R P 21 SLAVICA TERGESTINA European Slavic Studies Journal VOLUME 21 (2018/II) Arts and Revolution cLABIKATER 21 SLAVICA TERGESTINA European Slavic Studies Journal VOLUME 21 (2018/II) Arts and Revolution MA TEp SLAVICA TERGESTINA European Slavic Studies Journal 1592-0291 (print) & 2283-5482 (online) WEB EMAIL PUBLISHED BY EDITORIAL BOARD EDITORIAL ADVISORY BOARD www.slavica-ter.org editors@slavica-ter.org Universita degli Studi di Trieste Dipartimento di Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell'Interpretazione e della Traduzione Universität Konstanz Fachbereich Literaturwissenschaft Univerza v Ljubljani Filozofska fakulteta, Oddelek za slavistiko Roman Bobryk (Siedlce University of Natural Sciences and Humanities) Margherita De Michiel (University of Trieste) Tomaš Glane (University of Zurich) Vladimir Feshchenko (Institute of Linguistics, Russian Academy of Sciences) Kornelija Ičin (University of Belgrade) Miha Javornik (University of Ljubljana) Jurij Murašov (University of Konstanz) Blaž Podlesnik (University of Ljubljana, technical editor) Ivan Verč (University of Trieste) Antonella D'Amelia (University of Salerno) Patrizia Deotto (University of Trieste) Nikolaj Jež (University of Ljubljana) Alenka Koron (Institute of Slovenian Literature and Literary Studies) Durda Strsoglavec (University of Ljubljana) Tomo Virk (University of Ljubljana) DESIGN & LAYOUT Aljaž Vesel & Anja Delbello / AA Copyright by Authors Contents 8 "In-traduzione" (E.A. Evtušenko, I Mozart della rivoluzione, 1962) "IntrAduction" (Y. Yevtushenko, Mozarts of the Revolution, 1962) $ MARGHERITA DE MICHIEL ARTS AND REVOLUTION 18 Intervallo (Promežutok, 1924) di Ju. Tynjanov tra teoria, letteratura ed esperienza storica Ju. Tynyanov's The Interval (Promežutok, 1924): Theory, Literature and Historical Experience $ LAURA ROSSI 38 Dal Rajbjuro al Glavryba: sigle e acronimi nella letteratura umoristica sovietica From Raibyuro to Glavryba: use of Acronyms in Soviet Humorous Literature $ MARTA VALERI 68 Citta, cultura e rivoluzione: dalle riviste Rabočij klub, Klub, Klub i revoljucija Town, Culture and Revolution: from the Journals Rabochii klub, Klub, Klub i revolyutsiya $ EMILIO MARI SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution VARIA 122 Message: Hycoeaa A^eKcea HBaHOBa — rw6pwflHoe coo6m;eHwe BpeMeH pecTaBpau;MM ^^oxM nocTMCTopww Message: Chusovaya River by Alexei Ivanov: a Hybrid Message of the Restoration Period in the Era of Post-history $ BLAŽ PODLESNIK 146 K MCTopMM noflRneHHfl nepBMX nepeBogoB ffleKcnwpa b Ht&hhh On the History of the first Italian Translations of Shakespeare $ HPHHA 3BEPEBA 174 L'emancipazione femminile dalla schiavitu culinaria in Unione Sovietica: una promessa tradita The Emancipation of Women from Kitchen Slavery in the Soviet Union: A Broken Promise $ MARIA LUISA STEFANI 206 Tradurre il sorriso, o Delle voci mancanti del cinema russo in Italia Translating the Smile: or On the Missing Voices of Russian Cinema in Italy $ KSENIA EFIMOVA NOTES AND WRITINGS 248 La polvere della memoria. Osservazioni sul libro di M. Stepanova Pamjati pamjati The Dust of Memory. A few remarks on M. Stepanova's book Pamjati pamjati $ CLAUDIA SCANDURA 266 Per una poetica etica. Una voce d'oggi: Irina Kotova Irina Kotova: for the Ethics and Esthetics of Poetry $ MARGHERITA DE MICHIEL 7 "In-traduzione" (E.A. Evtušenko, I Mozart della rivoluzione, 1962) "IntrAduction" (Y. Yevtushenko, Mozarts of the Revolution, 1962) $ margherita de michiel ► mdemichiel@units.it SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution In luogo di un'introduzione, una traduzione. Per aprire un volume che accoglie: • nel suo nucleo, alcuni dei contributi che sono stati presentati a una delle conferenze (Roma, 6-8 novembre 2017: "1917-2017. Un radioso avvenire? Convegno internazionale sulla Rivoluzione d'Ottobre") che anche nel nostro Paese hanno voluto celebrare uno dei sovvertimenti storici e intellettuali piu potenti della no-stra epoca - storica e interiore; • quindi voci "altre": perché la forza di ogni rivoluzione é anche nella sua (bachtiniana) "eccedenza", nel suo izbytok - nonché nel-la sua a volte imprevedibile, da essa scatenata, contemporaneita (in quel "Tempo Grande" che intesse i nodi nel labirinto a rizoma della cultura); • delle voci giovani, che come ogni parola sono a chiedere ascolto ("Per la parola non c'é niente di piu terribile della bezotvetnost'" diceva Bachtin: della "mancanza di una risposta", appunto); • infine, due voci di donne, della poesia russa dell'oggi. Perché la scrittura é da sempre, prodotto e motore di rivoluzioni. Celebrazioni. Affermazioni. Proposte. Letture. Per iniziare: un In tono. In una nostra esecuzione, Evtusenko, 1962: "Mocarty revoljucii". 9 MARGHERITA DE MICHIEL ► "In-traduzione" MOU,APTbI PEBOAroU,HH Cnywaw pëe ynuv,hi mpenemno, ocmnno. My3him peeonwv,uu KaK My3him oKeana. My3him noduuMaem eonuhi ceou neucmoeue. My3him nonuMaem, Kmo eë aemopu ucmumhie. Oôpepoc u KaMneccunoc, demu napoda nyurnue, ^mo ecë KoMno3umopu, Mov,apmu peeonwv,uu! y Mou,apmoe peeonwv,uu ecezda ecmb ceou canbepu. Ho Mou,apmu He cdawmcn, Mov,apmu ux cunbHee! OnueKoeue 6epemu, conoMeHHue coMÔpepo, ^mo He onepemma, 10 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution a opamopua spul My3UKa — dna nonëma. B My3UKe ecë ceamo. Ecnu fyanhwueum Kmo-mo, My3UKa He euHoeama. My3UKa peeonwvu-u MHOZUX Spocaem e xonod. rde-mo 3a MopeM nwcmpu HepeHo mpacymca e xonnax. eaM He cnumKOM Hpaeumca zpoxom Had ^onoeaMu? C My3UK0û eaM He cnpaeumhca, My3UKa cnpaeumca c eaMul Xouy He annoducMeHmoe, Hecnaeu, maKoû MuMonëmHoû, — xony ocmamhca nocMepmHo xoma 6bi odHow Homoû e depwa^eû epazoe Ha MywKe, cypoeoû, Henpodaw^ûca, caMoû eenuKoû My3UKe — My3UKe peeonwvuul H cKawym nomoMKu, Mowem 6umh, umo, e My3UKy smy eepa, a Sun u3 eë Mou,apmoe. He u3 eë canhepu. 11 MARGHERITA DE MICHIEL ► "In-traduzione" MOZART DELLA RIVOLUZIONE Ascolto Ruggire in strada una rivelazione con apprensione, folgorazione. La musica della rivoluzione Come la musica delloceano. La musica issa Le sue onde furiose. La musica sa, chi sono i suoi veri autori. Obreros e campesinos del popolo i figli migliori, sono tutti compositori, mozart della rivoluzione! I mozart della rivoluzione Hanno sempre i propri salieri Ma i mozart non cedono, i mozart sono più forti di loro! Baschi color oliva Sombrero di paglia Non è unoperetta Ma l'oratorio di unera! La musica è per volare. Nella musica Tutto È sacrale. Se qualcuno stona, la musica non ne porta colpa La musica della rivoluzione getta molti nel freddo. Altrove oltre il mare lampadari nervosi tremano nei loro saloni. Cosè, non vi piace troppo il fragore sopra le teste? Voi della musica non verrete a capo, è la musica che verrà a capo di voi! Io voglio non applausi non gloria, 12 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution cosí transitoria, Io voglio restare post mortem con almeno una nota in una música che tenga i nemici di mira, severa, mai in vendita nella piú grande música -la música della rivoluzione! E diranno i posteri, chissa, che credendo in questa música, io fui dei suoi mozart. Non dei suoi salieri. 13 MARGHERITA DE MICHIEL ► "In-traduzione" *** An extremely heterogeneous volume, welcoming: • at its core, some of the contributions presented at the International Conference on the October Revolution held in Rome ("1917-2017. Un radioso avvenire? Convegno internazionale sulla Rivoluzione d'Ottobre", 6-8 November, 2017); • "other" voices: because the strength of every revolution is also in its (bachtinian) "excess", i.e. in its sometimes unpredictable effetcs in the "Great Time"; • young voices, here to ask, like every word, for a responsible and "responsive" listening ("For the word there is nothing more terrible than bezotvetnost'" said Bachtin - of the "lack of an answer", i.e.); • finally, voices of today's russian poetry. To open the volume, instead of an introduction, a translation. A kind of musical ouverture of it. E.A. Evtusenko, 1962: "Mocarty revoljucii". 14 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution 15 Arts and Revolution DOI - 10.13137/2283-5482/22868 Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov tra teoria, letteratura ed esperienza storica Tynyanov's The Interval (Promezutok, 1924): Theory, Literature and Historical Experience $ laura Rossi - laura.rossi@unimi.it SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution L'articolo affronta uno degli indiscussi capolavori della saggistica di Ju. N. Tynjanov, Intervallo (1924), come esem-pio del nuovo tipo di critica proposto dallo studioso nei primi anni Venti, una critica fondata su una solida base teorica ma anche "allegra" e consape-vole di sé come letteratura. Attraverso l'analisi del complesso metaforico del testo viene individuato il nesso tra il concetto critico di 'intervallo' culturale e l'esperienza della rivoluzione e della guerra civile, confermando cosi l'affermazione dello studioso nella sua Autobiografía secondo la quale senza la Rivoluzione egli non avrebbe compreso la letteratura. TYNJANOV, FORMALISMO, CRITICA LETTERARIA, LETTERATURA, RIVOLUZIONE The article examines one of the undisputed masterpieces of Ju. N. Tynjanov's critic, The Interval (1924), as a model of the new type of criticism advocated by the scholar in the early 1920s, a critic with a solid theoretical framework but also "joyful" and self-aware as literature. The analysis of the text metaphors reveals the link between the critical concept of cultural "interval" and the experience of revolution and civil war, confirming the critic's statement in his Autobiography, according to which without the Revolution he would not have understood literature. TYNJANOV, FORMALISM, LITERARY CRITICISM, LITERATURE, REVOLUTION 19 LAURA ROSSI ► Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov Fino a qualche decennio fa parlare del ruolo della rivoluzione russa nella vita e nell'opera di artisti e studiosi che l'avevano vissuta poteva appa-rire banale ed essere in realtà molto difficile. Il centenario dell'ottobre 1917 ci induce ora a farlo in una nuova prospettiva storico-culturale. Il rapporto con i sommovimenti sociali dell'epoca appare di particolare interesse nel caso della corrente critica comunemente designata come formalista e più precisamente degli appartenenti al ramo dell'OPOJAZ, il cui percorso intellettuale inizio immediatamente prima e si sviluppo e fiori nei primissimi anni del nuovo regime, per arrestarsi o trasformarsi sensibilmente nella fase successiva. Con il passare del tempo si è conso-lidata la consapevolezza della validità e vitalità degli strumenti critici individuati dal movimento, si sono moltiplicati gli studi approfonditi del pensiero teorico della scuola nel suo complesso e dei suoi singoli rappre-sentanti (Erlich 1966, Chanzen-Lëve 2001 [1978], Stejner 1991, Svetlikova 2005, Russkij formalizm 2013, Depretto 2015 [2009]), ma c'è forse il rischio di dimenticare alcune delle dinamiche evidenti ai contemporanei. Un personaggio come Viktor Sklovskij visse da protagonista le vi-cende eversive e belliche, contribui alla loro rappresentazione artistica e rievocazione memorialistica, e quindi all'organizzazione, in tempo di pace, di nuove modalità di formazione letteraria. Non a caso la più recente edizione delle sue opere (Sklovskij 2018), che adotta un criterio tematico, raccoglie nel primo volume le opere connesse alla "Rivoluzione". Molto meno chiaro appare il rapporto con l'Ottobre dell'opera di Jurij Tynjanov, i cui interessi di teorico, critico, narratore e autore di copioni cinematografici erano prevalentemente legati alle epoche passate, dal Sette all'Ottocento. Tuttavia l'autore stesso scrisse: "Se non avessi avuto la mia infanzia non avrei compreso la storia; se non ci fosse stata la rivoluzione, non avrei compreso la letteratura" (Tynjanov 1966: 19). 20 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution La frase si trova in una delle redazioni di una breve frammentaria Autobiografía1, a cui Tynjanov lavoro nel 1939, sollecitato dal direttore deir'Istituto di letteratura2 Gor'kij", I.K. Luppol, in vista di una prima Storia della letteratura sovietica (Toddes 1984: 44). Se le patriottiche righe finali tradiscono la destinazione "ufficiale" dello scritto (ivi)3, la costruzione elegantemente simmetrica e il carattere volutamente paradossale del breve periodo citato parlano di una riflessione meditata e quindi degna di attenzione. Il fatto che lo studioso ponga l'infanzia, la stagione piu poetica della vita, all'origine non della sua sensibilita per la letteratura ma del suo senso della storia si spiega alla luce delle memorie degli anni trascorsi nella cittadina di Rézica (oggi Rezekne in Lettonia), le cui diverse etnie (ebrei, bielorussi, russi "scismatici", lettoni, zigani), sembravano vivere ciascuna in un'epoca diversa, dal XVII secolo alla contemporaneita, e dove un bambino poteva assistere alle ultime sacre rappresentazioni (misterii) cosí come ai primissimi spettacoli cinematografici (Tynjanov 1966: 9, 13, 14). Ma il testo non chiarisce il legame tra un fatto epoca-le come la rivoluzione d'ottobre, solo nominata una volta, e la com-prensione dei meccanismi non della storia, ma della letteratura, dal momento che ricorda soltanto gli inizi degli studi nell'ambito del seminario puskiniano di S.A. Vengerov, in un'atmosfera appassionata sí, ma ovattata, ben lontana delle violenze rivoluzionarie. All'entusiastica attivita di traduttore nella sezione francese del Komintern (Kaverin 1966: 26; 1973: 127) allude forse in modo reticente solo la frase che precede quella su cui stiamo indagando: "Fame, strade vuote, impiego (sluzba) e lavoro (rabota) come mai prima" (Tynjanov 1966: 19). In un frammento successivo l'autore ringrazia la "piu grande delle rivoluzioni" per aver fatto sparire "l'abisso che separava la scienza dalla letteratura", facilitando il suo passaggio dagli studi letterari alla narrativa (Tynjanov Rimasta inedita in vita, fu pubblicata per la prima volta nella raccolta delle opere in 3 volumi (Tynjanov 1959: 1-10) e quindi nella miscellanea della serie "Vite di uomini illustri" in una versio-ne piu lunga, ma priva di alcuni frammenti gia editi (Tynjanov 1966: 9-20). Alcuni passi sono riportati nelle memorie dell'a-mico e cognato V.A. Kaverin (1966: 2122; 1973: 120-122). Attualmen-te: "mondiale". Sull'opera letteraria tynjanoviana nel contesto della letteratura "postrivoluzionaria" v. Kosteljanec 1959: VI. 21 LAURA ROSSI ► Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov V.A. Kaverin cito la frase durante il discorso di apertura della prima delle conferenze te-nute nella cittá natale di Tynjanov, nel 1982, senza prendere in con-siderazione il tema dei sommovimenti politici, ma a proposito dello "stretto legame", nella sua opera narrativa, "del passato con il presente", della sua capacitá di "cogliere, nei contemporanei, la somiglianza con i personaggi del tempo andato e sfruttare abilmente questa affinitá come modello per i suoi ritratti" (Kaverin 1984: 7). Negli anni Trenta-Qua-ranta Éjchenbaum da studioso dell'opera di L. N. Tolstoj cita in vari contesti (Éjchenbaum 1969: 49, 352-353, 402403, 413-414) un'im-magine trovata nelle lettere dello scrittore e riferita in primo luo-go all'etá petrina. Cf. anche Depretto 2015 [2009]: 263-275. 1966: 20). Ma sembra che nella frase da cui siamo partiti4 egli parlasse proprio della comprensione "scientifica" del fenomeno letterario. In effetti, nel ricordo di Tynjanov scritto nel 1944, poco dopo la sua precoce morte, B. Éjchenbaum presenta tutta la sua opera di studioso e romanziere come tipica di una generazione alla quale guerre e ri-voluzioni avevano dimostrato che non era possibile relegare la storia in un angolo: "la storia era entrata nella vita quotidiana (byt) dell'uomo, nella sua coscienza, si era infilata nel suo cuore e aveva cominciato a riempire persino i suoi sogni" (Éjchenbaum 1966: 73). A loro modo connessi con la contemporaneitá rivoluzionaria sarebbero stati dun-que tanto la ricostruzione dei rapporti polemici tra il giovane Dosto-evskij e Gogol' del suo primo libro, quanto l'interpretazione dell'ode settecentesca come genere oratorio, sia i due saggi, uno teorico (Il problema del linguaggio poetico) e l'altro storico-letterario (Gli arcaizzanti e Puskin), usciti nel 1924, che il romanzo su Kjuchel'beker, e non solo il saggio su Chlebnikov e quello intitolato Intervallo, ma anche il romanzo su Griboedov. La scelta dell'epoca dei decabristi come oggetto di indagine artistica sarebbe stata conseguenza della luce gettata re-trospettivamente dalla rivoluzione d'ottobre su quello che, seguendo L. Tolstoj, poteva essere definito uno dei "nodi"5 della storia russa (Éjchenbaum 1966: 79). In effetti poco prima il critico aveva notato che, "accanto ai problemi del 'fatto letterario' e dell'evoluzione letteraria'" studiati da Tynjanov, "erano sorti quelli 'dell'individualitá autoriale', i problemi del destino e della condotta, dell'uomo e della storia" (Éjchenbaum 1966: 78). In un interessante studio degli anni Ottanta del secolo scorso Mariétta Cudakova ha approfondito le divergenze tra i due colleghi proprio intorno a questi temi, cui Éjchenbaum ben piu di Tynjanov avrebbe attribuito una particolare importanza (Cudakova 2001a: 438, 452)®. 22 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Senza soffermarci oltre su quest'aspetto, ci concentreremo su un elemento della riflessione teorica tynjanoviana che ci sembra connesso con la sua recente esperienza della rivoluzione e delle trasformazioni intervenute nella societa russa contemporanea. Si tratta del concetto di "intervallo" (promezutok) storico-culturale, che da il titolo a un noto saggio uscito (per meta) alla fine del dicembre 1924 sul quarto e ultimo numero della rivista "indipendente" «Il contemporaneo russo» («Russkij sovremennik», Tynjanov 1924), e incluso quindi in forma completa nel volume del 1929 Arcaizzanti e innovatori (Archaisty i no-vatory, Tynjanov 1929)7. Nel primo numero della rivista lo studioso aveva pubblicato la rasse-gna Lattualita letteraria (Literaturnoe segodnja), dedicata al predominio della prosa e in particolare alla fioritura del romanzo (era la stagione di Chulio Churenito, Aelita, Noi,Lemieuniversita, Zoo, letterenondamo-re...). Nell'ultimo numero, dopo aver dichiarato che "ai nostri giorni scrivere di poesia é difficile quanto scrivere versi" (Tynjanov 1977: 168; Tynjanov 1968: 239), egli opta per una galleria di singole individualita di poeti "che attraversano l'intervallo" (idut cerez promezutok) (Tynjanov 1977: 169), i cui - dodici - nomi sono anticipati dopo il sottotitolo "(Sulla poesia)": "Esenin, Chodasevic, Kazin, Achmatova, Majakovskij, Sel'vinskij, Chlebnikov, Pasternak, Mandel'stam, Tichonov, Aseev, Bezy-menskij" (Tynjanov 1924: 209). In realta il saggio si interrompe dopo il paragrafo dedicato a Sel'vinskij con la promessa di una conclusione (Tynjanov 1924: 221), che in realta non fu stampata per la chiusura della rivista. Nella versione del 1929 il tempo trascorso porta l'autore a fare alcune modifiche: il breve paragrafo su Kazin e quello promesso su Bezymenskij, che nel 1924 apparivano "aggiunte indispensabili" (Cudakova 1977: 471), sono soppressi. Il titolo é preceduto da una dedica "A Boris Pasternak", che conferisce un indirizzo piu preciso alle Del 1968 la (parziale) traduzione italiana di Sergio Leone a cura di Marzio Marzaduri intitolata Avanguardia e tradizione (Tynjanov 1968), del 1973 quella di tre saggi storico-letterari con un'ampia introduzio-ne di Maria Di Salvo (Tynjanov 1973). 23 LAURA ROSSI ► Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov Sul significato delle dediche dei critici dell'OPOJAZ ai poeti contem-poranei v. Glanc, Pilsčikov 2017: 97. Sul rapporto tra critica e teoria nell'o-pera di Tynjanov v. anche Novikov 1988: 152-154. osservazioni del saggio8, anche se intatta é l'epigrafe "Qui vissero i poeti", che varia un verso dell'"anacronistica" poesia di Blok (1997: 89) I poeti (Poéty, 1908). Intatte sono anche le epigrafi dei paragrafi numerati, una o due, per lo piu, ma non sempre, costituite da versi del poeta cui é dedicato il testo che segue. Vivo fu l'entusiasmo suscitato da questo saggio tra i letterati piu vicini a Tynjanov. In uno degli ultimi scritti dedicati all'amico Kave-rin lo chiama indiscusso "capolavoro della letteratura critica" russa, prova della particolare sensibilita poetica dell'autore, egli stesso poeta e traduttore di Heine (Kaverin 1988: 147), pur notando che potesse ap-parire "incerto e opinabile" (neuverennyj i spornyj, 151) a confronto con l'ancor piu elegante, profondo e ispirato articolo scritto nel 1928 come introduzione alle opere di Chlebnikov. Anche Éjchenbaum si era sof-fermato particolarmente su questi due saggi, dal momento che li con-siderava testi "programmatici" dal punto di vista della teoria letteraria (Éjchenbaum 1966: 76)®. Come semplice rassegna critica appare invece Intervallo negli scritti della brillante allieva di Tynjanov Lidija Ginzburg (1966: 95; 1982: 313). Al giorno d'oggi il saggio viene citato e ripreso, anche senza nominarlo, sia come testimonianza privilegiata di una stagione irripetibile della poesia russa che per una serie di originali e inaspettate definizioni teoriche delle dinamiche del processo letterario. Ricordiamo il giudizio severo sugli ultimi infelici anni di Esenin, l'attenzione per un capolavoro di Chodasevič come Trapassa, trasalta (Chodasevič 1992: 121), il paralle-lismo tra le difficolta stranamente simili di Achmatova e Majakovskij, rimasti incatenati a quei "temi" che all'inizio del loro percorso sorgevano spontanei dal nuovo metro adottato, e poi la rivelazione del valore eterno dell'opera dello scomparso Chlebnikov, la scoperta della maturita del giovane Pasternak e una penetrante lettura dell'opera di Mandelstam. 24 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Soprattutto, restaño impresse le frasi lapidarle e quasi aforistiche sul fatto che la morte di Blok fosse la conseguenza anche "troppo logica" della fine della sua scuola (Tynjanov 1977: 169), e che "nella lotta contro i padri" "il nipote finisce per assomigliare al nonno" (Tynjanov 1977: 182). Di qui l'accostamento dei due massimi rappresentanti del futurismo, Majakovskij e Chlebnikov, a due autori settecenteschi apparentemente diversissimi, rispettivamente Deržavin (per la grandiosita delle imma-gini) e Lomonosov (per i principi di costruzione del verso). Tra i concetti astratti introdotti da Tynjanov e ormai entrati nell'uso comune, a questo saggio risale la definizione di "personalita letteraria" (literaturnja ličnost')10, distinta da quella biografica dei diversi autori, e che in determinate epoche assurgerebbe a "specifico fatto letterario extraverbale" (Tynjanov 1977: 171; Tynjanov 1968: 243). Fino agli anni piu recenti minore attenzione hanno suscitato invece il concetto di in-tervallo culturale e il tentativo, forse provvisorio, di introdurlo come vero e proprio termine storico-letterario. Nel primo paragrafo Tynjanov denuncia i pericoli della "fioritura della prosa", dominata ormai da una "enorme forza di inerzia" e rivela invece le prospettive aperte dalla situazione di incertezza in cui e venuta a trovarsi la poesia: 10 L'espressione qui sembra vicina al concetto definito altrove (Blok, 1921; Tynjanov 1977: 118) "eroe lirico" (liriceskij geroj, cf. Zoljan 1988: 24). Come sinonimo di individua-lita autoriale (avtor-skaja individual'nost'), strettamente connessa all' "epoca letteraria", appare invece nel saggio Il fatto letterario (Literaturnyj fakt, Tynjanov 1977: 259), pubblicato su «LEF» nella prima meta dello stesso 1924. Cf. anche la testimonianza su una lezione improv-visata da Tynjanov su invito di Kaverin (1973: 78-79) all'Istituto di storia delle arti. Il verso e il linguaggio trasformato, il discorso umano cresciuto su se stesso. La parola nel verso possiede sfumature semantiche inattese, il verso da una nuova dimensione alla parola. Il nuovo verso e il nuo-vo modo di vedere. La crescita di questi nuovi fenomeni avviene solo negli intervalli, quando cessa di agire la forza di inerzia. In fondo noi conosciamo solo lazione dell'inerzia; l'intervallo, quando questa viene a mancare, secondo le leggi ottiche della storia ci appare un vicolo cieco (Tynjanov 1977:169; Tynjanov 1968:241). 25 LAURA ROSSI ► Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov A. Hansen-Love inserisce l'azzeccata definizione "del momento di massima tensione estetica tra ordini antagonisti contrapposti" (Chanzen-Leve 2001 [1978]: 373) all'interno della sua ricostruzione della visione formalista delle dinamiche dell'evoluzione letteraria, basata essenzialmente sulle formulazioni di V. Sklovskij. Piu enfatico e semplicistico il filosofo Igor' Kondakov, che in uno studio del 2008, dedicato al concetto di "svolta culturale" (kul'turnyj povorot) nel pensiero dell'ultimo Ju. Lotman, rivaluta l'intuizione tynjano-viana, una "scoperta scientifica di portata epocale", concludendo: "ormai gli storici della cultura lo sanno: tutte le volte in cui si nota che viene a cessare l'inerzia dello stile, delle idee, dei metodi, delle correnti significa che ci si trova all'inizio di un 'intervallo culturale' ed é il caso di aspettarsi che stia per sorgere qualcosa di nuovo, inno-vazioni in ambito scientifico e artistico, sociale e culturale" (Kondakov 2008: 163). Ben piu articolata la ricostruzione fatta nel 1983 dallo studioso francese J.-C. Lanne. Egli mostrava come Tynjanov avesse innanzitutto "introdotto la temporalita nei due aspetti coordinati della produzione e della ricezione" allo scopo di "dereificare il pro-dotto letterario, restituirgli il suo senso primordiale di movimento, di tendenza dinamica, di processo evolutivo" (Lanne 1983: 440), e sot-tolineava che "l'intervallo consente una conversione dello sguardo dell'osservatore, una nuova visione di categorie letterarie congelate" (Lanne 1983: 441). Interessato alla relazione tra la riflessione teorica e la pratica critica di Tynjanov, lo studioso francese citava La rivista, il critico, il lettore e lo scrittore, uno dei brevi articoli a firma Ju. Van-Vezen, pubblicato il 27 maggio 1924 (Subin 1994: 28) su La vita dellarte (Zizn iskusstva) in risposta all'invito ad affrontare il tema della critica nella societa contemporanea fatto da B. Éjchenbaum sullo stesso periodico. Alla 26 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution fine Tynjanov invitava la critica a orientarsi non sul lettore o sullo scrittore, ma "su se stessa come letteratura" e a "pensare a nuovi generi, più allegri (e nuovi)" (Tynjanov 1977: 149)11, evidentemente in vista di un nuovo tipo di rivista, l'allora nascituro Russkij sovremennik (Cud-akova 1977: 462). Secondo Lanne tutti i saggi tynjanoviani dedicati agli autori contemporanei (Valerij Brjusov, Blok, Su Chlebnikov, Lattualità letteraria, Intervallo) sarebbero esempi di questo nuovo tipo di critica, profondamente innervata di pensiero teorico. Nonostante i meriti dei testi citati, questa interpretazione della proposta "di Ju. Van-Vezen" ci appare riduttiva, e preferiamo pensare che Tynjanov suggerisse di spingersi ben più in là nella direzione della letteratura e di una scienza "allegra"12, cosa che in effetti avviene (solo) in Intervallo. Ricordiamo l'uso di epigrafi, che distingue questo saggio dalle altre indagini scientifiche e critiche dell'autore, e lo avvicina a opere narrative come Figura di cera (Voskovaja persona) e La morte di Vazir-Muchtar (Smert Vazir-Muchtara)13. Diventa possibile allora indagare il rapporto tra Intervallo (saggio e concetto critico) e la ri-voluzione con i metodi dell'analisi del testo artístico. Inevitabile partire dal titolo. In generale, i titoli dei saggi di Tynjanov sono brevi, precisi e totalmente aderenti al contenuto del testo14: Le forme versali di Nekrasov, Dostoevskij e Gogol' (per una teoria della parodia), Il fatto letterario, Sullevoluzione letteraria. Lo stesso si puo dire anche di Intervallo, se non fosse per il valore metaforico e polisemico della parola scelta, che evoca ben più della semplice "transizione". Una conferma di quest'orientamento dell'autore è data dal titolo provvi-sorio usato in un elenco di saggi in corso di stampa nel giugno 1924 (Cudakova 1977: 471; Subin 1994: 29), Gioco rischioso (Vysokaja igra), immagine presente nel primo paragrafo introduttivo e che allude ai rischi del "gioco della poesia" (Tynjanov 1977: 169). Qui e di seguito i corsi-vi sono miei, L.R. Su un possibile legame di quest'aggettivo (veselyj) con La gaia scienza di Nietzsche v. Čudakova 1977: 462 nota 4. Negli stessi anni di una scienza "allegra", che rendesse piu attraente e non piattamente schema-tico l'oggetto di studio si interessavano gli studenti dell' "Acca-demia cosmica delle scienze" cui appartene-va D. S. Lichačev (1999 [1995]: 120-121). 