AIIO VI. Capodistria, addì 9 Aprile I88O UT. 13. L" integrità di un giornale consiste nell' attenersi, con costanza ed energia, al vero, all' equità, alla moderatezza. ANNIVERSARIO — 12 Aprile 1782 — Muore Pietro Metastasio. (V. Illustrazione). QL* 0 S IT [3 0 & * negli scrittori antichi greci e latini (V. il N" 17 dell'anno V e seguenti). G. Massimo ad Aquilea. Arringa ai soldati. Tale era la festa a Roma; e Massimo levò le tende e da Ravenna giunse ad Aquilea, dopo di avere passatelle acque basse che formate dall' Eridano e dagli stagni circostanti per sette bocche 1) si riversano in mare: epperò gli abitanti iu lor lingua chiamano queste acque stagnanti Sette mari. Subitamente aprirono gli Aquilesi le porte ad accoglierlo, e le città d'Italia inviarono a lui ambascierie dogli uomini che primeggiassero in ciascuna, i quali in bianche vesti e in mano rami di lauro gli recavano ciascuno le statue de' patri Iddii e se vi erano corone d' oro appese in voto nei loro templi, ed acclamavano giulivi e coprivano Massimo di fronde. Anche l'esercito che avea posto 1' assedio ad Aquilea procedette a lui in sembianza di pace recando rami di lauro; non che tutti facessero per vero sentimento, ma fingevano propensione e rispetto costretti com' erano dalla presente fortuna dell' impero. I più di essi infatti erano malcontenti e in cuore si rodevano che 1' imperatore eletto da loro fosse stato ucciso, e '1 potere in mano di quelli nominati dal senato. Massimo però entrato che fu ad Aqnilea impiegò il primo giorno ed il secondo ad offerir sacrifici, il terzo chiamò a radunanza tutto l'esercito in pianura, dove gli si era alzato un tribunale, e tenne press1 a poco il seguente discorso : "Quanto vi abbia giovato lo essere voi rientrati in voi stessi e lo avere riconosciuto le decisioni de' Romani, vel sapete per prova, quando pace vi avete in luogo di guerra dagl' Iddii a' quali giuraste, quand' ora mantenete il giuramento prestato alla bandiera, eh' è del romano impero sacra e inviolabile proprietà. Or vi si addice godere di questi vantaggi anche nel tempo avvenire, restandovi sempre fedeli a' Romani ed al senato e a noi imperatori vostri, che il popolo ed il senato in riguardo alla nobile nostra origine e a' molti nostri fatti succedutisi l'uno all' altro in lunga serie, quasi giudicandoci pervenuti a quest'ultimo gradino, elessero. Non è infatti la signoria possedimento d'un sol uomo, ma sì da età remotissima comune di tutto il popolo romano, ed in quella città 2) n' è stabilita la sorte: ma noi abbiamo lo incarico di amministrare e dirigere gli affari dello stato assiem con voi. Che se questo avvenga da parte vostra con la disciplina e l'ordine voluti, con modestia e rispetto verso chi è superiore, a voi ne toccherà una vita beata e priva di cure, a tutti gli altri uomiui nelle provincie e nelle città pace e sommessione a chi comanda. Vivrete ancora a seconda del desiderio a casa vostra, ne vi toccherà di patir sventure in paese altrui. Che poi i popoli barbari se ne stieno in pace, avrem cura noi. Perocché essendo due gì' imperatori, più facilmente saranno maneggiati gli affari in Roma, e se ve ne sieuo di urgenti all' estero, secondo il bisogno è ognora pronto chi se ne incarichi. Né creda alcuno di voi che del passato si serbi la minima ricordanza, sia da parte nostra (poiché faceste secondo vi fu ordinato) sia dai Romani o dalle altre Provincie che trattate ingiustamente si ribellarono; ma sia fatta ammistia generale, e patti di salda amicizia, arra eterna di amore e disciplina.. Così parlò Massimo press'a poco, promise distribuire a' soldati superbi doni, e fermatosi pochi giorni ad Aquilea li raccolse per tornarsene a Roma. E le altre milizie inviò alle provincie e agli alloggiamenti Impropri, egli poi prese la via di Roma in compagnia dei pretoriani cui spetta la sorveglianza alla corte imperiale, e con quelli ch'erano agli ordini di Balbino. Fecero inoltre con lui ritorno gli aiuti calati di Germania : perocché fidavasi di loro per il favore che gli addimostravano per avere egli amministrata equamente la lor provincia nel tempo che non era imperatore. Allo entrare eh' ei fece in Roma si recò ad incontrarlo Balbino con allato Cesare Gordiano e '1 senato e '1 popolo acclamando come accogliessero trionfatori. 3) 90. GUERRA DEI ROMANI CON GL' ISTIMI (a. 223 a. C.) [.Eutropio (fiorì c. 367 d. C.): Compendio d1 Istoria romana 1) 111, 5 (2) Ed. I D. G. G. Baumgarten-Crusius Il E. B. Dietscli, Lipsia 1850]. Sotto il consolato di M. Minucio Rufo e P. Cornelio fu fatta guerra agi' Istri, perchè avevano derubate le navi romane 2), che procacciavano il frumento, e furono assoggettati. 1) V. N. 45 nota 4. — 2) A Roma — 3) Se desiderate sapere quel che seguì, vi dirò: — I soldati del pretorio fanno poco dopo una congiura contro Massimo e Balbino, gl'imperatori eletti dal senato, gli uccidono e proclamano imperatore Gordiano III allora tredicenne appena. Il quale nel 244 viene assassinato anche lui. — Guardate che tempi! 