ANNO XIII Capodistria, 1 Luglio 1879 N. 13 LA 0VINCI A DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre iu proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Dn numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. EFFEMERIDI ISTRIANE I,tiglio 1. 1192. — I vescovi di Chioggia e di Castello, delegati da papa Celestino III per rivedere con qual diritto il patriarca d'Aquileja avvocava a sè la nomina del vescovo di Trieste, sospendono ogni lor passo, sapendo che il patriarca s' era ricreduto rispettando gli antichi diritti del capitolo tergestino. - 23, V, 330, - e 30, VIII, 668. 1. 1803. — Si pone in attività nell' Istria veneta il regolamento generale italiano di procedura. - 1, V, 50. 2. 1363. — Convenzione tra il comune di Albona e Eilippo, signore di Cosliacco in virtù della quale viene rispettata a ser Filippo la sola giudicatura nel dì della festa e della fiera di San Pietro de Villa. - 4. 2. 1429. — Il doge Foscari ordina a que' di Easpo a non invadere il territorio dei sudditi di ser Andrea di Lupogliano, e di starsi entro i confini marcati dal loro capitano, Francesco Basadona. - 4. 3. 1239. — Cividale. Corrado vescovo di Trieste, Bea- gnino da Momiano e Senesio ricario d'Istria testimoni all'arbitrato di Mainardo conte di Gorizia nelle vertenze tra il comune di Capodistria ed il patriarca Bertoldo. - 65, 29. 3. 1267. — Cividale. Il patriarca stringe lega oflen- siva e difensiva con Alberto conte di Gorizia prima di marciare contro Capodistria. - 5, I, 84, - 18, III, 62, - e 74, 83. (*) 4. 1477. — Il consiglio dei XII vieta ai sudditi vene- ti di recarsi a Trieste per vendervi le loro merci, o per comperarne; permette loro la sola comprita del ferro. - 5, XXIV, 234. 4. 1496. — Venezia. Il consiglio in Pregadi, visto che il re de' romani non aveva intenzione di impegnare alla Repubblica uè Pordenone nè Trieste, gli rifiuta il chiesto imprestito. - 39. VII, 739. •) Carli "Antichità Italiche,,, Tom. V, p. 271, dice il 23 luglio; e così pure l'indice dei documenti per la storia del Friuli Udine 1877, pag. 115. 5. 1257. — Cividale. Ottenuto ch'ebbero Mengosso e Nicolò Castaldio, messi del comune di Montona, di eleggersi il podestà, il patriarca ne conferma la scelta, caduta sul podestà di Muggia ser Senisio de' Bernardi da Padova. - 46, I, 26. 5. 1329. — Cividale. Corrado del fu Volrico di Raifen- bergo vende al patriarca Pagano le decime di Muggia da lui possedute per marche 200 pari a lire ital. 7000; ambe le parti poi si concertano di voler ricuperare parte delle decime, possedute ingiustamente da Albertino Morosini e da altri Veneziani, riservandone il diritto a sè e successori. - 28, II, 319 e 322. 6. 1669. - Il veneto senato vieta l'introduzione di vini esteri in Istria. - 52, 181. 6. 1809. — La milizia francese di Trieste respinge oggi e nei due dì successivi le truppe austriache scese con alcuni del contado nelle vicinanze della città. - 41, num. 56. 7. 1328. — Trieste delega Kantolfo de' Baiardi, Zo- robabele (Roba) de' Leo e Michele di Ade per trattare la pace con Ugone, signore di Duino e capitano della contea di Gorizia. - 4. 7. 1530. — Le famiglie venete de' Grimani e de' Con- tarmi levano all'incanto per ducati 75000 il castello di Piemonte, Visinada, Santa Maria del Campo, Castagna, Bottenegla, Medolin e Rosariol con le annesse giurisdizioni. - 1, VI, 100, 8. 1355. — Venezia. Il senato sospende d'or innanzi il godimento d'una posta pedestre morta (vacante) al vice cancelliere del podestà di Capodistria e solleva il comune di Venezia dal salariarlo. - 7, 27-17, 13.b 8. 1420. — Venezia accetta la dedizione della Terra di Muggia; promette agli ambasciatori di quel Comune, Agostino de Ozola e Giovanni de Ada dottori in legge, Giovanni Filatói, Francesco Ubaldini e Leonardo Sticcoui di volerne rispettare le condizioni. - 8, V, 56, - 13, 3b, - 25, 180b, - e 4. 9. 1708. — Venezia. Il magistrato alle Beccàrie vieta l'introduzione del cuoio acconcio estero, ad uso di suole, nella provincia d'Istria. - I, VII, 59. 9. 1754. — Marino Bozzattini, vescovo di Cit.tanova, passa a miglior vita nella Terra di Buie. -30, Vili, 760. 10. 1381. — Udine manda in Istria a proprie spese un corpo d'armati per conservare al patriarcato contro le venete pretese le terre che ancora possedeva, - 9, 154, - e 4, 10. 1519. — Viene accordato alla città di Trieste l'antico privilegio di introdurvi animali da macello, liberi da ogni dazio. - 45, 106, -e 72, 68. 11. 1284. — Il veneto senato delibera che come per 10 addietro il podestà di Cittanova stia al suo posto due anni. - 46, I, 152. 11. 1342. — Il comune d'Isola si appella al patriarca Bertraudo contro le pretese di decima, mossegli dal vescovo di Capodistria, Marco Semitecolo; 11 patriarca invita il dì seguente il vescovo a fargliene conoscere i diritti. - 4. 12. 1462. — 11 doge Moro rammemora alla Terra di Muggia altra ducale che vieta di caricare frumenti iu luoghi di altro sovrano, quantunque in Istria. - 13, 7.a 12. 1511. — Capodistria. 11 provveditore degli stradioti e delle altre truppe in Istria scrive al comune di Trieste a voler vietare al suo brigantino di veleggiare pel golfo. - 4. 13. 1264. — Borgo Lauro (Muggia). Il patriarca Gre- gorio investe alla presenza del vescovo di Pedena, Bernardo, Arrigo da Pisino ed i figli, che gli nascerebbero dalla figlia di Vicardo signore di Pietra Pelosa, dei feudi di Lupogliano, Dobrapollach, Luesporn e 14. 1285. — Il senato chiama a Venezia ser Marino Gabrieli, podestà d'Isola, per orizzontarsi intorno certa questione che quel comune aveva col castello di Pirano e porvi un fine - 36, I, 153. 14. 1420. — Il consiglio di Trieste delibera che que' cittadini che arrolaronsi a esercito straniero (veneto) ritornino entro un mese in patria sotto pena di perpetuo bando. - 22, 28.b 15. 1420. — Giovanni Corner, capitano di Raspo, preso ch'ebbe possesso di Albona e Pianona, v'installa a podestà Caterino Barbo che gli ambasciai ori dei due Comuni s'erano scelto in Venezia. - 4. 15. 