Anno IV. Capodistria, Ottobre-Novemhre 190(5. N. 10-11 PERIODICO MENSILE SALVORE Venimmo con favor di maestrale a te, Salvore, che d'imperitura gloria ti fregi e sgomini con pura fiamma la itotte sovra 1' ampio sale. Vedemmo in suo candore liliale il tempio. Scorrazzammo la radura. Godemmo di silenzio e di frescura, al sorger della nebbia vesperale. E la battaglia ricordammo. Allora Venezia ricordammo e il Barbarossa, che rivedemmo la deserta prora. Unanimi dicemmo : « Una Vittoria vigila i morti che non hanno fossa e il mare canta senza requie, Gloria!» Giovanni Quarantotto Versi di Riccardo Pitteri1 Patria e natura sono le due muse costanti del Pitteri. Se non che, la prima contiene già la seconda. S' aggiri fra i monumenti delle nostre città, frughi tra le carte degli archivi, rivanghi le vicende passate della sua terra ne' libri degli storici, combatta — in prima fila — per creare le nuove e migliori vicende, o si delizi nella pace della campagna, ammirando le infinite trasfigurazioni della luce, de' suoni, de' colori e meditando i dolcissimi veri di una sana e virile filosofia, una è la voce che sopra tutte l'altre sempre risuona all'orecchio vigile del poeta: la voce della patria. La sintesi dell'uomo è tutta, più viva che mai, ne' volumi della sua maturità : Patria Terra e Dal mio paese. Direi, anzi, specialmente in quest'ultimo. Udite il discorso de Le tre cattedrali e vi si affacceranno, comunicandovi un intimo fremito d'orgoglio, i titoli più venerandi della nostra origine italica. Rievocate, col poeta, il paesaggio di Maggia e vi sentirete più forti, d' una forza serena e tranquilla, come quella d'un popolo provato, con suo onore, eia una fortuna varia e repentina. Leggete l'elogio dell'MW«, seguite la descrizione di San Giusto, ripetete l'augurio Pei• una statua di Dante al Cantaro e vi troverete ancora dinanzi il nostro paese, ricco di bellezze naturali, glorioso nell'arte e nella storia. Giano, A Pale vi ridiranno gli antichi miti e le antiche usanze della nostra «integra ancora» romanità; Walter von der Vogehoei.de vi porta in mezzo al tumulto della vita contemporanea, prorompendo sdegnoso contro ignominie recenti della sua nazione a danno della nostra; Amor di patria con alti e nobili accenti riassume in un brano di concitata eloquenza le ragioni di questo perenne e onnipotente affetto eh' è anima e molla d' ogni azione umana. Giugno, Settembre dal mondo delle reminiscenze e delle passioni politiche ci fa passare in quello delle pure contemplazioni della campagna; Effimere c'induce a meditare sulla vita umana, allegorizzando la vita della natura ; gli affetti domestici trovano eco nelle terzine In morte di mia madre, così esube- ') Riccardo Pitteri, Dal mio paese, Versi, Milano, Fratelli Treves, ranti eli commozione come pervase da un pensiero nobile e non oblioso d' altrui pur nella massima sventura. Quasi a cavaliere del libro sta il poemetto L' Olivo, il quale condensa ancora una volta, con mirabile efficacia, tutti gli elementi sparsi nelle trecento pagine: patria, natura, famiglia, umanità, arte, storia, filosofia ; e certo nessun'altra pianta era più degna d'essere eletta a simbolo di sì varie e sì grandi cose ! Di esso poemetto ci occupammo già 1' anno scorso (III 190 sg.), quand' era uscito — solo — per i tipi di D. Del Bianco di Udine: ristampandolo qui il poeta ha voluto appagare il nostro desiderio, che ci fossero in fondo al volume almeno le note illustrative più necessarie per mettere l'animo del lettore in contatto diretto col pensiero dell' autore. Allora segnammo anche un verso (L'Istria nostra che i 'pastini ne reste), che non ci pareva peccasse di eccessiva musicalità : ora lo leggiamo mutato in questa forma: L'Istria