Anno IV. Capodistria, Ottobre-Novemhre 190(5. N. 10-11
PERIODICO MENSILE
SALVORE
Venimmo con favor di maestrale a te, Salvore, che d'imperitura gloria ti fregi e sgomini con pura fiamma la itotte sovra 1' ampio sale.
Vedemmo in suo candore liliale il tempio. Scorrazzammo la radura. Godemmo di silenzio e di frescura, al sorger della nebbia vesperale.
E la battaglia ricordammo. Allora Venezia ricordammo e il Barbarossa, che rivedemmo la deserta prora.
Unanimi dicemmo : « Una Vittoria vigila i morti che non hanno fossa e il mare canta senza requie, Gloria!»
Giovanni Quarantotto
Versi di Riccardo Pitteri1
Patria e natura sono le due muse costanti del Pitteri. Se non che, la prima contiene già la seconda. S' aggiri fra i monumenti delle nostre città, frughi tra le carte degli archivi, rivanghi le vicende passate della sua terra ne' libri degli storici, combatta — in prima fila — per creare le nuove e migliori vicende, o si delizi nella pace della campagna, ammirando le infinite trasfigurazioni della luce, de' suoni, de' colori e meditando i dolcissimi veri di una sana e virile filosofia, una è la voce che sopra tutte l'altre sempre risuona all'orecchio vigile del poeta: la voce della patria. La sintesi dell'uomo è tutta, più viva che mai, ne' volumi della sua maturità : Patria Terra e Dal mio paese.
Direi, anzi, specialmente in quest'ultimo. Udite il discorso de Le tre cattedrali e vi si affacceranno, comunicandovi un intimo fremito d'orgoglio, i titoli più venerandi della nostra origine italica. Rievocate, col poeta, il paesaggio di Maggia e vi sentirete più forti, d' una forza serena e tranquilla, come quella d'un popolo provato, con suo onore, eia una fortuna varia e repentina. Leggete l'elogio dell'MW«, seguite la descrizione di San Giusto, ripetete l'augurio Pei• una statua di Dante al Cantaro e vi troverete ancora dinanzi il nostro paese, ricco di bellezze naturali, glorioso nell'arte e nella storia.
Giano, A Pale vi ridiranno gli antichi miti e le antiche usanze della nostra «integra ancora» romanità; Walter von der Vogehoei.de vi porta in mezzo al tumulto della vita contemporanea, prorompendo sdegnoso contro ignominie recenti della sua nazione a danno della nostra; Amor di patria con alti e nobili accenti riassume in un brano di concitata eloquenza le ragioni di questo perenne e onnipotente affetto eh' è anima e molla d' ogni azione umana.
Giugno, Settembre dal mondo delle reminiscenze e delle passioni politiche ci fa passare in quello delle pure contemplazioni della campagna; Effimere c'induce a meditare sulla vita umana, allegorizzando la vita della natura ; gli affetti domestici trovano eco nelle terzine In morte di mia madre, così esube-
') Riccardo Pitteri, Dal mio paese, Versi, Milano, Fratelli Treves,
ranti eli commozione come pervase da un pensiero nobile e non oblioso d' altrui pur nella massima sventura.
Quasi a cavaliere del libro sta il poemetto L' Olivo, il quale condensa ancora una volta, con mirabile efficacia, tutti gli elementi sparsi nelle trecento pagine: patria, natura, famiglia, umanità, arte, storia, filosofia ; e certo nessun'altra pianta era più degna d'essere eletta a simbolo di sì varie e sì grandi cose ! Di esso poemetto ci occupammo già 1' anno scorso (III 190 sg.), quand' era uscito — solo — per i tipi di D. Del Bianco di Udine: ristampandolo qui il poeta ha voluto appagare il nostro desiderio, che ci fossero in fondo al volume almeno le note illustrative più necessarie per mettere l'animo del lettore in contatto diretto col pensiero dell' autore. Allora segnammo anche un verso (L'Istria nostra che i 'pastini ne reste), che non ci pareva peccasse di eccessiva musicalità : ora lo leggiamo mutato in questa forma: L'Istria che i gradi fertili ne reste, e, se da un lato dovremmo riconoscere che la seconda forma è più melodiosa della prima e compiacerci del nuovo tratto descrittivo (gradi) che rende meglio sensibile agli occhi la visione del paese, dobbiamo tuttavia avvertire che, rilevando la poca musicalità di quel verso nella sua prima forma, non intendevamo di accusare un difetto, sibbene di lumeggiare la caratteristica principale del poeta, che dicevamo poeta essenzialmente pensatore. La canorità di uno eie' tanti decadenti che ora tengono il campo della poesia italiana il Pifferi non l'avrebbe che snaturando sè stesso: il suo verso è fatto per iscuotere con 1' eloquenza de' gagliardi sentimenti e per convincere con le profonde e lucide riflessioni ; si volge al cuore ed al cervello direttamente, nè, per agitar la fantasia de' lettori, gli è d' uopo titillarne gli orecchi. Recitatevi il verso surriferito, nella prima forma, insieme agli altri sul principio del canto terzo (Istria) dell' Olirò, con vive ancor nella memoria le ultime terzine del canto precedente, mettetevi insomma nello stato di uno che legge per la prima volta tutto di séguito, e vi accorgerete come l'espulsione della parola nostra, se ha snodato il ritmo delle undici sillabe, ha tolto anche d'altra pajte all' espressione del caldo amor patrio onde il poeta era trascinato dal pensiero dell' Italia, appena celebrata per la cultura dell'olivo, all'elogio AaW Istria che «ne veste maternamente ogni sua pendice».
Caratteristica, dunque, più che difetto vero e proprio. Se avessi ad arrischiare la parola «difetto», 1' adoprerei invece per indicare certo arruffio ci' imagini, accatastate entro l'àmbito di pochi versi in modo che 1' una fa contro 1' altra e mancano quindi, tutte quante, al loro ufficio naturale di chiarire ed aiutare il pensiero.
L'immensa pagina del mondo Ha là, su la ricurva anca d'Italia Verso gli estremi vertici, che al raggio Primo dan varco a illuminar la vita, Il grappolo dell' Istria, a la coppaia Fermo dell'Alpe Giulia e in mar tuffato I bei grani dell' isole scrollando Via per l'Adria fedele, (pg. 4 sg.)
Finché il mondo mi viene dinanzi in forma di pagina, comprendo; ma quando su questa pagina vedo spuntare il grappolo dell' Istria, comincio a confondermi. Così comprendo abbastanza bene clie il grappolo sia fermo alla ceppala dell'Alpe Giulia e tuffato in mare; ma quando lo vedo scrollare i bei grani dell' isole via pei' l'Adria, mi confondo ancor più. Quando poi questo grappolo, fermo a una ceppaia, tuffato in mare e scrollante i grani via per l'Adria, va a posarsi non precisamente sulla pagina, ma sull' anca dell' Italia, eh' è sopra la pagina, e la figura umana dell'Italia mostra fino de' vertici, non riesco, confesso, a accozzare le idee, perchè pagina, anca, vertici, grappolo, coppaia, grani e mare mi riddano in capo da levarmi ogni retta distinzione del linguaggio proprio dal metaforico.
Con tradizione, non esteriore, in qualche particolare d'esecuzione, sì intrinseca, nel concepimento dell'opera d'arte, panni riscontrare negli sciolti Un contadino. Il poeta vuol proporci l'esempio di un uomo del popolo, un agricoltore operoso, ingenuo, schivo da tutto ciò die non sia il mestier suo. Ora, se la vita attiva e contenta di codesto uomo ci fosse descritta oggettivamente, non ci resterebbe clic ammirare l'opera d'arte. Ma il poeta ha voluto sovente intromettere sè stesso, ha voluto dire che cosa egli pensi del suo contadino, e il lettore si sente come invitato a una discussione di principi, si sente come tentato a dire anche lui la sua. «Il popolo che suda e si rassegna» è un brutto ideale, finché il popolo si limita a sudare e rassegnarsi. Se a lui non «importa la politica battaglia», fa male,
fa malissimo. Non dico che la politica sia qualcosa di meglio che il concimare i campi e cambiar letto al bestiame, ma certo è necessario ed inevitabile questo e quello. Se di politica il bifolco non si cura, non restano perciò di curarsene gli altri e al postutto, se lui non è di coloro che la fanno, è sempre di coloro che ne patiscono gli effetti. Nemmeno Renzo e Lucia si occupavano di politica, ma se avessero potuto aver voce in capitolo! Di chi la colpa maggiore delle loro disgrazie? No: «il popolo che suda e si rassegna» è un verso che male s'accompagna a quell'altro ove si plaude alla «bella, integra, cara libertà» del bifolco: potrebbe stare nel sonetto del Carducci in lode del bore, non deve esser detto dell'uomo domatore del bove. Quel verso è da schiavi : il sudare e rassegnarsi, non curanti della politica, non è libertà. L' ha sentito lo stesso poeta, il ({itale, sulla fine del suo poemetto, ha provato il bisogno d'alzare un augurio a giorni migliori in cui «ovili ed aie» abbiano il posto de' «palagi e parchi», il vomero e la zappa» quello de' trofei di «scudi e spade» e, «come volle Cristo, al livello del fraterno patto» sfa no «scesi i superbi e gli umili saliti».
In contradizione, a sua volta, con tanto ottimismo, e più con 1' abituale serena filosofia del Pitteri, sta la chiusa del l'Aprile, ove al «perfido» mese della primavera viene scagliata una maledizione, perchè, insieme con ìe belle e buone cose che ci reca ogni anno, ci reca anche il caldo che favorisce le fermentazioni, sveglia e propaga i miasmi.... «Oh s'anco effluvio Hai di mughetto, Sii maledetto, Perfido aprii!» È un'esclamazione da lasciare a Heine: in bocca del Pitteri è una stonatura !
Lo spazio mi manca e vedo di non aver detto ancor t nulla del bene che m'ero proposto di dire intorno al libro del Pitteri. Ma, del resto, che serve? Il Pitteri non è un novellino cui occorrano lodi e incoraggiamenti : e l'artista vero e potente ama piuttosto sentirsi discusso. Dirò dunque ancora che in lui mi piacciono sommamente certe audacie di cui si sono dilettati sempre i poeti di molto ingegno; mi piacciono perfino certe imagini che altri direbbero da seeento e non s' accorgono che abbiamo sulle spalle secoli di cultura, come «1' ampia carta del. cielo» (pg. 227 sg.), «1' incenso che affocato nel cor fuma al pensiero» (pg. 302) ; mi piacciono certi tratti
realistici che, trovati ne' bucolici o ne' didascalici di tempi addietro, avrebbero dato, allora, a' nervi, come lo «sputa nella man callosa» del poemetto l'n contadino (pg. 287); mi piacciono la lingua aristocratica e lo stile sempre, tranne qualche lieve e insignificante esempio (parlo sempre secondo il parer mio), sostenuto da un decoro degno de' migliori classici nostri. So che taluno s'indispettisce del ricomparire, nelle poesie moderne, di certi epiteti tradizionali de' nostri classici : ma, benedetti voi, e. con buona pace della moda, che torto ci ho io, se ogni qual volta leggo accanto al sostantivo tempo l'aggettivo edace, la mia fantasia è sempre tanto vivida da compiacersi nell' imaginare quello che significa tempo e quello che significa edaceì L'uso ottunde la coscienza di certi traslati, è vero : questa però non è una ragione valida per negare il nostro plauso a chiunque sappia trovare una esatta rispondenza fi a la sua concezione e la sua espressione, di qualsiasi mezzo si serva.
