ANNO IT. Capodistria 1 Aprile 1868. N. 7. LÀ P GIORNALE DEGLI : olii-)arsicci fi .trfio3x8'Tobno(['R!i[i)ii/! irs 'tVl'- ' filisi) y tìéìbtJS SSS'-! elèi!.- y?c INTERESSI CIVI1I, ECONOMICI DELL'ISTRIA. fi fa') l TJ'J Ì1J« 3fflHii,-jHorò;p-f!,. ,'ifn Inb 'Mr.'M't'i lM)OtsÀHdnt0i > f)iq uttft ma ■'O',1 o'il fdoff r>Jbnr{nii fdi-f'HO .ib :■ ;>«. AMMINISTRATIVI .UkiltilJMtH. ;.! ilfoWfcb .OglO') eDifji IOJJ ttiuì xeil^iaiioma'i mar] otimuli >R1 Esce il 1 ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno f.ni 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. Pagamenti antecipati. -tiaffltnJa » (i tlholf'fi -{•ìlio li flf' . DEL GIUS 31UKICIPALE D ISTRIA. lft;)Hi6'tO!Éi .oheiufloi \ éhwìp litri . io V. .■Li irilij 01103 oiID -jflarjp oj)'>!iiJail) oia^tn AI primo dettarsi della legge municipale che a noi piace, imitando gli antichi, intitolare Legge Stadion, dal ministro che la propose, si credette di classificare in due le aziende dei comuni, in naturali ed in delegale, voci queste che adottate nella pressa degli uomini dei concelli e delle cose, furono causa che si fuorviasse, venendo a finale che ned era così, nè poteva essere. Imperciocché in uno stato a monarchia pura, ogni potere è del principe; la monarchia temperata, è temperala nell' autorità, ma continua pura nella potestà, la quale come si esercita std complesso dello slato, si esercita anche nelle minime frazioni, nelle cose di maggior momento come anche nelle cose minime, purché sieno di pubblico interesse. E risalendo all' origine ed allo sviluppo dei comuni nel Medio Evo, e nell'Evo moderno fino alla chiusura del secolo passato, colla palingenesi storica, anziché col razionalismo, che vuol rompere col presente e col passato^ vediamo i comuni venire a pubblici poteri governamentali colle armi, colle paci, colli acquisti, con le concessioni, e sempre in forma e con gius feudale. L'editto di Federico I Rar-barossa accolto nei libri feudarum enumera ad uno ad uno i poteri che nel complesso loro costituivano la potestà regia, e che dicevano Regalie, ed il codice austriaco del 1811 seguiva ancora il concetto feudale indicando i diritti di questa colla o diritti maeslatici, facendone due cate-, „ di diritti imprescrittibili ed inalienabili^ l'altra di alienabili o prescrittibili, siccome foreste, pascoli etc. etc. Non intendiamo toccare di quegli stali o Provincie che si diedero in principato dell' augusta casa a patti convenuti, ma di quelle che non ebbero siffatti o che nel decorso del tempo, ebbero la condizione fondamentale, di- che non può dubitarsi del litorale, dopo il passaggio Vii questo alla Francia. Il punto di partenza eonvien prenderlo dal codice del 1811 pubblicato ed attivato nel litorale col 1.° ottobre del -1815, e che vige da oltre cinquantanni-Nel quale i comuni sono dichiarali capaci di proprietà cìnile privata senza alcuna restrizione, e per effet- della potestà regia, voce regalie gorie, 1' una patteggiamenti, cangiala to del gius civile, capaci di beni pubblici comunali, dei quali la fruizione è riservata ai soli membri del comune o ad una frazione di questi, escluso ogni altro che non sia membro del comune. Il gius a siffatti beni pubblici comunali non deriva dal gius civile, ma dal gius pubblico provinciale, dalla così della costituzione provinciale, la quale appunto perchè legge di ordine pubblico può cangiarsi, menlre il gius ci\ile è perpetuo ed immutabile, soggetto soltanto a conversione per causa imperante di pubblica ulililà, sia dello slato intero, sia delle sue singole parli. E naturale essendo soltanto il dirilto di proprietà civile^ ove il dirilto naturale non sia contradelto da leggi di ordine pubblico, come era nel Medio Evo, il quale attribuiva l'alia proprietà degli immobili unicamente al principe, il dirilto naturale dei comuni è ristretto alla proprietà civile; la pubblica non è di diritto naturale, ma di gius attribuito, ned è irrevocabile o perpetuo. Il gius feudale o baronale attribuiva al principe fra le regali?, il jus conslituendorum magistratuum. Allorquando Trieste nel 4836, o circa, si faceva a chiedere condizione di comune libero, deduceva il suo diritto dal codice civile, nel capitolo della proprietà, della amministrazione e del mandato, siccome gius naturale dei comuni. Al pubblico governo non aveva pretendenze od aspirazioni, nè sul patrimonio pubblico. Leggi di altri slati non fecero siffatta distinzione fra poteri naturali e poteri delegati, ma le aziende dei comuni fissarono con legge organica. La distinzione dei poleri dati ai comuni fu lasciata alla filosofia del diritto; e certo aveva vitale applicazione in ciò, se questi poleri dovevano esercitarsi pel comune, dal consiglio o dalla superiorità, cadauna delle quali agisce nella rappresentanza del comune ed ha applicazione nel reclamo; dacché le deliberazioni in economia patrimoniale non ammettono ricorso, sibbene azione civile dinnanzi ai tribunali del civile contenzioso, ove intervenga lesione di diritti civili altrui; il ricorso è ammesso con- per tro atti governativi che sono applicazione delle lej effetto della pubblica potestà, il cui esercizio è affidato alle superiorità comunali, ma il ricorso và nella gradazione gerarchica delle potestà preposte. Le moderne leggi comunali austriache ammisero ricorso anche pel deliberativo e-conomico, di che non si ha esempio altrove, ed è guarentigia data agli ammislratL, meno di giusta che di saggia amministrazione; ma siffatti ricorsi vanno da corpo deliberante a corpo deliberante, dall'amministrazione immediata ai consigli, dai consigli alle diete; in Trieste dal magistrato che ha la diretta ed ordinaria amministrazione alla delegazione, da quesla al consiglio, ma non più che di un solo grado; mentre in cose di pubblico governo va in tre gradi, se i due primi discordi. Questa duplicità di ricorsi fu e sarà occasione di equivoci ove non si ponga seria attenzione all'indole della deliberazione contro cui si intende pigliare ricorso, dacché le amministrazioni comunali avendo l'amministrazione economica ed il pubblico governo, facilmente possono ritenersi atti economici, quelli che sono governativi e versavice. Non poca causa di siffatti equivoci può attribuirsi alla inesatta nomenclatura di poteri naturali e di poteri delegali. Certamente la legge