L'ASSOCIAZIONE per un anno anticipali f. 4. Semestre e trimestrein proporzione Si pubblica ogni sabato. II. ANNO. Sabato 16 Ottobre 1847. M 63 — 64. Deli' aggregazione dell' Istria alla Società geologica dell'Austria interiore. Al risorgere dei buoni studi nell' Italia dopo le deiezioni del medio evo, le scienze, che dicono naturali, attrassero 1' attenzione dei dotti, meno che le lettere e le speculazioni delle scienze morali; quest'Istria poi nè tra i propri tigli trovò chi della sua terra facesse studio, nè da altre regioni ebbe visitatori che lei prendessero ad argomento di studio. Intorno la metà del secolo passato, il genio altissimo del Carli aveva richiamato l'attenzione degli Istriani sulla patria terra, e nelle sue opere comunque trattasse a preferenza della storia e delle antichità, diè indicazione parlando della Corografia di alcune cose naturali, sprone piuttosto ed eccitamento ad altri; però non ebbe esaudimento il suo voto, perchè gli animi dei provinciali si mossero piuttosto al questionare, e le menti si aggirarono su quelle materie che da altri erano state trattate, quasi ogni altra via dovesse essere chiusa, o fosse tutto da quell' ingegno abbracciato. Egli che fu sì caldo promotore dell' opera del Donati sull'Adriatico, annunciava con esultanza l'opera del medico I'anzani di Pirano la quale versava sulle cose naturali dell'Istria, opera che poi non vide la luce e temiamo che sia smarrita. I naturalisti d' allora erano spaventati dalla fama di niuna sicurezza personale della provincia, fama che la paura esagerava; l'abbate Fortis visitò le coste e qualcosa ne disse, ma non ebbe animo di penetrare nell'interno; 1' Hacquet, carniolo, visitò l'Istria che allora era austriaca, ma nella veneta non potè estendere gli studi com' era forse suo desiderio. Alla metà del secolo passato il farmacista veneto Zannichelli, autore delle Piante dei lidi veneti, aveva data relazione dell'Istria Veneta; ma il libro è divenuto rarissimo, ed altra descrizione si ha però in manoscritto soltanto posseduto dal consig. gov. preside Tommasini. E nello stesso secolo vi furono il Mygind e lo Scopoli. Però sia detto con verità, gli studi delle cose naturali erano allora nell'infanzia e mancavano quei sussidi che a buono e sollecito operare sono indispensabili, rare le descrizioni della regione, nulle le carte orografiche, non misurazioni di altezze, non misurazioni di temperature, ed aggiungiamo ninno il desiderio di conoscere cose siffatte, che si riguardavano siccome oziose curio- sità, di confronto ad un sonetto od altra cosa di simile tempra. II secolo presente, ed a proprio dire il periodo dopo il 1814 fu quello che aprì il campo a bellissimi studi delle cose naturali senza togliere quelle che il genio di buona parte della popolazione sembrano esigere, e che non disdicono ad uno stadio di civiltà progredita. Imperciocché insieme alle belle lettere, ed agli studi tacili, quelli delle cose naturali presero grandissimo sviluppo. Fino dal principio del secolo presente la botanica fu trattata con passione, e cominciando dal Seenuss ebbe tanti e sì valenti cultori che il registrarne i nomi esigerebbe lunghe pagine; diremo soltanto che non resta angolo che non sia stato diligentemente visitato, non pianta che sia ignota, e se il più dei cultori furono stranieri, fra i nostrani possiamo registrare nomi degni per ogni conto di rispetto, magistrali in carica che le ore libere dedicarono a siffatti studi, uomini di affari che posero a profitto il ritaglio di tempo che loro a-vanzava, mossi non altra che da amore per la patria comune e per la scienza, dacché le condizioni nostre non sono peranco tali da rendere loro quella piena giustizia che meritano, e che il tempo saprà loro vendicare. L'Academia Reale e di Commercio dié principio fra noi all'amore delle cose geologiche; non piccolo merito s' ebbe in ciò il direttore Don Giuseppe de Volpi, cui vediamo con soddisfazione alzata statua di onore sulla tomba ove riposa, dagli allievi suoi che il merito e le virtù seppero apprezzare. E di questa Academia diremo con patrio orgoglio che il Comune e la Borsa mercantile la dotano, non già ad ostentazione, ma a santo incitamento. Il pubblico governo offerì potentissimi mezzi, quali altri non diedero mai; imperciocché, tacendo della sicurezza pubblica da lungo generale, riconosciuta dai forestieri, s'ebbero sussidi giovevoli; la carta idrografica dell' Adriatico, e la carta militare, opere delle quali non sappiamo se altra nazione possa mostrare di sì perfette; altra carta sulla scala di un pollice eguale a 400 tese viennesi; le tavole delle altezze rilevate dal generale Fallon; le altre carte che uscirono dell'Istria tratte dalla militare, i tanti materiali che non si ricusano ai dotti e quelli che per cura del governo vengono pubblicati. E furono per ciò possibili i tanti lavori usciti sulla geografia della provincia, tra cui quello del professore Schreiner, assai esteso meritò encomio per la quantità di notizie raccolte, e che agli indigeni medesimi non è sempre dato di avere, sia perchè dei provinciali si diffidi, supponendo intenzioni meno clic patrie, sia che altri molivi muovano. Il che torna poi indifferente, dacché alla patria ritornano queste nolizie sieno pure scritte in tedesco (ed il più delle cose scritte nell'ultimo trentennio sono in questa lingua) od in inglese, sieno scritte da indigeni o da forestieri. Nei quali scritti di estranei come è commendevole la diligenza ed il senno, altrettanto è desiderabile che la parte storica sia più veridica ed esatta; ma questi studi non possono farsi che in provincia