86. pola Giulia [Eumenio (n. 250 d. C.) : Panegirici 1) Vili, 14 della raccolta: Panegirici antichi. Ed. A. G. Valpy, Londra 1828]. Siate pur Signore d' ogni città, d' ogni nazione, noi tuttavia abbiamo anche il nome vostro, non più lo antico; Bibratte invero fu detta fin qui Giulia, Pola, Fiorenza; ma Flavia è la città degli Edili. 1) In libri 10. Lui seguì spesso Sesto Rufo. V. N. seg. Se ne giovarono Gerolamo, Orosio ed altri - 2) V. N. 24 e 75. 91. SI ACCENNA ALLA CONQUISTA DELL' ISTRIA.1) [Bufo Festo (fiorì c. 369 d. C.): Breviario delle gesta del popolo romano III e VII. Ed. V.Foerster, Vienna 1874]. Sotto a questi generi di governo adunque, cioè regio consolare imperatorio, quanto Roma allargossi, brevemente voglio significare... Sotto ai consoli, fra' quali fuvvi tal fiata qualche dittatore, per anni insieme 467 fu occupata l'Italia fino al di là del Po. . . Dell'Illirico 2) furono soggettati gl'Istri i Liburni i Dalmati . . . e si pervenne fino al Danubio . . J L'Illirico 3) assalimmo poco a poco dalla parte della riviera. Lebino console entrò primo il mare Adriatico e '1 Ionio 4) ed occupò le città della costa .... Sotto Giulio Ottaviano Cesare Augusto si passarono le Alpi Giulie e, vinti gli abitatori alpini tutti quanti, lor si aggiunsero le provincie de' Norici. 5) t) V. in T. Livio. - 2) C. Vili dice : ^L'Illirico à provincie 18." — 3) Dicea al c. IV: „In che ordine poi la repubblica romana abbia acquistato ogni singola provincia, si dimostra- più sotto". — 4) V. N. 51 nota 3. — 5) V. il N. 81, 82, 83. (Continua) 1) S011 quattro quelli che restano di lui. Quello, di cui il brano, s'intitola: „Ringraziamento a Costantino Augusto (imp. 306-337) a nome dei Flavesi", cioè degli abitanti di Flavia, prima Augu-stodono (ora Autun nel Dip. Saone et Loire) capitale negli Edui. In questa città Eumenio era retore o professore che sia. L' orazione fu tenuta forse nel 312 a Treviri, ove Costantino si trovava, e a ringraziarlo dei benefìci resi a detta città degli Edui. La quale indi si chiamò Flavia dal nome gentilizio dell'imperatore. — 2) Ora Beuret nello stesso Dip. vicina ad Autun. Scrittori istriani viventi (Cont. V. i N.i 15 e 19 dell'anno V.; 2,4,9 e 11 del VI) Marchesetti (Carlo de), scrittore istriano, nacque in Trieste ai 17 gennaio dell'anno 1850. Compiuto nell'anno 1874 il corso di medicina all'Università di Vienna, negli anni 1875-76 intraprese un viaggio alle Indie Orientali col fine di studiare i prodotti naturali e le malattie di quel paese. Reduce in patria, venne nominato direttore del Civico Museo di storia naturale di Trieste. Fra le pubblicazioni di questo dotto e giovine naturalista, segnaliamo le seguenti: "Un'escursione sulle Alpi Giulie, (1875); "Flora dell'isola di S. Caterina, (1875): "Una gita al Gran Sasso d'Italia, (1876); "Botanische Vanderungen in Italien, (1876); "Ricordi d'un viaggio alle Indie Orientali (1876); "On a prehistoric Mo-nument of the W. Coast of India, (1876); "Descrizione dell'Isola Pelagosa, (1877) '; "Note *) Dal Dizionario Biografico in corso di stampa a Firenze, che viene pubblicato dal prof. De Gubematis. — Riproduzioni autorizzate. intorno ad una fanciulla della tribù degli Acca,, (1877); "Del sito dell'antico castello Pucino„ (1878); "Sugli oggetti preistorici di S. Dauiele„ (1878); "Sulla Flora d'Isola,, (1879) "Una passeggiata alle Alpi Carniche,, (1879). Moise (Giovanni), filologo, nacque in Cherso, una delle isole del Quarnero (Governo di Trieste) il 27 novembre 1820. Fatti in patria gli studi elementari, fu mandato per quelli di grammatica e di rettorica nel Seminario Patriarcale di Venezia ; poi frequentò il liceo di Santa Caterina, attendendovi per due anni agli studi della filosofia. Chiamato alla vita ecclesiastica, ritornò allo studio di Teologia nel Seminario, e dopo tre anni s'ordinò prete. Ridottosi in patria nell'estate del 1845, attese al suo ministerio e a dar lezioni ai giovanetti nelle materie ginnasiali. Viaggiò in Svizzera, in Francia, in Germania e iu Italia. Gli studii delle buone lettere furono sempre l'amorosa cura del Moise, che molto sa e intende nelle discipline della grammatica, e scrive italianamente come pochi non toscani sanno. Fra i principali lavori da esso stampati si annovera la "Grammatica della Lingua Italiana,, (Venezia, 1867) in tre volumi. Egli aveva seguito l'ortografia del Gherardini, accrescendo anzi che no la dose delle novità, la qual cosa però nessuno gli menò buona. Ristampatala (Firenze, 1878) in un grosso volume, l'ortografia gherardiana scomparve, e l'opera tale qual'è, sebbene non sempre risponda alle esigenze dei moderni studii in quella parte che concerne certe definizioni e certi criterii, pure vuol risguadarsi come una delle più ricche e compiute che si conoscano, e tale che il filologo potrà sempre consultare con frutto. Di essa il Moise fece poi un piccolo compendio per le scuole (Firenze, 1878). Meritano anche singolare ricordo le seguenti sue pubblicazioni: "Regole del giuoco del Quiutilio (Venezia, 1868), libretto che fu giustamente indicato agli Accademici della Crusca per estrarne i termini proprii dei giuochi di