto in quell'occasione, ma credesi fattura di Landolfo o altro posteriore, secondo il vezzo di quei che della storia fecero un romanzo storico. Ciò che pochi sanno si è che, in grazia di queste Ut' ch'ebbe a sostenere, san Benedetto Crespo nel regno di Napoli è tenuto in venerazione come protettore degli avvocali e causidici, de' quali è noto quanti siano il numero e le faconde e la potenza in quel paese. Vedasi il Breve Compendio delta vita e morte del glorioso arcivescovo di Milano san Benedetto Crespo, protettore e avvocalo dei litiganti e tributo^ perBenedcllo Lenti ni da Tricarico. Napoli 1074. In tempo ch'egli stava a Roma, Cedualla re degli Anglo-sassoni, vi arrivò nel (>89, Pcl' chieder il battesimo; e appena ottenutolo, morì. Sergio papa commise al nostro Benedetto di comporre l'epitafio di quel re; ed esso lo fece in prosa chiara e concisa, e in un epigramma che mostra la prolissità e la pretensione delle letterature decadenti, che ci fu tramandalo i11 quell'immenso tesoro che sono gli Annali del Baronie II cardinale Maj trovò nella Vaticana un poema del nostro Benedetto, che è uno de'pochi monumenti sopravvissuti per allietare la conservata tradizione dell'antica medicina nel medio evo. In capo ad esso egli s'i'1' titola diacono milanese, e lo dirige a Mauro, prevosto della chiesa Mantovana, la quale i""1 era ancora vescovile, accennando che lui pane a cunabulis educavi t, et septifori/ris fa' vnndia; liheralitnte doaavit. Essendo dominato A-AYenormità di varie malattie , Mauf0 era stato costretto ricorrere a quell'arte medica, che dapprima chiamava ne far la e Utrp^' sima. E si volse a Benedetto affinchè gl'insegnasse le virtù dell'erbe medicinali ; ed eg"' per sottrarlo alla ciarlataneria degli empirici, lo esaudì, esponendole in carmi brevi, acciocché il soverchio non cagionasse fastidio, e il fastidio non togliesse il desiderio. Vieri dunque divisando rimedj semplici al mal di capo, al dolor di denti, alla sia, al mal d'occhi, all'angina, e va discorrendo. Nessun presuma ritrovarvi alcun Insogna mento utile ancora, ma sol per esempio ne addurremo alcuno: De cordis dolore. Cum dolor insanus lateri praecordia pulsai, Et cordis flbraa miillum dolor angit acerbus, varese 885 di Santa Maria aggiunge pregio un prezioso dipinto di Callisto da Lodi. La casa Ubicini, acquistata da Maria Cristina vedova del re Carlo Felice di Sardegna, fu convertila in villa principesca, e lasciata da 'ei morendo al conte Avogadro di Colobiano. I tre mercati settimanali di Varese vi importavano in passato 780,000 lire circa il mese ; ma dal 1848 in qua la grossa mercatura, e più ancora la piccola s'andò diminuendo, del che vuoisi dar ragione alle agevolate comu-mcazioni colla capitale ed ai crescenti mercati di Laveno e di Luino, che attrassero quasi a sè tutta la clientela delle valli Cuvia e circonvicine. Senza avere gran ricchi, Varese ha un popolo di agiati cittadini. Pure la qualche tempo le tavole censuarie e i registri delle ipoteche accennano a lento e progressivo scomparire della piccola proprietà. Nò può tacersi tra le sorgenti di lauto guadagno quella che apportano a questo paese i visitatori del santuario , che sommano a qualche centomila per anno. Attualmente le imposte pagate dall' estimo di Varese ascendono a centesimi 47.5; più il valore di lire 07101,43, pagato annualmente dal commercio. Dira Allenta juvant juudu viriuie coralli. Dei» pipinclla leviš socialur jure niaralliri. Sizaduar capitar, nec non tanaceto vi ri lis, Quae et sodai febres, cordisque vencua rcpulsal. De scia arlhrilim. Si cui coxendix gressum fraudavrrit ipsum, Ossaque perlustrali» furibundus ereveril li umor, Sume polypodium, quem dieuut esse iilielam, Cui bene miscelur triI us càriopbylus ater, Duclilis et piper, gratum cunclis cynamomum. Sic polum facias; tribuas sed non sine incile. Aboris ulmincae discas perquircre libitum, Cui rubiam miscelo, simul potato jucuudus. Črticam cernens ruris, ne speme majorem, Quao potata diu noscit comburile pestem. Id leneas certuni, lirmum, verum quo(|ue, nate, '-a poesia non ci ha gran fallo ad ammirare: i medici v'imparino se non altro la sém-i'''cilà dello scrivercela brevilà e popolarità della prescrizione. Riprodusse questi carmi il valoroso cav. De Retai nella sua Collcttane;! Salernitana, editando nelle note i luoghi di Latini a cui il poeta aveva attinto; poi nella bella sua monografia Della Scuola Medica «li Salerno (Napoli 18o7j tentò raccorrò le maggiori notizie su questo vescovo nostro. Crede egli, coi molti che di lui scrissero nel regno, oasc...... "egli Abruzzi, e appunto ad Amilerno o ad Aquila, Il che se è vero, dovette recarsi ben c"J\iine a Milano, se v'era diacono, e se da un pezzo aveva educato il prevosto Riauro. C. C. Ulustraz. del L. V. Voi 111. H'2 La città s'occupa d'arti e manifatture. Le terre, generalmente alluvionali, sono di natura leggiera e ghiajosa verso Como; più argillose e forti verso Milano; calcari verso la regione dei laghi e dei monti. I più alti di questi monti sono: il Sasso del Ferro, Monte Bcescero, Campo di Fiori, Monte Tre Croci, Puncione di Gana, Sacro Monte. Il geologo trova nei graniti del Varesino una prevalenza di feldspato rossiccio, confusamente cristallizzalo: scarso invece il quarzo. Breislak riconobbe il pirosseno sulla cima del Sasso Marzio e al Deserto. Sono questi monti interessanti per le consecutive emersioni dei graniti, dei melafiri, delle roccie dolomitiche. Sulle roccie granitiche riposano le arenarie, e successivamente le dolomie, che ingombrano tutla la valle di Brinzio fino a Sant'Ambrogio. Di piriti aurifere sotto la Valgana parlano i privilegi dati dai re longobardi per scavarle ai vescovi di Como , e di esse si credono diramazioni gli scavi aperti e i cunicoli trovati all'occidente di Biumo. D1 miniere d'argento nel monte Gavina, territorio di Velate, parlano i pri-vilegi dati dai duchi di Milano nel 1514 a Lodovico Visconti, confermati nel 1530 dal senato a Vitaliano Visconti. Industria distinta a Varese è la fabbricazione della carta. Andrea Molina fu il primo che nella provincia di Como la facesse a macchina, e va sempre migliorandola coi più recenti trovati, e producendone d'ogni genere, compresa anche quella per litografia e tappezzeria. E altresì a Varese una tipografia che serve però quasi solo agli uffici e a qualche libro di preghiere e di scuola. La pubblica beneficenza vi amministra lo spedale, i luoghi pii -ed Un monte di pietà, riaperto nel 1817 pel lascito di Pasquale Ventura col capitale di 3000 lire; un p>° istituto elemosiniero che, sopra legati Castiglioni, Tognola e Verrati, distribuisce 7700 lire annue in doti e limosine ; il legato del cardinale Branda Castiglioni che paga pensioni a studenti varesini all'università Ticinese; e la pia causa istituita nel 1671 da Ambrogio Frasconi che eroga 6000 lire annue in doti e limosine ai soli bisognosi dejla castellanza di Biumo inferiore. Dal 1.° marzo 1845 vi comparve una cassa di risparmio-Un asilo di carità per l'infanzia vi ricovera 70 fanciulli. Già nel 1100 ò menzione d'un ospitale di San Giovanni Battista di Varese, e nel 1173 frate Alberto da Brignano vi fondò l'altro alle Nuove Fonti. Ricchi arabidue di privilegi, san Carlo nel 1567 li fuse in un solo, che nel 1667 venne collocato dove è ora. Molti docum"nt' o carte ne ricordano le antiche prerogative, e i legati che vi fecero gli Albuzzi, Alberi, Bianchi, Bizzozzero, Broggi, Canali, Castiglioni, Origoni ed altri. L'invecchiato edificio fu ricostruito, e rallegralo da bel viale, verso la rincipal via per Como Serve alla città e alle castellanze; VARESE 887 colla media di 45 in 50 ricoverati ogni giorno, con brefotrofio e propria direzione, e medico astante, cui spetta l'accettazione e la destinazione del malato. Seguitando a descrivere il territorio che dicesi Varesotto, troviamo Smusso che si vuol patria di san Nicò , vissuto dal 350 al 'i33; fatto Prete da sant'Ambrogio, si ritirò a vita solitaria a Besozzo ove morì. Un antico ospitale che qui era, fu posto sotto la protezione dell'arcivescovo AJgisio, il quale nel 1181 ordinò agli spedalieri si riconoscessero d i prudenti anche dal parroco di Barasso e dal capitolo di Varese, pagando a lucilo cinque soldi il giorno di san Martino tutelare del paese, e a questo nel giorno di sant'Ambrogio un pranzo ed una offerta di candele. La sua parrocchia conta 610 anime. BizzozBftO parrocchia di mille anime, sopra un'altura prospettica, nelle cui vicinanze trovansi pietre arenarie di costruzione, diede nome ad una famiglia milanese; fu nel 1528 infeudalo ai Borromci. Daverio, culla d'una famiglia che ebbe posto fra le patrizie milanesi; * creduto antico per diverse lapidi trovatevi. Dalla sua parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo dipendono 1150 anime. A Caversaccio morì Carlo Mozart liglio del famoso compositore, e già ufficiale della contabilità'a Milano, e dispose dell'aver suo in beneficenze, fra cui a vantaggio de" poveri di questo Comune. C.vsciago disputa a Cassago, in Brianza, il vanto d'essere l'antico Cas-ticiucum, dove il manicheo Agostino di Segaste fu da sant'Ambrogio mandato presso Verecondo grammatico a disporsi a quel battesimo, che ricevette poi in Milano e che fece di lui uno de'più gloriosi dottori della Chiesa. La villa Talacchini per un declivio a prato, boschetti, vigneti, intercisi da leggiadri sentieri degradanti fino ai sottoposti laghetti , ò una delle più vaghe delizie di questi dintorni. Galliate, terricciuola di 400 anime, conserva gli avanzi d' antico castello; nella sua chiesa de' Santi Gervasio e Protasio eressero alcune cappellate le famiglie Daverio e Cardana. Gazzada con 980 anime fa bella mostra in un terreno vitifero al di-s°pra della Val Bossa, sulla strada da Varese a Gallarate. Malnate, contando oltre duemila anime, è la terra più grossa del disfreno dopo Varese. Al piede del colle scorre il torrente Arza. È antichissima la sua chiesa di San Martino. A chi va da Como a Varese riesce m°lesta la costa fra Malnate e Binago. Le cave vi danno buone arenarie superiori e mioceniche. Masnaco, sulla strada fra Varese e il Lago Maggiore, in prospettica pospone, con belle villeggiature, e con 000 anime, presenta depositi di buona argilla. Mouosolo ha pure strati calcari marnosi a fucoidi, appartenenti alle cretacee inferiori; dalla sua parrocchiale di Sant'Ambrogio dipendono 770 anime, comprese le frazioni di Mastonate e Calcinate del Pesce; domina la strada da Varese a Laveno; conserva i resti d'antico castello. Velate fa 1250 anime, comprese le dipendenti frazioni di Fogliaro e di Cassina Rasa; posto alle falde del sacro Monte, mostra ancora i ruderi di antichi fortilizi'. VI. Arcisate (Distretto XVII). Occupato dagli Insubri, questo territorio e allora e poi per gran tempo segui le vicende del contado di Scprio da cui dipendea. E avendo in Arcisate usurpata autorità signorile prete Berengario e Ugone; Conti fratelli, l'arcivescovo Arnolfo ne li spodestò, e coll'autorità d'Enrico imperatore, di molti de'loro beni fe dono alla Chiesa milanese; il perchè papa Eugenio, in bolla del 1149, chiama gli ordinarj della metropolitana milanese signori di Arcisate. La sua dipendenza da Caslelseprk) l'obbligò a parteggiare pel Bar-barossa, onde Uberto da Pirovano arcivescovo nel 1100 lo maltrattò e 1' aggravò di truppe. Nel 1400 n' erano divenuti feudatarj gli Arcimboldi per concessione di Luigi XII di Francia, e di questa podestà mera nel 1148 era investito quell'Antonio Arcimboldo che fu arcivescovo, ed il cui monumento sorge nel coro del Duomo di Milano. Delle famiglie Arcimboldi, Mozzona, Visconti esistono ancora i sepolcri nella chiesa maggiore di Arcisate dedicata a san Vittore, chiesa antica, poi collegiata nel 1095 con molti canonici dell'ordine patrizio, plebana di ventotto parrocchie, compresa quella di Ganna, che ne venne staccala poi dall' arcivescovo Arnolfo HI 1 Si ha allo slampe Sormani Nicola, topografia detta pieve dJ Arcisate. Milano 1728. Fu prevosto d'Arcisate l'ohblato Giannangelo del Giudice, che stampò (Milano 1771) V educazione del Contadino, opera utile ai paroehi e signori di ville e loro castaidi; libretto che nessun più legge, ma di cui giova ricordare il contenute: ARCISATE 889 La chiesa è assai antica, a tre navate, e di una grand'urna che vi fu trovata nel 4747 nel ricostruire P aitar maggiore parla l'Allegranza a Pag. 3 del suo librone Sepulcris cristianis in crdibus sacris. V'era scritto: *h ine requiescit m pace nona? Memoria? paulus qui vixit in secueo ANN1S vluS mnuS lxx et DEPOS1TUS, est SUR die xii wlendas mkjos, SEVERINO viro ciarisimo comde. ■f* me ftEQUiEScrr in pace sanctw Memoria? costantius vrwsbiler qui vixit in speculo annos vlus mnus lxxv, nepositus sun die xxv mlendas Majos. Severino fu console con Dagalauso nel 461, onde appare che sin dal Quarto secolo era qui professata la fede di Cristo. Altra iscrizione vien riferita dal Bombognini che la suppone di poco più recente: Mie requiescit in pace sonda Memoria? pnesniTEit caudentius qui vixit in siculo , annos plus mnus xxn , df.posHus viudie mlendas novcmrius. Sul monte a ridosso d' Arcisate si rinvennero medaglie d' Anastasio , imperator d'Oriente nel 490. Nel poco discosto casale di Ponte stava un ospedale de'poveri, dedicato a san Bartolomeo, che nel 1408 era governato da Simone da Viggiù, e nel 1438 da Biagio Odoni, monaco di San Gemolo di Ganna. Che al vicino luogo di Bisusciuo possa aver dato nome un iterato incendio, Bis-uslum, lo lasceremo dire al Castiglione. i Mozzoni lo signoreggiarono fino al 1311; poi rimastivi come privati, ospitarono nel 1476 il duca Gian Galeazzo Sforza in occasione d'una caccia d' orsi, che in compenso li dispensò da qualunque aggravio verso Io Stato. La loro abitazione era vasta e ricca, cominciata da Francesco e Majno Mozzoni, con pitture della scuola de'Campi, e giardini sontuosi; la ornò il dottor collegiato Ascanio Mozzone a cui dan lode di poeta il Fagnani, il Crescenzio, l'Argellati. Passato poi per nozze ai conti Cicogna , essi ne compirono 1' abbellimento. Anche la chiesa parrocchiale è dovuta ad essa famiglia , eretta da Cecilia Mozzone nel 1605. Fin dal Cap. i Sopra il non mostrar disprezzo del contadino. » 2 Sopra l' assoggettare ai sensi del conladino cose alle a raddolcire la di lui rozzezza. • 3 Sopra I' ammaestrare il contadino a leggere e scrivere. • 4 Sopra il porgere al contadino una giusta idea dell'evangelica carila. » 8 Sopra I' ispirare al contadino una giusla opinione della Providenza. » 6 Sopra l'istruire il contadino a non guardar il ben presente. . • 7 Sopra il suggerire al conladino I' amor della compagnia. » 8 Sopra l'insegnare al contadino 1* amor del principe e delle leggi e della milizia. • 9 Sopra il procacciare al contadino de' pubblici vantaggi. » 10 Sopra il far conoscere al contadino i mezzi utili alla propria vita. C C. 1192 v'era un monastero che tributava dodici denari annui alla santa sede. Sopra un monte calcare, Biusimpiano riesce sulla sinistra del lago di Lugano, ma è lombardo, e già un tempo possesso degli arcivescovi di Milano. Dell'antico castello rimangono i ruderi ; fu patria di Giorgio Martinelli, fondatore del collegio de' Missionari di Bho. La differenza di livello distingue col nome di Cuasso al piano e di Cuasso al monte due vicini casali in questo distretto, presso cui scorre il pescoso Bolletto, specialmente copioso di trote. Di Cuasso al piano possiamo passarcela citando la sua bella parrocchiale di Sant'Antonio e l'antica matrice di San Cristoforo. Del castello di Cuasso al monte vogliono assegnar l'origini fra il 1000 e il 1200; isolato sul vertice d'un poggio, o piuttosto nuda scogliera tra 1' erica, la gramigna e i cardi, si eleva in vista ai ridenti poggi che si guardano nel Ceresio ; la storia n'è ignota, ma potrebbe essere stato un ricovero di oppressi, sottrattisi al gravoso giogo feudale. Ai combattimenti che qui ama fingere la fantasia fanno contrasto le pacifiche cappellette della Via crucis, che anche dai paesi convicini vengonsi a visitare; e raramente l'asprezza del Calvario fu meglio che qui rappresentata. Seguendo sull'erta del monte che le delicate persone ascendono entro corbe quadrate cui adattasi un coltrone o materasso, chiamate le schelcie, sali alla Val Frigeria ed al Deserto, ora solitaria delizia del signor Tullio Dandolo, e già convento de'Carmelitani scalzi, luogo de'più notevoli e vistosi delle vicinanze. II convento, eretto nel 1635, è un aggregato di tanti casini appartati, uno per ciascun religioso ; cpn tre dormitori nel seno de' boschi di grandissimi faggi, per chi amasse vita ancor più romita. Di tutto ciò rimangono le vestigia. Sovrasta quel luogo a Polito Moucote , confine sul lago di Lugano, presso cui Vicomorcote che vogliono patria di papa Aniceto IL Nel poco discosto Besano il metropolita milanese teneva molti fondi che Federico Borromeo alienò, applicandone il ricavo nella compera della villa di Groppello. Chi, tenendosi sempre alle alture, va da Porto a Besano, passa sulle testate d' una formazione, di imponente spessore, variissima ne' suoi particolari, benché presenti uniformità di fisonomia complessiva. Consta di calcari bigi, cinerei, azzurri, nerastri, talora arenacei a strati sottili, più o meno schistosi. Il geologo Stoppani ritiene che nella potenza di questo deposito si possano teoricamente ritener rappresentate tutte le formazioni dalla dolomia inferiore alla dolomia superiore fino al San Cassiano inclusivo. Aggiunge che gli schisti onde è ricco il terreno di Besano divengono bituminosi, gli strati si suddividono in straterelli indefinitamente sottili, sinchò tra Porto e Besano SALTRIO 891 si scopre la massa de'veri schisti bituminosi, elastici e molli come cartone, che ardono con fiamma vivace, onde è a lagnarsi perchè l'industria n' abbia trascuralo lo scavo. A Sai/huo e a Viggiu' il geologo ha dinanzi a sè lo spettacolo di strati assai importanti. A Saltrio il rosso ammonitico che abbonda nei vicini luoghi di Clivio, di Induno, di Fraschirolo gettasi a guisa di tet-toja sul pendio meridionale della prominenza che al nord è tutta all'ingiro minata dalle notissime cave di Saltrio. Sotto al rosso, osservò lo stesso Stoppani la roccia d'apparenza scoriacea, che si vede benissimo formare il ciglio sporgente delle cave. A questa sottostà un grosso banco di cal- Caìè di Yiù- care, grigio di fumo assai cupo, sopportato da banchi di calcare compatti 0 Sub l'arinosi, biancastri, brunicci, giallognoli, spesso disseminali da sostanza cloritica , ricchi in complesso di splendida fauna. Questa vi è distribuita con cert'ordine di sovrapposizione che studialo potrà chiarire una scala, il cui sommo grado sarebbe a preferenza occupato da nautili e da grosse ammoniti, seguendo in ordine discendente le plcurotomarie con svariatis-simi gasteropodi ed acefali, poi i pettini, ed inferiormente se non erro, le terebratule *. Questa serie osservata dallo Stoppani si spinge ad ovest sopra Vigg'U, e se n' accorge tosto chi segue i sentieri da Saltrio a Viggiù a mezza costa. Sotto quest'Ultimo paese si modifica in una massa imponente di arenaria clic nutre l'antica industria di quel paese colle rinomate cave di bellezza bizzarra e pittoresca. Quest'arenaria presenta tutte le gradazioni dalla grana più fina, fino ad una grana compatta che ne costituisce una vera breccia. Fornisce lavoro a tutto il paese. S'adopera per costruzioni decorate, capace di molta politura, ma non salda al tempo. Chi visita quelle cave gode uno degli spettacoli più curiosi; dove ad arte si lasciano in piedi massi tagliati a guisa di gran pilieri, che danno l'apparenza di portico, varialo da scherzi di molte maniere. Le principali sono le cave del caricaturista Buzzi Giberto e di Pietro Monti. Quanto alla fauna, il signor Stoppani nota nei marmi di Saltrio Insoluta prevalenza de' piani giuresi più profondi. Tulti que'piani, egli dice, vi hanno dei rappresentanti nello spessore di pochi metri. Ultimamente egli vi scoperse un dente di Ich/osaurus plalyodon. Saltrio non olire alcuna ricordanza speciale; fu patria di distinti scultori, fra cui i fratelli Pompeo e Luigi Marchesi. È tradizione che Viggju' sorgesse già più in alto, su quella delle colline circostanti, ch'è detta la Piscina Marinona, nel luogo appunto ov'è oggi San Martino; degli Orobj serbasi il nome nel vicino colle Orobio. Di qui I' imperatore Sigismondo, il 30 ottobre 1413, emanò il decreto che convocava il concilio generale di Costanza, causa di tanti dissidj per la Chiesa. I lupi cervieri infestavano tanto questi paesi, che nel 1504 su eccelsa vetta sovrastante a Viggiù eressero il santuario di Sant'Elia, che rimane tuttora a scopo di allegre visite e devoti pellegrinaggi e luogo di mirabile prospetto. Notevole per pulitezza e regolarità di vie, e frequente ritrovo autunnale, riceve questo paese maggior lustro dalla bella chiesa parrocchiale, con torre e atrio del cinquecento, dipinti dal Lunghi, e da tre altri oratori di singoiar bellezza. Uno del Rosario, offre de'dipinti del cavaliere Giudici e statue del Monti; l'altro, della Madonnina s'orna di statue di Piazza, Butti e Galli ; al terzo della Croce, disegnò la facciata Giacomo 2 SIurij geologici e paleontologici sul'a Lombardia del prof. Antonio Sloppani. V1GG1U' 893 Buzzi-Leoni. Alcuni archi trionfali che parano le vie nei giorni solenni furono dipinti a olio da Giacomo Pellegalta, buon decoratore. Eccetto il Monti, tutti gli artisti qui nominati nacquero a Viggiù. Il cavaliere Giudici fu chiamato da Maria Teresa ad insegnar scoltura nella rinnovata accademia di belle arti a Milano, dove, se non potè migliorare, almen non peggiorò il gusto. Più anticamente, Onorio Longo figlio di Martino, buon matematico e idraulico, pose a stampa il Discorso del Tevere, della sua inondazione e de'suoi rimedj (Milano 1607): e a Napoli e a Roma lasciò lavori : morì in patria del 1640, e suo figlio Martino fu discreto poeta italiano. Son pure di qua il cav. Elia Buzzi scultore, Argenti professore d'architettura, che fe la facciata del Mose sul monte di Varese; Giacomo Buzzi-Leoni, scultore e architetto, e suo figlio Giuseppe, scultore d' animali; Giuseppe Bottinelli, buon ornatista. Questi son defunti : vivono Vincenzo Tantardini, che fe i leoni sul ponte del Lam-bro a Monza; Bartolomeo Argenti scultore e disegnatore di talento; Giuseppe Argenti allievo di Marchesi, Stefano Argenti che modellò molti degli ornamenti dell'Arco della Pace; Giosuè Argenti, socio d' arte dell'accademia; Luigi Buzzi-Leoni, più volte premiato; Antonio Bottinelli, Guido e Stefano Butti, Antonio Galli di cui è una statua nel cortile di Brera; Carlo Romano e Luigi Cochi scultori: Santino Pellegalta, scultore e architetto, amorevole delle notizie patrie delle quali ci fu cortese. Questi nelle arti; ma Viggiù diede allri uomini distinti. I Buzzi eb-ber merito nell'armi, onde acquistarono la nobiltà. L'abate Gaetano Giudici fu consigliere del culto presso il governo di Lombardia, e per lungo tempo creatore dei vescovi; Luigi Lunghi che fu regio procuratore nella corte d'appello a Venezia, poi consiglier d'appello, vissuto 84 anni fin al 5 aprile 1859, e da Venezia portato a riposar nel patrio cimitero. Bove è a dolersi che nella terra degli scultori, non sorga alcun monumento che ricordi gli illustri uomini che vi son nati. La villa Borromeo, di recente rinnovata con giardini all'inglese, è grazioso disegno del Taz-zini, dipinta da Pellegalta, Mariani e Montanara. Poco dista un grazioso fresco dell'Annunciazione, dipinto dal Bellosio. La Via Crucis di S. Martino è dipinta dal Bagutti ticinese. Induro, ai piedi dell'elevato Pontone, poco lungi dall'Olona, aveva già un castello; ha vicina la Fontana degli Ammalali, a cui dà nota la sua v'rtù salutare. Al villaggio di Fuasciiiiiolo, bellissima posizione, dicono avesse la culla e certo ebbe villa il cardinale Giovannangelo Medici che fu Poi papa Pio IV, e rimase ereditaria nei Medici di Marignano, da cui Mustraz. del l. v, Voi. Ili. 113 891 PROVINCIA DI COMO testé per isposalizio passò ne' Crivelli. Quivi son varie grotte con bel-T alabastro. Ai piedi dello stesso Pontone stendesi la Valganna per la lunghezza di sei miglia, le cui acque impinguano POlona ed il Morgorabbia. V'abbondano le ricchezze minerali e la torba. VII. Appiano (Distretto V). Fra le strade provinciali che conducono una a Como, l'altra per Tradate a Varese, siede Appiano in bella collina vitifera, altre volte fortificata contro del Barbarossa e de' Sepriesi, e dove si disotterrano anticaglie. I Benedettini v* ebbero un' abbazia , che possedeva gran parte del circostante territorio e che passò poi in commenda. Quei fondi durante il regno d'Italia, in cambio di due case, una nel Cappuccio, una sul corso di porta Orientale, che voleano farsi residenza di ministri, furori dati, eon altri di Castelletto di Cuggiono, a don Stanislao Bovara, fratello dell' in allora ministro del culto « ; poi nel 1818 furono venduti a diversi, e quelli d' Appiano al signor Giuseppe Cagnola, il cui erede ora vi tiene i I Brentano Bovara, sono originarj di Malgrate, Monsignor Giovanni fu ministro del cullo; Giacomo suo fratello fu prefetto del magistrato camerale; Cristoforo si arricch trafficando in Amburgo, n nella chiesa del Lazzaretto a Appiano n'è questo ricordo in pietra : — All'.anima pia — di Cristoforo f. di Cristof. e fratello — di Giac. pr. del Mag. Cam. della Lomb. — e di Giov. m. pel culto del R. d'Italia — Bovara Brentano milanese — che dopo lungo traffico in Amburgo — qui ritiratosi splendidamente visse — ed i buoni, i poveri e gl' infermi — di sue fortune chiamando a parte — pre-parossi alla vita eterna — a cui passò col bacio del Signore — ai XXVIII ag. MDCCCXVI v. a. 79. — Pregate la pace dei giusti. — Alla memoria — di Giacomo Bovara — che — elevalo dai proprj meriti — allo più cospicue cariche — dello Stalo — le esercitò con integrità — e zelo impareggiabile fu onoralo' della confidenza — del principe — amato e slimato dal popolo — morì compianto da lutti — il giorno Vi settembre Ì8Q8 — nell'eia di anni 7«. — APPIANO 895 ampia filanda e suntuosa villeggiatura. Ed una splendida ve n'ebbe Gio-vannangelo Medici, che fu poi Pio IV, laddove ora quella de'Litta Biumi, die nel secolo passato n' erano feudatarj. Qui ebbe possessi e poi sepolcro il pittore Isidoro Bianchi, un de' migliori nella decadenza. Nel regno d'Italia vi sedeva un giudice di pace. U territorio ha la superficie di pertiche 14,097, di cui 215 occupate dal caseggiato. Manca d' acque correnti : solo da nord a sud P intersecano l'Antiga e la Bogoretta, torrenti che sfociano nel Bozzente. Aria Pura e vibrata, con salti di temperatura cagionati dalle gole del Mendri-sotto. Viti, gelsi, cereali vi prosperano. I 2450 abitanti, stivati in 145 case, lavorano ai campi, o van fuori come braccianti, ma li percuote la Pellagra. Un ospedale v' era in antico ; or bisogna tradur i malati fin al lontanissimo di Milano. Effetti della concentrazione. Lode somma al prevosto presente don Gaetano Moroni 8 che crasse una scuola d'agricoltura pratica : ma per paese si grosso non bastano le troppo all'oliate scuole minori. La parrocchiale di Santo Stefano fu fatta rifabbricare in una sola navata da san Carlo a disegno del Pellegrino, e consacrata nel 1634. È capo-pieve di 21 parrocchie: ebbe 22 canonici, ed il prevosto potea conferire i benefizj in tutta la sua pieve. La chiesa è piccola alla crescente popolazione ; di reliquie è ricca e di perdono in forma di giubileo al Corpus Domini e a Santo Stefano, concesso da Pio IV. Ha un pallio ricco e di buon gusto. È contiguo un battistero ottangolare. Ad Appiano ebbero già splendide ville i conti L i t la - Biumi, i Resta, i Castelli, i Recalcati, i Solari, i Griffi, i Castiglioni ; e nel cimitero dorme Giuseppe Ponzoni di Trezzo (vedi\o\. I, pag. 504) professore ben ricordato, e che qui moriva. Spetta alla parrocchia il Comune di San Bartolomeo con molti cascinali sommanti a 190 persone. Una tradizione affatto locale vorrebbe che il capitolo di Milano, distrutta la patria dal Barbarossa, quivi rifuggisse e fabbricasse Poratorio di San Bartolomeo. Certo v'esisteva la grangia del Duomo di Milano, proprietà di quel capitolo che, al 1470, ne investi la famiglia Pustcrla, pur conservandone il diretto dominio lino al 1799. In Quella chiesa di San Bartolomeo al Bosco è un' arca antica, oggi ai' Uso d'acquasantino, dal soddiacono Valperto fatta adattare per deposito de'suoi genitori, con un'iscrizione rozzamente affettata, e finora male spiegata. Il lavoro è evidentemente romano; forma un'arca quadrata, a cui angoli sonvi come quattro cannoni, colle iscrizioni: i reduc car- 2 Dobbiamo alla cortesia ili lui le notizie particolari di questa pieve. 896 PROVINCIA DI COMO pentlim. itoNA ìsogte. vade DOUMiTDM. Doveva esister in Milano , donde nel secolo X, un Valperto suddiacono Io fe trasportar a Tradate con moita fatica per seppellirvi i suoi genitori. Allora vi si scolpirono in caratteri rozzi questi versi: •j* Hoc fabricavit opus Walpcrtus amore parentum Dreni ul redditi premia digita Deus. De Mediolano multo de (erre labore Me sluduit cupiens optinuisse suo Walperlus subdiaconus (ieri jusmt. A settentrione stanno Bulgaro Grasso, sulla destra della Lura; Ol-trona, già feudo de* Benedettini di San Simpliciano con unite Cascina di Gerho di sotto e di sopra, Bollinone, Ronco, Gerbone, Baga-rello, Padune; nomi che indicano antiche sodaglie ridotte a coltivazione. Ora le pertiche 4001 , la più parte in piano, sono coltivate a grano, molti gelsi e poche viti, Paria ò sana, ma la pellagra vi domina: torrente Antiga , formato dalle acque pluviali raccolte ne1 valloni delle brughiere, lo limila a ponente. De1500 abitanti, alcuni attendono a circa 50 telaj di stoffe di seta. Le strade, tutte comunali, sono ben tenute; ma APPIANO 807 scarsissima l'acqua potabile, che lentamente fila da una fontana. La chiesa era sprovista d'arredi, finché il cardinale Gaisruck ne la fornì ; ma è per fabbrica forse la peggior parrocchiale della diocesi. Questa parrocchia fu eretta nel 1633. Dalla chiesa di San Mamete, posta in colle, si ha spaziosissima veduta della Brianza, del Varesotto, del Men-drisotto. Poco possiam dire di Gastelnuovo, Benegozzo, Olgiate, se non ricordare i molti possessi di manomorta d' un tempo 4. Binaoo è posto in bella collina sulla strada varesina, dove i Milanesi fabbricarono un forte per fronteggiare i Comaschi, i quali nel 1121 incendiarono questa terra. Anticamente formava due parrocchie , di San Giovanni e di Santa Maria Assunta: questa or è sussidiaria. La superficie di IO mila pertiche in pendio, ottima per frumento, granoturco, gelsi, difetta di acqua; ha buone strade ; aria fina, sicché frequentano le malattie infiammatorie: piccole, scarse e vecchie le case. Son 1780 gli abitanti, abili anche a tessere e ad edificare, e van lontano come muratori e stradajuoli. Questi paesi sono a settentrione del distretto. A levante è Qadorago. A ponente è Turate, culla della nobile famiglia Caimi. A mezzodì Guen-zate colla superficie di pertiche 10245. 21, censite scudi 45824. 3. 2., fra montivo e piano paludoso e incolto. Son 2220 gli abitanti, destri e applicati all'agricoltura e al commercio di granaglie e formaggi. Nel 1854 fu rinnovata una grandiosa chiesa, a disegno del Moraglia e a spesa ed opera de' popolani. Questi portano molla devozione alla Madonna in Campagna, ove si solennizza il nome di Maria ; e a cui conduce un viale alberato con cappelle dipinte. Nella parrocchiale si venera un corpo, tolto dalle catacombe, e intitolato San Cristoforo, entro cassa dorata. La nomina del parroco è devoluta alla famiglia Guffanti. A mezzodì sono pure Veniano Superiore e inferiore, avente la superfìcie di pertiche 4695. 23, coll'estimo di scudi 17399. 3. 5. e in case pertiche 24. 56, estimale scudi 710. 1. 1. Veniano superiore gode di 8 pozzi Perenni, di 9 l'inferiore, oltre una fontana inesauribile, di gran comodo »ì paesi vicini. Passa pel Comune PAntiga, gora di pioggia, come il Piombino. Le bassure son messe a riso per 80 pertiche. 636 gli abitanti, timidi e saccenti, mi dicono ; senza industria nò istituzioni educative o benefiche. La parrocchiale fu fabbricata nel 1737 dal parroco don Aquilino Quinterio. La sussidiaria di San Lorenzo, Santa Maria in Cam- ■ Già ne abbiamo dato il catalogo qui sopra a pag. 702, ora sono posseduti dai "gnor] Cognola, FrigeriO, Glnoldi, Sclini, ed altri minori. 898 PROVINCIA DI COMO pagna, Santa Maria della Neve soccorrono »1 Comune e alle quattro sue frazioni. Lun ago Marinone ha territorio della superficie di pertiche 5473 : quattro strade principali; aria salubre, un solo pozzo, profondo circa metri 64, due lavanderie e un abbeveratojo, comunali. Il suolo piano, lenemente inclinato a mezzodì, è argilloso e forte, sicché poche fondamenta occorrono alle case, e molta fatica e concime ai campi; viepiù verso le brughiere che continuano quelle d'Appiano. Solo allo sbocco delle vallate, le acque delluenti, e massime quelle dell'Antiga, deposer un limo fecondo. Quivi prosperano roveri ed altri legnami opportuni, mentre nelle brughiere non si potrebber avere che pini, betulle e ontani : da quelle dissodale si trae buon vino ; e i bozzoli han valore ; cioè aveano. La popolazione, di 900 persone, è tutta agricola, soccorsa da due pie bene-licenze d' istituzione Broggi e Volonterio. I fondi appartenevano in gran parte agli Umiliati, nò è improbabile la tradizione che dal distrutto Castel-seprio molti abitanti si trasferissero qui colle loro ricchezze. V'ebber poi possessi i Gesuiti e le monache di Santa Maria di Vico comasco. Il nome deriva evidentemente dalla Lura e dai Marinoni, a un de' quali era posta un' iscrizione del 1216 nell'antica parrocchiale di San Giorgio. Da questa si ha bellissima veduta : ma per comodità ne fu fabbricata una più vicina. A Carbonate il vecchio castello dominava 1' antica via varesina : o quivi nel 979 fu sconfitto Landolfo arcivescovo. È lambito dal Guar-ttaluso. Fenegrò vuoisi dedurre da finis agrorum, perchè vi cessasse la coltivazione , cominciando le grillaje verso Turate e Cirimido. Ha di territorio la superficie di pertiche 7640: e lo traversa la grossa strada da Appiano a Turate, e un' altra lo lambe da Lurago a Cirimido. La Me-scassa, spettante a casa Ala Ponzoni, *è un torrente che irriga alcune bassure: come un altro fosso nascente presso la chiesa, alimenta il lavatojo. V è qualche ottagenario, ma le fatiche campestri logorano gh uomini, e più presto le donne. Ben concimati, que' terreni rendono abbondantemente in trifoglio; il frumento, un moggio alla pertica; il doppio il granturco; la si ;:ale non risponde sempre: e coi prodotti minuti del miglio e dell' agostanello si supplisce alla scarsità del terreno. Poche e trascurate le viti, che pur darebbero generoso vino : molti i gelsi, ma facili a deperire. Le 164 famiglie son tutte quasi d'agricoltori. V ha quattro strettoj d'olio, una filanda grande e altre piccole. Nel 1178 il paese apparteneva ai monaci di San Simpliciano (e ancor si conserva il nome di badia), e gli Umiliati vi avevano due case : una APPIANO 899 Probabilmente dov'ora l'oratorio di san Gio. Battista. Dappoi lo possedette la casa Castiglioni, e sotto il predetto oratorio sono sepolti il conte Luigi Castiglioni, da noi altrove lodato, e sua moglie e la sorella Beatrice Rasini: ma neppur una lapide le distingue. Santa Maria del Castello dicesi il luogo dov'è l'abitazione del parroco, evi si trovano fondamenta di rócca. La parrocchiale di Santa Maria Nascente, costruita il *"60 in buona architettura, ha l'aitar maggiore d'eccellente intaglio in legno, e una statua di san Michele. A Limido, in una villa prospettica, amava ritirarsi a vita domestica e studiosa il conte Pompeo Litta, autore delle Famiglie celebri. Con quella franchezza di spirito che conservò sempre e sul campo della battaglia e Jn altre ore non meno pericolose, l'ultima volta che qui venne a cercar d ristoro dell'aria e della tranquillità, si recò al cimitero, designandovi d luogo dove bramava esser depositato. Era nel 1851; tornava quindi a filano a dar sesto alle sue faccende, come chi si appresta ad un viaggio cne abbia un ritorno stabilito e sicuro, e traevasi così languendo sino al *7 agosto, ultimo di sua vita. Le sue spoglie qui furono collocate con monumento, dove la eloquente immagine fu scolpita da Vincenzo Vela. Il territorio di pertiche 17,200, è lambito dal torrente Anliga, solcato da c'nque strade comunali, abbondante di grani, gelsi, lino, e con aria salubre. I terrieri operosissimi, trafficano alquanto di bestiame, e sono 860, mentre 20 anni fa appena 600; aumento dovuto all'estensione della coltura, dissodandosi brughiere e livellando boschi. La filanda Scalini è proveduta degli ultimi raffinamenti. La chiesa è scarsa al popolo ; nò serba memorie o capi d'arte. Nel 1780 fu costruito l'oratorio ottagono del Crocifisso, un altro nel 1856 dell'Immacolata alla cascina Resinili, che colle cascine Velzi, Castiglioni, Resta, San Giuseppe, sono frazioni del Comune e della parrocchia. Il territorio di Gikimido prolungasi da tramontana a mezzogiorno per trabucchi 1050 sulla larghezza di 220, formando la superficie di 3756 Pertiche, di cui due terzi spettano al Collegio Gallio e all' ospedale di Como. Aria salubre; terreno ben coltivato sì nella pianura come nelle colline a settentrione; non acque correnti, e solo un pozzo profondo 90 ^etri, eccellente e perenne. Altri se ne tentarono invano, poiché a 6, o p metri incontrasi un macigno durissimo: attraverso al quale fu perforata la canna dell' anzidetto. II paese restò esposto ai danni della guerra decenne, come Gucnzate. La chiesa parrocchiale fu costruita sopra la vecchia nel 1810, ma angusta e senza alcun beneficio. I suoi registri battesimali cominciano al 5«9. Notiamo, come meno disgraziata, l'Assunta nella cappella della Beata Vergine. Special divozione si professa alla sussidiaria Madonna delle Grazie. Nel 1832 contavansi solo 400 abitanti: l'ultima numerazione ne diede 8C8, perciò affollati e bisognosi di case: or pare vi si proveda. Tutti agricoli; solo alcuni falegnami, all'inverno preparano forse 50 mila assicelle su cui adattare i termometri. A Lomazzo il 20 marzo 1285 fu conchiusa una pace tra Milanesi e Comaschi: e spesso rimase esposto a vicendevoli assalti e danni de'due popoletti avversi. È grossa terra divisa in due parrocchie, l'una di ritoro-mano con anime 2000, dipendente dal vescovo di Como, e vi si conserva il corpo di sant'Epifanio: l'altra di San Vito, ambrosiana con anime 1480. Questa a padiglione di stile corintio, colla facciata non compita, ha bel campanile disegno del Cantoni, mancante però degli ornamenti. Nell'oratorio di San Lorenzo, son dipinti del 400 una Beata Vergine lattante , il martirio di san Lorenzo e la Beata Vergine fra san Rocco e san Sebastiano , e un Crocifisso, coi fondatori della chiesa che ne fanno omaggio. Spettava alla antica chiesa, di cui vedonsi due pilastri ; come antichi sono il palazzo pretorio di soda architettura con colonnato, e una casa con finestre di colto nella piazza del pozzo. L'ossario sulla via verso Como è di buon disegno. Caslino è sulla Lura. Mozzate sta sulla postale di Varese, dove le ultime colline comasche muojono nella pianura milanese. Ebbe castello più volte combattuto, e casa degli Umiliati. A mezza via fra Saronno e Tradate, ha 15 mila pertiche di territorio ; senz' altre acque che il Bozzente; aria asciutta, e temperatura saltuaria per le gole svizzere: ma la negligenza delle cure igieniche , le case basse e mal aerate , la vicinanza de' mondežzaj, l'abitudine di passar l'inverno in stalla, rendonvi frequenti le malattie reumatiche, le infiammazioni di petto, le febbri intermittenti e tifoidee, oltre il flagello della pellagra. Boschi al basso, grani o gelsi nella maggior parte , viti nella poca collina, son lavorati attentamente dai 2000 abitanti. Vi primeggia la famiglia Castiglioni, di cui il conte Luigi suddetto, reduce dall'America, qui introdusse molte piante esotiche al fine del secolo passato, quali la robinia pseudacacia, il moro papirifero, la bignonia catalpa, la glediscia , il platano occidentale, la vite del Canada, che poi 81 naturalizzarono ed estesero ne'nostri paraggi. L' umile chiesa di Sani' Alessandro fu eretta in parrocchia da san Carlo, e da lui consacrata il 1581. Vi si aggiungon le chiese di San Bartolomeo, e di Santa Maria della Consolazione molto cara a' devoti. APPIANO 901 La frazione più grossa è San Martino, già villeggiatura dilettevole e ospitale del marchese Giulio Dugnani, che lo lasciò per villeggiatura del Seminario, e all'istituto della Beata Vergine Immacolata. Rovello è al limite d' una brughiera, a lato d' una valle. Il suo territorio ha 8000 pertiche di estensione, solcate da vie che, mettono a Sa-ronno, Turate, Lomazzo, Rovellasca, Cassina Ferrara. È paese asciutto, e doveasi cercar l'acqua da lontano, prima che il conte Giampietro Porro facesse costruire un'ampia piscina. La coltivazione è la consueta; buona l'aria: estesa la pellagra. Dei 1650 abitanti, ruvidi ma t mquilli, un set-fimo attende al piccolo commercio. La cappella del Lazzaretto ricorda la peste del 1576, in cui memoria gli abitanti recansi ogn'anno processio-ualmente al santuario di Saronno. La parrocchiale venne riedificata con elegante disegno nel 1775 col patrimonio del parroco Cesati e le elargizioni del conte G. B. Porro. Ha due quadri in tavola di fra Bastiano de Filippo, provenienti dalla Certosa di Bologna. I frati del Carmine di Milano avevano un conventino in Rovello, che fu poi ridotto a chiesa sussidiaria, ora patronato dei Porro Nella frazione di Gremoli l'Imperiale si vorrebbe avesse deliziosa villeggiatura Matteo II Visconti. Sono vita, e talora desolazione di questi paesi la Lura ed il Bozzente. Nasce la prima poco sopra di Olgiate, poi si versa neh' alveo del fontanile Pasquee a Rho, infine si disperde nel territorio di Figino: il Bozzente sorge nelle colline superiori d'Appiano, traversa le brughiere di Uboldo che ne traggono fecondità, e sfocia nel ' Olona presso Rho. A Locate nacque il 12 maggio 1784 Agostino Comerio , da Filippo pittore: studiò a Roma: rimpatriato si fe scultore ed eseguì molte statue del Duomo: poi il generale Miollis Io chiamò a Mantova a disegnar le opere di Giulio Romano : in Verona dipinse molti appartamenti, poi fresco a Milano la lunetta sopra 1' altare di san Satiro, una delle opere sue migliori: indi il santuario della Bocciola sul Iago d'Orta; nel 1825 fu incaricato di restaurare tutti i dipinti della Certosa di Pavia; da don Vitaliano Crivelli, suo generoso mecenate, nel 1828 avuta la 4 I libri battesimali cominciano nel il»6i Dalle note del '27 aprile 1707 del parroco Andrea Rusnigo si ha notizia d'un marchese don Cesare Pagani, presidente della corte di Santa Chiara in Napoli, ambasciatore del re di Spagna , senator reggente di Milano^; che dai Francesi, nella breve loro occupazione, fu inesso in carcere a Pizzighettone. Liberato al ritorno degli Austriaci dopo 32 mesi, fu in patria ricevuto con incontro di tutta 'Mobilia, il 30 ottobre 170«; e morendo l'anno appresso, dopo beneficata con legati la chiesa di Rovello, fu sepolto ai Cappuccini di porta Renza, con lapide che diceva : lìe-VUient 03ierna>/i peccatori hic jacenli. lUuslraz. del L. V. Vol. iii. 114 commissione di frescare la gran cupola di San Sebastiano in Milano, il fece con ricchissima varietà di disegno e di colore, ed eccellenza di arte ; ma gli accademici non vi trovarono il riposo ch'erano avvezzi ammirare in Appiani, nò i pensatori la devozione ed il simbolismo propri a ritrar gli Evangelisti e i padri della Chiesa. Fece varj quadri a olio, disegnò e incise a contorni le opere dei Grandi Concorsi di Brera, ove fa fatto professore nel 1817. Morì il 5 agosto 1834. Franco nel giudicar degli altri, trovò chi con severità lo giudicò. Vili. LA «MANZA- riama è denominazione della quale non si conoscono riè l'orìgine, nè il significato, nò i limiti, sebbene i più la conterminino fra il Lambro, l'Adda, i monti della Vallassimo e le ultime ondulazioni delle prcalpi che muojono a Usuiate. Più specialmente sarebbe arrogalo quel nome alla successione di colline, che presso Agliate staccandosi dal Lambro e variamente serpeggiando, si elevano verso levante, poi a Monticello settentrione, più ripide ergendosi fin a Sirtori, ove , e dopo breve tratto si dividono in tre rami: due °amrninano paralleli verso il sud , e sul più orientale, che domina la valle di Rovagnate, campeggia quel che già era convento delle benedettine di Bernaga ; l'occidentale s'imbosca, finche graziosamente s'incorona della Montevecchia; il terzo ramo curvasi selvoso a ponente, e al lembo di questo sorge Missaglia. V 4P Pagano alquanto a vigono a meriggio Così vaga di confini, forma però un complesso, non solo per la natura de terreno e del clima, ma anche per gli avvenimenti. E ben meriterebbe se ne tessesse una storia, la quale abbandonasse le avventure generali dell'Italia o della Lombardia, per rappresentarci il vivere proprio di una provincia, di cui i signorotti un tempo, dappoi gli abitanti, aveano interessi comuni, e in comune li regolavano. La rivoluzione, che conculcò e ricordi e simpatie per distribuir popoli e paesi colla bilancia, col trabucco e coli'abachino, attribuì la maggior parte della Brianza a Como, con cu» non ha legame nè d1 interessi, nè di memorie, nè di simpatie *, Ma la Chiesa, costante nelle sue tradizioni, conservò ali1 arcivescovo di Milano la giurisdizione su tutto quel paese; ed è distribuito ecclesiasticamente fra le pievi di Vimercato, Missaglia, Brivio e Morate, Olginate, Oggiono, Incino, Cantò, Mariano, Desio, Carate, Agliate, Besana, Casatenuovo, colla popolazione di circa 200 mila anime. Suole aggregarvisi anche la Vallassina. Dire che gli Orobj furono i primi abitatori della Brianza, gli ò come dire che primi a popolar i monti furono i montanari , giacche Orobio (Opo)v jgiov) in greco, quanto Bergamo in tedesco (Berg-heim) dinota abitante de'monti: e Plinio, raccoglitore senza critica, ove dice che, in un luogo più alto che fortunato, esisteva la città di Barra donde vennero i Bergamaschi, non fa che riferirsi a Catone, autor vecchio, ma chi sa di qual calibro? Per quanto però la natura vi repugni, noi non piglierem briga con chi situasse cotesla città sul Monte Baro, e da quello desumesse il nome di Brianza. Del resto a noi somiglia agli sforzi degli acrobatici T arzigogolare fra gli antichi la storia oVun paese, che non trovasi, o una sola volta, nominato prima del tempo di Federico Barbarossa. Eh ! non vo' dire che non fosse popolato : monete, armadure, tombe che si disotterrano; iscrizioni allusive a deità e a collegi sacerdotali o artistici, provano che vi fiorivano paesi ; di romana origine danno indizio i nomi di Villa Romano (Villa romanarum), Cologna (Colonia) con Prestabbio (prce-stabulo), Castelmarte, Proserpio, mercato d1 Incino (Licinoforo), oltre quelli che si volessero stiracchiare. Gli altri rimandateli ai Celti -. 1 Un brianzuolo avendo scritto la storia ili Conio, dai critici era continuamente 8t«2" zonato coinè forestiero; e i suoi difensori dicevano: « Ch'egli siasi occupato delbìéoBfl nostre, dobbiam sapergli grado. ■ '2 Pietro Monti trac il pome degli Orobj da Or bui/ die in celtico significa monte e ^iuere; così Darr in cèltico vuol dire cima ; Grosgall viene da Craigcarh, clic in Ca-ledonìo vale scoglio dirupato ; (iriante da Griiuilhir che in Calcdonio vale terra del sole; Grumello da Crùmm curvo in celtico; Geno da Gen riva; paradello da Bar del monte piccolo sempre in celtico; Monguzzn da Monlajoi monte acuto. {Vedi sopra a pug. 773). BRIANZA 90fJ Presto vi dovette penetrar il cristianesimo giacché si scopersero iscrizion cristiane dei primi secoli *, poi al 493 Gelasio I al bealo Teodoro vescovo di Milano concesse di poter riscuotere le decime di molti paesi, che sa- 3 Eccone alcune: A Galliano: + + + Rie requiescit in pace Maria qui vix. in seculo plus minus annis XLI depos. sub die VII idus octubris pos conssul Ermeri et FI. Baselisci vvec. consul. ind. V. Cioè l'anno 465. E notissimo che i Romàni denotavano gli anni dal nome dei consoli. Cessata l'elezione regolare di questi in Occidente, gli anni si dicevano I, 11, III .... dopo il consolato di Lampadio e Oreste, o di Teodoro Paolino che fu l'ultimo console in Occidente, o di Basilio juniore. Il segnar cosi gli anni perseverò più a lungo ove più tardi arrivò la conquista.Così a Capua si ha l'iscrizione dtd vescovo Probino, deposilvs sub dio XIII tal. sepie nibris, imp. dn. Justino ann o VII p. c. ejusdem anno V indi et io ne quarta (1)72). E un'altra del vescovo Vittore: p. c. Basili v. c. indictionc secvnda (ì»!i4) altre: iterum p- c. Lampa di et Orestis vvec. (532), e: undecies p. c. Basi I i v. c. cioè 3S'.\ Le lapidi brianzuole ne olirono molti esempj.Tali queste di Garlate, riferibili al 33!) e 340 llic requièicit in pace A g nel la in noce ns quae vix il in sajculoaa-nos pi in. Villi d. (deposita) sub d. XVII II kal. feb. ind. sec. Hic requiescit in pace Ci selli] 8 innocens qui vixit in sreculo anno pi. m. Il 11 il p. kal. j uni as. ind. sec un da?. Hic requiescil in pace Marciati us qui vixit in steculoaiinos'pl.m... d p. sub. d. kal. se p te m br. ind. 11... i u j v n i o r ve; cioè co nsul e Pa u I i no juniore viro clarissinio; se pure l'ultima abbreviazione non si ha a leggere VI cioè sexies, giacché molli credono che, dopo Paolino, nessun altro console in Occidente siasi segnalo. L'anno 13 dopo quel consolato, cioè 347, è in questa epigrafe di Galliano: Hic requiescit in pac«b. m. (bona; memoriCB) Valeria qui vixit in se-culo annua pl.ni. Ix de p o si la sub dite 11)1 non. avgusta s t orde eie s P-c. Paulini junioris consul. ind. XI. A Cariale leggesi pure: p. sub d. X Villi kal. febr. p. c. Lo ligi ni bis et Fauslini. c« cs con. ind. XII II; cioè nel 4D0, ignorando ancora fosse slato detto console Flavio Olihrio , come invece è espresso in quest'altra del 4!M, che eia a Como, e raccogliesi da schede manoscritte: Hic requiescit s. m. Aventinus vr. prs. (vencrabilis prcsbiter) qui vixit in secvlo anus pl.m* .LXVtl deps. d. pridi. kl. febrs. ind. XIII Ole-brio v. c. Così da manoscritti s'ha un'altra di Como del 322: dep. d. IN id. inaia. S i in -111 a c h o et Boetio consulebus, A Velate era questa del 463: B. A. u M. IIic requiescit in pace Ilonorata "•••quae vixit .et an. xxvi d... kal. mart. Her. et Bals. vv.ee. lonlib; cioè Hermcro et Basilisco viris clarissimis consulibus. a Cantù del 523: rebbero Rivolta, Caravaggio, Vallassina, Bcnaglia, Barsio, Vimogno, In-trobbio, La Fatina, Arcorc, gli alpestri di Brianza, Mornigo, Levantina, Airuno, Pallanza, Macherio, Casal Sant'Evasio (Monferrato), Brebbia, Lu- B. M. Hic requiescit in paco sanem (sanata: memorai-) Adeodatus presi) (Iter) qui vixit in scculo ami. pi usui. LXXXV da su. d. VllH kal. jul. Prob. .Ivn. ve. consul. perp. ind. terlia, cioè Flavio Anicio Pro-ìr\ì juniore console perpetuo. R M, cioè Itotuo Mernoriw è forinola usitatissiina nelle iscrizioni cristiane; ina tra queste alcune portano anche il D. M. che colla significazione di Dis ntanibus è ordinario nelle pagane, e che qui potea significare Deo Maximo, Dilecla: Memorile, 0 sunili-Sopra di che vedasi Raoul Rochiìtte, Aut. Ctire't. des catacombes; Cavi-doni, Riggua-f/lio di un antico cimitero cristiano scopertosi nelle vicinanze di Chiusi; e Bollettino archeologico napoletano, anno Vi, p, 44. E poiché siamo alle iscrizioni cristiane, aggiungeremo altre della provincia. In Snn-l'Abondio a Como: R. M. hic requtesla pace famvlvs Dei vrs. (venerabilis) exòrcisla Vincentius qui vixit in hoc seculo ann pi. ins. LV, deposi lus sub d. 111 kal. maj a s O I ebrio ve. -e. i udì elione quinta, cioè nel S'211. Della città stessa sono queste del !>27 e del ÌmO e 'iòti. B. M. hic requiescit in pace famvla Xri Rustioula virgo devota DtìO quae vixit ann. pi. m. XIIII d p. s. VI. kal. aug. Mavorlio ve c o n s v 1 e i n d. V. Hic requiescit in pace famvla Xri Pelagia q. vixit in hoc scculo ann os pi. m. LX d p. su. d. XII kal. se p le mb res indietionc VII La napadli et Oresto v v. cc. consul. B. M. Hic requiescitn pace sem (Sancke me/norite) Eutichius opus tj. vixit in hoc seculo annis pl. ms.* LVII depositus sub diae nonas ju ni as indietionc secunda p. c. Johann is v. c. A Geno: Die requiescit A.... grata Deo puella qilffl vixit in seculo ann. pi. m. L V. II i c requiescit Principio s qui vixit in seculo ann. pi. m. III. II ì c requiescit Aurora spectabilis et penetens f. (femina) q u e vixit 111 seculo ann. pi. m. LX. deposita sub d. kal. septebris Basilio v. e consul. Cioè '2." agosto SU. Sta questa ne! museo di Como. Del S7'2 a I.enno. H i c r eq u i esc i l in pace B. M. Cyprianus qui vixit IO hoc sieculo ann os p. m. XXXII dcp. sub. d. VII kal. octob. i nd. V. post cons. . Ad Arci sa le : + B I M i li ic requiescitin pacebonae memori a e Pan -'us qui vixit in saeculo annis pm. IXX et depositus est sub die XII M hi mai.8 Severino ve consule. t Hic requiescit in pace scem (sanclce memorìm) Constantius (pre-s!'"<')r qui vixit in saeculo annus p. m. LXXV d. sub. d. XXV kl.5 mai* L'anno è il 401. In tali piccole sovranità scompariva la potenza regia : e quel barone più grosso che chiamavasi re o imperatore, dovea restringersi ad esercitar l'alia giustizia, e ad esigere dai baroni minori certe tasse e servigi personali in guerra. Stando egli lontano, faceasi rappresentare da un conte residente in città, cioè a Milano ; ma poiché V ispezione sua era troppo estesa, venne diviso il Milanese in quattro contadi rurali (Vedi vol. I, p. 54), e a quel della Martesana apparteneva la più parte della Brianza, suddivisa nelle 12 pievi di Alzate, Desio, Seveso, Asso, Incino, Gantù, Mis-snglia, Oggiono, Garlate, Brivio, Vimercato, Mariano. Lecco formava un contado rurale distinto, eretto per un signore Franco, la cui stirpe finì in Ottone, che sposò Ferlinda figlia di Bertaro signor di Beolco. Questi conjugi, non avendo figli, nel 975 donavano al vescovo di Bergamo la corte regia di Almenno e i castelli di Lavello e di Brivio con ampi possessi e servi e serve. Il contado di Lecco divenne appartenenza dei vescovi di Como, poi degli arcivescovi. Abbiamo accennato come vi fosser corti reali, cioè vasti possessi spettanti alla camera del re, e amministrati da castaidi, i quali ren leano anche la giustizia : attesoché è carattere della feudalità V andare sempre congiunti al possesso la giurisdizione e il servigio militare e la podestà legislativa. E attesoché moltissima parte del territorio era divenuta delle chiese e de' monasteri, queste e gli abati de' vescovi vi rendeano giustizia, e vi davano regolamenti. Cosi il monastero di Sant' Ambrogio possedeva i feudi di Limonta e Civenna; terre a Pusiano, a Magianico, e nella pieve di Garlate; quello di San Dionigi ne possedeva a Cucciago e Barzanò, oltre Verzago, Pescate, Merate col suo castello, la ròcca di Sabbioncello; al capitolo di Monza spettavano le chiese di Castelmarte, Velate, Colciago, e le corti di Cremella, Bulciago, Caslino, gli abitanti di Centò;nero , oltre estesissimi possessi in Bévera, a Missaglia, a Calpuno, a Luzzana, a Ca-satevecchio, a Cavriano, 2000 e più pertiche a Pusiano. Più tardi (1172) troviamo assegnati al monastero di Sant'Ambrogio il contado di Lecco, le due rive dell'Adda da Brivio a Cavenago, i castelli di Càrcano e Cassano. Questi signori, laici o ecclesiastici, suddividevano il possedimento, e con questo la giurisdizione. Così Landolfo da Carcano arcivescovo di Milano nel 998 infeudò molti beni alla sua famiglia, per modo da renderla la più ricca di Brianza, e vi istituì i due capitanati di Carcano e di Pi-róvano e Missaglia, investendone due suoi fratelli; a un altro attribuì la terra d'Incino : capitanati erano pure Trezzo, Lomagna, Besana , Agliate, Mandello, Carimate, Mariano, Asso, Civenna. BRIANZA. FEUDALISMO 909 Il paese dunque restava diviso tra valvassori o capitane!, non dipendenti che dal re; valvassini, che ritraevano dai capitanei; e semplici vassalli. Ciascuno, insieme colle terre , era padrone degli uomini che vi abitavano ; imponeva loro i patti, i tributi, gli ordini ; mentr'essi restavano come indipendenti dal momento che avessero adempiuti gli obblighi stipulati verso il superiore immediato. La supremazia generale dell' imperatore era poco più che di nome, ed esercitata quando scendesse in Italia ; fuor di là, nessuno lo curava, nè egli avrebbe potuto imporvi leggi o esigerne servigi. Cosi la Brianza, che ora è piccola parte di due provincie, le quali son parte di una parte d'un piccolo regno, l'ormante parte d'un grand'impero, che anch' esso è parte dell'Europa, allora, cogli stessi sminuzzamenti in minori dimensioni, era distinta in 40 capitanati, e ciascuno in feudi e sottofeudi innumerevoli. Intanto i signori fortificavansi ciascuno nel suo piccolo Stato. Il feudatario, se anche si contesti l'osceno diritto delle prime notti, esercitava la giustizia nel paese, pubblicava bandi, distribuiva per le case i proprj cavalli e cani da mantenere ; esigeva il vino, il fieno, la legna . le verdure, i frutti e le vetture necessarie per far condurre i suoi prodotti lin alla città, e quanto occorresse alla sua casa : inoltre le giornate per tagliar il fieno, batter il grano, far la vendemmia, fabbricar e restaurare i forti, spazzar i fossati, pescar ne' suoi stagni, cacciare ne' suo paretaj. Insomma figuratevi un gran signore, il quale non abbia denari da spendere, e capirete come deva imporre ogni servigio a'suoi dipendenti. Tiranni viepiù nojosi perchè vicini. Veggo la forza rotear la clava Sui genuflessi popoli, e la bieca Lotta immortai tra la feconda plebe E 'I patrizio gucrricr: veggo sul monte Del vincitore dominar le torri Sinistre, dove sventola agli spaldi, Fiero come ala d' aquila, il vessillo Della conquista ; e i pie di marmo un vallo Di patiboli cinge. E nelle immense Pianure un vulgo squallido discerno, Che suda e ringhia e muor, irrequieto Sempre ed irriso, che talor sui campi, Neil' ira inseminati, agita i macri Tendini a sfida, e col selvaggio erompe Ruggito del ribelle. lUuslraz. del L V. Vol. 111. MS 910 PROVINCIA Df COMO Ma spesso le obbligazioni feudali rialzarono l'uomo: il clero invocava la protezione d'un signore, mentre questo, col farsi avvocato d'una chiesa o d'un convento, mostrava il bello spettacolo della forza messa a tutela della ragione : il feudatario dava al servo ricovero nelle sue fortezze, e il servo, coli'obbligarsi a servirlo nell'armi, montava a miglior condizione, e capace di entrar fra" liberi: di mezzo a tutti metteasi il clero, con istituzioni che reclamavano diritti pel debole e doveri pel forte. Quei castellotti in piano, Castello di Cislagt). quelle torri in colle di cui poche ancora reggonsi in piedi , attestano BRIANZA. RISCOSSA 911 Una vita indipendente, a proporzione della forza. Solo le città teneansi Per lo più sotto l'alto dominio del re, vale a dire che il popolo vi era più liòero, ed essendo il re lontano, i vescovi spesso in discussione tra toro, abitando i signori in campagna, esso popolo cominciò a darsi Un poco di governo regolare, crebbe di forza, obbligò alcuni signori ad abitar in città, locchè voleva dire sottoporsi alle leggi comuni; e da quei che dimoravano in campagna acquistò o conquistò il diritto che non turbasser chi andava per la propria strada, non derubassero i viandanti, non imponessero pedaggi. Fin allora non s'era udito *6 non il rombo del falco, sbucante dai merli del castello per ghermire Sii agnelli della campagna; ora i castelli traballavan pel tremuoto plebeo. Ma la nostra ribellione in che consisteva? Nel domandare che le mogli e le figlie fossero nostre, nè obbligate di oscene primizie al feudata-r,o ; che potessimo andar e venire dal paese nostro senza parer diser-t()ri, potessimo macinare il grano e cuocere il pane anche altrove che al colino e al forno del padrone, il quale esigeva una tassa esuberante; *he potessimo scacciar le lepri ed i conigli dal seminato *. Principalmente i monasteri e le chiese condiscendeano a queste domande nostre, per amor di Dio s ; ma i signori, giudicavanle temerità, credendo fare assai se al povero lasciavano la zappa con cui coltivar le terre di essi, e con cui scavarsi la fossa per dopo morto. Covava dunque il Malcontento in silenzio e non avvertito ; e i nobili spassavansi alle cac-c'e fragorose, ai tornei, « alla gioja de'prandi festosi », come se Dio proteggesse in loro la propria opera. Ma un nulla dava il volo alla mina. Una fanciulla di Rovagnate (così raccogliemmo da tradizioni orali) era ^promessa ad uno di Barzanò, quando il capitaneo di Santa Maria Hoe (d titolo Hohe basta a indicare come fosse di gente tedesca) essendo Padrone della fanciulla, pretese che, per ottenere il consenso di lui, sa-Usse ella medesima al suo castello. Rassegnavasi il padre, avvezzo sin da fanciullo a quest' uso : ricusò lo sposo, che, come servo del monastero, Sconoscea l'invereconda usanza; e trasfuse l'indignazione sua ad altri villani, che insorsero contro quello, cui sin allora aveano obbedito; la sollevazione 4 Censum anobis atqnenavigiutn exquìrit;ammalia nostra injuste aufert; oltvast v°ntra consuetudinem colligere et premere, sive calccm facere prcecipit; volenf.es no- (ìli archivj riboccano di tali vendite. Mettiam a caso la mano sopra di una. M (3 maggio t«Sì l'illustrissimo magistrato delle regie ducali enlratc straordinarie *' bèni patrimoniali dello Slato di .Milano, a nome della regia ducal camera, mettea fuori 1 ccduloni, avvertendo di voler vendere gl'infrascritti feudi e ragioni, unitamente e separamento ecc., ecc. Fra questi era il feudo di Merate, vacante per la morte di don Pio Airoldi. In vista di ciò, il console e comune e uomini della terra di Merate, desiderando otte-"c''e la redenzione dalla soggezione feudale di detta terra, sue cascine e distretto, in modo c"e rimanga perpetuamente sotto il regio immedialo dominio di S. M. nostro signore che D'o guardi, co..... pine di far acquisto del dazio dell'imbottato che in detta comunità si ,N'T"is<-p, lianno costituito procuratore il dottor Luca Antonio Gcrglientini e Sempliciano '"'''Ut, allineile ottengano tal redenzione. Questi dunque ne sporsero supplica al magistrato, affinchè Merah; fosse sottoposto ai giudici e tribunali di Milano, offrendo per la redenzioni! lire •"»(; ogni focolare: e pel °atio dell'imbottalo un capitale in ragione di lire 100 ogni 8 di entrala, avuto riguardo all'incertezza de'frulli. 922 PROVINCIA DI COMO Povera nobiltà quella che si compra a denaro , e non dà forza per resistere alle prepotenze de1 superiori, ma solo per usarne contro gli inferiori ! Volle celebrar tutti questi signori Basilio Bertucci nel Bacco in Brianza , ove mal imitando il Redi, designa i migliori vini e i padroni di essi. o di Galbiate buon moscatello, Di madre asprissima prole dolcissima, Che dalla natia selce Teco rechi bensì la robustezza, Ma non già la durezza ; Anzi hai tu tal dolcezza Che io esprimere abbastanza Non saprei, se non col dire Che nulla, fuori che del tuo buon sire Il costume dolcissimo l'avanza.... Empi l'altro di quel dolce Che il palato alletta e molce Del signore di Misaja, Onde i costumi più soavi e piani Il Magistrale, riunito a I!> luglio, ordina di darvi corso e annuire. Pallone rapporto a S. E. il governatore, dà facoltà di stipulare, Incaricando il botaro camerale di assunur le debite informazioni. Venuti a contratto, si fìssa la redenzione in lire 42 per focolare, questi essendo 489; e dell'imbottato ricavandosi lire '200 all'anno , la vendila si capita' lizza in lire SUSO: in tutto lir 168(>S. Il comune assentì, si fecero i pagamenti in diverse rate. Ma ecco salta fuori il conte Brebbia , allegando aver egli già privilegio, concessogli da Francesco Sforza, dell'imbottato perle terre di Sartirana, Novale, Subaglio, eco, Lonf causa ei volle perchè ejrli provasse il suo diritto: ina avendolo fatto conoscere, convenne, dal prezzo convenuto colla Camera sottrarre una porzione. Tutto compito, l'illustrissimo don Diego Inigues deAbarca,supremo cancelliere Per S. M. e presidente del Magistrato, insieme coi questori, che erano Cantoni, Pinachio, Sor-ponli, Dc-Rosales, Arconati, Borro, AlTigoni, Della Porla, Cossa, Caccia, Cusani, Ar 1 >1 ■11 :l' dichiararono la terra di Morate esente da infeuda/Jone e dal dazio dell'imbottato, lalcl»e non possa in perpetuo, per nessuna causa né pia, nè piivilegiala, nò per pubblica nc' jseaftttà o difesa dello Slato, nè per' la pace, o per qualsivoglia motivo eseogiiahile vrim Infeudata o alienata o concessa in tulio o in parte, ma rimanga sempre solto l'immediato allo dominio e giurisdizione del potentissimo re di Spagna e suoi successori. Cosi resti esenti dal dazio dell'imbottalo, rilenendo il contratto fattone obbligatorio come fosse tra privali. 7 Composto nel 1697, stampalo nel 4711. BRIANZA. IL SEICENTO 923 Trasse bevendo il general Sorniani8 Il terzo colma Del delicato Vin, che beato Cantar fa lieto il gloria, Di Besana al parrocchiano..... Su, mio coppiere, Un colmane di quel di Mohtevecchia, Di cui chi beve mai più non invecchia: Onde la sua grande eloquenza e sola Trasse il gran Panigarola 9 L'altro di quel spiritoso DTnfignoso Ond'ebbe il dotto stile Il cavaliere Sernellon gentile; 1,1 Il terzo infine colma dTnverico Valentissimo vin, la cui mercede Al par di Siracusa Vanta Milano ancora il suo Archimede 11..... Su: si colmi del vino Che solo per la mensa sua riserba Il grande signor d'Erba,1 -' Egli è un vin, che chi ne beve Tal virtù tla lui riceve Che diventa uomo di Stato Ed assieme gran soldato..... Prendi coppier, lui sciacqua Col signor più robusto H Paolo Antonio Sormano general« «lei Somaschi. 1 II famoso predicatore, tO li cav. Fabrizio Serbellonl. U Pietro Paolo Crivelli professor di matematica. 12 Filippo Archinti senatore; di cui il fratello fu luogotenente del duca di Lorena ; e «'«Seppe fu nunzio apostolico. 92't PROVINCIA DI COMO Che al marchese Noate Tributano le vigne di Merate. Risciacqualo di poi col vin di Lesino Poi Tempi del medesmo; Bevanda portentosa, Ambrosia armoniosa, Da cui trasse il suo vario Sapore e la galante Vena dolce e piccante Dell'insubre senato il segretario i'. San Carlo visitò più d'una volta la Brianza, e colle debite facoltà fece ne' benefìzj alcuni cangiamenti, quali richiedeva la disciplina ch'egli voleva migliorare. La memoria di lui ò conservata in centinaja di tabernacoli del nostro territorio, e alla sua canonizzazione la Brianza fece ricchissima offerta 14. Poi venne la peste nel 1576 a desolar il bel paese, e ancor peggio quella del 1630, nella quale perirono molti parroci e preti e frati. Tanto ne discorremmo ed io ed altri, che voi ne temete qui una nuova descrizione. Rassicuratevi; passo avanti; pure non vi disgradirà di sapere come, in ogni terra, v'avesse uno o due satelliti o collaterali del-sant'Uffizio, che doveano esser eletti dal padre inquisitore, e insieme costituivano la Compagnia dei crocesignati. Giuravano: « Io fo voto a Dio e alla B. V. e a S. Pietro Martire di pigliare e portar la croce ad onore di N. S. G. C., ed esaltazione della santa fede cattolica, estirpazione degli eretici e loro fautori e promotori: e giuro denunziare al sant'Uffizio tutti gli eretici e sospetti d'eresia de' quali avrò notizia, ed esporre la roba e la vita propria per difesa della santa fede ogni volta che farà bisogno e ne sarò ricercato dal rr. p. inquisitore o suoi vicarj, ai quali sarò obbediente in ogni cosa che concerna l'uffizio della santa inquisizione fin alla morte. Cosi Dio m'ajuti e questi santi evangeli che tocco colle mani ». 13 Carlo Maggi. l'i E a stampa il Ragguaglio dei donativi fatti con solenne processione dal etera e popolo delli» quinta regione al sepolcro ài san Carlo: dove si dice che, dopo la statua offèrta dagli orefici , e la lampada dal duca di Savoja, il dono più cospicuo fu questo, consistendo in li candellieri del valore di (ÌOII scudi, offerti ila Brivio , Valsassina . (tarlate, Lecco, Cagiono, Bedano: una croce di 500 scudi dalla pieve d'Incino: una tavoletta delle Beerete di 80 scudi dalla pieve d'Avrara: un porta messale di 100 scudi dalla pieve di Asso: un bacile con brocca di '200 scudi da Missaglia: tulli d'argento con rilievi e coU'efflgie de' santi patroni di ciascun paese. BRIANZA SOTTO GLI AUSTRIACI 925 Recavan appeso al petto con nastro nero una croce di smalto, metà nera metà bianca ; poteano portar armi, entrare in ogni luogo e consesso, e interrogare per delegazione chi sospettassero di alcun errore. Al comando dell'inquisitore doveano recarsi a catturar i delinquenti, e condurli al sant'Uffizio. Così, protetti dall' autorità laica, tenean in freno i libertini, i bestemmiatori, i trasgressori de' precetti ecclesiastici. Le cronache di Valassina raccontano che una donna, in una veglia di stalla disse: « Che razza di giustizia è mai che tanti siano ricchissimi, ed io non abbia di che mantener la mia nidiata di figlioletti? » I crocesi-gnati la citarono per riconvincerla di questa bestemmia, e tassatisi fra loro, la regalarono dicendo: « Cosi crederete alla Providcnza ». Sussistettero fino a Giuseppe II, che vi sostituì la polizia, la quale non regala. Finita la linea austriaca di Spagna, vi sottentrò quella di Germania, non senza guerre agitate anche nei nostri paesi. Dappoi venner le savie riforme di Maria Teresa, col censimento, e col nuovo comparto del territorio, per cui furono assegnati alla pieve di Agliate Comuni 24 Brivio » Itj Desio » 21 Cantò » 8 Olginate » 13 Ricino » 21 Mariano » IO Missaglia » 31 Oggiono » 10 Lecco » 14 Seveso » 17 Vimercato » 27 Asso » 12 Valsassina » 28 Squadra di Nibionno » 7 Squadra de' Mauri » 4 1 14 Comuni del territorio di Lecco doveano formare una società per le occorrenze comuni, aver un archivio, con un cancelliere del territorio ; e il consiglio comunale di Lecco componeasi di quattro fra' maggiori stimati. Que| j; Ganzo, di dodici e a vita-, e spettava loro la nonnina di tutti gli uffizj comunali. Si riordinarono le preture; e quella della Martesana, di seconda classe, estendeasi sulle pievi di Vimercato, Gorgonzola, Pontirolo di qua dall'Adda, Corneliano : n'erano di terza classe a Brivio, Lecco, Mariano. Poi nel 1785 si divise la Lombardia Ulustraz.del L. V, Voi. IP. 926 PROVINCIA DI COMO in distretti, ciascuno con un cancelliere censuale: e di questi paesi erano T la Valsassina, II Lecco colla pieve di Varenna, III Corte di Casale colla Valassina, IV Oggiono colla Squadra de1 Mauri e la pieve d'Olginato, V In-cino, VI Agliate colla pieve di Nibionno, VII Missaglia, Vili Mariano con Galliano, IX Vimercato e sua pieve. Brivio voleasi aggregare a Como per compensar questo delle terre svizzere perdute, ma i Milanesi fecer tante istanze, che ottennero restasse con loro, abbracciando nel distretto anche Brianzuola, Cagliano, Cologno, Nava,'Rovagnate, Santa Maria Hoc, Te-gnone. Si migliorarono le strade, le manifatture, l'agricoltura ; si compì il naviglio di Padernojsl imbrigliarono i torrenti; le brughiere di Sirone furono ridotte a coltura per impulso del prete Giuseppe Beretta; il p. Eraclio Landi, nominato agronomo dal governo, converti in bel ronco una sterile collina detta la Caviada presso Lecco, e costruì frantoj per Polio al modo toscano; Giuseppe Àrrigoni di Castello insegnò ad usare il ferro-fuso per utensili domestici ; nella Valsassina i curati G. B. Guzzi e Già-corno Sala introdussero l'orzo di Siberia e Gio. Marazzi la coltura dei filugelli; Carlo Mazza prevosto di Asso, e Antonio Villoresi di Desio propagarono le api; le patate Gius. Bianchi curato di Varedo e Carlo Bo-nanomi di Lecco; l'abate Sirlori di Sirtori, l'abate Caglio di Merate , il Cavalieri curato di Macherio, il Bonfanti di Nava, il Lavelli di Con-corezzo, il Bortolo arciprete di San Marcellino sollecitavano i prosperamenti campestri; Carlantonio De Capitani curato di Vigano scrisse operette d'agronomia opportunissime (—1819): cercavansi nuove pietre e minerali e combustibili fossili; era insomma una gara a far bene. Non dunque stanchezza di oppressura, non bisogno di riforme facea desiderare ai Brianzuoli la venula dei Francesi, i quali, baloccandoci col nome di repubblica, ci spogliavano e vessavano colla prepotenza di stranieri e di militari (1700). De'Brianzuoli alcuni faceano chiassose feste attorno agli alberi di libertà: più altri fremevano o gemeano al veder impedito il culto, manomesse le proprietà col moltiplicare le contribuzioni, e obbligati i giovani alla coscrizione. Intanto i privilegi dei varj paesi cessarono davanti alla libertà comune, che è così facile trasmutar in comune servitù: cessate le antiche divisioni storiche, per modellarci alla francese, gran parte della Brianza fu chiusa nel dipartimento del Lario, di cui era capo Como, o in quel della Montagna, di cui era capo Lecco. Cosi, tra ben e male, come in tutte le cose umane, la durammo tre anni, dopo i quali ci arrivarono addosso Austriaci e Russi a ripiantar le croci e i re. Il passaggio dell'Adda diede luogo ad avvisaglie al ponte di Lecco che fu minato (aprile 1709), a Brivio ove i Bussi varcarono, a Verderio dove si combatto giusta bat- BPiIANZA. LA RIVOLUZIONE 927 taglia (28 aprile,!, dopo la quale il generale Serrurier dovette capitolare; e tutta la strada percorsa dai Cosacchi liberatori fu segnata da schifoso saccheggio e durezze e violenze. Ben presto i Francesi tornarono senza nostro gran disturbo (1800); si costituì la repubblica italiana, che! poi divenne regno d'Italia, e dopo IO anni si mutò tedescamente in regno Lombardo-Veneto (1814), e i Brianzuoli stettero a vedere, dando soldati, denaro, sospiri, e facendo moltissima allegria tutte le volte che si mutò, perchè sempre rinnovava bellissime speranze. Qui cosa vi ho a dire che non sappiate? Che nel 1817 ci fu fame e petecchie; nel 30 il cholera, rinnovato più volte; più volte invasione di vajuolo: che parroci e medici fecero prodigi di carità, ed ebbero insulti e accuse; che venne la malattia delle patate, poi la malattia del calcino, poi la malattia dell'uva : poi nel 48 si levò prima una grande ansietà, una aspettazione oscura e iperbolica, ma morale e fin religiosa; poi minaccianti ovazioni ; poi nel dies irw il Brianzuolo non stette a dir « guarda che ti do »; e fe una gran chiassata al credere che i Tedeschi se ne fosser andati per sempre, e in tal persuasione non operò quanto era necessario per tenerli via. Quando tornavano, allo spegnersi di quel fuoco del Bengala, la Brianza fu trascorsa dalla banda del famoso Garibaldi, che metteva a contribuzione per mantenersi, e che nel Varesotto scontrato il nemico, ebbe coraggio d'affrontarlo e aprirsi la ritirata. La memoria dei popoli è più forte che l'esperienza degli uomini. E il Brianzuolo non ha perduto le memorie come i rimbambiti, e lasciasi facilmente inocular le speranze, ma non credendo eroismo l'esser nulla e il far nulla come lo credono in città, non pensa che si deva perdere il sole d'oggi per deplorar le nuvole del mese venturo, e lascia ai sapienti di caffo corteggiar la plebe rinnegando l'opinione e la dignità propria, e con questo avvezzarsi a corteggiare i grandi col tono stesso qualora l'occasione si presenterà; lascia ai sapienti di gabinetto il mettersi in ginocchi davanti a quella sublime ragion di stato, la quale prevede tutto; tutto, eccetto le guerre, le rivoluzioni e i colpi di stato: lascia agli oppositori di mestiere il dimenar il capo, e ripetere • Oh al tempo passatoi oh sotto l'altro governo I oh prima del 481 » E noi diam ragione a Garlambrogio da Monlevecchia, antica conoscenza di questi paesi, il qual ripete che sempre fu sole e nugolo, frumento e lollio. Esso Carlambrogio, come parlò morale ne' giorni della Preparazione e buon senso in quelli del carnevale, così ora, mesto ma non iscoraggiato, attaccato all'ordine e alla libertà perchè non domanda uè onori nò profitti, e più dolente della depressione nostra che dell'oppressione altrui, va ripetendo a' suoi Brianzuoli che bisogna confidare, ma non moltiplicarsi'gli ostacoli: che ogni miglioramento dee cominciar da noi stessi; che prima di riformar Io Stato dobbiamo assettare i nostri costumi, la nostra famiglia; che non?può essere se non penitente, meditabonda, astinente la quaresima che ci conduca al tripudio dell'alleluia. Cosi egli ripete; e perciò le teste fine dicono eh'è diventato vecchio: — vecchio come il buon senso'*. Z/1M8ELLI Carlambrogio da Montevecchia è troppo poca cosa perchè egli possa aver un nome nei ricordevoli Brianzoli, ma diremo come tra questi sorsero buoni artisti, quali gl'ignoti che, forse nel XI o XII secolo, dipinsero la chiesa di Galliano, poi Simone da Orsenigo, Guarnerio da Sir-tori, Antonio da Padéfno, Paolo da Calco, tutti ingegneri del Duomo di Milano; Bertóla di Novale, ingegnere del naviglio; più tardi Marco di Oggiono pittore, Giandonalo da Montorfano frescante, Paolino pur di Montorfano che fe le vetriate pel Duomo con Antonio da Pademo; e ai giorni ultimi Andrea Appiani e Vitale Sala. Di letteratura ci resta un saggio antico, insulso quanto le bosinale odierne ; ed è un poema, la cui chiusa è siffatta: E se de chi l'ha fatto alcun se lagna, Digli che sta a Pietra Cagna 1S Méntre è in torchio questo foglio (giugno 18:;»), gli Austriaci sono cacciati dall'esercito (fallo-sardo; e là Brlania liberate con meno incomodi die gli altri paesi. ILLUSTRI BRIANZUOLI. GEOLOGIA 929 In Milano, e fata soto Panno MCCCLXXX uno Indizione quartadecima per man di uno Che non decima denari Perchè gli son sì selvaggi c contrari Che non se ne ponno domesticar E star con lui: A dirla qui tra nui El se ciama della terra che fronteggia Cantù. E poco più valeva Bettino da Trczzo , che descrisse in quartine la terribile peste del 1488 : opresella extracta dal suo cuore Letilogia volgare noncupata. Ma le inettitudini di costoro, e le miserie di tanti moderni, i quali, anche dopo che si cercò toglier la patria letteratura dai fantocci e dai fra-curradi, non impararono come poesia è la natura interpretata dal cuore nella sua divinità, vengon redente abbastanza dal Parini, che basta per gloria nostra. I terreni della Brianza in generale sono cretacei e terziarj, difficili a studiarsi sia per i sollevamenti e le contorsioni degli strati, sia perchè ricoperti dal suolo lavorato. Se partiamo dal Lambro, la molerà, come chiamasi un'arenaria poco tenace, torma le colline di Capriano e Bomanò; e le loro continuazioni di Barzanò e Vigano, dov'è cavata per usi edilizj. Nei frapposti leggeri strati marnosi trovansi fucoidi del terreno terziario inferiore, e qualcuno di lignite, traforalo da teredini; e tale è principalmente il gruppo di Vigano. Passando verso tramontana, elevansi strati, sottoposti ai predetti di calcare marnoso, cincrino o rossastro o bianchiccio, qual nelle colline di Nibionno, Tabiago, Bulciago, Centémero, Masnaga, Breno, poi verso ponente ricompajeno presso Anzano in letti ondulati; e contengono fossili dell' epoca crelacea. 