ACTA HI STRIAE III. ricevuto: 1993-12-15 UDK/UDC: 35.07:949.713 Istria "14" NOTE SULL' AMMINISTRAZIONE VENEZIANA IN ISTRIA NEL SECOLO XV Alfreda VIGGIANO dot!., Universita degli Studi di Venezia, Venezia, IT mag., Univerza v Benetkah, Benetke, IT SINTESÍ ln questo saggio si cerca di comprendere la natura della política del diritto veneziana nella penisola ixtriana del Quattrocento. Si è cercato di comprendere quali siano stati gli strumenti attraverso i quali Venezia ha cercato di legitlimare la propria funzione di governo, con quale cultura política. Alio stesso modo si è cercato di interpretare il ruolo dei rettori inviati dalla capitale, il loro rapporto, spesso impwntato ad una notevole conflittualità, con le popolazioni soggetíe ed il loro rapporto con la dominante. L'analisi di una certa casixtica g indinaría ka consentito di comprendere l'intreccio tra diritto veneziano e diritto locale. La storiografia piít recente tende a sottolineare, nel definiré i caratteri salienti della política del diritto della Serenissima, Postrema dutlilità, la grande élasticité nella conce-zione del rapporto di governo con le popolazioni soggette, la pluralité, in soslanza, delle forme deli'esercizio del potere1. Diverse funzioni di una politica che si doveva di fatto adattare alla varieià delle configurazioai di potere c delle tradizioni polinche e giuddiche dei territorí soggetti. e che comincia ad emergere, secondo le caratteristiche che si sono indicate, nel corso del Quattrocento. Altro carattere pecutiare della politica veneziana -e distintivo rispetto aíl'esperienza degli altri stati italiani coevi in via di fonmazione -risulta essere la notevole ampiezza, la difforme dislocazione geográfica dei territori che, già a partiré dal XIII socolo, vengono a cadere sotto la sua egida: il dominio cosiddetto da Mar con Candía e Cipro, le coste della Dalmazia e le isole Ionie, ed il Dominio da Terra, che pariendo dalla precoce annessione della Marca Trevigiana nel corso del '300, si estende facilítalo dalla crisi irreversibile dei regimi signorili, verso Vicenza, Padova, Ve ron a e la Patria del Friuli, fino ad investira le province lombarde di Bergamo e di Brescia, di Crema e di Cremona". 1 Ch. a tale proposito i saggi di G. Cozzi contenutí in Repubblíca di Venezia e Stati italiani... Terrino, 1982. Mi permetto di rinviare per il Quattrocento a A. Viggiano, Gauernantíe gûverati. Legittimità del ¡tolere ed eserrfzia dell'autorità sovrana ti ello Stalo veneio délia prima età moderna, Treviso 1983. 2 Per una ricostiuTione esauriente degli awenimenti politíei e militari che hanno portato alia 5 ACTA HI STRIAE III. Alfredo VIGG1ANO; NOTE SULL'AMNGNISTRAZIONE VENEZIANA IN ISTRiA NELSECOW) XV., 5-20 la un contesto cosí diversifícalo risuíta sicuramentc originale la posizione occupata dalla peiiisola istriana, quasi simbólicamente situata tra Stato da Terra e Stato daMar. Il controllo deila Serenissima sopra le terre di cui si vuole trattare si era già venuto configurando nel corso del '200 e del '300. Non si deve certo pensare ad un dominio esercitato in modo pieno ed uniforme, dotato di anipi poten e di apparati di controllo. Un'autorità dai colori un pii stinti. quindi, una sovranità applicata con intermittenza. Piuttosto l'esercizio di un poteie costruito sopra diritti e giurisdizioni. attorno ad avamposti e luoghi fortificati che potessero garantiré lo svolgersi ordinato dei commerci levantini3. Queste, in modo molto schematico. le caratteiistiche che emergono dalla lcttura dei Pacta stipulât! tra Venezia c le comunità istriane nel corso del Medioevo4. Sopra ampie zone délia penisola, iungo il XIII e parte del XIV secolo. la fonte primaria, legítimamente riconosciuta, deU'autorità sovrana era costituita comunque dall'lmperatore. L'a-nalisi dell'intensa contrattazione tra Venezia da una parte e, dall'altra, i'autorità impériale, i conti di Gorizia ed il patriarcale aquileiese ci consente di pereepue !e modalité delFacquisizione progressive délia penisola da parte délia repubblica marciana, del sostanziale svincolarsi del marchesato d'Istria dalla tutela dell'Impero. È nel corso del secondo e del terzo decennio del Trecento che l'autorità veneziana comincerebbe a farsi awertire e ad imporsi in modo meno intermittente e discontinuo che in passato5. E' opportuno chiedersi a questo punto su quali fattori Venezia fondasse la legittimità délia propria autorità, attraverso quali strumenti di governo carcasse di infondere un sia pur primitivo sentimento di obbedienza aile le popolazioni soggette. Non poteva valere - proprio a causa delle modalità attraverso cui si era costituita la presenza veneziana in Istria - il criterio dello jus belli, del diritto di conquista, e quindi di una netta affermazione di sovranità, né quello, più patemalisticamente orientato délia spontanea deditio delle comunità assoggettate, come sarà per la Terraferma veneta . E neppure, a mio awiso, una forza cogente era attribuita aile pattuizioni stipulate tra la Dominante e i centri istriani, prive per la gran parte, di una precisa definizione degli ambiti giurisdizionali. iorrnazione dello Stato territoriale cfr. G. CozzÀ, Siorla di Venezia 3 Sulla complessa costituzione dei controllo venezia no sulla peiiisola istriana cir. G. De Vergottini, Lineamenti storid délia costituzione política deU'Istria durante il Medio Evo, Trieste 1974, 4 Cfr Archivio di Stato, Venezia (d'ora in avanti ASV), Pacta, passim 5 Per questa periodizzazione cfr. Cozzi, La politice del dintto detia Repubblica di Venezia, in Kcpubbüca di Venezia e Stati italiam. Política e giusttek dai secofo XVI al sceo'o X Vil!, Tormo, 1982, pp. 236-238- 6 Sulla complessa questione di ordine político, costituzionale e giuridico cfr. J. Grubb, Firsiborit p/Vemoe: Viceiaatn the Early Renaissance State, Baltimore 1 ?83; A. Maz2aeane, Lo State e il Dominio nei giuristi veneti durante il "se col o de.lla Terraferma", ín Storia delia cultura veneta.Dal primo Quattrocento si concilia di Trente, a cura di G. Arnaldi e M. Pastore Stocchi, Vicenza 1980, pp. 577-6SQ; A. Menniti ¡ppolito, Lededizionielo S tala régionale: osseroaziom sirí cuso reneto, " Archivio veneto", CXVIÏ (1936), pp. 5-30. 6 ACTA ÍTISTRIAKIII. Alfredo V1GGIANO: NOTE SULL'AMMINISTRA/.