ANNO XXI. Capodistria, 1 Marzo 1887. N. 5. LA PROVI DELL'ISTRIA Eie» il 1* ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 8; semestre • quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si riceTono preno la Redaiiont. Articoli comunicati d'interesse generale li stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franeo alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Istituto di Credito Fondiario Istriano (Dall' „ Osservatore Triestino" del 17 febbraio p. p. parte comm.) Il resoconto e bilancio di quest' Istituto per l'anno 1886, che teniamo sott'occhio, offre un quadro esatto e chiaro del progressivo favorevole suo sviluppo e della sua importante e benefica operosità nella vita economica dell' Istria. Durante l'anno decorso lo stato delle rispettive Lettere di pegno in circolazione si è aumentato di fiorini 251.400, cioè da fiorini 2.181,500- — a filini 2.432,900- — mentre mediante estrazione ne furono estinte per fior. r51,200-— per cui ne rimase un saldo di fior. 2.381,700' — in circolazione. A fronte di questa somma esistono prestiti ipotecarli nell'ammontare di fi. 2.436,000 i quali sono intavolati sopra case e fondi, che rappresentano un valore di stima di f. 6.312,982-031|2. Già negli anni decorsi abbiamo specialmente menzionato, che 1' istituto di Credito fondiario istriano si è sopratutto prefisso lo scopo di porre del denaro a disposizione dei minori possidenti e eh' esso sia rimasto costantemente fedele al suo programma lo dimostra il seguente quadro, annesso al suo rendiconto per lo scorso anno, che constata essere stati erogati : 628 mutui da fi. 200 a fi. 500 433 » » » 600 » » 1000 206 » » » 1100 » » 2000 96 » » » 2100 » » 3000 39 » » » 3100 » » 4000 24 » » » 4100 » » 5000 45 » » » 5100 » » 10,000 13 » » » 10,100 » » 15,000 7 mutui da fi. 3 » » « 3 1 2 » » » » oltre a e che in conseguenza 15,100 » » 20,000 20,100 » » 30,000 30,100 » » 50,000 50,100 » » 70,000 70,000 i mutui sino a fi. 10,000 ammontano oltre ai fi. 1.700,000, cioè più che a due terzi del complessivo prestito ipotecario. Per quanto riguarda le lettere di pegno dell'Istituto di Credito fondiario istriano, esse incontrano il favore sempre crescente del pubblico capitalista, nel quale, come è noto, esse furono introdotte da questa Filiale dello Stabilimento di Credito, alle cui valide cure è esclusivamente affidata la loro vendita. Il listino ufficiale di Vienna delli 31 Dicembre 1886 segna per queste Lettere di pegno un prezzo solo e precisamente fi. 102°|0 denaro, ciò che dimostra assai chiaramente come sia ben classificato questo valore. Religione e patria Riportiamo anche noi la splendida e commovente orazione, modello di eloquenza religiosa e civile, pronunciata da Monsignor Bonomelli vescovo di Cremona, in occasione dell'ufficio funebre celebrato in quella città pei soldati d'Italia morti sulle sabbie africane, lasciando memoria imperitura del prodigioso loro valore. „ Signori Ufficiali e Soldati, „ Fratelli e Figliuoli miei, „L' austera maestà del sacro rito, le preghiere, i cantici e le flebili armonie, che or ora echeggiavano sotto queste volte auguste; la vista di questo funebre drappo, di queste corone d'alloro, di queste armi, di questi trofei militari ci riempiono P anima d'una mestizia profonda e indefinibile, e più che a parlare ci invitano a meditare in silenzio. Eppure un assoluto silenzio, ora, in questo luogo, alla vostra presenza, mi peserebbe sull' anima come un fallo, come un rimorso, e mi parrebbe quasi di lasciar muta la cara e commovente cerimonia. Dunque parlerò, ma, rammentando che parlo specialmente a soldati e di soldati, sempre parchi nelle parole, ma ricchi e generosi nell' opere, mi studierò di imitarli e sarò brevissimo. «Sull'ali del pensiero noi siamo là sull'adusta terra africana, dove da tre anni ondeggia al vento la nostra bandiera : alle spalle il mare ; di fronte, da lungi, levano verso il cielo e nascondono tra le nubi la superba lor vetta le aspre e dirupate montagne di Abissinia; la pianura si stende intorno ondulata, melanconica, arida e deserta. Il mattino del 26 gennaio una schiera di giovani soldati (e-rano cinquecento), lieti e giulivi, ignari della imminente catastrofe, attraversano quella landa, pensando forse ai colli ameni, alle ridenti spiaggie e ai domestici focolari della patria, tanto più cara quanto più è lontana. «Ecco da lungi, a filo dell' orizzonte, levarsi un nugolo di polvere ; ecco, veloci come aquile, precipitarsi onde di cavalli e manipoli di fanti addensarsi gli uni sugli altri, chiudere la via e accerchiare la nostra piccola schiera. Siete pochi, o giovani soldati : uno contro