che i gradi fertili ne reste, e, se da un lato dovremmo riconoscere che la seconda forma è più melodiosa della prima e compiacerci del nuovo tratto descrittivo (gradi) che rende meglio sensibile agli occhi la visione del paese, dobbiamo tuttavia avvertire che, rilevando la poca musicalità di quel verso nella sua prima forma, non intendevamo di accusare un difetto, sibbene di lumeggiare la caratteristica principale del poeta, che dicevamo poeta essenzialmente pensatore. La canorità di uno eie' tanti decadenti che ora tengono il campo della poesia italiana il Pifferi non l'avrebbe che snaturando sè stesso: il suo verso è fatto per iscuotere con 1' eloquenza de' gagliardi sentimenti e per convincere con le profonde e lucide riflessioni ; si volge al cuore ed al cervello direttamente, nè, per agitar la fantasia de' lettori, gli è d' uopo titillarne gli orecchi. Recitatevi il verso surriferito, nella prima forma, insieme agli altri sul principio del canto terzo (Istria) dell' Olirò, con vive ancor nella memoria le ultime terzine del canto precedente, mettetevi insomma nello stato di uno che legge per la prima volta tutto di séguito, e vi accorgerete come l'espulsione della parola nostra, se ha snodato il ritmo delle undici sillabe, ha tolto anche d'altra pajte all' espressione del caldo amor patrio onde il poeta era trascinato dal pensiero dell' Italia, appena celebrata per la cultura dell'olivo, all'elogio AaW Istria che «ne veste maternamente ogni sua pendice». Caratteristica, dunque, più che difetto vero e proprio. Se avessi ad arrischiare la parola «difetto», 1' adoprerei invece per indicare certo arruffio ci' imagini, accatastate entro l'àmbito di pochi versi in modo che 1' una fa contro 1' altra e mancano quindi, tutte quante, al loro ufficio naturale di chiarire ed aiutare il pensiero. L'immensa pagina del mondo Ha là, su la ricurva anca d'Italia Verso gli estremi vertici, che al raggio Primo dan varco a illuminar la vita, Il grappolo dell' Istria, a la coppaia Fermo dell'Alpe Giulia e in mar tuffato I bei grani dell' isole scrollando Via per l'Adria fedele, (pg. 4 sg.) Finché il mondo mi viene dinanzi in forma di pagina, comprendo; ma quando su questa pagina vedo spuntare il grappolo dell' Istria, comincio a confondermi. Così comprendo abbastanza bene clie il grappolo sia fermo alla ceppala dell'Alpe Giulia e tuffato in mare; ma quando lo vedo scrollare i bei grani dell' isole via pei' l'Adria, mi confondo ancor più. Quando poi questo grappolo, fermo a una ceppaia, tuffato in mare e scrollante i grani via per l'Adria, va a posarsi non precisamente sulla pagina, ma sull' anca dell' Italia, eh' è sopra la pagina, e la figura umana dell'Italia mostra fino de' vertici, non riesco, confesso, a accozzare le idee, perchè pagina, anca, vertici, grappolo, coppaia, grani e mare mi riddano in capo da levarmi ogni retta distinzione del linguaggio proprio dal metaforico. Con tradizione, non esteriore, in qualche particolare d'esecuzione, sì intrinseca, nel concepimento dell'opera d'arte, panni riscontrare negli sciolti Un contadino. Il poeta vuol proporci l'esempio di un uomo del popolo, un agricoltore operoso, ingenuo, schivo da tutto ciò die non sia il mestier suo. Ora, se la vita attiva e contenta di codesto uomo ci fosse descritta oggettivamente, non ci resterebbe clic ammirare l'opera d'arte. Ma il poeta ha voluto sovente intromettere sè stesso, ha voluto dire che cosa egli pensi del suo contadino, e il lettore si sente come invitato a una discussione di principi, si sente come tentato a dire anche lui la sua. «Il popolo che suda e si rassegna» è un brutto ideale, finché il popolo si limita a sudare e rassegnarsi. Se a lui non «importa la politica