13 Sulla dicotomia nel talento di Tynjanov tra scienza e arte, o tra orientamento teorico--letterario e storico-letterario v. Gasparov 1990. Cf. anche Levčenko 2012. 14 Un'eccezione e rap-presentata da alcuni dei titoli della serie di articoli-elzeviro (feleton) firmata Ju. Van-Vezen: 1200000 metri di Il'ja Erenburg (200000 metrov Il'i Erenburga), Tagli dellorgani-co (Sokraščenie štatov) (Čudakova 1977: 458, Chan-zen-Leve 2001: 496). 27 LAURA ROSSI ► Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov 15 Per questa ragione, più che per seguire la tradizione italiana e francese, abbiamo optato per il termine "intervallo" rinuncian-do ai pur suggestivi "intermezzo" o "interludio" (Interlude, cf. Morse, Redko 2018). 16 Sulla critica a quest'o-pera di V. Veresaev v. Cudakova 2001b: 423. 17 Cf. la già citata metafora "attraver-sare l'intervallo". Tornando al titolo definitivo notiamo che nella frase citata poco sopra "intervallo" la prima volta ha una valenza temporale, mentre alla fine il termine va inteso in senso spaziale15. Per distinguere tra il processo storico cosí come si svolge "obiettivamente" e la percezione dei contemporanei, abituati al sistema precedente e incapaci di cogliere gli aspetti positivi degli esperimenti mal riusciti, l'autore allude infatti alla possibilita di prendere l'intervallo per un "vicolo cieco" (tupik). Ma In un vicolo cieco (V tupike) era l'allusivo titolo del romanzo sulla guerra civile in Crimea di V.V. Veresaev, ironicamente criticato da Tynjanov all'inizio de L'attualita letteraria (Tynjanov 1977: 151-152)16. L'immagine tornava poi nell'introduzione ai due paragrafi dedicati rispettivamente alle Avventure di Julio Jurenito e ad Aelita, visti come troppo facile fuga (a Occidente, su Marte) da una realta "senza via d'uscita". E probabile che proprio in questo contesto Tynjanov abbia maturato la consapevolezza che in realta "la storia non conosce vicoli ciechi. Ci sono soltanto gli intervalli" (Tynjanov 1977: 169). Parlarne come di un "intervallo" rappresenta il modo non per evitare, ma per "attraversare"17 e infine superare l'apparente "vicolo cieco". Lo stretto nesso tra l'osservazione citata e l'epoca rivoluzionaria si fa evidente nell'inciso che giustifica l'errore di prospettiva: "(In fin dei conti, ogni innovatore fatica per una nuova inerzia, ogni rivoluzione é attuata in vista di un nuovo canone)" (Tynjanov 1977: 169; Tynjanov 1968: 241). Ma la fiducia in uno sbocco positivo non cancellava la consape-volezza delle perdite inevitabili. Se nel 1927 nell'articolo di carattere teorico Levoluzione letteraria (O literaturnoj évoljucii) a proposito delle stesse dinamiche, senza entrare nei dettagli, Tynjanov avrebbe par-lato ormai di epoca-sistema, di avvicendamento di sistemi (Tynjanov 1977: 271, 281), in quello di cui ci occupiamo ora lascia trasparire l'ansia di una lotta talvolta crudele: 28 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Per la poesia invece questa inerzia si e esaurita. Il passaporto poético, l'iscrizione ad una scuola non possono salvare il poeta. Le scuole si sono esaurite, le tendenze sono scomparse per legge interna, come ad un comando. [...] La sostituzione delle scuole con le personalita solitarie e caratteristi-ca per la letteratura in generale, ma la forza stessa delle sostituzioni, la brutalita della lotta e la rapidita delle cadute sono il ritmo del nostro secolo (Tynjanov 1977:169; Tynjanov 1968:240-241). Verso la fine del saggio l'immagine dell'"intervallo" cambia ancora: la logica di questo "periodo" appare ormai nota e l'autore puo basare su di essa la sua valutazione positiva (con riserva) dell'opera di Man-del'stam, la cui parola non ben definita, non "moneta sonante", ma "cam-biali che si trasmettono di verso in verso", sembra adatta a quella fase di transizione (che somiglia molto alla guerra civile, regno della borsa nera) in cui "la moneta sonante molto spesso risulta falsa" (Tynjanov 1977: 191; Tynjanov 1968: 269-270). Allo stesso modo Tynjanov critica i tentativi di Tichonov di risuscitare il genere ottocentesco della ballata, ricordando che "l'intervallo ci insegna qualcosa di diverso. Si chiama intervallo perché non prevede generi pronti, perché i generi si creano lentamente e in modo anarchico, non come prodotti di massa" (Tynja-nov 1977: 191). Alla stessa precarieta post rivoluzionaria, che aveva visto scompa-rire tutto un sistema produttivo e stava faticosamente creandone uno nuovo, sembra rimandare il complesso metaforico della conclusione, dove l'autore ricorda che "nel periodo dell'intervallo per noi non hanno valore né i 'successi' né le 'cose pronte'. Non sappiamo che farcene di begli oggetti, come i bambini non sanno che farsene di bei giocattoli. E necessaria una via d'uscita. Gli 'oggetti' possono essere 'mal riusciti'; 29 LAURA ROSSI ► Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov is è importante che avvicinino la possibilità delle 'riuscite'" (Tynjanov Sui tropi nell'opera , di sklovskij v. anche 1977: 195; Tynjanov 1968: 276). Borislavov 2011. - n 1í « » 1 Ci sembra importante distinguere l immagine artistica , polisemica e oscillante dell'"intervallo" dalle metafore "modello" (Strada 1991: 12) — macchina, organismo, sistema, cui si aggiunge la sineddoche del linguaggio — individuate da Steiner (1991 [1984]) nel suo studio sul formalismo18. È curioso che anche critici successivi, per alludere alle epoche di transizione e ai prodotti artistici che li caratterizzano, al loro rapporto con il passato e il futuro, abbiano fatto ricorso a un linguaggio figurato, a metafore stranamente imparentate con l'epoca storica in cui ciascuno si trovava a scrivere. Per esempio il Bachtin delle aggiunte del 1944 al suo Rabelais forse non a caso ricorre alle metafore delle rovine (oblomki) e del concepimento (zacatki): "sulla soglia di una letteratu-ra canonizzata con il suo sistema di generi sempre, e in particolare in epoche come l'Ellenismo, il tardo Medioevo il primo Barocco, esiste una massa di generi per cosí dire bastardi. Si tratta o di rovine o di em-brioni" (Bachtin 2008: 705-706). L'ultimo libro di Ju.M. Lotman (1993 [1992]) tratta il rapporto tra prevedibilità e imprevedibilità, staticità e dinamismo introducendo la metafora dell'"esplosione" (atomica?). L'articolo di Tynjanov si distingue da simili riflessioni per il pathos di chi guarda una situazione di difficoltà dall'interno e conserva la spe-ranza in un futuro migliore. $ 30 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Bibliografia BACHTiN, m.m., 2008: Dopolnenija i izmenenija k Rable [Rabelais]. Sobranie sočinenij, Tom 4 (1). 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Korga penB ugeT o npegcraBUTe.ax OnOH3-a, to Mo^eT noKa-3aTBca, HT0 HayHHwe u TBopnecKue uHTepecti W. H. TtmaH0Ba 6bi.u ga.eKu ot coBpeMeHHocTu. BMecTe c TeM, b cBoeM AemoSuozpafyuu, oh nuca., HT0 «ec.u 6 He 6ti.o peB0.ro^uu — He noHUMa. 6ti .urepaTypti». B cTaTBe paccMaTpuBaeTca oguH U3 6eccnopHwx megeBpoB KpuTu-HecK0M npo3w aBTopa, «np0Me^yT0K» (1924). Ero u,eHHtie Ha6.roge-Hua 0 coBpeMeHHtix ^o^Tax u Ba^Htie TeopeTunecKue onpege.eHua gaBHo npuB.eKa.u BHUMaHue ucc.egoBaTe.eM, Me^gy TeM KaK b TeHu ocTa.ocB ucT0puK0-.uTepaTypH0e noHaTue «np0Me»yT0K». Ec.u ycM0TpeTB b cTaTBe npuMep tom KpuTUKu H0B0r0 Tuna, 0cH0BaHH0M Ha np0HH0M TeopeTUHecK0M 6a3e, ho «Bece.oM» u oco3Harom,eM ceôa. KaK numepamypy, K0T0pyro yneHMM np0B03r.ama. b nepBoM no.oBUHe 1920-x rr., to M0KH0 npuMeHUTB k HeM npueMti aHa.u3a xygo^e-cTBeHHoro TeKcTa. H aHa.u3 MeTa^opunecKoro K0Mn.eKca cTaTBu BwaB.aeT cb33b Me^gy KpuTunecKUM noHaTueM Ky.BTypHoro «npo-Me^yTKa» u cypoBtrn ontrroM peB0.rou.MM u rpa»gaHcK0M bomhh. 35 LAURA ROSSI ► Intervallo (Promezutok, 1924) di Ju. Tynjanov Laura Rossi Laura Rossi e professore associato di Letteratura russa all'Universita degli studi di Milano. DaWinizio degli anni 1990 ha studiato l'eredita edita e inedita di M. N. Muravev (1757-1807), contribuendo alla rivalutazione della sua opera. Ha scritto su Denis Fonvizin, Nikolaj Karamzin, Konstantin Batjuškov, Aleksandr Puškin, la "critica organica" di Apollon Grigor'ev, Lev Tolstoj; ha affrontato i problemi dellevoluzione deigeneri letterari (frammento, poema in prosa) nel Settecento, l'interazione tra linguaggio figurativo e poetico, la ricezione dell'eredita letteraria classica e umanistica nella cultura russa, la storia della traduzione poetica e teatrale. Fa parte della redazione della collana Biblioteca di Studi Slavistici e delle riviste universitarie russe: «Libri magistri» e «Učenye zapiski Kazanskogo universiteta». *** Laura Rossi is Associate Professor of Russian Literature at the State University of Milan. From the beginning of the 1990s she studied the edited and unpublished legacy of M. N. Muravev (1757-1807), contributing to the revaluation of his work. She wrote about Denis Fonvizin, Nikolaj Karamzin, Konstantin Batjuškov, Aleksandr Puškin, Apollon Grigor'ev's "organic criticism", Lev Tolstoy; she addressed the problems of the evolution of literary genres (fragment, prose poem) in the Eighteenth century, the interaction between visual and poetic language, the reception of classical and humanistic literary heritage in Russian culture, the history of poetic and theatrical translation. She is part of the editorial board of the Biblioteca di Studi slavistici series and of two Russian university magazines, «Libri magistri» e «Učenye zapiski Kazanskogo universiteta». 36 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution 37 DOI - 10.13137/2283-5482/22869 Dal Rajbjuro al Glavryba: sigle e acronimi nella letteratura umoristica sovietica From Raibyuro to Glavryba: use of Acronyms in Soviet Humorous Literature $ marta valeri - martavaleri@unitus.it SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Dopo il 1917 acronimi, abbreviazioni e combinazioni di lettere e parole al limite dell'impronunciabilita invasero ogni settore della vita pubblica e pri-vata: fino al 1920 la lingua sovietica fu dominata da una vera e propria "esplosione di abbreviazioni". Ma se al-cune di queste hanno conservato fino ai giorni nostri la loro aura di mistero e terrore, si pensi a Ceka, NKVD o GULag, alter sono andate perdute subito dopo essere cadute in disuso. Sebbene il fenomeno diminuí in pochi anni, gli scrittori, e soprattutto gli umoristi, continuarono a utilizzare gli acronimi per molto tempo ancora, seguendo la strada aperta dai loro predecessori: oggi la critica considera le abbreviazio-ni oltre che retaggio del passato, anche un efficace espediente comico. ABBREVIAZIONI, SIGLE, LINGUA SOVIETICA, UMORISMO, ZOSCENKO, BULGAKOV, IL'F E PETROV, PIL'NJAK, PELEVIN, STRUGACKIJ After the October, acronyms, contractions, more or less pronounceable brand-new letter and word combinations literally invaded each field of public and private communication: between 1917 and 1920 in the newborn soviet language dominated a real "acronyms' outbreak". If some of these abbreviations conserved up to our times the air of mystery and terror, only consider Ceka, NKVD or GULag, some others got lost and deleted from memories suddenly after their fall in disuse. Although this phenomenon decreased in a few years, writers, and most of all, humorists continued using acronyms for long time: nowadays critics agree in considering them besides a symbol of the past, also a skill to express irony and sarcasm. ACRONYMS, SOVIET LANGUAGE, HUMOROUS LITERATURE, ZOSHCHENKO, BULGAKOV, ILF AND PETROV, PILNYAK, PELEVIN, STRUGATSKY 39 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba Qui e dove non diversamente indicato la traduzione é mia. Per sovietismi si in-tendono tutte quelle parole di uso comune che, dopo la Rivoluzio-ne cominciarono, per effetto del loro utilizzo propagandistico, a indicare concetti e idee completamente diversi da quelli originari. (es. soviet, pioner, vuz, rabfak, sputnik ecc). come é facile immaginare una buona percentuale di tali so-vietismi era costituita da sigle e acronimi, che man mano venivano percepite come parole indipendenti, soggette a tutte le regole proprie del russo (declina-zione, formazione di aggettivi e avverbi derivati, concordanze ecc.) (Lingvostrano-vedceskij slovar'). Nel 1923 l'editoriale del numero speciale del quotidiano Trud recitava: Nel pubblicare questo numero esemplificativo del prof-giornale, la redazione ritiene necessario fare alcune osservazioni preliminari. Il prof-giornale si distingue dal semplice giornale per un grado minore di comprensibilita in forza delle proprieta specifiche della prof-lingua. Nella trasposizione in russo, con l'eliminazione del prefisso «prof» dalle parole corrispettive (prof-vita, prof-cronaca, prof- organi ecc) il gior-nale diventa comprensibile a tutti e, conseguentemente, smette di essere un prof- giornale. Il lettore che ci capisce qualcosa del prof-giornale e un prof-lettore o anche un unicum. Il lettore che non ci capisce niente del prof-giornale si definisce prof-ano1. (Vinokur: 131) Al centro del calembour é riconoscibile un fenomeno che caratterizzo gli anni Venti del Novecento russo, tanto nella comunicazione ufficiale, quanto nella vita quotidiana del nuovo assetto sociale postrivoluziona-rio: la diffusione - cosí rapida da diventare presto infestante - di acro-nimi, abbreviazioni e sigle. Sebbene non costituissero un fatto nuovo nella lingua russa, il periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione d'Ottobre vide una produzione e una propagazione incontrollata di parole abbreviate, unite e ricombinate in nuove formazioni linguistiche, inusuali fino a quel momento. Non si tratto solo di quelli che piu tardi verrano de-finiti sovietismi2, sebbene ne costituiranno una parte consistente, ma di una vera e propria ridenominazione di interi settori della vita pubblica, nonché di quella privata. Le abbreviazioni costituiscono un elemento imprescindibile per gli studiosi della lingua, della cultura 40 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution e del quotidiano nei quindici anni successivi al 1917: si trovano nei documenté ufficiali, nelle relazioni, nelle cronache, nelle memorie e nella letteratura e, al contrario di quanto si potesse pensare all'epoca3, la loro esistenza fu di lunga durata, sebbene con alterne vicende. Nonostante, infatti, un temporaneo ridimensionamento nell'uso quotidiano iniziato nella seconda metà degli anni Trenta, nel periodo che attraversa le due decadi degli anni Sessanta e Settanta tornarono a essere protagoniste neïïanekdot politico, che conobbe in quel momento la sua massima fioritura, per poi sfociare nella letteratura fantascientifica e in quella postmoderna degli anni Novanta. Da qualche anno a questa parte, infine, si assiste a un loro preponderante ritorno, in particolar modo nella lingua della burocrazia, della politica interna e internazionale e nel linguaggio della comunicazione digitale (grazie anche alla significativa influenza dell'inglese). Tuttavia, al netto delle successive possibili declinazioni, al suo apparire il fenomeno produsse un unico effetto sulla gente comune: la sensazione di disorientamento e spiazzamento dettata dall'essere quotidianamente costretti a confrontarsi con qualcosa che non si comprendeva, che si percepiva come estraneo, ma che al contempo non era evitabile a nessun livello comunicativo. A dimo-strazione del forte impatto che ebbero sulla lingua quotidiana si noti che, nei numerosi lavori a essa dedicati, tutti gli studiosi analizzano le peculiarità di queste nuove formazioni linguistiche con ampio spazio di trattazione, in senso diacronico e sincronico, sotto l'aspetto lingui-stico, letterario e socioculturale. Dal nostro punto di vista ce pero una lacuna nello spettro di esplorazione presentato fino a questo momento: e mancato uno studio, o almeno un'indagine sistematica e dedicata4, sull'uso che di acronimi e abbreviazioni fa la letteratura umoristica coeva, che - più chiaramente di altri generi - riflette, amplifica e gioca proprio su quell'effetto straniante. Da un'analisi di questo tipo potrà "Non e questo il posto per prevedere quali delle [...] abbreviazioni sopravvivranno alla caduta del bolscevismo ed entreranno se non nella lingua colloquiale popolare, almeno in quella colloquiale della letteratura. Notiamo, tuttavia che le abbreviazioni nel loro complesso servono a indicare enti pubblici [...] ma proprio quelli interni, vale a dire gli enti dei bolsce-vichi e hanno meno possibilita del resto di durare a lungo" (Karcevskij: 52-53). Alcuni dei lavori che costituiscono la bibliografia consultata per la stesura del presente articolo rimandano alle opere degli umoristi del tempo, ma le inse-riscono generalmente in un discorso piu ampio di riflesso dell'o-pera di ridenomina-zione nella letteratura russa (ecco perché ver-ranno a volte indicati, al posto dei riferimenti all'opera originale, quelli ai saggi che le citano). Per questo motivo e parsa neces-saria una trattazione piu specifica. 41 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba Termine coniato da George Orwell nel libro 1984, e stato poi applicato anche allo studio dei linguaggi delle grandi dittature del ventesimo secolo, ivi compresa la realta russa, con la deno-minazione appunto di sovetskij novojaz. Rispettivamente comandante di com-pagnia, comandante di battaglione e comandante di divisione. scaturire un'immagine più chiara delle origini dell'espediente comico che sopravvivrà al suo contesto di origine, senza perdere le sue conno-tazioni storico-culturali, né il potenziale umoristico. Dopo aver dato una panoramica generale del fenomeno e degli studi fin qui condotti, si tenterà quindi di illustrare come gli umoristi degli anni Venti si ser-virono di questo elemento del novojaz soviético5. L'origine delle abbreviazioni è ben spiegata da Karcevskij in uno dei testi fondamentali per la comprensione della nuova lingua sovietica, a cui fa eco Ozegov. Entrambi concordano nell'attribuire la comparsa di sigle e affini a un periodo precedente agli eventi del 1917, in parti-colare a quello della grande guerra. Durante la prima guerra mondiale nelluso quotidiano bellico entrarono innanzitutto le abbreviazioni telegrafiche e fonogrammatiche, come per esempio komroty - komandir roty, kombat - komandir batalona, nacdiv - nacal'nik divizii6 ecc. Dopo la rivoluzione, le abbreviazioni divennero abituali non solo nelluso bellico, ma anche in quello urbano: nelle denominazioni degli enti pubblici, delle cariche, degli oggetti ecc. (Ozegov 1974:33-34) Inizialmente sigle e acronimi venivano utilizzati in quantita limi-tata per indicare enti statali, cariche istituzionali, sedi governative e formazioni politiche. Si andava dalle piu semplici, come CK - Crezv-ycajnaja Kommissija o Komintern - Kommunisticeskij Internacional, alle piu complesse e quasi impronunciabili, come RSFSR - Rossijskaja Sovetskaja Federativnaja Socialisticeskaja Respublika, ma in pochi anni cominciarono a designare nuove realta industriali e geografiche (AzNeft, TurkSib), entita amministrative locali, distaccamenti regionali e relativi uffici (Rajbjuro, Rajispolkom), istituzioni scientifiche 42 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution e scolastiche (MGU, Rabfak), i grandiosi progetti dell'edificazione socialista (Dneprostroj, Magnitostroj, Uralmasstroj, Belomorstroj) e le straordinarie sfide alla natura (EPRON - ekspedicija podvodnych rabot osobogo naznacenija). Kornej Cukovskij, parlando di "carattere impulsivo e massiccio" della comparsa e propagazione delle sigle afferma: Il Fondo Letterario fu fondato da Druzinin nel 1859 e prima della rivolu-zione nessuno aveva avuto né il desiderio né la necessità di abbreviarlo in Litfond. E ancora [...] Il teatro Artístico di Mosca per una ventina danni è stato il Teatro Artistico di Mosca e solo in epoca sovietica è diventato per tutti il MXAT. Prima, tra di noi, per brevità dicevamo V'Artistico", saltando la prima e lultima parola [...] ma nessuno si era spinto fino a MXAT. E seppure ci si fosse spinto, la parola sarebbe rimasta sospesa e non sarebbe entrata nell'uso linguistico comune, visto che una simile commi-stione di suoni non era usuale. (35) A questo proposito Razinkina (8) parla di una "esplosione di abbrevia-zioni" tra il 1917 e il 1920, favorite non solo dalla Rivoluzione, ma anche da fattori e processi sociali in atto in quegli anni. Anche Lipatov (44) sottolinea come questo proliferare e diffondersi delle abbreviazioni fosse indissolubilmente legato alle "sommosse sociali e ai processi abbreviativi di massa, che assumono le sembianze di un'esortazione cognitiva sia nei confronti del singolo, che in quella della società nel suo comples-so". A tal proposito, interessante è la lettura che ne dà E.D. Polivanov, che già nel 1927 affermava: "non c'era ente che potesse tranquillizzarsi fino a quando non avesse trovato una sua denominazione abbreviata" (Svetlicnaja: 76), posizione che sembra confermare la teoria avanzata 43 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba "II desiderio della Cultura di sostituire ai nomi propri idee dal valore simbolico si manifesto nella scel-ta di adattare concetti a nomi propri, come ad esempio: [...] Kim (sigla di "Internazio-nale comunista della gioventu") o Revmira ("Rivoluzione del mondo"). Altrettanto tipico fu il tentativo di vedere nei nomi di persona abbreviazioni di concetti. Cosi ad esempio Dima (diventava la sigla di "materialismo dialettico") o Gertruda (geroj truda, "ero del lavoro"). Piu complesso fu il caso delle abbreviazioni di nomi e cognomi [...]. (Papernyj: 175). da Zaslavskij e Fabris (387) quando parlano di progettazione e gestione lingüistica utilizzate come mezzo principale per la legittimazione e sta-bilizzazione del sistema sovietico, senza tuttavia negare una compar-tecipazione di fattori esterni insiti nella società del tempo. "Si è soliti pensare - scrive ancora Cukovskij - che tutte queste nuove formazioni di parole derivino dalla mutevolezza delle cose della rivoluzione, che hanno introdotto nella coscienza delle persone russe cosí tanti nuovi e insoliti concetti. È vero, ma solo in parte" (35). Le abbreviazioni, cosí come gli acronimi che rappresentavano le nuove realtà sociali, politiche e culturali, sembrano quindi rispondere a molteplici necessità. Quella del partito di individuare gli enti di nuova costituzione con una denomi-nazione che incarnasse appieno lo spirito del tempo e che desse loro una nuova identità sovietica7, quella dei cittadini di poter associare il nuovo non già all'oscuro linguaggio della vecchia politica zarista, bensí - come sottolinea, non senza entusiastico ottimismo Borovoj (203) - "[alla] stessa lingua che usa il popolo, [che] introduce in continuazione parole e termini, dietro ai quali ci sono già o iniziano a esserci cose, questioni e fatti concreti" e infine alla necessità comune di adeguarsi all'accelerazione nella comunicazione imposta dall'inizio del nuovo secolo. Alla luce delle diverse interpretazioni fin qui ricordate, ci pare che la più completa descrizione del fenomeno sia quella data da Malygina: A che cosa serviva la ridenominazione? Per prima cosa in questo modo si eliminava qualsiasi legame con il passato prerivoluzionario. Si e trat-tato di un tentativo di distruggere leredita del passato in molti campi. In secondo luogo cosí si condannava alloblio tutto ció che avrebbe potuto ricordare la Russia zarista, per esempio, i suoi simboli. Terzo, si dava cosí l'impressione di un totale rinnovamento della vita della societa sot-to tutti i punti di vista. In quarto luogo la modifica delle denominazioni 44 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution doveva dimostrare un cambiamento concreto delloggetto stesso della ridenominazione. [...] In conclusione, con il cambio di denominazione si sviluppava l'illusione di un continuo cambiamento nella qualita della societa stessa (Večernaja Moskva). Non solo gli enti e gli organismi di nuova costituzione quindi, ma anche ció che esisteva prima del 1917 fu progressivamente rinominato e mar-chiato con una sigla. Si arrivó al punto di marchiare anche le persone: nel migliore dei casi, quando si era figli di genitori desiderosi di mostrare la propria fedelta all'ideologia, ci si poteva ritrovare a portare un acronimo, per lo piu improbabile, come nome e cosí asili, strade e fabbriche si popolarono di Ninel', Revmira, Melor (Marx, Engels, Oktja-br'skaja revolucija), Dazdraperma (Da sdravstvuj pervoe maja), Trolebu-zina (Trockij, Lenin, Bucharin, Zinovev) (Lipatov: 47 e Papernyj: 175). Peggior sorte subivano coloro che, pur avendo un nome e un cognome tradizionali, si ritrovavano a essere spersonalizzati e identificati da si-gle molto piu sinistre, sigle dalle quali poteva dipendere la sopravvi-venza stessa: ASA8, ČS9 o la temutissima KRTD. Racconta Šalamov: AHTMCOBeTCKaa aru-Ta^Ma - propaganda antisoviética. 9 ^jeHB ceMBM - fami-liare di un traditore della patria. Krist era stato classificato in tutti gli schedari dell'Unione [...] era finito alla Kolyma con il marchio mortale KRTD. Un liternik, un "siglato", titolare della lettera più pericolosa, la "t". [...] scamparla era impossibi-le. La lettera "t" nella sigla di Krist era un contrassegno, una marcatura, uno stigmate, un indizio in base al quale lavevano perseguitato per anni, relegandolo sui fronti di cavaghiacciati delle miniere doro, con sessanta gradi sottozero. (1,345) La sigla KRD indicava i condannati per attività controrivoluzionaria, mentre la lettera T aggiungeva la connotazione "trockista", in virtù 45 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba 10 - Che significa KPSS? - I Comunisti hanno Profanato lo Stato Soviético - Campagna Persecutoria contro Sacharov e Solženi-cyn - Qui le conso-nanti sono mute. della quale il regime di detenzione veniva inasprito ai massimi livelli, con la conseguente impossibilita per il condannato di essere assegnato a lavori meno pesanti o trasferito in lager meno atroci e con l'esplicito intento di non dare la minima speranza di sopravvivenza. Nella realta estrema del Gulag ogni lettera di ogni sigla segnava un destino. Non solo, pero, tra i deportati, ma anche tra i liberi cittadini alcu-ne sigle incutevano (e continuano ancora oggi a suscitare) rispetto se non vero e proprio terrore: si pensi a NKVD, alla gia citata ČK o alla sua diretta discendente GPU. Come tipico dell'indole russa, si tenta-va di esorcizzare le paure, sdrammatizzando fatti e ridicolizzando i protagonisti con battute umoristiche che giocavano con gli acronimi e la loro decifrazione. E proprio negli anni Venti e Trenta che comincia a diffondersi questa doppia lettura, che sottolinea i tratti ambivalenti e potenzialmente comici delle sigle, che costituiranno la base dell' anekdot politico degli anni Sessanta e Settanta (Ferri: 333). L'incipit tipico delle barzellette era la formula "Hto TaKoe..." seguita da una qualsiasi tra le sigle piu diffuse e note, la cui decrittazione era ormai entrata nell'uso e nella comprensione generale del popolo russo. ■ Vmo maxoe KnCC? ■ KoMMynucmu npedanu coeemcxuyw cucmeMy ■ KaMnaurn npomue Caxapoea, ConMenuu,una ■ rnyxue onacHue10 A volte il gioco rifletteva, parodiandole, le quotidiane difficolta di decifrazione ■ ¥mo maxoe PC&CP? ■ Pedxuü Cnywü &eH0MeMnbH0^0 CyMacwecmew Poccuu1 46 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution in altri casi, invece, si abbandonava all'irriverenza mista a humour nero: - Vmo maKoe PKn(6)? - Poccrn Komumca nozpoMOM - A BKn(6)? - Bce Komumca ^0^p0M0M - Hy, a «6» e CKOÓKax? - EonbmuM nozpoMOM12 (Kupina: 100) Si giunse a una diffusione cosí ampia che il gioco si rovescio, facendo apparire la vera decrittazione come una parodia: - Vmo maKoe KnCC? - Hy, CKaMUÍ - He 3naewb? (rneuomoM:) KOMMynucmuHecKañ uapmw coeemcKO^o coma!13 11 - Che significa RSFSR? - Raro e Singolare Fenomeno di Schizo-frenia della Russia. 