dieci, uno contro venti, su terreno infido, lontani da' vostri : indietreggiate, fuggite, salvatevi!... È un pugno di giovani, che per la prima volta veggono il nemico, colti all'impensata, ma è un pugno di eroi, e gli eroi non conoscono la via della fuga. Si fermano, si ratte-stano, si stringono, si raggruppano intorno alla loro bandiera, brandiscono le armi, e in mezzo alle urla selvaggie, al grandinare delle palle, sono là ritti e per alcune ore sostengono e ributtano i replicati e furibondi assalti di quelle orde ferocissime. «Spettacolo sublime! Non 1111 grido che accenni alla fuga, non un solo passo indietro : là dove la voce del dovere, la parola del duce li ha collocati, là stanno e pugnano, e là col petto sempre volto al nemico ad uno ad uno cadono quei prodi, vera progenie dei vincitori di Lepanto e di Legnago ; i quali tutti eran figli dei campi ! L'impàvido loro-duce, coperto di ferite, e di sangue, valtosi ai pochissimi che gli stavano ai fianchi : «Figliuoli, disse con voce risoluta, salutiamo i fratelli caduti, persentiamo l'armi, e moriamo con essi." E tutti morirono!... Signori, se questa è una sconfitta, ù ignoro che cosa sia la vittoria. Il nemico stesso stupefatto a tanto valore, atterrito, lasciava que campo, quasi confessando col fatto che i veri vincitori erano quei giacenti. Poco appresso accorrevam i fratelli, e in mezzo agli uccisi, rinvenivano ancori alcuni feriti, dal nemico creduti morti ; e son quest: i soli testimonii di quella pugna memoranda, ch( mostra ancora una volta al mondo che l'antico valore Negli italici cuor non è ancor morto „Le mani pietose dei fratelli raccolsero quei corpi trafitti, squarciati, disfigurati, stringenti ancora in pugno le armi, e piangendo li composero in una tomba comune. Essi, quei gagliardi, dormono là in quella terra straniera, ma che ora non è pii straniera, perchò, bagnata dal sangue di quegli intrepidi figli d'Italia, è terra nostra, appendice della patria comune. Essi, quei generosi, dormono là presso alle palme, sul campo della loro gloria, nel silenzio sì solenne e sì sublime del deserto, sotto l'occhid di Dio. La croce getta la soave sua ombra su quel tumulo venerato ; e la Religione, la Chiesa vi stende sopra le sue ali amorose, e su quei forti invoca U pace dei giusti e domanda per essi la luce eterna, La Chiesa li riconosce, li proclama suoi figli, ( a ragione. «Essa li rigenerò nel battesimo ; Essa impresse sulla loro fronte il segno della croce, e li unse (' consacrò col crisma della salute ; Essa li crebbe e nutrì sul suo seno ; Essa li vide tante volte affolj larsi ne' suoi tempi, inginocchiarsi e pregare a pie' dei suoi altari; Essa li vide accostarsi alla mensj degli angeli; li vide per obbedienza veleggiare a quei remoti lidi e, vittime del dovere, soccombe^ sotto il ferro nemico. Ah ! quei cari giovani, usciti quasi tutti dal popolo delle campagne, ancora s pieno di fede, in quei momenti supremi e terribili allorché videro inevitabile la morte, certamente peni sarono alla patria, alla famiglia, ai genitori, ai fri telli, alle sorelle, alla chiesa del villaggio, doli fanciulli pregarono e fecero la prima comunione I tante volte si confessarono : vi pensarono, desidera rono di morire coi conforti della religione, e qui Dio, che guarda ai cuori, accolse i loro desideri I gradì il sacrificio del dovere. «Sia pace dunque, sia onore, sia gloria a qui magnanimi figli, che fecero maravigliare l'Eurol colla loro .disciplina e col loro eroismo. «Mentre la Chiesa prega per essi e li beni dice, la Patria, sollevando alteramente la fronti con legittimo orgoglio addita quella tomba a tutti i suoi figli, sicura che, se un nemico qualunque un giorno si presentasse sulle sue frontiere, in tutti i suoi soldati essa troverebbe gli emuli e i degni fratelli degli eroi di Dogali. Mirabile cosa ! Una sventura, se questa è sventura, alita su tutta la Penisola un soffio potente di vita e di entusiasmo, scuote le fibre, sopisce i dissidii e unisce tutti i cuori nel sentimento della pietà, nell' amore della patria. „0 Dio di misericordia, accogliete nel vostro seno, negli splendori della vostra gloria questi giovani eroi, che credettero, che sperarono in Voi; che vi onorarono, e temperate, lenite il dolore dei padri e delle madri, che piangono desolate sui figli estinti. " S. MARIA DEL POPOLO FUORI CITTANOVA ') (DOCUMENTI) Ser.mo Prencipe La Chiesa della B. Y. del Popolo ossia delle Grazie fuori delle mura di Città-Nova con piccolo Ospizio di Ius patronato della Città ne' tempi più rimoti era officiata da R. P. Domenicani, quale atteso il di lei abbandono fu concessa alla Serafica Religione