Ma quello che a me nel Pitteri piace, al pubblico che ha la pazienza di ascoltarmi 1' ho già detto e ridetto fante volte che posso dispensarmi dal ripeterlo oggi. Se credessi utile qualche nuova considerazione e avessi tempo e spazio per farla, mi volgerei all' esame de' metri. E difficile, tra i poeti moderili d' Italia, trovare chi possa fare degnamente il paio col Nostro quanto alla maestria dello sciolto : ed è bello vedere, mentre ferve la ricerca di forme nuove, un artefice che sa fare cose perfette e vibranti di modernità nelle forme consacrate da una tradizione lunga e gloriosa. Bla il Pitteri non si ferma allo sciolte: egli va dalle terzine e da' sonetti d'endecasillabi alle più varie combinazioni d' ottonari, di settenari, di senari e di quinari. La scelta è rigorosamente conforme al soggetto e la trattazione altrettanto. Come gli endecasillabi in mano di lui si piegano a incidere, scolpire o dipingere, a dar voce allo sdegno e all'entusiasmo, ad esprimere il desiderio e il rimpianto, così l'ottonario vi finisce dinanzi, placido e terso, con l'armonia del Ruscello, e il quinario vi strepita e vi assorda col fracasso del Tori-ente e il senario trocaico si distende lento e faticoso col Verme.
Li hanno chiamati metastasiani alcuni metri del Pitteri. Può essere che venga in mente il Metastasio a chi giudica con un' occhiata fugace risparmiandosi l'attenta analisi : in
realtà la massima parte di questi metri, e specie quelli brevi, le strofe di quattro e più quinari, concatenate mediante rispondenze di tronchi, continuano la metrica efficace e varia di toni e d'atteggiamenti che iniziarono i romantici e ritemprarono ultimamente lo Zanella, il Carducci, il Mazzoni. Voglio dire che le strofe tt e del Pittori non sono giulebbe : son nervi e polpe ed ossa che formano un corpo vigoroso e armonioso ').
Ferdinando Pasini.
Per lo studio della toponomastica istriana.
In certe congiunture i nomi sono più che parole. Sono bandiere issate, sono simboli efficacissimi onde le idee si avvalorano e si agevolano i fatti.
G. Ascoli.
In tutti i tempi e presso tutti i popoli colti vi furono delle persone che si dedicarono alla toponomastica, cioè allo studio dei nomi di luogo. Già nei canti d' Omero troviamo parecchi accenni a questo argomento. Erodoto e Strabone si de-
4) Almeno qualche osservazione analitica. Il Pitteri, contro quanto vanno predicando alcuni moderni studiosi di metrica, ammette e usa la dieresi in parole come fiotto (pp. 10, 51, 117), bagliore (pp. 46, 288), accoglienze (pp. 93 . padiglione (pg. 108), gagliarda (pg. 260), striscianti (pg. 292), e fa valere come sdrucciolo rigonfia (pg. 212). Per conto mio do ragione al Pitteri: i corollarii glottologici che i suddetti studiosi vogliono imporre come leggi a' poeti devono cedere il posto alla percezione acustica de' singoli suoni da parte di ciascun individuo. Se un poeta sente nel suo orecchio quelle parole come composte di una sillaba di più e così anche le pronuncia senza turbare 1' armonia del verso, anzi talvolta conferendogli una nuova attrattiva, non c' è precetto nè veto al mondo che lo possa far passare per mal destro dell' arte sua. — Noto ancora un social (pg. 292) senza dieresi come praticano invece altri, mentre a pg. 310 si legge coscienza e a pg. 45 effigiato. E che divario c' è, nel senso delle parole che ha il popolo, tra bagliore che i glottologi condannano ed effigiato che i glottologi permettono? Chi pensa mai, pronunciandole, all'etimologia? e se una persona colta le sente fonicamente pari, chi può imporre di sentirle in guisa diversa? - Noto, in fine, a pg. 150 sg. un sei che rima con ricrei, messi lì ambedue come tronchi, corrispondenti a del e vel della pg. 152 sg. È un' asimmetria contraria alle abitudini del Pitteri e non ne indovino lo scopo.
dicarono con amore alla spiegazione dei nomi geografici. Dei romani, M. Terenzio Varone s' occupò sistematicamente di toponomastica *) ; e Io stesso si può dire di Plinio e di Pomponio Mela e di non pochi geografi arabi del medio evo ; anche Marco Polo spiegò parte dei nomi di luogo dell'Asia orientale; e in generale si può affermare che ben pochi lavori di storia non contengano elenchi o spiegazioni di nomi locali.
Un grande impulso a questo studio, specialmente dal punto di vista geografico, lo diede nella seconda metà del secolo scorso il prof. 1. 1. Egli di Zurigo, l'autore dei Nomina geografica, una preziosa raccolta di migliaia di nomi geografici di tutti i paesi, illustrati etimologicamente; lo stesso iniziò (e in ciò stà secondo noi il maggior merito dell'illustre estinto) nel Geographischer -tahrbach 3) una rassegna bibliografica delle opere di carattere toponomastico comparse dal 1870 in poi; dopo la morte dell'Egli, avvenuta nel 1896, e che apportò alla rassegna una interruzione di quasi dieci anni, essa venne ripresa nel 1905 dal prof. 1. \V. Nagl di Vienna. Manco a dirlo, non pochi sono i lavori citati d'autori italiani, glottologi e geografi, dell'Ascoli, del Flechia, del Dalla Vedova e di Giovanni Marinelli, per nominare i più illustri. Molta attività viene spiegata in Italia su questo campo, e da scienziati di indiscutibile valore') ; ma s'è ancor molto lontani dall'attuazione della Toponomastica italiana, ideata nel 1890 dal ministro della publica istruzione on. Boschi ').
fr:
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E in Istria che cosa s'è fatto? Ben poca cosa. Se sfogliamo le nostre gloriose riviste, Y[stria del Kandler, La Provincia dell'Istria, l'Archeografo triestino, troviamo a dir vero qua e colà articoli di toponomastica, scritti da Pietro Kandler,
l) M. Temi tilt* l'aro, De lingua latina, Libro V.
-') II. Wagner, Geograph. Jahrbtivh, Gotha, I. Perthes, IX Band, 1882. Dall' introduzione alla detta rassegna abbiamo tolto alcune delle precedenti notizie.
31 Nel Trentino molto anno scritto su questo argomento lì. Malfatti, G. Pedrotti ri. Grazia/lei.
l) Vedi in proposito la lettera dell' Ascoli publicata nella «Perseveranza» di Milano d. d. S sett. 1891 e riportata dalla «Provincia dell'Istria» d. d. 1G sett. 1891.
dal Buttazzoni, dal Frauer, da Carlo Defranceschi, dall' avv. Benco, da Paolo Tedeschi, i quali tutti s'industriavano a cercar l'etimologia or di questo or di quel nome geografico della regione ; ma son casi sporadici, sono articoli staccati, che non denotano mai un piano prestabilito di studi.
Abbiamo anche qua e là elenchi di nomi locali di singoli territori, il più delle volte però incompleti, quasi sempre mancanti di commento e in aggiunta o appendice ad altri lavori ; fra questi citeremo: .1. Dalla Zanca, «1 nomi delle contrade interne ed esterne di Dignano» ') ; F. de Polesini, «Dei nomi delle contrade nel territorio di Parenzo tratti da carte del secolo XVI e XVII» 2), A. Ire «Nomi locali di Veglia» 3), A. Ire «Nomi locali di Rovigno» '), G. Punteria «Nomi delle contrade territoriali di Capodistria» 5), I. Carati i «Nomi locali di Muggia»6). Anche nelle monografie storiche locali, comparse negli ultimi lustri con lodevole frequenza, viene trattato non di rado tale argomento ; ma anche qui sempre per incidenza e mai rivol-gendovi gli egregi autori speciale attenzione.
Dopo tanti anni di incertezza e di disorganizzazione nelle ricerche toponomastiche, pare ci sieno dei bene intenzionati disposti a colmare questa lacuna deplorevole nei nostri studi patri. Ci consta che Camillo De Franceschi e il prof. Giuseppe Vidossich attendono ad un lavoro completo sui nomi locali del territorio di Pola; noi stessi, in collaborazione coli'amico prof. Matteo Bartoli, ne stiamo preparando un altro sul territorio capodistriano ed altri ci vengono annunziati su Muggia, Isola ed altri luoghi della penisola.
Questo improvviso rifiorire di studi toponomastici ci riempie di gioia e ci fa sperare di veder, forse in epoca non lontana, una l'accolta sistematica, ordinata e forse anche completa dei nomi locali istriani ; or, siccome non uno solo sarà chiamato a contribuire a questa opera e non nella' stessa rivista, sarebbe bene che i vari studiosi tanto nel suddividersi
») L'Istria, Trieste, 1848, A. Ili, pgg. 49-50. * Ìbidem, A. IV, pgg. 89-91.
3) L'antico dialetto di Veglia, Archivio Glott. Vol. IX, 1886.
4 Bennssi-Ive, Storia e dialetto di Rovigno, Trieste 1888, II, pgg. 77-78.
5) I Rettori di Egida, Giustinopoli, Capodistria, Capodistria, 1891, pgg. 117-118.
tì) Reliquie ladine raccolte in Muggia d'Istria, Trieste 1898, pgg. 108-109.
7) Questo egregio glottologo à iniziato nell' «Archeografo Triestino» una rassegna delle opere di toponomastica interessanti la Venezia Giulia,
il materiale, quanto nel trattarlo, seguissero una certa unità di sistema, una certa omogeneità di metodo. Solo allora, secondo noi, si potrà raggiungere lo scopo.
Nelle righe che stanno qui sotto abbiamo intenzione di esprimere alcune nostre modeste opinioni sul modo di procedere in queste ricerche.
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Per non dar occasione a confusionismi e a ripetizioni, noi crederemmo opportuno di stabilire chiaramente i confini dei singoli territori da studiarsi ; secondo noi si dovrebbe attenersi alla suddivisione amministrativa del comune locale ; ammettiamo pur noi che tale suddivisione è artificiale, non sempre basata sulla storia e quasi mai sulla configurazione del suolo; ma come far altrimenti in un paese dove ben di rado si può parlar di regioni divise naturalmente 1' una dall'altra, causa la mancanza di regolari catene di montagne e di regolari sistemi fluviali ? Nè il comune locale ci pare una circoscrizione troppo piccola; p. e. nel comune locale di Capodistria, uno dei meno estesi della provincia, noi abbiamo raccolto ben (j(> nomi di contrade esterne! E men che meno troppo .grande, chè da noi i comuni più vasti sono per lo più anche poco abitati (Bogliuno, Pìn-guente, Cherso) quindi più poveri di nomi di luogo; per i comuni locali composti di più comuni censuari noi saremmo d'avviso di aggruppare i nomi a seconda di questi ultimi.
L' elenco dei nomi dovrebbe esser sempre preceduto da un' introduzione che avesse a contenere dei cenni sulla conformazione del terreno e sul cai-attere, la nazionalità e la coltura degli abitanti del territorio preso in disamina.