1638. — Ducale Erizzo che avvisa il comune di Capodistria della venuta di due Olandesi i quali s'impegnano di convertire in bianco il sale bigio. - 1, IV, 106. CONCITTADINI! In varie province bagnate dal Po e da' suoi affluenti, e intorno al vulcano siciliano sono avvenuti in questi giorni gravissimi infortunii, per lo straripamento dell'uno e per l'imo subuglio dell' altro, che, dopo aver rigurgitato infuocata fiumana, cagionò terremoti funesti. Case crollate, campagne distrutte, aria mefitica per stagno di acque riverse, parecchie mi-v gl'Aia d'infelici senza pane, senza tetto, e a quest' ora forse febbricitanti: ecco la funerea scena che al presente angustia i vostri cuori, già bisognosi di conforto. Allo scopo quindi di agevolarvi il mezzo onde procurarvi un po' di sollievo col concorrere, per quanto sta nelle vostre forze, a sovvenire quegli sciagurati, ci siamo costituiti in Comitato di soccorso ; a noi vogliate far pervenire le vostre generose offerte, e noi le trasmetteremo pubblicandone il ricevimento. E siamo sicuri che anche questa volta Capodistria mostrerà quanta virtù alberghi nel suo sene; siamo sicuri che anche in'quest' incontro vedremo la nostra popolazione, in pegno di amore fraterno, concorrere generosa a sollievo di quei disgraziati. Capodistria, 24 Giugno 1879 IL COMITATO DI SOCCORSO per i danneggiati dal Po e dall Etna Antonio Almerigogna di Antonio — Nicolò Bartolomei — Giorgio Cobol — Luigi Damiani fu Nazario — d.r Nicolò Del Bello — ing. d.r Pio Cambini — march. Giuseppe Gravisi — d.r Pietro de Madonizza — d.r Giovanni de Manzini — Domenico Manzoni — Andrea Marsich fu Giovanni Maria — Giovanni Battista Padovan fu Nazario. L'egregio nostro collaboratore, autore degli articoli GV istriani sul mare, che si vanno pubblicando da qualche tempo nel nostro periodico, ci scrive una lunga lettera a proposito della società di navigazione nascente nella nostra provincia. L'egregio autore risponde alla corrispondenza dell' Indipendente, e fu spinto a rispondere perchè noi abbiamo ripetuta nella Provincia la corrispondenza stessa, "chè del resto egli si sarebbe taciuto con K l'apparenza di colui che si reputa vinto dagli u oppositori, per timore di contribuire involonta-" riamente a scompaginare un lavoro che appa-" riva appena sbozzato „ esortato anche da lettere di comprovinciali e di amici. Senoncbè l'autore ci addossa una parte di responsabilità per le conseguenze che potrebbero essere prodotte dalla polemica, nel dubbio che la opposizione arrivi perfino a portare tra i comprovinciali lo scoraggiamento e la sospensione degli iniziati propositi. Noi non crediamo che la discussione, com' è tenuta dall'egregio collaboratore, buon marinajo e buon istriano, possa recar danni, ma tuttavia, per ragioni nostre personali, crediamo, pel momento, conveniente da parte nostra di non dar luogo ad una polemica su tale argomento, e confidiamo che il nostro collaboratore darà ragione alle ragioni che gli adduciamo in via privata per sospendere la inserzione della sua lettera. Cogliamo poi l'occasione per eccitare i comprovinciali a concorrere coraggiosamente nell'impresa, la quale non potrà fallire se tutte le forze dell'Istria si uniranno a sostenerla. La Redazione ^CÓMISPONDEIZE / Società ^lfina Jstriana Pisino, li 26 Giugno Al congresso generale della nostra società alpina, quantunque tenuto in una stagione assai propizia, non intervennero che soli 23 soci. Riservandomi di spedirle il resoconto della seduta per la sua inserzione nel prossimo numero della Provincia, mi limiterò per oggi a dirle che, dopo il brillante discorso del presidente sig. Antonio Dr. Scampicchio, la relazione del segretario e l'approvazione del conto consuntivo e preventivo, venne discusso ed approvato con lievi modificazioni un regolamento tendente a costituire dei comizi alpini distrettuali, mentre la deliberazione sulla proposta modificazione dell'art. IV dello statuto sociale dovette rimandarsi all'anno venturo, in mancanza 4el prescritto numero di soci per poter deliberare validamente; adottato però di non riscuotere nemmen per quest'anno che la sola metà de) canone. A direttori vennero eletti i signori: Benussi Giovanni di Valerio da Rovigno, Bradicich Giuseppe da Pedena, Camus Giuseppe da Pisino, Camus Leandro da Pisino, Fonda Dr. Giovanni da Pisino, Hasch Luigi da Rovigno, Mrach Dr. Egidio da Pisino, Sbisà Pietro e Sottocorona Tommaso da Dignano, e Scampicchio Dr. Antonio da Albona, i quali poi, meno due assenti, riunitisi per la costituzione della direzione, elessero a presidente il sig. Dr. Fonda, a vicepresidente il Sig. Dr. Scampicchio, a segretario il Sig. Bradicich ed a cassiere il Sig. Giuseppe Camus. Venne inoltre stabilito di tenere d'or innanzi i congressi alpini assieme a quelli della nostra società a-graria, radunandosi nella stessa città in cui ha luogo il congresso agrario, nel giorno susseguente a questo. Perla organizzazione della gita alpina sospesa 1' anno scorso venne incaricata la direzione ed assegnatole, affinchè questa riesca meglio e non obblighi i partecipanti ad una spesa troppo vistosa, l'importo di f. 200 — dal fondo sociale, anche per invogliare la gioventù agiata ad unirsi alla comitiva e trattenersi per parecchi giorni di seguito. Siccome la società dispone presentemente di una piccola biblioteca, si deliberò di pubblicare nei giornali provinciali un elenco dei libri di cui si compone ed io mi permetterò quindi d'inviarle a suo tempo quest'elenco perchè abbia la bontà di accoglierlo anche nel Suo giornale. Levata la seduta, tutti i soci e molti cittadini di Dignano si radunarono ad un geniale banchetto organiz- zato da speciale comitato, al finire del quale si fecero parecchi brindisi di circostanza dal signor podestà di Dignano, dal presidente Dr. Scampicchio e da molti degli altri intervenuti. Nelle ore pomeridiane si visitarono le collinette circostanti alla città, radunandosi poi nel giardino del sig. Tomaso Sottocorona per passare quivi una lieta serata. Verso le undici si prese congedo dai gentili di-gnanesi e chi partiva tosto, chi la mattina