battaglia», fa male, fa malissimo. Non dico che la politica sia qualcosa di meglio che il concimare i campi e cambiar letto al bestiame, ma certo è necessario ed inevitabile questo e quello. Se di politica il bifolco non si cura, non restano perciò di curarsene gli altri e al postutto, se lui non è di coloro che la fanno, è sempre di coloro che ne patiscono gli effetti. Nemmeno Renzo e Lucia si occupavano di politica, ma se avessero potuto aver voce in capitolo! Di chi la colpa maggiore delle loro disgrazie? No: «il popolo che suda e si rassegna» è un verso che male s'accompagna a quell'altro ove si plaude alla «bella, integra, cara libertà» del bifolco: potrebbe stare nel sonetto del Carducci in lode del bore, non deve esser detto dell'uomo domatore del bove. Quel verso è da schiavi : il sudare e rassegnarsi, non curanti della politica, non è libertà. L' ha sentito lo stesso poeta, il ({itale, sulla fine del suo poemetto, ha provato il bisogno d'alzare un augurio a giorni migliori in cui «ovili ed aie» abbiano il posto de' «palagi e parchi», il vomero e la zappa» quello de' trofei di «scudi e spade» e, «come volle Cristo, al livello del fraterno patto» sfa no «scesi i superbi e gli umili saliti». In contradizione, a sua volta, con tanto ottimismo, e più con 1' abituale serena filosofia del Pitteri, sta la chiusa del l'Aprile, ove al «perfido» mese della primavera viene scagliata una maledizione, perchè, insieme con ìe belle e buone cose che ci reca ogni anno, ci reca anche il caldo che favorisce le fermentazioni, sveglia e propaga i miasmi.... «Oh s'anco effluvio Hai di mughetto, Sii maledetto, Perfido aprii!» È un'esclamazione da lasciare a Heine: in bocca del Pitteri è una stonatura ! Lo spazio mi manca e vedo di non aver detto ancor t nulla del bene che m'ero proposto di dire intorno al libro del Pitteri. Ma, del resto, che serve? Il Pitteri non è un novellino cui occorrano lodi e incoraggiamenti : e l'artista vero e potente ama piuttosto sentirsi discusso. Dirò dunque ancora che in lui mi piacciono sommamente certe audacie di cui si sono dilettati sempre i poeti di molto ingegno; mi piacciono perfino certe imagini che altri direbbero da seeento e non s' accorgono che abbiamo sulle spalle secoli di cultura, come «1' ampia carta del. cielo» (pg. 227 sg.), «1' incenso che affocato nel cor fuma al pensiero» (pg. 302) ; mi piacciono certi tratti realistici che, trovati ne' bucolici o ne' didascalici di tempi addietro, avrebbero dato, allora, a' nervi, come lo «sputa nella man callosa» del poemetto l'n contadino (pg. 287); mi piacciono la lingua aristocratica e lo stile sempre, tranne qualche lieve e insignificante esempio (parlo sempre secondo il parer mio), sostenuto da un decoro degno de' migliori classici nostri. So che taluno s'indispettisce del ricomparire, nelle poesie moderne, di certi epiteti tradizionali de' nostri classici : ma, benedetti voi, e. con buona pace della moda, che torto ci ho io, se ogni qual volta leggo accanto al sostantivo tempo l'aggettivo edace, la mia fantasia è sempre tanto vivida da compiacersi nell' imaginare quello che significa tempo e quello che significa edaceì L'uso ottunde la coscienza di certi traslati, è vero : questa però non è una ragione valida per negare il nostro plauso a chiunque sappia trovare una esatta rispondenza fi a la sua concezione e la sua espressione, di qualsiasi mezzo si serva. Ma quello che a me nel Pitteri piace, al pubblico che ha la pazienza di ascoltarmi 1' ho già detto e ridetto fante volte che posso dispensarmi dal ripeterlo oggi. Se credessi utile qualche nuova considerazione e avessi tempo e spazio per farla, mi volgerei all' esame de' metri. E difficile, tra i poeti moderili d' Italia, trovare