Le ricerche toponomastiche dovrebbero essere fatte da più persone ; almeno una di esse dovrebbe conoscere a perfezione il territorio da trattarsi, specialmente dal punto di vista storico e topografico; la perfetta conoscenza del rispettivo dialetto può preservare da gravi errori; nè dovrebbe assolutamente mancare il provetto in materia glottologica, il quale avrebbe a prendere in disamina non solo i nomi nella loro forma presente ma anche in quelle anteriori, anche se andate in disuso e ciò per risparmiare inutili sudori e granchi madornali ; era p. e. fatica sprecata 1' arrabattarsi intorno al nome
Bossedraga prima di sapere che esso non è altro che una corruzione di Busserdaga ! ')
Neil' elenco (che noi desidereremmo alfabetico) il nome dovrebbe essere riportato nella forma dialettale e fra parentesi in quella toscanizzata (p. e. Pradiziol — Praticeiolo) e ciò per i lettori e studiosi non veneti; nè dovrebbe venir omessa la forma slava, qualora ce ne fosse una; tale forma non è sempre invenzione dei panslavisti, ma può esser derivata con i cambiamenti voluti dalla fonetica, spontaneamente dal latino o dall' italiano 2); anzi talvolta la torma slava ritrae la latina con maggior esattezza di quello che non lo faccia l'italiana; Pomjan è più vicino a PomiUannm che Paugnano ! Naturalmente la forma slava dovrebbe venir presa in considerazione solo in questi casi.
Saremmo d' avviso di accennare se e in quali altre regioni dell' Istria, delle province italiane dell' Austria e del Regno d'Italia si ripeta un dato nome locale: il trovar il medesimo nome (e se più d'uno, tanto meglio!) in due differenti regioni, anche lontane, può talvolta condurre a conclusioni importantissime per la storia e per la etnografia. Non starebbe male aggiungere se il nome si trovi o 110 sulla carta militare al 75,000, e designare se esso sia riportato colà erroneamente. Il commento storico e filologico dovrebbe esser preceduto da alcune note topografiche e descrittive; accennar cioè se si tratti di villaggio, di monte, di fiume, di valle 0 di parte dei medesimi, indicar 1' altitudine (se possibile), le specie di cultura che vi predominano ecc. ecc.
Ma avranno poi un'importanza queste raccolte di nomi locali istriani? Si, grande e molteplice: oltre che allargare la conoscenza storica e topografica della nostra provincia, oltre che offrire alla glottologia gran copia di materiale nuovo ed inesplorato, esse staranno là a dimostrare quanto possenti, ad onta di tante procelle, siano ancora le vestigia di Roma e di Venezia 11011 solo alle nostre marine ma benanco sui nostri colli e nelle nostre convalli.
Dott. Giannamìrea Gravisi.
') Vedi F. Majer, «Di una porta che ha dato il nome ad un rione della città di Capodistria». «Pagine Istriane» A. I, 1903, N. 3.
2) Vedi anche M. 6. Bartolì, Lettere Giuliane, Capodistria, 1903, pg. 41. Per il riordinamento della nomenclatura geografica della nostra regione vedi gli importanti articoli di Nicolò Cobol nelle ultime annate delle «Alpi Giulie».
L'omaggio di Cherso al Conte Quirini
(1586-88).
Entrate nelle biblioteche e negli archivi...; e sentirete alla prova come anche quella aria e quella solitudine, per chi gli frequenti col desiderio puro del conoscere, con l'amore del nome della patria, con-la conscienza dell' immanente vita del genere umano, siano sane e piene di visioni da quanto 1' aria e l'orror sacro delle vecchie foreste; sentirete come gli studi fatti in silenzio, con la quieta fatica di tutti i giorni, con la serenità di chi vede in fine d'ogni intenzione la scienza e la verità, rafforzino sollevino migliorino 1' animo.
Giosuè Carducci.
Troppo veridico documento è lo Statuto d'Ossero e di Cherso perchè noi si possa credere che fior di galantuomini sieno stati gli altezzosi Rettori, che Venezia nel corso dei secoli ci regalava. Patrizi decaduti e spiantati la maggior parte '), tronfi di nobilesca albagia, spadroneggiavano il nostro paese con un regime autocratico; e andavansi raccomodando le tasche abusando di privilegi, allungando talor la mano sui beni pubblici e privati, soverchiando crudelmente con angherie e balzelli i poveri isolani.
Le suppliche, i gravami, le proteste dei nostri due Maggiori Consigli contro i conti-capitani, e le querimonie furono infinite 2) : più e più volte i Sindaci di Dalmazia con Prorisioni,
1) Cfr. Stefano Professor Petris — Spoglio dei Libri Consigli — Della — Città Di Cherso — Vol. I, Capodistria, Tipografia Cobol-Priora, 1891 a pag. XVI e XX : ove si parla anche delle estorsioni consumate da cancellieri e coadiutori, eh' erano i fidi satelliti del conte. Vedi pure : F. Salata — L' antica diocesi di Ossero e La Liturgia Slava, Pagine di storia patria — Pola, Tip. edit. C. Martinolich, 1897 a pag. 7.
2 i Già nel 1474 il Consiglio di Ossero mandava quattro deputati al conspecto de Magnifici signori Egidio Moresini e Domenego bollanj dignissimi syndaci provveditori in dalmatici et albania, a protestare per il fatto che i signori rectori maximamente la Mcig.tia eie rnissier Benedetto Iustinian da nuovo et ha innouado cosse non fo mai e feze cum effecto fazando sonar la campana per far conseglio reduti li homeni del conseglio che nissun dovesse insir fuora del castello, no li basta quello faze serar le porte per el suo ca-valier e guardando tuta fiada che non insirà neson fuora fina che i no dara denari ouer arzenti per pegyio et feze in effecto et si ne tenne entro al ca-
e i «Serenissimi Prencipi» con lettere ducali s'affaticarono indarno per impedire i soprusi e porre un freno all' ingorda rapacità dei veneti rappresentanti.
Ma — sia detto a onore del vero — fra?[la caterva dei cupidi speculatori, tristamente famigerati come un Bragadin, un Malipiero, un Minio f), altri — e non pochi — per gran bella fama eccellono: modelli esemplari di saggezza, onestà e giustizia. Tra questi non certamente ultimo Sebastiano Quirini, il rettorato del quale segnò per Cherso un periodo di tempo felicissimo, in cui il benessere economico raggiunse, come parrebbe, 1' apice.
Conte e Capitano di Cherso ed Ossero dai 1586 al 1588, questo magnifico signore in due soli anni di governo riuscì a mutar quasi fàccia alle non liete condizioni della nostra città. Minacciata continuamente da assalti di uscocchi nemici, ei la cinse di baluardi e mura; tormentata dalla siccità, la fornì di cisterne; angustiata dallo spettro terribile della fame, la provvide (e spendendo in parte del suo) di tormenti in tant' abbondanza, da poter approvvigionare persino le isole circonvicine:
stello sina circlia dui hore de nocte et in quella lui tariòò a chi a lui parse pagar ducati X chi 5 chi 4 et chi doi et questo digando vero esser pagado per el mio salario et maior parte no iera debitori del nostro comun anzi era creditori. E scusato s' è poco ! (v. doeum. tratto dallo Stat. di Oss. o Cherso ]). 83-84 in Petris o. c. 1. e.).
Alcune decine d' anni prima (Anno 1489. die 5. Septembris Chersi)
i sindaci ad paries Istriae, Dalmatiae, et Albaniae Orsato Mauroceno e Laurenzo Bernardi lamentavano sicut per nonnullo,i Comites Chersi, Ausseri à certo modico tempore vsque in hunc diern fuerant à se ipsis innouatae certae res .... non solum ad incommodum, praeiuditium, et damnum Co munita tis, et homìnum Chersi multifariam non solum contro suas continue obseruatas consuetudines non solum. contro ius, et iustitiam,.....
rerum etiam contro comniissiones . ... et mandata Incliti Due: Dominij nostri 11 rae libati con tra q; omnem humanitatem, et cavitatemi atq; iussa ipsius Dominij nostri, .... (Documento dello Statuto Vecchio di Cherso in Stat. di Cherso e Ossero a pag. 107). Seguono poi i capitoli, ai quali il conte dovrà attenersi. A pag. 157 dello Statuto leggiamo, che nel novembrejdel 147(> Bartolo de Bochina, oratore della Com.tà di Cherso e Ossero, si recò a Venezia dal doge per supplicare che la Serenità si degni di commandar olii Rettori di Cherso, et Ossero che debbino obseruar à noi soprascritti el nostro Priuileggio Ducal, li Statuti noni, et. vecchi, .... lettere Ducal lettere con autorità de Pregadi .... ecc. Ben quattordici sono i capitoli da imporsi al Conte Silvestro Gabriel.
') Cfr. Petri*, lavoro citato a pag. XXIII.
munifico e liberale, ad incremento del bene pubblico ci rimetteva anche delle proprie sostanze. Illuminato da saggie norme di giustizia e sorretto dall' energia del carattere, nel breve spazio di un reggimento biennale, potè far tacere — non diremo del tutto — le controversie cittadine e rifiorire le belle arti della pace, conseguendo che la città si avviasse a un operoso benessere. Tutta una schiera di nodali, avvocati e cancellieri, rimatori più o meno felici, trovano agio di bazzicare con le Muse in questo periodo di prospera tranquillità: e da cento voci s,' inalza come un inno festivo di gloria
stupore, et a Filosofi ampia materia d' investigare per qua! cagione sette anni egli cresca, et sette altri egli decresca ? Fu constatato difatti, che il livello del nostro lago di Vrana si eleva e si abbassa periodicamente. Ne solamente (continua il discorso) cos'i godiamo paese felicissimo in terra, ma anco nei celesti volti, et atti angelici di queste Vostre gentildonne quel che più di bel si gode in Cielo. Un complimento, a vero dire, abbastanza lusinghiero per le donne chersine.
Nella seconda parte del discorso si decantano le belle doti d'animo del Quirini: giusto, religioso, morale, caritatevole; si loda la sua sollecitudine nel fornii• di circuir la Città con la fondatione di quel Belloardo '*), costruir mia Cisterna ;i) e provvedere il Fontego ') di formento con propri talenti. Di
') La natura stessa del terreno dell'isola nostra dovrebh'essere lo «spetial pririlegioi, ili cui sopra : a Veglia invece le vipere abbondano.
2) Per quanto ci consta baluardo, propriamente detto, era soltanto quello di S.to Spirito al Prato. Nei registri di spese fatte dal camerlengo Nadal Carbolin (1587) leggiamo: A/I) | 2-/ | lui/, n p. Imiti con tini i a lìti-rìchio tlcil mergo p. ioni barca ili unitimi p. la fnitrica del forimi come per bolletin lire tredese ....
Adì | 20 | d .o p. t. e. a Lorenzo Salnditra p. una barca di sabion p. il torion lire sie ....
Crediamo perciò di non errare, affermando si tratti dell' antico torrione, già esistente nel sestiere, che ancora oggidì ne porta il nome.
:!) Nel camerlengato degli anni 1586-88 si fa menzione più volte della «fabrica e manifatura della Cisterna a S. Francesco». Conviene arguire che il Quirini abbia fatto riparare la cisterna, tuttora aperta al pubblico, nel chiostro esterno del convento francescano > per la costruzione della quale un tal fra Tomaso, nel 1544, aveva chiesto al Consiglio 1' importo di ducati trenta. (V. Stefano Prof. Petris, Spoglio dei Libri Consigli della Città di Cherso, vol. II. Capodistria, Tip. Cobol & Priora, 1897, a pag. 36).