Stadion intendeva per naturali quelli che furono stabilmente dati ai comuni in generale, sia nell' economico, sia nel governativo, e dei quali il governo imperiale intendeva di non tenere in se; delegati quelli dei quali oltre i dati ai comuni, il governo imperiale si riservava di appoggiare ai comuni, però in forza di legge parlamentare che avrebbe eventualmente proposla. Pare a noi che sarebbe slata più esalta la cassazione in azienda ordinaria ed in azienda straordinaria. Intuizioni migliori recarono a migliori concetti. La legge Bach 1859 divideva le aziende dei comuni in due categorie, l'una di azienda interna o privata, e questa era la patrimoniale e quanto si attaccava strettamente al concetto di corporazione applicato ai comuni; l'altra di azienda pubblica o governamentale, il che portava a riconoscere l'origine e l'indole delle due aziende. Questa distinzione era filosofica, o come dicono dottrinaria, come tutta quella legge nella parte che è enunciativa del gius comunale; (non nella forma dei comuni) non fu abrogata, essa legge ha autorità di sapienza, se non di impero e le leggi posteriori furono attinte alla legge Bach; anzi la legge sull'lncolato fu escorporala letteralmente. Della quale legge, che è parlamentare, vogliamo registrare la chiusa: coli'attivazione della presente legge restano abrogate tutte le precedenti leggi che non concordano colla presente. Le leggi municipali non sogliono recare la clausola abrogatoria, operando cosi in via derogatoria soltanto, e la stessa legge sull'lncolato manifestamente è derogatoria soltanto. La legge Schmcrling 4862. parlamentare, è di sommi canoni, impreteribili, sui quali dovevano correggersi e completarsi i regolamenti e gli statuti comunali, nelle legislature provinciali, come anche lo si fece per li regolamenti. La legge Schmerling abbandona le voci naturali e delegate, come abbandonò /' autonomia. Delle aziende fece due classificazioni le ordinarie o le proprie nelle quali si compresero indistintamente le private patrimoniali e le pubbliche governative; e sotto nome di delegate comprese quelle clic il governo imperiale, oltre le proprie, appoggerebbe ai comuni con legge futura parlamentare. Ma delle proprie, la legge Schmerling dislingue bene le pubbliche dalle private, e delle pubbliche conserva l'indole e la origine così, che per la polizia comunale, il governo con legge parlamentare poteva richiamare a se l'esercizio di qualche ramo di polizia locale. 11 regolamento provinciale per la Bl'arca d'Istria del 1863 è improntato alla legge Schmerling del -I8C2, alla legge Bach del 1859, ed alla legge Stadion del 1849, seguendo il canone della legge Schmerling che vuole l'elezione, materia di legge da se, escorporata dai regolamenti anteriori, nel testo dei quali si comprendeva l'elezione e l'Incoiato, fatto quest'ultimo materia di legge generale fondamentale. Delle leggi comunali tutte, abbiamo notato come l'una agisca sull'altra per derogazione, non per abrogazione; crediamo impratico l'esaminare se l'una agisca sull'altra per surrogazione; manifestiamo in massima opinare che nò; ma lo manifestiamo senza minuta ponderazione. Il regolamento ha tratto tante cose dalla legge Stadion e dalla legge Bach, che poco può rimanere delle vecchie leggi che non sia surrogato. Questo regolamento comunale non classifica le a-ziende in naturali e delegate, ma soltanto in proprie e delegate, e definisce chiaramente essere proprie quelle nelle quali il comune ordina e dispone da se, senza dipendere da autorità o potestà, senza essere strumento esecutorio, meramente passivo di altra autorità o potestà. Ma quanto all'indole delle aziende il regolamento distingue quelle che sono del consiglio e quelle che sono della superiorità, e distingue secondo la indole ove si debba pigliare ricorso nelle cose di autorità e nelle cose di potestà. Nel quale proposilo citeremo l'articolo 57 nel quale si pronuncia che il diritto di punire viene esercitato dalla potestà comunale, non però siccome diritto naturale, ma sì come diritto appoggiato dal governo dello stato, per cui il ricorso va alla potestà imperiale, mentre l'articolo 88 regola il ricorso pegli atti che non sono governativi, per e-sercizio di poteri deliberativi. Nè certo il regolamento provvede alle aziende future che potrebbono delegarsi ai comuni per legge parlamentare, ma intende di quelle che già sono appoggiate, e che sono comprese uel-la generica indicazione di aziende proprie. K. SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE STRADE IN ISTRIA. La classificazione delle Strade, nell'Istria, a sensi della legge prov. 49 Maggio 4865, è forse l'argomento più spinoso, che si possa imprendere a trattare, e risolvere. Quasi per ogni strada vi hanno ripetute contraddienti proposte delle comuni interessate; e le stesse i. r. Preture, se talvolta si conformano ai pareri emessi dalle medesime, talaltra spiegano un avviso del lulto contrario. Ne consegue da ciò, che non di rado occorra di vedere proposta simultaneamente la identica strada a provinciale, regionale, e comunale, senza che poi vi appaja addotto un più speciale motivo a sostegno dell'una, dell'altra, o della terza qualifica. Nel giudicare della importanza delle singole strade, ben poche sono le comuni, che seppero, o vollero spingere lo sguardo al di là dei limiti del proprio territorio, e considerarle spassionatamente soltanto in relazione alla reale loro maggiore, o minore utilità, prendendole isolatamente, o mettendole in combinazione colle diverse strade di una più ampia regione. Prevalsero invece, quasi sempre, le affezioni locali, c lo studio di mettere innanzi tutto sè stesse in salvo da ogni eventuale maggiore dispendio dell'attuale pella conservazione delle medesime; odi liberarsene affatto, credendo erroneamente che, a raggiungere questo intento, bastasse semplicemente di creare molte strade provinciali, quasiché il fondo provinciale, che ne avrebbe di conseguenza il peso della manutenzione, fosse un fondo estraneo alla provincia, o non venisse costituito, secondo i bisogni più, o meno crescenti., dai contributi degli stessi censiti. Quindi trovasi da esse ora magnificata l'importanza di una moltitudine di strade, che chiunque, per poco che sia istrutto delle coudizioni materiali della provincia, le