carte; la "Vita della serva di Dio suor Giacoma Giorgia Colombis, monaca benedettina,, (Modena, 1873);la"Strenna Istriana di Nono Caio Baccelli» (Capodistria, Venezia e Firenze, 1873-79); e 1* elegante "Volgarizzamento di quattro operette ascetiche di San Bonaventura,, (Firenze, 1878), che meritò le lodi dello stesso Fanfani, non sempre benevolo col Moise. A CESARE AUGUSTO (da Orazio Carmina I 2) metro saffico minore (tentativo di traduzione secondo la prosodia del ritmo classico) Troppa neve '1 padre e funesta grandin sulla terra inviò e co1 la man corusca fulminando i sacri delùbri fece Roma tremare, fe' temere al mondo l'atroce secol 5 della triste Pirra ed i nuovi mostri, quando Pròteo '1 gregge a vedere spinse gli alti cacumi, 've de l'olmo in vetta posàro i pesci, ai colombi impr'ia soggiorno usato, 10 e, rigonfio '1 mar, si lasciàro i cervi timidi a nuoto. dall' etrusco lito vedemmo '1 biondo Tebro torcer l'onda violento e gire alla mole real e di Vesta a' templi 15 per rovinarli, mentre ad ìlia ultor che si duol di troppo ei si vanta e, mal sofferendo Giove, si riversa fuor da la ripa manca, ligio marito. 20 quell'acciaro udrà, di che meglio i Persi morti avrieno, in sè cittadini usanti, delle pugne udrà, pe' la colpa avita rara, la prole. al cadente impero a che nume fìa 25 ch'aita chieda '1 popol? le vergin sante quai preghiere a lei leveran, se i carmi Vesta non" ode ? Giove a chi imporrà d'espiar la colpa? ten preghiam, deh scendi, veggente Apollo, 30 e una nube faccia a tui radianti omeri velo ; che se vuoi vien tu, Èricina vaga, cui Cupido intorno volare e Giuoco suole ; o tu, se '1 seme e i nepoti guardi, 35 Marte, negletti, della tresca sazio ah troppo lunga, cui clamore allieta e cimier lucenti e de' Marsi ì volto se torvi mirin l'oste cruento ; 40 sia che, alato figlio de l'alma Maia, sotto giovin forme imitar ti piaci Cesare ed ài caro di lui nomarti vendicatore : tardi riedi in ciel, di Quirino a lungo 45 deh rimanti qui fra la gente lieto, uè ti levi, ai nostri nemico vizi, troppo veloce aura, qui ti piaccian i gran trionfi, qui chiamarti padre ti piaccia e prence, 50 nè lasciar, te duce, vagare inulti, Cesare, i Medi. Capodistria, marzo 1880. G. Vato va. La prima cita nel tunnel Sei Gottardo All'alba (29 febbraio) vedemmo giungere la nostra macchina ornata dei colori svizzeri; il treno che essa doveva trar seco si componeva di vagoni poco alti, sui quali ascesero prima il manipolo dei minatori che andavano a lavorare nel fondo della galleria; indi i direttori ingegneri, ispettori, geologi, ecc., in tutto circa sessanta persone. Mentre noi ci accomodiamo, quattro mortai andavano a gara nel-l'emettere detonazioni assordanti; moltissimi minatori colle loro lampade facevano ala all'ingresso del tunnel per assistere alla nostra partenza. Erano le 7 ore ed i primi raggi del sole indoravano le cime nevose della stretta vallata allorquando venne dato il segnale della partenza. I miei compagni di viaggio presentavano dei veri tipi d'intelligenza, di cordialità e di modestia svizzera. Siamo in un punto del tunnel che, interamente finito, offre l'aspetto d'una sala spaziosa e prolungata all'infinito. La nostra locomotiva ad aria fischia e sbuffa; essa non ha che una debole pressione fornendo poca acqua la Reuss alle turbine, ed i compressori, di ricambio, prementi poca aria. Il nostro treno s' avvia produceudo degli effetti di chiaro scuro veramente fantastici; l'alta volta e le pareti scure oscillano sotto il riflesso irregolare delle nostre nove lampade. Esso si ferma di frequente per fornire il serbatoio d' aria fresca. Erano circa le 8 e 45 minuti quando giungemmo al luogo battezzato col nome di cattivo. (E quello in cui la pressione del suolo superiore costò tanti disagi ai costruttori). A 2.800 metri di profondità della galleria circola la parola d'ordine : Abbassate *) Dall' Illustrazione Italiana corr. — Riproduzioni autorizzate. del 4 il capo! Si tratta di non essere urtati dalle molte travi dell'impalcatura di rivestimento che sporgono nella galleria; in questo passaggio, ove la locomotiva non potrebbe penetrare, chi rimorchia il convoglio sono i cavalli. Noi troviamo moltissimi minatori mezzo nudi, scarsamente illuminati dalle loro lampade di lavoro; uno di essi è il Vercelli, quegli che appiccò il fuoco all' ultima mina del tunnel del Moucenisio e che al Gottardo è capo-fuoco fin dal 1872. Egli è pallido ed ha una figura energica. A 4.600metri fagià molto caldo; ma si è meno oppressi dalla temperatura girando in vagone, che camminando. Via via si sente aumentare il carattere infernale di questo audrone pieno di sudore, di acqua, di rumori e d'oscurità; il mio vicino, il dottor Kappe, verifica 37 centigradi. Giunti al punto in cui oltrepassiamo la parte del tunnel forato fino al basso, prendiamo dei vagoni ancora più piccoli, tirati da cavalli, ciascuno dei quali non contiene che due uomini ed una lanterna. Alle nove siamo già a 6.300 metri di profondità. Invece di una vòlta di magnifiche pietre lisce, abbiamo sopra le nostre teste della roccia