■') Sulla provvida istituzione del fondaco o mercato pubblico delle biade con annessa una specie di banca popolare, vedi Prof. S. Miti», Note stor. ecc. a pag. 53-55 ; nonché Petris, Spoglio dei !.. Cons. vol. I, a pag. LXV-LXII. Esisteva già dal 1484 e fors' anche prima : 1' amministrazione dei fonticari non fu sempre disinteressata nè onesta, tanto che vari Conti si videro costretti di prendere energiche misure per impedire gli abusi. Tra questi anche il Quirini con Terminazione pubblicata il primo d' agosto 1586 ; ina di ciò speriamo di poter parlare più diffusamente in altra occasione (cfr. Cattastatico Dell' Vnicersità di Cherso, vol. ms. a carte 130 a t.o, e Statuto ecc. a pag. 288-293).
questo stupisce fino la natura, fra questi sassi raccorre in un anno con la vostra diligenza li mille stara di formento Isolano in questi Fonde L Ed è veramente da stupire, poiché almeno adesso l'isola non produce di frumento nemmeno un quinto di quella cifra.
Dalla storia che si fa della famiglia Querini apprendiamo un particolare riguardante il padre di Sebastiano, Andrea Vincenzo, che prese parte all'impresa di Obrovazzo (1537) con Zaccaria Moresini Provveditore alla guerra col Turco; in que-st' impresa un braccio gli restò struppio d' archibuggiata. In modo esplicito poi è detto, che il Quirini eresse il sublime palazzo della residenza, e si fa cenno di quella memoria in aurato marmore affissa sulla facciata del Pretoreo. Ma se anche la dichiarazione non è pienamente conforme al vero (basti por mente alle parole del breve: Aula praetoria, iam angustissima et fere colla psa, in am gliorem Itane formam erecta), non v'ha però dubbio che lo stato del palazzo pretorio d'allora doveva essere addirittura indecente ; e il conte Sebastiano, ricordando i sontuosi edifici di Venezia madre, per via di opportuni e radicali restauri, gli fece dare quella decorosa apparenza, che s'addiceva con la dignità personale del supremo magistrato cittadino '). Ai mezzi provvide il patrio consiglio, che d'accordo
') Non ò potuto sfogliare i libri-consigli degli anni 1586-88, dacché 1' egregio professore concittadino, Stefano Petris, da più tempo si occupa dello spoglio, che, giova sperare, vedrà presto la luce. Tuttavia anche nei camerlengati dell'epoca si trovano frequenti accenni ai lavori del palazzo pretoreo. Alla rubrica : Spesa della Mctg.ca Communità di Cherso fatta per m.o Nadal Carbolin Camarlengo, si legge p. e. : Adì d.o (tì luglio 15871 p. tanti contadi à haricliio Scrobogna, et Giac.o Fornerich p. dui barche di sabion p. la fabrica di pallazzo consegnate a m. Steff.o Drusa
d' ordene, ecc.....lire disdotto. Nel «Libro delle fabriche della mura di
Cherso» istituito per essecution della delib.on di Senato 1509, 27 settembre, sta scritto : 1588 | Adì 4 maggio \ Dinari de condannaggioni di Cherso et Ossero, scosse p. me Steff.o D rasa procurator alla fabrica, li quali sonno stati spesi come sera qui al incontro notato nella fabrica di questo Pallazzo, insta . le segnature, dal Cl.mo S.r Conte et Cap.o, et insta le parti prese nelli Sp.li Comi di Cherso, et Ossero, che le hanno applicate ad essa fabrica, come appai• nel L.o di Consegli, da Cherso alii ul.o ag.to 1586, et nel L.o di Cons.i d' Ossero alii 7 7.mòre .... E segue poi la specifica delle multe : il » osso fu di lire mille novecento vintiquatro soldi tre. Alcune carte più innanzi : 1581. IT. feb.o \ Dinari spesi del trato delle condane.... E troviamo specificati : scalini, sogeri, 40 pezzi di pietà viva tolti alii
con quello dì Ossero stabiliva di riscuotere sollecitamente i denari delle condanne per adoperarli nell'opera di ricostruzione. E così fu che il Pretoreo potè risorgere a, nuovo, bello ed elegante, con balconi e svelte bifore, e su in alto l'emblema dell' Evangelista scintillante d' oro !
*
* *
La storia delle origini dell' isole del Quarnero — come suole avvenire di tutti quei paesi che furono illustri nelle età più remote — è siffattamente mescolata con la favola, da rendere molto difficile lo scernere il vero. I racconti, appoggiati nell' età primigenia su fatti reali, con 1' andar de' tempi passando per tradizione da padre in figlio, da bocca in bocca, acquistarono sempre più del meraviglioso sino a confinare con lo stravagante. Ma anche nel fantastico, per quanto sembri astruso, si nasconde fra i viluppi il nocciòlo della verità, che uri' acuta analisi storica riescirà o tosto o tardi a sfrondare dei vani orpelli ornamentali e a mettere pienamente in luce.
I poeti e gli storici antichi, come Orfeo Callimaco Apollonio Plinio Strabone Tolomeo, e in generale quasi tutti i geografi e gli scrittori greci e latini dei primissimi tempi, si accordano in fare ascendere le origini dell'isole nostre all'epoca della spedizione degli Argonauti1): vale a dire, press'a poco, a un mille dugent' anni prima di Cristo. Questa leggenda, che avvolge in un poetico mito la prima storia delle Absirtidi, forma 1' argomento della seconda ghirlanda : certo non priva
brioìii, sentavi, mocìioncinì, coione de piera viva, capitelli lavorati: un San Marco de piera viva, comprato dalli Ambasciatori à Venetia dal tagiapiera di S. Felice, qual è stato messo sopra il palazzo lire 27V ; pei- la doratura, del quale S. M. si pagarono lire sessanta doi, et à m.o Z.ne Franco per il color smalto lire 6 in tutto l. 68.
Altre volte ancora, prima e poi, fu riparato il Palazzo : nel 1565 il Capitano General da Mare concedeva licenza al Magnifico Mister Zuanne Grimani honoravdo Conte, e Capitanio di Cherso, et Ussero di spendere du-"cati 100 nella reparation di esso Palazzo doue è la ressidentia .... attento che si ritroua in malignimi termini, et minacia mina, con grandissimo pericolo della vita .... Stat. pa g. 275).
l) Menzioniamo a questo proposito alcune importanti pubblicazioni : G. Vassilich : Il mito degli Argonauti e le Assirtidi (ili Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria, Parenzo, Tip. Gaetano Coana, 1885, I), e Ste.f. prof. Petris : Le Absirtidi fino ad Augusto — Le Absirtidi da Augusto fino alla caduta dell' impero romano d' occidente (in Progr. del Ginn. Sup. di Capodistria, Tip. Cobol-Priora, A. 1883-85).
d'interesse, quantunque la composizione poetica, in endecasillabi sciolti poco torniti, sia piuttosto prolissa.
«Fuggendo Giasone con Medea dalla persecution de' Colchi, resta antica memoria che stanchi dal lungo viaggio venissero a prender riposo sopra quest' Isola. Del che s' hanno ritrouvati vestiggi certissimi, essendo che oltre quest'Isole e scogli denominati dal lacerato fratel di Medea, Absirtidi, si ritrova ancora che l'istesso Ossero, il quale anticamente si chiamava Absirum, co '1 tempo à poco à poco fu in Auserum trasmutato, coni' anco hoggidi si chiama. Et già pochi anni sono, che tù ritrovato sol terra in alcune antiche ruine la statua di Medea 4), la quale essendo donata all'Illustriss. Patriarca Grimani, fù di tanta eccellenza giudicata, che restò degna d' esser posta nel-1' entrata del Suo Palazzo in Venezia. Fu dunque inanzi al prologo d' una Comedia rappresentato nella Scena tutta coperta di spessissimi arbori le persone di questi; i quali con apparenza honorata discorsero con tal maniera le lodi del Regimento et della Città». Interlocutori sono Medea e Giasone; alle domande del «tèssalo garzone», curioso di sapere ove si trovasse, la fattucchiera Medea, che tutto sa e tutto prevede, cosi enfaticamente gli risponde:
10 te '1 dirò, qui descrivendo intorno
11 bel paese......
Quest' Isola che vedi è nell' Illiria, Dalmazia a manca man tutta si estende, A destra è l'Istria, è la Croatia a dietro, Qui nell' aspetto è a noi la bella Italia, I suoi confinì son quei bianchi scogli, Che si scopron di qua poco lontano. E qui dove noi siam sorgerà punto Di vaghi alberghi, accanto al lido e '1 monte Vna Città tutta gratiosa e bella Con un popul gentil, grato, e cortese, Questa dopo molt' anni sarà retta Da Vergine regal, stupor del mondo2)
Sotto il cui Impero menerà suoi giorni Ver lei sempre fedel, e in se felice.
1) Di questa statua, che trovasi ora nel Museo archeologico del palazzo ducale di Venezia, è detto incidentalmente in «Pagine Istriane» A. Ili, N. 4-5, pag. 75.
2) Neil' opuscoletto, per maggiore intelligenza, c' è scritto, fra parentesi, Venefici.
E la città, che sarà «detta Cherso dal cercar de' Coltili» '). godrà prosperità e benessere unicamente sotto il governo dell'eroe Sebastian Quirino, il quale avrà in moglie una Francesca
......honor de 1' Hadria,
Donna la più gentil benigna e casta
De' tempi suoi........
E qui il panegirico di Francesca Querini ; poi Medea, cui le arti magiche erano familiari, estrae di sotto alla clamide il libro degli incantesimi : vi legge i segni sibillini, trincia 1' aria con la verga fatata, pronuncia le strane invocazioni rituali, e il prodigio si compie. Ecco apparire, nello sfondo, come un quadro della città fiorente e lieta sotto il benefico reggimento del Quirini; Giasone si ritrova sulla scena del palazzo pretorio, affollato di cavalieri e gentildonne assirte, e Medea gli va narrando :
......per non ti lodar ad uno ad uno
Tutti questi Signori e donne belle, Che 1' hora è breve a così grand' impresa ; Sappi, che i più cortesi e i più immani Non vede il Sol, ne più benigna gente Di questa al mondo, o di più belle donne S' adorna Sinirna o la Città di Guido. Deb perchè il nostro arrivo 11011 è stato A tempi loro, o loro a tempi nostri Che vedresti con quanta huinanitade, Con che grata accoglienza e cortesia Da tutti lor saremmo stati accolti : Che 11011 è gente al mondo a' forestieri Di questa più amichevol e benigna '-).
E Giasone, non ancora rimesso dalla sorpresa, nel mirare innanzi a sè tante bellezze, stupefatto domanda :
.....Hor chi son mai
Queste si vaghe et honorate dame ? Son forse ninfe o pur celesti Dee ? Io m'immagino che Medea sarà rimasta mortificata nel suo amor proprio femminile.
Di nessuna importanza per noi la ghirlanda terza, che contiene la lode dell'arma Quirini. Attraente invece l'argomento
1) Come si vede da questo verso e da un' altra noticina, 1' autore ' vorrebbe sostenere l'etimologia di Cherso dal verbo latino quaero, qìiaeris.
2) Gran verità cotesta : oggi ancora i chersini son tanto di largo cuore con gli ospiti, quanto invidi tra loro.
della quarta : Cherso ricca sfama le isole circonvicine. Soleva il Quirini per Santo Sebastiano, giorno del suo onomastico, far banchetto a tutta la città. Raffigura perciò il poeta (ormai questo nome è tanto generalizzato !), che a uno di questi banchetti pubblici convengano, in veste di pastori o di ninfe, tutte le borgate dell'isole del Quarnero nonché la città di Fiume, per ammirare ed esaltare 1' opulenza di Cherso, e implorarne l'assistenza. «Interlocutori, Cherso et Ossero in Inibito di Pastori : Loscina et ìveresina, villaggio di quest' Isola, in forma di Ninfe, poi sopra giunge Arbi et Veia; l'uno in Inibito di Pastore, l'altra di Ninfa, poi Fiume anch'egli in habito di Pastore». I' componimento, misero per invenzione e di nessuna elevatezza cii stile, è foggiato sullo stampo delle egloghe rappresentative, che molto usavano nella società italiana d' allora. Ciascuna ninfa e ciascun pastore fa il suo brindisi alla prosperità di Cherso, e poi tutti in coro chiudono con un madri-gaietto «per ragion di musica»:
Viva, viva il Quirini, Viva un tanto Rettore, Viva la .sua virtù, viva il valore, Vfvan 1' opre sue degne, Viva il suo regimento, Viva il Quirini mille volte e cento.