chi possa fare degnamente il paio col Nostro quanto alla maestria dello sciolto : ed è bello vedere, mentre ferve la ricerca di forme nuove, un artefice che sa fare cose perfette e vibranti di modernità nelle forme consacrate da una tradizione lunga e gloriosa. Bla il Pitteri non si ferma allo sciolte: egli va dalle terzine e da' sonetti d'endecasillabi alle più varie combinazioni d' ottonari, di settenari, di senari e di quinari. La scelta è rigorosamente conforme al soggetto e la trattazione altrettanto. Come gli endecasillabi in mano di lui si piegano a incidere, scolpire o dipingere, a dar voce allo sdegno e all'entusiasmo, ad esprimere il desiderio e il rimpianto, così l'ottonario vi finisce dinanzi, placido e terso, con l'armonia del Ruscello, e il quinario vi strepita e vi assorda col fracasso del Tori-ente e il senario trocaico si distende lento e faticoso col Verme. Li hanno chiamati metastasiani alcuni metri del Pitteri. Può essere che venga in mente il Metastasio a chi giudica con un' occhiata fugace risparmiandosi l'attenta analisi : in realtà la massima parte di questi metri, e specie quelli brevi, le strofe di quattro e più quinari, concatenate mediante rispondenze di tronchi, continuano la metrica efficace e varia di toni e d'atteggiamenti che iniziarono i romantici e ritemprarono ultimamente lo Zanella, il Carducci, il Mazzoni. Voglio dire che le strofe tt e del Pittori non sono giulebbe : son nervi e polpe ed ossa che formano un corpo vigoroso e armonioso '). Ferdinando Pasini. Per lo studio della toponomastica istriana. In certe congiunture i nomi sono più che parole. Sono bandiere issate, sono simboli efficacissimi onde le idee si avvalorano e si agevolano i fatti. G. Ascoli. In tutti i tempi e presso tutti i popoli colti vi furono delle persone che si dedicarono alla toponomastica, cioè allo studio dei nomi di luogo. Già nei canti d' Omero troviamo parecchi accenni a questo argomento. Erodoto e Strabone si de- 4) Almeno qualche osservazione analitica. Il Pitteri, contro quanto vanno predicando alcuni moderni studiosi di metrica, ammette e usa la dieresi in parole come fiotto (pp. 10, 51, 117), bagliore (pp. 46, 288), accoglienze (pp. 93 . padiglione (pg. 108), gagliarda (pg. 260), striscianti (pg. 292), e fa valere come sdrucciolo rigonfia (pg. 212). Per conto mio do ragione al Pitteri: i corollarii glottologici che i suddetti studiosi vogliono imporre come leggi a' poeti devono cedere il posto alla percezione acustica de' singoli suoni da parte di ciascun individuo. Se un poeta sente nel suo orecchio quelle parole come composte di una sillaba di più e così anche le pronuncia senza turbare 1' armonia del verso, anzi talvolta conferendogli una nuova attrattiva, non c' è precetto nè veto al mondo che lo possa far passare per mal destro dell' arte sua. — Noto ancora un social (pg. 292) senza dieresi come praticano invece altri, mentre a pg. 310 si legge coscienza e a pg. 45 effigiato. E che divario c' è, nel senso delle parole che ha il popolo, tra bagliore che i glottologi condannano ed effigiato che i glottologi permettono? Chi pensa mai, pronunciandole, all'etimologia? e se una persona colta le sente fonicamente pari, chi può imporre di sentirle in guisa diversa? - Noto, in fine, a pg. 150 sg. un sei che rima con ricrei, messi lì ambedue come tronchi, corrispondenti a del e vel della pg. 152 sg. È un' asimmetria contraria alle abitudini del Pitteri e non ne indovino lo scopo. dicarono con amore alla spiegazione dei nomi geografici. Dei romani, M. Terenzio Varone s' occupò sistematicamente di toponomastica *) ; e Io stesso si può dire di Plinio e di Pomponio Mela e di non pochi geografi arabi del medio evo ; anche Marco Polo spiegò parte dei nomi di luogo dell'Asia orientale; e in generale si può affermare che ben pochi lavori di storia non contengano elenchi o spiegazioni di nomi locali. Un grande impulso a questo studio, specialmente dal punto di vista geografico, lo diede nella seconda metà del secolo scorso il prof. 1. 