uniforme, spaccata dall'esplosione delle mine, irta di sporgenze che sembrano, alla luce tremola che su di esse si riflette, minacciare di caderci sul capo. Dappertutto, a destra, a sinistra, sopra e sotto, distinguiamo vagamente degli operai grondanti di sudore, armati di zapponi e <|i pesanti martelli, col corpo mezzo nudo, sospesi tra le roccie e colle gambe nell'acqua. Alle nove e uu quarto ci troviamo a 6.900 metri. Parecchi uomini affatto nudi manovrano con una febbrile energia una macchina chy perfora gettando nuvoli di scintille sugli oscuri fianchi del tunnel. Subito dopo giungiamo alla galleria di direzione propriamente detta, lungo tubo di sei metri quadrati in media, in mezzo a roccie squarciate, il cui fondo nerastro è rigato da liste di quarzo bianco. Eravamo a 7.450 metri: Abbassate il capo! I nostri poveri cavalli sbuffano e tremano sulle gambe. Siamo in fondo della galleria Nord, vicini all'affusto della grande perforatrice. Ivi si offre al nostro sguardo uno spettacolo veramente infernale; tutti si precipitano, affollandosi intorno alla macchina, verso l'ultima parete ancora in piedi tra le due gallerie: io cerco, come gli altri, di vedere dall'altra parte frammezzo al buco semicircolare nello scandaglio e scorgo, infatti, oltre questa lunetta, alcune indistinte parti di figure umane. L'eccitazione è generale. Frattanto la macchina ripiglia il suo assordante lavoro per far ancora piùprofondo il buco della mina: essa ringhia e scricchiola; trema sotto lo sforzo de'suoi colpi, etutt' all' intorno si grida in tutte le lingue frammezzo ad una atmosfera superiore a 32 gradi. Nei fori già finiti vengono piantati dei pali di ferro, ai quali vengono attaccate delle lampade: è l'officina di Satana. Tutto d'un tratto una sbarra di ferro penetra nel foro di scandaglio; ed essa ci reca alla sua estremità una lettera d'Italia : ilarità e gioia universali ; si parla, si risponde, si ride attraverso il buco. In breve tutto è pronto; gli operai caricano le mine, e noi ci ritiriamo un 300 metri, vicino ad un robinetto ad aria, e aspettiamo con vera ansietà. Infine avviene l'esplosione, e tutti si precipitano verso il fondo della galleria. Urrà! la parete è rovesciata; ad un metro sopra il suolo si presenta un vuoto rotondo di quasi un metro di diametro ; dalle due parti regna un fracasso indiavolato di giubilo. Gli Airolesi, arrampicandosi per i primi nel buco, giungono ed abbracciano i nostri; poscia fanno lo stesso gli ingegneri Boley e Dapples coi direttori Bossi e Mori. Si distribuisce della birra e del vino freddi come il ghiaccio, e l'ispettore Kauflfmann pronuncia con emozione un eccellente discorso. Quanto ai tecnici, essi si pongono a verificare se l'asse ed il livello del tunnel sono stati misurati bene: tutto va a meravi-viglia-, nuovo scoppio d'allegrezza. Dopo ciò, oppressi da un calore infernale, ce ne ritorniamo, e giunti all' imboccatura Goeschenen, dopo sette ore di viaggio nelle viscere della montagna, acclamiamo alla luce del giorno. N. F. P. Illustrazione dell' anniversario Al melodramma in cui predominò lo spettacolo, in cui il coturno fu miseramente confuso colla comica scurrilità del socco, seguì quello, nel quale si fece strada la poesia e signoreggiò sullo spettacolo e sulla musica, come presentemente quest' ultima prevale e scaccia persino del tutto la poesia, come vediamo nei balletti tanto in voga oggigiorno. Se non iniziatore, rappresentante ed unico rappresentante, per così dire, di quella età di mezze del melodramma, di quel melodramma veramente artistico e popolare fu il romano Pietro Trapassi o Metastasio. Fanciulletto dodicenne appena, bello della persona, con due occhi giocondi, voce soave e maniere non comuni, obliando talvolta l'orafo dove la povertà della famiglia lo costringeva trat-tenevasi co' popolani in piazza Vallicella come altresì nelle più colte società di Roma, improvisando versi con grazia, armonia e ispirazione ammirabile tanto, che lo rendevano dovunque ricercato. Gianvincenzo Gravina, comecché medidorissimo verseggiatore, pur eccellente giudice di poesia, udito il giovinetto se ne innamorò, 10 volle figlio adottivo e gli mutò il nome di Trapassi grecizzandolo in quello di Metastasio. Indottolo quindi a smettere lo estemporaneo, mercè cure veramente paterne lo avviò ne' nobili studi a tale, da renderlo, — come dice il Baretti col suo modo esagerato — 11 primo poeta del mondo. — Non ancora sedicenne, sotto la direzione di un tanto maestro, ma impastoiato altresì nelle immutabili norme di lui e seguace però di quella freddezza che osserviamo nel Gravina, compose il Giustino, tragedia, che comunque senza vita, e servile imitazione dell' Italia Liberata del Trissino, resta tuttavolta una tragedia regolare, che lascia trasparire in parecchi luoghi il grande ingegno del novizio poeta e lo rende quindi non meno ammirabile. — Perchè fosse la sua beli' opra compiuta, il Gravina morendo lascia erede il giovane allievo di tutti i suoi libri e di una rendita di oltre 15000 scudi, onde potesse condurre vita indipendente, per