stima appena di ordine secondario; ed ora menomata quella di molte altre, sebbene di riconosciuta più estesa utilità, perchè, sotto l'aspetto del locale tornaconto, non conveniva di togliere alle medesime la qualifica di semplici strade comunali, per dare loro quella di regionali, ed allargare cosi la misura della concorrenza nel futuro dispendio pella conservazione. Ed anche laddove si è saputo sollevarsi a più generali, e disinteressate vedute, rimarcasi, nelle varie proposte, una quasi costante incertezza nella classificazione delle rispettive strade, sia perchè queste non hanno dappertutto un carattere abbastanza pronunciato, per potervi determinare con sicurezza la maggiore o minore utilità in relazione a più comuni; sia pel motivo che quella stessa strada, ch'è di precipua importanza per una o più comuni, torna talvolta indifferente, o quasi, alle medesime, proseguendo la linea, e perde con ciò la originaria importanza, senza riaquistarla più rapporto ad altre comuni; e sia infine pella ragione che niun fondamentale e chiaro concetto avendo presieduto alla formazione della rete stradale, nell'Istria, sòrta per lo più confusamente, e così come lo richiedeva la subita esigenza dei bisogni locali, senz'avvertire, nello stesso tempo, a quelli d'interesse più generale pel complesso di una data regione, o di più regioni riunite, riesce effettivamente, in molli casi assai più difficile che taluno forse s'imagina al primo aspetto, di classificare oggettivamente le singole strade, spogliandosi da ogni subbietliva prevenzione prò o contro le medesime. Ad accrescere queste difficoltà s'aggiunge, per ultimo, la proposta luogotenenziale, mediante la quale vorrebbesi attribuita nientemeno che a ventiquattro strade la qualifica di provinciali, nella massima parte delle quali la Giunta prov. schiettamente confessandolo, e mettendo da parte per un momento gli eventuali riguardi militari, sui quali essa non è chiamata a decidere, ned avrebbe le necessarie cognizioni per poterlo fare, non ravvisa peraltro la concorrenza di quei riguardi pubblici di straordinario rilievo, che unicamente potrebbero giustificare la fatta proposta. (continua) L'ARCHIVIO DIPLOMATICO DI TRIESTE E LE FONDAZIONI ROSSETTI. L'archivio diplomatico di Trieste, che stette chiuso tre anni anche agli studiosi della città, ora va ad esser posto a disposizione di tutto il pubblico: non potrebbe essere altrimenti, dacché il Consiglio municipa- » le con recente deliberazione gli ha dato un Direttore o Conservatore. Di ciò noi Istriani dobbiamo rallegrarci, perchè l'archivio diplomatico di Trieste deve contenere cose mollo importanti, non solo per Trieste, che è la maggiore città istriana, e come a dire la metropoli di tutto il versante meridionale delle Alpi Giulie, ma anche per le città minori dell'Istria. INon importa che nella serie dei tempi queste e quella siensi talvolta messe per vie diverse, siensi combattute perfino. Sórte in riva al medesimo mare, o appoggiate alle stesse Alpi, e rallegrate dallo slesso cielo, la loro vita si è sempre, più o meno, riflettuta, e spesso intrecciata e compenetrata. Lasciati i tempi antichissimi, nei quali pure si scorgono abitate, al mare ed al monte, dai medesimi popoli, noteremo che la conquista romana, incominciala a Sistiana ed a Keppen Tabor sopra Trieste, fu compiuta a Nesazio non lungi da Pola. Trieste subilo, più tardi Pola divennero colonie militari romane, e l'lina e l'altra ebbero il medesimo compito: proteggere Aquileja (la Venezia prima) dai popoli di oltre Alpe. All'introdursi del cristianesimo, Albona posta all'altra estremità della provincia, assunse a patrono il martire tergestino S. Giusto, del quale, dopo un millenio e mezzo, se ne commemora il martirio ai 2 di novembre, in Albona come a Trieste. Nello stesso giorno ne viene fatta commemorazione anche a Galesano di Po-la. Più tardi il Comune di Trieste ebbe dominio politico sopra Muggia, S. Servolo, Castclnovo ecc. ecc. e i Vescovi di Trieste furono signori laici con alto impero di Umago, di Geroldia al Leme, di Varmo, (Vermo di Pisino.) La Diocesi di Capodistria, nel tempo che rimase acefala, (dal 7G0 al 4187) fu tenuta in governo dai Vescovi di Trieste, ed oggi stesso le Diocesi di Trieste e di Capodistria abbinate, abbracciano buona parte dell'Istria propria o marittima, e della montana (Car-sia). I castelli Barbana e Rachelle, (Arcella) sull'Arsa, furono per alcun tempo proprietà de'Triestini: Triestini ebbero nell'evo medio altri ed altri possessi nella Contea d'Istria, e i Brigido, nobili triestini, oggi stesso possiedono terre sul versante meridionale del Monte maggiore e sull'Arsa, terre che furono già Feudi iu dipendenza ai Castelli di Lupoglavo, e di Sornber, (Corte Alba?). Il Rapicio, Vescovo di Trieste, cantò i vitìferi colli, le amenità, i piaceri dell'Istria, ed Enea Silvio Piccolomini, poi divenuto Papa Pio II, essendo Vescovo di Trieste, esercitò, con proprio rischio missioni benefiche nella provincia. Nel corso dei tempi parecchi Triestini coprirono cariche civili ed ecclesiastiche in Istria, come parecchi Istriani esercitarono pubblici ofiìcii in Trieste. Nè mai furono infrequenti le tramutazioni di famiglie dalla provincia alla città e viceversa. Tale fratellanza fra Trieste e l'Istria fu sentita e proclamata colle parole e coi fatti da molli fra i più eletti ingegni d'ambo le parti. L'illustre D.r Domenico de Rossetti, triestino, se altro mai tenacissimo di governo separato per Trieste, il D.r Domenico de Rossetti mostrò come si debbano intendere la storia e gl'interessi di Trieste extra mu-ros. Lungi dal crear .linee di separazione fra Trieste e l'Istria, salvo l'autopolilia di Trieste, e rispettati i diritti delle altre citlà istriane, fece causa veramente comune ogni volta che trattò di geografia, di storia, di etnografìa, di statistica. La prova che abbiamo in cento alli della sua vita, risulta più che mai evidente nel- Y Archeografo Triestinopubblicazione eli'egli inaugurava nel 1828, e per la quale faceva espresso appello anche ai letterati dell'Istria. Già nei primi Ire volumi del detlo Archeografo, insieme alle cose di Trieste sono pubblicale assai cose dell'Istria: il quarto poi sortito alla luce nel \ 857, riproducendo per intiero i Commentari storico-geografici dell'Istria