ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSION! / REPORTS AND REVIEWS, 989-1006 poznati arheolog i istraživač poduzimao na Crnogorskom primorju u dva navra-ta,1906. i 1910. godine. Zainteresirali su ga epigrafski spomenici, novci i pečati, kao dio kulturne baštine Crnogorskog primorja. Miho Demovic autor je rada Kotorski svečenik Grgur Zarbarini (1842.-1921.) -(nepoznati) znanstvenik, (etno)muzikolog, pjesnik i prevoditelj (803-826) daje pregled djelatnosti tog višestranog Kotoranina. Autor donosi životopis Grgura Zarba-rinija, pregled njegova spisateljskog rada (pet djela u rukopisu i tiskovina) koje potom analizira. Život i rad jednog malo poznatog kompozitora iz Boke: Antun Kopitovič (1913.1983.) [827-845] naslov je rada autorice Ivane Antovic i posljednji u ovom zborniku u kojem autorica daje pregled života Antuna Kopitarovica koji je postao poznat u Argentini sa svojom vokalnom kompozicijom »Molitva« nastalom u Buenos Airesu 1971. godine. Na kraju potrebno je pohvaliti ovako sveobuhvatnu monografiju koja obraduje zanimljivu problematiku kojoj se pristupilo na nekoliko načina i različitih metodologija. Raznolikosti su doprinijela istraživanja povjesničara, povjesničara umjetnosti, književnosti. Stoga, potrebno je čestitati autorima priloga, ali i urednici (ujedno i organizatorici skupa) koja je uspjela pribaviti ovako velik broj radova. Nadamo se da s crnogorsko-hrvatskim prožimanjima nece stati istraživanje dodira susjednih pod-ručja. Suzana Miljan Lidija Nikočevic: IZ »ETNOLOŠKOG MRAKA«. Austrijski etnografski tekstovi o Istri s kraja 19. i početka 20. stoljeca. Pula, Zavičajna naklada »Žakan Juri«, 2008, pp. 317 Tra le novitá editoriali istriane dell'ultimo periodo, il libro di Lidija Nikočevic Iz »etnološkog mraka«. Austrijski etnografski tekstovi o Istri s kraja 19. i početka 20. stoljeca (Da »le tenebre etnologiche«. Scritti etnografici austriaci sull'Istria tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo) merita sicuramente una posizione di rilievo. Prima di tutto perché e relativo ad un campo - quello etnografico - non troppo fre-quentemente oggetto di indagini scientifiche e, in secondo luogo, perché presenta i frutti di una lunga ricerca che l'autrice ha avviato sin dai primi anni Novanta dello scorso secolo. Queste due situazioni si riflettono in qualche modo giá nel solo titolo dell'opera, il quale lascia intuire come l'argomento trattato sia in realtá oscuro e, che per uscirne, i rimedi non sempre sono di semplice natura. 1000 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSION! / REPORTS AND REVIEWS, 989-1006 Ma dove ha origine questo periodo »tetro« e dove invece si intravedono i primi spiragli di luce? È questo l'inter-rogativo di fondo che, sia pure in modo implicito, accompagna tutti gli otto ca-pitoli in cui è strutturato lo studio. Già dal primo di questi emerge come negli anni del governo austriaco l'Istria ha rappresentato per Vienna un'area del tutto periferica. Non solo negli scritti etnografici, ma anche in quelli storici, demografici ecc. il periodo asburgico in particolare è stato troppo spesso messo in disparte. Emblematico è il caso di Pola che, a differenza per esem-pio di Trieste, non è stata quasi mai trattata da autori dell'area »tedesca« con l'attenzione che il principale porto della marina imperiale avrebbe meri-tato. Nel secondo capitolo si analizza lo sviluppo della disciplina etnologica nel contesto asburgico che prende corpo nel periodo Biedermeier e si basa sulla costruzione di varie corografie (o cronache): Koch e Schmidl sono soltanto due esempi primitivi di alcune delle memorie di viaggio in cui anche l'Istria si vede coinvolta. Non poteva mancare un doveroso omaggio al pioniere della materia: Karl von Czoernig, padre dell'etnografia istriana (e austriaca in genere) ancor prima che questa si fosse in realtà formata come disciplina autonoma. L'Etnographie der Oesterreichischen Monarchie e la carta etnografica rappresentano due elementi da cui i posteriori ricercatori in materia di studi etnici (non solo etnografici) sull'Istria, a cominciare dal suo coevo Adolf Ficker, non hanno potuto prescindere. Non è dunque un caso se le radici dell'etnografia istriana si formano in contemporanea con quello che è l'impianto dell'imponente apparato statistico asburgico e che il primo cen-simento demografico moderno del 1857, che avrebbe voluto limitarsi alle 11 »nazio-nalità« rispetto alle 137 etnie individuate dallo Czoernig, deve fare a meno proprio di questo elemento. Certamente non meno complessa è la situazione istriana in cui le 13 etnie identificate dallo statistico boemo continuano ad essere oggi oggetto di studio (e di meditazione) ad oltre un secolo e mezzo di distanza. L'attualità di quest'opera è sufficiente ad esternare come la situazione della nostra penisola sia più complessa di quanto alcuni »studiosi« volevano far credere nel recente passato ed altri continuano a farlo a tuttoggi. 