la quale avesse agio di nudrirsi de' nobili studi e non fosse astretto dalla necessità a vendere i pensieri e l'ingegno. Il giovane però in breve tempo die fondo a tutto quel patrimonio e forse per sua ventura. Giunto ormai agli estremi, si ridusse a Napoli acconciandosi con un curiale per campare la vita. Volle il caso, che celebrandosi il dì natalizio dell' imperatrice Elisabetta, gli si commettesse di scrivere un' azione teatrale in musica. Egli compose gli Orti delle Esperidi, e gli applausi con cui venne salutato questo primo suo lavoro e la rinomanza, che repentinamente levò di sè decisero onninamente del suo avvenire ; ond' egli animato dalla coscienza della propria vocazione, seguì correndo il genio, che per man lo prese. La vita del Metastasio da allora in poi diventa un vero idillio, un continuo succedersi di trionfi, „un nido d'alcione" — come s'esprime il Settembrini — „in mezzo alle onde del mondo". Marianna Bulgarelli, l'idolatrata Romanina di quel tempo, donna di bella voce e di nobile sentire, che avea sostenuta la parte di Venere nel dramma del giovane applaudito, maravigliata di cantar allora per la prima volta dei versi veramente poetici, desiderò di conoscere 1' autore e piaciutole il leggiadro aspetto e le insinuanti maniere, gli offerse la propria casa, e ne fece un poeta drammatico. Da lei e dal Porpora, che le era famigliare, fu confermato il giovane nella poesia e apprese la musica a segno di conoscere in breve tempo le intime ragioni delle due arti. Dalla Bulgarelli ebbe quindi soggetto ed incoraggiamento ad altre sue produzioni, come a quella della Didone, dove in onta a certi diffettucci „appare — dice il Cereseto — artista che slanciasi a divorar la via." L' opera fu musicata dal Sano. Compose quindi successivamente 1' Ezio, 1' Olimpiade, l'Alessandro ed altre, che s' ebbero gli applausi di tutta Europa e per cui il melodramma giunse ad una altezza, che nè prima nè poi da nessuno, nè italiano nè straniero fu conseguita. — Intanto Apostolo Zeno, già vecchio e annoiato della sua carica di poeta cesareo alla corte viennese, desideroso di rivedere la sua cara Venezia chiese comiato all' augusto padrone e gli propose il giovane Pietro Metastasio, come il miglior poeta drammatico, che s' avesse allora l'Italia. Questi fu tosto invitato a quella corte a vi andò (1731). Arrivato appenna scrisse i due oratori di S. Elena e della Passione di G. C. da recitarsi durante la quaresima nella capella imperiale. Alla corte viennese trasse cinquanta anni d'una vita veramente beata. Occupato sempre in nuove produzioni procedete gradatamente dal buono al migliore. Contentandosi del suo stipendio non volle nè onori nè dignità, neppur quella di esser coronato in Campidoglio ; onorato e riverito universalmente non seppe mai abbandonare quella sua rara semplicità di costumi, che sola seppe preservarlo da ogni invidia, e fargli trovarcela più grande felicità nell'intima compiacenza di vedersi così popolare e ricercato da tenere nella sua libreria ben quaranta edizioni delle sue opere. Morì a Vienna il 12 aprile 1782 in età d'ottantaquattro anni. Ebbe sepoltura nella chiesa degli Agostiniani ; nell' altra chiesa dei Minoriti — detta anche degli Italiani probabilmente da lui — gli fu eretta nel 1854 una statua, opera del romano V. Luccardi. — Le opere del Metastasio ritraggono perfettamente il suo carattere, che in tutte le azioni e in tutte le circostanze fu sempre la dolcezza. D'ingegno naturalmente felicissimo, educata alla severa scuola del Gravina fu l'anima sua tutto un amore e una voluttà, se mi si permette, ma sereni, ordinati e non disgiunti mai da prudenza e da saggezza. Quello che scrive, lo sente egli stesso per primo vivamente nel cuore, e lo confessa (Sonetto IV) "... del mal che inventai piango e mi sdegno,,. Ed è questa maniera di scrivere appunto, unita alla giusta espressione dei suoi sentimenti, unica causa perchè sempre ci dilettano e commovono e sempre ci commoveranno le sue opere sieno cantate o recitate senza musica o semplicemente lette. Altri vorrebbe trovare ben diversa ragione di questo effetto ! (vedasi il Settembr. III. pag. 134). Metastasio fu il primo, come già si disse, a cui riuscì di rendere alla poesia il posto, che dallo spettacolo e dalla musica le fu usurpato ; egli fu il primo che seppe trovare il giusto equilibrio dei versi e della musica, distrutto il quale ogni opera musicata perde di sua bellezza. L'entusiasmo, che levarono nel suo secolo le opere del Trapassi, e che tuttora noi sentiamo nel leggerne alcuna non deve però accecarne in modo da voler scusabili certi difetti, che troppo sensibilmente emergono, dei quali il primo quello della verità storica. E checché ne sostenga il Settembrini in contrario non arriverà mai a piacermi che Abele inviti le genti a lodar seco il Signore, che un re persiano parli delle pallide sponde di Lete e di così fatte molt'altre. Un'altro difetto sarebbe poi quello, che nel Metastasio par quasi una mania o una legge prefissasi per accontentare i suoi signori e che dimostra già nella tragedia