con parte presa dallo Spett. Cons. sotto li 8 aprile 1725, pnte. il pub.o Rapp.e che poi ne decretò il possesso sotto li 15 di d.o mese 1726 ad oggetto che cominciar dovesse l1 offiziatura di d.a Chiesa tanto necessaria e di beneficio spirituale agli abitanti di d.o loco. Affine ài presentarsi nel quieto possesso di d.a Chiesa onde cominciare la celeb.ne de' S. S. Sacrifizj et Ofticiatura della d.a Religione assunta fin dal tempo che gli fu concessa, che senza intenzione alcuna fu da essa continuata. Ricorrono li R. R. P. P. Francescani Officiatali a piedi di Y. S. e divotamente implorano la confirmatione di d.a parte e Pub.o di sopranominati, quali con li loro Sacrifizj s' impegneranno sempre più di dar maggior gloria .il Divin Culto coli1 essere di profitto a que' Popoli, oltre di porgere preci all' Altissimo per la esaltazione di qu.o Augusto Governo. 1755, 9 Sett.bre Che sia rimessa a Savj Marc' Antonio Mocenigo Anzolo Marcello Ant.o Condulmier Zuanne Gritti Alvise Magno Ant.o Lor.o Seg.o Il Pod.a di Città Nova imp.o le Leggi E sia data a Consultori Informatione "Hebbe principio la fondatione dell' hospitio o conventino della Madonna del Popolo ossia delle Grazie fuori delle porte di Cittanova in Istria dallo zelo et pietà del P. F. Pietro Rizzi da Venetia dell'Ordine di S. Domenico con licenza della Sede Apla. et dell' Ecc.mo Senato circa l'anno 1464 et dalla nota di beni estratta da un ') Continuazione e fine vedi n. 3. libro antico esistente appresso i P. P. di Capodistria dell'istesso ordine apparisce come per via di elemosine procurate con diligenza et administrate con fedeltà de' P. P. di quel tempo et principalmente dal P. Giov. Batt. di Capodistria non solamente bastarono a mantener li P. P. introdotti, ma avanzando al vitto et vestito loro servirono a far qualche aquisto et stabilire qualche poco di dote in quel piccolo Conventino. Per molti anni habitarono i P. P. Domenicani quell'hospitio et officiarono la Chiesa, ma per l'infetione dell' aria o perchè ostavano le sacre constitutioni non essendo capace che di soli tre o quattro Religiosi, o perchè li obbligò ritirarsi la povertà del luoco essendo ridotta la Città ad essere ricovero di pochi pescatori, i Pri. abbandonarono la chiesa per esser cadente, li beni in pascoli ed il convento in stalla d'animali. Mons. Vesc. Tomasini in una sua Relatione fatta nella visita dei Sacri Limiti diede conto alla Sacra Congreg.e del ritiramento de' Padri, dello stato della Chiesa e del Conventino, e gli fu risposto con li 13 Agosto 1650 che l'Em.o loro l'avrebbero procurato, che il P.re Gen.le avrebbe mandato numero sufficiente di Religiosi a riempire quel luogo, ma non comparve mai alcuno, anzi in una copia d'altra Relatione di Mons. Brutti mio precessore — 1675 — si dice aver risposto che restava a dispositione dell' Ordinario, non ho però veduto tal risposta, ma bensì trovo una lettera del P. Leonoro Rizziandi Provinciale — 1662 — con la quale ringratia il Prelato di Cittanova dell' instanza fattagli di mandar Religiosi alla custodia di detto luogo et in fine soggiunge poter sua Sig.a 111.ma usar quell' Ius che gli viene concesso et del S.o Conc. di Trento et delle stesse Bolle Pontificie. Onde per non mancare il Prelato alle sue parti l'anno 1669 Mons. Vesc. Darmini consegnò la Chiesa hospitio et beni a Fra. Bartolomeo Cigalla et a due pre. compagni et poi ad altri eremiti ; ma terminata con la loro morte la custodia ed amministrazione fu sostituito un canonico della Cattedrale, ma perturbata l'intentione del Prelato dagli attentati di quella comunità restò vacante un' altra volta, et in tempo di sede vacante, che durò quasi cinque anni s'introdusse ma senza canonica investitura il P.e Giorgio Bartovan sacerdote del 3.o ordine di S. Francesco e partito questo fu posto il P.e Zuane Dobrillovich dell'istesso Ordine, il quale fin' ora continua la custodia et ufficiatura della chiesa, l'abitazione et conservatione dell' hospitio et la coltura dei beni con edificatione degli abitanti provedendo a quanto bisogna., Questa Informatione venne scritta da Mons. Vescovo Gabrieli, il quale resse la nostra Diocesi dall'anno 1684 al 1717. La copia fu tratta dalla Miscellanea dell'Officio parocchiale di questa Città. Debbo però fare un appunto a quanto si dice nella riportata Informatione; cioè che reputo un po'esagerato l'asserto essere stata in que' tempi Cittanova un ricovero di jpochi pescatori, mentre il Tommasini che scrisse prima del Gabrieli dice che nel 1630, dopo la fierissima peste, di cento case di cittadini ne rimasero sette, e di duecento di plebei e campagnoli si ridussero a venticinque; dunque