12 - Che significa RKP(b)? - La Russia Capitolera con un Pogrom - E VKP (b)? - Veramente Capi-tolera con un Pogrom - E allora la "b" tra parentesi? - Un pogrom bestiale. 13 Che significa KPSS? - Dai, dimmelo - Non lo sai? (sussurrando) Partito Comunista dell'Unione Sovietica! La preferenza accordata all'anekdot di tipo politico é spiegata da Ferri (337) facendo riferimento alla teoria freudiana secondo cui "le barzel-lette [preservano] la vita quotidiana dalla sfera ufficiale e [coinvolgo-no] un numero molto piu alto di persone rispetto all'élite che esprime la propria dissidenza attraverso opere letterarie, spesso sconosciute alla maggioranza della popolazione, salvaguardando allo stesso tempo non solo dai pericoli, ma anche dalla condanna morale spesso tributata ad attivisti e dissidenti di massa". Negli anni Venti, pero, la popolazione era ancora disorientata di fronte al fenomeno e non riusciva a gestirlo con disincantato distacco come sarebbe successo di ll a cinquant'anni. Spesso non si era in grado di distinguere questi agglomerati di lettere e suoni dalle parole vere 47 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba 14 Sezione artística suprema dei corrieri diplomatici. 15 TBHy - glavnoe voenno-inzenernoe upravlenie (direzione generale ingegneri-stica militare); ryBy3 - glavnoe upravlenie voenno-ucebnik zavedenij (direzione generale dell'istituto militare); TAY - gla-vnoe artillerijskoe upravlenie (direzione generale dell'arti-glieria); HA^BAK - nacal'nik otdela eva-kuacii (Capodiparti-mento per l'evacuazio-ne); raABEyM(npoM) - glavnoe upravlenie bumaznoj (promysl-ennosti) (direzione generale (della produzione) cartacea); KBAPTX03 - kvar-tirnoe chozjajstvo ([dipartimento per la] proprieta abitativa); XMy - chozjajst-venno-material'noe upravlenie (direzione economico-materiale). e proprie: "[...] vedendo la parola BXO, su una porta, si fermo a pensare a cosa significasse e decise per BwcmuM xygo^ecTBeHHWM OTge^ gun-KypbepoB14" (Cukovskij: 37) . Cio nondimeno il potenziale umoristico, al netto delle insormontabili, a volte drammatiche difficoltà quotidiane, era di fatto enorme e la situazione si era spinta cosi oltre da risultare quasi paradossale: in ogni discorso, anche il più banale, il riferimento a sigle, abbreviazioni, crasi e acronimi era inevitabile, ma al contempo il significato di buona parte di queste nuove parole continuava a essere oscuro o completamente travisato dai parlanti. Le mordaci penne degli umoristi sovietici non potevano non approfittarne. [...] che parole sono venute fuori: GVIU, GUVUZ, GAU, NACEVAK, KOL-CHOZ, un incubo. Senti come ulula la rivoluzione, come una strega nella tempesta! Ascolta: - gviiuu, gviiuu!! Sooja, Sooja.gau. E lo spirito dei boschi batte: glav-bum! Kvart-choz! Lo spirito bussa: nacevak! Nacev-ak! Chmu! E il vento, e labete, e la neve: sooja, sooja, sooja chmu!uu... E il vento: gviuu... Senti?15 (Svetlicnaja: 78) La rivoluzione è dunque una strega che ulula nella tempesta, gridan-do i nomi di enti statali e cariche istituzionali e restituendo al lettore un'immagine dalla doppia lettura: da un lato cancella all'istante ogni possibile associazione tra la rivoluzione e i concetti di novità, gioventù e attivismo che costituivano le colonne portanti della propaganda e della comunicazione di massa (la strega è nell'immaginario comune e nella tradizione folklorica una vecchia dall'aspetto trasandato e spavento-so, che poco ha in comune con le energiche, robuste e risolute nuove donne sovietiche), dall'altro è la personificazione della rassegnazione all'incomprensione angosciante che, ancor di più nelle zone periferiche e nelle province dello stato sovietico, costituiva l'unica risposta possibile 48 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution alla comparsa di tali mostruose creature linguistiche. Lontano dalle città, dove pure ci si orientava poco e male, la nuova identità degli ap-parati amministrativi era completamente sconosciuta e misteriosa agli occhi della popolazione, che ne diventava spesso vittima inconsapevole: - Pelageja Demina Tjagnirjadno - disse il giudice - siete accusata d'in-frazione al NKPS16. Avete qualcosa da dichiarare al riguardo? La nonnina disse che non aveva nulla da dichiarare e che la sua colpa le era ignota. - Pelageja Demina Tjagnirjadno, voi non incantate nessuno qui a dire che non siete colpevole. Raccontate al giudice come avete infranto l'NKPS. - Non so niente io di questo kapess17 - disse decisa la nonnina, preparan-dosi a piangere e tirando fuori un grosso fazzoletto di tela. - Non lo sai? - chiese indispettito il giudice e sbatté una mano sul faldo-ne, alzando una nuvola di polvere: - non lo sai? Invece come si cammina sui binari lo sai?! Pelageja Demina, per la somma dei capi d'imputazione, che consisteva-no nell'infrazione del NKPS e nel tentativo di tenere nascosti al momento della redazione del protocollo in caserma "titolo, nome, cognome e luogo di residenza", fu condannata a cinque mesi di prigione. (Zoric)18 La totale inconsapevolezza del popolo è confermata inoltre da Il'f e Petrov nel «Vitello doro»: Questo potere era ostile [a Chvorobëv]. Lui, un tempo responsabile del distretto didattico, era stato obbligato a prestare servizio come titolare del settore metodologico nella filiale locale del Proletkult. Questo gli faceva schifo. Fino allultimo giorno di servizio non aveva capito come decifrare la parola Proletkul't e ció lo aveva sdegnato ancor di più (Svetlicnaja: 77). 16 Narodnyj kommissariat putej soobšenija - Commissariato del popolo per le vie di comunicazione. 17 Pelageja afferma di non sapere nulla dell'NKPS,a riprova del fatto che la donna non solo ignorasse le nuove regole di uti-lizzo della ferrovia, ma che non sapesse nulla in generale degli eventi recenti, delle loro conseguenze e dei nuovi detentori del potere (o per 10 meno delle loro rappresentanze locali e particolari), come spesso accadeva a chi viveva in campagna, in barba alle illusioni di diffusione capillare della propaganda. 1b In questo racconto del l926, intitolato Bukva zakona, Zorič racconta delle disavventure di Pelageja Demina che, accusata di aver infranto le regole della sicurezza sulle vie di comunicazione per aver camminato lungo i binari di una ferrovia (dato che il guardiano del passaggio consen-tito non trovava neces-sario aprire la sbarra ogni ora), deve scontare cinque mesi di prigione per un reato che sfugge alla sua comprensione. 11 marito, aiutato da ze-lanti giovani comunisti, non solo riuscirà a farla scarcerare, ma riuscirà a far si che il giudice diventi vittima della sua stessa solerzia. 49 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba 19 Rajonnyj ziliscnoe strojtel'stvo broj. 20 In realtà è nella cosiddetta "piccola prosa" che si ritrovano gli esempi più riusciti dell'appropriazione da parte di Bulgakov di questo particolare fenomeno. Come afferma Salman (827; 830): "M.A. Bulgakov utilizza la possibilità data dalla situazione linguistica di creare una serie di crasi e abbreviazioni nelle quali, teoricamente, puo essere incluso qualunque elemento 'inesistente', senza che questo influenzi consistentemente la comprensione e la ricezione del testo. [...] La [sua] pubblici-stica dimostra chiara-mente la consuetudine delle abbreviazioni nel contesto linguistico degli anni 20, riflette le tendenze nella loro formazione e nella loro funzione, costituisce una testimonianza viva nel discorso del nuovo fenomeno linguisti-co". Le abbreviazioni, quindi, assolvono alla funzione di cristal-lizzare un fenomeno contemporaneo e il fatto che alcune di esse fosse inventate non ne sminuisce la veridicità: "Questa combinazione di realia e pseudorealia porta alla concretizzazione comica del soggetto fantastico-convenzio-nale, lo rende "terreno", senza per questo privarli del loro ♦ E Zamjatin in «ICS» ribadisce che nella percezione comune questi nomi erano tanto oscuri quanto indistinguibili l'uno dall'altro:"[...] tutti, dai diciotto ai cinquant'anni, erano attesi nella giornata odierna da qualcosa d'insolito negli UEPO, UEKO, UONO di ogni genere" (Tibilova: 114) Oltre agli apparati burocratici statali - che pure la facevano da padrone - gli acronimi avevano un validissimo alleato anche nell'arredo urbano: le insegne. Pubblicita, cartelloni e targhe, moltiplicatesi dopo l'apertura al libero mercato, erano disseminate in ogni angolo delle citta. Ma erano ben lungi dall'essere semplici indicazioni, anche perché gli esercizi commerciali che rappresentavano si andavano progressi-vamente celando dietro nomi enigmatici e indecifrabili, avvolgendo in un alone di mistero perfino il prodotto commercializzato. Come sot-tolinea Zoscenko, in un racconto intitolato, per l'appunto, Sulle insegne: Non so voi, stimati cittadini, ma personalmente io ho imparato a leggere con le insegne. Capitava che, marmocchio di sei anni, me ne andassi per strada e leggessi sillabando "Detskij raj", ristorante "Medved"" teeria "Veselaja Dolina" ecc. [...] Certo, oggi imparare a leggere con le insegne sarebbe molto piu complicato. Certe volteguardi uninsegna, pur essendo gia, come si dice, un bighellone adulto, e sembra quasi che tu non capisca di che si tratta. [...] secondo me alcune insegne possono perfino suscitare irrequietezza in un bambino. Non dico che per questo un bambino si possa ammalare o diventi stupido, ma qualche ombra si puo annidare nella corteccia cerebrale. In particolare spiazzano quelle insegne, come per esempio "Raj-zilstrojbroj19 - Cantierabitazionquar-tiercivico" o "Krojbejsvej - Tagliabatticuci". In parte, si capisce: come si dice, non si puo mettere su un'insegna tutto quello che si vuole ed ecco che involontariamente si abbrevia. Certo, a suo tempo questa abbrevia-zione fu accettata per snellire il telegrafo. E riguardo al telegrafo 50 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution e assolutamente corretto. Ma perché poi sia entrata in ogni angolo della vita, ecco questo non si e proprio capito. E a Zoscenko risponde Bulgakov, in Mosca dalle pietre rosse: Vola via la Moskovksja. Un'insegna dopo l'altra. Insegne lunghe un metro e insegne lunghe due metri. La tinta fresca colpisce gli occhi. E che cosa non ce, che cosa, su quelle insegne! Tutto, ce tutto, all'infuori del segno duro e dello jat. Kupvoz. Trustram. Mossel'prom. Qui s'indovi-nano i pensieri. Mosdrevotdel. Vintorg. [.„] Produzione: "Sandala". Probabilmente volevano scrivere "Sandalo" o "Sandali". Scarpe per signora, per bambini e ragazzi. Piantmerc. Inchiod. Unimerc. Pontorg. Glavlestorg. Centrimbumtrust (18-19). Si tratta del vestito nuovo della NEP, che si riluce e colora, ma al con-tempo acceca e confonde. Bulgakov sfruttó appieno il potenziale umoristico delle sigle e lo rese un espediente comico molto efficace. La fortunata combinazione del trasformismo tendente all'assurdo della sua letteratura con la verosi-miglianza del processo di creazione di acronimi e abbreviazioni ha par-torito il celebre Massolit del Maestro e Margherita, il Glavryba di Cuore di cane e il Dobrokur di Uova fatali, per citare solo i piü celebri20. Si tratta di parole che sono cosi perfettamente coerenti con ció che era usuale all'epoca, da non suscitare il minimo sospetto sulla propria veridicitá. E se anche la decifrazione Massovaja literatura21 non svela il trucco e Glavryba sembra allinearsi ai vari Glavsachar, Glavtorg e Glavspicka22, l'associazione volontaria a sostegno dei polli - dobrovol'noe obscestvo sodej-stvija kuram, che si cela dietro il Dobrokur (pensata da Bulgakov sulla falsariga dei vari Dobrochim e Dobrolet realmente esistenti) rimanda ♦ profondo signifi-cato socio-filosofico. (Petrenko: 103) 21 Gli studiosi del romanzo, a proposito della decifrazione di questa abbreviazio-ne, hanno proposto interpretazioni differenti, ma nessuna e stata definitivamente accolta come unica alternativa accettabile: "una delle possibili decrittazioni e Mastera sovetskoj (o sociali-sticeskoj) literatury [...] la decrittazione di que-sta abbreviazione nel testo de Il Maestro eMargherita non c'e, tuttavia, sulla base delle ricerche piü ve-rosimili si ipotizza che sia Mastera (o Masterskaja) socialisticeskoj literatury, in analogia con l'associazione dei drammaturghi esistente negli anni '20 MASTKOMDRAM (Masterskaja kom-munisticeskoj dramy) oppure Mastera sovetskoj literatury, o infine semplicemente Massovaja literatura [...]". (Sokolov: 118) 22 Si veda piü avanti. 51 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba 23 più esplicitamente alla boutade voluta dall'autore. Tuttavia la più ri- II corsivo è mio. 11/^1 ivvi i iir< > v uscita appare la beffa che il Cicikov di Michail Afanas evic architetta ai danni dell'amministrazione moscovita, sfruttando apertamente le falle nelle competenze degli addetti. [Čičikov] presento richiesta a chi di dovere per prendere in affitto una certa attività, e descrisse in pagine indimenticabili i guadagni che ne avrebbe tratto il governo. Al ministero rimasero a bocca aperta: i guadagni sarebbero stati davvero colossali. Gli chiesero di indicare dove fosse lazienda. Ma certo! Boulevard Tverskoj proprio di fronte al monastero della Passione di Cristo, dallaltro lato della strada, nome PamPuš sul TverBul23. Chiesero conferma a chi di dovere: esiste davvero una cosa del genere? Risposta: certo, a Mosca la conoscono tutti. Perfetto. (Bulgakov: 145-146). Ma solo quando le macchinazioni del furbo imbroglione saranno lentamente disvelate ci si preoccuperà di attuare i controlli che già da tempo sarebbero stati necessari: "Corri sul boulevard Tverskoj, alla ditta che ha preso in affitto e in quel cortile dove tiene la merce. Forse là si scoprirà qualcosa!" [...] Torno Bobčinskij. Due occhi fuori dalle orbite. "Un evento straordinario!" "Parla!" "Là non cè nessuna ditta! L'indirizzo che ha dato è quello della statua di Puškin" (Bulgakov: 156) Similmente a quanto avviene in Bulgakov, anche nei racconti di Zoščenko il facile equivoco provocato dal carattere massiccio e improprio dell'uso e della 52 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution propagazione delle sigle e delle abbreviazioni costituisce un ottimo spun-to comico. Ma, come piu si confa allo stile della sua letteratura, Michail Michajlovic non storpia né rimaneggia la lingua, bensi ne evidenzia i lati piu nascosti e la celata ironia, elevandoli a centro umoristico narrativo: 24 Nell'originale: ^opnpo^co^ (Dorozn-oj profsojuznoj orga-nizacii Juznoj Zeleznoj Dorogi) - Sindacato dei lavoratori ferroviari Tra noi addetti ai carrelli ferroviari [Draisina] avevamo un'idea poco chiara della specdivisa. Noi, cari compagni, sembra che proprio non sapessimo cosa fosse questa specdivisa. Per nostra ingenuita ritenevamo che la specdivisa fossero certi pantaloni di materiale, sapete, grezzo e una camiciola di qualche tipo particolare. Ma pare che non sia niente di simile. Alla ferrovia Nord-Ovest ne sanno di piu. Li sul rapporto del SILAFE24 ce scritto: La specdivisa e stata snaturata... Ci hanno messo in mezzo stole femminili, boa, coprispalle etc. etc. Ma che cose questo etc. etc? Fateci tacere su queste porcherie. Quali sono quelle cose che rientrano nelletc. etc? Magari ci rientrano i cilindri? Ci ser-vono proprio dei cilindri. Per i segretari. Ci serve anche altra specdivisa. Ecco, noi facciamo un elenco. E voi, cara ferrovia Nord-Ovest, rispondeteci se nell'assortimento della specdivisa rientrano le cose, per noi indispensa-bili, che seguono. [Segue un elenco comprendente i capi piu disparati tra cui sottovesti di seta, giarrettiere, bastoni da passeggio e cappelli panama - MV] E roba buona questa specdivisa, roba europea. Siamo proprio soddisfatti della specdivisa (l, 135). E evidente, quindi, che sia gli eroi zoscenkoviani che quelli bulgako-viani non si perdono d'animo né si rassegnano al carattere ambiguo delle abbreviazioni, bensi dopo un momento d'iniziale spaesamento, trovano il modo di sfruttarne a proprio vantaggio il carattere criptico. L'effetto straniante era totale e cominciava a serpeggiare un certo allarmismo anche tra gli studiosi e gli intellettuali, perché il fenomeno 53 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba appariva fuori controllo, in particolare nel settore burocrático, dove si arrivo a creare acronimi che spesso superavano le venti se non le trenta lettere in sequenza. Il grado di paradossalita a cui si giunse lo de-scrivono bene Il'f e Petrov nel racconto "KLOOP", che narra le vicende di due cittadini incuriositi da una strana insegna scorta per strada: Non ce la faccio. Fermatevi un secondo. Se non capisco immediatamente che cosa significa questa insegna, me ne faro una malattia. Sara una malattia misteriosa e io ne moriro. E la ventesima volta che passo qui davanti e non ci capisco niente. Due persone si erano fermate davanti a un portone sul quale era appeso a lettere color oro e celeste: KLOOP - Non capisco che cosa vi tormenti. Kloop vuol dire Kloop. Si accettano pacchidallunaalletre. Unostabilimentocometanti. Andiamo. - No, capitemi! Kloop! Sono due anni che mi tormenta. Di che cosa possono occuparsi i lavoratori di uno stabilimento con un nome tanto curioso? Che cosa fanno? Producono qualcosa? Oppure, al contrario, distribuiscono qualcosa? (20-21) I due provano a interrogare qualche dipendente, a origliare le conversazioni negli uffici, a sbirciare tra le comunicazioni di servizio, ma senza risultato. Ogni volta che si avvicinano a una possibile soluzione, qualche nuova informazione li fa ripiombare nel dubbio, finché non decidono di rivolgersi direttamente al presidente. Il presidente, appoggiando le mani sul tavolo, si alzo per andare incon-tro ai visitatori. - Vi prego, per favore, di scusarci se siamo venuti direttamente da voi 54 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution - inizio il curioso - ma per quanto sembri assurdo, sembra che solo voi possiate rispondere alla nostra domanda. - Prego, prego - disse il presidente. - Vedete, il fatto e questo. Come dire. Non ci direste, non prendetela per stupida curiosita, ma che cose questoKloop? - Il Kloop? - chiese il presidente. - Si, il Kloop. - Il Kloop? - ripeté il presidente con voce squillante. - Si, ci interesserebbe molto. La cortina era pronta ad alzarsi. Il mistero era ormai giunto alla fine quando a un tratto il presidente disse: - Vedete, mi cogliete alla sprovvista. Io sono nuovo qui, ho preso servizio solo oggi e non sono ancora al corrente. In generale, si capisce, conosco, ma ancora non, come dire... - Va bene, ma in linea generale? - Ecco, anche in linea generale... - Forse il Kloop produce legname? - No, legname no. Questo lo so di sicuro. - Latte? - Macché! Io e dal latte che sono venuto qui. No, no niente latte da queste parti. - Viti per il legno? - Mmhh... Mi pare improbabile. Probabilmente e qualcosa d'altro. [...] Dopo mezzora lufficio era pieno di fumo, come un gabinetto della stazione. - [Decifrarlo] dalle lettere e un processo meccanico, - gridava il presidente - prima di tutto bisogna chiarire il problema di fondo. Di che organiz-zazione si tratta? E una cooperativa o e statale? Ecco, ditemelo voi. 55 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba - lo credo che si debba provare a indovinare dalle lettere, - rincal-zava il pigro. - No, ditemelo voi il principio di fondo...(26-27) Il racconto fu scritto da Il'f e Petrov nel 1932 quando si era comin-ciato a prendere coscienza del fatto che le abbreviazioni e le sigle avevano perso il loro risvolto pragmatico, mostrandosi ormai come distorsioni linguistiche ambigue e insopportabili: se Seliscev nel 1928 affermava: "Niente ha subito da noi una storpiatura cosí crudele, una deformazione cosí inesorabile come la lingua" (167) e ancora "le parole GLAVSACHAR, GLAVTORG, GLAVSPICKA, GLAVPOLITPROSVET non possono non suscitare ironia" (Lipatov: 47), Jasnopol'skij gia nel 1923 scriveva su "Izvestija": é necessario aprire immediatamente un fronte di lotta contro le abbreviazioni [...] soprattutto é necessario eliminare le abbreviazioni dal vocabolario delle istituzioni ufficiali. [...] Solo in questo modo nel corso graduale del tempo potremmo permettere alla lingua russa di ritornare in salute, libera dalle distorsioni" (Gaylord Jones: 90). Il problema, negli anni, oltre a quelli linguistici aveva as-sunto anche risvolti pratici e potenzialmente dannosi per l'immagine stessa del potere bolscevico. Ne parla apertamente Suchotin nel suo intervento al VI plenum del Comitato Centrale Panrusso per il nuovo alfabeto nel 1933: Le abbreviazioni non sono una questione esclusiva della lingua russa o della lingua del proletariato vittorioso. Ció che e una novita nella lingua russa della rivoluzione dottobre e la loro diffusione quantitativa e, come cercheró di dimostrare, lacquisizione da parte loro di nuove qualita [semplificazione fonetica della parola e abbreviazione grafica] [... Tuttavia] una parte del problema terminologico e costituita 56 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution dalla questione di trasmettere nelle lingue nazionali una partico-lare categoria di termini, le cosiddette "abbreviazioni" che hanno avuto uneccezionale diffusione nella lingua russa proprio in epoca postrivoluzionaria. (151) Producevano, quindi, grandi difficolta di comunicazione anche all'in-terno del partito stesso e non era necessario spingersi fino ai confini delle repubbliche sovietiche per constatare evidenti problemi di com-prensione. Anche chi si recava dalle campagne in citta trovava acro-nimi che, seppure gli fossero gia noti, potevano qui essere utilizzati per indicare un ente diverso, un ufficio con altre competenze o un dipartimento che nulla aveva a che fare con quelli di provincia. Come risultato, ognuno dava una propria lettura e una sua interpretazione, addirittura abbreviando a sua volta le abbreviazioni, attuando un continuo processo di risemantizzazione e reinterpretazione impossibile tanto da sistematizzare, quanto da arginare. Alcune abbreviazioni, inoltre, si prestavano di per sé a molteplici possibili interpretazioni, in considerazione dell'ambiguita nelle radici delle parole che le costi-tuivano. Il risultato é che, come conclude Kostomarov, "la decifrazione arbitraria delle abbreviazioni annulla la connotazione ideologica uffi-ciale [...] si determina il passaggio a un sistema concettuale e ideologico sostanzialmente differente" (Kupina: 100). Alla luce dei numerosi problemi, si penso di correre ai ripari. Dalla meta degli anni Trenta si cerco di limitare il piu possibile l'abuso di sigle e acronimi, conducendo una battaglia contro la cosiddetta vol-garizzazione della lingua, soprattutto quella letteraria, inquinata dal linguaggio gergale e popolare. La vittima piu celebre di questa campa-gna fu, com'é noto, Michail Zoscenko, ma piu in generale si condanno l'utilizzo in letteratura della lingua della strada, come lo stesso umorista 57 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba 25 Nuovo Istituto d'In-vestigazione... 26 Custodia Armata Ve-locizzata Oltremodo? Carboneria Asso-ciata Mediorientale dell'Oceania? 27 Il gatto non lavora. L'amministrazione. 28 Quale GATTO? Gruppo di Aggiornamento per Tecniche di Tutela Ordinaria? 29 Si pensi solo all'ambi-guità del titolo di una delle sue opere più em-blematiche: DPP (NN) - Dialektika Perecho-dnogo Perioda (iz Ne-otkuda v Nikuda) che conserva tanto il mi-stero quanto il vuoto (di senso e di sostanza) che si cela dietro l'abbreviazione. 30 Ritrovo politico-ammi-nistrativo del distretto Dzerzinskij. Queste abbreviazioni, nell'intento dell'au-tore, suggeriscono che dietro la facciata di buone intenzioni, indicata dal significato primigenio della sigla, ogni azione da parte dello stato include tanto un lato buono, quanto uno cattivo (Raj - paradiso e Bes - demone) (Chrja-ščeva, Fedotova: 107). la definiva, e con essa abbreviazioni, crasi e sigle. Un primo tentativo di contenimento del fenomeno é costituito dall'ordine del Commissario del popolo alle comunicazioni emanato nel 1938, che recita: "Dal primo settembre c.a. le abbreviazioni che non vengono utilizzate nella lingua parlata non dovranno essere [piu] accettate sulla carta stampata" (Svet-licnaja: 76). Una reazione cosí categorica, cosí come nell'affaire Zoscenko, sembra essere legata piu che all'anelito a una lingua pura, al nervosismo per l'ondata di umorismo associato alle sigle, un umorismo che a quel tempo sembrava tradire una certa risposta isterica a queste innovazioni (Gaylord Jones: 90). Nonostante il progressivo abbandono nell'utilizzo colloquiale e burocratico, le abbreviazioni non smisero di apparire e si ritrovano numerose nelle opere degli scrittori nei decenni successivi, questa volta con un'esplicita connotazione ironica rinforzata da un disincantato distac-co, per giocare sull'ambivalenza del vecchio e nuovo significato (Jacuk: 2450) o come palese rimando ai primi anni dell'era sovietica. Tra i diversi esempi, vale la pena di citare Il lunedi incomincia di sabato dei fratelli Strugackij, nel quale il protagonista si ritrova nella sede di un enigmatico istituto, la cui denominazione si presta a molteplici interpretazioni: "NIICAVO - ho pensato - Naucno-Issledovatel'skij Instituí?5... cavo? In che senso - di cosa? Crezvycajno Avtomatizirovannyj Vooruzennoj Ochrany? Cernyjch associacij Vostocnoj Okeanii?26". L'arcano racchiuso nella sigla influenza anche i successivi tentativi di lettura e scoperta della natura dell'insolito posto, tanto che, letto un avviso in cui si specificava "Kot ne rabotaet. Administracija27", Privalov riflette: "Kakoj kot? Komitet Oboronnoj Techniki?28". Una volta decifrata la sigla, che sta per Naucn-o-Issledovatel'skij Institut Carodejstvija i Volsebstva - Nuovo Istituto d'Inve-stigazione CAbale e VOlatilizzazioni, la situazione appare forse ancora piu misteriosa, ma é proprio l'utilizzo dell'acronimo a suggerire al lettore 58 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution fin da súbito il carattere sibillino e sfuggente dell'istituto e delle attivita che vi si svolgono. Vero e proprio maestro della risemantizzazione e della manipolazione delle sigle nella letteratura contemporanea, in perfetta continuita con la linea magistralmente inaugurata da Bulgakov, di cui raccoglie evidentemente l'eredita della contaminazione tra assurdo e umoristico, e senza dubbio Viktor Pelevin29. Nelle sue opere, tanto in quelle d'esordio, quanto nelle pubblicazioni piu recenti, lo scrittore fa dei rimandi alle atmosfere sovietiche un punto di forza e di distinzione, molto spesso veicolati da espedienti linguistici. Cosí e evidente il richiamo alla gia citata abi-tudine di usare gli acronimi come nomi per i figli nel Vavilen Tatarskij o nel capitano Pchadzer Vladilenovic Pidorenko (dove Pchadzer sta per "partijno-chozjajstvennyj aktiv Dzerzinskogo rajona30" e Valdilenovic rimanda a una versione alternativa di Vavilen) di Omon Ra o la parodia dell'abuso di sigle in ambito burocratico nella creazione dei vari RAJSO-BES31 - rajonnyj otdel' socialnogo obespecenija32, GORISPOLKOM - ispolni-telnaja vlast'gorodskogo urovnja33 e PARTORG - partijnyj organizator34 nella "Leksiceskaja sizofrenija" di Zombifikacija (1990) dove, similmente alle insegne lunghe un metro della Mosca dalle pietre rosse di Bulgakov: "Camminiamo per strade dai cui muri ci guardano il "MOSGORSOVET35", il "ZPKTBTEKCTIL'PROM36", il "MINSREDNETJAZMAS37" IL "MOS-GOR-TRANS38", i criminali francesi ZEK39, REU40, e DEZ41, il carnivoro PZRO42 e gli "RZU-RSU43 N.9" pantagruelico-fecali"(Chrjasceva, Fedotova: 108). Come giustamente osservano Chrjasceva e Fedotova, l'uso e il gioco che Pelevin fa delle sigle lo consacrano come umorista e il ruolo di espediente letterario delle abbreviazioni ha l'effetto di annullare le differenze temporali tra i simboli sovietici e postsovietici (109-110). Cosí in Ampire V il gioco si ripete, ma stavolta e capovolto e utilizza un acronimo recente della lingua digitale per un richiamo al capolavoro di Nabokov: Dipartimento distrettua-le di previdenza sociale. 