L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipati f. 4. Semestre e trimestrein proporzione. Si pubblica ogni sabato. I. ANNO. Il vescovo eletto di Trieste-Capodistria. D» Bartolomeo Legat nasceva in Naklas, nel ducato del Carnio, diocesi di Lubiana, il dì 16 agosto 1807, da onestissimi parenti; nipote all'arcivescovo di Gorizia, mons. Giuseppe Wallant. Avviato alla pietà ed alla religione sotto la cura di sì illustre prelato, spiegò vocazione al sacerdozio, ed ebbe gli ordini sacri nel dì 19 settembre 1830. Compiuto nell' istituto Augustiniano di Vienna il corso di alta educazione, venne insignito della laurea dottorale nella Sacro-Sanla Teologia, e coprì nel 1833 in Gorizia la cattedra di dommatica in quel seminario provinciale. Sostenne dal 1834 in poi l'officio di cancelliere concistoriale nella Curia tergestina nell' anno 1837 ; venne eletto a paroco di Santa Maria Maggiore in Trieste, officio nel quale durò fino al 1844, passato poi in Venezia ad assumere il carico di consigliere in quell' i. r. Governo, ed il dipartimento di culto ed istruzione pubblica. Non è di noi il tesserne le lodi, che agli abitanti tutti di Trieste, agli sventurati, ai pericolati egli è assai noto per la pietà; ma non possiamo tacere che per le di lui sollecitudini la chiesa di Santa Maria Maggiore fu ristaurata ed abbellita, costrutto l'abside dell' ara maggiore, decorata questa di pitture, arricchita la chiesa di preziose imagini. Sistema ipotecario nella parte d'Istria addetta alla confederazione. (continuazionii) Ordinata dall' Augusta Maria Teresa la formazione delle tavole provinciali in Trieste, e prescritto quali enti dovessero comprendersi, si provvide all' esecuzione per due vie, 1'una coli'assumere un catastico delle realità, che dovesse abbracciare 1' estensione, i confini, la qualità ed il possesso, assegnando ad ogni realità un numero progressivo; l'altra col mandare a Lubiana persona che apprendesse per pratica le manipolazioni tavolari. Non mancavano alla città di Trieste i catastici fino dai tempi più remoti; ne abbiamo veduti di antichi, possediamo copia d'uno che fu fatto per ordine pubblico nell'anno 1647; nei quali esattamente sono descritti i possessori, e la superficie di tutte le realità del territo- rio; ma altro scopo avevano questi libri; e sebbene formati da autorità austriache, sebbene fossero per realità che stavano entro gli stati dei principi austriaci, erano bene lontani dall' avere quell' efficacia civile, che da antichissimo tempo si attribuiva in altre provincie a siffatti registri. La Città nuova di Trieste, il Rione dei SS. Martiri avevano il loro Grundbucli, ossia il libro fondiario per tutte le realità comprese in queste frazioni di città; vi apparivano descritte le realità, annotato il possesso, annotato l'aggravio, ed ai singoli possidenti veniva rilasciato quel così detto @emal)r6rief, di cui parla anche il Codice vigente nel capitolo dell' enfiteusi. Allorquando Carlo VI nell' anno 1717 risolse di dare vita ai traffici del suo impero per la via di questi Litorali suoi dell' Adriatico, conobbe che ciò non poteva mandarsi ad effetto se non se offerendo possibilità agli stranieri di erigere edifizi e fabbriche industriali, e conobbe pure che negli esordi di novello emporio non potevano lasciarsi i forestieri al capriccio di ostinati possidenti, i quali, come non sapevano sortire dall' inerte vita di piccoli cainpagnuoli, vedevano con mal occhio i novelli venuti che indicavano di ingiurioso epiteto. Carlo VI, risolto di mandare ad effetto il suo divisamento, comperò nel 1731 tutto il terreno che stava allora fra le mura della città (oggidì Corso), il torrente maggiore (che non sappiamo per quale bizzarria lo si dica Klutsch, mentre questo è il nome slavo di un monte lontano dalla città), ed il mare, terreno che formante quasi un triangolo era destinato a novella città. Il terreno venne comperato col mezzo della spropriazione forzosa per causa di utilità pubblica, pagato a prezzo di stima, colmato, ed alzalo obbligando ogni carro di mercanzie che arrivava di trasportare un carico di materiale; carico che venne poi convertito in gabella. Nel 1735 si trattava di comperare anche il fondo dei SS. Martiri più prossimo al porto delle Navi, ma per allora la cosa non ebbe effetto. Nel 1736, 6 giugno, ordinava Carlo VI da Laxem-burg che i fondi destinati a costruzioni urbane rimanessero pel dominio diretto in potere dell' Erario ; che il dominio utile venisse alienato, verso un annuo censo (che poi fu detto censo del carantano), nè fu fatta parola di un' adeale corrispondente al valore del dominio utile. Fu ordinato nlteé in cin orbentfic^cé ®ud) rnn6(ìànb* Itd) JU regtfìrireit di registrare esattamente tutto in un libro regolare. Ordinava l'imperatore che la Giurisdizione su questo nuovo distretto non dovesse spettare al Magi- strato civico (allora anche Tribunale di I." Istanza) sib-bene fino a nuovo ordine al capitano (governatore) nelle cose civili, pubbliche e criminali; al tribunale mercantile nelle cose di sua attribuzione. Il non farsi cenno dell' adeale nel Decreto imperiale del 1736 diede occasione a qualche equivoco che venne anche tolto ; poi Maria Teresa, l'imperatrice medesima, non i suoi ministri o dicasteri non dubitando che il libro