Anno II. Capodistria, Ottobre-Novembre 1904. N. 8-9 PERIOUICO MENSILE Giuseppe Caprin L' ultima volta che ci siamo veduti fu in un caldo pome-riggio d' agosto del 1903. Ci trovavamo riuniti nell' ufficio della Cassa civica di Capodistria io, il mio carissimo compare ed amico Giuseppe Martissa e Lui. il morto che piangiamo. Era sempre aitante della persona, eretta la bella testa bianco-ric-ciuta, roseo il volto, in eni ridevano dne occhi buoni, amiche-voli, sinceri. Soggiornava qui in corapagnia d' un valente pa-leografo delle lagune, fatto venire appositamente dalla Marciana di Venezia per decifrare alcuni codici del XIV e XV secolo, esistenti in questa Biblioteca civica. Che cosa veramente cer-casse, non volle dircelo; se non che, da certe frasi lasciatesi scappare fra un aneddoto storico e l'altro, credei indovinare che le sue investigazioni fossero dirette alla scoperta dei natali del nostro immortale Carpaccio. Comunque, e indubitato che il paleografo suddetto lavorava per conto d'istria nofnlissima, la gemma d' arte e di patriotismo che la morte volle spietata-mente finita soltanto per meta. E su quest' ultimo suo parto il poeta ne intrattenne a lungo con visibile compiacenza, in-dicandoci la trama ond' esso si compone, e narrandoci di un curioso documento del 400 da lui scovato non ricordo ])iii dove, nel quale un pellegrino clescrive con ricchezza di particolari un suo viaggio in Terrasanta ed altri paesi da lui toccati; e fra questi, anche 1' Istria. Quel giorno 1' aspetto del Caprin era tloridissimo; si la-gnava pero di sentire troppo il peso delle scale della nostra Civica e di non digerire piu corae una volta. — Effetti del caldo — soggiungevo io. Ma egli, scotendo il capo leonino con aria malinconica ; — Mangio corae un uccello!..., — Certo 11011 avrei mai immaginato clie alla distanza di quattordici mesi quegli occhi buoni, amichevoli, sinfceri si sa-rebbero ohiusi per sempre alle liiiriliehe visioni della natura e deli' arte da Lui tanto idolatrate in vita! Nacque il Caprin nel 184:5 a Trieste, da genitori poveris-simi. Quindicenne, entra come magazziniere presso una delle principa« čase di agrarni. Ma ben presto se ne stanca per passare nella Hezione artistico-letteraria del Lloyd. Nel '65 fonda un giornale umoristico «11 Pulcinella», che ha felice in-cont.ro ma clie procura al suo audace direttore due condanne di carcere duro. L' anno seguente indossa 1' epica eamieia rossa e viene ferito a Bezzecca. A Firenze stringe amicizia con uomini insigni, quali un Brofferio, un Dali' Ongaro, un Cavallotti, 1111 Costantini. Rimpatriato in virtu deli' amuistia, si mette a collaborare nel Cilladino e nel BavUere. Inizia da ultimo la publicazione del notissimo Liberla e Lavoro, il primo giornale che parlasse della questione eeonomica della nostra provincia, e che duro lino al 188i5. Fu direttore del Progresso e coopero alla nascita del valoroso Ihdipendenle, tuttora vegeto e sano. Sviatosi dal giornalismo, comincio a scrivere bozzetti, in parecchi dei quali imita apertamente il Verga, sia nello stile efflcace, conciso, interrotto, a piccole proposizioni; sia nella peregrinita delle immagini retoriche; sia nella inaniera tutta verghiana di costringere il lettore ad una ginnastica intellet-tuale che giova senza stancare e nuocere alla chiarezza del racconto ')• Ma ben presto 1111 nuovo ideale prese a signoreggiargli la men te e il core: illustrare dal punto di vista storico, scien-tifico, artistico queste province 2) in una serie di volumi ch'egli si proponeva di publieare sino a clie gli sarebbero bastate le forze e 1' ingegno. E, dato 1111 addio al genere inventivo, s' iu- i) Vedi il foglio capodistriano VVniom del 9 aprile 1876. «) II Caprin, coni'č noto, scrisse ancora Lagune di Grado (1890) e Pianure friulane (1892,, quest' ultimo, in ispeeie, superiore e alle Marine Istriane e alle Alp/ Giulie. Ometto di parlarne perche non riguardano la nostra provincia. golfo anima e corpo nello studio della storia patria, afferman-dovisi in breve solenne maestro con ponderose composizioni che destarono ovunque 1' ammirazione piu incondizionata. Sarebbe riuscito forse un mediocre romanziere: riusci, invece, un profondo conoscitore delle storiche discipline, pieno di nerbo e di efficacia. Da cpiesto mutamento nel suo indirizzo letterario gran vantaggi ne derivarono a noi Istriani: Marine Istriane ed Alp i Giulie sono due battaglie felicemente combattute in difesa della nostra minacciata italianita. Nel 1888 puhlica I nos tri nonni, un manipolo di confe-renze da lui lette in piu riprese alla Minerva. Son essi stupendi squarci di vita triestina in sul nascere del secolo scorso, squarci, che, legati insieme dalla rairabile arte deH'Autore, offrono un quadro completo deli' epoca e del-1' ambiente descritto. Topogratia, costuini, vita publica e privata, teatro, viaggi, arte, societa, tutta, insomma, la gioconda esistenza dei nostri bisavoli e tratteggiata dal Caprin con una precisione tale che 10 diresti coevo ai fatti narrati ed alle persone celebrate, ma che al contrario b frutto di lunghe e pazienti ricerche in ar-chivi puhlici e privati, e della somma abilita di lui come ricostruttore di ambienti e periodi storici. Con lui e per lui noi riviviamo la splendida epopea napoleonica ; assistiamo alPingresso di Napoleone a Trieste il 24 aprile 1797; pene-triamo nelle dorate sale della celebre villa Murat, ove, pallide e meste, s' aggirano le figure dimesse dei re in esilio ; infiliamo 11 Coi-so con le oreechie intronate dalla gioia pazzesca dei famosi carnaseiali in auge al principio del 1800. Eppoi una sehiera interminabile d'intraprendenti mercanti gettarsi ai traf-fici piu arditi spalleggiati dalla nascitura, ma di gi& vigorosa, Societa del Llovd; e i viaggi lunghi e disastrosi in diligenza, e le mode grottesche del tempo; e la satira e 1'intrigo fiorire nei palazzi dei governatori; e su tutta codesta prosaccia po-litico-commerciale giganteggiare, unico faro intellettuale, la giovinetta Minerva capitana"ta da quella magnifica figura di gentiluomo e di letterato che fu il cavaliere Domenico Rossetti. Bisogna pur confessarlo: la taccia di materialona, almeno in questo periodo studiato dal Caprin, Trieste se 1' era meritata; eil a provarlo, valgano gli apologhi del nostro Besenghi, che sodo declicati appunto aH'ignorante, pretenziosa e striseiante plutocrazia tricstina al vil guadagno intenta. Buoni affari e divertimenti: ecco la divisa della societa tergestina d'allora. Questo raotto, del resto, corrispondeva pienaraente alle vedute della Šanla Alleanza e del principe Metternich che, coni'e risaputo, si prefiggeva di sedare ima rivoluzione a Vienna con la campana da pranzo ed a Milimo con una cantante di cartello. Tant' e vero che il Governo austriaco relegava a Trieste, perclie I nogo al di sopra d' ogni sospetto, tutti quegli spiriti irrequieti che come sudditi fedeli facevano mala prova nelle citta del Venetu e di Lombardia. Trista nomea che, iiei Tempi mulitli, vedremo tolta del tutto. Temin andati, pagine della vita triestina fra il 1830 e il 1848, fa seguito a Sodri normi e tende, anzitutto, a porre nel giusto rilievo le nobili figure di quci valorosi che in giorni difficili, lavorarono di tutta lena, spesso con pericolo