¡ONE VENECIANAIN ÍSTR1A NEL SECOLO XV., 5-20 Uno degli strumenti grazie al quale Venezia aveva cercato di far passare la propría idea del diritto e deH'autoritá era costituito da quella che potremo definiré "política statutaria": dalla volontá cioé di riformare gis statuti delle citíá soggette o di farne redigere di nuovi, riservandosi, tuttavia, sempre il potere di convalidare le norme riformate o di respingerle perché contraddittorie con ta sua intenzione di governo7. Si é assai dibattuto sulla reale efficacia política di tale strumento per i'affercnazione della superiorifá del Commune Veneciarum, se si si a trattato cioé di una diretta espressione della volontá del centro dominante di contrallare e di unificare le raccolte normative locali, o se si sia trattato piuttosto di una intersezíone tra le ragioni del Principe e l'emersione di un processo di autoidentificazione delle comunitá soggette, che appare particolarmente intenso all'interno dei dominii della Repubblica nel corso del XIV e del XV secolo. Redazione ed edizione di statuti che conosce una certa fortuna anche nella penisola istríana, analogamente a quanto si verifica in altre zone delía terraferma véneta. Mantona, íxola, Pola avranno i loro statuti, rispettivamente, nel 1300,1360, e tra il 1330 e 1367; Capodistria e Pirano, che gia li possedevano, ne conosceranno una nuova edizione nel 1307 e nel 1367. Grande importanza era attribuita alia gerarchia deiie fonti di diritto comprese negli statuti cui i rappresentanti veneziani nel dominio ed i sudditi, nel loro quotidiano operare, si dovevano attenere. Puó essere interessante notare come, analogamente a quanto si era verificato per le comunitá piü prossime alia capitale (pensiamo a Torcello, Chioggia, Burano o Mazzorbo) facenti parte del cosiddetto Dogado -1 'insieme delle terre comprese tra Grado e Cavarzere - Venezia aveva operato in modo che nella gerarchia delle fonti degli statuti istriani non si facesse menzione del diritto imperiale. E se tale atteggiamento rísulta essere quasi un'ovvia conseguenza del faticoso tentativo di sottrarre !a penisola al contrallo e all'ínfluenza política e culturale dell'Impero, assume una diversa vatenza se confrontato alia política piü permissiva ed accondiscendente adottata dalla Serenissi-ma nei coníranti delle cíttá maggiori del Dominio da Terra. Difticile valutarc il grado di affinitá e di distanza tra diritto veneto e diritto delle comunitá istriane, sopratlutío nelle sue ripercussioni pratiche. Pier Silverio Leicht ha dimostrato Fesistenza di analogie e consonanze tra alcune norme del diritto di famiglia vigente nella cittá marciana e altre norme iscritte nelle raccolte síatutarie di talune Iocalitá della zona di cui ci stiamo occupando8. Ed ancora, gli statuti di alcune comunitá-pensiamo, ad esempio, a Pola e a Isola - riproducono nella loro gerarchia delle fonti la scansione degli statuta veneziani di Jacopo Tiepolo: statuti locali, analogía, consuetudi- 9 . ni, e, in mancanza di tali elementi, Varbitriiim del giudice . Tuttavia, pur non minimiz-zando 1'importanza di tali elementi, e possibile notare come, in settorí fondamentali, non 7 Fondamentali su questo aspetto le pagine di Cozzi, La política del diritto. 8 P.S. Leicht, Note sugli statuti istriani con partícolare riruarefo al diritto diyrdazio ne," Atti e Memoríe della societá istríana di archeclogia e storia patria", n. s., 1,1929, p,80 9 Cozzi, La política del diritto, p. 238 7 ACTA IÜSTRIAEIH. Alfredo VICGÏANO-. NOTE SULUAMM1N1STRA7JONE VENKZ1ANAIN ¡STR3 A NELSECOIjO XV., 5-20 sussistesse alcuna integrazíone tra i due diritti. Pensiamo alia giustizia penale: ín questo campo solo lo statuto di Capodistria richiama esplicítamente ít diritto delia Dominante in funzione di fonte da applicare: che îa comunità ed il suo castello, vi si Legge, si reggano "secundum statuta et ordines commun?« Venetorum"10. Uno degli elementi che connota in modo originale ed unitario le fonti di diritto comprese nelle redazioni statutarie istriane e rappresentato dall'ampiezza del potere discrezionale - quel lo che le carte archivistitfte defíniscono con il termine di arbitrium 11 - attribuito ai rappresentanti della Serenissima inviati a reggere le diverse comunità . Elemento certo sussidiario nel complesso reticolo di jura su cui ci siamo brevemente soffermad, e che, tuttavia, doveva rappresentare agli occhi dei detentori dell'autorité il momento della trasmissione in sede locale di un modo peen lia re di intendere la giustizia ed il diritto, di concepire la sovranità. Investid di tale basilare e delicato compito di mediazione erano appuato i Rettori inviati in Istria. Questi presidiavano un territorio che rappresenta un unicum nel panorama coevo delle diverse province sotioposte a Venezia sia nel dominio da Terra che in quello da Mar, e che potrebbe awicinarsi, per qualche aspetto alia conformazioné istituzionale della Marca Trevigiana. Risulta evidente, per tutto il periodo di cui ci stiamo occupando, la mancanza di un centro unificante forte, di una sede di podesíeria cospieua, gerarchicamente superiore alie altre. Nel corso del XIV secolo si era registrato il tentativo di attribuire determinad poterí di cooxdinamento delle ïstanze giuiisdizionaîi - soprat-tutto in campo militare, ma anche nella soluzione di controversie giudiziaríe tra comunità - al Capiíano di San Lorenzo al Paisenatico, ma il tentativo, con Pallargarsi ed il progressivo articolarsi del potere di contrallo veneziano, non aveva avuto seguito. La scarsezza di notizie attorno a conflitti di natura giurisdizionale (almeno a quello che risulta da un esame condotto sui registri del Senato e del Consiglio dei Dieci redatd nel '400) stanno a testimoniare di un evidente s lato delle cose, ma soprattutto della mancata percezione, o della volontà di non recepire il problema da parte della Dominante. II governo dell'Istria non richiedeva, nel corso della prima età moderna, la creazione di un elemento strutturante, di un'autorità capace di subordinare le diverse forme di potere diffuse a livello locale. Difficile comprendere se la costituzione di un sistema siffatto sia da attribuire ad una ben determinata scelta política, oppure sia da interpretare come segno di una debolezza cosdtuliva, o di un sostanziale disinteresse veneziano nei confronri delle realtà soggette. Sta di fatto che all'elemento della pluralità giuridica - inteso nell'accezione aítribui-tagli da alcuni sociologi del diritto - si viene a giustapporre il tratto caratterizzante di una notevole fluidità istituzionale. Fadcosa da parte dei governanti la messa a fuoco delle 10 ¡lid. 11 Ibid., 239-240. 