11 calcare con ca ti 111 forma il gruppo medio delle roccie di Brianza, detto di Sirone e Breno. Calcare psammitico or più or meno compatto di color chiaro, forma '° colline di Mojana, Bógeno, Casletto, Bosisio, fin a Suello e Cesana, e in mo Iti luoghi si cava a uso di fabbriche col nome di cornettone. Porta qualche rara impronta di vertebre di rettili, o di zoofiti indeter-^'nabili, e dicesi giuppo di Bogeno, eh'è l'inferiore delle roccie di ftrianza. Al centro slanno i torbosi contorni di Pusiano e Annone, da cui Sl elevano le colline di Sirone, Molteno, Dolzago, di puddinga ne- rastra di grossa composizione. Segne una contrada di terreno alluvionale, sotto cui passa un lembo dell'arenaria, con fucoidi, stendentesi da Garbagnate Monastero fin a Rovagnate, dove fu depressa la creta. Questa ricompare a Sirtori, e presso Barzanò come a Vigano si ravvisano le arenarie eocene. Verso meriggio non v'ha che depositi alluvionali antichi, coperti spesso di ferretto, come qui chiamano i terreni argillosi neri, che dilavati dall'acqua prendono un cupo colore ocraceo. Risalendo a settentrione dopo Lomaniga elevansi le colline di Mon-tevecchia, Bernago, Cereda con strati rialzati verso la pianura , e che sono di calcare psammitico a Montevecchia, di calcare a catilli e puddinga a ippuriti nelle colline parallele a Bernaga. Approfondatesi nell'arenaria eocenica che dicemmo della vai di Rovagnate, rialzansi a formare i monti di Nava e il Sancenisio, cedendo poi di nuovo al calcare grigio e alla dolomia giurassica del Mombaro. Fra Calco e Airuno, certi strati calcari biancastri con selci pajono da ascrivere al terreno neaco-miano (Villa, O.mhoni). Il pian d'Erba è il punto ove si separano i terreni cretacei dai giu-resi, triasici e paleozoici delle prealpi (Vedi più avanti). L'agricoltura vi è prospera, per quanto a diveglierc e pastinare i terreni, e roncarli e purgarli vai l'opera individuale di coloni, E i membri non mai stanchi Dietro al crescente pane: e in molti luoghi, vedendo quelle campagne con gelsi piantati in giuste linee, e cogli anguillari delle viti cascanti a festoni, e le borche ben rispianate e riquadrate, e in certo modo assortiti i differenti verdi delle produzioni, e dapertutto vecchi noci, paterni gelsi, recenti vili hi, facilmente ti credi in un parco di delizia. Le industrie rimangono affatto secondarie, eccetto quelle che si riferiscono al setificio. E noi siamo di quelli che crediamo bene raccomandare divisione delle proprietà, associazione de' lavori. Da un affare di 50 anni, le case furono riedificate, a dir vero non per carità del povero, ma per l'educazione del filugello, che formò (ahi pur troppo, formava) la ricchezza di questa contrada: e ogni bor-gatuzza si mostra quasi rinnovata, con belle comodità di strade , di la-vatoj, di fontane, di passeggi, e pompa di chiese, di campane, di arredi sacri, gloria e compiacenza de'nostri, come de'cittadini le ballerine, e i cavalli e le piazze. Il Brianzuolo è sveglio, industre, attoso; e ai giovani, e più alle donne escono dagli occhi lampi d'intelligenza e di passione. Altre volte bonaccioso, ift Nos de me missee, moron de me pader, vid de mi. Proverbio del paese. CARATTERE DE' RRIANZUOLl 931 sltegroccio, schietto : ora piuttosto arguto, proverbioso, petulante, spesso crede acutezza lo sparlare e il sospettare; e massime quando favella co! cittadino teme essere ingannato e canzonato, e la colpa non è tutta sua. I sapienti, rimpolpati di giornali e di romanzi, lo tacciano di teste-reccio, di recalcitrante alle novità, ma è peccato suo se, invece d'educarlo alla ricerca del vero, lo pascolarono di foglie di mellone e d'erba trastulla ? è forse leggerezza se non bada a chi gli parla senza autorità nè pratica, e col disprezzo o col mal esempio? se va cauto nelle innovazioni da cui dipende il viver suo e de1 suoi ? Noi, tutte le volte che il femmo, Io sentivamo rispondere, Proveremo. Era sapiente come Galileo. Deh perchè quell'ingegno destro e operoso non è secondato da gentilezza di modi, da quella pulitezza nelle case, nella persona, fin nelle stalle, che fanno cari altri villani di Svizzera, di Francia, di Germania0 Perchè un pugno, un pizzicotto, uno spintone, son guise d' esprimere ''amicizia e fin l'amore? e appena questo siasi spento nel matrimonio, le lezioni e i rimbrotti si risolvono spesso in bestiali battiture? Questi peccati non sono speciali della Hrianza : ma io parlo ora di questa, e ne dico il male perchè la amo più di tutti i paesi, come il suolo che ricorda i trastulli infantili, que'primi avvenimenti che decisero della intera vita , la lunga memoria de' padri, la numerosa de' fratelli e parenti, e la speranza di terminar colà in pace una vita che fu sempre guerra. Le villane « dai baldanzosi fianchi » mostrano fin ai 18 o 20 anni le più ingenui1 bellezze. Colle coazze 17 ornate da un' aureola di spuntoni o, come diciamo, spadine d'argento, con grembiuli e fazzoletti di colori strillanti, e care nel garbo della vita e nell'avvenenza del volto, ispirano giocondità chi k veda esultare nel tripudio della vendem-nna, o dietro alla faccenda della seta, ove il calor soffocante non le impedisce di gridare canzoni, briose d'aria quanto scipite senso, e che ripete sia alle veglie della stalla, sia a gennajo, quando sul tardo della sera escon a frotte sull'aja o su qualche altura, e l'uria Questa panila, rimasta al vulgo brianzuolo, ora usata anche a Milano, poiché gli WWH antichi vogliono che la meretrice non portet nec portare possit coatias penden-es- Quel ch'ò notevole, le Croate del paese di OedenDurger in Ungheria chiamano eoa//.»'. Una specie di trecce. * 932 PROVINCIA DI COMO comincia il canto, e tutte le altre le tengon bordone, o rispondono a muta 18. Ma lo smoderato lavoro, il cattivo mangiare, i maltrattamenti domestici le invecchiano anzi Torà; perduti i capelli, guasti i denti, ripiallato il corpo , ingiallita la pelle, le vedi con in collo qualche bambino stre-menzito, adoprarsi uggiose attorno alle faccende casalinghe, e nel loro melanconico sorriso tu leggi che intendono e insieme disperano d'uno stato migliore. E quo' contrasti tornano più melanconici ove si guardi al lusso festivo, alla ridente esteriorità delle ville, ai fiori che adornano le finestre, alla letizia de' campi, atti a vigne, sementi, boschi, pascoli, e che ben coltivati, si gratamente rispondono; alla poesia che trabocca da ogni poggio, da ogni rivo, da ogni valloncello. I pittori qui trovano ricchissima messe pel genere ora predominante, qual è il paesaggio, e la metà dei quadri che compajono alle mostre a Brera son ricordi più o meno fedeli della Brianza. Anche la poesia vi s'ispirò : e a tacere i Promessi Sposi, abbiamo Vigilala di Brivio e VOrfanella di Brianza di Bassano Finoli; il Carlambrogio di Montevecchia, la Madonna d'Imbevera, il Castel di Brivio, h Battaglia di Verderio di Cesare Cantò; VIsoletta de" cipressi del Berto- 18 L'è chi gence della bona ventura No soo nò maridada ne imprornetluda. Nò i m prometti! da e nanca de impromett, Doma che ho da baratta el panett (fazzoletto). De baratta el panett colla franza Per suga i ocuc quando che i me piàngiti. El panetto bello con i fior Me l'ha dato jeri II "tolto amor. Dervii quella finestra intavolala, Lassèm vedo la nolt insercnada. Lassèm vede la luna a fa splendor Lassèm vede la lin del me amor. Questa cantilena varia secondo i paesi, anzi secondo le persone, ciascuno allungandola di strofe di tutt'allro senso, e per lo più lìniscon con questi versi o simili: A se spartiss la barca de la riva, L'è partii el to confort, anima mia. La se spartiss, e lu non m'ha parlàa : Vardèe che bel confort ci m' ha lassàa. El m'ha lassàa on confort e ou confortili; El m'ha lassàa el mio cor col blndellin. Ve do la bona sira, rosa fresca : A rivodoss domau mattina a messa. A rivedess la prima o la segonda. Quella del sur curat l'è la pu longa. LA BRIANZA E LA POESIA 133 lotti, Pierino dì Valmadrera del Sacchi, il Curato dì campagna del Ra-vizza..... Dopo del Parini e del Monti, Achille Mauri, Giulio Carcano, Giovan Torti, Samuele Biava cantarono il pian d'Erba ; Gio. Marchetti le fazioni degli Angiolini e dei Ronchi che divideano Rrivio e Caprino, a tacer de' moltissimi che fecero allusioni a questi paesi, o de'natii che si sollucchera-rono a parlarne: Redaelli ne cominciò le Memorie, Ignazio Cantò ne stese una Guida ed una Storia, Arrigoni quella della Valsassina, Longoni quella di Civate, Carlo Annoni una Memoria sul Pian d'Erba ed una su Cantò, Giovan Dozio sulle pievi briantee, Vanelli, Amoretti, Breislak, poi Cu-rioni, Villa, Stoppani, ne cercarono la costituzione geologica: del suo dialetto discorsero il Cherubini e il Villa. Ed è difficile che il viandante passi per questi luoghi senza esclamare col Carcano : O monti, o vette aeree, O piani d'Erba, addio. O valli, o poggi placidi Dal fertile pendio, Asil soave e muto Di rustica beltà, Io v'amo, io vi saluto Con mesta voluttà. Salvete, o voi tranquille Innumere borgate, Liete cosparse ville, Campagne invidiate ! Io v'amo, e in cor vi sento Com' inno del mattin, Come il primiero accento Dell'italo bambin. 0 col Torti: O selvose montagne, o gioghi erbosi, O di lontan sovreminenti al verde Cornuti massi o dolce aere vitale, O dal Sol di settembre illuminate Felici rive, umili poggi e sparsi Casali, e ville e pascoli e vigneti ifl I corni di Canzo. Hliistraz. rie! L. V. Voi III. DelPEupili ridente; o vasto speco Di nome senz'origine 20, su in alto A mezzo monte dalle curve strade Per gran paese rivedute sempre: O collinetta sovra l'altre amica Ov'io sedeva a contemplar la mesta Valle del mio Segrin ; voi, già mia prima Delizia e voluttà, di tutto l'anno Speme e pensier : o col maestro mio e degli altri miei migliori: « Addio, monti, sorgenti dall'acque ed elevati al cielo; cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente non meno che lo sia l'aspetto de'suoi più famigliari ; torrenti de' quali distingue lo scroscio come il suono delle voci domestiche ; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti, addio t» IX. Missaglia (Distretto XIII). Dopo Usmate, ove giungemmo colla provincia di Milano (Vedi vol. I, pag. 554), a sinistra della postale milanese si trova la villa Pirovano-, della quale trasvoliamo il bel giardino per accennare come quelle campagne, quasi abbandonate, fossero ridotte ad una ricchissima coltivazione, spianando colli, colmando valloni, aprendo strade, fabbricando cascine, piantando a disegno i gelsi e le viti, talché possono dirsi un parco di utile bellezza. Tutto ciò fu opera dei due fratelli Gargantini di Monza, i quali da più che umile stato salirono ad ingente fortuna fra le tempeste che altri sommergevano; e il patrizio vulgo se ne vendicò col metterli in canzone perchè diceano errori di lingua, d'imitassero nel lauto spendere per l'agricoltura. Siam nella parrocchia di Lomacxa. La chiesa di San Pietro fu dotata coi fondi della soppressa prevostura di Barzanó. Testò un curato, intraprendente di là dai mezzi , e dilettante d'architettura , disegnò una gran chiesa e una gran casa parrocchiale. La chiesa non si fece: la casa riusci così sproporzionata ai mezzi d'un pievano di Brianza, che dovette '20 Buco del Piombo. LOMAGNA. OSNAGO 935 in parte demolirsi. Vi stanno belle villeggiature, tra cui primeggia quella dei marchesi Busca, delle cui liberalità abbondano le testimonianze •n paese. Villa Basca. Osna™ è dei meglio situati villaggi della Brianza, con belle case e giardini degli Aresi, dei De Capitani, dei Grippa, dei Zuccoli. Se vini copiavi dolia arguunt, come dicea Slrabone, gran vini indicano i capacissimi tini di casa Aresi. Questi ereditarono dai Lucini, che l'ebber in feudo nel i652; il marchese Giulio Antonio nel secolo passato vi teneva dispendiosissima villeggiatura, convitandovi, fra altri, il buon Passeroni, che in quel suo prolisso poetare scriveva : Che per altrui bontà, non per mio merito Vado ogn'anno ad un luogo alquanto alpestre (necessità di rima!) Sul monte di Brianza ameno e vago, Comodo, allegro, che si chiama Osnago____ Quivi capitan dame e cavalieri Per dir cosi da tutti quattro i venti____ Quando vi sono molti forestieri I padroni di casa son contenti. Più tardi villeggiavanvi i Ballfiyany, i Badetzky ; mentre presso il De Capitani s'accoglievano artisti e letterati, ai quali son dovute alcune statue e prospettive del giardino. E noi non passiamo senza un saluto affettuoso questa terra, ove godemmo tanti belli e consolammo tanti infausti giorni di nostra giovinezza presso uno zio curato (don Giuseppe Gallavresi oblato), nella casa dove, presso un altro nostro zio curato (Redaelli) veniva a pranzare dal collegio di Merate il giovinetto Alessandro Manzoni. Poveri ma cari ricordi domestici; chi ce li rinfaccerà? Anni fa, la più parte de' contadini di casa Arese formavano quasi una famiglia, detta i Tobej ; una sola pentola, una sola cassa. Non potei sapere chi avesse introdotto questo tentativo di socialismo: e certo dovea risparmiar immenso tempo e spesa: ma i disgusti, le amarezze, le soper-chierie rendeano infelicissimi gli individui, che credetler beatitudine lo sciogliersi di quel consorzio ; attestando una volta di più che l'indipendenza personale è bisogno supremo dell'uomo. Petracco da Osnago fu console di giustizia a Milano nel 1224. Del 2ì novembre 1149 si ha la donazione di molti beni in Osnago, fatta da Azone prevosto di Santa Tecla ai canonici del Duomo, tra cui un chioso nel segrato, che probabilmente è la casa parrocchiale d'adesso. Vi si nomina un giudice (probabilmente scabino) di Osnago. Profondissimo è il pozzo comunale, e scavandolo si trovarono fin a quella bassura pietre fluviatili e breccia. Tale in fatti è il sottosuolo di questo bacino, che direbbesi un antico lago ben circoscritto. Alla Madonnina, chiesuola campestre eretta in occasione d'epizozia, conduce un bel viale alberato. Un altro mena a Cernusčo Lombakdonk, un dei pochi paesi il cui nome accenna origine longobarda ; donde forse il culto al Battista, titolare della parrocchia. Vi hanno belle case i Gentoli, i Lurani, i Borgazzi, i Rusca____Vitale Sala, nato qui umil- menie nel 1803, ottenne cinque volte il premio di pittura a Brera, fresco in Santo Stefano ed in San Nazaro a Milano, poi nel duomo di Vigevano e in quel di Novara , indi alla real villa di Baconigi ; riuscendo de'migliori in quella poco comune maestria, e mostrando pur valore ne'quadri, sicché prometteva di collocarsi fra i primi, ma peri di vajuolo nel 1835. Un rettilineo della postale mena prontamente a Causaniua ; ma noi scenderemo a sinistra in una piacevole valletta, dove campeggiano gli avanzi dell'antico castello di San Dionigi, e di quivi saliremo alla Monti-vecchia. Questa vuoisi denominata da Monte delie veglie, perché lassù si tenesser le guardie al tempo della libertà brianzuola. È l'ultima d'una schiera di colline, che dechinano al piano lombardo, da cui perciò è visibilissima, e rimane distinta per la chiesa che ne corona la vetta, e che era ombreggiata da una faggio gigantesco. I fulmini e gli anni lo distrussero, ma noi volemmo conservarne ricordo nella figura qui di contro. Essa chiesa sorge ove già un forte castello ; vi si ascende per una scalea, ed al phide è girata da una Via Crucis, colle note strofe metastasiane. MONTEVECCHIA 957 Giovanni Pietro Magnocavallo di Asso ne fu per 28 anni parroco, sinché mori il 2 febbrajo 17GG. Benché proveduto scarsamente, radunò denaro col vivere più che parco, nò tampoco tenendo la fante che gli condisse le povere erbe e una minestra che al lunedì coceva per tutta la settimana ; vesti e mobili eran in proporzione, eppure non mancava di cortesie agli ospiti. Ogni giorno faceva orazione in chiesa almeno tre ore. I figli de' suoi parenti educò e dotò , ma non lasciò nulla ad essi. Invece fe restaurar del suo la chiesa, e fabbricare la casa parrocchiale per raccogliervi agli esercizj il clero e secolari. Agli Oblati di Ro lasciò I1UOO lire, perchè ogni 6 anni dessero due missioni nelle pievi di Missaglia, Brivio, Asso, Incino, e gli esercizj nelle Stelline di Milano: fondò un benefizio di tre messe la settimana per un capellano coadiutore della chiesa di Montevecchia, alla quale lasciò un buon capitale col cui frutto dare doti e limosine. Invano l'arcivescovo aveagli offerto migliore prebenda. Ne1 travagli eccessivi d'una epidemia soccombette fra l'universale compianto, ed i parrocchiani e i vicini lo invocarono come santo. Or non è più ricordato. Giacomo Brivio ebbe in feudo Montevecchia nel 1713, e gli successero gli Agnesi, dei quali fu quella Gaetana, che cominciò come Galileo, e finì come una suora della carità. La cresta di quella collina, oltre il palazzo Archimi, distinto da antichi cipressi, ha vistosissime villeggiature, e Ja Pendice è ubertosa di vini, di frutti, massime fichi, rinomati a Milano quanto i robiolinì che qui si fanno: e i terrieri traggono ricco provento dalle primizie di legumi, che recano alla città. Girando il piede del monte stesso per diversa valle, da Lomagna o da Osnago sulla costiera troviamo Maresso, la cui antichissima parrocchiale di San Faustino era, nel 1192, tributaria di piccola moneta alla santa Sede. Per tutto il secolo XVI stette unita a quella di Missaglia, e quando ne fu disgiunta, lasciaronsi a questa i beni, pattochè il prevosto desse in perpetuo 300 lire imperiali al parroco di Maresso, che nel riceverli gli consegna un cero benedetto. Poc'anzi un signor Piatti, arricchitosi col commercio dei grani, lasciò all'orfanotrofio una possessione di 3000 pertiche, il che ridondò, come sempre, a danno de1 villici. Egli lasciò pure onde rifabbricar la chiesa e provederla di coadjutore. Nella frazione detta Osciola è vestigio di un ospizio de' pp. Crociferi con pitture ora cancellate. Cassina de' Biucciii chiamasi un complesso di casolari s'un dosso lambito dalla strada comunale. A Rimoldo l'antico palazzo de' Parravicini, adorno di pitture, è ora abbandonato ai villici. Galgiana è frazione del Comune di Cassina de' Bracchi, mentre questo Comune appartiene alla parrocchia di Galgiana. Sta sul ciglio d'amena valletta chiamata la Nava, dove un rio perenne irriga la prateria, e di là della quale sta Tignoso, castello ove i nobili milanesi depositarono i loro tesori nel 1323. Il terreno calcareo rosso marnoso è grato di frumento, granturco, gelsi, viti. Gli abitanti (300 nella parrocchia, 750 nel Comune) son operosi e docili: c'è scuola anche femminile, ma la distanza delle frazioni la rende impraticabile. Ne partono tre strade, una per Casatenuovo, una per Lomagna e per la provinciale di Lecco, una per Velate e Arcore nella direzione stessa: un'altra che attraversasse la Nava verso Missaglia, accorcerebbe la via di Monza a molli paesi. A Galgiana ebber soggiorno le famiglie Cusani, D'Adda, Casati, Paravicino; ed ora villa i Bovida. La chiesa, piccolo .ed elegante lavoro del Moraglia, colla casa parrocchiale costò 70,000 lire tutte conlecto stipite; ò ancor rustica all'esterno e senza segrato : ha una vetriera dipinta dal Bertini e un antico quadro di San Biagio. Già v'esercitavano le funzioni parrocchiali e ne godevano la prebenda i Domenicani di San Giacomo, del che scontenti i paesani, sollecitarono san Carlo, che rintegrò il parroco nel 1581 ; la prebenda è povera. Nella peste del 1630 trovansi notati 17 morti, finché perito anche il curato si cessò di registrarli. Il curato odierno don Luigi Lozza non vuole che passiamo oltre senza far commemorazione di un suo predecessore e nostro antenato, Carlo Cantò di Brivio, che lungamente parroco fin al 1807, lasciò fausta ricordanza di sè per amenità di carattere, larghezza di carità, semplicità evangelica, e premura ad aumentare il bene di questo suo gregge. Casate distinguesi in nuovo e vecchio, ed ha corredo di favole nel CASATE ECC. 939 parabolano Bombognini. Vi fu trovato un bel cippo sepolcrale, dove con eleganti caratteri era scolpito: LUCILI - DOMESTICI - VALERIANI - OPTIONIS CENTURIA m - F.X COLLEGIO PABRORUM ET - CENTENARIORUM QUI VIXIT AN - NIS XXVIII DIES - Vili HORAS III-LUCILIUS DOMESTICUS - PATER FILIO INCOMPARA - BILI - PATER MIHI FECIT QUÒD - ECO PATRI DEP/VI .... KOGO PATER UT MIHI PONATUR OMNE FLOS SUO TEMPORE. La chiesa di Casatenuovo, bell'ordine jonico, con magnifico atrio eseguito dal 1808 al 1815, acquistò lode all'Amati, cui ò pure dovuto il pronao di quelle di Brivio e di Paderno. A disegno del Moraglia furonvi aggiunte due cappelle laterali. Mena alla chiesa un grandioso viale alberato, che mette capo di fronte a casa Lurani: opere compite dai parro-chiani. Uno stendardo, che costò 20,000 lire, venne a crescere testò il ricco arredo della chiesa, che possiede pure un buon organo dei Serassi, e buon concerto di campane, rifuse nel 1858. Nel 1848 il parroco ebbe titolo di prevosto, e la sua parrocchia conta 2800 anime. Vi sono scuole elementari maschili e femminili, varie elemosine per poveri e puerpere, e doti. Santa Giustina è pingue abazia di patronato Casati. Nell'antico oratorio di Santa Margherita, posto a mezzo della passeggiata verso Casatevecchio, è qualche affresco molto antico, e sotto la mensa si trovò un'ara votiva di sarizzo con iscrizione. Sepolcri, ossa, cucchiaj ed altre anticaglie si scopersero di sotto la casa Lurani, che ancora è detta il Castello, sebben di fortezza non le resti che la postura. Sono amenissime e scialose le ville dei Greppi e d'altri. Sotto Casate in lieta posizione è San Giacomo, già conventino dei Domenicani, e dove gli eroi della paura sgomentano l'immaginazione col figurarvi il Sant'Uffizio e gli orrori dell'Inquisizione. Iscrizioni ricordano che fu restaurato il 1731, dipinto il 1742, e che Alessandro di Bartolomeo Riboldi, parroco di Macherio nel 1636, lasciò molti beni a vantaggio degli abitanti. Il fulmine n'atterrò il campanile. Monteremo è delle posizioni più deliziose con ricche villeggiature. Monte era castello dei Casati ; col titolo di contea fu dato in feudo a Giambattista Pecchi, mastro di campo di Filippo III nel 1627. Tregasìo, che ne dipende, già soggetto ai monaci di San Simpliciano, nel 1147 avea due chiese di San Salvatore e San Gervasio. A Brugora fu fondato un monastero di Benedettine nel XII secolo dalla famiglia Casati, e durò fin ai nostri tempi. Brugherio, Brùgora, ferugarolo, e simili nomi ripetuti in varj luoghi di queste vicinanze, indicano forse che un tempo qui pure fossero brughiere; donde vorreb-besi traessero il titolo anche Brugarello, Brugazzo, Brugorella, e fors'an-che Burago, Burgherio, Bergoro. Sui quali nomi può vedersi, nelle Me- 040 PROVINCIA DI COMO morie deWistituto Lombardo Vendo, vol. Ili, una dissertazione di Luigi Bossi, con erudizione indigesta. Lomaniga s'appoggia al rovescio della Montevecchia. JVella frazione di Albana aveano già'nel 1581 ospizio i monaci di San Vittore di Milano. Missajoi.a fu donata dal Barbarossa al capitolo di Monza. Ed eccoci a Missaglia, capo del distretto e della pieve. Il Comune ha 1100 abitanti e l'estimo di scudi 30,000; il distretto circa 21,000 anime: la pieve comprende 15 parrocchie, toltene 5 nel 1854; la parrocchia numera 2800 anime, disperse in 58 frazioni, con Missaglia, Lomaniga, Contra e parte di Casirago. Collocata a pie d'un colle che la schermisce dai venti boreali, Missaglia gode mite temperatura, sicché su pei ronchi a vigna prosperano alcuni olivi, certamente più numerosi innanzi che li soppiantasse il gelso. Vi scorre un rigagnolo, detto il fiume, che nato poco sopra vicino a Grippa, scende nella valle di Maresso a movere alcune macine, si unisce a un altro derivante dalla valletta di Santa Croce a sinistra del paese, e insieme si perdono nella Mólgora a Usmate. Buone strade collegano ai Comuni contermini, a Monza, a Como. Il suolo, di natura calcarea, risponde generosamente alla coltivazione purché concimato generosamente; la vite dà prodotti eccellenti nelle migliori guardature di cielo ; vigoreggia il frumento, alquanto meno il granoturco; utilissimi i gelsi. E la educazione del baco e la trattura della seta portano moltissimi di qui a lontani paesi. Nell'età viscontea era feudo de'Pirovano, il cui casone vedesi ancora presso la chiesa con una torre mozza; e all'uscir verso Merate additano la casipola ove sedeva il gabelliere a riscuoter pedaggi e dazj per la famiglia feudataria. E Castel Pirovano s'intitola ancora un belvedere in collina a sopracapo della borgata, ora delizia dell'abate Cuzzi, e dove stava un oratorio de' Santi Michele e Nazaro. Forse allora il paese consisteva in poche case attorniane la chiesa parrocchiale, e nell'alta Missaglia non sorgeva che l'oratorio, anche oggi intitolato Santa Maria in Villa. I rampolli cadetti della famiglia feudale si trapiantavano in vicini casali, obbedendo al capo e tiranneggiando i dipendenti. Poi entrante il secolo XVII, passò la signoria ai conti Sorniani, i quali fabbricarono insigne palazzo più verso il colle, oggi destinato alla commissaria. I Pirovano, scaduti di dominio, si applicarono al commercio e a scavar la molerà; i Sormani si divisero in due rami, uno rimasto qua, l'altro piantatosi sul delizioso poggio di Contra; e durano tuttavia, dopo essersi segnalati per armi e magistrature. Nel 835 Giovanni, arciprete di Missaglia, possedeva Onno in Vallassina; nel 901 già è nominata la chiesa di San Vittore, il cui campanile a cono fu rifatto nel 1585 dal prevosto Tettamanzi. La presente chiesa fu in men di due anni compita, a disegno del Moragtia ed a benemerenza MISSACxLIA 941 del prevosto Garavaglia assistito dai parrocchiani, i quali riconoscenti gli Posero uno stabile ricordo. L'organo è de'migliori dei Serassi. Oltre i bei paramenti, sono a ricordare due stendardi. Da un documento del 1-356, conservato nell'archivio parrocchiale, (Consignatio honorum ecclesia? Sancii Vicloris de Massalia facta proposito et capilulo tam intrinseco quam exlrinseco) risulta che non per anco vi erano stabilite parrocchie; che il prevosto, in unione col clero residente presso 'a chiesa e con quello disperso nella pieve, godeva un capitale, che equivarrebbe al quadruplo della prebenda prepositurale odierna. Questo clero non formava una collegiata, sebbene fossero chiamati canonici perchè ordinali secondo i canoni a sussidio del parroco, ed eran nominati dalla famiglia Pirovano. Il titolo di canonici più non è menzionato dopo il Secolo XVI. San Carlo, visitando questa pieve nel settembre 1571, trovava le parrocchie quali press'a poco oggi sono; se non che Nava, Gio-venzana, Brianzola formavano l'unica cura di Brianza, smembrala poi circa d tempo di Federico Borromeo. 11 cardinale Monti nel 1647 applicò al convento de' Carmelitani di Concesa parte della prebenda prepositurale di Missaglia, che rimane ancora una delle più pingui della diocesi, e che da San Carlo in poi fu quasi sempre conferita a Oblati, dopo che leticarono ne' seminar]. In quel camposanto dorme Fra cesco Cherubini, autore d'un Vocabo lario milanese italiano, e d'uno latino italiano, e d'altre operette: e morì nella vicina sua villa dell'Oliva il 1851. Il Monastero della Miselucokdia fu fondalo nel 1485 dal beato Michele da Carcano, e durò fin ai giorni nostri il pulpito di sasso da cui predicò san Bernardino da Siena: soppresso il monastero nel triennio cisalpino, dai Sormani di Contra fu comprato il locale, dove tiensi mercalo ogni sabato. Qui siamo nel cuore della Brianza, nelle terre l'orse più deliziose che Possano incontrarsi lontano da acque. La campagna è coltivata che pare un bardino; una rete di bellissime strade salgono e scendono per quel terreno tutto svariato, e ridente di frequentissime villeggiature; e che fosse ben Popolato anche in antico appare dal trovarsi dapertutto scavando urne e Vasi sepolcrali. Casikaoo dà nomea Monticello, deliziosissimamente posto sul colmo d'una ^e'le colline, che, come fiotti d'una tempesta tellurica, van morendo via V|a sin a quella di Velate. Il palazzo dei conte Nava, disegno del Canonica, è a cavaliero di due giardini, chinati a due diverse coste, talché gode variatissimi prospetti. Vi sta innanzi una cancellata, adorna delle Illustra*, del L. V. Voi. III. 942 PROVINCIA DI COMO erme di illustri compatrioti. La chiesa campeggia sopra un cucuzzolo, che anche lontanissimo dà fisonomia a questo paese. ToiuiKYiu.a, frazione di Monticello, ha bella chiesa, fabbricata nel 1774. Trasvolando Corlenova, Orlano, Prebone, Torricella, altre terre ridenti di case, di coltura, di ville, ci fermano a Vigano le ricche cave di pietra molerà. Trovasi in istrati sovrapposti, tutti in egual direzione ; alcuni più sodi, col nome di corncttone servono anche a lavori architettonici, come il dazio di porla Nuova a Milano. Tre secoli fa un Pirovano cominciò a usufrutlar queste petraje: e tredici famiglie da lui derivate divennero padrone del colle, ove lavorano oggi da cento operaj. Forse allora il villaggio, d'origine probabilmente romana, fu ripopolato ed eretto in parrocchia. Vi si liene fiera il giorno di sant'Apollonia. Ne fu parroco Car-lantonio De Capitani, che morì nel 1819, e scrisse molte operette d'agronomia, non ancora abbandonate. La chiesa fu recentemente restaurata dal Peverelli. Bakza.no (villa Barzanorum) apparteneva a Berengario e Ugone figli del come Sigifrcdo ; e perchè favorirono le parti di re Arduino; En- rico II imperatore nel 1015 lo donò ad Aiberico vescovo di Como. Dominavano essi anche Toiuievii.i.a, dove aveano cretto castelli che furono demolili nel 1274. BARZANO' ECC. 94 Un battistero dedicato al Salvatore, e che risale ai primi secoli del cristianesimo, ha costruzione grossolana il vaso battesimale ottagono di marmo della circonferenza di 7 braccia, con doppia gradinata interna, una di marmo bianco, l'altra di rosso ; la porta è a frastagli e rabeschi e nel mezzo dell'arco tondo era una Madonna e un'iscrizione che-diconsi dei XII secolo, ma scomparvero. La basilica era stata costruita dall'arcivescovo san Caldino. Eravi annessa una insigne collegiata, che Federico Borromeo levo. Nel riedificar la parrocchiale nel 1833, a disegno di Biagio Magistretti, si conservò parte dell'antica e tutta la facciata. II campanile a piramide di cotto somiglia a' tant'altri del 1400. Antico pure è San Vito allo scarco della collina, costruito sopra chiesa ancor più antica, e dove irovossi un'iscrizione votiva a Giove Summano (\otum solvit ubens aerilo jovl alto summano i-kliciamis imumvs ccm suis locm DOtus secreto aecurionum. i Barnabiti vi hanno una casa di villeggiatura, ed eleganti e vive son pure quelle dei Pirovano, dei Nava, dei Manara. A Barzanò il 17 aprile 1758 nacque Gabrio Nava, fatto prevosto di Santo Stefano, poi di Sant'Ambrogio a Milano, ove dalla depredazione de'Giacobini salvò il famoso altare, e opponendosi alle prepotenze mentre prodigavasi nelP assister gli infermi soldati, ottenne stima, titoli, decorazioni. Portato vescovo di Brescia (1807), sudò a ristaurar la disciplina, rinnovò il seminario, visitò ogni tratto la diocesi, spesso comparendo improvviso in una chiesa, celebrando, predicando ; talora venendovi alla domenica a render gli uflìzj parrocchiali, negletti dal pievano per andar all' uccellanda : ai poveri dava tutto, sottraendolo ai proprj bisogni, e potè fondar istituzioni che durano di seminarj, conventi, case d'educazione. i principi succedentisi lo veneravano; e quando, nel processo di Stato del 1821 eran involti tanti Bresciani, egli cercò di recarsi a perorarne la causa al trono, e negatogli dalla polizia, scrisse all'imperatore rammentandogli Teodosio, e Ambrogio (Vedi vol. ii, pag. 169). Morto il 1830, rimane la sua memoria come d'un santo. Cuemklla fu corte d'un antico monastero, che vuoisi fondato da Teodolinda. Alla quale Gregorio Magno mandò in regalo, tre anelli per sua ^lia; e vuoisi che ella ne donasse uno alle monache di Cremella, al (|uale attribuivasi virtù di guarire gli occhi toccandoli: passò al prevosto di Missaglia. Berengario i diede questa corte, con Calpurno e Bulciago, al capitolo di Monza. L'arciprete Pozzobonelli di Monza nel 1233 pubblicava statuti per questi suoi sudditi, dai quali venne a esigere il giuramento di fedeltà. Le monache, molto ricche, e da tempo rotte a di- scordia, furori soppresse nel 1786. Vi si sostituirono villa e cotonerie dei Kramer. Al vicino poggio di Bacialago, i villeggianti non mancano di fare una peregrinazione, deliziandosi di queir estesa e variata prospettiva su tutta la Brianza. A Cassago vorrebbero siasi ritirato sant'Agostino in casa del grammatico Verecondo per prepararsi al battesimo ; ma altri lo colloca al Cas-sago varesotto. A Bau/ago, posto sul colle che separa questa valle dal Pian d' Erba, aveano possessi le famiglie Bedaelli, Isacchi, Brebbia i quali ultimi l'ottenner infeudo nel 1647. Ne dipende un oratorio campestre, detto la Madonna d'Imbevera. Un romanzetto che andò attorno beli'e bene, ma che non può fare autorità storica essendo stato scritto in prigione, gli diede una favolosa origine: ma pare sorgesse a mezzo del 4500, dove una fanciulla di Barzago disse aver veduto la Madonna. Nel 1611 lo visitò Federico Borromeo, e cercò vi si erigesse una chiesa, come n'aveano fatto voto gli abitanti di Barzago e di Sirtori, con messe perpetue istituite dai Pe-rego, principali benefattori. Quel eh'è certo si è il concorso che vi si fa agli 8 settembre. « Chi drizza a quella volta (cosi press'a poco il suddetto romanzo) da assai lontano ode una romba simile al romoreggiar della marina. Ed ecco le vie, che d'ogni parte vicapitano, brulicar di gente, contadini, artigiani, mestieranti, soli, a coppia, a gruppi, a frotte. Giovinotti con cappelli di paglia artifìzio-samente intrecciati a trafori, adorni con piume, specchietti, galanterie: quali contenti del frustagno e del taglio all'antica, mentre altri vestono giubbe più moderne, colla cocca del fazzoletto affacciata alla tasca, e con larghi pantaloni, invano dal curato e dal fattore rinfacciati loro siccome indizio evidente d'insubordinatezza e d'irreligione; pigliansi al collo gli uni degli altri, a spintoni rompono la calca, od in isehiere arditamente festanti, colla zampogna fanno risonare concenti che sentono il sole e il vento della montagna. Le caute madri, tutte occhi a vigilare le ingenue fanciulle, quel giorno permettono che, per devozione vadano a Imbevera. Tu scerni la Brianzuola alla snella corporatura, ad un aureola d'argento al capo: distingui la briosa Bergamasca al bustino cortissimo di vita, ai vezzini d'oro, ai cincinni della fronte, ad un agone infìsso nelle treccie, cascanti bizzarramente da una banda, a certi sguardi bricconi. E tulli ne' varj loro dialetti chiedono, cianciano, gridano, fanno fiera. Il garzone che per la prima volta vi trae, interroga curioso un vecchio, che ci veniva prima del 96, quando vi comparivano indemoniai strillando, e buh che deponevano alla soglia della chiesa le omicide loro carabine; che s1 MADONNA D* IMBEVERA 945 ricorda quando i Giacobini in nome della libertà proibirono questa sagra, e quando Russi e Cosacchi tornandoci cattolici, l'ebbero ristabilita: c'è venuto coi Francesi repubblicani, coi Francesi imperiali, ed ora seguita da tant'anni a venirci con cotesti. Nel bosco poi e sul piazzuolo s'innalzano assiti e trabacche, si spiegano tende, curvansi ed intrecciansi rami a pergole, a capricciosi frascati, ei dispongono tavole, trespoli, sedioli; è un mondo di gente, è un tre-muoto di faccende. Qui bettolieri a rosolare braciuole e friggere galletti: là il buzzurro alessa e brucia le castagne primaticce: un gruppo di villani già mezzo brilli urlano a chi più i punti della mora: altri straziano costolette cosi guascotte e le irrorano d'acquavite, di vino, di mosto appena spremuto dall'uva non ben matura. La fanciulla compra Un santino per la nonna devota; la nonna gingilli da spassar il bambino quando il portano a mimmi; il ragazzo, bocca ed occhi spalancati, attende al bagattelliero, che ha rimedj per tutti i mali e per altri ancora, o al cantambanco, che sul cartellone dimostra vita e morte del famoso Pacino, l'incendio di Mosca e l'inondazione del Danubio: o a qualche Orfeo che, strimpellando la ribeca o raschiando un violino, attira le pietre. La chiesa, che fu già occasione della festa, è la meno che si visiti; in quella vece, fitti, serrati, vanno come un'onda di su, di giù, per la spianata e pel bosco vicino. Così la pedonaglia. Ma quelli di maggior bussola non compajono se non sul basso del giorno, tanto più tardi quanto ciascuno è, o si crede da più. Monza, Milano, Como, Bergamo risentono ai corsi loro la mancanza della crema e della schiuma de'cittadini : e dove sono? al bosco d'Imbevcra. Zerbinotti che sbraveggiano su sbuffanti puledri, o trionfano in lUbury eleganti: gran signori rimpetliti in comodi cocchi, con ambiziose mute condotte a centinaja di zecchini dai pascoli dell'Olstein e dell'Olanda : fìttajuoli che staccarono dalla benna e dall'aratro i robusti cavalli svizzeri, e rivestirono di nuova livrea il carrettiere: nobili scadenti 0 sorgenti plebei, i quali noleggiarono ad alto prezzo un calesso, due ronzoni e un vetturale , il quale cornando e schioccando fa rumore per quattro: parlicolaretti che coli'industria sperano di polere quando che sia mutare in carrozza la timonella, di cui ora mal s'accontentano : il grappolo nella sedia e nel baroccio che lo porta il sabato ai mercati di Lecco, o alle calende a Bergamo; tutti insomma qui piovono a darsi aria, a vedere , a farsi vedere. Gli alberghi più capaci delle città appena basterebbero a tanto concorso, non che le meschine bettole del contorno. Quindi vedi i cavalli affidati a ragazzi su pei prati: e da tutte le bande disposti in fila cocchi a centinaja, che dico? a migliaja : e tra quelli sparsi i pitocchi, che sporgono la mano o il bossolo, ostentando al pas- seggiero piaghe, moncherini, una nidiata di puttelli, e strillando pietà, limosina —. Concordanze sociali 1... Chi credesse che una sagra campestre dovesse far luogo a quella semplicità , che aggiunge tanto più all' allegria, quanto più la scioglie dagli impacci, sarebbe troppo in inganno. Il lusso più ricercato, le più suntuose gale di vesti, di fronzoli, di gioje, sono di balzo trasportate dal corso delle città al bosco d'Irnbevera. La signorina , venuta a villeggiare qui poc' oltre , fra il grosso bagaglio non si dimenticò di qualche bel capo o d' un vestitino a posta per questo giorno : la fidanzata vi fa la prima comparsa roi vezzi donatile dallo sposo: quella sciarpa, quella cappottina furono rinnovate per farne spocchia alla Madonna d'Imbevera. Belle dall'arguto pallore e dal fuoco raccolto degli occhi pensosi, meraviglia dei teatri e dei ridotti cittadini ; forosette dalle gote rubiconde e piene come melerose, che nelle solenni processioni del villaggio sentonsi dire Ve' coni'' è bella, qui compajono a lato : le prime appoggiate ad uno sposo fedele, lusingando di ritenuto sorriso il fedele milordino, che con andar femmineo sbircisce colla lente e susurra meditate cortesie ; 1' altre colle compagne, dando ascolto e risposta a'vivaci scherzi ed alle espressioni, più clamorose quanto più cordiali, del bifolco e del bottegajo: finché vanno queste a tracannare il mistrà e la spumosa birra, l'altre a gustar la gramolata, il sorbetto e le paste sfoglie sotto i padiglioni deU'efimero acqua-ecdratajo. Chi di là china lo sguardo, vede brulicare una folla di teste; cappelli da villano, da signore, da prete, da cittadine; brillanti colori e delicati; il sedan ed il velocrespo alternati colla stamina e col bambagcllo ; foggie testé arrivate da Parigi presso a quelle da un anno abbandonate alle pro-cinciali, all'altre che già discesero al contado, alle arcaiche, custodite dalle matrone in commemorazione de' tempi migliori. Qui le piume d'uccello del paradiso ondeggiano a canto al pennacchio del gendarme, la cui vista fa sguisciar via il tagliaborse, frena l'allegria d'un ubbriaco e le ominazioni di due baffuti, che battendo i tacchi, ragionavano della buona causa. Qui gli uomini creati dalla natura a consumare e godere, misti con quelli da essa destinati a sbracciarsi e stentare per rimpinzar i primi : contadini imbruniti e ingagliarditi dal sole e dalle fatiche, sono riurtati sdegnosamente dal prediletto della fortuna, gonfio per dieci generazioni d'antenati al par di lui oziosi, il colore e le membra delicate del quale fanno prova del sangue più gentile, cioè degli squisiti bocconi e del non far nulla. Qui un veterano della legion d'onore e dai mustacchi bruciacchiati alla polvere d'Ulula e d'Austerlitz, e che sarebbe maggiore, se le cose, die'egli, fossero ite come dovevano , trovasi a fianco del coscritto che una sola notte passò in caserma fra gli stravizzi e il fumo. Qui la schifiltosa man- MADONNA D'IMBEVER A 947 tenuta pavoneggiandosi raccomanda al suo ganzo che le suntuose trine da lui donatele non lasci mantrugiare dal contatto del ruvido guarnellino che la setajuola guadagnò di sacrosante fatiche. Quando poi, veduto ed ascoltato intorno il linguaggio dementagli, dei fazzoletti, delle lenti, lo sguardo ansioso di chi cerca, il dolente di chi troppo ha trovato, il conlidente susurrio delle recenti spose, e P inesorabile cicaleccio delle terribili madri che hanno tre fanciulle da maritare; tu volgi dall'altra parte ove sale il bosco, ecco per tutta la pendice una mobile decorazione di gruppi che, disposti nel più pittoresco modo tra le fratte ed i castagni e sul molle tappeto del muschio, godono la merenda e lo spettacolo, che l'onda della folla scendendo e poggiando cangia ad ogni batter d'occhi al loro pie. Deliziata a tale scena, la vispa zitella esclama, Deh! coni1 è hello! nel mentre stesso che un'altra, coli'ingrata maestà del quarantesimo anno, ripete centraendo il labbro, Al confronto d'anni fa! non c'è la metà gente, la metà lusso, la metà allegria. Così il giovane, cui P età del primo amore tutto dipinge a color di rosa, trova qualcosa di gajo tale mescolanza del boschereccio collo scia-loso, della naturalezza coli' eleganza, della franca giovialità campestre colla contegnosa della città: intanto che un altro, cui l'esperienza rese iterico lo sguardo, raggrinza il naso esclamando: Pazzie! venirsi a pompeggiare in m bosco! V'ò intanto chi si perde per la selva a cercare una pianta remota, dove, anni sono, in questo giorno islesso incise un nome, — il nome d'una fanciulla, con cui si erano giurati eterno, inseparabile amore. La pianta crebbe, crebbe il nome con essa, ma l'amore svanì; ed egli appena ricordò l'amica perchè la rintoppò laggiù, contenta madre de'figliuoli d'un altro. Ancora v' ha chi, non logoro dai diletti cittadini a segno da non sentire l'incanto delle bellezze naturali, guadagna le vette, e di là vagheggia il cielo che s'inazzurra sui poggi e sulle valli di Brianza: quel cielo che gli stranieri credono un'esagerazione quando lo vedono dipinto nelle tele de' gran maestri: e che in quell'ora, imporporandosi ai tremuli raggi del sole che declina, fa spiccare all'occhio ammirato le sommità dei colli e dei monti, che formano cornice ad uno dei più graziosi paesaggi. O mici monti, o miei collii Deh quando il sereno spirare del vostro orezzo pioverà ancora la pace sul mio solingo cammino? Quando l'alba mi troverà sulle vostre vette ad aspettarne il primo biancheggiare? Quando la sera accoglierà il saluto che manderò al patetico astro di Venere? Quando i! sole mi vedrà, in gara col capriuolo, libero come l'aria che vi spira, balzare di pendice in pendice, aspirare l'aroma del cisto e ilello spigo selvatico e l'autunnale fragranza delle eriche tìorite ; tuffarmi nei torrenti della luce ond'esso v'ammanta; esultare sentendomi al di sopra dei tumulti dell'umanità e più vicino al tempio del Creatore? Quando, quando? — Ah forse mai più... e». A tutto mette fine la sera. Al domani, ecco il luogo spopolato : pochi operaj intenti a riporre le trabacche, a sgomberare il lieto apparecchio; poi tutto ritorna nel silenzio. Fronde intrecciate, rami gruppati e schiantati, l'erba calpesta, qualche tronco abbronzato dal fuoco, reliquie di cibi, sono tutto quello che rimane del tumulto di jeri, che si rinnoverà da qui ad un anno per terminare ancora nel modo islesso. Cosi nell' anno dei secoli passano le generazioni. Quella che oggi a calca si affanna su quest'aiuola del mondo, dimani sarà scomparsa; agli splendidi clamori che oggi ne rintronano, succeduto il silenzio; al tumulto delle futili importanze, la solitudine, il disinganno del sepolcro; gli edifìzj che noi ci architettiamo verranno levati come il padiglione d'una notte: altre generazioni succederanno poi a tripudiare e gemere, a compiangere ed esser compiante, a soffrire e far soffrire, sintantoché, giunta a sera la loro giornata, daranno luogo alle successive; — nulla più ne indicherà l'esistenza, nulla se non le ruine ». Al lettore, che volesse l'illustrazion nostra simile alla slrada ferrata, che -tira via per la retta senza piegare, né arrestarsi, domanderem perdono di questa digressione, ma disposti a farne molt'altre. E intanto proseguendo saluteremo Sini-oiu, che fu feudo della famiglia che ne porta il nome. Grippa ne dipende, e queste vicinanze eran un tempo frequentate per la caccia. Peuego diede titolo a una famiglia , illustre fra le patrizie milanesi. Quivi era un forte castello che figurò nelle fazioni del secolo XVI. Tra queste essendo stata contaminata la parrocchiale di Rovagnate , si eresse in parrocchiale la chiesa di Perego nel 1588, In bella posizione grandeggia il monastero delle Benedettine di Beh* naga, che nel secolo XVII erano 40 e ricchissime. Or è ridotto ad abitazione privata dei signori Sormani. Dopo Ckheda si viene a Calco, nel distretto di Brivio. 19 S'è dello che fu scritto in prigione. C. Cantu' La Madonna d'Imbeveva. A Carsaniga (Vedi p a g. 93G; sono un palazzo Bellini e la stazione della posta sulla strada militare, donde staccandosi a destra un ramo, lUustraz. del U »'. Voi. III. m porta a Mesate, detto Melate nel medio evo. è disposto sui due pioventi di una costa, da cui si domina tutta la pianura lombarda, mentre a spalle ba le colline orobie e brianzuole. Forse nel X secolo era feudo d'una famiglia Franca; poi appartenne all'arcivescovo Eriberto, che pare vi accogliesse l'imperatore Corrado a goder l'estiva frescura nel 1207, e che trasmise i beni e la giurisdizione di Merate al monastero di San Dionigi. Profittando delle nimicizie del fjarbarossa, i Meratesi chieser a questo d'esser sottratti al monastero e di formare comune da sè; ed egli il concesse, ma tosto li rimise alla soggezione primitiva (1158). Quel monastero declinò poi, e se ne formò un'abbazia, ricca di oltre 8000 pertiche di terreno, di cui 4000 a Fegina, le altre a Merate e ne' dintorni. Fu di questi commendatarj Ercole Visconti che, servita lungamente la corte romana, qui si ritirò, e per dar pane in una grave carestia (1700) fece eriger il palazzo colla bella torre. Ulf.:mo commendatario fu il cardinale Angelo M. Durini, del quale più volte parlammo. La torre fu delle prime su cui si ponesse il parafulmine, che ai vulgari pareva una empia sfida al cielo. A Morate stavano le Umiliate, trasferite poi in Brera a Milano il 20 luglio 1400. Per lascito di G. B. Riva nel 4615 vi furono posti i Soma-schi, che vi davano educazione in un collegio, il quale, dopo la loro abolizione (1810) aadò di vicende in vicende, sinché fu consegnato all'arci-vesco, ed ora prospera sotto l'amministrazione di volonterosi patrioti. Un ospedale pubblico fu fondato nel 1842 per merito del Cerri; nò scarseggiano istituzioni di beneficenza. Fin dal 1400 v'era stabilito il mercato, che poi dimentico, fu ripristinato nostri giorni. Ecclesiasticamente Merate apparteneva alla pieve di Brivio fin al 7 marzo 1854, quando l'arciv. Rondili l'erigeva in capopieve, sottoponendovi le parrocchie di Osnago, Cernusco Lombardone e Monlevecchia, staccate da Brivio, e quelle di Pagnano e Novate ch'eran di Missaglia : il titolo di prepositura erasi ottenuto nel 1841. La chiesa di Sant'Ambrogio non è degna del crescente e ricco borgo, ove siede anche la pretura, testò levata da Brivio. Dov'era già una casa di Umiliati, nel secolo scorso il marchese di Novate innalzò una villa, ricca di labirinti, peschiere, prospettive, portici e d'un acquedotto di molte miglia; ideati dall'architetto Giacomo Mutoni. La descrivono ben dieci tavole dell' opera Maisons de Plaisance ; e bizzarre particolarmente son le sue fontane, zampillanti al quarto piano di esso giardino. Perocché esso dal palazzo, posto nell'altura del paese, degrada per quattro piani, secondati da ricco corso di acqua. Alberico MENATE 951 principe di Belgio-joso che la comprò, abbellì la villa con immenso dispendio, e i presenti proprietarj la adattarono a moderno gusto, non isnaturandola però. Qui hanno belle villeggiature e case gli Albini, i Prinetti, i Sala .... Martino da Merate rag-\ guardevole cittadino ò sottoscritto a una pace conchiusa nel 1225. Giovanni Biffi (4464-1512 ) natio e curato di Mezzago, che scrisse in latino, principalmente un carme eroico sui miracoli della; B. V., altri sull'Annunciazione, poesie fuggevoli e una raccolta di facezie, e avea visitalo molle città, dice che a 12 anni fu messo a im- 53 952 PROVINO!A DI COMO parar grammatica sotto un dotto maestro di Vimercato, donde passò a Morate nella scuola di Giovanni Corvi, discepolo del famoso Filelfo. Nacquero a Merate Ignaro Alhani somasco, caro a Federico Borromeo, e che lasciò versi latini (IGO-ij; Scipione Albani autore d'una vita di san Girolamo (1604); fra Francesco Girolamo del Subaglio, autore dell'Oratorio de' Religiosi e d1 altre scritture fratesche (1646). Molti dei Mot-gora ebbero grido di giurisperiti. G. B. Scotti quasi fanciullo pubblicò versi e prose col ritratto, e forse fu guasto dalle Iodi che gli si prodigarono. Certo han poco valore le moltissime poesie e novelle che stampò, finì professore a Cremona; e possiam accertare che a torto gli si dà accusa d'esser stato maestro di Manzoni. Aggiungiamo Amanzio Cattaneo oblato e censore di libri : Carlo Cri epa pure oblato, parroco in Abbiagrasso e infine a Primaluna (1748-1833) ove lasciò buona reputazione. Andrea Vanalli parroco di Merate per 37 anni fin al 1833, era stato degli Oblati e professore ne' seminar], e vecchio lasciò stampare Andrete Vanalli carmina; la stima che godette ò attestata da un monumento che i paesani gli eressero. Al Brugarolo è una villa in piano, mentre della collina s'allietano Ve-dugio, la Rampine}, il Subaglio, con villeggiatura del marchese Rescalli, dov'è da desiderare che il palazzo sia messo in armonia colla insuperabile bellezza del luogo. Passando di qua san Carlo, un frate gli narrava come, nella peste del 1576, un signore, per uso d'ospedale, avesse ceduto un luogo, che fu poi detto Campo della carità. E gli insinuava come sarebbe conveniente consacrarlo con qualche edilizio. H santo consenti vi si fabbricasse il convento de' Cappuccini, detto di San Rocco. Soppresso, ora è deliziosa villeggiatura, ove il conte Rezzonico pose un de' giardini più intelligentemente ricchi di varietà botaniche. Ma i frati non erano ancora stali, per il bene dell'umanità, sostituiti dai soldati quand'io era ragazzino, e ben piccolo vedevo capitarvi i Minori osservanti di Sa.iìiho.\ckllo, e un d'essi mi raccontava una storia, che da nessun altro ho sentita. C'era una volta a Calco un bel giovane, gentiluomo, e ultimo della sua stirpe. Uscito di paese, era andato alla corte, ed era divenuto paggio dei Visconti, quando i padroni di Milano erano milanesi, non francesi nè tedeschi. Ma i divertimenti degli altri non rallegravano lui, che amava passeggiar solo, cavalcare dove nessun altro, E ben nel volto suo la gente accorta Legger potea, quest'arde e fuor di speme. Ma delle sue ambasce io non so altro, se non che tornò al paese natale. Qui cavalcando un giorno tutto solo, udì fra Calco e Cicognola so- SABBIONCELLO 9a5 nar le campane della parrocchia. Le aveva intese tante altre volte, ma al lora si sentiva più inclinato al meditare : e prese a riflettere eh' era il suono stesso che aveva udito quando fece la prima comunione____ ahil la sola sua comunione. E gli venner le lacrime e s'avviò alla chiesa. Là sul sagrato vide un pescatore, che, venendo da Brivio e vinta quell'ascesa, si era fermato a riposare a pie della croce col suo carico di pesci che portava a vendere a Monza. Il cavaliero gli disse : — Fate piacere, tenete un tratto il mio cavallo ». Ed entrò in chiesa, e quel che vide e quel che sentì nessun lo seppe mai. Se non che, uscito con gli occhi molli, e osservando il pescatore stracco e gravato, gli disse: — Mettete il vostro carico sul mio cavallo, a casa a piedi. Sto a due passi ». 11 pescatore non osava accettare, ma poiché il gentiluomo dio mano a collocar egli stesso il carico, l'altro non sei fece dire di più. Al domani, ecco il pescatore giunge al castello, e gli dice che essendo mal pratico, avea guidato male il cavallo, sicché era caduto in un fosso e s'era fiaccato le gambe. Aspettava rassegnato le bastonate, e invece il gentiluomo gli die due /.cechini, e — Datevene pace, e pregate per me ». Certo il pescatore pregò: ma i dì seguenti il giovane comparve in abiti mutati ; al corsaletto di velluto, agli sproni dorati, al tòcco piumato surrogò la tunica bruna di terziario di san Francesco; e colle sue ricchezze fondò l'ospizio di Sabbioncello, e v'accoglieva malati e pellegrini, nella fiducia che un giorno i santi raccoglierebbero lui pure in paradiso. Forse era questa una panzana pia del secolo passato, niente più attendibile che le guerresche e teatrali delle gazzette del nostro ; ma fatto è che Sabbioncello è un modesto monastero, bellamente collocato s'una collinetta, che da un lato scende a Merate, dall'altro alla postale. Un tempo appartenne esso pure all'abbazia milanese di San Dionigi; poi Paolo III Jo donò agli Amedei, o frati della Pace di Milano, che bilicarono il convento nel 1550, alla parrocchia di Pagnano tributando una libbra di cera e una d'incenso nel giorno di san Giorgio. Nel 1588 vi si posero i Minori Riformati, e l'edilìzio fu ricostruito nel 1627 sotto fra Bernardo da Merate; nel 1715 dipinte le cappelle della Via Crucis, restaurate poi nel 1757 dal Malvini pittore e dal Caldaro architetto. Nel naufragio delle fraterie al 1810 sobbissossi an-che questa, e il convento e i beni furono comprati per franchi 1715 dal signor Giuseppe Perego di Cicognola, che vi lasciò stare quelli che v°llero continuar, se non la vita cenobitica, almeno la dimora: e coll'in-tenzione di restituir il tutto ai frati, se mai venisse tempo che i governi cessassero d'averne paura. Tale intenzione egli trasmise alla moglie Angelica; ma poiché non vedeasi via di riprislinamento, ella isti luì in quella chiesa una cappellata laicale nel i 828, con l'obbligo di solennizzar il 2 agosto, giorno del Perdono; e con patto che, se mai si potessero ripristinare le corporazioni religiose, potessero i patroni ceder questo luogo ad una di esse, riservando sempre la riversibilità alla famiglia Pcrego in caso di nuova soppressione. E in fatto nel 1851 venne concesso vi si rimettessero i frati. Fin ad ora erasi il convento diviso in quartierini , dove passavano l'autunno persone che non poteano o non voleano farlo in più chiassose villeggiature. Sta nella parrocchia di PagiunÒ, paese già infeudato a Ghilia, la cui casa a Vizzago ora appartiene all'artista cav. Bagatti Valsecchi. I Ghilia lasciarono molti beni in Garsaniga all'Ospedal maggiore, comprati poi dai Bellini. Chi, invece di discender a Merate, seguiti l'altura, dopo Cicognola trova Sartiuana, paese antico, con laghetto limaccioso e malinconico, e con case dei Calchi, un de'quali nel 1560 fe ricostruire la chiesa. Più volte si parlò d'asciugar quel lago, guadagnando tanto terreno all'agricoltura, e mandando le acque a fertilizzare il Sasso di Valle ed altri sterilumi. Seguendo, si trovano la Grggana, vdla fortunata d'una delle viste più estese sopra il Bergamasco e l'Adda: e Cassina fra' Martino, che ere-desi fondata da un Viraercati, cavaliere di Malta, con ròcca e ballatoj, e con chiesa dove i sepolcri domestici. Chi uscisse da Merate verso kvante, incontrerebbe Novate col piccol suo lago. Già era feudo dei Pietras^anta e dei Calchi-Novati, un de' quali, capitano Mauro, nel 1542 lasciò da distribuire in perpetuo 100 staja di grano ai poveri di Merate, Novate, Pagnano, Cernusco, Osnago, come tuttora si continua. L'ingegnere Bertòla di Novate nel 1457 diresse i lavori del naviglio della Martesana. Sulla strada provinciale per Bergamo sono la Madonna del Pianto, poi Rodiate, il cui nome ha etimologia comune col monte Orobio che gli sovrasta, e che dà un famoso vino. Robiato aveva un castello nel 1195; poi fu feudo del Monastero Maggiore; e nel 1647 l'ebber i Corio col titolo di contea. Sta fuor di Paderno la chiesa parrocchiale, alla quale, or è mezzo secolo, l'Amati antepose un pronao elegante. E circondato di ville che han guardatura su tutto il piano milanese. Di là proseguiremo verso Vkrdkuio, diviso in superiore e inferiore. Nell'inferiore aveano possessi e casa i Templari, cui credesi appartenesse l'alta torre che si estolle dopo il palazzo Annoni e la casa GallavresL Si finisce ora una via rettilinea che lo congiunge a Verderio inferiore, su'cui campi fu data, al 29 aprile 1799, una battaglia tra Austriaci e Francesi, cioè da IMBERSAGO. MADONNA DEL BOSCO 955 quelli che venivano a liberarci da coloro ch'eran venuti a liberarci tredici mesi prima. La casa Confalonieri in altura servì di fortezza, e quando Ser-rurier, che comandava quest'ala, capitolò, la convenzione fu firmata dal fattore della e;,-a, in mancanza d'un comandante del forte II padrone odierno vi sta fabbricando con lautezza una casa, ove si daranno gli esercizj ai sacerdoti. Ritornando, sui nostri passi, giunti ai Morti di Paderno scendiamo a veder il naviglio e costeggiamo l'Adda sino a Imhkhsago, elevalo sopra Una breccia simile a quella che si cava a Trezzo. Nel 998 era posseduto da Liutfredo vescovo di Tortona, che lo vendette a Ottone padre di Gregorio V. I Landriani vi stabilirono un ponte volante, serbandosene il pedaggio : e anche adesso serve a tragittar a Villadadda. Vi ebbero case e ville essi Landriani, i Belgiojoso, i Simonetta, gli Andreotti; ed ora vi si ammirano il parco ed oratorio de' Gastelbarco, e una raccolta di quadri in casa Albini. Pochi resti d'una torre, e la chiesa di San Pietro riportano alle età cadute; la qual ultima nel 160S fu riedilicata ila Marsilio Landriani vescovo di Vigevano. Discosta è la sua parrocchiale di San Marcellino, con titolo d'arcipre-tura, e bella casa parrocchiale. Attorno Sabbione ; Mombello già degli Ai-roldi, poi degli Andreotti che vi fabbricarono splendida villa, divenuta dei Roma e d:;i Lumiarez. Ivi presso, e proprio riinpetto alla bergamasca Villadadda , sorge il devolo santuario della Madonna del Bosco, Di maggio il nono l'anno diciasetle (1617) Videro qui Maria anime dilette. Senza mancar di rispetto alle tradizioni nè rinegar la critica, benediciamo ai vecchi nostri che in quella solitudine prepararono un centro di preghiera e di pellegrinaggio. La cappella dove questa apparizione è rappresentata in Plastica, fu fatta al cessar della peste nel 1632 da Gaspare Brambilla, indi per larghezza dei Landriani e dei Taccona, dei Lavelli e per limosine, crescenti anche fra tanta miseria, nel 1644 vi fu sovrapposta la chiesa, disegno di Carlo Suzzi. Un Alessandro Masnaga gentiluomo di Missaglia, qui ritiratosi a fumita devozione, spianò il bosco, e ne formò orto, piazza, viale, col suo esempio, benché vecchio, animando i paesani che venivano a lavorare. Non è guari la famiglia Castelbarco che se ne asserisce patrona, fe migliorare nel 1851 le strade che vi conducono e la gradinata che scende al piano della strada comunale. Ora il prete Bossari, con tutta l'umiltà cristiana, che nasconde i benefizj, giova da più anni il vicinato -, 1 Sarà descritto più innanzi. ^ ^t'di la Madonna del Bosco, notizie sloriche di Giuseppi; Bo.nacina 185(». Sulla via trovasi una cava di pietra molerà, già mentovata nel XV secolo ; poi Ariate di cui è memoria neir879, e la cui chiesa fu eretta verso il 1000,' a tre navi e con battistero ottagono dedicato ai santi Colombano e Gotardo con monastero di cluniacensi benedettine, che nel 1475 furono unite a quelle dell'Annunciata di Milano: solo nel 1810 fu eretta parrocchia. Per mezzo a campagne diligentissimamente coltivate e che hanno di sopra e di sotto boschetti e ronchi, formanti ciglio all'Adda che sentesi fremere al basso, si arriva a Braio. Che questo borgo stesse in parte sulla sinistra dell'Adda par certo, e ne' notaj è indicato Brivhim de za e Brivium de la, come ivi tuttora si dice. Ma che la chiesa plebana fosse di là, dove ora è un tabernacolo di sant'Ambrogio, manca ogni argomento a crederlo. Che dipendesse da Bergamo è una delle avventate asserzioni del canonico Lupo, che alla sua città volle arrogare tutto il corso dell'Adda, e la sinistra del Iago di Como fin all'isola Comacina. Il nome consuona a tanti altri gallici, composti di briva ponte, come Samorabriva (Am*>h.s),Eburobriva, Durobriva, Ourobriva, Brivia Cur-reti (Brives sur la Corrèze), e mostra vi fosse un ponte, sul quale probabil mente aveva passaggio la via romana tra Bergamo e Como, segnato nella tavola Peutingeriana. Però non se n'ha memoria anteriore al secolo IV, allorché san Simpliciano, succeduto a sant' Ambrogio nel vescovado di Milano andò a levare nella valle tirolese di Non (Anaunia) i corpi dei santi Martirio, Sisinnio, Alessandro, ivi martirizzati, e qui li depose alcun tempo (397), sicché da loro prese titolo la chiesa plebana, che forse egli edificò ponendo parte delle reliquie nell'altare. Che san Simpliciano fosse del vicino Bevente, è tradizione vecchissima e scritta e non irragionevole: e ne porta l'effigie la pala dell'aitar maggiore in quella chiesuola. La plebana di Brivio prima del 900 era stata donata ai canonici ordinari del duomo di Milano, i quali vi metteano a capo un prete, facendolo confermare dall'arcivescovo. Nel 968 è ricordata da Gottofredo di Busserò la canonica e chiesa campestre di San Leonardo. Avanti il mille, il paese apparteneva, con Lavello, alla Corte, o diremmo alla giurisdizione regia di Almenno, la quale neh' 892 fu dall'imperatore donata a Corrado, marchese e conte di Lecco, di stirpe salica-Questa stirpe fini nel 975 con Attone: il quale, con Feri inda sua moglie, figlia di Bertarido da Beolco, la vendetter a un prete Gio. da Sorlasco-e questo assegnolla ai preti della chiesa di San Salvatore d'Almenno coi castelli di Lavello e di Brivio. Questi atti o furono fittizj o venner ritrattati, e la verità è che quei due castelli trovansi appartenere alla cattedrale di Bergamo, a cui sono confermali da Enrico I imperatore nel BRIVIO 057 iOlo. Il podestà di Bergamo giurava specialmente « di ritenere Brivio colle sue pertinenze >:ma è probabile intendesse il Brivio di là. L'altro do-vea consistere nel castello, e in uno spazio ricinto da fossa e da mura con Una porta sola, dentro il quale aveano case i Bajardi, i Canturj, i Ca-nossi, i Bonghi, i Capitani di Lavello e di Vi mercato, i quali ultimi erano ricchissimi posseditori nel dintorno. Il castello, vasto quadrato con torri rotonde ai due angoli di mezzodì, e a quella di nord-est una più alta quadrata, a cui s'appoggia una triangolare, forse fu fabbricato dai vescovi di Bergamo; e alla loro età spetterebbe una cappella di san Gio. Battista, di cui, pochi anni or sono, si scoperse il sotterraneo, con quattro colonnette che forse ne sosteneano la diroccata volta, e capitelli e una gran lapide, che tutti andarono dispersi. Quando poi la democrazia o la feudalità rivalsero contro le giurisdizioni vescovili, Brivio trasse lì e i rio. importanza dalla sua posizione, a cavaliere del lago, con una bastia,un ponte e il castello sulla destra, e sulla sinistra fortificazioni, di cui vedonsi gli avanzi ancora a Mura. Nel Xill secolo vi si ricoverarono i nobili milanesi; ma Illustraz.. del L. V. Vol. IIf. 421 il popolo mandò 200 balestrieri, che demolirono la ròcca, e colmarono il fossato. Questo però rimase attorno alle poche case che ancora restano di là del (iume. Il ponte non doveva esservi più, giacché quando i soldati viscontei, perseguendo i Guelfi che si difendeano in Val San Martino, vollero passar l'Adda nel 1373, ne gettarono uno di legno. Nel 1337 la famiglia dei Coleoni possedeva il castello, e la parentela dei borghesi di Brivio è registrata fra le guelfe, che amnistiò Gian Galeazzo nel 1385. Anche nel 1409 Malatesta de' Malalesti menò truppe da Bergamo a Pon-tida e Caprino, poi fatto uu ponte a Brivio, vi passò per dar battaglia ai Ghibellini a Bovagnate. I Veneti, guerreggiando Francesco Sforza nel 1445, presero il castello di Brivio, dove costruirono un ponte, e ristaurarono il forte, che poi resero al duca nella pace del 9 aprile 1454. Nella quale è convenuto che il duca restituisca tutti gli acquisti che avea fata di là dell'Adda, ritenendo però la Valsassina, la ròcca di Bajedo e Pianchello ; il territorio di Lecco con Acquate, la vai di Morterone e Bramano, Chiuso, Bione, tutto il fiume Adda, il ponte di Brivio: la bastia fatta di là da questo, verso Val San Martino sia diroccata, né possa più rifarsi, e il terreno dove era rimanga alla repubblica: però in capo al ponte il duca possa tenere un ricovero per dicci fanti. Lo Sforza munì la riva milanese, e specialmente elevò una rocchelta sopra Ajruno, da cui ancora ha nome una chiesuola devota della Madonna. Allora Brivio diventò ;iaese di confine col veneto, sicché vivo eserci-tavasi il contrabbando, massime in occasione d'una fiera che teneasi pel sant'Andrea, sulla sinistra del fiume.* Da IP estimo del 145G raccogliamo, che in questa pieve, i più grossi possessori erano i Vimercati ad Ajruno, Brivio, Ariate, Cassina, Sarti-rana, Morate, Sabbioncello: ai due Verdcrio i Boldironi, i Verri, gli Scac-cabarozzi: ivi e a Pademo i Pusterla: a Bobiate e Imbersago gli Aresi, i Landriani, i Mantegazza: i Novati a Novate e Bobiate: a Merate i Beol-chi e i Carcano: a Carsaniga i Settala e i Seregni: a Olgiate i Perego e i Trecati; gli Ornali a Calco; tutti cittadini di Milano, oltre i foresi, particolaretti abitanti in campagna, nelle cui famiglie conservansi ancora molti di quegli aviti poderi. Carlo V da Genova ai 16 ottobre 1536 infeudava il borgo e il castello al conte Girolamo Brebbia. Nella canonizzazione di san Carlo (1614) i Briviesi offersero un candelliere d'argento dov'erano effigiati i santi patroni. Nel 1630 la peste lo disertò, sorvivendo solo le famiglie Lavelli, Mandelli e Cantò. A proposito della qual peste, il Tadino racconta come, nella sua visita, seppe che i Lanzichenecchi vi erano stati sol' di passaggio, e s'erano bruciati i cenci, la paglia, il fieno su cui avean dormito e BRIVIO 939 mandati i soldati infermi su carri a Merate, Trezzo e Cassano, tutto profumando col lauro e il ginepro che qui abbondano. Egli dava a Brivio 45 fuochi, mentre Imbersago n'avea 75; Ariate e Ajruno 50; Paderno 65; 215 Merate, capo del monte di Brianza; Olginate 80, Trezzo 155. Quando si aperse il naviglio di Paderno, l'arciduca e il suo seguito s'imbarcarono qui per far il primo tragitto fin a Milano, e Brivio parve trar nuova vita dalla navigazione che partiva di qua, dove si stabilirono molti pavoni, ossia guide delle barche, venuti da Trezzo o da Golasecca. Colla repubblica cisalpina cessò Brivio d'esser confine : ma nel 99 apparvero sul lido opposto Russi e Cosacchi, e minacciato bombardare, ottennero barche, con cui tragittaronsi sulla destra, e saccheggiarono il paese come tutto il dintorno. Nel 1813, quando crollava il regno d'Italia, la riva opposta era occupata da briganti, cioè da giovani refrattari c disertori, che spesso venivano a far le fucilate contro il paese, per ira che aveano col dottor Bernardino Cantò, fanatico pei regnanti d'allora, tanto che, per procurarsi l'onore d'avere una volta l'anno alle caccio il viceré Beauharnais, profuse il patrimonio, e fabbricò una ricca sala in mezzo alle paludi, ove cadea sfasciata quando testé il Martignoni compratala ne fé un ripostiglio. I fatti di quel tempo, che, come tutti i cambiamenti di governo, die campo a riazioni, sfogo ai parliti o vigore alla bordaglia, lasciarono al paese una rinomanza di fazioso e facinoroso,'che è ben lontano dal meritare. La pesca da Brivio sin a Cavenago era diritto dell'arcivescovo; diritto nulla più che scritto come tant'altri, perocché i Briviesi da antico la esercitavano nel loro lago e ne furono riconosciuti nelle paci di Cremona 1441 e di Lodi I4>'i4. Certo in quel tempo il lago da Lavello ad Ariate spettava ai Vimercati. Il fisco nel 1606 lo pretese, e dopo lunga lite, fu deciso a favor di questo nel 1620; quando, per transazione a denaro, la comunità fu messa in luogo e stato della regia Camera. Tanto però era costala la lite, che il Comune dovette rivender il lago alla contessa Corio Visconti per 48,000 lire ■". Queste dispute aveano dato ai.sa ai Bergamaschi di mettervi barche é ed'izj, sostenendosi a mano armata; ma il trattato di Mantova, che prolisse i conlini del Milanese , escluse la repubblica veneta dal compossesso dell' Adda, onde furono levati i battelli, distrutte le pesca je. Dappoi il lago ricadde al fisco, che lo vendette al tesoriere Brebbia ; da 3 Nel XVI secolo era obbligo che i pescatori mandassero, lutti i venerili, una. prefissa quantità di pesce da vender ;i Milano e precisamente quelli dì Lecco, Ballano, Mannello soo libine ciascun paese; Olginate, Pusiano, Brivio, Annone, tuo; !ìo Ajruno, Botolo, Oggiono, Salu: 30 Trazo. ultimo lo possedette il nominato Bernardino Gantù, che poi lo vendette ad Abondio Lambertenghi di Como; e questo a varj privati. Tal possesso importa il diritto di tagliar le canne e la carice sulle isole e sui bassi fondi, di esigere una tassa dai pescatori e pretendeasi anche la riserva della caccia, che si fa discretamente abbondante di anitre e folaghe. Il porto fu appaltato nel 1578 per lire 320, quando pur si vendettero quelli di Lecco per lire 821, d' Olginate per 360, d'Imbersago per 230, di Trezzo per 335, di Yaprio per 2400. Ora vien appaltato per circa lire 4000 all'anno. Di recente si ebbe un aborto di mercato. Prima che buone strade si aprissero, centinaja di somari venivano da Trezzo e da quegli intorni a portar il grano a Brivio, che qui caricavasi su grosse barche (ochini) per condurlo al mercato di Lecco. Anche questo cessa. A Brivio sedette una pretura, or feudale, or regia, che talvolta ebbe soggetta gran parte della Brianza e la Vallassina. Nel regno d' Dalia dipendette dalla giudicatura di pace di Merate; poi sotto gli Austriaci riebbe la pretura, che nel 1857 gli fu ritolta, collocandola a Merate, e quivi lasciando solo il commissario distrettuale. Alla basilica, intitolata ai santi Sisinnio, Martirio e Alessandro, nel 1036 Lazaro e Domenico fratelli, di Brivio, viventi a legge longobarda, donavano i proprj beni, acciocché i preti in perpetuo dicessero mattutino, messa, vespro e il restante uftizio. Nel 1213 il papa delegò Armando Visconti vescovo di Vercelli a finir una lite fra un chierico e il prevosto e i canonici di Brivio. Consta dalle visite che nel 1496 v'erano 12 canonici, oltre il prevosto e il mazzeconico e i vecchioni : nel secolo seguente erano otto. San Carlo, che nelle sue visite merrava compagno l'Albano prevosto di Brivio, e-che in questa pieve avea fondato il seminario di Celana, si mostrò scontento, perchè, rotta la disciplina, i canonici non risedevano, il prevosto andava qua e là: non confessionali in chiesa, non impannate alle finestre: onde condottovisi in persona nel 1571, cercò trarU al meglio. Secondo il disposto da lui, l'arcivescovo Visconti nel 1586 ridusse il capitolo a tre soli canonici, cioè un coadjutore, un magistrale e un altro, e soppresse il mazzeconicato e la scuola di vecchioni, ma il cardinale Federico, che lo visitò, nel 1610 trovava non residenti i canonici. Egli ovviò alcune superstizioni col far cingere di cancellala di ferro la bella Madonna leonardesca che si venera in San Leonardo; e cercò invano fossero resi alla chiesa di Sant'Antonio i pingui beni lasciati da Giannantonio De Capitani di Vimercato verso il 1400. Il cardinale Pozzobonelli nel 1754 consacrò la plebana allor riedificata 4* * Intrapresa m-i :ìiì e spese della vencintda scuola e dell'eredità Carezzi;nel 1733 si comincio il coro: mi tì&y rVitaie: nel iì!;r> le fondamenta del Lui campanile, Unito il 17IJ0 a speso roirunali BRIVIO 8. quella descrizione: sicché la inseriremo dopo la provincia di Como, lasciando al povero Splendiano Morselli accompagnar L'Adda dalle sue origini sino alla foce, colla passione che gli dava e il nascere da paroni di barche, e Tesserne rimasto tant'anni disgiunto. Delle frazioni di Brivio, Vacarictia è nominata fin dal 1200, ed è omonima di varie terre in Lombardia, d'una vicina a Firenze, d'altra negli Albanesi di Calabria: le Bastie traggon nome dalle fortificazioni ivi erette nel 1448. Foppalovera indica, come altri nomi cònsoni, la frequenza dei lupi. Scalvada, dote d'una cappellata Cantò, indicherebbe un bosco tagliato, ed è la più bella situazione del paese, s'un colle che dominava la bergamasca e il corso dell'Adda, prima che ogni vista le fosse tolta dagli alberi clic giganteggiano nel bel giardino Carrozzi. Becerate trae nome da Bevcra, che significava i rivi a cui conduceansi a dissetare le bestie, e che perciò è ripetuto in molti luoghi. I Vimercati che lo posscdeano, ne donarono parte al monastero di Civaie, donde passò come commenda a prelati : l'ultimo de' quali fu il cardinal Durini. Chiamato al fisco, Io comprarono i Bfa.r-tignoni, che vi estesero praterie, anche a marcita, e crebbero assai la produzione. Se prendiamo a nord-ovest di Brivio, troviamo Ajku.no alle falde d'un monte selvoso che muore in paludosa spianata. Villaggio antico, già dei Vimercati. Qui resta in benedizione Angela Maglioni maritata Pizzagallij che delle sue sostanze nel 1828 parte donò alle Agostiniane di Milano, coll'obbligo di educar una povera orfana di questo Comune: 20,000 lir*0 all'orfanotrofio di Como, col peso di educare un fanciullo di qui; lire 500 per medicinali a questi poveri, 130 per la scuola alle fanciulle; due doti annue di lire 80, e 200 per sussidio perpetuo agli infermi e alle vedove del paese; beneficenze cresciute da Luigi e Francesco Magni e da Irene Marozzi. Alla chiesa si ascende per lunga gradinata; le porte d'ingresso sono ai lati: dentro fu abbellita d'altare e d'organo. Di là, seguendo la valle selvosamente pittoresca del Gherghentino, si sale alla Madonna della Ròcca, devoto santuario, festeggiato la seconda fosta di Pasqua, quando un tempo vi saliva processionalmente il clero di Brivio. Trae nome da una ròcca molto estesa, dove forse i signori del luogo rico-veravansi dalle correrie de' Barbari, o annidavano la lor prepotenza. Dap' poi la munì Francesco Sforza, ponendovi a difenderla Gio. Calco, che la sostenne valorosamente contro il Malatesta. Ne durano ancora ampie vestigi3- II luogo offre un bel selvatico, tra boschi che coprono un monte calcare stratificato, il quale scende a precipizio alla strada , e decomponendosi lascia cascar continuamente pezzi di sasso. Testé dal parroco fu coltivato a vigneto verso sud-ovest, dove sono cappelle con istorie dell'Addolorata, di pitture e di iscrizioni infelici. MONTE DI BRIANZA 963 Dietro Ajruno sta la montagna scabra e selvosa del Sanginesio, a mezza costa della quale trovasi Ajzuro. Poi si arriva all'altopiano che forma il monte propriamente detto di Brianza, e dove sono le terre di Campsiiiago, di Gagliano, di NÀva, di Tégnojie, Vuoisi che Nava fosse villa della reRina Teodolinda, e mostrali la Porta Vedra (porla vetere), e alle Gassi nette d Poslago, nomi storici. Dicono vi nascessero la Agnesi e il Farina assassino di san Carlo ; tradizioni senza fondamento. Bensì Tegnone s'in-R'oria di Giuseppe Bipamonti ( 1577-1643 ), canonico della Scala e dottore dell' Ambrosiana. Quivi guastossi coi colleghi, ond' ebbe una Sf,rie di disgusti, cresciuti dacché pubblicò la sua storia della Chiesa milanese, ove si vollero vedere ed errori di fede e allusioni, tantoché il cardinal Borromeo, che sempre'l'aveva favorito, dovette lasciarlo sottoporre ad un processo ecclesiastico, per cui fu condannato a rimanere due anni nel palazzo arcivescovile. Che i Milanesi facessero Ruerra ad un loro storico non è meraviglia. Le parti dell'opera sua che più interessano son quelle concernenti la peste del 1630 e i personaggi immortalati dal Manzoni: il suo latino è gonfio e pomposo, e fa segno di degradata coltura il vederlo, quest'anni, esibito come un Tito Livio, non men che il credere necessario di porre una traduzione a fronte di brani che se ne riproduceano. Nel 1851 gli fu posto un ricordo in patria, ove mori e fu sepolto. Sulla cima del Sanginesio era un convento d'Agostiniani, soppresso il 22 maggio 1771. Certi Airoldi d'Oggiono ne comprarono i beni, poi nel *852 ottennero si riaprisse l'oratorio, ma poco dopo fu chiuso ancora, €d anche interdetto. Queste terre, come Bman/.oi.a, danno eccellenti castagne e patate. Di là scendesi a Coi.ogna, nome alla romana, cui sta presso Car a ve aio, dove Vincenzo Monti tornava spesso negli ultimi suoi anni, ospite d'un Attceggi Allora si usava ancora a venerar le persone d'ingegno; e a noi pareva gran che quando potevamo spingere il carruccio, entro il ^lale pesava l'apoplelico cantor di Bassville. Segue BovAeivvrr., operosa terra. Nelle sue alture combatterono fieramente Guelfi e Ghibellini al 7 aprile 1409. Santa Maria Hoiie ha evidentemente denominazione tedesca, ed ottennero grido nelle storie i Capitanei di Santa Maria. Dappoi v'ebbero Monastero i. Serviti, che oltenner il mercato, il quale ancora si continua; e Possedeano 852 pertiche di buon terreno. Deliziosamente alle falde del Sanginesio s'accampa Mondomco, ove il giardino di casa Boma abbonda di agrumi, e si colgono eccellenti vini. Vi rimangono torri antiche. E buoni vini dan pure i ronchi di Porcuera , terra che alcun vuol detta Pulcheria, forse per antifrasi. I Delcorno v'ebber molti privilegi dai Visconti nel 1440, poi fu feudo degli Erba nel 1684. Resti di fortificazioni vedonsi a Casternago. La parrocchiale è a San Zeno, chiesa lontana dagli abitanti. Ride invece di bella postura Olgi air, e vicino da un lato il Buttero, palazzo già dei Calchi, villeggiatura frequentata al tempo dei Dugnani, di cui era il cardinale Antonio, morto ai dì nostri, e che lasciò molte beneficenze ai paesi vicini, non meno del marchese Giulio. Bifolco era castello di longobarda illustre famiglia. La chiesa de' santi Pietro e Andrea slava soggetta immediatamente alla santa sede, cui nel 1192 tributava dodici denari; aveva una lauta collegiata, che poi passò in commenda, finché a mezzo il secolo passato le prebende furono assegnate al capitolo del Duomo, poi dal governo cisalpino vendute a privati, che le biscazzarono. Vi si trovò un'iscrizione: ceueri . . . può agrokvm mbssibvs co.