  • o averlo letto son sicuro che mi inanderete una oopia, anzi piu copie doli' Epistola del Signor La-garinio, actio glieno faecia un dono. Io non so come possiate sospettare che i vostri versi non mi siano piacciuti. Vi ripeto che io non ho perduto il senso comune, e che la vostra Epistola mi piace infinitamente, quan-tuiKjuo mi sia dispiacciuta la troppa abhondanza delle note. Sigillo la lettera, e poi me ne vado subito a letto perche sono giA, sonate le quattro, e la posta stara poco a partire. Vi abbraccio vi bacio e sono II Vostro Monti'). Roma 14 Luglio [1780]. Se non avete ancora spedito il plico delle vostre epistole rimanda-temi nello stesso rotolo le mie ultime rifiessioni sulla Lirica. Non mi ricordo quasi niento di cio che sorissi, ma parmi impossihile che io sia traseorso in certe proposizioni che voi mi ribattete. Scominetto che non mi avete inteso. Entusiasmo, fantasia, ingegno nella vostra mente si estendono alla meta di meno delle cose cui si estendono nella mia, e per questo noi di-sputiamo senza a ver prima ben fissati i termini della questione. Siete della razza di un certo Spagnuolo eol quale sere sono in una Conversazione ebbi una fiera lite motafisica. Si parlava di Educazione. Io intendeva par-lare della educazion fisica, e costui s' era messo in testa che io parlassi della civile. Per quanto mi affaticassi per farlo entrare nel mio pensiero, non vi potei riuscire, t' cosi dopo lungo altercare si termino la lite, e lo Spagnuolo parti persuasissimo che io avessi detta una eresia filosofica, Firenze, 18!>9, p. 74 ; seeondo il quale parrebbe, che le prime Ivifless. fos-sero identiche alla dedicatoria III' del S'aggio e a questa avrebbe risposto il V. con le Postille: ne si capisce, se 1' antore čreda edito o inedito tutto quanto. ') La reeensione sull' Elogio zorziano del Vann. nelle Effem. letter. di Roma, 1780, N." XXVI, p. 204, non del Masi, dunque, ne dol Monti, come ritenne il Vicchi, tr. 1778-80, p. 358, n. 1, sibbene del Taruffi. 21 Segue immediatamente a questa la lett. Roma, 11 lug. 1780, Bert.-Mazz.ll, ove il M. ridomanda ]>er il Taruffi la copia deli' Epistola, riprega il V. di 'accozzare in un eorpo solo' le sue prime e seconde rifiessioni sulla lirica, e ripeto un complimento alla contessa Roberti-Franco. perche mi era avanzato a questa proposizione, che cangiata la educazion lisica, cioe la maniera c i mezzi di acquistar le idee, Milton sarebbe stato Neuton, o Neuton Milton, dato sempre ehe la Natura avesse dotato il cer-vello deli'uno e deli'altro di mia eguale finezza di (iore. Tomando allo mie .riflessioni io non ho certamente pensiero di pubblicarle, ma bensi di cavarne un diseorso da reeitarsi in Arcadia 11. Vi accludo la ricevnta dell'Abate Valdamrini in data delli 20 dello seorso Giuguo. Fu fatta tardi al medesimo la consegna del denaro, perehe quando fino dai primi di Maggio io mi portai da lui per eonsegnarglielo, egli si trovava fuori di Roma in Frascati, ne aleuno di Časa seppe dirmi quando sarebbe ritornato. Onde io me la presi eommoda per pigrizia, e per distrazione. Taruffi attende la vostra Epistola. Son sieuro che gli piacera tranne una eosa sola, il disprezzo cioe nel quale in sostanza voi avete i tedesehi, e gl' InglesiEgli ania Klopstok, ma Milton poi non g-li si puo toceare. Dell' uno e deli' altro ne sa a mente degli squarei lunghissimi, e diee che Bettinelli e una be.itia (sue parole), perehe. ha preteso di mettere in ridicolo la morte di Adamo Tragedia cli Klopstok, nel ehe io sono dello stesso sen-timento con Taruffi. Sono mesi ed anni ormai che non ho fatto Sonetti. Tra jeri e (piesta mattina per mia disgrazia m'e convenuto farne tre:!). Ecco un Lucilio, direte Voi. Vi traserivo il piu freseo. E' fatto per un non so quale Cavalier Lombardo buon poeta, mi dieono, che prende la Laurea dottorale 1). ') Eeco I' 'ingegnoso ed elegante Ragionamento, che conteneva pa-recchie riflessioni sulla Lirica. Poesia esposte, con grazia di stile e con n o vitel' (Obračan, 13 genu. 1781, N.° 630), e che fu pronunciato dal M. in Arcadia ai 4 genn. 1782! Cfr. Vicchi, dee. 1781-90, p. 4 sg. *) Proprio cosi non fu ; cfr. Ferd. Pasini, Di alc. giudizi ecc. pp. 25-30. s) Ignoro quali siano i due oltre a quello, di eni piu sotto. Aj Non riporto il sonetto inserito a questo punto, perche gia edito in liesnati, I, 13. Inc. 'Acri contese. fatica aspra e rea', e reca il tit. 'Ali' abate Berardi poeta estemporaneo e giureconsulto' ; in Cardticci, o. c. p. 265 e assegnato erroneamente ai versi dopo il 1781. — Varianti tra il nostro autogr. e il 1 tesna ti: v. 4. I'anni, il diletto, e; v. 5. Edini dura : v. 14 maneggiar non pitoi. — II sonetto pero non era originaria-mente intitolato a Matteo Berardi, ma a Luigi Bramieri, il 'cavalier Lombardo' della nostra lettera, e coin[iarve a ]). 26 della race. Poesie ital. e lat. per la laurea in ambe te let/t/i confer. nella cel. universita di Parma al nob. sit/. Luigi Itramieri piaccntino ag/reg. ali' almo collegio degli illustriss. sig. giudici di detta citta, Modena, er. B. Soliani, 1780. Cfr. Vicchi, tr. 1778-80, p. 282, i cui ragionamenti per negare 1' inimieizia, affermata da Ac.h. Monti, Vinc. Monti ecc. Roma, Barbera, 1873. p. 135 sgg., fra il Monti e il Berardi verso questo torno di tempo, vengono pero deinoliti dalla lett. Roma, 19 nov. 1779, al V., Bert.-Mazz. I, ovc il M. dice del Berardi: 'questo e il furibondo assassino di Parnaso accennato sul fine della mia lettera a Viseonti, quello che rifrigge i bistieci deli' A- Gia non vi piacera, tanto piu che la chiusa e di pensiero ingegnoso. Copiero il Dramma, e mi prevarro del mezzo di Tiraboschi per man-darlo a Bettinelli. Non ho propriamente voglia di scrivere, ed e un incantesimo della nostra amicizia se qualche volta vi serivo delle lettere cosi lunghe. Addio. VI f Le dissensioni teoriche non dovevano per6 menomare, almeno per ora, la familiaritft, che traspira sin qui dal carteggio de' due giovani letterati. Tanto piu che, se al Vannetti 1'amicizia di un poeta predestinalo ad esser grande giovava, non nočeva nemmeno al Monti quella di 1111 critico, la cui servizie-volezza sapeva giungere a certi..., come dire?, eroismi, a' quali non sono sempre disposti tutti gli amici. Leggete. Roma 28 luglio 1180. Buon per me che Algarotti') e del mio sentimento sulla questione di Milton e Neuton. Diversamente voi sareste stato del parere dello Spa-gnuok). Non importa che mi rimandiate la copia delle prime mie Riflessioni sulla Lirica, delle quali conservo una minuta. Mi bastano solamente le seconde. Del rimanente se voi badate bene alla deflnizione che io premetto delP ingegno, e vi degnate di riflettere che io non ho mai inteso di patro-cinare ne i giuocolini di parole, ne le brillanterie ricercate, ma solamente i pensieri ingegnosi, intendetemi bene, voi se non siete una bestiolina dovete convenir meco, e accordarmi che la chiusa del mio sonetto k mero pretto ingegno. La correzione al primo verso della prima terzina mi piace, e duolmi solo che non sono piu in tempo di emendarlo. La vostra Canzonetta Iseriana z) mi fa 1' istesso effetto, che fannomi certe donne che mi piacciono solamente dal mezzo in giu. E certamente che le prime strofe sono il roveseio della medaglia delle quattro ultime, che sono šemplici, e piene di tranquillita, e morbidezza. Cosa mo' dovra sembrare a Voi la canzonetta3) che vi mando ? Per carita non me ne dir done, quell' energumeno che attacca lo penne di pavone alla coda di un passero.' Ecco 1' accenno al Berardi nella dedicatoria al Visconti (Saggio di poesie, risp. Resnati, VI, 167): 'Voi non farete [traducendo Pindaro] certamente, al cigno di Tebe i torti che fatti vengono a quel di Venosa da qualche assassino di Parnaso, il quale con barbara parafrasi ne stempra piu Odi in una sola per aver cainpo di farvi brillar in mezzo le sue stre-pitose puerilitA,.' 1) Francesco Algarotti (n. Venezia 1712, m. Pisa 1764), 1' autore del Newtonianismo per le dame. 2) Non saprei quale sia delle molte canzonette in istrofe, scritte dal Vann. in Isera. 3) E" quella che inc. 