seguente, contenti tutti dell'accoglienza avuta, di cui ci corre obbligo di porgere le più sentite grazie al sig. podestà, al comitato, al sig. Sottocorona ed a quanti altri signori vollero avvicinarci, ben lieti di poter quanto prima trovarci nell' occasione di concambiare almeno in parte a tante gentilezze. P. S. Mi faccio ancora dovere di rilevare che nel giorno del congresso sei signori di Diguano chiesero 1' ammissione alla società e nel giorno seguente altri quattro di Rovigno, per cui, ad onta che alcuue persone a noi affatto estranee di patria e di tendenze, avessero cessato di farne parte, si può sperare che, costituiti una volta dappertutto dui comizi distrettuali, la società potrà raggiungere il vero suo scopo. G. B. Abbiamo ricevuto e pubblichiamo la seguente lettera di un egregio nostro comprovinciale. Il lettore comprenderà subito che era inutile un nostro articolo, e l'autore della lettera si persuaderà che non potevamo soddisfare meglio il suo desiderio che col pubblicare i suoi appunti. Ci permetta però di osservare che gli articoli nostri sulla dogana e quelli dell'egregio collaboratore di questo periodico Gli Istriani sul Mare, non si ^contradicono punto, qualora si rifletta che se tutte le industrie suggerite dall'autore degl'istriani sul mare fossero attuabili e attuate, noi resteremmo nelle stesse condizioni di prima per ciò che riguarda le difficoltà doganali fra l'Istria e Trieste, le quali sarebbero ssmpre dannose, qualunque fossero le condizioni della nostra provincia. Ora ecco la lettera suaccennata: Dall'Istria, nel giugno Amico della libera discussione ed in omaggio al principio dell' audiatur et altera pars, mi permetto di fare alcuni appunti all'articolo Gli Istriani sul mare, comparso nell'ultimo numero della Provincia, che, secondo me, sta in aperta contradizione cogli articoli riguardanti la dogana, e che per non portare alcun seguo distintivo dovrebbero essere di cotesta redazione. La dogana, qualora venisse introdotta nella nostra provincia, sarebbe un dauuo ed un inceppamento, (benché la pensi altrimenti l'articolista G. M.), al libero e-sercizio dei vapori di mare lungo il cordone daziario, appunto nel ritorno dal portofranco di Trieste, ed anzi il danno e l'inceppamento sarebbero tali da chiamarli addirittura come l'autore dell'articolo succitato definisce argutamente la dogana: un colpo di bastone fra capo e collo ai poveri marinari. L'asserzione dell'articolista G. M., che la fabbrica di pane e paste della ditta Giardo e Cecon di Rovigno, dimostri la grande attitudine degl'Istriani alle industrie, non calza qui a proposito, perchè è notorio come quella fabbrica viva a stento, anzi si dubita che possa a lungo durare. Riguardo la fabbricazione di sedie comuni e mo- bili di poco costo non regge l'esempio della Liguria, perchè la nostra provincia non ha legname adatto a tale industria, e poi difetta di mano d'opera, avendone penuria anche per la stessa coltivazione delle nostre campagne, parte delle quali sono in istato deplorabile. Che le fabbriche di fiammiferi sieno poco naturali all'Istria, basti il fatto seguente: anni fa solidissima ditta triestina voleva introdurre in una città dell'Istria una fabbrica di fiammiferi e fece fare gli studii opportuni, informandosi specialmente delle mercedi usate colà; ma ne smise tosto il pensiero perchè la mano d'opera manteneva le mercedi troppo alte e ne toglieva così il tornaconto. Non si può dire che in Istria non esista la coltura delle api; chè anzi questa è abbastanza estesa nella parte montana, specialmente nel distretto di Fiuguente, ove se ne ricava uu bel prodotto. Alla costiera gli alveari sarebbero impossibili e per l'aridità delle terre e ' per la quasi totale mancanza d'acqua che affligge il paese della costa, in ispecie dalla punta di Salvore sino a Pola. Anche le cartiere sarebbero poco naturali tra noi: perchè oltre avere qui la materia prima troppo greggia, dovremmo temere la spaventosa concorrenza delle rinomate cartiere del Goriziano, di Fiume, di Pordenone e di altri luoghi vicini, le quali tutte hanno l'acqua per forza motrice. L'Istria non è largameute provvista di viti come asserisce l'articolista suaccennato. E noto che due terzi della sua estensione è rivestita di boscaglie ed occupata da terreni incolti o deserti, restando la sola terza parte di essa ridotta a coltura, compresavi però in questa anche la quantità considerevole di boschi. — Della vinaccia. l'Istria fa bevande salubri e indispensabili al campagnuolo, ed acquavite, che vende ogni anno con profitto. Fabbricando spiriti dimezzerebbe la produzione dell'acquavite, senza trovare un compenso pel prezzo maggiore dello spirito, e mai in tale quantità da esportarne. Le bevande aromatiche spiritose, usate in generale limitatamente, darebbero agi' istriani reddito esiguo. La fabbricazione di guanti con pelli di agnello e di capretto è cosa recentissima, ed ora viene agalla in forza del nuovo trattato austro-italico. Riteniamo poi assai problematico che l'Istria possa con questa nuovissima industria sostenere la forte concorrenza di Vienna, di Graz e di altre città austriache, già provette in simile fabbricazione. Che resta dunque agl'istriani? Corre da sè la risposta: non lasciare inerti le proprie forze; farsi incontro al destino segnato loro dal mare che li abbraccia; dedicarsi con più serietà di propositi alla coltivazione delle loro terre e specialmente delle viti ; (un tempo 1' esportazione del vino fruttava circa un milione di fiorini) studiando il modo di fabbricare vini eccellenti ed esportarli in bottiglie; perchè in oggi bisogno dei popoli che amano il progresso è non solamente quello di mettersi in comunicazione tra loro per lo scambio delle idee ma anche per lo scambio delle produzioni. E qui a titolo di conclusione mi sembra opportuno di riportare quanto ci suggeriva un tempo pel nostro rinnovamento economico l'illustre pubblicista friulano, Pacifico Valussi, iu quella preziosissima strenna che è la porta Porta Orientale di Carlo Combi, e che