erano ad ogni modo plebei campagnoli e sette famiglie di cittadini, non mai pochi pescatori soltanto. D. V. LUOGHI NELLA PROVINCIA DI UDINE omonimi ad alcuni dell'Istria ') Albana Cividale — Albona (Alvon) presso lo storico Arsa, m. 1000 sopra il livello del mare. Albano (Monte) S. Daniele — Albio (Monte 'AX^avòv opo?, Monte nevoso) estremità delle A. Giulie m. 1685. Brazzano, Brazzaco, Brazzà S. Daniele — Braz-zana torrente nel circ. di Montona aff. del Quieto. Buja Gemona — Buje (Bullea) presso Ca-podistria. Carpaco S. Daniele — Carpano presso Albona. Castellerio Udine — Castellier presso Ca-podistria, Visinada, ecc. ecc.2). Castelnovo Spilimbergo — Castelnovo presso Dignano ecc. ecc. Carsano (Carsaco) Tarcento — Chersano presso Albona. Cereseto Udine — Ceresara nel canal di Lente; Cerèto (Cerètum, Cerè) presso Capo-distria; Cerreto presso Albona; Cerusòle (Truscolo, Trusche) presso Capodistria. Cervara Cevrara, Cervaja, Pordenone — Cer-vèra (Cervaria) presso Parenzo. Cisterna (Cis) S. Daniele — Cisterna (Cis) al versante opposto di Oltra — corrottamente Giusterna. Dignano S. Daniele — Dignano (Attinianum Adignanum) città miglia 3 'L dall'Adriatico. Lonca Codroipo — Lonche (Loncianum Longa) presso Capodistria. Lovaia (Rovaja) Udine — Lovaria (Rovaria) presso Dignano. Maggiore (Monte) detto Matajur o Monte del Re — S. Pietro degli Slavi — Maggiore (Monte) il più alto dell' Istria m. 1394. Marco (San) Udine — Marco (San) còlle presso Capodistria ecc. Martino (San) Aviano — Martino (San) presso Pinguente, Albona ecc. Marzinis Pordenone ; Marzano S. Vito — Mar-zano presso Dignano. ') Per non dilungarci nel nominare i comuni, le frazioni, sottòfrazioni del distretto a cui appartengono i singoli luoghi nella provincia di Udine, abbiamo posto soltanto il nome della città principale alla quale va sottinteso 1' aggiuntivo di distretto. 2) Castellieri, com' é noto, si chiamano quelle abitazioni che gli uomini protostorici si formavano sulle sommità, dei monti, ed in cui, dopo averle circondate con elevazioni di terreno, si trinceravano a difesa delle belve c degli uomini stessi. I Castellieri sono spessi in Istria ; il solo territorio di Albona ne conta quindici. Primo a giudicarle rovine preistoriche fu Tomaso Luciani. Montona (Val di) Tarcento — Montona (Val di) sotto il luogo dello stesso nome. Nogarèto Nogàre S. Daniele — Nogaredo presso Verteneglio (Ortonegro); Nogara No-ghèra nella valle di Zaule. Odorico (San) Sacìle — Odorìco (San) Dolina. Oltris (Ultra) Campezzo — Oltra ( Ultra Doltra) presso Capodistria. Orsaria (Ursaria) Cividale — Orsera (Ur-saria) presso Parenzo. Pradis S. Daniele — Prade (Praterie) presso Capodistria. Pradicèlis (Pradièlis) Tarcento — Pradiziòl (Praticiuòli) presso Capodistria. Paderno Udine e Paderno d'Orsaria di Cividale — Paderno (Paternum) presso Capodistria; ecc. Padriciano (Patricianum) presso Trieste. Popècio Cividale — Popècio (Popechio) presso Castelnovo nell' Istria montana. Porpèto (Castel Porpetto) Palma — Poropàt (Poropètum) paese dei Cicci. Quirino (San) Aviano — Quirino (San) So-cerga presso Pinguente. Risano Udine — Risano (Risanimi o Rusanum Riziano, l'antico Formio o Formion) fiumi-cello presso Capodistria. Col titolo di For-mione il celebre comm. Terenzio (194-a. C.) scrisse una commedia. Ragògna S. Daniele e Flagògna Spilimbergo — D-ragogna (Argaon, Largaone) fìumicello che sorge nel circondario di Capodistria e si ^etta nel Porto Rose di Pirano. Rojàl (Rojale) Udine — Rojàl (nome antico di Canfanaro) ora piccolo villaggio appresso. Roveréto Latisana — Rovereto o Germada di Castelnovo ecc. Stregna S. Pietro al Natisone —Sdregna (Stri-donium) presso le Terme di Santo Stefano nel Pinguentino, patria di San Girolamo. Slaunico ( S. Maria di Slaunico ) Udine — Slaunico (Monte) Tajano. Topolò (Topolève) Pioppéto di Cividale — Topolo-vaz presso Buje. Tarvesio (Travesio) Spilimbergo — Terviso (Treviso) presso Pisino. Vi sin ale Visnadia Rigolato — Vicinato S. Pietro in Selve ; Visanèl presso Dignano ; Visinada presso Buje, Visignano (Vicinianum) tra Cittanova e Parenzo. Varmo Codroipo — Vermo presso Pisino. ZbT o tizi e Nella seduta comunale d'Isola, tenutasi il 12 decorso, si diede lettura di una nota della presidenza del Comune di Capodistria riguardante la protesta di quella rappresentanza contro l'opera slavizzatrice della Curia vescovile di Trieste - Capodistria. Il consiglio comunale di Isola si associò unanimemente a quella protesta seguendo così 1' esempio degli altri comuni istriani. La proposta della rappresentanza comunale di Rovereto, riferentesi all'istituzione di una completa università