'Lo san Febo e le Dive', intitolata Canzonetta in Resnati, I, 104, e II Ritratlo in Carducci o. c. p. 278, ov' e assegnata erroneamente ai versi dopo il 1781. II Vicctii, dec. 1781-90, pp. 200-02, male, perchfe le voglio bene, e per 1' amore. ehe porto alla persona per eni e seritta, e per la diligenza eon cui e seritta. Non aver paura che sia ingegnosa, ella e anzi tutta quanta suggerita da una tranquiila, ed inno-cente tenerezza, ehe non ho provato inai piu. E infatti io sono innainorato questa volta di una maniera tutta partieolare. La mia vita ha gradito la canzonetta, ed io per farmi un merito maggiore la voglio stampare. Ma come? Nel Giornale di Vicenza, a cui mi sono associato io, e molti miei ainici come era ben di dovere per dar pro ve della mia premura alla Signora Bettina. Non manea altro che tu mi ajuti eol premettere alla canzonetta ijuattro sole parole non in lode mia, ehe non la merito, ma bensi della bella Giovanetta che io eelebro. Ma in che modo, se non la eonosco? di-rete Voi. Oh questo e appunto cio ehe deve esser opera tutta del vostro spirito. Ma avvertite bene per carita ehe la cosa sia naturale. L' avrei seritta io questa prefazioncina. Ma sieeome non si puo far a meno di far menzione della canzonetta con qualche sorta di vantaggio, se vuolsi lodare il soggetto, cosi mi sono vergognato. Voi mi renderete felice se ini secon-date in qucsta mia passioncella. Scrivo oggi alla Caininer pregandola che la stampi subito subito, e che me ne mandi una copia volante. Dunque Voi fateci un poco di testa, correggetela in cio che non vi soddisfa, (e questo ve lo comando), e spingetela immediataniente alla Caininer. Ma che la testa sia piccinina, e corta vedete. In preinio ti voglio mandare una Copia del Socrate, che ti šara 1111 mirabile Elixir contro la malinconia, identitica la 'Giovanetta', a cui e dedicata, con Teresa Petracchi e ne pone, aneh' egli a torto, la data 'verso il 1782'. — Varianti tra 1' autogr. della canzonetta, aggiunto alla lettera, e il Mesnati: dopo il v. 12 mancano : V amo, e .Ktrei doleute — di non amarla, e solo — timor mi turba, e duolo, — che appien corrispondente — non sia del cor l' affetto — a si leggimlro obbietto. Dopo v. 21 mancano: Ma eon ijuiil nome, oh dio! — appellarti degg' io, — o beltii j/eregrina t — Niče, Licori, Irene, — son parole terrene, — e sotto umana ceste — tu sei cosa celeste, — ne altro nome a te spetta, — che il nome d' Augi, letta. — Ah bella a v ventil rosa — angioletta vezzosa,. V. 21 presuntnosa. V. 30 o. V. 31 chi pospose alle ne.re — le, bionde capi-gliere (capellieri', corresse il Vann. . V. 38 mula (ignuda, corr. il Vann. e il M. accetto . V. 57 piti bel. V. 60 qual striscia di ipgtffeHl — sottil nebbia che. V. 61 sulla. V. 80 al e sempre il migliore — qiMche, ragiona al core. V. 117 quando amico sorridi. — Allor.fi racconsola — l' aiiima iunamorata, — la iloglia cillor s' iHrolti — dal cor. V. 122 da un dolce. V. 140 chi ricordar ki dote. — d' al ma bella non /mote. V. 156 a regolar. V. 163 ipialche alnui. V. 164 pudici. V. 167 tra mura cittadine — V alma bennata alfine. Dopo il v. 185 mancano: l-' e la nemira aneora — della menzogmi infida — che mula al fuinco ugnora — la verita si guida, — e finger mai non suole — rezzi, sguardi, e parole. V. 205 pietosa .' V. 206 Mira sul Tracio lido — Filli d'umor trafitta — dali' empio derelitta — Demofoonte infiiloe sull' Idalia balza (in sull' Idea, corr. il V.) — Knon dolente e scalza — lagnarsi colle piante — dello spergiuro amante. Seguono iinmediataniente gli ultimi otto versi del liesnati, sei de' quali sembrano tagliati dal Vann. V. 220 di Aprile. — due o tre volte. e vi aggiungero anche una copia del Mar Grande dell'Abate Sperandio ') ehe gi& e uscito, e fa furore. Una bella nuova. L'Ahate Gnlt Edile dell'Accadeniia dei Quirini, o per mcglio dire, 1'Accademia dei Quirini vi ha fatto suo socio, e io tengo la patente da spedirvi. Cosa ho da fare ? Ve 1'ho da mandare, o 1'ho da bruciare? Sara meglio mandarla per non eccedere. II vostro la voro sopra i Traduttori di Orazio •) ii degno del vostro criterio, ma io vi proporrei un soggetto ehe ben eseguito deve piacere a tutti e per forza. E sareblie di lavorare in varj eapitoli un Trattato tutto quanto Ironieo deli' arte di compor Drammi sorprendenti, come Svitf (sie) 3) ha tatto 1'Antisublime. II vostro modello deve essere il Socrate e qualche altro Dramina moderno), che v' assieuro io essere il non plus ultra, e g'li autori di rinforzo per appoggiare le vostro opinioni tirate dallo spirito del Socrate devono essere il Mar Grande, i Secentisti, e le Comedie Spagnuole, come sarebbero per esempio gli Amori di Gesucristo colla Madalena, o gli amori e le gelosie di S. Giuseppe colla madonna ecc. Sappiate ehe io ho steso in carta (jiialcbe pensiero su questo soggetto, e che in vita mia non ho trovatp .ne una materia piu fertilc, ne piu čara, ne piu da piafcere]. Avrei seguitato se, 1' amore mi lasciasse stare, ma se [voi | abbracciate il inio consiglio io, vi communichero le mie rifiessioni. Scrivetemi subito so siate per abhraoeiarjo. Per verita che vi lasc.iereste scappare una bella oceasione da far spicco della piu galante, o piu soda critica che 1' Italia possa mai aspettarsi. E ijuo.l che e buono ancora, e che in capo a meno di un mese voi avete finito sicuramente. Ma quasi, lo credorosto V mi pento di avervi comunieato questo jionsiero o bisogna oho io vi preghi a divider meco la tatica por partocipare poi ancor io della lode che ne trarremo, come feeero a])punto Pope Svitf, e Arbuthnot coll' Antisublime, o sia V Art de ram per en poesie. E se vi pare che a noi due si aggiunga un terzo, ed anche un quarto facciamolo, e non dimentichiamoci del Sig. Cleinente Baroni M. ') Pellegrino Sperandio Diaconi, 'uomo di singolare ebetazione', ar-cade, che verso i I 1778 serviva di trastullo ai letterati e ali'alta societa di Roma. Cfr. Vicrhi, tr. 1778-80, pp. 152-55. II lMare grande, poema-vita di Peli. Sperandio, Nato in Roma o di Tiburtina Concittadinanza ecc. ecc. ecc.' usci a Roma nel 1779: faceva furore appunto come monumento d' itnbecillita. 2) Cfr. sugli studi oraziani del N*., Ferd. Fasini, Una versiono ora-ziana ecc. cit., spocialmonte p. (i. :i Qtii e piu sotto si allude alle 'Momoires of Martinus Scriblerus' (17141 e alle 'Miscellanios' 1727 , ov' ehbero mano Gioranni Arbuthnot (n. Arbuthnot 1675, m. Londra 1735), Aleksandro Fope n. Londra 1688, m. Twickenhain 1741, o Gionaki Sirift (n. Cashel 1667, m. Dublin 1745). II 'Trattato deli' arte di strisciare in poe.sia', cit. in francese nella nostra lettera, il M. lo conobbe, com' e evidente, in una delle molte traduzioni, che delle opere del Pope si feeero in quella lingua, p. e. deli'ah. de ki 1'orte, Parigi, 1779, 8 vv. 4) N. Saceo 1726, in. 1796, uomo di cousiderevole ooltura e sagacia; si occupo di scienze e di lettere, ma ebbe, serivendo, poca oura della forma. Fu maestro di Clement. Vannetti. Notevole, fra le sue opere, Vldea della storia, e delle consuetudini ant. della Valle Lagarina ecc, (Trento, 1776). VIII Poteva il Vannetti dir di no a un abatino entrato in amore, al quale, gi;i lo sappiamo, andava 'soggetto' in ista-gioni fisse, 'almeno una volta I'anno'1)? Non gliel'aveva pro-messo il Monti di promoverlo a,... 'Mezzano'? II Vannetti si profferi dunque senz' altro alle occorrenze dell'amico: solo, volle alineno di suo gusto la veste del com-ponimento.... galeotto, per il quale propose alcune correzioni. Non ebbe difticolta ad accoglierle, se non tutte, in gran parte, 1'amante, cui bruciava di far presto. Doma, 26 agosto 1780. E' morta la povera Clarisse2). Se gli Angeli potessero morire non morirebbero diversamente. Jeri appunto volli ripigliare in mano questo libro divino, e rinnovarmi alla mente questo spettaeolo coinpassionevole. In verita che non ho potuto far a meno di piangere. Ho tutt' ora davanti agli occhi il suo cadavere, i suoi funerali, la sua sepoltura, e tinche avro vita non tralasciero piu di leggere 1111 libro, che e il primo capo d' opera d' immaginazione, e che riempie 1' anima di sorprendenti pensieri. La dif-ferenza che passa tra Giulia e Clarisse, e quella che passa tra una smorfiosa puttanella, e un angelo. Crederete Voi, che 1' altro giorno Taruffi mi giuro di averlo letto una quindicina cli volte questo libro v Le espressioni da correggersi nella mia canzonetta sono giuste ma io non posso assolutamente, ne voglio emendarle tutte, perehe arao piut-tosto di esser prosaico, che di stiracchiare il senthnento, che a me piace franco, disinvolto, e pieno di agilita, Tutta volta dopo il versetto = Non sentirsi e delifto, attaccat« subito = Io ritrarla vorrei, e levate via = farno e sarei dolente con tutto il resto. Dopo il verso = o beltd peregrina, tralaseiate quel Niče Licori ecc, e fate seguire So t to temna veste ecc. o pure Nel vel d' urnana veste, o pure Cinta d'umana veste. Presnntuosa e di Petrarca3): Lingua mortal ') 'Con un vero dolore, e con un sodo proponimento di non peccar mai piu mi aeeuso di aver rieevuto fin dal Mese di Maržo PArticolo vostro Apologetieo sulla mia Anacreontica, e di non avere per effetto di una grandissima mia infingardaggine in me eagionata da una potentissima passione amorosa, alla quale almeno una volta l' anno e soggetto il mio temperamento, di non aver, dico, mai reso a voi quei milioni di grazie che io vi dovevo, e che adesso vi rendo con tutta 1' anima1 ; — lett. Ferrara, primo di Maggio 1778, del M. al V., ms. Bibl. Cio., Rovereto, la terza delle quattro lettere inedite del Monti al V., da me accennate in Pagine Istriane, II 192. 