8 ACTA HI STRIAE III. Alfredo ViGGIANO: NOTE SULL'AMMINISTRAZIÜNB VENEZJANAINISTRÍA NEL SECOI.O XV., 5^20 delimitazioni di un territorio che si potesse definire come Istria, e della sua appartenenza ad una ben definíta parte del Dominio. Neile serie archivistiche del Senato che si vengono formando a partiré dal 1440, provvedimenti che ríguardano la zona di cu i ci stiamo occupando appaiono sia nei registri da Terra che in quelli da Mar, anche se con una chiara preponderanza di documenti nei secondi. L'attività di sindacamento dell'attività degli ufficiali veneziani era svolta da patrizi inviati ocasionalmente con il íitolo di Sindaci e dotati di ampi poten nelle due parti del Dominio13. I Sindaci inviati nei Dominio da Terra nei 1461 visitéranno la penisola istriana dopo aver giudicato i rappresentanti della Repubblica nella Patria del Friuli. Della medesima consuctudine istituzionale testimonia Marin Sañudo per il 1483, al seguito di un parente investito di quella impegnativa incombenza. In questo caso, quindi, Tarea di cui ci stiamo occupando scmbra pinttosto gravitare verso la terraferma veneta che essere coilegata alio stato da Mar. Motivi di natura giuridica ed Lstituzionale si venivano cosi a frammischiare all'opera di razionalizzazione degli apparati di potere ed al lento emergere di una piü chiara, sebbene ancora sperirnentale, intuizionc délie prérogative sovrane, o almeno di comando, da parte délia classe dirigente della Serenissima. Tutfo cié rendeva estremamente difficile Topera dei rappresentanti veneziani incaricati del governo delle piccole sedi di podesterxa della penisola. Consideriamo1' el emento dell*arbitrium. Se questo, comesiè potuto vedere, appariva in posfeione subordinata all'íntemo delia gerarchia delle fonti statutarie, assumeva una veste ben diversa nella redazione deile cosiddette Commissioni - brevi istruzioni o formulan che la Serenissima Signoria consegnava ai Rettori dopo la loro nomina, comprendenti i criteri cui essi si sarebbero dovuií streítamente attenere al momento di emanare una sentenza, nei rivolgersi ai loro subordinati, nei regolare in sostanza i vari moment!della loro attività. Le Commission! costihiivano, quindi, un importante elemento integrativo degli statuti già approvati; una loro interpretazione, ma anche, il possibile motivo di manifestazione di un' alterità, dell'innescarsi di una lirizicne tra ü diritto veneto ed il diritto locale. Le Commisioni del podestà di isola, redatte nei corso del secondo decennio del Trece rito, assomigllano alia formula di un giuramenio: "omni autem a me quaerenti racionem facere secundum consuetudinem dicte terre, et ubi usus a mibi defecerit secundum bonam coscientiam dicam et iudicabo"' \ Emerge in tal modo con grande evidenza il momento equitativo proprio del giudice sovrano, tratto peculiare del diritto veneto insofferente verso ogní tentativo di íoraializzazione e di tecnicizzazione del diritto. Una formula analoga a quella citata ricorre nei giuramenti dei rappresentanti 12 SuU'altività dei Sindaci çfr. Viggiano, Governanti e governati. 13 Su lie commissioni dei rappresentanti veneziani in Istria cfr. L. Pansolli, gerarchia delle fonti di diritto nrfla legislmiom meUievale verxzutw, Milano 1970, pp. 248-265. 9 ACTA HI STRIAE III. Alfredo VIGGIANO: NOTE SULL'AMMINISTRAZJONE VENEZI ANA ¡N1STRIA NEL SECOLO XV., 5-20 vcneziani al Paisenatico, Umago, Cittanova, Parenzo, Rovigno, Montona, in una raccolta di Commission! redatte ai tempi del Doge Antonio Venier alia fine del XIV secolo. In qceste Commissioni sussistevaiio certamente, determínate dalla congiuntura poli-tico-diplomatícae modellate dalla diverse siíuazioni locali, forti differenziazioni nel tono e nell'enunciazione. Le Commissioni del Paisenatico, ad esempio, inizialmente riduttive del potere del rappresentante veneziano - dovraí amministrare Ja giustízia in civile e in pénale, vi si leggeva, assieme a quattro giudici tratti dal consíglio della conninità secondo gli statuti locali -, attribuivano, tuttavia, ampie possibilité al dispiegamentó deí suoi poten discrezionali ed equitaíivi. Le limitazioni aîl'intervento del rettore da parte dei locali non potevano eserciíarsí quando un certo caso invesriva l'onore del Commune Veneciarum; al rappresentante delia Serenissima era inoltrc consentita l'applicazione delsuo "merum et liberum arbitriuin" nel reprimere i comportamenti criminosi di maggior gravita: i furti nelle strade. gli omicidi, le violenze sulle donne, gli incendi dolosi. Era la stessa liberta attribuita, in nn caso di poco succès,sivo, al rettore invisto a Isola. Da queste si differenziavano le Commissioni, sempre redatte al tempo del doge Venier, consegnate ai podestà di Capodistria e Pirano.Quelle délia prima localité erano improntate ad un íono di chin sa diffidenza verso la realtà locale: il rettore avrebbe dovuto giudicare, sia in civile che in penale, secondo la sua "bonam coscientiam". La non menzione della normativa sfatutaria giustinopolitana era da atíribuirsi aí fatto che la comunità sí era ribellata a Venezia nel 1348, e che, di conseguenza, era stataprivata dei diritto di possedere le proprie ieggi fino al 1394. Successive aggiunte e postille avevano, tuttavia, modificato la nettezza di tale dettato, awicinando la Commissione del reggeníe di Capodistria a quella dei rappresentanti inviati negli aitri centri della penisola. A Pirano, invece, sebbene negli statuti mancasse la gerarchia delle fonti, si ingiungeva ai podestà di nominare "judices sive officiales" tra i locali secondo le loro consuetudíní e di awalersene nei casi in caí a lui sarebbe sembrare opportuno. Un'analoga assistenza di elementi locali all'attività del rappresentante veneziano era prevista dalle Commissioni di Valle e da quelle di Albona. Nel sistema giuridico veneziano una importaaza fondamentale nelle modalità di intermediazione Ira la capitale ed i centri soggetti era attribuita alia struttura degli appelli. Attraverso la formalizzazione ed il controllo sullo strumento dell'appeülo si rendeva possibile disciplinare dal centro sia l'attivjtà deí rappresentanti veneziani in loco, clie gli atteggiamenti dei govemati; giudicare la legalità degli atti degli uní c deglí altri; proclamare la vigenza, di fatto, di una fonte di diritto rispetto ad un'altra; modulare le ragioni delPaccentramento con lenecessilà della delega e dell'intermito e con il rispetto dei privilegi parlicolari. Due le magistrature che rappresentavano. per l'Istria, come per il resto del Dominio, questa peculiare funzione: gli Auditori novi e l'Avogaria di común. Ai primi era 10 ACTA HI STRIAE