italiana nella città di Trieste, suona: "La cittadina rappresentanza di Rovereto, convinta dell'immenso vantaggio che le proviucie italiane dell'impero otterrebbero dalla istituzione di una completa università nella loro lingua, rinnovando una domanda già fatti altre volte, si unisce alla petizione ultimamente decretata dalla Dieta di Trieste, acciò venga istituita in quella città una completa università italiana, ed invita il consiglio comunale a redigere in questi sensi un memoriale, pregando il nostro deputato Dottor Bertolini della sua presentazione al parlamento, partecipandolo in pari tempo alla Giunta provinciale di Trieste., Nella stessa seduta il consiglio comunale di Rovereto deliberò di ascrivere la città di Rovereto quale socia perpetua della Società Pro patria. È questa una nobile risoluzione che torna di grande onore tanto al consiglio roveretano che a tutti i suoi rappresentati. Il consiglio scolastico distrettuale diramò una circolare con cui raccomanda ai maestri delle scuole popolari di dedicare una parte del loro tempo allo studio delle antichità patrie, procurandosi un' esatta notizia dei monumenti, delle monete e di altri cimelii che per avventura trovassero o venissero scoperti nel Comune a cui appartengono, dirigendo all'uopo indagini e scavi, ed illustrando gli oggetti che venissero rinvenuti. È questo un nobile eccitamento per istillare 1' amore alla patria archeologia e diffonderne lo studio a vantaggio della nostra antica civiltà. Il movimento della popolazione civile di Pola e suburbio durante l'anno 1886 fu dal 1 gennaio al 31 decembre: nascite — 885, cioè maschi 445, femmine 440; matrimoni — 176; morti — 580, cioè maschi 312 e femmine 268. — La popolazione civile di Pola, calcolata sulla base delle cifre semestrali col 30 giugno 1886 ammontava a 19366 in confronto dell' anno anteriore che era di 19166. Dai telegrammi giunti al Ministero di agricoltura risulta che il raccolto delle olive in Italia fu di 72.84'Yo del raccolto medio — corrispondente a circa 24388tì0 ettolitri di olio, per % di qualità buona, l/i mediocre. Il raccolto fu scarso specie in Liguria, nella regione meridionale mediterranea ed in Toscana. Martedì della scorsa settimana intraprese la sua prima gita il nuovo piroscafo della società Istria-Trieste denominato Quieto. Ad ogni porto della ridente nostra costa venne salutato da migliaia e migliaia di persone che ammiravano la taglia svelta ed elegante dello scafo, il quale in via normale lìla dodici nodi all' ora. Alla indefessa direzione della novella e promettente società i nostri sinceri mirallegro. Istituto agrario provinciale La Stazione agraria presso questo Istituto a-grario provinciale eseguisce gratuitamente il saggio di controllo della purezza e della finezza di macinazione dello zolfo per le viti, verso invio di un campione di circa 100 grammi, che può essere spedito per la Posta come campione senza valore. Parenzo, 26 febbraio 1887 Dall' Istituto agrario provinciale Il Direttore Cose locali La direzione della Società cittadina di navigazione, in seguito all'appello diramato il 30 giugno 1886 dalle direzioni del Civico Ospedale e dell'Asilo Infantile (V. Provincia 16 luglio 1886 e relative offerte pubblicate nei n. 14, 15, 16, 17, 22) inviò a favore del Civico Ospedale fior. 25 dell' Asilo Infantile „ 25 Totale fióri W Importi anteriori » 154.50 Totale fior. 204.50 Appunti bibliografici IL „GREVE TUONO" DANTESCO Lettera aperta al Prof. G. Puccianti Ho letto con molto piacere la sua lettera sul "Greve tuono Dantesco„ nel Fanfulla della Domenica Anno IX n. 6; e perciò da questi antri abduani, dove da diciassette anni conduco onorato l'esilio, mando per lei alla mia Provincia natia quattro parole alla buona, nella speranza, anzi nella certezza, che non le dispiacerà a proposito di tuoni il tono confidenziale. Ma forse qualche lettore dirà : che importa al rispettabile pubblico di queste controversie dantesche? Ed io pronto rispondo: ammessa la necessità di larghi studi sintetici, e di opere pensate (e di queste grazie a Dio la letteratura dantesca non difetta al nostro tempo) è desiderabile desiderabilissimo che ogni tanto compariscano nei giornali brevi articoli, e disquisizioni dantesche fatte un pò in maniche di camicia e con la spagnoletta in bocca, per pigliare così due piccioni ad una fava. Ed il primo piccioncino siamo noi professori e scrittori, i quali smettiamo così quel non so che di altezzoso che vien dalla cattedra, e non ci serriamo più in gruppi come ai tempi del Giordani per formare una casta; l'altro è il rispettabile pubblico il quale non ci guarda più con gli occhi spiritati