Quantunque breve doveva sortire, indubbiamente, notevole effetto scenico la ghirlanda quinta : una specie di cantata musicale. Anche questa una delle solite finzioni da egloga, però con una certa pompa ieratica: nella scena, che doveva raffigurare il vestibolo d' un tempio sacro ad Apollo, entra un pastore, il quale, accompagnandosi a un liuto, interroga ripetutamente la divinità ; e, tra gli accordi lenti e maestosi d'un clavicembalo, la voce mistica del dio onnisciente si fa udire, rispondendo dall' interno, grave solenne.
«In una delle Commedie questo Carnevale recitate venne per intermedio fuori un Pastore ; il quale, fingendo esser giunto al tempio ci'Apolline, che clava risposta a quanto gli era addi-mandato, con un liuto in mano cantò tutti gli infrascritti versi ; et di dentro al suon d' un Claucimbano gli veniva, secondo le domande, così per Apollo risposto».
P. Dimmi, o Signor di Delo,
Anima de la terra, Occhio del Cielo V
A. Dimanda quel, che vuoi,
C' havran fedel risposta i detti tuoi.
P. Dove goder potrei
Vita più cara, e dolce a' giorni miei '?
A. In questo luoco, dove
Dal Ciel virtù con ogni gratia piove.
P. E in quale compagnia
Trovi la gentilezza e cortesia ?
A. In quella, che qui intorno
Rende il luoco, che vedi, illustre e adorno.
P. Ma dimmi, o sacra luce,
Dove giustizia in terra hoggi riluce V
A. Ne i giudici divini
Del grand' Heroe Sebastian Quirini.
P. E dove è la Prudenza,
Fortezza, Temperanza et Eloquenza V
A. Ne la lingua e nel core
Pur di questo magnanimo Rettore.
/'. Dimmi, o luce de' lumi,
Dove è tutta la gratia e i bei costumi V
A.' Ne le Chersine belle
Che sembrano del Ciel lucenti stelle.
r. Dove è la leggiadria,
La modestia, il valor, la cortesia V
A. In queste alme signore,
Ch' infiammano ogni petto et ogni core.
P. Dove hoggi è la Bellezza,
L' Honestà, la Modestia e la vaghezza ?
A. In Francesca Quirini,
Piena di bei costumi, atti divini.
P. Dove hanno hoggi sua stanza
La Pace, la Giustizia, e l'Abbondanza V
A. Tutte in Cherso al presente,
Per diligenza del Rettor prudente.
P. Poi che son giunto quivi
Fra questi Colli, e Rivi,
E fra gratie si care;
Vo' qui mia vita eternamente fare.
dunq ue di che congratularsi con le nostre signore
superano d'eccellenza le belle donne della città di Smirna e persino di Guido, patria di Venere, la dea della bellezza e dell' amore ; sono paragonate a ninfe, a Dee celesti da Giasone stupito; e stelle lucenti del cielo, vengono dette da Apollo stesso. Questa glorificazione delle bellezze muliebri della città nostra ridonda ancora — com' io mi appongo — a tutto onore delle nostre grazie d'oggidì, che per nulla affatto disdicono la decantata leggiadria delle loro ave di quattrocent'anni addietro.
La stima e la considerazione, goduta dal Quirini, doveva essere realmente sincera, perocché non si tralasciava occasione per dimostrargliela pubblicamente. Chiamato da ragioni di ufficio, il Conte si allontana breve tempo da Cherso per recarsi ad Ossero; al suo ritorno lo attende una gradita sorpresa: l'entrata del suo palazzo è tutta adorna di fiori, e tra il verde fanno capolino gii auguri, consistenti in dediche, motti e versil).
Il primo di maggio poi gli viene appresentato «un Maio2) bellissimo, al quale anco furono trovate appese l'infrascritte compositioni».
Questo Arbore; all' ombra del quale risse et rive quest'Isola sotto questo felicissimo Redimento ; le cui radici sono grafie et rir/ù; il cui tronco è il santo appoggio di religione, i cui rami sono maturi giudici}', optimi consegli, et opportune provisioni; V soavissimi frutti del quale sono i cuori, et le benedittioni di tutti, et l'abondanza di tutte le cose. AH'integerrimo suo Rettore — la fedelissima Città di Cherso
in segno di gratitudine appresenta.
Dei versi che seguono non inerita far parola: riporteremo, a titolo di curiosità, il sonetto terzo, nel quale il Quirini viene a contendere la gloria di Romolo, latinamente appellato Qui-rinus; lo stile fragoroso e certe immagini sperticate sono indizi assai palesi di quella tabe che in peculiar modo funestò il secento.
Non fu del suo Quiriti si gloriosa Roma, capo del mondo trionfante, Mentre a l'imprese sue preclare, e tante Sovra il giro del Sol s' alzò famosa.
Coni' hor questa Città lieta, e gioiosa Per te, o Quirini, se ne va fra quante Copre il Ciel, mentre con bell'opre sante De' i più sublimi honor la fai pomposa.
Ma quai Colossi, quai figure, o marmi? Quai Piramidi, o Tempij ili tua memoria Ergeteli! noi fra mille Insegne, ed Armi ?
Ti fiano i cuor Trofei, gli animi historia, I nostri affetti siali le prose e i carmi, Le lingue trombe, e 1' opre eterna gloria.
') Tale il contenuto della ghirlanda sesta.
-) A Cherso l'uso del «maio» perdura tuttora; ne à parlato anche il chiaro signor Francesco Babudri in «Pag. Istr.» A. Ili, N. 6, p. 129.
Lo lingue trombe! e come non pensare alle stravaganze e alle gonfiature poetiche di Gerolamo Preti o di Claudio Achillini ?
L' ultima ghirlanda contiene un discorso, alquanto noioso, «sopra lo scudo appresentato dalla Citta di Cherso al CI. Sig. Seb.n Quirini, di lei meritiss. Conte, et Capitano».
Questo scudo (di cui sono riuscito a trovare anche il conto specificato)') portava intagliato un gran cuore, simbolo dell' affezione dei chersini verso il conte, alcune figure allegoriche, come la giustizia, l'onore, la religione, il merito, la fama ecc...., il leone veneto, e recava l'indirizzo : Sebastiano Quirino Craepsae Ciriuiu Pro Munere Cor Consacratimi.
Una canzone, che noi non riportiamo, del signor Nicolò Salce, feltrino, forma la chiusa del libercolo.
Come i miei quindeci lettori si saranno accorti, ben poco può trovarsi d' ammirevole in tutti questi componimenti, quasi sempre molto anzi troppo pedestri; ma, gettati giù per lo più in furia, improvvisati nell' occasione di festività, li scusa anche «1' humiltà del hioco» ove son nati. Nè, rimarcando i difetti, bisogna dimenticare 1' andazzo de' tempi ; nei quali la letteratura in genere e in particolare la lirica era contaminata da quel gongorismo *) funesto, importato dalla «fruttifera Spagna».
') Cfr. Camerlengato — LVI — A. 1588. adì 20 d.o (Zugno) p. contadi p. il scudo fatto al Cl.mo S.r Conte, et cap.o j>. marcctdo fatto dal sp.l in. Bart.le Drasa Amb.r in Vinetia delta parte presa in questo Cons.o
qucd scudo fù fatto à S. Mog.se da ni.ro.....intagliador, computa il
suo armer di legno da metterlo dentro constò due.ti Cinquanta ecc.
E più innanzi: d.o (1 luglio) p. tanti fatti contar p. saldo, et compito pag.to della spesa fatta nel scudo in Vinetia de parte in q.to Cons.o
la qual spesa è
Al jntagliador .............L. 217
Al fauro fece il ferro et cadenella . ... L. —ó'
Beuerazo alli marangoni ........L. — 1
Al jndorador..............L. 124
p. beuerazo cdli Garzoni.........L. —1
p. far le l.re (Ietterei alle figure, et scudo L. —4 !>. far l'armer al marangon, et targarlo . L. -14 Stimma L. 364 delle quale ecc. *) Alessandro D'Ancona, Studi sulla Letterat. Ital. de' primi secoli; Ancona, Morelli, 1884 ; in «Antologia della nostra crit. lett. inod.» di Luigi Morandi, Città di Castello, S. Lapi ed. 1902 ; a pag. 382.
Comunque in umile veste, riteniamo non sia stata opera del tutto vana il discorrere di queste Ghirlande, poiché servono a dimostrare -— se pure meschinamente — in qual modo la città nostra abbia onorato il culto delle lettere, seguendo in ciò il costume della nobile società italiana d' allora.
Per altre vie del resto sorrise nel cinquecento al Quarnero un raggio luminoso di gloria: che appunto in quel tempo Cherso dava all' Italia un filosofo come il Patrizio, un letterato come l'Adrario ed altri in altri campi insigni : i quali tutti 11011 furono — osservò bene il Luciani ') — semplici fenomeni o meteore straordinarie, ma il prodotto naturale della prisca civiltà e romana coltura dell'Isola nostra.
Cherso, settembre 1906.
Iacopo Cella
In appendice ini è doveroso esprimere un pubblico atto di grazie all'egregio signore, dott. Giuseppe Petris, che, durante la compilazione di questo lavorino, pose gentilmente a mia disposizione la Sua pregevole raccolta delle monografie di storia paesana.
RIME E RITI DEL POPOLO ISTRIANO.
(Continuazione. — Vedi a. c. pg. 110).
116. Calarmela de la Mazorana,
tira la corda, e sona la campana, e la campana no la xe più mia, la xe del frate de santa Luzia, Santa Luzia, madona dei oci, Santa Polonia, madona dei denti, e 1' angiolo Gabriel co le su ale, la Madalena co' le scarpe zale, 1' angiolo Gabriel co' i su' colori, la Madalena co' i su' bianchi fiori. Calarmela de la Mazorana, mola la corda, e lassa la campana, che '1 mio banibin el fa la su' nana.
(a Pareuzo, Pirano, Uinago e Albona).
117. Fame la nana e fame el sono grando, nana el mio ben, che te se va iudormenzando;
') V. La Provincia dell' Istria, Anno XVIII, Capodistria 16 Aprile 1884, N. 8, p. 62.
te se va indormenziindo a poeti a poco come le leg'tie verde soia el fogo; come le legno verde che 110 fa tiama, nana, mio ben, che ti xe de sant'Ana, e de sant'Ana e de santa Maria, nana, mio ben, che ti xe la colomba mia.
(a Muggia e Isola). Nella penultima, bellissima, si vede la premura della mamma, perchè al suo bambino sieno sempre sani gli occhi e i denti.
Si vegga la dolcezza di queste due carezze :
118. Anema bela, anenia santa,
i oci te ridi, la boca te canta, (a Capodistria, Pirano, Albona e Parenzo .
119. Bel mio, a tu' mare tanto ti ghe piasi che la te magnaria vivo coi basi.
(a Parenzo).