e da provinciali per lungo studio e grande diligenza. Però a questo difetto tentò di supplire il Municipio di Trieste coli'istituzione del Museo di antichità, e con altro provvedimento di cui per ora ci asteniamo di parlare, limitandoci al dire che la raccomandazione di promovere gli studi storici fu da chi ne ebbe incombenza mandata ad effetto per quanto le condizioni il permettevano. Le scienze naturali avevano d'uopo di venire suffragate con pubblici stabilimenti, per quella parte che supera le forze di persona privata; in Trieste v'aveva tanto maggiore bisogno quantochè la massa come gli individui dovendo trarre sussistenza dall'attività personale, mancano quelle possibilità che dànno il vivere di possidente, cui un lavoro che occupi i tempi e le ore non richieste dall'economia domestica, è necessilà, od almeno gradita occupazione. Fu proposto un instituto che a-vesse a scopo la raccolta e lo studio degli animali marini dell' Adriatico, e sorse questo per opera di Triestini, e di persone che in Trieste avendo domicilio furono tratti dall' amore di questa terra e della scienza, quantunque non da tutti loro professata. Le illustri persone che allor presiedevano al governo di questa provincia, si associarono all'impresa; il signor Tommasini il quale lino dai primi anni si die con ogni potere a studiare la Flora istriana, ed a far parte al pubblico de' suoi lavori costituito in cariche maggiori e collocato alla Presidenza del Magistrato tergestino non potè ricusare quell'officio al quale i lunghi studi e la maturità di sapienza lo chiamavano. La geologia dell'Istria offeriva messe quasi intatta dacché i lavori dei botanici, le parziali escursioni di qualche dótto erano insufficienti; nè vi aveva speranza se non che provincie vicine estendessero a questa ultima regione dell'Adriatico le loro indagini. La Dalmazia venne abbastanza esplorata da dotti Tedeschi, il cui risultato venne pubblicato dal professor Carrara; l'Istria non poteva attendere altrettanto che o dai geologi di Italia, o da quelli di Germania. Desideratissimo poi si era il conoscere le condizioni geologiche della provincia perchè in queste è scritta a caratteri solenni 1' antichissima storia di questa terra; perchè coli'Istria cominciano quelle formazioni diverse da quelle d' altri paesi che si protendono lungo il lido orientale dell'Adriatico, perchè la conoscenza delle condizioni geologiche può dar soltanto ragione di fenomeni propri alla nostra terra, perchè la conoscenza di queste condizioni può avvertire di ciò che inutile sarebbe di tentare, di ciò che inutilmente facciamo perchè la conoscenza delle condizioni geologiche farebbe avvertiti di materie naturali che possono utilizzarsi dall'uomo accrescendo le sorgenti di industria ; perchè è indecoroso l'ignorare le condizioni della terra che ci sostiene, ed il lasciarci sorprendere o I spaventare dal maraviglioso che è frutto di inscienza ■ delle formazioni geologiche. — Nell'Austria inferiore for-mavasi società per far istudiare la geologia dell'Austria interiore e dell'Austria sopra l'Ens, non si comprese nel campo assegnato questo Litorale, il quale è compreso nell'Austria intcriore. Il signor Tommasini fe' inchiesta che il litorale intero fosse aggregato alle provincie destinate all'esame geologico, e l'inchiesta trovò ascolto presso S. A. I. l'Arciduca Giovanni protettore della Società, e nella Società medesima, fidando che il numero dei soci nel litorale abbia a coprire il maggiore dispendio. Il commissario geologico signor Adolfo de Morlot venne inviato a queste parti nel settembre passato, e fe' il giro della penisola. Nel precedente numero abbiamo dato succintamente il risultato delle sue esplorazioni, che l'autore gentilmente ci affidò; or aggiungiamo che il risultato visibile è deposto nel Museo Zoologico, cioè a dire, i campioni delle varie qualità di pietre calcari ed arenarie, bel numero di petrificazioni delle due specie di calcari, disposti tutti sistematicamente. Quest' offerire agli amatori ed ai cultori raccolte insieme le pietre medesime, è cosa giovevolissima e leale perchè ad ognuno dà facile opportunità di studio e di giudizio; e certamente la videro con piacere nel dì 9 scorso gli illustri geologi prussiani L. Buch ed Ewald. La collezione è incipiente, ma confidiamo che sia per aumentarsi in progresso e nell' occasione di visite parziali, di naturalisti, e nell'occasione di reainbulazione per incarico della Società. Breve giro di giorni fu sufficiente a riconoscere i caratteri principali di questa terra, a pubblicarne succinta relazione, a formarne raccolta di campioni; e ciò che fu fatto lo riteniamo arra di quel più che è riservato all' avvenire, ed attendiamo con impazienza il rapporto che dal signor de Morlot verrà dato alla Società. E qui due parole aggiungeremo indirizzate ai nostri. La provincia offre grandissime utilità da trarsi dai prodotti del regno minerale; però queste utilità rimarranno sempre vago e sterile desiderio, se non venga fatta esplorazione esattissima di tutto il terreno; nè farla puossi in dettaglio, se la provincia medesima a di cui vantaggio sarebbe per ridondare, non ne dia i mezzi. L'associazione è libera, nè più dispendiosa che cinque fiorini all' anno, i quali vanno di lunga compensati cogli stampati e coi disegni che vengono dati ai soci. Le pubblicazioni che riguardano l'Istria verrebbero date in italiano. Ma su ciò avremo occasione di ritornare. Storia della legislazione civile nell' Istria. Nel farci a discorrere per compiacere ad illustre persona della storia delle leggi civili nell' Istria, intendiamo parlare della