III. Alfredo VIGGIANO: NOTESULLAMMINISTRAZJONE VKNEZIANA IN [STRIA NEL SECOLO XV., 5-20 attribuito il compito di rccepire, nel corso della loro carica ordinaria di sedici mesi, gli appelli rivolti alla Serenissima ia materia civile da ogai angolo del Dominio. Al termine del loro mandato gli Auditori erano tenuti a svolgere quell'opera di sindacamento degli atti dei rettori, cui abbiamo già accennato. L'unico resoconto, risalente al 1461, di tale opera di sindacamento pervenutoci per il Quattrocento, ripoita, per la provincia istríana, una miriade di istanze interposte da viilici e rurales riguardanti lesioni di diritti di propriété deila terra, coatratti stipulati irregolarmente, pignoramenti di beni comitatini1 Oltre a questi, autori individu! che ricoprivano una posizione di maggior fortuna nella gerarchia sociale, proteste per 1'usurpo di possessioni, e per danneggiamenti alie pro-prietà (i cosiddetti "danni dati") attraversavano varie demmce. L'aspetto da metiere in evidenza, in questa selva di microconflittualità e di piccole violenze fortemente connotative di una società, è la notevole incidenza di una richiesta di intervento da parte dei sudditi di una giusíizia fortemente orientata in senso equitativo. E' a tale livello di pratiche giudiziarie (pensiamo, ad csempio, a quelle istanze che configurano la presenza dei giudici itinerante veneziani quali arbitri mediatori ed amichevolí compositoridi liti) e di prassi amministrative, che il problema della convi-venza tra diíitto veneto e diritti íocali si avvecte in tutta la sua evidenza, Analoghe considerazioni si possono svolgere rivolgendo l'attenzione all'altra magistratura d'appello cui abbiamo fatto cenno: l'Avogaria di coraun15. Agli Avogadori era demandato il giudizio di îegittimità sugli appelli in materia pénale. Tuttavia, grazie alia facoltà loro concessa per gran parte del Quattrocento (sebbene progressivamente esau-torata dal Consiglio dei Dieci) di garantiré l'osservanza delle pattuizioni stipulate tra Venezia e le comunità appena assoggettate, la giurisdizione degli Avogadori a veva avuto modo di aiiargarsi sopra una moltepiicità di materie. Si potrebbe dire che nel corso del XV secolo l'Avogaria incarni, meglio di ogai altra magistratura della Dominante, aicuni caratterí peculiari della política del dirilto veneziana: esigenza diffusa di legalità, controllo dell'attività dei rappresentanti inviati nel Dominio, saggia benevolenza nei confronti delle popoiazioni soggette. Appaiono come esemplari di quest'esigenza di contemperare pluralité di dirittti e diverse funzioní políticlie numero si appelli interposti alPAvogaria da sudditi istriani nel corso del secolo. In un'area in cui risuitava partieoíármente diffusa la presenza di rappresentanti veneziani anche in centri di scarsa consistent demográfica, rivestiva un'importanza fondamentale, alio scopo di trasmettere un'immagine corretta della giusíizia veneziana, il saper cogliere la linea discriminante tra arbitrüun potestatis e arbitrarietà, alio scopo di sal vaguadare il primo e di stigmatizzare la seconda. Dali 'esame degli interventi avogareschi emergono casi clamorosi dov'è fin troppo facile percepire l'intenzione dolosa da parte del rappresentante del potere pubblico, accanto ad altri 14 ASV, Auditori novi. b. 1S4 15 Per una dettagliata anatisi delte funzioni e ddle attribuzioni deR'A vogaria nel corso del '400, cfr. Viggiano, Governantiegovernati. 11 ACTA HI STRIAE III. Alfredo VJGGIANO: NOTE SULL'AMMINISTRAZrONH VENEZfANA IN 1STRÎA NEL SECOLO XV. ,5-20 episodi, in cui l'opéra interpretativa dei giudici d'appello richiedeva una maggior duttilità, presupponeva una capacita di discernimento degli effetti politici di una deci-sione. Tra i casi più eclatanti si potrebbe citare il processo intentato dagli Avogadori nei confronti di Nicolè Rimondo, conte di Pola, il quale, nel cotso dei 1429, era staîo accusatodiavercontraffatto"unumcapitulum sibiopposítum"alloscopodifarassolvere un suo cancelliere accusato di violenze contro un cittadino eminente1". Con la medesima severità gli Avogadori si esprimevano, sempre nel 1429, nei confronti del podestà di Umago Taddeo da Ponte, accusandolo di aver agito "contra honorein dominationis nostre et regiminis sibi commissi, in damnum maximum, iacturam, munnur et scandalum omnium subditorura sibi commissorum et etiara periculum manifestum status domioii nostri". Numeróse le imputazioni a carico del rappresentante veoeziano17. Contravve-nendo aile "antique consuetudines" délia città aveva preteso che un mercante di vino gli pagasse una certa cifra per I 'ormeggio della nave di sua propriété al molo della comunità. Ad alcuni eminenti cives che avevano ininacciato di denunciare ai tribunali della capitale talune delle sue scorrettezze amministrative, aveva risposto con arroganza, mostrando una scarsissima adesione alio spirito della sua carica ed alia fidelitas, che ogni rappresentante nel Dominio doveva dimostrare nei confronti della sua Patria: "che me farà la Signoria? E se non haverô ne offitio né benefitio - anticipando con tali parole lo sprezzo per una eventuale futura condanna - andero a star cum qualche Signor". Ad un forensis, amico di altri abitanti della comunità assai in vista, che incrociandolo non lo aveva omaggiato della rituale "reverentia", aveva rivolto la rabbiosa demanda: "non cognosci el podestà de Humago?". Ed alia risposta negativa di quello aveva soggiuñto: "io tel farô ben cognoscer", facendo incarcerare il malcapitato. Aveva inñneusato arbitrariamente, contro ogni legge, la tortura nei confronti di minori, soprattutto nei confronti del fíglio del cancelliere della comunità; aveva offeso un tale Guelfo, "nobilis judex" della comunità che g!i si era rivolto chiedendogli di astenersi da tali gestj, con parole irripetibüi, tra le quali "pravus homo et proditor et usurarius et castronarius". Piü che la distorta percezione della propiia funzione da parte dei rappresentanti veneziani - che conosce coeve analogie con altre aree del Dominio da Terra e da Mar -quello che mi sembra opportuno metiere in evidenza, a partiré dai casi che sono stati qui analizzati. è lo staío di tensione tra i ceti di potere delle comunità soggette e i rappresentanti veneziani. L'atteggiamentospregiudicato dei Rettori -probabilmente altéralo dalla retorica della denuncia, e dagü stereotipi ad effetto del "cattivo officiale" - poteva apportare ad una delegiüimazione dell'aulorità della Serenissima. Erano le punte di questa frizione che gli interventi avogareschi cercavano di smussare, ripristinando una corretta immagine della sovranità marciana. Quella stessa immagine che campeggiava 16 ASV, Avogaria di común, reg. 3648,1, c. 2Sr. 3 X.J42? 