\s. c. placioivs cn. t. v. c, La chiesa antica, non è guari diroccata, avea figure simboliche, e architettura di cui resta appena un'orma nell'esterno del coro. Si conservò parte di una lapide in bianco marmo, su cui leggesi in caratteri rozzi: Genere forma sensv opibvs ajfectvque decori Hic duo qviescvnt ueqvi bollitale germani Gramo Aldoqvc simvl, qcos mvndvs habvil charos Qvosqve vnvs transitv(s) vno svb marmare clavsit .... seviens ìws mvgro (mucro) peremit .... prove dvdvm • Forse di questi Grauso e Aldo era il sepolcro che allora si scoverse, e son due longobardi noli per le storie di Paolo Diacono. La tradizione vorrebbe che da Beolco al castello di Casternago andasse una via sotterranea, e che prima vi fosse un lago, asciugato dalla regina Teodolinda tagliando il colle fra Buonmartino e Inmonte. Calco mutò vita dacché gli fu tolta la strada, che qui ertissima, conduceva da Monza a Lecco. Trasse di qui nome la famiglia Calchi, longobarda che aveva possessi larghissimi qui e a Buonmartino, e castello a Ve-scogna e a Sartirana. Vi villeggiava lo storico Tristano Calco e più tardi Ambrogio Torriano vescovo di Como, che vi cominciò la malattia che lo trasse a morte nel 1679. Paolo di Calco è ricordato fra* primi ingegneri del Duomo, con Antonino da Paderno. Conserva il nome una Grancia de' Benedettini, divenuta poi commenda dei monsignori del Duomo. La parrocchia è antica, e prima di san Carlo v'erano aggregati Sartirana e Mondonico. È di recente costruzione la chiesa, intitolata a san Vigilio, che dicono abbattesse qui un idolo. LECCO XI. Lecco e il Territorio. (Parte del Distretto X) AlPestremità del ramo orientale del lago di Como, ove questo ripiglia corso di fiume, è situato Lecco, a'piedi della Grigna meridionale e del Resegone, monte che la sua forma dentata fa discernere lontanissimo nella pianura lombarda. Lecco è nella latitudine di 45° 51' 7"; all'est del meridiano di Milano 77' 50", dalla quale città dista chilometri 55 o miglia 30; e 16 da Como. Il nome sa di greco (Xeuxo? bianco), e vi fu chi argomentò fosse il romano Liciniforo, che migliori ragioni collocano a Incino. La chiesa più antica reputasi quella sul poggio di Santo Stefano, eretta nel V secolo, e matrice di tutta quella che poi fu pieve di Lecco : indi il clero si trasferì a Castello, dove rimase finché san Carlo portò a Lecco il prevosto e la collegiata, ed eresse in parrocchie i varj villaggi del Territorio, obbligandoli a un annuo tributo, in ricognizione dell' antica dipendenza. Lecco formava un contado rurale, che per quattro generazioni fu tenuto da una famiglia d'origine Franca, vivente a legge salica, fregiata anche del titolo di marchese, e che si spense nel 075. Allora Ottone Il ne investì Adalgiso vescovo di Como. Poi nel secolo XII era corte del vescovo di Milano, sotto cui acquistò l'indipendenza comunale, combattè nelle gucrricciuole, e nel 1127 cooperava alla rovina di Como, mettendo in acqua cento navi da battaglia, con uno schifo inventato da Azzone di Rumo, che faceva uffizio di carroccio. Federico Barbarossa, vinto che ebbe i Milanesi, divise il nostro paese in sei contadi, un dei quali era Lecco, con un vicario imperiale, ma presto fu aggregato alla repubblica milanese. Sotto questa, i Torriani, signori della vicina Valsassina, vi tramarono contro Matteo Visconti, che perciò mandava Giavazzo Salimbeni podestà di Milano (1296), il quale, congregati a Merate i fanti della Martesana, cavalcò sopra Lecco, ne prese 250 ostaggi, poi comandò che tutti i terrieri si trasferissero colle loro robe a Valmadrera, donde videro la patria l°ro andar in fiamme, conservala solo la ròcca per tenerli in soggezione: e si pubblicò il divieto di mai più rifabbricarla. I decreti della tirannia Illustra?,, del L. V. Voi Ili. durano poco, e non tardarono i Leccbesi a riedificare la patria, che stette 40 anni dissoggetta da Milano, finché Azzone Visconti la sottopose, e la provide di mura e del bel ponte. Questo la rese una chiave del territorio milanese, onde \i seguirono frequenti battaglie contro i Veneti o contro altri invasori. Nel 1311 Enrico VII imperatore conferì a Cres-sone Crivello la signoria di Lecco e della Riviera, spettante in antico all'arcivescovo, a cui Matteo Visconti avea trattate di restituirlo. Al principio del 1500, quando Svizzeri, Spagnuoli, Francesi con avvicendamenti iperbolici di fortune giocavano a lotteria di sangue il possesso della Lombardia, e parea volessero meritarsela col gareggiare a chi più mal le facesse, fra quei trambusti ne'quali l'individuo ripiglia importanza pensò farsi strada Gian Giacomo Medici milanese, che provveduto dell'audaci* di bandito applicata in grande, nò rattenuto da scrupolo alcuno, nò da principio stabilito o da tradizione politica, religiosa, sociale, si rese formidabile coi delitti, e arrivò per inganno a impadronirsi della ròcca di Musso. Quivi fortificatosi mentre il governo paesano era debole perchè nuovo e disputato, cintosi di quanti bravacci voleano vender il loro ferro peroro, e tenendo JU disciplina severa questa plebe della plebe, corseggiò il lago, assali la Brianza e il territorio di Lecco, la Valtellina e la Valsolda, ebbe una flotta di sette navi grosse a tre vele e quarantotto remi ciascuna, portanti da 40 a 100 uomini, e or vendendo il suo ardire agli avvicendati padroni della Lombardia, or adoprandolo a suo senno, con singoiar misto di calcolo e temerità, combattè i Grigioni a cui tolse Chiavenna, resistette agli ultimi Sforza, si intitolò conte di Musso e di Lecco*governatore del lago e della Valsas-sìna , battè moneta, fe stare il duca di Leyva , il qual diceva più nuocergli il Mcdeghino che tutte le armi ducali; trattò coi principi ; e Carlo V, padrone delle Indie e dell'America, non potò domarlo se non concedendogli grosse somme, il feudo di Marignano col titolo di marchese, e la capitananza del suo esercito che mandava ad abbattere a Siena 1'$* timo resto di guelfa libertà. Sua sorella sposò un signore d'Altemps» un'altra un Borromeo da cui generò san Carlo: suo fratello fu papa col nome di Pio IV. E conserva fama tra que' condottieri, che, per coloro che la storia considerano come un'alluvione di eventi fortuiti, rappresentano l'onnipotenza dell'azzardo e della forza. Poco dopo, Battista fratello di Gian Giacomo, per 12 mila scudi comprava in feudo Lecco e le Tre Pievi, ma non gli rimaneano un pezzo. I Leccbesi, liberati dal lungo assedio del Medeghino al 19 marzo 1528, lecer voto di solennizzare il giorno di san Giuseppe, e recitare ogni giorno cinque pater e ave : come quando, al 28 aprile 1581, cessò la peste, promisero di santificare i giorni e le vigilie della Beata Vergine e dei santi Rocco e Sebastiano, del che scolpirono memoria nella chiesa di S. Ni- LECCO 967 cola 1 ; come per cessare le ricorrenti gragnuole nel 1599 ridusser solenne il giorno di san Francesco. Nel 1629 Lecco fu afflitto dal passaggio de'Lanzichenecchi e dalla poste. Nel 1704 fu dagli Spagnuoli reso agli Austriaci, che continuarono a tenervi un comandante di piazza. Nel 17 33 vi arrivarono i Gallo-Sardi, e si posero ad alloggio nelle migliori case del Territorio « ove stettero quasi due mesi con sommo aggravio e soggezione: e se si difficoltava dare le case, eglino senza riguardo spezzavano usci, porte a chi che sia, levando paglia, fieno, legna senza risparmio » "2. Lecco, considerata piazza militare, n'ebbe tutti gl'incomodi fino a Giuseppe II, il quale fece vender le fortificazioni ; e comprolle il conte Serponti, al pari della casetta che avea fabbricata e abbellita il Bonacina, ultimo comandante della cittadella, che avea creduto finir in pace la sua vita in una piazza da guerra. Al 26 aprile 1799 vi accadde una battaglia tra i Francesi condotti da Serrurier che perdeano, e gli Austro-Bussi che recuperavano la Lombardia. Nella corrispondenza di Napoleone col viceré d'Italia, massime nel 1805, appare quanto caso egli facesse di questa testa di ponte, che raccomandava di fortificare. Sotto il regno d'Italia fu capo della pref ttura della Montagna; e il seminario arcivescovile, posto presso a Castello, vi traeva molta gente, e agevolava ai natii l'educarsi. Tornati i Tedeschi, Lecco rimase capo d'un distretto, con giudicatura che comprende il distretto di Oggiono, uffizio delle ipoteche e di commisurazione e un ispettorato forestale. Il lancio che prese nel 1848 gli meritò il titolo di città, caduto con quel lampo di cose: pure seppe causare quella tinta di ridicolo: che fra i moderni copre chiunque non riesce. Nel 1856 ottenne una stazione del telegrafo elettrico, e neh' anno seguente una Cassa figliale di risparmio. Nel giugno del 1859 secondò di gran voglia il moto della riscossa. Nell'età municipale, formava un solo Comune colle vicinanze sue, comprese anche adesso nel nome di Territorio, sopra il quale aveva giurisdizione il podestà di Lecco ( poleslas terree et partium circumslnntìum Lcuci), assistito da un gran consiglio di 100, e da un piccolo di 24 membri: e tra le altre cariche, eleggeansi ogni anno quattro uomini della concordia, perchè componessero arbitralmente le piccole discordie. Il Territorio aveva per stemma uno scudo bipartito, colla solita croce c°tuunale e il leone rampante, probabilmente dedotto dagli antichi conti. ^ra è formato dai Comuni di Acquate, Belledo con Maggianico e Barco, * Ora le duo lapide stantio fuori della porla laterale della chiesa maggiore. 2 Cromclietla del convento di Pescarenico. Castello, Chiuso, Germanedo, Laorca, Diate con Bonacina, Rancio con Castionc, S. Giovanni della Castagna; e costituisce ecclesiasticamente una sola pieve di rito ambrosiano s. Fin dal 900 son aggregati al medesimo distretto alquanti Comuni valsassi-nesi; cioè Ballabio superiore ed inferiore, Bajedo, Barsio, Cassina, Crc-meno, Moggio, Morterone, Pasturo: ed altri della pieve di Mandello, cioè Badia con Bardino, Lierna e Linzanico con Crebbio e Lombrino, Mandello con Maggiana, Rongio con Molina, Motteno e Tonzanico, Somana, Vassena, Olcio. Nel Territorio, raggio di circa 10 miglia, 85 mila pertiche son di terreno coltivato, 90 mila di bosco, con 18000 abitanti. La coltivazione è asciutta, a gelsi, vigneti e grano, in campi mollo suddivisi, come attesta quel labirinto di muricciuoli, costruiti allorché, abbondando i pascoli comunali, i privati dovevano garantir il proprio camperello dalle mandre erranti. Quanto a Lecco specialmente, la popolazione di 7,500 anime è sana, vivace, attuosa, da antico dedita ai traffici e al commercio di transito; il mercato, già in uso nell'età carolingia, vi trae gente dal lago, dalla Valsassina, dalla pianura , a provvedersi principalmente di commestibili e del grano, di cui giransi per 32 milioni di chilogrammi Panno. Dalla Grigna il fiume Gerenzone; dal Resegone i fiumi Galdone 6 Bione scendendo rapidi, somministrano portentosa forza motrice, applicata ora principalmente a lavorar il ferro, che cavasi e colasi ne'forni di Pagnotta, Premana, Cortenova; e che ora, ampliata la manifattura, cercasi dai porli di mare; come se* ne manda di lavorato per tutta l'alta Italia. Movendo a ritroso del Gerenzone e della Fiumesella, canale artificialmente sostenuto di acque che non disseccano mai, e che non essendo distratte per l'irrigazione, passano intere da un edilizio all'altro, voi trovate una continuità di edifizj fino a S. Giovanili di Laorca e a Rancio e a Ma-lavedo, applicati a filatoj, a magli, a fucine, a cartiere, a laboraloj fabbrili. Vallata chiamatisi complessivamente quelle terre, centro dell'industria ferriera, e il dialetto che conservasi a Rancio e Laorca invoglia a credere che i primi canopi venissero dal Bergamasco. Quivi la ghisa greggia della Valsassina, del Bresciano e del Bergamasco e i rottami raccolti si convertono in masselli nelle fucine grosse, mentre nelle piccole riduconsi in verghe tonde o quadrate o piatte, o in lìloferro d'ogni calibro, e inistru-menli agricoli e chiodi. Ancor più si potrebbero utilizzare quelle forze vive; pure le grossolane ." Allu pieve di Lecco spettano inoltre le parrocchie di Uallabio, Morterone, Colmina e Brumano. Si hanno Statuta Civiltà Comunitatis Leuci, Milano ititó'J. LECCO 969 sezioni e paratoje in cui son ridotte bastano a far di Lecco un piccolo Manchester, avvivando beo 153 meccanismi, in cui 44 magli di ferro, May li di Lecco. 54 fucine di trafila, 20 officine per tornir la ghisa e facciajo, oltre sètte magli da rame, col corredo de'laboratorj annessi. Da antico è rinomato il liloferro di Lecco, ma venne migliorato quest'ul-timi tempi per opera dell'ing. Giuseppe Badoni, che sbandi la crucciosa operazione, per cui un fabbro, sospinto a pendojo da una specie d'altalena, traeva quel ferro colle tanaglie: e si ridusse a mulinelli. Altre macchine egli introdusse per preparare i chiodetti, e profitta dell'aria calda Per iscarburarc la ghisa. Men antica v'ò l'industria della seta. Abbondandone la produzione nel Territorio e nella vicina Brianza, presto si attese a trarla, filarla, incanirla: ma poiché Lecco trovavasi a confine col Veneto e poco discosto dai Grigioni, senza strade, e dominata da una fortezza, non poteva gran fatto svilupparsi. Apertosi sotto Maria Teresa il naviglio di Pademo che agevolava la comunicazione colla bassa Lombardia; sotto Giuseppe II smantellatasi la fortezza; cessati il Bregamasco e la Valtellina d'essere paesi 970 PROVINCIA DI COMO forestieri, cominciò ampliarsi il lavorio della seta, che in questi ultimi anni ebbe portentosa moltiplicazione di filande, incannatoj, torcitoj, di cui ha fabbricatori ingegnosissimi il paese. Più di mille fornelli da filanda, più di 2000 valichi da torcitoj prestano lavoro agli abitatori e ricchezza ai commercianti, i quali, avvistisi che non importa tanto la quantità del prodotto come la qualità, si affissarono a perfezionarla co'migliori congegni forestieri. Primo modello ne fu la filanda Gavazzi di Valmadrera e dietro a questa altre, e il coprire gli aspi in modo d'aver sempre eguale e la temperatura e l'umidità. Avanti l'atrofia, il Territorio producea Tanno quattro milioni di chilogrammi di bozzoli ; 360 mila di seta filava, e ne torcea 860 mila. La forza dell'acqua si applicò pure a mulini, a filature di cotone, a torchi di miele e d'olio; e in quella di Carlo Omboni a Castello sei pressoj idraulici strizzano 50 sacchi di semi oleiferi al giorno col metodo di Mar-sigila, ed ebbe medaglia d'oro dall'Istituto Lombardo, e menzione onorevole ail'esposizione mondiale di Parigi. Oltre queste industrie, e il ricavo de'terreni e della pesca, profitta a Lecco il transito, servendo di scalo ai grani pel lago, ai legnami d'opera e ai minerali dal lago diretti alla pianura, alle calcine di Pare, alle ghise della Valsassina, ai formaggi, alle pelli della Svizzera, al cotone, olio, canapa, coloniali avviati da Venezia alla Svizzera, infine alle sete. Da tutto ciò traggono anima i mercati settimanali; ma la fiera di bestiame, concessa nell'ottobre durante, il blocco ticinese, non acquistò gran favore. Mentre ai mercati dei sabbati d'ottobre qui convengono i signori che villeggiano nel ridente contorno, se vi annoja quel contrasto fra l'operosità d'un vulgo che stenta di pane , e la cinguettiera affettazione dei semiricchi che vengono a ostentarvi il lusso, l'infingardaggine, la petulanza , occupiamoci di visitar il paese. Non vi cercate anticaglie : tutto vi sente del nuovo, ed io popolano non accettai per un insulto l'udir una damina esclamare che Lecco tien del villano rincalzato. Il ponte che vi conduce fu eretto nel 1336 da Azzone Visconti, con otto archi fissi, e gli altri levatoj; e due torri all'estremità; Francesco II Sforza lo distrusse; il governatore conte Fuentes nel 1609 lo ristaurò in undici archi, quanti oggi ne conta, tirando metri 131: testé, demolite le torri venne meglio adattato alla crescente affluenza e all'ampiezza delle carrozze e dei carri odierni. A quel ponte il fiume ripiglia corrente , ma ben presto stagna dilatandosi nel lago di Pescarenico, il cui nome, come quello di Pescate e Pcscaù, indica l'abbondanza di pesce, cioè di barbi, botrici, anguille, lucci, persici, triglie, trote, tinche, vaironi, pichi, arborelle, lamprede, LECCO gamberi, agoni. Il diritto di pesca, per investitura del 27 giugno 1684, spetta alle famiglie Monti, Polvara, Ghislanzoni, Riva. Lecco è quasi il ganglio di diverse strade; quella che vien del lago, quella che entra nella Valsassina , quella che verge a Bergamo , quella per Valmadrera, e la militare verso Milano. È naturale che desiderasse una strada ferrata, e sta nei progetti, anzi negli obblighi la congiunzione sua con la veneta, per Bergamo come inclinerebbero Quei che mirano ad abbreviar la comunicazione principale fra l'Adriatico e la Svizzera; con Milano quelli che no valutano le infinite relazioni. Dell'antica rócca non avanza che una torre , al palazzo che già era sede del podestà, or della pretura. Là presso esisteva la porta Castello o porta Milano; e di quivi fin a Caldone stendeasi un prato deserto, ove poi sorse la chiesa di San Giacomo, più volte demolita perchè impacciava le fortificazioni, e sempre risorta finché il secol nostro la cancellò del tutto, e su quel prato eresse abitazioni. A settentrione, dov'è la casa Kava, aprivasi la porta San Stefano, con un monastero di Benedettine, e la chiesa della Maddalena ; tutto fatto demolire da Gian Giacomo Medici per ragioni strategiche. Porta Nuova, fatta a levante nel 1442, fu demolita sotto Giuseppe II quando i baluardi furono venduti al marchese Serponti. E delle fortificazioni erano parte le mura, su cui sorge la presente chiesa plebana; anzi d'un torrione si vuol profittare per erigerne il campanile. Questa era una chiesuola, diroccata dal Medici, ricostrutta col sussidio degli Sforza; dotata da san Carlo dì collegiata, che durò fin agli ultimi tempi. All'incremento del borgo non bastando più quella gretta chiesa, si ampliò sopra disegno dell'ingegnere Bovara, condannato però a impedulare il vecchio, e appiccicar be'le membra a un corpo meschino e mal situato. Del tempo di san Carlo era qui prevosto Giorgio Betazzi, gran zelatore della disciplina e vicario al sant'Uffizio, a cui denunziava quelli che strapazzassero i sacramenti, o sapessero di scemo nella fede, esponendosi perciò a pericoli. Alla prepositura che non rendeva che cento scudi, fu annessa quella di Pallanza, affinchè il Betazzi meglio potesse « vivere et adoprarsi per la sant'Inquisizione a gloria di N. S. e ad estirpazione degli eretici ». Per simile zelo erasi segnalato nel 1277, fra Pagano da Lecco, delegato inquisitore di tutta Lombardia. Brulicando la Valtellina d'eretici, egli mosse con fra Cristoforo e con due notaj per processarli, ma giunto alla Collorina, fu cólto dai bravi di Corrado Venosta e trucidato Or si 4 Nel Bollano domenicano, vol. I BIT, sta il breve dato dal |Papa contro gli assa-sini del bealo Pagano; ed lo fra le mie carte tengo l'assoluzione, che l'inquisitore di Como concedeva, nel 1271», a Egidio di Ma//.*., fautore del Venosta. LECCO E TERRITORIO 975 venera col titolo di beato, e le sue reliquie dal disacrato San Giovanni Pedemonte di Como, furono trasferite poc' anzi in questa chiesa dell'ospedale. D'atri uomini celebri non serbò gran memoria Lecco. Stefano Mer-linis fu uno de'primi stampatori, come tale comparendo a Cremona nel 1472. Francesco Gerosa nel 1008 pubblicò la Magia ha sfarmatrice dell'uomo a miglior stato, titolo specioso d'uno scempio trattato di medicina. Carlo Giuseppe Reina fe una dissertazione per la Comune di Lecco. Del sullodato architetto Bovara sono merito le grandi chiese di Val-madrera (1814), Calolzo (1824), Annone (1839;, i campanili di Og-giono e Villadadda, e qui il teatro, aperto alle rappresentazioni nel 1844, e l'ospedale, dotato dalla generosità de'comunisti e principalmente di Antonio Mazzio. Esso Bovara, amantissimo del suo paese, ne puhlico una carta topografica, e ne promove tutti i miglioramenti; e di quanto trova di curioso furma un museo patrio. Nel suo gabinetto si vedono gli edilizj antichi di Roma, eseguiti in sovero da Giacomo Anghileri di qua. Un altro falegname Giacomo Matarelli sta compiendo il Duomo di Milano esattissimamente in legno, nella proporzione di 1/50. Come alla bassa si addita sempre la possessione o l'affittanza del tale o tal altro, cos'i qui domandasi ogni tratto di chi sia quel torcitojo, quella filanda, queir edifizio, e vi rispondono del Boyara, del Campelli, del Gat-tinoni, dei Dall'Orto, del Villa Pernice, dei Ghislanzoni____ La chiesa di Castello era la parrocchiale al tempo della guerra medicea, onde vi venne sepolto il valoroso Gabrio, fratello di Gian Giacomo ucciso in battaglia ; e Giovan Angelo altro fratello, divenuto papa Pio IV, nel 15G5 le concesse il perdono, che ricorre alla seconda festa di Pasqua: e che s'alterna fra Castello e Lecco, con gran concorso. In chiesa serbasi fra le reliquie un pezzo della veste di san Carlo. La buona statua di san Giovanni Nepomuceno, che ora sovrasta alla fontana sulla piazza, fu tolta dal parapetto del ponte di Lecco. Gian Giacomo Medici, quando distrusse, il convento di san Giacomo nel prato di Lecco, in espiazione lo trasferì a Castello, ove durò fino a di nostri. Egli pure vi pose le Benedettine, che poi ne furono cacciate da Giuseppe IL Allora V arcivescovo Visconti vi istituì il seminario pei Piccoli cherici, che nel 1839 ne fu tolto come malsano. Ora è convertito in filanda e in un' officina di ferro del Badoni, che a cilindro vi °pora le verghe. Nella tremenda irruzioni; del chólera del 1830, quando si segnalò per zelo il dottor Ticozzi, gli abitanti lécer voto di non ballare per 20 anni. Mu*'***, drl L. V. Voi. HI. Fu di quivi il prete Castellini, che fondò la prima scuola di dottrina cristiana a Milano nel 1536, e ne dettò le regole e stese l'Inter-rogatorio, e morì nel 1566 dopo veduta l'opera sua adottata ed estesa da san Carlo. Salendo da Castello verso la Vallata, a S.v.n Giovanni di Laoiica vedremo una buona Deposizione dalla Croce del Guercino, e un'Addolorata scolpita da Carlo Tantardini di Valsassina. Alla Cereda ivi presso villeggiava Francesca Manzoni, poetessa che vi morì di 33 anni. Io Gastione han importante filatura di cotone i fratelli Grassi; la villa Campagnani fu per alquanti anni accuratissima quanto ora abbandonata, e sempre sarà uno de'punti più calmi e vistosi insieme, sopra il lago e la Valmadrera e il pian d'Erba. Presso Laouca una chiesuola de'morti col cimitero, dominata da una rupe sporgente, tappezzata di muschi, di capilveneri, di lingue di cane, ginestre, edera, biancospino, e incrostata dalle acque che vi filtrano, e adorna di cipressi e ippocastani con cappelle della Via Crucis, dà uno de'più teatrali prospetti. Non discosto si penetra per un antro muscoso in uni serie di camere, con colonne di stalattiti e stalagmiti, e mille graziosi sbizzarrimenti della selenite depostavi dal gemitio dell'acqua. A quest'acqua si attribuiscono qualità miracolose, e massime i Bergamaschi vengono attingerne per asperger i bachi da seta, e dicono che quella virtù le fosse stata data da un beato Giovanni, che colà viveva da eremita. Seguendo per la Vallata si va alla Valsassina, di cui diremo più avanti. Scendendo da Castello ver mezzogiorno, troveremo a un crocicchio un rialto con una croce, che dicono Canterelli, dove sono sepolti gli appestati del 1630. Procedendo arriviamo a un ponte sulla strada vecchia, presso cui è il Caleotto, ove don Alessandro Manzoni, patrizio milanese oriondo della Valsassina, fece nel secolo passato un palazzelto a disegno dello Zanoja ; palazzetto che poi fu venduto dal famoso suo omonimo, al quale Lecco deve la gloria d'esser nominato da tutto il mondo. E non v' è chi lo visiti senza voler udirsi designare i luoghi del divulgato romanzo. Ben inteso che l'autore a bell'arte ne alterò la postura; ma collocano ad Acquate la parrocchia di don Abondio, al Pomerio sopra Laorca il caslellotto di don Rodrigo : resta a Pescarenico il convento di fra Cristoforo; ma il castello dell'Innominato chi lo pianta sopra San Girolamo, chi alle falde del Moncódeno, mentre storicamente si sa che stava in tutt'altra plaga *. <• \ elusi il noslro commento storico ai Promessi Snosi. LECCO E TERRITORIO 975 Da Canterelli una strada verge a 6late, dove han casa i Sacchi, dei quali furono i beati Gandolfo e Alfonso, e un presidente del senato di Milano, e il famoso musicografo padre Giovenale. Conservano quadri reputati di merito. Il curato del paese fa una raccolta degli uccelli di Lombardia e dei nidi. È presso Bonacina; poi la vallata di Sant'Egidio (san Giro) con una chiesa di questo vocabolo che credesi del secolo IV, ma da restauri sformata. Il popolo, che vi s'affolla al 4 settembre, sa dirvi che gli Ariani teneano quella chiesa , tinche sanguinosamente ne furono snidati dai Cattolici. Il vicino Zucco ha un palazzo degli Arrigoni, ora de' Crespi. Acquate è parrocchia antica, e terra di buone case, che molto figurarono ne' parteggiamenti del medio evo, e fu distrutta dal Carmagnola. Nel 1544 Giovan Antonio Airoldi legò le proprie sostanze al mantenimento di vecchi; che sono sempre da 12 a 15 di tutta la pieve, eccetto Lecco; istituzione unica nella campagna nostra. Ne fu dianzi rinnovata la chiesa, e mentre fabbricavasì essendo venuto P arciduca Massimiliano a visitar il Territorio e soccorrerne le miserie del tristo inverno 1858, diede i dinari per mettervi l' organo. Gli sta a meriggio Germac.nkdo , nella cui elegante chiesuola v' è un buon dipinto, sul fare del Perugino. Per poco che cresca, Lecco si congiungerà con Pescarenico. I Cappuccini, non avendo un luogo di posata tra i loro conventi di Bergamo, Domaso e, Como, impetrarono di porne uno a Pescarenico che fu benedetto nel 1576 alla presenza del governatore Mendozza, il quale in persona andò in giro col bacile a raccogliere limosine per queir edilizio. E si perpetuò l'usanza che ogni anno le parrocchie del Territorio, alle ro-gazioni e a san Francesco, venisser processionalmente al convento a far un'offerta, e udire la messa cantata dal prevosto di Lecco; finché uno di questi, che poco se la dicea coi frati, interruppe la consuetudine. Un padr-Bernardo d'Acquate stese un'insulsa cronaca di quel convento dal 1575 al 1780 ; ed è inutile dire che non v'è menzione né di fra Cristoforo né di Irà Galdino. È singolare che un paese colto come il Territorio abbia si poche memorie conservato: nelle chiese non trovammo iscrizioni che di qualche legato pio: nulla ne'cimiteri : nulla delle fondazioni : chi era questo san Giovanni eremita di Laorca? che c'è di vero nelle tradizioni di sant'Egidio? chi piantò e perchè quella cappelletta sull'erto San Martino, e come potea sussistervi un monastero, e quando ne fu tolto ? Di ciò e d'altro noi chiedemmo invano : le ricordanze offerte dagli storici della Brianza (Cantò) • della Valsassina (Arrigoni), e da uno speciale del paese (Apostolo) son raccimolalc d'altronde: e le vive si annettono ad un romanzo che tien vece ma non luogo di storia. A Pescarenico, sulla strada ver Bergamo, in territorio tagliato dal Bione, pur dianzi frenato robustamente, segue Bi:i.li:do. Bisogna dire avesse per l1 addietro importanza maggiore, giacche dà nome al Comune, il cui primato è ora indisputato a Maogjànico, Nella bella chiesa di Sant'Andrea con ricco altare, son due preziose pale; una del Luino in nove comparti, rappresentanti la Madonna annunciala nei tre superiori, santa Caterina, sant'Antonio, sant'Andrea, san Sebastiano, e la Madonna col Bambino negli altri, e in mezzo il Padre Eterno, ben restaurato di recente e posto in aitar nuovo ; e un altro quadro di Gaudenzio Ferrari coi santi 'Antonio, Bonaventura, Ambrogio; oltre i dodici apostoli in piccolo nel gradino, della scuola stessa. Sopra la casa parrocchiale e un affresco del quattrocento a simboli; e meriterebbe essere studiato avanti che perisca. Un'elegante chiesetta a san Bocco fecer erigere i Ghislanzoni, a disegno del Bovara, nella frazione di Busco; terra che viene a nominanza in grazia di un'acqua solforosa, che , trovata opportuna specialmente alle malattie della pelle, è poi comoda più di qualunque si conosca per la postura , la vicinanza al lago risparmiando i soliti disagi dei trasporti in valli, non sempre possibili agli infermi. Crescenti comodità, pulitezza, cortesia, ricreazioni e la bella varietà de' vicini passeggi dovrebbero aumentar il numero degli accorrenti, non foss' altro ad estiva e modesta vineg-giatura. Ultimo abitato del Territorio, e confine del Bergamasco, Chiuso col nome slesso indica la sua destinazione di barriera fra due popolazioni; più difendibile quando la china del monte, non ancor tagliata dalla strada, scendea fino al lago. Negli archivj veneti noi trovammo una quantità di controversie agitate, a cagion di questi paesi, fra la serenissima repubblica rappresentata dal capitano di Bergamo, e il ducato di Milano rappresentato dal podestà di Brivio. Moriva nel 1822 il parroco Serafino Moraz-zoni, dopo 49 anni di cura parrocchiale nelle opere della maggior pietà e carità, onde resta in fama di santo, ed ottenne un principio di culto. Tutto questo ventaglio in piaggia che descrivemmo, fu creato dallo sfasciume portatovi da sei versanti delle tre vallate che qui riescono ; e il geologo ama osservare in que' muricciuoli a secco quasi uu museo di p;etre madreporiche. Alle spalle poi s' elevano monti, dalle minime pendici fin al Pizzo del Lasnino (metri 2196) e al Resegone (metri 1892); e sul davanti di là del Iago la Valmadrera, fra il monte Baro (metri 965) e i Corni di Canzo (metri 1385). Monti calcari, però di natura differente, sulla quale lasceremo che dissertino i geologi. E primo LECCO E TERRITORIO 977 a settentrione si affaccia il Sasso di san Martino, degno d'esser visitato da chi abbia buoni polmoni, robusti garetti, scarpe indolenti, e poca paura del sole e delle vertigini. Da Rancio vi si sale per sentiero diru-pinato, da quadrupedi più che da uomini. Ben presto, cessate le viti e Ì gelsi e la coltivazione, succede una costiera brulla, appena da lontan a lontano distinta da qualche noce o acero: ma sempre più prolungando la vista nel piano, si arriva ad una cappella che cade in mina, e che vedesi in tutto il Territorio. Il pellegrino si ricordi che è da sciagurato il fermarsi a mezza via: rifiatato, ripigli quel sentiero verso ponente, e dato volta al promontorio, sopra la Gessima giungerà aduna silvestre solitudine, dove sta un'altra chiesa, dirotta e abbandonata, con un cascinale, ove asseriscono che un tempo abitassero monache, levale via pel minor male. Or non vi capita se non qualche villano, che ascende da Bancio a mieter il fieno e tagliar la legna dagli aceri, dai castagni, dai frassini. Quel po di piano che v'è si sporge a strapiombo sopra la strada, talché se getti giù lo sguardo, non vedi che l'abisso. Racconta Paolo Giovio d'un Lodovico Savelli, che sdrucciolò da questa altezza, ma nel cadere abbrancossi a un ramo d'albero. Cinque ore stette cosi sospeso sovra l'abisso, vedendolo molti, e non trovando modo di soccorrerlo; finché stracco e arso dal sole lasciossi cascare, rotto della persona, e soffogato prima di giunger sui letti che invano aveangli distesi sotto. Di lassù la prospettiva è deliziosa, come in pochi luoghi. Verso mezzogiorno succedonsi i varj laghetti di Moggio, d"Oggiono, di Bri-vio in cui stagna l'Adda, della quale si segue per buon tratlo la lucida corrente : e al lungo di essa le miti colline del Bergamasco e del Milanese. A ponente, fra il monte Baro e i Corni di Ganzo apresi la Valmadrera , poi i laghetti di Sala, Annone, Oggiono, e via via il pian d'Erba e Ì colli della Brianza incoronali di palazzine. A settentrione i monti della Vallassina e qui i della Grigna accompagnano l'occhio su pel lago sin alla punta di Bellagio e alle delizie della Tremez-zina. Intanto si vede un ferver d' opere per la coltivatissima campagna sottoposta, arder rimpelto le fornaci della calcina, scorrer barchette sul piano ondoso, e batter in cadenza i magli, o fremere le turbine in suono profondo. Pochissimi anche di Lecco montarono fin lassù; ma se noi sapessimo valutare, e facessimo valere le bellezze de'paesi nostri, non andremmo a cercarne costosamente e faticosamente sulle vette del Righi e del Pilat, 0 nelle mugghiami valli dell' Oberland. Chi pel piano di Ballabio, lasciando a sinistra la Valsassina, monti verso « cresta del Besegone, ha un sentiero discreto, che serpeggia lunga pezza in vista del lago, di poi s'ingoia nell'alpestre valle dei Boazi, sparsa di massi calcarei, somiglianti spesso a statue mutilate. Le vette mustransi nude affatto di qui ; pare salendole si trovano pianetti coltivati e praterie e boschi. Se questi rivestissero le cime, potrebbero offrire ancora un lauto prodotto, ma, sulla via che alquanto fu migliorata questi anni, traverso ad immensi spazj scoperti, i vecchi additano dove in loro gioventù sorgeva un faggio, un frassino, anche un abete, che il tempo distrusse e gli uomini non ripiantarono. Restano solo alcune selve di castagni a frutto, e aceri di cui si fanno molli lavori, massime nel pendio opposto, che è la Val d'Imagna. La Colmine aveva un castello; e nel 1790 contava 702 abitanti, soli 97 nel 1828, ora da 90; è la più piccola parrocchia della diocesi milanese , e il curato non vi dimora che nei mesi estivi, quando cioè vi stallano i mandriani. Moiiterone (a. 320) s1 approfonda in una valle dei monti che separano il distretto di Lecco della Val Taleggio : deserti opportuni alle caccie, e a chi dalle atroci ridicolaggini della citlà abbia contratto il bisogno di pensieri, solitudine, decenza, libertà. Dove il monte già inclina alla Val d'Imagna, siede Bhumano, milanese di diocesi, bergamasco di provincia, paese affatto alpestre, a 1877 metri sul mare, i cui 3G0 abitanti restarono anche più impoveriti dalla vendita dei beni comunali, che, non potendolo i natii, furono comprati da estranei. Poche praterie, qualche selva, la segale e il granoturco non sempre maturati danno scarso cibo agli abitami, ostinati però a dimorarvi. E la patria 1 c> Lassù additano diverse grotte a stalagmiti, e felici prospetti sopra le valli dilatantisi verso il Brembo e Bergamo. Chi gli bastasse l1 animo d1 affrontare il passo del fo, avrebbe circuito il Resegone, e potrebbe per calle non difficile scendere lungo la pittoresca Val d^Erve fin sopra il devoto San Girolamo, e riguadagnare di là il Territorio. fi Nel HKfi la serenissima Repubblica conveniva col duca di Milano dei conlini lungo tutta la linea dov'erano discussi, vale a dire nella Val Taleggio, nel monte di Lecco, nel Bergamasco verso Geradadda , sulla strada cremonese verso Mozzanica fino al Serio, [n quanto al paeIOn> di monlngnuolc e vallette, tutto coltivo, tutto popolato. (Vedi In f .vrn). "'».'.Vn: Jel \„ \\ Voi. Ut. 12 ottobre, Ira gran concorso ed elogio e versi e brindisi vi si collocò una lapide che dice : a GIUSEPPE PARIM gloria dell'ingegno lombardo che nuovi sentieri aprì all'italica poesia e la fe potente interprete p' alti pensieri e di sdegni magnanimi DER1SOR sublime de' fiacchi costumi banditor sincero delle VERITÀ' più utili maestro d'uno stile pellegrino TEMPERATO che ubridisce al concetto e gli cresce energia alcuni estimatori perche oui dove poveramente nacque e prima s ispirò nel riso di ciel sì lieto abbia il nome di lui perenne ossequio p. nel mdcccnlvil Di Oggiono può chi vuole derivare il nome dal greco Eu yxiov, buona terra; ma non ebbe importanza ne1 tempi andati, dipendendo dal monastero di Civaie. Chiuso fra due colline a mezzogiorno e a tramontana, da quelle ha felicissime vedute. Pretendono che un lago si estendesse lìn alla valle di Rovagnate, e lo rasciugasse la solila regina Teodolinda, non restando che il nome di Peslago: come il nome di Castello al vertice del colle verso Elio ove sorgeva un forte, e di Castellazzo s' un altro poggio sopra il Laguccio. E molte case conservano traccio d1 antichità. Dappoi Oggiono venne feudo dei D1Adda. Benché discosto dalle vie provinciali, pure ha ricchezza e commercio : il setifizio ò vivo ; ogni venerdì vi si tiene mercato, e due fiere annue. La parrocchia ha 2600 anime, e quasi 12,000 la pieve di cui è capo. La chiesa preposilurale esisteva nel 1288 con un solo altare, e con collegiata ; la quale abolita ai di nostri, Poblalo Dellinoni vi pose un teologo, un coadjutore e un canonico, or di nomina della famiglia Lavelli. La chiesa odierna fu fabbricata nel 1614, nel qual anno Filippo III di Spagna diede il privilegio del mercato. Vi sono affreschi e piuure, e principalmente P Assunta di Marco d'Oggiono: altri lavori della scuola del Lumi e del Campi, uno sposalizio alfrescato dall'Appiani in seigiorni nel 1790, una Via Crucis del Figino. Il campanile fu cominciato nel 1793, e compito con cupola a disegno delPingegnere Bovara, che disegnò pure Paltar maggiore, dove gli Angeli sono di Marchesi. La piazza davanti colla colonna di sant' Eufemia titolare, venne fatta nel 1738 dalla confraternita. I battisteri son uno de1 più'curiosi monumenti dell'antichità religiosa. Po-neansi possibilmente presso le acque, accamo alle chiese pievano, cui talora frano connessi con portici : per lo più rotondi o esagoni o ottagoni, od anche quadri o a croce. Dentro aveano logge in alto: nel mezzo vaneggiava "ina cavità, entro cui poneasi il fonte battesimale : vi si scendea per gradini, che comunemente erano sette, talvolta due o più. Il battesimo amminisiravasi due o tre volte P anno e agli adulti, sicché P edilizio doveva esser capace, e spesso distinto quel degli uomini dal femminile. Nella cappella dipingeasi san Giovanni Battista, e si fregiavano di marmi, colonne, musaici, pitture. Nel Milanese ne rimangono ad Agliate e a Desio annessi alle chiese, interi e staccati a Galliano, ad Arsago con gallerie in alto; quel di CaslHseprio era rotondo e rovinò : ottagoni sono quei di Cremona e di Lenno sul lago di Como : quadrato a Gravedona. A Milano aveasi il battistero degli uomini a San Giovanni al fonte, dove ora è San Gotardo della Corte: e quel di Santo Stefano per donne, dove poi fu Santa Radegonda. II fonte battesimale seguiva spesso la foggia dell'edilìzio; comunemente OGGIONO 1005 era di pietra, cinto da uno o più gradini, talvolta sostenuto da leoni od altri animali simbolici. Queslo d'Oggiono è ottangolare all'esterno, con porta bassa, finestra arcuata, e dentro certamente avea la loggia; ma tutto fu guasto per ridurlo a sacrisiia. La vigilia di Natale si distribuisce ad ogni famiglia un panetone, per istituto d'un Riva Fìdoìì> famiglia eh' era principale nel paese e nel dintorno. Oggiono è gloriato dal pittore Marco. La costituzionale nostra incuria per i paesani ci lascia ignorare ogni circostanza intorno a questo; pare vivesse dal 1470 al 1540: seguisse la scuola dei nostri, finché venne a quella di Leonardo col Salaino, col Boltraffio, col Solari , con Cesare da Sesto, e prescelse di riprodurre il mirabile cenacolo del maestro, quel cenacolo dov'è portentosa semplicità di concetto espressa con somma fecondità d'immaginazione, sicché il Parini diceva, chi era capace di far tale composizione era capace di far un poema. Marco ne esegui tre copie, variando però attitudini e volti : una in tavole pel chiostro di San Barnaba in Milano or in Brera, una a fresco a Ca-stellazzo 1514, trasferita pur essa in Brera e che servi per l'incisione di Morghen: una più fedele e di pari grandezza per la Certosa di Pavia, or a Londra ammirata come la miglior riproduzione dell' originale, anzi emula di questo. Marco sempre adoprò il pennello a soggetti religiosi , quali sono i grandiosi e troppo deperiti affreschi nella chiesa della Pace, varj quadri che son in Brera, uno a Sant' Eufemia, la Vergine delle bilance al Louvre e la Madonna del lago, cui diede per isfondo le patrie acque. A Oggiono fece nella prepositurale P Assunta, copia in piccolo di quella che sta a Brera ; un Padre eterno nella cappella del Rosario, sette Santi in varie altitudini, e probabilmente l'affresco della Madonna, colle sante Eufemia e Caterina, guasto nel trasporto e mal restauralo. A Oggiono son pure la chiesa di sant'Agata con un San Carlo del Le-gnani; di san Lorenzo con bel portico a colonne; l'oratorio dei Lazzaretto, frequentato dai devoti. Nella frazione di Bagnolo si fece un' ampia lavanderia, discomoda per lontananza dal borgo, ma abbondevole d' acqua. Imuerido da poco tempo fu eretta in parrocchia. È frazione sua il Molinello, gruppo di case in altura fra i due laghi, un tempo castello appartenuto ai Cella duca di Frisia, nobili spagnuoli, e non restano che poche arcate degli spalti e i sotterranei, dove la paura popolare vede spettri e testimonj di antichi delitti. Noi di più umani tempi visitiamo 1' oratorio, per vedervi un sarcofago e due reliquiari di bel lavoro del seicento entrante. Il sarco- lago contiene il corpo di santa Marzia romana ; è di pianta ottangolare, rivestito in gran parte di tartaruga, massime le colonne, le pareti e la calotta; d'ebano il basamento, le incorniciature, i pinacoli ; d'argento ì balaustri. Gusto men buono accusano i due reliquiarj, essi pure in tartaruga, ebano e argento : il tutto condotto linissimamente, sicché può credersi lavorato a Roma per cura dei duchi suddetti, che di là portarono le reliquie: ed è ben ragione che se ne compiaccia l'attuale possessore ingegnere Luigi Rossi di Milano. Civate era detto Clivate forse perchè siede scabrosamente al clivo di un monte, appendice dei Corni di Canzo, che divide la Brianza dalla Valsas-sina, e che muore nel lago d' Annone. Era borgo, capo di molte terre che ancor conservano i nomi di Castello, Castelnuovo, Borgonoce. Ora dipende da altri; e fuor di strada e dirotto, poco è visitato. Vanto suo è la pittoresca Val dell' Oro con bella cascata, nel cui orrido è a studiare uno dei fatti più curiosi della nostra geologia ; il gran banco madreporico , anzi muraglia di corallo, che si stende per tutta la Lombardia, dove mal distinto dalla dolomia bianca e grigia che può dirsi azoica, dove conservando le forme di polipajo. Al fondo di quella GIVATE 1005 valle sla 1' arnica chiesa di San Benedetto, croce greca con lunghe finestre arcuate, ma di cui restano appena le pareti. Doveano già avervi chiostro i Benedettini quando Algiso, figlio dell' ultimo re de' Longobardi, nel cacciar su queste alture, divenne improvvisamente cieco, e Desiderio suo Padre fe voto al principe degli Apostoli per la sua guarigione, che in fatto seguì : aggiungono che il papa vi donò il braccio destro di san Pietro 6 la lingua di san Marcellino. Per ampia scalea di 27 gradini si ascende ad un rustico pronao, sotto cui si apre la porta verso un vestibolo, ch'è la parte più bella e conservata. Ai lati vedonsi due colonne spirali, e due ippogrifi in bassorilievo. La volla è divisa in quattro campi, e dipinta, come anche le pareti, con rozze figure simboliche e apocaliptiche. Nella chiesa quadrilunga senza vòlta si sale per cinque gradini alla tribuna, finita in abside. Sopra l'ubico altare, dove il sacerdote officiava rivolto al pubblico, sorge un ombracolo sostenuto da colonnette, i cui capitelli figurano gli animali simbolici, ed i lati un grossolano bassorilievo. La confessione, posta 25 gradini sotto alla parte anteriore della chiesa, è ottangolare, sostenuta da colonne oascenli, con rozzi capitelli. Un ostensorio, entro cui due chiavi, ò il solo avanzo delle copiose reliquie. Bestan le ruine del convento, ma i monaci discesero al piano, e trasportato quivi da Albenga il corpo di san Galocero, da questo intitolarono la nuova chiesa col monastero, avanti il 1018, Que'monaci favorirono il Barbarossa, che perciò tolse in protezione Algiso abate e 31 terre da lui dipendenti (Fedi p ag. 913). Ma con ben diversa fortuna un altro abate trescò di politica, giacché nel 1370 Giovanni Visconti lo fe squartare, e bruciarne lin le ossa con un altro frate. Gli arcivescovi vi avevano dominio e spesso ricovero, munitolo perciò di castello. (Vedi G. Longoni). Dopo il 500 fu dato in commenda, e il pingue commendatario godeva te rendite senz' altro che nominar a cappellano quel che men gli costasse per adempire le funzioni parrocchiali. Se ne lagnava fortemente la Plebe, tanto che il cardinale Erba commendatario affidò la cura agli 01Ì-vetani (1735) colla chiesa di San Vito, che fin oggi serba il rito romano. I frati Olivetani, istituiti da Bernardo Tolomei di Siena verso il 1348, ft°n si estesero molto fuori d'Italia. Qui aveano monasteri a San Vittore in Milano, San Lorenzo di Cremona, Viboldone, Baggio, Nerviano, Givate e Monticello sull'Oglio. Per ordine dell'imperatrice, il plenipotenziario Firmian invitò le comunità religiose a presentar un quadro dei 0r° statuti e dei mezzi di sussistenza, desiderando fosse rintegrata al mo- Mtistroz. del L V. Vol. II!. 1000 PROVINCIA DI COMO nastica disciplinaren regolata P economia, giovato il pubblico colla coltura delle lettere ed arti. Rispondendovi nel 1772, gli Olivetani mostravano come attendessero alla salmodia, alla solitudine, senza spassi, nè letture profane, nè impacci d' affari : erano divisi in sei provincie italiane, sotto un abate generale triennale: in Lombardia contavano 154 monaci, provisti di circa mille lire ciascuno per vivere: chiese e monasteri bene edificati e addobbati, e gli arredi e le pitture eran frutto della parsimonia do'maggiori, e della cura che ogni monaco aveva di lasciar al convento qualche testimonianza del suo affetto. Soggiungano che, se volevansi toglier loro alcuni monasteri, si lasciasscr però Nerviano e Givate, dove mandar la gioventù in vacanza, e i vecchi e i convalescenti a miglior aria; proponevano servir al pubblico coli'erigere in San Vittore un museo di monete antiche, purché potessero valersi d'un capitale depositato sul monte di Santa Teresa, e di prestiti fatti alla corona nelle guerre col Turco. Firmian li ridusse a 12G, li privò dell'esenzione che godeano da tasse; poi presto furono travolti nelle grandi soppressioni. L'ultimo commendatore fu il cardinale Ignazio Busca, governator di Roma e segretario di stalo al tempo dell'invasione francese; alla sua morte nel 1803, essendosi già venduti i beni, il governo irasse a s'è il diritto di nominar il curato vicario. I fondi erano stati comprati da un Zuccoli, che lasciò continuare al Comune P uso della chiesa di San Calocero. Sottentrato Enrico Demey-ster, intimò si levasser le campane e l'orologio, e non ostanti le preghiere, chiuse la chiesa. Or^ è ridotta a magazzino, però la pietà va talvolta a venerarvi una pia immagine; e sul coro vedonsi pitture certamente antiche. Il vecchio convento degli Olivetani è ridotto a casa privata, con ampio giardino a terrazzi, e larghissima vista, ma sovrasta a paludi. Vi si leggono varie iscrizioni, dei prelati commendatori che amavano abbellirlo. La parrocchiale è moderna, e conta quasi 1500 anime. V'ò una causa pia Gerosa pei poveri, e una Pacini per doti. XIV. La Vallassina (parte del Distretto XIV). Ponendo per base una linea tirata da Como a Lecco, e seguendo da queste due terre il lido convergente sino alla punta di Bellogio, si ha un triangolo, contornato da alte montagne, fra le cui radici allungasi la Vallassina per circa miglia IO, con 13 mila abitanti. Potrebbe nominarsi • LA VALLASSINA. I MAJORAGI 1007 Penisola Lambrana dal fiume Lambro che vi scorre, e al suo sistema di monti si annettono il San Primo (m. 1693), il Palanzolo (m. 1433), i Corni di Ganzo (m. 1385), il monte di Brunate (m. 732), il Montebaro (m. 965). Centro n'è il pian del Tivano. Le alture verso mezzodì sono •alpi spettanti ai Comuni del Comasco, che vi mandano a pastura estiva le mandre. Ben può dirsi che la Vallassina emuli le più belle valli del Tirolo e della Svizzera per prospetti, per natura alpestre, per torrenti e selve. Dal pian d'Erba, vi avviano due buone strade, una pel ponte della Malpensata, Incasale e Longone; l'altra per Ponte. Alla Malpensata, fra i laghi di Pusiano e di Segrino, nel 1838 si trovarono sepolcri romani di grandi mattoni colla marca del figulino R I D ; contenenti due o tre vasi di terra dissimili, alcuni anche con vernice nera, qualche lucerna, uno specchio metallico, armille, braccialetti, stili, monete dell'età imperiale. A Longone già tempo, presso la Madonna, fu trovata un'ara, che poi si portò a Desio, coll'iscrizione Herculi lyvicto v. s. l. m. L. Domitivs germanus salvo patrono. La strada, recentemente rifatta, elevasi con lene pendio, ampia e vaga, e talvolta spalleggiala da barricate di granilo, sicché ti credi in un brolo, ricchissimo di gelsi e sparso di noci. Vi s'incontrano Galliano, Couneko, C.yrella, Maniaca. In questa uacque Primo del Conte, filosofo, teologo, ed espertissimo in lingue anche orientali; ebbe parte al concilio di Trento e varie missioni nella Kozia; ajutò san Girolamo nel fondare orfanotrofi, e ad uno in Como lasciò ogni aver suo (1500-93). Otlenner nome anche i suoi fratelli Pietro, Giacomo, Antonio e il suo parente Giulio Cesare senatore. Antonio Maria Del Conte (1514-55) latinizzò il suo nome in Marcantonio Majoragio , del che , come di profanazione, ebbe querela col sant'Uffizio; come n'ebbe con Erasmo per la purezza del latino , ch'e' pretendeva non dovesse scattar d'un punto dal ciceroniano. Lasciò ben ^7 opere, la più parte di filologia. Nella canonica di Sant'Ambrogio a Milano leggesi : M. Antonio — Majouacio — uice.ndi magistko — singu- l.Alu — l.\ ti.m s GRAECIS lucius — PERPOLtTO — et LIDR1S EDlìTS ILLUSTRI *"- qui pub lice DOCUiT - annos X1II1. V1X1T LX1 — Batiiolomaeus comes — CXOIUS K h atri - 1). m. POS un. Fra Adriano Majoragio scrisse poi la storia di questa famiglia. Le terre predette siedono sul Segrino, laghetto tristo come tutti i piccoli, qualora non gPindori il sole. Stan vicini Arcbllabco, sparpagliato *He falde del monte San Pietro, indi Proserpio; e Ganzo al fondo, donde comincia la Vallassina propria. Negli antichi spartimenti, quanto sta fra i monti della Vallassina e 1 laghi di Segrino, Pusiano, Annone, è intitolato Squadra dei Mauri; e sbizzarriscono gli eruditi e il vulgo a cercare dond^ questo nome. La Corte di Casale era formata dalle terre di Brùgora, Arcellasco, Mariaga. Per l'altra strada si poggia a Crevenna, Lez/a dove stettero i Serviti dal 1508 al 1810, e vi rimangono pitture di Gabrio Boso milanese. Ponte abbonda di gozzuti, non si conosce per qual ragione; nel monastero vi ha pitture antiche, e la chiesa è disegno del Cantoni. Castelmarte e Proserho, richiaman i nomi di Marte e Proserpina, ma nulla v'indica questo culto. Bensì a Castelmarte un bell'umore di poca scienza pose una prolissa iscrizione s'un avello di marmo ad onore di Ubaldo Prina, commilitone di Rinaldo d'Este alla conquista di Gerusalemme I Ben potrebbero esser antichi i fregi che l'adornano, e quelli incastrati nel campanile e in altre pareti del paese. Questo era soggetto al capitolo di Monza, che nel 1246 ne confermò gli statuti. Nò tu, Caslino, benché minima fra le terre, rimanesti senza onore di storia '. Nel monte San Salvatore s'apre un valloncino, ove si raccolgono le acque pluviali, che poi gettansi per una bella cascata di forse 40 metri, e finiscono nel Lambro. Sempre fu chiamata Val di Giano; come Mer-cul (evidente corruzione di Mercurio) un podere: vi si disotterrarono medaglie d'imperatori romani; nel medio evo trovansi Cantelligo e Cassi ssino, evidente corruzione di Caslino. Dopo caduto l'imperio romano, vero è che non se ne sa nulla, se non che avea 200 anime, le quali crebbero fin a 900 precise nel 1851. Ecco la storia qual si poteva scrivere trecent'anni fa. Lodiamo il .signor Vincenzo Invernizzi d'aver raccolto e messo in ordine l'archivio del paese, nel quale i suoi avi piantarono un filatojo di seta sin nel 1600. Quest'arto ora vi prospera per gli opifizj Invernizzi, Castelletti, Prina, Mambretti. E i moderni vi procacciarono buone strade, discreta prebenda parrocchiale , nuova chiesa, il cui solo aitar maggiore costò 17,000 lire, e 9000 l'organo, e v'è notevole un eco, che fin sette volte ripete anche i suoni sommessi. Il fiume, che nel 1796 avea recato gravissimi danni, venne frenato testé. Ai geologi non isfug-giranno quattro enormi massi erratici di serpentino ed uno di granito, che si vedono nel torrente. Il monte, già immiserito come possesso comunale (qui dicono viganale), prospera dacché nel 1831 fu diviso tra molti proprietarj. Fra quattro di quelle grotte che abbondano nelle montagne nostre, è notevole quella del monte Boldrino. Ma più famoso è il Buco del Piombo, caverna profonda meglio di 300 metri, in un masso calcare argilloso, interrotto da strati silicei e da ceppo rosso abbondante i II paese di Caslino, memoria storico-statistico di Carlo Annoni, Como I8Ì»'-'- BUCO DEL PIOMBO. GANZO 1009 di ammoniti. Il torrente Bova, che qui si dirupa in pauroso vallone, cresce il diletto col pericolo. Da Crevenna per erta non disagiata, passando da San Salvadore, già convento de' Cappuccini, or villeggiatura di bellissima prospicienza , si arriva al Buco del Piombo, e un atrio Buco »Id Piombo*. spazioso con avanzi di muraglie che si suppongono erette da banditi qui 'ortifìcatisi, introduce nell'antro, or più or meno ampio, sparso d'incrostazioni calcari, e che penetra più addentro, che alcun non abbia osato avventuratisi. Le acque che vi s'infiltrano son talvolta così abbondanti, da formar un torrente che impedisce l'accesso. Ganzo, capoluogo del distretto, si raccomanda a san Miro. Pare quivi Nascesse il 1336; e visitata Roma, e trovandosi troppo riverito in patria, si ritirò a pietà a Sorico, ove morì nel 1436. Nel 1852 se ne riconobbero 'e reliquie, e il vescovo di Como ne donò un dito alla parrocchiale di Canzo. L'aver egli impetrato pioggia alla Lomellina fa che a lui si ricorra specialmente in occasione di siccità; poi la prima domenica d'agosto si va a celebrarne la sagra presso la Fontana del Gajumo, alpestre solitudine che quel giorno s'avviva di devozioni e di merende. Fu di qui pure la beata Simona Cantulli, morta a Parma nel 1474; e vi fiorirono le famiglie Canzia, Missaglia, Meda. Stefano Arcellazzi descrisse varie costumanze della valle in lettere a suo figlio Celestino, e fece l'Arte di educar i cavalli. Morì pretore a Varese. Qui si fabbricavano un tempo belle saje. Nel 1840 vi fu eretto l'ospedale, con largizioni dei Gavazzi, dei Verza e d'altri. Un buon parroco, che nomino col cuore, profuse e gli averi e la persona ncll'assistere i cholerosi nel 183G da eroe, dovevo dire da cristiano: e testò fece che nell'antico cimitero si ponessero un monumento e piante, per congiungere l'abbellimento alla santa e salubre commemorazione. Canzo ha belle vie e pulite, ricchezza d'acque e fontane, caffè, teatro, musica. Dalle colline circostanti trac vino prelibato, massime quel della Veronica; dal monte, ferro, ammoniti e creta. Uscendo da Canzo, ammiri la cascala della Vallategna, le cui acque, A^SO 101J scolo della Val Brona e della Val Vicino, balzanti a picco da erta rupo n affatto rose. Parimente egli si duole non conoscer un'altra, che l'Amoretti non fa accennare, trovala a Lasnigo. Noi possiamo darla : vivens. vedi, veter. lzgìouÌs vini — c. alebo casticci — v. siui et pompe* — IJ°nr.UAiH con — ivm su^e. È su rozza pietra di sarizzo. Si sa ohe la legione IX era la prediletta a Cesare per t|()rtentoso valore. Anche su altre iscrizioni del Milanese accaddero grossi sbagli. Sulla porta della ar<-lipa facciata di San Giorgio in palazzo a Milano slava una scritta, che i nostri non salavano leggera, e Giampietro PuričeHi mandolla a Luca Olslenio a Roma per mezzo (lì Leone Alacci, dubitando fosse armena o russa 0 sehiavona o gotica, « lingue che han caratteri simili al greco .. L'Olstenio si accorse tosto che. era latina con lettere greche all'alto rozze (vedi lettera 2 agosto UJi7 nel catalogo del OraVenna). Il Casligliom, altro dolio milanese, asseriva elio a San Vincenzo in prato v'era sialo mi tempio di Giove-perchè vi fu trovala una lapide Che diceva piovi bt pp.oiiov - L' Olstenio capì facil mente che doveva esser un frammento, da compiersi cosi: arcadio vi et probo v. con-siilihus cioè, essendo consoli Arcadio per la sesta, e Probo per la quinta volta. Nella casa rimpetto al teatro della Scala erano inlisse (prima che quest'anno si atterrasse), tre iscrizioni, che alcuni lenner per antiche, c faticaronsi a decifrarle. In fatto non sono che basi di pilastrini, clic intramezzavano una cancellata, quivi posta intorno al giardino d'un Girolamo Rabia, il quale, secondo I' erudizione scarsa del XV secolo, vi avea fallo mettere iscrizioni o lepide o a divinità. Metto fra le apocrife anche I' iscrizione su piedestallo di rozza pietra, che dicesi cavala dal castello di Asso, e che legge jvnior c. PUfflVs. VflB, <:. p. ruNio vetebl ASSO U)ió Che Asso fin dall'origine fosse chiesa battesimale, cioè plebana, appar-rebbe dal battistero distacoato, e dalle decime che ancora riscuote dalle a^re chiese. Per tale e notata nel più antico catalogo del secolo XII. La presente chiesa fu elevata, a disegno dell'ingegnere Rusconi, nel (641; nel IGG7 la facciala, tutte le pietre cavandosi da un gran [Basso che ingombrava un fondo Curioni in Cim'asso. Fu consacrata d 31 maggio 1752 dal Pozzobonelli. Il tabernacolo di legno, grandioso P'ù che di buon gusto, fu fatto circa il 1680, e testé indorato: d'eguale st''e è il pulpito, intagliato da Fedele Pirovano nel 1685. Son di ignoto 'e buone pitture dei misteri del Rosario: di Giulio Cesare Campi | Annunciazione ; del Panfilo l'ancona di Santa Marta, dov'eran monache lsl'tuite dal sacerdote Andrea Curioni nel 1505. Queste dalla santa vita fransi licenziale ad ogni eccesso, onde furono soppresse. Al principio del 500, i prevosti risedevano su altri benefizj, qua attendo de' coadjutori ; abuso corretto da san Carlo. Allora fiori il presto Girolamo Curionc (1570-1609),zelantissimo contro gli abusi, e che le costruire molte cappelle e il campanile (1598) e ampliar la casa r> e il bardino del parroco; impinguò la rendita co'adjutorale, assistette agli appcstati, e istituì soccorsi agli infermi e doti. Il prevosto Carlo Mazza, nato a Lasnigo il 173S, morto d'apoplessia il 19 novembre 1808, fu fedito dal cardinale Pozzobonelli agli Svizzeri per affari giurisdizionali, slarnpò varie opere, collaborò alla Società Patriotica, e lasciò manoscritte Memorie sulla Vallassina in due volumi, che ci furono gentilmente Comunicate da' suoi eredi. . Nel 1576 una fanciulla frugando trovò un vezzo di coralli, che erano stati riposti da persona morta nella peste precedente, e se li pose, e entrasse il morbo e lo propagò in modo, che niuna famiglia ne restò esente, tranne quella dei Magnocavallo; onde fece voto che i suoi difendenti in perpetuo andrebber ogni sera per le vie intimando di dir Un [«iter e un ave ai poveri morii « come praticano anche adesso » scri-Veva il prevosto Mazza. Ecco il prospetto della variante popolazione della pieve. 1550 1662 1794 1858 Asso 400 980 1080 -1870 Sormano 306 600 871 1099 5 Dalle visito di san Carlo raccogliamo, clic l'abitazione del prevosto di A VERTEMATE «045 lungamente a Milano, adoprato dal governo, amato da molte famiglie e Principalmente dalla Cusani, con cui villeggiava a Desio. Tutti han visto il suo Viaggio ai tre Laghi, ma noi potemmo svolgere i materiali di cui si servì, prova di mirabil diligenza e di non ordinaria occulatezza. Di °gni sua corsa egli teneva esattissimi appunti, talor in forma di lettere; e se la faceva a piedi, come spesso, notava i tempi, e tutto quanto gli si affacciasse e avvenisse, ma principalmente le giaciture geologiche, la coltivazione e l'andamento dei torrenti. E poiché egli era incocciato della rabdomanzia, appuntava tutti i fenonemi di questa, pretendendo assegnare la natura de1 terreni e i filoni di metalli, di carbon fossile, d'acqua. Non sarà discaro ai lettori che, invece del nojoso nostro indice gli porgiamo una lettera che, nel giugno del 98, esso scriveva da Desio intorno a Vertemate, perchè la storia che quivi racconta di uno e quella di moltissimi monasteri. « Io v'avrei scritto un'epistola in versi, come mostraste di desiderare *n tempo del mio soggiorno in villa, e mi ci son provato, ma ho trotto che la poesia è, come l'amore, fatta pe' giovani, e non pe' vecchi ^Ual io mi sono. Scriverovvi dunque in prosa; e perchè la lettera abbia gualche interesse, narrerovvi una mia breve gita nei vicini colli. « Come adesso è di moda fare il soldato, era moda una volta fare il frate; e come ora divien più celebre chi fa più male altrui, allora acquistava più celebrità chi più tormentava sè, e maggior numero di persone aveva che l'imitassero. Voi conoscete la storia degli anacoreti, e saprete che agli austeri fondatori succederono i riformatori più austeri ancora. Uno di questi fu il riformatore de' Benedettini che fondò il monterò di Clugny in un angolo della Francia inospito, acciò i monaci compagni suoi, lungi dall' umano consorzio, non avessero i vizj dell' u-^ana società. « Certo Gherardo, benedettino milanese, mentre i suoi confratelli di San Sempliciano e di Sant'Ambrogio si mesceano negli affari politici dello Stato e nel!' amministrazione delle immense ricchezze che possedevano, mosso dalla fama de' Cluniacensi, andò a visitare quel monistero, e tornonne guanto edificalo tanto avido d'imitare, e far che altri imitassero quel nuovo Metodo di vita. Quel non far altro che recitare de'salmi, pareagli la mi-8"or vita che menar si potesse; e sospirava per averne il modo. Erano Parenti suoi alcuni ricchissimi signori, che Vertemate possedevano. Vergate è un antichissimo paese a sette miglia da Como. I Romani lo chiamavano Bardomagum, e sen fa menzione in una lapida esistente ora nel bardino Castiglioni in Milano. Bardomago secondo l'etimologia celtica significa la città del Bardo. Che bella introduzione per un poema 1 }'luslra~. del L. V. Vol III. IH « Fra Gherardo andò a passar alcuni giorni nel loro castello, eh' è quello probabilmente eh* io da qui distinguo alla nera ed altissima torre in mezzo ad un caseggiato bianco. Forse la torre v'era già a quo' dì. Girando fra quo' colli, venne su un ciglione che dominava un'estesa solitaria palude, nò abitata nè abitabile allora. Quel colle e tutti i colli intorno non erano che foltissime selve. Solo v' era al nord il Castel Bara-delio, e al nord-est la chiesa di Cucciago, ove il famoso Arialdo cominciò nell' undecimo secolo la sua predicazione contro i preti che teneano più volontieri la serva che il servitore. « Trovò il padre Gherardo che quella solitudine era una perfetta copia di Clugny. Chiese di fondarvi un monistero , ove i monaci avrebbono senza nessuna distrazione pregato, e lavorato tanto terreno quanto bastava per ricavarne una meschina sussistenza. I signori di Vertemate, che tutto quel paese possedevano senza trarne nessun profitto, persuasi d'altronde di ciò che i monaci andavan inculcando, che chi dava loro qualche cosa n' avrebbe un centuplicato in terra, e quindi la vita eterna, volontieri gli cederono quella valle, e i colli di lor ragiono. « I Gluniacensi vi si stabilirono. Edificarono sulle prime alcune cellette e una chiesuola. I sassi non vi mancavano, essendo que'colli un ammasso delle ruine di monti schistosi e granitosi che più non sono. E poiché il cappello di que'monti era come lo è oggidì ne' vicini monti coiuensi, di sasso calcare, questo si disfece il primo: i suoi frammenti ne occuparono il piano che era lago: i frantumi calcari penetrarono in mezzo, e formarono la breccia, che ora fa il nocciolo di que'colli. Questa breccia, essendo per la maggior parte calcare, somministrò il sasso da far calcina, DÒ certo mancava legna per farla cuocere. « Qual parte coltivassero que'monaci, noi so; naturalmente sarà stata la più vicina alle celle loro. I castagni, di cui i colli abbondavano ed abbondano , avranno somministrato una porzione del vitto. I parenti e i divoti avranno supplito alle mancanze. Sospetto però che in que'contorni trovassero de' resti di vecchi edifizj, e se ne siano valsi, se non i primi monaci, almeno quei che venner dopo, e la chiesa fabbricarono e il chiostro ; poiché trovo de' considerevoli pezzi di marmo di Musso o di Piona, e de'bassorilievi, altri de'buoni tempi, come alcuni fogliami de' tre capitelli corintj; e altri de'tempi longobardi, rappresentanti de'tozzi uomini ed animali scolpiti in sasso arenario. « Col tempo le ricchezze crebbero, la coltivazione in que' colli si estese e lo zelo de' monaci si raffreddò. I papi, che avean bisogno di disporre delle ricchezze de'monaci pe'cardinali e pe' legati a latere, trovarono opportuno di levare a' monaci 1' amministrazione dei loro fondi, e darla agli addetti alla corte pontificia, sotto il bel titolo di raccomandargliela, VE RT K MAT E 1047 e de' monisteri fecero commende, licenziandone i monaci, contenti di ritrarsi ne'monisteri di città. Ciò avvenne, come a molti altri, al moni-stero di Vertemate, che quattro mila pertiche di terra possedeva, e parte dei boschi già ridotta aveva a vigne e a campi; e nella bassa valle, ove c°n opportuno fosso era dato un qualche scolo alle acque, di queste approfittando aveano formati dei prati, e costruiti dei mulini. « Fu cosi goduta questa badia da molti cardinali, de1 quali l'ultimo fu d cardinal Visconti. Non poteva piacere a' sovrani che il papa disponesse de'beni posti ne' loro Slati. Cominciarono ad esigere che non ne disponesse Se non per darli a nazionali: indi vollero essi medesimi disporne pe1 prelati loro aderenti, per ultimo le badie soppressero, e venderono o die-r°nle a livello. A livello ebbero la badia di Vertemate tutti quelli che a Desio e nel suo territorio hanno diritto di valersi dell' acqua, che di colà viene; e questi, per semplificare l'amministrazione, l'hanno data in locazione per lunga serie d' anni al fittajuolo ingegnere Carlo Ferrari, che ne trae vantaggio considerevole, e trarranne maggiore in avvenire. « A che, mi direte, tutta questa storia monastica? Eccovelo. Il signor terrari trovavasi in Chignolo, quando a mio suggerimento, adoperossi la torba sì per la filanda, che per una fornace di calcina e mattoni diretta da lui medesimo *, Seppe da me che, a tre miglia di distanza dalla Badia, in luogo dello il Sassone, proprietà del celebre nostro Volta, v' è della torba, e sospettando d'averne pure nelle sue vicinanze, e ne'prati Paludosi della stessa badia, chiese me d'andar- colà, per vedere al tempo stesso se v'erano li presso sassi calcari e terre argillose. Io v'andai. Ecco il viaggio. • Il 27, alle 3 if2 del mattino montai su un cavallo maligno, che si studiò sulle prime co' calci e balzi di gettarmi giù d' arcione ; ma non Šli riuscì. Bitentollo altre volte cammin facendo, e più volte s'incocciò di non voler proseguire; ma una buona verga e lo sprone lo persuasero d'e ricalcitrava invano. Giunto che fui a Meda, ove vidi il convento fondato mille anni fa, ridotto a vaga villa di commissario francese, cessò nel cavallo ogni capriccio, o almeno non ne diede più indizio. Andai a ^Citate, passando l'arido Seveso, e per la stessa via giunsi sulla strada CorUense non lungi da Copreno. Andai così fino alla Pioda ; piegai a de-stra; fui tosto a Vertemate, e dopo un mezzo miglio di giri su quelle al-ture, alle sei e mezzo fui alla Badia. 4 Andai a cercare il signor Ferrari, che stava ad una delle cascine, 0Ve coglieansi i bozzoli dai rami di ginestra, entro i quali i filugelli avelli tessuti in sì gran copia, che raddoppiato aveva il ricolto degli scorsi a L'Amoretti fu de'primi a promover l'uso de'combustibili fossili. anni; il che doveasi, mi diceva egli, all'aver indotto i contadini a lasciar sempre spalancatele finestre, contro il loro costume; che d'ora innanzi per sì lucroso esempio cangeranno Venne egli meco alla Badia, ove diemmi un uomo armato di vanga, che meco venisse in traccia di torba e di sasso calcare, e d'argilla; giacché a lui troppo importava assistere al ricolto e pesarlo, onde i contadini non si prendessero un' antiparte. 10 credeva di dover andare a cercare la torba sino al mentovato Bas-sone, distante ben tre miglia. Discendemmo al piano, e cammin facendo vidi che il nocciolo di que' colli era di breccia, di cui calcare era non solo il cemento, ma anche molti de' sassolini ond'era composta. Fummo al canale, ossia roggia detta di Desio e la costeggiammo. Questa raccoglie le acque vegnenti dal nord-ovest per un canale detto la Luisaga, e quelle del nord-est per altro canale detto /' Acqua Negra ; in cui pur cadeva altre volte l'emissario del lago di Montorfano, ora sviatone. Questi due canali qui s'uniscono in uno, fra il primo e il secondo mulino. A questo pur giugnemmo, ove, non avendo altro di meglio da osservare, esaminai le mole, e ne trovai alcune fatte dalla breccia calcare li vicina, e queste erano le meno buone; altre formate di più forte breccia, presa sul monte di Brianza presso Sirone ; ed altre d'un sasso di scisto gra-natifero lamelloso argentino, che io avrei giudicato pessime mole, ma che 11 mugnajo a tutte le altre preferiva; se non che, venendo esse sin da Musso sul Lario, troppo costoso n' era il trasporto. Chiamasi questo il mulino del Passelto. Ivi passa pure il Seveso, che sovente colla roggia confonde l'alveo. In una piccola cascata, vedesi la breccia sovrapposta a sasso arenoso; il che prova essere slata successiva, e non contemporanea la formazione di quegli strati. * Di là andammo al non lontano prato acquitrinoso, e solo fertile di carici e cannucce. L' esser soffice e arrendevole il fondo fe sospettarlo torboso. Si cavò: alla profondità d'un piede e mezzo si trovò la torba, e parvemi, ed era diflatti di buona qualità. In più luoghi cimentammo quel prato, che dicesi il prato della Trebbia; e finché eravamo vicini al colle, ove P acqua più che altrove era superficiale, sempre la trovammo a uguale profondità; ma allontanandosi dal colle per avvicinarmi al canale, più non la trovammo, nemmeno alla profondità di tre piedi. Verificai così che tutto quel basso fondo, tagliato dal Seveso e dalla roggia di Desio, cominciando da Prato Pagano presso Como, sino alla Badia di Vertemate* è tutto torboso. Portammo con noi alcuni saggi di torba : sperimcntamm0 la terra del vicin colle e mi parve argillosa, giudicandone dal solo attaccarsi alla lingua. Tornammo a casa per la stessa via. Ivi, giacché ap- 1 Pur troppo non l'han cangiato. PIEVE DI ZESIO 1049 pena era il meriggio, dopo d' aver riposato e dormito per due ore per rifarmi del sonno perduto la scorsa notte, esaminai a mio agio la Badia e la chiesa, ridotta ora a rustici servigj, e vi trovai, oltre quo1 resti d'antichità che ho sopra indicati, delle pitture a fresco non cattive, che parvermi del secolo XV. « Non avendo meglio che fare, guardai dall'alto i contorni. Vidi all'est Cantù, al nord-est la magnifica villa di Monsoiaro (Monsoré) de' Vismara, Ìndi il paesuccio di Gucciago di cui parlai : al nord Castel Baradello e lo scoglio alluminoso. Più vicino a me era Casnate. Più lontano e alto eran Brunate e San Maurizio, che confina col pian del Tivano. Degli altri monti non parlo.... » Fin qui l'Amoretti. I lettori sì rassegnino a ripigliar una guida tanto inferiore. Con questa arriveranno a Fino, che ebbe un castello or divenuto palazzo Raimondi, con bel giardino, anzi parco. Sembra anticamente vi avesse special culto Ercole, accennato in tre lapidi qui rinvenute. HERCUI.I — SACIUJM — Hi VALER1US SI. F. — SECONDINI^ heroju — q. SECUNDlENi:3 — sec.undls pro se ET SUIS — \Otum solvil Libens Merito. herculi — \otum solvit ùbens Merito — q. secundus — vssilinus. La prepositura di Fino, che conta 3300 anime, è la prebenda più ricca della diocesi, e capopievc di 14 parrocchie, comprendenti 20,G22 anime. Iiulgorelto dedica chi vuole dai Bulgari. La strada postale, abbandonata dacché frequentasi la ferrata, passa da canto alla Cassina Rizzardi e alla Lambertenga, ove si fece il primo esperimento di filanda a vapore in Lombardia. I paesi seguenti, un tempo formavano la Pieve di Zezio, immediata dipendente dalla lesa o cattedrale di Como, e distinguevasi in superiore ed inferiore. Nella prima erano Brunate, Blevio, Torno, Urio, Mol-trasio, Maslianico, Piazza , Rovena, Cernohbio ; nella inferiore Civiglio, Ponzate, Camnago, Solzago, Tavernerio, Lipomo, Albate, Capiago, Senna, Grandate. Quest' ultimo appartiene al distretto II, ed è tradizione che, quando l'arcivescovo di Colonia rapiva i corpi dei Magi da Milano; qui li deponesse un tratto; donde il titolo di pausai sanclorum a quella chiesa. Nel distretto medesimo seguendo a occidente, vediamo in poggio Bernate °on bella villa dei marchesi Cigalini, architettata dal Cantoni: e che al Par di Casnate , ove fu riedificata la chiesa di cui era crollata la volta, s'gnoreggia dall'alto un'estesissima pianura delta Prato Pagano, cioè comunale (pagus), che rimase incolto e acquitrinoso fin testé, quando venduto a particelle, fu coltivalo prosperamente. 1030 PROVINCIA DI COMO Vi aoD intorno Civello , Luisaga , lodati per fichi, e che han pietra molegna. Ad altri paesi di questo distretto può salirsi per la deliziosa via che staccasi da Como al ponte Molinello; e fra poggi popolati di villette e ombrose selve arrivasi a Cavallasca. Un tempo splendidamente qua villeggiava il conte Giuseppe Inbonati, figlio d'un decurione di Como, che vi traeva il Parini, il Baretti, il Tanzi, il Passeroni, il Bicetti, il Balestreri. « Canti, suoni, poesie, cibi scelti, vini grati e passeggiatene, e risa e giuochi dal cantar del gallo sino a notte chiusa si seguono alternamente » scriveva il Baretti, cessando d'esser caustico. « Gl'Inglesi, i Francesi, gli Austriaci, i Prussiani, i Moscoviti battaglino e si distruggano a voglia loro: a noi non importa un fil di paglia ». Guido Grimoldi da Cavallasca essendo eletto vescovo di Como nel 1077, fu occasione della guerra decenne. Qui intorno possono visitarsi Pare, Orezzo, Casanova, Bodero, Cavf.r-saccio, Ronaoo dai buoni vini bianchi. E di ciascuno potrei dirvi la chiesa, il palazzo, la villa; la cultura di gelsi e di viti ; l'aria salubre, il beli'alternare di piani e poggi ; ed altre generalità, che nulla significano a chi non li conosce; a chi li conosce son inutili. Talvolta vi si trovano anticaglie, e al vicino Pecionate nel 1847, restaurando la chiesa sul monte di Santo Stefano, si sterrò una lapide rotta ove leggeasi jovi v. s. l. m. m. calpvu- nivs qvadratvs. Non voglio tacere come ad Alriolo stette parroco fino, al 1852 Annibale Camagni, tutto semplicità e carità, che applicatosi alla medicina, la esercitava, se non vuoisi con abilità, con fortuna rara ; singolarmente raccomodava le lussazioni, tanto che ottenne dall'autorità un diploma eccezionale per esercitar la medicina. Uggiate ebbe molto a soffrire delle guerre di Svizzeri e Francesi, stando al confine. Ha 1900 anime, ed è capo d'una pieve di 10,640. Bi/./\RR0iVE dà buoni vini. Seguendo troveremo Gagino, Camnago (nome tanto ripetuto), Geromco, Ut rate Arate, che trasse nome nell'esser sulla Lura e dall'appartener all'abate di San Simpliciano. Il ricovero datovi a Ottone Visconti è ricordato in una lapide che dice : Anguigerse imperium gentis qui nobile fixit Magnanimus praesul dux generosus Otho, Effugiens quondam victus, tela inter et hostes, Ilostes ut tandem vinccret hic latuit. Era riscrizione nell'ospizio de'Benedettini, ora castello dei fratelli Pini a Caccivio, frazione di Lurate e parrocchia distinta. Di queste campagne aveano la proprietà i Benedettini di San Simpliciano, poi fu ceduta a don Stanislao REBBIO. CAMERLATA 1051 Bovara come dicemmo. Fu di Gaccivio il Cairoli, professore di clinica a Pavia. Lucino avea degli Avvocali o Avogadri, de/ quali fu il vescovo Leone nel 1261 ; la chiesa venne rinnovata testé per cura del parroco Galli. Vien in fine Maccio. Rebbio, creduto il Iietovium di Plinio e YAlebium del poeta cumano, certo doveva esser terra di maggiore importanza, giacché vi si trovarono molte lapide antiche c poi nel 1842 un sepolcreto e un vaso, entro cui un arnese di argento, adorno di laminette d'oro, che consta d'un anello mobile, sostenente un' asta in cui son imperniati sci piccoli stromenti d'uso ignoto, sui quali si disputò per alquanti anni7. A Baeggìa nel 1837 fu trovata un'acqua medicinale sulfurea ferruginosa, che si cerca metter in reputazione. Siam al piede del Bvuadei.lo, colle di conglomerato granitico che sopradomina Como. La Camerlata era un piccolo casale a cui confluivano le strade lì La pia importante è est;» trovala Del 1570, degna d'esser riferita pei tanti PJinj •lie menziona. V. f. — c. PLINIUS — CALVOS VI VR (SCXtUMVir) — Siili et PLInIs — SUCCBSSOr/&ms — v*ori — CHRlSa?ì^'6e — suci.ESSOHIBUS — casticio l. f. OWCÌllìììUJ — catullo TIR M'Ali in ili, voteslate genero — l. casticto l. f. q\ventina — maximo nepoti — '"Llrsius tarsie et — tkrecund.*: PAjruetibus — Plinio cerdoni FMlri — pliisio phaenomeno — amico. 