33 Potere esecuti-vo cittadino. 34 Responsabile organizza-tivo del partito. 35 Consiglio citta-dino di Mosca. 36 Ufficio centrale tec-nico-esecutivo della repubblica per la produ-zione tessile. 37 Ministero per la co-struzione di macchine medie leggere. 38 Sistema trasporti citta-dino di Mosca. 39 Commissione per la ma-nutenzione dell'edili-zia abitativa. Direzione per la ripara-zione e la manutenzione. 41 Direzione a commit-tente unico. 42 Associazione per la costruzione e la manutenzione dell'edili-zia abitativa. 43 Qui Pelevin gioca con le sigle, ricom-binando le lettere in ordine diverso in modo da rimandare a espressioni gergali. 59 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba Ridere a crepapelle. 45 Rotolarsi per terra per le risate [il corsivo e mio - MV]. "la lingua, nel momento in cui le sue carat-teristiche semantiche e grammaticali vengo-no considerevolmente limitate, [...] puo osta-colare la comprensione da parte dell'essere umano della propria posizione e della posizione del proprio gruppo di apparte-nenza nella societa" (Zaslavskij: 394). - Lolita? - ho chiesto a mia volta - viene da LOL? - Non ho capito - rispose lo sconosciuto - Laughed out loud - spiegai - e un termine di internet. In russo sarebbe rzu ne mogu44 o paztalom45. Viene fuori che Lolita era una ragazza che si divertiva un sacco. A cento anni di distanza, leggendo, si prova la stessa sensazione di sorpresa e il medesimo spiazzamento che sappiamo per certo suscitavano insegne, protocolli e manifesti sovietici. In conclusione si puo affermare che la propagazione e il largo uso di sigle, abbreviazioni, acronimi e crasi che caratterizzarono la lingua postrivoluzionaria produssero un effetto di diffuso straniamento, una sensazione di incomunicabilita e contribuirono in maniera determinante all'ampliamento del distacco fra i comuni cittadini e le istituzioni statali e burocratiche46. Tale situazione ebbe ampi riflessi sulla lette-ratura, non solo dal punto di vista linguistico, ma anche e soprattutto a livello tematico. In particolare e interessante l'uso che ne fanno gli umoristi i quali, sebbene dilatando debitamente il fenomeno e con differenti approcci e letture, riflettono la medesima immagine: l'uo-mo comune e impotente di fronte a un'infestazione tanto massiccia e rinuncia a comprenderne termini e ragioni, tentando di sfuggirle o, altrimenti, di trarre vantaggio dalla confusione da essa generata. L'apparato statale, a sua volta, riflette un'immagine di sé totalmente spersonalizzante e criptica, che nasconde, dietro un'ufficiale volonta di semplificazione comunicativa, un sistema impenetrabile e labirin-tico che spesso sfugge al suo stesso controllo e si presta a facili raggiri. Col tempo, i cittadini impareranno a prendersi gioco di questo enigmatico potere, che dice di voler rendere tutto accessibile al popolo, ma parallelamente si chiude a qualsivoglia possibile interpretazione, 60 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution e lo neutralizzeranno con la più immediata e incontrollabile strategia di difesa, la risata. Zoscenko, Bulgakov, Zamjatin e gli altri aprirono la strada, servendosene in opere che sono tanto lo specchio della società contemporanea quanto un'anticipazione delle tendenze future, i fra-telli Strugackij, Viktor Pelevin e la comicità popolare raccoglieranno questa eredità proseguendo sulla medesima falsariga, che alla luce delle tendenze attuali della lingua, non sembra aver esaurito il proprio potenziale di pericolosa e comica ambiguità. $ 61 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba Bibliografia AA.vv., 1989: Russkaja sovetskaja satiričeskaja povest'. 20-e gody. Moskva: Sovetskaja Rossija. 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Hcno.B3OBaHue aÖÖpeBuaTyp b kmg-puCTMHeCKGM CGBeTCKGM .MTepaType. B a3BiKe 20-x rr. HaÖ.rogaeTca mupoKoe McnG.B3GBaHue aööpeBuaTyp He TO.BKO B ÖropGKpaTUHeCKGM M.M nO.MTMHeCKGM, hg m b noBCegHeBHOM ®m3hm CoBeTCKoro Coro3a. ^TG aB.a.ocB He HGBBiM ^eHGMeHGM B pyCCKGM 33BiKe, nOTOMy HTG OHM y^e ÖBi.M MCno.B3GBaHw bo BpeMa nepBGM MupoBoM BOMHBi Ha Te.erpa^HGM KGMMyHMKa^MM, TaK KaK nO3BG.3.M yCKGpUTB CGOÖm,eHMa. OgHaKG, noC.e peBO.ron,MM ohm ÖBicipo m Be3ge pacnp0CTpaHM.MCB, u3-3a Toro, HTG Hy^HG ÖBI.G nepeuMeHGBaTB BCe ynpe^geHua, OTge.Bi, go.^HO-CTM M gaTB MM HGByM CGBeTCKyM MgeHTMHHGCTB. no ^TOM npuHMHe, ÖH.G HeBG3MG^HG ynoTpeÖ.eHue n,apcKoro a3BiKa, KOTopwM CHUTa.ca HenoHaTHWM Hapogy u ga.eKUM gt Hero. Ho ux KG.MHeCTBG CTa.G GipOMHBiM go TaKGM CTeneHM, HTG Kop-HeM HyKGBCKMM roBopu. o «MaCCGBGM m MMny.BCMBHOM xapaKTepe aÖÖpeBuaTyp». C gpyroM CTopoHBi CHUTaeTca, htg ohm noc.e peBO-.mu,mm c.y^M.u cpegcTBGM y3aKOHeHua m ynponeHua CGBeTCKGM cucTeMw, TaK KaK Mcno.B3ya aÖÖpeBuaTypw, Öo.BmeBMKu ge.a.u Bug, htg HenpepwBHG oÖHGB.aroT u y.yHmawT coBeTCKoe GÖm,ecTBO. Ho Ha caMOM ge.e eguHCTBeHHBiM HyBCTBUTe.BHBiM pe3y.BTaTOM ^TG^G ÖeCKGHTpO.BHGrO BTOp^eHUa 3BM.GCB HyBCTBO 3aMemaTe.B-CTBa m HeBHaTHGCTM. yHeHBie, .MHrBMCTB, Ky.BTypoBegBi nogpoÖHG onuca.u ^eHGMeH pacnpocTpaHeHua aÖÖpeBuaTyp, ux ^opMupoBa-Hue, Mcno.B3GBaHue u npoÖ.eMBi, BO3HMKaBmue u3-3a hmx. OgHaKG He npoBogu.ca r.yÖGKMM aHa.u3 gaHHoro ^eHOMeHa b cbs3m c ero MCnG.B3GBaHUeM CGBeTCKMMM CaTUpUKaMM M MMOpUCTaMM B CBGMx .MTepaTypHBix npou3BegeHuax. 65 MARTA VALERI ► Dal Rajbjuro al Glavryba KpoMe Bcex TpygHocTeM gna Hapoga m Bcex onacHocTeM gna nap-tmm, noBceMecTHoe npuMeHeHue a66peBuaTyp co3gaBano m Ho»e ctb o K0MUHeCKUx CMTya^MM, K0T0pWMU He Morau He B0Cn0^B30BaTBCa nucaTenu. MMopucrunecRaa nuTepaTypa - caMoe ucKpeHHee m T0HH0e 3epKano geMCTBUTe^BHocTM. ^T0 Hau6onee apK0 npoaBnaeTca npu oco6eHHwx o6^ecTBeHHwx u nonuTunecKux ycnoBuax, B03HUKaro-^ux nocne 6onBmoro cou,uanBHoro nepeBopoTa. HTaK, MHoro WM0pucT0B Hananu ynoTpe6naTB a66peBuaTypw KaK nuTepaTypHHM npueM, Bwpa»awm,MM pa3Hwe ux MHeHua no noBogy C0BpeMeHH0M CMTya^MM. HeK0T0pwe onuctiBanu TpygHocTu nro-geM M3 gepeBHM, K0T0ptie ern,e xy^e »uTeneM ropoga pa36upanucB B a66peBuaTypH0M a3tiKe 6ropoKpaTuu u 3aK0Ha, gpyrue CMeanucB Hag ero aM6uBaneHTH0CTBro, ot K0T0p0M ux repou CTapanucB nony-HMTB KaKyw-T0 npu6wnb, TpeTBu paccKa3WBanu 06 ycepgHwx, ho Bce em,e HanpacHtix, nontiTKax pacKptiTB «Kog». B uTore nonynaeTca acHaa u 6e3»anocTHaa KapTUHa n0cnepeB0nrou,M0HH0r0 o6m,ecTBa, rge caMa napTua, K0T0paa CHanana noggep^uBana m 6naronpuaT-CTB0Bana ynoTpe6neHue a66peBuaTyp, CKopo 0Ka3tiBaeTca Hecno-co6hom K0HTponupoBaTb m orpaHMHMBaTB ^eH0MeH. CnegoBaTenBHo, MHTenneKTyanw u npegcTaBUTenu BnacTu Hananu 6opoTBca npoTUB Hero, ho 6ecn0ne3H0, n0T0My hto a66peBuaTypw npo^unu coBeTCKyw ^^oxy u nepe»unu ee, He Tepaa ux KoMunecKuM noTeHu,uan. TaKUM 06pa30M, npogon»aa no 0TKptiT0My WMopucTaMu 20-x rogoB nyTM, Hapog m nucaTenu He nepecranu ux ynoTpe6naTB. HTaK, ohm aBnarnca 0CH0B0M nonuTunecKoro aHexgoTa 60-x u y0-x rogoB, u npueM0M, nogpa3yMeBaro^MM HenenocTB u Mano Bpa3yMUTenBH0CTB, K0T0ptie HanoMMHaroT aTMoc^epy coBeTCKoro npomnoro. 66 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Marta Valeri Marta Valeri is Professor on contract for Russian Language and Translation at the University of Tuscia - Viterbo, where she also completed her Ph.D. with a work about life and travels of princess Zinaida Volkonskaya. She translated for the first time in Italian the "Letters to a writer" by M. Zoshchenko (Bulzoni, Roma 2012). She participated as lecturer at several conferences in Italy and USA, where she received a fellowship in July 2016 (Summer Research Laboratory, University of Illinois at Urbana - Champaign). In 2017 she won the first edition of Russian-Italian translation contest "Insieme", promoted by Neapolitan university "L. Vanvitelli" - Seconda université di Napoli and Pyatigorsk State University. Her main fields of research concern Russian travel Literature of the XIX century, Soviet humoristic Literature and propagandistic periodicals of 1930s. 67 DOI - 10.13137/2283-5482/22870 Citta, cultura e rivoluzione: dalle riviste Rabočij klub, Klub, Klub i revoljucija Town, Culture and Revolution: from the Journals Rabochii klub, Klub, Klub i revolyutsiya $ EMiLio mari - emiliomari@unitus.it SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution I club operai hanno costituito oggetto di numerose ricerche di ambito stori-co-architettonico a partire dagli anni Sessanta, con la riscoperta delle avan-guardie e la rivalutazione delleredita costruttivista. Assai meno approfonditi risultano invece gli aspetti relativi al byt e alle pratiche artistico-letterarie, spesso solo abbozzate o inevitabilmen-te naive, scaturite dall'incontro fra le istanze di acculturazione "dall'alto" e le esigenze di rappresentazione e au-torappresentazione di una societa urbana ancora in costruzione. Spostando l'attenzione dalla "forma" del club al suo "contenuto", dalle modalita di produ-zione dello spazio alla sua ricezione da parte delle masse, questo studio mira a restituire uno spaccato "minore" di vita quotidiana sovietica, un'analisi storico-culturale del fenomeno dei club operai condotta sulla base dei materiali teorici e pratici delle riviste Rabočij klub, Klub e Klub i revoljucija, stampate a Mosca fra il 1924 e il 1931. CULTURA, RIVOLUZIONE, MASSE, CLUB OPERAI, RIVISTE, ARCHITETTURA, TEATRO, LETTERATURA The workers' clubs have been the subject of numerous historical architectural studies since the 1960s, with the rediscovery of the avant-garde and a reappraisal of the constructivist legacy. Much less is known, however, about the byt and the artistic and literary practices, often only outlined or inevitably naive, stemming from the encounter between the needs for acculturation "from above" and the need for representation and self-representation of an urban society still under construction. By shifting the focus from the "form" of the club to its "content", from the ways in which the space was produced to its reception by the masses, this study aims to give an insight into a "minor" cross-section of Soviet everyday life, a historical-cultural analysis of the phenomenon of the workers' clubs conducted on the basis of the theoretical and practical material provided by the journals Rab-ochii klub, Klub and Klub i revolyutsiya, published in Moscow from 1924 to 1931. CULTURE, REVOLUTION, MASSES, WORKERS' CLUBS, JOURNALS, ARCHITECTURE, THEATRE, LITERATURE 69 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione A partire dagli anni '60, con la graduale apertura degli archivi di Stato e privati, si é potuto procedere all'analisi delle soluzioni compositive piu innovative adottate dai costruttivisti e dai razionalisti nell'ambito della progettazione del club: dalle famose "paratie scorrevoli" di Mel'nikov per i club Rusakov, Frunze, Bure-vestnik, Kaucuk e Zuev a Mosca (fig. 2), ideate per consentire una quasi completa trasformabi-lita degli ambienti, alla concezione planimetrica "aperta" messa a punto da Leonidov nel 1929, che di fatto trasformava il club operaio in una cittadella per la cultura e il tempo libero della masse. Cf. Kopp (1967), Quilici (1969), Chaza-nova (1984, 1994, 2009), Ikonnikov (1995), Schmidt (1999), Chan-Ma-gomedov (2001). Oggi queste strutture suscitano un rinnovato interesse, a meta strada fra turismo alternativo e archeologia industriale: testimoni di questa tendenza sono i numerosi "putevoditeli ava.nga.rda." pubblicati in Russia ogni anno, le diverse associazio-ni che si battono per la salvaguardia del patrimonio costrutti-vista (http://thecon-structivistproject.com/ ru), le giovani agenzie che propongono escur-sioni-lezioni nei luoghi dimenticati dell'avan-guardia (https://engi-neer-history.ru/). Il co-mune di Mosca, da parte sua, ha avviato ♦ I. FORMA E CONTENUTO Inventare significa influiré creativamente, cioé lavorare sulla realtá N. Punin, Forma e contenuto Fra le diverse fasi della vita dei club operai, quella progettuale e cer-tamente la meno trascurata dalla critica russo-sovietica e occidentale. Noti da tempo sono i principali attori della vicenda - Mel'nikov, Leonidov, Golosov, Vladimirov, i fratelli Vesnin - come le sedi editoriali di area costruttivista che ne accolsero i contributi teorici e le proposte operative (Sovremennaja Architektura, Sovetskaja Architektura, Stroitelst-vo Moskvy, etc.)1. Studi piü recenti hanno colmato una lacuna nella storiografia sovietica di settore: il destino delle strutture periferiche, dal podmoskove (Čepkunova 2010) fino alle regioni meridionali dell'URSS (Tokarev 2016-2018). Al dibattito architettonico sviluppatosi negli anni 1926-1931 intorno alla questione della "forma" del club operaio, le riviste Rabočij klub, Klub e Klub i revoljucija, rivolte invece specificamente al problema del "contenuto" (cioe del byt), forniscono un apporto di entitá modesta: una decina di articoli in sette anni di pubblicazioni2. Non sará tuttavia inutile illustrarne in breve i contenuti, perché, fatta eccezione per pochi firmati da architetti professionisti - l'ex esponente del severnyj modern A. Zelenko (K 1925, II: 74-77), la costruttivista N. Vorotynceva (Rk 1925, XII, 11-18) e il razionalista A. Karra (Kir 1930, XIX-XX: 45-51), etc. -, si tratta in gran parte di testi redatti da "addetti ai lavori" (ope-ratori dell'istruzione popolare e dei club), sostenitori di un approccio alternativo, evidentemente pragmatico, alla questione dell'edilizia. Proprio alla concretezza richiamava, fra gli altri, I. Čkanikov, nel suo scritto programmatico Vojna chižinam! Vojna dvorcam!, apparso 70 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution su Rabocij klub nel 1926. In alternativa alla conce-zione di club formulata in quegli anni da El' Lisickij - quest'ultimo aveva affermato che "se l'abitazione privata insegue l'effetto dell'estremo puritanesi-mo, nella casa pubblica ognuno dovrebbe avere accesso al lusso più sfrenato" (Schmidt 1999: 78)3 -il pedagogo sosteneva la necessità di contrastare due tendenze opposte ma, nella sua ottica, ugual-mente dannose: da un lato, l'improvvisazione nell'allestimento delle strutture; dall'altro, il mo-numentalismo e la reviviscenza dell'estetica e del gusto borghese: Il concetto di "bellezza" ha un significato per la borghesia e un altro per il proletariato. Il valore della "cosa" non si misura in rapporto alla somma di denaro spesa per essa, bensi alla sua conformité a uno scopo preciso. Qualsiasi altro atteggiamento verso la "bellezza" e il "valore" costituisce un fattore reazionario, che ci condurrebbe sui binari di una cultura a noi estranea (Rk 1926, X: 57). Oggetto della contesa erano soprattutto l'arredo e la decorazione degli interni; convertite in fretta a club, le vecchie palazzine liberty delle periferie di Mosca ponevano per la prima volta gli operai a contatto con il mobilio e l'oggettistica tipici di quel tempo, fantasmagoriche reliquie di una belle époque rimossa ma in grado di esercitare, secondo gli ♦ nel 2014 il piano "Moskovskie kul'turnye centry", che prevede l'ammodernamento e la rimessa in uso di sei Palazzi della Cultura di epoca sovietica, sull'esempio virtuoso del ZIL (DK Proletarskogo rajona). Quest'ultimo edificio, restaurato nel 2008, si e trasformato in un importante polo culturale, che ospita festival di cinema, musica, teatro e danza e mette a disposizione i propri spazi per lezioni e laboratori creativi. Per il centenario della Rivo-luzione d'Ottobre, il ZIL ha allestito una mostra dedicata alla storia dei club operai (http://zilcc. ru/afisha/5645.html). Rabocij klub è fondata nel 1924 su iniziativa di V. Pletnëv, dramma-turgo e ideologo del Pro-letkul't (ed. Vserossijskij Proletkul't). Klub, organo del Glavpolitprosvet e del Komsomol, esce negli anni 1925-28 (ed. Doloj negramotnost'). Dalla fusione delle due riviste nel 1929 nasce Klub i revoljucija (ed. Tea-Kino-Pecat'). Per non appesantire le note e la bibliografia con lun-ghi (e poco utili) elenchi di nomi, seguiremo d'ora in poi il criterio adottato dagli indici generali delle riviste: le iniziali "Rk" "K" e "Kir", seguite da anno, fascicolo e pagine dell'articolo citato. L'interpretazione di club come "casa del prole-tariato" è una costante dei primi anni Venti; ♦ ♦ già nel 1918, in occa-sione del I Conferenza panrussa delle organiz-zazioni proletarie per l'istruzione e la cultura, si era auspicato che i club operai fossero progettati "a imma-gine dell'abitazione". Lunacarskij (1975: 11), da parte sua, affermava: «La cellula fondamentale della città viene da noi concepita prevalente-mente come una casa comunitaria con una, due o tre migliaia di abi-tanti. Quindi la cellula più vicina, che presta servizi culturali a questa casa, costituisce ció che si puó definire il focolare centrale della casa. Del focolare centrale devono far parte vani ad uso club, ossia saloni e salette per le assemblee, per gli spettacoli, per i con-certi, per le proiezioni cinematografiche e nello stesso tempo anche per l'attività dei vari circoli e per il lavoro individuale in condizioni confortevoli. Quanto più sarà varia la costruzione di questa home colletti-va, tanto meglio sarà». La stessa concezione tornerà in auge intorno alla metà degli anni '30, quando i nuovi Palazzi della Cultura staliniani opporranno il "calore" e la ujutnost' dell'abi-tazione tradizionale russa (secondo una mitologia che traeva le sue origini anche dal folklore: la famosa pecka della fiaba popola-re) alla "freddezza" e all'"anazionalità" degli edifici costruttivisti (Cf. Chazanova 1994: 60; Papernyj 1996: 170-182). 71 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione II timore di una deriva piccoloborghese del gusto e della nuova arte proletaria era all'epoca ampiamen-te diffuso. K. Teige (1982: 23-24) ne spiegava cosí le ragioni in un articolo del 1922: «L'arte popolare, per quanto e interessante nel senso artistico e non soltanto come curiositá etnografica, e cresciuta, come e stato giustamente detto, sul maggese della cultura e della vita. Non ha potuto raggiungere rilevanza culturale e ampiezza di stile. E stata insomma, soprattutto dal punto di vista delle forme, arte derivata dallo stile e dalla creazione della classe dominante; all'epoca del barocco viveva di elementi della cultura feudale, alla nostra epoca di quella borghese. Oggi, per quel poco che vive, ha un carattere fortemente pic-coloborghese». Posizioni analoghe avrebbe assunto la rivista di ispirazione proletaria e anti-a-vanguardista Iskusstvo v massy, organo dell'Associazione degli artisti della rivoluzio-ne (AChR); criticando il "formalismo aclassista" (vneklassovyj formalizm) dei co-struttivisti, A. Nemov scriveva nell'articolo Protiv "levych" zagibov v klubnom stroitel'stve (1930): «Gli autori dei progetti dei club non ♦ ideologi dell'istruzione popolare, un fascino e un influsso tutt'altro che trascurabili sulla mentalità operaia: Ci prendiamo cura in modo ossessivo di qualsiasi oggetto che, alVin-terno delle quattro pareti del club, è entrato a nostra disposizione. Diventiamo quasi schiavi di tutte quelle cose a loro tempo acquistate e prodotte a scopi completamente diversi da quelli che ci poniamo nellambito del lavoro del club. Prendiamo, ad esempio, quei piccoli vasi color acqua marina, cosparsi di figurine bianche in stile modern, che si incontrano ovunque nei club. Che ci fanno simili oggetti nei club? [...] Lobiezione più ricorrente è che non sono conservati per qualche scopo in particolare, bensi per semplice "decorazione" (Rk 1924, II:39-40). Non solo le cose, ma anche la loro disposizione sono rimaste le stesse, come se i precedenti proprietari, una ricca famiglia borghese, avessero abbandonato la casa solo ieri (Rk 1926, X: 56)4. D'altra parte, le officine moscovite del Proletkul't, sotto le spinte del produttivismo e la direzione di Rodcenko, spingevano le proprie ricer-che all'estremo opposto, elaborando un design geometrico e tecnicisti-co vicino alla Bauhaus, cosí che sia l'una che l'altra soluzione - i vecchi arredi modern e la nuova "skladnaja mebel"\ figg .4-5) - finivano il più delle volte per apparire, allo sguardo inesperto dei frequentatori dei club, altrettanto estranee e artificiose (K 1926; VI: 88; Rk 1928, II: 29-32). Di fronte a questa impasse, la via d'uscita proposta da Rabocij klub e Klub già nei primi mesi di attività era di coinvolgere direttamente le masse nella fase di progettazione delle strutture, scongiurando in questo modo il pericolo di una "deviazione" ideologica e limitando al tempo stesso il monopolio estetico degli studi e degli istituti d'avanguardia5. 72 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Un'ipotesi inedita di architettura "dal basso", da realizzare attraverso dibattiti aperti, questionari e investimenti a carico delle cooperative e delle comunita locali, che faceva eco alle istanze di auto-organizzazio-ne che si andavano parallelamente affermando nelle altre forme d'arte. Larchitetto che non conosce nel dettaglio il lavoro del club, il suo ruolo sociale e le sue funzioni, non riuscira a realizzare un buon edificio [...] I progetti, redatti in modo collettivo da gruppi di lavoro, potrebbero essere completati da schizzi effettuati dagli operai stessi nei centri industriali (Rk 1927, VI: 7,10). ii. citta e campagna Cresce I'idea della nuova citta che tirera la campagna alla cavezza V. Majakovskij, Le due Mosche ♦ partono dal contenuto (cioè dal collettivo dei lavoratori con il suo lavoro di massa e le sue inclinazio-ni), bensi da una forma ideata e scelta in anticipo dall'autore, la quale non solo non aiuta l'espressione dell'essenza ideologica dell'edificio in quanto club, ma per compia-cere se stessa adatta anche le funzioni utilitarie dell'edificio. La prassi costruttiva ha dimostrato che ben pochi architetti conce-piscono la composi-zione formale come qualcosa che scaturisce da un preciso conte-nuto sociale». Nella sola provincia di Mosca, il Consiglio dei Sindacati (MGSP) finanzia nel 1927 la co-struzione di 78 club di categoria: 30 in città e 48 nei villaggi vicini (Cepkunova 2010: 4). Se l'edificazione massificata dei club sarà frutto del piano quinquennale e della mobilitazione dei sindacati sul fronte culturale6, il dibattito teorico e le prime esperienze pratiche traggono invece per buona parte origine dal lavoro del Proletkul't e, soprattutto, dalle politiche sociali più illuminate condotte dal PCR(b) negli anni della NEP. Un plakat di Kustodiev del 1925 (fig . 6), realizzato per la "Società leningradese per l'alleanza fra città e campagna", sintetizza in modo efficace gli elementi del discorso ufficiale dell'epoca. Il manifesto è tagliato in due sezioni simmetriche, volutamente complementari: sulla sinistra, un attempato muzik in tulup e valenki, accompagnato da un bambino 73 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione E curioso che anche in questo caso, il problema del cortocircuito fra forma e contenuto, legato come sempre alle categorie di vecchio e nuovo, restava al centro del dibattito; la rivista LEF commentava cosí manifesti di Kustodiev: «Avete visto in mezzo ai prodotti talvolta eccezionali dell'arte cartellonistica attuale, che utilizza caratteri chiari, di gran sfarzo, giustificati sul piano produttivista, il ricer-cato e lezioso manifesto di B. Kustodiev per lo spettacolo Blocha (La pulce) al Mchat? E avete visto in esso i caratteri caudati che fanno capolino dalla carta come chicchi di farina stacciata, i ghirigori dello slavo antico, le pen-nellate e le macchie? In esso v'e tutto cio di cui e colpevole l'arte da cavalletto... In una parola, tutto cio che puo disperdere l'atten-zione». In: Magarotto (1976: 196). La storiografia occidentale, a differenza di quella sovietica, ha distinto in modo netto questo fenomeno dalla nuova e più decisa accezione di Ri-voluzione culturale che prenderà corpo negli anni del primo piano quinquennale. Cf. Fitzpatrick (1974; 1978). incuriosito; a destra, un operaio, affabile e sicuro di sé nel suo completo nero, porge ai contadini libri e opuscoli di propaganda, davanti alle ciminiere fumanti che si stagliano in lontananza sul paesaggio agricolo isolato e quasi sepolto dalla neve. Ai piedi delle figure, come in un lubok, la didascalia: "Stabilire la comunicazione fra la citta e la campagna e uno dei compiti principali della classe operaia al potere"7. Annunciata da Lenin nell'articolo O kooperacii (Sulla cooperazione, 1923) e poi sugellata dal XIII Congresso del Partito, la prima fase della Rivoluzione culturale doveva appunto sottrarre dall'isolamento milioni di nuovi "cittadini" sovietici dispersi nelle campagne e, idealmente, of-frire loro un canale d'accesso alla cultura urbana (bolscevica)8. Lavinskij, grafico di LEF e docente al VCHUTEMAS, pubblica su Iskusstvo v bytu il suo progetto di izba di lettura, commissionatogli dal governo per l'Esposizione Internazionale delle Arti decorative di Parigi del 1925. Quasi una ekphra-sis architettonica dell'idea di smycka, l'edificio presentava un'originale giustapposizione di elementi rurali e industriali: i tronchi d'albero delle facciate e i tralicci in ferro della tribuna, le panche tradizionali contadine e le finestre "a nastro" delle fabbriche. Il tutto ideato secondo i rigorosi principi del funzionalismo, per ottimizzare la luce e gli spazi (fig . 10). La prassi dei villaggi, come si puo immaginare, seguiva ben altre di-rettrici. Nella maggior parte dei casi, data l'esiguita dei mezzi e l'esigen-za di concludere i lavori nel tempo minore possibile, le nuove "cellule di cultura" erano ricavate in fretta da abitazioni espropriate a mercanti e possidenti locali, scuole, caserme, banche di credito cooperativo, vecchie sedi di arteli agricole, izbe e granai. Le periferie cittadine, popolate da ex-contadini impiegati nelle fabbriche spesso solo stagionalmente, non versavano in condizioni migliori. In un quadro di diffuso analfabetismo o semianalfabetismo e diffidenza nei confronti del nuovo, uno dei primi problemi che si trovano 74 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution ad affrontare gli operatori dei club é quello di trovare un linguaggio comune fra mondo urbano e rurale, comprensibile a tutti i destinatari del messaggio di propaganda e nel contempo in grado di veicolare nuovi significati. Come doveva presentarsi, nella sostanza, la tanto invocata proletarskaja kul'tura, in un paese in cui era lecito dubitare persino dell'esistenza di un proletariato coeso e cosciente di sé? La risposta piu semplice e immediata che sembrano offrire i redattori di Rabocij klub e Klub é: tradizionale nella forma, rivoluzionaria nei contenuti. Questo aspetto emerge con chiarezza dalle prime annate delle riviste (1924-1926), ampiamente debitrici nei temi come nell'ispirazione al patrimonio folklorico pre-rivoluzionario. Se la futura cultura proletaria avrebbe dovuto fare tabula rasa del passato e imporsi come prodotto autoctono e originale, il folklore po-teva tuttavia ancora essere recuperato se interpretato - in maniera forzatamente retrospettiva - come espressione spontanea del popolo e primitiva forma di resistenza alla vecchia cultura egemonica bor-ghese9. Una lettura gramsciana ante-litteram della cultura popolare, che si preoccupava al tempo stesso di non identificare il folklore con la cultura contadina10: l'ideologia e il discorso ufficiale presupponeva-no l'esistenza di una lotta di classe, silente ma radicata nei sobborghi industriali, gia molto tempo prima delle rivolte bolsceviche. Lo stesso avviene, in quegli anni, nella letteratura proletaria; cf., ad es., le osser-vazioni di Dobrenko (2009) sugli elementi di derivazione folklorica nell'opera di Dem'jan Bednyj. 