1. Egli di Zurigo, l'autore dei Nomina geografica, una preziosa raccolta di migliaia di nomi geografici di tutti i paesi, illustrati etimologicamente; lo stesso iniziò (e in ciò stà secondo noi il maggior merito dell'illustre estinto) nel Geographischer -tahrbach 3) una rassegna bibliografica delle opere di carattere toponomastico comparse dal 1870 in poi; dopo la morte dell'Egli, avvenuta nel 1896, e che apportò alla rassegna una interruzione di quasi dieci anni, essa venne ripresa nel 1905 dal prof. 1. \V. Nagl di Vienna. Manco a dirlo, non pochi sono i lavori citati d'autori italiani, glottologi e geografi, dell'Ascoli, del Flechia, del Dalla Vedova e di Giovanni Marinelli, per nominare i più illustri. Molta attività viene spiegata in Italia su questo campo, e da scienziati di indiscutibile valore') ; ma s'è ancor molto lontani dall'attuazione della Toponomastica italiana, ideata nel 1890 dal ministro della publica istruzione on. Boschi '). fr: * * E in Istria che cosa s'è fatto? Ben poca cosa. Se sfogliamo le nostre gloriose riviste, Y[stria del Kandler, La Provincia dell'Istria, l'Archeografo triestino, troviamo a dir vero qua e colà articoli di toponomastica, scritti da Pietro Kandler, l) M. Temi tilt* l'aro, De lingua latina, Libro V. -') II. Wagner, Geograph. Jahrbtivh, Gotha, I. Perthes, IX Band, 1882. Dall' introduzione alla detta rassegna abbiamo tolto alcune delle precedenti notizie. 31 Nel Trentino molto anno scritto su questo argomento lì. Malfatti, G. Pedrotti ri. Grazia/lei. l) Vedi in proposito la lettera dell' Ascoli publicata nella «Perseveranza» di Milano d. d. S sett. 1891 e riportata dalla «Provincia dell'Istria» d. d. 1G sett. 1891. dal Buttazzoni, dal Frauer, da Carlo Defranceschi, dall' avv. Benco, da Paolo Tedeschi, i quali tutti s'industriavano a cercar l'etimologia or di questo or di quel nome geografico della regione ; ma son casi sporadici, sono articoli staccati, che non denotano mai un piano prestabilito di studi. Abbiamo anche qua e là elenchi di nomi locali di singoli territori, il più delle volte però incompleti, quasi sempre mancanti di commento e in aggiunta o appendice ad altri lavori ; fra questi citeremo: .1. Dalla Zanca, «1 nomi delle contrade interne ed esterne di Dignano» ') ; F. de Polesini, «Dei nomi delle contrade nel territorio di Parenzo tratti da carte del secolo XVI e XVII» 2), A. Ire «Nomi locali di Veglia» 3), A. Ire «Nomi locali di Rovigno» '), G. Punteria «Nomi delle contrade territoriali di Capodistria» 5), I. Carati i «Nomi locali di Muggia»6). Anche nelle monografie storiche locali, comparse negli ultimi lustri con lodevole frequenza, viene trattato non di rado tale argomento ; ma anche qui sempre per incidenza e mai rivol-gendovi gli egregi autori speciale attenzione. Dopo tanti anni di incertezza e di disorganizzazione nelle ricerche toponomastiche, pare ci sieno dei bene intenzionati disposti a colmare questa lacuna deplorevole nei nostri studi patri. Ci consta che Camillo De Franceschi e il prof. Giuseppe Vidossich attendono ad un lavoro completo sui nomi locali del territorio di Pola; noi stessi, in collaborazione coli'amico prof. Matteo Bartoli, ne stiamo preparando un altro sul territorio capodistriano ed altri ci vengono annunziati su Muggia, Isola ed altri luoghi della penisola. Questo improvviso rifiorire di studi toponomastici ci riempie di gioia e ci fa sperare di veder, forse in epoca non lontana, una l'accolta sistematica, ordinata e forse anche completa dei nomi locali istriani ; or, siccome non uno solo sarà chiamato a contribuire a questa opera e non nella' stessa rivista, sarebbe bene che i vari studiosi tanto nel suddividersi ») L'Istria, Trieste, 1848, A. Ili, pgg. 49-50. * Ìbidem, A. IV, pgg. 89-91. 