penisola istriana tutta comprendendovi Trieste, ed omettendo le isole del Quarnero, le quali sono oggidì appendice amministrativa dell'Istria. E per dare un prospetto delle legislazioni come ebbero a succedersi, daremo cominciamento coli' epoca della con- quista dell' Istria fatta dai Romani due secoli innanzi Gesù Cristo, siccome da quell'epoca che olTre notizie storiche certe. La conquista portò di conseguenza che la terra venisse distinta in due classi — terra romana, perchè tolta al vinto e data a novelli coloni eh' erano cittadini romani, dala in piena proprietà ai coloni, e che costituiva il territorio proprio ad agro colonico; — terra lasciata in semplice possesso al vinto, ed il cui alto dominio si riteneva proprietà dello stato, aggravata per ciò di imposta, della decima cioè pei terreni posti a coltura, e della scriptura pei terreni a prato od a bosco. Questa distinzione equivalerebbe, in termini moderni, in terra libera di cittadini, ed in terra baronale, o tributaria di ragione dello stato. La terra municipale poteva essere proprietà di cittadini romani soltanto; nelle terre baronali i diritti baronali essere potevano di cittadini, e lo divennero per le alienazioni fatte dallo stalo, ma il possesso della terra era del popolo dominalo il quale non aveva i diritti di cittadino, nè la nazionalità romana. Nei territori municipali il pubblico governo era nelle mani del corpo dei cittadini, e si considerava necessaria conseguenza del dominio della piena e libera proprietà; nella terra baronale il pubblico governo era egualmente nelle mani di chi aveva il dominio, ma il dominio si riteneva di ragione dello stato, o di quelle persone a cui lo stato lo aveva conceduto. Delle quali baronie avvenne che le più prossime alle colonie vennero date pel governo e per la conseguente percezione della decima, alle colonie medesime, in estensione or maggiore or minore secondo lo spirito che muoveva il governo dello stato; altre baronie vennero tolte dagli imperatori o loro date in patrimonio, od alienate a privati. Dal che ne venne che le municipalità univano doppia mansione, per riguardo al loro agro, di governo proprio pel territorio, di governo baronale per quella parte dell' agro che era baronale e che si disse distretto a differenza del territorio; ne venne che quanto non era attribuito alle municipalità fosse in governo dei baroni per le cose di minor conto, dacché per le maggiori vi aveva magistralura delegata dallo stato. Questa distinzione di terre e di persone si mostrò di conseguenza per riguardo alle leggi civili, e durò assai tempo, Seppure non dura in parte tuttora. Imperciocché la terra municipale e le persone che erano di condizione politica romana, erano soggette alle leggi civili romane ed alle leggi municipali; la terra baronale era soggetta a quella legge che il vincitore diede all' atto della conquista, o successivamente; i provinciali erano soggetti al proprio diritto ; e mentre municipalità osservavano le forme di giustizia civile e si attenevano ai tribunali, nelle terre baronali assai cose spettavano al potere che oggidì diremmo politico. Nelle municipalità, e per le persone di condizione romana, valeva il diritto romano, il quale riceveva modificazione dalla legge colla quale la colonia era stata dedotta, legge che si aggirava sulla proprietà fondiaria, e sulla transmissibilità dei beni fondi e sulla condizione vitale di questi. Nelle baronie le relazioni verso il barone erano regolate con legge apposita, con legge che oggidì diremmo costituzione provinciale dettata dal vincitore; le altre relazioni erano regolate col diritto proprio, per Io più consuetudinario. Ma col progresso del tempo, il diritto romano ebbe meritamente preferenza per la saggezza sua; il diritto provinciale andò in dissuetudine a segno che fu riposto fra le antichità difficilissime a conoscersi, e ne uscì una generalità di legislazione, facilitata dalle allargate condizioni dei provinciali per cui non sapevasi con ! precisione quale differenza vi fosse tra le condizioni politiche di vari comuni. E ciò era nell' ordine naturale delle cose, e lo vediamo tutto giorno avvenire nelle provincie di vasti imperi quandanche di condizione variata. Non toccheremo delle varie collezioni di leggi, fatte anteriormente alla celebrata Teodosiann ; questo codice venne attivato dall' imperatore Valentiniano nel-I l'Istria nell' anno 438, e fu legge generale. Pure in questo medesimo codice si inserirono quelle leggi speciali che riguardavano le terre baronali, e le persone addette alla gleba e che formarono il diritto speciale. Al comparire di quel codice le condizioni politiche erano abbastanza uniformi; la schiavitù personale era ormai fatta rara per l'influenza benefica che esercitava il cristianesimo; la condizione di cittadino romano era ridotta a sì poca cosa, che i pesi del governo municipale che vi andavano uniti consigliavano piuttosto a non esserlo; anche la terra municipale era slata assoggettala all'imposta; gli uomini tutti erano abbastanza parificati. Nelle baronie il villico era addetto alla gleba, ina non era schiavo, era anzi libero della persona; il barone non era suo padrone, ma la terra era padrona del villico, non poteva allontanarsi dalla terra, non passare in altra condizione, la baronia si comprava e si vendeva insieme coi villici, il villico non ad altro era tenuto che alla prestazione del censo al suo barone, nemmeno ogni giustizia chiedeva a questi. Da queste leggi che probabilmente modificavano le più antiche, ne venne quella mite relazione fra villico e barone, che durata fino ai nostri giorni fe