dei censi fondiari a Noi avanzato, in data 25 febbraio p. p., sia stato formato colla debita legalità, e colla diligenza dovuta, non titubiamo ad approvarlo; ripromettendoci che la misurazione non ancor fatta di alcune realità non peranco specificate, sarà, quanto prima possibile, riconosciuta, e che non tralascierete di riportare queste realità nel libro, e di riportarvi pure tutti quei cambiamenti che di tempo iti tempo fossero per avvenire. Decreto imperiale 14 marzo 1757. Pure questi non erano libri pubblici tavolari, erano urbari, come li chiamavano, erano libri che ad ogni domino enfiteutico sono indispensabili, quei libri che furono occasione ai libri tavolari. E di siffatti libri non il solo erario camerale ne aveva, ma ne avevano le chiese, i capitoli, i benefici ecclesiastici, il comune, i privati. L' e-rario che ne possedeva, che ne affidava la tenuta, la giurisdizione a pubblici dicasteri, non credeva di avere in Trieste quei diritti tavolari che nell' Istria austriaca avevano 1' altare di S. Antonio, o il bene di Castelliz. Mancava la legge che emanò appena nel 1772; decreti imperiali quali emanarono per l'urbario di Trieste non erano legge pel comune intero. L'impianto delle tavole in Trieste non procedette con quella regolarità e sollecitudine, che forse può a primo aspetto supporsi. Il catastico non venne compiuto che per la città, la campagna venne lasciata ad altri tempi; il catastico non venne dichiarato libro tavolare, come avvenne in Gorizia, ma fu elemento del libro tavolare, fondamento pur troppo in allora non bene certo. Imperciocché i formatori del catastico non bene compresero che la terra, il fondo, erane l'elemento di base, nè compresero come dovesse porsi ad esecuzione la legge che voleva ad ogni realità indicata la condizione sua. L' enfiteusi che predominava in tutta la città (poiché i plebei erano per lo più soltanto utilisti del fondo) avrebbe dato grave imbarazzo; si credette che la legge mirasse ad abolire la divisione virtuale delle realità municipali. L'erario diede l'esempio, e gli utilisti vennero al pieno dominio delle realità urbane, convertito il canone enfiteuticario in semplice debito di danaro, s' ebbe 1' effetto come se la legge avesse dichiarato affrancabili in danaro i canoni periodici, a vantaggio dell'utilista; massima che più tardi veniva pronunciata espressamente per le realità di fondi pubblici, o sotto tutela dello stato. Nel catastico talvolta figurarono siccome corpi tavolari, non già il fondo, come cosa principale, ma sibbe-ne frazioni di edifizi, fatta astrazione del fondo; figurarono perfino diritti personali; dal catastico si trasportarono nei libri tavolari i crediti ipotecari, senz' altro titolo che 1' inscrizione catastale; siccome si trasportarono le passività dagli urbari esistenti. Queste irregolarità poterono appena più tardi togliersi, e le inscrizioni tolte dal catastico si dichiararono semplici annotazioni che appena dovevano convertirsi in intavolazioni entro termine prefisso. Non ci è noto se fosse fissato termine, scorso appena il quale senza reclamo, le prime inscrizioni si ritenessero vere intavolazioni. Gli urbari, anche il camerale, rimasero nella loro efficacia, non però civile che mai ebbero, e che fu data soltanto dalle tavole; il dominio diretto che l'erario a-veva sulla città nuova e sul rione SS. Martiri venne rinunciato tacitamente, salvo il diritto di percezione delle annualità. Quantunque le tavole fossero regolate, pure vi mancava il principale requisito a costituirle tali, il libro maestro cioè, e questo venne ordinato dall'Imperatore nel 1802, compito nel 1803. Nè faccia alcuno le maraviglie che i libri tavolari di Trieste fossero compilati e regolati appena nella decorrenza di molti anni. L' abitudine agli antichi registri dei vicedomini, ai così detti urbari e ad altri siffatti cataloghi preoccupava le menti, nè sì prontamente poterono appropriarsi le discipline e le pratiche tavolari. La patente del 1772 è la legge per Trieste, è 1' unica legge organica che valga ; però chi leggendola credesse di trovarvi sviluppata tutta la teoria, tutte le pratiche tavolari, s' ingannerebbe daddovero, siccome chi pretendesse di conoscere cosa sieno le tavole da quelle conseguenze civili che enumera il Codice Civile. Imperciocché non è del legislatore nè delle leggi 1' esporre la dottrina, la quale è di scuola e lasciata alla diligenza dei privati; ed è assai improprio l'esigere dalla legge la parte dottrinale, quasi fossero i Codici libri d'istruzione. E come nel secolo passato fu necessario di studiare oltre la patente del 1772 anche l'instituzione, di vederla altrove in pratica; così oggigiorno non basta certamente il nome di pubblici dei libri e 1' efficacia loro legale, indicata nel Codice Civile, per comprendere quai libri sieno questi. Le tavole in Trieste non erano estese a tutto il territorio prima che il catastico imperiale fosse portato a compimento, locchè avvenne fra gli anni 1825 e 1830, e questo catastico basato a piano regolare e preciso fu elemento precipuo alle tavole. Però nel completare le tavole avvenne che tutto intero il territorio non venisse compreso. Una parte di questo nelle frazioni di S. Croce era ed è soggetta a censi baronali dovuti al Signore di Duino ; le