come la vecchia del Berni il Papa, e si accalora e prende parte alle nostre discussioni, e va a dare un'occhialina a quel benedetto Dante appeso nelle scuole e poi forse dimenticato. Ed è così finalmente che anche la nostra letteratura diventa popolare secondo il voto del Bonghi. Adunque scriviamo. Dante è giunto sulla riva d'Acheronte, il nocchiero della livida palude si rifiuta di transitarlo; ma ecco un terremoto, un bagliore, Dante cade come l'uom cui sonno piglia. Così finisce il terzo canto ; al principio del quarto il lettore è informato che un greve tuono riscosse Dante, e che egli si trovò sulla proda della terribile valle. Or bene, Ella signor Puceianti, s'immagina di leggere, • ! una persona di sufficiente cultura, questi versi come se non ci esistesse la divisione tra il canto terzo ed il quarto. Finito questo la buja campagna Tremò sì forte, che dello spavento La mente di sudore ancor mi bagna: La terra lagrimosa diede vento Che balenò una luce vermiglia, La qual mi vinse ciascun sentimento E caddi come l'uom cui sonno piglia. Ruppemi l'alto sonno nella testa Un "greve tuono„ sì che io mi riscossi, Come persona che per forza è desta; E l'occhio riposato intorno mossi Dritto levato e fiso riguardai Per conoscer lo loco dov'io fossi. Vero è che sulla proda mi trovai Della valle d'abisso dolorosa Che "tuono„ accoglie d'infiniti guai. Così letto questo passo, e senza il sussidio dei commentatori c'è da scommettere uno contro cento che tutti intenderebbero così: "La campagna infernale si scuote, un baleno vermiglio solca l'aere tenebroso, il poeta cade fuor dei sensi; un angelo discende, lo piglia e lo porta di là dall'Acheronte, o scompare prima che il fragore del tuono lo risvegli. L'angelo fa tutto questo tra il lampo ed il tuono. Che velocità! Ah ben m'accorgo che egli è un messo dal cielo! Questa è poesia veramente sublime, veramente degna di Dante !„ Confesso che a prima vista questa lezione mi sedusse; non così però dopo matura riflessione. Prima di tutto tra un'azione e l'altra; tra il baleno e il tuono c'è non solo il bravo punto, ma la divisione del canto; e quando Dante lascia sospese le faccende alla fine di un canto, al principio del seguente si prende la scesa di capo di avvertirne il lettore. Così il Canto ottavo dell'Inferno — Io dico seguitando che ecc. ecc. — Ma concediamo che questa volta il poeta abbia voluto tenere altra via: le risorse dell'arte sono tante. 0' è però quest' altra difficoltà: Dante stesso ci dice che risvegliato dal greve tuono si trovò sulla proda della valle d' abisso, Che tuono accoglie d'infiniti guai. E ripete la parola tuono per avvertire il lettore che il greve tuono testé udito non è il tuono conseguenza del baleno, ma il fracasso proveniente dai guai infiniti dell'inferno. In caso diverso pare indegna ad uomo d'intelletto che il poeta abbia voluto così imbrogliare la matassa al lettore adoperando la stessa parola a significare un tuono reale ed uno metaforico. Per amor del cielo poi non tiriamo in campo la matematica; e non si pretenda di giudicare a filo di sinopia le creazioni fantastiche. Come è possibile, dicesi che Dante fosse svegliato dal tuono d'infiniti guai, se c'era di mezzo la distanza niente meno che di tutto un cerchio, dove non sono lamenti ma sospiri ; e se appena nella seconda bolgia dei lussuriosi, egli stesso dice : Ora incomincian le dolenti note A fannisi sentire?...... Ma è ovvio rispondere che al primo affacciarsi alla proda della valle egli sentì il tuono de'guai infiniti venire su dall'abisso; che questa è una percezione prima, confusa, e che poi, mano mano discenderà nellf varie bolge succederanno le varie sensazioni e modificazioni. Quante e quante contraddizioni non si trovano in Dante se tutto si vuol ridurre ad esattezza matematica! Come la bufera internai che mai non resta, tace in favore di Francesca; come e perchè si ferma a pochi passi dalla riva dove Dante e Virgilio camminano pacifici? Come le ombre, vere fuor che nell' aspetto, si sbranano, si rodono a vicenda? Il poeta ha già a tutti risposto: ciò proviene da disposizione divina: è questo il fatum, l'ultima ratio del poema sacro; "A sofferir tormenti e caldi e gì eli Simili corpi la virtù dispone Che come fa non vuol che a noi si sveli. Matto è chi spera che nostra ragione Possa trascorrer la infinita via, Che tiene una sostanzia in tre persone. „ Anche si ha a riflettere che in un poema così ampio, la vasta mente del divino poeta ha veduto sì Passieme e condotto il particolare in modo che rispondesse al generale, pure qualche volta si è così immedesimata e trasfusa in un concetto da poter far