del Giustino, l'uniformità cioè nelle catastrofi, il voler che si sciolga ogni azione, sia tragica o meno, segua o non segua la verità storica sempre libera da accidenti cattivi, i quali ancorché prossimi sono allontanati sempre da certi portenti provvidenziali, che lasciano intravedere troppo chiara l'inverissimiglianza. Queste sarebbono le più sentite e forse le sole mende che gli si possano accollare; ogn'altra sì riguardo all'elocuzione come alla verseggiatura e alla poca copia verborum un vero nulla di confronto ai grandi pregi di lui. Il Metastasio scrisse 26 melodrammi comunemente di 3 atti e 6 personaggi, musicati la maggior parte dal Caldara. Primeggia fra tutti — anche secondo l'opinione dell'autore — VAttilio Regolo. Scrisse poi 35 azioni teatrali minori ed 8 oratori, nei quali ultimi riesce però meno felice comunque dicesse il Monti, che così si canta in paradiso. Fu ancora il Metastasio erudito cultore delle lettere latine e greche, e tale ne lo appalesano parecchi saggi di traduzioni nonché alcune lettere scritte in latino ed i suoi Estratti critici sul teatro greco e dell' Arte poetica d'Aristotele come nelle note a quella d'Orazio. Arturo Pasdera. Beneficenza triestina. — La splendida fiera di beneficenza, tenuta testé a Trieste nella grande Sala del "Ridotto per soccorrere gì' indigenti di Trieste e dell' Istria, ha fruttato, nei soli tre giorni, la bella somma di ventitremila fiorini. Possano le gentili venditrici, ed i generosi contribuenti e compratori godere a lungo e prosperamente la soddisfazione del loro atto benefico ! — In tale occasione, allo scopo di accrescere l'introito, hanno ivi pubblicato un fascicolo a foggia di giornale, dal titolo Trieste - Istria, che si vende al prezzo di soldi cinquanta nella libreria Coen, e anche qui a Capodistria dal libraio Cerni-vani. Esso gareggia coi migliori pubblicati per scopi di beneficenza nella Penisola, e parecchi ne supera. È riuscito interessantissimo in tutte le sue tre parti : nella letteraria, nell' artistica, e nella musicale. Ferrovia Trieste-Pisino. Scrissero da Vienna all' Osservatore Triestino in data 26 marzo u. d: „Nell' ufficio del caposezione nel ministero del commercio, barone Lilienau, irovansi circa 80 suppliche per Outenere le necessarie concessioni per costruire ferrovie secondarie, rispettivamente ferrovie vicinali. Tutte queste domande sono dirette ad ottenere il permesso di formare delle società per costruire tali vie. Era le 80 domande citerò solamente quella dell' Istria che può interessare il Litorale e della quale feci ormai breve cenno in altro mio carteggio. Si uratta, com' è noto, di costruire una ferrovia con sistema americano da Trieste sino a Pisino, passaudo Capodistria, Isola, Pirano, Buje, Pinguenie, Risano e Mon-tona, onde mettere Trieste in congiunzione coli' interno e col cuore dell' Istria, dacché 1' attuale linea strategica da S. Peter a Pola non corrisponde allo scopo di porre Trieste in contatto immediato coli'interno dell'Istria, nè colle coste della penisola onde trasportare persone e vettovaglie. La linea avrebbe 24 chilometri di lunghezza e non avrebbe da superare che 1' altura di Scofie di 76 metri sopra il livello del mare seipeggiando alle falde del monte presso Risano. I progettanti calcolano sopra un giornaliero movimento di 400 persone in media fra Trieste e Capodistria, e di 250 fra Trieste ed Isola, e di circa 500 fra Pirano e Trieste. Calcolando le persone che approfitterebbero della ferrovia a Pinguente, Risano ecc. si potrebbe fare calcolo sopra un treno giornaliero di 2000 individui. Il movimento sarebbe ancora più importante nei giorni festivi specialmente durante la stagione estiva fra Trieste-Noghera-Risano, dacché i cittadini amano fuggire il lastrico triestino ed i cocenti raggi solari che lo percuotono, onde riposare nella frescura delle fatiche della settimana, e l'attività dei triestini è generalmente nota. Se il movimento delle persone è già importante, quello delle merci e vettovaglie è d'un peso molto maggiore". Distruggete i bruchi ! è 1' esortazione che ora rinnovano le autorità comunali agli agricoltori nel comune interesse ; poiché bruchi (rughe) ce ne sono anche quest' anno in grandi masse sugli alberi da frutto. Distruggiamo dunque i bruchi! Scacchi. — È uscita l'ottima Guida elementare di A. Seghieri, la quale viene caldamente consigliata dai più autorevoli scacchisti a tutti coloro che intendessero di apprendere l'utile e dilettevole giuoco. Eccone l'indice. Introduzione. Poi seguono diciassette capitoli, cioè : — Origine e progressi del giuoco. — Del materiale del giuoco. — I movimenti dei pezzi. — Del modo di notare le mosse. — Dizionarietto dei termini — Del valore tecnici. dei pezzi. — Leggi e regole del giuoco. — Consigli ed avvertimenti. — Un esercizio pratico. — Le più brevi partite. — Le partite istruttive di Neumann. — Delle aperture. — Tranelli e stratagemmi varii. — Partite apparentemente disperate. — Dei finali. — Dei problemi, cenni storici e critici, con una collezione di problemi di compositori italiani, cioè: G. B. Valle, L. Sprega, C. Salvioli, L. Dossena, L. Rossati, G. Tonetti, C'ozio, Del Rio, E. Crespi, G. Liberali, L. Mussini, E. Orsini, Calvi, L. Bellotti, A. Ferrante, E. Volponi, E, Camurri, C. Marchetti, L. G. Mimbelli, L. Minio, C. Mornelli, A. Bronzini, E. Brune, A. D'Aumiller, P. Marchesini, Ant. Mazzolani, A. Seghieri. — Prezzo L. 5. Recapito: alla Direzione della Nuova Rivista degli Scacchi, Livorno (via dei Floridi N. 1 p. p.).