2) Si allude, sembra, al romanzo Clarissa Harloive deli' inglese Samuele Riehardson (n. 1689, m. 1761), fra il quale e il romanzo Jidie ou la nauvelle Heloise di Gian Giacomo Rousseau (n. Ginevra 1712, m. presso Parigi 1778) s'instituisce qui il confronto tante volte ripetuto. 3) Parte I, Son. V: 'Quand'io movo i sospiri a ehiamar voi'. prexunivosa vegna. Dal color non dipencle correggetelo voi se vi d;'i 1' animo senza pregiudicaro alla chiarezza del sentimento. Se non vi piaee il rotor d' un storriso fate il poter d' itn sorrino. Combattuto mi garbeggia infinita-raente, ed esprime appnntino qnel palpito ehe si risente alla presenza di nn oggetto che si ama. L'Ariosto l) si servl di quosto translato parlando di un zefiro ehe increspa leggiermente il mare, e paragonandolo per 1'appunto alla respirazione che comparisce sul petto delle donne, e ne solleva le manunelle che vengono e van coni' on da al primo margo quando piacevol aura il mar combafte. II restante dei difetti notati correggetelo voi, in quanto a me io non cangio altro che quel regolar gli amori in moderar, o governar. Lascia puro ehe Cesarotti schiamazzi, e ti voglia mangiar vivo perche hai biasimato M. Thomas2). Egli ha il torto, e la ragione e tutta per te. E poi non ti basta il baeio che ti ha spedito la Signora Contessa Franco? Oh bacio gentile ! oh bacio fragrante, e dolcissimo ! Per caritA se sei in tempo rinuncia a questo bacio, cedilo a me, che voglio comporvi sopra un poema. Giacche questa Dama e ostinata in voler leggere il mio can-zoniere maudatelo in mio nome, e chiedile il permesso che io le seriva una lettera di ringraziamento, perche si degna di farne ricerca. Non mi parlar j)iii di Serassi. Egli e un vero asino. La lettera di Taruffl ti ricompensera dei torti che ti fa questo agghiacciato pedante. So che in questa lettera monnora di me, e della mia poltroneria. Oh [mormojrate 1110' quello che il diavolo v'inspira Voi, Taruffl, e il malanno che vi colga, che io non mi curo di saperlo, e sto saldo nelle mie massime. La fiacchezza della vostra lettera scritta a Cunich :f non intendo che derivi dal latino ma dai pensieri. E in verita che e di molto inferiore al-1' altra scritta a Taruffl. Tuttavolta ha il suo bello, e non perdc di pregio se non per corifrento. Se non avete spodita la copia di quelle mie seconde riflessioni, non importa piu. Gi& le ho raecapez/.ate, e ricucito colle prime, tanto che ne ho formato un diseorso sufflcientemente lungo da reeitare nell' a per tura di Arcadia. Taruffl me lo ha riveduto, e lodato, si lodato, c infinitamente. Tutto era in ordine: la eanzonetta usci tosto nel Giornale Enciclopedico *) eol suo bravo preambolo, piecolo, anonimo e ') Grl. Fur., VII str. M. ■) Nell' Kpistota secomla al Monti, cfr. CI. Vami., Op. VI, 212, 222, nota 14. — II Vami. avea pero lodato il Thomas nell' Elogio del Fedrigotti, cit., ibid., VII, 55, del che era stato rimproverato dal M. in lett. Roma, 30 giug. 1779, Iiert.-Mazz. I. — Silil' amicizia di Melchiorre Cesarotti (n. Padova 1730, m. Selvaggiano 1808) eol V. cfr. Ferd. Pasini, Di alc. giu-dizi ecc. pp. 47-49. — Antonio Leonardo Thomas (n. Clermont-Ferrand 1732, m. Oullins 1785) era il noto scrittore francese di elogi, cousiderato nel sec. XVIII come insuperato maestro del genere. *) Probabilnieute lett. V. Kal. (Aug.j MDCCLXXX., cit., in CI. Vami., Op. VIII, 173; e 1' altra al Taruffl sara lett. VII. Cal. Aug. MDCCLXXX, in Clem. Vann., Epistol. lib. V, Ticini, 1795, cit., p. 212. 4) Sett, 1780, T. IX, 103-10. 284 Vagine istriane opportuno. 'Quanto freddi ed insipidi riescono que' Poeti, i quali in uno stato di perfetta indifferenza eantano di amori chimerici metafisicamente, altrettanto piacere appportan coloro, che sfogano in doici versi una delicata passione, e sentono quello, di che piangono, o esultan scrivendo', Apollo e Cupido 'sembrano fare a gara' per dare al Monti motivo di cantare e per sostenere il canto con imagini e colori ]>iii belli; esempio: la presente 'atfettuosa, vaga, fiuida, e veramente poetica Can-zonetta'. Non ve lo dicevo io che 1' amieizia del Vannetti era impagabile ? IX Nuova lacuna, segnata pero, ad arguire dal principio di quest' altra lettera, da nuove interruzioni del carteggio. Kovici, S novembre 17HO. Amico Carissimo. — Se 11011 vi scrivo adesso che ricevo la vostra lettera mi [vi?] converra aspettarne la risposta I)io sa quando. Io non sono pero ne ammalato, ne innamorato, ne fuori di Roma. Vi amo come prima, vale a dire quanto me stesso, fo spesso menzione di voi cogli Amici, mi lamento con essi del vostro silenzio, vi lodo, vi bia-simo, vi desidero, e Voi solo oecupate la meta de' miei pensieri. Siete contento V Avete adesso piu bisogno che vi mandi dei versi in segno, dite Voi, della nostra amieizia ? Via : mandiamo ancora dei versi, Lasciatemi aggiungere altre due righe a questa lettera, e vi copio subito un poemetto sopra la Solitudine. Lo composi nel settembre passato, e lo recitai nel-1' ultima Adunanza che fu tenuta in Arcadia, nella quale il Padre Jacquier pronuncio una elegante, ed egregia prosa sopra le rivoluzioni del Globo. A questo poemetto aggiungero due Cantate ') composte per un mio Amico che si diverte nella Musica e resuseita in se stesso il genio cli Jomelli. L'Abate Galfo ha puhhlicata 1'Apologia8) del suo Socrate contro la lettera dell'Antologia con questo titolo : II Trionfo della verita ; ossia lettera che fa la Scarsella del Signor Ah. G... alla penna deli'Abate M... L'Apo-logia corrisponde perfettamente al Dramnia, ed e un capo d' opera. Vi traserivo il primo paragrafo di questa lettera = Aniabilissima vda bene-fattrice, io non so come ringraziarti che basti delle videvoli Critiche dcite al 4) Non so quali, a meno ehe il M., rielahorando al solito le cose sue, non le abbia fatte servire per quelle a noi pervenute con data posteriore. 2) II Trionfo della verita ossia lettera apologetica, in cui si risponde alle due lettere intorno al Socrate del sig. ab. G***, che si leggono nell' An-tologia al num. TA e Lil, Altipopoli, a spese del Fanatismrf (1780). Su cio vedi pure ampie notizie nel Vicchi, tr. 1778-80, p. 347 sg. e p. 338, ove e riprodotta 'la lettera dell'Antologia' (N" LI, giug. 1780), che concorda esattamente con la lettera al V., Roma, 3 giug. 1780, da me posta in luce. Le induzioni del Vicchi hanno dunque nuova conferma. Socrate del mio padrone, perche con questo tuo malgrado mi colmi di bei papetti, e se il Signor Abate M... non avesse onde provvederti del bisogne-r.ole io, io slessa mi eaverei dalla boeca rib che m1 entra nel seno, e comprerei deli' inehiostro per dissetar le tue labbra —. Che ve ne pare di questa Scar-sella V Mi dispiace per sentimento d' umanita che corra voce, che il povero Abate Galfo siasi alquanto inipazzito fra le montagne della Sabina ove era andato a villeggiare. Se more, 1' Abate Golt ne fara 1' Elogio per 1' Antologia. Dimani vedro Taruffi, e gli portero i vostri saluti. II Libro di Bian-conil) e degno di tutte le vostre lodi : ma se le lettere del Tiraboschi sopra il Testi vi sembrano mi' immagine delle mie, per verita che il suo libro sani pessimo. Per carita non mi parlate piu del mio libro. Non posso piu ricordarmi d' averlo stampato senza maledire 1' entusiasmo che mi venne di stamparlo. Sia quel che si vuole io detesto la meta delle cose che con-tiene, e se la Franco ve ne ha scritto con vantaggio sara stato per far la corte al vostro eccellente eccellentissimo estratto. Basta. II mio Dramma