17 Ibid., c. 31v. 16.XII.1429. 12 ACTA HISTKIAE JU. Alfredo VIGGIANO: NOTE SUtL'AMMINISTRAZtONB VHNEZJANA CNISTRIA NEL SECOLO XV., 5-20 simbólicamente sui vessilli e sulle logge podestarili visítate da Sañudo nel 1483: leoni alad che proteggevano il libro della legge. Indicativo di tale stato di cose risulta I'annullamento, realizzato nel 1432, di una sentenza emanata dal podesta di Jsola, Marco Badoer, con la quale si era decretato che il civis Giorgio Parvenzano, in quanto "persona infame", non sarebbepiüi stato ammesso ad una seduta giudiziaria per avcr testimoniato il falso nel corso di una certa causa. II Parvenzano era stato condannato alia privazione inperpetuo di tutte le canche e gli offici del comune, ed inoltre, ad esemplare lezione per I'iafrazione compiuta, ad essere condotto per le strade della comuniía seduto a rovescio sopra un asino, con la testa cinta da una corona sulla quale erano dipinti piccoli diavoli. Secondo gli avogadori l'atto del Badoer era contrario a ció che un rettore poteva fare: la testimonianza non era stata deposta "iii scriplis" e non era stata "authenticata" secondo le procedure previste: perianto non poteva rappresentare una prava a carico. Anaioghi criteri ed analoghe motivazioni sembrano sottendere all'annuilamento operato dagii avogadori di una sentenza del podesta di Buie Alessandro Bon18 Questi aveva condannato un civis giustinopolitano, Giovanni da Costa, alia pena pecuniaria di cinquanta lire ed afflittiva di un mese di carcere, perché aveva ottenuto dal cancellicre pretorio ta copia di un testamento - necessario per dirimerc a suo favore una causa successoria che lo vedeva invischiato - e si era rifiutato di consegnarlo. L'elemento arbitrario addebitato dagli avogadori al rappresentante veneziano consisteva nel non a ver recepito "aliquam testiíicationem" a carico deiraccusato, e di una sanzione pecuniaria non correspondente alia colpa. Alia medesima lógica política possono essere ricondotte altre intromissiom realizzate da magistrati veneziani negli anni ceutrali del seco lo. Nel 1445 l'avogadore Cristoforo Moro giudicava legalmente infondata una "pronuncia" di cui si era reso autore il rettore di Umago Domenico Dolfin, grazie alia quale un tale era stato condannato al bando dalla cittá e dístretto per un certo periodo di lempo, e ad essere frustrato "circumcirca castri Huniagi", e quindi condotto "ad locum stendardi", ad essere marchiato d'infamia "tribus bullís"19, A giudizio del Moro il procedimento giudiziario doveva essere riformato, in quanto l'accusato "non cítatus nec defensus fuit per ipsuin potestatem". Análogamente, di 11 a qualche mese, veniva giudicata legittima 1'istanza interposta da Nicolü Pilipari di Umago condannato dal rappresentante veneziano a Buie, alia privazione "de cancellaria et arte notarie" deila comunita per aver redatto, secondo quanto asserivano i capitoli d'acensa, "certum istrumentum donationis contra veritalem": "non fuit de hoc in aliqua culpa", avevano decretato gli avogadori30. 18 ibid., c. S4v, 11 .VII.1433. 19 ¡Ind.. reg. 3649 (I), c.94r-v, 7.IX.M45. 20 Ibid.. t.IOSr, 12.11.144b: 13 ACTA 1JISXRIAJE OI. Alfreda VIG01AN0: NOTE SUl.fAMMMSTBAZIONB VEN1SZIANA IN1STRIA NEL SECOLO XV.. 5-20 L'ancora rudimentale flusso di informazioni ira centro e periferia veniva cosí a creare i presupposti per una sorta di primitivo regolamento di diritto amministrativo, che ora si integrava, ora si sovrapponeva, ora contraddiceva síatuti iocali e commissioni, venendo a coslituire un elemento di ulteriore complicazione al quadro che stiamo delineando. In tale contesto concetti quali equitas ed arbitrium assuraevano una molteplicitá di sfac-cettature, rimandavano a diverse modalitá di applicazione, risultavano adattabüi e modificabili secondo le diverse congiunture polítiche, le situazioní locali, i soggetti sociali ed istituzionali, che interponevano appello. Di fatto 1'ínsteme delle istanze che stiamo analizzando e la loro ricezione da parte deU'autoritá sovrana viene a configurare quella crescente formaüzzazione ed istituzio-nalÍ2zazione delle conílittualitá che altre province vene tu, ed altre realfa regionali coeve - pensiamo a Firenze e a Milano - sembrano conoscere proprio a partiré dagli anni cent rali del Quattrocento, e che pare particolannente interessante soprattutto quando dal seftore della giustizia penale si passi a quello della giustizia civile, piü fortemente incardinata nella strattura sociale, maggiormente permeata dalle consuetudini,. dalle culture, dalle mentalitá. Ancora piü ardue risultavano a questo livello le possibilita di integrazione tra diritto del Principe e jura locali, maggiore la resistenza opposta da ceti e da famiglie. In taluni casi le ragioni di una resislenza o di un'opposizione da parte dei sudditi sortivano dalla stessa confusione giurisdizionale in cui i rappresentanti veneziani erano invischiati. Pensiamo ad esempio al conflitto in corso durante il 144S tra gli Auditori novi ed il rappresentante venezíano a Capodislria, Davide Contarihi21. Quest' ultimo asseriva che gli appelli interposti dagli uomini della comunitá di Buie dovevano essere recepiti dal suo foro, e fondava tale diritto sul contenuto di una lettera ducale invócala dal suo predecessore Omobono Gritti, con la quale si era decretato che Buie "gubernabatur per potestatcm et capitaneara Justinopolis". Gli auditori, invece, affermavano che quella delicata materia doveva rieadere sotto ii loro contrallo, in quanto a lc>ro spettava la giurisdizione d'appcllo su tutti gli atti emanati da patrizi eletti dal Maggior Consiglio. Incertezza del diritto e incapacita di interpretare correttamente le norme da adottare che si possono scorgere in altri interventi degli auditori dello stesso periodo riguardanti questioni inerenti al diritto di famiglia. Neiragosto del 144S i giudici veneziani comu- nicavano al podesta di Pirano Francesco Gradenigo il "taglio" di una sentenza del suo predecessore, che aveva stabiliío che un testamento di tale Nicolb da Pirano "fuisse et esse legitime factum et suum debitum sortiri effectum", come pretendeva Caterina, 22 madre del defunto . Diversamente la pensava il padre di Nicolo, ed era per tale motivo che si era appeliato agli auditori, i quali avevano concluso l'esame dell'appello loro 21 Auditori novi, b. 185, c. JOSr, 5.VÍÍ.H48. 