sembrare dubbia cosa se le baronie istriane fossero signorie, mancandovi l'obbedienza personale, ed altri estremi di più stretto reggime. Il codice Teodosiano ebbe vigore siccome diritto nazionale e proprio, non però come legge generale quale i codici moderni, ma piuttosto come raccolta di leggi che applicarsi dovevano secondo la condizione delle persone e dei territori. Questo codice sembra essere stato assai preferito ai codici posteri ai -Giustinianei; difatti mentre il Teodosiano fu conservato nella vita e nella mente degli uomini, il Giustinianeo lo si vuole diseppellito nel medio tempo, e scoperto, come è avvenuto di libri non frequenti. Noi pensiamo che il Codice Teodosiano sia stato la legge per eccellenza per secoli successivi, il Giustinianeo piuttosto il codice dottrinario. Passata l'Istria sotto l'impero degli Ostrogoti, il saggio re Teodorico lasciò intatta la legge romana; soltanto in questi tempi cominciò a prendere piede la distinzione di condizione fra Goto e Romano, ognuno soggetto alle proprie leggi; distinzione che era rinnovazione di più antiche distinzioni fra Romani e provinciali. Conquistata l'Istria da Belisario e passata sotto l'impero Bizantino, le leggi Giustinianee vi furono pub- blicate, e quelle successive fino ai tempi nei quali Carlo Magno assoggettò l'Istria alle sue armi. Dal tempo della conquista fino alla dominazione dei patriarchi di Aquileia, che è del 1200, la legislazione civile non subi cangiamenti, confermata anzi insieme alle altre instituzioni dall'imperatore Lodovico; soltanto in questo periodo si trova spesso che tutti gli individui non professavano lo stesso diritto, ma che seguivano quello della nazione a cui appartenevano, per cui negli atti la formula: qui ex natione inea professus sum, lege vivere p. e. Francorum o Boiaiorum. Altra varietà ne venne in questo periodo da ciò che allargati i diritti municipali, e posti nella condizione di quasi potentati, cominciarono a portare modificazioni nelle leggi civili, chiamando queste modificazioni Statuta dalla formola: Stututum est quod etc. Almeno queste modificazioni ci sono note da questa epoca in poi, ma potremmo con qualche ragione sospettare che non fossero più che il rivivere di antica facoltà di poter a sè costituire un diritto municipale, modificante il generale. Questi statuti divennero assai frequenti nel XIII secolo, e non rari anche più tardi, per cui fosse diritto o fatto, ogni municipalità ebbe, o piuttosto credette avere, propria legislazione. Diciamo credette avere, imperciocché le leggi statutarie non valevano che pel solo territorio municipale nell' antico senso romano, non già per i distretti che erano soggetti al comune che li dettava; erano leggi per quelli soltanto che formavano il comune dominante, quindi piuttosto patti interni sociali; erano eccezioni soltanto alla legge comune che era la romana. E queste eccezioni si aggiravano solitamente su pochi argomenti - testamenti, reggime dolale, prescrizioni. - Quei libri che ebbero nome Statuta riguardano precipuamente il buon governo e le cariche municipali; la finanza, i delitti, le leggi civili non sono che frammenti eccezionali. Forse gli statuti furono dettati per segno di condizione politica; li ebbero le municipalità perfette, ed i veri comuni erano segno o di primitivo o di successivo diritto di proprio reggimento. Ebbero statuti Trieste, Muggia, Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Cittanova, Parenzo, Rovigno, Valle, Dignano, Pola, Albona, Fiano-na, Montona, Pinguente, Grisignana, Buje, Due Castelli, S. Lorenzo; non li ebbero le terre baronali, perchè non avevano comuni perfetti, comunque statuto si dicesse talvolta la legge che il principe dava per qualche baronia, e che non era civile. I patriarchi di Aquileia favorirono siffatte franchigie municipali, non ci è poi noto se per l'Istria avessero fatta raccolta di leggi provinciali siccome ebbero a farla pel Friuli. Caduto il governo patriarcale e venuta l'Istria sotto due principi diversi, Austria cioè e Venezia, le cose presero altra piega. Trieste venne conservata municipalità perfetta, il potere di fare gli statuti municipali venne conservato; ina niun statuto poteva valere se non sancito dal principe austriaco, nel quale soltanto risedeva il potere legislativo. Gli statuti civili furono piuttosto ridotti in forme più convenienti di quello che fatti di nuovi. II principe veneto procedette ancor più severamente. Degli statuti in vigore prima che le città dell'Istria venissero in potere della Repubblica, quelli soltanto si ritennero legittimi che ebbero conferma dal principe veneto, di quelli stessi che ebbero conferma non poteva farsene aggiunta o modificazione; il principe poi riteneva illeso il suo diritto di legislazione, e pensava poter a beneplacito cangiarli, comunque si fosse accinto a farlo soltanto negli ultimi tempi di esistenza di quella Repubblica. Per l'indole di legge eccezionale, e di speciale società, ne venne che gli statuti non furono operativi per le cose del principe medesimo; imperciocché egli non era membro del comune, ma sovrano; e tanto nell'Austria che nella Repubblica veneta le cose dell' Erario slavano sott' altra legge e giudicatura, non già privilegiata, ma naturale. Quindi è che nei tempi in cui gli statuti vigevano, la legge civile era la romana tanto nell' una come nel-l'altra Istria; nell'austriaca le costituzioni imperiali, nella veneta i decreti del Senato, e gli uni e gli altri in quanto fossero di dispositiva generale. Il provocarsi nell'Istria veneta agli statuti veneti era piuttosto cosa di rispetto che di autorità; gli