7 Al molto che se ne disse aggiungerò che a Vicenza nel 188!) si stampò Descrizione u'un'urna ceneraria di metallo, disotlerrala nel pago di Misquile, territori» di Asolo, Posizione fatta da Lodovico Guerra. Alla tig. 13 è disegnato un arnese simile a quello di cui parliamo, ma non se ne dà sPiegazione altra, se non che «l'uso e il significalo n'è assai oscuro ■. PROVINCIA DI COMO provenienti da Como, da Cantù, da Varese; ornata della villa Giovio (ora Zuccani) e della Terzaghi, mutata nel lodato collegio Castellini. I Comaschi vi venivano a passeggio lungo la salita Napoleone; i forestieri per visitar la vetusta chiesa di San Carpoforo, la villa Venini e il Castel Ba-radello. Ma acquistò fama europea dacché fu un termine della strada ferrata lombarda, sicché correano pel mondo gli avvisi di partenze e arrivi da Parigi alla Camerlata, da Amburgo alla Camerlata. Della strada di ferro già dicemmo (Vol. I. pag. 426) quel poco che può dirsi senza nostra vergogna : ma non possiam tacere il disgusto che, i 250 mila passeggieri i quali in un anno qui giungono, arrivativi da Milano in un'ora, devano una mezza impiegarne a farsi strascinar fin a Como. Di tanti progetti finora esibiti onde togliere questo sconcio, nessuno prevalse ; e sta sempre il desiderio di congiunger questo mozzicone colla ferrata che si spingerebbe al lago di Lugano, e di là nel cuore della Svizzera. STORIA li DESCRIZIONE DI COMO xvin. Como antica. oè generò Già peto; Gli peto generò Corner Gallo, il quale, per l'appunto 131 anno dopo il diluvio, jjtj p; WA/TAìh'. menò colonie in Italia, e fabbrico in riva al Lario una città, detta Como dal nome suo. Questa baja sta scritta, non men di quelle che Infarino fondare da Como figlio del1 Irojano Antenore, o denominare da Como, dio dei conviti, da Coniale che in ebraico vuol dir altura, da Kome che in greco significa villaggio, da Coiti che in cimro aprirne seno, e figuratamente guardia, protezione. V ho posto in narizi, scegliete qual più vi piace: io son determinato a risparmiare al Possibile quella processione di Aborigeni, Etruschi, Cimri, Galli, da cui cominciano tutte le storie municipali, nò rimenar controversie di cui Pubica conclusione sensata sarà il dubbio. Mastra:, tir/ l. I Voi. IH. ir» Panorama di Como COÌO ANTICA \isibu< ci liisubribus litiiitmphavit, il che accenna due g»mti separate. Sotto i Romani, Como sarà stata alle conosciute condizioni provinciali, godendo del diritto latino. Avendola sdrucita i Reti, lineo Pompeo Strabene condusse genie a ripopolarla; 3000 altri uomini vi menò Cajo Scipione; poi Giulio Cesare, che estese i diritti della cittadinanza romana a tutta la Calila, a Conio addusse 8000 coloni, fior di famiglie, tra cui 500 nobilissimi Greci , onde la città prese a dirsi Nococo.nurn. li forse ila quei Greci ricevettero nome alcune terre del lago, cònsone ad altre dell'Ellenia, come Lenno, Dòrio, Pigra, Lemmi, Demo {Delfo), Nesso (Nam), Cornino (Corinlo) , Piona (Peonia), Lecco (Letico*), I.lenta , Palanzo. Gaeta (Cajeta)... Sarebbe mai per costoro industria Hie le perniici del Lario si infrondirono di lauri e ulivi '! 1 Comaschi, partecipi alla sovranità del popolo romano, furono iscritti alla tribù Ovfentina, onde la sigla OVF che accompagna molti loro nomi "elle lapide : la città fu anche eretta a municipio con magistrati proprj. E probabilmente , al pari dell' altre municipali, aveva ginnasio o stadio a Santa Chiara, bagno a San Colombano, teatro, l'oro, basilica o portico a San Fedele, al (piale appartenevano probabilmente le olio colonne di marmo cipollino, che ora sostengono la facciata del liceo. Dell' eia imperiali; restano molle epigrafi, che menzionano personaggi., magistrati, sacerdoti degli Dei o dei Cesari, Ma i nomi più illustri e connessi alla storia comasca sono i due Plinj. Cajo Plinio Secondo (23-70), ('ivdesi comasco, benché disputato dai Veronesi 1 ; militò in Germania, fu procuratore di Nerone nella Spagna; da Vespasiano ebbe il comando della Molla navale al Miseno: e mentre colà dimorava, il Vesuvio eruttò fiamme per la prima volta; ed egli accorsovi , ne resiò soffogato. Lasciò cento ottanta volumi in minutissimo carattere, fra cui tre libri di arte oratoria, trentuno di storia contemporanea, trenta delle guerre de' Romani in Germania, altri del lanciar dardi, e persino di grammàtica scrisse « quando ';| tirannia rendeva pericolóso ogni studio più elevato ». i Trattammo rtltfoye lai quislione\'\ gli argomenti contrari lasceremo espórre al no-s|i'o collaboratóre lìelvigiferi nel descriver Verona- il titolò principale pei Comaschi'et1 covarsi molte [epigrafi di Plinj apparlenrnli alte tfìbìi OVFiétina (Idi pag. 10!I. e !"'i|i, iiK'iiire nosnim n'è eolia (riho Valeria.» a cui etano ascritti i Veronési. 10,% STORIA DJ COMO Sola ce ne arrivò la Storia della natura, repertorio delle scoperte, delle arti, degli errori dello spirito umano, raccolto all'occasione di descrivere i corpi. Non è un naturalista, che raccolga, osservi, sperimenti, aggiunga alle cognizioni precedenti, sibbene un erudito, che alle occupazioni della guerra o della magistratura sottrae qualche ora onde sfogliare libri: mentre pranza 0 viaggia ha schiavi che leggono; altri estraggono tutto quel ch'egli appunta, e che gli serve a compilare un lavoro, che risparmiava tante letture, allora dilìicoltosissime. Raccozzando senza genio nò critica, non distingue le diverse misure di lunghezza, accosta fotti contraddittori, barcola fra sistemi disparati, anzi opposti ; riferisce all' abborracciala passi anche non intesi; non si briga di riuscir compiuto nò di ripetersi o di confrontare 1 fatti colla realtà, onde descrivendo cose non vedute, riesce spesso inintelligibile; e attento a solleticare la curiosità più che a raggiunger il vero, alla retorica più che alla precisione, sceglie ciò che ha del singolare e del bizzarro, beve assurdità già confutate da Aristotele. Pure Tessersi perdute la più parte delle duemila opere da esso spoglijle, il rende prezioso , e senza la sua farragine, troppa parie dell' antichità ci rimarrebbe arcana. Gagliardo e preciso nel dire, non corretto, casca nelP affettalo e nelP o-scuro. Dallo spirilo repubblicano attinge spesso calore e (in eloquenza : 'i Esibilo nel primo dei Irciituselle libri uno specchietto delto materiee degli autori, nel secondo traila del mondo, degli ole.....liti e dello meteore; seguono (piatirò libri di geografia, poi il settimo delle vnrhl razze umane e dei trovali principali: i (piatirò Seguenti versano sogli animali, classificali giusia In grossezza e 1' uso, e ragionando dei costumi loro, delle qua'ilà buone o nocevoli, e dille itici i comuni loro proprietà. Dieci libri vai) nel descrivere le piante, la loro celi ura e le applicazioni all'economia domestica e alla arti; poi cinque ai ritnedj traiti dagli animali ; altrellanli ai niolalli, col modo di cavarli e di convertirli pei bisogni e pel lusso, il proposila di <|iieslo parla della scultura, ilei la pittura, e de' primarj arlisli, come di-Ile insignì statue di bronzo ragiona in occasione del rame; e le materie coloranti il recano a din; de'quadri, della plastica le slovi-glie : distribuzione capricciosa e mal digesto . ove sempre il pensiero è sottoposto alla materia. I.a prima edizione di Plinio fu falla da Giovai] di Spira in Venezia il itf>9; al 1480 già n'erano fatte sei, ma tulle scorrette i" modo, die Erasmo diceva, chi pigliasse a restituire Plinio, si lorrebbe sulle braccia tanta briga , quanta eli i prende una nave o una moglie. Son note le fatiche usatevi posteriormente, ma ancora si desidera un compiuto restauro. Le edizioni di Plinio Uniscono alla parola l/itpania quaeumque am-tii/ur mari. Nel IH!»!, in un manoscritto di Uamberga, Luigi De Jan, professi ite a Sehweiii-furt, trovò la line dell'opera, clic dà un quadro comparativo della sloria naturale ne' paesi posli Bollo zone diverse, loda l'Europa meridionale e specialmente (a Spagna «ove la dolcezza di un clima temperalo dovette, giusta il dogma de' primi Pitagorici, njutare di buon'ora la stirpe umana a spogliare la rozzezza selvaggia ». A Gotha nel iW> si fece un'edizione sopra un codice che. di i! tilolo vero dell'opera: Caii Plinu sbcundi natura htttorfanm, nt>. xi, XII, Xtlf, XIV, XV, fragtnenta ctlldit e coilice merlino stecùli filarti [>■ rridegarius Mone. 1 MAS) 1037 ffla il gusto peggiorato e la gonliezza delle parole nuocono ali* elevatezza dell'ingegno; giudica e spiega i fatti a seconda delle personali prevenzioni e di una filosofia atrabiliare, che assiduamente accusa 1' uomo, la natura, gli Dei, colla retorica aggravando la miseria umana, col raziocinio coprendo i disordini di questo mondo , senza elevarsi alle armonie di Un altro, l'indagar il quale egli non trova di verun interesse : nega af-latto Iddio, o lo fa tutt'uno colla materia, e s'avvoltola nello scetticismo fin a considerare I' uomo come 1' essere più infelice e più orgoglioso, e insultare la divinità che i nè può concedere all' uomo I' immortalità, nè togliere a sè stessa la vita, la quale facoltà è il dono più bello che essa Abbia a noi lasciato ». Mentre sbraveggia le religioni e la provvidenza, indulge a superstizioni, crede a ermafroditi, a maschi cambiati in femmine, a fanciulli nati coi demi o rientrati nell'alvo materno, alla longevità di chi.ha un dente di più, alla disgrazia di chi nasce pei piedi, a cavalle fecondale dal vento, a donne che partorirono elefanti. Vi dirà d'una pietra, la «piale, posta sotto al capezzale, produce sogni veritieri ; che al morso di serpenti rimedia la saliva d'uom digiuno; che sputando nella mano si guarisce l'uomo involontariamente feritosi: un abito portalo ai funerali mai "on è intaccato dalle tarme: un uomo morso da un serpente più non ''a a temere di api o di vespe : le morsicature d' un animale si esacerbano alla presenza di persona morsicala da un animale della specie medesima. Ne ò stupore che v'abbia mostri così strani in Etiopia, avendoli formati Vulcano, abilissimo modellatore, giovato da quel gran caldo. Plinio somiglia agli Enciclopedisti del secolo passato nel dar abito scientifico all' ignoranza e alla credulità, nell'armeggio di sapere o mostrar di sapere, nel ripudiare la luce che viene dalla vera fonte, nel professarsi ma-terialisla , e tuttavia per buon cuore giungere a conclusioni benevole. Col tono di loro , declama contro chi inventò la moneta; benedice 1 secoli , ove altro commercio non si conosceva che di cambio ; Maledice la navigazione, la quale, non paga che l'uomo morisse sulla lerra, volle mancasse pcrlino di sepoltura. Eppure intravede la perfettibilità, e « quante cose non erano considerate impossibili prima che si fa-ussero I confidiamo che i secoli avvenire si perfezionino sempre meglio ». tuttoché materialista, al nome di Barbari sostituisce quello d' uomini ; Rifaccia a Cesare il sangue versato; loda Tiberio d'aver tolte dimezzo c°rte disumane superstizioni in Africa e in Germania ; bofonchia con-tr° quelli che il ferro ridussero in armi, ma della guerra riconosce i staggi, professando che l'Italia fu scelta dagli Dei per riunire gl'imperi apersi, addolcire i costumi, ravvicinare in comunanza di linguaggio gli 'fliojni discordi e barbari di tanti popoli, dare agli uomini la facoltà d'in- 1038 STOMA l'I COMO tendersi, incivilirli, divenir insomma la patria unica di tutte le Dazioni del mondo. Di queste idee avanzate, di questa lilosolia tollerante e cosmopolitica, egli non conosceva o rinegava la sórgente. Di lui ereditò le sostanze e l'amor degli studj Cajo Plinio Cecilie iti]-Ila) suo nipote. Da Virginio II ufo, insigne romano che preferi all' impero del mondo la quiete decorosa (pag> 1025), in Alsio (Alserio?) fu educato alla virtù, all' eloquenza da Quintiliano; di quindici anni patrocinò, poi sempre trattò cause gratuitamente, talvolta discorrendo fin sette ore di seguito, senza che la folla si diradasse. Appassionalissimo per la gloria e devolo alla virtù, sotto pessimi imperatori ardi levarsi ad accusare i ministri e consigliatori di loro ini* quità; maneggiò la giustizia col nobile orgoglio del galantuomo, eppure ottenne cariche e rispetto : e non si trovò impreparato quando sorsero lempi migliori. Al cessare ilei regno delle spie e de'manigoldi fu invitato ad onorare e guidare la rigrnoranlesi società; e gli troviamo le cariche di augure, questore di Cesare, legato d' un proconsole, decemviro a giudicar le lili, tribuno della plebe, pretore, (lamine di Tito, seviro rfà*cavalieri, curatore del Tevere e dela via Emilia, prefello all'erario di Sa-lurno e al mililare, gommatore della Hilinin e tlel Ponto. Eletto cunsole Panno 100, recitò a TrajanO imperatore il panegirico, di adulazione bassa e vuole generalità , e tronfio di parole e frasi sludiale, lochile, compassale, e antitesi e ralfronti inaspettati, scostandosi sempre dalla semplicità di pensare e d'esprimere, per sorreggerai in una forzala elevatezza, in aguzzamenti d'ingegno, in pretensioni di novità. Le lettere che Trajano a lui diresse mentre governava la llitinia, sono un'importante rivelazione de'migliori tempi del concentramento imperiale Tra esse è famosa quella a favore de"Cristiani. E lettere moltissime con-seniamo di Plinio stesso: e benché troppo diverse dalla cara ingenuità delle ciceroniane, anche nel loro tono accademico e declamatorio ci rivelano un eccellente naturale, e c'introducono nella vita, massime letteraria1) d'allora \ .1 II brillante cri lieo Giulia Janin scrisse nella Heine Souvelìc un articolo l'Hoc ' jeùne et Quintiìien, dove stranamente confondeva i possessi «li Plinio sul nostro lat?0 run (|iielli nell'Apeonino, e la villa comasca con ([nella di Tiferno. Appuntato, volle fi* spandervi con uno squarcio di eloquenza e di geografia, dove in toppa fu peggiore de' llUCO. • Còme c! est une des gloircs du ducile de Milan , la plus ebarmante ccinlure de* ■ Al pes rhélicnnfs; rien n'égale, encore à rette licore, la rJanle fraìcbeur de ce| admir"" ■ ble petit coin de Ja Lombardie. Tonte la magnilìceiico italienne celate et brille dans Cf» ■ jardins, dans ces palais sans nombre , daus en paysage qne Plina B derni. La cali"'' - diale do Cóme est un de plus beaux edilìces de la renaissance; Bramante a elevérW • ntn i s do Baptistéré (!}; Giotto, ce grande gènica con veri de ses gforieuscs printurcs-W • voùle .sublime. (!!). Volcl le lar qui DI ille dans ce gì and péle-méle de bms. de rOcllCr», ('(' I n.i.vi lOfiD Niliilezza avea sempre Plinio, non sempre forza. Giornalista officioso della letteratura di quel tempo, egli c'informò della futilità di quelle consorterie, Clio invitate come si trattasse d'aprire un testamento, si raccoglievano per applaudire non per consigliare, per divertir se, non per gio-vare al poeta. Claudio, Nerone, Domiziano, vi assisteano non solo, ma W leggevano tra obbligati applausi; e Plinio n'era uno de1 caporioni. Plinio era legato con quanto allora \ivea di meglio; e con lui amiamo incontrare buoni italiani e comaschi ; Caninio Rufo, che cantò le imprese di Trajano, e aveva un delizioso suburbio, forse dove ora è l'Olio ; donò una somma per imbandire un annuo convito al popolo di Como ; Calpurnio FabatO, prosuocero di Plinio, onorato di somme, di-Rftiià, che questa patria abbellì di un portico, e die denaro per ornare 'e porte ; Pompeo Saturnino, noni giusto, bel parlatore, poeta da emulare Catullo, che a Como stessa lasciò uri quarto della propria eredità ; * fascndes, dans sa bordure natinvilo d wiviers ci de citronniers en llours. La Suissc, ° l'Italie, la Grece se reflètenl, mi le dindi, dans ces ondes poétiqnes. — Ombros niobi-' Ics, ic lumi lucine de ces beaux lìetix sunne grec: Lenito, Nesso, Lecco, Colonia, Co* ' renne, Ica il ' de Pline citante el se [daini comme mix premiere jours; le bruii d'un Met d'eau est * venu à bmit de l'eternile de Home ! Au sorrimcl de la montagne (Bel (agio) on voyait ' nulrè'nis Ics ruiues dela Comédié (t) — Sur les mineš de l'unire maison, la Traijcdw, * Paul .love, courtIsan et bel esprit, avall èlevé celle belle relraite, oubliée plus" lard pour ' 'a villa (Mescatelo. Sur reiii|dacement du S uh urban ani de Caninius liiifus, l'ami de ' Pline el son voisin, s'elevo, un peu triste, mais superbe, Ih villa Odoscalrbi ; au milieu ' fbi lac, un balenìi à vapeur, nommó Ir Pline, vous ronduil à la villa Sommanva, ha-' l'ilóe par la .loeonde de Léonard da Vinci (I). Plus bas vous ronconi re/, la villa Mel/i, endor-' mìe au bruti du lorrenl il fiume Latte (!), qui sejelte dans le lac; plus haut la villa Ser-" bel toni, une mino moderne, qui se cache à demi dans ses arbres vcrts. Pline le Jenni-' ''si regie le roi de ees beaux lieux;son souvenir se relrouve achaquepas sur ees frais ' rivages, S0,1S p,'s ombràges séculaires; le rioble lac de còme est reste limpide el clair •ornine aux beaux jours d'aiitrefois ■. 'vi stesso parlando del panegirico dice: ■ Cest une chose étrange de voir un italici!, un * Poe le, un poèle dramatique, Alfieri, prendre à parile Plinc le ieune pour avoir Ione, * "vec auiant d'empèchemcrlt ipie de penclianl, un prince (jui ramenall l'àge d'or »les ' onoiens Iriomphes et dea ancìennes bbcrlés! De celie louange unanime, de celle Innante 1 I"nriivera qne la posteriléaconflrm'ée, Alfieri falt une salire qu'il órrji leti latine.). RI dans cetlt satire, il s'appiiquo ù né rìcii voir de ce grand règne. [060 STORIA m COMO Calpurnia moglie di Plinio, che alle doli del cuore univa quelle dello spirito, leggeva avidamente i libri del marito , ne riponeva in mente i versi e vi adattava le armonie, andava ascoltarlo quando parlava in pubblico. Protetto dai grandi, Plinio proteggeva amici ed inferiori ; molti giovani appassionati dell'istruirsi, esercitava nell'eloquenza, e ajutava ne'primi passi verso gli impieghi; e dovunque abitasse o governasse lasciava tracce di grandiosa liberalità. Per dir solo di Como , vi mandò pel tempio di Giove una preziosa statua antica ; istituì scuole, contribuendo il terzo della spesa; assegnò cinquecentomila sesterzj per mantenere fanciulli ingenui venuti al meno4, fondò una biblioteca presso le terme; ed altri bo- 4 Le lapide comasche furono raccolte in antico da Benedetto (ìiovio, la cui colletlnnea manoscritta io possiedo; e modernamente dal prof. Aldini. 1/Orelli riporlo una lapide, data dal Radaelli, lovi Comknsi, e la tacciò di sospetta. In fatto letta meglio dice lovi CONSERVATORI. Merila distinta illustrazione quella a onore di Plinio che trovossi in Sant'Ambrogio a Milano, dove copriva a rovescio l'arca sepolcrale di Bernardo di Lorena, ma segata in sei pezzi, di cui due souo perduti. Gli allei copiaronsi con notabili differenzi'-e la lezione recente dell'Aldini è piuttosto diversa che migliore delle precedenti. Il valoroso Mommsen la diede or ora nei Monumenti, Annoti e Bollettini pubblicati dell'I' stilato di corrispondenza archeologica di Roma. C. pliniis l. f OVF cakcilu7s secundus coi ayoyr. LEGAT. PRO. l'r. provinci AF. TONT i et bithynias consvlari l'otestate in F.am provinci ah E xlra sor lem ab IMP. caesare nerva I rajano avo. German. dacico missus CVRATon ALVEI TI BBRIS ET riparvm V.t cloacarum urbis praep. aerar) satv uni praep. aerasi M ii. fiorii pr. Ir, pi. quakstor IMI1.' sevir F.qciti'm romanorum trib. MILIT. LEO iii gallio xnr siti mb. indicano. IIU.IiM as ex iis ADIECT1S Iti orna t uni Hs eòe et statuii amp livs IN tvtelan us ce TFI amplini suo et LIBERTORWtt svorvm nomin« hs XVIII lxvi RCLXVl rei pubi, dedit quorum ine rement. postea ad EPVLVM eb vroan volvit PERTIN ere annuo*'*- udr eo ampliti s dedit IN alimf.NT. PVF.ROR et pvellar plcb vrban hs d. item bgbliolhecam et in tvtki.AM byi1lioti1e CAE us c Hipeliamo ebe ÒVF vuol dire appartenente alla tribii Ovfentina : e nella linea 8 e •' s'iia a leggere sliiitìbus judicandis. L'extra sortpm, che si sostituisce al vulgato ed eP" ronco et Traciam, si riferisce all'elezione de' magistrati imperalorj, clic venivan al*"' dall'imperatore, mentre i senatori l'erano a sorte. Il numero del verso H è desunto dal l ,8(>i> lìlili sesterzj , capitale occorrente per dar l'interesse solito al 42 per cento: quel'0 del verso t4 é dedotto dalla lettera t8 lib. VII di Plinio. I supplementi ai pezzi mancanti son congetturali, sicché possono in diversi modi combinarsi. Questa lapide è un esempio memorabile di gran liberalità, diversa però da quella eh« appare nella lettera di Plinio a Caninio: Lib- VIL ep. 18. • Tu mi domandi qual modo si possa tenere per assicurare un assegnamento che MI esibisci a' nostri cittadini per un pubblico annuo convito, affinchè sia perpetuo, ? disegno ottenga esecuzione anche dopo la tua morte. Niente è più onesto elio questu ♦ I PLIM! iOfii nelizj, la cui lode sarebbe anche maggiore, s' egli medesimo non si fosse troppo compiaciuto di narrarceli. Plinio mostrasi compreso dalle vaghezze del nostro lago e della villa che v'aveva, e con esso ci dilettiamo ancora a cercare que' platani opachi, quell'insensibile pendio che guidava alla sua campagna, quel canale gemmeo, protetto d'ombre ospitali, dov'esso veniva a cercar riposo dall'assordante operosità di Roma. Là pesca, là caccia nei boschi popolati di cervi e di damme (?); là comprendeva che non solo Diana, tua anche Minerva ama le foreste. Delle sue ville su questo lago, una intitolò Commedia perchè dimessamente situata, credesi a Lenno ; mentre l'altra, forse a- Bellagio, eleva vasi come i tragici sul coturno, onde la nominò Tragedia ; era quella lambita dalle acque, questa le dominava. Ivi erano appartamenti per l'inverno e per l'estate, pel giorno e per la notte; ivi bagni; ivi fontane perdentisi nel lago, sul quale vogando, suo padre gli raccontava le storielle de' luoghi, e gli mostrava il terrazzo da cui una donna, avendo il marito ammalato da incurabil ulcera, volle mostrargli come sottrarsi ai dolori, precipitandosi essa nelle onde, e seco domanda ; ma niente è più difficile che il darne un pronto e giusto consiglio. Vuoi lasciare l'assegnamento in contante alla comunità? Egli è a temere che non si dissipi. Vuoi lasciarlo in istabili? È da temere che non si trascurino come pubblici. Quanto a me, niente troverei più sicuro, di quanto io in caso simile ho praticalo. Imperciocché 10 aveva promesso cinquecentomila sester/.j per fondare gli alimenti a' giovani di no-hile condizione: assegnai al procuratore del pubblico un fondo alienato da'miei beni, 11 cui valore in realtà superava di molto la somma di cinquecenlomila sesterzj. Di poi ripigliai il fondo medesimo colf obbligo di contribuire un'annua e perpetua pensione di trentamila sesterzj. In tal forma il fondo si è posto in sicuro pel pubblico; la rendila non è incerta , ed il podere medesimo , come capace a render frullo molto maggiore dell'annua pensione, troverà sempre chi si pigli la cura di mantenerlo ben coltivato e fruttifero, So benissimo che ho dalo alquanto di più di quello che io abbia donalo, mentre, ''obbligo dell'imposta pensione viene a scemare il valore d'una bellissima possessione. Ma è ben convenevole di dar la preferenza all' utilità pubblica sopra l'utilità privala, a'l'eternità sopra il tempo, e di pigliare maggior cura del beneficio che si fa, che de' beni che si possiedono. Sia sano •. Per ben capire questa lettera vuoisi por mente alla natura dei possessi fra i Romani. All'amico che nel consulta suggerisce dunque di far come lui, che, invece dei ;>00 mila denari che aveva promesso in alimento dei poveri, vendette (»tuncipavi) al sindaco un c^'npo suo d'assai maggior valore, e lo ripigliò come campo vecligale, cioè a (ilio perpetuo di .>0 mila: così è assicurala la rendila, e non gli mancherà mai un litlajuolo, poiché re"de di più, Mancipure non si poleaiio che terreni di paese che godesse del diritto italico, e restavano esenti da qualunque imposta. Plinio poi lo ricupera per diritto quiri-tar'io; io conserva egli slesso obbligando»! a un canone, a un livello perpetuo, «he equiva-l(;Va al sei per cento di fruito del promesso fondo. Questi fondi son delti, nel Digesto, or v,''tigali, ora enliteulicarj : poteano trasmettersi agli eredi, e la città non li ricuperava Se non qualora il canone non fosse pagato. Ma pel diritto civile, chi gli aveva non era c°nsiderato possidente, restandone proprietaria la città: bensì per diritto pretorio eia assimilalo al possessore, e poteva agir come Udo. Illustra:, del L. V. Voi. III. traendolo. E questa miserevole disperazione al filosofo parea degna di monumento, quanto la costanza di Arria moglie di Trasea Peto. Ai comaschi illustri d'allora aggiungiamo Cecilio, poeta lodato da Catullo ; Atilio Septiciano grammatico, che donò ogni aver suo alla città, alla quale anche altri furono generosi: varj Plioj, di cui alcuno fu medico y. Al declinar di Roma, queste Alpi che li dovevano respingere diedero passaggio ai Barbari, contro i quali movendo Stilicone traversò il lago, sul quale stanziava sempre una flotta, infine l'impero si sfasciò. Ma prima compivasi un gran fatto, la propagazione del crisi ianesimo. ÀI culto primitivo gallico era qui sottentratu l'idolatria romana, e le lapide nostrali ricordano la venerazione a Giove, a Nettuno, ai Mani, alla Dea Bona, alle Dee Madri de' varj paesi °, a Silvano, Esculapio, Diana, Igia, Iside: ancor più a Mercurio ed Ercole. !i Fra le opere di medicina più antiche n' è una De re medica, che è un estratto di ricette tolte da Plinio il vecchio, distribuite secondo le diverse infermità. Si volle crederla di Plinio Yuleriano, di cui è una lapida, dov'è indicato per medico: ma il compilatore dice appunto che ne'suoi viaggi gli è incontrato di vedere che i medici sono avidi, ciar Ialani, assassini, che a bella posla prolungano le malattie , ecc. ecc., solile ingiurie che diconsi dai non medici. I primi quattro libri son meri estratti di Plinio colle sue stesse parole: il V tratta della dieta, e vien da altri autori con latinità ferrea, e Reinesio dà buoni argomenti per crederlo compilato da un cristiano. Fu tlii pretese che i medici presso i Romani fossero soli schiavi (Middleton de nie-dicorùm ap, veteres rom. conditione, Londra U-26). E quell'asserzione fu sostenuta, coatro di noi, recentemente. Scrittori e marmi provano in fatto che molti medici vissero servi (Brisson Antìq. ex i. r. Seleči. L. IL c. :t): ma altri si dimostrano di condizione ingenua (Paciaudi Animndv. Philologiccc Sect. X.). Dapprincipio, come le arti ingenue, così la medicina fu tenuta in non cale, e abbandonata a stranieri, condotti schiavi; ma incivilitasi Roma, venner in pregio anche i medici, e G. Cesare concedette loro la cittadinanza romana (Svetonio in J. Ctcsurcni). Augusto vi aggiunse l'immunità (Dione L. 53, c. 30), confermata loro da Vespasiano, Adriano ed altri imperatori Digesto L. 'io, lil. 4. L. 18, §3d. Lamphidio in Alex. c. 42): e troviamo elevali a grandi onori Cornelio Celso, Scrihonio Largo, Cassio, Calpctano, Arrunzio, Albuzio, Rubrio ecc. rimunerati lin con '2'iOpii. sesterzi l'anno per l'imperialo servigio (Plinio N. hist. L. 2t> e. li). Sotto gli Antonini, i medici cerretani, TttùioSuTv.i, dislinguevansi dai veri, e di questi cinque teneansi immuni nelle città minori, selle nelle maggiori, dieci nelle metropoli, e assegnatisi loro un annuo stipendio (Digesto Lib. 27, lit. i, I. lì, S Ltt>. W, lit. », L. 4, § 2). 0 Per esempio a quelle di Ossuccio dkabvs matribvs ossvtii: a Brienno matronis e. c/TiSIVS archigenes V. s. 1,. m.: il (ìalliilUO (lì CantÙ niger tkrtvllivs srvkrvs ma" THONJ8 et adganais v. s. l. Al. : a Pallanza sul lago Maggiore . matronis sacrvm i'RO salute c. crsaris avgvsti germanici NARcisvs c. c^ESAius. Ultimamente a Montorfano fu trovata un'epigrafe siffatta: 1mp. nerva traja — no. v. cos. matr — onis v. S. l. m. — m, catvllvs mer — cator Et m.ca —tvllvs sbcvndvs. l'are che alle Dee Madri fosser posti in prolezione i vici e pagi. Vedi DE WaU. die Metergoddinen. Quanto al genio di Asso, eh* si trarrebbe da una lapide trovata fra Onno ■ V'assenna e collocala a Asso, ho già detlo che credo deva leggersi iiroio As clepii- PRIMI CRISTIANI |063 Vorrebbesi che sant'Ermagora qui difendesse il vangelo; pure, iOO anni dopo Cristo, Plinio Cecilio mandò a Como una statua da collocar nel tempio di Giove; e nel IV secolo incontrasi ancora menzione d'idolatri. La leggenda cita molti martiri qui caduti ; una Giuliana, decapitata sul mercato del grano; Carpol'oro, Esanto, Cassio, Severino, Secondo, Licinio, soldati della legione tebea ; Fedele, pur di loro, ucciso a Samolico in capo al lago: Matteo e Gusmeo a Gravedona. Primo vescovo di cui si ha certezza è Felice, ordinato da sant'Ambro-gio, e avea sede a San Carpoforo, appoggiata al colle Baradello (— 391). Seguirono san Provino, sant'Amanzio, sant'Abondio da Tessalonica (—452) che ridusse cattolica la diocesi, convertendo un signorotto (regulus) col resuscitargli un figliuolo. E di miracoli ridondano quelle storie ; gioje de! primo amor di Dio nella umanità cristiana e barbarica , da lungo tempo uccise dall'abbaco e dal compasso. Chiese di quei primi tempi son Pora detto San Carpoforo, Sant'Àbon- San Carpnforu. dio, San Fedele; rifatte probabilmente attorno al mille nello stile romano -lombardo, anteriore all'archiacuto, e conservandovi le parti più antiche, Per esempio la porta dietro San Fedele. Battisteri antichissimi conserva Puro la diocesi, uno a Mazzo in Valtellina, rotondo, uno quadrato a Gravedona, e ottagoni in Lenno e a Ghiavenna. xix. Como barbara e repubblicana. Sotto i Goti non registraronsi i patimenti de' nostri ; solo sappiamo che Teodorico diede opera a protegger dalla distruzione qualche statua di qui: nella qual occasione il suo segretario Cassiodoro encomia retoricamente la città e il lago. Quando i Longobardi invasero P alta Italia, molti rifuggirono nell'isola Comacina , la quale solo da Autari potè esser occupata, colle ricchezze portate da tutte le città in quella piccola Venezia. A Teodolinda regina longobarda attribuiscono (Vedi pag. 941, 9G3, ecc.) la torre di Pcrledo, la chiesa di Vareuna, Santa Maria di Gravedona e la strada che, col nome di Regina, lungheggia la riva occidentale del lago da Borgovico sin alle Tre Pievi. 0 laghisti, come voi i vostri padri già allora davansi attorno fabbricando, e le leggi longobarde provedono ai Magistri Comacini, che pare formas-ser una fraternità con rappresentanza, che, sebbene di sudditi, già valea qualcosa allorché il popolo giaceva senza legge ali1 arbitrio dei forti. Appena la Chiesa cessava di esser fecondata dal sangue de'martiri, cominciò a venire infestata dalle controversie; e dietro al Concilio di Cai-cedonia sorse una quistione, famosa col titolo de'Tre Capitoli, per la quale dalla sede romana fece scisma il patriarca d'Àquileja (Vedi vol. II pag. 577). A questo aderirono molli vescovi ed anche il comasco, che si tolse dal suffragare a quel di Milano, e stette coli'aquilejese fin a mezzo il secolo passato, benché tornasse presto all'unità cattolica. 1 primi 22 vescovi si onorano tutti per santi, e la leggenda, colla pia ingenuità dei secoli infantili, ne infiora di prodigi le virtù : siccome dappoi si volle che di pinguissime rendite e giurisdizioni fossero possessori, donate o confermate dai re. Ma la ricchezza e la potenza li trascinarono a tresche secolari. Era il tempo che tutta Lombardia giaceva sminuzzata sotto il dominio di baroni, i quali la facevano da re, nel ristrettissimo loro possesso dando leggi, esercitando giurisdizione e diritto di sangue, di guerra, di pace: riconoscendo solo con qualche servigio militare l'alto dominio degli imperatori, che gli investivano. Questa investitura davasi personalmente, ma presto essi ridussero ereditano il potere, scemando sempre più la IL FEUDALISMO, t VESCOVI 106?J dipendenza dal sovrano. Questo pertanto cercava deprimerli coli'investir 'n loro vece i vescovi, i quali se non altro non avevano successione, e che, onerati dal popolo, divenner presto signori delle città, mentre dei conti regj P autorità limitavasi alla campagna, perciò denominata contado. Di ta' guisa i vescovi vennero ad acquistar giurisdizione, e voto nell'elezione dei re, e capitanarla d'eserciti; perciò brighe e simonie Dell'accattar il vescovado, eh' era un potere, non più una dignità. E noi popolo? fin allora non eramo se non un vulgo senza nome poco meglio che servi, attaccati alla gleba, venduti con essa da baroni, cbe ci contavano come la scorta dei loro possessi. Ma passando sotto i vedovi, diventavamo plebe di Dio, partecipavamo alle elezioni del nostro pastore, poi anche a quella de' nostri magistrati ; nelle frequenti vacanze imprendevamo di poter benissimo amministrarci da noi stessi ; dai men robusti padroni ottenevamo di avere famiglia indipendente, di tenere cercati, di trattare da vicino a vicino, e in conseguenza sostenere le ragioni nostre nò tribunali o colla forza. Se, lasciando le pastorcllerie politiche, noi guarderemo dall' alto i progressi dell' umanità, comprenderemo °be, quando ciascuna diocesi era uno Stalo, e principe il vescovo, ogni favore Conceduto a questo diventava guadagno per noi popolo; avevamo un tribunale eccezionale, una giurisdizione domestica, benevola, interna, invece delP irosa e rigida feudalità. Esultavamo dunque d'ogni concessione che gli imperatori facessero ai vescovi: e su quell'esempio, talora ne ottenevamo di dirette da imperatori, i quali non produceano ma accettavano il movimento democratico. Fin dal 902 Ottone Magno in Como dava un diploma, ove agli abitanti di Menaggio e dell'Isola confermava ampj privilegi, di non militare, TOŠb dar alloggi, non pagar altre• imposizioni, non recarsi al tribunale regio se non tre volte P anno a Milano '. Ruppesi poi la guerra fra le due potestà supreme della società, la temporale e la spirituale, P imperatore e il papa, i conti e i vescovi ; e fra t — In nome della santa ed indivisibile Trinità, Ottone per voler dì Dio imperatore •bguslo. Se assentiamo alle domande degli altri nostri fedeli, mollo più giustamente inclinar J^biàmo le orecchie alle preci della diletta consorte nostra. Sappiano dunque lulli i fe-^e|> nostri e della santa Chiesa di Dio presenti e futuri, che Adelaide Imperatrice augii sta moglie nostra invocò la nostra clemenza, affinchè per amor suo gli abitanti dell' i-Soli* Comasca e del luogo che dicesi Menaggio ricevessimo sotto la nostra tutela, e con baiassimo coti' autorità nostra i privilegi che ebbero dagli antecessori nostri e da noi st"sm avanti l'unzione imperiale, cioè di non far oste, non aver l'arbergario, non .lari. c,""diira, il (erratica, il ripatico, o la decima nel nòstro regno, né andar al placito s ■ 11(111 tre volle l'anno al piacilo generale in Milano. Tanto concediamo ecc.! Dalo all'Ol-ll,V(> avanti le calende di settembre, anno dell'Incarnazione 9H2, I dell'impero del pìis-s»itio Ottone, indizione V, in Como. • i due litiganti ohi profittò fummo noi popolo: crescemmo di spiriti; e come ci eramo liberati dai conti dell' imperatore, cos'i pensammo liberarci dai vescovi dell' imperatore, e costituirci in governi municipali, sull'idea di quelli dei Romani, dei quali ci restava la memoria, ultima cosa che i popoli perdono. Non stiamo qui a disputar di nuòvo se i nostri Comuni derivino dal municipio romano o dall'associazione barbarica: quest'ò certo che erano frutto d' una rivoluzione, operata contro le prepotenze rimaste dalla conquista regia , e favorita dagli imperatori e dai papi ; erano un ricolpo della democrazia contro le trasformazioni della feudalità. Già al 1100 possiam accertare l'esistenza di Comuni comaschi; e non sole Como, ma l'Isola, Rezzonico, Mandello, Gravedona, Rovenna, Maslianico, San Martino, Brunate aveano consoli e assemblea, e si faceano guerra; infelice indizio, ma pur indizio d'indipendenza, come è segno di vita lo sdolorare. Como guatavasi gelosamente con Milano, città ecclesiastica e popolare che era prevalsa alla regia Pavia, e che sottomessi i contadi vicini della Martesana (Brianza) coli'aristocrazia longobarda, del Sepri» i Varesotto) coli' aristocrazia regia, prevalendo di popolazione avrebbe voluto soprapotere anche sulle vicine città; e massime invidiava a Como il ricco mercato di cui il lago le offriva comodità. D" altra parte V imperatore pretendeva destinare qui i vescovi, men-tre il clero comasco credea diritto che il gregge eleggesse il proprio pastore. Sedettero in fatto qui un francese e quattro tedeschi, nominati dall'imperatore, poi la città scelse Rainaldo, amico di san Pier Damiani, di Gregorio VII, dell' imperatrice Agnese, del quale dice la cronaca che redditus ampliavi!, literatura valebat, ciò che esprime un progresso in senso popolare; mentre Enrico IV imperatore lo odiava, e violentollo quel Cencio Colonna che strascinò prigione il papa. Continuando i re ned' intento egoistico, Enrico V aveva nominato vescovo Landolfo, dei potenti signori di Carcano; ma i Comaschi sosteneano Guidone de'Grimoldi di Cavalla-sca, eletto canonicamente, e costrinser l'intruso ad esulare. Il quale si rifuggì nel castello di San Giorgio presso Maliaso sul lago di Lugano (Ulti); dove i Comaschi, col vescovo alla testa, lo assalirono e fecer prigioniero, uccidendo Ottone e Lanfranco illustri milanesi. Allora l'arcivescovo di Milano a gridar vendetta; chiude la basilica di Sant'Ambrogio, protestando non aprirla più lincilo non siano rotte le ostilità; e il popolo, cM sempre ebbe gusto dell'ammazzare e farsi ammazzare, gridò guerra, guerra. Infatti (1118) i Milanesi piombano su Como, e ne comincia un'impresa lunga come quella di Troja, e che ebbe per Omero un rozzissimo, ma prezioso contemporaneo. GUERRA DECENNE 1007 La guerra allora riduceasi a far correrie, devastare, stremcnzire i frutti, tentare assalti : non essendovi soldati stabili e mercenari, ma s0'° clizie urbane, queste cercavano tornar il più tosto a casa per attender a"a bottega e ai campi, salvo a ricomparire la primavera seguente. I Milanesi procacciaronsi alleati, non solo nei laghisti emuli di Como, ma nelle primarie città lombarde; e sebbene i Comaschi opponesser la convenevolezza delle posizioni, gli artifizj guerreschi, massime degli Intelviesi. e la Perseveranza di chi difende la patria, dopo 10 anni si trovarono agli estremi. Conosciuto impossibile il più resistere, nottetempo abbandonarono la città, e ritiraronsi nel borgo di Vico, donde videro la patria in preda al sac-coeggio e alle fiamme (27 agosto H27); poi capitolarono che, salve le v'te e le sostanze, distruggerebbero le mura e le fortificazioni . smeltc-rebbero il mercato, pagherebbero annuo tributo a Milano -. Ma i conquistatori erano fratelli; nè i Comaschi per questo cessavano ^ governarsi a comune; molte famiglie però, non volendo servire ove In ramo alzando il vincitor d'ulivo, L'armi represse, dettò patti e leggi. Ma patti e giuri ei non serbò. La rocca Invase allor senza contrasto, ed ambe Di ratene mtvìI gravò le braccia. Chi in lieto aspetto distende;» pel lido l.a lunata cittade al Lario amico. [Se già, com'eran le promesse, il forte Vailo e le torri diroccò soltanto, Ma i tetti ancora, e i delubri alti, e i prischi Del roman nome monumenti accese Con sacrilega face, e la schernita Fède sull'ali sen lagnò del vento. Cade l'alta citta, cade la bella Dominatrice del bifronte Lario Misera preda di nemiche damme. Arde Vico inaccesso, ardon le torri Di Coloniola, e i templi, e di Fabato Il portico, e di (ìiulio arde l'arena. Non gli ombrosi recessi, il bagno aprico, Non l'atrio di Caninio, ove godea Fra zefiri loquaci ire a diporto Eterna primavera, i duri petti Mosser de'vincitori. Al suol ne vanno Le Icstudinee volte, e l'operose Pavimenta ricopre alla rovina. Ne suonan gli antri, e sen lamenta il verde l'.uiipo pien di gemme, e per le vaste Terga del Lario dall'un lido all'alno Orribilmente la gran vampa ondeggiti. Castone RmoiUCO. avevano comandato, si accasarono sul Iago, altre in Valtellina, ove propagarono i cognomi comaschi. Ed ecco Federico Barbarossa imperatore di Germania accingevasi a rintuzzare l' orgoglio de' Comuni lombardi e massime de' Milanesi. 1 nemici de'nostri nemici son amici nostri: argomento perenne e ingannevole de' popoli, secondo il quale, i Comaschi andarono ad esortarlo perchè scendesse, e levasse i soprusi. Ed egli in fatti calò , costrinse Milano a sollevar Como dalle umiliazioni impostegli, e ne rifece, o piuttosto permise di rifare la mura. Chi scrive la storia ad aneddoti potrà raccogliere gli applausi dati da Como al Barbarossa, come a quel che reprime le violenze e la prepotenza , restaura gli oppressi, si fa liberator d'Italia. Press'a poco con gli argomenti stessi fu acclamato liberatore Alessandro III, che tutt'altro apparve ai Romani; ma col veder in ogni tempo e luogo le idee nostre o col farvi allusione, non si arriva ad altro che al concetto dell'indipendenza; concetto oggi preziosissimo, ma che scambiato per principale , sollevò i nostri or contro il papa or contro P imperatore, e fini sempre col ribadirci e l'uno e l'altro. Federico, giusto della giustizia germanica, livellatore, diplomatico, nemico dell'ambizione guelfa e unitaria de' papi e della casa Bavara, voleva la federazione e il diritto romano; voleva l'impero vasto come ai tempi di Carlo Magno, glorioso, libero per la forza della legge, delle giurisdizioni, delle gerarchie legalmente fissate, e dissoggetto dall' influenza di Roma. Deplora lo scompiglio della guerra italiana, e per concetti d'ordine e di civiltà reprime que' nostri consoli che edificano e distruggono città e Comuni come se l'impero non esistesse: al disordine che deriva dai consoli, autorità comunale, vuol riparare col sostituirvi i podestà, autorità imperiale: però non pensa annichilare i governi municipali, bensì la guerra municipale. Per riuscirvi però egli si associa alle ire delle piccole comunità contro le grandi ; alle regie contro le romane ; per sostituire la legge all'anarchia, la giurisdizione alle violenze, è costretto servirsi di quella libertà della guerra, eh' ei detestava. Questi intenti li vediamo noi ; e non sempre : ma allora i Comaschi non riconosceano in Federico che il loro liberatore, e lo gratificarono col secondarlo nelle guerre contro i Milanesi. Mal per loro, giacché a Legnano parteciparono della decisiva sconfitta (29 maggio H 76): dopo la quale non tardarono ad unirsi agli altri Lombardi, che nella pace di Costanza assicuraronsi i governi a Comune, e crebbero in repubbliche (1183). Federico venne festeggiato da tutti quando ebbe rinunziato all'idea germanica, nò del suo paese conservò fuorché la lealtà con cui accettava il patto di Costanza. REPUBBLICA 1069 Qui assistiamo al rinascimento delP Italia, che, liti allora sbocconcellata in Comuni e feudi e vescovadi senza attacco dell' un coli' altro , allora acquista la coscienza, per quanto vaga, di confini, d'un territorio circoscritto da fiumi e montagne, d'antipatie e simpatie lontane, che rispondono allo scoppio delle vicine e isolate: ogni città potè por mente anche alle discoste,-se non altro come federate o no; eoinunicaronsi le gioje e le mestizie, i trionfi e le umiliazioni, parteggiarono pel papa o per P imperatore. Nelle repubbliche, l'uomo era richiamato alle severità della vita, e mel-teansi in equilibrio il pensiero cogli atti, le combinazioni dell'ideale coì-P inflessibilità del possibile. Chi volesse una volta ben descriverci quell'età, eseguir gli ondeggiamenti dell'anarchia italiana senza abbagliarsi, bisognerà ricorra a qualcosa di meglio che alle patetiche esclamazioni sulle puntaglie quotidiane, sui fratelli che uccidono i fratelli, se pur brami spiegar quel fatto così generale, così ingenito alla nostra libertà, le guerre da Comune a Comune. I contemporanei le descrivono più che non le deplorino; sentono istintivamente che son conseguenza del ridestarsi d'una nazione, dell'essersi scossi di dosso la tirannide baronale e la signoria vescovile, dell'aver eletti consoli'pro-prj, costituito consigli e magistrati, favorito gli interessi del proprio Comune, e zelatone la grandezza. Della qual grandezza e prosperità risentivano Pesondanza ; e non avrebbero voluto rinunziarvi per ottener una quiete, siccome ò quella di membra idolenti ma paralizzate. In fatto, a quel tempo che i più si dispensan dallo studiare col 'lichiararlo barbaro, matto, scapestrato, risale il prosperamento di tutte le città lombarde. Le mura allora circondate a Como son quelle che ancora lo cingono, in figura di parallelogrammo, e con lunghe ^ cortine, molto elevate sopra la 'ossa, e protetto da torri ad intervalli. Nella fronte verso mezzodì la quadrata (Porta Torre) è tolta in ^ezzo da due pentagone, aventi l'histraz. det L. V. Vol. I' . i;>;; pentuyoim. le l'accie di 8 metri, ottusissimi gli angoli della spalla (ii)ii°) e del fiancheggiato (137°); e sono delle più antiche di tal foggia, prevenendo di secoli i bastioni moderni. Dappoi nel 1250 Loterio Rusca fabbricò verso Levante una torre rotonda , che ai di nostri fu improvida-mente distrutta per erigervi il teatro. Fiancheggiavano ia città il Castello Nuovo sopra San Martino , quel di Carnasino verso la Breggia, il Baradello che dal colle minaccia chi vien da Milano o da Varese, e al cui piede era disposta l'ampia caserma, detta Ca-merlata. Internamente Como governavasi qual descrivemmo Milano; sovrano il popolo, che nel gran consiglio eleggeva i magistrati; il potere esecutivo affidato ad un consiglio di credenza e a consoli. I consoli rappresentavano il popolo che aveva vinto i castellani. Era dunque conveniente ch'esso medesimo giudicasse questi castellani ? Inoltra eran in arbitrio di elezioni annuali; e dopo un anno tornando cittadini, restavano esposti alla violenza di quelli cui avesser dato torto, o alla rivincita de' nuovi magistrati. Bisognò dunque pensare a un tribunal nuovo, che .sopradominasse e cittadini e castellani, che fosse imparziale fra questi e quelli, con forza per domare i renitenti, coll'elczione popolare per esser appoggiato dalle plebi , con merito e nascita per farsi rispettare dai signori. Tali furono i podestà, che chiamavansi da di fuori, per un anno, nobili o dottori, con giuramento di non alterar gli statuti, e colla respou' salita d'essere sindacati prima che se n' andassero. Concentravano in se tu!ti i poteri, compreso quel delle armi, colle quali obbligavano ad osservar le loro sentenze." I castelli in cui i baroni si fortificavano, erano stati scossi dall'urto popolare, che gli obbligò ad uscirne, e stabilirsi almeno alcuni mesi in città, sottomettendosi ai pesi e alle leggi comuni: da ciò ebber nome le1 vie di Carnasino, Sasso Corbe, ed altro. La città mandava uffiziali pro-prj a sovrinlenderc ai Romuni sottoposti, e rendervi giustizia: batteva monete colla croce e colla leggenda Girila s Cumana, o talvolta con sant'A-bondio o coli'imperatore o l'aquila. L'agricoltura, esercitata da libere mani, fioriva. I vescovi venivano scelti dal clero e dal popolo radunato; tinche Innocenzo IV e Giovanni XXII trasser alla santa sede le nomine. Moltiplicaronsi chiese, ospedali, monasteri, eh' erano ricoveri dell'attività non meno che della santità e della dottrina. I frati. Umiliati sanarono 1 terreni fuori di porta Sala (Vedi pag. 833) e introdussero le manifat-turi- della lana, lungo tempo ricchezza di questa città, che alla sola Venezia ne spediva 12 mila pezze del valore di zecchini 180,000: e che di là traeva per 2000 ducati la settimana in lane che qui filavansi e che davati un vantaggio che oggi equivarrebbe a {,300,000 lire. Lavorava»! pure ìh FAZIONI 1071 bambagia, vetro, armi, sapone nero; e gli industriosi sciamavano in paesi forestieri a esercitare V abilità. Dentro amavansi il chiasso, le feste, fossero le religiose moltiplicate da una devozione cbe credeva, non ragionava ; fosser le signorili, come giostre, gualdane, pranzi; fosser le popolari del carnevale, delle regate, delle rappresentazioni sacre. Questo rigoglio delle repubbliche non era impedito, sebbene ritardato dalle gare colle città vicine dall'ingerenza imperiale, dalle discordie intestine, agitate col nome generale di Guelfi e Ghibellini : e con particolari in ciascun paese, quali erano qui i Vittani, Rusconi e Lamberten-ghi. Anche il territorio era diviso in fazioni: e per esempio Bellano, Pregnano, Corneno, Lomazzo, Musso, Morbio, Menaggio, Nesso , Porlezza, Torno, la vai di Lugano favorivano ai Guelfi, sotto le famiglie Albricci , Azzali, Borsieri, Bontà, Bruconori, Castelli di Menaggio e d'Argegno , Gambacurti, Lavizzari, Lavelli, Malagrida, Meda, Malerba, Mosconi , 01-giati, Oldradi, Peri, Perlasca, Sanbenedetto, Sala, Torriani, Vacani, Venosta, Vilani, Villa. Al contrario gli Avvocati, gli Appiani, gli Acqua , i Balbiani, i Biraghi, i Castel San Nazaro, i Castiglioni, i Cardella, i Dumi, i Formenti, i Ficani, i Gaggini, i Greci,, gli Imbiavati, gì1 Interlegni, i Lambertenghi, i Lucini, i Mugoria, i Muralti, gli OrelIi, gli Orchi, i Panieri, i Pirovano, Ì Paravicini, i Porta, i Quadrio, i Raimondi, i Rastelli, i Rócca, i Rusca , gli Stoppani, i Vicedomini teneano a bandiera ghibellina Bellinzona, Lugano, Balerna, Cernobbio, Moltrasio, Garate, La-glio, Colico, la vai Marchirolo. Nella stessa città i differenti quartieri munivansi un contro l'altro; i Rusconi avevano la torre sopra il Macello, la Torrazza, una presso al mercato delle biade, una a Sant'Abondio; i Vi-tani il forte di San Nazaro, detto la Demorata, e un altro di marmo 3 Guerre municipali di Como, con Milano 1118-27, !;2-84, 8S-'J«, 123IM'.», HU, 71, Xì-H«, I30i>. TI. 33, W, Ut, H 02, .", 7/Hi, 1K«0 Canta Hi«-27, mii, 1447 . Bormio H93, 1200, 1300-11 Gravedona e Isola Comacina ti IH 27, (iìi Torno 1530, 1417, 1S12. Cremona 4199, 4217, 18, 82. Bellaglp, Lecco, Nesso, Parma 1 118 27. Bergamo 1262. Casule 1200. fugano 1118 27, Uit Modena 1199. parma e Reggio 1100, 121:, 1». Sondrio 1300-11, 28 Verona 1217, 18. 1072 STOMI A DI COMO bianco e nero che fu poi de'Ciceri; sciorinavano bandiera guelfa la torre dei Peri presso San Giovanni in Atrio, quelle dei Della Porta, dei Vacani, dei Panteri; la ghibellina, quella de'Quòdri dietro San Fedele, de'Greci alla croce di Quadra, di Bellolo Interlegno presso porta Sala. A seconda che una fazione prevalesse o V altra, Como metteasi col-rimpcratore e colle città guelfe. Perocché in quel mare ondoso de'par-titi, qui come in tutta la Lombardia vediamo la città favorire i guelfi appena l'Impero vien a ottenere una grande vittoria; mettersi coi Ghibellini quando il buon successo inorgoglia il pontefice. È astuzia italiana? è il puerile concetto di voler debole il dominio dividendolo? No: ò forza delle cose. Il popolo non ha lunghe vedute; non si regola a propositi determinati e durevoli. Esso trovasi nella città, a fronte dei nobili. Quando vede questi insuperbirsi e sopraffare in grazia delle vittorie imperiali, cerca deprimerli col rialzare il partito avverso. Li inorgoglia un trionfo pontifìzio ? il popolo voltasi a favorir i Ghibellini, per quella revulsione istintiva che ci fa correr al lato opposto d? una barca quando è capo-levata. Quo' conflitti interni, dove P Isola o Torno repugnavano a Conio, alla guisa ohe a Firenze repugnavano Lamporecchio, Semifonti, Carmignano, erano propriamente litigi domestici, che si risolveano colle spade perchè non v'avea tribunali o forti o reputali abbastanza per sentenziarne. Intanto Como otteneva dall'imperatore privilegi, dalle città guelfe connivenza; or accoglieva i nobili cacciati da una città, ora i popolani; popolani e nobili costituivano vere comunità con capi distinti; e, per esempio, il popolo comasco aveva per podestà Martin Torriano, mentre la nobiltà ghibellina seguiva Giordano Rusca da Lucine. I Torriani appartengono specialmente al paese nostro; campagnuoli guelfi della Valsassina (Vedi pag. 981), che s'erano legati a Milano con amicizia larga e patriarcale; grossolani, franchi, crudeli nelle ore solenni del conflitto, ma non per sistema ; anzi, allorché il furiare dei partili e la riazione li costringessero a castighi, inorridiscono , sen-tonsi quel sangue piover sul capo: Martin Torriano non vuole trucidar i ghibellini prigionieri, dicendo: « Poiché non ho potuto dar la vita a nessuno, a nessuno vo toglierla »; suo fratello lasciasi cacciar da Brescia come Luigi Filippo, piuttosto che trucidar i rivoltosi : insómma colla voglia di farsi padroni, non ne aveano la fierezza necessaria. Perciò ai più risoluti Visconti soccombettero nella battaglia di Desio; e il caste! Baradello rinserrò Napoleone ed altri di lor famiglia che, finché vissero, empirono di gemiti la valle: in castro de Barradelo quasi canes tractati sunt. Matteo Visconti s'impadroni della città (1292), e scavalcate le avverse, pose in sella le famiglie Lucini, Lambertenghi, Avvocati, Lavizzari. Il RUSCONI E VITANI 1073 trionfo d1 una fazione o dell'altra portava ordinamenti diretti al solo utile di questa, non della patria comune. Per alcun tempo la famiglia dei Rusca tenne in briglia i Yitani, fortificatisi verso il lago Maggiore, e i Grassi padroni di Cantò; ma alfine dovè sottoporsi ai Visconti (1336). Allora la guerra municipale cessa di esser sterile, eterna, e riceve una soluzione, costituendo gli Slati secondo la geografia; e comincia Pera della libertà non tolta ma diminuita, essendo il Comasco non più che parte della signoria, e presto del ducato di Milano. Noi abbiamo esposto quelle vicende in gioventù, quando tra le ire ingovernabili non ci appariva alcun nesso fra gli accidenti avvicendantisi, e se ci ostinavamo a pur cercarlo, or lo vedevamo ne' partiti, or nella tirannide forestiera, or nella sfrenatezza repubblicana. Siamo sprovveduti di cronisti contemporanei, che almeno con qualche cenno ci diano a conoscere, le glorie, le vergogne, le zuffe, le imprese, molliplicantisi in quelP esuberanza della democrazia: neppur gli attori conosciamo di rivoluzioni importanti; sicché è impossibile indagarvi le cagioni: sarebbe esercizio accademico esaminare da qual parte stesse la giustizia, perocché la logica storica non è morale, e la storia delle rivoluzioni obbedisce alle leggi dello spirito umano, non a quelle della giustizia. E davvero questo gran fatto dell'emancipazione progressiva del popolo si compie arcanamente sotto il dito della Providenza, la quale par si compiaccia di non lasciar apparire che piccolezza d'uomini e irrazionalità di successi inattesi. E la libertà che oggi vediamo pascersi di nembi e del sangue dei re, pur deriva da quelle che si denigrano col nome d' ambizione di vescovi, oziosità di frati, privilegi di canonici; que'Tedeschi che si esecrano, condussero a stimar una libertà individuale, che veniva sagrificata allo Stato dai Romani che si ammirano. Borghesi e contadini, oppressi dai feudatari e dai cont'> avrebbero mai creduto di vedersi emancipati dai vescovi? Ed emancipati erano al mille, 'ua ricinti dalle rócche de' baroni, per modo che non potevano uscire di città se non a grado di questi, e pagando dazj e pedaggi. Un secolo dopo, son essi che domarono i feudatari, gli obbligarono a piantarsi in città, francheggiarono la campagna, e calcolando se torni miglior conto allearsi colPimperatore o col papa, dall'uno e dall'altro ricevono carezze e Privilegi. Ciò vien forse operato da qualche grand'uomo, da un eroe, da un legislatore, da uno statista? No; sulla scena appajono soltanto persone Volgari ron particolarità frivole e persin ridicole; con moti inconsistenti, che un anno non somigliano a quei del passato né per la direzione nò per l'intento. Un vescovo, un frale, un console appena a volta a volta emergono ,ra quel formicolio innominato: la storia ripete quel che ne dicean i con- i:\Vi STOKI A 01 COMO temporanei, eh" e>si erano sant'uomini o gran ribaldi; e le azioni ioro anche oggi si giudicano diversamente, secondo che si guardan da Milano o da Bellinzona, da Como o da Pavia. Liberali miopi e- rachitici, che alle esigenze del quarto d'ora immolate tutto il passato del genere umano , tutti i titoli dei secoli e della nazione, per istorpiarle nella politica vostra efimera, voi non capite nulla di que'grandi conllitti, non sapete che declamare contro Tambizion de'papi, contro le battagliuzze delle repubblichelte, contro la fatalità delle divisioni italiane. Ma la libertà o la servitù vien dai Comuni come dai Tedeschi , dagli imperatori come dai papi, dall' invasione come dall' emancipazione ; or trionfa la prudenza, or la temerità; or la democrazia, ora i pochi; or l'empietà, ora la divozione. Eppure voi vorreste imporci di giurar nel simbolo che per oggi avete adottato, e che domani avrete rinnegato, a capriccio del giornale che modifica le vostre convinzioni. Como suddita. La sommessione a Milano non distruggeva il governo municipale. A Como durava il consiglio generale di 100, fra i quali sortivasi un consiglio di 12 savj od uffizio di provisione, per amministrare gli affari ordinarj; ne* casi più rilevanti, come per fare statuti, dar la cittadinanza, vendere o impegnare pubblici possessi, raccoglievasi il consiglio generale. Ma i "Visconti, e principalmente Gian Galeazzo, mirarono sempre ad assottigliarne la giurisdizione che questo aveva in materia d'ordinanze, pesi, misure, imposte. Innanzi ad esso consiglio appallavansi le gabelle, e un giudice dei dazj con sei ragionieri risòlveva le quistioni che ne nascessero. Vi sorvegliava un referendario, per l'interesse del principe. Quattromila seicento fiorini al mese Como pagava a Gian Galeazzo. Privilegio del fisco era il sale, e l'appaltatore nel 1380 dovea comprarne dalla gabella del principe quindicimila cinquecento staja, che poi veniva suddiviso per Comuni e per famiglie, restandone esente chi possedesse meno d'una lira di estimo. Il podestà non era più eletto dalla città, ma spedilo da Milano, con cento fiorini d'oro al mese, coi quali doveva stipendiare un collaterale GOVERNO MUNICIPALE <075 per la polizia, e il vicario e il giudice de* malelìzj, che sostenevano le veci sue, questo nelle criminali, quello nelle cause civili, nelle quali aveano pari autorità quattro consoli di giustizia e due giudici di palazzo, scelti fra i dottori di collegio. Ogni sei mesi venivano da Milano censori, Ì quali pure sindacavano i magistrati quando al fin dell' anno scadeano. Il governatore era un mero rappresentante, nè scemava al Comune l'autorità sopra gli ufiìziali inferiori e sopra le entrate proprie. Gli statuti municipali erano stati rinnovati da Azzone Visconti. Bisognava dare e pagare un numero di soldati proporzionato alla popolazione, e cosi carri e guastatori ed altri servigi da guerra. La cittadella era guardata da un comandante ; da un capitano del lago, sedente a Bellagio, dipendevano due navi da venti e più remi dette scorrobiesse, con soldati per inseguire i contrabbandieri e i pirati. Un capo del bollo rilasciava i passaporti agli stranieri, sui quali, e sulle porte , sulle quarantene , sui confini aveva giurisdizione. Dal principe pure venivano il giudice delle vettovaglie che badava alla bontà de'viveri e delle medicine, e i giudici delle strade. Quel che parrà strano, nemmeno la perdita dell'indipendenza sopì le nimistà interne e le divisioni per famiglia. A Como nel 1335 furono eletti cinquanta uomini della fazione Vitana, cinquanta della iiuscona, cinquanta della Lambertenga; e posti i nomi in tre urne separate, se n'e-straeva uno per ciascuna, formando il tribunale dei Ire buoni uomini, giudice inappellabile delle cause introdotte avanti a qualsifosse magistrato. E fin ai tempi di Francesco Sforza si continuò a cernire il consiglio metà dalla squadra Vitana, metà dalla Ruscona. Galeazzo e Bernabò Visconti aveano creduto abbreviare e semplificar le liti coll'ordinare che, a qualunque giudice fosser portate, si dovessero, a petizione anche d'una sola parte, compromettere in tre persone di fiducia, che proferissero senza strepito di lóro e inappellabilmente. Questo surrogare. I' arbitrio e il buon senso alla legge, peggiorava la giustizia , onde dapprima si ingiunse che fra i tre fosse un giurisperito, poi della sentenza si desse appello, infine si rimisero i giudizj ai magistrati ordina rj. A questi si andava estendendo la facoltà di procedere non solo per •stanza dell'offeso, ma d'uffizio, la quale estensione della giustizia fu un $ran passo verso la centralità governativa. Gian Galeazzo vi servì collo stabilire a Milano un consiglio di giustìzia, supremo appello dagli inferiori, « un consiglio segreto che sovrintendeva all'amministrazione, avendo di-Pendenti i magistrati delle entrate ordinarie e dèlie straordinarie, i refe-''endarj della curia ducale, i collaterali del banco degli stipendiar) per 1' e-•sereit.o. i capitani del divieto dei grani sopra l'annona. Anche la nomina ai benefizi ecclesiastici la avocata al principe, salvo al papa il ratificarla : infine esso si arrogò quella tlel gran consiglio e dei dodici di provisione. A malgrado di questi progressivi concentramenti, moltissimo ancora lasciatasi a* magistrati eletti dal popolo; e della bontà e tristizia de" principi appena s'accorgevano i Comaschi. Quando per altro, alla morte di Gian Galeazzo Visconti, tutta Lombardia si riscosse, opponendo all'unità milanese le dinastie particolari, anche i Comaschi presero le armi (14011), combattendo contro i Milanesi e tra sè, coi ridestati nomi di Guelfi e Ghibellini : i Rusconi da Rovereto in Val Mesolcina, ov'erano da un pezzo dimenticati, scesero a saccomannar le terre de' Vitani, irreconciliabili nemici; i quali per dispetto ravvicinatisi alla reggenza milanese, a vicenda poser a ruba Lucino, Civello, e altri dominj de'Rusconi; Franchino Rusca, intesosi cogli avversar" de'Visconti, occupa Como; Pandolfo Malatesta capitano de'Viscontei l'assale e l'abbandona alla rapina e alla brutalità; e per le terre e pel lago attacchi e ripicchi si prolungano molti anni; bande for-mansi di venturieri, smaniosi non tanto di esercitar il coraggio, quanto di prepotcre; e Franchino Rusca, divenuto signor di Belliruona, Cantò, Lecco, Incino, Locamo, Como, tiene testa ai Visconti coi mezzi più disperati. Ma al morir suo (1412) si eclissò l'artifiziale splendore di sua casa; Loterio suo figlio dovette ceder Como e la ròcca del Paradello, pel compenso di 1 o,000 fiorini in oro, mille in argento, e serbando il titolo di principe di Lugano, Mendrisio, delle pievi di San Vitale e Balerna, Luino, la Valtravaglia, Osteno, La Cima, Vallintelvi, i castelli di Morcote, Code-lago, Sonvico, San Pietro, torre d'Olonio, e tutta la vai di Chiavenna , cambiata poi con Locamo. Como tornò ai Visconti ; ma, oltre le terre concesse al Rusca, erano sottratti alla sua giurisdizione molti feudi: Colico dato ad Antonio Cele-rio; Musso e Poschiavo ai Malacrida ; ai Castelli San Siro e Plesio; Lucino e Olgiate ai Raimondi; le valli chiavennasche al Balbiano di Varenna. Maggior perdita fu quando gli Svizzeri invasero la Leventina, poi Bellinzona, e ben presto Lugano, Locamo, Balerna, lenendole come baliaggi , che poi divennero il Cantori Ticino, e che serbarono così in ogni tempo il privilegio di dar ricovero ai proscritti di Lombardia. Eppure non rifinivano le guerricciuole fra signore e signore, fra terra e terra, fra una e l'altra fazione. Vi s'interponeano talvolta persone prudenti, e massime ecclesiastici; e vuoisi ricordare fra Silvestro da Siena, che girata tutta Lombardia conciliando paci (1439), convocò i Comaschi sulla piazza di porta Torre, e li fe giurare sul crocifisso di cessar le baruffe, e nel sangue di Gesù tulfar le ire fraterne. Commovente solennità , per la quale si conservò sempre festivo il giorno di santa Lucia. Ma ahimé! GUERRE INTESTINE 107 7 troppo prosto ripullulavano i bronchi della discordia ove le pie mani aveano seminato le rose della pace. l'ari' ili Sun/fi Lucia, Spenti i Visconti, Como rialzò la lesta, anelando a governo repubblicano (1449), ma dopo brevi e sanguinose baruffe fu costretta piegare a Francesco Sforza (1450), Allora comincia quella calma, che il Guicciardini ammira, e che potea cambiarsi per felicità. Non guelfi, non ghibellini, non imperialisti o papalini , i signori, aspiranti air unità e al principato, andavano introducendo queir imparzialità, che rimove le occasioni di guerre, mentre , ridotta la politica a combattenti, cioè a denari, attribuivano alle finanze quell'importanza, che prima era appartenuta alle idee e ai sentimenti. Finiva illustra:, dei L. v. \ ol. III. ÌU 1078 STORIA 01 COMO dunque il medioevo con un'età di transizione fra le personali irrequietudini di quello, e le regie sovversioni del cinquecento. Gli Italiani d'allora, non agitati da aspirazioni verso un avvenire di cui nessun principio era per anco affermato categoricamente, nè argutamente scontenti d1 un passato di cui nessun principio rinnegavano perentoriamente, requiavano dagli interminabili trambusti, dai quali erano spinti verso una società nuova, intelligente, artistica, governativa; in considerazione della quale stimavano i meriti anche più contraddittori, ma sovra tutti la fortuna e il saper riuscire, e disfarsi de'nemici senza sfoderar la spada; non disprezzavano l'indipendenza, supremo bisogno politico, ma meglio valutavano l'eguaglianza, supremo bisogno democratico, dando mano anche allo straniero per abbàtter l'oppressore indigeno; veneravasi la religione, ma quasi altrettanto le idee classiche, nelle quali traducevasi il medioevo ; e per le quali, coltivando le Muse, volentieri le si metteano a mercato; e dell'erudizione come dell'ispirazione voleasi fare dei torchi da batter moneta, introducendo anche nel campo letterario come nel politico la supremazia della finanza. In questa cornice voi avete certo ravvisato la fisionomia di Paolo Giovio e l'età da esso descritta. Nella quale Como stette sotto gli Sforza fin quando Lodovico il Moro chiamò Carlo Vili, e con lui aperse 1' óra sciagurata delle conquiste, e la servitù d'Italia. Tra la foresta delle picche francesi, spagnuole, tedesche, svizzere, che se la disputavano, Como ebbe grandemente a soffrire dagli uni e dagli altri, che a gara vi adopravano le prepotenze, consuete ai soldati : mentre dal canto loro ne usavano alcuni nostri, postisi alla testa di bande. N'andavano disastrati il piano, i colli e il lago ; gli Svizzeri giunsero ad assicurarsi i baliaggi ; Como fu spesso guasta, ma peggio il dicembre 1521, quando il marchese di Pescara, a capo degli Spagnuoli, diede un' altra delle eroiche sconfitte toccate tante volte ai Francesi in Italia, e cacciatili abbandonolla al saccheggio. Qual v' è terra che non avesse a piangere di quegli anni infelici? Giovandosi dei trambusto che infiacchisce i governi e raffìda i prepotenti , Gian Giacomo Medici milanese, messosi attorno l'immondo corteggio di tutte le rivoluzioni, s'impossessò del castello di Musso, ed ora favorendo l'ultimo duca di Milano, or Carlo V, ora gli Svizzeri, or nessuno, e mutando parte secondo che gli tornava vantaggio, formò una potenza anormale, estesa su gran parte della Brianza e sul Lario che scorreva da padrone, s1 intitolò conte di Lecco e vi battè monete ; e teneva i suoi ribaldi in devota e paurosa soggezione (Vedi pag. 9(36). Se la sventura d'Italia avesse prolungato le guerre, costui si costituiva un dominio per forza : invece procacciosselo a patti : e Carlo V, padrone di mezzo mondo, gli concedette (Ì538) Putissimo assegno, il marchesato di DOMINAZIONE SPAGNUOLA 107!» Marignano, poi il comando delle sue truppe quando le mandò a spegner a Siena l'ultima libertà toscana. E già la Lombardia aveva perduto la sua, essendo aggregata all' immensa monarchia spagnuola. Amici dell'ordine, consolatevi : il medioevo è finito; la discussione è chiusa: non più anarchia, non più liti in piazza 0 in campo: i decreti surrogansi alle deliberazioni: regna l'ordine come nel cimitero. Passata, al par dell'altre città lombarde, per l'età romana, la conquista barbarica, il dominio de'conti, del vescovo, il governo de'consoli, de'podestà, delle due sette, dei tirannelli, de'signori, de'soldati, Como era caduta sotto il protettorato cosmopolita della Spagna, e dipendendo da una città dipendente, subiva un concatenamento di servitù, in arbitrio d'un governatore e d'un comandante di piazza stranieri, che pensavano a prepotenze e depredazioni, più che a giovarle. Vero è che la città conservava l'amministrazione interna col podestà e col corpo decurionale, e al governo generale interveniva mediante un oratore che teneva alla Congregazione di Stato in Milano: ma tutto era guasto da due malanni ; primo 1 soldati, schiuma della società, che o non pagati o male, pretendeano dai Comuni e dai privati il vivere e i soldi, e spesso mutavansi in nuovi ladri; l'altra le imposizioni, che trasformavansi in mille guise per colpire ogni materia, ed esagerandosi di là dai mezzi, essiccavano la ricchezza nelle fonti, esaurendo i capitali che son necessari per dar valore alle terre e vita all'industria; alle taglie ognora crescenti bisognava supplire colle estorsioni, coi debiti, colf alienare i dazj, vendere i beni pubblici, vendere le rendite camerali , poi sospenderne il pagamento ai compratori. Alcuno tardava a pagare? mandavansi i militari a vivergli addosso h discrezione : i decurioni eran tenuti mallevadori in solido de' prestiti della città : i creditori de' Comuni potevano pagarsene a carico di qualunque individuo, sebben avesse questo già soddisfatta la sua porzione. Levando poi dei capitali con interessi fin del IO per iOO, la città si affogò ne'debiti. Il governo, che non sapea dire se non pagate, pagate, vendeva a diversi signori i paesi a feudo, cioè il diritto di met-tervi imposte, di levarvi uomini, di amministrar la giustizia 1 ; mentre 1 Nel uno il territorio di Como composto ili <>» terre, aveva i seguenti fendi: Appalto con Caslelnovo, Fio, Vernano, Limulo, Bulgarograsso, Lurago Marinone del conta tto» poi dei Biumi d;i Castiglione: Lomazzo degli Arconati: Turale dei Caimo: Gerenzano «ei Fagnani: Rovello dei Della Porla^Cassina de' Ferrari dei Reina: Elio degli Orrigoni A&géra de' Gorromei come Valcuvia e Varese: Šesto dei Cusani : Canlù e Galliano dei P'etraaania: Alzale degli Altieri : Olgiate Olona dei Visconti : Mariano de'Mariani: Meda: •H'Ii Aresi: Missaglia de'Sorniani: Torrcvilla dei Sirlori: Monlevecchia de'Panigarola: Osnago de'Lucisi: Rovagnaledei Del li noni: Robiale dei Corio: Paderno dei Pietrasanla-'Mondonico dei Giussano: Lecco degli Ajroldi: Valsassina dei Monti. l'estorsione aumentava le entrate, la disperazione le diminuiva, perchè la gente se ne sottraeva cercando nelle vicine terre svizzere o venete un più agevole vivere. Quando il vescovo Scolti visitò la Valtellina, trovò nei soli tre terzieri 150,000 abitanti; nel sinodo diocesano del 1598 se ne davano al Comasco 90,000; ma dalla visita del Caratino nel 1633, tutta la diocesi apparve ridotta a 172,189 anime. A sollievo di tanti pesi, alcuni cittadini o rilasciavano i guadagnati stipendi, ° davano del proprio; singolarmente Gian Andrea Perlasca lasciò 400.000 lire a scontare i debiti della patria, E come nell'età repubblicana il progresso partoriva il progresso in mezzo ai dolori, cosi neh' Cvd regia sventure nasceano da sventure con un concatenamento logico, benché inesplicabile ai sagrificati. Era sempre durato in fiore il lavorio de' panni; morendo nel 151«' Luigi Muggiasca lasciò 70,000 zecchini, in tal negozio guadagnati; nel 1515 i Comaschi minacciati diedero in custodia ai Tornaschi tanti drappi pei valore di 20 mila zecchini; 20 mila ne offrirono i soli mercanti per la fabbrica del duomo: i duchi faceano qui far panni po' soldati e per la corte, e molte società tedesche v'erano accasate per comprarne e spedirne. Dai registri del 1580 si raccoglie che in Como entravano ogni anno •1313 balle da 250 libbre piccole di lana spagnuola, 789 di tedesca, e se ne fabbricavano 600 pezze di panni alti, e 140 di più leggeri, rovesci, bajette, saje, oltre le tele di cotone, i filali, il sapone, il vetro, il fjrro. Presto fu pure introdotto P allevamento del baco da seta (Vedi, pag. 768). Sotto il governo spagnuolo tutto quel fiore appassì. Entrala P idea che i nobili dirazzassero attendendo al commercio, si ritirarono da questo i capitali, per impiegarli o in palazzi che non fruttavano, o in fondi che erano spolpati dall'imposizione. Nel 1624 Como rappresentava che il suo commercio fosse ridotto a un decimo ; restavano tre soli lavorii di seta, appena 20 telaj di panno , nessuno di velluti, nè un solo venditore di merci forestiere. Que' che deplorano le guerricciuole quotidiane del medioevo, ci dicano se portassero mai tanto spoverimenlo, e in conseguenza tanta depressione di caratteri e d'intelligenza. E basti ricordare come allora giganteggiasse la credenza alle streghe, fatta soggetto di discussioni, di libri, di processi, di supplizj. Bernardo Rategno, domenicano comasco, scrisse un libro (fi? migiis 1566) ove s'indigna contro chi dubita della loro esistenza, del potere che esercitano sopra la natura, del trasfigurarsi, del trasferirsi l'orporalmente a luoghi lontani per assistere alle tregende ove coi diavoli contraggono patti, consumano sacrilegi e infande nozze , adorano, banchettano. STKEGHL. LNOl'ISIZlONK tos, Contro coleste esercitavasi principalmente l'Inquisizione, il cui uffizio a Como risedeva nel convento dei Domenicani a San Giovan Pedemonte. Indiziate dalla fama, principalmente vecchie e brutte, incolpate di quelle disgrazie per cui non si osa bestemmiare la Providenza, malattie di bambini, gragnuole, epizozie, mal delle viti o dei filugelli, etisie, innamoramenti , son recate al Sant' uffizio, che colla prigione, colle subdole inchieste, colla tortura le induce a confessare per sino colpe impossibili, ma dedotte dalle idee universalmente ammesse; e dietro processi fatti alla maniera d' allora, condannansi a supplizj quali allora si usavano. Vuoisi che nel 4416 fra Antonio di Casale consegnasse nel Comasco al braccio secolare 300 persone; nel 1485 a Como furono arse 41 streghe, e in tutta la diocesi 1000 in circa all'anno; dolorosi ricordi, sui quali altrove ci costrinse ad insistere P obbligo storico di riferire la verità -. La Chiesa, provida madre, mettea dei cordoni sanitari per riparar dall'errore, come allora laccasi pei contagi; or s'abolirono e questi e quelli, e credesi che la verità basti a difender sè stessa, e questo sia il carattere che la discerne dall'errore , purché facciasi nel silenzio della passione, con studio, riflessione, sincerità imparziale. Essa Inquisizione, e più utilmente i vescovi in quest'età ebber a molto adoperarsi per tener lontana l'eresia, attaccatasi in Valtellina e ne1 ba-liaggi svizzeri, e per migliorare la disciplina ecclesiastica, traviata neh" i-gnoranza dei preti, nelP indisciplina di frati e monache, nelle superstizioni del \uIgo. Il vescovo Giannantonio Volpi, buon letterato e in relazione coi migliori d' allora, informava continuamente san Carlo di quanto faceva per attuare i decreti del Concilio di Trento, al quale era intervenuto, e per rimetter la decenza nelle chiese, simili piuttosto a taverne, senza campane, senza confessionali, senza pulpiti, senza arredi; stabilire devozioni e riti, e un regolato cerimoniale ; e P adempimento de' legati pii, e i sinodi diocesani e le congregazioni plebane ; istituire nuove parrocchie, dove prima un solo prete doveva accudir a vastissimi territorj; rinnovar P uso del predicare, abbandonato quasi unicamente ai frati; regolare i diritti di stola bianca e nera, e i registri de' battesimi, matri- 2 Storia di Como e della stia diocesi. Firenze I8SS. Libro Vili. Prima di ridere fremere o sprezzare, bisognerebbe guardarsi intorno. Nel tS!»7 i ,a'ieiulli di Gagnell' e Mockjards nella Svezia furono presi da un'allucinazione, per cui assicuravano di aver data l'anima al diavolo, o tramutati in vermi, fuggir di casa per estere alle tregende in lìlackhull, e in forma di gufi e pipistrelli volar nel bosco di •'osephsdal, dove il veccliio del Nord (NarsguOb) gli aspettava; e quivi ridonata loro la sembianza umana, trascrivali seeo s'una tórre altissima, ove consumavano tu notte in Ca»ti e balli, e bever il brodo delto Welling, che bolle in una gran pentola messa in "'ezzo. Le autorità civili ed ecclesiastiche dovettero faticare assai per svellere questa su-P^rsl izione. 108Ž STORIA DI COMO monj,' e morti ; estrudere le superstizioni, sincerare le leggende di santi e le reliquie. Al medesimo uopo fu qui deputato il vescovo di Novara Bonomo, che visitata attentamente la diocesi (1369), ammonendo, confortando, decidendo , e dispensando grazie spirituali, lasciò prescri/.ioni a stampa , che indicano quanto estere si considerassero le attribuzioni vescovili, e quanta ignoranza e superstizione fosse diffusa nel popolo e in chi doveva illuminarlo. I vescovi (egli impone) non abbiano cortine e tappeti a fregi ; non eleganza nel suppellettile di casa ; non vasi o cancellieri d'argento ; tavola frugale, perchè di più avanzi da distribuire ai poveri. Obbligo primo del vescovo è il predicare; o almeno assistere a chi predica. Nella settimana santa sieda alquante ore nel confessionale. Almeno ogni i-lue anni faccia la visita diocesana , con non più di dieci uomini e sette bestie ; e punisca chi gli servisse più di tre piatti, oltre frutta e formaggio. Se la facciala della chiesa non sia di marmo o con buone pitture, si dipinga di rosso; e sopra la porta qualche santo; ai fastigio una croce. Non quadri che falsino il dogma; nè ritraggano persone vive ; non atteggiare nelle processioni fatti di santi. Via dai confessionali le borse ove i penitenti deponeano offerte; via i sepolcri elevati da terra, e si ripigli l'uso di seppellir ne' campi santi, dove non sieno alberi nè erbe da pascolo. In chiesa le donne vengano con denso velo, neppur un capello lasciando apparire. Nelle esequie i preti cansino ogni sospetto d'avarizia; non distinzione di campana o.di croce pel povero o pel ricco; e tenui siano le tasse funebri. I pacrochi visitino due volte la settimana tutti i quartieri della parrocchia, informandosi de'bisogni spirituali e temporali; non tengano donna minore di 50 anni. Ne' conventi delle monache abbiadai carceri e manelte e ceppi per le riottose; non si ricevano a educare fanciulle che possano esser allevate in casa dalla madre o da parenti. 1 membri delle confraternite laiche abbiano come dovere il disciplinarsi, e ne siano puniti se mancano ove non sia per malattia. 