ristampata quando che sia in molti esemplari, dovrebb' essere il vademecum di tutti gì' istriani. Un capitolo dell' articolo del Valussi s'intitola : Li alcune miglio- rie possibili entro ai limiti delle condizioni naturali esistenti nell' Istria, ed è il seguente: Quando si pensa a produrre qualche bene bisogna prima di tutto formarsi gli strumenti con cui operarlo. Per questo indicai di quali istituzioni*) avrebbe d'uopo principalmente l'Istria per un suo rinnovamento economico, ed a che dovrebbe tendere. La Società d'incoraggiamento, ricevendo ispirazione dalle circostanze locali, saprebbbe all'atto pratico trovare e suggerire ed iniziare tutto ciò che fosse di maggiore opportunità per il paese. Datemi questo principale strumento di bene, ed il resto verrà dopo. La sua azione sarà forse lenta sulle prime: troverete ostacoli, opposizioni, e bene spesso la maledetta inerzia che le nostre genti fa viver grame più di qualunque altro malanno e tribolazione che provenga da cause esterne. Ma dopo tutto ciò, non si deve disperare. Gli ardimeutosi terminano col vincere tutte queste difficoltà. Il punto è di cominciare. Ad onta poi, che il principio stia laddove ho detto, discorrerò brevemente qui di alcune co3e, cui l'industria agricola istriana, sorretta dalla Associazione provinciale d'incoraggiamento, potrebbe far meglio con profitto di tutto il paese. Sarebbe in me temerità il volere, coli' incompleta conoscenza che ho dell'Istria, aggiungervi altro che qualche fuggevole cenno. Espongo solo alcune idee generali, da cui altri faccia scaturire le particolari applicazioni. Prima regola di economia agricola si è di domandare al suolo i prodotti ch'esso può dare, senza volerlo sforzare a produrre cose cui la terra altrove dà più facilmente, rimunerando in giusta misura le fatiche e l'industria del cultore. Poi si deve considerare e ciò che si consuma e ciò che vantaggiosamente si può vendere. Infine procurare che l'industria tragga profitto dai prodotti del suolo quali che si sieno. Avendo in mente i difetti e le buone qualità naturali del suolo istriano nel suo complesso, la posizione di esso rispetto ai paesi di consumo ed ai centri commerciali e le altre circostanze in cui si trova, faccio la mia breve esposizione. a) Ricchezza dell'Istria sono i boschi. Il consumo che le strade ferrate, le diverse industrie e l'accresciuta popolazione fanno di legna da per tutto e l'estirpazione di tanti boschi, cedui e d'alto fusto, danno alle legna ua grande valore relativo. L'Istria ha il mare che giova ai trasporti e quando avrà, anche le strade ne trarrà ancora maggiore profitto. È adunque utile conservare i boschi laddove ci sono, e accrescendoli dovunque è possibile, senza che tolgano lo spazio alla coltura degli altri prodotti. Principalmente tutta la parte superiore, di ripidi monti ed inacquosa, giova imboscarla: e ciò anche perchè imboscata sarebbe ostacolo alla violenza ed alla crudezza dei venti settentrionali e ritegno alle nuvole vegnenti dal mare, che ricadrebbero talora le benefiche pioggie prima di essere portate più addentro nel continente. Queste migliorie radicali e grandiose se non possono compiersi da una sola generazione, devono però venire iniziate e proseguite con opera costante. Converrà per questo sottoporre il pascolo ad alcune regole, onde preservare i teneri germogli dal dente degli animali; fare vivai di piante che si adattino alle varie regioni, preferendo quelle che danno prodotti, il cui valore meglio compensa il trasporto. In molti luoghi giova trasportare le legna sotto la forma più leggera di carbone ; e questo trovasi ad alto prezzo dovunque, e colle *) Società d'incoraggiamente per l'agricoltura, per le arti, per l'industrie ecc. [strade ferrate potrà fare del viaggio fino a lontani paesi. I Gli alberi da costruzione d'una certa grandezza si fanno sempre più rari ; quindi a conservarli si accumulerà ad ogni modo una ricchezza per i figli. La scorza della quercia presta materia alla concia delle pelli. Il seme del faggio può dare un olio di locale consumo ; e così il noce, il di cui legno ha un valore per la sua bella macchia. In qualche regione dell'Istria cresce fino la quercia sovero, in molta parte lo scodano, dalla di cui foglia polverizzata si potrebbe traine partito per il commercio. Dove il terreno è in maggiore quantità che le braccia possano coltivare, e dove la coltivazione dei cereali non è molto proficua per sè stessa, la selvicoltura non solo è proficua per sò stessa, ma forma deposito di fertilità per altri tempi col suo terriccio. &) Tutte le coltivazioni arboree sono convenienti del pari in un paese montuoso e soggetto a siccità come l'Istria. Si dovrebbe quindi estendere la coltivazione degli alberi da frutto ad alto fusto ; tanto per usarli e venderli freschi, anche ai lontani paesi settentrionali, quando Trieste vedrà compiuta la strada ferrata, 1) come per disseccarli, o distillarli. I susini, i peri, i pomi, i peschi, i fichi, in qualche luogo i castagni e forse in qualche altro i mandorli, potrebbero essere di buon profitto. c) Le viti e gli olivi sono coltivati in Istria e danno prodotti di natura loro eccellenti. Resta peiò molto da farsi per migliorare la fabbricazione dei vini 2) e degli oli e per regolarne il commercio. In tal caso la coltivazione sarebbe suscettibile di accrescersi con profitto. Le vinacce ed i vini di qualità inferiore potrebbero distillarsi meglio che non si faccia ora. d) I gelsi souo suscettibili di essere coltivati in una estensione molto maggiore d' adesso. Per 1* allevamento dei bachi l'Istria ha il vantaggio in generale d' essere un paese asciutto e bene ventilato. I materiali per la costruzione di buone case, che servano da bigattiere, sono a buonissimo patto in ogni luogo, a-vendosi pietre, calce e legname. Le buone abitazioni ai contadini farebbero fare grandi e rapidi progressi nella civiltà, togliendole dall' isolamento, ed avvicinandole alle domenicali. e) La grande estensione di terreno dato a pascolo permette all' Istria di tenere molti