terre censuarie erano già comprese nell' urbario e nel libro fondiario di Duino, e vi furono lasciate, per il motivo che appartenendo Duino alla duchèa del Carnio, era per legge tavolare autorizzato ogni barone a tenere libri fondiari. E per contrario avvenne che altri proprietari di urbari in Trieste, siccome il convento di S. Cipriano, il vescovato ecc. non poterono tenere libri fondiari perchè la legge tavolare espressamente non li ebbe ad autorizzare; queste medesime persone che nel-l'Istria austriaca tenevano libri con efficacia civile, per beni di natura se non identica, simile almeno a quelli che avevano nel territorio di Trieste, non avevano diritto di tenerne in Trieste. Le tavole di Trieste, migliorate per 1' esperienza di molti anni, per attento studio dell'instituzione, furono portate, e sono oggigiorno a tale grado di perfezione, che non sapremmo dire quale altra tavola provinciale o libro civico o fondiario lo sieno altrettanto; molti vi sono al di sotto certamente. Non sappiamo se tutti i baroni istriani si prevalgano del diritto di tenere libri fondiari, nè in quale modo li tengano. Le voci che corrono non sono tali da prestarvi interamente fede, poiché vi ha chi pretende che molti o non conoscendo o mal valutando questa prerogativa politica, non ne facciano grande caso; vi ha chi pretende che alcuni di questi libri sieno tenuti non diversamente da quello lo sieno i libri delle notifiche, cioè a dire un libro degli stromenti, e vi manchi 1' essenziale dei libri fondiari, il libro maestro ; vi ha chi pretende che meno nelle principali baronie, i libri non sieno tenuti da persone che conoscano l'instituzione. Alle quali voci noi nè daremo piena credenza, nè onninamente la ricuseremo ; diremo piuttosto che la deficienza di transizioni mercantili, la conoscenza privata vicendevole dello stato dei possessi de' singoli non fa sentire la deficienza di siffatti registri. (sarà continuato) Della Fiera di S. Orsola a Capodistria. Già verso la fine del secolo XV concedeva il veneto Senato alla comunità di Capodistria il privilegio a tempo indeterminato di annua fiera per cinque giorni prima e cinque giorni dopo la festa del Beato Nazario (19 giugno) ; da tenersi però fuori della città, libero a chiunque il concorso, ed esclusi solo dal traffico i panni e le stoffe di estera provenienza. Dannoso effetto delle guerre, nelle quali trovavasi avvolta in appresso la Veneta Repubblica, e della peste, che coglieva anche Capodistria, si fu la sospensione per lunghi anni della indicata fiera, finché annuendo il Senato a fervida istanza porretta da Capodistria mediante appositi Ambasciatori (siccome espriinesi la Ducale 18 marzo 1546), rinnovava la concessione del primo privilegio, nuovamente concedendo l'annua fiera, e per quindici giorni continui, dalla festa del Beato Nazario in poi, entro alla città e non più al di fuori; esente chiunque dal pagamento di qualsisia dazio; e salvo alla Comunità di chiedere altra rinnovazione del privilegio in capo a due anni, pei quali soli in allora accordavasi. Nuovamente le guerre sospendevano 1' annuale fiera di Capodistria, e nuovamente il veneto Senato con Ducale 27 agosto 1642 la ristabiliva, salva ulteriore istanza per riconferma dopo due anni, trasportandola al 14 di ottobre, ritenuto il primo periodo di quindici giorni, ed introducendo alcuna modificazione nelle discipline, specialmente riguardo ai dazi. — Così per esempio 1' estrazione del sale, comunque franca da dazio, doveva seguire unicamente per terra e non per mare; 1' olio non doveva sortire affatto franco da dazio, ma doveva pagare due soldi per lira. In ricorrenza della fiera, il veneto Podestà-Capitanio nominava due nobili del consiglio, ai quali, oltre ai soliti due sindici, affidavàsi la giurisdizione di polizia. La fiera, di cui anche in appresso rinnovavasi di tempo in tempo da parte della veneta Signoria la concessione, durava sullo stesso antico piede finché, caduta la Repubblica, veniva, può dirsi, tolta affatto dalle vicende di quegli anni; nè fu prima ripristinata che Sua Maestà Francesco I di gloriosa memoria ne concedesse in data 27 marzo 1818 nuovo definitivo privilegio, ridottane la durata ad otto giorni, e fissatone il principio alla festa di S. Orsola (21 ottobre). Questa fiera è la più importante di tutta l'Istria, e vi concorrono in numero i Triestini, nonché quelli dei limitrofi distretti di Pirano, Buie, Montona, Pinguente, Ca-stelnuovo, ed altri ancora dal circolo di Gorizia e dalla provincia di Udine, facendovi buon commercio di metalli, chincaglie, panni, stoffe, telerie, legnami, animali bovini e lanuti; lo smercio dei quali ultimi, libero a chiunque anche al minuto, non avuto riguardo alla sussistente privativa per la vendita delle carni durante 1' anno, va e-sente dalla comunale sopra-imposizione al dazio consumo. N. D. B. Arco-Acquedotto in Trieste. Sig. Estensore delt' Istria. Avendo Ella nei Nri. 68-69 del suo foglio supposto che io possa essere tra quelli che abbiano giudicato l'Arco detto di Riccardo per Arco di Acquedotto, la prego di voler inserire nel prossimo foglio la presente mia, con la quale dichiaro non avere mai esternato tale giudizio con chicchessia, nè a voce, nè per iscritto, e di non aver fatta menzione di quel monumento che