22 tbid., c. 133, 8.VÍJI.1448. 14 ACTA HI STRIAE III. Alfredo VIGGÎAN0: NOTE SULL'AMMINISTRAZÍONE VENEZIANA ÍN [STRIA NEL SECOLO XV.. S-20 interposto decretando che la sentenzadi primo grado era "maie et indebite factam, contra jus et justiciam" e a danno deH'appellante. Molto difficile da dirimere era risultata anche la "differentia" sorta a Parenzo ncl corso dcllo stesso anno e risolta inizialmente da una sentenza del rappresentante veneziano, attorno alla divisione dell 'eredita d t N¡colóde Bulléis . Da una parte di erano schierati i fratelli e le sorelle di quest'ultimo, ai quali era stato deciso dovessero andaré tre quote ereditarie, "habito respectu ad octo partes bonorum" di cui faceva raeuzione rinventario. Dall'aitra parte si era schierata Bartolomea vedova di Nicolô, accusata di aver dilapidato una parte della ricchezza sulla quale eia ancora aperto il contenzioso attomo a chí questa doveva spettare. Gli auditori avevano accolto le ragioni di Bartolo-mea, i procuratori delle parti si erano detti soddisfatti della risoluzione; è certo, tuttavia, che la risoluzione dei giudici d'appello vencziani lasciasse apertí larghi spiragíi al riaffiorare della conflittualità intrafamiliare. Inquietudini e tension! profondamente radícate aU'interno della struttura sociale e di potere della penisola; problerai e controversie che coa grande diffîcoltà potevano essere neutralizzati da un intervento estemo, qualc quello veneziano, non sempre percepito ed interpretato come legítimamente fondato. Pensiamo alie lamentazioni rivolte agli auditori nei corso del 144S da tale Nicolô di Simone di Buie, il quaîe chiedeva che fosse ■ja' regoiarizzata la sua posizione di fronte all'autorità pubblica" . L'appellante affermava di aver versato al camerlengo del rettore (responsabile della gestione locale del fisco) una "certam pecuniaram quantitatem" per la tassa dell' "erbati.co", che non era stata defalcata da ua certo crédito che doveva alia Serenissima. Nello stesso período Davide Contarini, podcstà e capitano di Capodistria, veniva avvisato che l'ufficio degii auditori aveva approvato l'appello rivolto dalla comunità di Pinguente contro una "proclamatio-nein et prohibitionem" cui stesso pronunciata in favore di Andrea Bon, nobile veneziano e "conductor juris" del castello di Pietrapelosa, il quale rivendicava la sua giurisdizione su certi pascoli e boschi, assieme al diritto di "incidere ligna"23. Già nel corso del 1445 gli avogadori avevano avuto modo di metterc alia prova le loro capacita interprétative in una questione in cui risvolti civilistici e penaiistici si mescolavano, ed incui il senso dell'onoree della ricchezza della famiglia si confrontava con quello della intangibilità ed immutabilità delle consuctudini, e con quello della dignità e dell'autorità dello Stato, della ceitezza del diritto. Un caso intéressante, anche per 5a molteplicità dei risvolti procedurali che ebbe modo di conoscere e per la controversia che si vcnne ad aprire tra magistrature centrali e rappresentante locale. A rivolgersi ai giudici d 'appello venezianí erano stati i fjgli ed eredi di Giovanni Viola di Capod istria, il quale. poco prima di moriré, era stato condannato alia pena pecuniaria di quaranta lire, a causa di alcuneperatssioncsche aveva kiferto ad un civis dei luogo. f discendenti del 23 Ibid., cc. 135v-6r, J4.VJII.1448. 24 Ibid., c. 69r, 23 .V.1448. 25 Ibid, c. 84r, 5.V.1448. 15 ACTA HI STRIAE III. Alfredo VIGC.IAKO: NOTE SULL'AMMLNISTRAZIONE VENKZÍANA IN ÏSTRIA NEL SHCOI.O XV., 5-20 Viola, venuti a sapcrc che secondo quanto "semper observatum fuit" - e qui sarebbe intéressante capirc chi abbia fatto da mediatore di cultura giuridica tra questi e l'antico strato di norme consuetudinarie, forse neppure tanto provate - che non poteva essere eseguita ed esigita dai successori la condanna di un reo che fosse mancato di vita26. Immediato il ricoxso dei familiari del Viola al podestà giustinopolitano Andrea León, ma questi non aveva preso in considerazione la loro isíanza, A questo punto si erano interpellaíi agli avogadori che avevano ritenuto di redargüiré con una solenne lettera il rappresenlante veneziano, nía questi aveva risposto orgoglíosamente con una missiva in cui si chiedeva se dirimere questioni di quel tipo fosse "de foro ipsorum Dominorum Advocatorura", senza che vi potessero intervenire tribunali o consigli dove avrebbbe potuto far sentire le proprie ragioni. A questo punto gli avogadori Andrea Mocenigo e Matteo ViHuri avevano introdotto, "pro omni honestate servanda", la questions alia Quarantia, dove le loro istanze e quelle della parte che si era loro rivolta erano state accolte. Intéressante notare come una símile facoltà esercitata dal centro di un intervento correttivo, fortemente oriéntalo da un calcolo di opportunité política, si possa awertire anche in questioni appareníemente di minor importanza, a testimonianza del costituirsi di canali di collegamento ira capitale e province soggelle. Sempre nel 1445 il podestà di Cittanova Paolo Bonci aveva dovuto subiré l'intervento censorio dell'avogadore Andrea 27 Donà . 1! rappresentante veneziano nella piccola comuniîà aveva condannato due uomini ad essere frustati e roarchiati d'infamia per il furto dí due buoí ad un tale Tommaso de Verteneglo. Un esame del le scritture processuali e dtgli allegati condotto a Venezia dngli avogadori aveva invece dimostato che I'illecita sottrazione non sussi-s(eva, in quanto i condannati avevano prodotto un contratto d'acquisto degli animali che li scagionava da ogni colpa. Un documento assai intéressante su come un patrizio veneziano poteva percepire le diverse reaîtà economiche e sociali, di potere e culturali, dislócate aü'intemo della penisola istriana, è costituito áa.]l'Itinerario nella Terraferma veneta compiuto nel corso del 1483 dal futuro diarista Marin Sañudo al seguí to dello zio paterno Marco, nominato nell'occasione Sindaco *\ Un documento straordinario, questo, sotto il profilo psicologico ed antropologico. ïrr esso curiosità erudita e passione per la riscoperta classicità si affiancano ad annotazioni architettoniche e naturalisliche, si mescolano a sccche preci-sazioni sulle rendite delle camere fiscali, sull'autorità detenuta dai rappiesentantí vene-ziani. sulla peculiare connotazione economica delle diverse localité. La descrizione dell'Istria compiuta da Sañudo è ricca di riminiscenze classiche; puc> essere intéressante 26 Ibíd,, reg. 3649 (I), c. 79v, 3.m.l445. 