animali. Ma tale industria vi è aucora bambina. Converrebbe, giacche c' è abbondanza di materiali da costruzione, costruire prima di tutto buone stalle; poi accrescere la superficie dei prati stabili in confronto dei pascoli; chiuderli, dov' è facile il farlo, con siepe viva, o muro secco: seminare iu alcuni erbe primaticce, o che meglio resistono alla seccura.La razza bovina si dovrebbe procurare di migliorarla, meno che coli' introdurre altre razze, collo scegliere il buono in quelle che sono naturalizzate nel paese e che si assimilarono alla natura del suolo. Le pecore sono numerose, e per la natura del suolo dovrebbero allevarsi più per la lana, che per la carne ed i latticini. La razza di lana fina, od i merinos, dovrebbe preferirsi per l'Istria. Bisognerebbe fare delle sperienze per diffonderle da per tutto. f) lì eccellenza ed il gusto squisito degli erbaggi dovrebbero farli coltivare in Istria anche per il commercio; per provvederne Trieste ed altre città colla 1) Il Valussi scriveva queste sue idee nel 1857. n. a. e. 2) D'accordo anche oggi coli'illustre pubblicista, sulla necessità d'insistere per animare allo studio della confezione dei vini nella nostra provincia, crediamo giusto accennare di nuovo a quanto fece l'Istria per questo scopo ; alla fondazions cioè della Stazio-se vinicola in Parenzo, che funziona fino dal 1875. f. a. e. strada ferrata, per le conserve ad uso della Provenza. L'orticoltura farebbe conoscere, che in quel suolo si possono avere dei prodotti primaticci, che vengono prima della siccità estiva. Sarebbero p. e. fra questi certe qualità di piselli e di patate. g) Dovrebbesi sperimentare la coltivazione di certe piante industriali e procurare di adottare quelle piccole industrie che si associano all' agricola. Talora il lavoro dà valore a certe materie che non si curano. h) La pesca potrebbe diventare proficua all' Istria, ove meglio se ne sapessero preparare i prodotti, come si fa a Nantes delle sardelline affumicate e delle acciughe in olio, a Genova del tonno. Per l'industria del salare le sardelle non si negherebbe il prezzo di favore del sale, come si fa delle materie prime di tutte le industrie, che di regola sono esenti da dazio. Se si progredisse in tutte queste più facili migliorie verrebbe il tampo in cui si potrebbe occuparsene di altre, che ora si giudicherebbero per intempestive. L'industria agricola è lenta ne' suoi progressi; ma una volta che li abbia raggiunti non li abbandona. Ma non è sola l'agricoltura quella che possa recare prosperità alla penisola istriana. Il mare che la circonda le indica le sue vie per arricchirsi. GÌ' istriani devono farsi navigatori, ora che tutte le vie marittime in generale e quelle dell' Adria in particolare acquistano importanza. Scritti inediti del Dottor Kandler (Proprietà dell' Archivio Provinciale) Commercio dell'Istria Non può dubitarsi che nell' epoca romana vi fosse commercio e navigazione fra Istria, e Liburuia e le regioni intorno il Mediterraneo, di che sono testimonianza le monete della zecca alessandrina frequenti in Aquileja ed Istria, le monete di Aquileja e Siscia frequenti in Africa, il trasporto di corpi di Santi dall'Asia minore e dall' Africa in Istria, la memoria di Terenzio che navigava da Capodistria all'Africa, li Peripli dei Greci, lo stesso Etico Istriano dal Mar Nero, la linea di navigazione fluviatile pel Savo, e dall' Arcipelago alla Liburnia. All' epoca più remota ed alla romana subentrata la bizantina, Ravenna fu centro di commercii, nessuno meglio dell'Istria era a portata di profittarne anche perchè provincia annonaria, e se ne hanno ampie testimonianze. Cessata la dominazione bizantina le guerre coi Croati, coi Narentani, coi Saraceni recarono gravissimi guasti all'Istria, e atterramenti di Città e di Castella, maltrattata se non impedita la navigazione, dai Corsari di mare. Credo che le Crociate abbiano recato impulso, e siasi sviluppato movimento mercantile, e fu la prima nell' anno 1070, e continuarono poi a più riprese, e la maggiore pei Veneti e per li Istriani fu quella del 1200. Testimonianza della partecipazione delli Istriani alle Crociate si è la croce presa a stemma dal maggior numero delle città alla marina: Pirano, Cittanova, Buje, Rovigno, Pola, Albona. — Le città mediterranee non addottarono la croce, e fra le marine non 1' addottò Trieste, non Parenzo; di Capodistria ignoro, direi che non l'abbia addottala, dacché Capodistria camminava di pari passo con Parenzo, e gareggiava con Trieste. Non ini è noto che prima della pace di Costanza, che è del 1183, vi fossero Comuni formati nell'Istria, corno ve ne erano in Italia per concessione delli Ottoni; in Istria cominciano dopo la pace immediatamente, così ohe i Comuni erano divenuti corpi politici, ancorché non avessero quella forma, che, argomento di gravissime questioni coi Patriarchi o col Vescovo di Trieste essi si fissarono durevolmente nel 1300 od in quel torno di tempo. Due documenti si hanno di contratti fra città istriane e dalmate, 1' uno del 1188, che è rinnovazioue di pace fra Ragusa e Rovigno, la quale rinnovazioue premette una pace anteriore la quale dovrebbe risalire al 1183, alla emancipazione dei Comuni nell'alta Italia. L'altro documento è del 1192, di quattro anni posteriore alla pace di Rovigno, ed è della città di Pirano colla città di Spalato, rinnovata più tardi. Aspra guerra mossero i Piranesi a Rovigno nel 1210, crediamo che questa guerra fosse assai meno per amore dei diritti del Patriarca di quello che per gelosie e concorrenza di commercio di queste due città nella Dalmazia, come in grandi dimensioni erano avvenute fra Pisa e Venezia, fra Genova e Venezia. Li quali movimenti mercantili scemarono e per lo monopolio dei Veneti, che volevano esclusivamente tirarlo a Venezia, e per le pesti. Pirano s'alzò prima di altre città istriane, credo perchè meno travagliata dalle pestilenze — Rovigno si alzò col 1700, e crebbe rapidamente. NOTIZIE Il giornale della Società Agraria Istriana pubblicato il gTorno 96 pnrgrro, rpnno ttnll'I. IL