1 maestri di umane lettere facciano al vescovo professione di fede. Ogni settimana egli raduni l'inquisitore e alcuni teologi ed avvocati e notaj per far il processo agli eretici. A chi bestemmia Dio o la Beata Vergine s'inlliggano 25 monete d'oro di multa, poi 50; poi 100 alla terza ricaduta, e l'csiglioe l'infamia. Che se non abbia denaro, dopo la prima volta stia genuflesso colle mani legate al tergo tutt' un giorno festivo al limitare della chiesa; la seconda volta sia condotto vergheggiando per le vie della città; alla terza abbia forata la lingua, poi condannato in perpetuo al remo. Variano le pene pe'chierici e per chi bestemmia i santi. Proibito P usare statue, immagini, anelli, caratteri mistici per curar uo- VESCOVI im mini o bestie; il far incantesimi o fascini; il medicar con certe parole o con numero determinato di preci; il raccoglier felci od erbe o cespugli in un tal giorno e ad una tal ora, quasi senza di ciò manchino d' effetto. Maghi e indovini sieno puniti dal vescovo, il quale vigili a ricercare e castigar le streghe. Trai vescovi d'allora, oltre il Ninguarda di Morbegno e Filippo Àr-chinto che al breviario patriarcluno surrogò il romano , ò memorabile Lorenzo Caratino , che in 39 anni sistemò I1 archivio vescovile, fece il catalogo de1 suoi predecessori e de1 loro privilegi, raccolse le lapidi ed altre anticaglie 3 e qui chiamò da Cremona Giambattista Natale pittore, che copiando opere di Luino e d'altri divenne famoso. Dalle loro visite raccogliamo che la diocesi era popolata di circa 300,000 anime, con 28 pievi, 382 parrocchie; l'entrata vescovile, dedotti i pesi, non passava i 2000 scudi. In duomo erano le tre dignità di arciprete, arcidiacono e prevosto: sedici ca- 3 li Cumini nacque in Cremona il OD dal conte Gìovan Maria. Studiò all'università di Parma, dove nel IIM ottenne la laurea in legge accompagnala dui versi degli amici fl degli ammiratori del suo ingegno. Vestito l'abito ecclesiastico, passo a Roma presso il Cardinale Desiderio Scaglia cremonese , al quale succedette nel vescovado di Molli in Prima, poi iu quél di Como nel 10'2!i Il suo ingresso venne celebrato dai poeti e dagli Oratori, e amato, riverito da ogni classe di persone vi restii lin al llilio quando morì di anni. Restano del Caratino {. Cotisliluliones in Si/nodo celebrala pritlic non, 0cì00.,6ì 1 iti. novembri» iti'lì. Iloma>, ex tgpographia Al/dionsi Ciacconi, W'ì'.i, in 4. a. Synodtu Diocesana Cometisia V, iurkoala die A'VIU, completa /ero die A.X septembris, anno domini MDCX.XXIIl. Conti ex typographia Amanti, i-ru vae, K>3!>, in 4. Oltre i decreti sinodali questo volume contiene una relazione sullo sinio ecclesiastico Jel vescovato di Como, diretta ài cardinali interpreti del Concilio di Trento, un catalogo Cronologico de'vescovi di Como, e la serie de'diplòmi di imperatori e re, ne'quali qual-c"e privilegio fu accordato a quella Chiesa. 5. Giudizio sopra l'istoria del cardinale Beni i coalio. Napoli presso Ottavio Bel-lomo, IV58, in |, Questo libro usci anonimo, e non in Napoli, ma a Como; I' autore credendo bene t ti s,'fi)ar l'incognito nel parlare di un libro celebre, di celebre e alto personaggio. 4. Antiqua monumenta colicela, et in porticu viridarj locata. Comi, 1144 Sono """lUinenli comaschi > P"1' colla Slia credila passarono a Cremona in casa Cmalini, ''onde ne'Barbò, inline alla Torre de'Picenardi. 8. Officia propria Sunclorum Ecclèsia Comcnsis recitando, u S. Scile apostolica olim recoghita et approbata, ad cleri comoditalem denuo edita, una rum catalogo SS. episroporum. marlijrinn, vinjinuiu, OC bcalorum, quorum eorpora in cirilute et diocecsi requieseunl Comi, anno jnbituei USO apud Meni, C„ pranum, in 4. Ordo habrndi congregàtiane» urbana» et plebanas; decreti» et moniti» a n-<:(,riis forranei» et aids observandi». Nonnullieqw ad cleri utili ta tem pertinentibus "dam.,, 0C, (|6, ;(/. imi, in 4.) nonici, fra cui un teologo ed un penitenziere, colla rendita d'oltre 150,090 scudi d'oro: dieci mansionarj istituiti dall'abate Marco Gallio, un cerimoniere, un vicario, quindici cappellani, la confraternita del SS.: l'annua rendita della cattedrale saliva a 4000 scudi romani. A S. Fedele erano il prevosto e sette canonici; ventidue parrocchie nella pieve di Zezio : in città nissun frate, eccetto i Gesuiti: ne'borghi dodici conventi, nove dei quali di mendicanti : sedici di monache : quattordici confraternite di disciplini : quattro ospedali, de'quali il maggiore aveva all'anno 4000 zecchini, carico però di debiti: monaci 466, monache 855, le quali possedevano per annue lir. 114,000. A migliorare cominciò il paese tostochè sottentrarono la pace e gli Austriaci tedeschi, che vi stettero fin al 1796, e che, regolando meglio la distribuzione dell'imposta, e togliendo gli abusi del governo militare, permisero si sviluppassero i naturali elementi di prosperità, e 1' attività degli individui e dei Comuni. Allora al municipio soprantendeva il corpo de1 nobili decurioni; dodici savj di provisione risolveano sulle vettovaglie, le strade e il patrimonio pubblico ; i consoli di giustizia, giurisperiti scelti dal paese come gli altri uffìzj, si mantenevano in carica due anni, e tre il podestà, rappresentante dell'alta giurisdizione. Tutti gli impiegati costavano al Comune lir. 17,000. Il regio delegato regolava le entrate erariali, informava il governo non di tutte, ma sol delle cose più importanti, assisteva alle assemblee comunali acciocché nulla deliberassero di contrario alla legge e al pubblico. Non altra forza che alquanti birri e la squadra di campagna ; e il municipio si lamentava non si mandasser qui truppe dall' imperatore, le quali consumassero in paese il denaro che il paese pagava per esse. Il Comasco costituivasi in tre corpi: Como colla campagna, il Contado, la Vallintelvi. Nelle comunità di campagna un convocato di tutti i possessori, o, se questi fossero troppi, un consiglio di alcuni, bilanciava ogni anno le spese da farsi, approvava le fatte, eleggeva tre deputati dell' e-stimo con un cancelliere ; forma che luttor si conserva, embrione d'un governo rappresentativo. Abbondavano chiese, frati, monache; e a Como e nel giro v'aveaben 23 case di religiose, 15 di frati : che allora cominciaronsi ad abolire, poi del tutto. Quando Giuseppe II arrivò a questa città nel 1769, visitò i lavorìi; volle seco in barca Francesco Guaita, proprietario del maggiore lanifizio, e seppe come battessero 155 telaj di seta, 25 di panno e saje, 11 di tele di cotone, 2 di calze; 30 mulini di seta, 4 tintorie, 2 fabbriche di cappelli, 4 di sapone, una di vetri, una di cera, 3 concerie, 2 stamperie, impiegandosi fra tutto 56 maestri, 2570 operaj. Peccato non IL SETTECENTO , 1085 ci abbiano divisate le fabbriche del contado, nè le miniere 1 Nel 1773 v'erano 60 piante di torcitoj con 359 valichi, che lavoravano Fanno da 90,000 libbre di seta: 20 telaj di bambagine consumavano l'anno libbre grosse 40,000; la vetriera dei Boldrini produceva l'anno 80,000 lastre assortite e vasi infiniti: il Tatti preparava 8000 libbre di cera. Il transito crebbe ad oltre 24,000 colli di merci. Si fabbricarono anche coltroni da letto: e nel 1795 erano in opera ben 1333 telaj. Ma i mercanti non facevano travagliare se non a seconda delle commissioni; e gli operaj, non avvezzati a spendere un soldo meno del guadagno, al mancar delle commissioni trovavansi senza pane. Cadeva allora sul Comune la cura di alimentarli, col che, oltre l'aggravio pubblico, si cresceva l'imprevidenza d'essi operaj : e talora ne correva pericolo la pubblica quiete. Singolarmente nel luglio 1790, trecento tessitori, scioperi e intronati dai rumori di Francia, fecero turba e corsero a rubare, sinché la forza gli acquietò. Ci s'imputò altre volte di far idillj del secolo passato per ralfaccio al presente. Oh, noi non osanniamo tra i soddisfatti; ma sappiano, che il riposo non è felicità. Quella monarchia assoluta, senza scossa, senza rumore, in mezzo a tranquilli incrementi e ad inclinazioni benefiche, non ci toglie di sentirne ' mali; di scorgere che aveasi un governo paterno insieme e arbitrario, il quale, con indulgenze e rigori del pari senza regola, lasciava crescere abusi e sovrapponisi gì' interessi particolari, che poi mormoravano qualora fosse forza toccarli ; non comprendendo che, per regolar gli uomini, vuoisi meno condiscendenza nel fondo e più legalità nelle forme, ai diritti davasi aria di favori ; ai castighi di vendette. Il senato era divenuto ciò che tutte le aristocrazie, dove la responsalità si sparpaglia sopra molte teste, uè alcuna assemblea popolare le contrappesa; incorreggibile nelle tradizioni; insaziabile nelle pretese ; talché i nostri liberali, più generosi che previdenti, applaudirono a Giuseppe II quando lo cancellò con un tratto di Penna, che mostrava come niun limite avesse la potenza regia. In fatto quelle servitù, che col nome di libertà ci furono portate dalla evoluzione, già s'andavano stabilendo ; il Comune non si governava più nè s'amministrava da sé, dovendo sottoporsi a un impiegato che i reboanti proteggeano nelle sue usurpazioni; perdeasi gran tempo, prima di concedere a un paese di fare una strada, di rialzare un campanile; ' nobili aveano titoli ma non influenza ; prendeano piede l'accentramento aoiministrativo e la tutela amministrativa, la moltiplicità degl' impieghi e 1 avidità di essi ; Io Stato smarrivasi in un' infinità di minuzie, tra le ÌUali non s'accorgea come la società traboccasse d'ogni parte. Le classi, Senza legame comune per resistere al potere o migliorar di concerto Illustra:, del L. V. Vol. III. ÌV la propria condizione, erano separate, eppur sempre meno trovavansi differenti per ricchezza, per gusti, per idee; la società leggente diventava inquieta, meno per i bisogni suoi che per quelli che udiva di Francia, e pe' germi dissolventi innestatile da questa: tolta l'abitudine degli affari pubblici, rotto l'equilibrio fra l'azione e il pensiero, apparivano le profonde contraddizioni che sono un de' sintomi più accertati delle sofferenze d'un paese: le riforme desiderate uscivano di misura perchè s'erano perdute le tradizioni; e od una pusillanime diffidenza rattenea negli abusi 0 P avventatezza gettava nel!' impossibile. Manifestavansi dunque nell'azione pubblica e nella privata i barcollamenti d'una società che non sa come indirizzarsi fra i desiderj confusi, i presentimenti inquieti di riparazione e di novità, i puntigliosi litigi, i vecchi interessi e i nuovi bisogni. Ma lo svolgimento non dovea venir nazionale e storico, bensì dalla rivoluzione francese. L'invasione forestiera, anche questa volta come tutte le altre chiamata redenzione (1796), introdusse qui non la libertà ma la repubblica Cisalpina, e Como piantò gli alberi, e si maschero coi tre colori. Tornarono i Tedeschi (1799), e Como allungò le code e scorciò i calzoni, sciorinò le aquile e celebrò la trinità del cielo e la trinità della terra. Ricomparvero i Francesi (1800), e Como godè una florida repubblica sino al 1805; poi riscossa dal sonnambulismo repubblicano, gridò viva a Napoleone imperatore e re. Ed ad ogni cambiamento apparvero gli entusiasti e i malcontenti, i persecutori e le vittime, i mi-naccianti paurosi e i fiacchi galantuomini, mentre i più rassegnavansi istrutti dall'esperienza, trovavano che cambiasi la frasca, ma il vino rimane lo stesso. In fatto sotto gli uni e sotto gli altri parve libertà il rassegnare ogni attività individuale al governo, il quale dovesse educar i nostri figli, darvi i maestri, darvi i libri, darvi un impiego, dar i curati, i vescovi, 1 giudici, i tutori, far i conti di ciascuno, spendere per ciascuno coi denari di tutti, regolar i pensieri colle gazzette, o confonderli a bella posta colla moltiplicità inordinata di esse; egli sa tutto, fa tutto, può tutto; lasciatelo fare, pagate e dormile. Cosi manca il senso della libertà, anche quando se n'ha le forme. Sotto il regno d'Italia, Como fu capo del dipartimento del Lario, il quale abbracciava l'antico Comasco, molte terre milanesi, la Vallintelvi, i già feudi imperiali di Campione, Civenna, Limonta, Valsolda, con 23 cantoni suddivisi in 185 Comuni, regolali da un podestà triennale e da sei o quattro savj: ai piccoli bastavano un sindaco e due anziani. Aveano in tutto 285,000 abitanti sopra P estensione di 225G miglia nuove italiane. In città ri- REGNO D'ITALIA 1087 sedeva un regio prefetto ; viceprefetti ne'distretti, che erano Lecco, Me-naggio, Varese. Ne1 bisogni del dipartimento, il re, o chi per lui, convocava un consiglio di 30 o 40 membri; uno di il possessori per ciascun distretto prefiniva l'annua sovrimposta; i consigli comunali di 40, 30, o 15 membri raccoglieansi due volte Tanno per istabilire o approvare le spese. È un' età che lasciò rimembranze e desiderj, col rispetto alla legge unito air amor della rivoluzione ; coir idea nazionale ricomparente alla punta della spada, con cui Napoleone facea leva al pensiero e agli interessi ; con un'amministrazione ardita, prodiga, non badante a ostacoli, e che noi non ci accorgevamo come realmente coprisse la nazione e riducesse ad una meccanica ingegnosa, sotto cui conculcavansi la sorte de'popoli e la dignità degli uomini, incatenati a giogo straniero: nò essa creò veruna istituzione reggentesi da sè stessa: talché al primo urto cadde senza che alcuno la difendesse, neppur il suo esercito d'impiegati, sicuri, come venturieri del medioevo, di passar con armi e bagaglio al nuovo padrone. Crollato il regno d'Italia (1814), Como aggiunse una testa all'aquila imperiale sovrapposta alla sua croce ; ebbe una Regia Delegazione a capo della provincia, e l'assetto che tutti vedeste, e il bene e il male che tutti abbiam provato fin jeri. E tutti ricordano come i savj aspirasser a quelle libertà oneste e giuste, che distolgano i popoli dal bramarne di colpevoli, e comprendessero che non è tanto pregiudicevole il maltalento dei governanti, quanto l'ignoranza o la passione de'cittadini. Ma v'è gente che non crede alle giuste previsioni, nè intende altro linguaggio che quello delle crisi. Tremende prove attestarono che i governi perdono forza coll'adombrarsi del pensiero e offendersi d'ogni suggerimento, quanta n'acquistano colla palesata intenzione d'ottener il bene; ma che essi pigliano baldanza dal nostro mancare di probità e di senso legale: che solo colla lealtà e colla- giustizia politica e religiosa può educarsi la democrazia, non coli'astio geloso che la irrita, e la porta a spiegar i selvaggi istinti ; non col rifiutare gli opportuni rimedj, lasciando che mani temerarie applichino alla società i terribili. In fatto, sospettando o perseguitando quei che domandavano le evoluzioni, si die eausa vinta a quei che tramavano rivoluzioni ; s'inasprirono le doglie del Patriotismo, degeneranti in disgusto segreto di tutto ciò che sia autorità, in quella febbre che coglie i popoli quando lo spirito pubblico "on è più in armonia colle pubbliche istituzioni, nè hanno più la stessa età il paese e le leggi che lo governavano. Allo scoppio del 48, Como fu delle prime città a sollevarsi, uccidendo e facendo prigioni i soldati austriaci. I giovani comaschi non si confusero con certi eroi, che s'increscono di pigliar infreddature per la patria; e oslinaronsi air eroismo anche quando lo aveano abbandonato la fede e T allucinazione d' un papato e d'un regno arcadico. Ancora alla riscossa del 49 qui sventolava la bandiera tricolore; ma i Lombardi che «'erano mossi fuor di tempo nel marzo del 48, fuor di tempo stettero quieti nel marzo 49: e le occasioni son come le ore, gli uomini le contano dopo passate. A sangue e denaro ebbesi a scontare quel lampo di vita che pure lasciò germi di speranze, manifestate nell'indicibile incremento di attività. Ma di mezzo a parziali miglioramenti vigevano le dolorose perplessità e la cupa congiura delle dimostrazioni, fin quando repente sfasciossi la macchina ad alta pressione; un esercito numerosissimo e animatissimo arrivò di Francia per unirsi all'italiano, e cacciare gli Austriaci. La provincia di Como fu ancora la prima a salutar la nazionale bandiera e consacrarla col sangue; il genovese Garibaldi, con un pugno di prodi nazionali sottraendosi alle pedanterie strategiche, senza artiglierie nò carriaggi per Sesto Calende irrompeva in un paese che da un pezzo l'aspettava; il 24 maggio 18o9 k Del resto Giambattista Giovio, nella '23 delle Lettere Lariane, racconta i disturbi che in ogni tempo ebbe Como da soldati, ed egli specialmente nel triennio repubblicano. Dice aver conservali 130 viglielli d'alloggio, e talvolta eran Massena ed altri generali, talvolta compagnie di zappatori, di sonatori, ecc.: in un sol mese gli consumarono IRÒ lire in candele, e molte staja d'olio; e alcuni zecchini in vasi di notte che buttavan dalla iìnoslra dopo servili; strapparon gli arazzi delle pareli per far soppedanei ad un'amica; e tutto al peggiore strappazzo perchè egli era un aristocratico. Tornati i Tedeschi pertH mesi, egli scrisse una Lettera a' Francesi, in punizione della quale al ritorno di questi fu tenuto prigione, poi rilasciato colla cauzione di !Ì00 mila lire, e arrestato ne) suo palazzo, dove tulio era pieno di militari, e dove piantarono lin u"n loggia di massoneria. era a Varese, il 27 a Como ; gli ardenti esultarono ai pericoli e ai sa-grifìzj; i prudenti invocarono alla lotta quel pronto esito, che la ai vinti accettar le dure lezioni dell'esperienza, ai vincitori i consigli della moderazione, che sola rende durevole i successi. Se di questi avvenimenti noi tocchiamo alla sfuggita non è già per paura o per riguardi, noi che l'osammo in tempi dove si era esposti contemporaneamente alle bajoncttc austriache e alle calunnie demagogiche. Ma considerando quelli come fatti non ancora compiuti, e tuttora abbagliati dinanzi ad effetti sublimi ed a delusioni spaventevoli, ci persuadiamo che le rivoluzioni procedono non per via di dimostrazioni ma di decezioni; che solo dopo cedute le esagerazioni e gli errori, inseparabili dal primo bollore, si può dalla emozione che dilegua svolger una lezione che rimanga. E la lezione polrebb'essere, che le fatidiche evocazioni del passato non bastano a ricrear una nazione: che è sempre sciagurata la condizione di chi non basta a redimersi, e deve aspettarlo da altri; che, se la soggezione all'uomo snerva la volontà, l'obbedienza alla legge la rinvigorisce; che l'odio ai padroni è diverso dall'amor della libertà, infuso non dagli utili sperati, ma dai vezzi proprj di essa, dal gusto di pensare, parlare, operare senza impacci, e sotto la sola regola di Dio e della legge. Laonde, se la moderna sistemazione conduce a Perdere la propria individualità, la quale risulta dal potere personale accresciuto da volontarie associazioni, bisogna abituarsi ad apprezzar la respon-Salità propria verso la società e verso il Creatore ; e sottraendosi all'altalena politica e alla dispotica opinione, aspirar a costituire una società non di macchine ma d'uomini governati dai diritti e dai costumi, e nella Perseveranza alimentar i magnanimi desideri, per quanto remoto ne paja •'adempimento. STORIA DI COMO XXI I Vescovi. 1 Felice, romano.......: . dal 370 al 3111 2 Provino, francese........ » — 420 3 Amanzio, inglese........ » — 450 4 Abondio, di Tessalonica...... » — 48!» 5 Consolo, greco . ;....... » — 495 6 Esuperanzio, greco*....... » 7 Eusebio, comasco dei Casella .... » — 525 8 Eutichio, comasco dei Rusca .... » — 539 9 Eupilio, di Utrecht....... * 535 10 Flaviano, di Utica........ » — 560 11 Prospero, comasco degli Albrizi ...» — ;>6;> ■12 Giovanni, comasco dei De Orchi ...» — 568 13 Agrippino, di Colonia 1...... » — 586 14 Rubiano, di Dalmazia....... » — $91 15 Adelberto id......... » — — 1369 67 Enrico Sessa, comasco......» 1369 — 68 Beltramo da Brossano, milanese ...» — 1395 69 Luchino da Brossano.......» 1396 1408 70 Antonio Turcone, comasco...... 1409 1419 71 Francesco Bossi, milanese.....» 1420 1434 72 Giovanni VI Barbavara, milanese ...» 1436 1437 73 Geranio Landriano, milanese .... » 1437 1445 74 Beato Bernardo Landriano, milanese . . » 1446 1451 75 Antonio Pusterla, da Tradate . ...» 1451 1457 76 Martino Pusterla, suo fratello .... » 1457 1460 77 Lazzaro Scarampo, d'Asti.....» 1460 1466 78 Branda Castiglione, milanese, cardinale . » 1466 1487 79 Antonio Trivulzio, milanese, cardinale . » 1487 1508 80 Scaramuza Trivulzio id......» 1508 1527 81 Cesare Trivulzio, suo nipote.....» 1527 1548 82 Bernardino della Croce, di Riva San Vitale » 1548 1559 83 Giovannantonio Volpi, comasco. ... » 1559 1588 84 Feliciano Ninguarda, di Morbegno ...» 1588 1595 85 Filippo Archinto, milanese.....» 1595 1621 86 Aurelio Arcinoto, suo nipote .... dal 1021 al 1622 87 Desiderio Scaglia, cremonese, e cardinale » 1623 1625 88 Lazzaro II Carafino, cremonese ... » 1625 1665 80 Gian Ambrogio Tornano, milanese . . » 1667 j 679 90 Carlo Ciceri, comasco, cardinale ...» 1671) (G94 91 Stefano Monatti, di Doma so.....» 1694 1(ì9;j 92 Francesco Bonesana, milanese .... » 1695 1709 93 Giuseppe Olgiati, milanese.....» 1710 1735 94 Alberico Simonetta, milanese .... » 1736 1739 95 Paolo Cernuschi, milanese.....» 1740 1745 96 Agostino Maria Neuroni, di Lugano . . » 1745 1760 97 Giovanbattista Albrici Peregrino, comasco » 1761 1764 98 Giovanbattista Mugiasca, comasco ...» 1765 1789 99 Giuseppe Maria Bertieri, di Ceva ...» 1790 1792 100 Carlo Rovelli, comasco......» 1793 1819 101 Giovanbattista Castelnuovo, di San Fermo alla Montagna..........» 1820 1831 101 Carlo Romano, di Cantò.....* 1834 1855 102 Giuseppe Marzorati, milanese ...» 1858 Alla pag. 746 già divisammo l'estensione della diocesi di Como. Introdotta l'onnipotenza e onnipresenza de'governi nel secolo nostro, divenne imbarazzante la posizione di questi vescovi, che reggono una gran Parte di territorio soggetto ai signori della Lombardia, e son eletti da «si e giurati ad essi di fedeltà, mentre una parte sta colla confederazione Elvetica, sia nel Canton Grigione, cioè il vicariato di Poschiavo con anime 3807; sia nel Canton Ticino co'vicariati di Balerna (an. 8415), Men-drisio (an. 6310), Riva San Vitale fan. 6245), Morcatc (an. 970), Lugano (an. 16700), Agno (an. 8731), Bironico (an. 3163), Sessa (an. 4836), Locamo colla Val Verzasca e la Val Maggia (an. 14500), Val Maggia superiore (an.3262), Val Lavizzara (an.133 !), Ascona colle cento Valli (an.6100), Va'le Onsernone (an. 3421), Riviera di Gambalogno i ari. 3912), Bellin-z°na (an. 7117). Ad ogni vacanza si procurò staccar la parte svizzera da! vescovado comasco, e l'ostacolo maggiore venne forse dai beni patrimoniali che esso llene su territorio svizzero, ma che spettano alla sua mensa. Messosi il ''lastra:, del L. \. Voi III. I.ÌH Cantori Ticino in urto col papa e col vescovo, più riuscì difficile la trattativa, e nell' ultima elezione dichiarò non riconoscer il nuovo vescovo ; nè permetterebbe vi esercitasse alcuna funzione del suo grado. Ci son di mezzo e il pontefice e i regnanti di Lombardia : e da lunghissimo dura la discussione col Canton Ticino in prima, poi col Consiglio federale. Ultimamente (luglio 1859) questo risolse dovessero distaccarsi le porzioni svizzere dipendenti dagli Ordinarj di Milano e di Como, 1 perchè l'estensione di quelle due diocesi impedisce ai vescovi di badarvi e visitarle quanto è necessario; 2 perchè i preti ticinesi e grigioni non partecipavano punto alla nomina d' essi vescovi, nè poteano avere speranza di ottenere o 1' episcopato o posti nel capitolo senza rinunziare alla propria cittadinanza; li perchè 1' educazione ne' seminari era regolata secondo lo spirito monarchico, non secondo quello di una repubblica: 4 perchè il servizio divino, gli esami, i sinodi, le tasse sono sistemali secondo il bisogno di paesi estranei alla Svizzera; 5 perchè i vescovi lombardi tendevano a ottener anche colà le fa* coita, loro concesse dal concordato austriaco, e da ciò deriverebbero conllitt' continui tra il potere ecclesiastico e il laico. Non essendo potute trarsi a buon fine ie negogazioni condotte colla Santa Sede, il Consiglio di' chiara che sia soppressa ogni giurisdizione di vescovo estero su territorio svizzero, indipendentemente da qualunque trattativa, restando a negoziar colla Santa Sede unicamente per Passetto diocesano de' territori, e col -governo di Lpmbardia per le rendite applicate a que'vescovadi, e poste in paese svizzero. Ma di rimpalto il governo Ticinese pare trascendesse le sue competenza risolvendo di materie puramente ecclesiastiche ; 400 ecclesiastici ticinesi sporsero petizioni perchè la differenza non venga risolta soltanto da poter civile, ma si riferisca a Roma; i comuni Grigioni domandano d> dipendere ancora dal vescovo di Como. Facile è vedere quanto nocumento derivi da una posizione, che tanto somiglia a scisma, e dove no/1 manca chi va in caccia dell'aura plebea col suggerire di staccarsi affatto» non solo da questi vescovadi, ma dalla cattolica unità. PIÀNTA DELLA CITTA' i 0!>ò itSS l'inni li le .... ipoteca comunale . . P ""era di commercio gft^10 ; ; ; ; 8? ^'industria ! ! ! as7 .'0 14 •lì .ì'2 tli .".'i Iti li '24 Ti •2!l It Ginnasio Liceo . . . • • Gran Guardia...... Intendenza di Finanza . . . Intendenza provinciale . - • Ispettorato delle poste .... Luoghi pii elemosinieri . • Monastero oVIlc Salesiane Monte dì pietà Orfanotrofio maschile .... Ospitai maggiore.....■ Prato pasquée....... Scuola elementare maggiore maschile ■ » • femminile Seminarj vescovili ... ... Teatro............ Tribunale di prima istanza . . . . Uflicio delle ipoteche...... • delle pubbliche costruzioni Vescovado .......... '1S it TI '2« !» 14 .ii l'I 2S il 11 se 15 1K 2»'» •Uh H ** La città di Como. La città di Como sta nella longitudine di ... . 26«> 44' 47 ti latitudine......45° 48' 27" •Inferendo dal meridiano di Milano, ad occidente . . 20" Gravità terrestre...........metri 9. 8001 Lunghezza del pendolo a secondi.......0. 99357 Altezza media de! barometro........» 0. 74* Temperatura media in inverno, di Réaumur ...» 2° estate........» 18" Dista da Milano miglia comuni di metri 1780. 80, 2'i miglia geogr. .la 00 ai grado, o m. 1851. 85 . 24. 9 chilometri............. 44. ti Sta sopra il piano medio di Milano circa . . . metri 77 » il livello del mare........, 202. 50 Il sole nel solstizio estivo vi leva ad ore 4. 10 tramonta ad ore 7. 50 » jemale » 7. 42 » » 4. 18 Nel 1846 vi si cominciarono le osservazioni meteorologiche, in luogo elevato m. 212. 31 sul mare; e se ne indusse che nell'anno, per medio, si hanno 198 giorni sereni, 123 nuvolosi, 41 piovosi, 3 nevosi. L'acqua che vi cade, sebbene i giorni piovosi siano la maggior parte in inverno * da 50 a 80 millimetri in questa stagione, mentre in estate va dai 100 :'i 160. Como, siccome l'orse tutte le altre città di prima costruzione romana. è foggiata a modo dei campi antichi, cioè in un parallelogrammo di circa ^ue quadrati, con vie parallele alla mura. Tale fu ricostruita la precintone al tempo di Federico Barbarossa: precinzione che io amo perchè, Se non altro, impedirà che la città moderna, come altrove, inghiotta af-falto l'antica, e gli edifi/j venerabili ne cancelli sotto di altri pomposi ed :'rroganli, che attirano 1' occhio, ma nulla san dire al cuore. Come le torri e il castello, è fatta dell' ardesia di Moltrasio : e fuor di e»sa già da antico distcndeansi, quasi due braccia aperte in amplesso verso ,a?o. la Coloniola, ora detta borgo Sant'Agostino, e il borgo Vico, che 1098 CITTA' DI COMO in un inno antico è nominato Urbis cancrina brachium levutn. Crebbe poi fuori della porta meridionale un altro borgo, detto di San Bartolomeo, che varcato il torrente Cosia, piglia il nome di San Rocco , arrivando sin dove comincia la salita della Camerlata. Degli edifìzj ricordati da Plinio e da altri antichi, non rimangono che le colonne del Liceo e molte iscrizioni. Buon' ora si pensò raccogliere queste, e nel 1500 ne faceva una collettanea Benedetto Giovio, non ben discernendo le false; poi monsignor Caratino ne radunò quante potè nel palazzo vescovile, donde molte passarono a Cremona sua, e a Milano presso gli Archimi; le residue furono chieste e ottenute nel 1829 dal conte Francesco Giovio, ch'ebbe così la più ricca collezione di marmi comaschi scritti, e alcuni anche artificiosamente lavorati. Il loro posto dovrebb' essere un edilizio pubblico, il Liceo dove se ne riposero alquante, o il palazzo municipale ; dove insomma e fosser esposti ad ogni studioso e curioso, e assicurati dalle eventuali dispersioni delle famiglie ; è a sperare che tal sia il proposito del possessore odierno. Dicemmo come ai primi secoli del cristianesimo vogliano farsi rimontare le tre chiese di San Carpoforo, Sant'Àbondio, San Fedele. La prima siede sul colle Baradello, e sebben molto alterala, serba l'abside rotonda, il campanile quadrato, la confessione sotto l'altare, al quale si ascende per due gradinate (V. pa g. 106d). È tradizione fosse tempo di Mercurio, e sienvi state riposte le reliquie dei santi Esanto, Cassio, Severo, Secondo, Licinio, Carpoforo, %hé credonsi martirizzati qui presso, imperando Massimiano Erculeo oltre quelle del primo vescovo san Felice: e che Liulprando re longobardo, che ristaurù e dotò questa basilica nel 72'*, vi collocasse i corpi de' santi Giacinto e Proto recati da Roma. 1 In'iscrizione ora scomparsa diceva: Ilue venicns discat quaì corpora snuda requirat. Hoc altare tenet, sex tanto lumino splendenl. Hic sunt Carpoforus, lum Cassius, alque Secundus, Et simul Exantus, Licinius alque Sevcrus. Ili spernendo viri morlem prò nomine Chrisli, Nec meluendo mori, simul hic voluere reponi. At lalem niimquain potuit quis cernere tumbain Hic sancii.^ sanctus locus est inullunt vonerandus, ■ Quem nullus la'dat, polius sed dona re pendei. Exlat et hic Felix divinis ductus liabenis, Verum divinimi studuit qui dicoro primum, Comi riempe bonus primus fuil isie palronns : In eeelis Felix merito lit nomine Felix. LK ailhSlì AiNTlCHE |o99 Gli sta accanto la villa Venini, e di sopra la torre dei Baradello, il cui nome può senza sforzo dedursi dal greco /3«pu; feltri), torre d'occidente. La basilica di Sant'Àbondio ò anch'essa fuor delle mura, come soleano le prische chiese, e meglio vi si può riconoscere il tipo antico. Dapprima Sant'Ai ondia. era intitolata ai santi Pietro e Paolo, poi nel 469 al santo vescovo che *i fu sepolto, e servì di cattedrale iin al 1013, quando il vescovo Alberico trasferì questo titolo nel duomo attuale, e qui collocò i Benedettini. La consacrò Urbano li papa, passando di qui nel recarsi al concio di Clermont nel 1093, e vi concesse un perdono, per accorrer al oco avanti, PENSA AL FINE; a destra, RESPICE FINEM, e altri motti scritturali e simboli massonici. Le tre porte sono sproporzionatamente piccole, e la sinistra dà fuori del dritto mezzo ; gli stipiti ne sono formati di colonne ritorte, con un inzeppamento di capitelli. Ne1 vani de'frontispizj sono scolpite tre storie, non prive di grazia, principalmente quella di mezzo. Essa facciata è compartita in tre campi da quattro lesene, che finiscono in acroterj piramidali; e sono ornate di statue, di emblemi, del ritratto di Cicco Simonetta, savio e sventurato segretario del duca Galeazzo Sforza. Vaneggia nel mezzo un bellissimo occhio, goticamente ornato. Dai eampi aggettano in alto tre tabernacoletti, colle figure dell" Annunciazione, e abbasso due podj di ricco e squisito stile, portanti le statue, non cosi belle, dei due Plinj. Le poco felici iscrizioni che leggonsi sotto di essi significano: La nobiltà e il popolo comasco, C. Plinio Secondo, uom colmo d'ingegno, insigne per dignità, mirabile per dottrina, che l'amicizia degli imperatori Vespasiani meritò, gravissime cariche sostenne, e tulli gli scrittori superò per abbondanza del dire e varietà, incomparabi! loro concittadino ornarono di statua e d'elogio. Tal fama, tanto onor mi riesce grato : Ma più perchè dai cittadin mi è dato. A C. Plinio Cecilio Secondo, che col consolalo, colla dignità di augure , colle militari imprete, col patrocinar carne, comporre poemi e storie, encomiare cloqaenlissimamente Trajano augusto, beneficar la pàtria con immensa liberalità, le recò immortale decoro, la nobiltà comasca al concittadino, rice-rutn con desiderabile onore, pose monumento il 1492, 23 maggio. Morto, io vivea deWonor prisco allora: Perii: rivivo in questi marmi ancora. Man del moderno i fianchi, sgarbatamente innestati alla facciata. Sono corsi a mezzo da una cornice, e da una in alto, oltre il gocciolatojo, ove •s'accumularono ovoli, dentelli, glifi: dappoi vi furono appiccicati acquarj, «graziatamente scolpiti da Bernardo Bianco e Francesco Busca. Dai pilastri sporgono mensole che sostengono statue ; e fra essi, finestre oblunghe, d' elegantissima varietà d'intagli e rilievi e commessi. Una meraviglia sono le due porticine, di cui una demmo disegnata ;< l'a g. 756, con graziosissimo girare di fogliami, con fiori e vilucchi e semi ed uccellini finiti e pastosi, che gli occhi non se ne stancherebbero. In 'lucila verso il Pretorio ammirano una rana, che per verità non è la più bella fra gli animaletti misti ai fiorami. La credo opera dei Rodari. La parte posteriore è di solido e maestoso stile romano ; con iscrizione che esprime come, Essendo questo tempio logoro per vetustà, dal popolo co- musco fu tolto a rinnovare il 1390: compiuti quasi i lati eia facciata, di questa parte posteriore si gettarono le fondamenta il 1513. Faceva Tommaso de [{odori. Entrando, sorprendono le grandiose proporzioni del tempio, in tre navate, aprentisi a croce latina. Sovra dieci pilastri isolati e due ammezzati, poligoni, di marmo in parte bianco dì Musso, in parte nero di Olcio rivestito di calce, voltano archi gotici ; più stretti i due primi, più sfogati gli altri, e so vr* essi finestre non illuminate -. La crociera va ad archi tondi, con insigne proporzione di spazio e d'altezza e con sobrj ornamenti. I cappelloni presentano la metà d'un dodecagono, corso da due terzi di colonne striate composite, fra le quali un fincstrato con bei margini. Sopra dell'architrave e dello zoforo, un secondo corso di colonne mettonsi in mezzo altre finestre, suddivise ciascuna in tre archetti. Da questo bel bramantesco distaccano i farraginosi altari secentisti, e la cupola tutta stucchi e ori, da cui restano immiserite le proporzioni, confuso l'occhio, olì'esa l'immaginazione. Il resto della volta fu dipinto nel 1839 a oro, colori e chiaroscuro da Francesco Gabbetta e Carlo Fontana. Le finte finestre interne della navata di mezzo si lecer nel 1828 a disegno di Vincenzo Novi di Lanzo. Ai finestrini oblunghi della facciala si posero vetri colorati dal Berlini r'. 'i Lunghezza interna totale................metri S7 — Larghezza del manico................... . ,ii> D> e collo sfondo dei cappelloni................... • 58 — Altezza dal pavimento alla sommila del cupolino ........ • 70 — il «[naie per conseguenza è metri '27'i.ìlO sopra il livello del mare. , 3 Si è dello che l'arie de' vetri colorali fosse perila, e la ridestassero ai dì nostri il Brenta e il Berlini. Sempre se n'è fallo; se non che non n'era l'usanza, e perciò puclic le commissioni. È un modo d'arte imperfetto, giacché la pittura Iranslucida non si pre-sia ai mezzi della opaca, poiché, non opponendo resistenza ai raggi, non v'è accidenti di luce, ne varietà d'elicilo: poi è fragile, sicché una sassaia o un turbine la distruggono. Eppure si conservarono alcuni lavori, che sulla tela sarieno pelili, ed anche illustri pittori vi si dedicarono. Quelli fatti nel XIII sdii piuttosto musaici tras-parciili; lo faccie non si vedono modellate, se non con qualche frego scuro o rosso: il tono elevato però, l'armonia calda mostrano grande scienza dell'effetto. Nel secolo seguente si ombrano, s'incarnano, le tinte si degradano. Rimase però sempre la prevalenza del colore sopra il disegno, e conviene ben conoscere i rapporti che risultano dall'iavvicinamento e dulia scella delle liuto. Distinguasi puro l'arte dal mestiere, la è però sempre un'arte decorativa, e chi ne studiò la natura, prelese non sia un perfezionamento il raffinare il dipinto, ma convenga riprodur le guise del medioevo, con vetri grossi e grossi piombi; musaici, insomma, non dipinti. A ogni modo, o si lenti un modo originale, o si stia all'atto al tradizionale, le lìuestre l'acciansi o all'atto nuove o adatto vecchie, non Ifl" eorniciaro l'antico nel moderno o al contrario. In Francia se n'ha di bellissimi vecchia Ecouen, Anet, Vincennes, Grisors, Sons, ecc.:e per provare die sapeasi operar come ì vec-elii, a Parigi nel 1X31 si fece una finestra a Satnl Germain l'Amerei;, figurante la Pa> IL DUOMO ilOo L'elegante battistero monoptero a otto colonne di marmo variegato, si pretende disegno di Bramante, ma è certo posteriore; antica è la vasca di marmo con bassorilievi. Vi farà riscontro la statua del cardinal Gallio, che si sta lavorando dal comasco Agliati. C'è altarini vecchi graziosi , opera dei Bodari, come i pilastrini dell'organo fatti il 1515, con una pulizia che incanta, benché il marmo di fabbrica sia dei meno arrendevoli alla finezza d'esecuzione. Il Sant'Isidoro vorrebbesi ilei Ber-nino, e fu qui portato dalla soppressa chiesa di San Giovan Pedemonte. L' altare di san Giuseppe fu posto nel 18*12 colla statua del Santo e alla mensa un bassorilievo figurante la morte di esso; insulsa opera di Pompeo Marchesi, di cui ancor peggiori sono le statuette attorno al coro. Fra i quadri meritano attenzione il Presepio e lo Sposalizio di Maria, lavori il primo di Bernardino Luino, I1 altro di Gaudenzio Ferrarlo, del qual ultimo è pure la Fuga in Egitto, mentre del Luino sono i Santi Cristoforo e Sebastiano, l'Adorazione dei Magi, e lo stupendo San Girolamo. Comunque a questo possa farsi qualche appunto nell'invenzione, nella prospettiva, nelle ombre, però qual maestria ! quanta luce ! Nelle lisonomie de' santi Girolamo, Agostino, Antonio, Tommaso tu scorgi la vivacità e la forza, la bontà e il pensiero, tradotti da un artista che studiava il sentimento ancor piò che P effetto, e P arte non facea consistere tanto nel-P esecuzione quanto nel concetto. L'aliar maggiore, disegnato a Urbino nel 1723, e lavorato a Roma, ricco di preziosi marmi e bronzi , manca di quella semplicità , da cui non vorrebbesi mai scompagnato il bello. A tergo gli sta . beli1 avanzo di scultura antica, una Madonna fra due colonne sostenute da due gobbi, e che^dcv'essere del 1317. Nel palazzo vescovile si conserva l'antica chiesa di San .Michele con cripta, archeggiata a tondo, e con qualche buon dipinto. V'è pure l'effigie di tutti i vescovi. L'archivio, benché espilato, è ricco di documenti, non •sfuggiti agli storici. sione. (ili ornali, il taglio, l'armatura di ferro si copiarono da quei della santa cappella come pure molli disegni: ma nel fare i vetri si adoprò la miniatura di varj pezzi. Il riluttato non fu soddisfacente, sottile essendo il vetro la metà di quel della Santa Cappella, Go'è orto comi' mio scudo; troppo Ijscio e trasparente, togliendovi la varietà che in tali ,;'vori i ;>arte del bello, Parve riuscir meglio Ingres nelle veniale della cappellafunera-r,a del duca d'Orléans. Dappoi ognuno potè vederne di insigni alle esposizioni di Parigi '' di Londra. Chi non ammirò la finestra di Santa (indilla a Unixelles? dove ora C.apro-n|M ne eseguisce altre. In Monaco gareggiano le antiche colie nuove. Ora se ne fan pure (|i 'odale a Hoina. Della pittura de'vetri parla a lungo Teolilo monaco del XIII secolo nella lìii-ersarum Wttttm SChedttla, poi RabOULLBAU Manuel de la pointuiv sur veiiv; kunckbl, art de la v'itrerie;' LbVIB», Irai Io de h iH'ititlirw Mir viro. Attorno al milleducento dovette essere fabbricato pure San Giacomo, archeggiato in acuto e a croce latina, e che certo si allungava assai più, come avvisavano gli avanzi di archi nelle pareti della piazza, distrutti il 1846. D'antico serbansi nell'interno le finestre, e fuori l'abside, somigliante a quella di San Fedele. Per la consuetudine d'accostar il governo del cielo a quel della terra, la giustizia umana alla religiosa, qui stava il palazzo del Pretorio, eretto nel +225 essendo podestà Bonardo Codazzo lodigiano *, ed estendevasi quasi parallelo al fianco de! duomo". Venne chiùso dentro un muro che costituiva la cittadella, al tempo di Azzone: tolta la quale dopo il M435, la torre della città fu adattata a campanile, e fra essa e il /luomo si fabbricò il Broletto nuovo, quei che ora è archivio notarile, campeggiante accanto alla facciata del duomo in marmi tri-colorati, e dove, sebben già fosse l'età del risorgimento si imitò lo stile antico. Le colonne appajon cosi tozze per l'elevarsi progressivo del piano della città "onde si trova sepolta gran parte di esse. Il Broletto antico era ridotto a tribunale e prigione; ma datosi a questi un locale migliore, si pensò abbatterlo per aprir una piazza e un nuovo portico, disegno dell'ingegne- \ re Carove. Noi abbiam voluto conservare memoria di' quel che fu abbattuto nelMisejmo 4 In nomine Domino mccxv noe opus turris ot paliti i i felicissìmum bonaque fortuna complctum, dominus Bonardus do Codazo laudensis, cumanusque potostas ad honorem et gloriami Boati Abundii et civilatis cumana< focit incori et (ieri, et in eadem sua potestaria eodetn_anno adjfìncm perdaci et completa. 5 I pilastri dell antico protorio demolito eran sotterra metri 2: quelli che or si vedono, in. 0. 43; talché nei TX) anni Ira la fondazione del primo e de! secondo edilìzio il piano della città sarebbost elevato m. i. !J5. BROLETTO. CHIESE H07 the qui presentiamo ; perocché, prima di demolirlo, si pensò levar esattamente e piani e disegni, donde s'ebbe un altra prova che gli architetti gotici non pro-cedeano a capriccio, ma con una ritmica lor particolare. Infatto il pilastro rappresenta l'unità di modulo : di cui uno va dall'imposta dell'arco fino al piano superiore, uno fino al secondo piano,uno da questo al cornicione; esso misura anche l'apertura delle arcate fra gli spigoli del lato esteriori1 del pilastro ottagono: ii quale, preso senza capitello nò base , è appunto il raggio con cui regolarmente vien tracciato, a due centri, l'arco elittico. Delle altre chiese di Como è poco a dire. San Z)anm'wo,[antiòhÌ3SÌma, hi ricostruita nel secolo XIV, poi nel XVII, quando vi si disepellirono ' lapidi, figure, pavimenti tessellati, che fecer presumere fosse colà il portico di Fabato. Ha un bel crocifisso d' avorio su croce d' ebano, dono dei Gallj, e presso alla sacristia una testa di Cristo del^quattrocento. San Sisto, già prcposilura, ha i sepolcri dei Giovj. // Gesù serba il corpo di sant' Amanzio, ed era ufficiato dai Gesuiti che vi teneano collegio. A San? Eusebio si appicciccò non è guari un pronao a colonne, dell'architetto Magistretti. San Nazaro ha esternamente dipinte una scena di scheletri, e una rozza espressione della parabola della pagliuzza nell'occhio. Sovrabbondavano le chiese avanti le soppressioni, e si deplora principalmente la distruzione di quella di Santa Croce, nel pendiciato verso Garzola, ricca di bei dipinti, sui quali avea studialo il Lùino, e s'Ì4? golarmente d1 una Via crucis a fresco ; e San Giovanni di Pedemonte verso Borgo Vico, casa dei Domenicani, di fastosa architettura, con profusione di marmi, statue, pitture, che tutte andarono al martello e alla dilapidazione. San Girolamo, San Francesco, Santa Teresa, come il Gesù ed altre, divennero caserme militari; sostituzione di cui il nostro secolo si ingloria. Colla religione accostiamo la sua emanazione principale, la Carità. Nel 1356, per cura del beato Michele da C arcano, i piccoli ospedali sparsi per la città furono riuniti in un solo, detto di Sant'Anna. Recenti lasciti pingui, massime del Paravicino, del Lucini, del Muggiasca, del parroco An zani posero in grado di estenderne il fabbricato.Ma le rendite furono sempre inferiori alle spese, principalmente in grazia dei trovatelli, crescenti da-perlutlo, e qui viepiù per l'affluenza dalla Valtellina e dal Canton Ticino, da cui invano si domandò un compenso. Costano l'anno da 170,000 lire; vero è che il decreto ministeriale 12 dicembre 1853 e 17 ottobre 1854 accollava questo peso al fondo del dominio. Nel 1855 vi furono introdotte dal vescovo Romano le suore della Carità; e nel 57 si aperse la nuova chiesa <;. 6 I trovatelli cominciarono ad nccrtgllorsi nell'ospedale il 14tt8. ma erano pochissimi, crebber nel secolo passato; nel 17!)(» beli i»ii7 stavano a carico deli'Ospedale; ora 1.S55, di cui 1380 affidati a nutrici forensi. L'ospedale originò nel 1336: nel 1408 vi furono aggregati quattro piccoli spedali; altri negli anni 1496, 1S5S, \Wl, 166i, e nel iWi quel della Colombella. Nel 1784 gli fu dal governo assegnata la sostanza dell'abolito monastero di Santa Chiara, valutata lire 400 mila; nel 178(5 gli fu unito il luogo pio della Carità, eretto in Como nel 1604 per assister di medici e di medicine i malati a domicilio, e che. aveva la rendita di lire 14,501). Tralasciando i vecchi lascili mal determinati, dai 1730 al presente l'ospedale conseguì in legali ed credila un milione e mozzo di lire; coniando principalmente quelli del maresciallo Lucinì nel 17.110 per mezzo milione, del consigliere Antonie Lucini nel 1830 per lire 4!>0,3'i3; portati li alcune particolari beneficènze e il mantenimento degli incurabili. Dal 1700 al 1810 si trovò in sbilancio di lire 731,17^. Dal 1820 al i&lio andò di sotto per lire l,95S,t$IL coperto per 1,117,1)1 i dal sussidio che il governo avea stabilito per gli esposti; e pel reslo assorbendo i legati sopraggiunti e deteriorando la sostanza; tantoché dal 1706" al 1833 si logorarono l,S48,4ia lire di capitale. Ilencliò ampliato il locale, non basta a ricevere i pazzi e le puerpere Oggi il patrimonio dell'ospedale ammonta al capitale di lire .",'214/234, fruttanti lire 130,407; cui s'aggiunse nel 185J4 l'eventuale introito di lire 3:108. La passivila (iss:i è di lire 070,88'2, e l'annuale di lire Ii8,t0i, dove i carichi prediali e l'imposta sullo rendile e la commisurazione figurano per lire 10,'210. Laonde l'asse patrimoniale si riduce a lire 2,343,411; e l'annua rendita nitida a lire 73,600. La spesa pei maiali salì, nel 181)4. a lir. 107,700; per gli esposti (computando 13 doli a liglie esposte) a lire 11'2,18.S, da cui sottraendo '24'20 lire ili compensi e limosiue per gli esposti, rimane una deficienza annuale di lire 141,86$, Il soccorso dato dall'erario a conio, fu di lire 7l),50'.i. Dcvesi aggiungere che G. B. Muggiasca nel 1830 lasciò erede l'ospedale, coll'obbligo di mantener incurabili e cronici, tenendo separata amminislra>.ione di tal patrimonio- BENEFICENZA not) Tolte le tante congregazioni che soccorreano ai poveri, e il mutuo sostenersi delle maestranze, bisognò estendere gli stabilimenti di beneficenza, e nel penurioso 1817 si eresse la Casa d'Industria, e nel 21 quella di Ricovero, che nelle necessità seguite al 48 saria dovuta naufragare, se nuovi sforzi cittadini non l'avessero sovvenuta per soccorrere al crescente numero de'bisognosi disoccupati. La Casa d'Industria, che basta a 00 poveri al giorno, nel 1854 n'ebbe adequatamele fin 436, vale a dire 21 ogni mille abitanti; nel qual anno il municipio comasco spese 52,000 lire in boni pel pane a ribasso, oltre far assegni alla suddetta Casa, e sussidiar i vergognosi a domicilio: attivò 300 telaj di lino e co-t©ne a pura perdita. Nel 1829 i sacerdoti Sanpietro e Gaeta posero l'Orfanotrofio, arricchito dai lasciti della signora Magretti Pizzagalli. Il Sanpietro cadde ucciso in isbaglio da una sentinella durante lo stato d'assedio: il Gaeta provide poi d'un ricovero i preti vecchi, ed-ora edifica un più ampio orfanotrofio a Sant'Orsola. Anche le figlie della Carità posero due case per povere ragazze e per le sordomute. Splendida beneficenza d'antica data è la Causa pia Gallio. Tolommeo Gallio (1527-1607), fattosi strada coi proprj meriti, diventò vescovo di Martirana, arcivescovo di Siponto, cardinale, segretario di stato, prefetto della congregazione del concilio e dei riti, amico a Bernardo Tasso non men che ai principi, dai quali ebbe in feudo le Tre pievi, e tanti doni da comprar il ducato d' Alvito nel Napoletano, e il marchesato di Scaldasole nel Pavese. Fabbricò a Gravedona V insigne palazzo, un altro al Balbiano, uno al Garrovo che divenne poi villa d'Este, la cappella di San Giovanni Pedemonte e il palazzo del Duca in città. Quivi istituì il collegio che serba ancora il suo nome, lautamente dotato per coltivar giovani poveri « e a quelli che non saranno atti agli studj si facciano imparare le arti meccaniche ». Assegnò pure 100,000 scudi per maritar 30 Questo ammonta a lire 1/276/tfitì, fruttanti lire *i0,610, che nette dalle passività, nel 1834 s» ridussero a .10,000, con cui furono mantenuti, adequatamene, 74 incurabili al giorno, '-olla spesa di lire 1. 41 per testa. Inoltre Giuseppe Anziani parroco d'Alzate nel 1859 legava all'ospedale la sua sostanza di lire !>4,'279, che frullano nette lire 18I»6, colf obbligo di curar i malati di Alzate, e del residuo dar doli a fanciulle del Comune stesso. È annesso all'ospedale il Luogo pio dei catecumeni, istituito nel 1073 da Silvia Gallio coglie di Pompeo Rozzonico; accresciuto nel 1700 con lire 70 mila per eredità del vescovo Torriani. Quella fondazione ora ha il capitale di lire 07,749, che rende nitide lire J4M; delle (|uali,dopo le erogazioni portale dall'istituzione, residuano all'ospedale lire 730. Hhtstraz. del L. V. Voi. III. 140 !H(J CITTA' DI COMO zitelle, e dell'avanzo soccorrere poveri; e ancora si spendono Panno circa 40,000 lire in beneficenze sue e de' suoi 7. Tolonnneo Gallio. 7 Pompeo Lilla, nelle Famiglie Celebri, dice che oggidì, quasi non rimane che la me* moria delle buone intenzioni del cardinale! Da Girolamo suo fratèllo, ragioniere del Comune di Como, e oratore presso Filippo D per ottenere sgravio delle imposte, vennero Mirco (—11132), abate commendatario di sanl'Abondio e di san Giovanni di Vertemale, che fondò il collegio de'niansionarj nel duorn" di Como, e fabbricò la Galletta, or villa Fossa ti i in Bórgo Vico; Onorio, capitano dell" Tre pievi, il cui lìglio Carlo acquistò l'Isola Comacina e n'ebbe titolo di marchese; Già' ramo tiglio «li questo arricchì i mansionari e la fabbrica del duomo. Altro fratello «lì Tolommeo fa Marco, cancelliere del Comune di Como, poi decurione: « padre di un Tolotnmco, che colle ricchezze lasciategli dallo zio comprò il ducato d'Alvito in ISTRUZIONE nit Il collegio è posto ov' era già la casa degli Umiliati di Rondenerio, e vi crebber buoni allievi sotto la direzione de1 padri Somaschi, che ricuperatolo testé, vi educano negli stud j classici molti giovani, di cui 50 han posti gratuiti, scelti da tutta la diocesi, cioè anche dalla Valtellina e dal Canton Ticino. Per l'educazione de'cherici servono due seminar j : il maggiore eretto fuor di porta Torre dal pio vescovo Rovelli: l'altro dal vescovo Romano a Sani' Abondio. Oltre l'asilo per 120 infanti, vuoisi ricordare il monastero delle Salesiane, sopravvissuto all'universale soppressione, e che educa fanciulle ; e il Conservatorio, fondato da Giovanni Lavizzari nel 1071 come asilo delle ravvedute, poi nel 1776 applicato a educare fanciulle oneste e non ricche, le quali o con tenuissima pensione o gratuitamente, son allevate casalingamente ; tanto più dacché nel 1842 ne sono separate quelle che espirano a un' educazione men popolare. Oggi le orfane qui mantenute sono 72, e a loro vantaggio va il guadagno che si fa sulle 150 paganti in Santa Chiara. L'istruzione legale è compartita nelle solite scuole elementari minori, maggiori, ginnasiali, liceali. Quest' ultime possedono un orto botanico, un buon gabinetto di fisica, uno di storia naturale, e la biblioteca pubblica , cominciata e dotata da Francesco Bensi e da un Verga, arricchita dalle soppressioni de' conventi e da legati del Mocchetti, del Silva, de' Lurasclù. Nel gabinetto delle macchine sono alcune di cui si serviva il Volta, al quale s' è posto un ricordo neir atrio. Il gabinetto tecnologico cresce con spontanee offerte de'prodotti dell'industria e della" natura, dei quali da poco s'introdusse di fare un'annuale esposizione. Vi si cominciò nel 1847 un museo di antichità, nel quale fu posto un dei marmi più importanti dell' età romana, quel che Appio Eutiche metteva Terra di Lavoro: ebbe in dono da esso zio le Tre pievi, erette in primogenitura, e il mar n -salo di Scaldasole in Lomellina. Fatto feudatario d'Alvito e cavaliere di san Jago, morì a Como il 1(113. Francesco suo liglio comandò le milizie comasche nelle guerre di Piemonte e Valtellina, e in altre: ebbe in feudo Bricnno, Carate, Masllanico, Rene, e tramutò •a famiglia ad Alvito. Un Tolommeo suo tiglio, sposò Ottavia del principe Gian O: i Teodoro Trivulzio, il quale lasciò crede il loro liglio Antonio Gaetano, purché mutasse ; cognome Gallio in Trivulzio. Come tale ebbe i titoli ili principe di MUSOCCO, feudatario di Hetegno e Rettola, Casalpusterlengo: governò Pavia, e nella sua casa a Milano tenean>i I« adunanze de'poeti Arcadi. Nacque da lui Antonio Tolommeo, memorabile pei- lm\-e principalmente per aver istituito il luogo l'io Trivulzio a Milano. a memoria di Albina Veltia Valeriana, ordinando i riti funerarj che ogni anno le si doveano rinnovare 8. Il fabbricato era già convento di Santa Cecilia, e la facciata elegante e opera di un architetto non abbastanza conosciuto, Simone Cantoni y. Il portico è sostenuto da otto colonne antiche di marmo cipollino con eleganti capitelli : sovrasta un massiccio, alleggerito da molle finestre e da nicchie con busti di insigni comaschi. Questi sono i due Plin j, Ca-ninio Rufo poeta, il Rezzonico, Paolo Giovio, i papi Innocenzo XI e Clemente XIII ; sovrasta a tutti il patrono sani1 Abondio ; la santità alla dottrina; come saviamente vi si appagarono le statue della Religione e della Filosofia. De' Plinj già dicemmo. Gli Zobj son famiglia antichissima che pretende tenere dal fìarbarossa il diritto di portare l'aquila, ma la sua grandezza comincia nel 500, quando Paolo Giovio ottenne da Carlo V i titoli di conte e cavaliere aurato, e di inquarlare le colonne, e da Leon X le palle medicee. Paolo (1483-1552), segretario di LeonX, vescovo di S ai.hi.yu: \ i.i h i ii. valeriana!-: i'vi>if:iss/?wr eemin«' r. AiTivs publii rilìus evtiches Ai) CVJVS memoriam coi.endam I1VIC tùLLEaimt wmmvoronm LEGfiWtY us.cn. (sex ter Ha400,000nutnmum)decvm svm mae bedd1tv qvotanms die natali • ejvs in \mis aprilis decVb. sportvì r.x x ccc (denariis lercenlis) inter praesentcs armtiu'o svo diviu. • oi.evm et PHOl'l.v bx \ ccl (deilU)ììs 250) praebeant. I'1'em i.ectistermvm tempore pareviAi.iuu. ex x ce (denariis 880) MEMORI1S EJVSDCm valeiuanae et APPI VALERIANA mil ejvs per omcium tessehakiorjw» qvot annis pona tvr et parentetvr 1TEM coronai: myrt/ TERME 'ET tempore 110SAE IXUÌ ternae eis ponantvr micatae de x SELECT1S. ex x !.. (denariis oO) PROl'vndantvr item appivs evtyuiianvs maritys ejvsdem valeri ana e scholae VESS1LI.aiuorhsu largitvs est iis xxxx. n. (sexlertia 400,000 minimum) ex cvjvs svm.mai: redditv qvot anms die ss [super seri p la) natai.is ejvs ante statvam i.i.c tist. ex x ccl. (denariis 2ì>0) i'on.\.vr«r sport m/«p x cct. i.vir. praesentw siri divid. olevm et proi'in. pek kosam praebeant. d d c f c (dcndrophorum col/e'jium faeiendum curavit). 0 Simone Cantoni, nato a Muglio il 17Ó0, studiò a Roma, osi segnalò nel riedificar l;i sala del consiglio a Genova, senza legname. Fra avvisassimo in trovare ripieghi. A Como archiletlù i palazzi Somigliano, Raimondi, Muggiasca e il principesco dell'Olile»: e il Seminario maggiore; le ville Raimondi a Mosino, Cicalini a Reniate, Giovio a Breccia molti edifizj a Milano, fra cui principale il palazzo Serbe!Ioni-Rusca; è suo capolavoro la chiesa di Gorgonzola (Vol. t pag. 494) lavorando alla quale morì il T, marzo 481S. lumini illisthi u15 Vocerà, rimase il tipo degli storici infedeli. Non già eh'' egli il fosse più degli altri contemporanei, ma aveva la sfacciataggine di confessarlo, esibendo e minacciando di scrivere con penna d' oro o d' argento, secondo sarebbe pagato; domandando sguajatamente or dolci, or un cavallo, or carta da stampare, ora vesti, ora benefizj, ora quadri. E a chi l'avvertiva di errori rispondeva: — Lascia pur ire, che da qui a 300 anni tutto N'irà verità ». Il suo latino a chi pare elegantissimo, a chi scorretto ; certo sta a tfran distanza dai modelli classici; l'italiano è incolto e pedantesco. Ciò che lo discerne fra gli storici del 500, si è che, dopo Machiavello e Guicciardini, dopo Lutero e il duca di Borbone, serba venerazione per Koma papale, ne mostra l'importanza, ne crede l'immortalità. Quando mai ' papi furono più grandi di Leon X? •piando l'alleanza della tiara colla Corona fu più salda, più necessaria alla Chiesa, più utile all'Italia? Dove d genio e le arti trovarono asilo migliore che in Vaticano? La nazione, calpesta da Francesi, da Svizzeri, da Spagnuoli, da Tedeschi, a che sarebbe ridotta se non la rappresentasse il papa? Non ò egli il solo, davanti a cui i re pieghino il ginocchio? non egli che loglie la possibilità di ^na conquista interiore e d'una micidiale unità, come d'una conquista ^tenore ? A tali concetti del Giovio doveva repugnare il suo libro VII, 0ve racconlava il sacco di Roma : e Perciò egli protesta che gli fu rubato, e dee crederlo chiunque non c°nosce l'onestà della sua testimo-Q|anza, e non vide i manoscritti che ostano in casa Giovio. Ecco il monumento postogli in Fi-fe'ize ne' chiostri di San Lorenzo , °P^ra di Francesco Sangallo. Qui in Borgo Vico egli erasi foralo un museo coi ritratti de' migliori v aumento Giovio. Su°i contemporanei , tributatigli dalla paura degli artisti , de' Mecenati fin dal gransignore, cui aggiunse moltissime rarità (Vedi pag. 1125); e là e altrove viveva tutt' altro che da monsignore. Più onesta fama lasciò suo fratello Benedetto ( 1741-1544 ); scarco delle ambizioni in cui quello faticossi, rimase in patria, e ne scrisse la stona con eleganza latina e discrezione , e ne raccolse le epigrafi. Un altro Paolo Giovio fu anch'egli vescovo di Nocera. In quella famiglia seguitò la tradizione de' buoni studj e dell' amor patrio fino al conte Giambattista (1748-1814), uno de'migliori rappresentanti di quell'aristocrazia colta, benefica, operosa, di cui ogni città s'abbelliva. Ebbe maestri, poi amici i migliori gesuiti, e acquistatone lo stile, abborracciò moltissime operette stiticamente fraseggiate ,0; fu de'primi a dettar iscrizioni italiane e generose; nel secolo nuovo fu amico e patrono di Foscolo, di Giordani, di Monti, di Pellico, di altri ", sicché gli si perdona quell'incessante parlar di sè, degli avi suoi, de'suoi figli, delle sue ville. Nella sua casa, pomposamente segnata JEdes Jovice e col motto di Paolo Fato prudentia minor, stanno la già detta collezione di marmi comaschi, e libri e manoscritti importanti; la preziosa raccolta di ritratti andò spartita fra varj eredi. Benedetto Odescalchi, eletto papa il 1670 col nome di Innocenzo XL ebbe a lottare con Luigi XIV, e perciò fu denigrato dai Francesi, e da quegli adulatori che si scandolezzano d' ogni opposizione d'un prete alla onnipotenza regia. Anche Carlo Rezzonico, patrizio comasco ma nato in Venezia il 1003, divenne papa Clemente XlII, e profondamente convinto della supremazia papale, osò resistere a tutti i principi, che con arroganza gl'impo-neano di abolir i Gesuiti: il che lo disgradò nell'opinione di molti, io confronto di Benedetto XIV e del Ganganelli predecessore e successore. Tutti però l'ammirano nel grandioso monumento di Canova in Valicano. 10 Valine il ritratto a pag. Wl.Nel Vianoio pel lago, giunto a Lecco scrive: -Ma di spinger più oltre la gondolclla nostra ne scousigliauo i pigri stagni clic si succedono, resi deformi da tanti editìzj pescarecci; laonde convien quasi di navigarvi per lo lilo del'3 sinopia, e l'aer grave ne sprona al ritorno, non men clic il dolore che a buon comasco recasi dall'aspetto di tanti disordini, contro i quali pur reclamasi invano____Giacciono qui le radici del monte Barro, nella cui destra spalla Desiderio, i e ite'Longobardi ulti»10' innalzò tempio a Michele Arcangelo, nè di là lunge i di lui predecessori dotato aveva»0 il monastero di Civaie____ 11 PIÙ della lettera, retorica come tutte, del Giordani, da me riferita nella Storia d* Como, è notevole quanto il Pellico scriveva al '28 febbrajo tS-4'J: ■ Giovai! Battista Giovio. "omo venerando di sapere, di gentilezza e di cristiane virtù, era, come Alessandro Volta, uno di que'piissimi sapienti che, contro l'uso di que'giorni, si misuravano volenti^1 colla non credente tìlosolia, e ponevano in luce il Vangelo; dottori dolci per all'elio, ma Torti ili zelo, ispiravano rispetto anche agli spiriti più scettici UOMINI ILLUSTRI ms Dal conte Antongioselfo Rezzonico (1708-85), oratore, poeta, ciambellano del duca di Parma, guerriero, magistrato, che in due pesanti votomi provò che Plinio fu veramente comasco, nacque Carlo Gastone Curio Gallone lìezzonfco (1742-96), che visse e scrisse pomposo alla corte di Parma, e nello stile del Frugoni, tutto fronzoli e lardellatura di frasi inanimi. Una costosa edizione delle opere sue fu fatta in Como, e nessun la legge. Con migliori modi Ignazio Martignoni, trattò del gusto, del bello e del sublime, del diritto di natura e delle genti (1754-1814). Per la storia, oltre l'anonimo cantore della guerra decenne (pag. 1060) si ricordano un Francesco Bagliacca, un Girolamo Borsieri, un Paolo Bertareili, un Francesco Cigalini, un Domenico Greco Cilennio, un Vincenzo Maria Fontana, un Giuseppe Carlo Imbonati, un Giannantonio Natta, un Antonio Odescalchi, un Ambrogio De Orchi, un Quintilio Passalac-qua , scrittori di poco conto. Giammaria Tridi die buone relazioni statistiche sul Seicento. Francesco Muralto legista lasciò manoscritta una cronaca rozza, ma interessante, che finisce al 1520. Primo Luigi Tatti Primo Luigi Tatti (1610-76) compilò gli Annali Sacri, improba fatica, senza critica nè gusto. Altrettanto è a dire del curato Francesco Ballerini. Il marchese Giuseppe Rovelli (1738-1813) stese poi la storia di Como fin al 1805 , alla riflessione e al metodo regolare e quasi scientifico non unendo Parte dell'esporre; eccellente uomo, magistrato e legale, con erudizione nò sicura nè estesa ma diligente e coscienziata, insistendo su punti che oggi perdettero importanza, ma che Paveano allorché si rispettava il passato UOMINI ILLUSTRI H17 e credeasi che Tiritera società si risentisse d'un privilegio minacciato o d'un diritto leso. Oggi « si rimettono le parli ai tribunali competenti ». Ma queir abbondanza e varietà delle idee, quel coordinare i fatti reali con una concezione superiore, quell'intelligenza positiva eppur sintetica, che voglionsi per coglier l'essenza delle cose nell'incessante loro trasformazione, nell'eterno diventare che ne forma il fondo, mancan affatto al Rovelli, come a tutti gli storici di Como. " Ai valentuomini di questa città possiamo aggiungere Geremia Lamber-lengo, che nel convento di San Donato applicossi a rigida pietà, della quale diede esempio a Lodi, a Imola, a Forlì, ove moriva il 25 marzo 1513; Francesco Cigalini (1449-1550), medico e filosofo di varia erudizione, ma servo ai delirj del suo tempo, e che ha un monumento in duomo; Giuseppe Nessi, professore d'ostetricia a Pavia; il canonico Gattoni che secondava le esperienze del Volta, come il medico Francesco Mocchetti « professore che seppe esser caro ai grandi », e dettò varj opuscoli, e al patrio liceo lasciò la sua raccolta di libri e d' oggetti naturali (1768-1839). Anticamente ebber nome di giureconsulti Giambattista Bagliacca, Antonio Coquio , Giovanni Stefano Lambertenghi, Girolamo Magnacavallo, Kafaele Rajmondi, Codeo da Sanbenedelto. Molti ottennero la porpora, come Luigi Lucini, Pietro Giorgio Ode-scalchi, Carlo Ciceri, fra Luigi Lucini, Francesco Mantica, Ottavio Paravicini, Rusca Pietro, Rusca Giorgio, Michelangelo Ricci, Tolommeo Gallio , Marco Gallio, e ai dì nostri il De Velzi. Molti ebber vescovadi e fuori e in patria: e tra questi Carlo Rovelli, sedendo dal 1793 al 1819, oltre gli esempj di gran santità, e di franchezza a fronte di quello la cui splendidezza abbagliava anche gli occhi più sicuri, lasciò monumenti di sua munificenza nel seminario che eresse. Andrea Riccio fu eccellente scultore, come sa Venezia. D'un fra Emanuele da Como, ignoto agli scrittori patrj e a quelli d'arte, vennero testé messi in onore alcuni insigni affreschi nella biblioteca del convento irlandese a Roma ; puro fra le smancerie secentistiche, perchè seguì non Maestri ma la natura, con gran sentimento conducendo le immagini de' vescovi irlandesi, e molti monaci in atto di studiare o di recar libri {t. Nessuna guida di Roma ne fa cenno. Ammirò queslacomposizione Pietro Benvenuti e la fe segare e trasferir in un museo quando i Francesi disacrarono quel convento. Sulla, l>orta un'iscrizione del 11170 dice: Scholam hanc Scolo Marianam funditus erecl(W,vt-freis mini ex parie fenestris illustrari,magislralibus hinc inde sellis perfici, pici un s nndiqne variis, majoram videliccl circnmquoque imaginibas atqve inscriptionibus l'elifjioso quidehi penieillo fra tris Emanuelis de Como in pictoria arte magistri absqw nltis loci expensis exornari curavi t ree. pater fr. Potric'ms Tgrellus, ecc. mastro:, del l. v. Voi, III. Hi Ebber nome di pittori i Recchi, i Bianchi, due Crespi, Antonio Sacchi, Felice Scotti, Ignazio Valaperta, Cartosio. Nel 1441 Jacopo Degaro di Como assunse di far il famoso ponte del Natisone a Cividal del Friuli, tanto ardito che ancor chiamasi ponte del Diavolo. Un Luchino da Como (Roscio Luca Felice) fu celebre sonator di violino nel secolo passato, quando ottenner pur fama Cristoforo Arnaboldi cantante, Cima Giambattista e il maestro Pasquale Ricci: e testé udimmo le sorelle Ferni sonatrici di. violino, applaudite da tutta Europa. I padri De Orchi e Ignazio Venino (1711-78) predicatori rimaser la-mosi, quello pei più gonfi delirj del secentismo; questo per stile colto alla gesuitica, senza affettata erudizione, ma con argomenti ora triviali, ora strani per ricerca del nuovo. Quell'abbondanza di cuore, quel ragionare serrato che vincono l'intelletto e trascinano le volontà, mancano troppo a lui e ad altri predicatori nostrali, fra cui, a tacere i vivi, ebber rinomo fra Paolo Giuseppe francescano (1660), Pietro Luzzani cappuccino (1750), Gerolamo Perlasca (1400) e un altro Perlasca eremitano, e un Sisto domenicano ; Protaso Porro minor osservante e inquisitore (1530), Aurelio Rezzonico (1750), Giovanni Rusca vescovo di Verona (1350), Giacomo Sottoripa vescovo de'Tartari (1320), Girolamo Turconi domenicano (1700). Francesco Rezzano povero prete (1731-80) cantò il Trionfo della Chiesa, e vestì di ottave italiane il Giobbe, dove è inutile il dire che non s'accorge di veruna delle sublimi interpretazioni, scoperte o divinate dall'esegesi moderna, ma è anche ben lungi dal raggiunger quella lingua viva, concisa, enigmatica, quell'arditezza di frasi combinata coli1 audacia del pensiero. Poetarono anche Giuseppe Mala-chisio, con buone intenzioni e deboli facoltà: Virginio Corbellini (1796-1839) descrivendo il lago. Galeazzo Fumagalli attese alla botanica, e scrisse articoli per la Società Patriotica e per gli Annali rf' agricoltura di Filippo Re. Aggiungansi Pietro Monti filologo (— 1856); Francesco Rezzonico economista ; il dottor Giuseppe Comolli che fece la Flora Comense (1780-1849) e fu professore di botanica a Pavia; Carlo Car-loni vissuto dal 1769 all'aprile 1859 con fama di valentissimo medico. II maggior lustro a Como viene da Alessandro Volta. Dapprima attese alla fisica vecchia , con accortezza e prudenza di osservazioni e d'esperimenti, fin quando, riproducendo i fenomeni osservati dal Galvani, arrivò alla meravigliosa scoperta che, col contatto di due metalli si sviluppi un'elettricità senza tensione. Portento 1 l'elettricità prodotta dallo sfregamento del vetro dà stupende luci, forti scosse, effetti meccanici simili a quelli del fulmine; colle pile, niente di ciò in circostanze ordinarie, bensì la magnetizzazione e la decomposizione che con quelle macchine non s'otterrebbero mai. Eppure l'elemento, o a dir meglio la forza, è la medesima in entrambi i casi ; e forse non varia se non perchè nell'un caso opera per tensione (elettricità statica), nell'altro per quantità (elettricità dinamica), cioè che non tende ad abbandonare i suoi conduttori. Ciò la rende capace di operare traverso uno spazio estesissimo, senza che nel tragitto si disperda. Il Volta indovinò bensì che potevasi farne un telegrafo che trasmettesse i segni fino a Calicut ; ma come aveva combattuto la teoria fisiologica del Galvani, così pretendeva escluderne la teoria chimica, e nella famosa lettera a Banks dissimula (non possiam credere non avvertisse ) i fenonemi chimici che accompagnavano V azione della pila. Li notarono invece Garlisle e Nicholshon, e nel i800 già avevano cólto il fenonemo più rivelante, la decomposizione dell' acqua. Cosi la pila diventò il vestibolo di tutte le nuove vie della chimica e della fisica, la corrente voltaica sta in capo alle maggio ri applicazioni meccaniche del secol nostro. Al Volta, morto il 5 marzo 1827 di anni 82, fu eretta una statua, mediocre opera di Marchesi, sotto la quale non trovammo necessario scrivere se non Al Volta la patria Ecco una sicuramente bella serie di nomi, che restano proposti alla emulazione dei giovani, i quali posson ancora vedersi attorno scrittori, poeti, medici, magistrati, sacerdoti, cui per esser scolpiti immortalmente nella Moria forse non manca se non la sanzione di quella che « ai generosi è giusta di gloria dispensiera ». Se tutte le città in quesDanni si rifecero, viepiù ciò accadde di Como. E prima è a ricordare la piazza davanti a porta Torre, ingombra di rivellini ed altre fortificazioni sin al principio del secolo ; e da cui parte un viale alberato di circonvallazione. Si fece una spianata a modo di giardino fuor del Portello, e meglio al Prato Pasquée. Nell'interno di Como si rifabbricarono moltissime case, si fognarono le acque, si rifecer tutte e si allargarono quasi tutte le vie. Singolarmente è ricordevole quella al lago. Chiunque ha veduto un porto, sa che le case vi sono disposte attorno a semiluna, quasi a impedire che i venti infurjino fra 1' abitato ; e tanto più se si apra verso settentrione e in faccia ad un'apertura di valle, come è il caso di Como. Di tal foggia era qui disposta la piazza del porto; e straducole non solo strette ma pericolosamente tortuose menavano di là al Duomo. Si pensò sarebbe bello spalancare una strada dritta, che normale alla facciata di questo e alla via di Quadra, desse di lontano la veduta del lago. All'atto allàcciaronsi cento difficoltà, massime per l'irregolarità delle linee che dovevano protrarsi : a lungo se ne parlò e scrisse: dopo la rivoluzione del 48 si stabilì effettuarla, si scelse una linea che non corrispondeva a nessuno dei fini proposti, nè KDIFIZJ. PORTO. TEATRO. 