1001 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSION / REPORTS AND REVIEWS, 989-1006 Altrettanto doverosi sono i riferimenti che l'autrice dedica ad altri due personaggi la cui opera ha in qualche modo continuato quella avviata dallo Czoernig: il primo è Rodolfo d'Asburgo, promotore e curatore dell'immenso lavoro in 24 tomi Die österreichisch-ungarische Monarchie in Wort und Bild. Il 9° volume dell'opera conosciuta anche come »Kronprinzwerk«, dedicato al Litorale ed uscito nel 1891 dopo la morte dello sfortunato erede al trono, è opera - per quanto riguarda l'Istria - di Vjekoslav Spinčic. Aldilà delle omissioni e del fatto che Spinčic si concentri sulla sola componente croata e slovena, la Nikočevic giudica positivo il contributo, non solo perché si tratta di un primo scritto di etnografia di cui è autore un istriano, ma anche perché il castuano rompe i luoghi comuni che andavano a crearsi circa l'Istria, nella cui popolazione gli autori coevi vedevano una popolazione ibrida senza una precisa identità. Anche ció si inquadra nel forte connotato politico in cui viene inquadrata l'opera di Rodolfo ed in cui egli ha voluto dare spazio a tutte le etnie partendo dal presupposto che i popoli, soltanto conoscendo gli uni gli altri, potranno svilupparsi in concordia e progresso; motto che sarà poi fatto proprio un po' da tutti i maggiori esponenti della casa imperiale. L'altro è l'etnologo Michael Haberlandt che, oltre ad essere stato il fondatore del primo museo etnografico austriaco, è stato anche il fautore della prima raccolta etnografica di oggetti dell'Istria costituita essenzialmente da elementi di ceramica, ma anche da un tipico focolare entrato poi a far parte della collezione del museo che dal 1917 ha trovato sede al Palazzo Schönborn di Vienna. In questo focolare si intrec-ciano, o meglio dire si confondono - di certo non volutamente -, elementi tipici della cucina di località urbane con quelli delle realtà rurali ed è divenuto negli anni un simbolo della miseria istriana piuttosto che una rappresentazione della sua vera identità. L'elemento dell'arretratezza e della primitività riemergono poi anche negli altri oggetti come per esempio nei costumi, in cui quelli cici si ergono a rappresentare il costume istriano. Si tratta in sostanza di insinuazioni basate su degli stereotipi secondo i quali i cici, in qualità di miserevoli contadini del povero entroterra istriano, venivano colti da Haberlandt come la popolazione più autentica dell'Istria proprio perché marginale e poi acculturata. Pur essendo stato spesso bersaglio di critiche proprio per questo suo metodo selettivo nella ricerca, specie da parte italiana (note sono le deplorazioni di Attilio Tamaro nei suoi confronti), a Haberlandt vanno co-munque i meriti di aver raccolto nel museo viennese oggetti della memoria che in caso contrario sarebbero andati completamente perduti tra cui, in modo paradossale, anche quelli delle realtà cittadine venete. Dopo essersi soffermata su tre figure essenziali a cui vengono in qualche modo attribuite le cause per il formarsi degli stereotipi che gravano sull'identità istriana, la Nikočevic propone un'esaustiva rassegna di testi sull'etnografia istriana comparsa all'interno dei periodici dell'epoca nonché nella produzione cronistica e quella per scopi turistici. 1002 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSION / REPORTS AND REVIEWS, 989-1006 All'interno delle riviste specialistiche, tra le quali occupa una posizione di rilievo la Zeitschrift für Österreichische Volkskunde, si possono trovare diversi contributi, in parte originali in parte rielaborazione di studi antecedenti, opera di autori di diversa estrazione professionale e geografica. Tra questi troviamo il pittore salisburghese Hans Ludwig Fischer, il germanista (nonché etnologo) sloveno Wilhelm Urbas, il »giornalista« stiriano Joseph Stradner, lo studioso di storia naturale slesiano Ludwig Karl Moser ed il meno noto A. Schück. Questi testi vengono posti sotto la lente d'ingrandimento dall'autrice che, nella maggior parte dei casi, ne individua le man-chevolezze (Fischer), le abbondanti copiature (Urbas), le copiature parziali (Stradner), ma anche l'autenticità (Moser) e le intuizioni (Schück). Il medesimo trattamento viene riservato pure ai cronisti Löwenthal, Raffelsperger, Kohl, Ohswaldt, Schweiger-Lerchenfeld, Noé, Ludwig Salvator e lo stesso Stradner. Anche questi scritti sono accumunati da alcuni stereotipi; come sottolinea a più riprese la Nikočevic, si tratta in molti casi di testi che ben poco hanno di scientifico ma che appaiono interessanti soprattutto