del l'escono Tom-masini, non traila che di sole cose istriane. Venuto a morte il Rosselli nel 48.45, non disse espressamente dell'Archeografo o d'altro, ma affidò in genere al D.r Kandler lo incarico di continuare le cose da lui iniziate. E il Kandler, depositario de'suoi intimi pensamenti, pubblicò V Istria, ebdomadario che per sette anni, dal principio del 4846 a tutto il 1852, trattò e riportò cose istriane e triestine ad un tempo. All' Istria fece succedere, il Codice diplomatico istriano dal quale non sono punto escluse le cose triestine. Ma se tale fu il pensamento dei più eletti ingegni triestini riguardo l'Istria, quello dei più distinti istriani riguardo Trieste non fu diverso. Il canonico Pietro Stancovich di Barbàna, nelle Biografie degli uomini distinti dell'Istria, stampate negli anni 1^28 e 29, comprese anche i Triestini. La Porta Orientale, strenna patria compilala da Istriani negli anni 1857, 58, e 59, tratta anche di cose triestine, e il Saggio di Bibliografia Istriana, mandato alla luce nel 1864, a Capodistria, registra gli scrini che si riferiscono a Trieste colla stessa diligenza con cui registra le cose dell'Istria. Ora tornando al Rosselli^ non ci pare inopportuno di qui ricordare ch'egli non contento a semplici raccomandazioni, lasciò morendo dotazione per le sue raccolte Petrarchesca e Piecolominea, e fondò cinque preniii biennali di fiorini 600 l'uno a promuovere l'istruzione del popolo, la moralità delle persone di servizio, la più razionale coltivazione del territorio, le belle arti, e la storia e statistica. Fermiamoci su quest'ultima. Egli non parla espressamente dell'Istria, ma non la esclude: ora i fatti di sopra notali autorizzano a presumere ch'egli parlando di storia e statistica non intendesse limitarsi alla sola ciltà, ma abbracciasse anche la provincia. L'Istria, secondo la mente del Rosselli (e in ciò vedeva assai lucidamente), da territorio di consumo, doveva divenire per gradi anche territorio alimentario di Trieste. E lo è divenuto già nelle parli più prossime alla città, e lo diverrà anche nelle più lontane, speriamo, se la ben progettata ferrovia verrà condotta per lo interno, a stringere le sue parti montane tra loro, e tutte assieme colle marittime. Per tutto ciò gl'Istriani non meno che i Triestini hanno giusta ragione di interessarsi a che il suddetto premio dia effettivamente quei frutti che il saggio, previdente e generoso istitutore ripromellevasi. La statistica e la storia sono le maestre della vita, il passato è guida al futuro, e non si può permettere ormai che una istituzione che può essere tanto feconda di bene, languisca. Dalla morte del Rossetti non è stalo conferito che un premio di storia e statistica, e questo al D.r Kandler per la Storia del Consiglio dei Patrizi di Trieste. Deploriamo che lo stesso Kandler non siasi messo più in competenza; deploriamo che altri, della ciltà o della provincia, non siensi dati al concorso. Quello che non si è fatto potrà ben farsi, e si farà, lo speriamo. Ma intanto giova che qualcuno a Trieste se ne occupi con amore, con zelo, e noi crediamo che potrà farlo il neoeletto Conservalore dell'Archivio, esperiamo che in ciò avrà il pieno appoggio del Municipio che lo eleggeva. Ben comprendiamo che il fatto dei prendi Rossetti non enlra a rigore nella sfera d'azione del Conservalore dell'Archivio, ma ci ha bene attinenza, e noi professiamo il principio che ove si tratta di fare il bene alla luce del sole, non sia da scrupoleggiare sulla linea di contine dei diritti e doveri. Al dissopra dei diritti e doveri d'officio, ci sono i diritti e doveri del cittadino, e noi Istriani, noi stessi non crediamo punto di usurpare l'altrui campo, se spinti da sentimento di patria, facciamo oggi appello ai fratelli triestini, perchè ravvivino la ridetta fondazione, e più specialmente il premio di storia e statistica. Se la pubblica voce non fella, il D.r Kandler avrebbe già pronta una storia illustrata e documentata di Trieste; a-vrebbe raccolto materiali assai per illustrare Pirano, e avrebbe compiuto testé altri lavori storici intorno Moggia e Montona. Importerebbe trovare il modo di trarre alla luce codesle dotte lucubrazioni. E per farlo, crediamo che si potrebbero, e quasi diremmo, dovrebbero impiegare anche i denari che fossero eventualmente rimasti dai prendi non conferiti. Una tale determinazione non potrebbe non incontrare l'approvazion generale, tornerebbe utilissima, e sarebbe la più conforme allo spirito del fondatore, che affidava al Kandler la continuazione degli studii storici e statistici da lui iniziati. Chiudiamo per oggi colla speranza che i fratelli triestini vorranno tener conto del presente appello della Provincia, sul riflesso che è inspirato non da altro che dal desiderio vivissimo di vedere illustrate sotto ogni aspetto le comuni patrie contrade. E la nostra speranza è tenace così, che ne attenderemo, entro un termine conveniente gli effetti. T. L. -_____ ìcm'8 «sa illeni fi w>ii sfiatiti ino Capodistria, marzo. (J. C.) Tra i libri capitatimi nelle mani in questi ultimi tempi meritano special menzione, vuoi per la sostanza, vuoi per la forma, le Poesie di Michele Fachinetti di Visinada. Il vivo piacere ebe provai leggendole, ma più ancora il desiderio che altri ne possa trarre giovamento, mi suggerì l'idea di scrivere alcunché in proposito : e a ciò tanto più volentieri m'accingo inquantochè, mai, ch'io mi sappia, ne fu ne' nostri diarii tenuta parola. Non vorrei perù che qualcuno pigliasse la cosa alla rovescia credendo esser mia intenzione, nello scrivere questo articoluccio, d'impancarmi a sdottorare di letteratura; questo no, che non mi sento da tanto, nè presumo spacciare le opinioni mie per canoni. Avverto pertanto sin di quai lettori che queste sono semplici impressioni avute dalla lettura e che per tali, nè più uè meno, le hanno da ritenere, pregandoli anche a dar loro quel peso che meglio crederanno. Che ad ogni onesto corra l'obligo di giovare ai suoi fratelli per quanto lo comportano i tempi, i luoghi e le sue particolari circostanze, perchè verità nota e da tutti accettata, non mi fermerò a ridirlo ; bensì va ricordato quest' altro, essere cioè giusto e doveroso aver in venerazione que' generosi, i quali coli'ingegno si studiano d'illustrare la patria, quelli