10 Nel 1926 Kerzencev affermava: «Dobbiamo spazzare via qualsiasi discorso sulla cultura contadina come di un'entita che si forma in opposizione alla cultura proletaria. [...] Non puo esistere alcu-na pretesa di principio sull'autonomia della creazione contadina, ma solo l'utilizzo pra-tico di alcuni aspetti formali di questa» (Cit. in Chazan-ova 1994: 140). Per stabilire una prospettiva storica, per comprendere la produzione poética della citta e della fabbrica delle sue dinamiche vitali e necessario spostare anche nel passato folklorico il centro dell'analisi sulle influenze sociali della poesia orale. E importante svolgere questo lavoro soprattutto in relazione al repertorio di canzoni di fabbrica, il quale costituisce in larga misura la cronaca poetica della lotta della classe operaia per la sua liberazione (Sobolev 1929:47). 75 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione Cf. Sokolov (1925, 1926), Straten (1927), Zel'cer (1928), Sobolev (1930). 12 Un destino analogo tocca al teatro popolare di epoca pre-rivoluzio-naria e, in particolare, alla figura di Petruska, che nelle piazze e nei club operai si tramuta in "Krasnyj Petruska", "Agit-Petruska" 0 "Polit-Petruska" e si dimostra un valido strumento di agitazione e propaganda (Semenov 1926, Stepanov 1926, Agienko, Poljakov 1927). In questa sede non ci soffermeremo su questo aspetto, affrontato da C. Kelly (1990: 179-211). 13 Ai rabkory - giornalisti non professionisti, a cui si aggiunsero in seguito corrispondenti contadi-ni, sel'kory - é dedicato un pregevole saggio di M. Ferretti (1987: 471503): «Il corrispondente operaio apparve presto un elemento ideale di collegamento fra 1 giornali e le masse lavoratrici, non solo perché forniva informazioni dirette sulla vita operaia, ma anche perché risvegliava, fra le masse stesse, l'interesse per la stampa sovietica, che aveva assunto una nuova importanza proprio nel momento in cui la propaganda orale (meeting, comizi) del periodo eroico della guerra civile aveva lasciato il posto alla propaganda scritta». Cosí, mentre i giovani folkloristi sovietici si affannavano per dimostrare l'esistenza del rabocij fol'klor raccogliendo centinaia di stornelli di protesta risalenti agli ultimi anni dell'impero zarista11, nei club delle grandi città si incoraggiavano la composizione, l'esecuzione e la pubblicazione di agit-castuski, nelle quali i vecchi temi (l'amore, il matrimonio, lo sradicamento dal villaggio e le difficoltà della vita urbana, etc.) erano rimpiazzati da più edificanti panegirici dell'Armata Rossa o da radiosi quadretti di vita nelle prime comuni e fattorie col-lettive. Alcune di queste canzoni confluiscono nelle pagine di Rabocij klub e Klub - e in questa prospettiva le riviste costituiscono un valido documento etnografico per indagare i rapporti fra masse e potere in epoca rivoluzionaria - altre invece trovano spazio nei fascicoli di propaganda che il Proletkul't e il Glavpolitprosvet diffondevano in tirature elevatissime fra gli operai e i contadini12. Di pari passo alla linea generale del Partito, la dialettica città/cam-pagna percorre l'intera vicenda - e permea ogni aspetto della vita - dei club operai. Nel 1924-1925, gli anni di maggiore intensità del dibattito politico, Rabocij klub e Klub dedicano più di trenta articoli alla "questione rurale"; un numero simile, con una lieve ma progressiva inflessione, registrano le annate successive. Raccolti sotto il titolo generico di "lavoro del club in campagna", questi contributi spaziavano in diversi campi di attività: dai pro-grammi di alfabetizzazione dei contadini alle escursioni di massa, dalle "brigate artistiche" nei villaggi al fenomeno, affermatosi negli anni della NEP, dei "corrispondenti operai" (rabkory)13. Come si è det-to, lo scopo principale delle riviste era di fornire agli operatori dei club periferici materiale vivo su cui improntare il lavoro quotidia-no di educazione e propaganda massificata. A questa esigenza ri-spondevano i compendi per le lezioni, le "conversazioni" (besedy), 76 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution le "letture" (ctenija), i "racconti" (rasskazyvanija) e i "giochi politici" (polit-igry) (Rk 1924, VI: 15-20; K 1925, VII: 43-49; 1926, I: 27-32; 1927, X: 28-34); i contenuti per comporre i "giornali murali" (sten-gazety)14; le istruzioni pratiche su come or-ganizzare una scuola, una biblioteca, un circolo letterario, teatrale, musicale, una mostra d'arte 0 una cooperativa agricola in un villaggio (K 1925, VI: 18-27; 1927, XII: 17-23); le indicazioni su come gestire il flusso migratorio dei lavoratori stagio-nali (otpuskniki) (Rk 1924, VIII-IX: 76; K 1925, V: 70-75; 1927: 25-37); le rassegne bibliografiche dei periodici e le recensioni degli ultimi opuscoli de-dicati alle relazioni economiche e culturali fra città e campagna (Rk 1925, II: 41-49; III: 54-57)15. Non mancavano, d'altra parte, gli articoli a carattere puramente teorico; nel biennio 1924-25, sull'onda dell'entusiasmo per il nuovo corso del Partito, Ra-bocij klub e Klub avviano un dibattito sulla necessità di individuare, all'interno dei club di città, spazi specificamente destinati al lavoro con i contadi-ni: nascono cosí i krest'janskie stoly o krest'janskie ugolki, presso i quali erano mostrati alle masse, sotto forma di semplici diagrammi o manifesti, 1 risultati delle imprese di cooperazione, le varie attività di mutualismo (sefstvo) delle città ai villag-gi16, i resoconti delle campagne di elettrificazione nelle province più remote (Rk 1924, X-XI: 8-11; 1925, IV-V: 32-37)17. 14 La sten-gazeta, ideata per far fronte alla carenza di carta e di in-chiostro, consisteva in un'ampia bacheca dove erano affissi a mo' di collage articoli su ogni tema, disegni, fotomontaggi, brani di prosa e versi. Nata nei club, questa forma si diffonde successiva-mente anche nei luoghi di lavoro e persino negli spazi comunitari dei complessi abitativi operai. Rabočij klub e Klub forniscono costantemente indica-zioni su come curare l'aspetto grafico-artistico dei giornali murali (cf., ad es., K 1925, IV: 36-42; V: 42-46; VI: 38-41). 15 All'inizio del '27, Klub pubblica in tre numeri (I: 85-92; III: 91-94; IV: 81-91) una lista di tutte le iniziative editoriali dedicate al lavoro nei club (klubnaja literatura) promosse dal Proletkul't, dal Glavpolitprosvet e dai sindacati nel bien-nio precedente. 16 «Un gruppo di operai prendeva in affida-mento un villaggio e vi si recava rego-larmente per portare giornali, libri e opu-scoli e per organizzare conferenze e dibat-titi, non solo su temi di propaganda, ma anche su questioni prati-che di tecnica agraria; scopo del movimento era aiutare i contadini a organizzare centri ♦ ♦ culturali nelle campagne e promuove-re, al tempo stesso, la modernizzazione dell'agricoltura» (Fer-retti 1987: 473). 17 W. Benjamin (1983: 5556), che visita in quegli anni il Krest'janskij klub di piazza Trub-naja, scrive: «Fino a quel momento non avevo mai visto riunito a Mosca un pubbli-co popolare di quel tipo. Probabilmente c'erano molti contadini perché il club si rivolge proprio ai contadini. Mi guidarono attraver-so i locali. Nella sala di lettura mi colpi che, proprio come nella clinica per l'infan-zia, le pareti fossero interamente coperte da materiali illustrati-vi. C'erano soprattutto statistiche illustrate da piccole tavole a colori, in parte elaborate dagli stessi contadini (per illustrare la cro-naca del villaggio, lo sviluppo agricolo, i rapporti di produ-zione e le istituzioni culturali); ma alle pareti sono esposti dappertutto anche particolari di attrezzi, pezzi di macchinari, storte con prodotti chi-mici, ecc. [...] Alla fine mi portarono anche nei dormitori del club, preparati per i con-tadini e le contadine, singoli o a gruppi, che hanno avuto una "kom-mandirovka" in città». 77 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione 18 Nella ricerca di nuove forme adatte alla creazione di massa, i club si rivolgono a tutte le espressioni della nuova arte rivolu-zionaria, per trarne spunti e tecniche. L'interesse per i metodi impiegati dagli artisti della ROSTA nei primi anni Venti, nella fatti-specie, è testimoniato dall'articolo "Finestre della satira" nel club di B. Zemenkov: «Da un punto di vista tecnico-artistico, le "finestre" erano estremamente incisive sia nella forma sia nei colori. L'occhio si rivolgeva involonta-riamente verso questi manifesti e li recepiva con facilità. Sotto ogni manifesto, a forma di finestra, erano disposte delle scritte, principalmente čas-tuški in rima. La forma sobria e concisa di que-ste concordava perfet-tamente con il disegno. Le "finestre" possono essere utilizzate con successo anche oggi nella nostra pratica dei club; i problemi locali della produzione, del byt, la situazione politica corrente: ecco gli ambiti di attività delle "finestre della satira"» (K 1926, IX: 81-83). La smycka, con i suoi contenuti ideologici, costituiva infine spesso materiale di rielaborazione artistica. Quasi la totalità dei materiali drammaturgici prodotti dai circoli e confluiti nelle riviste ha come sfondo la tensione città-campagna. I temi trattati, soprattutto quando le opere erano destinate al pubblico delle cosiddette fasce di smycka (cioè le campagne e i villaggi a ridosso delle città), erano quelli di mag-giore interesse per la popolazione locale: le imposte da versare al go-verno sovietico, la ridistribuzione dei terreni, il prezzo dei prodotti agricoli e dei beni di prima necessità. Il tono in questo caso era distante dalle utopie, e richiamava piuttosto quello familiare delle "finestre" della ROSTA realizzate da Majakovskij, Ceremnych e Maljutin, fra vignettismo e semplificazione da lubok13. Cosí, ad esempio, nella pièce Bez desëvoj spicki ne budet smycki (Senza fiammiferi economici non ci sarà alleanza) sono mostrati alcuni dei meccanismi di mercato che, secondo la propaganda, ostacolavano il successo della smycka: un con-tadino povero si imbatte in uno speculatore della NEP (in questo caso un mercante kulak), il quale, avendo acquistato a sua volta i fiammiferi da una rete di intermediari altrettanto privi di scrupoli, cerca di af-fibbiarli al bednjak a un prezzo comicamente elevato. Provvidenziale è l'entrata in scena della Cooperativa, che, come un deus ex-machina, risolve in breve la questione e istruisce il pubblico su come svilup-pare un'economia socialista, senza passaggi superflui dal produttore al consumatore: CONTADINO: Ti ringrazio! Ma, cara, posso chiederti il tuo nome? COOPERATIVA: Cooperativa! Con me non cadrai in rovina, non sperpe-rerai copechi inutili. E questi kulaki non trarranno alcun beneficio. Loro badano soltanto al proprio profitto. Portami le tue monete da cinque copechi: a trarne beneficio sarete tu e lo Stato (Rk 1924, VI: 38). 78 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution In un'altra pièce pubblicata da Rabocij klub, il vaudeville Smycka di V. Me-zencev (dal racconto omonimo di Vja. Siskov), l'azione si sposta dalla strada al disadorno intérieur di un'izba contadina, dove un adirato muzik si avvia a Leningrado per impartire una sonora lezione al figlio Kuz'ka, che ha lasciato il villaggio e si è arruolato nel Komsomol. Kuz'ka adesso vive negli "spaziosi e puliti" locali dell'obscezitie di una fabbrica di carta, non celebra le ricorrenze religiose e trascorre il tempo libero nel club: ha, insomma, rinnegato le sue origini contadine e si è trasformato in un cittadino sovietico modello. Giunto in città con le peggiori in-tenzioni, Pachom è sopraffatto dai festeggiamenti per l'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre: nel club assiste a un comizio appassionato di Kuz'ka, i compagni del figlio lo accolgono con entusiasmo e lo eleggo-no persino "membro onorario" del Komsomol. Al frastornato Pachom non resta altro che tornarsene al villaggio, con una nuova convinzione: Non è vita, ma il paradiso terrestre: fa caldo, è luminoso, il cibo è abbon-dante. Kuz'ka, quel figlio di buona donna, fa discorsi: la smycka, dice, è la cosa più importante. [...] Quando me ne stavo andando, lui e i suoi compagni mi hanno riempito le tasche... sigarette "smycka" e un faz-zoletto per Ariska... [...] Mi hanno sollevato e fatto volare quasi fino al soffitto... Evviva, gridavano, e con la musica... e poi mi hanno portato a vedere uno spettacolo, di nuovo questa "smycka". Ah, e la commedia non era niente male! I ragazzi vivono e ci ricordano (Rk 1928,1:41). Non sempre, pero, i brani elaborati per il pubblico contadino si rivolge-vano a piccoli (e relativamente innocui) problemi di economia e di vita quotidiana. Nel 1924, un oscuro fatto di cronaca, sapientemente enfatiz-zato dal Partito (e in particolare da Stalin, che gli dedica una sessione straordinaria del Politbjuro), esercita un impatto notevole sull'opinione 79 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione 19 Al "Dymovskoe delo" sono dedícate le poesie Pamjati sel'kora Grigori-jaMalinovskogo (In memoria del sel'kor Grigo-rij Malinovskij, 1924) di Dem'jan Bednyj e Sel'kor (1924) di Maja-kovskij: «La banda dei kulak, / con le pietre dietro la schiena, / si nasconde presso l'izba, /si apposta arrotando / lupescamente i denti. / Lo sorpren-deranno quando annottera, / nel buio della foresta...». L'anno successivo, gli stessi fatti serviranno da sceneggiatura per il film di propaganda Dymovka. Ubijstvo sel'kora Malinovskogo (Dymovka. L'assassinio del sel'kor Malinovskij). Al cinema, altro mezzo che si faceva strada nei club raccogliendo un grande consenso fra gli operai, Rabocij klub e Klub dedicano alcuni articoli teorici e, so-prattutto, diverse rassegne critiche (Rk 1926, XII: 20-25; 57-59; 1927, VIII-IX: 65-70; 1928; K 1926, XI: 36-41; 1927, II: 83-89). Sul rapporto fra cinema e classe operaia si veda anche Trockij, Vodka, Chiesa e cinema (1977: 61-75). pubblica: nel villaggio ucraino di Dymovka, un sel'kor è ucciso da una banda di rivoltosi apparentemente istigata dai kulaki locali19. Pochi mesi dopo l'accaduto, Rabocij klub diffondeva la pièce Dymovka, corredata da disegni e istruzioni per la messinscena nei club (Rk 1925, II: 50-53). Nell'ultimo quadro, come nel manifesto di Ceremnych (fig . 7), sfilavano sulla scena l'uno dopo l'altro i luoghi simbolo della Rivoluzione culturale: la cooperativa, la scuola, la biblioteca, l'izba di lettura, la cellula rurale del Partito; sotto il peso di questi il vecchio mondo e i suoi rappresentanti (il pope e i kulaki) crollavano come fantocci gridando all'avvento dell'Anticristo, mentre la Dymovka contadina, superstiziosa e arretrata lasciava finalmente il posto alla "Novaja Dymovka", metafora dell'intera Unione Sovietica. Compagni, abbasso le vecchie Dymovki! Operai e comunisti: in campagna! (ivi: 53) III. VECCHIO E NUOVO BYT Le vecchie usanze non ritornano dalla porta Le vecchie usanze s'insinuano dalle fessure V. Majakovskij, Prendere in considerazione ogni inerzia Fatti bello, fatti bello prato verde sul monte Prima noi andavamo in chiesa e ora invece andiamo al club Castuska, anni Venti 80 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Eppure, nonostante gli sforzi del Partito, persino fra i suoi membri le vecchie abitudini erano dure a morire. Un'illustrazione di N. Ku-prejanov dell'epoca (fig. 11) descriveva con lucida ironia i successi (o gli insuccessi) della Rivoluzione culturale nelle campagne durante la NEP: una fatiscente izba di lettura con il cartello affisso all'ingresso "Chiusa per la festa religiosa! Il Direttore"20. Ai "piani alti" di Mosca, in quegli anni, il piu sensibile alle questioni riguardanti il byt del nuovo proletariato si era dimostrato Trockij; nel 1923 usciva il suo libro Voprosy byta epocha "kul'turnicestva" i ee zadaci, che raccoglieva un ciclo di articolo scritti per la Pravda e collegati dall'i-dea di fondo, non cosí scontata per l'epoca: "Non si vive di sola politica" (cosí recitava anche il titolo di apertura). In appendice al volume, Trockij riportava i risultati di una piccola ricerca etnografica applicata alla classe operaia, un questionario sottoposto a un collettivo di agitatori e lavoratori moscoviti, mirato a fotografare lo "stato di avanzamento" del nuovo byt: le feste e le danze popolari, i riti di battesimo e di se-poltura, il matrimonio e la vita coniugale, l'educazione dei bambini, gli indumenti, il cibo, il linguaggio. Il quadro che ne risultava, ben diverso da quello offerto dalla stampa di Partito, era di una sostanzia-le resistenza delle pratiche tradizionali, seppur nella maggior parte dei casi svuotate dalle loro precedenti valenze cerimoniali: in chiesa ci si andava sí per semplice abitudine, ma soprattutto perché soddi-sfaceva le esigenze estetiche delle masse (Trockij [1977: 65] annotava a questo proposito: "L'elemento di distrazione, di piacere e di svago gioca un ruolo importante nei rituali della Chiesa. Con metodi teatrali la Chiesa opera sulla vista, sull'olfatto [con l'incenso] e, mediante que-sti sensi, sull'immaginazione"); d'altra parte, la costruzione dei club procedeva a rilento e la maggioranza della popolazione, nelle periferie piu disagiate, ne restava esclusa: 20 Simpatica satira sui kul'trabotniki di campa-gna è anche il feuilleton di Bulgakov Govorja-scaja sobaka (1924): in un villaggio sper-duto lungo la ferrovia per Murmansk appare uno sgangherato prestigiatore, che promette al direttore del club locale un numero sensazionale - un cane parlante e chiaroveg-gente. Lo spettacolo, a cui accorrono 400 persone (contro le 4 abituali), si rivela ovviamente una truffa e, una settimana dopo, un funzionario del Par-tito inviato da Mosca esonera lo sventurato direttore dall'incarico. "La kul'trabota ognuno la fa a modo suo!", commenta Bulgakov. 81 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione 21 Non approfondiamo per ragioni di spazio altri problemi relativi al byt affrontati dalle riviste: la lotta all'al-colismo e al teppismo (chuliganstvo) fra gli operai e i contadini; il rapporto fra club ed emancipazione femminile; le attività all'aria aperta, come lo sport e la ginnasti-ca (fizkul'tura), che costituivano il "lavoro estivo del club" (letnja-ja klubnaja rabota). LYSSENKO Nel 1917 un giorno entrai nel monastero della Passione e nella chiesa di Cristo. Li tutto risplende, tutto è magnifico. E noi cosa abbiamo da proporre in cambio? Dove si puo andare il giorno di Pasqua? È un giorno di festa, si ha voglia di andare da qualche parte, ma non si sa dove. [...] Noi facciamo della propaganda, ma non è sufficiente; bisogna organizzare manifestazioni artistiche pero fino ad ora non abbiamo fatto nulla (ivi: 110). KUKLOV Che fanno generalmente gli operai la domenica e gli altri gior-ni di festa? Dato che i nostri club non sono ancora ben organizzati, gli operai passano i giorni di festa nel modo seguente: se i sindacati o il co-mitato di quartiere organizzano una gita a trenta rubli a persona e gli offrono un panino, del tè, musica ecc., gli operai vi partecipano molto volentieri; ma abitualmente non cè niente di simile (ivi: 130). KARTCHEVSKI Bisognerebbe creare dei club di quartiere in modo che gli operai e gli impiegati avendo un club in prossimità della loro abitazio-ne, potrebbero riposarsi, leggere, distrarsi. Se il club si trovasse a pochi minuti da casa essi potrebbero portarvi anche la moglie e i figli. Bisogna insomma avvicinare il club alloperaio (ivi: 134). Rabočij klub e Klub si impegnano in prima linea sul fronte del byt e della propaganda antireligiosa21. In via generale, l'operazione intrapresa dai promotori dei club in questo campo non si discostava da quella già sperimentata nell'ambito del folklore (agit-častuški, krasnye posidelki, polit-chorovody, etc.) e dell'architettura (l'izba di lettura): nell'attesa di nuove forme autenticamente socialiste, quelle vecchie potevano essere comodamente riadattate alle necessità del momento. Era pratica comune nei villaggi, soprattutto nei primi anni dopo la Rivoluzione, 82 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution ricavare i nuovi centri di cultura dai luoghi di culto espropriati o di-strutti (Dziga Vertov avrebbe immortalato qualche anno dopo questo fenomeno nei quadri iniziali del documentario Simfonija Donbassa22). Dopo la morte di Lenin, tuttavia, fra potere bolscevico e tradizione ortodossa si instaura un nesso molto più profondo e di tutt'altra natura23; già all'indomani della scomparsa del leader, M. Kostelovskaja osservava che ¡'ateísmo si è cominciato a costruire alla maniera di una religione, ma di una religione di specie particolare, di una religione senza "dei immaginari", come dire, di una "religione comunista", della quale è caratteristica la rozza sostituzione degli "oggetti della religione" con gli "oggetti della rivoluzione". Al posto delle icone si raccomanda di porre i ritratti dei capi, al posto della croce, sormontante le cupole, la stella a cinque punte [...] Marx viene raffigurato sotto forma di un dio-padre nei cieli con il Capitale nelle mani al posto delle tavole della legge, e al posto degli arcangeli volano i soldati dellarmata rossa con le trombe (cit. in Roccucci 2011:44). 22 Per un'analisi detta-gliata della sequenza e, in generale, sulla propaganda visuale antireligiosa degli anni Venti e Trenta cf. Piretto (2017). 23 N. Tumarkin (1983) ha ripercorso in un saggio ormai classico il processo di costruzione del mito leniniano, nei suoi risvolti mistici ed escatologici. 24 Sulle feste "atee" bol-sceviche si veda anche il saggio di R. Stites, Bolshevik ritual building in the 1920s (in: Fitzpatrick, Rabinowich, Stites 1991: 295-309). In questo processo, i club operai svolgono un importante ruolo di in-termediazione fra lo Stato e le comunità locali, contribuendo alla dif-fusione capillare dei nuovi rituali di carattere secolare - o di "ateismo pio", secondo la definizione di G. Young (1997: 100-103) - che gli enti di propaganda tentavano con scarso successo di impiantare sulle vec-chie festività religiose24. Nella primavera del 1925, ad esempio, i circoli di Mosca festeggiano la "Pasqua del Komsomol" con guljanja, canti, danze e "azioni di massa" a carattere carnevalesco e iconoclasta, or-ganizzando chioschi, vetrine e "angoli del senza-Dio", sull'esempio di una celebre rivista satirica dell'epoca (Rk 1925, IV-V: 86-88). Rabocij 83 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione klub, rispondendo alle richieste degli operatori dei club, pubblica nel 1924 e poi ogni anno a dicembre materiale illustrativo per il "Natale del Komsomol": lezioni di storia del cristianesimo da un punto di vista scientifico-marxista, oppure rozzi canovacci da sottoporre ai circoli letterari amatoriali, come il ciclo Bezbožnik: ILIBRI (in parata) Siamo oppositori di qualsiasi fede! la fede puo dileguarsi come il fumo Sulle nostre pagine troverete esempi di tutto cio che diciamo. Ebbene, leggete! Poi ne discuteremo Il sapere e il fondamento di ogni cosa! Invano, senza sapere, non bisogna ciarlare! Se parli, allora ogni parola devi essere pronto a dimostrare! a dimostrare! u E la fine di ogni Dio e di ogni pastore di ogni rabbino, pope, prete e mullah! Non riusciranno piú a far pascolare il gregge! Per tutti loro e finita! Finita! Finita! (Rk 1925, XI: 42-55). Nello stesso contesto si inserisce la diffusione, a partire dal '24 dopo la morte di Lenin, dei cosiddetti angoli rossi (krasnye ugolki) o angoli leniniani (lenininskie ugolki). Le implicazioni simboliche di tutta 84 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution l'operazione erano fin troppo evidenti alle masse: l'abitudine di di-sporre le icone ortodosse nell'angolo dell'abitazione riservato alla preghiera era ancora comune negli anni '20, e non solo fra le popola-zioni rurali25. Se in un primo momento questi spazi erano concepiti per queste ragioni a complemento e all'interno dei club, ben presto tuttavia assumono vita propria come cellule autonome e alternative di propaganda. Rispetto ai club, che nella seconda metà degli anni '20 si avviavano verso un progressivo ampliamento delle strutture e degli ambienti (anche grazie al coinvolgimento degli architetti d'a-vanguardia nella prassi costruttiva), gli angoli rossi offrivano il van-taggio di poter essere allestiti con rapidità e praticamente ovunque: "avvicinare il club all'operaio", per scacciare lo spettro, sempre presente nelle menti degli operatori culturali, di una crisi della "klubnaja rabota"26. L'articolo Rabota krasnych ugolkov di A. Krupnov (K 1927, I: 70-73) riporta un interessante elenco delle diverse tipologie che prendevano forma in quegli anni: dagli angoli rossi nei dormitori di fabbrica, a quelli collocati negli ampi locali ad uso collettivo delle nuove case-comuni (doma-kommuny) di concezione costruttivi-sta27; cosí lo spazio del club si dilatava idealmente (e non solo) fino a quello abitativo, il "pubblico" assorbiva il "privato", o quel poco che ne restava: Nella grande sala della casa-comune è stato installato un altoparlante, collegato alla stazione radio del club locale e alla stazione radio cittadi-na del Komintern. Tramite la radio negli angoli rossi saranno trasmessi regolarmente i comizi, i concerti, le serate, le lezioni, etc. che si svolgono nel club e in città (ivi: 71). 25 Sull'abitazione tra-dizionale contadina e sulle sue trasfor-mazioni negli anni della Rivoluzione culturale si veda il sag-gio di M. Lipinskaja (2016: 185-216). 26 Attraverso gli angoli rossi si sperava di risolvere, fra le altre cose, anche il problema della frequentazione non omogenea dei cir-coli (la domanda "Perché l'operaio adulto non va al club?" era fra le piu ricorrenti nel di-battito di quegli anni): situati spesso lontano sia dalle fabbriche sia dalle abitazioni, i club attiravano prevalen-temente un pub-blico giovane. 27 Le redazioni di Rabočij klub e Klub, dal canto loro, assecondano e favoriscono queste tendenze, dedicando all'attivitá degli angoli rossi delle rubriche speciali o, come nel caso di Rabočij klub, un'intera sezio-ne indipendente, allegata alla rivista dal gennaio del 1927. 85 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione IV. GRANDI E PICCOLE FORME La nuova teatralita si formera senza di esso e fuori di esso, non in speciali scatole teatrali, ma in mezzo agli spettatori, nel club! O. Brik, Non in teatro, ma al club! Nel processo di ricerca di nuove forme, le riviste Rabočij klub e Klub oc-cupano una posizione solo apparentemente defilata. I tanti contributi teorici pubblicati dal '24 al '28 appaiono il piu delle volte frammentari, ingenui e contraddittori; le riviste del Proletkul't e del Glavpolitprosvet, come del resto gli stessi club, costituivano per vocazione un "laboratorio creativo" in continuo fermento piu che una vetrina di scoperte gia acqui-site, un'arena di discussione fra posizioni e prospettive spesso e volentieri discordanti. Il lettore piu accorto trovera in essi riferimenti (espliciti o im-pliciti, consapevoli o inconsci) a quasi tutti i maggiori fenomeni artistici dell'epoca, dal costruttivismo al produttivismo, dal futurismo al Novyj LEF, passando naturalmente per l'ampio dibattito sull'arte e la cultura proletarie: i club costituiscono intorno alla meta degli anni '20 forse il maggiore canale di "popolarizzazione" delle nuove tendenze dell'arte rivoluzionaria. In questo processo, gli operatori dei club (e allo stesso modo le riviste) si pongono per cosí dire da ponte - ma anche da "filtro" ideologico - fra gli artisti d'avanguardia, che esploravano con relativa liberta nuove strade espressive, e le masse, che cercavano in esse la possibilita di rappresentare la realta quotidiana, con risultati estetici spesso ben lontani dal punto di partenza ma proprio per questo degni di interesse. Soprattutto dagli anni della NEP, conclusa la fase pionieristica e orga-nizzativa, l'impegno dei club in campo artistico-letterario si assesta sempre 86 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution più su due diversi fronti: quello delle grandi azioni collettive, cioè delle feste, delle parate e delle manifestazioni di piazza, alle quali i club garantivano un "bacino" quasi inesauribile di forze organizzative28, e quello, forse ancora più caratteristico, delle "piccole forme" (malye formy). Proprio quest'ultimo diventerà presto il principale ambito di attività dei club: se i centri culturali di Mosca e Leningrado potevano contare su attrezzature adeguate e sull'apporto di noti professionisti dell'arte teatrale (i cosiddetti "istruttori qualificati")29, l'immensa rete di club e mini-club nelle campagne e nelle province - nel 1927 erano attivi 3.700 club e oltre 30.000 angoli rossi sparsi su tutto il territorio sovietico30 - necessitava di forme artistiche più immediate e adatte a un minuzioso e appassionato lavoro quotidiano, condotto il più delle volte con estrema povertà di mezzi. Oltre al problema dei finanziamenti, era l'assenza di un repertorio adeguato a preoccupare gli operatori dei club. Originatosi all'in-terno della Sezione teatrale (TEO) del Narkompros, il dibattito sulla creazione di una drammaturgia specificamente socialista - come nel caso delle altre forme d'arte, dalla pittura all'architettura - percorre l'interno decennio post-rivoluzionario, senza peraltro giungere a so-luzioni e sentenze condivise. Rifiutata l'eredità classica del dramma e il nesso causale fra letteratura ed evento teatrale, i club si rivolgono in questi anni alla quotidianità, dando vita - anche grazie all'influsso delle istanze di de-professionalizzazione e de-individualizzazione dei mestieri artistici che si andavano allora affermando all'interno del LEF e dell'avanguardia produttivista - a un'espressione scenica in bilico fra fattografia, edificazione sociale e agitazione politica. La creazione collettiva, il dilettantismo, sia in ambito attoriale che drammaturgico, diventano sinonimo di spontaneità, auto-organizzazione (samodeja-tel'nost') e garanzie di un'arte autenticamente popolare. 