statuti veneti erano validi soltanto per la dominante, ma le figlie seguirono volontieri le pratiche della madre. Nella parte austriaca dell' Istria primo cangiamento si fece col Codice Generale pubblicato da Giuseppe II e che entrò in attività col dì 1 gennaio 1787. Non fu e-dita che la prima parte che riguarda i diritti personali; i diritti reali continuarono a regolarsi colle leggi preesistenti, cioè colla legge romana, e colla legge statutaria. La successione nei beni di persone morte senza testamento, era stata regolata con legge speciale degli 11 maggio 1786. Allorquando l'Istria veneta venne in potere dell' Austria nel 1797, non venne fatto cangiamento alcuno nella legislazione civile; non vennero pubblicate le leggi austriache, ma nemmeno abrogate le leggi della provinciale, diritto romano cioè e statutario. Quanto alle baronìe non s'era cangiata nella parte austriaca la legge originaria, cioè il Codice Teodosiano, ma la pubblicazione e l'attivazione della patente che dicono di sudditela, quantunque legge di sola procedura, poteva facilmente cangiare la condizione legale, se dalla procedura che era quella usitata in altre provincie si fosse fatta induzione che anche il diritto doveva essere quello di altre provincie. Neil' Istria veneta non venne durante il primo governo austriaco pubblicata la patente di sudditela, per cui il diritto rimase integralmente l'antico, cioè il romano anche per le baronie. In sulla fine del 1805 l'Istria veneta passò al regno d'Italia, e col primo maggio 1806 entrò in attività il Codice Napoleone abolendo ogni precedente legislazione e nelle municipalità e nelle baronìe. Tutto si modellò in allora sulle massime di quel codice che era generale, e lo stesso diritto baronale comunque nato sotto legge precedente andava a subire modificazioni. Trieste cadeva per fortuna di guerra nel 1809 in potere dei Francesi e veniva destinata ad essere parte delle provincie illiriche dell'impero. Dapprima fu conservata la legislazione come si trovava durante il governo austriaco; col primo gennaio 1812 si attivò il Codice Napoleone colle altre leggi francesi. Da questa epoca in poi ebbe comune coli'Istria la legislazione. Avvenne che in sul finire del 1813 tutta la penisola fosse ricuperata dall'Austria, ma per cause che si riferiscono forse alle operazioni di guerra l'Istria già veneta ebbe propria amministrazione mediante la commissione provinciale; Trieste continuò sulla pianta amministrativa francese fino a stabile ordinamento. La commissione provinciale fu sollecita di abolire tutta intera la legislazione e la pianta francese; avesse o no il potere di farlo, ciò successe mediante Editti che nemmeno vennero dati allora alle stampe, e che vennero pubblicati in questo foglio. Coli'ottobre 1813 la legislazione venne rimessa com' era prima della occupazione francese del 1805, quindi legge romana, statuti. Trieste all'incontro durò colla legge francese fino al 1 agosto 1814, colla quale epoca ritornò in vita la legge romana, la legge statutaria, la prima parte del Codice Civile di Giuseppe IL 11 codice austriaco e per Trieste e per l'Istria doveva entrare in attività col luglio 1815, ma ritardi nella stampa del testo italiano fece sì che il termine venisse prorogato fino al primo ottobre 1815. Da quell' epoca la penisola tutta ebbe uniforme codice civile; ma non è altrettanto certo se in quelle materie che il Codice Civile generale lascia alla legislazione provinciale le condizioni sieno uniformi, specialmente nelle baronie. Ma questo argomento porterebbe lontano e preferiamo sorpassarlo, invece soggiungiamo breve tabella : Da tempi antichi fino al l°maggiol806 Poi fino al i°ottobrel813 Poi lino al 1° ottobre 1815 Dal 1° ottobrel815 in poi ISTRIA AUSTRIACA. Da tempi anti- j chi fino ali0 Diritto Romano, Diritto Statutario gennaio 1787 ' Poi fino i Diritto Romano, Diritto Statutario'; Pri-al 1° gennaio j ma parte del Codice Civile di Giu-1812 ) seppe II. Poi fino j al [ Codice Napoleone 1° agosto 1814 J Poi fino \ Diritto Romano, Diritto Statutario; Pri-al ! ma parte del Codice Civile di Giu- l°ottobrel815 ) seppe II. Dal 1° ottobre 1815 Codice Austriaco. Strenna istriana pel 1848. Assai di frequente giungono a mezzo postale alla Redazione di questo fòglio, lettere anonime, pseudonime, in nome d' altre persone o corporazioni, o con simulati caratteri, chiedenti l'inserzione di qualche notizia, avvenimento, desiderio, o di articoli scritti con tendenze opposte al buon gusto, al genio del secolo che s'intitola del progresso, a quell'armonia sociale meta dell'uomo integerrimo; di articoli velati con fino artifizio sotto cui cova il serpe insidiatore, o la calunnia; e spesse fiate di elogi che son peggio che satire, di biasimi che son peggio che sperticata maldicenza. — Di questi scritti la Redazione ne fa quell' uso che meritano, e lo farà anco nell'avvenire, cioè raccogliendoli per aver materiale a giudicar della morale ed intellettuale condizione di una parte di quelli che usano la penna o scioccamente o da malcauti, e vorrebbero che i parti della loro strampalata fantasia la slampa li mandasse alla luce. Confessare però è d'uopo che talvolta la Redazione viene sorpresa, od allucinata in guisa da non isquar-ciare il velo che copre, come dissimo, con arte finissima la menzogna, la satira, o il detto intempestivo, o perchè nel momento che le giungono le notizie la mente ad altro diretta, dà passata. Fra queste lettere anonime, pseudonime ecc. le pervenne non a guari una che le comunica il progetto di una Strenna Istriana, progetto che fa traspirare possa aver luogo in breve colla