— Di una prossima gara fra Trieste e Venezia (il cui esito nou mancheremo di notificare a suo tempo) n' è fatto cenno nel seguente periodo della Nuova Rivista degli Scacchi, fascicolo febbraio-marzo: „Anuunziamo con vero piacere che la sfida di due partite per corrispondenza fra Roma e Padova, da noi accennata nel precedente fascicolo, ha realmente effetto, con a capo i sigg. Bellotti, Forlico e Seni per Roma, e i sigg. Maluta, padre e figlio, e Zon per Padova. Inoltre fra Bologna, e Firenze si sono impegnate altre due partite, nelle quali, prendono parte principale i sigg. Muzzi, Laenz e Vivautea Firenze. Queste quattro partite saranno giocate colle regole universali. In tal guisa i Circoli scacchistici d'Italia non rimangono inoperosi e tengono vivo l'interesse al nostro incomparabile giuoco! Fra breve incomincerà anche un'altra di queste nobili gare fra Trieste e Venezia". — Il nostro carissimo avvocato Orsini di Livorno, il direttore della Nuova Rivista degli Scacchi, ci fa sapere che nelle prossime ferie autunnali egli spera poter realizzare il suo vecchio disegno di visitare l'Istria, „la bella e simpatica provincia". Venga, venga, egregio avvocato, ai piedi delle Alpi Giulie, che per gli scacchisti tanto di Trieste quanto della provincia sarà una vera festa il poterle stringere la mano! Teatro Sociale. — Ancora martelliani ! Ciel, qual disavventura ! E anonimi per giunta ! Brutta dunque fattura Del cronista audacissimo, che versi scriver vuole Scordando il latin motto in cui c'entran le suole ! Santa pazienza! Accetti un sincero consiglio, Glielo diam come fosse davvero nostro figlio : Abbandoni una vìa per lui tanto spinosa E a scrivere ritorni, per carità, in prosa. — Son questi senza dubbio gli acutissimi strali, Che scoccherete unanimi, o crudeli mortali, Allor che sotto gli occhi L'Unione a voi verrà E di giusta ira subito tutti v'accenderà. Ma di sedar le vostre mortificanti grida E darvi un po' di calma il misero confida, Dicendovi che in prosa appunto intende scrivere, E sol alla lontana un tantinetto fingere Del sacro monte qualche allegra melodia, Per togliere la solita brutta monotonia : Prosa con rime e accenti (e Dio non voglia errati !) Ei vi presenta, e spera che non vi avrà seccati. Se permettete dunque un racconto vuol farvi, Ossia relazion breve d'una serata darvi. — Da carità sospinti nel veder la sventura Che tuttora sul popolo gravissima perdura, In accordo si posero alcuni cittadini, Raunati dall'amico nostro Pietro Garbini Maestro dilettante di scherma valentissimo, E nel social teatro spettacolo bellissimo Ci offrirono la sera del tre aprile corrente Dinanzi a scelto pubblico, numeroso e plaudente. Seguendo or del programma 1' acconcia spartizione, Sincera, esatta, breve, darem la relazione. La maestosa marcia del "Profeta» sonarono Orchestra e Banda unite, e bene dimostrarono CAPODISTRIA, Tipografia di Carlo Priora. Quanto del Montanari ottima sia la scuola. Negl'intermezzi poi suonò l'orchestra sola. Il maestro Giuseppe Ciasca, sempre cortese, Questa volta pur fe' il suo valor palese, Composizioni proprie sul violino eseguendo Difficili e soavi con esito stupendo. — Di Thàlberg l'ardue note sul cembalo suonò E con perizia il Ciasca due volte accompagnò E alti applausi riscosse la gentil signorina Ida Battistig, nostra ormai concittadina. Da celebre istituto da pochi mesi uscita Delle più belle artistiche doti ella è già fornita. — Gli allievi questa volta esposti dal Garbini Di sua pazienza i larghi mostrarono confini. Han breve la statura, leggiadrissimo il volto, Son schermidori destri e valorosi molto; Ma se mai della sfida v' inviassero il cartello Mandate loro subito di chicche un bel cestello, E questo colla sua dolcissima favella Svanire per incanto farà la ria procella . . . Scioglier convien 1' enigma : son tanti fanciullini, Graziosi, franchi, vispi, tutti veri amorini, Che il lor compito fecero con piena serietà Benché nov' anni appena conti il maggior d' età. Nei lavori ginnastici applausi pure s' ebbero E di scioltezza grande lungo saggio ci diedero, D' ogni quadro alla fine gettandoci bacini ; Ed ecco i nomi quali sono di quei carini : Massimiliano Màhorich e Manetta e Sandrino; Marsich Teresina e Angelo e Giovanni e Beppino. — Seguì poscia uno scherzo comico di buon genere, Che la mestizia a ognuno avrebbe fatto perdere. Lavoro del Salvestri, difficoltoso alquanto, Eppure recitato con brio preciso tanto. Vèr 1' alte sfere della nobil arte cammina La quindicenne nostra vezzosa signorina Annita Montanari, che gran stupor lasciò In ciascun che d' udirla il ben si procurò. E il giovane