Procura d! Stato in Rovigno colpito da sequestro. Il Consiglio scolastico distrettuale di Capodistria porta a notizia che nel distretto scolastico di quella città sono da rimpiazzarsi col principio del venturo anno scolastico in via definitiva ed in mancanza di abilitati al magistero, in via provvisoria, i qui specificati posti con lingua d'insegnamento italiana: presso la scuola po-! polare mista di Pinguente i posti di maestra superiore di seconda classe e di sottomaestro; presso la scuola popolare femminile di Pirano un posto di maestra superiore di prima classe ; presso la scuola popolare maschile di Capodistria un posto di maestro di terza classe; presso la scuola popolare femminile di Muggia un posto di maestra di terza classe. Il governo italiano si adopera perchè le tariffe ferroviarie internazionali che l'Austria-Ungheria stabili là per la Pontebba, non sieno differenziali a danno di Venezia e a prò di Trieste. Il discorso detto da Attilio Hortis, a Certaldo, per l'inaugurazione del monumento al Boccaccio fu vivamente applaudito. Il fascicolo XII, 15 giugno, della Nuova Antologia contiene un lavoro di 0. di H. intitolato: Un poeta istriano. Il Congresso convocato a Parigi da Lesseps per esaminare i progetti relativi al canale da aprirsi fra l'Atlantico e il Pacifico attraverso l'istmo che unisce le due Americhe, elesse a vicepresidente l'illustre geografo italiano, Cristoforo Negri, dietro proposta dello stesso Lesseps. S. M. il Re dei Belgi, sopra proposta del presidente del Consiglio dei Ministri, ha insignito l'illustre economista italiano, Luigi Luzzatti della decorazione di Grande Officiale dell'ordine dì Leopoldo. Il presidente della Camera di Commercio di Milano ha annunciato alla Camera stessa che verrà compilata nel corrente auno una Statistica del raccolto dei bozzoli. All'Istituto di Francia, accademia di scienze morali e politiche, il socio Giraud, lesse un'importante memoria sopra la vita e le opere del conte Federigo Sclopis di Torino, ministro dell'interno sotto Prospero Cose locali Registriamo, come cosa meritevole di nota, il prodotto dato quest'anno ad un possidente di qui dalla semente francese del signor Dottore A. Levi di Fara, (Goriziano). Oncie 4 V» nella casa domenicale a S. Nicolò d'Oltra —.........Resa Ch. 307.34 Oncie 3 1/2 distribuite a N. 5 case coloniche nella stessa località — . . „ Ch. 171. Complessivo „ Ch. 478.34 Media chili 59.79 1/s per oncia. Appunti bibliografici la storia nella poesia popolare milanese. (Tempi vecchi). Studio di Giovanni De Castro. Milano. Brigola 1879. " Odi profanitin vulgus et arceo„ ha scritto in un momento di mal'umore, o meglio di entusiasmo, quel buon tempone di Orazio che pur di certi vizietti volgari, come di quello del tuffare nel Cecubo le cure, se ne intendeva un tantino. E a lui di contro il Tommaseo sentenziava: '•Amo il volgo profano e l'avvicino, E dietro alla sentenza non so quanti volumi di canti popolari ed illirici, e quindi dischiusa la via ai letterati alla mano d'interrogare la musa popolare, e di raccoglierne i canti schietti, efficaci. Non già che tutta fosse farina del sacco popolare, chè più d' una volta con un motto elegante, con una locuzione ricercata, arcaica, il dotto ci faceva apparire la sua falsariga. L'egregio professore Giovanni De Castro si è messo ora a spigolare nel vecchio campo; ma con intendimenti nuovi, come apparisce dal titolo. Non ha egli raccolto infatti i canti popolari del Milanese con uno scopo letterario; ma ci ha mostrato quale influenza esercitassero gli avvenimenti sul popolo ; e quindi il suo scopo è eminentemente .balbo (1819), ministro della giustizia e del culto sotto Cesare Balbo (1848,) presidente del senato (1849), presidente dell'Accademia delle scienze ecc. di Torino, gran collare dell'Annunziata, morto di recente in tardissima età. Scrisse: La storia dell'antica legislazione del Piemonte, la storia della legislazione italiana, la dominazione francese in Italia, sulla autorità giudiziaria, Saggio sugli stati generali ed altre istituzioni politiche del Piemonte, ricerche storiche sui rapporti politici fra la dinastia di Savoja e il governo inglese ecc. ecc. scientifico, e solo di seconda mano letterario. Il campo è quindi molto ristretto, ma nuovo e degno dal chiarissimo autore; nuovo, ch'io ini sappia per la poesia popolare milanese ; chè per la poesia italiana 1' autore fu preceduto dall'erudito Professore D'Ancona nello studio: La politica nella poesia del secolo 13 e 14 (Vedi Nuova Antologia Gennajo 1867). E che il campo debba essere ristretto, lo si capisce subito; perchè il popolo, qualunque sia la dominazione o la forma di governo e gli avvenimenti, trova sì sempre nella famiglia, e nell'amore l'inesauribile tema a suoi canti più freschi e più belli; ma deve su altri argomenti tacere. A chi non avverte bene ai limiti che l'autore stesso ha segnato al suo lavoro, questi canti popolari milanesi parranno ben poca cosa e sarà indotto a credere che nel Milanese per tanti secoli il popolo non abbia mitigato col canto i suoi dolori, o manifestate le poche sue gioje . . . Anzi l'autore stesso a pagina 79 si lamenta di questa sterilità della musa, e ne cerca le cause nella tirannide viscontea prima, e poi nel dispotismo spagnuolo. Osservazione giustissima, e che può dar luogo ad altre spiegazioni. Il dominio straniero avrà potuto impedire che i canti popolari politici si diffondessero, si conservassero infino a noi ; ma nou già che si cantassero a mezza voce tra i liberi campi, lontani dalle borgate e dai castelli, nei villaggi che non avevano la fortuna di possedere una stabile guarnigione, che insegnasse la politica e la morale alle ragazze. Così, a mo' d' esempio, la generazione presente rammenta il canto milanese, e tanto popolare prima del 59: Guarda..... Che ven la primavera ; Te mettarem sull' era A batt el formenton. Chi è che lo rammenterà da qui a qualche anno ? Cessata la causa, che ha fatto nascere i canti eccezionali, i canti pure un po' alla volta svaniscono : restano solo le canzoni che rappresentauo la vita intima del popolo. Opera adunque questa del chiarissimo autore difficile; il terreno ingrato, sterile; pochi perciò i frutti, ma quei pochi preziosi e di molto ajuto alla storia. Questa si cerca nei libri, nei diplomi, nei codici; si rovistano biblioteche si fruga negli archivi, meno si studiano le tradizioni e i cauti del popolo. Pure ciò che invano i Serenissimi hanno cercato nei libri,' avrebbero di leggeri potuto trovare in qualche canto del volgo profano : una tradizione, un motto raccolto dalla voce del popolo può gettare sprazzi di luce. Se fosse possibile di avere una raccolta completa dei canti popolari durante la dominazione longobardica, un' antica questione sarebbe di subito sciolta.