che colla parola temprata nel vero, ornata del bello si adoperano a risvegliare gli animi infiacchiti, accendendoli al bene. E ad illustrare la sua patria, ed a giovare a' suoi fratelli, non per calcolo, ma per principio, e colla parola e eoli" esempio intese con costante amore l'istriano Fachinetti. Non è mia intenzione discorrere delle virtù morali e civili che gli abbellirono l'anima, virtù che lo resero caro e stimato, qui e altrove a quanti ebbero la ventura di conoscerlo, intendo solo di spendere due parole sulle belle poesie che abbiamo di lui. Educato alla scuola del grande milanese, s'avvide il Facili-netti che il manierismo è vieta anticaglia da lasciare tra lo sdru-scito ciarpame e, peggio che anticaglia, il belato degli Arcadi, conobbe che lo sdegnoso fremito dell' autor dei Sepolcri è al cuore eco soj litaria non.lontana dalla disperazione, e che là soltanto è poesia vera dove la fede e 1' amore armonizzati concorrono ad elevare la dignità umana, a ispirare liete speranze : perciò semplice senza negligenza, armoniosa senza studio, nobile senza sussiego è la poesia del nostro visinadese. Il quale, dipingendo, come davagli la tavolozza, l'affetto di miti colori, e coli' affetto sostenendo il pensiero, ed alimentando questo e quello con sentimenti eminentemente morali, dico senza esitazione, ch'ei merita esser conosciuto e onorato due cotanto più di quello ch'egli è, che il suo nome è degno di vivere duraturo per fama nella memoria non solo degl'istriani, ma di quanti hanno amore al bello. Non so il perchè, ma io noto il fatto e basta : a me leggendolo^ mi corsero spontanei al pensiero due altri poeti italiani, lo Stofella e il Pellico, e questo con tanta insistenza da confondere coi due il Fachinetti, e per tal modo si formò nella mia niente una triade carissima. Dove meglio si manifesta l'ingegno poetico del nostro autore gli è, a mio avviso, nei sonetti. Questi sono ricchi di gentili e copiose imagini, armonioso ed elegantemente disinvolto n' è il verso, e il concetto perche vero, bello. La sua Musa non è, come parrebbe a prima vista, piagnucolona, ma piagnucolona veramente sarebbe se la religione non la sostenesse e fortificasse, perchè a porvi maggior attenzione, a spingere lo sguardo oltre a quel trasparente velo di melanconia che leggiadro l'investe, si vede che qui il dolore è rassegnato e, diciamolo pure, mestamente sereno e fecondo di alto sentire. L' amore che gli fece tanto cara la solitudine non è selvatico come di misantropo, sibbene gli torna gradito il silenzio campestre perchè fuori dei tumulti, lunge dal chiasso cittadinesco e' comprenda meglio la propria dignità, e nella natura si senta più vicino a Dio. E a vero dire, tale e tanta è la bellezza della sua patria da non lasciar nulla a desiderare. Sotto il puro cielo istriano, dall' alto colle di Visinada, oh ! quante volte il Fachinetti, avvezzo alla meditazione, avrà letto nel gran libro della natura pagine sublimi. Chi sa quante le ore gioconde passate presso la solitaria chiesiuola della Madonna del Campo rivolgendo nella fervida mente i disinganni presenti e le speranze di tempi migliori. E là che la sua ridente fantasia il rapiva alle soavi contemplazioni del bello, e lo ispiravano i colli declinanti quasi a cogliere il bacio dell' onde, i pendii vestiti dal glauco degli olivi, i poggi coronati di borgate, le serpeggianti valli, la non lontana marina, lo sterminato azzurro del cielo. Per lui la solitudine, gli aperti campi, i vasti orizzonti erano, come per lo Scalvini, un vero bisogno. Tra quelle aure si dissipava ogni suo più tristo pensiere, il cuore si sollevava dagli affanni, ed ei s'abbandonava ai dolci studi, alle dolci gioje della famiglia. Felice, scrivea il Giusti del Thouar, chi ha saputo e potuto mantenersi un cuore co-sì buono come ci vuole a scrivere quel libro: e altrettanto, senza adulazione, si può dire del nostro Poeta. Nè gretto, esclusivo e locale, come altri crede, è il suo amore, cbè dietro l'infelice il Fachinetti vede il lutto della patria, le mi- serie dell'umanità. Ei cantò solo le cose sentite e nel modo che lo ha sentite, e però animata è la sua poesia, potente, verace. Queste poche cose mi è parso bene di scrivere intorno alle Poesie di Michele Fachinetti coli' intendimento di rinfrescare nella memoria degli istriani la gratitudine, l'amore e la venerazione verso uno scrittore, che altamente li onora, esortando i giovani a studiarlo e a imitarlo. ■ _ Milano, marzo. (P. T.) C'è del tempo che non iscrivo per la Provincia dalla capitale lombarda, e non è mica per poltroneria, sapete, ma solo per non sapermi adattare allo spirito di certuni, causa forse la mia indole alquanto cattivella, che mi porta ad adoperare più il pungolo che il turibolo. Non dico già che tutti gli articoli della Provincia sieno profumati d'incenso; ma pure da voi, perdonale, si ama di vivere alle spalle degli avi, di avvoltolarsi nella toga romana, di scordare l'oltraggio sofferto, come dice Sandro, «Col misero orgoglio d'un tempo che fu» Un po' di questa poltroneria ce la dovreste cedere a noi di qua del fosso, che dando nell' eccesso opposto, da qualche anno ci divertiamo a distruggere e a gettare giù gli idoli ; e un uomo poi il quale sappia fabbricare a nuovo è ancora di là da venire. Vorrei che al nostro popolo non si parlasse solo delle glorie passate, ma un poco anche delle miserie presenti; vorrei si tocasse invece di tante instituzioni che ci mancano; vorrei in fine si parlasse più del presente; e del passato nostro non ricordare solo le glorie, ma anche le debolezze e, diciamolo pure, le infamie, specialmente d'un'epoca non molto lontana; e non istare tanto insomma a scuotere i campanelli dell'alleila, ma toccare un tantino anche la battola e le raganelle del Venerdì santo, e dire pane al pane e cacio al cacio, e i panili sacidi lavarceli in casa prima che altri venga a cantarcele in viso le nostre miserie per bocca di Donna Paola Travasa, onesta e brava donna se volete, ma la più linguacciuta femmina di Milano e di tutta Lombardia, la quale (sia detto qui tra parentesi) si è messa a fare la prima amorosa col primo uomo d'altri tempi con un'espansione d'affetti, da farmi andare in brodo di succiole ogni qualvolta ho la fortuna di sentirmela cantare vicino. Ma non