nella pubblica Scuola; non avendolo considerato mai altrimenti, che qual non comune esemplare di studiata economia nel volume dei componenti massi, coordinati con avveduta stabilità. Con tutta stima mi dichiaro Trieste, 20 ottobre 1846. Devotissimo servitore Francesco Bruyn prof, d'Architettura em. Avviamento della navigazione e del commercio nell' Austria Interiore. L'avviamento dei commerci e delle industrie in queste parti litoranee è dovuto alle sollecitudini dell' augusto imperatore Carlo VI; la prima sua ordinanza patente in questa materia si è quella dei 2 giugno 1717 , che fu spesso citata, ma fu da sì pochi conosciuta, che 1' Autore delle meditazioni storiche su Trieste confessava nel 1815 di non averne potuto conoscere il tenore, per quante diligenze avesse usate. Un esemplare di questa ordinanza patente capitò nelle mani del Dr. G. C. Platner, il quale ne fe' dono al defunto Dr. D. de Rossetti, e da questi passò in noi. Giacché ci è accaduto di parlare dei paterni provvedimenti di Carlo VI, crediamo di far cosa grata ai lettori col rendere comune un' ordinanza che ha dato principio a novella vita in tanta parte dell'impero austriaco, un' ordinanza che svela la mente dell' imperatore, ed annuncia i provvedimenti coi quali intendeva di mandare ad effetto le saggie e benevoli sue intenzioni, del cui effetto noi siamo i testimoni ed i partecipanti. La diamo nel testo originale in foglio separato. Stato delle Pie fondazioni nell' Istria già veneta or sono 40 anni. Num. LOCALITÀ DENOMINAZIONE RENDITA Lire ven. : Sol. AGGRAVI Lire ven. Sol. TITOLO degli Amministratori H 1 ] Capodistria. 4. + 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 Tirano Parenzo Rovigno Pola . Albona Fianona Dignano Valle Buie . Montona Grisignana Piemonte Pinguente Visinada Cittanova Barbana. Portole . Umago . Muggia . Isola Ospitale Casa di ricovero detta Ospitale di S. Nazario Ospitai di S. Antonio Ospitai di S. Marco Casa di ricovero detta de' Poveri . . . Ospitale de' Poveri . Due Case de'Poveri idem . . Ospitale .... Ospitale .... Ospitale .... Ospitale de'Poveri . idem . . Ospitale de'Poveri ed Orfani Ospitale de' Poveri detto di Cipriano . . Casa di ricovero detta Arman Ospitale de'Poveri Ospitale . . . Eredità de' Poveri Ospitale de' Poveri Ospitale . . . idem . . . Ospitale de' Poveri Ospitale . . . Ospitale de' Poveri idem Osservazioni. 1. La Casa riceve gli esposti di Capodistria, ma per mancanza di fondi non li nutrisce, mandandoli all' 0-spital della Pietà di Venezia, nel qual viaggio li bambini soffrono molto, e nel maggior numero muoiono. 2. Essa è una angustissima e cadente casuccia che serve di ricovero a otto miserabili femmine. 3. Essa è un angusta, cadente ed insalubre casuccia nella quale si ricovrano delle lorde femmine. 4. La casa riceve gli esposti della comune, ma non li nutrisce e li rimette all' Ospitai della Pietà di Venezia, nel qual viaggio gravemente patiscono e molti muoiono. Li civanzi della Casa vengono disposti dai Proveditori in carità ai poveri e nelle riparazioni del locale. L' Amministrazione per altro merita di essere presa in considerazione. 5. È una miserabile casuccia e li civanzi vengono impiegati dagli amministratori in elemosine a' poveri in danari e generi. 6. Le case sono due, una per gli uomini e 1' altra per le femmine; sono ristrette e passabilmente tenute. Li civanzi s'impiegano ne' ristauri, nella provista di utensili ed in elemosine. 7. I civanzi vengono dall' Amministrazione impiegati nel- 10858 15511 1393 3220 10105 240 117 10799 1314 139 475 6805 132 3425 18 15 13812 1021 218 860 156 86 18 9.8 8 16 16 3 16 13 177 74 68 22 235 12 273 18 5.4 8 17 16 5 Proveditore Proveditori due Procuratore Gastaldo e Governatori Procuratore Procuratore Procuratore Procuratore Presidente Governatore Commissari due Mansionario Esattore detto Procuratori due Procuratori due Proveditore idem 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 1' elemosine a' poveri fuori dell' ospitale. Il locale è infelice. Merita attenzione anche quest'amministrazione. I locali sono infelicissimi. I civanzi vengono disposti in elemosine. II locale è inabitabile. Come sopra. Come sopra. Come sopra, e li civanzi si dispensano a' poveri. Il locale è infelice, e li civanzi vengono impiegati dall' Amministrazione in elemosine in danaro e generi a' poveri fuori dell' Ospitale. Il civanzo viene convertito in cere e donato alla chiesa parocchiale ed il locale è infelice. Il civanzo viene distribuito a'poveri fuori dell'Ospitale. Li civanzi s'impiegano nella dispensa a' poveri, in elemosine di messe, e in 49. 