stampa, coadiuvata da' migliori ingegni istriani volenterosi d'illustrare la patria terra dalla decadenza del romano impero non dirò dimentica, ma trascurata, e che ora l'amore delle scienze vogliono tolta dall' oblio. Un programma splendido di argomenli 1' accompagna, e che noi non ostiamo punto a pubblicarlo, benché ci dovesse rendere guardinghi il mistero con cui ci viene egli addirizzato, lontani però anche dal sospetto che vi sia alcun che di male nel compiacere chi ci chiede cosa che fa onore alla patria comune. Vennero però fatte alcune ommissioni che si credettero necessarie. PROGRAMMA. STRENNA ISTRIANA PEL 1848. Il Venerdì Santo del 1271 in Pola; congiura dei Ionatasi, carneficina dei signori di Castro Pola. — (Narrazione di un testimonio.) La battaglia dinanzi al porto di Pola fra' Veneti comandati da Vettor Pisani e la flotta genovese. (Canto in ottava rima.) Carlo Zeno in Parenzo che si dà a ristabilire la fortuna scaduta dei Veneziani. (Relazione storica.) I Cavalieri Istriani periti alla battaglia di Sempach fra il duca Ernesto d'Austria e gli Svizzeri. (Ode.) Inno funebre al principe Enrico di Bar morto in Capodistria nel 1397. ISTRIA VEIETA. | Diritto Romano, Diritto Statutario | Codice Napoleone Diritto Romano, Diritto Statutario Codice Civile Austriaco. Battaglia di Salvore fra Veneti ed Imperiali. (Frammento di storia.) Il battaglione reale d'Istria.—Episodio delle guerre del Tirolo e della Spagna nel secondo decennio del secolo presente. Lamento d'un Templario al convento di Leme alla soppressione dell'ordine. (Terza rima.) Visita a S. Romualdo nella grotta di Leme, consigli pii ricevuti dal santo, previsioni. (Lettera di un monaco ad altro conventuale.) Saggio del governo della provincia a' tempi dei patriarchi di Aquileia. (Frammento di storia politica.) I Conti d'Istria ed il castello di Pisino. (Brano di antico manoscritto.) Prodezze di Stanizza, famigerato brigante di 40 anni fa. (Leggenda in versi sciolti.) I Cappuccini chiamati in Capodistria.—Episodio sulla peste del secolo XVII. (Frammento tratto da romanzo storico inedito.) Congiura dei Ranfi contro il comune di Trieste, e vendetta presa. (Storia del secolo XIII.) Capodistria capitale del marchesato ai tempi dei patriarchi. (Relazione storica.) Muggia distrutta dai Genovesi. (Frammento di romanzo non compiuto dall' autore.) L'ultimo de' Gutteneger Signori di Cosliaco. (Novella.) Le tombe di S. Pi'etro in Selve. (Carme.) Vita di Girolamo Muzio (*). Abbazia di Santa Petronilla. — Descrizione della chiesa. La chiesa di Santa Maria Formosa di Pola, con disegni. Vita del Marchese Girolamo Gravisi da Capodistria. II Duomo di Parenzo illustrato. Vita del vescovo Gasparo de Negri. In morte di Pietro Crussich. (Ode alla Manzoniana.) I sepolcri di Madonna Azzica e di Madonna Vii-purga contesse d'Istria, nel territorio di Parenzo. L'Isola dei Brioni. — Descrizione pittorica e romantica. La Caverna di S. Servolo. (Sciolti.) II feudo detto di S. Massimiano in Pola. (Da documenti storici.) La Beata Vergine del Lago d'Arsa. (Terza rima.) Le rovine di due castelli.—Racconto di spiriti. Moralità degli odierni Istriani. — Considerazioni. La cappella della Beata Vergine alle sorgenti del Risano. (Da lettera di un viaggiatore italiano.) S. Giovanni di Capistrano in Pola. (Storia ecclesiastica.) La Caverna di Ospo. — Episodio della guerra fra Veneti ed Arciducali. (Racconto istorico.) L'ultimo marinaro del Rivoli. — Racconto di una battaglia navale del secolo presente in cui gì' Istriani presero parte. (*) Venne pubblicata da noi una vita del Muzio nell' anno corrente, la quale è di Paolo Giaxich, e non sembra essere quella che si accenna in questo programma. Pietro Paolo Vergerio alla corte de' Carraresi. Dante Allighieri nell'Abbazia di S. Michele di Po-la. (Racconto.) Castruccio Castracane all' assedio di Capodistria. (Frammento storico.) Lettera di papa Paolo Barbo a' suoi nipoti signori di Bogliuno. Retaggio del conte Alberto d'Istria a' suoi fedeli Istriani. Il Castelleone di Capodistria con pianta ed alzati. Il generale Montechiari, ossia memorie di Le Tellier de Manetot emigrato francese riparato in Capodistria, capo degli insorgenti Istriani del 1809. Ultime sue parole a' suoi compagni prima di morire. — Aneddoti di sua morte per fucilazione, subita in Trieste nel 1809. Sul bellissimo Leone di S. Marco che stava fino a pochi anni fa in Capodistria e che ora trovasi nel castello degli antichi conti Frangipani di Tersatto in terra che era avversa alla Repubblica. — Lamento di una dama istriana. Versi di un dotto all'Vili Congresso Italiano nel vedere in Genova il Leone di S. Marco tolto da Matteo Marulfo in Trieste nel 1380 come trofeo di guerra. L'inquisitore Grisoni in Capodistria processante i novatori del secolo XVI. Discorso di Pietro Gradenigo podestà di Capodistria al consiglio di questa città, quando eletto doge prendeva da quella congedo. Il podestà di Raspo ed i nuovi abitanti. La torre di Rovigno. — Ode. Il solitario del Monte Maggiore sulle rovine di Vrania. L' Istria divinità. Fu costume dell' antichità pagana di fare dei fiumi e delle provincie altrettante divinità, siccome parecchi esempi se ne hanno anche in queste nostre regioni, nelle quali troviamo divinizzati il fiume Savo e il vento Borea. La terra istriana, la provincia d'Istria venne pure deificata, e recentemente fu scoperto novello documento che lo attesta. Un nipote del vescovo emoniense Tommasini aveva nel secolo XVII ricuperato due architravi di porte affatto i simili, letterati, nei quali si leggeva che un Caio Vibio Vero, il padre, aveva cominciato