27 Ibíd., c.84r, 20.V.144S. 28 M. Sañudo, Itinerario ¿li Marín Sañudo per la terraferma venezimta nell'anna 1483, a cura di R. Brown, Padova 1847. 16 ACTA HI STRIAE III. Alfredo VIGGIANO: NOTE SUI.L'AMMINISTRA210NE VENEZÍANAIN15TRÍA NEL SECOLO XV., 5-20 sottolincare come il nostro autore considerava - secondo l'impianto geográfico degli autori classici, Plinio inprimis - la penisola come un tutto unitario, una realtá che recava le orme di un passato glorioso, che defluiva, aella sostanza, in un alírettanío prestigioso presente sotto il vessülo marciano . Pensiamo, ad esempio, a quanto Sañudo scrive di Capodistria "citíl prima de l'lstxia, dimaudata Jusíinopoli perché Justino, fígiio di Justiniano Imperador, et successor ne {'imperio paterno, in quest'icsuía alora Capraria, et era chiamata Pullara, edificó una cita", Rivestito di splendore, nella stessa localita, le sedi del potere e del culto eccíesiastico: notevole il vescovado e dotato di cospicue entrate, straordinario l'altare dedícalo a S. Nazaro. Diversa fortuna per le istituzioni civili: il palazzo del podestá e capitano veneziano non risultava in buono stato, tuttavia, e questo era un segno dei tempi - infatti l'erezione o ii restauro di sedi dei rappresentanti del potere veneziano era diffusa, nello stesso periodo, in numeróse altre localita sotto-poste alia Serenissima - era in corso di avanzato restauro. Sañudo, infine, si soffennava, su un particolare modo di sovrainte dere alia coltuTa dclla vite che differenziava la zona di cui ci síiamo occupando dalle altre della Terraferma veneta: "le vigne basse in térra non chome altrove averno visto"30. Pirano, agli occhi del viaggiatore veneziano, rappresentava una realta di ancora maggior interesse, per una conclamata propensione verso !a citta di San Marco31. Sebbene l'architettura civile e difensiva lasciava alquanto a desiderare ("Pyram é circondato di mure licet sieno debele, anno alcune muralgie, sopra el monte signoriza la térra, et ai mezo é uno castello chiamato san Zorzi, et e forte, roa non e tegnudo con nuina diligentia"), altri segni testrmoniavano con eloquenza di una fidelitas fortemente radi-cata: sopra la piazza campeggiavano diversi stendardi, e Sañudo si era meravigliato di due di questi. Alcuni abitanti del Iuogo gli avevano comunicato di essere "voluntarle venuti sotto S.Marco" e ne avevano intessuto "tute sue lode". Sopra uno degli stendardi era scolpita a chiare leííere un'iscrizione dall'indubbia valenza simbolico-politica: "Aliger eccc leo; térras, mares, sydera carpo". A testimonianza di una peculiare recezione della cultura classica, nel Ioggiato della chiesa di S. Giorgio patrono della localita era stata apposta un'altra scrííta significativa: "Nostrís tuta manes precibus, Pyratiea tellus". Infine, suile mura dell'abitazione che aveva visto risiedere uno degli uitimi rappresentanti veneziani compariva un encomio a futura memoria: "Sagredo Ludovice, decns íibi tutor honesti ". Parenzo non possedeva per Marino Sañudo una forza di suggestione paragonabile a quella di Pirano, apparendo semplieemente come una "citade anticha situada sul mar", con una piazza di ridotte propotzioni, come poco consona alia funzione che doveva incamare doveva giudicarsi la sede pubblica del Rcítore veneziano 29 Itinerario, u. 147 30 Ibid., p.148* 31 Idib., pp. 150-151 32 Ibid., p.Í52. 17 ACTA HISTRIAB UL Alfredo V1CG1ANO: NOTE SULL'AMMÍNJSTRAZIONE VENEZIANA IN ISTR!A NEL SHCOLO XV.r 5-20 Di Pola veniva Mine licordata la perenne classicité: "cita antiquissima et fu colonia de Romani, de l'Hístria et tata Italia ultima citá", anche se gli abitantí sembravano non dedicare troppa cura a tali straordinarie memorie" . I pioblemi di giurisdizione sui quali ci siamo giá brevemente soffermati - dal confíitto di competenze tra rappresentanfi nel Dominio e giudici dei tribunal! della capitale, alio scontro ora larvato, ora condamato, ira gli stessi Rettori e individui apparíenenti ai ceti eminenti Iocaü - avevano duuque conosciuto una notevole intensificazione quantitava nella prima meta del Quaitrocento. Non si tiattava, tuttavia, di una mera quesúoné quantitativa. In Istria, come nelle altre partí del Dominio, gli anoi Quaranta e Cinquanta del secolo rappresentano un momento di svolta: il compito precipuo dei governanti rimancva quello di garantiré la "pacem et quietem" dei sudditi, raa, per realizzarsi, quella funzione, di fronte al diverso contenuto delle istanze interposte ed alia pluralita delle forme giuridiche che le contenevano, dovcva assumere vesti nuove. Per contrallare l'eterogeneo mosaico composto dai Dominii da Terra e da Mar, intessuto di iura i piu disparati, da quelii di origine romano-imperiale a quelii consuetudinaria a queíli derivati dal diritto canonico a quelii inerenti le giurisdizioni signorilí e feudali, era necessario che si formasse un'istanza coordinatrice, che fosse in grado di scansare le tradizionali lungaggini, di evitare confusioui t sovrapposizioni tali da far smarrire, nella labirintica tessitura del sistema polisinodale veneziano, il senso della giustizia. Un'istanza capace di affermare istanze autoritative - soprattutío grazie ad un rapporto di segno diverso rispetto al passato con i Rettori - coordinándole con la necessaria salvaguardia delle prerogative locali. L'istituzione nellaquale, negli anni central!del secolo, tali eterogenee incouibenze trovarono modo di sintetizzarsi e costituita dal Consiglio dei Dieci34. Particolarmenti significativi del complesso delle realtó che stiamo indagando risul-- taño alcuni interventi del "supremo tribunale", nei quali l'avocazione alia capitale delPesame delle controversie locali é indirizzata a diminuiré - grazie alia posibilita di adottare la procedura "inquisitoria", rispetto a quella "accusatoria" propria delFAvoga-ria di común e delle Quarantie - i tempi processuali, inquadrando la questione aH'intemo della produzione normativa statale, o cercando di adattare a quella una conclusione di ordine piü generale. Nel 1461, con la motivazione che per una parle del Consiglio dei Dicci non potevano essere aliénate "possessiones, livella, pheuda, aut alia bona commu- nis" senza espressa licenza dei Capi dello stesso Consiglio, veniva risolta in via definitiva • • 35 una inhicata questione giunsdizionale . Alcune famiglie istnane pretendevano di 33 Ibid., pp. 153-154. 34 Sul ConsigSio dei Died net '400 cfr. M Knapton, Ii Consiglio dei Dieci nel governa délia Terraferma: un'ipotesi interpretaliva ne! seconda Quattrocento, in Atti del Convegnc Venezia e k Terraferma allravcrso le reinziani dé Rettori, Milano 1981, pp. 235-260. 