usciamo di carreggiala. Ecco, a ino' d'esempio, oggi mi sento in véna di scorbacchiare certi asini con tanto d' orecchioni, liscili di pupilli nei primi anni del secolo presente; e rammentare la famosa ignoranza de' nostri maggiori, che lasciarono spogliare la provincia di capilavori d'arte, per la smania d'ingraziarsi nell' animo di certo Barone, che rubava con bel modo quadri e dispensava contee. Di questo bel tiro fatto all'Istria, e dell'indolenza dei preposti alla pubblica cosa fanno fede questi due autografi del sullodalo Barone, diretti al nobile uomo Besenghi degli Ughi d'Isola, padre del celebre Pasquale. Garantisco 1' autenticità di queste letle-re^ che trovai fra un monte di carte rosicchiate dai sorci nella soffitta del palazzo Besenghi in Isola, e elio senza alcuno scrupolo mi cacciai iu tasca per salvarle dal dente di que' bibliotecari voraci. Ed ecco la prima. Notate che trascrivo conservando fedelmente anche gli spropositi. Nobile Signore! Ho esattamente ricevuto tutte lettere, che V. S. Ilt.ma m'hà inviato dopo "la mia delli 20 Decembre. Ho tardato a riscontrarle perchè credeva poter nel tempo stesso annunziarle lo sviluppo del nuovo ordiue di cose. Ma come che particolari circostanze rendono ancora necessaria la dilazione, io non voglio più oltre privarmi della soddisfazione di parlare seco Lei. Tutti ti oggetti, che ella hà avuto la bontà di dettagliarmeli nelle sue lettere mi sono presenti, e non si mancherà certamente di farne buon uso. Mi è arrivata la cassetta con li Ritratti della mia cara madre e mio fatti del nostro bravo Speranza, come pure mi è inseguito pervenuto ancora il Quadro presentatomi dalla Greca chiesa di Pola. Neil' esaminarlo hò scoperto una greca inscrizione, dalla quale si è rilevato il nome del Pittore, ed il luogo, giorno, mese ed anno in cui fù eseguita tale pittura. Con generale sorpresa si è venuti in cognizione che essa forma una rivoluzione nell' epoche oscure della Storia delle Belle Arti del Nord. È questo un lavoro Russo fatto avanti quasi un Secolo e mezzo. Il ritratto in grande di S. Maestà, che l'Augusto Sovrano dietro la mia rispettosa proposizione, hà mandato in dono alla Comunità di Pirano è arrivato al suo destino; (1) ed a quest'ora lo sarà egualmente quello che S. Maestà ha spedito in dono alla Chiesa e Convento di S. Bernardino in Porto Rose in contrassegno di grazioso aggradimento per quello di Vivarino (2). Mi fu consegnata qui in Laxenburg nel dì 21 Giugno dal Sig. Chiriachi la Lettera che V. S. 111.ma mi hà scritto li 23 Maggio. È stata per me una vera soddisfazione di conoscere nell'onesto difensore del nostro Capitanio kallinich un A'omo d' onore e colto nel-1' amena letteratura. Fù da me nell' incontro medesimo il Canonico Donzetti, e li hò detto ad ambidue^ che prima della loro partenza bramo vederli ancora una volta. Mi al'flige la notizia della malattia funesta del degnissimo suo Genitore. Io ne hò provato egualmente una sensazione molto dolorosa per uu sinistro accidente calaroso sopragiunto al mio Genitore nel passato Maggio. Grazie a Dio si è ristabilito ed ha avuto la felice combinazione appunto nelli primi giorni del suo ristabilimento di ricevere il Busto di bronzo del mio Beale Allievo (3), che l'ho fatto gittare nell' Inverno passato, che 1' hò consegnato a Kallinich nella sua partenza di qui, e che iu unione a Rovis egli ha presentato in dono in mio nome personalmente a Tapogliano. (4) Sono con l'Imperiale famiglia alla Villegiatura di Laxenburg dal dì 25 Maggio in poi. Passo però frequentemente in Città in u-nione alti Augusti Sovrani. Lunedì mattina ebbi la grazia di andarvi con le LL. Maestà e di ritornare con Esse nella sera del Martedì. Non si adopra che poco più di un'ora di Viaggio, quando vi si corre bene con quattro o sei Cavalli. (5) Abbiamo avuto sin' ora un soggiorno continuamente piovoso e straordinariamente freddo; il Termometro era nella passata settimana caduto a 9 gradi. (6) Non può essere più irregolare la stravaganza della stagione. Sensibile alli sentimenti di constante attaccamento, che Ella (1) Questo ritratto di Francesco I. deve essere stato mandate in cambio di qualche capolavoro regalato dai Piranesi. e non già del Vivarino, di cui si parla distintamente di sotto. (2) Vivarini distinto pittore veneto della scuola di Murano quattrocentista. Si disputa se fossero più o uno solo. Fu tra i primi della scuola veneta a scuotere, benché timidamente, il giogo dei tipi bizantini. Lo sue tavole d' altare arieggiano invece il fare duro ed angoloso dei Tedeschi, che allora lavoravano a Venezia, come suppone, non senza fondamento, il Selvatico. Di lui vanta molte tavole 1' accademia di Venezia, e segnano veramente una prima rivoluzione nell' arte veneta. Veda adunque il lettore qual prezioso giojelto è andato perduto per noi. Questa tavola dovrebbe essere ora nelle gallerie di Vienna; taluno pretende di non avervela veduta. (3) Dovrebbe essere l'Imperatore Ferdinando I il buono. (4) Non si capisce bene la relazione tra il dono del ritratto e la cura terapeutica del catarro. (5) 0 caro! 0 bello! Che profumo di cortigianeria? (6) E il mio, caro signor Barone, a 18 nel leggere la vostra lettera. mi palesa, passo a raffermarmi con quelli di eguale riconoscenza e di perfetta stima. Di V. S. 111.ma Devotissimo Servitore Barone di Carnea Steffaneo Laxenburg 30 Giugno 1803. Ed eccovi ora la seconda non meno interessante. Nob: Signore! Le qui annesse due lettere prego a rimetterle al rispettabile Soggetto cui sono dirette. Lua contempla 1'oggetto raccomandatomi, per cui mi arrivò ancora apposita Memoria contemporaneamente. Conosco I' affare, l'invasione sarà vendicata, ma come l'ivolucro dell'affare è complicato, si rende necessaria un po' di sofferenza. Egualmente poi necessario è un costante silenzio, affinchè la cosa non resti sconcertata nello sviluppo, che si prepara. L'altra risguarda l'affare della pittura. Io la prego a tranquillizzare il Soggetto medesimo sù tale articolo nell" atto di rimetterli la presente con le proprie mani. Il replicato volere di Sua Maesta è quello, che la nuova Imagine sia collocata nel sitto medesimo, in cui era 1' antica. Li di lui riflessi, saranno calcolabili in un caso a-slratto delle presenti circostanze, ma tanti pii ed illuminati Vescovi che