ristabilira la mia riputazione. Vi aceludo la Patente de' Quirini. Se non termiuo la lettera non mi rimane piii tempo da copiarvi i versi promessi. Ma tant' e : con voi non posso, ne so esser breve. II mio trasporto per voi precipita l'azione delle mie dita, e mi fa trovar materia da serivere a misura che la distendo sulla carta. Addio. II Tuo Monti. La povera Clarisse non puo vivere in pace con quel diavolo di Lovelace, e vi saluta teneramente. X II Vicchi, ormando con la nota diligenza ogn' indizio deli' atti vita letteraria, che a buon diritto battezzo di miste-riosu'), svolta dal Monti nel 1780 (al qual anno per fortuna appartengono quasi tutte le nostre lettere), almanacco a lungo su certi irreperibili versi sciolti, che il poeta nell' adunanza arcadica de' 14 settembre 1780, tenuta per festeggiare la fon-dazione della nuova colonia accademica in Gorizia, avrebbe recitato intorno ali' argomento scientifico, ch' era stato scelto dal padre Jacquier 3) per il suo discorso inaugurale Io non so, se questi, come diceva il Vicchi, 'endecasillabi, su cui pesa incerto fatn e che sepolti forse aspettano 1' eta ') Giovan Lodovico Bianconi (n. Bologna 1717, m. Perugia 1781), autore delle Lettere sopra Aulo Comelio Celso, Roma, 1779, dirette al Tiraboschi, del qual libro e qui parola. — Girolamo Tiraboschi (n. Bergamo 1731, m. Modena 1794), autore della Vita del conte Fulvio Testi, Modena, 1780. 2) Tr. 1778-80, p. 328. 3) Francesco Jacquier (n. Vitri-le-Fran^ais 1711, m. Roma 1788), illustre geometra, commentatore di Newton ; studio e insegno a Roma. Gia da 40 anni godeva di farna europea. *) Vicchi, tr. 1778-80, pp. 330-32 ; e Carlo Morelli di Schonfeld, Istoria della Contea di Gorizia, Gorizia, Paternolli, 1855, III 141 sg. d'una propizia risurrezione', siano stati di poi scoperti') e pu-blicati da altri. Eccoli qui ad ogni modo, come li tolgo dal-1' autografo montiano, ben lieto, se cosi fosse, d' aver io 1' onore ('sono i piccoli carnevali', direbbe il Masis), 'dei topi d' archivio e di biblioteca') di renderli per il primo alla luee. LA SOLITUDINE.3) Questa selva, quost' antro, e qucsta rupe e la folta ombra, o il profondo silenzio, cui rompe tuttavia placido, e roco de' ruscelli, e de' venti il mormorio tornano alfine al travagliato spirto r' il perduto riposo, e lieve lieve qual rugiada suil' erbe sitibonde fan sull' alina discendere il diletto di trovarsi solingo. Io vi saluto cortesi piante, io vi saluto, o dolce 10 solitudine amica, e a te de' vati possente inspiratrice mi rivolgo, e i miei pensieri raccomando. Oh come 4) And nt i perduti li dice Em. Bertana ('Intorno al sonetto di Parini Per la macchina aerostatica', in Giorn. stor. della lett. it. 1897, XXX 422). 2) Ernesto Mani, Vinc. Monti, in 'La vita ital. dur. la Rivoluz. frane. e rimp.', Milano, 1897, p. 401. 3) 'II M. fu tutt' altro che. un letterato anacoreta, rifuggente. dai cireoli eittadineschi ed amante della vita solitaria' ; cosi M. Kerbaker, Sopra un luog-o di Shakespeare imitato da V. M. (nel vol. Bon. Zumbini, Silile poesie di V. M. ; Firenze, Suee. Le Monnier 18943, p. 331), per pre- vare che 1' Invito d'nn solitario ad un cittddino (1793) e una pura eserci- tazione letteraria. II nostro poemetto pero, se non bastava.no le elegie, gli sciolti Al prhu-ipe don S. Chi/ji, i Pensieri d' amore e tanti altri passi lirici ed epici, prova, che la poesia della solitudine il M. la senti presto ; e in essa, prima che i nordici, ebbe maestro, coine aveva bene osservato il Vann., Properzio. Vero e, ehe il paesagg-io nel M. e cosi povero di ca-ratteristiche, e cosi generico, da far pensare a componimenti di tavolino ; ma, a voler essere troppo sottili, si risiea di risollevare la vieta questione della poesia proveuzale, se ed in quanto sia necessario, per ottenere un effetto estetico, individuare i particolari deserittivi. — Notiamo intanto, come certi pensieri del nostro poemetto (p. e. vv. 30-60 sull' amore) tornano nell' Invito d' un solitario, men tre mancano nel passo shakesperiano preso a modello; notiamo, come i vv. 61-65 sieno quasi un preludio a cio che il M. canterA nel sermone Sulla mitologia; notiamo infine, che tutto il eomponiinento, oltre ad essere un mosaico di motivi altrui, familiari alla memoria di c.hiunque, e assai poco limato : ragioni, per le quali il M. si sarft indotto a lasciarlo inedito per sempre. Vagine ištriane 287 grato e 1' orror che mi circonda! Almeno qui non batton la negra ala le cure che de' palagi sotto 1' auree volte svolazzano moleste, e de' potenti turbano il petto, ne cacciarle in fuga pno il suon di cetra, e d' un bel labbro il canto ne laute mense, ne dorati cocchi. Qui non vedranuo gli occhi miei giacersi mendico a terra, e calpestato il Merto, cd orgogliosa a desco signorile banchettar 1' Ignoranza adulatrice. Qui non udro dolenti e paurose gemer Giustizia, e Verita, dal vile Mercenario vendute, e senza inciampi potro amar la virtu, che le smarrite deli'oppressa ragion forze ristaura. E tu d' ozio, e piacer figlio temuto cui 1' umana viltade i tempj eresse, tu cieco Amore da ine lungi il passo volgerai vergognoso, o a me dinauzi non tornerai che disarinato e vinto. Va: 1' arco adopra, e le saette in grembo ali' altere Cittadi. Ivi sii crudo, ivi tiranno: col superbo piede calpesta la fortuna, o al tergo ignudo adattale le penne, e del suo volo la carriera prescriva un feinminile venerato capriccio, ond' altri al fondo caggia repente, ed altri ai primi onori sull' ignobile fango si sollovi. Monta sui troni: a tuo piacer d' Astrea inclina la bilancia; a Marte in pugno fa scintillar la spada, e sii de' Numi il piu perverso, e il piu codardo insieme. Io tranquillo da questo erto dirupo sul grande ove tu regni ampio teatro godro mirar con ciglio indifferente dal tuo foco raccesi in fiera pugna 1' un coll' altro lottar gli umani affetti, come del mar sul tempestoso lido combattono talvolta le procelle quando del cavo monte Eolo percote coll' asta i fianchi, e fuor della caverna Libecchio, ed Aquilone escon mugghiando. Cosl mentre d' Amor 1' aspre catene del mio scoglio alla punta infrante appendo, e al cor 1' antica libertž, ritorna, torna con essa al mio pensier la forza deli' inveiitrice fantasia che i boschi d' Oreadi riempie, e di Napee, di Naj udi le fonti, e il mar di mille deita protettriei. Essa volando per li campi del cielo or di lugiibre cometa segue la purpurea eoda che dai cardini suoi, tremenda in vista, schiantar minaccia la propinqua terra e per 1' immenso Vuoto strascinarla a mirar altre stelle, ed altri Soli. Or per la fosea region del tuono spinge le luci, e delle nubi in seno 1' impaziente fulmine sorprende. Ora del Sol nell' aurea faecia, ed ora nel mezzo corno deli' argentea Luna s' alfisa innamorata, e da per tutto di Dio le tracce mi palesa, o insegna. Del mar profondo passeggiar lo veggo sul rabbuffato dorso, e sulla punta delle molli erbe, che il fragrante fiato di Zefiro g-entil feeonda e molče, Di lui parlanmi i tuoni, e le tempeste, e degli augelli il canto mattutino, di lui la lmce, e le tenebre, e voi principalmente, o solitarj orrori, che dal mio fianco 1' importuno assedio dei vani oggetti allontanate, ond' io me rendo a me medesmo, e di Natura le maraviglie meditar mi lice. Ella e ineco, ella parla, e dolce invito al cor mi fa di contemplarla ; ed ecco calarsi la cortina, e le secrete sedi apparir della gran Madre antica, u' delle cose con mirabil arte va fabbricando le diverse forme onde vita rieeve il mondo tutto. Qua vedi per qual raro magistero color, fragranza acquistino, e figura le verginelle rose, e come chiusa sia tutta in picciol seme, e si fecondi la quereia onor delle foreste, e scorno dei turbini sonanti, e d' Anfitrite. LA, scorrer vedi di bitumi e zolfi le serpeggianti vene, onde si pasce 1' atra vorago di Vesevo, e d' Etna e si desta il tremuoto, che turbate fa ondeggiar le montagne, e della terra crollar le fondamenta allorche stanca del tallir nostro, e d' alto sdegno accesa la Giustizia del Ciel spaventa il Moiulo. Ne voi la vostra origiue g-elosi naseomlete, o Metalli, e tu puranco la tua