1121 tampoco offriva un angolo retto verso la piazza : poi alterando anche il progetto del Boriggi, che a concorso era stato prescelto, si posò su grandiose colonne un porticato che dee servire a botteghe ordinarie; si alzarono le sovrapposte abitazioni per modo, che mortificano la fabbrica del Duomo, e rubano molto alla vista, che è uno dei pregi più desiderabili nelle case di Como. E poiché il por a fronte un fabbricato simile, oltre Tingente dispendio, creerebbe una strada inabbissata, si demolirono le case opposte, e si lasciò una deformità peggiore di prima, col proposito di provedervi a un modo o all'altro. Demolire, e poi non saper che cosa sostituirvi, è da rivoluzionario. E costò 450 mila lire. La correzione, qualunque si sia, dipenderà dalla sistemazione del porto. Il porto antico di Como, scavato nel 1225, stava verso la piazza de'Lio-chi, e diceasi del Vescovo : il presente fu edificato nel 600, e più non basta dacché s'introdussero le vaporiere, che di rado possono fondeggiarvi, e son costrette ancorarsi all'aperto, con manifesto scomodo e pericolo. Si discorse dunque più volte di otturar il presente, che diverrebbe piazza, necessaria al mercato, e tirar due bracci di molo da Sant' Agostino e dal Prato Pasquèe, in modo che chiuda molto maggior estensione. Le ale stesse servirebbero di passeggio al cospetto del lago, e sulle estremità porterebbero un casino per la finanza, uno dove aspettino i pas-8eggeri. La stima sale a un milione, e la attenua il dono di lire 300 mila, fatto dall' imperatore quando fu qua nel gennajo 1857 : ma ancor non vi bastano i mezzi della città, che dovrà per altro esser coadjuvata dall' erario a cui spetta la spesa de' porti. Intanto Topera, felicemente incominciata, rimane sospesa. Il teatro fu eretto nel 1811 a disegno dell'ingegnere Cusi, improvida-mente demolendo la torre rotonda. Ha la comodità di un anfiteatro posteriore , d'un teatrino secondario, d'un ridotto che serve a casino di 'dtura e di convegno. Quel teatro parve sempre troppo vasto al concorso ; ^a dopo le ineffabili sventure del 48, crebbe tanto la mania del diver-tirsi, che fu duopo ampliarlo, il che ben riusci a disegno dell'ingegnere Pispini, con dipinti del Pagliano e dello Speluzzi, e con una ricca lumiera Pandiani. Dopo quelT epoca, massime essendo podestà il conte Sebre-£0ridi, fu speso senza economia in utilità e in abbellimenti ; si acquistò Per residenza del Municipio il palazzo posteriore a San Fedele, dove sono un ricco archivio e ricordi di benemeriti personaggi. Le spese di ^erra, il cos'i detto gran prestito, i tanti miglioramenti edilizj, accumularono Como un debito, che nel 1857 ammontava a lire 1,146,000. Si pensò consolidarlo con un prestito, ed equilibrar le spese colle entrate, circondando di mura metà dei sobborghi, popolati da 5000 uomini, sottoponendoli a] dazio consumo: e per la spesa occorrente alla muraglia doman- dando che l'erario cedesse per alquanti anni la porzione che gliene toccherebbe. La statistica tien nota dei fatti, e la storia ricorda come, nel 1600. qui andassero insieme prepotenze militari, comunità affogate ne' debiti, industria deperita, numerosissimi fabbricati, e fasto e ostentazione negli abiti, nelle case, nelle comparse, nello stile. Presso San Sisto, alle Mdes joviw sta ben daccanto l'elegante palazzo Olginati; e dirimpetto a questo un altro pur nuovo della ditta Perego-Ne-gretti, disegno del Bernasconi, con fastosa apparenza, quasi ad attestare ciò che ad ogni passo rivelasi in Como, la prevalenza delle famiglie commerciali sopra le antiche patrizie, che si spengono o si traslocano. E molta nobiltà titolata era in Como , appena fa pochi anni : i marchesi Rovelli, Cigalini, Raimondi, Gaggi, Odescalchi, Porro, Canarisi, Ciceri; i conti Giovio, Erba, Muggiasca, Silva, Porro, Passalacqua ; i Lambertenghi, i Bossi,... ormai tutti scomparsi. Vogliano i restanti affezionarsi alla terra avita. Pensasi illuminare la città a gas. Per le acque ci ha alcuni fontanili eccellenti; ma la più parte son peggiorate dalla prossimità del lago , le cui escrescenze contaminano i pozzi. Molto lodasi il pane di Como, molto le sue verdure, massimamente rape e cipolle che vengono dalla collina a levante. V è quantità di botteghe, anche per provedere i paesi a lago ne' mercati che vi si tengono ogni martedì, giovedì e sabbato. Vivacità e denaro vi reca la lucrosa affluenza de' forestieri e de' villeggianti. Ma gli alberghi sono essi convenienti ai tempi? Il maggior incomodo di Como vien dalle escrescenze del lago, talvolta sì gonlio da navigarsi in Duomo, e fin a mezzo le vie Nuova e di Quadra, come appare dalle pietre infisse. Di che modo in parte vi si riparasse avremo a dirjo altrove: ma pare che in tutti i mali cui il secolo si vanta rimediare, non si riesca che ad imperfetti palliativi. Accanto al Liceo grandeggia la porta Torre, aperta mezzo secolo or fa sotto l'antica torre quadrata, e che figurerebbe tanto se coronata dalla prisca merlatura. Sulla piazza teneasi già tempo una fiera, del cui ricavo si scavò il rivo che sottopassa alla città, e che serve per lavarla dalla neve. Dalla piazza della porta Torre move la via Napoleone, che traversati i borghi, sale alberata per le pendici del Baradello alla Camerlata. Dicemmo come due altre torri pentagono ornino quella fronte del muro: che poi piega a levante fino al borgo Sant'Agostino; e dietro al teatro 8' apre in una barriera, posta a memoria delle speranze eccitate dalla venuta di Francesco I; ad occidente schiudesi la porta Sala, che or si ricostruisce elegantemente. Lo spalto di dentro avrebbe ad essere tutto di libero accesso , ma i frontisti ne occuparono delle porzioni, procac- I BORGHI. IL CROCIFISSO HJ3 dandosi o passeggio riservato, o giardini privati. Di fuori lo circonvalla un passeggio alberato, che si compì nel 1829. I borghi fuor di porta Torre, detti di San Bartolomeo e di San Rocco, son in grande incremento, simboleggiando il prevalere della borghesia al patriziato. La chiesa di San Rocco mentoveremo solo per dire come, là vicino sull'opposto margine della strada alla Camerlata, s'un ospedale di lebbrosi, assistito dagli Umiliati, costruito di pietre lavorate, vedevasi or fa pochi anni a buon fresco con figure grandi al vero un ballo della morte, certo posteriore a quello di Basilea. Lì presso, e sulla china del monte è il cimitero, fabbricato non è guari; ma mentre poteasi profittar del terreno disuguale per darvi spazio e varietà, fu circonchiuso da portici, sgarbatamente disposti a varj piani, e in un'area che già più non basta ai cadaveri. Si arricchisce di monumenti nelle 248 cappelle di ciascuna famiglia o compagnia , con qualche iscrizione e affettuosa ed elegante, e sculture principalmente del comasco L. Agliati, del quale è anche la statua del Redentore, nella elegante cappella eretta a disegno di Luigi Tatti architetto comasco. In San Bartolomeo sono del Palma vecchio la pala dell'aitar maggiore e un' Assunta del Procaccino ; e recenti figure e fregi di De Bernardi e Rinaldi. Un'iscrizione sulla facciata racconta il famoso miracolo del *anto Crocifisso. Probabilmente una di quelle compagnie di Flagellanti, che, nel secolo XIV, giravano l'Europa gridando pace e penitenza, lasciò qua un crocifisso di cipresso, che acquistò venerazione per le molteplici grazie: e ogn'anno il giovedì santo portavasi processionalmente per la città. Nel 1529, duranti le prepotenze solite dei governi militari, il comandante alla piazza, pretestando il pericolo d' un' invasione nemica , non permise di levare la catena., che avea tesa al ponte della Cosia, laonde la processione rimaneva quivi interrotta. Ma all' appressarsi dell' immagine devota, ecco la catena cadere spezzata, e le grida di stupore, e gli inni di ringraziamento trovarono eco ne' luoghi e negli anni lontani. Questo santo Crocifisso è posto nella chiesa di San Pietro, in una eappella, attorno alla quale crebbe un tempio, che nel 1074 fu abbellito, e fattovi una facciata di granito 13, lavoro barocco del Silva di Morbio. Nel secolo passato si pensò rinnovarlo con stile da quel tempo, e si eresse la cupola, bassa e leggera sopra otto gigantesche colonne d'un sol 13 Volendosi fabbricar quella facciala, non sapeasì dove pigliare il materiale. Ma ecco dai monti di Brumate rotolarli un immenso macigno, e quando potea scassinar le case de'borghi e rovinar le barche, si spezzò e fermossi poco lungi dalla riva. Seppe di miracolo, e si corse in devola sollecitudine a prender i pezzi e trasportarli al Crocifisso. L'organo di 32 piedi e 86 registri, 3H9 canne e con eco, fu fatto nel 1808 da Giuseppe Serassi. pezzo di marmo di Olcio, e con brutti profeti di stucco del Salterio, formando un insieme inelegante ma di effetto. L'età nostra, la cui indifferenza e distrazione non tolsero che cresces-ser più sempre le offerte al santuario, pensò compire l'opera mal cominciala, e con una serie di errori di cui non giova risvegliar la ricordanza, surrogò all' antica facciata un' altra del Canonica, a stile corretto, il che non vuol dir bella, e che non riesce normale nè ad un portico che le si era predisposto a fianco, nè alla via di circonvallazione che la lungheg-gia ; neppur all' asse della chiesa interna ; onde risulta una complicazione di assurdità. Tanto per non lasciarvi l'aspetto d'una costruzione incompiuta, si terminò la volta interna con disegno del Tatti, e si scombiccherò l'altare con pitture irradiate, con vetri a colore, che rimutano la casa di Dio in sala da ballo. Fra i restauri, mancanti sempre d'unità, il pensiero che prevale è di abbatter ogni cosa, e rifare di pianta il santuario più verso mezzodì. Sopravennero poi altre cure e altre spese, e forse non calcola male ehi riflette che non conviene spostare cimelj, la cui venerazione dipende dalla opinione popolana, terribilmente permalosa. Quivi accorrono divoli d'ogni parte, e massime ne' venerdì di marzo, quando si fan prediche e cantate : poi al giovedì santo la devota effigie è recata per la città, affollatissima di gente: ed è spettacolo stupendo allorché, sul mettersi della sera giungendo al porto, si benedice al lago: e tosto centinaja di barchette, diffondendosi pel bacino sorridente ai baci delle aure primaverili, e scintillante agli splendidi silenzj della piena luna , salpano verso la patria, colla confidenza in cuore che quella devozione li preserverà da male. Il torrente Cosia, nato sotto le colline di Tavernerio, percorrendo la valle di San Martino, sfogavasi già nel lago verso il borgo Sant' Agostino : poi si diresse verso San Bartolomeo e il Prato Pasquèe ; ma nel secolo passato ogni tratto erompeva, guastando i borghi e minacciando la città ; finché con robusto argine ne fu drizzata la foce, e infrenato il corso superiore con valide briglie fino al Prato Pasquèe. Era questo un pantano, allorché, verso il 1796 fu in parte rialzato; poi ai di nostri, prolungando la circonvallazione e rialzando il terreno, venne a convertirsi in un giardino dilettosissimo, in vista al lago, e che mette al Borgo Vico, più sempre giocondato di villeggiature. A questo borgo* si può andare anche diritto da porta Sala, passando fra il collegio Gallio con chiesa non terminata, e il monastero delle Salesiane : indi varcando il ponte di San Rocchetto, presso il quale è r oratorio e spedale di San Pantaleone, e un tempo sorgeva la grandiosa chiesa di San Giovanni Pedemonte, ufliziata dai Domenicani e con- RORGOVICO I,2;; tristata dall' Inquisizione. Poco avanti, e sulla destra della Cosia era il più antico monastero quel di santa Margherita ; seguiva quel de' Carmelitani Scalzi a Santa Teresa. A fianco a questo sbocca una valle amenissima, detta del ponte Molinello, che, son 25 anni, venne aperta con bella strada e popolata di casini : e mena alle alture di Cardano, alla selva di San Fermo che nella prima domenica d'agosto si popola per una chiassosa sagra, e prosegue fino al vitifero Cavallasca e a Varese. Nei fasti odierni è notata per esservi successo un combattimento fra i soldati austriaci e i volontarj di Garibaldi (giugno 1859), dei quali caddero alcuni giovani di bel nome e di liete speranze. Seguendo per borgo Vico, ecco la chiesa soppressa di San Marco; la parrocchiale di San Giorgio, chiesa antichissima benché tutta ammodernata l4, e le ville dei Brocca, dei Belgiojoso, del Colli, dei marchesi Barbò da Soresina. Qui stava il Museo di Paolo Giovio, ornato con ritratti e quadri e d'ogni sorta rarità ch'egli otteneva 0 cercava in dono 0 in premio lf. Un abate Gallio lo demolì nel 1610, poi il mar- Ì4 Un frammento d'antico bassorilievo è vicino al campanile, e in chiesa l'avanzo del sepolcro di sani' Eutichio, opera del XIV secolo: un affresco di Giampaolo Becchi e un'As-sunta del Zoppo di Lugano. IH Tante ville moderne dovremo descrivere, che non dee spiacere il far conoscenza con una antica quale appunto il Museo; accorceremo quanto Paolo ne dice nella prefazione ai Ritratti d'uomini illustri, opera Ialina. — Il Museo è preferito a tutti gli altri riposti luoghi ed abitacoli, fatti per fuggir la noja della stagion più calda. Sta rimpetto alla città , e distendendosi entra nel sottoposto pelago del lago, che quasi tutto lo circonda, e facendo penisola va con le diritte sue muraglie dall'uno e dall'altro lato, e con la fronte quadrata verso settentrione : onde si parie dall'arido 'e puro, e perciò molto salutifero lido, ove sono le antiche ruine della villa di Plinio, che con l'insigne testimonianza della religiosa antichità, apportano inolio ornamento all' edilizio, e grave autorità di gloria e maraviglia. Giovò mollo a que-Ma villa l'aver resuscitato nella patria la memoria quasi estinta di quell'illustre cittadino. Per dono di natura, il luogo è allegrissimo: e vi sono ancora alcuni fondamenti, ''he dureranno in eterno, d'una fabbrica molto bella e magnifica: ancorché all'opera compiuta abbiano nociuto assai e il tempo del lutto consumatore, e '1 lago istcsso coi sudili accrescimenti suoi, più mirabili fiero che disastrosi, continuamente facendo impelo in 688», e con l'onde pereotendola. Si veggono fino sul fondo del lago, quando sta queto , rnolli marmi quadri, tronchi grandissimi di colonne, e piramidi consumate, con le quali già adorna l'entrata di quel grande edilizio del porto, fatto in guisa di luna. Da oriente Poi con l'opposizione di tutta l'alta fabbrica si stende a gomito per lungo spazio, e colla *?rnn macchina sua tutta di pietra viene a fare un porto, securo dagli aquiloni, coronato da due poggi molto al luogo convenevoli. Perchè l'uno d'essi riceve nelle sedie sue di marmo coloro, che per vedere questa villa escono dalla porta del cortile. E quindi ancora si sa-lut«n le navicelle degli amici, che partendo dalla città s'appressano al luogo. L'altro, da terra elevato sì che dà al petto, adorna il lungo spazio della corle, eh'è sopra l| porto: la quale spaziosa linisce in questo poggio, e è chiusa da due bellissimi giardini, 'Tcondali da un muro adorno di merli, che la fa quasi parere una cavallerizza. A de-sll'-i, in mezzo il lago sorge un'isola, circondata di un muro grossissimo, vaga per in- Muslraz. del L V. Vol. III. i'ci chese Fossani vi eresse una villa detta la Gallia, che ha pitture del Mo-razzone e del Bianchi. Nella Villani dappoi Battaglia, ammirata dai nostri padri per eleganza di ammobigliamento, alloggiò Buonaparte, e quivi nel numerabili altissimi alberi fruttiferi. Quest'isola vieta l'entrata all'austro, quando spira, e il porlo ne difende. È dal continente separata per un canale, che Plinio chiama canal verde, o il canal di gemme. Sopra questo canale io penso far un altissimo ponte, sotto cui possano le navi passare, tal che anche a dispetto dì Nettano quando mi piacerà, mi sia lecito passare alla peschiera eh' in esso ho incominciata : ove i pesci, dal mena del lago guidati, neH'andar ruzzando passano per certi stretti intricati ed oscuri luoghi cavernosi, e penetrano alcuni insidiosi forami, onde impediti di ritornare dietro, quasi come in larghissime prigioni si riserbano, acciò, se le tempeste tolgano la pescagione, non abbia però a mancarne mai alla mia tavola. Dall'altra parte dell'isola sta nascosta Eco, vergine immortale, la quale ogni volta che co' lieti gridi sia salutata, con presto e liberale compiacimento risponde in voci due volte iterale. E massimo diletto prendo di questo vano e pur dolce giuoco, o quando alcuna volta vado in barchetta pel lago esortando i fanciulli, che nuotano, a gareggiare a chi stia più solt' aeque : e spargendo alcune picciolo monete in premio dell'audacia loro, sto a vedere olii meglio sul fondo li vada a tórre. Un' altra corte posta all'occidente, alquanto minore della prima, ma in sito più dolce e libero, per la varietà dei monti che s'appresentano agli occhi di chi entra, è molto più vaga e dilettevole. Freschissima per 1' ombre della mattina, è tanto iperla, che lasciando sotto il poggio a chi voglia una stanza sicurissima dai caldi venti orientali, discopre da ben lungi i più riposti e cavernosi luoghi del lago, tutli i castelli posti negli aprici promontori, ville innumerabili, e tutte le navi, che veleggiano continuamente. Tutti que' porli diversi che sono dalla destra e dalla sinistra del luogo sono congiunti con quello spazio dell'istmo, che è posto fra l'uno e l'allro d'essi da quella parie che si può facilinente.per terra andare alla villa; l'istmo, sopra il quale sano due grandissime porte, finisce, e orna parimente con la dritta lunghezza sua, la fronte dì lutto l'edilìzio: la principale delle quali, fa dinanzi a sè una mollo degna entrata nella prima parte della casa ov' è assai bene e vagamente dipinto. Nella quale entrati, dall'una parte e dall'altra s'aprono le porte, che con vista dirittissima , e con un ordine molto grato agli occhi per lunghi pergolati coperti di viti lugliole, intralciale con molla maestria, conducono a bellissimi giardini, ed a certi monti sinuosi, dai quali per cannoni di lerra cotta, ho fatto condurre nel portico, che chiamo Dorico, una fontana, che sprizza continuamente acqua limpidissima, che ascende in una statua finta per l' alma Dea Natura: dalle mammelle della quale stillando, si versa nella vasca di marmo soltoposto. Altri di maggiori facoltà, e di più eccellente ingegno avria potuto facilmente, e con più magnificenza abbellire le parli di dietro del portico, le stanze a mangiare, le camere d'estate, e ([nelle del verno, adornandole più nobilmente di bellissime pitture. Ma io DO ben seguita la natura del luogo con sommo studio: ma pel dubbio di poter mai pervenire al line dell'opera, sono andato a parie a parie talmente edificandola, che m'ho avuto più volte a pentire d'averle dalo principio, disperandomi della liberalità della fortuna, che non mi dava da farla adorna secondo il desiderio mio. Spero nondimeno, che coloro i quali non videro mai le ville magnificamente edificale da principi, o da ricchissimi gentiluomini, o che con più benigno giudizio antepongono l'ornato e la pulitezza d'un luogo ben inteso, alle spese falle da alcuni poco prudenti nel fabbricare, risguai-deranno facilmente con maraviglia il portico primo , che subito agli occhi altrui nel-l'allegrissima entrata si presenta. Questo portico dalle pitture che vi si veggono, chiamo 1' Immascherato : perciocché ad uso delle scene antiche è dipinto a faseie che pare svolazzino tirale dall'una colonna all'altra, fra mezzo le quali sono tinti alcuni mascheroni sospesi in aria, a bocca aperta, sicché pare seminino ancora negli animi degli uomini, c0U i,0||e acujp e j)r(,vj sonjenze lacedemonie. utili precetti di vita. Questo BORGOVICO 1127 4797, assicurava i deputati comaschi che non sarebbero ny francesi, ny tedeschi, ma italiani. Il palazzino Resta giace sul terreno che già era badia di Vico; ed ora suIPindietro il conte Salazar edificò una villetta, che è delle più eleganti portico è renduto mollo desiderabile il verno da un caldo temperato datogli dal sole che pel diritto lo percote allorché, alzandosi in mezzo al cielo, lascia freschissima la loggia dorica della state, che desinare e cenare si può benissimo in quel bel luogo ombrosa appresso la fontana, se puro Apollo e le nove sorelle con dolci allettamenti non tirassero altrui in quel luogo chiaro, spazioso e chiuso, dal quale tutta la villa ha preso il nome di Musco. Questa gratissima stanza per usci e per finestre facendo strada da tutte le parti a raggi del sole, e parimente alle continue aure soavi, è d'ogni tempo dilettevole: avvenga che, aprendosi o chiudendosi da parti diverse, si lasciano penetrare or quelli, «r questi, or tutti insieme, come meglio aggrada. E spirano di continuo pel mezzo di questo luogo a tutte l'ore egualmente cerli ventolini con tanta soavità, c con soffio sì moderato e salutifero, che nella slagion più calda, quivi non si conosce che Sirio arda nel cielo. Laonde dimorandovi altri la state, si farebbe agevolmente a credere, che quei mesi caldissimi o non fossero per anco venuti, o tacitamente e senza annojare fossero trapassati. Perciocché tulta la villa., innanzi il mezzo giorno, c quando da i raggi solari è la lem più sferzata, i venti etesj, sì piacevolmente rinfrescano da ogni parte, che cosa più dolce in quei nojosi caldi non si potrebbe desiderare. E nella facciata ancora sotto l'ornala gronda del tetto un alto poggio: il quale circondato di ferrate, sporge sopra l'acque del Iago con tal vista, che niente agli occhi umani più giocondo si potrebbe immaginare. Da questo poggio allettati i pesci all'esca, con gli ami facilmente si tirano: e con un piacer singolare indi si vedono molte squadre di loro andar nuotando nel liquido cristallo,che manifesta ad una ad una le varie maniere e i vaghi colori dei molti pesci, che. nel suo profondo grembo si pascono. Dentro nobile stanza il biondo Apollo e le Muse sorelle con gli stromenti loro accordati, par che soave armonia interponendo fra le vivande, continuamente applaudano a cenanti. Poi v'é Minerva, che anch'ella cortesemente invita chiunque ha pisrccre di mutar luogo, nella stanza sua a questa vicina nella quale si veggono l'immagini de'nostri antichi dottissimi cittadini. V'é congiunta la mia libreria, dedicata a Mercurio in essa dipinto, con libri pochi ma eletti. Da questo luogo s'entra in un'altra stanza più ritirala ch'io serbo alla comodità de'miei onesti piaceri, la quale soglio chiamare le Sirene. E quindi all'Armeria posta nella prima parie dell' edificio appresso 1' entrala, o difesa dalle auguste insegne di Carlo imperadore invitto. Al Museo dall'altra parte è congiunta la bella stanza, falla a posta per mangiarvi, alle tre Grazie consacrata, e maravigliosamente adorna dell' allegrissimi volta di sopra, come da sette colonne doriche minori, e da una piacevolissima maniera di pittura, ch'intorniandola molto vaga la rende: avvegnaché l'eccellente pittore, della prospettiva peritissimo, gli occhi ingannando, ivf ha espresso il lontano di fuggitive loggie, che la circondino. Discopro questa graziosa stanza quasi lulla la città e il lago, da quella parte massime , ove con amenissimi rivoltoli e seni si distende verso Alemagna: quindi veggonsi quei lidi verdi di lauri, di olive e di mille maniere d'alberi vaghi e fruttiferi, i fiorili colli tutti di vigne piantati: le selvose, e di paschi adorne cime dell'Alpi altissime, non però innucces-sibili alle carrette, quando altrui piacesse salirle. Da qualunque parie l'uomo si rivolga, agli occhi sempre un nuovo piacere ì-appresentandogli it giocondo sito del luogo, insaziabilmente pasce l'animo. Ma sommo diletto e piacere quasi infinito è concesso, quando in picciole navicelle aggradi farsi guidare in [alcuni luoghi del lago, ove innumerabili pescatori con varie maniere di reli, a' pesci tendono insidie, e se (come soglio far io alle volte) non gli sarà discaro comprare a ventura or questa tirata d'una rete, or quella d'un'altra, e con gli occhi e con le mani desiderose della nuova preda e bizzarre. D' altre bellezze ridono la Poldi Pezzoli, la Mancini, la Frank, la D'Adda, l'Ali Ponzoni, la Mondolfo, ecc. Tutte sorpassa l'Olmo, palazzo principescamente fabbricato e ornato dal marchese Innocenzo Ode-scalchi, dopo il 1782, a disegno del Cantoni, con profusione di stucchi, dorature, specchi, dipinti- Eredilollo poi il marchese Raimondi; ma dopo il 1848 venne sequestrato dal governo militare, e convertito in caserma, sicché figurate in quale stato fu reso, allo sciogliersi de'sequestri. L'Olmo è meta de'passeggi prediletti nella stagione estiva; nella invernale cercasi il sole verso Garzola, colle prospiciente al mezzogiorno, al piede abbellito dalle ville Lardarla (dov'era Santa Croce), Martignoni, Prudenziana, e più in alto da quella del dottor Carloni. Pel torrente Valdusa scendente fra banchi giurassici, ne'quali s'incaverna la grotta del Mago, si arriva a San Donato, eremo dove visse santamente il padre Geremia Lambertenghi verso il 1440. Più su neJP altipiano, a 733 metri sopra il mare e 531 sopra il lago, sorge la parrocchia di Buu-isatf. Raccontano d' una Guglielmina figlia di un re d'Inghilterra, che fuggendo la paterna reggia, lassù ricoverò a vita santa, e la invocano ancora le madri, bisognose di latte. E poco discosta la silvestre solitudine di San Maurizio; e dall'altro lato San Tommaso parrocchia, da cui si può scendere alla valle della Cosia e a San Maiitino (Vedi pag. 102S) posto sulla via di Lecco. Questo è considerato come un borgo di Como ; animato un tempo da manifatture di panno degli Umiliati, poi dei Bischolf; ora benedetto per una casa di figlie della Carità per le derelitte. Tra San Martino e Comò1 stendesi il viridario della città, tutto a ortaggi. E fra questi vedonsi il borgo di San Vitale, poi quello di San Giuliano e quello di Sant'Agostino, detto un tempo Coloniola, ed ora popolato di lavanderie, magazzini, negozj. Ivi son a vedere la Casa d'Industria e ricovero, la Gallietta, villa un tempo de' Gallj, poi de' Rezzonico e de' starsene presente a eosl dilettevole esercizio. Ma che dirò delle stanze superiori, nelle quali si veggono a manifeste e piacevoli inscrizioni, i chiari argomenti del vero onore e della 30010)8 Virtù! Non si può nò provar, nò vedere luogo il verno più esposto al sole, più luminoso né più caldo: avvegnaché quasi intorno intorno per varie finestre di vetro penetra insieme col chiaro giorno, e'1 lago sottoposto, imitatore del mare, che mai non agghiaccia, apporta loro una maravigliosa tiepidezza, rendendo molle nei tempi più freddi la durezza del verno. La più riposta parte di questa mia villa ò politissima, vuota d'ogni rumore e d'un altissimo silenzio ripiena, si come richieggono le Muse, le quali -cortesemente invitano con le attillature del luogo gli animi (ancorché occupati fossero in giuochi dilettevoli) agli sludj più alti e segreti. Perciocché separandola l'Islmo, si ri-man quasi iu un'altra casa, dalla quale sono escluse le stalle e la cavallerizza, le dispense, le canove, le cucine, e ogni tumulto di famiglia: sicché questa mi è una sede di dolce quiete, a un trai ouillo e salutifero porto della piuttosto da me desiderata, che concessami libertà. - KORGO SANT'AGOSTINO H29 Giovj, ed ora occupata da' telaj de! signor Brighenti. L' antica chiesa di Sant'Agostino, gotica a tre navate, costruita nel 1300, insignita del titolo arcipretale nel 1707, serba i ritratti della beata Maddalena Albrici, del padre Gabriele Quadrio, del beato Antonio Tornano, della beata Eiena Malacrida comaschi ; Gian Paolo Recchi fece una grandiosa Cena nella casa del parroco: e in chiesa sono pitture vecchie del Crespi, di Bernardino Campi, del Morazzone, e recenti delPAiraghi e del Fachinetti. Ne parte una via che, abbellita dalle ville Castiglioni, Sessa, Pertusati, arriva al promontorio di Geno, casa d'Umiliati dal 1225 sino al 1510, poi lazzaretto degli appestati, e dove ora pompeggiasi la villa Cornaggia, lieta di care ombre e di vistosissimi passeggi. Quivi nel 1721 fu trovata una lapide cristiana con triplice iscrizione dell'anno 463 (Vedi pag. 906) e nel 1855 una romana che dice : il. virio Mara' viltà owenlince vimano vi vino magistro OFFicionVM cous.gium pabnortim l* ili Dopo i Plinj, la famiglia de*Vlrj è quella, di cui un maggior numero di lapidi co-mensi fa menzione. Olire questa di Marco Virio, maestro degli uffizj, una ricorda G. Virio Sabino, a Como veterano e custode delle armi della XIV legione: C. Virio Massimo dedicò un marmo alle Giunoni e alle matrone dei vichi per aver ricuperato la vista ; Cajo Virio Terenziano e Quinto Virio Mercatore furono Seviri. Abbiam pure Virio Prisco, Virio Secondo, Viri» Lucilla, Viria Magna. Chi avesse 100 mila nummi di censo, o ampio commercio, o comando dell'armi o altri meriti, era inscritto wU'amplissimo o nobilissimo ordine del municipio o della colonia; e talvolta era anche pontefice o decurione. Tal era C. Virio Vero, ascritto alla tribù ovfentina e milanese, seslumviro degli juniori, pontefice decurione, che vivo fece un monumento a sè e ai mani de'figliuoli suoi Cajo Virio Veriano e Viria Vera, vissuti 18 anni. Questa lapide è a Slabio, or terra ticinese, e avca dietro un fregio di vigna, che sparve perchè gli abitanti ne staccavano i pezzi, credendo guarisse le bestie i la malattie. IL LAGO DI COMO XXII. Il bacino di Torno (Distretto I). rgevasi probabilmente ali1 Olmo il suburbio di Caninio Rufo mentovato da Plinio, coll'opacissimo platano, e col canale gemmeo. Dietro quel palazzo comincia a salire la via, che (V. pag. 1128) lambendo il delizioso Montelompino, dopo tre miglia arriva al confine svizzero di Chiasso, donde, per Mendrisio e Bissone e il ponte diga, si giunge a Lugano. Vi s'incontrano la villa Valeria; la Gibellina, destinata agli esercizj spirituali pei preti ; la villa Carnasino degli Odescalchi or Parravicini, distinta da cipressi, e cne un tempo era fortezza; e alquanto a destra una dei Livio, in deliziosissima postura. Santa Mahia Nullates di Vergosa fu consacrata da Urbano nel 1096. Questo nell'interno; a lago, dall'Olmo comincia la strada, che incontra dapprima il Grumello, villa che dai Gallio ereditarono i Giovj, e da questi il banchiere Ceiosia : poi la Zuccona, edificata dai Volpi, abbellita dal professore Configliachi, e che ora il signor Giovanni Brambilla, riformandola com' ogni nuovo proprietario e ogni nuovo re, senza risparmio ridusse ad una delle più eleganti e deliziose del lago, elevandola fin alla cima del colle, e occupando parte del Cereseto, lodato principalmente per fichi squisiti. Ad altre ville preparasi il luogo; e principalmente alla Tavernola sono le Stagnoli, Gonzales, Bignami...: la Cima fu creata dal generale Pino, che vi morì nel 4826, e di cui la memoria s'attacca a molte battaglie del regno italico, e ad una giornata funesta per Milano. Ivi sbocca il torrente Breggia, che nasce in Vallintelvi; e se trovi grosso il lago o avverso il vento, qui impaluda fra salici, allorché non minaccia rigonfio. Una volta le terre del lago non erano riunite se non colla Strada regina, che la tradizione attribuisce a Teodolinda, e che giunge fin alPestremo del Lario. Essa all' Olmo s' addentrava dietro il colle, poi usciva per la Val della Breggia, su cui narrano fosse un ponte di 18 archi, dove ora è il Ponte vecchio che dai Molini mette a San Bartolomeo. Ma nel 1816 s1 invaghì di questi luoghi Carlotta di Brunswich principessa di Galles, che traeva pel mondo la suntuosità d'una vita scandalosa, per la quale suo marito non volle riceverla compagna al trono quando divenne re d'Inghilterra. Prese ella dunque stanza a Cernobbio nella villa Calderara, che intitolò d'Este ; e oltre gli applausi eh' ebbe allora dal vulgo dotto e patrizio per lo spendere che faceva, ben meritò di Como coli1 aprirgli una strada che porta fin a quella villa '. Ceiinobio vuoisi detto da Ceenobium perchè v'era un monastero di Clu-niacensi : poi uno di monache, cacciate da Giuseppe II. Nel 1433, alcuni abitanti essendo sostenuti per debiti nelle carceri di Beliagio, i compaesani ne li trassero a forza; il duca Filippo Visconti volle punirli, e non potendo scoprire i colpevoli, mandò a sperpero tutta la borgata, che prima era foltissima di gente e d1 industria, e fece appiccare quanti avevano osato resistergli. Qui nacque l'architetto Franchino della Torre, e vuoisi il cardinal Gallio. Gli abitanti guadagnano di pesca e di nauli, e sui molti villeggianti. La villa della principessa di Galles era stata fabbricata dai Gallio; appartenne poi ai Calderara, da cui colla moglie passò al generale Pino, che sulle alture fece imitar le fortificazioni di Tarragona. Ora spetta al barone Ciani, e vi si piantò accanto un albergo ben fornito, con stabilimento idropatico che dovrebbe prosperare per la comoda vicinanza, per gli agi offerti a chi voglia sol fare una scampagnata, e per tanta opportunità di acqua sia dal torrente Garrovo, sia dal lago, non meno che di passeggi. i Nello scandaloso processo allora ordito, troppo vi s'ebbe a discorrere dello voluttà di questa villa, e comparvero moltissimi di questi paesi, a sgravio della peccatrice. Vereno attorno a ciò le Lettere di due mandarini della penisola Corea (Italia) a due barbassori dei regni uniti del Giappone (Gran Brettagna) concernenti la principessa di Fangadi (Galles). Vi figurano col nome di Falkuti il dottor Moschetti, di poeta Bernardo Bellini, di falso mandarino il Tamassia, allora delegalo detla città delte cipolle, ree Albergo della Regina. d'Inghilterra Fra i quali, sarà compensalo della fatica chi salga il Monte Bishino» postogli alle spalle, e ch'è uno dei più elevati della provincia (metri 1339). Sulla sua pendice s'appoggiano le grosse terre di Piazza (an. 740) e di Rovekna (an. 653). Questa ha bella chiesa, consacrata nei 1785, con un altare di legno del più faticato barocco. Ora vi si trasportò sulla facciata la porta della sconsacrata chiesa di San Marco a Como. Di qui fu il pittore Michelangelo Colonna. Il pertugio della Volpe è una grotta lunga forse 900 metri, ricca di alabastri venati. L'acqua della Colletta un tempo ebbe lode come medicinale, e si cercò rimetterla in credito testé. Continuando s'arriva sulla vetta, dov'è un santuario, al quale vassi divotamente dai contorni ; mentre i curiosi vi salgono ad ammirar F amplissimo arco della lombarda pianura da un lato e de' molteplici laghi, e dall'altro delle innumere valli che si trarupano fra i monti del Varesotto e della Svizzera. Calando in vai di Muggio, tu sei su terra svizzera ; sentiero praticato dai contrabbandieri e dai fuggiaschi. Seguendo sulla cresta, arrivi al San Bernardo e alla Vallintelvi. Lungo la strada Regina vien dietro Molti» asiO (an. 960), fabbricato entro un seno, per cui si scarica, al solito, un valloncino, tra roccie di una pietra calcare, che o si sfalda in lamine sottili per coprirne i tetti, o spaccasi in grossi parallelepipedi, attissimi alle costruzioni, principalmente Illustra:, del !.. V. Voi. III. \Kn rustiche. A tal lavoro attendono molto gli abitanti, e più fruttava innanzi che le ardesie bergamasche fossero trovate meglio acconce ai tetti. Entro quel monte si formano grotti, ove si conservano egregiamente i vini. Moltrasio è il complesso di venti casali, distinti con proprio nome, Vignola chiamasi quello ove il conte Andrea Passalacqua fe costruire una villa da Felice Soave, di linee grandiose ma troppo semplice. II giardino fu rimodernato dal conte Alessandro Passalacqua per dar lavoro in un degli ultimi anni carestiosi. Son da 50 pertiche di terreno, scendenti a piani fin al lago, con bella varietà di piantagioni, ricche cedriere, belle fontane, grandiosi sotterranei. Ferman l'occhio i due grandi cipressi, di 34 e di 23 once di circonferenza, benché seminati solo nel 1819. Anni fa vi fiorì un aloe di portentosa magnificenza. L'antica chiesetta di Sant' Anna ha pitture anteriori al risorgimento, e un moderno affresco di Giovanni Darif. Sulla punta di Pizzo si pompeggia la villa fabbricata da Giovan Battista Spedano cremonese, senatore e dotto agricola, e fatto patrizio di molte città e della comasca ( — 1545). L' ebbe poi suo figlio Cesare vescovo di Novara e di Cremona; indi passò ai Mugiasca , e quel che fu vescovo di Como P aggrandì scavando nel monte ; poi nuovi comodi vi aggiunse suo nipote conte Giacomo, che lasciò gran parte di sua so stanza air ospedale di Como. Da ultimo fu comprata dall'arciduca Ranieri d'Austria. Oltre 500 cipressi vi crebbero con indicibil rigoglio. L'inglese Curie parve voler mostrare quanto l'arte può sopra la natura, un nudo scoglio convertendo in delizia tra il lago e la strada, la quale riman sepolta dal muro che forma la sicurezza del giardino. Il lago che visitiamo procede a bacini, e questo primo chiudesi appunto con Pizzo sulla riva occidentale, e Torno sulla orientale. Su questa, movendo da Como, dopo il borgo Sant' Agostino e Geno, già mentovati, si sparpagliano le setti: citta' dì Blevio, come s'intitolano per celia i casolari di 800 abitanti, che compongono la parrocchia di Blevio. Vi sì può accedere per un sentiero che serpe a mezzo il monte, stretto e dirupato, ma forse non andrà guari che sarà ridotto da carrozza. Lo in • vocano da un pezzo i signori, che su questa costa, moltiplicano ville con cui ormai occuparono tutta la spiaggia in modo, da non restarvi libero alcun approdo. Tra esse notiamo la villa Troubetzkoi con forme settentrionali e affissa allo scoglio; quelle degli Artaria, dei Ricordi, Sparks, Rocarmé ecc. Nella villa Sannazzaro deliziavasi Pasquale Ricci, egregio maestro di cappella comasco ; e il nome di Malpensata mutò in quello di Belvedere. Gregorio Petrovich conte Schouwalof, ricco signore di Pietroburgo e splendidissimo, rimasto vedovo , girò qua e là, careggiato per bei TORNO h33 modi e cultura e generosità; ma profondamente bisognoso della verità, bon trovandola nella religione greca in cui era nato, l1 andò cercando ne' libri e ne' colloqui, e dopo lunghissime lotte con sè e con la società, si rese cattolico a Parigi nel 1843. Un casino si fabbricò presso al Belvedere dei Vigoni, distinto per architettura russa : ma noi compi, perchè ben presto entrò barnabita a Milano, e inviato a Parigi, scrisse La mia conversione e la mia vocazione, e vi mori nel 1850, lasciando questa villa a' suoi confratelli di religione. I passeggeri domandan conto principalmente di quelle d'alcune glorie de'teatri. Giuditta Pasta, raccolti allori e denari sulle scene di tutta Europa, qui comprò pe1 suoi riposi un piccol casino che apparteneva a madama Ribier, celebre modista arricchitasi sulle galanterie parigine. La Pasta ampliò di spazio e d' edifizj la 'villa, distinta in tre corpi, fra cui vagheggiano piante e parterri. Anche la Taglioni qui si preparò un ame-nissimo ricovero. Non basterebbe la maggior ricchezza di stile a variar di forme quant'ò duopo per descrivere tante villeggiature, tutte d'un bello particol are, tutte di qualche caratteristica, meglio che dal visitatore apprezzate da chi vi dimora. La vicinanza della città cresce pregio a queste, avvivate ogni giorno da sei o otto passaggi di battelli a vapore. A Perlasca , terra scomparsa nelle vicende guerresche, additano vestita d'edera una casetta, in cui sarebbe nato Innocenzo XI. Nel secolo passato vi si edificò la villa Tanzi ch'era la più bella d'allora, accoppiando la ragionata varietà inglese colla bizzarra regolarità francese : e che ora è venuta ai Taverna. Son due ale simmetricamente sporgentisi a specchiarsi nel lago, e unite da un corpo rientrante di buona architettura, con sale e camere eleganti e comode, e qualche oggetto d'arte. Principal vanto ne sono i giardini, artisticamente disposti sul declivio dall' alta strada fin al lago, con pompa di serre e di rarità botaniche, molte delle quali lussureggiano in piena terra; fra macchie di arbusti e d'elevate piante, di aceri, abeti, elei, frassini, larici, ginepri, quercie, tassi e un mi-rabil cedro del Libano, spiegano il ricco addobbo calicanti, lauri, allori, rododendri arborei ed ibridi; camellie d'ogni qualità; azalee indiche e americane, pelargonj, abutilon, araucarie, orchidee, e le euforbie e altre piante da serra. Chiude la scena il promontorio di Torno. Era uno dei più importanti stabilimenti degli Umiliati, e perciò ricco di manifatture di panno, e più popolosa d' ogni altra terra del Lario, contando 800 famiglie, e pagando la decima parte dei carichi di tutto il Comasco. Mentre Francesi e Svizzeri combatteano contro i Tedeschi, i Tornaschi favorirono i primi, e quando rimasero sconfitti alla Bicocca (1522), resistettero ancora, come Brescia nel 49, e ne corser la sorte. Perocché il governatore di Como as-salse, e mandò a ruba e fuoco Torno, neppur le chiese risparmiando ; e restò memoria d'una fanciulla che il fior verginale salvò dirupandosi da una finestra, e perendo colla patria. Questo fatterello ricorderanno gli storici ; le genti che leggono ricorderan la pietosa romanza degli sposi annegati 2; le donnicciuole, ricorderanno la buona Ghita, che mentre notturna tornava da Cernobio a Moltrasio, fu assalita da un contrabbandiere, e nel sottrarsene riuscita sopra uno scoglio a picco e dal turpe amante raggiunta, votossi alla Madonna, e giù : ma nel precipitare essa restò impigliata fra i bronchi e salva ; egli si frantumò Ja persona e più non fu trovato; ma ancor la sera, quando il tempo mena burrasca, vedesi un fuoco errare su quel greppo, segno infernale dell'inverecondo. 1 più san dire che, al tempo delle crociate, un arcivescovo tedesco tornando da Terrasanta, ne riportava un santo chiodo e la gamba d'un degli Innocenti. Fermatosi a Torno, ebbe sì ostinatamente avverso il vento, che non potè staccarsene, finché, accortosi della volontà del Cielo, depose quelle reliquie nella chiesa di San Giovanni Battista, dove stan ancora. Così quel borgo ' potè emulare Roma, Treveri, Milano. Bel resto di antichità è la facciata della chiesa parroc-chiale sul lago, e più quella di San Giovanni, a mezza costa , di cui qui diamo disegnata la porta. I giardini a cedriere, sporgenti sul lago, sono dei Ru-spini, e di là signoreggiasi un magnifico panorama. Più in alto, dietro al pancione di Blevio accampasi Mon-piatto, già chiostro di vergini poco saggie ; talché san Carlo vi provide col trasferirle al Sacro monte di Varese. Il 2 luglio vi si celebra una sagra, ed è bizzarro l'incontrarvi tante persone, tutte de'vicini i I morti di Torno di C. Cantò, stampati moltissime volte. MOiNPJATTO i j 37 paesi, ma che ti pajono cernite da una Babilonia ; tanta è la moltipliche de1 linguaggi, in grazia degl'indigeni che migrano in Inghilterra, in Germania, in Francia, in America, dove disusano il patrio, senza ben apprendere lo straniero idioma. A gruppi, il cui vanto non è V agreste ingenuità, sotto le selve d'annosi castagni e tra i densi fruiteti rosseggiane dalle piccie di ciliegie, compongono liete merende, fra il vino, gli scherzi, la libertà. Singolarità di questo monte è la Pietra penduta, calcare di forma conica, sulla cui punta smussata tiensi in bilico un masso granitico affatto isolato e informe, che alla base, alquanto incavata, misura il diametro di 0 metri, e per quasi due elevasi, formando un solido di circa 12 metri cubici. Vollero crederlo uno di quei dolmen o pietre oscillanti, ohe ve-donsi spesso nella Bretagna, e che pare servissero ai Druidi per invocare 1 giudizj di Dio : e che formasse sistema col poncione di Blevio , altro gran parallelepipedo granitico, di 7 metri sopra 4, e alto circa 2 1/2, che sporge orizzontalmente sul pendio., toccando il suolo appena con un' estremità, e sorretto dalla punta d' un masso calcare affossato nel monte, talché guardato di profilo sembra vicino a cadere. I paesani lo chiamano Narióla. XXIII. Il Bacino della Pliniana (Distretti I e III). Geologia. Dietro al capo di Torno curvasi un seno tranquillo e austero, dove poc'anzi sorsero alcune ville. L'ingegnere Canzi trasportava qui 1' architettura veneta, dando così una nuova varietà nel casino a tre piani, di finestre e loggie ornate di terra colta, com'è la balaustrata. La villa Matilde degli Juva, piccola quanto elegante, sporgesi in un baluardo, con-formantesi alla sinuosità del luogo. Prima d' ora, quel bacino, muto di sole nell'inverno, non aveva altra abitazione che la Pliniana , notissima a tutti i forestieri. Il conte Giovanni Anguissola, uno di coloro che uccisero l'osceno Pierluigi Farnese duca di Piacenza, ricoverato a Milano da Carlo V che non fu estranio a quell'uccisione del proprio genero, ottenne il governo di Como. Era sangue di tiranno, eppure gridava vendetta nella sua coscienza e in quella d'altri; l'ambasciadore francese in pieno palazzo a Coirà gli tirò una stoccata ; un assassino in abito di frate lungamente vagolò attorno a Como aspettando luogo e tempo a scannarlo; altri ancora, sicché V Anguissola viveva in continuo timore, e si fabbricò questa villa (1570), dove il luogo delizioso, e la magnificenza dell'edifizio non tolgono all'anima un senso di melanconia. Poco ne godette, e il palazzo fu venduto al conte Fabio Visconte Borromeo, indi ai Canarisi, e di padrone in padrone fin al principe Emilio Belgiojoso, che vi seppellì i resti d'una così promettente e così precipitata gioventù. Un maestoso loggiato dorico prospettante il lago, fa vestibolo al palazzo, che appoggiandosi al monte, ha giardino a tutti i piani, e questo arrampicasi comodamente per l'ardua china fino ad un romitaggio, che par fatto per anime profondamente appassionate. Alla bella distribuzione della selva e dei parterri, alle diverse scalee cresce beltà il torrente, che a grandi salti balza dalle roccie per l'altezza di 90 metri. Plinlanà. Ila fama antica ed estesa la sua fontana intermittente. Non è vero che sia regolare come il flusso del mare, e nemmanco inesauribile, come si vocifera : ma per un fenomeno facilmente spiegabile, cresce a colmar un bacino, poi scema a occhio veggente. Fu descritta da Plinio il giovane, donde il nome di Pliniana alla villa, che mai non appartenne a quell'illustre. Il fragor delle acque cascanti e frangentisi, 1' austerità del luogo che gode o soffre di lunghissimi crepuscoli, la lontananza da ogni abitazione, NESSO. URIO 11 su dai naviganti, dai pescatori, ne fan piuttosto un ritiro di meditazione e d' espiamento che di ricreazione. Ma Adamo ed Eva non rcser bella e civile la terra dov'erano gettati per castigo? Nella spiaggia pescosa che succede, è visitato men di quanto meriterebbe POrmdo ni Molina. Non trovasi menzionato per l'addietro, giacché solo verso il 1814, minandosi per trar acqua a un mulino, venne a scoprirsi il burrone, dove l'acqua si precipita da 45 metri d'altezza: e mette i brividi a chi va a vederlo, in luogo ove nulla si fece per agevolarne l'accesso. Sull'altipiano si schierano Molina, Poiana , Limita , Palanzo, i cui abitanti sciamano per Francia e Inghilterra come cioccolattieri e barome-traj. È di Molina Carlo Pizzala orefice a Madrid, che fece il suntuoso triregno, dalla regina di Spagna offerto a Pio IX nel 1854. Per un sentiero faticoso può giungersi ^lla Colma, e voltando quest'ultimo centra* forte delle Alpi, scendere nel Pian d'Erba. Sempre ad angoli salienti e rientranti s' avanza la riva sino a Careno dov'è la grotta della Masera, profonda il viaggio d'un quarto d'ora, e finita in voragine. Segue Nesso, prepositura di 1065 anime, divisa in due da un promontorio. La chiesa si pretenderebbe fondata da san-t'Ermagora; e che Urbano II la consacrasse ai 28 maggio 1095. Era prepositura con sei canonicati, coli' un dei quali fu dotata la cura di Careno. Poi fu restaurata nel 1534 dal cardinal Simonetta che n'era arciprete: nel secolo seguente si eresse alla moderni. Nesso fu un tempo arricchito dalle manifatture di coltroni; poi illustrato dal romanzo Falco della Rupe del Bazzoni. Mirabile cascata vi fa il torrente, spumeggiando in mezzo alle case, sicché la romba se n'ode anche da chi scorre sul battello a vapore. Salendo a ritroso di quel vallone, si arriva a Elino, a Velleso , a Geu-bio, al Pian del Tivano, che occupa il vertice del monte, la cui china verge al pian d'Erba. Le torbe miste a enormi larici e petrolio mostrano fosse già lago. Niuna tradizione più insulsa di quella che colloca quassù un palazzo di Andefleda, moglie del goto re Teodorico. Quel piano è a 12S0 metri sopra il mare, cinto da monti più alti, e nel mezzo vaneggia il buco di Nicotina, imbuto pel quale scolano le acque derivanti dalle alture. Dei quali bacini e pozzi molti si trovano su queste alture, come Premenù sopra Pognana, Prefondà sopra Blevio, Biancamonda sopra Velloso, dov' è una ricca torbiera. Seguendo la riva, dopo Nesso si ha breve tratto per giungere alla Ca-vagnola, punta che chiude pittorescamente questo anfiteatro. Sull' avverso lembo, dopo il Pizzo e dopo ameni casini, troviam prima Uiuo presso al torrente Strona, con grandiosa villa che fu già dei Porta, poi dei Castelbarco, indi di varj padroni, sempre aspettando destinazione degna del posto e dell'ostentata dipintura. Fra le belle ville Uboldo e Klitenmeyer, Canate si discerne pei cantieri di barche. Fu di qui Francesco Cetti (1726-78) gesuita, ammirato a Sassari pel felice e piacevole modo d'insegnare, e che appassionato della storia naturale, trovava un campo vergine e ricchissimo in Sardegna, ove cereo marmi e diaspri, e n'ebbe pezzi di straordinarie dimensioni. Sulla zoologia confutò molti errori vulgari, sebbene in questa scienza fosse piuttosto seguace dell'AIdrovandi e d'altri vecchi : e gli merita lode l'aver potuto far tanto senza libri ed altri ajuti, e stender una descrizione non solo utile, ma piacevole ed animata. Mentre il burchio solca 1' ondoso piano, guardiamo ai monti che gli fanno cornice, dove ridente, dove austera. Gran piacere il trovarsi oon geologi, ma purché tu sia geologo. Non son le belle vedute, le distese prospettive, i contrasti naturali ch'essi ammirano: cogli occhi a terra o alle roccie, ora ti fan osservare che quel filone inclina a 30° nord-est, or che fa un angolo di 80° col sottoposto ; qua è la calamita sviata, là un ciottolo di frattura concoide, o un cristallo di esaedri mal determinati : or raspano fra una maceria, ora scompigliano un muro a secco per cavarne quel catollo : o caccian a mano martello e scalpello per istaccare da un' immensa roccia una scaglia, beati poi quan-d' han visto un' impronta animale, la traccia d'una belemnite, d'una gri-fea, d'un catillo, d'un megalosauro, i fori d'una terebratula, una fucoide, un corno d'ammone, che attestino come quel masso esistesse due o tre età prima della creazione deli' uomo: e ti fan un sistema che deve giunger dalla superficie fin al centro del nostro globo. Quella quercia secolare, che si pittorescamente grandeggia su uno sprone di monte, è per essi un disturbo, giacché toglie di vedere la natura del ceppo sottoposto. Quo1 camperelli ridotti con tanta fatica a frutto dove non era che un bricco, sembrangli un peccato perchè la coltivazione maschera le stratificazioni e i balzi scheggiosi. Ma fuor di celia, a chi non vien il prurito di geologia • i !4i sapere come si formarono queste così varie montagne? chi le solcò di tanti crepacci? come salirono a tanta altura pietroni più grossi che le piramidi d'Egitto ? han qualche regola il disordinato volgersi delle catene alpine e il labirinto delle loro derivazioni? donde vengono in quantità così sterminata ciottoli, di cui non esistono in questa vicinanza le roccie? come s'injettarono i filoni metallici fra i massi compatti? chi dà il calore a quella sorgente termale? donde a quest'altra il flusso e il riflusso? Sbigottito da tali problemi, tu ricorri ai geologi che hai derisi, come si ricorre ai derisi medici nelle malattie e ai derisi preti nei bisogni : e i loro sistemi, se non soddisfanno, ti piaciono perchè dan campo a farraginarne altri, che talvolta non valgono meno di quelli. Appunto perchè ancor vaga, questa scienza ha una poesia di cui i cultori suoi non s'accorgono; e ci porta sull'ali della fantasia nelle sublimità del Davalagiri e nelle voragini inaccessibli, armata è vero di compasso e gonimetro, ma pur volando in cerca di mondi periti e di mondi futuri; sbagliando forse sulle cause seconde, riconoscendo la causa prima fin nella molecola originaria e indecomponibile: sicché piace non meno all'oziosa curiosità che alla scientifica contemplazione e al poetico sentimento. In fatto, allorché essa vi trasferisce in mezzo alla gigantesca vegetazione antidiluviana, a monocotiledoni e a felci arborescenti, elevate come antenne di vascelli, ad enormi fratte di muschi alti 25 metri, alle ullodendre, alle sigillane, tra cui pascolavano o nuotavano gli ictiosauri, i plesiosauri, gli esquitacei, imparaticci della natura prima di giungere a questa « bella d' erbe famiglia e d' animali », P uomo si trova piccino come i Liliputti di Gulliver ; ma di subito ringigantisce col rillettere eh' egli col suo pensiero basta ad abbracciare e misurar quello ampiezze, a calcolare i secoli, che sono alle età cosmogoniche quel che all' età nostra sono gli anni. O poeta, tu ti quereli che, invecchiando, le tue visioni non han più per le le illusioni della realtà; ma al contrario quelle che la scienza evoca diventano sempre meglio distinte, e una forma dopo l' altra uscendo dall'oscurità, ajutano a ricostruir l'edifizio del passato, e da quello lanciandosi nell'avvenire mediante la fede unita alla scienza, indorano il crepuscolo delle cose finite e la splendida aurora delle nasciture. Lasciatemi immaginare che, in quelle prime giornate del mondo, la gran valle Lariana giacesse asciutta, e vi si fossero accumulati i ciottoli e i massi, che cadevano dalle montagne circostanti, non ben consolidate; e per quella vastissima pianura vagassero mastodonti, ictiosauri, plesiosauri e simili mostri. Repente, un di quegli spaventosi cataclismi che a roigliaja d'anni di disianza capovoltano la terra, versò dalle parti settentrionali un torrente, Illustraz. del L. V. Voi 111, 144 grosso quanto un mare, veloce quanto un fulmine : e piombando nella gran conca, ne sollevò il fondo, cacciò alcune pietre fin sulle cime de' monti ; ingente strato di ghiaja e di ciottoli travolse nella sua correntia, verso la pianura lombarda. Passato quello spavento, banchi di ciottoli rimasero o sciolti, o conglomerati in quelle moli, che formano colline intere presso Como e in Brianza, poi nella gran valle della Geradadda : su per le cime restarono ingenti massi erratici di granito : il fondo vuotato della conca si empì di acque, e divenne il lago di Como, che per lo spacco apertosi fra il monte Baro e il Itesegone si sfogò in quel che si disse fiume dell'Adda. Geologi di gran valentia, ma poco d' accordo fra loro, studiarono questi monti, e noi potremmo dar lo stillato dei loro studj, sicuri che ci contraddirebbero gli uni, perchè consentiamo con altri (Vedi pag. 754). E a noi gli esponeva un compagno di viaggio eh' era nella sua beva, additandoci la costruttura de'monti di cui avevamo sott'occhio lo spettacolo. I monti cretacei e terziarj di cui consta la Brianza (diceva egli) terminano nel Pian d' Erba per dar luogo ai giurassici, triasici e paleozoici delle prealpi, stendentisi fino a mezzo il lago, ove poi cominciano i terreni cristallini, i gneis, gli scisti micacei. I contorni di Erba sono i meglio appropriati a studiar i terreni giurassici nelle nostre parti. Quel Piano è formato di depositi alluvionali della Vallassina, stesi sovra i terreni cretacei e terziarj che campeggiano a mezzodì, mentre a settentrione clevansi rocce calcaree, per lo più disposte orizzontalmente. Gli strati inferiori di quello son di calcare bigio o nero, e pare non contengano fossili : elevandosi verso il Buco del Piombo, ove mostransi rotti e sconvolti, si fan di colore più chiaro, con noduli di selce focaja: ammoniti abbondano presso quella grotta, la quale s'apre entro strati rossi alternati con bianchi, che poi sopra del Buco predominano, e han nome di marmo majolica. Quelle ammoniti pajono identiche con quelle del terreno giurassico. (Vedi pag. 1009) La Vallassina è incorniciala di rocce calcaree o dolomitiche, talvolta con qualche fossile, massime presso a Barni; poi dove s' apre verso Bellagio vi appajon di sotto scisti neri, friabili, con molti fossili mal determinabili; gli scisti poi si approfondan sotto alla dolomia nel promontorio di Bellagio, per ricomparire di là dal lago, fasciando il monte Gai-bega, la Madonna del Soccorso, e via fin al lago di Lugano; e contengono fossili dell'età medesima del San Cassiano. I monti della riva occidentale da Chiasso, lino al monte Galbega, son di calcari o dolomie giurassiche, in istrali ricurvi in mille guise; e ammoniti (in di mezzo metro di diametro stampansi sulle ardesie di Mol-trasio. GEOLOGIA 1143 Varcata Ja linea giurassica, dai contorni di Menaggio fin alla Gaeta incontreremo il calcare bigio, e marmi e dolomia e un cumulo di gesso; tutti poggianti su strati raddrizzati d'arenaria rossa a cemento verde e steatitoso: i quali strali prima di Sant'Àbondio s'addossano a gneis e micascisli, di cui son formate poi le montagne fino all' estremità del lago. Non vi si trovò alcun fossile ben caratteristico, e si considerano come estranei a ogni terreno permiano e carbonifero. All'epoca triasica apparterrebbe pure il gesso del ramo di Lecco, sottoposto a rocce giurassiche. Sanno i geologi qual bella serie di terreni sedimentar] presentano le valli bergamasche. Quella complicazione si semplifica avvicinandosi al lago di Como, e più specialmente nella Valsassina. Sotto alle rocce giurassiche di cui constano il Resegone,il Moncodeno, il Zucco d'Erna, il Zucco Desio ecc; appajono le testate degli strati triasici nelle vallette di Boascie e Dungo; e più basso ad Acquate e Germagnedo; e alle falde del Moncodeno verso Pasturo e del monte Bobbio appare 1' arenaria rossa permiana, la cui zona, estesa dal serpentinoso Pizzo de' Tre Signori fin al lago di Como, è interrotta dalle rocce ignee, emerse a formar i monti di Cortabbio, Primaluna, Introbbio. i monti fra la Valsassina e il lago son di dolomie giurassiche, da cui, in qualche valle, sportano gli strati inferiori di calcare, or nero, or rosso, con conchiglie univalve che si ritengono pure dell'età giurassica. Cosi il mio compagno di viaggio, che poi via via m'indicava altre particolarità. A San Lorenzo in Tremezzina sovrasta il monte Pancione, e l'altro più bizzarro degli Stampi, ove il vulgo dice si arrestasse l'arca di Noè, perchè nel masso vede impronte di zampe d'animali, e realmente sono sezioni di nicchi marini bivalvi, forse isocardie, grandi fin 30 centimetri : v' abbondano altri crostacei d'antichissima età. Sopra Tremezzo una grolla molto s'incaverna, e trovasi un marmo bianco lumachella, capace di bel pulimento, come occhiadino e bindellino si ha a Varenna e presso Dcrvio; scagliola speculare aNobiallo; a Varenna e, ad Olcio il marmo nero di terreno giurassico ; a Musso il calcare sac-caroide, che vergendo a Dongo mutasi in dolomitico, e contiene conchiglie bivalve. Fu un tripudio fra i cultori di questa scienza allorché nel marmo di Perledo si scoperse un ingente plesiosauro, e subito altri molti pesci e rettili antediluviani, il lepidotus, il semionotus, il leptocephalus. Certo di migliori sludj sarebbe meritevole l'occhiadino o lumachella di Esino, con natiche, turritelle, echini, gasteropodi e altri fossili del giurassico inferiore e medio, mentre il marmo nero di Varenna ha petrefatti del lias. Fra Bedano e Varenna percorrendo la strada militare, può osservarsi la serie di rocce giurassiche, triasiche e paleozoiche. Le prime gallerie son di calcare nero con vene spatiche dell1 epoca del Giura : poi viene T arenaria verde e rossa triasica, fra il calcare cinerognolo oscuro ; la galleria ultima è tagliata in arenaria rossa e steatitosa, con ciottoli quarzosi, estremità dello strato permiano della Valsassina : verso la Piovcrna si trova il suolo di gneis e micascisto, sovente con calce. Questi gneis e micascisti, non più coperti da sedimenti, si elevano poi oltre Bollano, per formar i massi del lago superiore e delle valli dell'Adda e della Mera, con grandi emersioni di roccie ignee, serpentine e granitiche, e pochi lembi di roccie calcaree metamorfosate in marmi saccaroidi e cipollini, come a Musso e Olgiasca su questo lago, nella Val del Bitto presso Morbegno, ed ad Isola sulla Spluga. (O m boni). Il San Jorio e gli altri che soprastanno a Gravedona e Domaso, son monti micacei talvolta con graniti. I graniti di Valgana, prolungatisi nella penisola di Lugano, ricompaiono all'estremità del nostro lago, dove ca-vansi con tanto profitto a San Fedelino e alla Riva di Ghiavenna. Questa roccia primitiva è composta di feldispato, mica e quarzo, e allorché quest'ultimo prevale, riesce durissima, come appunto in questo della Riva, che perciò serve a far i trottatoi nei'e c'l^ lombarde. Di tali elementi si compone pure allo sbocco della vai del Masino in Valtellina, a Tresivio, alle Prese; altrove contiene antibolo nero , e cangiasi in vera sienite, come a Sorico, nella vai del Masino, a Ponte, al Tonale ; oppure contiene grossi cristalli di feldispato bianco, e dicesi sa-rizzo ghiandone, qual appar poco sopra Chiavenna. Parallela quasi a questa zona granitica, che dalla Riva procede fin al Tonale e alla vai Trompia, ne cammina un'altra, che si palesa principalmente verso Bormio; e fra le due si discernono emersioni serpentinose che, provenendo dalla Bernina, attraversano la Valtellina fra Tirano e Bormio, evan lino al Pizzo de'Tre Signori fra la Canonica e il Tirolo. La roccia è d'un verde più o men cupo, e talvolta si lavora in laveggi, come nelle valli Malenco e di Piuro, contiene qualche cristallo di diallagio, asbesto, steatite, anfibolo verde, ma non ha filoni metallici come il serpentino di Toscana. Ed altre notizie mi diede quel compagno, che male io riproduco, e che faran ridere di me i geologi ; avvezzi, gli è vero, a rider gli uni degli altri. Ma anche ai meno curiosi destan meraviglia delle tante grotte di questi monti. Già alcune ne additammo, fra cui a Rovenna quella che chiamasi il pertugio della Volpe, scavata nel calcare giurassico; niuna traccia di fossili sin ora palesò, bensì di animali della nostra epoca, più grossi che non comporti 1' attuale angustia dell' entrata. Sta rimpetto il pertugio di Blevio, lunga galleria orizzontale , alta un braccio al più, occupato dall' acqua, ed aperto precisamente all' opposto di quel di Ro- CAVERNE OSSIFERE n45 venna, in modo da poter considerarsene una continuità, ma con frapposto il lago. C è presso il Buco del Nasone, spacco verticale in cui cadrebbero gli animali pascolanti, se non fosse difeso con macigni. Probabilmente il suo fondo sarà pieno di ossa fossili. La Grotta della Masera sopra Careno ha un lago e alcune ammoniti, ma nò depositi d' argilla nè ossa fossili. La Tana selvatica sopra Orandola in Val Menaggio, di accesso difficilissimo, ha il suolo sparso di piccole ossa, avanzo del pasto di uccelli rapaci '; quella detta Strana dal torrente che vi passa, visita-vasi per le cave delle pietre, ma testò eccitò maggior curiosità quella dell'Orso. Sta essa in un terreno calcareo giurassico, che posto sopra all' arenaria rossa di Varenna e d'Introbbio, e sotto al calcare bigio azzurrognolo, talvolta arenaceo con fossili, comincia subito dopo Cernobio, forma le alture di Moltrasio, Urio e Carate, e procede lungo il lago, di struttura fìssile, opportunissima alle costruzioni, facilmente dividendosi in lastroni fin della grossezza di mezzo metro, e con qualche rara striscia di calcareo cristallino bianco e qualche vena di litantrace; ed è conosciuta in pratica col nome di pietra di Moltrasio. Riapparendo sull'altra riva del lago, si trasforma nel marmo duro e conchiglifero detto lumachella di Varenna. In quella Grotta deW Orso, penetravasi per ispasso 0 per raccorne di belle stallatiti ; apresi a G00 metri sopra il lago, volta a N. N. E. come quella di Rovenna : ampia all'ingresso, si stringe e declina a bacini e a stallatiti e stalagmiti e a begli alabastri colorati, e nel fondo mormora un torrente, che più basso sgorga dal monte, e che là entro forma un Iago, oltre il quale prosegue la grotta, profonda più di 500 metri. Don Vincenzo Barelli prevosto di Laglio, e il medico Casella nel 1850 la tolsero ad esaminare, e aiutati da naturalisti, vi scopersero quantità di ossa fossili, e non men di 30 animali del genere Ursus, giganteschi quanto i famosi di Gaylenreuth, misurando più di 3 metri dal muso air apice della coda. Le ossa n'erano sconnesse, abbondantissime alcune, altre rare, alcune mancanti: pure si potè metter insieme un intero scheletro, or collocato nel Museo Civico di Milano. Altre ossa furono prese da varj naturalisti, e molte da curiosi, sicché andarono disperse, ed or rimane ben poco a spigolare. Anche d'altri animali trovossi qualche avanzo, parte a noi contemporanei, parte viventi solo in paesi più meridionali. Dopo le nozioni datene da Leibniz, Rosenmùllcr e Cuvier, Buckland informò scientificamente delle caverne ossifere di Kirkdale. Dietro ciò i Vedi Cornalia, 5« alcune caverne ossifere del monti del lago di Como. Bologna ISSO. Massalongo, Osteologia delle ossa fossili del Veronese, con un saggio sopra le principati caverne, ecc. Vienna 18ÌÌ0. Catullo, Sulle caverne dell' Alpi venete, i 844. se ne fe ricerca, e moltissime ne scopersero in Germania, Francia, Inghilterra. La lor giacitura le palesa dell' epoca diluviana, o della immediatamente anteriore, e talvolta posteriori ; giacciono i fossili con depositi di terreno quaternario, cioè diluvium, ma entro roccie anche assai più antiche, e in quantità grandissima. Come vi si accumularono? Chi risponde esser reliquie di bestie, colà entro vissute e morte, ovvero spintevi da improvvisi geli o da innondazioni : chi avanzi del pasto di fiere, che vi strascinassero le loro prede; chi portatevi dalle correnti, da centinaja di miglia lontano. Queste di Urio pajono tratte in varj tempi da correnti, attesa la dispersione delle ossa, l'argilla a cui son misti, la profondità umida e tenebrosa ove si trovano , V esser alternale con croste stallagmitiche, e il non accompagnarvisi nè escrementi fossili, nè I' argilla nerastra che pare generata dallo sfarsi delle parti molli. Forse tali depositi furon fatti prima dell'emersione delle roccie che sconvolsero il calcare bigio delle nostre prealpi. V'han a studiare i geologi. Noi tornando all'umile uffizio di narratori, diremo come a L aglio, prepositura di libera collazione, nascesse nel secolo passato un Salterio, buono stuccatore. Giuseppe Frank, nato a Baden nel 1771 e figlio del famoso Pietro Frank, medico egli stesso e professore in molte università, e autore di varj libri, fra cui Praxeos medicee universa! prcecepla, morendo nel 1842 a Como ove da lungo dimorava, lasciò belli e rilevanti legati all'università di Pavia, ai poveri e agli studiosi di Como ; ed altri per coniargli una medaglia d'oro da spedire ai regnanti, e per erigergli una piramide a Laglio, in grazia della quale chiunque passa domanda chi costui fosse. È di granito di San Fe-delino, alta 20 metri, e le 43 mila lire che costò, poteansi certo occupar meglio che in una piramide fra i monti. La costa è popolata di ulivi fino a Tomccia promontorio, le cui pietre servirono principalmente per la strada ferrata. Vi sovrasta una chiesa delle più antiche, essendo stata consacrata da Vittore li. La Vallintelvi e la Gomacina (Distretti VII e IX). La punta di Toriggia e la Cavagnola t'ormano quasi le due testate d'uà molo, dopo il quale un ampio bacino si estende fin al Dosso di Lavedo. La Cavagnola ebbe rinomanza finche, il viaggio facendosi in barca, quivi era consueta una fermata, sia per bevere un tratto, sia per aspettare che il vento contrario desse luogo. Vi si può anche arrivare per sentiero selvoso da Nesso, e svoltata la punta, un grazioso scenderemo tra campagne e foreste conduce alle molte terre che formano il comune di Lezzeno, contrada freschissima nell' estate, e cosi temperata noli' inverno, che non cadono i fichi autunnali, sicché allo schiudersi della primavera si hanno primaticci. Buone acque, maestose selve, attenta coltivazione ne fan un paese di lieta ubertà, ma oltreché i torrenti lo minacciano, massime alla Chiesa, è di men grato soggiorno, anzi, come dice il proverbio, di mala fortuna, perchè non ha il sole d'inverno, nò d'estate la luna. Mostra belle case; e i Mocchetti di qui ebber qualche nome l'uno nella fisica, l'altro nella predicazione pomposa, entrambi nella letteratura. Nel 1821 un Bonelli vi aveva messo una distilleria d'aceto, che serviva d coperta a trame carbonaresche. Rimpetto alla Cavagnola sulla riva occidentale s'arrampica Biuenno , un de' villaggi più scoscesi, con case affollate si, che i tetti somigliano una scala, onde si dice per celia che il mugnajo, portandovi la mulenda, non può voltare il somaro che conducendolo in piazza, e quivi ancora rizzandolo su due gambe. Pittorescamente si mostrano la parrocchiale , e la Madonna con dipinti del Passeri di Torno e dei Recchi. Un opportuno livello de' boschi e prati comunali migliorò la condizione dei comunisti. Vi si trovarono iscrizioni romane, di cui una commemora un Archi-gene, dal quale si pretese denominata la terra che succede di Abgkgno. Questa ò dimezzata pittorescamente dal fiume; e la ròcca (V. firj. qui dietro). cogli stemmi, indica come fosse considerata opportuna difesa. Ora ha mercantile importanza come sbocco della Vallintelvi, nella quale può penetrarsi per due strade. L' una alpestre sulla dritta del torrente porta a Sant'Anna e a Sciiiunano; l'altra sulla sinistra, alta anche ai carri, Al'IJfJIKl. incontra prima San Sismo di Meronico, a cui sovrasta Pigra, terra alpestre di eccellenti rape: poi la Torre che con Montronio e Yisonzo forma l'arcipretura di Castione (anime 706), capo d'una pieve di 9829 anime. Di Castione fu Giammaria Schiera che nel 1750 stampò due dissertazioni, una del sesso e della fecondazione delle piante, V altra della costante affezione delle piante al perpendicolo 1 ; poi nel 1751 un opuscolo sulla costruzione epidemica di Corbella, che gli valse d'esser chiamato allo 1 Ne parlano Mailer, Linneo, Boemen, SJprengcl, e lutti gli storici della botanica. Il Rossi di Panna, nel T. VII degli Atti detla Società Italiana, p. 3«J3, lo suppose una donna, in grazia del nome di Maria. VALLIN l'EIAI HVJ spctiale di Mikmo ove durò 50 anni medico, finché mori di 82 anni il 23 marzo 1807. San Fidf.le è capo della valle, con pretura e commissaria: la chiesa restaurata conserva d' antico la porta maggiore. Luno ha cave di tuli e chiesa di bella veduta. Seguono I'o.n.na, Clvino, che è di diocesi milanese, come Briciiino e Osif.no. A Claino son nella chiesa alcune statue del Barberini, un affresco del 14j)2, comandalo al Gentilini da Giacobina Cimodi: due moderne statue del Pagani, rappresentanti la Fede e la Speranza, e una tavola luincsca. Sulla porla della chiesa di San Pietro a Osleno leggesi : Iloslenum du.vil honeslum conslihtere oslium cicli astiarlo. Presso Osteno vedesi una grotta abbondante di tuli calcari. Siam in riva al lago di Lugano verso la quale città si può navigare a sinistra, e a destra verso Fortezza. Altre terre notevoli della Vallintehi sono Hv.mpo.nio col santuario di san Pancrazio, Bj.kssacno, Cibano; più in alto C\sasco, dove ha origine il torrente Breggia; Piano superiore e .intcriore, Seuuv, Veiinia, Lan/.o. Insomma da 30 terre conta questa valle, lunga nove miglia, l'ormanti 18 Comuni colla popolazione di 10,500 anime. È ubertosa a norma delle varie scalee, tutte colte e abitate con vigne, gelsi, frutteti*, frumento al basso ; poi segale, granonero, palale, canapa ; indi noci e castagni, e più in alto l'aggi, del cui seme oleifero si profitta : e da per tutto abbondante •caccia, massime di beccacce nell'autunno. Della legna si fa carbone , al cui trasporto a' occupano ccnlinaja di muli. Numerose mandre e greggie vi estivano nei prati. La roccia calcare appar quasi ignuda sulla cima de'monti, come in tulio il bacino di Lugano e di Como e Lecco ; posando poi su granitoso porfiritieo o scistoso, sotto del quale sia spesso l'argilla. Stranamente piegansi e ri-curvansi gli strati de'monli, ne'quali non si ha o non si conosce miniera : ben si trovò traccia di carbon fossile nel monte Generoso presso Arogno, e fu scavala fin sotto il regno d'Italia, poi di nuovo testò, ma lo strato è tenue a segno, da non francar la spesa del lavoro. Del resto i geologi non cercano strati carboniferi nei terreni terziarj o appartenenti al periodo plutonico e metamorfico. A Peglio dall'antracite slilla un liquido, che s' adopra come inchiostro, forse corrispondente a quel della Cina. Sul Calvagione o Generoso o Gionaro, monte porliritico. appartenente alla catena del Ceresio, che ne bagna l'altra falda, vanno i botanici ad erborizzare; e chi lo salga trova alla Cascina un paesaggio veramente elvetico, e sulla cresta una vista che, con maggiore facilità d'ascesa e probabilità ili sereno, equivale a quella del Righi, abbracciando la gran mastra:, del L. V Voi III. conca lombarda dove si discerné (in la guglia del Duomo, e al piede una sfilata di laghi, e infinito frastagliamento di valli. Meno si eleva il San Zeno a foggia di cono, [(orlante sul vertice una chiesuola a cui salgono processionalmcnle nelle roga/ioni. Radine le falde , ed infilerai una gola profonda, detta Valmara, che ti porla dritto ad Ako-<;.\o terra ticinese, e per di là a Campione, ancora lombardo. Tempo fa vi si trovarono avelli sepolcrali, contenenti vasi di crela quasi sferoidali, in cui ceneri, qualche avanzo di piccole ossa e piccoli ordigni di lega metallica. Si pensò fosser avanzi di bambini, sagrilicati alle divinità druidiche, ovvero ai Cabiri, secondochè gli antiquari avevan in mente i Celti o i Pelassi : e un poeta vi alluse cantando : Colà trascorre susurrando e fugge La romita Valmara a scosse, a sbalzi. Ascolto, ascollo il mormorar dell'onde Che va spingendo sui muscosi sassi Della saltante aurea macchiata trota, Gradito sì, ma non sicuro albergo: Veggo P cslesa, oscura, opaca selva Che la cinge, e di sò tutla l'adombra: Scorrono le mie luci timorose Quo'tronchi annosi e gli intrecciati rami Curvati in arco, onde si copre e forma Tempio al silenzio e alla mestizia sacro... Ma qual mai scorre entro le vene un gelo ì Quale ogni fibra tremito mi scote? Rimembranza importunai il sito atroce Di l'era gente, i sacerdoti infami Tu mi rammenti, e gli orridi olocausti Di svenati fanciulli, in queste sponde A falsa deità già un tempo offerii. Dopo secoli tanti, erran tuttora Del nefando teatro entro i confini Le misere animuccc; uom giusto e pio Quando passa colà dove nell'urne Il lor cener riposa, intorno intorno Se le sente librar, e lieve fiato Su le gote spirargli : un sacro orrore L' alma gì' invade, e il cor gli agita il seno : Lor prega requie e palpitando sparge 11 fiorrancio e la bellidc funebre. . . VAL L INTEL VJ i\:>\ Ala imitile p (etate ! alf le proscrive Dal beato lor centro eterna legge ! Tolgali Febo ognora i raggi suoi, Amara valle ; e te, spiaggia crudele, Perpetua notte e nero oblio ricopra 2. Campione fu terra imperiale, ove i Comaschi dal VII secolo poser un ospedale, e da antico fu data in feudo ai monaci di Sani' Ambrogio, ai quali tributava 50 brente divino Tanno. Quando i paesi del Comasco, che poi formarono il canton Ticino, vennero occupati dagli Svizzeri, questo feudo continuò a far parte dello Slato di Milano; e fin ad oggi dura la bizzarria d'un Comune comasco circuito da terre elvetiche. Sta in riva al Ceresio, sulla cui opposta sponda ha un altro palmo di terra dello San Marlino, sul quale una volla piantavasi la forca. La montagna di Campione è copiosissima di acque, e nel 1528 eruppe dal Calvagionc un torrente inaspettato, che portò alluvione c spavento. Qui dura il rito ambrosiano e perciò il carnevalone, talché vengono a scialarvi quei laghisti che vogliono prolungarsi gli spassi quando in casa loro già il sacro cenere gli avvertì che polvere sono e polvere torneranno. Si riferiscono a questa terra le carte più vecchie delia milanese diplomatica, e furono pubblicate nel Codice Santambrosiano : dove lin dai secoli Vili e IX srn nominati i paesi tutti di queste vicinanze, e la coltivazione degli ulivi. Campione è memorabile per una quantità di artisti, che fabbricarono 0 scolpirono fuori, e spesso non son indicali che col titolo di questa patria. Anselmo ornò la facciala della cattedrale di Modena nel 1209: e Ottacio suo figliuolo, Enrico figlio di questo, e Alberto e Giacomo vi lavorarono di scultura. Arrigo fe l'ardita piramide in cima alla Ghirlandimi di Modena. Le suntuose porte e il battistero di Santa Maria a Pergamo nel 1340 devonsi a Giovanni, Ugo, Niccolino, Antonio da Campione. Marco da Campione, indi Jacoho, Zeno, Bonino, Simone, Matteo furono architetti al Duomo di Milano; dove l'insigne (inestrone dell'abside è di Jacobo, come molti lavori alla Certosa di Pavia: Marco architettò la facciata , il battistero, il pulpito di San Giovanni di Monza: Bonino il mausoleo di Cari Signorio a Verona : altri di quella terra fecero il ponte Ticino a Pavia, il chiostro di Sant'Ambrogio a Milano, e via discorrendo. 2 (ìai.i.i. Sui villaggio ili Hnrio. idilio. Lugano é Qui cbber pure la culla il cavaliere Isidoro Bianchi, che sulle orme del Morazzonc pitturò, non senza lode a olio e meglio a fresco, e pei duchi di S.'ivoja ornò il palazzo di Bivoli: e lo scultore Andrea F asina, di cui molle opere mostrano il Duomo e San Celso a Milano. Anche la Vallintelvi, che i natii interpretano Val d'Intelletto, produsse artisti memorabili, come Maestro Adamo d'Arogno che verso il I2IS crasse il Duomo di Trento; Andrea Vannone da Lanzo, e Rocco Lurago da Pelilo superiore, che in Genova edificarono tra il cinque e il seicento con gran ricchezza e gusto lodevole ; Lorenzo degli Spazj, architetto del Duomo di Como nel 1300 : Giovanbattista Crespi detto il Cerano disegnò il colosso di san Carlo d' Àrona ; Carlo Carloni di Scaria operò assai a Vienna e per Germania, e nella chiosa della sua patria dove volle esser sepolto; suo figlio Diego (1074-1750), inventore ed esecutore facile, sbizzarrì in statue che pose in Germania e a Scaria ; Giulio Quaglio di Lnino, tra altre, lasciò una bella pittura nel Duomo di Gorizia, il 1702. Di Pellio inferiore fu Ercole Ferrala (1610-85,), uno de'più operosi scultori della scuola del Bernini e dell'Algnrdi. Quest'ultimo gli fe fare la stalna della Forza sul mausoleo di Leone XT, e il San Pietro nel gran bassorilievo dell' Attila in Vaticano, dove son pure di lui molli dei puttini che sui pilastri sorreggono gli attributi ponlifìzj, e due angeli della cattedra di San Pietro, de'cui colossi lavorò i modelli col Bernini. Di suo vi sono statue in molle chiese di Roma, principalmente in Sant'Agnese di piazza Navonn, un degli angeli del ponte, l'elefante sotto l'obelisco della Minerva, molti mausolei. Cosmo 111, nel 1677, l'incaricò di restaurare la Venere medicea, i Lottatori, l'Arrotino ed altre opere antiche: pericoloso uffìzio, dal quale dicono si tirasse con lode. Aggiungiamo Pregni Antonio e Lorenzo di Osleno. Lo Schrader riferisce un' iscrizione Andrew Dregvo ex Osìcu agri Commsis, statuaria celeberrimo cognomento Policleto . . rix . an . 75 . . . pos . l-'iOG. Ciò farebbe presumere di Osleno non solo questo Andrea, ma gli altri scultori noti col solo nome di Bregno, e che si ben lavorarono a Venezia. Nella guerra decenne gl' Intelviesi furono utilissimi difensori di Como. Dappoi nel dominio spagnuolo caddero in feudo dei Marlinni. « Che Napoleone abbia tradito la libertà per farsi imperatore, è (al » delitto che tutti gP Italiani il devono esecrare, ed aspettar solo un invito » per sollevarsi ed abbatterlo ». Così la pensava Bartolomeo Passerini curato di Ramponio; e infervorati alle sue illusioni i curati di Dizasco e Cerano, e forse un trenta fra muratori e mestieranti della valle, non avendo armi, non denari, non intelligenze fuori, col coraggio e coli' imprevidenza che in altri fu ammirala come eroismo ni dì nostri, si accinsero a riscattar P Italia : Faremo picche con pali abbrustoliti : muteremo in YAl.LLVriSLYl Ubarmi i rustica! i arnesi ; il piombo (lolle finestre darà palle ai nostri fucili da ciccia; toccheremo la campana a martello, armonia spaventosa ai tiranni '■ mossi da Schiomino in pochi, prima di giunger ad Argegno sarem IO mila; piomberemo su Como per torno le casse: su Pavia per aver cannoni : a Milane riformeremo il governo, e arriveremo a Itoma santa per rimetter in mano di Pio VII lo scellro e T incensiere. Noi udimmo qualche eroe teslè ragionare e predire al modo stesso. Al giorno destinato, costoro alzano il capo, ma gli altri o si ritraggono o nicchiano; pochi gendarmi sbandano quegli avventali: il Passerini e suo cognato Mulciani rifuggono nel Canton Ticino, ma quel governo è costretto consegnarli; si abborraccia un processo, dove il Passerini vuol discolpare la sua impresa col mostrar come Napoleone avesse fallito alle promesse di venire a spezzare le nostre catene, e come opprimesse la sacra Italia, e fosse matura la vendetta sol che la si volesse : gli avvocali cercarono buttarlo matto, giacché le più sacrosante vcrilà devono parer pazzia (piando fuori di tempo; ma il vincitore (rAuslerlitz avea bisogno di un esempio per (sbigottire i popoli, e a Como furono decapitati il Passerini e il Mulciani; gli altri condannali a breve carcere. Ciò fu nel 1807: e Napoleone cadde, e l'Italia andò sotto altro dominio, e nuovi scontenti nacquero, e nuove speranze di rigenerazione. Piantatosi la Giovane Italia nel 1833, divisava il cominciamcnlo di una sollevazione nella Vallintelvi : e il governo insospettito, mandò il commissario Piccinini ad arrestare un Piazzoli. Ma ecco una fucilata stende morto il commissario: cd i cercali campansi in Svizzera. Vicn poi il 1848, e la valle si solleva come il resto della Lombardia. Ma dopo che tutto cadde, un Brenta che, secondo P andazzo de' tempi, intitolava generale, tenne in piedi una banda nella valle, e quando vennero soldati da £omo per domarla, bravamente li respinse. Era P ottobre , e il Mazzini da Lugano preconizzava imminente una nuova riscossa , per cui la Lombardia, insorta come un uomo solo, inghiottirebbe i suoi conquistatori. Credendovi, come altri aveano creduto al Passerini , si pensò che questo arruffio della Vallintelvi ne fosse il primo segnale: vi aecorser galantuomini per metter un poco ' P'ù bel-1' accidente di questo lago , e una delle meglio deliziose plaghe , fende lontano, talché Pisola propria neppur è avvertita da chi naviga, talménte s'addentra in un seno, a cui la tranquillità meritò il nome di zucca dell'olio, non ftìen Che la quantità di ulivi, di cui tutto è giocondato. ISOLA CO.MACINA f|g0 Vuoisi risola già indicata nell'itinerario di Antonino: poi declinato l'impero, quando Alboino re de'Longobardi, conquistava V alta Italia, Fran-cione, generale di Maurizio imperator d'Oriente, vi si rifuggi , e tenne lesta gran tempo , adunandovi immensi tesori. Fu intitolata Crislopoli, quasi un rifugio preparato da Dio non solo ai Comaschi ma agli Italiani d'ogni parte, come certo vi ricoverarono e Brian/moli e Bergamaschi. Ivi serbavano le costumanze antiche, e contavano gli anni dai consoli, e riverivano il nome dell'imperatore di Costantinopoli ", benché questo non potesse nò mandar comandi nò ricevere tributi. Fors'anche tutta la parte superiori! del lago reggeasi dissoggelta dai Longobardi, se fosse vero che Francione cdilicò un castello nel pian di Colico, dove ne resterebbe memoria nel nome di Gorgo Francione. Come Murai non volle la resistenza dell' isola di Capri, cosi re Aulari non volle tollerar quella indipendenza dell' Isola , e messa nel lago numerosa Jlotliglia , secondata da esercito terrestre, 1' assalse. L'Isola sci mesi resistette : alfine Francione capitolò onorevolmente di ritirarsi a Ravenna colla moglie e co'tigli suoi. Il vincitore vi predò copiosissime ricchezze. L'Isola però non rimase disabitata, evi trovarono rifugio ora principi da sudditi rivoltosi, ora vassalli da principi tiranni, come Gaidulfo duca di Bergamo ribelle a re Agilulfo, come re Cuniberto stronizzato da Ala-chi duca di Brescia, e Ansprando che poi fu re, e che dovette quivi abbandonar la famiglia allo strazio del prevalente Arihcrto che fe smantella r l'Isola. Colà ricovcrossi la famiglia dell' imperatore Berengario quando Oltonc di Germania prevalse all'italiano: e i Laricsi Io assalirono, o costrettolo ad arrendersi, sfasciarono il castello. Forse in riconoscenza di ciò Ottone (al 25 agosto 902) diede un diploma, ove agli abitanti dell'Isola e di Menaggio concede, o conferma i diritti di Comune , ed è queslo uno dei piò antichi e preziosi documenli che attestino la vita dd popolo italiano (Vedila a pag. 1005). GÌ' Isolani nella guerra decenne furono talvolta alleali, più spesso nemici de' Comaschi; i quali, risoluti d'averne vendetta, piombano su loro, devastano Lczzeno, la Cavagnola, Bellagio, L terna, Tremezzo, Campo, sac- 3 A Lcnno durano due iscrizioni, elio dicono in latin»; Qui riposa in pace il servo di Cristo Lorenzo venerabile sacerdote, che visse nel secolo anni SU, deposto il giorno '* taglio, l'anno VI dopo il consolato del signor nostro Giustino perpetuo angusto indizione VI. Qui riposa in pace Cipriano di buona memoria, c/te risse in questo secolo anni Più o meno 31, deposto il giorno 'ìli settembre, indizione Vanno VI dopo il consolato del signor nostro Giustino perpetuo augusto. Cioè fcn anni !i7l c .'i7'2 [Vedi pag. 906). Lise lai.o di como cheggiano Mezzegra, espugnano la torre delle campane di Menaggio ov'e-ransi rifuggiti molti abitanti, infine disastrano e spopolano Pisola. Ciò fu nel 1101); del che restauri ricordo nella chiesetta di colà con la rozza ma caratteristica iscrizione ; il/. C. dant aunos L X iìque nokuulos ìnsula quando rud magna pcslileulia, futi. Da quel tempo, l'Isola Coma- ... \ cina non fu più popolata: e chi ■ la visita, mal s'induce a credere che tanta importanza avesse anticamente questa Gibilterra del Eario. Chi però ne studii il terreno, benché mascheralo dalla coltivazione delle vigne, degli ulivi, del grano, s'accerta che sul ripiano più elevato sorgeva il castello, nome che gli conservano ancora gli abitanti ; di là dominava largamente il pelago circostante e la riviera: grand'archi sostoneano lo spiazzo ove. declina. "'.''