28 Cf. Tolstoy, Bibikova, Cooke (1990); Piretto (2000); Kustova (2015). Nel 1930 N. Gourfinkel (1979: 141-142) scriveva: «L'esempio fu dato dal "Laboratorio metodico dei club" organiz-zato nel 1924 presso il Teatro Mejerchol'd, che, dal primo anno di fondazione, lavorava per quaranta club di Mosca. Nel 1927 un laboratorio analogo fu creato, annesso alla direzione dei Teatri Accademici. I progetti di produzione di quasi tutti i teatri compor-tano ormai spettacoli destinati specialmente alle scene dei club. Si e creato l'Istituto del "teatri guida" che dirigono tale o tal altro circolo drammatico "attivo". Il teatro Vachtangov per esem-pio e capo di una divisione di guardie rosse e di una fabbri-ca di stoffe». 30 L'articolo O klubnom stroitelstve di E. Nosovskij (K 1928, III-IV: 58-67) riporta dati e statistiche sul numero, sulla capienza e sulla collocazione dei club nel '27. 87 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione Nasce cosi il procedimento del "montaggio letterario" (litmontaz), fondato sull'alternanza di parti recitate, cantate e, soprattutto nelle sue fasi tarde di sviluppo, sull'utilizzo creativo di scarne componenti visuali e sonore (evoluzioni ginniche, diagrammi e manifesti, proie-zioni cinematografiche, etc.). Il lavoro collettivo di scrittura scenica, assegnato ai membri dei vari circoli amatoriali del club, consisteva nella giustapposizione di frammenti di opere letterarie del passato (opportunamente riadattate), canti popolari, decreti e comizi dei leader del Partito. L'attenzione critica era convogliata sull'attore-oratore, il tono era scandito e didascalico; l'elemento scenografico, come inteso dalla tradizione naturalista, era invece del tutto assente o ridotto alla convenzionalità del segno: Il montaggio letterario, compilato in gran parte dai documenti storici, costituisce la forma embrionale di un nuovo genere di narrazione epica, ancora in via di definizione. [...] Il circolo politico deve occuparsi della raccolta dei materiali storici (proclami, discorsi, delibere del Congresso dei Soviet, decreti del VCIK, articoli di giornale, annunci, cartelloni, memorie, etc.). Il circolo letterario deve comporre il testo del litomon-taggio, utilizzando i documenti storici e le opere letterarie. Il lavoro del circolo letterario non si puo limitare alla semplice contaminazione di testi su un tema specifico. Questi devono essere redatti, abbreviati, semplificati se presentano difficoltà nella declamazione. In alcuni casi, per costruire dei ponti verbali fra una parte del litomontaggio e l'altra, sono necessari testi originali, possibilmente brevi ed elaborati collet-tivamente. [...] Il circolo artístico produce slogan e insegne luminosi, sceglie le diapositive (ritratti dei personaggi storici, fotografie di palazzi e fabbriche, copertine di libri, etc.) e organizza gli effetti di luce durante la messinscena. Il circolo musicale seleziona le illustrazioni musicali, 88 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution elabora composizioni per le varie parti del litomontaggio, servendosi ampiamente dei procedimenti del montaggio sonoro (rumori di fabbri-ca, di ferrovia, di battaglia, di tempesta, etc.) (K1926,1:35-37). Il litomontaggio è interessante come solido tentativo di realizzare un parallelo letterario del fotomontaggio. Entrambi sono basati sullo stesso materiale e sullo stesso principio compositivo. Il fotomontaggio si compone di elementi visuali, il litomontaggio - di elementi letterari. Lo scatto fotografico e la citazione sono in questo caso caratteristici perché, in relazione alla composizione del montaggio, non costituiscono il prodotto di un'invenzione artística, bensi quanto di più vicino alla cosa, al fatto, alla realtà. In particolare, la citazione - sia essa di Blok o diMajakovskij - cessa di rappresentare lespressione dei sentimenti e dei pensieri di questi autori, per diventare una testimonianza documentaria di fatti e avvenimenti, assumendo cosi la funzione di scatto fotografico (Rk 1926, VIII: 20-21). Dal procedimento sperimentale del montaggio letterario trae origine, in questi anni, anche un altro genere caratteristico delle scene dei club: il "giornale vivente" (zivaja gazeta), nelle sue diverse espressioni di zivoj zurnal, zivoe kino, etc. La fama di questo genere è legata, almeno in Occidente, quasi esclusivamente all'operato della Blusa blu (Sinjaja bluza), il collettivo teatrale fondato a Mosca da B. Juzanin, che in soli cinque anni di rappresentazioni lascia una traccia profonda nella vita quotidiana e artistica dei club - il «maggior movimento nella storia del teatro a cui abbia preso parte l'avanguardia», secondo F. Deak (cit. in Di Giulio 1985: 150) -, raggiungendo le province più isolate grazie a interminabili tournée e alla diffusione dei suoi vivaci organi di stampa, fra cui la rivista omonima al gruppo (1924-28) e il bollettino-repertorio 89 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione Malye formy klubnogo zrelisca (1928-30). In realtà, come emerge dai diversi articoli dedicati alla questione da Rabocij klub e Klub, negli anni '23^24 il dibattito interno alla kul'trabota produce almeno due interpretazioni di giornale vivente, alternative sia dal punto di vista estetico-formale che ideologico. Secondo una parte degli operatori dei club, infatti, il successo riscosso dalla Blusa blu e la sua conseguente professionalizzazione conducono a un soffocamento della creatività e delle autonomie locali: in tutto il paese si diffondono gruppi epigonici che agiscono in base alle direttive del "centro" (nel 1926 se ne conta-no oltre 10.000), i circoli amatoriali stentano a proporre una valida alternativa a una forma spettacolare che sapeva entusiasmare le folle operaie (Rk 1925, VI: 60; III: 31-34). Oltre a ció la Blusa blu, a detta degli ideologici più ortodossi, non rispondeva agli obiettivi assegnati alle strutture per l'educazione popolare: l'elemento politico-agitativo, ove presente, non si discostava da problematiche generiche affrontate con ironia; le messinscene, pur di notevole raffinatezza e di indiscutibile valore estetico, si attestavano su uno stile cabarettistico che rievo-cava da una parte l'eredità pre-rivoluzionaria della cultura di massa cittadina (il café-chantant, il music-hall, il teatro varietà) e dall'altra le sperimentazioni teatrali degli artisti "di sinistra": La Blusa blu non deve essere considerata una forma di spettacolo di agitazione interna al club. Già nella primavera del 1925 la Conferenza dei giornali viventi ha emesso una delibera in cui i rappresentanti dei circoli locali disconoscevano definitivamente la Blusa blu come modello e coordinamento metodologico. [...] Quasi tutti i numeri della Blusa blu sono fondati sul predominio della musica e del canto. È vero, al posto delle melodie da café-chantant dei primi anni si utilizzano ora motivi popolari rivoluzionari - il che è un passo avanti (almeno da un punto 90 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution di vista ideologico) - ma comunque ¡'85% dei testi (senza esagerare) non arriva alio spettatore. [...] Nelle scene di massa la Blusa blu utilizza un garbuglio di esagerati e grotteschi movimenti ginnici e acrobatici; nel lavoro individuale (e specialmente nei testi rivoluzionari) pratica invece una selezione di mosse del tip-tap, del fox-trot, i passetti da café-chantant fanno da accompagnamento persino alle lubocnye-castuski (Rk 1925, XI: 58-59). Gli stessi "vizi" si rimproveravano all'altra grande organizzazione at-tiva nel campo del giornale vivente, il collettivo leningradese Stanok (La macchina): 31 D'altra parte, iniziava a farsi strada la con-vinzione che lo svilup-po del teatro proletario non potesse prescinde-re da una rivalutazione delle forme "estese": è in questo periodo che il Proletkul't di Lenin-grado pubblica la pièce Press i molot (Pressa e martello, 1925), uno dei primi esempi compiuti di dramma proletario (Rk 1925, X: 48-52; 1926, IV: 33-37; 1927, V: 24-29; VIII-IX: 29-34). Sul collettivo "Stanok" aleggia l'ombra di Amadeus Hoffmann e persino del conte Carlo Gozzi (lautore di Turandot e delle Tre melarance), un tempo risuscitato con tanto zelo da Mejerchol'd e da Vachtangov. "Stanok" tende completamente allestetismo e il suo estetismo è di natura romantica (Rk 1926, III: 49). A queste tendenze, Rabočij klub e Klub contrapponevano l'idea - mai veramente realizzata, per ragioni che analizzeremo a breve - di una ri-generazione in senso popolare delle piccole forme di club31: la "nizovaja klubnaja estrada", che, emergendo dalle "periferie" dei circoli teatrali dilettantistici, doveva configurarsi sotto ogni aspetto (eccetto - direm-mo noi - quello propagandistico) come espressione delle creativita delle masse e non piu spettacolo d'intrattenimento dell'intelligencija, seppur proletaria, "per" le masse: Accanto ai collettivi di questo genere [Blusa blu] esistono, pero, anche circoli di club con altri obiettivi e altre aspirazioni. Anch'essi non 91 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione mettono in scena pièce. Anch'essi sono a favore delle forme artistiche flessibili, daicontenuti facilmenteassimilabili, adatteallutilizzo quotidiano nei club. Ma questi circoli sono anche a favore di altro: della massificazione del lavoro non solo (e non tanto) nel senso di offrire un "servizio" alla massa, ma anche di coinvolgerla direttamente e atti-vamente nel processo di creazione (Rk 1926, XI: 21). Fondare il giornale vivente esclusivamente sui procedimenti attoriali significherebbe trascinare nuovamente nei club quel teatralismo di cui solo adesso hanno iniziato a liberarsi. La rapida teatralizzazione dei temi di attualità è possibile solo nei casi in cui si dispone di interpreti dotati di unalta tecnica attoriale [...] Per questo, il giornale vivente di club si distingue radicalmente da quello "centrale", rappresentato da professionisti. [...] Il suo contenuto deve essere modellato in base agli interessi e alle esigenze di un determinato auditorio. [...] Il giorna-le vivente che nasce dal basso nei club deve diventare la nuova forma espressiva della società proletaria (Rk 1926, III: 27-31). V. ARTE E PRODUZIONE Vattene, lambiccata, con la tua languida tristezza, vita da camera, esangue! Entra, compagno, nel ritmo cittadino, nel parco 92 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution dello slancio e della massa! V. Majakovskij, Che cos'è un parco? L'ultima, grandiosa manifestazione del giubilo postrivoluzionario, dello «spirito pagano, buffonesco, esuberante-giocoso», che G. P. Piretto (2000: 326) definiva "carnevale bolscevico" si registra, almeno a giudi-care dai contenuti delle riviste Rabocij klub e Klub, nell'ottobre del 1927. Per il decimo anniversario della Rivoluzione i club sono chiamati a uno sforzo organizzativo senza precedenti; le riviste pubblicano materiali istruttivi, progetti di chioschi, tribune, decorazioni e manifesti, pro-grammi di parate, rievocazioni storiche e inscenirovki. Tuttavia, la vita quotidiana e artistica dei club avrebbe presto im-boccato strade nuove e non del tutto prevedibili. Già all'inizio del '28, infatti, il clima all'interno delle redazioni muta sensibilmente. Con la semplificazione delle organizzazioni artistico-letterarie avviata dal Partito e il primo piano quinquennale alle porte, anche le riviste sono costrette ad adeguarsi alla linea: a dicembre di quell'anno le forze residue del Proletkul't - l'ente sopravvivrà, perlomeno sulla carta, fino all'approvazione del decreto O perestrojke literaturno-chudozestvennych organizacij - il Glavpolitprosvet e il Komsomol liquidano Rabocij klub e Klub e istituiscono un unico organo ufficiale di stampa (a spese soprat-tutto delle componenti "indipendenti" afferenti al Proletkul't): la rivista Klub i revoljucija, che proseguirà le pubblicazioni, a cadenza mensile e poi bimensile, fino a dicembre del '31. Nei suoi contenuti, nel suo apparato ideologico, persino nella sua veste tipografica, quest'ultima rivista rifletteva in modo puntuale (e, nelle ultime annate, manicheo) gli obiettivi e la retorica del nuovo piano culturale. A modificarsi profondamente in questa fase sono le stesse nozioni di negramotnost' e prosvescenie che erano alla base del lavoro dei club: 93 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione se prima, negli anni della guerra e della NEP, "istruire" (prosvetit') le masse significava, secondo una concezione di stampo utopico-illu-minista rivista in chiave marxista, assicurare la vittoria della "ragione" sul secolare oscurantismo attraverso l'accesso all'arte e alla cultura, ora, dopo il velikij perelom, gli sforzi dei kul'trabotniki si indirizzano sempre più consistentemente verso la qualificazione professional del proletariato (sconfiggere ^analfabetismo tecnico" e promuovere la "razionalizzazione della produzione", per utilizzare neologismi tipici dell'epoca); queste tendenze trovano chiara espressione nella retorica di propaganda delle riviste: lo slogan "licom k derevne!" (volgiamoci alla campagna!) cede in questi anni il passo al nuovo lozung staliniano "licom k proizvodstvu!" (volgiamoci alla produzione!). Scompare dalle riviste il folklorismo naïve e primitiveggiante della stagione dell'allean-za città-campagna e contestualmente scompaiono molti dei materiali artistici e letterari che avevano tratto da esso linfa vitale. Anche le altre forme di "creazione spontanea" (samodejatel'nost') attraversano a partire dal '27 un periodo di profonda crisi, che porterà alla loro progressiva estinzione in favore di un recupero della tradizione drammaturgica e della formazione attoriale: Il Congresso del maggio 1927 sul teatro di propaganda dichiara che i generi del teatro "spontaneo" non rispondono più alle esigenze dei nuovi spettatori. La generazione post-rivoluzionaria si è evoluta nei gusti, richiede criteri estetici più alti: la linearità, lo schematismo, il romanticismo eroico di questo teatro di "maschere sociali" non trova più la rispondenza iniziale. Essendo questi elementi validi solo nel periodo di transizione dellasocietà e dellartesovietica, essi hanno esaurito il loro ruolo, peraltro fondamentale. Facendo un resoconto di questa attività teatrale che ha messo in scena 127.000 rappresentazioni, 94 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution il Congresso propone, con il consenso di esponenti come P. Keržencev, un tempo sostenitore di posizioni molto radicali, di sostituire la forma breve dello spettacolo di club con l'introduzione della grande pièce, ovve-ro del dramma proletario. Il rifiuto del professionalismo, che per un de-cennio aveva costituito uno degli elementi basilari della pratica teatrale "spontanea" viene considerato, sempre dal maggio del '27, un aspetto pericoloso e contrario all'ideologia marxista (Di Giulio 1985:55-56). 32 Cf., ad es.: B. Piotro-vskij, Pod lupoj samokritiki (k 1928, V: 39-43); B. Pimenov, Pod znakom samokritiki (K 1928, V: 44-48). L'ultimo numero di Rabočij klub (1928, XI-XII) e quasi interamente dedicato alla "samokritika v kul'trabote". Sul piano ideologico, inoltre, cio che si imputava ai club - e induceva i loro operatori a una costante "autocritica", secondo il modello di com-portamento imposto in quegli anni dal Partito32 - era l'"autoreferenzia-lita", l'indifferenza nei confronti delle altre forme di "lavoro culturale" e, in generale, della nuova realta sociale, economica e produttiva del paese. V. Pletnev, ad esempio, scriveva in un editoriale del '28 intitolato Rekonstrukcija «Rabočego kluba»: Il lavoro di club non puo più restare in quella condizione di provinciale isolamento e di borioso autocompiacimento che lo allontana dalle altre sfere delledificazione culturale. È necessario in futuro occuparsi seriamente dei legami del lavoro di club con la pianificazione globale della nostra economia, con lo studio del territorio e in particolare delle risorse produttive, con lo studio delle masse operaie, come fattore principale delledificazione culturale. La propaganda produttiva puo dare risultati veramente concreti solo se il lavoro di club riuscirà a stabilire dei legami indissolubili con il pensiero tecnico e scientifico (Rk 1928, VII-VIII: 4). La realizzazione del piano quinquennale, come si andava chiarendo, presupponeva un rinnovato approccio nei confronti dello spazio 95 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione 33 Cf., ad es., gli articoli: Klub, junsekcija i mas-sovyj turizm (Rk 1927, V: 30-35); Turizm v ra-bočuju massu! (Rk 1928, V-VI: 17-22); Turizm razvivaetsja (Rk 1928, VII-VIII: 20-24); Turizm i klub (Kir 1929, III-IV: 54-60). 34 Cf. Ekskursionnyj metod v klubnoj rabote (Rk 1924, VII: 6-11); Ob ekskursii v zabytye mesta (Rk 1925, iV-V: 16-18); Ekskursii-pro-gulki (Rk 1925, IV-V: 18-20); Organizacija letnej raboty (Rk 1926, VI: 3-8); Ekskursion-naja rabota v klube (Rk 1926, X: 52). 35 Obščestvo Proletar-skogo Turizma. esterno e, in particolare, della periferia del paese: l'immenso fabbisogno di risorse naturali da destinare all'industria esigeva una nuova ondata di "mobilitazione di massa" nei territori più selvaggi e inospitali, in modo da individuarne le concrete possibilità di sviluppo. Al movimento "centripeto" degli anni della NEP (l'inurbamento e l'acculturazione delle classi rurali, realizzata in gran parte attraverso il lavoro quotidiano dei club) iniziava cosí ad affiancarsi e contrapporsi una nuova tendenza "centrifuga", che, almeno in apparenza, vedeva per la prima volta nel proletariato urbano un soggetto "attivo". È indicativo che proprio in questo frangente, fra il '28 e il '29, nel dibattito culturale condotto all'interno del Partito e poi anche sulle rivi-ste Rabocij klub e Klub i revoljucija compaia, in un'accezione ben diversa da quella corrente e peculiare di quegli anni, la nozione di "turismo di massa" (o turismo proletario)33. I club non erano certo estranei a forme di mobilità accomunabili al turismo: le escursioni operaie, le passeggiate, le gite e le colonie facevano parte dei programmi esti-vi dei club già dai tempi della NEP34. Ma, come spiegava G. Nagor-nyj (Rk 1928, V-VI: 22), si trattava ancora di "turismo da villeggianti" (il riferimento al costume piccoloborghese non era del tutto casuale): raramente le "spedizioni" si spingevano oltre i confini del "già noto"; il più delle volte si svolgevano nella città stessa (musei, fabbriche, istituzioni, etc.) o, in casi meno frequenti, nelle campagne circostanti (del resto, ben poco appetibili per un pubblico composto in gran parte da "sezonniki"). Ora, invece, l'appello rivolto dal Komsomol e dagli altri enti di propaganda ai giovani cittadini sovietici era ad unirsi alle nuove organizzazioni di massa, come l'OPT35, che proponeva-no itinerari nei nuovi siti di edificazione socialista (Magnitogorsk, Dneprostroj, etc. Kir 1930, VII: 19); il turista era sempre più spesso equiparato a un "lavoratore d'assalto" o, come suggeriva un fascicolo 96 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution dell'epoca, a un "geologo esploratore"36: «di fronte al turismo» - annunciava a sua volta Rabocij klub - «si apre un nuovo fondamentale compito di sco-perta delle risorse naturali e produttive; in tal modo, questo settore "privato" del lavoro culturale potrà essere orientato direttamente ed esclusivamente ai fini della "ricostruzione"» (Rk 1928, V-VI: 22)37. Allo stesso modo, seguendo le direttive del Partito, si raccomandava agli operatori dei club di "volgere 10 sguardo ai trasporti": È necessario mobilitare rapidamente lattivismo creativo delle masse ai fini della liquidazione delle falle nei trasporti. Avendo focalizzato l'attenzio-ne soprattutto sui grandi nodi ferroviari, occorre creare le condizioni per il successo delle grandi imprese di trasporto locali (i depositi, le officine, le industrie), affinché questi luoghi si trasformino realmente in nuovi centri di vita socio-politica, economia e culturale e diffondano la loro influenza lungo la ferrovia, nelle aree abitate circostanti (Kir 1931, V-VI: 31). Per quanto sempre più spaziose e organizzate, le pa-reti del club sembrano tutto a un tratto insufficienti a contenere il dinamismo e lo "slancio centrifugo" del piano quinquennale38; per la prima volta, non erano le modalità di lavoro o i risultati estetici, bensi 11 ruolo sociale e, quindi, l'essenza stessa del club 36 Slogan caratteristici dell'epoca erano "Každ-yj turist - udarnik!" (ogni turista e un la-voratore d'assalto!), "Massovyj turist -massovyj issledovatel' proizvoditelnych sil strany!" (Il turista di massa e un esplo-ratore di massa delle forze produttive del paese!), "Molodež', v turisty-razvedčiki! (Giovani, diventate turisti-esploratori!) (Rk 1927, VI: 24-29). Su questa prima fase di sviluppo del turismo in URSS si vedano anche: Gorsuch, Koenker 2006: 119-140; e i paragrafi Proletarskij turizm licom k proizvodstvu! e Glubže issledova-telskij zastup v nedra zemli della monografia Massovyj turizm v stalinskoj povsednev-nosti (Orlov, Jurčikova 2010: 124-132). 37 Fra le escursioni operaie - fra l'altro, gia teorizzate prima della Rivoluzione, nelle Case del Popolo e fra gli industriali piu illuminati - e le nuove forme di mobilitazione e di "turismo" di massa a cui si iniziava a guardare con interesse (ma anche con cautela, considerato il bagaglio di associazioni ideologicamente eterodosse che il termine suscita-va) c'era inoltre un'al-tra differenza, che non riguardava le distanze e gli scopi del viaggio ma, come si e accenna-to, la coscienza stessa dell'individuo: ♦ ♦ «Le escursioni sono organizzate e dirette da qualcuno, mentre il turismo si organizza e dirige da sé. Esso dipende completamente dall'iniziativa e dagli interessi delle masse stesse» (Rk 1927, V: 32). 38 E in questi anni che Leonidov, anche sull'onda di queste tendenze, elaborava la sua concezione di "club per un nuovo tipo sociale", destinata pero a restare irrea-lizzata: «Fino ad oggi la parete esterna [del club] era essenzial-mente concepita come fonte di luce e isolante termico e fonico. Le condizioni tecniche attuali permettono di non trattarla piu come un elemento di separazione dell'U-TENTE dalla vita che lo circonda ma come una superficie vetrata trasparente che allarga in quanto tale gli orizzonti degli uomini alla dinamica di ogni attivitá economica e sociale» (trad. it. in Kopp 1972: 143). 97 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione 39 operaio ad essere messa in discussione. L'Assemblea pansovietica dei L'intervento di N. Krupskaja (1960: 67) club, convocata a Mosca nell aprile del 1930, concludeva: all'assemblea, intito-lato Perestrojka klubnoj raboty, si attestava sulla stessa linea; dopo aver insistito sulle ragioni della crisi dei club, la direttrice del Glavpolitprosvet affermava: «E neces-sario che il club sia posto in condizione di svolgere un ampio lavoro, di tendere i suoi innumerevoli tentacoli negli angoli piu remoti e di trascinare le masse arretrate verso il centro culturale». L'inerzia e l'incapacitá di rispondere alle sfide del periodo della rico-struzione scaturivano, a detta di molti, dallo sviluppo "spontaneo" dei club, dall'assenza di pianificazione delle strutture e del loro lavoro quo-tidiano. Una relazione del luglio del 1930 dei dottorandi del VCHUTEIN, istituto che peraltro in quei giorni non navigava in acque migliori, denunciava proprio queste tendenze: Le masse operaie sperimentano una crescita politica, produttiva e culturale colossale, lattivismo aumenta e il club... è rimasto in disparte. All'interno della Rivoluzione culturale si è individuato un nuovo metodo di massa: la "visita collettiva", e i club sono rimasti in disparte. Si svi-luppano il movimento dei lavoratori dassalto e le "competizionisocialiste", e i club restano in disparte. In ogni angolo si allarga la società civile operaia, e il club operaio, che lavora fra le masse operaie, non riesce a trovare le risorse... Nuovi tempi, nuovi obiettivi, nuovi ritmi, e i club non si sono adeguati (Kir 1930, VI: 12-13)39. I sindacati, i maggiori impresari dei club, hanno costruito in modo episodico. La mancanza di pianificazione ha condotto alla dispersione delle risorse, allaumento eccessivo dei costi e dei tempi di realizzazio-ne. Il frazionamento delle risorse ha indotto alla costruzione di club di piccole dimensioni, ha favorito il dilettantismo. Tutto ció ha impedito fortemente l'organizzazione del lavoro culturale dei club nellambito degli obiettivi politici ed economici attuali. [...] Lassenza di unappropriata direzione metodica da parte dei sindacati, l'incapacitá di comprendere che ledificazione culturale richiede 98 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution la stessa pianificazione che contraddistingue tutti gli ambiti della produzione, hanno determinato la situazione generale della costruzio-ne delle strutture per la cultura. La progettazione dei club è in preda allanarchia. A occuparsene sono organizzazioni e soggetti casuali (Kir 1930, XV-XVI: 63). Le annate '30 e '31 di Klub i revoljucija riflettono in modo eloquente i mu-tamenti socio-culturali dell'epoca. Paradossalmente, è il club stesso, con il suo byt e le sue piccole forme di lavoro artistico, a scomparire a mano a mano dalle pagine della rivista, a loro volta ridotte da oltre 100 a poco più di 40. Sempre maggiore spazio è occupato dalle imprese delle squadre d'assalto nei cantieri del Donbass, degli Urali e del lon-tano Oriente (Kir 1930, XIX-XX: 36-42; 1931, I: 14-28; VI: 46-47; IX-X: 19-23; XIX-XX: 21-25; XXI-XX: 12-16), dai resoconti delle brigate di col-lettivizzazione nei villaggi (Kir 1930, V: 9-16; VI: 3-6; VIII: 12-19; XI-XI: 22-28; XV-XVI: 58-62), dalle politiche del Partito sul fronte dell'in-dustrializzazione e della liquidazione dei nemici del popolo (kulaki, "opportunisti" di destra e di sinistra, etc.) (Kir 1930, XV-XVI: 36-39; XVII-XVIII: 40-46; 1931, I: 3-13; XVI: 19-25). Soprattutto, è attraverso gli ultimi numeri di Klub i revoljucija che si assiste al dibattito interno che precede e accompagna la nascita dei nuovi centri di cultura staliniani, destinati di li a breve a rimpiazzare i club nella vita quotidiana delle masse popolari: dai grandi "kombinaty" dei Parchi di Cultura e Riposo, cui la rivista dedica solo nel '31 sei articoli e un numero monografico (Kir 1931, XVII: 14-25)4®, ai primi Palazzi (o Case) della Cultura, che anticipavano le tendenze neoclassiche e socrealiste degli anni suc-cessivi e che il Sovnarkom indicava come soluzione al problema della frattura fra club, società e territorio41. 