riveli, tu di ree sciagure lagrimosa sorgente, auro tiranno. Dal cavo sen ti svelsero dei moiiti le umane ingorde voglie, e ti dier prezzo. Ma sei negletto e vile innanzi agli ocehi della saggia Natura ehe del suolo nell' ime ti celo cupe latebre del lavoro fatal forse pentita. Te di pregio, e belta vilice d' assai il flor che d'un ruscello orna la ripa, e 1' erbetta ch' io calco. E se 1' avare cittadi abbaglia il tuo splendor, tu perdi e luce, e pregio d' un romito al guardo ne meriti 1' onor d' un suo pensiero. Ma qual portento, o caso alto sui monti voi deli' onde una volta abitatrici spinse, o conchiglie? qual nemico Nunie in duro sasso vi converse? e voi scheletri informi d' Affricane belve, e voi puranco antiche ossa petrose di smisurato Libico elefante, qual mano un di sulle contrarie rupi dei gelati Orioni vi balzo ? O dolce di Sofia cura e diletto Jaeguier che larga per sentiero impresso di Britannica luce onna segnando la eagion sveli delle cose, e tutti sai della terra i fati e le vicende, tu donde avvenne un tanto caso, e come, allorche tutto per furor celeste giacque sotto 1' ultrici oncle sominerso eangiossi il volto del creato inondo, narrasti, e le sublimi tue parole d' Arcadia le foreste innamoraro. Anch' io beato le ascoltai da questo di silenzio, e di pace ermo ricetto, che le raccolse un zefiro sull' ali, e miste al mormorar del vicin rivo al mio orecchio cortese le sospinse. O Zefiretto portator gentile di si g'iocondi accenti, io ti ringrazio. Te non incontri inai per la campagna il turbine crudel, te primavera custode elegg-a, e nutritor dei flori onde il prato s' ammanta, e a mio ristauro di visitar soVente ti pernietta questa selva, quest' antro, e questa rupe. llil> Le Cantate, un' altra volta padron mio. Adesso sono troppo stanco dallo serivere, e non ho tempo nemmeno da rileggere lo scritto. Intende-telo a discrezione. XI Dopo avergli predicato tanto, nella prima e nella seconda Epistola, di non lasciarsi sedurre dalla poesia scien-tifica e dalle letterature nordiche, non era un bel complimento, via, per il Vannetti, vedersi capitare clal Monti sciolti di q nesla fatta! La censura, tarda, ma esplicita, venne di li a qualche mese, quando il Vannetti lesse il poemetto montiano nell'adu-nanza estiva degli Agiati: 'Quod utinam', esclamava il »Segretario, 'germanico quodam gallicove colore totam poesim non intuscasset, aut certe cum Etruscae elegantiae studiosior fuis-set (sunt enim quidam loquendi modi, qui peregrini magis videantur, qnam nostri) tum etiam versus majore cura elabo-1'asset, et quasi tornasset! jacit tamen multos igniculos ingenii, et felicissima interdum mentis concitatione provehitur''). Segue (e si capisce) un lungo silenzio epistolare. N' b prova 1' ultima lettera che produco e che accompagnava la Bellezza deli' Universo. Roma, 24 ottobre 1781. Amico Carinnimo. — Che si che mi credete dimentico di Voi V II mio silenzio di tanti Mesi ehi sa quanto vi avra fatto morinorare di me V Ma sappiate che nell' amicizia io sono Ortodosso buono, e che sono lo stesso di otto Mesi addietro, e che tale saro a riguardo vostro ultra cineres. Una volta vi mostravate premuroso di leggere. miei versi. Non so se duri piu in Voi questa premura, e se siasi in voi cancellato quel poco di buona opinione che avevate per me. Con tutto cio voglio trasmettervi una copia d1 un poemetto che ho fatto ultimamente sopra la* Bellezza del-1' Universo, e se mi promettcte di esser candido giudice ve ne eomunichero un altro sopra 1' armonia del Leibnizio r), e poi un altro sopra il vincolo ») Sermones ecc. cit. IX, 9; XII. Cal. Jul. MDCCLXXXI. 2) Non conosco questi altri due poemetti, ne la prolusione critica cit. piu sotto. — La Bell. deli Univ. fu recitata, com'e noto, in Arcadia ai 19 ag. 1781 per le nozze recenti di Luigi Braschi Onesti con Costanza Falconieri; cfr. Vicchi, dec. 1781-90, pp. 85-94. — La copia inviata al V. dev' essere stata a stampa ; cfr. lett. a Ces. Monti, Roma, 1 sett. 1781, Bert.-Mazz. t, ove gia si parla di stamparla 'per la seconda volta'. — A tlellu poesia eolla filosofia ; sopra il qual argomento ho seritto anehe una pieeola prolusione critica eoneernente le stravaganze tlei poeti moderni ehe troppo, c nialsimente si abusano della tilosolia, e dei moderni einijue-eentisti che affatto la disprezzano. State sano, ridonatemi 1'amor vostro, comunicatemi i vostri studj, e credetemi inalterabilmeute II Vostro Affezionatissimo Amieo Monti'). Non so precisamente quel che rispondesse il Vannetti: sull'autografo di quest' ultima lettera e abbozzato, di mano sua, un giudizio intorno alla Bellezza deli' 1'nirerao: 'č ben pensato [il poemello], ben distribuito, vario, con passaggi felici, e di chiusa accortissima. Tocca le cose al vivo con un lume gentile chiaro e sereno, eh' e il proprio della nostra Poesia. Vi sono dei tratti poi di filosofia, d' evidenza, e di forza. La descrizioue deli' uomo e compiuta, e degli animali, e dell'arti. Vi sono delle arditezze nobili, d' una risoluzione non pero sfacciata. Parmi piu puro de' Capitoli. In poco vi si cliiude il tema d'un Poema: II Citso. Meglio colorito, disposto, e li-mato dello sciolto la Soliludine 8). Ma che importava, ormai, al Monti, del giudizio, e, clicia-molo pure, del carteggio eol Vannetti? Egli era arrivato, e la mano deli'amieo non gli era piu necessaria. Nel 1783 si serivevano appena 'una volta 1'anno'3). Nel 1786, ad accrescere aneor piu la loro distanza, venne 1' Ari-stodenio, che s' ebbe, da parte del Vannetti, fin da natura avverso alle tragedie, una eritica spietata (gia nota4) agli eonferma dei ragionamenti, ehe fa il Vicchi, dee. 1781-90, pp. 1-4, e p. 95 sgg., per istabilire, ehe il Monti entro segretario in časa Braschi dopo aver recitato la Bellezza deli' Universo, cito qui la lett. del Taruffi (Ale. cose ined. ecc. cit. p. 25i al Vann., Roma, 7 nov. 1781, ov'e detto esplicita-inente, che il M. ebbe impiego presso il nipote del papa per guella cantica, recitata in Arcadia e stampata per le nozze dello stesso nipote. ') Un brano di questa lett. (dalle parole: se mi proniettete a clisprez-zano fu riportato anehe in Viti. Vittori, o. c. p. 75. 2) Seguono altre parole o indeeifrabili o senza senso, 3) Lett. del M. al V. 10 genn. 1783, Ms. Jlibl. Civ., Rovereto, di cui edito qualche brano in Vit t. Vittori, o. c. pp. 75 sg\, 61, 53 sg. Cereai 1' autografo a Rovereto, ma finora non mi fu dato di rinvenirlo. L'Aristodemo e il Cciio Gracco di Vinc. Monti giudicato da C. Vannetti e M. Cesarotti, Firenze, tipogr. del Vocabolario, 1880, Nozze Nencioni-Ameriglii, ove G. Piccibla puhlico brani di due lett. 3 maržo 1787, 21 maržo 1787, del V. al Tiraboschi, tratti dal Ms. della Bibl. Estense di Modena; una terza lett. 14 maržo 1787 al Tiraboschi sullo stesso argomento era edita pure parzialmente in Clem. Vann., Epistolario scelto, Venezia, Alvisopoli, 1831, p. 63; una quarta 1789! a Clemente Baroni, ibid. p. 110, studiosi), la quale contribui non a raffreddare ') 1' amieizia de' due letterati, ma ad accelerarne senz' altro il raffreddamento. Nel 179.'! il Vannetti parteeipava con queste secche parole a Ippolito Pindemonte d' aver letto la Basvillianct : 'Le poesie del Monti sopra la morte del Basville ho vedute, e mi sembrano buone si, ma non eguali' 2). Un mese dopo, stavolta serivendo a Giuseppe Pederzani, usciva in questo giudizio: 'II Maseheroni, ed il Monti sono buoni poeti, almen per i'ispetto ali'invenzione, ma prima di dichiarar ne 1'uno, ne 1'altro per lo primo d'Italia, e' si vuoi masticarla. A buon conto il Parini puo far paura a chi che sia'3). Ahime, che capitombolo dali'Eslrutlo modenese del Sciggio di poesie a questa parte ! O il Parini, non viveva anche allora, e piu vegeto, e non per anco sul dechinar della sua attivita letteraria ? Mah! tale era il destino: al Monti la gloriosa, benehe agitata, carriera, da Fusignano a Ferrara, da Ferrara a Roma, da Roma a Milano, attraverso le cariche, le lotte, i trionfi, gli onori; al Vannetti la relegazione perpetua in un borgo angusto ai conlini d' Italia, e lo stagnar delle idee e i rientramenti in se stesso! Capodistria, 1903. Ferdinande Pasini 1 Cosi Aehille Neri in Giorn. štor. d. lett. it., III (1884) 444. 