■.''IH^.- Se crediamo alle cronache, ben nove chiese si aprivano su queir iso-letta ; all' una delle quali, nel 1031, il vescovo Liligerio aveva affisse una collegiata di canonici. E ancora intitolano Duomo una stalla, nel cui esterno si ravvisa un'abside a pilastri e arcate di cui qui offriamo il disegno. D'un'altra chiesa sono resti evidenti all'estremità orientale, foggiati pur essi in tondo e ad archi, come vedesi dalla figura qui dieotdro. LA COMACINA 1157 La marra disfà ogni giorno rivellini, sotterranei, casematte, per piantarvi ulivi e viti, e seminare quel tratto di cento pertiche, or diviso fra cinque proprietarj, e un tempo formante repubblica degna di storia più che qualche impero di 30 milioni di sudditi imbrutiti dall'irrazionale obbedienza. Più d'uno aspirò a comprarla e crearne un luogo di delizie: molte difficoltà vi s'attraversarono, e non ultima la renitenza dei proprietarj a spossessarsi del terreno avito. Adesso vi torna il clero a certe stazioni fra V anno, e principalmente il giorno del Battista gira attorno ad essa in barca una processione, che tempo addietro accompagnavasi da una rappresentazione scenica, della nascita un anno, e della decollazione un altro, recandosi entro una gran barca detta la scorobiessa o il neonato del santo o un re Erode che comandava di decollare colui che aveva osata dir la verità, sempre odiosa alle maestà di corona come a quelle di piazza ; e vedevasi veramente una testa balzare, e spicciar sangue da un otre, con immenso 'concorso e tripudio. Puerilità di secoli che non avean il divertimento della guerra e delle rivoluzioni. Gli abitanti della distrutta Isola parte migrarono a Varenna, parte rinnovarono il nome della patria sul vicin lido, fabbricandovi Isola con una chiesa che qualche resto tien ancora del vecchio, massime nella parte esterna del coro (Vedi la figura qui dietro). Ivi posero l'arciprete e i canonici, e fra altre cose, la lapide di sant'Agrippino La venerazione a 4 Agrippino, vescovo di Como attorno al fiOO, fu onorato del titolo di santo, e di culto Speciale al convento de IL'Acqua fredda, ove quei di Lenno andavano processionulmcnle a venerarlo il 7 giugno. Allorché anche questi monaci spiacquero a Giuseppe II, la terra di Delebio in Valtellina allegò che di colà fosse nativo quel vescovo, e ne ottenne le reliquie nel 178U. Dicemmo come i Comaschi avessero preso parte coi patriarchi d'Aquiloja nello scisma dei Tre Capitoli (pag. 1064), sicché i vescovi di quel tempo saranno siali scismatici. Di Agrippino ciò consta dalla preziosa lapide, che nel testo accenniamo, e che dice: • Chiunquo ama vivere senza delitti, sempre ha innanzi agii occhi il dì della morto. Al-» l'arrivo di quella osservando, il vescovo Agrippino fabbricò quest'opera. figli abbando-■ nando la propria patria e i cari parenti, sodri d'andar pellegrino per la santa fede: lltustraz. del L. V. Voi. FI?. 146 Arcipretura d'Isola. questo prestata ne' dintorni fa piede ali opinione eh* nello scisma e nei tumulti longobardici, i vescovi di Como rifuggisse'' nella Comacina. f) Le monache di San Faustino e Giovita si posero a Campo; e tra esse e Ucanonici erano divise quasi tutte le proprietà di questo seno. I ca- »tpel dogma dei padri portò lauti travagli, che nessuno può ridirli: amò di militar » umile per Dio, quando poteva ottenere alti gradi nel mondo; sprezzò ogni terrena » ricchezza per avere un premio più degno; dispetto il secolo per amar solo Iddio: se-» guendo la^legge del Signore, amò il prossimo come sè slesso. L'onore anche della - prima nobiltà lo adorna, oltre tanti pregi. Aquileja destinollo capo di queste spiagge, • perchè invitto combattesse le battaglie di Dio: a queste lo prepose Giovanni sommo » patriarca, che ivi tiene la prima sede. Chi basterà a lodare il clero ed il popol comasco, » che tal reggitore si addomaudò? Essi tulli venerano i quadro sanli sinodi, pospongono » iliquinlolcatlivo concilio. Per quelli sostennero guerra moli'anni, ma sempre rimase » insuperabile la fede ». Degere quisquis amat ullo sine crimine vilam Ante diem semper lumina morlis habet. Illius advcnlu suspectus rite dicatus Agripinus prresul hoc fabricavit opus. Hic palriam linquens propriam, karosque parentes Pro sancta stud uit peroger esse fide. Hic prò dogma patrum tantos tollerare labores Noscilur ut nullus ore referre queat. Hic liumilis militare Deo devote cupivil Gum potuit mundi celsos habere grados. LA COMA GINA 1139 Boriici mantennero fin alla loro abolizione il diritto di tener banca, cioè una volta la settimana, a nome del podestà di Como, render giustizia arbitrale agli abitanti del contorno, avendo per ciò sempre fra i loro membri un fiscale. Quanti litigi risparmiati ai tribunali! e quante spese ai natii l Tutto il lembo è orlato di case peschereccie, fra cui qualche bel palazzetto, e molti campi di cavolifiori.Nè vi mancano memorie vetuste': ed è certo fra le chiese più antiche quella di San Giacomo presso Spurano, con rozzo campanile a vela. Tra Sala e Isola vedesi in alto un mozzicone di Torre, che denominano del Soccorso. Questo e i molti castelli che sorgevano per Lombardia sj San Giacomo. Hic lerrenas opes maluil conteinncreteunctas Ut sumal mclius premia (tigna... (polol siftt?) Hic semel exosum soeclum decrevit nabere Et solum diliget mentis amore Deo. Hic quoque jussa sequens Domini, legemque Tonanlis, Proximum ut sesse gaudet amare suum. Hunc elenim quem tanta virum documenta decorai!t Ornat et prima; nobilitalis bonor. His Aquileia ducem illuni ; destina vitrin oris Ut gerat invictus pradia magna'Dei. His caput est faclus summus patriarca Joannes Qui procdicla tenet primus in urbe sedeni. Quis laudare valctcleruni populumque comensein Rectorem tantum qui petieresibi? Hi sinodos cuncti venerantur quatuor almas, Concilium quinlum poslposuore malum. Hi bellura ob ipsas multos gesserò per annos Sed semper mansit insuperata iides. In qualche libro ci siam veduti tacciati d'irriverenza perchè mostrammo scismatico un vescovo che gode il tilolo di santo. Domanderemo piuttosto, « Abbiam detto d vero „ provatolo, o no? . Se no, ci si oppongano falli a fatti, o almeno argomenti. Se si, la verità deve andar innanzi a lutto. vanno sfasciando, talché sarebbe degno che un pittore e un archeologo spesseggiassero a raccoglierne le traccio, prima che scompajano affatto. Son generalmente situati sulla punta d' un bricco, che si sporge verso il lago, o chiude una valle, o signoreggia estesa pianura. Vi arrampica un sentiero, serpeggiante fra roccie, che può facilmente interrompersi o difendersi, e che vi fa circuire a' piedi della ròcca prima d1 introdurvi. Seguendolo, incontrate un recinto di muro a pietre battute e con salda calcina o immorsate le une nelle altre, ma di poco spessore, qual bastava contro le armi d'offesa di quei tempi. Chiude esso le parti che offrirebbero un accesso : le altre difende lo scoscendimento del masso o la lavina delle pietre. La merlatura fu per lo più distrutta dal tempo, ma restano le feritoje. Entro di questa corazza è compreso un breve spazio, in giro alla torre. Stentiamo a renderci ragione del come potessero difendersi colà entro, dove mancava l'acqua, e dove 1' angustia impediva i movimenti ; talché son forse a riguardare come momentanei rifugi, validi però quando l'offesa rimaneva ancora inferiore alla difesa. La torre centrale è quadrata, di solida costruzione, con merli e feritoje, e per lo più senza porla, locchò diede luogo alla tradizione vul-gare che sotterranee vie vi conducessero dai villaggi vicini. Fatto è che si doveva accedervi o con scaie a mano, o con ponti levatoj, gettali dalla circostante cortina. Tutte poi sono sventrate, se mi permettete la bassa eppur pittoresca qualificazione, nulla contenendo nell'interno, se non qualche mensola o qualche buco dove s'appoggiavano le travi de' diversi spalti. Di rado una torre fa da sè, e per lo più si connette con guardiole e vedette poste in varia direzione, e con qualche altra torre assisa al piano. Tanto avverasi ancora su questo lago alla torre di Hezzonico, tanto al castello di Musso ove, son pochi anni che ampliando la strada fu demolita la torre e la porta. La Torre del soccorso poi, che qui presentiamo disegnata, doveva formar sistema con due che sopragiudicavano l'intera Coma-cina e sono quella di Argegno, che BALBIANO U6i comanda lo sbocco della Vallintelvi; (pag. 1147) e quella, che ancora sovrasta, sebben diroccata, ai casolari di Yilla.ffPiù lontano serviva di vedetta il forte della Cappella, sulla punta dellaTCavagnola. Campo si denomina tuttora un villaggio presso V Isola, che doveva essere stazione dei difensori. Prima d1 arrivarvi partendo da Sala, s5 incontra lo squallido vico di Situano r\ pur contrasegnato dal bel palazzo Torri ; indi POspedaiettO di santa Maria Maddalena, con un campanile eh' è de' più bizzarri e gentili lavori gotici. Era ospizio pei pellegrini e pei poveri fin dal tempo delle crociate, fondato o venuto in patronato dei Giovj, famiglia qui diramatis- sima sia in conladini, sia ne' discendenti del famoso vescovo di Nocera. Il quale scriveva al suo tempo : « A Balbiano, già suburbio dell'Isola, possediamo reliquie de' maggiori no stri, un tondo e case ruinose di sin- l golar magnificenza ». Indica la villa posta a Campo, la quale Ottavio Gio vio nel 1596 vendette a Tolomeo Gallio, nella cui discendenza restò fin quando i Giovj la ricomprarono nel 1778, ma nel 1787 la cedettero al cardinal Durini, che'ne fece luogo di delizia, ampliando la casa e i! giardino, facendo darsena, torre con orologio, e spianando un ampio viale in fondi comprati a lauto prezzo, rasente il letto della Perlana, da cui lo riparò con grosso muro e frequenti sproni ,;, ora in gran parte menati via dal fiume. Colà poteva adoprar la comodità, qui insolita, della carrozza. 5 Si ha nell'archivio milanese una caria del 941, ove Benedetta di Pescallo pressoEr.i-lagio, o Bellagia del paese stesso, vendono una villa a Teodeverlo di Spurano; e un'altra dell' istesso anno, ove Deusdedit di Murofracto a Balbiano, vivente a legge romana, vende a Deusdedit di Murofracto nell' Isola cornacina un orto posto in quell' Isola. I» Ilo la nota dei varj acquisti ch'egli fece dai Giovj, dai Della Torre, dai canonici Pu-ricelli, Trinchen, Miignini, Contessa: e tutto il giardino dell'arciprete, per 20,000 lire. Il muro di cinta del giardino gli costò mille zecchini veneti, ed era sormontalo da una rin ghiera di ferro per tutta l'estensione; aveva 700 e più braccia di cedriere. I soli ferramenti e vetri del gallerione, nuovo di pianta, coslaron ói>00 lire, 4300 la cappella: la prima compra era costata '2.100 gigliati effettivi. Tutto fu poi compralo dal conte Giovanni Battista Giovio per 44» gigliati; il quale ne levò la ringhiera di ferro e i canali, portando tutto a Como. Passò poi per varie mani, ed ora appartiene ai signori Delmati. Quel prelato, che fu l'ultimo rappresentante della fastosa aristocrazia ecclesiastica in Lombardia, studiato a Roma e a Parigi dov'era nunzio apostolico suo zio Carlo Francesco, poi fatto cardinale e vescovo di Pavia, conobbe gli affari e il filosofismo, pel quale concepì un infrenabile abbor-rimento : nel 1754 fu inquisitore a Malta, indi nunzio in Polonia, scabrosissimo posto fra le dissensioni che dovean portare lo sbrano di quel regno. Richiamato a Roma da Clemente X.IV, fu destinato legato ad Avignone, dove i suoi editti vennero pubblicati coli'adulatorio titolo di Codice Burini. Ma reduce a Roma, e benché Pio VI suo condiscepolo lo preconizzasse cardinale, mai non ebbe il cappello, e vi scontrò fredde accoglienze, onde venne a Milano a godervi pomposissimamente le sue ricchezze. Avea fatto stampar a Varsavia i versi di Simone Simonide e del raguseo Cunich ; ad Avignone il poema del Boldoni; qui die fuori molti versi proprj ; tutti dimenticati. Ebbe ingegno e modi affabili e cuor generoso e costumi condiscendenti; possedeva commende a Beverate, a Sant'Abon-dio di Como, e ville a Merate e al Mirabello di Monza; e dappertutto invitava gaudenti, parassiti e letterati ; qui fe porre iscrizioni che ancor vi durano di Guido Ferrari, buon latinista che servi di modello al miglior epigrafista dell'età nostra Morcelli 7. Qui mori uscente l'aprile del 1790, Il dosso di San Francesco non era coslato che da tcnlo /.cechini. Il cardinale voleva a sue spose condur un'acqua a Molgisio che n'ò Bprovista, ina non potè mai accordarsi co'vieini. ì Neil'Atrio del Balbiano: I. In Ruinis Ac Solo=»Balbianl Comacinae Insula; Suburbio = Has jEdcs ab Galliis coeptas et confectas =» An. MDCXXC = Ang. M. Cardinalis DuMnius = Non Mri sed Loci Genio Studens := Coemit An. MDCCXMIC = Ut Melilensi Majratensi mm Et Modoetiensihus Gcminis Suburbanis *= A Se extru ctisjexse-dilicatis exornatisque = In Lacu etiam Lario Plus Aliis Quam Sibi = Faccrel Olia Cum Dignitatc. 11. Ang. M. Cardinalijs Durinius = ; J a c t i s In Alto = Fundamcntis Firmissimis = Planicie In Lario Superextructa — Et Prolatata Perticas T/es =» Bajlbianum = Continenti Undique Ambijtu^ CI us 11 t= El Hortensi Jucundilate Circumdedit. IH. Petrus a Turre et F.rancisca Durinia Uxor —< Agri Coloni Pert. XVI Cessero Pcrhumaniter ^Cardinali Ang. M. Durinio — Qui Pretio Persoluto Ncc Sumptibus Parcens sa Larianas Heic Sibi Delici.as Splendidius Exornavil = Commcnd.ari;que Vi|ri Patricii = Et Matrona; Speda liBs;imac — Nomina Voluil Posterità ti. IV Ang. M Cardinalis Durinius Qua Aspectus Est in Larium = Porlu Extructo = Excensu Munito => Navali Refecto — Adjeclaq. Chry-ptoportleu = Ad Gestationem «= Cum Podio ad Piscatum =ViI-lul;.' Sua' Dot-us Addidil. MDCCLXXXVIf. LAVEDO 1163 e fu sepolto in Sani'Abondio di Como: e i suoi libri lasciò alla biblioteca di Brera. Quando fu soppresso il monastero delle ricche benedettine di Campo, lo comprò il Durini, come comprò il convento de'Francescani che sedeva sul Dosso di Lavedo, e per prendere, come diceva, il caffè, vi fabbricò un portico, che aprendosi sul vertice dell'istmo, ha il più esteso pro- V. Ang. M. Cardinalis Durinius = Murum ex Saxis Pragrandibus = Calce Ferruni ìnatis — Et Cuneatis Denlibus - Perlanai Pluvio Objccit — Ut Fraclo Exundationum Impetu ■= Infraenatoq. Cursu. — Prssfluat t= Balbiani Quiete Amabili Procul. An. MDCCLXXXVII. VI. Ang. M. Cardinalis Durini-us = Circumjecla Prtediola = Indeptus Balbiani Sui = Amcenitati Studebat = Et amplitudini. VII. Ang. M. Cardinalis Durinius *= Ampliorem Aulam «= Spectantem In Meridiem -= Occasum Septentrionem ma Seorsusc= Ne Balbiani Formam Et Speciem Violarci ma Posujt Sibi et Amicis = Ad Con-ventum Inambulationem >= Collocutionesque In Umbra ma Quoque Sydere — vEvo Ingravescenti Prospiciens — Anno MDCCLXXXIX. Vili. Guidoni Ferrario = Balbianum ■= Inscriptionibus Bisce *=» Stylo Vcterum Romanorum = Inlustranti = Ang. M. Cardinalis Duriniu? = Grati Animi Ergo M. P„ Nell'interno della Cappella grande: Deo Opt. Max. => Presepe Non Abhor-renti «*=» Hoc Sacellum = Dicabat et Consecrabat = Ang. Cardinalis Durinius = An. MDCCXC1. Sulla porla del Gallerione: Cajo Et Ctccilio — Patruo Ac Nepoti — P1 i-niis s=4 Romana ^Elate ■* Doclrinoe Fama Preeslantissimis = Paulo et Benedicto = Joviis Fratribus => Pari Inter Italos Laude Floren-tibus == Ang. M. Cardinalis Durinius = Majorem Aulam Dicabat = in Balbiano Suo = Gratulatus Tales Tantosque Viros = Sortito s Patriam Comuni* Sopra la porla della Gallerie t ta : Iste Ter r aru m Mihi Prie ter Omnes =» Angulus Ridet Ubi non Hymetto = Mella Decedunt Viridique Ccrlat = Bacca Venafro mm IIorai Ode VI. Lib. II. Alla Torre: Cardinalis Ang. M. Durinius e= Tur rim a Fundamentis in Lario ^Modulata Tria Alrn Campana Pbarum llorologium Cum Indice ad Omnes Cceli parles P. A. MDCCXC. Al Porlo di San Francesco si legge : Malagrida e Grianta in Porto entrati Grazie ti rendono, o immortai Durini, Da iìer burrasca mercè tua salvati Ti saranno col cuor sempre vicini. Giorno 26 Giugno 17J5. 1444 LAGO DI COMO spetto dei seni della Comacina e della Tremezzina ,Je l'intitolò il Bal-bianello. Ora è villa Arconati : e vi precedo un1 ala [scoscesa e irta di ftalbianeHo. scogli, fra cui riposa la villetta Ganevari. Sulla punta è un porto, ove un tempo nelle notti scure teneasi un fanale per avviar i naviganti. Se ci scostiamo dal lido,, dal lurido Spurano saliremo ad Ossecelo, villaggio antico, siccome accerta una bella epigrafe romana, incastrata nella parete della chiesa, e che dice matronis et geniis avsvciatiwm consecra- V1T ARV1VS nigri F. nomine svo et c sempronii N10R1 et BANION1S cvcalo-N1S FI li.E PARENT1VM svorvm. Indi si arriva al santuario della Madonna del soccorso. Pare che i montanari trovassero colà una effigie mutilata di sasso, e credendola una Madonna, vi acconciarono una testa, e un'altra che figura un bambino, qual si vede anch'oggi, e cominciarono a venerarla in una chiesuola, costrutta per comodo de' terrieri d'Ossuccio e Spurano che estivano sui monti. Se ne conserva pur un'altra dipinta coli'iscrizione : Questa figura è quella che fu depinta quando questa gexia comenzò ad essere frequentata per li molti miracoli e grazie. Pei quali infatti, dopo il 1529, crescendo il concorso , si eresse un grandioso tempio, che fu consacrato nel 1737 dal vescovo Bonesana, e che oggi pure è molto visitato. Vi conduce un" ampia strada cordonata, fatta a spese di famiglie del contorno, le quali murarono lungh'essa cappelle, fregiate del proprio stemma, e in cui si rappresentano in pittura e in plastica i Misteri. 4 .M.VDONNA DKL SOCCOlìSO 11 60 Il conoscerne gli autori rileverebbe alla storia cos'i negletta delle arti lombarde; ma sebbene gli amministratori ci abbiano fatto cortesia di tutte le carte del santuario, a pochissimo di certo approdammo. L'eremita Timoteo Snider, parte limosinando, parte impegnando le famiglie del vicinato, coli1 ostinazione di chi vuol riuscire, compi questo divisamenlo di formare quindici cappelle. Quelle della Visitazione, della Natività, della Presentazione al tempio, della Venuta dello Spirito Santo furono eseguite dall'amministrazione del santuario verso il 1643 ; quella dell'Assunta dalla Comunità di Sala; quella dell' Annunziata dal canonico Giovanbattista Salice di Campo; l'Orazione all'orto dai fratelli Brentano Moretti d'Azzano; la Flagellazione e la Coronazione dai Gilardoni di Volesio; l'Andata al Calvario, la Crocifissione, l'Ascensione da Andrea Illustrai del L. V. Vol. III. 447 Cetti di Lenno, la Resurrezione dal canonico Bernardo Brentani d' Azzano. Degli artisti nulla è detto, senonchè al 1680 trovai il confesso di Francesco Torri ani da Mendrisio 8 d'aver ricevuto lir. 650 per avere dipinto la cappella dell'Orazione all'orlo. Ultima di tempo e principale di magnificenza è la Disputa coi dottori, latta a spese di Giovanni Majnoni di Volesio, nel 1688, data che più volte v'è ripetuta. Le figure sono di Agostino Silva, noto plasticatore di Morino, nè forse errerebbe chi a lui attribuisse molte anche delle altre cappelle, come che meno elaborate. E tradizione che, mentre egli vi lavorava, si fermasse spesso a guardarlo un Ghignarello, rozzo mandriano: e che egli il ritraesse in quel villano che fa atto d'invitare i riguardanti. Jacobo Gallio nel 1683 legò a quel santuario una messa ogni sabato, purché si mettesse il suo stemma sopra 1' ancona della Madonna. E la chiesa fu abbellita, e arricchita di doni e voti, e sempre molta gente vi trae a tutte le feste estive della Madonna , e più di tutte a quella del settembre. Oltre la devozione, all' ertezza della salita si ha largo ristoro nelle vedute e superbe e graziose, che si mutano ad ogni svoltare dell' ampia via, dominandosi l'Isola, la penisola di Làvedo, i due golfi della Comacina e della Tremezzina e il promontorio di Bellagio, e di là da quello Varenna e il ramo di Lecco; i monti del San Primo, San Zeno, Grosgalli, Grigna, Legnone, Poncione, fan cornice all'elegantissimo quadro. Sotto poi stanno vigneti e ulivi del più vago alternare, e campe-relli a scalee, somiglianti a giardini attorno a paeselli disseminati sul pendio. Chi più su proseguisse per lo scoglio gibboso, dopo faticoso andare raggiungerebbe un altipiano, in parte boscoso, per quanto il permette la devastazione che ne fanno i terrieri; in parte messo a cultura di grano e principalmente di cavolifiori, che per tenue prezzo in quantità appena credibile si mandano ai mercati della città. Fuor dei giorni solenni, su queir erta incontransi continuamente villani e contadine, che o sulle spalle recano, o trascinansi dietro grossi fasci di fieno o di legna, o gli arramacciano giù per la via dirupata, smovendo ciottoli, che battono loro dolorosamente ne' piedi e ne' fianchi. Non si fcrmeran essi mai a riguardare i gruppi di signorine e di galanti, che celiando salgono alla Madonna, nè a domandarsi perchè di là il godimento, gli agi, l'allegria, e ad essi la mestizia, gli stenti, la fame? Fortunata- 8 Un Francesco Torriani di Mendrisio visse dal tliOO al K»70; a Roma Si forino alla maniera del Gnidi. In Sant'Antonio di Lugano sonvi due suoi buoni quadri ; e quattro ne possedeva il marchese Porro di Como, vivi ma ammanierali. Il qui accennalo non può essere che un altro Francesco Innocenzo, nato in Mendrisio il 1040, di cui è un'Offerta al tempio nella parrocchiale d< Morbio; abitava a Como in via dei Tre monasteri, e morì nel 1712. LA PERLANA U67 mente una dottrina più savia e socievole che non la filosofesca gli ispira a soffermarsi sotto il caratteristico atrietto, e qui segnarsi, e pregar la Regina de' dolori, e ad essa offrir i proprj stenti ì^ome espiazione delle colpe, e riceverli come caparra d'un compenso che non fallirà. Per arrivar al Soccorso fu gittato un bel ponte sulla Perlana, torrente che qui fa una pittoresca cascata tra mulini e franloje d' ulivi. Oh perchè noi indichiamo sempre le cascate, che pur son tanto numerose nella provincia nostra? donde viene quel sentimento grandioso, la spaventevole insieme e graziosa meraviglia the reca il veder un torrente trabalzarsi da eccelsa rupe? V'è forse in ciò qualcosa di simigliarne al senso che produce il contemplare le catastrofi della società, i grandi travolgimenti delle nazioni, l'avvicendarsi dei fortunati e dei depressi, degli oppressori e delle vittime? Passatolo si arriva per Molgjsio alla chiesa di Sant'Andrea, che pretendono la prima fabbricata in que- Sant'Andrea, sti paesi. Poi si ridiscende a Campo in riva al Iago, dove fa stazione il battello a vapore. Dopo Campo sporge il promontorio di Lavkdo, che alla terra si congiunge con una estesa pianura, coltivata diligentissimamente. Già dicemmo che sul vertice sta il Balbianello. Noi traversatolo alla base, giungiamo a Villa e a Lenno. Nella prima resta la torre antica, che accennammo, e vi han villeggiature i Vacani, i Torri, e l'ingegnere Carove, nel luogo ove credesi sorgesse la Comedia di Plinio, e dov' egli fe scavare di sotto l'acqua colonne e capitelli e altri marmi lavorati. A Lenno un arco antico fu distrutto ne 1829: ma resta il battistero, guasto di fuori, e tutto mutato all'interno. Alla chiesa parrocchiale, fa base a una colonna dell'atrietto laterale un'iscrizione etnica votiva ;). Sotto al coro è una cripta, sostenuta da colonnette di marmo di Musso e di cipollino, con condotti di terra cotta, che si voller supporre destinati a scaldare terme col vapore 10, o a mandar voce di finti oracoli. Il Boldoni scrive che al suo tempo, sebben guasto dagli imperiti, esisteva incorrotto un tempio periptero, cioè cinto tutto di portici, ma innumerevoli lapide furono usate a fabbrica, o vòlte ad epitafi moderni. Forse non voleva indicare che questa edicola ornai sotterranea, dove in fatti si trovarono diverse iscrizioni cristiane (V. pag. 906 e 1155). Scende a Lenno un perenne e copiosissimo rivo, che è I'acquafredda, da cui trasse nome Pabbadia che vi sovrasta, in una delle più deliziose posture del lago, distinta da annosissimi.cipressi. Pietro Abate di Morimondo spediva un fra Enrico, che da Azzone d'Isola comprava quest'altura, dove nel 1147 già era compito il monastero, nel quale i Cistercensi durarono finché Giuseppe II, nel 1785, non volle più di questi oziosi, preferendo i soldati. Il convento era ricchissimo di pergamene. Queste seppellironsi negli archivj; le proprietà si vendettero per poco o per tanto a un Mainoni, da cui li comprarono dappoi i signori Stampa : il corpo di Agrippino che colà si venerava, dicemmo a pag. 1157 che fu ottenuto dagli abitanti di Delebio; l'organo da quei di " vis uanibus \ibior\u commAnorum valern imi et severa clavdian/E et severi et valerije COM1N1AN.e domitia domiti ana ClariSSÌma Vernina viva $ibi WgU- vit ìimumenlvm marito PRÌvigwcb cognato et socrm. Leggendosi solo il diaN/e di Claudiana;, si asseriva fosse qui un tempio a Diana. tO Perchè non si rida del vapore termale in anlico, ricorderemo il ritmo in lode di san Damiano vescovo di Pavia nel 700, ove si dico che al suo battistero fece thermarumque vapores, tlt geminas dilueret culla proprie sordes Corporum per aquas, anima; placabilia sacra. AQUAFHEDDA. SAN BENEDETTO ||(J& Sala, le campane da quei di Zelbio, qui mettendone una che si tolse dalla chiesa di San Benedetto. E San Benedetto dà nome alla valle da cui deriva la Pedana, torrente che, all'uscir da quella, serve a mulini e a frangie d'olio, e dopo l'ormata la scenica cascata di Molgisio, spagliasi in ampio letto di ghiaia, minacciando a sinistra il villaggio di Campo, a dritta la storica villa di Balbiano. Visiti quella valle, delle più pittorescamente alpestri, chi vuol riscontrare la Scozia e P Oberland in mezzo agli aloe e alle juche della Tre-mezzina. Dall'Acquafredda, per una via di monti « erta, sassosa, dirupata e torta » come quella dell'empio, si procede fra selve di castagni e pascoli, distinti qua e là da casolari (bade), dove estivano i mandriani (alpee). La roccia , calcare con vestigia di antichissime specie di conchiglie, è a gross strati, varianti di giacitura, ma più o meno inclinati generalmente al nord, cioè verso il lago di Lugano, dove pare a collocarsi l'asse della grande eruzione che sollevò la schiena de'monti di Tremez-zina. Questi non apronsi dunque in valli, ma formano grandi risalti, che verso noi scendono scoscesi, e perciò offrono elevati sbalzi alle acque che s'adunano sull'alto delle loro vette. Il torrente della Perlana non ha una fonte sola , ma risulta dagli scoli di cento valloncini, e da cinque principali torrenti, che fanno varia-tissime cascate, alcune a perpendicolo, alcune che, col volger de' secoli, scavarono ampj circoli a guisa di pozzi; tutti simili ai raggi convergenti d'un semicircolo. Il passeggero, per quanto si stanchi di quel lungo circuire, trae diletto dalla continua mutazione de1 prospetti, tanto più che a tratto a tratto, quando la via si svolta a mezzodì, egli, come attraverso d'un cannocchiale, rivede il lago, e Lezzeno di fronte, e talvolta a'piedi la villa di Balbiano. Così girato e rigirato, ecco fra quella solitudine, quasi colpo di scena offrirsi un insigne edifizio, la chiesa e il chiostro di San Benedetto. Trovasi questo mentovato nelle antiche carte col nome di Monte Olterono; ed essendo disputato fra i Comuni d'Ossuccio e di Lenno, per toglier di mezzo la lite fu donato ai frati. Se n'ha un contratto del 1152 ; si sa che nel 1431 era unito al monastero dell'Acquafredda, insieme col quale fu venduto ai tempi di Giuseppe IL S'un cucuzzolo sorge la chiesa, formata di tre navate ad archi tondi, e terminate in tre absidi, e coi consueti archetti, o vogliam dire pe-ristilj ciechi ; coi fianchi forati da frequenti finestre arcuate, strin-gentisi a modo di feritoje; sormontato da massiccio campanile quadrato. Salì Ucr.'àcUo La fronte somiglia a quella delle chiese toscane, con due ale di tetto •sopra le navi minori, e doppia tesa sul corpo di mezzo più elevato, anch'esso portante un'orlatura di archetti, di dentelli a mezzo, e frappostavi una finestra circolare , sotto cui la porta ad arco fondo. E l'arco SAN BENEDETTO 1171 del medesimo sesto corre nel chiostro, ora diroccato; e nell'ospizio, divenuto poverissimo abituro del mandriano: il tutto costruito in pietre del paese. Nessuno storico dell'arte edificatoria ne die la descrizione: nessuna ne parla delle guide che conosciamo , e a fatica dai cronisti vecchi ripescammo le poche notizie che riferimmo. All'architettura si palesa fabbrica delPXI secolo, quando il mondo, rassicuralo che durerebbe ancora oltre il paventato Mille, prese con tanto ardore a costruire o ristaurare chiese e badie; ch'erano la vita d'allora, come d'oggi sono la borsa e il teatro. Proseguendo la via, secondando ancora profondi seni e acute prominenze, e varcando torrenti e cascale a ogni tratto, or per sentieri scoscesi, ora per altri, piani come le redole di un parco, quando non vogliasi arrampicare sugli alpi che sovrastano a Ossuccio e a Sala, o calare anche in Vallintelvi per una via da contrabbandieri, si discende alla Madonna del Soccorso. Que'villeggianti che in Tremezzina trasportano il lusso, le feste, gli sbadigli, le comparse, i divertimenti, il petulante cinguettio della città e quella superiorità che si rivela col dire impertinenze, si tolgano alle bellezze studiate e monotone della riva, ed osino spingersi fino a San Benedetto, che vi troveranno di che ricrearsi, fantasticare, rimpiangere, meditare. Punte di Chiuso, XXV. Tremezzina e la Poesia. Bellagio. Distretti III e VII). Eccoci alla contrada più deliziosa del Iago, cioè ad una delle più deliziose di Lombardia e del mondo; aere cristallino; per tutto bell'occhio: cielo pericoloso alle vergini, come Properzio dicea di Napoli. Te più fausto il Sol rimira, O ridente Tremezzina. L' aura mite che a te spira Della vita i gaudj alìina : Tu c' inviti a puro gaudio, Tu se' il nido degli amor '. Ai distillatori d'indovinelli e di rebus lasciamo almanaccar l'origine del nome di Thkme/./i.\a, che si dà al litorale da Lenno fin a Menaggio. i paesi vi sono disposti in due schiere. A mezza la china, tutta a campetti e vigne \ Deli com'è caro il rorido Sol d'una tua mattina ! Deli come vago imporpora L'occidental collina Mentre olezzante zefiro Lambe l'ondoso pian! Con lei, dolce memoria ! Sovente in quella riva Stetti aspettar l'anelito Dell'alba che s'apriva, Stelli a goder i tremuli Hai del morente dì; E da' rosaj perpetui Da'sempre verdi allori. Delle cantanti gondole EOO facendo ai cori, Della speranza al gaudio La fantasia s'aprì. E là dove le ortensie Colle pompose chiome D'ombra e mister proteggono Incisi un giorno e un nome,..... TREMEZZIXA 1175 e uliveti, l1 Acquafiìedda , Mezzecha , Sant' Abonuìo , Bonzamco, Viano, Bai.ogno, Susino, Roderò. Alla falda, sulle morene di antichissimi diluvj spintesi entro al lago, e copertesi di lussureggiante vegetazione, si spec-chian nell'acqua le terre di Fortezza, Az/ano, Bovedro, San Lorenzo, T rimezzo, Gadenabbia, Maiolica. La chiesa parrocchiale di Sant'Abondio, con sagrato di bellissima prospi-cienza, fu fabbricata ne'primi lustri del secolo passato, ed ha la cupola maestrevolmente dipinta. Da Bonzanico un torrentaccio dirupa tanta materia, che elevò il letto sovra la circostante campagna, cui devasta ogni tratto. Robusta arginatura e lo sgombro del letto, fattosi poc' anzi, varranno forse a rattenerne le desolatrici sfrenatezze. E i torrenti sono la impressione incresciosa di questo bel paese. Il lido opposto n' è lutto solcato paurosamente. Qui poi ne scendono a Sala, a Campo, ad Azzano a Bovedro, a Griante ; minaccia continua. In alcun luogo non vi si provvede, o soltanto secondo le convenienze d' un proprietario, che pensa a salvar il suo terreno voltando la piena sull' altrui. E davvero un privato non può ripararvi utilmente ; e i Comuni, oppressi come or sono da debiti, non bastano all' ingente spesa, a cui 1' erario per legge dovrebbe supplire nella loro impotenza. Unite ciò alPimprovido estirpar delle piante fra i monti, e profeterete un tristo avvenire a molte contrade e ai paeselli, che generalmente son collocati allo sbocco delle valli. Nella Tremezzina alberga una popolazione bella, vivace, industriosa, di parlar nervoso ed atti risoluti, ma che troppo s'avvezza a viver sui forestieri o del contrabbando, e in cui il senso del bello fu sì poco educato, che, fra tanfacqua e tanto sole, stivasi entro miserabili camere, su-cide, fumicose, bilje, dove i figliuoli non han comodità o lusinghe o lavature: dove i vecchi mancano de' ristori che la natura preparò alla fuggente vita. Splendida vi ò la gioventù, ma breve. Gli è un incanto allorché queste foroselle, cinte di spunzoni d'argento il capo, e con abiti di colori galanti, mentre le nuvole dondolano ai fiati vespertini per lo azzurro Chi a voi mi rendo, o vividi Seleni, o limpid'onde? Oh chi mi rendo ai palpiti D'un cor che al mio risponde?.. Me la cillà d'insubria Meditabóndo òr tiene: Oui vita ed arti e studii, Oui il mal commisto e il bene. Su quel caosse l'alilo D'amor fecondo voli;.. I/lustraz. del L. V. Voi. 111. de' cieli, vogano sul cristallo del lago intonando le patrie canzoni , o in chiesa le laudi di Maria; o quando, alla festa de'canestri, vengono alla chiesa ringalluzzale, e ciascuna con qualche dono da offrir alla Madonna; una focaccia; bottiglie di vino o d'olio; un paniere d'uva, di frutti, d'aranci, una gallina, un par di colombe, un agnellino, un fazzoletto; ogni cosa messa a nastri e bori ; poi, dopo il vespro, e dopo benedetti dal piovano, se ne fa l'incanto sul sagrato, ove fra i giovanotti è una gara a mostrare, col rincarir de'prezzi, la loro predilezione a quella che lo offrì. Cos ogni cosa ha il suo diritto e il suo rovescio Ma ciò che forma la delizia della Tremezzina è quella serie di giardini, l'un de'quali serve 1 In un'operetta giovanile e anonima, lin dal IHI'Ono descrivevamo questo Lago a 10 strade di Slelvio e Splaga: libretto di viva rapidità che fu anche ristampato e più spesso copialo, e lodato fin da concittadini perchè non sapeano di chi fosse. Non è. guari un Inglese ne ragionò parlando di questi Iuogni medesimi, e poiché vi fa appunti clic cre-diam ragionevoli, qui per la più liscia riprodurremo esso articolo qual Io leggemmo tradotto su giornali di qui: e delle lodi che ci son dale domanderemmo scusa se la modestia fosse virtù letteraria. — Gli Italiani accusano noi inglesi come troppo positivi calcolatori: di rimpallo noi possiamo accusar loro di troppo poeti. Veder le colline della ferianza, il riso Interminabile della Tremezzina, l'amenità del Varesotto, e non esaltarsi di poetica vampa, è ben più difficile che non al cospetto dei monti e dei laghi della nostra Scozia. E certamente uno dei più poetici' siti è il lago di Como, principalmente alla sua metà, ove può dirsi una continuità di ville, parte magnifiche, parte graziose; e dove a palazzi degni del Re-gmlstreel si accostano casali e cascinetle {collages) quali negli Highlands. Una fortuna particolare di questo paese è l'aver avuto una buona Guida. Le nostre soglion dare la lunghezza dei vfaggi, il numero del le pòste, la spesa, il nome dei migliori alberghi; al più, se v'è qualche antichità di 200 anni da vedere. Invece qui v'è la descrizione, il sentimento, la poesia dei luoghi. Il Canili non v'è chi non lo conosca come eminente storico: storico nel senso nuovo della parola, e che sta ai precedenti come da noi a Gibbon ed a Ilume sia Macaulay, del quale raggiunse l'elevata intelligenza, la passionata imparzialità, la limpida esposizione, tanto più degna che non l'aria declamatoria e vuota solita agli scrittori d'Italia, quanto questa famigliarità racchiude maggiori cose e più elevali sentimenti. Ma non tutti san del pari che, se non fosse prosator di prima forza, sarebbe conlato tra i migliori poeti, sia pei pochi versi che fece, sia per i romanzi e le novelle che ritraggon si bene la vita italiana..... In queste lodi noi abbondiamo perchè, vogliamo fargli un grave appunto: appunto in realtà comune ai suoi connazionali, ma che a lui specialmente apporremo come a rappresentante di questi in faccia ai forestieri, e come a degno di sentir la verità perchè ha 11 coraggio di dirla. Sia bene ch'egli alleiti il forestiero dipingendo colla vivezza della verità e dol la prestezza d'un battello a vapore quei paesi, ma meglio avrebbe giovato alla sua patria, snudandone le piaghe e suggerendone i rimedj. Ecco i pochi che ad un passaggere straniero saltarono agli occhi. E primo, la quantità dei mendicanti. Poveri non mancano in Inghilterra, pur troppo no, ma in Lombardia son gente men cenciosa della nostra, in vista pasciuti,ma che utilizzano hi cecità, la storpiezza, por tediare il viandante. Passeggiale lungo i platani della C.adenahbiii? due o tre vi accompagnano coi gemili e col l'ostentare moncherini e piaghe. V'accostale al cancello d'una villa? ecco il cieco che vi cerca un quadrino : ecco l'elicle TREMEZZINA ,,:g di confine all' altro, vestiti di perenne verde, lussureggianti di rosa j, di leandri, di aloe, di magnolie, olezzanti di mirti e di cedri; e con casini, di cui la varietà esterna è non meno mirabile delle interne comodità. E die si offri1 per sonar il campanello. Sharcalo ad una riva? saran fanciulli, saran radazzine che vi chiederanno un poco di pane per sostentar la nonna moribonda , la madre che non mancia da tre dì, 0 tulio ciò è vero, e come è possibile mantenere tante delizie ove sì sterminata è la miseria? o è Unzione, e perchè tollerar questo vilo pedaggio su .chi viene per ricrearsi «ai bei sedi, ai bei vigneti?» Seconda piaga, gli alberghi. Qui non Inni adamo le particolarità che colpiscon persone: diremo solo coinè si la menu 'he sono mal forniti di comodità a fronte degli svizzeri ; che il servizio vi è grossolano; che esorbitanti i prezzi-; nomina l'albergo ove una libbra d'agoni gli fu "idi la li franchi, mentre fuori i pescatori la venderono a 20 soldi. E prosegue • Va sulla slessa linea l'indiscrezione di chiunque fa un servizio. Non c'è, come da noi, un prezzo (isso per la guida, per un asino, per una gondola. Oggi trovate un battei Mero che per tre lire vi porla fin di là dal lago a visitar le gallorie di Varenna ; domani un aldo pretende due scudi per tragittarvi solo alla villa Melzi. Chiedete un mazzo di flori nel pa>se ch'è tutto una fragranza? chiedete sei limoni da fare il punch, o un paniere di Qcni ond'è pieno il contorno? non vi sarà prezzo che basti per un Inglese ; e lngl< si per costoro son lutti i forestieri. Domando io se questo sia il modo di allcttare i foresleri. Nè a ciò ajutano i battelli Q vapore. Dovrebbe essere un andar e venire continuo, una facilità di comunicare con Como e Milano da una parie, con Cecco e Bergamo dall'ultra, con Menaggio e Lugano dall'altre, con Colico e Innspruck, con Chiavenna e Coìrà. Invece, appena alle 10 \ \\ (irriva in Tremezzina il battello che vieti da Como: ne ripassa alle 3; sicché si serve la lavola rotonda a due ore; e non resla che brevissimo intervallo da visitar bellissimi paesi ; salvo poi a farvi aspettar due ore a Como innanzi che parta la slrada ferrala per Milanu. Le corso per Lecco sono un'eccezione; da Metraggio, da Yareiina tiensi così distante il piroscafo che vuoisi ancora un viaggio per acqua..... Sono entralo nelle case dei contadini e peggio del pescatori; e invece della pulizia che si legge negli idilj e si vede in Svizzera e in Scozia, trovai lo squallore, l'afa, la sudi.dia: lìneslro angustissime per ricever quello splendido sole e quell'aria balsamica. Intanto non si conosce la piscicullura in un paese, le cui condizioni si ben vi si presterebbero: qualche nostro compatriota, che pescò coi melodi da noi usitati, destò meraviglia e invidia. Nè la* cullura dei campi è qual sarebbe a desiderare. Non oso disapprovar gli ulivi, di tradizione poetica e saera, sebben il loro scarso e tardissimo prodotto consigli di surrogarvi il gelso. Intanto però son abbandonali a sè, potati senza ragionevolezza, scarsi di concime : l'olio poi, fatto con empirica ignoranza, riesce verdastro, puzzolente, non usabile se non da quei del paese. Del vino non posso dire, perchè la crittogama risparmiò la fatica di farne; 'ma da un paese ove lejucchecgli aloe fioriscono annualmente, quante rarità, quante primizie non sarebbero a procacciarsi ! Niente di ciò; e quando in autunno villeggiativi i ricchi, bisogna che tirino e gli ortaggi e le frutte e il burro da Como, che le tira dal Milanese. Alcune delle colline sovrastanti abbondano di gratissime acque. Ebbene, non sepper i Comuni unirsi a tirarle dove se ne manca, e non son pochi i paesi che scrvonsi di quella del lago, al più filtrata in qualche pozzo: iti ben pochi, forse in nessuno vi sono fontano se non per lusso delle ville, nè per comodo di bagni negli alberghi : stupendi corpi d'a-qtia perenne vanno gorgogliando a perdersi nel lago, come avviene, a Lenno ; al più movono qualche mulino, fatto colla rozzezza di Trittolemo, e qualche torcitojo, lontano dalle finitezze francesi. Ma questa delle acque è una dello piaghe del bel paese. Da ciascuna delle valli che solcano e dividono quelle montagne si scarcane torrenti, secchi il più del tempo, gonfi a 117*3 'LAGO DI COMO vanno ogni giorno crescendo ; e il terren sodo non bastando, si rapisce dominio al lago, così da esclamar con Orazio: Struis domos, et urges Summovere litora, Parum locuples continente ripa. Vorrebbesi tutto il frasario del Bartoli o del Bresciani per esprimere con diverse parole bellezze somiglianti; poi ognuna ne ha di particolari ; e occorrerebbe non solo visitarle ciascuna, ma diinorarvi per riconoscere le speciali vaghezze, le comodità naturali, le artiliziate originalità, la diversità infinita della vegetazione e de'prospetti. A dir solo delle più vistose, dopo quelle del Litta, del Barbavara, del Carmagnola, del Rezia, arricchita di rarissime conchiglie equatoriali e di monete e rarità olandesi e indiche, affacciasi a Bovedro quella del marchese Busca. La padrona del luogo, essendo sposa, venne a questa villa appena allora Unita, vi stette una notte, indi partì, nè quanto visse la volle più rivedere. Il fatto era abbastanza bizzarro per colpire P immaginazione d'una illustre romanziera francese, che con istanza ci richiese su ciò e sulle tradizioni che ne correano; ma, uom dei fatti non spavento dopo le pinggie. Improvvidamente si svelser le piatile nell'interno delle valli, onde porlaiio verso il lago immensa quantità di buon terriccio e di ghiaja, e Gioitoli e pietroni, spingendo sempre più avanti il loro sassoso ventaglio, e ricolmando i letti in modo, da sovraslar lino alla campagna circostante, come è a Bovedro, a A/ano, a Campo; e da minacciar i villaggi e i palazzi. A ciascuna inondazione si accorre a riparo ; quello il cui podere fu trascinalo o inghiajato, si desola e non ha più nè mezzi nè interesse di far opere per riparar in avvenire; gli altri, isolati non posson nulla, e unirsi non sanno; onde fan provvedimene meschini e ridicoli, quand'anche non sian nocovoli : o più spesso si mettono colle braccia al pelto confidando india previdenza di Dio. E una vera compassione il vedere quelle desolanti strisce di lavine dividerli bellissimo verde dei vigneti, dei prati, de'campi a fraina e a granoturco: il pensar che una pioggia torrenziale può nel cuor dell'autunno far traboccare dalle sponde tutti quei mille rivi, a sterminare la campagna e cacciare i villeggianti. Lascio via i danni che ne derivano per le subitaneo escrescenze del lago, che talvolta s'alza un metro in una notlo, invado le fiorite morene, i giardini, le case. Qualcosa si fece per tentar il riparo, e qui il Canili spiega la eloquenza fino alla declamazione nel descriver i guasti che reca il lago, e i ripari che vi sì opposero : noi avremmo voluto che altrettanto s'infervorasse a rivelar le altre miserie. Nè voglio dire che in una Guida, dove si propone di ritrar il bello, dovesse egli esporro quelle miserie, proporro, e discutere i ripari; sarebbe come chi si lamentasse che chi musicò una romanza non v'inlrodusso lo campane da morto: ma desidereremmo che, con quel suo stile incisivo che locca e passa, le indicasse all'attenzione di chi dee rimediarvi, o scolesse l'infingardaggine di chi, soffrendone, pur anneghittisce nel porvi rimedio, ecc., ecc. — Tale critica dell'Inglese risale a anni fa. Ora il servizio di battelli a vapore è fatto in modo da meglio utilizzar il tempo de'curiosi : a qualche torrente s'è posto riparo, ad altri si pensa. Suppongo che gli ostieri sieu divenuti più discreli, se non litro per la concorrenza che tra loro si fanno. Vorrei poter attestare che anche gli altri sconci dispar-vero ; ma la verità è il primo dovere d'uno storico* TBEMEZZINA 1177 delle fantasie, io non seppi amniannirle qualche fatterello, su cui ella potesse ordire un romanzetto storico. Il proprietario odierno, marchese Antonio Busca, ringiovanì palazzo e giardino, vi aggiunge continuamente capi d' arte, e in questa come nelle altre sue ville ospita gentilmente amici, e splendidamente insigni personaggi. Vicina è la Quiete dei Carli, poi la villa dei Riva, una delle più comode e deliziose, e che pure sta aspettando un compratore. Appresso schie-ransi quelle dei Ferrarlo, degli Scorpioni, dei Kramer, dei Mainoni, dei De Orchi, dei Della Tela, d'altri, che forse mentre scrivo avran cambiato nome, padrone, aspetto. Quella rinnovata pur ora dal Giulini, con capricciosa varietà di abitazioni, e ricchezza di arbusti e di fiori, che il calor tropicale mostrano unito alla freschezza montanina, si toglie dall'ordinario, e ottien per ora il vanto. Splendidissimo e lautissimo signore doveva essere il marchese Giorgio Clerici, presidente del senato lombardo, il quale fe costruire il suntuoso palazzo a Milano, ora tribunal civile, una villa a Niguarda , ed una sul lago di Como, che fu compita da Anton Giorgio suo nipote, e di cui, nell'opera Ville di delizia, sono dati la pianta, il prospetto verso il lago e il fianco verso ponente, non molto mutati dagli odierni s. Ed e fortuna siasi conservata almeno qui alcuna parte della artificiata e simmetrica disposizione de' giardini del secolo passato, nella cancellata tortuosa, nelle folte carpinate, nella scalea, da ciascun pianerotto della quale si diramano viali di agrumi e di mirto sempre verdi; ne'getti generosi d'acqua, ne'parterri rabescati: la parte posteriore destinando alla varietà inglese, con boschi di annosissime piante, fra cui singolare d'altezza è una gallego biloba ; e viuzze serpeggianti, e chioschi e sedili, tra' quali si monta fin ad un incantevole caiTehaus. Passa per la regina delle ville del lago; è descritta in ogni libro, delineata in mille foggie, onde basterà narrare come, nel sovvertimento delle fortune recato dalla rivoluzione del 1796, l'avvocato Sommariva lodi-giano, divenuto uno dei direttori della Repubblica Cisalpina, tanto vi s'arricchì da poter comprare e palazzo a Parigi e larghissimi lenimenti e 3 Dell'opera parlammo nel vol. i p a g, 481. tìellà mancanza clic accennammo di sentimento dui bello naturale ne'tempi addietro abbiam altra prova in (mei libro. Della villa Clerici, mentre tita la magnifica e nobile gradinata, la ben ideata peschiera, il rastrello fallo in forma teatrale con statue di ottimo disegno e scolpite con maestria eccellente, e i giuochi d'acqua, e gli appagamenti signorili e la scala clinica, e i giardini disposti con portivi verdi e spalliera di agrumi, e la vaghissima prospettiva di musaico, appena accenna l'amenità del luogo, e V orridezza della vicina solitudine, e l'asprezza de' monti che in poca disianza s'incontrano. Giovanbattista Giovio sa dir so'.o che il marchese generale Clerici in quel luogo • esercitò lo splendore e la magnificenza, cinlo d'ospiti numerosi e banchetti Inculici ». questa villa, che arriccili di singolarissimi abbellimenti. Perocché le sale ne empi di quadri e statue, reputati assai a quel tempo, e alcuni ancor degni di memoria. E poniam primo il trionfo d1 Alessandro, che Napoleone avea commesso a Thonvaldsen per ornare il palazzo Quirinale di Roma. E già gli aveva anticipati ^00,000 franchi quando cadde; ma T opera rimaneva interrotta : sicché l'artista si rassegnò ad accettar una somma assai minore della convenuta dal Sommariva, divenuto conte, e terminarla. Valutano che, tra il marmo, il trasporlo e il compenso all'artista, costasse 700,000 franchi. Rappresenta essa Alessandro, al quale da Babilonia escono incontro i vinti, menando greggie, elefanti, cammelli, cavalli, e portando donativi; eoncetto di poca fantasia, e che rende molta somiglianza col fregio del Partenone. Tre volte ripetè Thonvaldsen questo tema, e fra le composizioni moderne passa per la più vasta e ricca di figure ben distribuite, e il tutto animato da particolare espressione. Vedi la figura. Altri capidarte ornano il palazzo. Del Canova si ha un uomo ignudo, che deve intitolarsi Palamede, e varj modelli di slalue : dell' Acquisti un Marte e Venere; un' Innocenza del Bienaimé; un'Andromeda che si osa spacciar per antica. Dei dipinti, arrestano principalmente un quadrettino di Bossi e uno d'Appiani, figuranti l'ira d'Achille e le ceneri di Temistocle; di Hayez il bacio di Romeo e Giulietta; la morte d'Atala del Gordon, TREMEZZLNA 117!» una Psiche del Serangeli. E tacio d'altri, che la più parte spettano a quel-Parte, tutta accademia, da cui si passò presto a quella grossolana nozione che fu chiamata realismo, finché arrivammo al culto dell1 indeterminato, che ora confonde lo spirito e la materia. Avvi pure qualche quadro antico, massime di scuola fiamminga, e un ritratto attribuito a Leonardo. Altri capi e una raccolta di cammei ed una di smalti, furono trasportati a Parigi dal figlio d'esso conte. Morto anche questo, a lui e al padre fu-ron posli monumenti nell'attigua chiesetta, l'uno eseguito da Pompeo Marchesi con bei festoni di frutti V altro dal Tenerani : son del Man-fredini le quattro statue e del Cacciatori la Deposizione dalla Croce. La villa appartenne alla principessa Carlotta di Prussia, e come tale accolse molti regnanti stranieri. Sta essa fra le terre di Themkzzo e Cvdknabbia ; e tutto quell' intervallo è folto di ville, che nell'autunno si popolano d'una società ricca e vivace, che vi reca i comodi, il lusso, gl'impacci, i pettegolezzi della città. Chi non ha o fortune od amici o sfacciataggine per valersene, si mette all'albergo del Righini o ilVHotel gami ove trova sufficienti comodi!'.. Albergo n-'hìni. Noi ci ricordiamo quando altro albergo non v'era che quel della Cade-nabbia, ca di nudo o di stazione, e soleano pernottarvi i burchi, che partiti da Como colla brem pomeridiana, qui giungeano a sera per ripigliar poi al domani il viaggio, e portar a Colico o alla riva di Chia-venna i passaggeri e il proverbiale corriere di Lindo. Viaggiare disagiatis-simo, ma dove là lunghezza e lo scomodo avvicinavano gli animi, e facevano tanti amici di quanti erano i passeggeri. Qui si scendeva a gustar un boccone e un bicchiere: poi sul tardo compariva l'albergatore, e invece del libro della polizia, porgeva un Album, sul quale si notavano i nomi e molte scipitezze e qualche bella galanteria. Non e molto, potemmo a sfogliare quello scartabello, che bisunto e saccocciato venne in possesso d'un nostro conoscente, e ci piacque rileggervi la poesia di una signora, di cui la figlia torna spesso in questi paraggi circondata da belle liglie già da marito; poesia che sente il tono di §0 anni fa, eppur non manca di sentimento; e che ci occorse di contrapporre a un'altra d'un nostro romantico, per sostener una quistione, dibattutasi caldamente nel vivace caffo di Tremezzo, sul merito compa- ,Cq0 tìavizsa. ativù de' moderni e degli antichi. V era uno così baggiano , che 80-teneva non doversi tener conto del vecchio o del nuovo, e neppur del nome del poeta, bensì della bontà della poesia ; e naturalmente non gli TRAMEZZI NA H8i dieder ragione quelli che, nel vivace caffè di Tremezzo, argomentava!] tra un colpo e l'altro del bigliardo. Noi, incapaci di decidere, poniamo qua le due composizioni, all'ardua sentenza dei dilettanti. Allo sposo ch'era in Sicilia. Cadenabbia ai 17 marzo 1HM. Dolce de1 miei pensieri unico oggetto, Amato sposo, ah perchè iniquo il Fato Non concede che in questo ospitai tetto Mi sieda a lato ? Qui non vedresti il fuoco, nè'J muggito Udresti orrendo dell'etnee pendici; Ma passeremmo insiem su questo lito Ore felici. O ti piacesse più, solcando le acque, Veder le balze dell'opposto lido, Ove talor precipitato giacque Il drudo infido: 4 O spinger là dove semestre fonte Spuma per massi e tronchi, e Latteo cade, E la culla cercarne in grembo al monte Per ardue strade: a E percorrendo le marmoree sponde Fermarti ove Pioverna le petrose, Un Orrido scavando antro coll'onde, Rive ha corrose. ti Della man di Natura le vetuste Orme, per cui l'occhio vulgare è cieco, E vette un dì sommerse, e valli aduste Vedresti meco. 4 Le balze della villa Serbelloni. 5 Fiume Latte. « Orrido di Bellano. Illustra:, del L. V. Voi. III. i|82 LAGO DI COMO . Vedremmo immenso di conchiglie ammasso, ve il vulgo di belve impresso il piede, 7 E '1 vate i duri cor cangiati in sasso Di mirar crede. Vedremmo ove, di polve e fumo lordo, Là ponderoso piombo o ferreo masso, Qua rame auricolor Canopo ingordo Scarpe dal sasso; E ove forme infinite a poco a poco A quel che sasso fu dà industre mano, Poiché in torrente lo cangiar di fuoco Eolo e Vulcano 8. Ma tu natura ami ridente; e uniti Andremmo ove Minerva e Bacco han regno, E tu saresti a me fra ulivi e viti Guida e sostegno. E in grembo a fiori assisi, o su d'un sasso, Ora dall'alto guarderemmo le ime Valli pascer gli armenti, ora dal basso Vetta sublime; Vedremmo forse seducenti scene (E avreine invidia) di felici amori Offrirci fra le balze, e in sulle arene Ninfe e pastori. E di lor che, esecrando il don migliore Del Cielo, Amor, credean domar Natura. Ma poi serviano la Natura e Amore, Le antiche mura. Là volgeremmo al tripartito lago Lo sguardo instabil per lo mobil piano, Spettacol sempre variato e vago Presso e lontano: 7 lì molile degli Slampi. h Le cave di minerale e le fonderie. TREMEZZ1NA j!85 Che ora il tivan, soffio dell'Alpi, altera L'onda volve, e di spume orna, e solleva; Ora la increspa dolcemente, e annera L'occidua breva. Lea dove Adda s'allenta, là ove muore Chiuso, e dove rivive, or lievi, òr gravi, Da remi spinte, e da Eolo, le prore Drizzar le navi Vedremmo: e or come il pescator sagace La cupa trota, la sanguigna perca, L'argenteo agon con rete e col fallace Amo ricerca. Scorrendo i lidi che ognor l'arte abbella, Ove l'oro sovente il genio oscura, Ammireremmo sol chi sa più bella .Render natura. Offrono avanzi dell'età vetusta Del greco obbrobrio, e del valor latino Lenno e Menaggio, e dove ha fonte angusta Esto marino Là mi diresti come al monte in petto Or frenan, or sospingon l'onda i venti, E me dotta farian del mio diletto I cari accenti. Ah, perchè qui non sei? Ti bramo invano, Invan ti chieggo ai sassi, ai vènti, alle onde, Soffrii per poco ancor dà te lontano Ciascun risponde. 9 La fontana intermittente. // Pam porcino. Villa Riva, 28 settembre m», Giardinier, nel mio giardino Sempre olezzi il Pamporcino. Fior montano, è pur diletto Al mio cuore! e sai perchè? Fu il linguaggio d' un affetto Che morrà solo con me. Sai là dove il Sol più vago Versa i rai sovra il mio lago? O perpetuo paradiso, Fausta cuna degli amor, Tremezzina, eterno riso Deh sfavilli su' tuoi fior. Ve un boschetto, a cui le spoglie Mai di bruma algor non toglie. Era ottobre,, ed un arguto D'augelletti frascheggiar Parea d'ilare saluto Il tramonto accompagnar. Dove il poggio al lago inchina. Lieto in cor scendea con Lina. La conosci? Se alle ciglia Credi, è l'angel dell'amor. Parla ? un angel ti somiglia Di dolcezza e di candor. Quando al margin del cammino, Scórsi un igneo Pamporcino. Gliel1 offersi, ed — Accogliete Quest' omaggio alla beltà : È gentil come voi siete, Come voi fra i monti sta. TKI-MEZZI NA U88 Mi guardò ; grata sorrise ; Preso il fiore, al sen lo mise. Me alla stanza della ninfa Tre dì dopo amor guidò, E il mio fiore in pura linfa Custodito m' additò. Van tre mesi, e a lei rimpetto Io scorrea gentil libretto Che fra tutti ad essa piacque; Ecco il fior tra i fogli sta. La guardai, guardommi, tacque: Fausti arcani ! e il fior li sa. Tre varcati placidi anni Ci spartian deh quali affanni 1 Tra il rigor d'esosa gente 10 fremeva prigionier: Ma con lei redia sovente 11 mio libero pensier. Ecco un di piegato foglio Là mi giunge. Ansioso il scioglio, Niun parola non vi scrisse, Ma v1 è in mezzo il Pamporcin ; Lina mia, che non mi disse L'appassito fiorellin t Giardiniere, al mio giardino Mai non manchi il Pamporcino. La sua porpora fragrante M'è pur grata, or sai perchè: Un bel luogo, un bell'istante, Un bel cor ricorda a me. Ascoltò le poesie un uomo maturo, che da trenfanni ritorna a questi miti autunni, e scrollando il capo esclamò: — Versi non basteran mai a ritrar tutto il bello di questo paradiso. Sarebbe un ritessere la storia di 50 anni il noverare i personaggi, insigni per grado, per ingegno, per rinomanza, che stettero in queste varie ville, e non dall'Italia soltanto. Qui i medici mandano alla convalescenza i malati che sottrasser alla morte, o quelli a cui non trovan rimedio alcuno. Dalla valanga degli affari, dalla sollecitudine degli interessi, alcuni qui cercano riposo e dimenticanza, o anche quell'inerzia che sempre trascinasi dietro alle grandi emozioni ; meditando tinche non torni il tempo d'operare. Qualche studioso vien a compiervi un faticoso lavoro, pel quale i suoi concittadini, se pur lo sapranno, senza leggerlo diranno, « Egli ha della schiena ». Ànime logore dai libri', sverginate dai romanzi, imbecillite dai giornali, che vogliono isolarsi dalle gioje vulgari e farsi un destino d'eccezione, vengono per mostrar sola noja degli orizzonti capricciosi e della sempre cangiante prospettiva. Qui portan il malumore coloro che sono scontenti di tutto perchè non son contenti di sè stessi. Qui si agitano i problemi del-Pamore quando la passione in germe freme nel cuore colle seducenti sue emozioni, senza che la coscienza, non anco interrogata negli esordj dell'intrinsichezza, venga arrestata negli slanci suoi e nelle sue gioje. Più fortunati coloro che qui veramente obliano le feroci fatuità cittadine; se pure il maligno spirito non si piaccia trapiantacele, come un coltello entro un paniere di fiori, colle line maldicenze, burattate e vagliate all'orezzo del lago. Quanti bei passeggi (proseguiva) posson farsi sui poggi e ne1 recessi di ciascuna valletta I quanto lusinga l'accorrer ogni giorno a veder lo sbarco e imbarco della vaporiera 1 che incanti offrono i convegni di villeggianti, raccoltisi per qualche gita , per qualche merenda, o il solitario aspirar l'olezzo d'un aere incensato dagli aranci e dai mirti, o l'abbandonar la gondoletta al capriccioso soffio del vento, e altalenar sulle onde ascoltando nella natura quel mormorio dolce e lamentevole, che par voglia dire all'uomo ch'essa pure respira, ama, soffre. Qui tutto alletta o appaga i sensi, la ragione, P immaginazione. Ogni dì ci presenta scene, differenti nell'uniformità loro, perchè il sole non irradia mai alla stessa guisa le montagne alla mattina o le colorisce alla sera ; non mai le nubi presentano le stesse sembianze ; e il lago varia gli accidenti, non solo ogni giorno, ma ogni ora; e la luna, affacciandosi ogni sera più tardi da un punto diverso della corona dei monti, porge un' apparenza diversa al gran quadro di cui essa è la lampada. Il verde de'prati, delle colline, de'boschi presenta mille gradazioni, le quali poi si moltiplicano al mutar delle stagioni, dal fresco dei salici babilonesi fin al cupo degli abeti ; dal nereggiante degli allori, all'argentino degli ulivi ; dal seccore de' giorni estivi al rinfronzirsi dopo un improvviso acquazzone, quando ogni valloncino divien un torrente, e sopra lo smalto dei monti fa scorrere il latte e l'argento delle cascate. Or un venticello carezza i prati, e fa incurvarsi il fieno maturo, a guisa di onde verdi, sormontate da papaveri o da bianche ombellifere; ora vagheggiamo una far- TU e mezzina 1187 fallati*, che ardita pellegrina, tutta sola traversa da una riva all'altra del lago, senza potere dar riposo alle ali irrequiete; or la cucusca, che spiega le ali di garza gemmata a riflettere l'iride : or gli amori delle migliaja d'insetti che in autunno preparano un deposito ai semi, che la primavera chiamerà alla fugace vita. Poi a volta a volta ci si presentano fenomeni, che il cittadino non vede o non averte. Or V iride, duplicata e triplicata, stende il suo grand' arco da una montagna all' altra, non solo al tramonto, ma anche air aurora. Or la luna mostra il pieno suo disco circondato da un alone, in cui la luce si decompone nei quintupli suoi colori. Talora il vento sommove le onde, e spazzando l'aria,'fa che appajano più vicini gli oggetti irradiati da splendidissima luce. Tal altra d1 inverno un vapor leggiero li vela e non gli asconde, e s'illumina al sole. Or un tempo mirabile di dolcezza e di splendore, diffonde la serenità degli animi; or un nuvoloso ci raccoglie a meditazioni più severe : e se le nubi ci tolgono di contemplar le stelle, altre stelle ammiriamo seminate nella prateria. Poi comparando ì fenonemi de' varj giorni, godiamo indovinare che tempo farà il domani: e quando l'occidente, listato di porpora preluda un mattino ventoso; e quando la luna contornata di vapori ci fa temere o sperare la pioggia. Insomma bisogna venirci, e dimorarvi, saper vedere e ammirare; la gioventù non ammira soltanto i bei luoghi, ma anche gli ama. — Di là della Gadenabbia comincia un'altra sequela di ville, dei Brentani, dei Molinari, dei Zeuferet, dei Benussi, del Mauri.... Poi all'albergo della Maìdica il lido svoltando, mostra l'ampiezza del lago superiorc.il geologo vuol notarvi un letto di creta, simile a quel di Villa, e appartenente ai terreni alluvionali della Lombardia. Di quivi un sentiero fra boschi eleva a Griante, terra gaja del riso più giulivo di natura 10 e con buone case de' Biva, dei Malacrida, dei Mainoni.... Di là si può montare alla chiesuola di San Martino, eretta sopra una greppa a picco, donde si abbraccia la più grande estensione di lago, stando rimpetto all'apertura di Lecco, e quindi sull'asse del corso dell'Adda. Una grotta che vi si addentra è il diurno ricovero di pipistrelli, e chi la tentasse vi raccorrebbe certo abbondanza di guano e di cadaveri di quegli uccelli sorci. Ma il geologo osserva con terrore a quel masso, sconnesso dalla montagna, né reggentcsi che pel proprio pondo, talché qualche accidente di scossa potrebbe un giorno precipitarlo nel lago , eccitandovi una tempesta ancor peggiore che non fece il masso, che la notte, del 4 novembre 1856, si staccò di sopra le gallerie di Varenna. tO Da riant Io derivano alcuni; ma i barbassori filologici da Grian-tir, che in cale-donio vuol dire terra det Sote. Come poi i Calcdonj venisser a battezzare un paese nostro i filologici barbassori non cercano. Se ci tragittiamo sul lido che sta rimpello, dopo Lezzeno vediamo scendere a precipizio gl'ispidi Grosgalli, quasi posti per fosco contrasto collo sfavillante della Tremezzina. Nel sottoposto lago si pescano grosse trote, agoni, anguille ; e la capace Grotta dei Carpi ove si può entrare in barca, dà un idea della Grotta azzurra d'Ischia. È de'più alpestri e romantici luoghi la Madonna dei Ceppi, sul margine d'uno de'molti torrenti che devastano quella costiera. La quale presto non sarà più cosi inaccessa, lavorandosi ad un comodo sentiero, che congiunga l'umile e sparso Lezzeno con Blllagio. Questo, eh'è il più bel borgo del lago, dividesi in due grosse frazioni , il Borgo e San Giovanni ; e l'uno e 1' altro con buone case e numerose villeggiature, a cui cresce vaghezza da una parte il prospetto della Tremezzina, dall'altro la pendice, impreziosita di vigneti. Il nome se ne potrà derivare da bi-lacus, e consonerà ad Interlaken e Untersee, posto fra i laghi di Brienz e Thun, come appunto Bellagio si protende fra i due rami del lago, sedendo sul vertice del triangolo (lo dicono Colunga), il qual rimira Quasi faro due seni, e d'ogni lato Simile a te, Misen, dovunque spira Sostien d' Euro e di Noto il volto irato. Da tre lati fremendo il flutto gira; Breve istmo il giunge, d'orti ameni ornato. Fa ghirlanda il bel giogo, e lo circonda Di cipressi e d'allori eterna fronda. (Boldoni). Qui risedeva un capitano del lago; ed il borgo ebbe frequenti brighe nelle guerre del 1200 e in quelle del 1500: il secolo dopo fu infeudato agli Sfondrati, poi passò ai conti della Riviera, signori dell'intera Vallassina. Alla quale è congiunto Bellagio per una buona via. La chiesa arcipretale tiene qualche avanzo d'antichità. Vi sono e vi. crescono buoni alberghi. In un collegio femminile le sorelle Bruni educano alle abitudini casalinghe insieme, e a quella coltura positiva eppur elegante, che ormai è indispensabile alle future madri. Fu oriondo di qui Carlo Bellosio, pittore di bel nome, che vi mori il 1849 nel meglio della carriera. Il suo gran quadro del Diluvio universale e altre opere il faran un pezzo lodare : e giace incompiuto quel del passaggio della Be-resina. Ridono di varia bellezza le ville Odescalchi, Besana, Rezia, Peve-relli.... e le vecchie e grandiose Trotti, Taverna, Ciceri, mentre d' ogni vezzo moderno s'addobba la Poldi-Pezzoli, rinnovata dal Balzaretti, che in quest' arte or tiene il primato. I Frizzoni di Bergamo vollero averne DELL AG 10 i inu- lina presso alla punta, e la disegnò il Vantici, staccandosi dalla monotonia delle altre per affidarsi alla varietà dello stile bramantesco. Riuscì vistosa, ma non comoda, sopratutto a chi creda primo pregio delle ville il posare a schermo dai rumori e dai venti. Primeggia la villa Melzi, fabbricata da quel che fu vicepresidente della Repubblica Italiana, poi duca di Lodi, sopra il disegno di Giocondo Alberelli: correttissima di proporzioni, ma alquanto bassa. Nelle sale ha una ricchezza di incisioni e di quadri; oltre gli ornati di esso Albertolli o quattro sopra porte di Giuseppe Rossi a chiaroscuro, e un Napoleone di Appiani. Dello stesso Albertolli è disegno la cappella elegante , dove un bel cartone a mezza luna di Giuseppe Rossi ; sulP aitar maggiore la statua del Cristo, più da galleria che da chiesa, è del Comolli; del Nesti il sepolcro del duca di Lodi, coli'Italia che lo piange; al lato opposto il sepolcro del duca Giovanni Melzi, disegno di Santino Pellegatta e lavoro di Giovan Maria Ronzoni, figura nel bassorilievo una gloria in alto, nel mezzo il ritratto del tuorlo e allegorie. Httistraz. iti !.. r. v,>! ili. Il giardino occupò gran parte delia spiaggia, di cui peraltro il Comune riscrvossi il passo pel viale, sostenuto da robustissimo argine, e ombrato da platani, che prospelta la Trernczzina e il lago dalla Cavagnola lino alle Tre Pievi. In queila vegetazione esuberante giganteggiano le magnolie e una stupenda setjuoja scnifwrvimis, e bellissimi cedri dcodari, e gli ar-hniux uuedo, e interi boschetti di camellie. Per entro vi sono sparsi cippi e busti, e un gruppo di Dante e Beatrice, opera mediocre del Comolli. Nessuna posizione di Lombardia, né forse d'altrove pareggia la villa Ser-belloni. Vorrebbero collocare quassù la villa, che Plinio chiamava Tragedia: poi ne" tempi delle l'azioni dovette essere fortificata a dominar il lago; e liiovan Galeazzo Visconti nel 137;i vi fece diroccar una fortezza, dive-nula asilo di masnadieri. Marchesino Stanga, favorito di Lodovico il Moro, edificò aHora una villa, che presto venne devastata da pirati. Ma uscente il cinquecento, Ercole Sfondrato duca di Monte Marciano, nipote di Gregorio XIV e capitano de' ponlilìzj contro Enrico IV, qui cercò ricovero rialzando la villa, e ponendovi anche una chiesa e convento di Cappuccini. Dagli Sfondrati l'ereditarono i Serbelloni, famiglia che anch'essa si estingue. Il palazzo non ha cosa notevole , e venti progetti si fecero per ricostruirlo; bensì venne riformato il giardino o piuttosto parco, aggiungendo coll'arle a quel che di incomparabilmente delizioso gli dava la natura. Qui una vegetazione annosissima di piante picee; qui un poggio lutto vestilo di cacti e altre piante grasse; qui una lunghissima grotta che guida l'occhio a scenici prospetti ; qui le serre dove prosperano le muse e le cannamele; qui un serpeggiare meraviglioso di viali da carrozza e di redole solitarie; qui insieme conservate e la romantica chiesuola della Madonna di Monserralo , e il terrazzino da cui è fama che una conlessa di Borgomainero diroccasse i temporarj amanti; e cipressi ed elei di molli secoli, fra vigne e mirti e ginepri. Sta davanti l'ampio pelago fin alle Tre Pievi ; da ritta si scernono Va-renna e lo spumeggiar di Fiume Latte e la via militare verso Lecco; da sinistra gli orti esperidi deìla Trcmezzina e giù lin alla Cavagnola e ad Argcgno: e solfo un labirinto di lieti giardini, uno specchio di lago or calmo siccome l'anima del giusto, or fremente' e lurhinoso come i giorni delle vendette d' un popolo. Alliensi alla villa Serbelloni La Sjbndrata, assisa in tranquillissimo seno verso il ramo di Lecco, e tulta lussureggiante di leandri. Dal vicino Pi> •Ca*1 si arriva alla villa Giulia. Don Pietro Yonini di Bellagio edificos-sela sul ramo di Lecco, e la intitolò dal nome della galante moglie; e per congiungerln al ramo di Como, con amplissimo viale attraversò . PRAEP. l'.\ liti. ....hk Il COS. l'ONTIf. Sllìl Bt C.EMÌNAE o. I. PRfSCAE v\oi;i ir mimci.m: i.. fi élRIAE V. i. Vale a dire: Miiiicio Esorti® [njim di Lucio dello tribù Onfentina (a cui era ascritto Como), /luniine del diro Tito Angusto Vespasiano, per consenso de, decurioni, tribuno dei soldati, gnu riunir irò con podestà edilizia, duumviro per render ragione, prefetto dei fabbri di Cesare e del console, pontefice : a sé ed alla moglie Geminia Prisca figli i di Quinta, ed a Minicia II,sui figlia di Lucio virente fece. Un battistero quadralo de'mezzi tempi fu abbandonalo per l'invasione del lago, e distrutto fa poc/anni. La grandiosa parrocchiale ha dipinti do' fratelli Gueglia. Giovanni da Menaggio nel 1310 architettò la chiesa di Poniida, a spese del munifico cardinale Guglielmo Lunghi di A d rara che n'era commendatore. Pietro da Menaggio professò nel L'università di Pavia sello Galeazza Visconti. Paolo Paoli servi da chirurgo ai re Francesco I ed Enrico IL L'n Calvi, che ila questa sua patria si cognominò Minicio, tipografo e letterato, fu de"1 primi a ristampare e introdurre in flalia opere di Lutero Paolo Bertarelli deltò la storia di questo borgo. Jl prevosto Castelli disputò sul rinsanimcnto del pian di* Colico, Giacomo Re/.ia , professore all'Università di Pavia, fu de1 primi che s'applicassero a IP anatomia patologica, come vedesi da1 suoi preparati e dallo Specimen obscrvaiionum anatomicarum et patologicarum. Nel secolo passato Menaggio non pagava testatico, baslandovi le rendite comunali. Or le cose sono ben cambiale ; e le recenti gravezze impedirono di eseguire la strada da carrozza fin alla Majolica. Vi sono case d'antica data, la Magnocavallo, la Bolza , la Guaita, la Campioni, la Castelli. Questa , infeudatane sin dai tempi dei Franchi v' aveva diversi palazzi, e ancor possiede il castello, posto in altura donde si ha una delle più estese e variate vedute del lago, sicché meriterebbe che qualche ricco se ne invaghisse, per ajutare colParle la tanta opportunità che natura gli diede. Scorre a piede di questo la nuova strada che mena a LoVINO. Qui cediamo volentieri la penna ad una colta signora, che P autunno passato cosi ne scriveva ad un forestiero : — Aveste torlo, o signore, di non fermarvi nosco anche jeri. Mentre voi penosamente valicavate la Spfuga, noi completammo il giro dei contorni incominciato con voi, visitando la nosira valle. K in prima salimmo a LoVenò, terra in poggio, abbellita dalle ville Pensa, Azeglio..., e principalmente da quella di Enrico M\!ius. Questi) negoziante tedesco , le fortunatissime speculazioni usò a generosissime istituzióni s'i ni1! patrio Francoforte, si a Milano seconda sua patria; e qui feoe la nuova slrada, e allestì una deliziosa campagna. L'arricchì pure colle «irli, e avreste potuto osser-\;u'\\ lo Ni'ìiirsidi Thorwaldsen, V Eva del Baruzzi, e una quantità dì marmi e tele e acquerelli, attestanti sempre la splendidezza, non sèmpre il buon gusto. A rifar del mio se voi non vi sareste badato piuttosto ad ammirar uno de1 prospetti più stupendi che possano cercarsi, e Parte del giardinaggio che lutto abbellì. Su per Perla, clic ad ogni [tasso vi catogia prospettiva, arrivammo ad un casolare svizzero, donde scendendo fra praterie, e castagni di bizzarrissime ramificazioni , trovammo il Cimitero ben ornalo pe' cattolici del villaggio e per la famiglia acattolica del Mvlius. Proseguendo pel Pian Muro, un annoso castagneto c'introdusse senza accorgerci in altra villa, del signor Galbiati , negoziante milanese. Una, v'assicuro, delle più bizzarre varietà fra quelle delle ville dei lago. Al fondo della vai Menaggio (lo vedeste) scorre il torrente Se-nagra, che i nostri etimologi vogliono interpretare Santi a-nros. Gli fan margine due erte rupi,.fra cui strepita e spumeggia.Ora sull'uno e sull'altra stcndesi questa villa, serpeggiando con accorti sentieri lin al basso, poi risalendo in modo d'offrire graziosi e severi aspetti. Più che denaro ci vuol talento per saper profittare d'una situazione, e indovinare i partiti die possono trarsene, Risparmio di darvenc i dettagli , ma vi sarebbe piaciuto incontrarvi i busti di Pellegrino Rossi e del Fellenbcrg. Il primo, romagnuolo, ginevrino, parigino, poeta, economista, ministro, esallato dal re dei Francesi, assassinato da Italiani a Roma. L' altro, famoso educatore nel Cantori di Berna, Che professava aver dedotto il suo mclodo dal noslro Vittorino da Feltro, e consisteva nel dar poche cognizioni, ma accertale e profonde, e intorno a oggetti noti, rendendo così abile l'allievo ad acquistarne da se, e sopratutto ad avella coscienza degli atti e dei giudzj proprj. Oggi il metodo ò il preciso contrario. Dio provveda ai nostri Irgli. Più in allo, e in modo da esser visto lontanissimo, torreggia il groppo della Clemenza di Tito. Il Cumuli», involto ne'processi politici del 1821, volle palesar la sua riconoscenza a chi lo perdonò collo scolpir questi» .soggetto per cui il solo masso costò 1S mila lire. Noi fini, e morto lui, da 30 anni giaceva nello studio suo a San Calocero di Milano, quando il VAI, HENAGGIO H<)3 GalUiali lo comprò, e fal.icosissimamenle il fé trasportare su questa altura, non senza pensiero di farlo un giorno compirò. Io noi consiglierei. La casa e i sepolcri domestici son collocali a Cardano, con ricordo delle beneficenze usate al paese da quella famiglia, massime conducendovi un'acqua Y'ò pur nolo che dal noslro Menaggio s'apre una valle delle piò pittoresche, che va sino a Porle/za, cioè dal lago di Como a quel di Lugano. L' attraversa una buona strada ila carrozze, risalendo la (piale trovasi in prima Cnocr. In quella chiesuola ho notalo un quadro di stile bisantino, che figura Cristo in croce, vestilo della lunicella, con lettere greche e con fasce di santi, e posante un piede sul calice. Peccalo non ci foste voi per ispiegarmene i simboli, e dirmi se sia forse copia d'altro più antico. 