3) L'antico dialetto di Veglia, Archivio Glott. Vol. IX, 1886. 4 Bennssi-Ive, Storia e dialetto di Rovigno, Trieste 1888, II, pgg. 77-78. 5) I Rettori di Egida, Giustinopoli, Capodistria, Capodistria, 1891, pgg. 117-118. tì) Reliquie ladine raccolte in Muggia d'Istria, Trieste 1898, pgg. 108-109. 7) Questo egregio glottologo à iniziato nell' «Archeografo Triestino» una rassegna delle opere di toponomastica interessanti la Venezia Giulia, il materiale, quanto nel trattarlo, seguissero una certa unità di sistema, una certa omogeneità di metodo. Solo allora, secondo noi, si potrà raggiungere lo scopo. Nelle righe che stanno qui sotto abbiamo intenzione di esprimere alcune nostre modeste opinioni sul modo di procedere in queste ricerche. * * * Per non dar occasione a confusionismi e a ripetizioni, noi crederemmo opportuno di stabilire chiaramente i confini dei singoli territori da studiarsi ; secondo noi si dovrebbe attenersi alla suddivisione amministrativa del comune locale ; ammettiamo pur noi che tale suddivisione è artificiale, non sempre basata sulla storia e quasi mai sulla configurazione del suolo; ma come far altrimenti in un paese dove ben di rado si può parlar di regioni divise naturalmente 1' una dall'altra, causa la mancanza di regolari catene di montagne e di regolari sistemi fluviali ? Nè il comune locale ci pare una circoscrizione troppo piccola; p. e. nel comune locale di Capodistria, uno dei meno estesi della provincia, noi abbiamo raccolto ben (j(> nomi di contrade esterne! E men che meno troppo .grande, chè da noi i comuni più vasti sono per lo più anche poco abitati (Bogliuno, Pìn-guente, Cherso) quindi più poveri di nomi di luogo; per i comuni locali composti di più comuni censuari noi saremmo d'avviso di aggruppare i nomi a seconda di questi ultimi. L' elenco dei nomi dovrebbe esser sempre preceduto da un' introduzione che avesse a contenere dei cenni sulla conformazione del terreno e sul cai-attere, la nazionalità e la coltura degli abitanti del territorio preso in disamina. Le ricerche toponomastiche dovrebbero essere fatte da più persone ; almeno una di esse dovrebbe conoscere a perfezione il territorio da trattarsi, specialmente dal punto di vista storico e topografico; la perfetta conoscenza del rispettivo dialetto può preservare da gravi errori; nè dovrebbe assolutamente mancare il provetto in materia glottologica, il quale avrebbe a prendere in disamina non solo i nomi nella loro forma presente ma anche in quelle anteriori, anche se andate in disuso e ciò per risparmiare inutili sudori e granchi madornali ; era p. e. fatica sprecata 1' arrabattarsi intorno al nome Bossedraga prima di sapere che esso non è altro che una corruzione di Busserdaga ! ') Neil' elenco (che noi desidereremmo alfabetico) il nome dovrebbe essere riportato nella forma dialettale e fra parentesi in quella toscanizzata (p. e. Pradiziol — Praticeiolo) e ciò per i lettori e studiosi non veneti; nè dovrebbe venir omessa la forma slava, qualora ce ne fosse una; tale forma non è sempre invenzione dei panslavisti, ma può esser derivata con i cambiamenti voluti dalla fonetica, spontaneamente dal latino o dall' italiano 2); anzi talvolta la torma slava ritrae la latina con maggior esattezza di quello che non lo faccia l'italiana; Pomjan è più vicino a PomiUannm che Paugnano ! Naturalmente la forma slava dovrebbe venir presa in