40 Sui Parchi di Cultura e Riposo e, in generale, sulla nuova concezione di cultura e tempo libero nelle citta sovietiche degli anni Trenta cf. Shaw (1979); Dobrenko (1998); Kucher (2012). Il decreto Ob organizacii rajonnych politiko-pro-svetitel'nych centrov ("Domov sockul'tury"), pubblicato su Klub i revoljucija nell'ottobre del '30, affermava: «Con l'organizzazione della Casa della Cultura in un determinato quartiere, tutte le strutture locali attive nel campo dell'educa-zione politica e culturale (club, izbe di let-tura, biblioteche, etc.) devono trasformarsi in suoi dipartimenti» (Kir 1930, XIX-XX: 64). 99 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione Hegemonía dell'architettura si realizzerà solo quando essa accorperà tutto cío a cui ora cerca inútilmente di contrapporsi: la scultura, laf-fresco, la poligrafia, la lavorazione del metallo e del legno, la tessitura, le arti decorative. [...] I sindacati e il Consiglio degli affari artistici de-vono aprire un dibattito sulla questione della costruzione dei club e sulla composizione "sintetica" di questi (Kir 1931, X: 9). Molte questioni irrisolte attendono i Palazzi della Cultura. Molte capacità di questi come grandi basi del lavoro di club non sono ancora state messe a frutto. Ma le premesse poste nelle Case della Cultura dimostrano chiaramente che lera dei piccoli club è finita e che prima ci volgiamo verso le grandi strutture territoriali (ed è estremamente auspicabile che al carattere territoriale corrisponda quello produttivo), meglio sarà per lo sviluppo del lavoro di club e più rapidamente saranno realizzati gli obiettivi del lavoro di club dettati dalla contemporaneità (Kir 1930, VI: 22). $ 100 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution fig. 2 K. Mernikov, Klub Rusakova Sojuza Kommunal'nikov (1927-29) fig. 3 F.lli Vesnin, Dvorec kul'tury zavoda im. Lichačeva (ZIL) (1930-37) 101 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione fig. 5 * A. Martynov, Skladnaja mebel' (K 1926, VI: 88) fig. 6 h» B. Kustodiev, plakat (1924) 102 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) - Arts and Revolution EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione fig. 10 * A. Lavinskij, Izba-čital'nja (i925) 104 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution fig. 11 + N. Kuprejanov, Izba-čital'nja (metà anni '20) fig. 12 ♦ A. Zajkov, Progetto di buffet per la piazzola estiva del club (K 1927, III: 9) 105 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione fig. 14 + M. Borovkov, Progetto per la decorazione del ponte Kamennyj a Mosca (Rk 1927, VIII-IX: 74) 106 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution fig. 15 « A. Martynov, Progetto di altalene (K 1926, IV: ll) fig. 16 « E. Semenova, Schema di palcoscenico estivo per club (K l926, III: 12) 107 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione fig. 17 + E. Semenova, Progetto di scena itinerante per club (K l926, I: 34) 108 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) - Arts and Revolution fig. 18 * Esempio di giornale murale (K 1925, VI: 39) EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione fig. 2g * Plakat (Kir 1931, I: l) 110 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Bibliografia Rabočij klub (Rk), 1924-1928. 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These journals help to throw light on an aspect that has remained largely unexplored by critics: the relationship between "elitist" production and mass reception, in other words, the ways in which aesthetic research, entering into correlation (and sometimes into conflict) with the political and ideological superstructures of the time, influenced the everyday life of Soviet citizens. This research, presented at the symposium "A Radiant Future? The Impact of the October Revolution on the Human Sciences" (Sapienza -University of Rome, November 6th-7th-8th, 2017), is divided into five sections, each dealing with a different historical or thematic area: the first ("Form and content") describes the contribution of the journals to the design of the clubs; in the second ("City and country") and third ("Old and new byt") sections we analyse how the clubs operated in the towns and villages during the NEP; the fourth ("Large and small forms") 117 EMILIO MARI ► Citta, cultura e rivoluzione section looks at the forms of expression that developed within the clubs; and the fifth and final ("Art and production") section explores the social and cultural changes that determined the clubs' activities after the launch of the first five-year plan. Emilio Mari Emilio Mari received his PhD in Literary, Linguistic and Comparative Studies from the University of Naples "L'Orientale". In 2012, he earned a Master's degree in Theatre and Performance Studies at "Sapienza" University of Rome, and, in 2013, a second Master's degree in Slavonic Studies at the same university. Since 2017 he has been teaching Russian Translation at the Tuscia University and Russian Culture at the University of International Studies of Rome. He is an editorial board member of a number of book series and has participated, both as an organizer and as a speaker, in international and national conferences. His areas of research include Russian popular culture, folklore and mass culture; Russian modernist poetry and theatre; the semiotics of space; relations between literature, architecture and landscape; Soviet peasant literature; the Cultural Revolution of the 1920s. *** Emilio Mari si e formato presso l'Universita. "Sapienza" di Roma, dove ha conseguito nel 2012 la Laurea Magistrale in Storia del Teatro e nel 2013 un secondo titolo magistrale in Lingua e Letteratura russa. Dottore di ricerca in Studi Letterari, Linguistici e Comparati all'Universita degli Studi di Napoli "L'Orientale", dal 2017 insegna Lingua e Traduzione russa all'Universita degli Studi della Tuscia e Cultura russa all'Universita degli Studi Internazionali di Roma. E membro del comitato editoriale di diverse collane e ha partecipato 118 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution come organizzatore e relatore a convegni nazionali e internazionali. Le sue aree di ricerca includono la cultura popolare, il folklore e la cultura di massa dei secoli XIX-XX; la poesia e il teatro del modernismo russo; la semiotica dello spazio; i rapporti fra letteratura, paesaggio e immaginario architettoni-co-urbanistico; la letteratura contadina; la Rivoluzione culturale nell'URSS degli anni Venti. 119 Varia DOI - 10.13137/2283-5482/22870 Message: Hycoeaa A^eRcen HeaHoea — ra6pHgHoe coo6rn,eHHe BpeMeH pecTaepauHH 3noxn nOCTHCTOpHH Message: Chusovaya River by Alexei Ivanov: a Hybrid Message of the Restoration Period in the Era of Post-history $ blaz podlesnik - blaz.podlesnik@ff.uni-lj.si SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution GraTBfl nocBam;eHa npO6aeMe oiHome-hmm Me^gy xygO^ecraeHHBiM ocmhc-AeHMeM geMCTBMTeflBHOCTM (i^M^Mfl) M flOKyMeHTMBHOM npO3OM (hOH-^mkoh) b paMKax TBOpnecraa COBpe-MeHHoro pyccKoro npo3aMKa AaeKcea HBaHOBa. Ha npMMepe ero ^y6aM^M-CTMHeCKOM MOHOrpa^MM o6 ypaflBCKOM peKe HycOBOM (2007) mm HaMepeHBi nOKa3aTB, KaK m6pMgM3a^Mfl gMCKyp-CMBHOTO OCMBiCfleHMfl COBpeMeHHOM M MCTOpMHeCKOM geMCTBMTeflBHOCTM, y^e OTMeneHHaa gpymMM MCcaegO-BaTeMMM KaK xapaKTepHaa nepTa erO pOMaHOB, npOflBaaeTca b erO ^y6aM^M-CTMKe M KaK npM ^TOM MCnOflB3yMTCfl Tpag^MOHHBie, «HayHHMe» gMCKyp-cm reOrpa^MM m McropMOrpa^MM. AflEKCEH HBAHOB, YPAflbCKHH TEKCT, HAY^HO-XYflOÄECTBEHHME rHEPHflH, HOH-tHKmH The article focuses on the problem of the relationship between artistic representation of reality (fiction) and documentary prose (non-fiction) in the work of the modern Russian prose writer Alexei Ivanov. Using the example of his book on the Ural's Chusovaya River (2007), we intend to show how the hybridization of discursive interpretation of contemporary and historical reality, already noted by other researchers as a characteristic feature of his novels, manifests itself in his documentary prose, and how traditional, "scientific" discourses of geography and historiography are used in new, hybrid form. ALEXEY IVANOV, URAL TEXT, SCIENTIFIC AND ART HYBRIDS, NON-FICTION 123 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa B cTaTBe mbi HaMepeHti paccMOTpeTB oguH m3 c.ynaeB coBpeMeH-HOrO M3MeHeHM3 ^paHu^ Me»gy xygo»ecTBeHHBiM ocMBicneHueM geMcTBMTe.BHocTM (^MK^Ma) u goKyMeHTa.BHoM npo3OM (hoh-^HKmH). ^ocTaTOHHO pacnpocrpaHeHHoe aB.eHue crepeocKonune-cKoro gucKypcuBHoro ocMBicneHua ucropunecKoM u coBpeMeHHoM geMcTBMTe.BHocTM b xygo»ecTBeHHwix u ny6.uu,ucraHecKux »aH-pax, KOHeHHO, He aB.aeTca oco6eHHocTBro gucKypcuBHOM cuTyau,uu coBpeMeHHocTM, ho aBHoe nognepKUBaHue napa..e.BHocTu gByx aBTopcKux o6pa6oTOK ogHoM TeMM y pa3Hwix nony.apHBix coBpe-MeHHwx nucaTe.eM (Hapagy c A. HBaHOBWM npuMepHO Ta »e cxeMa npuMeHaeTca u b «ucropuorpa^uu» B. AKyHuHa) ge.aeT nocraHOB-Ky Bonpoca o6 oco6eHHocrax nogo6Hwix coBpeMeHHBix »aHpoBBix ru6pugoB u ux 3HaneHuu b coBpeMeHHoM Ky.BType, Ha Ham B3r.ag, o6ocHOBaHHOM u 3ac.y»uBarom,eM BHuMaHua. B paMKax o6m,eM cxeMM uBaHOBcKoro napa..e.BHoro gucKypcuBHoro ocMBic.eHua ucTopunecKoro npom.oro ypa.a napa o6cy»gaeMwix HaMu npou3-BegeHuM — nyreBoguTe.B Message: ^ycoeaa (2007) u poMaH 3onomo ôyHma, unubhu3 no peKe mecHUH (2007) — BW3WBaeT oco6bim uHTepec, TaK KaK b 3tom c.ynae ny6.uu,ucraHecKaa (u.u HOH-^uKmH) nacTB gucKypcuBHOM napwi, c tohkm 3peHua »aHpoBoM ^u6pugu3a^uu, HaMHoro uHTepecHeM .uTeparypHOM («poMaHHoM») nacra. *** TBopnecTBO A.eKcea HBaHOBa 3a noc.egHue gBa gecara.eraa bm3m-BaeT 6o.BmoM HUTare.BcKUM uHTepec, o HeM yBa»uTe.BHO u nopoM c HegoyMeHueM OT3BiBaroTca kputuku, KaK raaBHBiM coBpeMeHHMM npegcTaBMTe.eM ypanbCK0^0 mexcma pyccKOM Ky.BTypw mm gaBHO mh-TepecywTca .uTepaTypoBegw. Bonpocw xygo»ecTBeHHoM c.OBecHOM 124 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution pe^pe3eHTa^uu peanbHoro u cuMBonunecKoro (3HaKOBoro, ceMuoTu-necKoro) npocTpaHcTBa ypana u npuypanba, Tpagu^u0HH0 o6cy^ga-eMwe B pyccROM ceMuoTUKe (cm. A6ameB 2000), b nocnegHee BpeMa cTaBaTca b paMKax uccnegoBaHuM ^eo^o^TUKu (A6ameB 20l2: 57-72).1 Hapagy c BonpocaMu o ^puH^u^ax TpaHC^opMa^uu peanbHoro reorpa^unecKoro u ceMuoTunecKoro npocTpaHcTBa b ero nuTepaTyp-hmx penpe3eHTan,uax Bce name TaK»e o6cy»g,aroTca u Bonpocw o b.u-aHuu ^Tux npou3BegeHuM ucKyccTBa Ha peanbHyro u cuMBonunecKyro reorpa^uro peruoHa (Bn.OTb go aHa.u3a nparMarunecKoro baushus nuTepaTypHoro TBopnecTBa Ha 3K0H0MunecKyro o6cTaHOBKy — cm. A6ameB, OupcoBa 20l3). A. HBaHOB numeT o peanbHOM reorpa^une-ckom npocTpaHcTBe u o6 ucTopuu, Hano.nHarom.eM 3to npocTpaHcTBO cMwc^aMu u c^opMupoBaBmeM TeM caMWM nnacT npocrpaHCTBeH-HO-BpeMeHHBix OTHOmeHUM, BWxOgamUM 3a paMKU TpaÄU^U0HHWX npegcTaBneHUM o6 OTHomeHuax ucTopuu u reorpa^uu. B uckohhom cMwcne cnoBa ^T0T hobmm Tun gucKypcuBHoro ocMwcneHua u ecTb re-orpa^ua, ho, hto6m OT.unuTb sto noHUMaHue ot reorpa^uu KaK <£yH-gaMeHTanbHOM HayKu u yKa3aTb Ha ero coBpeMeHHyro u b to ®e BpeMa apxaunecKyro npupogy, MO»eT 6wtb, 3gecb ^.ec006pa3H0 npuMe-HeHue Heo.oru3Ma ^eo-^pafyua. u.u apxau3Ma 3eMnenucb). TBopnecTBO A. HBaHOBa bo MHoroM HUTaeTca KaK cBoeo6pa3Haa geM0HCTpa^ua Tex npu^unoB, 0 KOToptix paccy»gaeT coBpeMeHHoe nuTepaTypo-BegeHue. TaK Ha3WBaeMWM npocrpaHcTBeHHbm noBopoT, o6o3Hanaro-m,uM cgBur ^OKyca ryMaHUTapHwx HayK c BpeMeHu Ha npocTpaHcTBO, b nuTepaTypoBegeHuu aBnaeTca He npocroM cy6cTUTy^ueM paHHee goMUHaHTHOM ucTopunecKoM nepcneKTUBw hobmmu MeTogaMu npo-cTpaHcTBeHHoro aHanu3a, a cKopee, yTOHHeHueM u yc.o»HeHueM npegcraBneHUM 0 npocrpaHCTBeHHOM u ucropunecKoM KOHTeKcry-a.u3au,uu nro6oro gucKypcuBHoro MapKupoBaHua peanbHoro u.u nonagarorca M pa6oTM, B KOTOpbix Ha caMOM gene oneHb rpygHO noHarb, b neM cyrb 3roro «aKrya.b-Horo b Hacroamee BpeMa HanpaBneHMa b .MreparypoBege-HMM» (HBaHOBa, Ca-30H0Ba: i84) m noneMy HecKonbKO goBonbHO rpMBManbHMx 3aMena-HUM o npocrpaHcrBeH-hmx xapaKTepMcTMKax xygo»ecrBeHHoro reKcra aB.aerca MccnegoBaHMeM b 06-nacrM reonosrMKM. 125 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa Boo6pa»aeMoro npocTpaHCTBa. CoBpeMeHHoe .uTepaTypoBegeHue «HUTaeT ucTopuro .MTeparypBi Hepe3 npocTpaHCTBo, b K0T0p0M pa3-HopogHwe aHTponoreHHtie ^arcropBi gaHH0M cpegBi nepen.eTaroTca c npupoflHWMu yc.0BuaMM u npo^ccaMu: npocTpaHCTBo ^0^T0-My MCTopuHHoe, a ucropua — npocrpaHcraeHHaa» (Juvan 20l3: 15). n0MUM0 0C03HaHUa «npoCTpaHCTBeHHoCTU» UCTopUU m UCTopUH-H0CTU npocTpaHCTBa uMeHHo b .uTepaTypoBegeHuu, b K0T0p0M gaBHo B03HUK MHTepec k 0HT0^0rMHecK0My CTaTycy B006pa»aeMtix npocTpaHCTB, Hana^acB o6cy»gaTBca npo6.eMa B3auM00TH0meHMM npocTpaHCTBeHHo-BpeMeHHwx KoopguHaT xyg0^ecTBeHH0M npo3Bi He to.bko c T0HKU 3peHua TpaHC<£opMan,uM pea.BHoro npocTpaHCTBa m BpeMeHu b xyg0»ecTBeHH0M o6pa3e, ho m b CBa3u c B.uaHueM xy-go^ecTBeHHBix (u ocra.BHBix gucKypcuBHBix) TpaHC<£opMan,uM npo-CTpaHCTB m BpeMeH Ha o6m,yro (t. e. He .MTepaTypHyro, H0H-^uKmH) K0HH,enTya.M3aH,Mro npocTpaHCTBa-BpeMeHu. HCTOPHH H rEOrPA^HH B KanecTBe ogHoro U3 acneKT0B npocTpaHCTBeHHoro noBopoTa b ry-MaHUTapHtix HayKax, HacTo ynoMUHaeTca MHTepec k reorpa^uu KaK k HayKe, o6^eguHaro^eM npuHuunBi ryMaHMTapHBix m ecTecTBeH-hbix HayK. Hcno.B3ya MeTogw gMCu,Mn.MHBi, gaBHo u3yHarom,eM KaK aB^eHua $M3UHecKoro Mupa, TaK m «pa3HopogHBie aHTponoreHHBie i^aKTopbi», B^Marom,ue Ha Mup u 0CTaB.arom,Me cbom c.eg b npocipaH-CTBe, ryMaHMTapHwe HayKM CTapa.ucB npeogo.eTB cy6teKTUBH0CTB m gucKypcuBHyro yc.0BH0CTB pa3HBix $opM ucropuorpa^MM, Ha ko-Topwe paHBme onupa.ocB ryMaHUTapHoe co3HaHue, m HaMTu 6o.ee npoHHwe paMKM g.a K0HTeKCTya.M3an,MM cbomx Ha6.rogeHUM. Ho to, HT0 Hana.ocB KaK nonwTKa geMCTopM3a^MM ryMaHMTapHBix HayK, 126 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution o6epHy,ocB cBoeo6pa3HoM «MCTopM3a^MeM» reorpa^uu, bo BcaKoM cnyHae tom ee Hacm, KoTopaa BKnMHaeTca b op6uTy ryMaHMTapHO-ro ocMwc,eHMa npocTpaHCTBa. ryMaHMTapHwe HayKM nocTeneHHO oco3HaBa,u cbom 3aBMcMMocTB ot a3BiKa KaK o6m,eM MogejM nocm-KeHMa geMcTBMTe,BHocTM u ot HappaTMBa KaK ochobhoto cnoco-6a o^opM,eHua ryMaHMTapHwx 3HaHMM b HeKoe ycnoBHoe u,enoe. B flBaguaTOM BeKe b ^TOM npou,ecce HeManoBaiHyro po,B cwrpa,o ,MTepaTypoBegeHue, ho, HaBepHoe, caMBrn 6o,e3HeHHBiM u c,ok-hbim nyTB npogenana ucTopunecKaa HayKa, b KoHeHHoM MTore npu-3HaB rpaHM^i cBoeM gucKypcuBHoM npupogw. Mokho cKa3aTB, hto ucTopua b 3tom npo^cce nocTeneHHo oco3HaeT ce6a ucTopuorpa^u-eM,2 u gaie HecMoTpa Ha to, hto ucropuKu go cux nop cnopaT o tom, orpaHunuBaeT ucTopuKa npocroM ^aKT, hto no3HaHue b ,m6om cnynae o6yc,oB,eHo ero 33hkobhm o^opMneHueM u,u no,Hoe HayH-Hoe no3HaHue npomnoro HeBo3MoKHo u3-3a o6teKTuBHwx orpaHu-HeHuM b gocrynHocru goKa3aTe,BcTB (kopotko o no,eMuKe Meigy «nocTMogepHucTaMu» u «TpagM^MOHa,MCTaMM» cm. Mulalic: 53-54), Bce ohu coraacHBi, hto ,ro6aa nonwTKa HayHHoro onucaHua b npuH-^M^e yie He MoieT npeTeHgoBaTB Ha po,B no,Horo, o6teKTuBHoro u HeocnopuMoro u3,o»eHua npomnoro, u Bcerga ocTaeTca ee Bapu-aHTHBiM oTo6pa»eHueM - t. e. ^pa$ueu. B ot,uhuu ot ucTopuu, reorpa^ua KaK HayKa homuh^hbho Bce BpeMa ocraBanacB ^pa$ueu, ho u b ^TOM cnyHae pe^neKcua npo^c-ca onucaHua uMeHHo KaK onucaHua (T.e. u3o6pa»eHua Hero-,u6o KeM-,u6o Ha HeKoeM a3WKe MogenupoBaHua) gonroe BpeMa ocra-Ba,acB Heoco3HaHHoM, TaK KaK b 3anagHoM HayHHoM Tpagunuu c ee ucToKaMu b ^pe^MM noHaTue ^pafyua. npoHHo cBa3WBa,ocB to,b-ko c ogHuM u3 3HaHeHuM rpenecKoro cnoBa, uckohho o6o3Hanaro-rn,ero KaK rpa^unecKoe, TaK u cnoBecHoe u3o6pa^eHue (depiction) B KnaccuHecKoM pa6o-Te HaHana 1990-x ¿i. i^eHKuHc roBopuT o Heo6xOgMMOCTM oTnuHaTB b c^epe ucTopuHecKoro co3Ha-Hua npomnoe ot ucto-puorpa^uu. HecMoTpa Ha to, hto bo MHoiKe-cTBe a3MKoB (b tom Hucne u b aHrauMcKoM u pyccKoM) ucTopuKu TpaguouoHHo o6o3Ha-HaMT npegMeT cBoeM HayKu u caMy HayKy ogHuM c,obom, ¿k. ^KeHKuHc npegnaraeT «xopomyro npaKTuKy» o6o3HaHeHua geaTenB-hoctu ucTopuKa u pe-3y,BTaToB ero Tpyga TepMuHoM «ucTopuo-rpa^ua» (Jenkins: 7). 127 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa fleMCTBMTe^BH0CTM (cm. Purves: l09). reorpa^ua «H^a ugeeM pea,BH0-ro 06teKTMBH0 cym,ecTByrom,ero CTaTunecKoro npocTpaHCTBa, a3BiKu Moge^MpoBaHMa K0Toporo HenocpegcTBeHHo BWTeKaroT m3 o6teKTa M3o6pa«eHMa. 3gecB 0TcyTCTByeT npo6,eMa cy6^eKTa onucaHua u Bw6opa a3BiKa Moge^upoBaHua, u ^0^T0My «rpa^ua» b reorpa^uu Mo«eT 6bitb mctmhhom mam ao^hom (t. e. M3o6pa«arom,eM pea^BHoe u.u BwgyMaHHoe npocTpaHCTBo), b pa3H0M Mepe cooTBeTCTByrom,eM pea^BH0My npocTpaHCTBy BcnegcTBue o6teKTUBHwx orpaHuneHuM (3gecB b KanecTBe npuMepa mo«ho npuBecTM nocTeneHHoe ycoBep-meHCTB0BaHue KapTorpa^uu KaK cnoco6a gByxMepHoro M3o6pa«eHMa TpexMepH0M n0BepxH0CTu) u oneHB pa3H006pa3H0M b 3aBucuM0CTM 0T Bti6opa npegMeTa onucaHua, ho cnoco6 M3o6pa«eHMa Tpagu-^M0HH0 BocnpuHMMaeTca KaK HeHTo 06yc,0B,eHH0e Bw6paHHWM 06teKT0M m caMMM np0CTpaHCTB0M. CoraacHo K>.r. TroTroHHMKy, ko-TopwM nonwTa^ca onpege^uTB ^u^oco^CKue ochobbi reorpa^uu KaK ^yHgaMeHTa^BH0M HayKM, cneu^^unecKUM npegMeT0M u3yneHua reorpa^uu «c noMom,Bro MeToga zpafyeÛH [aB,aeTca] locus. Teorpa^ua aB^aeTca HayKoM o 6ecK0HenH0CTu fl0KaflM3au,MM» (Twtwhhmk: 55). Hto6bi o6teguHMTB 6ecK0HeHHwM npou,ecc fl0KaflM3au,MM b u,e,nBHoe npegcTaB,eHue 0 npocTpaHCTBe, reorpa^uu noHago6u,ocB BTopoe npegcTaB,eHue - ugea .aHgma^Ta (K0T0paa b CBoro onepegB Kop-HaMM TaK«e yxoguT b rpenecKyro TpagM^Mro - cm. yK. cou. 71-84), m ^TM gBa ochobhbix npuHuuna onpege,aroT npuHuunua^BHo MHyro TpaeKTopuro pa3BUTua reorpa^uu no 0TH0meHuro k ucTopuu. XoTa 0HM pa3BMBa,MCB M3 0gH0r0 KopHa, Bn0C,egCTBMM 0HM pa30m,MCB KaK b cBoeM 0TH0meHMM ko BpeMeHu (0gH0HanpaB,eHH0CTB ucTopu-necKoro BpeMeHu - BenHocTB KaK BpeMeHHoM K0HTeKCT reorpa^uu), TaK m oTHocuTe,BHo 0CH0BH0r0 Mogyca zpafyuu (HappaTUB ucTopuu - KapTa/cxeMa reorpa^uu), ho ru6pugHaa npupoga ucTopunecKoro 128 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution C03HaHua, o6iBeguHarom,aa npom.oe u cnoco6ti ero gucKypcuB-Horo 0CMHC.eHua, BuguMO, xapaKTepHa m g.a caMOM reorpa^uu. K).r. Tktkhhmk b CBoeM pa6oTe yKa3tiBaeT Ha gBOMCTBeHHOCTB re-orpa^unecKoro nogxoga k Mupy, Ha ucKOHHoe Hanpa^eHue Me^gy ^M3UKO-MaTeMaTMHecKUM (b ero onpege.eHuu 3ro «gucKypc») u xy-go^ecTBeHHWM cnoco6oM ocMticneHua npocTpaHCTBa (nocru^eHue «o6pa3aMu»). ^Ta gBOMCTBeHHOCTB xapaKTepHa u g.a KapTBi KaK CBoeo6pa3Horo «goMa 6tiTua» reorpa^uu, 0Tpa®arom,er0 «c^e^M-^uKy nyTu reorpa^unecKoro MeToga Me^gy Cum^aom gucKypca m Xapu6goM o6pa3a» (i73). BuguMO, eguHCTBeHHOM npuHUHHOM, noneMy uMeHHO reorpa^uu Bwna.a po.B cnacMTe.BHMu,Bi ryMa-HMTapHwx HayK b anoxy Kpu3uca Bti3BaHHoro .MHrBMCTMHecKMM noBopoTOM, aB.aeTca MHUMaa He3aBucuMOCTB npupogti ee ^patyuu OT c^e^M$MKM a3WK0B0r0 nocTu^eHua geMcTBMTe.BHOCTu: Hayn- hbim 33HK ecTecTBO3HaHua (T.e. to, hto K).r. Tktmhhmk o6o3Ha-naeT noHaTueM ducKypc), Hapagy c He-a3tiKOBOM (b coBpeMeHHwx npegcTaB.eHuax ^pa$u^ecKoû) o6pa3HoCTBro, Ka3a.ca tom a.BTep-HaTMBOM, Kyga mo^ho yMTu ot ^aHpoBoM 06yc.0B.eHH0CTu .ro6oM ^opMw ryMaHMTapHoro no3HaHua. Ho BK.roneHue reorpa^uu b no.e 3peHua ryMaHMTapHwx HayK, to.bko hto npomegmux g.uHHWM m 6ypHtiM nepuog pe^.eKCuu CBoeM co6cTBeHHoM gucKypcuBHOM 06yC.0B.eHH0CTM, KOHeHHO, He MOr.O npOM3OMTM npu nO.HOM aM-He3MM TO.BKO hto npoMgeHHoro nyTM. npocTpaHCTBO - KaK go Toro ucTopua - b paMKax 3Toro co3HaHua CTaHOBUTca He o6^eKTUBHoM gaHHOCTBro, nog.e^am.eM onucaHuro, a CKopee, caokhhm MHoro-MepHBiM KOHTeKCTOM, B KOTOpOM npOCTpaHCTBO-BpeMa OgHOBpe-MeHHO BwcTynaeT KaK o6^eKT onucaHua u KaK geMcTBUTe.BHOCTB, BO3HMKaro^aa b pe3y.BTaTe 6ecHuc.eHHoro MHO^ecTBa nontrroK ee gucKypcuBHoro ocMticneHua. 29 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa M. roBaH KaK .urepa-TypH0-^M.0C0^CKHe ™6pMgbi aHa.H3H-pyeT poMaHTMHe-CKyro MeTa^o^THKy, pa3BHTHe ^aHpa ^cce, noCTMogepHHCTCKyM Meranpo3y, a raK^e .HTepapH3a^HM ^H.oCo^HH 0T HH^me go nocTMogepHM-CTCK0H TeopHH KaK TeopHH c nponMCH0H 6yKBM (Bcenor.oma-romero TpaHcgw^M-n.HHapHoro ryMa-HHTapHoro gucKypca o Bcenor.om;arom;eM gucKypce; nogp. cm. Juvan 20l7: 19-43). CTEPEOCKOnHH H rHEPHflbl npo6.eMa ru6pugHwx gucKypcuBHwx ^opM aB.aeTca 0gH0M u3 Ba^-hwx TeM .MTepaTypoBegeHMa BTopoM no.oBMHti npom.oro BeKa. Hgea M. BaxTMHa o tom, hto pa3BUTue C0BpeMeHH0M npo3w mokho cooTHecTM c npon,eccaMu ru6pugu3an,uu pa3Htix 33mkobmx u ®aHpo-bhx TpagMD,MM, 0Ka3a.a cu.bHoe B.uaHue Ha coBpeMeHHyM TeopuM gucKypca. HHTepec k ru6pugHMM ^opMaM u nocTeneHHoe crupaHue ^paHu^ Me^gy xygo^ecTBeHHon .uTepaTypon u ee TeopeTUHecKUM ocMwc.eHueM npuBe.u k cuTya^uu, b K0T0p0M g0B0.bH0 6o.bmyM HacTb K.accMHecKoro .urepaTypHoro Hac.egua co BpeMeH paHHero poMaHTu3Ma mo»ho B0cnpuHuMaTb KaK npoaB.eHue ru6pugu3an,uu co6cTBeHH0 .uTepaTypHoro u TeopeTunecKoro (^u.oco^CKoro) cnoco-6a nocru^eHua uctuh[m]. B uHTepecHon M0H0rpa^uu MapKo roBa-Ha .MTepaTypHHM (xygo^ecTBeHHMM, o6pa3HWM, cuHrynapHbrn...) u $u.oco^ckum (TeopeTunecKuM, noHaTuMHMM, yHuBepca.bHMM...) cnoco6w no3HaHua cor.acH0 screraKe A.eHa BagbM npuHuMaMTca KaK gBa paBHonpaBHwx, BapuaHTHwx Mogyca gucKypcuBHoro ycBoeHua uctuhm u.u, CKopee, pa3Hwx uctuh, u stu gBa pa3Hwx Buga no3Ha-Hua 06pa30Ba.u 3a noc.egHue gBa CTo.eTua MH0^ecTB0 urcrepecHMx ru6pugHwx ^opM, MHorue ux K0T0pwx aB.awTca Ba^HenmuMu ^op-MaMu Ky.bTypw u onpegeaaMmuMu ^aKTopaMu ee pa3BuTua.3 HMeHHo .uTepaTypH0-^u.0C0^CKue ru6pugw cwrpa.u pemaMmyM po.b b npo-^ccax nocTeneHHoro oco3HaHua gucKypcuBH0M 06yc.0B.eHH0CTu TpagMu,M0HH0r0 ryMaHMTapHoro C03HaHua, hto b nepByM onepegt 0TH0cuTca k ucTopuu (t. e. ucropuorpa^uu) KaK ero yHuBepca.bH0M 0CH0Be. 0cH0BH0e npeuMymecTBo ra6pMgHMx ^opM gucKypcMBHo-ro ocMwc.eHMa 3aK.MHaeTca b cgBure B3r.aga: CMeHa onTMKM uc-n0.b30BaHH0r0 gucKypcuBHoro annapaTa n03B0.aeT yBugeTb o6teKT 130 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution onucaHua c pa3Hwx paKypcoB. TeKCT-ru6pug b ?tom CMHcne Bcerga cre-peo- u.u ga®e My.bTucKonunecKoe (B0c)npou3BegeHue, oco3Hawm.ee T0T $aKT, HT0 ^pUH^U^Ua.bH0 pa3HMe 33MKM 0nUCaHUa gaWT pa3HMe npegcraB.eHua o n03HaBaeM0M. HToru 0CMMC.eHua CTepeo- u.u ga®e My.bTMCK0nMHecK0M npupogM no3HaHua b ru6pugax, K0HenH0, MoryT 6biTb pa3HHMM. B 0gH0M M3 KpaMHUx BapuaHT0B cnop 06 MCTMHH0CTM gByx BugoB gucKypcuBHoro 0CMMC.eHua geMCTBUTe.bH0CTu pema-eTca b no.b3y ogHoro u3 hmx, hto npuBoguT k nognuHeHuro HecoBep-meHHoro (HeT0HH0r0, o6MaHHUBoro, .o®Horo...) Mogyca onucaHua 60.ee C0BepmeHH0My (b KanecTBe npuMepa npuBegeM .umb 0TH0me-Hue Me®gy ^o^3ueM u $u.oco^ueM b nepuog poMaHTM3Ma). BTopon KpaMHuM BapuaHT - 3T0 nognepKUBaHue 0TH0CUTe.bH0CTu .w6oro Mogyca onucaHua, no.ynuBmee Hau6o.ee no.Hoe BMpa®eHue b nocT-M0gepHucTCK0M uHTep^peTa^uu .03yHra «Bce n03B0.eH0». Ho Me®-gy ^TUMU gByMa KpaMHocraMu cymecTByeT u MH0®ecTB0 Kyga 6o.ee uHTepecHwx CMe®Hwx BapuaHT0B, u b HeK0T0pwx u3 hux ru6pugHaa npupoga TeKCTa He uMeeT ^yH^uu o6Ha®eHua ^^ucTeM0.0^uHecK0M 06yc.0B.eHH0CTu no3HaHua, a ucno.b3yeTca c npaMo npoTUBono.o®-H0M ^.bro — t. e. c ^e.bw yTBep®geHua uctuhhoctu onucMBaeMoro npegMeTa. HBaH0BCKue .uTepaTypH0-^y6.u^ucTUHecKue ru6pugw, Ha Ham B3r.ag, c.egyeT oraecru uMeHHo k noc.egHUM, u mm nonw-TaeMca 3to np0geM0HCTpup0BaTb Ha npuMepe ero «nyTeBoguTe.a» no peKe Hyc0B0M. HE-OEWMHMH nYTEBOgHTE^b PA3MEPOM HE C AAflOHb H TO^^HHOH HE B ^AflE^ KHura Message: Hycoeaa. CBa3aHa c ucropunecKUM p0MaH0M 3ono-mo ôynma, ohm Btim.u 0gH0BpeMeHH0 m nocrpoeHti oko.o egMHoro 131 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa TeMaTMnecKoro crep^Ha AereHgapHoM ypanBCKOM peKu, u b ^TOM CTepeocKonMHecKOM nape poMaH — nyreBoguTenB o6e nacTM aB^amca CBoeo6pa3HHMM ^MTepaTypHo-nceBgoHayHHHMM ru6pugaMu. HaMu 6ygeT paccMoTpeHa npeuMym,ecrBeHHo ^y6.^u^ucTUHecKaa (ycnoBHo roBopa — nayunaa) nacTB napwi — nyTeBoguTe.nB Message: Vycoean, u 6ygyT Bwge^eHw ero «^MTepaTypHwe» xapaKTepucruKu, ho npegBa-puTe^BHo ctout oTMeTUTb, hto u caMa ^opMa ucropunecKoM KaK ocHoBa poMaHHon nacTM crepeocKonunecKoM napw co BpeMeH oco3HaHua gucKypcuBHoM o6yc^oB^eHHocTM mctopmm KaK HayKM y^e He BocnpuHUMaeTca KaK xygo^ecrBeHHBm o6pa3 pea^BHBix u^u noTeHuuanBHo bo3mo®hhx ucropuHecKux repoeB b KoHKpeTHoM ucropunecKoM KoHTeKcTe (T.e. KaK MMarMHaTMBHtm xygo^ecrBeH-hhm, o6pa3HHM, cuHrynapHBm... cnoco6 nocru^eHua cyTu gaHHoro ucropunecKoro nepuoga). OHTo^orunecKun cTaTyc ucropunecKoM ^m^mm u hoh-^hkhh ucTopuorpa^uu 6o^tme He aB^aeTca nemo npegonpege^eHHHM, ucropuHecKaa uMaruHan.ua cTaHoBUTca nacTBro uHcTpyMeHTapua ucropunecKoM HayKu (o6 oahom nacraoM npuMepe b 6pMTaHcKon ucTopuorpa^uu cm. Mulalic) u ucropMHecKMM poMaH Bno^He BnpaBe npeTeHgoBaTB Ha po^B ogHoM u3 pa3HoBugHocreM «HayHHoro» ocMBicneHua ucTopuu. HacTUHHo u^u no^HocTBW boo6-pa^aeMaa ucTopua cTaHoBuTca HeoTteM^eMoM nacTBW ucropuorpa-^mm KaK c^o^hom cucTeMw Ko^^eKTMBHon op^aHM3a^MM cBegeHMM o npom^oM, ^uTepaTypHwe ^aKropw (b cnynae KoHKpeTHoro poMaHa ^erKo ono3HaBaeMwe npueMti MM^o^o^M3a^MM u »aHpoB MaccoBoM Ky^BTypw) 3gecB ^urypupywT HapaBHe c KnaccunecKUMu KpuTepua-mm ucTopuorpa^uu (Bocnpou3BegeHue goKyMeHTa^BHBix cBegeHMM, npoBepKa ucTopunecKMx ^arcroB...). Ecnu hm oguH M3 gByx cnoco6oB nocTM^eHua npom^oro y^e He Mo^eT 6bitb o6taB^eH eguHcTBeHHo BepHWM, Torga (KaK ogHa M3 bo3mo^hbix a^BTepHaTMB 6ecKoHenHoM 132 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution pe^neKCuu ux gucKypcuBH0M 06ycn0BneHH0CTu) B03HUKaeT npu-HaTue g,B0MH0M nepcneKTUBti, C03garom,eM nonH0Ty npegcTaBne-Hua o npomnoM. npuMepHo TaK0M ®e ^pMH^M^ coeguHeHua pa3Htix TunoB Tpa-flM^M0HH0^0 HayHHoro gucKypca reorpa^uu u ucTopuorpa^uu c xy-go^ecTBeHHHMu, nuTepaTypHHMu MogenaMu ocMwcneHua o6teKTa onucaHua mm Ha6nrogaeM u b nyTeBoguTene Message: Hycoeaa.. KHura BHemHe no BceM napaMeTpaM nonHocTBro npuHagne«MT k c^epe hoh-$ukwh, b aBT0pcK0M npegucnoBuu mm ga«e BCTpenaeM apry-MeHTa^Mro o peneBaHTHocTu o6teKTa onucaHua (peKa HycoBaa KaK «HoCMTenB MH<£opMa^MM», KaK tyeHOMeH «r0pH03aB0gCK0M ^MBMnM3a-n,uu»), 3gecB «e mm HaxoguM m «aHpoByro u/unu MeTogonoruHecKyro xapaKTepucTUKy TeKCTa. no cnoBaM aBTopa, ero KHura He T0HeHBKUM, Bwnyrn,eHHWM b CBepgnoBCKe C0BeTCKUM nyTeBoguTenB «pa3MepoM c nagoHB u T0nm,uH0M b nane^> unu aBTopcKoe ^cce o BnenaTneHuax c HygecHoro peHHoro MapmpyTa, a nontiTKa «K0MnneKCH0r0 onucaHua ^eH0MeHa Hyc0B0M» b paMKax reorpa^unecKoro, ucTopuHecKoro u C0^M0n0^MHecK0^0 ^eH0MeHa r0pH03aB0gcK0M ^MBMnM3a^MM, ko-TopoMy aBTop HecK0nBK0 neT cnycTa nocBaTun oTgenBHyro KHu«Ky (cm. HBaH0B 2014). «He-o6MHHMM nyTeBoguTenB» b BBegeHuu npeg-CTaBneH KaK nonwTKa o6teKTUBHoro («HayHHoro»?) reorpa^unecKoro m ucTopuHecKoro onucaHua caM0M 3HanuTenBH0M u3 ypanBCKux peK, ho y«e c caMoro Hanana HycoBaa b TeKCTe CTaH0BUTca CBoeo6pa3HWM repoeM caMwx pa3Hwx «aHpoB, b tom Hucne m T0HeHBK0r0 C0BeTCK0r0 nyTeBoguTena u ^cce-TpaBeno^a. B pa3Hwx HacTax KHuru aBTop C03HaTenBH0 unu He0C03HaHH0 onupaeTca u oTHacTu noneMU3upyeT c oTgenBHWMu TunaMu guc-KypcuBHoro ocMwcneHua peKu. PeKa nepB0M HacTu — ^T0 peHH0M nyTB coBpeMeHHoro TypucTUHecKoro MapmpyTa, pacTaHyTtm Ha Bce 133 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa B nocnegHMx cnynaHx npuMenaTeneH HacTO noneMMHecKMM toh: HepegKO aBTop yKa-3MBaeT Ha omuÔKM m Henoc^egoBaTe^BHO-ctm B MgeHTM$MKa^MM OTge^bHtix 3B^eHHM M B TOnOHMMMKe (omu6oHHwe Ha-3BaHMH OTge^bHWx 6oûv,oe, cBfl3tiBaHMe npegaHMM c Henpa-bm.bho yKa3aHH0M MecTHOcTbW.), BMgMMO, crapaHcb OKOHHaTe^bHO pa3pe-IHMTB Bce B03M0^HBie guneMMBi noTe^M-a^bHoro HMTaTenH — peHHoro TypucTa. «Ha 46-M km M3nyHM-Hy ^ycoBoM no neBOMy 6epery oxBaTBiBaeT rpHga yTëcoB 6oM^ BMHOKypeHHWM. no npegaHuro, 3gecb HaxogMnacb BMHOKy-peHHaH M36a — nyHKT npoM3BogcTBa caMO-roHa. BMHOKypeHHWM n0HeMy-T0 OHeHb nonroSuncH eKaTepuH-6yprcKMM xygo^HM-KaM. Oh M3o6pa^ëH Ha KapTMHe C. Tapaco-BOM BUHoKypeHHblû Ka-ueHb. ïïacMypHbû deHb (1977 rog) m A. 3o.no-TyxuHa KaMeHb BuHo-KypeHHbû (2003 rog)» (HBaHOB 2007: 28). npoTH^eHMe peKu ot ucTOKa go ycTbH. reorpa^unecKue cBegeHUH 3gecb b ochobhom orpaHUHUBaroTcH onucaHueM Toro, hto mo^ho yBugeTb, nyTemecTByH no TeneHuro peKu, ho HapHgy c ochobhom uH^opManueM 06 OTgenbHtix gocronpuMeHaTenbHocTHx Mapmpy-Ta (b nepByro