35 A5V, Consiglio dei Died, reg. 16, c.3ôv, 23. IX. 1461. 18 ACTA HISTHIAEIH. Alfredo VIGGIANO: NOTÉ SULL'AMMINISTR AZtONE VENECIANA IN ISTRIA NHL SECOLO XV., 5-20 yantare diritti giurisdizionali sopra alcuni "livella" dislocati nel territorio di Pirano. Da una parte affennavano ie loro prérogative i componenti deüa femiglia Del Bello di Pirano, dall'altra i Malaspina, originad di Montona. In un primo momento il giudizio era stato sottratto al rappresentanti vencziaiii in Istria - 1'oi.se sospettando coüusioni con una delle parti - ed era stato delegato al Luogotenenie deila Patria de! Friuli residente ad Udine. In tale decisione entrava anche un motivo di natura giurisdizionale: infatti quelle terre facevano parte "ab antiquo" del patrimonio del Patriarca aquilciese. Erano stati gli stessi procuratori delle parti in causa a rivolgersi alla capitale. Immediala la risposta dei Capi del Consiglio dei Dieci: data la complessità degli interessi in gioco, e la valenza chiaramentc política che attraversava la questione, i diritti di Dal Bello e Malaspina sarebbero stati valutati entro il mese di ottobre dai presidenti del tribunale secón do "id quod sit juris et justicie". Era prevalentemente il Consiglio dei Dieci, nella seconda metà del Quattrocento, e non più l'Avogaria ad esercitare il contrallo di legalità sugli atli dei Rettori. Nel 1460, ad exempio, veaiva raramentata ai rappresentante veneziano a Montons una clausola délia sua Commissione che recitava "qnod toto tempore sui regiminis dormiré nec exire debeat de nocte extra dictam terram!>3(\ Tutti possono irn m aginare, concludevano i Dieci, l'importanza strategica délia comunità nella difficile conghinturapolitico-militare, e non era certamente ammissibile il rischio di perderla per la lcggerezza o per l'improntitudine di un reltore. Per tale motivo, se il destinatario del prowedimeoto insistera nel trascurare la disciplina connaturata alla sua carica, verrà privato in perpetuo délia possibilité di esercitare la funzione rettoriale a Montons, e di concorrere per due anni all'attribuzione di "officia et bénéficia" per la città capitale e per il Dominio. Si ingiungeva inoltre al podestà e capitano di Giustinopoli, e al podestà di Raspo, oltre che a quello residente a Montona, di recepire la deliberazione, con le coimesse pene, "in eorum commissione, ut predicta observent et faciant observare". Anche perquello che riguardava la risposta a suppliche interposte dai suddili riguardo a questioni nelle quali l'elemento político e l'affermazione di sovranità e di tutela délia sicurezza dello Stato rivestiva, almeno apparentemente, un minor peso politico la funzione di contralto e cocrdùiamento esercitata dal Consiglio dei Dieci cominciava a farsi awertire. Cosi, nel 1463, veniva accolta Fis tanza impétrala da Rovigno che appariva "reducta ad maximam penuriam et extremitatem frumeiiti" a causa délia guerra appena trascorsa37. Gli uomini di qtiella comunità affermavano di aver aiutato le genti d'arme veneziane, foraggiandole "tant de frumento quam de pane et omnibus aliis opportunis", sopruttutto forgiando "lapides per bombardis nostris", sostenendo gravi spese. Chiedevano perianto - incontrando piena accoglienza - che Venezia concedesse loro duecento staia di frumento da condurre a Rovigno. 36 îbid., c. llv, 13.VIJI.1460. 37 Ibid., c. 107r, 22.XIJ463. 19 ACTA HÍSTRL4E HI. Alfredo VÍGCIANO: NOTE SULL'AMMINiSTRAZIONE VENEZIANA IN ISTRIA NEL SECOLO XV., 5-20 Notevole fin dai primi anni de] secolo la tendenza da parte degli avogadori ad accoglicre, secón do criteri equitativi o soltanto molto lontanamente determinad da considerazioni giurididico-formali, istanze di revisione di sentenze piovenienti da sud-diti dell'Istria anche su questioni di importanza aparentemente assai limita ta. Nel í 417 tale Almerígo da Pola pro tes tava di fronte ai giudici d'appello veneziani per l'illegitti-mita di un mandato del podestá di Giisignana Maffeo Foscarini, il quale gli aveva imposto "quod iret vel mitteret ad laborandum ad quandam calcariant". In seguito al rifiuto opposto da Aimerigo, che affermava di non essere e dí non voler considéralo "in numero convicinorum", il rettore l'aveva condannato a non percepire per dieci anni uno "stipendium" che la comunitá gli doveva e ad una consistente pena pecuniaria. In seguito al volontario allontanamento dell'inquisito, evidentemente rnosso dalla volontá di evitare il pagamento della penale, il rappresentante veneziano aveva addizionaío alia sentenza duecento lire e un acno di carcere, Gli atti emanati dal Foscarini dovevano ritenersi, a detta degli avogadori, contro ció che qnelio "fieri peterst ed debebat et contra iuris debitum"~ . Nel 1420, con analoghe motivazioni, venivano invalídate due condannepecuniarie di lieve entitá dccretate dal podestá di Isola con tro abitanti della comunitá che avevano dimostrato una qualche "inhobedientia" nei suoi confronti"9. "Indebite et iniuste lata" era stata considerata dai giudici veneziani una sentenza pronunciaía dal podestá di Umago Taddeo da Ponte, reguardante una rissa scatenata nella comunitá da lui dipen-40 dente "sentcntia late excessive." e bando non conforme alia colpa .19.Vi.1432 dal Podestá di Umago, "occasione certe percussionis facte" da un certo Domenico in un rissa. Bando dalla comunitá e dal distretto, pecuniaria all'offeso, pagamento anche del medico, annullata solo per quello che concern,e il bando, c. 98v, 15.IX.1433.. POVZETEK V prispevku avtor skuša doumeti beneško pravno politiko na istrskem polotoku v XV. stoletju. Analizira beneško politično kulturo in sredstva, s pomočjo katerih je Serenísima vsiljevala lastno vladavino. Na isti način obravnava vlogo rektorjev, ki so prihajali iz centra, in njihov pogosto zelo konflikien odnos do podvrženega ljudstva kakor tudi odnos podložnikov do gospodarjev. Analiza določene sodne kazu'istike je avtorju omogočila dojeti zapleteno prepletanje beneškega in lokalnega prava. 3Ü ASV, A vogaria di comun, 3647 (!), c. 35v, 14. VI. 1417. 39 Id., cc. 84v e 85r, 14.X.1420. 40 Id., reg. 3648, (í), c. 25r, 22.VI.1429. Analoghe a quesle !e due intromissioni realizzate dagli Avogadori c. 55v., 27.VIII.I431. Contro condanna pod. giust. omobono griíti: Sante Gavardo "occasione excessum et percusiones" : 1 anno di carcere e cinquecento íire,..anche qui considerazioni non tecite a motivi giuridici ma a criteri di equitá. 20