E qui una pioggia di baci ora minuti e fìtti, ora rumorosi che lasciano il rosso, dove toccano; e sempre baci, come il dolcissimo suggello d' un immenso amore.
Al bambino, che vuol guardare il lume acceso, affinchè 11011 diventi hisco, agitandogli davanti gli occhi le dita distese della mano destra, si canticchia:
120. La piinpinela 1' à pimpinà, la voi bozzetti da su' papà, su' papà no glie ne gà
la piinpinela 1' à pimpinà.
(a Portole, Montona). ovv. La piinpinela 1' à pimpinà, che bezzetti 110 la ghe 11' à, la se varda la searseleta, la se trova la pimpineleta.
(a Buie .
Baciando poi la manina del suo bimbo, la mamma istriana si fa quest'augurio:
122. Man pizzinina,
testa fina ! (in tutta l'Istria). Facendogli solletico sulla palma della manina, dice:
123. Ghirighirigaia, Martin xe su la paia, paia paiuzza,
pie, puc, pac, una fregoluzza, ove. butilo zo de la ìnontuzza.
(a Capodistria, Muggia, Isola, Pirano). e fa 1' atto di gettarlo a terra, mentre ratta se lo stringe al seno.
Prendendogli una mano con la sinistra e con 1' indice della destra facendogli solletico sulla palma, dice:
124. Caxnpielo, campieleto, qua nassi el porzeleto ;
indi premendogli i ditini ad uno ad uno, a cominciare dal pollice, continua:
Questo lo ga mazà,
questo 1' à scortegà,
questo lo ga messo in pigliata,
questo ghe n' à magna un toco,
e questo povero picinin
gnanea gnanca un tochetin.
(a Capodistria soltanto .
Scotendogli la manina dice:
125. Man man morta, pele de oca, pele de can,
basa basa questa man
(in tutta 1' Istria).
e gliela bacia rumorosamente. Ovvero accarezzandogliela dice :
126. Manina bela, fata a penelo. cossa g-avè magnaV Pan e figa.
Cossa gavè messo drento V Pan e forinento. Andove gavè sconto ? Sulla scansia ; el gato ga porta via. (a Capodistria, Isola, Pirano, Parenzo, Pola).
Prendendogli i ditini della manina, ad uno ad uno, cominciando dal mignolo, gli dice i nomi così:
127. Picio picielo, dedo d' anelo,
più grando de tu ti, sfrégola oci, mazza pedoci.
(a Parenzo e Isola). Oppure, distendendoglieli e cominciando dal dito pollice, dice :
128. — Questo xe sior' Ipolita, questo xe su' mario, questi xe i su' parenti, questa xe la dote,
— Mori sior' Ipolita, (piega il pollice) inori i su parenti, {piega il medio) i ghe dà la dote indrio (piega l' anulare) e resta pare e (io (a Parenzo)
e così restano distesi l'indice e il mignolo, mostrando i corni, che la madre bacia. Altre volte, dondolandolo, gli va cantarellando :
129. Mare, mare granda, quanti fioi g'avè ?
Ghe n' ò quanti che volè. Déme quel de 1' oc-io biondo, che '1 me mena per tuto el inondo, che '1 ine inag-na manco pan, che '1 me bevi manco vin, tichete tàchete, mio bel bambin.
(a Parenzo, Orsera, Pola).
Facendolo ballonzolare sulle ginocchia o palleggiandolo con le mani in aria, gli ripete uno di questi ritmi che si conoscono in tuffa V Istria.
130. Zo, zo, zo, zo, musseto, che vegnarà papà,
el portarà pometo, el putin lo magnarà.
131. So, so, so, so, cavalo, la mania vien del baio co' le tetine piene
per darghe a le putele :
le putele no le voi,
su' papà ghe le ciol ;
su' mare le sculazza
in mezo la piazza ;
salta fora el prete fisso
le cuca — '1 ghe taia la piruca ;
salta fora el prete zoto
glie mola un scopeloto.
132. Hi, hi, hi, hi, cavalo, la marna vien del baio, la porta le naranze
che vendi quel mercante, che '1 vendi a bon mercà, el Nini ga el cui e....
133. Douda bironda,
San Marco fa la ronda, zia Maria
la barca 110 xe mia, la xe de quel mercante , che vendi le naranze iovv. le seuranze)
uaranze naranzon butilo zo del balcon.
I!i4. La neve xe bianca
vai cento e cinquanta : vai un, vai do, vai tre: ciapa chi che xe. Baia, baia 1111 ; baia, baia do ; baia, baia tre ; ciapa chi che xe.
135. Din don — campauon tre putele sul balcon, una fila, una uaspa, una fa capei de pasta.
13<>. Polonia Polonia
la »'aveva un bel putin la lo gà memi a Venezia vesti de buratin. Scarpa in polita, camisoto in zonta, capei de paia, el mio picio xe una callaia. Questo ritmo V udii soltanto a Parenzo). Ed intanto il bambino ride — si esercita così al riso, fenomeno puramente umano, e pascolo dei mordace ed. ilare popolo d'Istria.
Alla sera poi, prima di spegnere il lume, si dice ai bimbi:
137. El pomo co do »'no se magna a fetine, se magna col pan ; razza de can,
ti m' à tradì,
destila la lume che andemo a dormir.
(a Parenzo).
E quando le mamme mettono a dormire i loro bambini, è il momento delle espansioni dell' amore materno, di cui un' eco soave è il seguente ritmo :
138. Benedeta 1' ora che al mondo ti son viglino, el punto, el quarto che i t' à batizà ;
sia benedeto el late che ti à bevilo, la maina che t' à rilevà ;
e benedeto el prete e '1 pievan che i t'à dà el batesiino Cristian, e benedeto el prete e '1 zagheto che i t' à dà el batezo benedeto.
(a Muggia e Isola).
Ed un' altra ninna-nanna in forma di preghiera è questa :
139. Le legno verde no le poi ardir, nana, mio ben, e no te far sentir ; no te far sentir che mi te canto, nana, mio ben, ohe mi te racomando ; te racomando a Dio e a la Madona, dormi, mio ben, che ti xe la mia coIona ; la.coIona de Dio o dei Santi,
te racomando a Dio e a tuti quanti.
(a Muggia ).
E se qualche Piccolino non vuol dormire, gli si promettono frutta e dolci, se dormirà :
140. Tonili che porta i fighi, Tonili che porta l'ila
a scondon do la mania sua a scondon de suo papà, e '1 mio picio domau li niagnarà.
(a Parenzo, Buie, Albona).
Sono rime, cantilene e strofette, che noi istriani ricordiamo volentieri, mentre un mondo di cose belle ed innocenti si affaccia alla memoria. E ricordiamo la madre nostra che ripeteva questi ritmi ai nostri fratellini, mentre noi dopo detta la messa siili' aitar formato da una cassa di aranci, con disinvoltura adattavamo i grembiuli delle nostre sorelle, che ci erati serviti da pianete, per velarle dei nostri Brighella o per brache de' nostri Arlecchini. Poiché ogni fanciullo istriano di buona famiglia deve aver avuto due giuochi speciali: l'altare e il teatrino di marionette '). Oli dolci ritmi! oli dolci cantilene'!
(Continua) Francesco Babudri.
') Vedi il V fra i sonetti, editi nel 1900 dal compianto prof. Giatian-tonio Galzìgna per Nozze Galzigna-Cardona.
L'ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA
(Cont. ; vedi A. I, N. 6-12; A. II, N. 1-12; A. Ili, N. 1-12; A. IV, N. 1-8)
N. 994. Filza atti à legge, stridori, decreti, inventari, conversioni, cedole testamentarie del 1786. Carte scritte 38. N. 995. Filza scritture della città e del territorio del 1786.
Carte scritte 77. N. 996. Filza lettere della Dominante e della Provincia del
1786. Carte scritte 77. N. 997. Fascicolo uno. Podestà Matteo Dandolo.
Citazioni della città. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1787. Carte 25. N. 998. Filza stridori, atti à legge e scritture diverse del 1787.
Carte scritte 168. N. 999. Lettere della Dominante e della Provincia del 1787.
Carte scritte 77. N. 1000. Podestà Antonio Cornei'.
Busta contenente 1) Citazioni della città Dal 1" settembre al i!l dicembre 17*8. Carte 29. 2 Lettere della Provincia del 1788. Carte scritte 12.
N. 1001. Filza stridori, decreti, sentenze à legge ecc. del 1790.
Carte scritte 191. Podestà Vincenzo Corner. N. 1002. Filza lettere della Dominante del 1790. Carte scritte 117.
N. 1003. Fascicoli nove. Podestà Zan Franc.o Manolesso.
1) Citazioni della città. Dal 24 gennaio al 30 aprile 1791. Carte 54, più due carte sciolte. 2) Cit. di fuori dei detti mesi. Carte 64, più quattro carte sciolte, 3) Cit. della città. Dal 1" maggio al 31 agosto 1791. Carte 53, più quattordici sciolte. 4j Cit. del terr. per i detti mesi. Carte 97, più una sciolta. 5; Cit. della città. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1791. Carte 27. 6) Dette per il territorio. Carte 58. 7) Extraorilinariornm etc. Dal 24 gennaio al 30 aprile 1791. Carte 90. 8) Extr. Dal 1" maggio al 31 agosto 1791. Carte 134. 9ì Extr. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1791. Carte 138. N. 1004. Filza stridori, atti à legge, decreti, cedole testamentarie ed inventari del 1791. Carte scritte 121. N. 1005. Filza scritture di dentro e di fuori del 1791. Carte scritte 194.
N. 1006. Filza lettere della Dominante e della Provincia del
1791. Carte scritte 192. N. 1007. Fascicoli otto. Podestà Franc.o Manolesso e dall'agosto Gir. Aut. Pasqualigo.
1) Citazioni della città. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1792. Carte 38,
più una sciolta. 2) Cit. di fuori per i detti mesi. Carte 60, più una sciolta. 3) Cit. della città. Dal 1" maggio al 31 agosto 1792. Carte 45, più due sciolte. 4 Cit. di fuori. Carte 72, più due sciolte. 5) Registro atti recupere. Dal inaggio al settembre. Carte 5, più sette sciolte. 6) Registro atti recupere dal settembre al dicembre. Carte 6. 7) Extraordiiiariorum etc. Dal 1 gennaio al 30 aprile 1792. Carte 123. Vi è annesso il bilancio coni, del 1792. 8) Extr. Dal 1 maggio al 31 agosto 1792. Carte 125. N. 1008. Fascicoli nove. Podestà Gir. Aut. Pasqualigo, dal set temine Piero Marco Marin.
1) Prec. e sentenze. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1793. Carte 43. 2 i Prec. di fuori. Carte 82. 3) Citazioni e sentenze. Dal 1" maggio al 31 agosto 1793. Carte 57, più due sciolte. 4) Cit. di fuori. Carte 71.
5) Cit. della città. Dal 1. settembre al 31 dicembre 1793. Carte 29.
6) Cit. di fuori. Carte 95. 7) Extraordinarioriiui e requisitoriali. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1793. Carte 118. 8) Extr. etc. Dal 1° maggio al 31 agosto 1793. Carte 118. 9) Extr. etc. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1793. Carte 108.