credere a qualche meticoloso che ciò sia in contraddizione con 1' aspetto generale delle cose. Così nel canto terzo dove i poltroni sono dannati a correr sempre dietro un'insegna "Che girando correva tanto ratta„ che gli pareva indegna d'ogni posa. Ed ecco pochi versi più sotto gli stessi sciagurati ci vengono dipinti con esattezza fotografica, i quali, stimolati da mosconi e da vermi, rigati di sangue "Che mischiato di lagrime, a lor piedi Da fastidiosi vermi era ricolto „ Certo, vera contraddizione non c'è; anche correndo sempre i dannati dietro l'insegna, i vermi potranno compiere l'ufficio loro a loro piedi; pure c' è tanto di statuino e con concetto così chiaro della posa da far gridare alla contraddizione i commentatori matematici. Ed anche noi concederemo . ...che Bonus aliquando dormìtat Homerus, e siamo ben contenti di questo sonnellino, che ci ha procurato il piacere di una così potente e scultoria rappresentazione. Lo stesso dicasi adunque del greve tuono sentito a molti chilometri di distanza, e quanti fossero realmente non perdiamo tempo a contare. Con queste fisime addio poesia! Per ultimo si ha a negare la bellezza e la sublimità della nuova interpretazione: — il tuono che sveglia il poeta nel principio del quarto canto è la conseguenza del lampo alla fine del terzo. — Dicono che questa rapidità è degna di Dante. Ma adagio a mali passi. Ammetto che l' angelo, essere soprannaturale, possa agire con la rapidità della folgore e trasportare in un bacchiobaleno il poeta di là dall'Acheronte. Ma Dante ha sempre di quel D'Adamo, bisogna dar tempo al tempo, lasciar che cada come uom cui sonno piglia con qualche lentezza adunque ; lasciar tempo all' angelo perchè lo porti all'altra riva, dove il suo sonno è rotto nella testa da un greve tuono. Le frasi, le parole del poeta, pesate ad una ad una, ci danno l'idea di una certa calma e non della voluta rapidità. Come mai tutto questo sarebbe potuto accadere in un lampo? Invece del sublime, io ci veggoquì un non so che di barocco, un macchinismo da palcoscenico, un lampo da casotto di burattini. Meglio dunque seguire la via vecchia e interpretare il greve tuono come l'hanno inteso sempre tutti i commentatori. È vero che molti ne hanno sballate di grosse, ma non è questo giudicare tutti ad una stregua, è l'unanime consenso di tanti uomini illustri che si stillarono ii cervello a spiegare Dante, deve pur calcolarsi prima di accettare il nuovo, solo perchè nuovo. Convengo invece pienamente col signor Puccianti nell'interpretazione dell'essere misterioso che trasporta Dante all' altra riva, e negli opportuni raffronti. Sì l'uomo della passione non ancor purificato non è degno di veder l'angelo che scende la prima volta in suo ajuto ; lo vedrà poi, già alquanto purificato nel canto nono dell'inferno, lo rivedrà nel canto nono del Purgatorio. Osservo di più una mirabile progressione. La prima volta Dante non è degno di vederlo, la seconda volta lo vede, ma questi passa disdegnoso, e non gli parla; all'ingresso del Purgatorio Dante lavato, purificato sarà degno di vederlo e di parlargli. Parmi però che nelP interpretazione dell'Angelo, disceso ad aprire le porte della contrastata città di Dite, si abbia alquanto ad allargare P intento. Senza seguire alcuni commentatori nelle molte alzate d'ingegno per riconoscere da per tutto il significato politico della doppia allegoria, credo questo essere un passo dove non cade dubbio sul senso politico. La città di Dite è Firenze, le tre furie e "superbia invidia ed avarizia, „ le tre faville che hanno i cuori accesi ; gli Angeli neri, ed i Neri sono raffronti troppo ovvii ! Così 1' angelo e Arrigo di Lussemburgo, l'aspettato dai Ghibellini come un angelo di Dio. Ed il poeta stesso ci ha avvertito di aguzzare bene le ciglia "0 voi che avete gl'intelletti sani Mirate la dottrina che si asconde Sotto il velame degli versi strani.,, Io non seguirò un tale, ingegno bizzarro quanto mai, che per persuadermi dell' allegoria politica, spiegando i versi Dal volto rimovea quell' aere grasso, Menando la sinistra innanzi spesso, — guarda, guarda, mi diceva, il tedesco Arrigo ; fa proprio quel movimento che usano i Tedeschi scuotendo la sinistra a manifestare il fastidio e la noncuranza. È certo però che in tutti gli atti dell' Angelo c' è un non so che di sovranamente altero, ed il majestaticum che rivela il possente imperatore» E per vero non si degnò di dare uno sguardo neppure a Virgilio, che è tutto dire: "E non fe' motto a noi; ma fé' sembiante D'uomo, cui altra cura stringa e morda, Che quella di colui che gli è davante/„ E di faccende ne avea difatti tante sulle braccia