„ Si desidera (scrive egregiamente il signor De Castro) di sapere quel che le masse pensavano, sentivano, desideravano. La loro esistenza è pur sempre la nostra, ci appartiene e continua in noi ben più dell'esistenza eccezionale dei potenti, dei famosi, che si svolge quasi a parto, con emozioni e compensi ignoti alla moltitudine. Si desidera, nel caso nostro, scoprire la nativa indole uon alterata sostanzialmente; notare il modo di vivere, i guasti operati dal tempo, i danni del lungo servire, contemplar le trasformazioni del carattere in mezzo alle sofferenze e alle lotte. „ (pag. 4). Singolare e fecondo ingegno questo del signor De Castro, che, nato da padre istriano, a noi piace dir nostro. Cominciò con novelle ricche di sentimento squisito; regalò poi un buon libro al soldato italiano; e, dopo varie altre opere, volto l'ingegno a' più severi studi, ha preso posto tra gli scienziati con un erudito studio su Fulvio Testi (Milano Battezzati 1875). Dotato di uno spirito analitico, assimila ciò che ha inteso, studiato, notato anche fuggevolmente ; vi aggiunge di suo un' idea che gli balena, con facilità non comune di associazione, alla mente. Un discorso, un motto, una parola che vieue a lui di rimbalzo, egli l'afferra, l'accoglie, vi pensa su ; e così ci dà un libro : è il crescit eundo applicato alle opere dell'ingegno. Nen è biasimo è lode; cou le bricciole che cadono dalla mensa del ricco si fa i l pane del popolo : Ohi sa che le Insiliate dell' Alessandrino, e del bosino Verpello, i soli poeti veramente popolari, dei quali si parla a pagina 155, non siano state la causa prima e come il noccinolo intorno al quale si veune rimpolpando questo libro nutrito di tante e così varie questioni sull' origine dei dialetti, sulla potenza del latino, sull'influenza della letteratura provenzale: cose tutte che dimostrano nell'autore un corredo di cognizioni e di seri studi su quanto fu scritto in questi ultimi tempi dal Fauriel, dall'Ascoli, dal Bartoli, dal De Ancona ecc. ecc.....Forse parrà a taluno (per continuare nella metafora) che il crescit eundo produca qua e là qualche scabrosità ed irregolarità alla superficie, come nella prima parte del libro che accenna a troppo e a troppo gravi questioni; però tutti, anche i critici più schifiltosi e severi, dovranno ammettere che il libro si presenta benissimo come un tutto che età da sè e quale un libro di utile e piacevole lettura: utile per le riflessioni e le conclusioni storiche che se na possono dedurre; piacevole, per lo stile facile, aneddotico, storico alla moderna, come, dopo gli illustri esempì del Canta, smessi i trampoli del Colletta, e del Botta, usano i migliori nostri scrittori. E di queste deduzioni storiche basterà accennarne una. Quanti anni ci vollero, e quanti dolori nei governati, prima che il buon Meneghino, contento del buon pan e del buon risotto, dopo aver sbraitato per le strade — viva la Spagna, dove se magna — e insultato ai Navarrini, si svegliasse da un sonno codardo, per riacquistare la coscienza di sè e tramutarsi in eroe e soldato della libera patria! Deduzioni di questo genere se ne potrebbero fare molte altre; ma per non uscire dai limiti segnati, passo a dire dell'erudizione del chiarissimo autore, la quale è commendevole, e opportuna e si manifesta con brevi note a piè pagina, nou a inceppare come di sovente accade, ma ad ajuto del lettore. E di queste a uoi istriani giova rilevarne uua a pagina 105, che suona così : •'Avvertimento della lingua sopra il Decamerone. Venezia 1583,, Alla fine del primo volume trovasi una novella tradotta, oltre che uel nostro (nel milanese) in dialetto bergamasco, veneziano, friulano, istriano, padovano, genovese, mantovano, bolognese, uapoletano, perugino e fiorentino.,, (') 1) Non dispiacerà al lettore istriano di leggere questo volgarizzamento della novella IX della giornata prima del Decamerone fatto dal Salviati. (Fu pubblicata già dall' Unione di Capodistria. N. d. R.) — Digo donca ebe in toi tempi del primo re de Zipro despò ii vadagno fatto della Terra Santa de Gottofreddo de i Bajoi, fo intravegnù eli'una Zentildonna de Vas coglia fo andà in peligrazo al Sepurchio. Do la tornando iu drio, zonta in Zi-prio, da no so quanti scelerai orni fo con gran vi'lania svergo-gnada. Donde che ella cenza consolazion ciguna lementandose s' habù impensà de voler cigar dinanzi lo re. Ma a ghe fo ditto de un, che indarno la se averes fatigà; perchè lui rieva d'una vita tanto minciona e de poco, che no solamente l'ingiurie de' altri con zustizia fadeva vendetta ; ma pur assè che ghe riera fatte a Non dispiacerà da ultimo all' egregio professore, se passo ora a rilevare qualche leggera menda, scusabilissima in opera di così ricca e varia erudizione. Libero il De Castro di credere che il milanese servisse agli usi quotidiani della vita, e convivesse accanto al latino (pag. 10) poiché egli stesso è persuaso di dire cosa assai contrastata. Alle moltissime ragioni che si potrebbero addurre contro una tale opinione, e che * richiederebbero un libro, si aggiunga questa sola. Il De Castro stesso ammette che moltissime voci vennero dal latino e perfino dicerie fanciullesche. Ma una lingua così universalizzata, di necessità deve aver distrutto l'anteriore, solo accogliendone ancor qualche voce. A pagina 21 si legge degli strani misteri, e specialmente della festa dell'asino e di altre usanze medioevali; e l'autore crede che questi riti e titoli burleschi, lo spirito bonariamente malizioso del medio evo abbia saputo trarre dalle parole stesse di Cristo: lenti i poveri di spirito.