signor Luigi Montanari Brillante sembra già dei più nobili e cari. Ed essi egregiamente vennero secondati Dai seguenti giovani signori pur lodati. Fece Arturo Pasdera una parte d' amante, E Vittorio Scampiehio quella di commerciante ; Antonio Cobol fu spedito servo moro, E suo fratel Giuseppe nel buco ebbe il lavoro. — Con belle, rapidissime e volteggianti mosse, Sebben di „paralelle" stancato già si fosse, Raffo, giovane valido, presentò di bastone Brillantissima e lunga una „divisione", L'incomodo vincendo dell' aspro pavimento Che non poco gli die' faticoso tormento. Poi con Umberto Pieri robusto giovanetto Eseguì di bastone un ^assalto" perfetto, Entrambi bella prova offrendo destramente Quanto il maestro loro amato sia valente. A tutti ben potete immaginare quanti E fragorosi applausi facessero gli astanti : Applausi sincerissimi, poiché del risultato Il più severo critico sarebbesi appagato. E chiusa fu così la gradita serata La qual sarà da molti a lungo ricordata, E che speranza viva sorgere fece in tutti Che s'abbian di tal seme vicini e spessi frutti, Cui forse 1' accennar non fia del tutto vano. Di questo nuovo poi misfatto martelliano Vi chiede fiducioso mille e mille perdoni Il vostro devotissimo Scommessa caritatevole. — Il conte Greppi di Milano scommise col principe romano Bei-monte (che negò la possibilità) di andare da Roma a Napoli in ventiquattro ore, tirato da quattro cavalli delle proprie scuderie. Distanza, circa 260 chilometri. Ebbe facoltà il Greppi di sostare, durante il viaggio, sei ore in tutto; nei luoghi e con intervalli di suo piacimento ; e nou era da computarsi il tempo eventualmente perduto a motivo d'ingombri od ostacoli lungo la via. Il perdente verserebbe diecimila lire a beneficio dei poveri di Roma. La scomessa effettuata cominciando dalle 11 pom. del 3 corr. fu perdnta dal Greppi. Uno de'suoi quattro cavalli, dopo lungo infiacchimento, cadde quando mancavano due sole ore per giungere a Napoli. Spedizione antartica italiana. — (L' E- sploratore). Il tenete G. Bove, nelle varie conferenze tenute nel suo giro trionfale pelle varie città d'Italia, ha insistito sulla sua idea di allestire una spedizione italiana al Polo antartico. Ritorneremo su questo argomento : intanto ci limitiamo ad applaudire cordialmente. Il comm, C. Negri ha pure insistito presso S. M. il Re per 1' attuazione di quel progetto. Coli' appoggio validissimo dell' illustre scienziato e la reale sanzione, è a sperarsi che dal campo delle parole si passerà presto a quello dei fatti. LIBRI RECENTI In casa e fuor di casa, Libro di lettura proposto al popolo italiano dal prof. Angelo Alfaui (Firenze, Barbèra). La giovanetta educata, del Dr. Aldo Gennari. Storia della civiltà, saggio di Gabriele Rosa (Brescia, Stefano Malaguzzi editore). Aritmetica commerciale e politica del prof. Tito Martini (Firenze, coi tipi dell' „Arte della Stampa"). La storia di Venezia nella vita privata dalle origini alla caduta della Repubblica, di P. G. Molmenti (Pag. XlI-703). L. 8. L'uomo di carattere, anco se perde tutto, resta ancora invincibile nella ròcca della sua coscienza ; simile a quello Stefano Colonna romano, che sorpreso dai nemici fuori de' suoi castelli, allorché questi per dileggio gli domandavano: dov'è ora la tua fortezza? — si pose una mano sul cuore, rispondendo : — Qui. C. Cantù. A nulla giova il sapere se non serve a far gli uomini migliori. G. Cakcano. , Trapassati nel mese (li Marzo 1880 1 Francesca Pagan d' anni 70 — 2 Vido Marin fu Antonio d'anni 72 — 5 N. F. (carcerato) d'anni 42 da Unca (Bosnia) — O Antonia Tamplenizza moglie di Giovanni d' ai>ni 52—8 Giovanna Milloch moglie di Antonio d'anni 42; F. D (carcerato) d'anni 18 da Gojerska (Dalmazia) — 12 Antonio Zernich di Matteo d'anni 65 — 14 Maria Lonzar di Giovanni d'anni 8; A. D. (carcerato) d'anni 27 da Galisano — 16 Pietro Mam ola di Pietro d'anni 25 — 10 G. Z. (carcerato) d' anni 20 da Dane (Istria) — 20 Caterina Vascon moglie di Biagio d'anni 27-— 22 G. D. (carcerato) d'anni 30 da Rovigno — 23 Simone Zucca fu Rocco d'anni 79; Eufemia Caligaris Ved. Nicolò d'anni 71 — 25 G. A. (carcerato) d'aniTi 36 da Trieste — 27 Giuseppe Scoch d'anni 33 -28 Michele Mattiassi d' anni 76. Più 9 fanciulli sotto i 7 anni. Corriere dell' Amministrazione (dal 23 p. p. a tutto il 6 aprile corr). Trieste Viucenzo Gianni (II sem. del VI anno) Maria Marsich Morsan (idem). IL COMITATO PROMOTORE della Società ii Navigazione a Vapore Istria-Trieste si pregia di avvisare il pubblico, che col 1 Marzo a. c. darà principio all'accettazione delle sottoscrizioni delle azioni necessarie a costituire la prefata Società Istriana di Navigazione a Vapore lungo la costa d'Istria da Pola a Trieste. NB. Per Pola dirigersi per informazioni e sottoscrizioni presso il Notajo D.r Glezer, presso la Ditta Rocco e Bartoli ed Andrea Rismondo, e per la Provincia presso le singole Podesterie di ogni paese. Gli statuti sono ispezionatili presso le Podesterie, principali Caffè ed Associa-zioni di ogni luogo.___ Domenico Manzoni Edit. e Redat. responsabile.