quel povero uomo che s'era messo in capo di pacificare, benché corto a denari, Guelfi e Ghibellini in Italia. Si potrà obbiettare da molti che di questi commenti politici non si trovano nei commentatori vecchi; ma è facile rispondere che quella buona gente avea altro pel capo, e che troppo pericoloso era toccare certi tasti, quando le ceneri di Dante correvano pericolo di essere bruciate come reliquie d'eretico. Ai negatori di ogni allegoria politica domanderò solo questo : la lupa di Dante significa l'avarizia, nuli'altro che l'avarizia? Allora mi spieghino come la lupa sia stata la più fiera nemica che impedì a Dante la salita del monte. Dante avaro! l'avarizia capitale nemica a lui, che confessò candidamente di sentirsi pesare sulla testa i pietroni dei superbi, e le sue scappatelle con Gentucca; ma che di un vizio così basso e gretto non si accusò mai mai. E come non riconoscere nella Lupa la Curia romana, specie ai tempi di Papa Bonifazio dopo recenti studi e documenti editi da un discepolo del Del Lungo ! Dimostrano questi come Papa Bonifazio approfittando della debolezza dei primi Imperatori di casa Ausburgo, volesse aggiungere agli Stati Pontifici auche Firenze per dominarla, non solo come capo dei Guelfi, ina quale assoluto padrone. Ma io m'avveggo che in questi benedetti studi danteschi la penna scorre, e le chiacchiere suno come le ciliege. Dunque tuono dell' abisso, e non del baleno, e l'angelo, vero messo del cielo, ed anche l'imperatore Ghibellino. „Stretta è la foglia e lunga la via Dite la vostra, < he io ho detto la mia. „ P. T. P. S. Nel Fanfulla della Domenica Anno IX 11. 7 il Sig. Camillo Antona - Traversi ribatte il chiodo del — „Greve Tuono" Dantesco, osservando giustamente come la interpretazione del Sig. Puc-cianti non sia nuova ma accettata già dallo Scar-tazzini e dal Camerino. Io rimango saldo però in quanto ho già esposto di sopra; anzi ne piglio occasione a tornare alla carica. Dicono gli avversari — Siccome quella luce vermiglia è un vero baleno, così quel tuono è un vero tuono. Come ! vorreste voi eh** a un baleno reale ~CAPODISTKlÀ, T ipografi » di Carlo i'; iorH. tenesse dietro un tuono metaforico, che è come a dire un tuono da burla? Rispondo: Non è vero che il Camerino nell'edizione economica del Sonzogno dia ragione al Puc-cianti, sostiene anzi tutto il contrario, che cioè il „greve tuono" del secondo verso del Canto quarto proviene dal tuono d'infiniti guai di cui nel verso nono. Di più osservo che non tutti i baleni sono seguiti dal tuono; così l'angelo mandava baleni di luce e non tuoni. Per convincersene basterà raffrontare questo passo con la calata dell' angelo nel Canto nono. E già venia su per le torbid' onde Un fracasso d'un suon pien di spavento Per cui tremavano ambedue le sponde. Non altrimenti fatto che d' un vento. . . Qui abbiamo stupendamente rappresentato il fracasso d'una meteora ; urli e fischi di vento, tutto il rumore sinistro d' una tromba e tuoni punti. Se piace adunque raffrontare i due passi, conviene conchiudere che anche nella prima calata dell' angelo sulle rive dell'Acheronte non ci furono tuoni. L'interpretazione risponde così meglio al passo biblico probabilmente ricordato da Dante — Et factus est repente de coelo sonus, tamquam advenientis spiritus vehementis. E se il Camerini, nell'ultima nota, apposta al Canto terzo, parla anche di tuoni cade in manifesta contraddizione. Concludiamo. L'angelo discende nel turbine e nel fuoco, espressione biblica; e il tuono del quarto canto è proprio il tuono d'infiniti guai della valle d'abisso dolorosa. p. T. ~~ PUBBLICAZIONI Pro patria — 28 novembre 1886 — opuscolo pubblicato a Rovereto. Editrice di questo patriottico o-puscolo è la direzione centrale ed è offerto agli abitanti di tutte le provincie italiane dell' Austria. Comprende i deliberati presi nell'adunanza generale della Società Pro patria il dì 28 novembre 1886 a Rovereto, dove i rappresentanti di quattordicimila italiani delle provincie austriache solennemente giurarono di conservare immacolata la loro nazionalità. Coi tipi A. Levi e C. è uscito in Trieste l'opuscolo-di R. Stein — La legge sulla leva in massa; esposizione popolare che racchiude tutte le disposizioni e prescrizioni di quella legge e delle sue conseguenze sopra tutte le classi sociali e le condizioni della popolazione. — L'opuscolo si vende a Capodistria dal librajo Benedetto Lonzar al prezzo di soldi 20; a Trieste dal librajo-edi-tore G. Chiopris, Piazza nuova, n. 1, che s'incarica d'inviarlo anche in provincia per lo stesso prezzo franco di post;i. dietro AfnttoiuxMi — Tnt«o"T»raYÌ«i «dit. • r»d*t. rMponubili