8 per dotazione di povere zitelle. La casa è in desolazione. Come sopra. Come sopra. Come sopra. Come sopra, e li civanzi vengono impiegati in elemosine. Come sopra, e li civanzi vengono distribuiti a' poveri fuori dell' Ospitale. (Trailo da carta del 1806 che sembra degna di fede). Acquedotto antico di Trieste. .li tir. Pietro Kandler TRIESTE. Nell'ottobre del 1843, mentre appunto coli'in allora alunno ingegnere Lorenzutti ini trovavo in missione pubblica per sviluppare in tutto il suo dettaglio il progetto di una conduttura d'acqua per la città di Trieste, traendola dal Risano in prosecuzione della linea dell' acquedotto elaborata dall' ingegnere di Milano sig. Calvi fino a Bagnoli e S. Odorico; nel tempo medesimo in cui le mie qualunque siensi fatiche in merito a studi per conduttura di acque venivano aggradite e datomi segno della pubblica soddisfazione, usciva in Venezia un opu-scoletto col quale si accusava in certo qual modo il comune di Trieste di non pensare a sì pressante e grave bisogno, e mentre tanti progetti erano allora in campo, siccome suole avvenire quando più le menti sono calde per adottare un provvedimento di comune utilità, v' era chi senza prendersi la briga di riconoscere le cose fatte fino allora e da più anni, senza prendersi la briga di riconoscere il terreno e di verificare in quale parte del territorio o dei luoghi vicini vi sia acqua conducibile, suggeriva un nuovo modo di scoprire l'acqua da condursi nella città, traguardando oltre un vano lasciato per risparmio di materiale in un arco antico, ed oltre quel vano dirigendosi in due direzioni diverse verso il Sta-ribrek o Monte spaccato, e verso Bagnoli, o come lo dicono i villici, Bogliunz. Gli amici di cui si servì 1' autore di quell' opuscoletto per trarre notizie e sulle acque nostre e sulle condutture progettate od erano male informati, o ne fecero occasione di celia, tacendo all' autore le tante discussioni e progetti, tra i quali il suo veniva ad essere 1' ultimo in tempo ; e male 1' hanno servito non conducendolo sul terreno a riconoscere la conformazione dei colli, la posizione di acque sorgive, la loro altezza sul livello del mare, per cui 1' autore, rimasto all' oscuro di queste circostanze, terminò col sostenere 1' assunto in un recente opuscolo stampato in Trieste con argomenti, che a me più pratico delle cose idrauliche ed architettoniche che delle dotte discussioni sembrano poco adattati. Il ricorrere ad oscenità mancando a quella decenza del discorso, la quale si richiede non meno nel contadino che nel dotto, non meno nel laico, che nel dignitario, non mi sembra che giovi a provare un' opinione. Ma io non sono letterato, ed avendo vissuto nelle città, ed educato in queste, non ho pratica di un linguaggio, del quale non mi è mai avvenuto di udirne il simile da persone civili nè da persone di quel carattere che 1' autore dell' opuscolo si assegna nel titolo. Però ogni paese ha costumi propri; noi grazie al cielo non ne abbiamo di que--sti, e pensiamo invece che le cose stampate debbano essere tali, che giovanetti e donzelle possano leggerli. Nel primo opuscolo dell' anno 1843 si asseriscono in tuono autorevole cose con tanta precisione, che al leggerle si direbbe che devono esser vere, e fede maggiore ne viene dal carattere che l'autore assume nel titolo. Amo di ripetere qualche brano di quell' opuscoletto. « Fra i molti progetti proposti alla Magistratura di «Trieste, per l'opportuno provvedimento dell'acque, a « nessuno venne in mente che i Romani, tanto provvi- « denti in ogni rapporto, avevano al loro tempo fornita di « acque quella colonia con magnifici acquedotti, — e quin-«di non rivolsero mai il pensiero a discutere peranco « questo mezzo e la possibilità di far rivivere quest' ac-« quedotto. « Ciò derivava perchè nessuno seppe trovarne le « traccie nella città......eppure la cosa era tanto vi- « sibile a tutti i cittadini, che non poteva essere più ma— « nifesta, quale -si vede nell' Arco di Riccardo____vero « e reale acquedotto antico romano. « Ora avendo noi un certo fondamento ed un punto « fisso di partenza, non sarà forse difficile scoprirne 1' o-« rigine di questo acquedotto e ricondurne le acque al « suo antico destino a benefizio della città. (pag. 24, 25) Modo di scoprire la vera fonte. «.....Il Municipio----avendo di già rivolte le «proprie cure a tante indagini, non dovrebbe porre in « obblio anche la presente. — Col mezzo de' suoi bravi « ingegneri (quelli che nè seppero ravvisare nell' Arco « di Riccardo un acquedotto, nè rintracciare una sorgen-« te, ed ai quali mai venne in mente l'acquedotto ro-« mano) converrebbe far rilevare 1' altezza dalla base « del canale acquedotto al livello del mare e con questa « livellazione progredire verso levante alla direzione di « Siaris a sette miglia ed a distanza di tre a Starebrech « (che è tutt' altra direzione) dando alla livellazione il « declivio di pollici sei per ogni 100 piedi, o di due « piedi per ogni 1200 pertiche, o secondo la regola ge-« nerale, di 2 pollici per ogni 400 tese secondo Milizia. (pag. 28) « Quest' acquedotto darà così per ogni minuto pinte «o boccali 1,296, che sono per ogni ora pinte o boccali «77,760, che sarebbero boccali 1,866,240 in un giorno ». Se tali rimproveri meriti il comune di Trieste, e le persone che erano incaricate di fare progetti per condurre acqua, io noi dirò a Lei, che è a giorno della nostra operosità, nè Io direi ai nostri cittadini; ma quel libercolo non fu destinato per noi soli, ma per altri lettori, che non possono risapere le cose come sono; io quindi ricorderò qualche circostanza dell' avvenuto. L' acquedotto, del quale 1' autore di quell' opuscolo suggerisce il modo di scoprimento, è assai noto. Allorquando nel luglio 1835 l'ingegnere Calvi di Milano fu chiamato per progettare una conduttura da Bagnoli a Trieste, ebbi 1' onore di essere delegato ad assisterlo con tutte le indicazioni di che abbisognasse, e vi fu