2) Lett. 7 ag. 1793, in 'Lettere ined. di Clem. Vami. e di Ipp. Pindemonte, per cura di Giov. Orti Manam', Verona, Antonelli, 1839. p. 54. 3J Lett. 7 sett. 1793, Ms. presso famiglia Vittori, Rovereto. M mm del Conti di Veilia sirati Hrupni STUDIO CRITICO (Contin. — vedi A. II, pag-. 246). Passiamo ora allo stemma della famiglia Frangipani di Roma e vediamo quale relazione possa passare fra questo e il cognome. Siccome lo stemma e rappresentato da «due leoni che tengono fra le zampe anteriori due pani» '), qualcuno potrebbe a ragione trovare in esso la conferma della leggen-daria origiue da frangere panem. Ma si domanda: qual valore ha lo stemma in relazione al cognome? Pochissimo, rispondo io. I leoni alludono per avventura al capostipite della famiglia, Leone, e agli altri di egual nome; ma, e i pani ? I pani, certamente, si dira, alludono al noto frangere panem! Chi lo sa? Eppoi; a qual epoca risale lo stemma coi leoni che frangono i pani? Hic Rhodus, hic salta! Bisogna sapere, che, a quanto c' insegna il dotto inglese Enrico Hallam, nel suo pregevole lavoro: UEuropa nel Medio Evo, lavoro tenuto in gran conto ancora oggidi, «g!i stemnit ereditarii furono forse (sic!) usati da famiglie private prima del principio del secolo XIII; e appena da quelV epoca si fecero generali—» 2). Ora, come mai si possono conciliare questi due fatti? Da un lato si vorrebbe, che il cognome Frangipani fosse derivato dal frangere panem, gia nel 717; i do-cumenti invece dimostrano, che il primitivo nome di famiglia era Fraiapan, nome che apparisce scritto la prima volta appena dopo il 1000, e gli stemmi gentilizii delle famiglie private risalgono al 1200 circa! Oh che da ridere! Oh che da ridere! Ancora due parole. Dai documenti risulta eziandio un. altro fatto certo, e cioe, che la famiglia de' Pierleoni (da Pe-trus Leonis) di Roma era affatto diversa da quella de' Frangipani 3); laddove i genealogisti da burla dei secoli XVI e *) Tutte le famiglie, che pili tardi si dissero Frangipani, portano nel loro stemma, con lievi varianti, i due leoni col pane o coi pani. V. Crollalanza, op. cit., Vol. I, pag-. 429 sg'g\ 2) Cfr. la traduzione italiana di G. Carraro, Firenze 1874, pag'. 108. 3) Cfr. Pertz, Script., XIX, 420 (1130): «Pelrum filium Petri Leonis«; XX, 366 (1150): «Fraiapanes et filii Petri Leonis«; Muratori, Script., Tomo III, Parte I, 426 : tPetrus ille Petri Leonis«...; 435 : <>praeter Fraiigepanum... munitiones»... (1130-1150). XVII, probabilmente perche le due famiglie piu tardi (dopo il secolo XII) divennero parenti, le confusero in una e senten-ziarono, che ambedue provenivano dagli Anicii, Probi, Olibrii, e via dicendo! Quanto a dimostrare, che la časa di Absburgo provenga dai Pierleoni, fuggiti da Roma non si sa quando e stabilitisi in Elvezia, io me ne dispensero volentieri; chi vuole, e padrone di credercil). Io passero invece alPesame critico della famosa leggenda dei tre fratelli, esulati da Roma nell' 833, e passati a Venezia; uno dei quali, Nieolo, si sarebbe portato in Dalmazia e avrebbe dato origine alla famiglia dei conti di Veglia sedicenti Frangipani. Entro senz' altro nell' argomento con una certa volutta, perche non vedo il momento di sfatare questa grossolana mi-stificazione, che pote abbindolare per tanti secoli tante e tante brave persone! Chi fu il primo a spacciare per vera questa bubbola? Fu il trate Agostiniano Onofrio Panviuio; un uomo, del resto eruditissimo, perche in 39 anni di vita (1529-1568) estese una cinquantina d' opere, piu o meno voluminose, piu o meno in-teressanti, moltissime delle quali vennero subito stampate. II lavoro pero, nel quale egli ci ammanisce la favola dei tre fratelli, e manoscritto, e si conserva nella biblioteca degli A-gostiniani a Roma, detta Angelica. Sappiamo dal Gregorovius, che 1'opera consta di quattro libri, e che il titolo n'e: «De gente Fregepana*; dunque non «Frangipania», come qualcuno disse. ') Prima di abbandonare questa questione per noi affatto seeondaria, e ricordato nuovamente il giudizio del Gregorovius colla sua sintetica e frizzante frase : «Dies sind Mtirchen»..., non posso resistere alla tentazione di eitare un autore che, per quanto frate, come tanti altri genealogisti da burla dei secoli XVI, XVII, questa volta fa ec.cezione alla regola. Egli si e il benedettino Gabriele Bucelino il quale tratta deli' origine della Časa d'Absburgo «až> Anicivs seu Olgbriis seu Perleonibux»» e della easa degli Hohenstaufen mb Aniciis Vita lianin» nella sua opera: Germania lopo-cliroiio-slemmato-graphica, Augusta Vindelicorum, 1655, da pag. 347 a 410. A pag. 407 leggesi: *Suut qui aeque alque Ilabnpurgicam ex Anicia Bbmamrum facile Principe familia ortam existimant, et quidem uti S. Be-nedictum et Habspurgios ex linea P roba sive Olgbria, i ta istam (Hohenstaufen) ex Vitaliana»...-, ma, dopo averci fornito varie prove in eontrario, a pag. 410 soggiunge : *Ex quo juxta coUigas, non Homanae sed Germanae originis utramque familiam fuisse». II pernio, diro eosi, attorno al quale s' aggira tutta la questione, si e quel passo italiano cui noi gi& conosciaino, (V. La leggenda dei tre fratelli ecc.) e che trovasi, seeondo lui, in una cronac-a romana. Questa cronaca, giusta le asserzioni del Vinciguerra, (V. Una voce slonaici nel corn universale) era nota anche a papa Martino V (1417-1431); si puo adunque sentenziare con sicurezza, che la leggenda deli' origine dei conti di Veglia dai Frangipani di Koma era gia stata registrata in qualche cro-naca entro il secolo XIV. Sta bene; ora a noi 1' esame critico. Di chi e questa cronaca, e per giunta scritta in lingua italiana (ma che ali' occhio indagatore e conoscitore si addi-mostra subito di lingua italiana viziata e interpolata da piu teste e da piu mani) cui attinsero questa sensazionale discen-denza papa Martino e trate Onofrio? Quando viveva I'estensore della supposta cronaca? Dov'e il manoscritto dell'asserita cronaca romana? A questi punti interrogativi 11011 rispondono ne 1' uno ne l'altro. Ma e qui che ci easca 1'asino! La fede alle asserzioni di questa cronaca s' avvantagge-rebbe del cento per cento, ove noi sapessimo il nome dell'e-stensore, 1' epoca in cui fu scritta, e il luogo ove si conserva il manoscritto; ma pur troppo il mistero che avvolge queste tre domande, la fanno discendere, quanto a credibilita, di clieci cotanti. Non importa; alla mancanza di questi requisiti, m' in-gegnero io di contrapporvi opportuni ragionamenti. Onofrio Panvinio, vissuto nel secolo XVI, e uno scrittore troppo recente, perche possa pretendere quei titoli cli fede e di valore storico, necessarii in una asserzione di tanto momento. Conviene, che i lettori si figgano bene in mente quanto sto per dire. Ecco; il Panvinio estese cpiesto suo lavoro genealo-gico, quando la famiglia Frangipani di Roma stava per estin-guersi, e quando i conti di Veglia si firmavano «de Frange-panibas» 1) pubblicamente gia da piu di 120 anni, come quelli rj Quanto alla mania di latinizzare i cognomi, vuoi di famiglie ve-ramente nobili (de), vuoi di famiglie plebee rinomate, alle quali per vezzo si premetteva il de per mera imitazione, riferisco qui, a titolo di curiosit&, aleuni cognomi spigolati nelle note dei volumi V e VI deli' opera piu volte citata del Gregorovius. Intanto, pur trovandosi la forma de Frangepani-bus, trovasi contemporaneamente 1'Originaria Fraiapan; se abbiamo i de di Roma, e adoperavano persino lo stemma gentilizio di quelli unito al proprio. La prima deduzione pertanto, che si presentava alla men te del Panvinio, fu questa: la famiglia di Veglia dcrira da quella di Roma. Ma la famiglia Frangipani, o piu esatta-mente Fregapani*), esisteva anche a Venezia, ancora nel secolo XIV; ed ecco una seconda sua deduzione: i Frangipani di Roma, prima di stabilirsi a Veglia, soslarono a Venezia. A quanto apparisee dalla citazione, (il Panvinio scrive in latino e riporta il passo in italiano), questa supposta cronaca romana e estesa in lingua italiana; e, a giudicare dallo