„ È troppo noto essere questa una volgare interpretazione, che gl'ignari dello stile biblico ripetono tuttora, mentre è evidente che il detto evangelico insinua non l'amore dell' ignoranza, ma della povertà e di una povertà intima, desiderata dallo spirito, e alla quale aspirare possono perciò anche i ricchi, mentre talora ne sono privi i poveri, quando le ricchezze desiderano con brame inquiete e smodate. A pagina 42 si legge che la benedizione del fuoco si fa in° piazza il sabato santo nella Valtellina; mentre questo è rito universale di tutta la chiesa romana. A pagina 108 l'autore sostiene che i Bergamaschi sono detti bagiani. Per me non ho nulla in contrario; ma che cosa dirà il Bortolo dei Promessi Sposi, che fece quella tal predica a Renzo per persuaderlo a lasciarsi dar del bagiano, come a tutto pasto dicevano invece i Bergamaschi a quelli dello stato di Milano? Ma forse che l'autore avrà tanto in mano da aggiustare il latino in bocca anche a Bortolo. Basta, se 1' accomodino fra di loro. Io intanto spedisco all'autore il mio viglietto di visita colle iniziali p. c. per congratulazione di questo suo nuovo erudito lavoro. P. T Ini con grati vergogna padiva. Donde che quando calcnn aveva calche dolor lui con farghe valzuna inzuria o despresio se stasava 1' animo so! E cusi avendo bù inteso la femena, desperada de far la so vendeta, per calche consolazion del so travajo s'habù imptnsà de voler sojar le sturdità de sto Re. E andà pianzendo alla so presenzia g'abù ditto: Signor mio, i' no vegno za de ti azzocchè ti vendicheis l'inzuria che me se stada fatta, ma in gambio de quella te priego che ti m'insegnis co che ti sopportis quelle che me ven ditto che te se fatte, azzocchè imparando de ti possis anche mi con pazienzia soffrir la mia che Dio il sa, se lo potes far volentiera i te la donares, despò che ti ses così bon mincion. E1 Re inchinta quella bota, essendo sta longo e priego, eoa se fos desmesedà del sonno, scomenzando della inzuria fatta a sta femena, che amaramente la bù vendicada, crudiel persecutor fò diventa de tutti che incontra 1' onor della so Corona cosa neguna fades de za ananzi. Opere del Cavalier Leonardo Sa!viati. Volume terzo pag. 337. Milano Società Tipografica dei classici italiani. 1810. Bollettino bibliografico L'Istria negli scrittori antichi greci e latini. 0 Y_a. Capodistria — nel periodico "Unione,, an. V., n, 16, 17. L'autore, come ci avverte in alcune righe di prefazione, imprese a tradurre nel nostro idioma i brani citati nella rubrica Fonti antiche, la quale si trova nella Bibliografìa dell'Istria compilata con mirabile sapienza dall'illustre Carlo Combi. Egli destinò il suo paziente lavoro a "quelle gentili lettrici e a que' cortesi lettori dell' Unione, che non intendessero di greco e di latino o non avessero agio o volontà di rintracciarne i brani negli antichi autori,, e tradusse con rara chiarezza e semplicità di stile da poter esser letto con piacere anche da un profano di scienze storiche e geografiche. Auguriamo che questa bellissima ed opportunissima traduzione venga stampata a parte e divulgata in parecchi paesi, perchè la gloriosa storia dell'Istria finisca una volta di essere semenzajo di pregiudizii grossolani e di false idee a mille doppi più perniciose della ignoranza. X. he aurore. Dramma in versi, in tre atti, di Tito Mammoli. Rocca San Casciano, Stab. Tip. F. Capelli. Nè btn scelto, nè ben definito ci sembra l'argomento di questo dramma e l'intreccio arruffato e poco naturale. Quel fanciullo poi (Daniele) che a nove anni si fa vestire dalla mamma e peggio ancor» ha bisogno di farsi suggerire da lei verso per verso l'usata preghiera del mattino, è proprio un controsenso, una stonatura. An-che gli altri personaggi sono appena abbozzati. Ciò non ostante «e l'autore è giovane, può, ci permetta la profezi», riuscire ee-celiente poeta perchè, a parer nostro, possiede elevatezza di pensiero unita a fluidità di verso e ad eleganza di stile. E Rocca San Casciano, piccola città nella provincia di Firenze ; conta 4000 abitanti circa, ed ha bellissima chiesa, elegante teatro e piazza patente sita tra due borghi. Abbiamo ricevuto : Vittorino da Feltre, periodico compilato da I. Bernardi, V. de Castro, F. Gazzetti; — Il Mercurio triestino, giornale della estrazione dei prestiti, guida del capitalista ecc. — 1 tempi dei promessi sposi e la poesia vernacola, capitolo di G. Da Castro, tratto da un suo lavoro che sta per uscire co titolo : La storia nella poesia popolare milanese : — Arnaldo da Brescia e la rivoluzione romana del XI secolo, studio di G. De Castro. (Bibl.) Di quest'open scrissero con lode parecchi autorevoli periodici italiani e stranieri, e fra gli altri 1' Archivio Storico Italiana, ne parlò anche L' Unione di Capodistria in un coscienzioso articolo del prof. G. Riosa, anno I, 13, Si vende in Livorno alla tip. ed. di F. Vigo, e a Milano dagli editori dell' Enrico Pestalozzi, via Durim 18, nonché dai principali librai d'Italia. — Albona, studii storico - etnografici di Tomaso Luciani, Venezia, tipografia dell' Istituto Coletti, 1879. Col 1 Luglio è aperto l'iabbuonamentoj al II Semestre del giornale •'Mente e Cuore,, a f. 2. e per gli studenti a f. 1. RETTIFICA. Nell'impaginare 1' ultimo articolo Gl'istriani su mare, III, occorse uno sbaglio che il lettore avrà scorti di leggeri. — Le due prime linee della I colonna, pagini 99, e precisamente le parole una fabbrica di spiriti fin oggi si ricava, andavano collocate in principio della. II colonna, pagina 98; per cui si dovea leggere così:; È strano, molto strano, che l'Istria, così largamente provvista di viti, non abbia neppure una fabbrica di spiriti e di liquori. Non è da pensare allo spirito ordinar» che oggi si ricava da tante materie ecc.