alla vista del lettore austriaco »medio«, vale a dire il potenziale esplo-ratore turístico, cui sono destinati, che poco conosce della nostra terra e delle genti che la abitano e che spesso usa identificare con una cultura minore. Cultura minore che in questi scritti è unita da un costante comune denominatore: la popolazione dei cici, in cui tutti questi scriventi vedono, per l'appunto, qualcosa di marginale e di inferiore. Interessante il fatto che questi stereotipi restano presenti anche in autori di lingua tedesca che scrivono durante la seconda guerra mondiale (Glauert), ma anche negli anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso (Sotriffer, Waitzbauer) o soltanto di recente (Matzka). Anche il capitolo conclusivo è dedicato all'interpretazione dei testi come per esempio quello su dove finisce il lavoro del cronista nella stesura di un diario di viag-gio e dove invece inizia il lavoro scientifico dell'etnografo. Sia i cronisti sia gli etnologi trovavano comunque in Istria un terreno fertile per le loro interpretazioni. La penisola istriana veniva infatti vista come una specie di Austria-Ungheria in piccolo, il suo popolo una specie di ideale in quanto privo nel suo complesso di un'identità nazionale e perciô ibrido e multietnico: un vero modello per il futuro della mo-narchia. Il libro, che esce nella collana »Identiteti / Istra u transformaciji«, presenta oltre ad un'ampia rassegna bibliografica anche un indice analitico ed uno nominativo non-ché ampi riassunti in tedesco, italiano e inglese. Molto curata è la veste grafica che è opera dell'editore Aldo Kliman, che fa proprio di questo aspetto, oltre che ovvia-mente dei contenuti, uno dei cavalli di battaglia dei propri prodotti. In conclusione si puô dire che nelle sue accorte descrizioni ed analisi Lidija Nikočevic cerca di vedere i fatti con gli occhi degli autori di allora ma non per questo rifiuta una riflessione più distaccata, vista a un secolo e più di distanza, ma per questo più profonda e immune da possibili interpretazioni di parte. Ed è proprio questo 1003 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSION! / REPORTS AND REVIEWS, 989-1006 modo di vedere i fatti che rende quest'opera preziosa non soltanto per l'etnologo o l'antropologo, ma anche per il geografo, il lingüista, il demografo fino allo storico piu classico. Da affermata antropologa e ricercatrice in campo etnologico l'autrice non si sofferma soltanto sulla mera descrizione dei fatti, ma tenta in ogni passaggio di compiere quel passo oltre in cui sviluppare la riflessione su quale tipo di messaggio venga effettivamente trasmesso all'utente, in questo caso il lettore. Alla fine si potrebbe concludere che il lettore ricava l'idea che le tenebre che danno il titolo all'opera sono anche le tenebre dei popoli con le quali l'Austria-Ungheria cercava di appiattire la coscienza nazionale (ma non solo nazionale) dei vari popoli di cui si componeva il suo vasto impero. L'Istria probabilmente non e stata un esempio isolato, ma sicuramente un esempio tipico. Teorie che sono state fatte proprie anche dai governi successivi a quello asburgico e sono rimaste presentí in Istria, cosi come in altre parti del dismesso impero, fino al rigurgito nazionalistico degli anni Novanta che ha portato alla dissoluzione della Jugoslavia che, assieme alla Cecoslovacchia -cui e toccata la medesima sorte -, costituivano guardacaso due stati nati proprio sulle ceneri della monarchia danubiana. Dean Krmac Barbara Sirca: BABETTE: DNEVNIKI BARBARE ŠIRCA, 1849, 1850, 1851. Žalec, Zavod za kulturo, šport in turizem, 2009, 344 str. Omenjena knjiga je faksimile izvirnih dnevniških zapisov žalske tržanke Barbare Širca s srede 19. stoletja. Dnevniki so bili najdeni v zapuščini Barbarinega sina Friderika Širce, bolj poznanega kot skladatelja pod psvedonimom Risto Savin. Originalni zapisi so v nemškem jeziku, v knjigi pa je tudi prevod v slovenščino in spremna beseda. Zapisi so vsakodnevni in zajemajo tri leta, 1849, 1850 in 1851. V letu 1851 pa se dnevniški zapisi končajo z 22. novembrom, temu naj bi botrovala nenadna smrt sina Francka. Poleg zakoncev Barbare in Ernesta so v hiši pri Širčevih živeli še njuni otroci Mimica, Lenca in Francek, Ernestova mati Johana ter dve neporočeni svakinji, Fani in Neti. Vsakdanje življenje Barbare je bilo prepleteno z delom v trgovini, ki je njeni družini predstavljala glavni vir preživetja. V družini se ni počutila zaželeno, predvsem zaradi nenehnih sporov s taščo, k slabšemu razumevanju pa sta prav tako pripomogli svakinji. Zaradi slabih medsebojnih odnosov in vedno večje moževe brezbrižnosti se v dnevniških zapisih začne pojavljati Barbarina želja po odhodu oziroma po zapustitvi družine. Njen odhod ni bil pogojen samo s finančnimi sredstvi, ki jih 1004