due templi l'uno alla ! Fortuna, l'altro all'Istria, portati a compimento da G. Cesio Macrino, erede forse, od esecutore testamentario di Vibio Vero, che la lapida non lo indica. Queste due pietre non sembrano essere state di Bovigno, è più verosimile all' invece che siensi trasportate dal prossimo agro Polense, e forse da Pola -stessa; imperciocché stavano dimenticate in un angolo della pescheria, coperte da sozzure, quando il Tommasini ne fece acquisto, la città di Bovigno non mostra traccie di romane antichità. La j qualità delia pietra scioglierebbe la questione, e facile sarebbe il riconoscerla se i marmi non fossero nel Museo Veronese. Ecco l'inscrizione per l'Istria: IIISTRIAE • FANVM AB C • VIBIO • VARO • PATRE • INCHOATVM 0 • CAESIVS • MACRINVS ■ PERFECIT • ET • DEDICAVIT Per la Fortuna è simile: FORTVNAE•FANVM AB • CAIO • VIBIO • VARO • PATRE 0 • CAESIVS • MACRINVS • PERFECIT; ET DEDICAVIT Nel di 21 novembre del 1845 scoprivavi dinanzi al tempio di Nettuno in Parenzo un' arelta votiva alzata all' Istria terra, ed è questo il secondo indubbio monumento di un culto prestato all' Istria divinizzata. Se come è verosimile, la pietra parentina non fu tratta da altra regione della città (ed il rinvenimento di tanti altri marmi letterati in quei dintorni persuade che così fosse), convien dire che l'aretta fosse collocata nel foro di Marte, in quella parte che formava quasi un sacrario di Nettuno, e delle altre auguste divinità, menzionate in marmo ivi scoperto e tuttor esistente. 11 terzo marmo dedicato all' Istria è nel Museo di Pola, non sappiamo poi da dove precisamente tratta ma certamente non venuta da di fuori. E un' aretta di tempi scadenti, mancante della parte inferiore per modo che la leggenda è imperfetta. Vi si legge AFFLANIA (/'A e la N in nesso) I S I A S I S TRIAE / ■ Hill liliulili gP* e facilmente può supplirsi Afflania Isias Islriae votum solvit o che di simile. L'anteporre il nome del dedicante non è nuovo : anche nella lapida parentina si dice: CARMINIA • L • F PRISCA IIISTRIAE ■ TERRAE V • S • L • M | 1 e non mancano esempi di siffatti modi di dicitura. Nè reca difficoltà che il nome d'Istria sia scritto senza l'aspirale, poiché si scrisse in un modo e nell'altro come osservò antico autore; le lettere in nesso del nome di Afflania, e la qualità dell' opera bene attestano che non appartiene a tempi di fiore : la persona che la fe' incidere fa conoscere nel cognome di Isias P antica condizione servile, quantunque la donna taccia la condizione libertina, la quale poteva impunemente tacersi, se il patrono che la manomise era defunto, nè vi erano eredi o rappresentanti che ne facessero reclamo. La leggenda non ha poi indicazione alcuna, nò il marmo ha forma, che possa supporsi monumento funebre, in memoria di schiava che avesse nome di Istria. La gente Afflania non è memorata in altri monumenti letterati dell'Istria, nè di Aquileia. Dr. Gregorutti. La Fontana d' Isola. Fra gli elementi necessari agli esseri che han vita, specialmente all' uomo loro re nella terrestre peregrinazione, deesi annoverare anche l'acqua. Uopo non è descrivere a quanti usi serva, a quante esigenze soddisfi, chè anche i gonzi il sanno. I Gentili, trasferendo l'idea della divinità alle forze ed ai fenomeni della natura, e credendo divino tuttociò eh' era benefico, aveano numi indigeni, stranieri, celesti, terrestri, inferni, marini, fluviali, fontanieri, certi ed incerti, e nella loro goffa superstizione rendeano culto divino alle fonti, ai mari, ai fiumi, perchè vedeansi beneficati. Gli Egiziani, esempigrazia, adoravano il Nilo perchè le sue acque, riboccando, portavano con seco della melma, e fecondavano i loro campi a segno, che ondeggiar si scorgeano di abbondanti dorate messi. — Sono veramente a deplorarsi que' popoli, i quali menano nella state i loro giorni sotto un cielo abbronzato senza che la terra sia loro larga di una sorgente. Una buona polla è un prezioso tesoro per una popolazione. Generalmente parlando P Istria scarseggia di fonti, a motivo della sua fisica configurazione. Sarebbe necessario, che in varie regioni passasse un altro Mosè, e colla prodigiosa vegga facesse scaturire 1' acqua dai massi, dalle selci, dalle grotte e dalle frane, a giovamento degli abitatori. Parte per difetto d'acqua potabile e parte per la perversità dell'aria, lunghi e bei tratti di terreno, che potrebbero fruttificare a vantaggio de' viventi, rimangono incolti, deserti, perchè mancano braccia solerti. Ogni regola però patisce la sua eccezione. Le sorgenti che si desiderano negli altri luoghi della provincia, nel territorio d'Isola abbondano. Non havvi, quasi direi, valletta non còlle, non poggio che non sia arricchito di fonti, delle quali alcune son molto vicine al paese. Non è mio intendimento di parlare di tutte le scaturigini del territorio d'Isola, chè troppo lungo diverrebbe il filo del discorso; io mi limito alla fontana, della cui acqua si servono comunemente tutti gli abitanti d'Isola, per bere, cuocere lavare e fare nelle vendemmie la pozione ordinaria per tutto l'anno. Questa fontana è distante alcuni minuti dalle mura del paese, in sulla via che da Isola mette a Pirano. Quivi veggonsi tre vasche, la prima delle quali contiene l'acqua potabile; la seconda l'acqua che viene dalla prima, e serve ordinariamente per fare la suddetta pozione, chiamata dai popolani zonta, o vin piccolo, e la terza riceve per canale apposito quella, onde fan uso le donne per lavare la biancheria, le vesti, i drappi ecc. La prima è un quadrato; la seconda un gran parallelogrammo; la terza di forma bislunga con muretti bassi