considerazione solo in questi casi. Saremmo d' avviso di accennare se e in quali altre regioni dell' Istria, delle province italiane dell' Austria e del Regno d'Italia si ripeta un dato nome locale: il trovar il medesimo nome (e se più d'uno, tanto meglio!) in due differenti regioni, anche lontane, può talvolta condurre a conclusioni importantissime per la storia e per la etnografia. Non starebbe male aggiungere se il nome si trovi o 110 sulla carta militare al 75,000, e designare se esso sia riportato colà erroneamente. Il commento storico e filologico dovrebbe esser preceduto da alcune note topografiche e descrittive; accennar cioè se si tratti di villaggio, di monte, di fiume, di valle 0 di parte dei medesimi, indicar 1' altitudine (se possibile), le specie di cultura che vi predominano ecc. ecc. Ma avranno poi un'importanza queste raccolte di nomi locali istriani? Si, grande e molteplice: oltre che allargare la conoscenza storica e topografica della nostra provincia, oltre che offrire alla glottologia gran copia di materiale nuovo ed inesplorato, esse staranno là a dimostrare quanto possenti, ad onta di tante procelle, siano ancora le vestigia di Roma e di Venezia 11011 solo alle nostre marine ma benanco sui nostri colli e nelle nostre convalli. Dott. Giannamìrea Gravisi. ') Vedi F. Majer, «Di una porta che ha dato il nome ad un rione della città di Capodistria». «Pagine Istriane» A. I, 1903, N. 3. 2) Vedi anche M. 6. Bartolì, Lettere Giuliane, Capodistria, 1903, pg. 41. Per il riordinamento della nomenclatura geografica della nostra regione vedi gli importanti articoli di Nicolò Cobol nelle ultime annate delle «Alpi Giulie». L'omaggio di Cherso al Conte Quirini (1586-88). Entrate nelle biblioteche e negli archivi...; e sentirete alla prova come anche quella aria e quella solitudine, per chi gli frequenti col desiderio puro del conoscere, con l'amore del nome della patria, con-la conscienza dell' immanente vita del genere umano, siano sane e piene di visioni da quanto 1' aria e l'orror sacro delle vecchie foreste; sentirete come gli studi fatti in silenzio, con la quieta fatica di tutti i giorni, con la serenità di chi vede in fine d'ogni intenzione la scienza e la verità, rafforzino sollevino migliorino 1' animo. Giosuè Carducci. Troppo veridico documento è lo Statuto d'Ossero e di Cherso perchè noi si possa credere che fior di galantuomini sieno stati gli altezzosi Rettori, che Venezia nel corso dei secoli ci regalava. Patrizi decaduti e spiantati la maggior parte '), tronfi di nobilesca albagia, spadroneggiavano il nostro paese con un regime autocratico; e andavansi raccomodando le tasche abusando di privilegi, allungando talor la mano sui beni pubblici e privati, soverchiando crudelmente con angherie e balzelli i poveri isolani. Le suppliche, i gravami, le proteste dei nostri due Maggiori Consigli contro i conti-capitani, e le querimonie furono infinite 2) : più e più volte i Sindaci di Dalmazia con Prorisioni, 1) Cfr. Stefano Professor Petris — Spoglio dei Libri Consigli — Della — Città Di Cherso — Vol. I, Capodistria, Tipografia Cobol-Priora, 1891 a pag. XVI e XX : ove si parla anche delle estorsioni consumate da cancellieri e coadiutori, eh' erano i fidi satelliti del conte. Vedi pure : F. Salata — L' antica diocesi di Ossero e La Liturgia Slava, Pagine di storia patria — Pola, Tip. edit. C. Martinolich, 1897 a pag. 7. 