N. 1009. Fascio contenente :
ii) Stridori, atti à legge, decreti, atti volontari, accordi estragiu-diciali, inventari ed altro. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1793. Carte scritte 63. b) Filza stridori ecc. Dal 1" maggio al 31 agosto 1793. Carte scritte 50. c) Filza stridori ecc. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1793. Carte scritte 47. d) Filza scritture di città. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1793. Carte scritte 44. e) Filza scritture di fuori. Carte scritte 34. f) Filza scritture di città. Dal 1" maggio al 31 agosto 1793. Carte scritte 37. g) Filza scritture di fuori. Carte scritte 31. li) Filza scritture di città. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1793. Carte scritte 31. i) Filza scritture di fuori. Carte scritte 20. I) Recupere dal 1" maggio al 31 agosto 1793. Carte scritte 6. N. 1010. Fascio contenente :
a) Filza lettere della Dominante : Dal 1" gennaio al 30 aprile 1793. Carte scritte 68. b) Dette. Dal 1" maggio al 31 agosto. Carte scritte 65. c) Dette. Dal 1" settembre al 31 dicembre.. Carte scritte 35. d) Filza lettere Provinciali. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1793. Carte scritte 27. e) Dette dal 1" maggio al 31 agosto. Carte scritte 35. f) Dette. Dal 1" settembre al 31 dicembre, Carte scritte 31. N. 1011. Fascicoli nove. Podestà Marin Badocr.
1) Citazioni e sentenze di città. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1794. Carte 35. 2) Cit. ecc. di fuori. Carte 87. 3j Cit. ecc. città. Dal 1" maggio al 31 agosto 1794. Carte 56. 4'j Cit. ecc. di fuori. Carte 100. 5) Cit. ecc. città. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1794. Carte 45. 6) Extraordiiiariorum etc. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1794. Carte 108. 7) Recupere. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1794. Carte 12. 8) Recupere. Dal 1" maggio al 31 agosto 1794. Carte 11. 9) Recupere. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1794. Carte 6.
N. 1012. Filza scritture del 1794. Carte scritte 78.
N. 1018. Filza lettere della Dominante e della Provincia del
1794. Carte scritte 90.
N. 1014. Fascicoli cinque. Podestà Michele Minotto.
I i Citazioni della città. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1795. Carte 63. 2) Cit. di fuori. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1795. Carte 155. 3) Registro recupero I Quadrimestre 1795. Carte 15.
II Quadrimestre. Carte 5. Ili Quadrimestre. Carte 7.
N. 1015. Busta contenente:
a) Filza lettere della Dominante. Dal 1" settembre al 31 dicembre
1795. Carte 29. b Filza scritture di fuori. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1796. Carte 29. c) Filza scritture di fuori. Dal 1° maggio al 31 agosto 1796. Carte 31. d) Carte sciolte 25.
N. 1016. Fascicoli dodici. Podestà Michiel Minotto, dal settembre Francesco Alinorò Balbi.
1) Citazioni di città. Dal 1 gennaio al 30 aprile 1796. Carte 73.
2) Cit. di fuori. Dal 1" gennaio al 30 aprile. Carte 111. 3) Cit. di città. Dal 1° maggio al 31 agosto. Carte 66. 4) Cit. di fuori. Dal 1° maggio al 31 agosto. Carte 84. 5i Citt. di città. Dal 1" settembre al 31 dicembre. Carte 40. 6) Cit. di fuori. Dal 1" settembre al 31 dicembre. Carte 82. 7) Extrnordinariorum liber di carte 123. Dal 1" gennaio al 30 aprii? 1796. 8j Extr. di carte 174. Dal 1" maggio al 31 agosto. 9. Extr. di carte 134. Dal 1" settembre al 31 dicembre. 10) Ree il pere. Dal 1» gennaio al 30 aprile 1796. Carte 6. 11) Ree. Dal 1" maggio al 31 agosto. Carte 7. 12 Ree. Dal 1" settembre al 31 dicembre. Carte 7.
N. 1017. Busta con due filze stridori, atti à legge, decreti, cedole testamentarie, inventari ed accordi. Dal 1" maggio al 31 dicembre 1796. Carte 142. N. 1018. Busta con quattro ■ filze scritture di città e di fuori
del 1796. Carte 147. N. 1019. Busta contenente lettere della Dominante e Provinciali dell'anno 1796. Carte scritte 159. N. 1020. Fascicoli tre. Podestà Frane. Al inorò Balbi fino al nuovo governo 17 giugno 1797.
a) Citazioni della città II quadrimestre 1797. Carte 59. b) Registro lettere dell'Ecc.mo Magistrato alla sanità dal dicembre 1796 al maggio 1799. Carte 23. Vi è annesso un foglio dimostrativo le persone addette all' ufficio di sanità di Capodistria, più altre 5 carte sciolte, c Protocollo terminazioni e decreti del 1797. Carte 2.
N. 1021. Filza carte requisizioni francesi 1796 e 1797. Carte scritte 82.
N. 1022. Un volume lettere alle Superiorità locali. Dal 16 giugno 1797 al 26 febbraio 1799.
N. 1023. Repertorio indicativo il contenuto de decreti e lettere dell'Ine. Governo di Capodistria, dell'Eco. Sup. Tribunale di Sanità di Venezia, di quello di Trieste e dei tribunali di Capodistria. Dal 1797 al 1805. Carte scritte 38.
N. 1024. Filza stridori, decreti, inventari, cedule testamentarie ed altro delli mesi Gen. Febr. Mar. Apr. 1798. Carte 215.
N. 1025. Fascicoli sei. Gio. Bat. Conte Fini Pola assessore.
1) Extraordiiiariorum liber di carte 128. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1799. 2j Extr. di carte 183. Dal 1" maggio al 31 agosto 1799. 3 Extr. di carte 161. Dal 9 settembre al 31 dicembre 1799. 4) Redigere I Quadrimestre del 1799. Carte 7. 5) Ree. II Quadrimestre. Carte 14. 6) Ree. Ili Quadrimestre 1799. Carte 7.
N. 1026. Filza stridori, atti à legge, decreti, cedule testamentarie ed altro del ' 799. Carte scritte 260.
IV. Documenti che riguardano più particolarmente 1' amministrazione della Comunità.
Armadio M.
N. 1027. Libro di Bollette. Dal 25 febbraio 1460 al 24 aprile 1464.
Il libro è senza cartoni, ha carte 1-81 ed è monco.
N. 1028. Ordini di pagamento. Dal 13 ottobre 1503 al 18 agosto 1515.
Un libro senza cartoni che incomincia colla carta 7 e va lino alla carta 237. Le prime 3 carte non sono numerate e contengono l'indice delle bollette, seguono 3 carte in bianco; mancano le carte 190 e 191.
N. 1029. Libro di bollette. Dal 1" settembre 1515 al 1" maggio 1528.
Il libro è legato in pergamena, è segnato K ed ha carte 239.
N. 1030. Libro di bollette. Dal 1° giugno 1538 al 25 giugno 1546. E segnato >1, è legato a fascicoli, senza cartoni ed ha carte 198. Annesso vi è il libro di Iacopo Costantino sotto il podestà Ant. Marcello, di carte scritte 22, dal 1544-1546. N. 1031. Libro di bollette segnato N. Dal 26 aprile 1546 al 4 giugno 1555.
È legato in pelle ed ha carte 187. L' amanuense fra altro scrive nella prima carta in bianco il seguente logogrifo :
Cum caput est, eurrit, ventri coniunge, volabit Adde pedes, comedi* et sine ventre bibis (Mus-ea-tum In fine del libro vi sono 14 carte appartenenti ad altro lil)ro, dal 1" settembre 1537 al novembre 1538, numerate da 160-173.
N. 1032. Altro libro, segnato 0. Dal 2 maggio 1556 al 14 marzo 1569.
E legato in pelle ed ha carte 296. Nel frontispizio sta scritto. Liber O, in quo registrantur bullete, ineeptuni anno MDLVI sub aureo regimine Mag', et ci.mi D. Ioannis Petri Bembo. Existente me Hieronimo Gavardo sindicatus cancellano. N. 1033. Fascicolo intitolato: Libro della Camerlengaria de Comun tenuto e administrato per mi Tiso Lugnan q. Manferdin. Dal 2 agosto al 1° dicembre 1568. Carte 16. N. 1034 a) Libro bollette. Dal 19 aprile 1569 al 29 settembre 1585.
Il libro è senza cartoni ed ha carte 172 ; le due prime sono alquanto lacere, da piccoli brandelli si rileva la mancanza di altre tre carte.
N. 1034 b) Libro bollette della Camerlengaria dal 1586 al 1599.
Libro legato in pelle di carte scritte 149. Nella prima carta 11011 numerata sta scritto : Libro segnato Q. principiato soto me Lud.o Lochi cancel. del sinil, deputatto per il Cl.mo 1'. Thomaso Contanti dig.mo Podestà et Cap.o di Cap.a in luogo de mi Iac.o del Bello nel qual si reg.no le bolette Camerlengaria ! In fine del libro vi è una carta sciolta appartenente ad un libro di consigli del 1500. N. 1035. Libro legato in pelle del 1571.
Nella prima carta sta scritto : In questo libro si contengono debiti et crediti di questa spettabile Comunità, li capitali del estimo universale con l' opere et tanna et pagamento de guardiani scritto ile mano de mi Iacorno Baronzini. Sindici Iacobo Hello e Ioanne Victori. Ha carte 218, delle quali scritte 212.
N. 1036. Altro libro senza cartoni. Dal 1578 al 1580. Carte scritte 59.
N. 1037. Libro di costituti straordinari che riguardano la riscossione delle tasse, la concessione di appalti, le disposizioni per i pescatori, beccari ecc. 1581-1583. E legato in cartoncino, segnato A ed ha carte 185.
N. 1038. Libro bollette. Dal 24 luglio 1599 al 5 aprile 1618.
E legato in pelle ed ha 250 carte.
N. 1039. Altro libro legato in pelle. 1600-1669.
Ha circa 100 carte corrose, guaste e per la massima parte illeggibili. N. 1040. Ordini di pagamento. Dal 3 maggio 1607 al 30 aprile 1608. Marin tìradenigo Podestà, Nicolò Gravise cavaliere ed Ant. Sabini Sindici.
Fascicolo di carte 30. Annesso vi è un fascicolo di carte 11 intitolato : Danari spesi et scossi per conzar el campami et altro per mi Guglielmo Gavardo V. Sindico.
N. 1041. Ordini di pagamento. 1618-1625.
Il libro è legato in pelle ed ha carte 192. In bianco sono le seguenti
carte : KM5, 28-32, 37, 45-48, 49-54, 56 e 57, 59-62, 65, 67-70, 71-74, 75-84, 98, 165-168, 177-180, 1*2, 188-192. N. 1042. Libro delle spese della Comunità. Dal 1" gennaio 1618 žil 30 aprile 162.;5.
E legato in cartoncino ed ha carte 87. Le ultime 4 carte legate a rovescio riguardano gii averi del Monte. 1609-1613. N. 104:3. Ordini di pagamento. Dal 2 agosto 1625 al 23 aprile 1631. li libro è segnato A, è senza cartoni ed ha carte 196.
N. 1044. Bollette di Comunità. Dal 1" maggio 1632 al 4 gennaio 1633.
Fascicolo di carte 47. In bianco sono le carte : 4, 6, 8, 11, 17, 19, 23, 25, 27-29, 38 e 39, 41, 43, 46 e 47. N. 1045. Ordini di pagamento. Dal 17 aprile 1633 al 29 marzo 1647.
Libro legato in pelle di carte 329. N. 1046. Libro delle spese di Comunità. Dal 9 maggio 1635
al 31 agosto 1647. Carte 251. N. 1047. Libro intitolato Fiera franca. Dal 31 agosto 1642 all'11 settembre 1789.
E legato in pergamena ed ha carte 61. Annesse vi sono una ducale del 1768 e 2 carte sciolte del 1793 che trattano del medesimo argomento.