stile, in una lingua italiana che non e certamente deli' epoca delle origini. Chi ha bazzicato ogni po' cogli scrittori dei primi se-coli della letteratura italiana, si convincera di leggeri, che nel passo citato, insieme con forme antiche, vi sono delle forme letterarie di secoli piu recenti, onde chiara ne risulta 1' intenzione deli' estensore d' ingannare il lettore. Tutti sanno, che i primi estensori di cronache in volgare quali: Matteo Spinello da Giovenazzo, Ricordano e Giacotto Malispini, Dino Compagni.... sono secoli XIII, XIV. E lasciamo passare il fatto importantissimo, che cioe la critica moderna fece le sue piu ampie e gravi riserve sull' autenticita di tali cronache. Ursinii, troviamo eziandio contemporaneameiite de filiis Urni, dal quale Uram trasse origine piu tardi la famiglia nobile degli Orsini. Se. troviamo i de Columna (Colonna), i de Sabello uSavellii, i de Co-mite (Conti), i de Anibaldin (Auibaldi) ecc., famigiie romane allora real-mente nobili, vi troviamo eziandio delle non nobili, che si scrivevano cosi di riflesso, per mania d' imitazione, come a nio* d' esempio : ■ Michieli di Malamocco; fecero mnt' Agostino*.... «Vennero prima di (da; Roma.» E' Marin Sanudo che ci clA la notizia nel 1522. i Michieli stessi ritennero un tanto: non si firmarono mai cosi; e lo stemma della famiglia e a H ar to diverso da quello dei Frangipani di Roma, come vedremo piu avanti. Abbiamo puranco veduto, che il Oescenzi parla non piu di tre, ma di quattro tratelli Frangipani (sic!) esulati da Roma, e il quarto sarebbe stato Eliseo, della quale famiglia fu Dante. Cio e realmente detto nella Vita di Dante seritta dal Boccaccio;') ma sono asserzioni gratuite; eppoi tutti sanno, che il Boccaccio, seppure e il padre della prosa volgare, nessuno lo riconosce quale storico-critico. Quello che dice il Crescenzi (uno dei bollati dal Grego-rovius) nel suo libro: Corona della nobilta d'Italia, circa i nostri Frangipani e circa quelli di Astura, Tolfa e Terracina, basandosi sopra Scipione Ainiuirato (del secolo XVIj e circa i Michieli-Frangipani di Venezia, basandosi su Benedetto Pucci (del sec. XVII), vale meno di zero. Benedetto Pucci, monaco Camaldolese, romano, amico personale della famiglia Frangipani di Roma, cui anzi era legato con vincoli di gratitudine, non ha proprio alcun peso nella questione; perche trova i Frangipani a Veglia gia da due secoli e mezzo. Io non ho potuto avere 1'opera sua: Genealogia dei Signori Frangipani, '2) Venezia, 1621; ma ne so abbastanza in proposito da un altro suo lavoretto, stampato a Venezia nel 1629, dal titolo: La nuova idea di Lettere mate adesso nelle Segretarie de' Principi e Signori.... In questo lavoruccio vi sono delle lettere del Pucci, in-dirizzate a Mario, Pompeo e Roberto Frangipani di Roma, gli ,'.) Cfr. Macri-Leone, Vita di Dante seritta da Giov. Boccaccio, Firenze 1888, pag'. 8-10 ; ma si soggiunge : «-secondo testimonia la farna«, il ehe vale un bel nulla. Anche lo Scartazzini, op. cit., I, 842, vi aeeenna, ma cita eziandio (jueste parole di Leonarilo Bruni (del sec. XV): «M a questa (i cosa molto incerta, e, secondo mio parere, niente altro clie ineso e misura della citt& cli Venezia, doveva vendersi parimenti a peso e misura della detta citta. Le tele veramente e i grisi') dovevano vendersi a «mazza», misura che per coinodita universale ve-devasi disegnata alle porte del Castello. Nell' atto della vendita, i grisi ed i pannilani del paese dovevano misurarsi distesi sopra una tavola; e chiunque non facesse cosi, perdeva il panno ed era anche punito con una mul ta. Innnobili dati in pegno per debito, prima di mettersi ali' incanto, dovevano essere publicamente proclamati (stridati), perche se alcuno avesse diritti sopra il detto pegno, poteva manifestarli entro 8 giorni al podesta. Se lasciava trascorrere il detto termine, non era udito piu ed il pegno poteva mettersi ali' incanto. II debitore che in pegno del suo debito avesse dato un immobile, questo doveva egli indicare esattamente agli stima-tori del Comune insieme co' suoi confini. Indi secondo il consueto, un ufficiale clel podesta metteva il pegno ali' incanto ') II Du Cange ha grisius rusticanus, pannits grisengus e griseus che e apptmto il nostro «griso» ossia pannilano orclinario, il grisette de' francesi. per tre domeniche. Se al terzo ineanto uno offriva piu della meta del prezzo stimato, a lui veuiva rilasciato. Ma se al terzo ineanto non si presentava alcuna offerta, veniva deli-berato al creditore per poco piu della meta della stima. Tuttavia al debitore restavano aneora 15 giorni di tempo per ricuperare il pegno. (Continua) O. Vesnaver L' ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA (Continuazione; vedi A. I, N. 6-12 e A. II, N. 1-6) Appendice N. 528. Liber de offic-io notariorum Civitatis Iustinopolis. 1751-1761. N. 529. Catalogo dei notari della citta e provincia. 1758-1773. N. 530. Libro d'istrumenti molto malandato; la scrittura e can-cellata dali' umidita sofferta, solo pochissimi istrumenti sono in parte decifrabili. Gl'istrumenti sono sottoseritti dai Vicedomini Simone de Victore e Leazario Ponzello. Carte 288. 1389-1413. N. 531. Libro d'istrumenti di circa 400 carte, rovinato in modo che soltanto ]>arte di poehi istrumenti e leggibile. E del 1400. Aggiunte vi sono le carte 151 e 152 d' un quaterno di Leazario Ponzello del 1400. N. 532. Fascio di indici diversi: 1) Indice segnato A. libri primus (sie) 1400. 2) Indice segnato C. 1450. 3) Indice segnato F. 1460. 4) Indice segnato G. 1450-1470. 5) Indice incompleto ed in parte malandato ; nel frontispizio si leggono i nomi di Mazuchis, Pietro Mnsella ed altri liomi indeei-frabili. 1450-1470. 6) Index testamentorum 1512. 7 ) Indice segnato R. 1525-1531. 8 Indice segnato P. 1530. 9j Index libri cjuinti V. 1536. 10) Indice B.B. 1550-1561. 11) Indice E.E. 1560. 12) Indice F.F. 1564. 13) Indice G.G. 1570-1578. 14) Indice L.L. 1577-1582. 15) Indice R.R. 1601-1608. 16) Indice V.V. 1626-1630. 17) Indice B.B.B. 1627-1650. 18) Indice C.C.C. 1650. 19) Indice D.D D. 1659. 20) Indice F.F.F. 1671-1676. 21) Indice L.L.L. 1677. 22) Indice \I.M.M. 1680. 23) Indice N.N.N. 1731. 24) Indice istrumenti di Za-rotto Zarotti, libro segnato f. 1745. 25) Indice istrumenti di Ambroso de Belli. 1744-1749. 26) Indice istrum. di Ambroso de Belli. 1747. 27) Indice istnun. di Ambroso de Belli. 1755-1759. 28) Indice protocollo n.o I testamenti di Girolamo Gavardo 1758-1771. 29) Indice protocollo n." I istrumenti di Gir. Gavardo 1758-1771. 30) Indice atti. 1760-1783. 31 Indice testamenti di Almerico Gavardo. 1772-1782. 32) Indice testamenti. 1779-1780. 33i Indice istrumenti. 1789. .34) Indice istrumenti di Pietro Modena. 1784-1797. 35 Indice atti del 1799. N. 533. Indice di testamenti depositati nella Vicedominaria, dali'anno 11549-1718. Ineomincia colla pagina 20 e va fino alla pagina 95. N. 534. Sette indici senza intestazione; i primi tre sono i piu antichi (1300-1500). II. Libri dei Consigli. N. 535. Libro D. legato in pergamena, con carte 201. Dal 15 settembre 1483 al 26 luglio 1494. Entro si trovano 2 altre carte, una del 1459 ed una del 1468. N. 536. Libro G. incompleto; incomincia colla pagina 15 e va fino alla pag. 60. Dal 5 agosto 1496 al 10 aprile 1498. N. 537. Parte di un libro consigli e precisamente dalla carta 2-95. Dal 28 aprile 1500 al 12 giugno 1504. N. 538. Libro F. legato in pergamena, di carte 25-154. Va dal 29 febbraio 1504 al 10 dicembre 1507. N. 539. Libro G. legato in pergamena, di carte 197; le due ultime sono lacerate ai margini. Dal 10 dicembre 1507 al 30 maržo 1517. (Continua) Prof. F. Majer. Nella prima quindicina del corrente mese spirava a Trieste l'ingegnere Dr. Eugenio Geiringer, alla cui memoria i Capo-clistriani devono molta riconoscenza per essersi egli disinteres-satamente occupato della conduttura d'acqua di Val d'01mo, sulla quale a suo tempo presento una particolareggiata relazione alla nostra Civica Rappresentanza. Oondoglianze alla Famiglia. Domemco Vkntu:;ini. direttore — Carlo Priora. editore e redattore responsalrile. Tipografla Cobol & Priora, Capodistria.