2 i Già nel 1474 il Consiglio di Ossero mandava quattro deputati al conspecto de Magnifici signori Egidio Moresini e Domenego bollanj dignissimi syndaci provveditori in dalmatici et albania, a protestare per il fatto che i signori rectori maximamente la Mcig.tia eie rnissier Benedetto Iustinian da nuovo et ha innouado cosse non fo mai e feze cum effecto fazando sonar la campana per far conseglio reduti li homeni del conseglio che nissun dovesse insir fuora del castello, no li basta quello faze serar le porte per el suo ca-valier e guardando tuta fiada che non insirà neson fuora fina che i no dara denari ouer arzenti per pegyio et feze in effecto et si ne tenne entro al ca- e i «Serenissimi Prencipi» con lettere ducali s'affaticarono indarno per impedire i soprusi e porre un freno all' ingorda rapacità dei veneti rappresentanti. Ma — sia detto a onore del vero — fra?[la caterva dei cupidi speculatori, tristamente famigerati come un Bragadin, un Malipiero, un Minio f), altri — e non pochi — per gran bella fama eccellono: modelli esemplari di saggezza, onestà e giustizia. Tra questi non certamente ultimo Sebastiano Quirini, il rettorato del quale segnò per Cherso un periodo di tempo felicissimo, in cui il benessere economico raggiunse, come parrebbe, 1' apice. Conte e Capitano di Cherso ed Ossero dai 1586 al 1588, questo magnifico signore in due soli anni di governo riuscì a mutar quasi fàccia alle non liete condizioni della nostra città. Minacciata continuamente da assalti di uscocchi nemici, ei la cinse di baluardi e mura; tormentata dalla siccità, la fornì di cisterne; angustiata dallo spettro terribile della fame, la provvide (e spendendo in parte del suo) di tormenti in tant' abbondanza, da poter approvvigionare persino le isole circonvicine: stello sina circlia dui hore de nocte et in quella lui tariòò a chi a lui parse pagar ducati X chi 5 chi 4 et chi doi et questo digando vero esser pagado per el mio salario et maior parte no iera debitori del nostro comun anzi era creditori. E scusato s' è poco ! (v. doeum. tratto dallo Stat. di Oss. o Cherso ]). 83-84 in Petris o. c. 1. e.). Alcune decine d' anni prima (Anno 1489. die 5. Septembris Chersi) i sindaci ad paries Istriae, Dalmatiae, et Albaniae Orsato Mauroceno e Laurenzo Bernardi lamentavano sicut per nonnullo,i Comites Chersi, Ausseri à certo modico tempore vsque in hunc diern fuerant à se ipsis innouatae certae res .... non solum ad incommodum, praeiuditium, et damnum Co munita tis, et homìnum Chersi multifariam non solum contro suas continue obseruatas consuetudines non solum. contro ius, et iustitiam,..... rerum etiam contro comniissiones . ... et mandata Incliti Due: Dominij nostri 11 rae libati con tra q; omnem humanitatem, et cavitatemi atq; iussa ipsius Dominij nostri, .... (Documento dello Statuto Vecchio di Cherso in Stat. di Cherso e Ossero a pag. 107). Seguono poi i capitoli, ai quali il conte dovrà attenersi. A pag. 157 dello Statuto leggiamo, che nel novembrejdel 147(> Bartolo de Bochina, oratore della Com.tà di Cherso e Ossero, si recò a Venezia dal doge per supplicare che la Serenità si degni di commandar olii Rettori di Cherso, et Ossero che debbino obseruar à noi soprascritti el nostro Priuileggio Ducal, li Statuti noni, et. vecchi, .... lettere Ducal lettere con autorità de Pregadi .... ecc. Ben quattordici sono i capitoli da imporsi al Conte Silvestro Gabriel. ') Cfr. Petri*, lavoro citato a pag. XXIII. munifico e liberale, ad incremento del bene pubblico ci rimetteva anche delle proprie sostanze. Illuminato da saggie norme di giustizia e sorretto dall' energia del carattere, nel breve spazio di un reggimento biennale, potè far tacere — non diremo del tutto — le controversie cittadine e rifiorire le belle arti della pace, conseguendo che la città si avviasse a un operoso benessere. Tutta una schiera di nodali, avvocati e cancellieri, rimatori più o meno felici, trovano agio di bazzicare con le Muse in questo periodo di prospera tranquillità: e da cento voci s,' inalza come un inno festivo di gloria