incaricato il perito G. N. Semetz, molto pratico del territorio ; ed ambidue fummo posti agli ordini del prelodato sig. Calvi. Noi dovevamo riconoscere sul terreno i due tipi di planimetria ed altimetria che segnavano 1' andamento visuale dell' acquedotto romano, di quell' acquedotto di cui parla il P. Ireneo nelle sue istorie; ed a questi piani rilevati nel 1815 dal cavaliere Nobile consigliere aulico delle fabbriche era unita copia di una memoria dello stesso cavaliere. L'ingegnere Calvi non partì già dall' arco di Riccardo per andare in traccia delle sorgenti, ma si recò invece a riconoscere le sorgenti medesime, le quali essendo le uniche nel territorio di Trieste che stieno sopra il livello del mare, non era possibile di prendere equivoco. Le sorgenti di Staribrek, delle quali fa menzione il Manarutta, non esistono che in fili sì meschini da non potersene fare calcolo. Nel dì 29 luglio si fece la verificazione delle acque di Bagnoli o Bolliunz, anzi la si rinnovò poiché fino dal 1827 erasi progettata la restituzione dell' acquedotto romano, e periodicamente s'erano fatti esperimenti sulla loro abbondanza, e posizione sopra il livello del mare. Di queste sorgenti, due sono quelle che dai villici si dicono di Klincizza, nome che il benemerito Dr. de Rossetti traduceva in Fonte Oppia dall' albero oppio che in islavo dicesi klen, e di questa fonte che può considerarsi per una sola, cantava nel 1817, quando nell' occasione dell'imperatore Francesco I in Trieste faceva voti per la restituzione dell' acquedotto romano, voti che rinnovava in formali istanze nel 1827 in occasione di straordinaria siccità. Queste sorgenti stanno a 52 klafter viennesi sopra la media marea, e nella più perseverante siccità dànno la quantità di 25,000 piedi cubi austriaci ogni 24 ore. Altra sorgente è quella che chiamano Podjama (alla grotta) , la quale è a 32 klafter di altezza sulla bassa inarea e somministra 52,000 piedi cubi in 24 ore. Il conte Lovacz, governatore, aveva fatto allargare nel 1803 l'ingresso della sorgente, allorquando pensavasi di condurre acqua nella città. Oltre queste sorgenti vi sono quelle di Dollina, tre di numero. La superiore è per 66 klafter elevata sopra il mare, ma é soggetta a diseccamento. La media sotto la chiesa è 53 klafter alta e somministra 10,800 piedi cubi in 24 ore; l'infima al molino è alta 34 klafter e somministra 25,000 piedi cubi in 24 ore. Nelle prelevazioni altimetriche fatte dal Calvi fu riscontrata la traccia dell' acquedotto romano in tutta la sua lunghezza, meno i tratti diruti e distrutti, ed in tale circostanza fu anzi riconosciuta 1' esistenza di un ramo parziale dell' acquedotto medesimo, cioè quello da Dollina a Bagnoli, ramo di acquedotto del quale non si aveva cognizione, e che non venne a giorno nell'occasione degli studi del cavaliere Nobile del 1815, nè delle esplorazioni fatte nel 1827, ramo che all' Ireneo e ad altri era sconosciuto. Le diverse relazioni di queste sorgenti di Klincizza, Bagnoli e Dollina fra loro, e relativamente al comune punto di ragguaglio col pelo della media marea, le trac-cie che tuttodì si ravvisano incominciando dalla presa delle acque sino ad uno dei serbatoi esistenti entro la città, poterono guidare il cavaliere Nobile, sino dall' anno 1815, a tracciare l'andamento dell'antico acquedotto romano, con precisarne i punti di partenza, di passaggio e di erogazione, sconosciuti al Padre Ireneo, e spontaneamente si offerirono alle investigazioni successive nel 1835 dell' ingegnere Calvi nelle sue operazioni altimetri-che per fissarne inalterabilmente tutta la conduttura principale e coli' appoggio di molti tasti di terreno operati in vari incontri anche per quelle parziali. Sull' appoggio di questi rilievi si dimostra : Che gli antichi costruttori dell' acquedotto ebbero in mira di tradurvi le acque di Klincizza, di Bagnoli e di Dollina riunendole alla più depressa sorgente presso il villaggio di Bagnoli, laddove eravi il Capofonte, collo specchio delle acque, come già precisato, 32a klafter più elevato della marea media. Da questo capofonte dipartivansi due rami. Quello a sinistra per Klincizza aveva una lunghezza di 700° klafter ad una pendenza totale di 20° klafter, ciocché dà una caduta d' acqug di 30 approssimativamente sopra mille. Quello a destra per Dollina aveva una lunghezza di 190 klafter nel tronco superiore della sorgente sotto la chiesa fino alla sorgente al molino, ed una pendenza di 19° klafter, ciocché dà una caduta d' acqua di 100 sopra mille. Quindi ambedue queste sorgenti riunite, un ulteriore lunghezza di 800° klafter fino al capofonte in Bagnoli con una pendenza di 2° klafter, ciocché dà una caduta d'acqua di 2'/a sopra mille. La disparità di relazione nell' assegnare le pendenze parziali di questi rami dànno prova che i costruttori dell' acquedotto approfittarono della inclinazione naturale del terreno nella linea più breve e più economica colla quale giungere al capofonte, sebbene per essa sia di gran lunga sorpassato ogni limite assegnabile ad un condotto d' acque ; però aggregate tutte le sorgenti nel piano di Bagnoli, erano condotte a costa delle colline che si estendono dall' oriente all' occidente assecondandovi scrupolosamente tutte le sinuosità, in modo, che l'acquedotto rimanesse costantemente ricoperto dal terreno; circostanza che obbligò la linea a percorrere tortuosa ed anche in molti punti viziosa ed a scapito della caduta. Questo tratto di conduttura da Bagnoli fino sull' altura della via della Madonnina di fronte alla via S. Michele, dove eravi un ultimo serbatoio, ha una lunghezza sviluppata di 6200 klafter ed una pendenza di 83/4° klafter; ciocché dà una caduta d'acqua l2/5 per mille. La quantità d' acqua che mediante la conduttura romana poteva tradursi a Trieste era quindi : Dalla sorgente di Klincizza 25,000 piedi cubi — — di Bagnoli . 