hanno pure veduta ed ammirata l'antica Imagine per il corso di oltre tre secoli non hanno mai fatto valere questi riflessi per rimoverla dal sitto, in cui per sì lungo spazio di tempo restò collocata. non li ha fatti valere egli medesimo durante tutto il tempo del suo episcopale reggime ruggirne : perchè vi si vorebbero dunque farli valere adesso « appunto per allontanare dal sitto medesimo, una nuova Imagine dello stesso soggetto, ehe manda L'Imperatore per sostituire all'antica? (1) Il suddetto personaggio mi assicura, che con li fatti riflessi egli però senz'altro non ba mai inteso di usare il linguaggio dell' Autorità, per opporsi alli Sovrani voleri. Questo è quello che io aveva veramente ancora da principio sempre supo-sto dalla prudenza e saviezza del suo carattere. Dopo tre secoli di un imperturbato costume uua novità di tal sorte avrebbe fatto una sensazione troppo singolare nello spirito del Sovrano e del popolo. Assicurato dunque, che con li fatti riflessi, non si ha giammai intese di opporsi alli Voleri del Sovrano, scrivo oggi la qui annessa Lettera al 1'. Superiore del Convento di Pirano, annunziandoli, che la suddetta nuova Imagine della Madauaa debba essere sollecitamente collocata nel sitto medesimo ove l'antica è stata esposta per il corso continuo di oltre tre secoli. Desidero poi che tale collocamento si faccia senza strepito e cerimonie, e perciò io prego V. S. 111.ma di dire al I'. Superiore, che nell' alto di eseguirlo non vi è bisognu di riunire concorso alcuno, ma che egli la faccia tranquillamente in un'ora privata collocare, ed attaccare al sitto ove era l'antica, e nulla di più. Non posso chiudere la presente senza fare a V. S. 111.ma li miei ben dovuti ringraziamenti per la nobile ospitalità con cui Ella ha voluto accogliere il Nob. Sig. Conte Abbate Franceschinis nel suo passaggio per Isola. È persona che io stimo infinitamente per li suoi lumi e per la lealtà del suo carattere constante. Ella comprende molto bene che il suo viaggio era diretto ad oggetti preziosi pel Sovrano Interesse e per felicità delli l'iranesi (2) per cui io prenderò sempre il più vivo interesse. (1) Qui si parla di una imagine della Madonna mandato dall' Imperatore a sostituire l'antica del Vivarini, nel convento di Porto Rose, di cui si disse nella prima lettera. Sembra che a Monsignor Daponte, allora Vescovo di Capodistria non garbasse punto questa spogliazione di quadri ; e che si rifiutasse di benedire la nuova Madonna venuta da Vienna. I quadri del Vivarini, si sa, appartengono alla vecchia scuola puristica, ed è impossibile che rappresentassero tipi indegni del pennello cristiano. Forse la Madonna tedesca sarà stata invece copia di qualche bionda e grassona Kellnerinn di Vienna. Rravo questo Monsignore, che in mezzo a tanta vigliaccheria, sapeva tenere fermo! Da quanto si dice più sotto sembra che anche al buon popolo non piacessero por nulla le spogliazioni del Barone, e la turpe condiscendenza dei signori. Anche nel Convento di Sant' Anna a Capodistria è avvenuto qualche cosa di simile con la Madomna della Concezione. (2) Probabilmente la felicità di regalare qualche altro quad ro. Mi riconfermo con li sentimenti constanti della più perfetta stima. Di V. S. 111.ma Devotissimo Servitore Steffaneo Vienna 10 Novembre 1803. Che ve ne pare dì queste nostre glorie? Attenti che non si rinnovino. Sull'altare di San Diego in Sant'Anna a Capodistria c'erano dietro i gradi della mensa due quadretti preziosi (l'orse del Cima), e da qualche tempo non si vedono più. Fideanl consules, e si rammentino che que'cordiglieri la sanno lunga e ridono anche delle bolle del Papa, in santa congrega con le pinzochere di Bossedraga. Pisino, marzo. (.4. C.) Una buona moglie è un terno al lotto, dice il proverbio. Io non la pretendo a filosofo, nè m'impegno in definizioni, poiebè in quest' argomento il buono è bizzarramente relativo. Dicano però i giuocatori quanto facile riesca a pigliare il terno, e dicano pure i mariti quanto facile sia il persuadersi di avere una buona moglie. Essendo poi la buona moglie, in ultima analisi, appunto quella che corrisponde al concetto che se ne forma per proprio conto ogni marito, e, contento lui, contenti tutti, così senza rimuginare in tanta varietà, basti per ora qualche osservazioncella che possa in certa guisa giovare al buon indirizzo delle giovani donne. Si amerebbe che queste avessero mente svegliata a comprendere ciò che veramente loro s'addica pel ben essere e pella felicità della famiglia; che siano docili per adattarsi alle condizioni in cui vengono casualmente portate, e che intendano la loro posizione reale e vi si uniformino, e non si lascino illudere da velleità e da smania d'imitazione prendendo ad esempio altri in condizioni più favorevoli, e le parti che cotesti male o bene rappresentano in società, la quale fu appellata, e forse non a torto, una festa da ballo in maschera. Ne' matrimonj può accadere che sorelle della stessa nidiata, l'una sia chiamata a diventar buona e modesta massaja, e l'altra per migliore posizione sociale del marito possa scialarla splendidamente ; l'una sia in grado di approfittare delle distrazioni delle città, l'altra debba starsi relegata nel tedio di piccolo paesuccio;l' una libera di sciupare le ore a proprio capriccio, quai moglie di comodo capitalista, di affaccendato mercante o d'impiegato di grosso emolumento; l'altra invece occupata tutto il dì, se moglie a tal possidente o a tal professionista cui dessa valga a prestare assistenza continua nelle faccende dell'economia; aggiungi la benedizione di maggior o minor numero di figliuoli, e il voler o il dovere occuparsene di loro con cure preprie e dirette. Qui non accade diffondersi sui modi di dirigere l'educazione, nè di lamentare i modi per cui essa viene falsata. Vuoisi soltanto raccomandare ebe alle ragazze non venga ottenebrato il buon senso, e che invece la mercè di esso elleno stesse dispettiuo quelle qualità inamabili, que' pregiudizj e quei vezzi che per contagio nel debol sesso possano fuorviarvi l'istituzione. Piccine vengono diggià invanite con ogni sorta di fronzoli e di ornamenti, e con intempestive adulazioni. Adulte osservano avide l'esagerato, e fissan gli occhi ove scorgono vita comoda e fasto. Quando poi loro avviene di entrar