1 pignoni Maria Ratti GalWaV, madre dell' attuale proprietario, arricchì anche la nuova chiesa «li Sun Carlo in Milano colla eappella (li San Vincenzo di Pàolo e il bel bassorilievo del l'andiani, e eolle duo vclrìate dipinte, eseguite dal cavaliere Pietro Begat ti Vaiaticeli!; Segue Cafdatìé, donde sono i Serassi, famosi fabbricatori di organi. Vicino, sulla Senagra stanno forni di ferro ,* e a fianco GhàNDOLA e Co-uocNO, con una delle solite torri quadrate. A Bbmi, il Laghedone si l'orma in tempo di pioggia, e qui un nostro compagno che pizzica di geologo, ne fece notare come ricompaja quel letto stesso di polipaj, che vedesi sopra Varenna , poi nei monti di Sala; che dunque parrebbe formato o prima del nostro Lario o sotto di esso, poi sollevato in una di quelle rivoluzioni telluriche, le quali, simili alle politiche, scombussolano la materia e turbano le vite, ma portai» sempre un progresso. A piò del monte Galbega è il lago di Piano, tre metri sopra il Ceresio e seltantacinque -sopra il Lario Nel secolo passalo si tentò asciugarlo per coltivarne il fondo, e fu fortuna il non riuscirvi, perocché avrebbe lasciato solo un tristo padule. Di là prendendo :'l nord, e' internammo nella silvestre vaile Cavatgua in cui sono Coiuuuo e Corno. Gli abitanti un tempo erano selvaggi e facinorosi. Ai giorni di san Cario uscivano a questuare pel mondo, offrendosi specialmente a servire in chiese, ospedali, conventi; e preso quest'andazzo, divennero famosi spacciatori di reliquie, d'amuleti, di forinole superstiziose, San Carlo venne apposta «la .Milano per visitarli , e con rimproveri e prediche o carità sperò averli tratti al meglio, nienlre stupiva e compassionava il viver bestiale de' valligiani. Esso santo, di cui vedesi l'effigie su tanti tabernacoli qui come in Urianza, volle passare traverso al monte Luzzone, ove tra boschi e ardue rupi sorge una chiesetta antica a San Luzio; fra il hujo della sopraggiunta notte superò la vetta, e scese verso ia vai luganese di Capriasca. Stando a Porlezza, egli aveva conferito il suddiaconato a Paolo Camillo Sfòndrato dei conti della Riviera, nipote di Nicolò Sfòndrato che fu poi Gregorio XIV. Voi ricordale anche troppo che questo papa, nel 15*90, avea spedito alle guerre civili di Erancia .suo nipote Ercole Sfòndrato, barone di Vallas-sina e conte della Riviera. Profittarono della costui lontananza i Cavar-gnoni, e calali al Jago devastarono le spiagge, e saccomannarono il palazzo sulla punta di Hellagìo. Accorse il barone Ercole; dalla Vailassina e dal lago adunò molli prodi e mise in caccia i Cavargnoni. Ma nel Di eccoli di nuovo a guastar i dintorni di Como e di Menaggio. I nostri riuscirono a rinserrarli in Carato, ma essendo per caso passata una barca corriera, che per sottrarsi al vento rasentava la costa , i Cavargnoni a fucilale la costrinsero approdare, e salitivi, si trasferirono sull'opposla riva a Pognana, donde pei monti a Erba e in Vailassina. Rincacciati per tutto, in mezzo al borgo di Asso attaccarono fiera mischia, e i Cavargnoni in piccoli drappelli si ricoverarono sui monti, poi passato il lago, si rannodarono in Val Sa Ss in a, c di là sullo stato Veneto. Ad istanza del governo YAl.CAVAlUi.NA 1197 lombardo furono imprigionali, e#a Milano impiccati sommariamente, corno si fa dopo le rivoluzioni, e alla lino anche il loro capo, che intitola vasi il Conte Antonio. Anche il cardinale Federico Borromeo trovava in Val Cavargua una particolare ribalderia. Taluni uscivano fìngendosi nun/, j e legali pontili/.j ; e ingannando i gonzi, che son sempre numerosi, scroccavano onorificenze e "denari. Oggi i Cavargnoni sono mitigati, e poverissimamente vivono de1 prati, de'boschi e del contrabbando. Se vedeste che lugurj per case! Il vostro Gessner non avrebbe a tesservi idilj, e solo li lodava un pittore nostro compagno, il quale esclama Oh bello ogni volta che noi diciamo Oh che mina, Oh che squallore. Beilo però anche a noi profani è sembrato lo spacco, da cui il torrente Cucio sgorga, avendo corroso la rupe all'altezza forse di 70 metri. Lo traversa la strada su fantastico ponte , che voi avreste certamente schizzato sul vostro album. L1 amico geologo mi faceva notare il calcare a strali inclinati a mezzodì, riposanti sul gneis e su scisti micacei e porfido. La Valle possiede vene di ferro, fame, piombo. Procedendo per la vai Menaggio si arriva a Voiu.rm, terra ricca di Fortezza. Illustra:, ttel I. V. Voi. III. 131 vigne, gelsi ed ulivi : capo distretto, con i 220 anime, collocata in riva al lago di Lugano, e dove vedemmo approdar il battello a vapore. L'antica Porlezza fu coperta da una frana del monte Galbcga, dalla quale vedesi ancora sporgere il campanile di San Maurizio. Un tempo uscivano di qua moltissimi pajolaj (mognan de Porlezza); ora v'ò qualche industria, e un forno di vetro dei Campioni. Tornati a casa, sentii le mie mani ancor profumate da una foglia "di geranio, stropicciata nella villa Mylius. Quell'arbusto vegetava tanto lontan da me;io l'avea rispettato, non levandone che un soave profumo; e quel profumo, senza toglier nulla ad esso, erasi attaccato alle mani d' un' a-mica, e lo seguiva da lontano per dilettarla, e rammentarle un pezzo il fiore da cui emanò. Profumo dell' anima 6 la memoria : e voi, o amico........ Qui la colta signora dava nel sentimentale, che al pubblico non garba più. Noi sostiamo un tratto in riva al lago di Lugano , e diamo una scorrazzala ne'contorni. Alla dritta di esso prolungasi quella che si dice Valsolda, con torrente di egual nome, ricco di trote. Si stende essa da Cima a Gandkia, terra svizzera, per forse due miglia di terreni a monti e a selve e in parte a bellissima coltura. Sa* Mamete era un tempo unica parrocchia, e vi sedeva la giudicatura della valle, le cui altre terre erano Ckessogso, Casarico, Aluogasio ed Oria al lago; e sul monte Ai.no-uasio superiore, Castki.i.o, PiiiiA, Dasso, Prano, Puria die i natali a Pellegrino Pellegrini Tibaldi (1527-42), che alcuni vorrebber nato a Bologna, dove certo passò la fanciullezza con suo padre capomastro alla fabbrica di S. Petronio. Il Bagnocavallo gli diede a copiar le sue opere nel refettorio di San Michele in Bosco, poi lo menò seco a Roma (1547), e ne fe un pittore alla michelangiolesca come allora volea la moda. Dipinse in S. Luigi de' Francesi, e in Castel Sant'Angelo e altrove dietro a cartoni di Daniele da Volterra. Protetto da monsignor Poggi, fu da questo spedito a ornar a Bologna il palazzo che già fu dell'istituto ed ora Università, e le storie dell'Odissea che ivi esegui, e quelle nella chiesa di San Giacomo, dai Caracci faceanlo chiamare il Michelangelo riformato. Il suo gusto introdusse poi in Spagna, dove dipinse 1' Escuriale, guadagnando (si disse) 100,000 scudi. Miglior rinomanza lasciò come architetto, e presto fu ingegnere in capo del ducato di Milano e del duomo, prediletto da san Carlo, che da lui fece fare le chiese di San Fedele e di San Sebastiano in Milano, della Madonna di Ho e di Caravaggio, l'edicola del Lazzaretto, il secondo cortile dell'Arcivescovado, ed altre. Aggiungiamo ad Ancona la loggia, a Bologna il palazzo e la cappella Celesi, a Genova la casa professa de' Gesuiti, e sul nostro lago le ville Gallio a Como, a Gravedona, VALSOLO A 1199 al Balbiano. Filippo li, che chiamollo a Madrid a fabbricar P Escoriale e il Palazzo vecchio, lo colmo di doni e d'onori, erigendo per lui in marchesato, anche la Valsolda donde suo padre era uscito povero muratore. Grandioso ed armonico nei concetti di franca sprezzatura nel decorare, si da qualche volta raggiunger il nuovo, non la cede a verun contemporaneo. Di Paria è una famiglia Dal Pozzo, donde a Verona, nel 1741, nacque Paolo, valente architetto in Mantova, ove fu maestro nell'accademia il 1772, e coi libri e colla pratica combattè il barocco. Di Castello fu Paolo Fontana, architetto dell'ultimo re di Polonia. Carlo suo figlio, buon ornatista e frescante, dirigeva la scuola di disegno, in Valsolda istituita da Domenico Pozzi; fregiò a Milano le chiese di San Simpliciano, Sant'Eufemia, San Tommaso; a Varese San Vittore; le ville reali di Raco-nigi e di Monza; e sul lago di Como la villa Curier, le Raimondi all' Olmo e a Fino, e da ultimo Io scalone di casa Frizzoni. Morì di 50 anni il 183G. La Valsolda era sovranità temporale e spirituale dell'arcivescovo di Milano. Ad ogni nuovo eletto, i deputali della valle giuravangli fedeltà come a conte e padrone, e si nota che di tal sovranità era talmente geloso san Carlo, che, mentre ne' suoi editti non metteva alcuno de' titoli, ond'era fregiato, e neppur quello di sua famiglia, vi preliggea però sempre Dominai Valtis Solidai. Tutta P imposta della valle riducevasi a lire 220 che pagava all'arcivescovo, 20 ali' auditore, 2o a casa Archinto, 300 al ducato di Milano ; per rendita principale aveva l'affitto del lago, che dava da lire 190; e spendea meno di mille lire l'anno. Il podestà annualmente eletto era approvalo dall'arcivescovo, e giudicava in prima istanza ; un consiglio di probiviri formavasi da due per comunità, e giudicava in seconda istanza ; la suprema decisione restando all' arcivescovo, che la rimetteva per lo più all'auditore, e che di tempo in tempo vi mandava un sindacatore. Giuseppe II obbligò l'arcivescovo a rinunziare a tale dominio, e in nome dell'eguaglianza tolse qui pure la libertà. Gli statuti di Valsolda furono fatti sotto l'arcivescovo Ottone Visconti nel 1276, rifatti nel 1303 e 1388 con aggiunte sempre nuove fin al 1710, sotto l'approvazione degli arcivescovi. Ne appare che la gente di colà avea diritto di portar le proprie derrate ai mercati de'due laghi senza pagar dazio alcuno. Statuti particolari ebbe la Cima, per opera di Giovanni conte Busca della vai di Lugano, Locamo e sue pertinenze. \ iroo Ramo di Lecco. Strada militare (Distr. X. XV . Il Mitico di Belìag'Ó (livide il lago ne" due rami di Como e di Lecco; questo orientalo, quello occidentale. Del secondo la riva destra è ufi lato del triangolo della Y.m.i assina, a cui appartengono Osso, che vi dà accesso per la cupa Valbrona; poi Vas-knv., Civenna, Li monta, rinomati per eccellenti marroni | V, p a g. 1021). Limonin nel 835 da Lotario imperatore fu assegnata in feudo ai monaci di Sant'Ambrogio di Milano, affinchè dell'olio che ne traevano alimentassero lampade in rimedio dell'anima di lui. Gli ulivi ne vestono ancora le parti più solatie. Al 25 ottobre I8ii il torrente Hegmara causò una frana, che parte coperse, parte min.icciò il villaggio; e la minaccia dun'i finché con solidissimo muro venne trattenuta |,i smossa do" petrolii. La QA)ta sin'stra del ramo di Lecco ò lungheggiata dalla strada militare, eoe partendo dalla porla Orientale di Milano, vien a Lecco; e di quivi, sempre sulla riva e mirabile non meno per vinte difficoltà che per bellezza di prospetti ed esattezza d'esecuzione, giunge a Colico, donde segue per la Valtellina fin oltre il monte Stelvio t. Movendo da Lecco, SÌ trovano la Maddalena e le Caviale: poi la ghiajosa regione della Gcssima, ov'ò angusto e basso il lago; e a cui rimpetlo si apre la Yalmadrera, coi villaggi del ricco M al grate, e dell'umile Vare (Vedi pag. 092), poi una costa tutta sparsa di fornaci di calce e di gesso, che nella notte rilucono come una sequela di fari. Il lago da questa parte è più severo che nel ramo di Como; le pendici scendono a precipizio, o boscose o in piefrnje dirotte; e stupenda varietà di tinte offrono le gradazioni dei monti lontani, di cui fin selle schiere si discernono. Lungo la strada militare scontrasi FAbbaoia, già delta supra Abdttam>, e che nel 833 fu donata dall'arcivescovo Angelberto al monastero bene* dettino di San Vincenzo in Prato; poi Mandello (an. 2fi00) posto in estesa pianura formata dal torrente Neri», che uscendo dalla squallida valle di t a ijuesta, euiiR' alle iiozìuni naturali t fisiche, si serba luogo dopo parlalo della Valli [lina. MANDI-1.LO J;mi| San Giorgio , sposso lo danneggia , o die servo a mnìirii e seghe e ad un'operosa filatura di cotone, e alle superbe filande del signor Keller. Questi, olire avere introdotti entro spaziosi locali gli ultimi raffinamenti del filare, incannare, torcere il prezioso filo, sostituì le macchinette di porcellana al vetro per la torcitura, e del privilegio fe dono agli asili dell1 infanzia di Milano. Il locale è coperto con tegoli piani, fabbricali dal Rossi a Calco; si provede e all' economia e alla moralità, tenendo sole donne ne1 torciloj e preparando loro in comune il cibo. Il territorio sobbolla di vigne e uliveti, ha cave di piombo e di marmi, de"1 quali son le otto grosse colonne del Crocifisso di Como. Fu ai Man-delli infeudato dal Barbarossa nel M CO, per l'ajuto che n'ebbe dopo la sconfitta di C'arcano. Con diploma 0 maggio I 'i8i Giovan Galeazzo dal borgo di Asso concedo a Pietro Del Verme feudatario di Mandello la facoltà di aprirvi mercato ed altri privilegi. L'arciprete Provasi nel 1770 lasciò la propria libreria a pubblico uso. Il palazzo de'marchesi Airoldi era vantato fra i più maestosi del lago. Bella e grandiosa e la chiesa di San Lorenzo, capo d'una pieve di GoOO anime. Mentre il restante di questo lido è diocesi milanese, comasca è Mandello, con Vassena, Olcio, Lierna, Soraana, San Lorenzo, dell'Abbadia, Crebbio. .VI Io32 azzuffaiisi in quest'acque gli Sforzeschi col Medeghino vennero dispersi; un uccidevano Gabrio frate! di Gian Giacomo. im UAA10 IH LECCO A tergo di Mandello, il Moncodine, uno de1 più elevati di questa prima schiera delle Alpi, ergesi a piramide in due vette; la settentrionale, alta m. 2412, dicesi Grìglia; Campione la meridionale, alta m. 2180; entrambe contengono ferro e marmi. Ne sono diramazioni la cima Pel-lagia e il Monte Croce. Ne' crepacci vólti a settentrione, così profondi da dùvervisi calare colle scale, si eternano il rezzo e il ghiaccio. Dello scisto calcare nero di Oixio fu fabbricata parte del duomo di Como, ed or lo forano le gallerie della strada militare. Dopo l'oleifera Lieuna si mostrano le cascale del Fiume Latte, Da una caverna elevata 300 metri, esso versa quasi a piombo le freddissime acque, clie cominciano a sgorgare in marzo, gonfiano quando va più calda l'estate, poi inaridiscono sul chiudersi dell'autunno, derivando dalle ghiacciaje del Moncodine e della Grigna., Narrasi che tre uomini vollero avventurarsi qualche secolo fa, nella caverna del fiume; proceduti forse G miglia si smarrirono, e vagato tre giorni ne uscirono così spaventati, che ne morirono. Di quest'acqua si trae profitto per mulini, per una fabbrica di vetri, e per un filatojo, ed V A RENNA lift è uno de' punti più pittoreschi, mentre di lontano quella striscia bianca spicca tra il verde cupo della vegeta/Jone. Anche la Fonte Uga sgorga da una grotta senza decrescer mai, e dà vita alle artifiziali cascate della deliziosa Capuana, posta rimpctto alla villa Giulia, e fabbricata da Ercole Sfondrato, poi venuta ai Serbclloni. Tutto questo terreno 6 ricco di acque e perciò di vegetazione. Vuoisi che gli abitanti dell'Isola (V. pag. H57), quando la loro patria fu distrutta, ricovrasser a Vauf.nna, e spartitosene il terreno, vi fabbricasser le case loro con una regolarità, che nella parte vecchia ancor si riconosco alla equidistanza delle vie o piuttosto scalotte scendenti al lago , e all' angustia uniforme delle abitazioni, tutte di tre finestre. Nò altre vie che scalottc v'aveva allorché fu aperta colla spaziosa e piana strada militare, tagliata nel calcare nero. Forse quo'profughi vi portarono il rito patriarchio che a lungo qui durò. Gli arcivescovi tenner il dominio di Varcnna fino al 1310. Già nel 1288 la chiesa di San Giorgio era collegiata e plebana di sette chiese, e tuttora spetta alla diocesi di Milano, formando un vicarialo in luogo, di poco più di mille anime. Nel contiguo oratorio son alcuni quadretti dell'età giottesca, notevoli anche per le cornici, e nella sacristia e dietro al campanile son due iscrizioni gotiche. La grandiosa villa degli Isimbardi è ridotta ad albergo, e quasi in abbandono il Monastero, situazioni cosi prelibate,che,a tacer gli agrumi, ogni anno vi portano fiore le agave e le juche. Anche i Venini vi hanno case e giardini d'incomparabile postura. Situato com'ò il paese drittamente incontro all'occaso, è l'ultimo a perdere il sole, locchò il farebbe delizioso nell'inverno, se non fosse altrettanto esposto ai venti. La gente vive di nauti e di pesca, e il proverbio le fa dire: « Varcnna sopra uno scoglio, del mio non ho, del tuo non voglio, ma piena son d'orgoglio ». Vi si lavorano, principalmente ad uso di camini, i marmi qui abbondanti, cioè il nero spalico, l'occhiadino, il bindolino, la lumachella. Salendo alla dritta del fiume si trova Perledo, la cui torre sull'altra riva presso Vezio e in prospetto del lago è attribuita dalla tradizione a Teodolinda , che dicono qui si ritirasse negli ultimi suoi anni. Antico è il campanile restaurato: la chiesa di San Martino, parrocchiale di 850 anime, e capo d'una pieve di 1900, nell'interno forma un ottagono oblungo, e di fuori mostra 1' antichità. Ne dipendono Gittana ed Esino di rito ambrosiano, colle frazioni
  • U fucini' di Lecco, per fabbricar le lamine, mossi da due turbine, che hanno la forza T una di 12, l'altra di 50 cavalli - vapore, e da un volante che può acquistar la forza di 1800. Più di 12 mila quintali di ferro lavora colà il Badoni in un anno fra lamiere e ferri mercantili, occupandovi da 170 operaj. Di Bollano fu Sigismondo Boldoni, morto ancor giovane uella peste del 1030 a Pavia dov'era professore, che descrisse il Lario in buon latino ma di soverchia eleganza, e in ottave la Caduta de' Longobardi. Villeggiava qui allorché sopraggiunsero i Lanzichenecchi. Colpito davvero dal terrore, che ne'Promessi Sposi è fintamente attribuito a don Ahondio, trafugò le sue robe a Bellagio, poi in casa attese quelli) ri-baldaglia ladra e sucida. Un capitano alloggiato nella sua casa, vedendo un cespuglio d'alloro, « Che pianta ò codesta? » gli domandò, < Oh l'uom barbaro (esclama Boldoni). Neppur l'alloro conosce. Che aspettarsi da (al genia, o sante Muse? » Qui nacque pure il patetico poeta Tommaso Grossi (1791-1853) che questi luoghi celebrò nel Marco Visconti; e a lui si sta preparando un monumento. Agli uomini della mia età si stringe il cuore nel vedere a scomparire un dopo l'altro i veterani d'una scuola che ebbe tutta la fatica del combattimento e scarsa la giustizia del trionfo, perchè soverchiata da una più giovane che s'arroga di oltrepassarla, e che la dichiara cascata nell'impotenza. Venne il Grossi in un tempo che nella letteratura studiavasi l'arte per l'arte; senza riconoscervi un apostolato di sincerità e di virtù; idolatrando la torma a scapito dell'idea, vagheggiando il bello senza accorgersi del buono nè badar al vero. Una gloria tutta militare, una politica dispoticamente innovatrice, aveano disposto a quelle sciagurate riazioni, ove del passato si rimpiangono non solo le istituzioni tutorie, ma anche la zavorra e il marasmo. Così avveniva al tornar dei Tedeschi nel 1814; onde il Grossi si levò intrepido contro la sciocca aristocrazia e la pedantesca amministrazione, adoperandovi la satira, che è opera di civiltà allorché non scarifichi l'uomo operoso e le sante intenzioni, ma flagelli l'ostentata inerzia, e l'accidia decorata. La satira però non era il fondo di quel!' ingegno candido, che più d'altro conobbe il secreto delle passioni affettuose, e tante lagrime cavò sui dolori della Fuggitiva, di lldegonda, di Lida, di Bice. 0 dettatori d'oggi, permettete che noi non crediam giorni di oscurantismo e di prostrazione quelli in cui noi, giovanissimi, vedevamo accogliersi Giambattista De Cri-stoforis, Giovanni Berchet, Carlo Porta, Ermes Visconti, Giovanni Torti, Silvio Pellico e il Borsieri e il Monteggia e lo Scalvini, e il Tommaseo, e il nostro Grossi, come bellissima scuola attorno al signor dell'altissimo canto ; scuola che dai vostri predecessori era trattato allora con quel patriotico disprezzo, con cui yoÌ punite oggi gli operosi. Oh lasciateci un po d'orgoglio, forse necessario per sottrarci alle bassezze a cui voi ci abituate. E son tutti nomi che furono esposti ad ire alte e basse; e per rimaner al Grossi, ricordano tutti con quale accanimento gli si avventasse la ciurma libellista. — Povero Grossi; tu non vorresti quest'amara parola, tu che dovesti dolertene in cuore, come d'ogni assalto che attesti malevolenza in una patria che si cerca onorare, ma nè ricambiasti, nè tampoco rispondesti, lasciando che l'ira si stancasse, e confortandoti intanto d'un voto che valeva per quello di lutti. Ma pace e giustizia non potè avere fin quando, rinunziato al titolo di letterato che si difficilmente si perdona, e divenuto il notajo Grossi, stendeva alti colla limpidezza d'esposizione e di concetto, con cui avea narrato di Marco Visconti. Ma queste cose le sapranno gli avvenire; noi soli potremo dire quanto a lui convenisse quel titolo che sempre più si rende raro, il titolo di buono. Buono nelle cure di padre e di marito; buono cogli amici, che tali divenuti una volta, il furono per sempre; buono coi contadini, che ripeteano, « Non troverem più un tal padrone »: fin i concittadini, ultimi a riconoscer il merito, parean dimenticare il bello scrittore, per dire com'egli neppur dagli amici si lasciò trascinare in brighe e consorterie. Allegro, compagnevole, e all'occorrenza riflessivo e confortante, sereno in quelle procelle che abbujano Io sguardo di molti, semplice di gusti, con eguale interesse s'applicava ad una partita di caccia, o a corregger i doveri de'suoi bambini, o alla cura de'bachi da seta; alla lunga conversazione de'suoi amici, all'assiduità delia casa, dalla quale se si staccava un giorno parevagli un secolo ; tanti erano gli addio, tanto il bisogno di tornar presto a quelle ineffabili dolcezze, che nella famiglia Iddio concede a' suoi eletti. Povero Tommaso, la vista della patria tua mi richiama quella fronte equabilmente aperta e serena; quella sapienza velata di tanta modestia; quella soavità inseparabile anche dai momenti più solenni ; ma la tua memoria viva con venerazione nè nostri cuori, o buon Tommaso, e possa servirci di esempio, di conforto ove si pochi se n'hanno, e di tanti si avrebbe bisogno. Seguono terre di greco nome, Delfo, Corinto, Doro, Peonia. Eppure Diluvio non può essere terra antica, poiché è piantata sul ventaglio formato dai trasporti alluvionali del Varrone, torrente pur esso di nome classico, e nella cui valle trovasi un bel marmo bindellino, che imita il cipollino de'Greci; Pittoresco è il castello, accampato sull'orlo de' burroni ; molte case serbano porte archiacute ; e vecchio è il campanile della chiesa parrocchiale al lago, mentre nella parte superiore n'è un'altra di rozza antichità. DEH Vi O. COHENNO 1211 Francesco Maria Magni di qui, vescovo di Milelo, missionando nella Gina vi subì il martirio verso il 1730. Francesco Buzzi (1751-1805) valse assai come oculista, e pel primo nella retina osservò quella che dicono macchia di Sommering. A Corenno serbasi un bel castello, appartenente ai conti Andreani, dei quali restano due monumenti sulla fronte e un nell'interno della chiesa, ove doveva esserne un quarto, tolto per annicchiar la scala dell'organo. Son a lavoro gotico, alcuni con figure e i simboli evangelici, ma l'iscrizione che or vi resta indica solo che, nel 1700, un Andreani li fe restaurare dai'danni di quattro secoli di vecchiezza; peccato che, in tal restauro, siansi levate le epigrafi esistenti. La chiesa è dedicata a San Tommaso di Cantorbery, il che me la fa presumere fondata al tempo che l'uccisione avea reso venerato questo saldo oppositore delle prepotenze regie. V'è pure una Madonna vecchia, e una copia dell'Annunziata di Giotto. A Olciasca, fra due pareti di gneis con mica nero che passa al mica scisto in strati inclini di 50° verso sud, esiste un calcare siliceo quarzoso, clic passa fin a Musso dall'altra parte del lago, ove però è dolomitico: e di esso si fecer in antico a Milano le colonne di San Lorenzo, e modernamente quelle dell'arco del Sempione. Quivi la strada s'interna sotto un monte, da cui sgretolano continuamente sabbia e sassi ; e dietro un promontorio si cela il lago di Piona vasto porto scavato di man della natura, ben protetto dai venti, popolato di pesci e selvaggina, ma senza bellezza nè ornamento. Sulla punta però del promontorio, accessibile pel lago e per uno scabro sentiero, sorge una memorabile badia. Il campanile ottagono della chiesa di San Nicolò, porta un'iscrizione che la dice consacrata da sant'Agrippino nel HO". Poi nel 1252, essendo priore Bonacorso Casanova di Gravedona, vi fu elevato un chiostro, ben degno d'esser visitato, ad archi tondi, con marmi di colori diversi, e colonne e capitelli variatissimi ". 3 In una recentissima Storia dell'are hit o It ura in Italia, del marchese Amico Ti ice i, (Modena 18:17, p. 158) è nominato « l'antichissimo monastero di Piona fra Musso eTrto-pieri sul liume Lario ■ come l'unico forse nell'Italia settentrionale ricordato dell'età ira i fioti e i Longobardi: e la citazione è appoggiala alla nostra Guida ove non è détto se non Che la chiesa fu consacrala nel VI secolo. E gli si metle a paro la chiesa . ili Calco sulla Brianza, vicino a Bevolco. » A p. 187 nomina Periodo nella Brian/a. A p. 3Ì4 4445 COLICO. SASSO RANCIO |»fl5 Colico era stato eretto in contea dai Visconti, e data ai Sanseverino; poi Lodovico Sforza lo infeudò a Gio. Casate suo cameriere: indi, pei reclami de'Comaschi, lo rimise a giurisdizione di questi. Carlo V lo vendette a un Caldarini, donde passò ai Pusterla, ad Anton Maria Quadrio di Tirano, ai De Alberti, infine a un Rubini di Dervio. Restò paese d'infelicissima rinomanza per le febbri che vi regnano, e pel torrente Perfino che lo minaccia. Ora però è il porto più frequentato del lago, approdandovi quanto è destinato alla Valtellina, e i battelli a vapore, e vi si fermano le diligenze, che provengono o si dirigono a Lecco, a Sondrio, a Chiavenna, sicché vi furono edificati magazzini e alberghi; e trovasi necessario un molo più capace. Del suo Piano e de' miglioramenti sopraggiunti diremo dopo parlato della Valtellina. Sopra Colico si erge il Legnone , che tra i monti d'Europa olire la più continuata pendenza, contandosi 2834 metri di£non interrotto clivo dal vertice al lago. Chi ama la caccia, o trovar una flora alpina e nordica, o godere la più ampia vista della Lombardia, salga su quella vetta dalla parte di Delebio, o men incomodamente dalla Valsassina. WVJII. Le Tre Pievi (Distretti VI e VII). Se ora scorriamo l'opposta sponda del lago, sopra Menaggio vediamo Ligomena, Plesio, Naogio lodato per vaghissime donne: Breja il cui santuario ostentasi al vertice d' un cono. A lago, Nodiallo ò riposto entro un seno abbondante di gesso, d'alabastro venato e di scagliola speculare. Pittoresca è la Madonna, con altissimi cipressi. Di qui sporge il Sasso Rancio, cosi detto dal colore di cui lo tinge l'ocra di ferro, che alla Gaeta si cava a gran dovizia, e che agevola la dice: «Un'antica cronaca comasca In rialza alle stelle (!) alcune dipinture dei tempi di Luigi il Buono esposte nel battistero di Gravedona, annesso a S. Maria del Tiglio: le quali sono forse più vetuste; e solo, come fa supporre la stessa espressione della cronaca, fu iti esse così prodigiosamente ravvivato lo smarrito colore, da farle apparire come nuove» Son tanti errori quante parole: eppure l'autore cita la nostra Guido, la quale indica semplicemente « Il battistero, dov'è una pittura che già esisteva ai tempi di Lodovica M Pio, quando il colore per miracolo se ne ravvivò". E vedi qui poco innanzi. Non f.n'-■iamo dunque scalpore quando errori son commessi da forestieri. Illustra-. Cel L. V. Vol. 111. IW fusione del ferro spatico di Dongo. Profonde grotte serpeggianti or in alto or in basso s'internano nelle viscere del monte. La via regina divien faticosissima nello scendere il Sasso Rancio, e una banda di Cosacchi che volle avvcnturarvisi nell'invasione del 1799, andò a precipizio. AIPAcqi aseiua fu stabilita una macchina per tagliare e levigare ad uso di pavimenti e tavolini il marmo che si trae da Musso, da Varenna e dai dintorni. San Siro era feudo dei vescovi di Pavia, e n'erano investiti i signori della Torre di Rezzonico, ai quali ora appartengono le doviziose cedriere di Mastica. Quella famiglia diede alla tiara Clemente XIII e alle belle lettere i conti Antongioseffo e Carlo Gastone (Vedi pag. 1115). La torre da cui traggon il titolo, eretta verso il 1360 come quelle di Corenno e di Barbignano, grandeggia ancora sul promontorio, dianzi abitato solo da lucertole e serpi, or ridotto a delizioso parco. La terra di Rezzonico è delle più antiche, con chiesa dell'Assunta che merita esser veduta, e che governa 1770 anime. È di patronato regio. Varcate le creste di Rezzonico, faticosamente coltivate a viti, e offrenti bellissimi poggetti, giova salire a Cremi \, per vedere un robusto dipinto di Paolo Veronese, donato da un terrazzano nel 1586. e che rappresenta MUSSO. IL MEDEGHINO 1215 l'arcangelo Michele che calpesta il vinto Lucifero; potente contrasto della bellezza celeste colla rabbia infernale. Presso San Vito, denominalo dai due campanili (Duu-ciocchée), è una bellissima cascata, poi si arriva a Inanello, dove un ponte recente si gettò sul torrente Morella. È di qui la famiglia Lena-Perpenti, di cui una signora Candida faticavasi a lavorar l'amianto, e trovava nuove specie botaniche. Lontana corse la fama del Castello di Messo. La postura sua su colle sporgente nel lago tra la Val del Merlo e la Valorba accenna che dovette esser fortificato ne tempi primitivi: in miglior aspetto lo posero i Visconti, poi il maresciallo Gian Giacomo Trivulzio che l'ebbe in feudo e che vi battè moneta, come signor delle Tre Pievi; e che essendosi allora, per T invenzione delle artiglierie, mutato il modo delle guerre, a pie delle torri costruì un baluardo, e tirò due parallele che salivano al sasso. Dippoi se ne impadronì Gian Giacomo Medeghino, e ne fe centro d'una, potenza, che poteva divenir minacciosa ai padroni del mondo. I lavori cominciati compì; dirupò ove fosse alcun poco d'agevole; scarpello verso il monte un fossato, il cui fondo seminò di triboli e stecconi', che tristo a chi vi desse dei piedi; dispose merli, vedette, feritoje con tale opportunità e saldezza, da fare quel luogo inespugnabile, tuttavolta che bastassero l'acqua ed il vitto. Nelle quali opere lin le donne s'affaticavano di forza, animate dall'esempio di Clarina e di Margherita, sorelle del Medici ; la prima delle quali sposò poi Wolfango Teodorico Sittich signore di Altemps, i'altra il conte Giberto Borromeo, e divenne madre di san Carlo. Colà il Medeghino acciarpò un popolo di truffatori e scampaforche, e quelli d' ogni sorta paesani ed avveniticci, che tutte le rivoluzioni sogliono lasciar sulle strade, e che bramassero ricovero e soldo, pronti a far quello e peggio ch'egli volesse. Là entro tutto era vita di guerra: in ogni dove rumor d' armi, accordo di pifferi e tamburi : chi impara le mosse , chi fa cartucce, chi tondeggia palle , chi trae a mira ferma ; e per insegnare a quella bordaglia l'arte difficile e sì necessaria in guerra dell'obbedire, Giangiacomo teneva un consiglio, diretto dall'integerrimo messer Giannantonio da Nava, che alla spiccia rendesse diritto, mentre altri regolavano le finanze. Anche esperti capitani ed artieri avea seco, tra cui Agostino Bamelli da Pontelresa, macchinista di gran nome, che per alzar l'acqua, i ponti, i pesi inventò molti ingegni, pregevoli assai, e più se fossero più semplici. Mezzano di statura, con viso bianco e ilare, guardatura dolce e penetrante, parlar facile e naturale nel dialetto plebeo; vestendo poco meglio che soldatcllo, affabile con tutti, ma severissimo, anzi spietato nel mantenere la disciplina; insofferente del riposo, fantaccino o capitano secondo occorreva, il Medeghino rendevasi molto popolare. Pochissimo dormiva ; i piaceri del senso non cercò ; e negl'istanti di riposo raccoglie-vasi sotto una tenda, e seduto s'un forziere, rosicchiando le ugne meditava e risolveva. Adottato un partilo, e più volentieri appigliandosi ai più arrisicati, gli effettuava con risolutezza. Menando a battaglia, non eollocavasi in mezzo a'soldati, ma da banda ove potesse veder l'ordine o la mischia. Quanto le limitate fortune glielo permisero, usò splendidezza e generosità. Corse le fortune che altrove divisammo (Vedi vol. I, p. 168, vol. Ili, p. 966), dovette aitine cedere con lauti patti il dominio di Musso nel marzo 1532. Il famoso avventuriere, al cui orgoglio troppo era grave l'obbedire un solo istante là dove era uso governare ad una rivolta d'occhi, salpava dal suo Musso ; ma dato appena dei remi in acqua, volgendosi a guatare il suo ricovero di tanti anni, scorge i Grigioni, che impazienti si precipitano a demolirlo. Non sa frenare l'antica baldanzosa volontà, e fattosi porre a terra, sbanda quella ciurma, e torvo impone rispettino il suo nido, tin ch'ei non sia fuori di vista. In fatto sol dopo che la punta di Mandello ebbe tolto di veduta il suo brigantino, si demolì a picconi e a mine quella ròcca. Le ruine, vaste e solide quasi opera romana, ancor sopravanzano , e nel mezzo la chiesetta di Sant' Eufemia durò intatta, come l'anima del giusto fra le tempeste della vita. E chi lo guarda, tristamente medita in che miserabili imprese fossero costretti a sfogarsi l'attività, e il valore italiano. E fu l'ultima guerra nazionale che si combattesse in Lombardia. Gian-giacomo, titolato marchese di Melegnano, ma ormai uomo d'altrui, accettò soldo da' potentati, per combattere la libertà *. i Prima milito sotto al duca di Savoja, servendolo a nome di Spagna, e levandosi lino a mastro di campo, pel favore di Anton di Leyva governatore del Milanese. Ma il marchese del Vasto, succeduto a quesLo (loaC),>vendo col Medici ruggine antica, col-segli addosso cagione di perfidia, e invitatolo a pranzo, dopo un allegro bere il fece arrestare, e lo teline prigione diciotto mesi. E principi e re scrissero in favore di lui, tanto che per ordine espresso di Carlo V fu liberato. Passò allora in Ispagna, ove Carlo V con gran lavore l'accolse, e l'inviò a reprimere i cittadini di Gand ribellati, come fece: si condusse poi in Ungheria a soccorso di re Ferdinando contro i Protestanti: all'assedio di Landrecy si trovò come generale d'artiglieria a combattere contro altri italiani fuorusciti, e sperdenli per altri stranieri il loro valore; in Germania osteggio la lega protestante insiem con altri prodi d'Italia cui la pace e la servitù della patria toglievano occasioni nazionali di guerreggiare ; tu lino viceré di Boemia : sempre insomma ministro alla tirannia. Fatto poi generale della lega |de* Medici fiorentini, del papa, dell'imperatore contro la toscana libertà, moltiplicò gli onori di quella guerra; v m parie sua colpa se oggi ancora il viaggiatore piange la vasta solitudine che CASTELLO di miss M17 .sterilisce intorno alla florida Siena, la allora che" .sin ventarono genealogie per .provarla d'uà ceppo coi duchi ri i Firenze: ina egli polca dire come Napoleone: — La mia nobiltà comincia con ine. Dall'Elba e dal Tibisco non dimenticò esso gli antichi suoi disegni : e dopo il 4547 scrisse per indurre Carlo V a conquistar la Valtellina, proponendo suoi avvedimenti guerreschi, ed offrendosi anticipare all'imperatore meià delle spese ed il dieci per cento dell'altra metà, purché gli venisse in feudo quel territòrio. Non gli diedero ascollo. Sposossi in Milano a Marzia Orsina, figlia del contedi Pilligliano, altro famoso capitano di ventura; e quando ivi morì agli 8 ottobre iH-X'i, il senato vesti il lutto, e fu con gran pompa deposto nella metropolitana, ove si ammira il mausoleo, eretto a lui ed a suo fratello Gabrio, per disegno di Michelangelo e lavoro di Leon Leoni aretino e che costò settemila ottocento scudi. Tanto gli uomini professano sempre venerazione pel valore, comunque adoperalo! 12 8 L AQ 0 DI COMO La mura dalla cresta scendeva lino nel lago, intercettando la via Regina con una porta, distrutta or fa poc'anni. Vedesi ancora il taglio, che a forza di mine e picconi avea spalancato per dominar la valle che scende a Dongo. Il castello sorge s'un colle di marmo saccaroide dolomitico, che servi alla fabbrica del duomo di Como. La chiesa del paese è del 1507: sulla strada si fece un bel ponte, ma e questo e quel di Pianello convenne tenere angusti, pei riguardi militari che impedirono finora di render carreggiabile la strada regina ; lavoro che certo vedranno i nostri figli. Da qui innanzi però la strada può percorrersi con barrocci. Svoltato il capo, si presentano le Tue Pievi, onorato di varie cronache e d'una vivace storia del Rebuschini. Son così chiamati i territori" delle arcipreture di Dongo, Gravedona e Sorico, formanti nel medioevo una di quelle repubblichette, per cui i politicuzzi di corta vista non hanno che compatimento e disapprovazione. ntra nella svizzera valle Ginbiasca. Baemzio particolarmente ha la chiesa ricchissima di pilture d'Isidoro Bianchi e de1 Fiamminghin?, artisti buoni nella decadenza del 1(500. Le donne di questo monte di Dongo (Mori donghi) in una peste del secolo XVI fecero voto di vestir da cappuccine, come i lor uomini aveano veduto le pinzochere di santa Rosalia a Palermo; e tuttora col nome di frate, serbano quel singolare addobbo, abbellendolo con ricche cinture e preziosi collctti di trine. Traversato il piano formato dalle piene del torrente, vedesi Consiglio li Rimo a pie de'monti, e San Gregorio con dipinti del Bianchi, e in alto la chiesa di San Gotardo sulle pendici del Pizzo di Gino, allo 2204 metri sopra il mare; e varcata la valle di Lesto, s'ha innanzi la grossa terra di Gbavedona. Protetta a settentrione dai monti, e a mezzodì aperta verso T amplissimo pelago, i giardini ricchi d'agrumi, di fiori e principalmente di camellie ne attestano la mitezza del clima, benché allo scarco delle Alpi. Un Anton Maria Stampa bizzarro ingegno, passando per cervello torbido, fu tenuto molti anni nella torre di Fuentes, dove, per incantar la noja scrisse in verso alcuni motti scherzosi intorno ai varj paesi del Lario \ e il Regno di Aligera, e la Storia deWinsigne borgo di Gra- ;ì Interpretazione poetica tutta denominaziotie ui varie torre e, luoghi posti in vicinanza del Lario. Essendo inedita, do qualche esempio relativo ai paesi che or descriviamo. F.ra Sorico, anni sono, Popolala e nubi) tei la. Ma per L'aria O per la guerra Fu lasciala in alibandoiio Poiché, miseri) quel loco I,'arine franche a ferro e fuoco . Si nascose per paura Nelle tombe il vulgo imbelle, Onde ancor porla la pelle Del color di sepoltura, E cosi gli puzza il liaio Che nessun può sbrgli a lato... \:\ natura è poi sì ria Di quei monti e ili quel piano, Ohe ivi par che si dian mano IVstilcnziu e carestia, Nò so come o quella o questa Non dia line a quel che rvsta.. . Illustro;, del L. 1". Voi. Mi. 1222 LAGO Di COMO tedona, altre volle repubblica, ove racconta che anticamente fosse detta Laricola, poi Gravedona da Garbatone tìglio di un re Garibaldo anteriore a Brenno ; e che vi sedesse lungo tempo una serie di re e d'eroi. Fuor di queste baje strampalate, diremo che questa terra sostenne figura principalmente nelle guerre repubblicane. Vogliono che Federico Barbarossa, dopo assoggettata la Lombardia, mettesse a governo delle Tre Pievi un Amizzone , uom di rapina e di sangue, che fe diroccare il castello di Gravedona e la torre di Melia, e d'ogni angheria opprimeva i Gravedo-nesi, finche risentitisi lo cercarono a morte, sicché a pena egli potè tra- Iteri di (rote lor provetta L'Adda e il Lario una gran copia, M a la loro estrema inopia Lor tal esca non concede, l'Ili' il padron la vuole intera Da gettar nella peschiera.... L'altra terra è detla Gero, Dalla ghiaja ov'ella è posta, D'asinelio una carriera Sol da Storico discosta.... Poco lungi ha un vasto piano Di terren cretoso e lubrico, D' s'incontra e dassi mano Colla Rezi a il suol insubrico.... Quivi l'Adda in mille rivi Move in giro il piò sì lardo Che se Vada o s'ella arrivi Non discerné «acuto sguardo.... Delle mandre ivi alla cura Sta la lìglia eolla madre: Delle troie a far Cattura Colle rei i attende il padre, Mentre il tìglio esce coli' esca Delle scarole a far pesca. Sol la rana ivi riposa Lieta e snella in pace santa, Sì lor sembra enorme cosa Ruìnar pesce che canta,,., O signori, lutilo come A Dama so sia ri maso Quell' orrendo soprannome Di cui fe poc'anzi acquisto, Del mozzar le braccia a Cristo.... Gravedona è borgo insigne D'alto colle In sulla sponda Qual si pigne vaga diva D'una fonte in su la riva Che si lava i pie nell'onda, E considera nel lago La sua bella e dolce imago — GKAYEDOiNA 1223 fugarsi in Valtellina. Udito poi che Federico, dopo la tregua di Venezia, convogliato da 200 navi comasche tornava pel lago in Germania colle spoglie d'Italia, vollero coglier il destro d'insignorirsene, e assalitolo presso il liume, rapirongli il corredo e le bandiere, e alla chiesa del battistero regalarono la corona imperiale, tutta oro. Il Barbarossa sfuggi a fatica ; ma per ciò dalla pace di Costanza volle nominatamente esclusa la pieve di Gravedona ; che sol più tardi ottenne di parteciparvi. Dappoi questa repuhblichelta affaticò con varia fortuna nelle guerre fraterne , e governavasi con leggi proprie ; godendo molti privilegi. Più tardi fu data in feudo al cardinale Tolomeo Gallio, che fece disegnar dal Pellegrini il maestoso palazzo turrito :i con grandiosa loggia sul lago; e pensano che il cardinale meditasse colà prender riposo dell'operosissima vita, e forse farne la capitale della Valtellina, di cui agognava l'acquisto. Nella sala si conservano seggioloni col nome di varj cardinali; unico fondamento all'assurda tradizione che si pensasse trasferir qua il concilio di Trento. Gli scrittori non ri fina no di lodar le pitture e sculture e gli arredi che vi stavano, e che vennero poi tutti trasferiti a Genova e Napoli dai duchi D'Alvito a cui passò in eredità. Questi mantenevano a Gravedona un commissario , per amministrar la giustizia quivi e nelle pievi di Dorigo e Sorico, infeudale ad essi. Fu di Gravedona il padre Giuseppe Maria Stampa somasco, fratello dui suddetto Anton Maria, oratore e matematico di grido, che coadjuvò al Muratori, e no''lì e rum Ilalicnrnm scrifdores pubblicò il poeta Curnano; come fu editore del Tatti, de'Fasti Consolari, del Si-gonio (1660-1734). 4 statata Grabedonce Lurii lacus et lotius ptebis, nane primum impressa ex dili-gmtia llierongini Stampa spadini generaUs ti,alitala? cumarnm , et Martini Pelli-ziti] grnbedtmcnsiuin Inibii, et ri ri ani.Mediai, anno itilw (Milano da Lodovico Monza). Brano stali fatti e ordinati nel ÌW3. Fra l'altre cose v'è stanziato che il podestà lenga ben aperte e spazzale le vie: che faccia restaurai- i moli ili Doiigo e Gravedona e sgombrarli dalle navi rotte. Nessun barbine rada m piazza 0 in strada. Cuojai e calzolaj non scarnino le pelli in pubblico, uè gettino sulla via il calcinaio o la rusca; ne alcuna donna stia a pettinarsi ea cercare o farsi cercare sul capo in pubblico. Proibito di lavorare non solo la domenica, ma il sabato dopo vespro, e il giorno di sant'Agata; poi per decreto speciale del I47ì-, anche il giorno di san Nicola da Tolentino, le cui virtù erano state predicale colà da fra Paolo ili Castelliate. Ciascun capocasa è garante per se e per tutta la famiglia di obbedir al podestà. Qualunque bifolco memi i bovi per arare nel Comune, deve metter alla lor bocca un cavagno, allineile non guastino le vili. I L'iscrizione dice Plolomceus Gallius enrdinaiis cornea sis trii/in piebium Grabedonce, Surici, Donai come» et domina s t aeri s temile rie m, toni a m cen itotem s e qua tu s, oppnt uni nobile Grabedonce amplissimi* cedibus, Itortis, fontibus exornavit ein\lbitius reddidif. Gaspare Cassola (1743-1815) povero prete stampò poemetti scientifici e traduzioni di fiacca testura. Bartolomeo Casali (1791 1844) morì vescovo di Cremona. G. B. Giovannini, medico illustre in Milano e in Ispagn», e autore di molte opere convenienti all'età, fabbricò a proprie spese, in Gravedona una cappella della B. V. del Soldato, facendovi trasportar di Spagna^una statua della Madonna di Soldad, e metterla in venerazione nel 1688, con ricche suppellettili, e dote per una messa annua. La plenaria di San Vincenzo è forse del V secolo, come mostrano le pareti esterne, ma rimodernata nell'interno, e con vasto portico davanti Cri fitti iti San Vincenzi Kssa posa sovra una cripia di siile lombardo, alla quale scendesi per molti gradini, ampia e a colonne marmoree, su V una delle quali è un resto di pittura antichissima, benchò la cripta sia ogn'anno invasa e talvolta empita dall'acqua del Lago. Vi si uflizia ancora il giorno di san-f Antonio, nel qual atto noi la presentiamo nel disegno. Nella chiesa superiore reslano due lapidi crisliane de'primi tempi ("vedile a pag. 1)06), e il sepolcro del cardinale Ricci. Tra varie suppellettili antiche, ha una casula di forma greca con ricchi e bei ricami : una pace d'argento che potrebb'esscr del 1300; un calice a finissima cesellatura, con molti giri di smalti, più o men grandi, che figurano diversi santi: poi una croce grande, con ricchi ornati e figurine di merito, fatta per Framì-scwtn de Sancto Gregorio de Grabedona. È doloroso che di cimelj che tanto interessano l'arie, non siano ricordate la provenienza e l'età. Più duole che manchi una monografia del vicino battistero di Santa Maria del Tiglio, uno de' più preziosi avanzi di antichità cristiana. Per GRAVE DONA lv2-25 P innalzarsi del terreno^in grazia degli scoli della montagna, o anche per l'elevarsi del pelo del lago, trovasi P edilìzio a livello di questo, talché facilmente è inondato. Presenta esso la forma d'un quadrilungo, cui da Stìnta Maria del Vigilo. ir.; lati sporgono tre absidi pentagono, e sulla fronte un quadrato, nel quale s'apre la porta, e sopra questa si erge il campanile finito in ottagono. L'esterno è corso da pilastrini, uniti in cima da archetti: le sopraporte a luna ebbero dipinti ormai scomparsi, che figuravano la vite ed altri simboli, come simboli sono le mammelle, il sagittario, i lacci d' amore, e altri bassorilievi sull'alto della facciata, alternata di marmi bianchi e neri. Dentro è tutto pietra, corso da una galleria come spesso làceasi ne'battisteri, alla quale s' ascende per una scala nella grossezza de) muro anteriore. Un tempo fu tutta coperta di figure e leggende, che or a pena si distinguono: ma figuravano la storia del Battista e un Giudizio universale : ed a fianco all'aitar maggiore ponno riconoscersi tre strali di pitture, l'una anteriore all'altra ; e anche la più reccnle non ha meno di 5 secoli. Due altari goffi deturpano le 'due absidi laterali : vi si venera un Crocifisso, di remotissima antichità. Interno del Battistèro* La tradizione attribuisce questa chiesa alla solita regina Teodolinda ; eertamente esisteva all'823, quando un cronista francese riferisce, che una Madonna ivi dipinta col Bambino in grembo solendetle in volto per più DOMASO iti? giorni (Ai.voiNfjs, de gesl. Franc. IV. 3). Quella Madonna conservasi ancora sotto vetro, ma guasta dal tempo e da ristauri. In un monastero soppresso nei borgo furono poste di recente le Suore di carità, che educano le fanciulle con felicissimi effetti. Nella chiesa, pure antica e posta in altura, de1 Santi Gusmeo e Matteo, che credonsi decapitati quivi, e in cui onore si la una fiera, conservasi un buon quadro della maniera del Guercino. „ Sopra Gravedona stanno le terre di Traversa, Dosso del Liho, tutto a castagni, Peglio, Li\o In quest'ultimo la chiesa abbandonata di san Giacomo ha piti un; a fresco, portanti la data del 1442 e il nome di Bernardo Somazzi. Un sentiero conduce di là alla Mesolcina. A Peglio lodano un robusto Giudizio universale ed altri soggetti per Gian Mauro Fiammin-ghino, che dipinse dal 1615 al 25, e pose il proprio ritratto nel battistero. Altre pitture sonvi di Antonio Scherino del 1635, di Giovanni Valerio, del Hodriguez, del Caracciolo di Vercana, e così una Santa Rosalia del modo di Guercino, una Madonna luinesca ; oltre la Via Crucis e il Trionfo della morte sull'ossario, fatti il 1715 da Alessandro Valdini. Nei monti di Livo sono i tre laghetti di Darenco , Caprico e Ledo , copiosi di rane. Il Sasso Acuto è tutto a tormaline e colla vetta rilucente. Micacei, talora con graniti sono i monti circostanti e il San Jorio, alto 2139 metri, e nevato per otto mesi. Per questo può passarsi a Giubiasco e al San Bernardino, donde a Bellinzona, e nel 1465 le Tre Pievi fecer riattare questa strada con 200 zecchini, mettendovi un pedaggio. DomasO forma appariscente anfiteatro al lago, con antichi olmi e nuove piantagioni, ma ingratamente esposto alla breva. Ha chiesa collegiata di patronato comunale e vicariato in luogo, con 1500 anime. Vivissimo v'è il commercio di transito, come la filatura della seta, e gran magazzini di legname che vi è condotto dalla Mera e dall' Adda. Furono di qui Giuseppe Menati vescovo di Como, Nicola Ghezzi buon fisico, il musico Ballista Vasquez, e Nicolò Sebregondi, matematico, architetto, ingegnere al servizio del duca Ferdinando di Mantova, ove fablricò il palazzo della Favorita, l'eremo de'Camal'dolesi, la porta di Ceresc ; lavori molto ragionevoli e con sapiente economia, benché fosse il 1620. S'ignora ogni sua condizione, se non che morì nel 1647. In alto si trovano Vernina, Caino, Trezzone, Bugiallo , detti gli Allumici con grati vigneti e boschi e pascione. Sulla riva siede l'arcala. Gkua , villaggio un tempo di gaje villeggiature, or solo di pescatori, principalmente insidiosi alle trote che fregano allo sbocco dell' Adda, e la cui pesca frutta da 100 mila lire l'anno a queste terre. Mostrano un palazzo di casa Giulini, diroccato da montani scoscendimenti. Sonico è P ultima terra della provincia da questo lato. Fu già vasta e popolosa, con prepositura e collegiata; ma via via che i rinterri dell'Adda fecero stagnarvi le acque, il paese divenne malsano, e i pallidi visi dei 600 abitanti invocano provedimento. Sorico è arcipretura, capo d'una pieve di 5000 anime, che abbraccia Bugiallo, Gera, Montemezzo, Trezzone, San Fedelino in capo al lago di Mezzola, e Celico di là del lago. Mcolò Piccinino, affrettandosi a condur i ducali in soccorso de'Ghibellini di Valtellina contro i Veneziani, qui gittò un ponte di legno. Nel 1837 si cominciò una strada che parte dalla piazza di Domaso, e giunge fin al passo d'Adda (metri 7323), passando il Livo su ponte di pietra e P Adda su ponte volante. PiiK della provincia ili (ionio e ile! ttkm III. t .s«U<>ni|jre I8S9. DISTANZE PBR ACQUA FRA I COMUNI IN RIVA AL LAGO DI COMO Illustra:, del i.. v. Voi Iti. Distanze per acqua fr'"**»Uni in riva al lago di Como INDI C E DEL TERZO VOLUME Mèrla di Brescia e sua provincia, per Carlo Cocghetti. L Topografia................patj. 9 IL I popoli primitivi.............., \* III. Dominazione romana. — Il Cristianesimo. — I Barbari . » 17 IV. I Longobardi. — I Franchi. — I re d'Italia ..... 25 V. Il Comune Bresciano............., ^9 VI. II Comune Bresciano si sviluppa. — Guerra di Hudiano . » 39 VII. Guerra tra nobili e popolani. — I Podestà. — Federico IL » 40 Vili. I Malassardi. — Ezelino. — Berardo Maggi...... 45 IX. Tebaldo Brusato. — Enrico VII........., fX) X. Nuove guerre tra Guelfi e Ghibellini. — Brescia si dà a Roberto di Napoli e ad altri; infine alla repubblica di Venezia................■ 52 XI. Assedio di Brescia del 1438 1440.........» 60 XII. Arti, Industria, Scienze, Lettere, Stampa......» 64 XIII. Principio del 1500. — Brescia occupata dai Francesi. — Tenta sottrarsi al loro dominio. — Ritorna a Venezia • 73 1234 INDICE XIV. Eresie. — Processi di streghe. — Fatti varj. — La peste. Pag. 88 XV. Rivoluzione contro i nobili........... » 94 XVI. I Vescovi. — Le chiese............ » 101 XVII. Arti. — Musica. — Pittura. — Scultura. — Architettura. » 118 XVIIL Scienze e Lettere.............. » 133 XIX. Rivoluzione del 1797. — Repubblica Cisalpina. — Re- gno d'Italia.............- . » 159 XX. Governo Austriaco.............. » 168 Nota sul dialetto bresciano........... » 181 I. Provincia. — Statistica civile. — Il Municipio . . . » 185 IL Agricoltura................ »200 III. Torbe. — Marmi. — Miniere....... . . . » 21rj IV. Industria.................. 232 V. Strade. — Acque.............. » 243 La Valtrompia. — Distretto VI di Gardone..... » 258 Valsabbia. — Distretto IX di Vestono...... » 275 Riviera Benacense. — Distretto VII di Salò, X di Gar- gnano, Vili di Lonato.......... » 286 Il Territorio. — La Franciacorta........ » 310 Distretto XIII d'Iseo............ » 327 Distretto XI di Chiari............ » 335 Distretto I di Brescia............ » 344 Distretto II d'Ospitaletto........... » 350 Distretto III di Bagnolo........... » 352 Distretto IV di Montechiaro..........» 355 Distretto V di Leno.........'....» 360 Distretto XII di Verolanuova......... » 366 Distretto XIV ed ultimo di Orzinovi....... » 371 Cremona c sna provincia pel D. FRANCESCO ROBOLOTTI L Aspetto generale............... » 381 IL La Colonia. — I primi Barbari......... » 386 III. I Vescovi e il Popolo.............» 392 IV. Il Comune................. » 408 V. I principi Italiani.............. » 434 VI. I principi forestieri............. » 450 Serie dei Vescovi.............. » 468 Serie dei Sinodi provinciali o diocesani celebrati nella Chiesa cremonese............ » 471 Serie de'magistrati cremonesi......... » 473 VII. La città.................. » 474. La piazza maggiore............. » 475 INDIGH: 1235 La cattedrale..............Pag. 477 La parrocchia della cattedrale.........» 489 Nota sugli spettacoli e sui costumi.......» 491 La parrocchiale di Sani' Imerio.........» 499 La parrocchiale di San Pietro.........» 499 La parrocchia di SantJ Agostino.........» KOI La parrocchia di Sant'Ilario..........» 504 La parrocchia di Sant'Agata..........» 505 La parrocchia di Sant'Abondio......- . . » 511 La parrocchia di San Michele.........» 512 Note sugli Istituti di pubblica beneficenza. .... » 524 Sull' arte in Cremona............» 526 Vili. La Provincia................• 535 Distretto primo di Cremona..........» 536 Distretto II di Sospiro ...........• 544 Distretto Ili di Casalmaggiore.........» 550 Nola sul governo civile di Casalmaggiore nel 1623 . . » 556 Distretto V di Piadena.............568 Distretto IV di Robecco............579 Distretto VI di Soresina...........» 583 Distretto VII di Soncino...........» -r>92 Distrelto Vili di Pizzighettone.........» 601 IX. La Diocesi.................» 607 X. Il Territorio. — Acque, Strade, Agricoltura.....» 614 XI. H Cielo..................,626 XII. La popolazione........«......» 631 XIII. Le instituzioni civili. — Municipj e Comuni. — Indu- stria e commercio. — Istruzione e beneficenza ...» 637 XIV. Desiderj.................» 645 XV. Necrologie................» 1553 C'Amo c «uà provincia per Cesare Cantu* ed altri. I. La provincia in generale............ * 745 Gli Umiliati............... » 830 IL Contado d'Angera o Stazzona. — Distretti XX e XXI . » 850 III. Gavirate.— Distretto XIX . . ........ » 858 IV. Il Contado del Seprio. — Distretto XVIII...... ,863 V. Il Varesotto. — Distretto XVI.......... » 870 VI. Arcisate. — Distretto XVI1........... , 888 VII. Appiano. — Distretto V............ ,894 Vili. La Brianza................ ,903 IX. Missaglia. — Distretto XIII...........,934 1256 hNDICK X. Meratc e Brtvio. — Distretto XII.......Pag. 949 XI. Lecco e il Territorio, parte del Distretto X..... » 968 XII. La Valsassina, parte dei Distrettti X e XV...... 980 XIII. Oggiono. - Distretto XI — I Frati....... » 992 XIV. La Vallassina, parte del Distretto XIV....... > 1006 XV. Il Pian d'F.rba, parte dei Distretti XIV, XI, I .... » 1021 XVI. Cantù. — Distretto IV. - L'Alciato....... » 1029 XVII. Distretti 1 e 11 di Como. - L'Amoretli...... » 1044 «Illa di ionio XVIII. Como antica............... - 1053 XIX. Como barbara e repubblicana ......... » 1064 XX. Como suddita............... » 1074 XXL I Vescovi ................ » 1090 XXI bis. La città................ » 1097 Il Lago di l'omo. XXII. Il bacino di Torno. — Distretto I........ • 1130 XXIII. Il bacino della Pliniana. — Distretti I e III. Geologia . > ILI7 XXIV. La Vallintelvi e la Comacina. — Distretti VII e IX . » 1147 XXV. Tremezzina e la Poesia. Bellagio. — Distretti III e VII »H72 XXVI. Menaggio e la sua valle. — Porlezza. — Valsolda. — Distretti VII e Vili............ » 1192 XXVII. Ramo di Lecco. — Strada militare. — Distretti X e XV » 1200 XXVIII. Le Tre Pievi. - Distratti VI e VII........ » 12t:t CORREZIONI ED AGGIUNTE AL VOLUME IH. Pag. n tinea 9 (c a pag. 101 e 104) Elaleo Clalèo » 42 ultima colpivo i re colpiva i rei 66 » 34 ed erano morii od erano morti 71 • 10 Agg. La morte del rovatese Taveri fu compianta da Giovila Rapido (1476-1553J e dalla costui scolaresca. II Rapicio, elegante scrittore Ialino, insegnò da prima rctlorica in Chiari, sua patria, indi a Bergamo, a Vicenza c da ultimò a Venezia, chiamatovi dai Dieci. Pag. 7!) nota lì Rosato Rovato . 89 linea 2 Pochi anni dopo trovasi ricordalo un Giacomo da Chiari fra gli anlitrinilarj (Cantù). Pag. % Un. uU. lor volontà la volontà 107 11 disegno andava alla pagina precedente come cripta di san Filastrìo. IH • 'i7 dedicava a monsignor Paganino dedicava monsignor Paganino Ìi9 » 23 Illuminalo Aìguino Aiguino da llrcscia, fra le quali La illuminata de tutti i tuoni di canto /'ermo, con alcuni bellissimi secreti non d'altrui più scritti (Venezia, per (lardano, 1502). Pag. 125 Un. pen. con cui pinsero con cui pinse 128 » 10 Aggiungi L lodato Giovanni Biseo, che abitò a Roma e lavorò nel Vaticano. » 13.1 » 12 ine i ne poserà pure un altro ed un altro al podestà Maggi, il J conio Maggi, che lasciò Lombardi ne farà uno al conto. Annibale Maggi, che lasciò L{S ■ le2 con Baroni coi baroni Antonio Sabalti 131» » 5 Educatosi senza maestri a Venezia, Educatosi senza maestri, a Venezia 141 » 34 Agg. Celso Marlinengo da Chiari, autore di tre opere mediche, fra le quali il Tractati/s ile Metodi* edito in Brescia (tlH), venne ristampalo a Venezia (1SH4), servì molli anni Guidubaldo duca d'Urbino, e fu rettore del ginnasio pubblico di Pavia. Pag. *b1 linea 19 Agg. Intervennero al concilio di Trento i benedettini Marco da Chiari (Orat. depurgai, habila in Condì. Tridcnl. Brlxise 1557), e Isidoro Clario (1497-15U7), dell'istesso borgo, versato nelle lingue latina, greca, ebraica e caldaica, vescovo di Foligno, e autore della Vulgata editi) Vet. et Nov. Test, cum Hebr. et Grccco texlu, adjectis scoi (Venezia, 1S42) e di due volumi di orazioni latine Fauslo Sabeo, nato in Chiari nel 1473 e morto in Roma nel lilo«, fiì custode della Vaticana sotto selle ponleiici, incominciando da Leone X, dal quale fu spedito in lontani paesi in cerca di libri per quella biblioteca. Egli dedicava un volume di epigrammi latini (Roma 15.%) ad Enrico II re di Francia , che lo regalava di 200 scudi del sole, d'una collana d'oro e d'una giubba di velluto paonazzo. Il Sabeo per il primo fece slampare i due apologisti Minucio Felice ed Arnobio. rituslraz. del l. v. Voi. III. IM Pag. 149 linea ili Agg. Encomiato e ristampale furono pure le opere poetiche del cavaliere Giuseppe Golpani (1 738-1822), che era forse della famiglia del padre Timoteo, dotto nelle matematiche, il quale andato missionario nella llezia nel 1702, vi moriva nel 17*:I> di s:; anni. Pag. 160 linea U del XVIII secolo del XVll secolo » 160 • 31! senatore e ciambellano senatore, ciambellano e ambascia- tore a Napoli. • 170 • 4 ed il primo ed il secondo • 173 » 8 nella vale chimica vale nella chimica, ed è conosciuto anche fuori d' Italia. » 1HO • 27 Un beneficò sacerdote, Un benefico [littore di carrozze, . l\»ì » 10 diciannove quadro molte quadre 204 > 10 e se piccolo possidente, è se piccolo possidente, è • iHinota H aggiungi' Il Comune di Rovaio ne possiede la maggior parlo: e nel suo archivio comunale sia l'atto di divisione dell'acqua della Sortola t'usa ira i Comuni ed uomini di Kovalo e dì Chiari, al 28 marzo 13:i.'i rogalo Girardo Gualdelii. Pag. 2!>7 linea 30 Agj. Il nobile Alessandro Cazzago lasciò, alcuni lustri or sono, una sostanza di pressoché un milione perchè si aprissi! in Brescia un collegio maschile, che portasse il nome del testatore. Il vescovo monsignor Vcrzeri aflìdó il compilo di quella istituzione ai padri Gesuiti. Pag. 261 linea 20-27 Gazzolo e Piocuccio son due terricciuole della Nalgobbia lerricciuolc di Lumezzano pieve » W Il disegno rappresenta Vohamo, e non Inzino 276 nota 37 2'*0 capre 200 carri 277 linea 23 Bagandi Bagaudi 27»* • 14 dal Gasano dal Galla io » 2Xfl . 2 Agg. Questa vasta parrocchiale si potrebbe dire un panteon dell'urli. Un manoscritto del 1730 nella Quiriniaiia {Misceli, li F. V. 6) dice del Lucchesi le pitture della volta, e si giudicherebbero del Sandrini. Un incendio le guastò. Il quadro rappresentante san Marco in allo di benedir la ferita a sani' Aniano, che rispettosamente si leva da sedere, avente ai lati san Rocco e sali Sebastiano, e in allo Gesù bambino colla Madonna e san Giuseppe e gli angioli, è ammirabile lavoro del Tiziano. Fu quivi trasportalo nel 1810 dalla chiesa di San'Lorenzo, insieme a quello raffigurante i santi Lorenzo, Pietro e Gìo. Battista, bell'opera del nostro Morello. Neil' islesso anno si trasportò dalla vecchia parrocchia di San Rocco alla nuova di San Giorgio anche la tela che ritrae la contemplazione di san Basilio con san Sebastiano e san Marco, la quale è egregio dipinto del Tintore t lo. Oltre i quadri di questi tre pitloii, che basterebbero ad onorare qualsiasi chiesa, la parrocchiale di Bagolino possiede una pala di Palma il giovane, e altre di Pietro Morone, del cavaliere Celesti, del Rama; un bollissimo organo del Serazzi, e arredi antichi c preziosissimi. Maestoso è il presbitero di questa basilica, e l'altare maggiore è fra i belli che si vedono in provincia. Ila quattro colonnelle di verde antico, e venne compilo sulla fine dello scorso secolo da Tagliani di Rczzulo. 1 lini e lodali lavori di bronzo doralo sono del bresciano Crivelli , quel desso che si fe poi applaudire sui teatri, Il borgo, che presenta diverse singolarità, è ornalo da parecchie belle fontane pubbliche. Pag. 283 linea 20 potrebbe ricordare polrebber ricordare > »23 Or fra due secoli Or fa due secoli 284 • 2 Agg. Sollo Levrange è la caverna delta il Baco dell' Eremila da un rozzo cono stalagmitico. Esplorata teste in parte, questa lunga spelonca fu trovata ricchissima di ossa di animali di varie specie. l'og. '^JO linea 1« Fino dal 1743 Fino dal 1543 • 303 • 31-33 rosso veronese, le sanie reliquie rosso veronese. Le sante reliquie 303 » 3 cartiere come dicemmo da 2300 carK re. Da 2300 CORREZIONI EU AGGIUNTE 1*39 Pag, 307 linea 35 e Voltino. Si trovò c Voltino ove si trovò 310 » 16 Dopo alcuni contratti Dopo alcuni contrasti 313 • 26 400 fanti circa 4000 fanti 316 noia 4 la spalla del monastero la spalla del Montorfano 322 linea 23 fanne parte del Comune 0 della fanno parte del Comune e della parrocchia parrocchia . 323 • 2 (1823) (tttgg) , 19 Agg. A Coccaglio, cornea Chiari, a Rovaio e in alcuni altri paesi, si conserva ancora la vecchia usanza di fare dalla torre della parrocchia le pubbliche gride. Pag. 333 linea 28 Carrano Cara no . • .39 alla pesca colla fabbrica alla pesca ed alla fabbrica 331 • 14 Marazzino,Poxzolo,Riva,Ma3piano Marazzino. Conche Porsolo, Riva, Maspiano, Dislone, Presso e Massellano . ► ult. era il doppio ora 1034 . 333 . 5 Agg. A Vello si macerano nel lago i rami del tiglio, donde si traggono le scorze filaticele che contorconsi a molti slami. Pag. 333 linea 7 verso Lovere, troverebbe una bella verso Pisogne troverebbe una bella e recente strada sulla sinistra e recente strada , passando per diverse pallerio. Alla fig. Strada di Lovere Strada di Pisogne 33H linea H Caslelcovati, Colonne, Castelcovati, Coccaglio, Cotogne. 336 » 19 nel 1679 nel 1799 338 » 14 Agg. Questa parrocchiale ha una bella tela che si reputa del Moretto. Nell'aprile del 1403 il Malalesta dopo fiero combattimento occupava Cologne, Pag. 338 linea 27 Agg. Cimbriole è uominata in antichi documenti, secondo il prete Rola, studioso delle patrie memorie; e nell'archivio comunale di Rovaio io trovai un allo del 6 gennajo 1583, fatto in terra de Claris, Dist. lirix- ad banchum juris dieta' 'l'errai, positum in coni, de Malarengo Pag. 338 linea 30 consta di 40 uomini constava in antico di 40 uomini,ecc. (Ira è composto di 30 consiglieri, tolti dai maggiori possidenti e negozianti. Pag. 339 linea 16 Agg. Se ne approfittarono i Chiaresi, e adunatisi a consiglio nel 1426, elessero quattro dottori, i quali compilarono gli Statuta Clararum, che si conservano MS. nella Morcelliana, unitamente alla descrizione della battaglia del 1701, e ad altri documenti di questa importante borgata. Il podestà di Chiari dovea giudicare secondo quegli statuii, e le sue sentenze erano inappellabili. Doveva essere dottore in legge, ed eragli prescritto il numero delle persone di sua corte. Terminalo il reggimento , era egli sottoposto per cinque giorni a severo sindacalo. Come negli altri stalliti de'nostri Comuni, anche in quello di Chiari si trovano ottime prescrizioni per la conservazione degli acquidotli e vasi d'irrigazione: decretati premj ai fabbricatori di pannilani ; esentati per cinque anni delle imposte personali i forestieri che si stabilivano in Chiari ; e dalle tasse personali i professori di lelleratura e filosofia e le loro famiglie , come pure dagli eser-cizj militari: e così gli studenti. Con queste buone si vedono altre severissime prescrizioni, come sono quelle che puniscono di morte gli adulteri, e condannano i sodomiti ad essere abbruciali vivi. Pag. 339 linea 21 1801 1701 . 540 • 1" incisioni. Agg. Fra le quali parecchie di Al- berto Durer, del Morghen e della scuola olandese. La biblioteca si fa ascendere a circa ventimila volumi. L» slesso Repossi, amico mio, legava morendo ad una famiglia del paese il suo bel quadro rappresentante Luigi XIV e la Vali iòne, opera di llayez. Una tela del Moretto, una dei Campi ed uno stupendo san Giacomo di Michclangiolo da Caravaggio-si trovano presso famiglie di quesla considerevole borgata , che è circondata da doppia fossa, fra le quali corrono i passeggi, ombreggiati da piante esotiche. Pag. 341 linea ì Son degne di menzione la Chiesa di Santa Maria Maggiore a tre navate, di architettura corintia e quella «li San Bernardino, annessa al già convento dei Minori Osservanti, fondato dal Comune nel 1447, riedificato nel 1718, soppresso nel 1810, ed ora luogo di villeggiatura del collegio Cazzago di Brescia, diretto dai padri Gesuiti. Nel 1848 il Comune apriva in quel convento un ospitale militare. Pag. 342 linea 8 Di quest'ultimo, ecc. Leggasi Quest'ultimo, sommo epigrafista, fu anche ottimo parroco e con venerazione ed all'elio lo ricordano i poveri, da lui beneficati, e tulli gli abitanti di Chiari, che di lui giustamente si gloriano. Di iscrizioni mor-celliane è sparsa questa piccola città. Dicemmo di parecchi suoi uomini illustri. Aggiungeremo qui alcuni altri che meritano d'essere ricordali. Primo fra questi Gabriele Man-goni, eletto vescovo d'Albi (Transilvania) nel 1472, e trasferito tire anni appresso al vescovato di Eger (Agria) nell'Ungheria, dal cui re Mattia lo direbbe il Cozzando eletto a primo consigliere. Il Hangoni fu mediatore della pace stabilita nel 1477 fra lo stesso Mattia e Federico imperatore; e nell'anno medesimo Sisto IV lo creava cardinale. Chiari spediva in quell'occasione depulati a congratularsi col Rangoni, il quale cooperava in buona parte alla fabbrica della chiesa parrocchiale, erigendovi Ire cappelle del suo, ed ottenendo dal doge al Comune esenzione di lasse perchè potesse continuare la detta fabbrica. Moriva in Roma nel 118«. Benedetto Rama fu medico e filosofo del secolo XVII ; Lodovico Bigoni (1712-83) stampò poesie e traduzioni; Gioachino Trioli (1734-'I9) M. O. I/educazione delle fanciulle, La piramide politica e V Istituzione etico-cristiana sopra la libertà del popolo di Venezia. Il canonico Lodovico Ricci ( — 1803) ebbe la stima e l'amicizia del dottissimo Zamboni, scrisse le vite di alcuni uomini illustri in italiano e in latino e fornì molte nolizie al Gussago per la compilazione della Biblioteca Vdarense, stampata dal Tellaroli a Chiari (1820-21). Il Gussago fu in quest'opera ajulato anche dal prete Begni , il quale pubblicò un opuscolo sui letterati clarensi, omettendo tutti i mediocrissimi di cui aveva il primo tenuto conto minuzioso. Il canonico Faustino Rho, morlo in Chiari nel 1830, stampò nella sua patria in cinque volumi un'opera sugli Anacoreti dJ Italia (Chiari, Tip. Baronie, 1827), La fecondità della santa chiesa romana ed alcune altre. Pag. 343 linea 13 Agg. A circa un miglio da Rudiftno, lungo la strada che conduce a Rocca Franca, si vede la chiesuola di San Martino, già tempio pagano. Nell'824 vi si scoprirono quattro corpi coll'epigrafc : d . m . vii; . VICTOR!.*; . AUR . VICTOIIINO SECUNDO CALISTO . M . AUR . TII.KX . i I li . F KG IT . Giudicali allora reliquie di martiri, vennero due secoli dopo gettati altrove come profani, per ordine del vescovo Ulderico, che meglio inlerprclò l'iscrizione. A mezzo miglio da Rudiano s'eleva un grazioso tempietto dedicato alla B. V. dei Prati, con bel vestibolo sostenuto da quattro grandiose colonne, riedificalo or sono pochi lustri dalla pielà dei contadini e dalla munificenza del nominato arciprete Grumelfi, il quale legava morendo a'suoi poveri un patrimonio di 00,000 lire. Pag 343 nota II conte Taglia il conte Faglia . 346 linea 31 Montedengo Monledegno • 354 Alla fig. Monumento Ghedi Monumento dell' Al v inno » 359 Hitra 12 e sulla sinistra è sulla sinistra 360 * 25 con 70» abitanti. Èia terra con 700 abitanti, è la terra • 566 • 6 delle quali L. 1,123,279.25 cioè delle quali L. 1,125,279.23 imponi- la più elevata bili, cioè • SII • 7 Brescia. Brescia, soggetta all' imposta. » • nota 119 ti 1|2 per cento. 3 Ij3 per cento. Nel tempo della dominazione veneta la media degli ammazzati era di 6 su 100 morti; e nel 1648 fu di 45. Le uccisioni nascevano per lo più nell'occasione di sagre. A Verolavecchia, territorio CORREZIONI ED AGGIUNTE 12U fertilissimo, la vite in antico era assai più coltivata che al presente. Il gelso vi fu introdotto dal 1620 al 1625. Pag 367 linea 1 onori » 368 nota 122 monsignor G. B. Vertua . 371 linea 11 1858 • 371 . 12 Agg. Si deve specialmente alla signora Caterina Gorno-Ruffoni ed al signor Tommaso Cupis. Ricovera ogni anno 130 infermi. È posto sopra un'eminenza dalla quale I' occhio spazia sopra vasto e ridente orizzonte. L'ospitale offre tutti i comodi necessari per la cura degli ammalali, ed è fornito anche di bagni , ai quali concorrono pure le agiate persone del paese, dietro congruo compenso. In questo, come in altri, prestano la loro benefica assistenza le suore della carità dell' Istituto di Lovere. oneri don G. B. Vertua 1842 alla signora Caterina 372 linea 31 fu citata e su citata è 382 i 1 2 II Serio morto ne bagna i L'Adda ne bagna i confini pe confini per pochi chitoni., metri l'Adda per 27. ivi . 3 4 II Serio e l'Adda ad occiden- L'Adda ad occidente la divid te la dividono da quella di Brescia di Bergamo di Brescia. ivi » 7 per 118 mila ettari per 12 ì mila ettari ivi 21 sei metri dai 4 ai 5 metri 384 Carta topografica — Subbioneta Gabbionata 391 linea V8 padre della padre dalla 393 nota 13 persistenza diritto persistenza del diritto 596 linea 7 contendenti in guerra contendenti e in guerra 401 7 970 870 ivi 13 nescomj nosocomj 407 . 16 l'Oglio nell'Isola L'Oglio e nell'isola iOS » ' 3 Crema Cremona 410 11 palleggiava - patteggiavano 416 21» Ccesaris Coesariis ivi • pen. Torri Torriani 423 7 quello imprigionia quelli imprigiona 426 » 35 de'santi Francesco i frati de'santi Francesco 427 . 4 nel XIV secolo nel XII secolo 429 la nota li va apposta alla linea H della pagina precedente 130 nota 3 ult. Cromoua Cr murna 451 linea 8 cui essi cui essa 452 34 a diluvio. Gride a diluvio gride 455 » 23 vegne vegre 462 » 5 allievo allieve 462 ■ 1 .lancili .fanello 47» la nota 33 va apposta a Sfondruti Nicolò nella pagina susseyuen ili linea ik milanese cremonese 481 * 32 la tela l'affresco 183 • 39-41 Cam h i Cambio 486 6 1267 1227 487 20 quattro indici cinque indici 490 . 54 Slaforino Ste fa ni no 494 1 Galli Campi, opera più perfella di Lanzi, 500 22 Gregorio Giorgio ligi 40 1504 1600 301 li Campi una copia Campi, una copia ivi • 26 ignorante non dovevano ignorante colui dovevano *1W CORREZIONI ED AGGIUNTE Puff. 503 linea 5 Cento Corno 504 12 Benisoli Boni so li ivi < 13 de' Benedettini delle Benedetline 20 1528 1525 505 > 18 occupata dai Canonici occupala dai Benedettini, indi da :;oti » 3 altare S. Agata altare la tavola di sant'Agata :ìio . 55 Ev Et 556 • 28 Hill) 1510 337 . 40 Sebastiano, le quali Sebastiano; queste 562 ■ 25 p. Andrea p. Andres 567 • 5 più che il vero quanto il vero 579 • 30 181,271 15,127 613 • 29 Maksa retti Massarolli 614 • 23 Sahbioneta Gabbionela 616 . a ad alto ad altro ivi • 18 Tregalino Fregalino ivi » 40 o a—Pedratti e a—Pedratti 621 • 7 zappa frumento zappa, quel tanto di frumento «27 • 20 di 99,81 di 35, la massima assoluta di 99,1 652 - 27 i Santi Fabi i signori Fabi 610 ■ 32 70 lavoranti 20 lavoranti «47 . 7 cura la cura e «57 . 17 il cammino il cammino del parroco «72 > 10 Gerneso Gesnero «74 • 18 de Ilumilitate vilae de Ilumilitate, Vita ivi • 53 intitola intitolalo «76 ■ 27 secolo Vili secolo XIII 677 » 30 Baldo riferito dal Caccia- lupi Baldo sulla fede del Caccialupi «SI . 52 Burse Bure «H5 18 Galiani Gabiani «91 • 11 professò professo 692 • 50 dotto detto 694 • 20 della valvola delle valvole 697 • 33 Misentis Misintis ivi • 35 Basaino a Basaino ivi • 53 Muliferis Maliferis ivi « 57 Cabellis Caballis 703 . 1 Allani Allacci 707 » 50,51 immense inaccesse 710 • 5 Possa Porrà 712 . 21 dispuste dispule ivi 22 disperate disparate 713 . 10 si tolga: che lo dichiarò il maggior matematico d'Europa 714 • 19 e di più e de'più 715 • 36 Ceramuel Caramuel 37 di Vercelli di Vigevano 716 • 1« > dei meccanici; aggregati e dei meccanici. Aggregalo 718 • 1 53 probità, politica probità politica . 732. S'aggiunga dopo il Lancettì. Operoso magistrato e scriltorc il conte Folchino Schizzi sin dalla prima gioventù, applicò l'animo e l'ingegno all'amministrazione degli CORREZIONI ED AGGIUNTE (ft&g orfanotrofj e do'luoghi pii della sua patria , a promovere I' educazione civile degli orfani, a migliorare le sorti de'bisognosi, a scrivere sulle riforme e il prosperamento economico degli stabilimenti di pubblica beneficenza Nelle. Tre Giornale (Milano 1824) curando la istruzione e il diletto offri la storia di questi, raccolse '240 epigrafi sepolcrali inedile, e ristampò la tiisperazione di Giuda, di Torquato Tasso, di 89 ottave. Tradusse Il Visitatore del povero del Degerando con Cenni storici sulla pubblica beneficenza nel regno Lombardo-Vendo, e altre opere francesi sull'educazione e la morale, sull'economia e la beneficenza; dettò vite ed elogi storici di Mozart, di Paisiello, di letterati e sulla milizia costantiniana ; poi inni, carmi, poemetti: nel Calomero descrive le opere monumentali erotte a'nostri giorni nello Slato di Parma. Fu di molti ordini cavallereschi, podestà di Cremona, e deputato alla congregazione centrale; a Milano, presedette al liceo di Porla Nuova, alla istruzione ginnasiale di Lombardia, e all'Accademia Fisio-medico-slatistica amministrando gli interessi cittadini in tempi difficili, con Intelletto ed amore. Mori nel 1858 affranto da quelle sciagure, che l'ondeggiamento de'tempi é delle fortune versa sugli uomini di cuore, affezionati più agli altri che a sè stessi. Pag. 73i alla linea 6 ultima aggiungi; tradusse anche le prediche del Cambacerés. 700 nota 2 vesti vestii ivi linea 14 Lieo del potente del polente Lieo ivi 18-19 fadere foedere ivi 23 suppedilavia suppeditavit 8!U aggiungi Clivio, tèrre di appena 730 anime, indica col nome la sua postura, in colle dittico, confinatile col Canlon Ticino, al quale forse apparteneva, so il condii naturale dovesse segnarsi dal torrente Clivio. Il monte è calcare, come tutti i contorni e vi si cavano gessi e marmo. Il fondo del terreno è una pudinga minuta, dura a segno che non occorre far fondamento alle fabbriche, e ricoperto di poco terriccio, che le pioggie dilavano. Un terzo del territorio è possedulo da Ticinesi. Saluberrima l'aria, ma con venti freddi che portano costipazioni e punture. La popolazione esce per attender ad arti e mestieri, principalmente del muratore, e dello scarpellino , dove alcuni diventano anche artisti, come Pietro Cattò, morlo il 1858; Maurilio Cattò premialo all'esposizione in Berna nel 1857; come al ; ri che lavorarono all'Arco della Pace, al Duomo, a San Carlo di Milano. A Natale è bollo veder tornare a casa lutti questi artigiani, alla ecclesiastica unendo la domestica solennità. La parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo in vetta al colle, è ad una nave con quattro cappelle, ingrandita dopo il 1660; e ha una bella Madonna addolorata che già stava in San Carpoforo a Milano. Nell'oratorio della confraternita, quattro buone tavole in legno, su fondo d'oro, gioitesene, meritano che qualche conoscente le esamini. Nello sussidiaria di San Materno, m mezzo all'abitato, è di buon pennello antico una Madonna col bambino , affresco guastalo da un restauro recente. Neil' oratorio di Santa Maria della Uosa son affreschi lodatissuni del 1542, però in gran parte guastali dalla smania dell'imbiancare. Ai morti di San Carpoforo han molla devozione i paesani. Nella topografia della pieve d'Arcisale, il Sormano reca un'iscrizione romana come qui esistente, che dice: — L. Apicio — Brulidio — Soterico - VI viro urb. — questori — ami. primi — cur. prassidi — et Albutise — sex. lil — Exorato ejus — centuria centonar — dolabror. scalorior — L. D. rj fj. _ Or non trovasi più, e credo sia la stessa che il Bombognini dà sotto Besnate pieve di Gallorate, mancante però delle ultime due linee, che il Sormano leggeva Locum Dedit Dinas Ccesar, e noi Locus datus decreto curionum. Ma qui la rechiamo principalmente per quel Brulidio, da cui vogliono derivata la famiglia Albuzzi, diffusissima in questo paese, ripartila in diverso famiglie, anche povere, e Certo un tempo potente giacché, al giorno della Ceriola si distribuisce ancora un grosso cero a tulli quelli di tal cognome, sebben caduti In basso. Giordano da Clivio fu arcivescovo di Milano. Una lapide del 971 rammenta una Ermizada Benigna, madre esimia, generosa coi poveri, compatente agli orfani, sicché si prega Dio a renderle il triplo di quanto donò. Due coperchi d'avelli di granilo, acuminati in mezzo e con anlefissi agli angoli, rovesciali ser vonodi lavatojo e di colatore della calcina. Pag. 895 linea 26 Ponzoni Pozzoni • 950 . 26 nostri giorni ai nostri giorni . 996 . 9 alle generose delle generose • 917 • 21 Cant Canlù * 957 . 8 quella quello . 938 ■> 21 300 600 939 • Il viale alberato Gli alberi non son che desiderio - 942 • 3 a Torrevilla aggiungi: Ila bella chiesa fabbricala nel 1774 a disegni' dell'ingegnere Brioscia: l'aitar maggiore in marmo si fece nel!822: il campanile si ultimò nel 1832, ponendovi campane per offerte de'paesani. Vi aveano dominio i signori Balsamo, da un de'quali diecsi fosse fallo ammazzali' il parroco Martelli nel 1030 perche avea mancato di rispetto a un suo cane. Un avanzo di torre fu distrutto nel 1840 per ampliar il giardino del signor Ratti, e nello scavare trovaronsi condotti d'acqua di piombo e di colto, sepolcri di mattoni; trovaglie non rare nel contorno. Nel 1853 Pietro Merlotti vi aprì un collegio bastante a 20 convittori, oltre gli esteri, ed opportuno alle funi glie vicine e a chi ama la buon'aria. Pag. 1025 linea 8 Moneuzzo Monguzzo » 1028 » 12 Agg. lavatojo e grotti, dove i vicini recansi a liete merende, e a godere il bel prospetto. • 1028 linea 29 Agg. La chiesa di Uggiate fu consacrata il 18 ottobre 1125. • 1134 . 3 Agg. Il duca Giovan Maria Visconti, nel 1417 dichiarava cittadini di Como i mollrasini. . 10S0 • 22 Agg. Nel 1177 Giovanni Caza console, con consiglio e parabola di Giovan Susano, Anselmo di Castello, Ospino Cane, Malaperto Rainbertengo e altri consoli suoi socj, decide una questione di decima sopra un luogo detto Guaslamenilio ad Alinolo. Oltre questo nome, che dà segno come la lingua ilaliana fosse usata lin d'allora, Ira gli assistenti è firmato un Cavalcacani. Del 1172, con carta stesa da Ospinello giudice, si cede ai canonici di San Fedele di Como la decima di segale, melica, miglio, panico, vino, che si riscoleva ad Albiolo. . Pag, 1031 nota 6,1 è està è questa - 1171 la figura del ponte di Chiuso si riferisce alla pog. 987, ove parlasi dela Valsassina. » lltJO linea Zultima compa-ativo compa-rativo » 1187 linea ultima 1850 1857 li'