52,000 — — — — di Dollina . 35,800 — — Assieme in 24 ore 112,800 piedi cubi ossia pressoché 67,600 emeri d' acqua in ragione di 40 boccali all' emero, e questa quantità era scorrente in un cunicolo artifiziale fondato sopra muratura a sacco, legata con ottimo cemento, sulla quale propriamente si ergeva il canale praticabile coperto a volto a pietre arenarie di piccole dimensioni, greggiamente riquadrate, ma condotte a filari orizzontali possibilmente, e tali che all' aspetto primo sembrano di muratura in pietra da taglio. Lo speco dell'acquedotto era costantemente intonacato con cemento eminentemente idraulico, lisciato, aveva una sezione di 2 piedi sopra 1'/a d'altezza, non compresa la muratura superiore che fino alla chiusa del volto aveva per luce interna di tutto il canale conduttore 4 piedi e mezzo di costruzione assai antica. Interessanti osservazioni possono tuttora farsi sui tratti che ancora integri rimangono di quest' acquedotto, nei quali secondo la loro minore o maggiore pendenza si ravvisano delle incrostazioni calcari, dei sedimenti argillosi, vegetabili, talora della grossezza di 4 pollici, e talora non lucenti. Dall' altura S. Michele era 1' acqua condotta con forte depressione attraverso le campagne, ora dei signori Milano, Cosolo, Eisner, Ditta Wagner di Berna alla Cereria fino al così detto fontanone vecchio, dove ancora vi esiste un depositorio, nel quale probabilmente 1' acquedotto metteva capo, e dal quale sotterraneamente lo si può percorrere per una lunghezza di 150° klafter ed esaminar parecchi visitatori e sfiatatori. Le acque che mediante la conduttura antica venivano portate alla città, non erano le più pure; una base attica colossale ricuperata allo sbocco dell' acquedotto, sebbene distante 7000 klafter dalla sorgente e da molti secoli non più in contatto colle acque della sorgente, era tutta incrostata di stalammiti; simili incrostazioni si trovano dappertutto sull' intonacatura dello speco dell' acquedotto, e sebbene da secoli esposte all' aria atmosferica, non si sciolgono. Acque tali che nessuna sta-lammite facciano, non si trovano nel territorio di Trieste in nessuna parte, ed anche altrove sono rare; e se l'acqua di Siaris ossia di Bagnoli o di Montecavo fosse passata per l'arco di Riccardo ve ne sarebbero traccie visibili, come lo sono a Salona; uno spandimento sarebbe stato inevitabile. Ma quell' arco nel interno è disposto in modo colle pietre ancora intatte che un passaggio di acqua condotta non è possibile, nemmeno con fistole di piombo, e chi vuole persuadersene vada a vederne l'interno. Allorquando nel 1815 venne disegnato e studiato quell' arco fino alle basi che furono denudate, cadde il sospetto e fu riconosciuto il contrario ; e più che tutto, prova il contrario la presenza dello speco dell' acquedotto a breve distanza. A' piedi della presente le segno lo spaccato dell' arco di Riccardo, dal quale Ella e qualunque potrà scorgere se quel vano fosse destinato ad acquedotto. L' autore dell' opuscolo vi ha veduto lo speco nel modo stesso come ha veduto le colonne dell' arco, che non ci furono, nè ci sono. Questi vani lasciati negli archi a risparmio di materiale e di gravità non sono rari nel-1'antichità e nei tempi moderni; le citerò dell'antichità quello di Settimio Severo in Roma, e dei moderni quello dell' Étoile in Parigi e quello della Pace in Milano, che ne hanno di siffatti senza che sieno stati mai destinati ad archi di acquedotto. Il risultato di queste verificazioni ed esplorazioni cominciate nel 1815, convertite in regolare e completo operato nel 1835 (che fu veduto e lodato da rispettabili soggetti esperti dell' arte), riconosciuti novellamente nel 1843, sono bene diversi da quelli che si annunciano nel-1' opuscolo suddetto. L'autore dell' opuscolo sugli acquedotti istriani è arrivato un po' tardi, e fu 1' ultimo a comparire in iscena, per dare suggerimenti sul modo di scoprire sorgenti in Trieste; pochi argomenti tennero allora occupate le menti, e lo sono da oltre quaranta anni, più di quest' acqua da condursi nella città; giunse tardi, anche perchè noi costumiamo di trovare sorgenti aperte, col riconoscere il terreno in campagna; e per essere l'ultimo a progettare non si fe' scrupolo di rimproverare al comune di Trieste ciò che il volgo ignaro delle sollecitudini dell' autorità va ripetendo pel solo prurito di parlare. Non ho pratica degli altri acquedotti istriani; vidi nel Ninfeo di Pola acqua, la quale però è sorgiva naturale, non condotta artifizialmente, e di queste sorgive abbondano le spiaggie del mare in quelle parti; sarebbe pur bene di conoscere se cogli acquedotti d'altre città sia stato più fortunato. Nel darle questi pochi cenni, che in Trieste a ben pochi di quelli che ebbero anche leggiera curiosità sono ignoti, ho soddisfatto ad un debito; non ho motivi che mi rattengano a concedere che sieno divulgati, per notizia generale, ed anzi lo desidero. Trieste, 20 ottobre 1846. Giuseppe Sforzi. Ricerca. Il ministro dell' imperatore di Marocco, Sidi Moham-med, morto il dì 11 aprile 1789, era triestino, di nome Ciriaco Petrobelli. Saprebbe qualcuno notizie maggiori ? Stima censuaria. Distretto di Rovigno. Distretto di Lossin. Superficie Estimo Censuario Superfìcie Estimo Censuario Iugeri kl. □ fior. car. Iugeri kl. □ fior. | car. Rovigno ...... Villa di Rovigno . . . Valle....... 