arricciati, aventi di sopra delle lastre pendenti, affinchè le femmine possano starsi agiatamente lavando 1' una dirimpetto all' altra, e darsi all' ordinario esalamento, intanto che la broda scorrevole va nell'Adriatico. Al canaletto di pietra saviamente locato fra la seconda c la terza vasca, il solerte agricoltore abbevera o il somaro, o il mulo, od il cavallo, la mattina quando si reca alla vigna, all' oliveto, al campo, per irrigarli col sudore del suo volto, e la sera quando già stanco dalle onorate fatiche ritorna al domestico focolare per riposare le membra. Il dente edace del tempo, che tutto rode e le più belle opere dell'uomo rovina, i turbini, gli acquazzoni, la frequenza del popolo, aveano fatto de'guasti: i muri eran scomposti, l'intonicatura sparita, il lastricato scompaginato, infranto a segno, che avea più sembiante di fogna che di luogo frequentato: le vasche aveano perduto la loro venustà, l'acqua la sua limpidezza e bontà: tutto era in deperimento, ed esigea una totale riparazione. Mercè le cure e sollecitudini della podestaria, il desiderato l'istauro fu intrapreso nell'anno corrente 1847 a spese del comune: i muri furon rifatti, le vasche riordinate, il lastricato rinnovato, ed ora la fontana è un gioiello, il quale, oltre ai vantaggi che reca, serve di ornamento al paese, di cui Isola può andar superba. Sia dunque condegna lode ai capi del comune per tanto beneficio, e questa meritata lode serva loro di sprone a migliorare viemaggiormente le condizioni materiali del paese; che anche gli obbietti esterni esteticamente ordinati conferiscono ad ingentilire gli animi delle popolazioni. P. C. Memorie istoriche antiche e moderne della terra e territorio di Albona. (Continuazione. — Vedi i numeri 60, 61-62.) CAPITOLO VII. Delle molle sciagure sofferte dalla terra di Albona per le incursioni de' barbari e di vari suoi dominanti per il corso di circa mille anni. Per la morte del pio imperatore Gioviniano, diviso nuovamente il romano impero in due parti, toccò al religioso Valentiniano, di lui secondogenito, l'Occidente, nel cui tempo incominciando le inondazioni de' Barbari nelle provincie all'impero romano soggette, cominciò anco l'Istria, o Giapidia. a provar le ruine. La prima d'esse le fu recata da'Marcomani e Qua-di, popoli Boemi e Moravi, nell'anno di Cristo 373, che interamente la saccheggiarono. La seconda e più gravosa di tutte, fu quella dei Visigoti nel 380 che rovinandola affatto, rimase per il corso d'un secolo disabitata, dimodoché nel ritorno che fecero gli Unni nelle Pannonie, sotto la scorta dell' empio lor rege Atila,.la trovarono spopolata del tutto (tol- tone Albona, che per essere sita in terreno diviso dalla provincia coli'acque, e dissita al cammino de'Barbari per le Alpi del Norico, o Carnie, restò illesa da sì importante flagello). La terza sofferse nel 487 dagli E-ruji, popoli condotti dal Ponto Eusino da Odoacre lor re per insignorirsi d'Italia. La quarta, dagli Ostrogoti sotto il comando del loro re Teodorico. La quinta del 526 dai Longobardi per la prima fiata condotti dal loro duce Ardoino, i quali abbattuti gli Ostrogoti s'iinpadroniron dell' Istria, in cui però rientrati, ne furon cacciati da Narsete gran capitano dell' imperator Giustiniano nel-F anno 536 dell' èra cristiana. Stette però soli 32 anni l'Istria, o Giapidia, all' impero orientale soggetta, poiché nell' anno 568 ritornando i Longobardi, chiamati dallo stesso Narsete in Italia dalle Pannonie, pel cammino della Liburnia e Giapidia, sotto il comando del loro rege Alboino, si reser soggette non meno 1' Istria e Giapidia, che ancor tutta l'Italia, sotto il cui regno obbedì anco Albona, sinché disfatto nell' anno 788 da Carlo il Grande re di Francia e poscia imperator d'Occidente, unì l'Italia coli' Istria, e vicine provincie, al suo scettro. Obbedì coli' Italia anco l'Istria all'impero de'Carolingi sino all'anno 909, nel quale, mancata la posterità di Carlomagno, passò l'impero occidentale in Germania. Vero si è che i tre Be-rengari duchi del Friuli contesero all' invitta nazione Alemanna il possesso d'Italia al primo Corrado e al primo Arrigo, imperatori romani; ma da questi superati i tiranni, donossi ad Arrigo il ducato del Friuli, e '1 marchesato d'Istria a Gotopoldo 53." patriarca d'Aquileia di lui partigiano, e Federico Enobardo, confermando una tal* donazione, v' aggiunse ancora il contado di Giapidia. In tal guisa passata Albona all' obbedienza della chiesa Aquileiese, governavasi da un vicario (speditovi dal patriarca prò tempore), il quale co' giudici della comunità amministrava ragione a' popoli secondo le proprie leggi, le quali con parte del consiglio del dì 17 agosto 1341 furon raccolte e registrate in un =codice che forma lo statuto municipale di questa patria, essendo a quel tempo*patriarca d'Aquileia Bertrando da San Ge-nese della diocesi di Sciartres, francese, e suo vicario in Albona Stefano q.m Virgilio da Cividal del Friuli, e giudici della comunità Sebastiano Vulco e Bratogna q.m Andrea. Soggiacque fedele alla sede aquileiese la terra di Albona sino all' anno 1420, nel quale affievolita, anzi abbattuta del tutto la possanza di Lodovico li, duca Te-chense, francese, patriarca d'Aquileia dalla destra vittri-ce della Veneta Giuditta in difesa del patriarca di Grado ingiustamente vessato dal medesimo Lodovico, e risuonando d' ogni intorno la gloria e giustizia del nome veneto (alla cui divozione erano da più secoli passate le città e luoghi litorali dell' Istria), risolse anco Albona di soggiacer volontaria all'impero glorioso della veneta repubblica. m (Sarà continuatoJ