N. 1048. Libro di formato grande, segnato B, una volta rivestito di pergamena, contenente le tasse riscosse nel 1655 e 1656. Carte 20.!). N. 1049. Libro «de bollette che si pagano a tutti li salariati di questa spettabile Comunità» legato in pergamena, segnato D. D., di carte 366. 1657-1679. N. 1050. Libro legato in cartoncino intitolato Bollette del Seminario. Dal 31 marzo 1676 al 15 agosto 1743. Carte 127. N. 1051. Fascicolo pertinente ad un libro di affittanze e concessioni d'asta, di carte 41. Dal 1" luglio 1687 al 4 maggio 1701.
N. 1052. Bollette di Comunità. Dal 28 ottobre 1698 al 28 aprile 1706. Libro in cartoncino segnato C. C. C. di carte 67. N. 1053. Libro di affittanze. Dal 19 marzo 1702 al 12 dicembre 1756.
Il libro è senza cartoni, ha carte 275 e incomincia colla pagina 48. In fine vi è una specifica degli affitti attivi a credito della Comunità. C. 2.
N. 1054 a) Libro di costituti straordinari. Dal 6 maggio 1703 al 28 aprile 1722. E legato in cartoncino ed ha carte 134.
N. 1054 b) Libro di costituti straordinari. Dal 1" maggio 1722 al 28 ottobre 1733.
Il libi-o è segnato 15, è senza cartoni ed lia carte scritte 172. N. 1055 a) Ordini di pagamento. Dal 7 maggio 1706 al 29
maggio 1742. Libro legato in cartoncino di carte 134. N. 1055 b) Libro di costituti straordinari. Dal 4 maggio 1732 al 29 dicembre 1751.
Il libro è legato in cartoncino ed è segnato ('.
N. 1055 c) Costituti straordinari. Dal 30 dicembre 1731 al 1" maggio 1765.
Libro legato in cartoncino, segnato I), di carte 159. N. 1056. Ordini di pagamento. Dal 30 maggio 1746 al 29 aprile 1765.
labro legato in cartoncino di carte 97.
N. 1057. Cassa della Comunità. 1748-1769.
Libro legato in pergamena di carte 190, delie (piali sono scritte 118. N. 1058. Libro affittanze. Dal 2 aprile 1758 al 17 luglio 1805. Carte 146.
N. 1059 a) Libro delle saline ricuperate l'anno 1759.
Libro legato in pergamena ili carte 77. delle (inali 45 scritte. Dal 23 maggio 1759 al 22 maggio 177(>. N. 1059 b) Costituti straordinari. Dal 9 maggio 1765 al 1°
maggio 1778. Il libro è segnato E ed ha carte 225. N. 1060. Fascicolo affittanze di carte 84. 1771-1791. N. 1061. Vacchetta di Cassa della mag.ca Comunità di Capodistria. 1771-1794. Carte scritte 186. N. 1062. Costituti straordinari della Comunità. Dal 15 maggio
1776 al 30 maggio 1781. Carte 70. N. 1063. Bolletario della Comunità. Dal 1" maggio 1777 all'8
gennaio 1783. Carte 76. N. 1064. Costituti straordinari riguardanti il prezzo del vino, della carne, dell'olio ecc. Dal 1" giugno 1781 al 22 ottobre 1783. Fascicolo di carte 29. N. 1065. Ordini di pagamento o Bollettario della Comunità.
Dall'8 gennaio 1783 al 30 aprile 1789. Carte 69. N. 1066. Giornale con annotazione de' debitori contribuenti gli affitti per li pascoli Corneria et il dazio e acconciapelli. Dal 1° marzo 1783 al 1790. Carte 47. X. 1067. Costituti straordinari. Dal 15 settembre 1783 al 25
febbraio 1792. Carte 105. N. 1068 a) Ordini di pagamento. Dal 23 maggio 1789 al 6 ottobre 1796. Carte 106.
N. 1068 b) Costituti straordinari. Dal 23 marzo 1792 al 26 ottobre 1814. Carte 128 più 3 sciolte.
N. 1069. Bollettario della Comunità. 1796-1800. Libro di carte 89.
N. 1070. Libro di carte 221 del 1798 e 1799.
In questo libro si contengono varii progetti e scritture degli ossequiosissimi sindaci deputati Agostino conte Bruti ed Orazio Marchese Gravisi. Nel frontispizio sta scritto : In questo libro si coiiten varie scritture sopra differenti materie estese dal C. Agostino Bruti, nel primo anno del suo sindicato. Essendo egli nel medesimo tempo anche Presidente del consorzio de' sali ed essendo stato incaricato di scrivere anche su di questo argomento, sono aggiunti sidla fine del libro i rapporti da esso prodotti all' Inc. Vice Intendenza delle Finanze.
( Continua) Prof. F. Major.
BIBLIOGRAFIA
Elda Ciancili, Alberto Cantoni, Trieste, Stabilimento Tipografico Giovanili Balestra, 190(> ; (pp. 143 .
Un libro, come questo, che intende fare una sintesi dell'opera d'uno scrittore, attivo per circa un trentennio, dovrebb' essere essenzialmente un libro di critica : qualunque sia il metodo preferito dall' autore, qualunque sia la cornice entro la quale egli ami chiudere la sua tela. Troppo scarsa è qui invece la critica, e perchè troppo genericamente laudativa e perchè 11011 sorretta da principi fondamentali sicuri nè guidata da una penetrazione acuta e profonda. Dell'umorismo p. e. non è chiaro che concetto abbia 1' autrice, poiché vede un tratto «di finissimo umorismo» : «un altro di questi tratti», p. 33) in una «caustica (?) osservazione» del Cantoni. con la quale egli soleva «abbattere la fierezza del vanto» contenuto nel suo anagramma «Nato con libertà»; e l'osservazione è questa: «Io la libertà la ho portata nascendo con me, nel no * e». Io ci vedo uno scherzo si e no spiritoso, non ci vedo un gran che di «finissimo umorismo».
«Molto amava la musica ma era difficile a contentarsene, profondamente italiano di gusto anche in quella» (p. 31 , : che senso ha questa frase? «Profondamente italiano idealista», si dice un po' più in là (p. 34): di nuovo, che vuol dire? Eorse che carattere specifico degl' italiani è d'essere idealisti e, in musica, di difficile contentatura?
Il Cantoni è stato, certo, un grande artista e un forte pensatore. Non è però detto eh' egli abbia sempre ragione e che parecchi suoi giudizi e paradossi 11011 abbisognino di revisione e non diano luogo a confutazione. «Era filosoficamente sicuro che nessuna critica avrebbe corrisposto al candore delle sue intenzioni, e che, oro e sabbia, tutto va travolto nel pelago senza lasciar traccia» (p. 10) : oh no, e' è della sabbia che riesce
a tenersi a galla ma presto o tardi va a t'ondo e e' è dell' oro, condannato, forse, a brillar sempre solitario nel fondo e a non venir mai a
galla : ma c' è anche oro che resta perennemente alla vista di tutti e.....
se ciò talvolta non fosse, provatevi un po' a discutere per convincere voi ed altri che abbiamo ragione di rammaricarcene come d' un torto fatto all' umanità, la quale produce manifestamente più che non richiedano i suoi bisogni ed è in grado di produrre sino all' infinito !—«Guai al mondo se per correggere qualche vizio di forma, dovesse rinunciare al carattere ben personale della sua poesia » (p. 23), dice il Cantoni alla stessa Gianelli; e a p. 126: «Dite sempre la verità, e ditela nel preciso modo come la sentite o come la vedete, e non importa un fico secco che questo modo sia rapido e largo, ovvero lento e minuzioso. Basta che sia il modo vostro» : se bastasse ! K appena la metà della sentenza. Quel «modo» conviene che sia anche efficace, ed efficace non è che il modo esteticamente migliore. Ah, credete che sarebbe stata la stessa cosa, per la fortuna dell' Orlando Furioso o de' Promessi Sposi, licenziarli alla stampa nella lor redazione definitiva o con tutte quelle pagine che ne' manoscritti seguano ancora uno stadio arretrato del lavoro di lima? C'è un po' di differenza fra il sonetto nuziale di un segretario comunale, poeta improvvisato (e che pure ha un modo d'esprimersi «tutto suo») e un'ode di Giuseppe Parini ! — Ancora un esempio: «Se non ci fosse stato il male, via, siamo giusti, nemmeno si avrebbe inai saputo che cosa fosse il bene» (p. 101). Bravo! come se (lasciamo andare il sapere, eh' è una magra consolazione i, come se fosse indifferente sentire (/li effetti del bene o del male !
Il disegno del libro è piuttosto inorganico : le notizie biografiche, le osservazioni psicologiche ed estetiche, i richiami e i confronti coi tempi e con gì' indirizzi letterari dominanti sono sparsi obbedendo ad un' associazione d' idee troppo labile e capricciosa. Nel riferire via via il contenuto degli scritti del Cantoni 1' autrice s' attiene per lo più al semplice profilo, il quale viceversa, per soverchia rapidità e brevità, non sempre le riesce completo.
Riguardo alla veste, dirò così, stilistica io non avrei da mutare un'ette alle parole che il Cantoni stesso rivolgeva alla Gianelli fin dal 1889, a proposito d' un suo volume di poesie. Il Cantoni le raccomandava di «andar adagio» prima di publicare e di «curare un po' più la t'orina», desiderava «una mi upre indeterminatezza di linee» e «una piti severa precisione di disegno», «un po' più di chiarezza e un po' più di sobrietà», le augurava di apprendere da un paziente lavorio di lima «a mutar bene, qua una parola ripresa, là una figura arrischiata od una parentesi involuta, più su qualche zeppa di soverchi aggettivi, più giù qualche fantasmagoria troppo diafana, troppo evanescente e non ancora condotta a venustà di poema» (p. 23 sg.) o di espressione veramente artistica, dirò io in questo caso. Le ineguaglianze d' intonazione sono ancora frequenti, chè si passa dall' enfasi declamatoria di un necròlogo in tribuna al discorrere umile e pedestre d' un cronista di giornale. Per accentuare la operosa lentezza del Cantoni nell' ideare e condurre a termine i suoi libri, si dice eh' egli «impiegava una lunga e minuziosa elaborazione che lo snervava» ecc. Lo snervarsi non sarebbe di certo stata la miglior garanzia per la felice riuscita
del libro. — Milano. Treves).
11 nostro direttore Signor Domenico Veni uritti public« in estratto dagli Atti e Memorie.» di Parenzo un suo lavoro su Tomaso Tarsia, dragoma no (/rande della Republica Veneta. Ne riparleremo quanto prima.
Recenti publicazioni dell'egregio nostro collaboratore Ferdinando
Pasini :
III crassiora ini/mia, in II Messaggero, Rovereto, 11 agosto 1906 (per dementino Vannetti, contro alcuni giornali tirolesi).
Alberto Cantoni, in L'Alto Adige, Trento, 25 agosto 1906 (a proposito del recente libro di Elda Ciancili sul Cantoni di cui il P. si occupa anche nelle nostre Vagine Istriane, IV pg. 274).
La questione universitaria, in II Messaggero, Rovereto, 4, 5, 6, 7 settembre 1906 (quattro articoli: I II, Ricapitolando e rettificando; III, I diplomi ottenuti nel Regno ; IV. L' ultima cattedra italiana a Innsbruck, con appendice).
Domenico Venturini, direttore — Carlo Priori, editore e redattore responsabile. Štab. Tip. Carlo Priora, Capodistria.