nella lizza sociale, e di far mostra di se, tempo di dure prove, che tacito e rapido le incoglie, gli è troppo tardi a prepararsi a ciò che conviene, ma fa mestieri imitare di punto in bianco modelli pretenziosi e più vistosi. Le palestre sono le conversazioni. Nei crocchi famigliari ci si va alla buona ; qualche ba- cioccio sotto l'egida delle buone mamme rende il giuoco de"pegni meno freddo; la tombola poi resta il gran giuoco per chi tiene all'adagio del «.chi dorme non pecca.» Nelle adunanze di maggior puntiglio si apprendono vezzi più squisiti. Finzioni di serietà e di sorriso giusta le galanterie più o meno velate, grida spesse ed a-cute di giovialità o di sorpresa agli sprazzi di spirito de'fatui zerbini. Poi la chiacchierata sul buon gusto di questa o di quella, in ispecialità di donne giovani o da poco in pratica, e sulla perizia di quelle che passano per avere innata la gentilezza. Chi sente vita sente pure il bisogno di un qualche svago ; e chi lo può ne cerca con più di raffinatezza, e chi può più ancora, trabocca nel capriccioso. Però il sentimento del pudore in società non è cosa vana, ed è anzi un freno senza il quale si rende abbietto chiunque imbizzarrisca od eserciti soperchieria verso chi è meno di lui. La famiglia viene giudicata rigorosamente dalla pubblica opinione, la quale da nessuno può mettersi in non cale, poiché da essa deriva quella estimazione che è necessità assoluta per chi vive nel mondo. E vero che spesso conviene fare de' grandi sacrificj pella famiglia, ma il ben essere di lei, per chi pensa sodo, offre ben maggiori compensi che non le forzate e posticcie comparse. Se a mo' d'esempio, portati da Asmodeo di sopra ai tetti, si potesse assistere ai preparativi, alle smanie, alle facoende per ire alla festa da ballo, affé che se ne vedrebbero di belle ! Quante angustie per attillarsi, quanti dispetti per non aver un indispensabile arnese di moda, quanti sospiri pel vestilo ritenuto men bello di quello dell' amica, quai caos sulla teletta, e tutto questo in mezzo alle grida degli infastiditi figliuoli che chiedono un po' di cena, e la fante che li adagi sul guanciale, mentre il marito trassognato e interdetto muove gli occhi ora al cielo ora all'oriuolo. E dopo tanto affannarsi si avrà poi alf indomani del festino l'animo soddisfatto?.... Oh donne, non pigliate esempio da chi può più, da chi getta i danari acquistati senza fatica e senza merito, da chi si esalta coi romanzi e i drammi d'oltramonte, e vi riscuote le attenzioni e gli applausi di sciocchi vagheggini. Ed è dal difetto di buone letture appunto e dalla sbadataggine usata nel leggere che molla parte delle donne sono sì fatue e superficiali come tutti sanno. Non si pretende già che le donne siano versate nelle scienze, ma qualche tintura di geografia e qualche nozione di storia starebbe bene a tutte. Di eccellenti libri ve n' ha in copia, come pure d'istruttivi e di passatempo, nè è difficile il provvedersene. Donne mie adunque leggete, e possibilmente libri scritti nella nostra lingua, e leggete non già colla puerile curiosità e coli'impazienza di chi vuol divorar la soluzione finale di un dramma o di un romanzo, ma sì invece con posatezza per apprezzarne gì' insegnamenti, e gli artifizi e i modi onde sono abbelliti, avvegnacchè per tal guisa si abituerà la mente a meditare e a significare ammodo il proprio pensiero. Mercè tali esercizj cesserà nelle conversazioni il cinguettìo ed il pettegolezzo; le svariate nozioni potranno offrire argomenti e serii e faceti e sempre interessanti, ed anche i giuochi stessi, da melensi diverranno gai e istruttivi. Si vedrà tosto quale differenza passi tra un contegno sociale, che ha per fondo il buon senso e le buone letture, e tra le scimunitaggini d'uso e la pochezza de' propositi. La buona e la savia educazione ci farà meglio contenti della posizione in cui provvidenza ci ha collocati, non permetterà che si alteri il nesso e l'economia di famiglia ; la donna comprenderà di essere la compagna del marito, e non attenderà da lui nè vesti nè monili a titolo di ragalo, nè gli prodigherà moine per ottenere concessione a svaghi, ma saprà più di lui ciò che meglio le si convenga ; ed allora la società dagli occhi d'Argo godrà di vedere il galantuomo che potrà dire: mi persuado d'avere una buona moglie. Signor Redattore, Li 24 marzo. Ebbi la versione italiana del Rapporto sull' escursione nel Carso della società forestale austriaca, e sulla sua radunanza a Trieste nell'anno 1865, cbe il benemerito traduttore Sig. Eugenio Pavani Segretario della società d'orticoltura in Trieste si compiaque col di Lei mezzo di rimettermi, perchè mi convincessi dello sbaglio da me commesso nell'articolo Sulla necessità d'imboscare il Carso ecc. pubblicato negli ultimi numeri di questo periodico, là dove deploravo la mancanza dJuna siffatta traduzioue. Nel mentre ringrazio il Sìg. Pavani d'avermi in modo si gentile avvertito d' un errore, che parrà non lieve altrove che in Istria, a cui quest' opuscolo in italiano rimase ignoto, mentre ne furono diffusi nell' originale testo tedesco non pochi esemplari pervenuti alla Giunta provinciale, mi consolo d'aver errato, perchè posso congratularmi coti' egregio Sig. Pavani d'aner fatto un'esatta e pregievole traduzione dell'importante libercolo, tributare la debita lode & chi la dispose, e rallegrarmi cogF istriani d'essere così posti in grado di farne lettura, e rivolgere la loro attenzione e studio ad un argomento, che vivamente interessa le nostre condizioni economiche; per cui raccomando loro di procacciale-, lo. Esso porla per titolo: Rapporto officiale sulla terza escursione e radunanza della Società forestale austrìaca dello Stato, seguite addì 4, 5 e 6 settembre 1865 sul Carso ed in Trieste. Trieste, tipografia del Lloyd austriaco 1866. ^gbs il «da «Imi el« .«ut» il» • ;*iiu wioa^'l!' b aiw'js» _ altra rettifica. Nella Iutiera di Alhona del febbrajo scorso 11. A, pag'. 94, ove parlando del prodotto medio di ciascun anno della miniera di Carpano si accenna ad una (piantila di cinquantamila centinaja di funti viennesi, conviene sostituire cincjiiecenlomila, avvegnacchè ciò corrisponda al vero, e a quello che fu scritto dall' egregio nostro Corrispondente. La Redazione. ■ : ■ ^————tw—— NICOLO' de MADOiMZZA Redattone.