10650 2581 14304 1119 723 411 40172 4572 18756 33% 483/4 47 Lossin piccolo .... Sansego ...... Lossin grande .... Chiunski...... 2111 696 4096 2849 504 1158 642 1408 2832 ' 57 '/* 2242- 7'/4 4621 413/4 2402 22 Somma . . 27536 653 63502 9 V4 Somma . . 9754 512 12099 87« Osservazioni meteorologiche fatte in Parenzo all'altezza di i5 piedi austriaci sopra il livello del mare. mese di Settembre 1846. Giorno dell' osservazione Ora dell' osser- Termometro R Barometro Anemoscopio Stato del Cielo ■ « O £ s £ te o © 5 Ora ! dell' osser- Termometro R Barometro Anemoscopio Stato del Cielo vazione Gra. i Decimi Pollici Linee Decimi -3 vazione Gra. Decimi Pollici Linee Decimi Seltemb. 1 7 a. m. 2 p. m. 17 19 0 8 27 27 10 10 2 2 Calma Maestro Sole e Nuvolo detto Settemb. 16 7 a. m. 2 p. m. 14 17 0 8 27 27 li u il 2 4 Calma Maestro Levante Sereno detto detto 10 „ 17 5 27 10 2 Levante Nuvoloso 10 „ 14 9 2; 4 [ 7 a. m. 17 0 27 10 9 G. Levante Nuvoloso 7 a. m. 1 14 5 27 il 4 Levante Sereno detto detto 2 2 p. m. IO „ 19 17 4 3 27 27 10 10 9 9 Ponente Levante Sole e Nuvolo Nuvoloso 17 2 p. m. 1 io „ | 17 14 8 1 o 27 27 il il 4 4 Ostro Levante 7 a. m. i 17 2 27 11 0 G. Levante Nuvoloso 7 a. in. 15 8 27 10 5 L. Scirocco Nuvoloso detto detto 3 2 p. m. 10 „ 20 17 0 8 27 27 11 11 0 0 Greco G. Levante detto detto 18 2 p. m. io „ j 17 16 1 0 27 27 10 10 1 0 Ostro Scirocco 4 7 a. m. i 2 p. m. 10 „ 17 20 18 2 1 0 27 27 27 U 11 11 2 1 0 G. Levante j Greco G. Levante j Nuvoloso detto detto 19 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 15 17 16 1 6 0 27 27 27 | 10 10 IO 0 0 0 0. Scirocco Ostro L. Scirocco Nuvoloso detto detto 5 7 a. ni. 2 p. m. 10 „ 17 21 17 8 6 1 27 27 27 11 11 U 4 i 6 G. Levante j detto detto 1, Nuvoloso detto Semisereno 20 7 a. m. 2 p. m. 10 „ là 18 17 8 5 o 27 27 27 10 10 10 o| 0 L. Scirocco detto detto 1 Nuvoloso detto detto 6 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 17 20 16 2 0 8 27 27 27 u u 11 8 5 5 Levante M. Tramont. Levante Semisercno detto detto 21 7 a. m. I 2 p. m. io „ I 16 19 17 3 8 4 27 27 27 9 10 10 3 0 0 L. Scirocco Scirocco detto Sole e Nuvolo detto Poche gocce 1 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 16 18 16 5 1 4 27 27 27 u 11 11 5 5 3 Calma G. Levante detto Nuv. sparsi Sole e Nuvolo Sereno 22 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 17 18 17 0 8 2 27 27 27 9 9 9 0 0 o Scirocco detto detto Pioggia Sole e Nuvolo Pioggia 8 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 15 19 17 8 8 2 27 j 11 27 11 27 j 11 3 5 8 Levante M. Tramont. Levante Sereno detto detto 23 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 16 18 ib- 5 3 0 27 27 27 9 9 9 0 4 4 G. Levante Maestro Levante Sereno detto detto 9 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 17 19 17 0 5 1 27 28 28 u 0 0 8 0 0 Levante M. Tramont. Levante Sereno Sole e Nuvolo Nuvoloso 24 1 7 a. m. 2 p. in. 1 io „ is 18 16 2 2 0 27 27 27 IO 10 10 0 2 0 Levante Ostro Levante ISoIe e Nuvolo detto i Nuvoloso 10 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 16 19 17 9 8 o 28 28 28 0 0 0 4 4 4 Levante P. Maestro Levante Sereno detto detto 25 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 14 16 14 o ! 27 27 27 9 10 10 0 0 0 G. Levante detto detto Pioggia Nuvolo Poche gocce 11 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 16 20 16 8 9 6 28 28 28 0 1 1 8 2 2 Levante Scirocco Levante Sereno Sole e Nuvulo Nuv. sparsi 26 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 14 17 16 2 1 0 27 27 27 10 10 10 0 3 8 G. Levante P. Garbin Levante | Nuvoloso Sole e Nuvolo 1 Sereno 12 | 7 a. m. J 2 p. m. 1 io „ 15 19 16 8 1 0 28 28 28 1 0 0 0 4 4 Levante Maestro Levante Sereno detto detto 27 1 7 a. m. 2 p. in. 1 io „ 15 16 14 2 8 8 27 37 27 11 li 11 6 5 5 i Levante 11. Tramont. 1 Calma Sereno detto detto 13 7 a. m. 2 p. m. 10 „ lir !19 1 16 2 0 8 27 27 27 10 10 10 8 8 0 Calma 1 G. Levante Levante Sereno Semisereno detto 28 7 a. m. 2 p. m. io „ 15 17 14 0 2 6 27 27 27 11 11 11 6 6 6 Levante Maestro Levante Sereno detto detto 14 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 1 14 16 U 8 2 0 27 27 27 10 10 10 0 2 7 Greco detto detto Nuvoloso detto detto 29 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 14 16 15 1 7 4 27 27 27 10 9 9 2 4 0 Levante Scirocco L. Scirocco Nuv. sparsi Sole e Nuvolo l'iogg. e lampi 15 7 a. m. 2 p. ni. i io „ 1 13 16 1 « 5 8 6 27 27 27 11 11 11 0 0 1 Greco detto detto Sereno detto detto 30 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 1 11 1 15 ! 1* 4 7 8 il 8 8 8 0 0 0 Il L. Scirocco ! G. Levante j| Levante Nuvolo Pioggia ! Nuvoloso Gio. Andrea Zcliani.