OHepegb 0 3HaMeHUTBix KaMHax — 6otyax), HUTaTenb BcTpenaeT u BenuKonenHBie aBTopcKue onucaHUH (cBoeo6pa3HMe cnoeecHue $omo¿pa$uu) OTgenbHtix BugoB, BwnonHeHHwe b nyH-mux Tpagun,uHx ^cce-TpaBeno^a, a TaK^e KopoTKue ucropuHecKue cBegeHMH, npegaHUH, cBH3aHHtie c pa3HtiMu ^Ta^aMu MapmpyTa, u yKa3aHMH Ha xygo^ecTBeHHtie u HayHHO-nonynHpHtie TeKcrti, b KOTOpMx mo^ho HaMTu onucaHUH MecTHocTu unu reorpa^unecKue u ucropuHecKue gaHHtie 0 HeM.4 no cBoeM cTpyKType nepBaH HacTb KHuru — nyTeBoguTenb no TypucrunecKOMy peHHOMy MapmpyTy, 60nBmMHCTB0 pacmupeHMM mo^ho OTHecra k gononHUTenbROM ^T-Horpa^MHecKOM m ucTopuHecKoM (KpaeBegnecKoM) uH$opMan,uu, nacro BcrpenaeMOM b np0U3BegeRUHx stoic TMna, HeKOTopoe ocna-6neHue ^aHpoBtix paMOK mm Ha6nrogaeM to.bko b ^mboümchmx cnoBecHMx u3o6pa^eRUHx MecrRtix BugoB, ho m mx, b npuRn,une, mo^ho OTHecTM k OTcyTcTByromuM b KHure ^OTOMaTepuanaM, TaK^e xapaKTepHMM gnH ^aHpa nyTeBoguTenn. TpygHee o6^hchmtb caM $arcr ^T0^0 MeguanbRoro cgBura ($0T0rpa$uH ^ cobo). ^eno, Bepo-HTHO, He b hmcto Te xHMHecKMx npunuRax (b KanecTBe npuno^eHMH, HanpMMep, b KRury BKnroneHM KapTti), a b omyTUMoM gucKypcuB-HOM o6ycnoBneHHocTM cnoBecRoro u3o6pa^:eRUH, KOTopaH MHorga nognepKMBaeTcH m gpyruMu MeguanbRtiMu napannenHMM. B onu-caHMM 6oMu,a BuHOKypeHHMM cnoBecHoe u3o6pa^eHue BHemHero Buga, HanpuMep, 3aMeHHeT oTcMnKa k gByM KapTUHaM MecTHMx xygo^HUKOB,5 u cmmc. TaKOM otcm.ku OTHrogb He b HarnHgHOM npegcTaBneHMM BHemHero Buga (BpHg nu aBTop Mor paccHUTMBaTb 134 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Ha TG, HTG ÖG.BmMHCTBG erO HMTaTe.eM 3HaeT 3TM KapTMHw). ^TM gtcbmkm — Hapagy c MHO^ecTBOM gpyrux yKa3aHuM Ha npegaHua, .ereHgw m KHuru — nogHepKMBaroT Ky.BTypHyro, gucKypcuBHyro GÖyC.GB.eHHGCTB .WÖGrG, B TOM HMC.e M TypMCTMHeCKOrO, onucaHua .roÖGM MeCTHGCTM. BTopaa HacTB KHuru nog 3ar.aBueM Tama. — odrn b CBoro OHepegB T0»e 3B.aeTca CBoeoÖpa3HGM KGHTaMMHa^MeM .MTepaTypHoro (xy-go^ecTBeHHoro) m reorpa^MHecKoro (HayHHoro) onucaHua. OÖteKT M3GÖpa»eHMa 3gecB, b nepByro OHepegB, xapaKTepu3yeT opuruHa.B-HGCTB, HenoBTopuMOCTB, He3aypagH0CTB... HycoBaa stgm HacTM — sto repouHa K.accuHecKoM .MTepaTypw: 3aragoHHaa, oÖBopoÄMTe.BHaa m, npe^ge Bcero, eguHCTBeHHaa, hg g.a C03gaHua ^TG^G oÖpa3a mc-nO.B3GBaHM pa3HWe, xOTB m BnO.He TpaÄM^MGHHBIe «33BiKM» (»aH-pBi, gucKypcw, gu^Mn.MHBi...) reorpa^Mu: HMTare.B 3gecB HaMgeT rugporpa^uro (eguHCTBeHHaa peKa, KOTopaa pacnpocrpaHaeTca no oÖeuM CTopoHaM ypa.BCKoro xpeÖTa), reo.oruro (TecHUHBi Hyco-BOM KaK GKHG b reo.orMHecKoe npom.oe u pegKaa KapcTOBaa reo^orua MeCTHGCTM), K.MMaTG.oruro m rMgpo.oruro (b r.aBax Mopo3 u comv,e m Omnedoxodado nedocmaea) m ga»e ÖMoreorpa^uro (b raaBax o Hygec-hbix .ecax m g — k co»a.eHuro, bo MHoroM ôurom — pa3H00Öpa3MM m ÖoraTCTBe »MBOTHoro Mupa peKM m ee ÖeperoB), hg cyMMapHBiM 3<£-<£ercr 3Toro HayHHoro CTepeocKGnuHecKoro onucaHua ga.eK ot cyxoro HayHHoro oÖ^eKTMBM3Ma. ^gbg.bhg npoHecTB 3ar.aBua 0Tge.BHBix r.aB, htgöbi yÖeguTBca — CTpyKTypHG 3gecB goMMHupyeT xygo»e-CTBeHHaa Moge.B ocMBic.eHua repouHu npou3BegeHua. Ec.m nepBwe gBe HacTM KHuru b gchgbhgm CBa3aHBi c reorpa^ueM, TG HaHMHaa c TpeTBeM HacTM, npocTpaHCTBeHHBiM m b .aHgma^re HeT-KG GTMeHeHHWM GÖteKT M3yHeHM3 TepaeT CBOro KGHKpeTHGCTB. PeKa CGBpeMeHHoro Ypa.a, nGTeHu,ua.nBHBm TypucTUHecKUM MapmpyT, 135 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa npo.erarom.uM b npocTpaHCTBe, 3gecb ycTynaeT MecTo uhom repouHe — peKe, TeKym,eM bo BpeMeHu. Ec.u paHbme ucTopunecKue CBegeHua b TeKCT BK.rona.MCB g.a gono.HeHua npegcTaB.eHuM o coBpeMeH-H0CTU, c TpeTbeM nacTM KHuru peKa TepaeT neTKyro reorpa^unecKyro HanpaB.eHHGCTb c BGCTGKa Ha 3anag u KaK gcb ucTopunecKoro CMMC.a peruoHa TeneT b r.y6b ucTopuu b gByx pa3Hwx HanpaB.eHuax (KaK CBoeo6pa3HMH ucTopunecKuM MaaTHuK): co BpeMeH HeaHgepTa.b^B u Kp0MaHb0H^eB ucTopua Ha HycoBoM TeneT c HamecTBueM Ka^goro H0B0r0 Hapoga, to u3 Cu6upu Ha 3anag, to b 06paTH0M HanpaB.eHuu, u ec.u CM0TpeTb r.y60K0 b npom.oe — ^T0 y^e He ucTopua 0Tge.b-hmx HapogoB, b pa3HMe BpeMeHa npumegmux u oceBmux Ha 6eperax ^TGM eguHCTBeHHGM peKu, a 6ecKGHenHMe «Kpyru KoneBba» yxogam,ue Br.y6b ucTopuu. HycGBaa noc.egHux naTu nacreM KHuru — sto peKa BpeMeHu: b TpeTbeM nacTu (Hyocu, peKa cenw,eHHaa) 0Ha TeneT b ga.eKoe goucTopunecKoe npom.oe peruoHa, b neTBepToM (noddaHHue 6eno^o wpn) — c 3anaga Ha B0CT0K, nocTeneHHo CTaHOBacb nacTbro ucTopuu b C0BpeMeHH0M npegcTaB.eHuu (nacTbro oûxyMeHU b npegcraB.eHuax ee 6ygym,ero ucTGpunecKGrG 0CMMC.eHua), b naroM (ropHue 3aeodu) GHa cnoco6cTBy-eT ^opMupoBaHuro Ky^TypHO-ucTopunecKoM cnen,u<£uKu peruoHa, nTo6rn 3aTeM b mecToM (Kene3Hue mpaeaHu) CTaTb apTepueM, coeguHaro-rn,eM «r0pH03aB0gcKyro u,uBu.u3an,uro» c ocra.bHbiM u,uBu.u30BaHHbiM MupoM. reorpa^unecKuM BeKTop ucTopunecKoro ocMbic.eHua 3gecb CH0Ba MeHaeTca, HycoBaa ^e.e3HMx KapaBaH0B CH0Ba TeneT c B0CT0Ka Ha 3anag, hg ^TG y»e He pa30B0e BK.roneHue npocrpaHCTBa b ucTGpuro, a CBogoo6pa3Hoe n,uK.unecKoe o6rn,eHue BGCTGKa c 3anagoM, Korga peKa pa3 b rog, bo BpeMa no.OBogba, gaeT bo3moähoctb nocTaBKu npogyK-^uu Ha 3anag. HycoBaa BpeMeH ^e.e3Hwx KapaBaHOB y^e He npocTO aB.eHue .aHgma^ra u.u penHoM nyTb bhu3 no TeneHuro, ^TG ^eHOMeH 136 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) - Arts and Revolution r0pH03aB0gcK0M ^MBMaM3a^MM, o6'begMHarom1MM reorpa^uw peruoHa co cao^HoM cucTeM0M naoTuH u 3aBogcKux npygoB — t. e. c TexHoao-rueM.6 06^egMHMB npupogy u ^MBMaM3a^Mro, 0Ha craHoBuTca uge-aabHMM Bon^om.eHueM ugeu peruoHa, ^0^T0My b KHure nocaegHaa raaBa, nocBam,eHHaa ucropuu peKu u oxBaTWBawmaa nepuog ot K0Hn,a XIX b. no cen geHb, HuTaeTca KaK CBoeo6pa3HMM nocrcKpunTyM (cm. 3araaBue ^T0M nacru — mu menepb, pern mecnun). PeKa BpeMeH uh-gycrpuaabHoro u nocTuHgycrpuaabHoro o6m,ecTBa TepaeT CB0W poab gymu u KpoBu r0pH03aB0gcK0M ^MBMaM3a^MM, u Bca nocaegyrom,aa ucTopua peruoHa — «eae3HBie goporu, rpa^gaHCKaa B0MHa, aecocnaaB, C0BeTCKue garepa u T.g. — b KHure npegcTaBaeHa KaK pa3Horo poga Ha-cuaue Hag uctuhhom npupogoM peKu, KaK npoaBaeHue HenoHuMaHua ee ucTuHHoro 3HaneHua gaa peruoHa b ^aoM. To, hto oTMenaeTca KaK ^0TeH^Ma^bH0e ee coBpeMeHHoe Ha3HaneHue, oTCMaaeT k ucTopune-CK0My npomaoMy nepuoga 6MaoM caaBM HycoBoM: ucKyccTBo peruoHa uHTepecHo KaK npoaBaeHue TpagM^MM crapwx «MacTepoB» pa3Hwx TexHoaoruM o6pa6oTKu KaMHa u MeTaaaa, a ee coBpeMeHHMM TypucTu-HecKuM ^0TeH^Maa, no caoBaM aBTopa, ucxoguT u3 ee ucTopunecKoro Ha3HaneHua nyra. Heab3a He 0TMeTuTb, hto b caM0M K0Hn,e KHuru aBTop CBa3MBaeT noTeHn,uaabHyw npuBaeKaTeabHocTb peKu KaK Typu-CTuHecKoro MapmpyTa uMeHHo c Hepa3pwBH0CTbw npocTpaHCTBeHHoro u BpeMeHHoro M3MepeHMa ^T0^0 nyTu: 6 CnaaB npogyKnuw w3-3a ^Mgpoao^MM peKW 6bia HeB03M0-®eH ga^e bo BpeMa BMC0K0M BogM, Ü03-T0My ypoBeHb BogM b peKe Ha KopoTKoe BpeMa ucKyccTBeHHo nogHWMaaca HeTKo naaHnpoBaHHEiM c6pocoM BogM W3 npygoB npu 3aBogax. Bom npoùden Mapmpym, eom ocmanucb no3adu donzue eëpcmu u neno-^o^a, eom 3a6ueawmca omMenu, ycmanocmb u mm:ecmb eecna e pyKax. H e^py^ eu ow,yw,aeme, nmo dyma eama cmana KaK-mo nuw,e, ceemnee, npocmopnee. ^mo nomoMy, nmo ona oôpena noeoe u3Mepenue, noeue ceo3u — ne monbKo c npocmpancmeoM, no u co epmeneM. nomoMy nmo maùna npumm:enm Vycoeoù ne monbKo e KunoMempax u neù3aMax. 1G7 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa TaMHa HycOBOM b OÖpeTeHuu CBOerO poga-naeMeHu... H Bgpyr HanuHaemt Boonuro BugeTt Ha xMypwx CKaaax öwcTpwe TeHu Mene3HUX mpaeame, KOrga-TO npoHëcmuxca mumo, a b pa3aëTe oöaaKOB Bgpyr y3Haëmt pa3Max KpwateB aeöegeM EpMaKa, BenHO nawiByrnux b cuHeBe Hag HycOBOM. (HBaHOB 2007: 468) OcHOBHMe gucKypcuBHwe paMKu nocaegHux naTu nacreM KHuru HecOMHeHHO CBa3aHM c ucropuorpa^ueM (b nocaegHeM raaBe OTnacTu u c co^uoao^ueM), nepeg nmareaeM «ucTopua ogHoM peKu», ho, KaK mm nontiTaaucb noKa3aTt b KopoTKOM u3ao^eHuu oneHb pa3Hwx npo-CTpaHCTBeHHwx MogeaeM ocMwcaeHua peKu b pa3Hwx ucropunecKux KOHTeKCTax, ^TO OTHrogt He nonwTKa npocToro xpoHO^orunecKoro u3ao»eHua ucTopunecKux coömtum, CBa3aHHwx c peKoM. nepeg HaMu cao^Haa MHoroypoBHeBaa npocTpaHCTBeHHO-BpeMeH-Haa cxeMa, o6teguHarom,aa ucropunecKue ^araw u uctohhuku c pac-cy^fleHuaMH b ^opMe MaaeHtKux scce c auTepaTypHMMu mrpuxaMu. B ee ocHOBe ae^HT noHuMaHue ucTopuu KaK CMticaoBoro HanoaHeHua npocTpaHCTBa, b onpegeaeHHoM TOHKe BpeMeHu gocTurmero CBoero anorea u ugeaabHoro Bonaom^Hua b npocTpaHCTBe (npuMeHuTeabHO k ropHO3aBogcKOM ^uBuau3a^uu, 3to BpeMa ^eae3Hbix KapaBaHOB). 0AHTOMHMH nYTEBOflHTE^b? On,eHKa OTgeabHwx ucTopunecKux aBaeHuM b Tono-xpoHoaoruHecKOM ocMwcaeHuu peKu He 3aBucuT ot OTBaeneHHOM ugeGaG^uu, OHa CBa3aHa c ucTopunecKOM ugeeM MecTHOCTu, nopo^geHHOM peKOM u BonaoTuB-meMca b peKe, u nosTOMy He yguBuTeabHO, hto b ucTopuKO-ugeoaoru-necKOM KOHTeKCTe b aHaau3upyeMOM npou3BegeHuu ogHOBpeMeHHO BugaT «yroTHoe ^GHBeHHMHecTBG», «BOSMO^Hyro Ha^MGHaabHyro ugero» 138 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution u BMCKa3MBaHua «c pe3K0 aHTuuMnepcKux, a uHorga u c amroTaTMCT-CKUx ^03M^MM» (KyKy.MH 2007). MHUMoe HecooTBeTCTBue Me»gy npaMMMu ny6flun,MCTMHecKM-mm aHTMUMnepcKUMu BMCKa3MBaHMaMM aBTopa (Kyga aBTop npu-HucaaeT m cy»geHua o pyccKOM MCTopuu b KHure Message: ¥ycoeaa.) m pacnpocTpaHeHHMM «naTpMOTMHecKMM» BOcnpuaTueM ero poMaHOB KpuTUKaMM H.E. KyKy.MH o6tacHaeT KaK pe3y.BTaT ugeo^orunecKux npoTMBopenuM, xapaKTepHMx gaa hobom npo3M A. HBaHOBa u n03B0-.arom,ux KpuTMKaM uHTepnpeTupoBaTB ero poMaHM «He KaK caMogo-CTaTOHHMe TeKCTM, a KaK CMMnTOMM — 3HaKM M3MeHeHUM B pa3BMTUU ^uTepaTypw u o6m,ecTBeHHMx HacrpoeHuM» (maM ^e). Gh caM npegaa-raeT nuTaTB Tpu poMaHa A. HBaHOBa KaK BapuaHTM «MarucTpa.BHoro cw»eTa» nepexoga ot ucTopuu k nocTucTopuu,7 u ecau nocMOTpeTB TaK»e Ha Heo6MHHMM nyTeBoguTe.B He KaK Ha mctohhmk 0Tge.BHMx ucTopuoco^CKux BMCKa3MBaHMM aBTopa, a KaK Ha ^.ABHoe m MHoroy-poBHeBoe «coo6m,eHMe», Ta »e ^opMyaa, Ha Ham B3r.ag, npuMeHUMa m k KHure 0 HycoBOM. MapK ^M^0Be^KMM (Bcaeg 3a H.E. KyKyauHMM m c onopoM Ha ero ugew MarucTpaaBHoro cw»eTa b poMaHax A. HBaHOBa) cnuTaeT, hto poMaHM A. HBaHOBa b KOHTeKCTe pa3BUTua Ky.BTypM Hy.eBMx — ^T0 TunuHHMM npuMep t. h. $aHm0MH0^0 peanu3Ma, ogHoM m3 pa3H0Bug-HOCTeM ru6pMgM3an,MM (nocT)MogepHwx m goMogepHMx gucKyp-COB UgeHTMHHOCTU: PeHB MgeT o poMaHax «Cepgo,e napMM», «3o.oto 6yHTa, m.m Ehm3 no peKe TecHMH» m «Eayga m MY^G». [...] nodnepmymo omcmpaHeHHuû, KaK npaeuno, Keasupeanucmme-ckuû u darne KeasudoKyMeHmanhHuû amnu3 cmpaHHux, enympeHHe K0H$nuKmHbix zuôpudoe apxamecKux Modeneû caMoudeHmufyum-v,uu u nocmModepHbx ducxypcoe udeHmumocmu, 3a$uKcupoeaHHbix aemopaMu e xynhmype u cou,uanhH0M onume coepeMemocmu. 139 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa ^mu ¿uöpudu, KaK npaeuno, eocnpuHuMawmcn. nucamenñMu u nep-cowwaMu KaK xuMepu u $aHma3Mbi, ho meM He MeHee uMeHHo ohu sonno^awm He 3aeucñwyw om co3HaHM u eocnprnmua. aemopa unu zepoa. peanbHocmb, a eepHee, ^aHmacmunecxuû meKcm peanbHocmu u nopowdaeMbix ew udeHmmrncmeû. (Âunoee^Kuû: 521) ^.a M. ^unoBeu,Koro A. HBaHOB «cuMnTOMaTunHWM npegcTaBUTe.B QaHmoMHoao peanu3Ma», ho Hapagy c ^TUM OTMeneHO, hto: [...] HeaHoe daneKo He ecezda cnpaememcñ co ceoeû coôcmeeHHoû KoHU,enu,ueû, cocKanb3ueaa. mo e doModepHue (pezuoHanbHo-KceHo-fyoÔHbie), mo e paHHeModepHue famamucmcKue) udeonozuu, xapaK-mepHoû uepmoû ezo eepcuu QaHmoMHozo peanu3Ma [...], aenaemca Hoeoe noHuMaHue ucmopuu, eo mhozom oxpamemoe e moHa nocmKo-noHuanbHoû npo6neMamuxu, nepeocMbicnm^eû u omHomenuñ Mewdy uMnepcKuM u,eHmpoM u nepu^epueû u 3acmaenxK>w,eû 63znanymb Ha uMnepcKue noôedu c mouKu 3penuñ «noôewdeHHbix» — KonoHu3u-poeaHHux Hapodoe u pa3pymernbix yueunmaywX. (523) 3gecB ^aKT, hto aBTop «He Bcerga cnpaB.aeTca co CBoeM co6cTBeHHoM KOHn,enn,ueM» npoTUBopenuT ugee 06 aBTopcKOM oco3HaHuu gucKyp-cuBHoro ru6puga KaK «xuMep u $aHTa3MOB», u b ^T0M poMaHw A. HBaHOBa cy^ecTBeHHo oT.unaroTca ot fiaHmacmmecKozo peanu3Ma KUHOC^HapueB B. CopoKUHa u.u coBpeMeHHoM MeMyapucTUKu. ru6pugu3an.ua nocT- u goMogepHwx ducxypcoe udenmuHHocmu 3gecB, BepoaTHO, aB.aeTca pe3y.BTaTOM He nporpaMMHoro, a bo MHoroM Heoco3HaHHoro, uHTyuTUBHoro coeguHeHua pa3Hwx gucKypcuB-Hwx Moge.eM ocMwc.eHua, co3garom,ux ^<£<£eKT «nocTucTopunecKO-ro» ocMwc.eHua «Ma.oM» poguHw ypa.a u npuypa.Ba (rge oneHB 140 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution rapMOHMHHO nepen.eTawTca Ha nepBWM B3r.ag KOH^.MKTHwe ugeu MMnepua.M3Ma m n0CTK0.0Hua.M3Ma). ^T0 nogTBep^gaeTca m b hoh-^MxmH npou3BegeHuax aBTopa, rge Ha npuMepe ero nyTeBoguTe-.a .erKO y6eguTBca, hto «Message», HUTaeMtm b reorpa^unecKOM npocTpaHCTBe u ucTopunecKOM ocMtic.eHMu pexu-nymu pe^uoHa, He CBoguTca k OTge.BHOM ugee, a Bon.om.eH b mokhom gucKyp-CMBHOM cn.eTeHMM, TpagM^M0HH0 acco^MMpoBaBmeMca c xygo^e- CTBeHHHMM npOM3BegeHM3MM. «Pea.MCTMHHOCTB» 3T0r0 OCMHCjeHUa HecoMHeHHO «fyaHmoMHa» c tohkm 3peHua ee gucKypcuBHoro Bwno.-HeHua, ho Hapagy c 3tmm b nyTeBoguTe.e oco6o neTKO omymaeTca OTCyTCTBMe — 0C03HaHH0e M.M HeBO.BHOe — aBTOpCKOM pe^.eKCMM «XMMep M ^aHTa3M0B». $ 141 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa ^MTepaTypa ABAmEB, b.b., 2012: Pyccrnanumepamypa ypana. npoSneMU ^eono^muKu: yne6. noco6ue. nepMt: nepM. roc. Ha^ mccj. yH-T. ABAmEB, b.b., 2000: nepMb KaK meKcm. nepMb e pyccKou Kynbmype u numepamype. nepMt: H3#-bo nepMCKoro yHUBepcuTeTa. ABAmEB, B.B., $HPCOBA A.B., 2013: TBOpneCTBO AjeKCea HBaHOBa KaK ^aKTop pa3BMTua BHyTpeHHero Typu3Ma b nepMCKOM Kpae. BecmnuK ^epMCKo^o ynueepcumema: PoccuucKan u 3apy6eMuan $unono^m. BtmycK 3(23). 182-190. hbahob, a^ekceh, 2014: ropno3aeodcKaa yueunmayun.. Memannypzu. ReMuypzu. reofyaunu. CaMov,eemu. MocKBa: Act. hbahob, a^ekceh, 2007: Message: ^ycoeaa. CaHKT-neTep6ypr: A36yKa-KjaccMKa. hbahoba, h.h., ca30H0ba., A.c., 2017: ^eo^o^TUKa poMaHa AjeKcea HBaHoBa «Cepg^ napMti». ryManumapnue u wpudmecKue uccnedoeanua. 2017/3. 184-188. KyKy^HH, h.b., 2007: ^epoM3a^Ma BtmuBaHua. Hoeoe numepamypnoe o6o3penue 2007/86. [http://magazines.russ. ru/nlo/2007/86/ku17-pr.html](http://magazines.russ.ru/ nlo/2007/86/ku17-pr.html)] ^H^OBE^KHH, mapk, 2008: napajoruu. TpaHC$opMa^uu (nocT) MogepHucTcKoro gucKypca b pyccKon KyjBType 1920—2000-x rogoB. MocKBa: H^O. tbtbhhhk, ro.r., 2011: Qunocofyua ^eo^pafyuu. KueB: H3gaTejBcKo- nenaTHtm KoMnjeKc yHUBepcuTeTa «yKpauHa». jenkins, keith, 2004: Re-thinking History. With a new preface and conversation with the author by Alun Munslow. Routledge, Taylor & Francis e-Library. 142 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution juvan, marko, 2017: Hibridni žanri: študije o križancih izkustva, mišljenja in literature. Ljubljana: LUD Literatura. juvan, marko, 2013: Prostorski obrat, literarna veda in slovenska književnost: uvodni zaris. Primerjalna književnost 36(2013)/ 2. 5-26. mulalic, lejla, 2013: Redefining the Boundaries of Historical Writing and Historical Imagination in Carolyn Steedman's "Master and Servant: Love and Labour in the English Industrial Age". English Language Overseas Perspectives and Enquiries 10(2013)/!. 51-61. purves, alex c., 2010: Space and time in ancient Greek narrative. New York: Cambridge University Press. 143 BLAŽ PODLESNIK ► Message: HycoBaa A^eKcea MBaHOBa Povzetek V razpravi se posvečamo odnosu med umetniškim osmišljanjem dejanskosti v fikciji ter obravnavo stvarnost v dokumentarni, publicistični prozi v opusu sodobnega ruskega prozaista Alekseja Ivanova. Na primeru njegove dokumentarne monografije o uralski reki Čusova (2007) prikažemo, kako hibridizacija diskurzivnega osmišljanja sočasne in zgodovinske stvarnosti, ki jo drugi raziskovalci odkrivajo v avtorjevih romanih, ključno določa tudi njegovo neliterarno (dokumentarno, poljudnoznanstveno) prozo in na kakšne načine so ob tem preoblikovani tradicionalni »znanstveni« diskurzi zgodovinopisja in geografije. Blaž Podlesnik Blaž Podlesnik is an Assistant Professor of Russian Literature at the University of Ljubljana, Faculty of Arts. He has published works on classical and contemporary Russian literature and Russian cultural history. 144 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution 145 DOI - 10.13137/2283-5482/22872 K HCTOpHH nOHB^eHHH nepewx nepeeogoe UeRcnnpa e HTa^MM On the History of the first Italian Translations of Shakespeare $ hfhha 3bepeba - irina.al.zvereva@gmail.com SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution HacToam;aa craTta nocBam;eHa KpMTMHeCKOMy aHa^M3y HeKoTopBIX KIMHeBHX COÔMTMM B MCTOpMM Teo-peTMHecKOM pe^aeKCMM o nepeBoge b HTa^MM; b KaHecTBe nogo6Horo co-ÔHTMa npegao^eHa MCTopMa nepBBix nepeBogoB npoM3BegeHMM OeKcnMpa Ha MTanBaHCKMM a3HK. H3yneHMe McropMKo-aMTepaTypHMX o6croa-TeaBCTB noaB^eHMa nepBBix nontrroK nepeBogoB OeKcnMpa Ha MTaataH-cKMM a3HK no3BoaaeT peKoHCTpy-MpoBaTB npo^cc ^opMMpoBaHMa Moge^M BocnpMaTMa meKcnMpoBCKMX npoM3BegeHMM b MTantaHcKoM Kyat-Type. TaKMM o6pa3oM, npegMeToM HacToa^ero MCcaegoBaHMa aMaeTca MCTopMKo-aMTepaTypHHM KoH-TeKcT, b KoTopoM noaBM^Mct nepBHe nepeBogH OeKcnMpa b HTanMM, a TaK^e mx pe^m;Ma b aMTepa-TypHoM KpMTMKe. nEPEBOfl, HCTOPH3 nEPEBOflA, mEKCnHP, HCTOPHa nEPEBOflOB mEKCnHPA B HTAflHH This article is dedicated to the critical analysis of some key events in the history of theoretical reflection on translation in Italy. It focuses on the history of translation into Italian of works by Shakespeare. The study of the historic and literary circumstances of the appearance of the first Shakespeare translations into Italian permits to reconstruct the perception of the Shakespeare in Italian culture. Therefore the subject of this work is the historic and literary context in which the first Shakespeare translations appeared in Italy, as well as their critical reception. TRANSLATION, HISTORY OF TRANSLATION, SHAKESPEARE, HISTORY OF TRANSLATION OF SHAKESPEARE IN ITALY 147 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw Hacroam,aa craTba npegcraB,naeT co6om nomiTKy onucaHua u KpuTu -necKoro aHa.u3a HeKOTopwx KnroneBBix co6bitum ucTopuu nepeBoga b HTa^uu. B KanecTBe nogo6Horo «KnroneBoro co6brrua» paccMaTpu-BaeTca ucTopua meKcnMpoBcKMx nepeBogoB Ha MTa.BaHcKMM a3BiK. Bw6op MMeHHo ^T0^0 aBTopa He cnynaeH, nocKo^BKy Bonpoc o tom, KaK nepeBogMTB ffleKcnupa, o6'&eguHaeT TeopeTunecKue ucKaHua b o6.acTu nepeBoga bo MHorux eBponencKux cTpaHax. B HoBenmux xpecToMaTuax no ucTopuu nepeBoga «meKcnupoBcKoMy Bonpocy» nocBam,eHH oTge^BHwe pa3ge.w u raaBBi (Delabastita: 263-269, Kittel (ed.): 2453-2518). OgHaKo npaKTunecKu Bcerga onucaHue ucTopuu nepeBogoB ffleKcnupa Ha eBponencKue a3WKu orpaHunuBaeTca npo-TuBonocTaB.eHueM «^paH^3cKoM» u «HeMe^KOM» Moge.u: [...] France had defined a number of culturally viable models for ShakespearEs reception (ranging from Ducis' free stage adoptations to Le Tourneurs more scroupulous versions for the page) and given them wide international exposure. True, in the second half of the 18th century German Shakespeare lovers came to develop certain alternative options (e.g. Wieland, Eschenburg, Schroder, Schiller, with Schlegel and Tieck to follow soon) which with varying success were to enter into competition with the French models in several northern and central European cultures (Kittel: 2480). TaxuM o6pa3oM, ucropua ffleKcnupa b gpyrux Hau,uoHanBHBix Tpa-guu,uax go cux nop ocraeTca Ma.o u3yneHHoM, a pea.BHoe 3HaneHue meKcnupoBcKux nepeBogoB Ha gpyrue eBponencKue a3WKu nacro ycKo.B3aeT ot BHuMaHua ucc.egoBaTe.neM. XpoHo.orunecKu Bw6paHHwn g.a aHa.u3a nepuog onpege.aeT-ca gByMa gaTaMu: 1705 rog (rog ^y6.uKa^uu nepBon uTa.BaHcKoM 148 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Bepcuu raMnema (Zeno 1705), b 1706 rogy ^TOT raMnem 6bia nocraB-,eH b BeHe^MaHCKOM TeaTpe Casciano di Venezia) u 30-Bie rogBi XIX BeKa, Korga b HTafluu noaB,aeTca cpa3y HecRO^BRO no,HBix nepe-BogoB conMHeHMM ffleKcnupa. ^Ty pa6oTy Hana, MuKe,e .HeoHu, kotopwm k 1821 rogy nepeBe, nparcrunecKu Bce Tpareguu ffleKcnupa (Leoni 1819-1821) u TeM caMBiM BgoxHoBu, gpyrux nepeBognuKoB: b 1830 rogy b HTa,uu ogHoBpeMeHHo noaB,aeTca cpa3y neTBipe no^HMx nepeBoga conuHeHuM ffleKcnupa (Barbieri 1831, Nicolini 1830, Bazzoni e Sormani 1830, Soncini 1830). HanucaHHoe b 1705 rogy ^u6peTTo ^3eHo no MoTMBaM raMnema ffleKcnupa, TaKMM o6pa3oM, HB,aeTca nepBBiM TeKcToM Ha MTa-abshckom a3BiKe, MMew^uM xoth 6bi KocBeHHoe oTHomeHue k aH-r^uMcKoMy gpaMaTypry. OgHaKo, 6e3yc,oBHo, ero He,B3a cnuTaTB nepBBiM HTaaBaHcKHM meKcnupoBcKuM nepeBogoM, nocKo,B-Ky TeKcT 6bi, Hacro,BKo ga,eK ot meKcnupoBcKoro opuruHa,a, hto b 1712 rogy ,u6peTTo 6bi,o nepeBegeHo o6parao Ha aHr,uM-ckum 33hk g,a aHr,uMcKoro TeaTpa Heymarket KaK opuruHa,B-Hoe npou3BegeHue. CnycTa gBa gecaTu,eTua b HTa,uu noaB,aeTca gpyroM TeKcT, TaK®e HMero^HH oTHomeHue k ffleKcnupy. Ahtohuo Kohtu b 1726 rogy ny6,uKyeT cbom Tpareguro Wnuü ^3apb; aBTop cHa6-maeT npou3BegeHue TaKme HeKoTopwMu scce, b nuc,e kotopbix Risposta del sig. Abate Conti al Signore Jacopo Martelli, Secretario del Senato di Bologna, rge o6,&acHaeT, oTKyga B3a, cromeT g,a cBoeM Tpareguu. BonpeKu pacnpocrpaHeHHBiM yTBepmgeHuaM o tom, hto g,a kohtu uctohhukom caymuaa ucK,ronuTe,BHo puMcKaa ucropua (Brunelli: 29), a He ogHouMeHHaa Tparegua ffleKcnupa, caM aBTop ccw,aeTca Ha aHrauücKoro gpaMaTypra u game o6^acHaeT nuTaTe,ro 3HaneHue ffleKcnupa g,a aHrauMcKoM Ky,BTypw: 149 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw Sasper è il Cornelio degl'Inglesi, ma molto piu irregolare del Cornelio, sebbene al pari di lui pregno di grandi idee, e di nobili sentimenti. Ri-stringendomi qui a parlare del suo Cesare, il Sasper lo fa morire al terzo atto; il rimanente della Tragedia è occupato dallaringa diMarc-An-tonio al Popolo, indi dalle guerre e dalla morte di Cassio e di Bruto. Puo maggiormente violarsi l'unità del tempo, dellazione, e del luogo? Ma gl'Inglesi disprezzarano sino al Catone le regole d'Aristotele per la ragione, che la Tragedia è fatta per piacere, e che ottima ella è allora che piace; contenesse ella cento azioni diverse, e trasporasse personag-gi dall'Europa nell'Asia, e finissero vecchi, ove cominciarono fanciulli (Conti: 54-55). B 1739 rogy noaB.naeTca nepBtm HaeroamuM nepeBog ffleKcnupa, npaBga, pent ugeT aamt 06 otac^bhom M0H0^0re, a mmchho 0 3Ha-MeHMTOM raM^eTOBCROM «To be or not to be». Abtopom nepeBoga CTa^ M3BeCTHBiM MTa^B3HCRMM ^MTepaTOp naOflO PO^^M, KOTOpBIM MHOrO nepeBOflM^ c aHrauMCKoro a3BiKa (b HacTHocru, ocym,ecTBu,n no.nHBm nepeBog ^omepmM^o paz MurroHa) u aB.na.nca apocTHBiM aHTaroHM-ctom Bo^BTepa (hto oco6eHHo Ba^Ho g.na Hacroam,ero uccnegoBaHua). Po^^u nepeBe^ meKcnupoBCKuiï MoHo^or uMeHHo b KoHTeKCTe CBoeM o6men no^eMMKM C Bo^BTepoM: Monsieur de Voltaire in una delle sue Lettere sovra la Nazione Britannica, raggionando del Famoso Tragico Shakespear, per darne qual-che Saggio, tradusse il Soliloquio nella Tragedia d'Hamleto Principe di Danimarca. Questa litteral Traduzzione mostrerà quantegli devio da'Sentimenti e dallo Stile di quelloriginalmente sublime Poeta. I Versi, originali, sono XXXII; i tradotti, XXXIX (Rolli: 96). 150 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution 1756 rogoM gaTupyeTca nepBwrn nonHBrn nepeBog npou3BegeHua ffleKcnupa Ha MTanBaHcKMM 33bik: npo^eccop yHMBepcMTeTa CueHBi ^OMeHMKO BaneHTMHu ny6nuKyeT cbom nepeBog Tpareguu ffleKcnupa Wnuü fy3apb (Valentini 1756). H3Becrao, hto BaneHTMHu He Bnagen aHr^MMcRMM 33wkom, ^0^T0My Bonpoc o tom, HacKonBKo oh Mo»eT cnMTaTBca MMeHHo nepBMM nepeBogHMKoM ffleKcnupa ocraeTca otkpbitbim. Oh caM npM3HaBa^ca, hto «alcuni cavalieri di quella illustre nazione che perfettamente intendono la lingua toscana, hanno avuto la bonta e la pazienza di spiegarmi questa tragedia» (Crino: 42); no Bcen BuguMocru, Ba^eHTMHM npocTo M3naran Ha MTanBaH-ckom a3WKe to, hto nepecKa3BiB&nM eMy «gocroMHeMmue npegcra-BMTe^M» aHraMMcKoM Ha^MM. CToMT oTMeTMTB, TeM He MeHee, hto b HTa^MM ffleKcnup 6bm BnepBBie nepeBegeH MMeHHo c aHrnuMcKoro a3WKa (nycTB peHB m ugeT b onpegeneHHoM cMBicne o «nonynepeBo-ge»), xoth ^paH^y3CKMe nepeBogwi b to BpeMa y»e 6bmm gocrynHBi (c 1745 roga bo OpaHn,uu HaHanu BBixoguTB nepeBogw nBep-AHTyaHa ge .Ha nnaca). KpoMe Toro üomo^hmkm BaneHTMHu nepecKa3BiBanu eMy MMeHHo ffleKcnupa, a He pa3nuHHBie nepegenKM unu »e agan-Ta^MM ero npou3BegeHMM. Hcropuro ^MTepaTypHwx nepeBogoB npogon^aroT gBa nepeBoga, Bwno^HeHHwe AneccaHgpo Beppu (raMnem, Hag kotopwm oh pa6oTan b nepuog c 1769 no 1777 rog, u Omenno, gaTupyeMWM TaK»e 1777 rogoM). nepeBogw Beppu TaK u ocranucB Heony6nuKoBaHHBiMM, b cuny pa3Hwx npuHMH: ogHM uccnegoBaTenu nonararoT, hto oh ocranca HeygoB^eTBopeH cBoen pa6oTOM (Crino: 83), gpyrue cHMTaroT, hto nocKonBKy MMeHHo b sto BpeMa .He TypHep HaHan ny6nuKoBaTB cbom nepeBogw ffleKcnupa Ha $paH^3cKMM a3WK, Beppu nocHM-Tan, hto Heo6xoguMocTB b MTanBaHcKoM TeKcTe omana (Colognesi: 212), TpeTBu cB33BBawT ero pemeHue c npoBanoM ero nepeBoga 151 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw Hnuadu (Praz: 152). TeM He MeHee, u3 coxpaHMBmuxca HepHOBuROB Beppu u ero nuceM k 6paTy noHarao, HacKO.BRO CRpyny.ne3HO otho-cu.ca aBTop k CBoeM pa6oTe. Ka®:gyro M3 TpareguM Beppu nepeBogu. CHana.a goc.OBHO (coxpaHaa b tom Huc.e nopagoR c.ob opuruHa-.a ffleRcnupa, OTge.BHO BBige.aa c.OBa u BBipa^eHua, kotopbim He Haxogu. aHa.oroB b uTa.BaHCROM a3BiRe) - ^TO nepBBie Bepcuu nepeBogoB Beppu Ra^goM u3 TpareguM. Cym,ecTByeT TaR^e BTopaa Bepcua, b kotopom aBTop y^e nwiTaeTca nepegaTB a3BiR ffleRcnupa uTa.BaHcKuM .uTepaTypHBiM a3BiROM. ^.a raMnema cym,ecTByeT em,e u TpeTBa Bepcua, c upuMenaHuaMu u yRa3aHuaMu nepeBognuRa ^OTeH^Ma.BHOMy u3gaTe.ro. raMnem b nepeBoge Beppu 6bi. nocraB.eH b gpaMaTunecROM Te-aTpe. HTa.BaHcRuM aRTep Ahtohuo MopoRRe3u b 1791 rogy npeg-npuHa. CMe.yro nonwiTKy npegcTaBuTB raMnema uTaflBaHCKOMy 3puTe.ro bo 0.opeH^MM, CBirpaB nBecy Me^gy gByMa TpareguaMu Á.B^Bepu, ogHaRo ny6.uRa BcrpeTu^a npou3BegeHue 6e3 ^HTy3Ma3-Ma, u ffleRcnup BepHy.ca Ha gpaMaTuHecKue nogMocTRu b HTa.uu to.bko b cepeguHe c.egyrom,ero XIX BeRa (Bragaglia: 18). B caMoM koh^ XVIII (1797 rog) BeRa .fl^ycruHa PeHBep MuRe.B ony6.uROBa.na b BeHenuu nepBBrn tom cboux meKC^MpoBCKMx nepeBogoB (Opere drammatiche di Shakspeare 1797). B ^pegMC.OBMM oHa coo6rn,a.a, hto b CBoeM pa6oTe c.egoBa.a Moge.u nBepa ^e TypHepa (kotopwm ony6.uROBan cbom nepeBog no.Horo co6paHua conuHe-hum ffleRcnupa Ha $paH^3CROM a3WRe b nepuog c 1776 no 1782 rr.). ^TOT ^aRT ga. ocHOBaHue no.araTB, hto b CBoeM pa6oTe .fl^ycruHa PeHBep MuRe.B ucno.B3OBa.a He opuruHa., a $paH^3CRyro Bep-curo (Collison-Marly: 77), ogHaRo Mapuo ^pa^ b CBoeM c6opHuRe, nocBarn,eHHOM pe^e^^MM ffleRcnupa b HTanuu, npuBoguT oneHB uHTepecHWM ^^M3og, onpoBepraro^uM nogo6Hyro TOHRy 3peHua: 152 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution [...] in many points the Italian text is closer to the original; but, of course, their importance is chiefly historical, their artistic merits are slight. When Napoleon visited Venice in 1807, a Venetian nobleman pointed the lady out to him among the spectators at a parade; he sent for her and asked her why she was distinguished. She answered that she had made some translations of tragedies. "Racine, I suppose?" "Pardon me, Your Majesty, I have translated from English". Whereupon Napoleon turned his back upon her (Praz: 159). TaKMM 06pa30M, mo^ho yTBep»gaTB, hto Bee «auTepaTypHtie» (to ecrB KHM^HHe nepeBogti) ffleKcnupa Ha MTaaBaHcKMM 33hk, nycTB u He MHoronucaeHHtie, b ochobhom 6tiau BtinoaHeHti c opu-ruHaaa, hto BtirogHo oTauHaeT HTaauro ot gpyrux eBponencKux KyaBTyp, KoTopwe b ochobhom 3HaKoMuaucB c ffleKcnupoM Hepe3 $paH^3cKue nepeBogti. Ha ^TOM ucTopua «khm»hbix» nepeBogoB b HTaauu b XVII BeKe 3aKaHHMBaeTca. OgHaKo, KaK M3BecTHo, gpaMa npegcraBaaeT co6om oco6bim pog auTepaTypw, kotopbim MMeeT gBoMHoe Bonaom,eHue u 6wToBaHue: auTeparypHoe (gpaMaTyprua) u c^HMHecKoe (TeaTp). ^TO o3HanaeT, hto b KoHTeKcTe gaHHoro uccaegoBaHua Heo6xoguMo npuHaTB bo BHMMaHue u TeaTpaaBHyro ucropuro npou3BegeHMM ffleK-cnupa, KoTopaa He Bcerga coBnagaeT c McropueM auTepaTypHon. HacTo nepByro nocTaHoBKy u nepByro ^y6aMKa^Mro pa3geaaeT 3HaHMTeaB-hbim BpeMeHHon MHTepBaa (sto KacaeTca, HanpuMep, Tpareguu PoMeo u ftMynbemma), uau »e nepeBog u TeaTpaaBHaa agam^ua npuHag-ae»aT pa3HWM aBTopaM (KaK b cayHae c raMnemoM: nepBtm MTaaBaH-ckmm nepeBog 6wa BwnoaHeH AaeccaHgpo Beppu, ogHaKo »e nepBaa nocTaHoBKa TaMnema 6waa cgeaaHa no nepeBogy ^paH^y3CKOM ne-pegeaKM ^aHa-OpaHcya ^rocuca). B HTaauu CMTya^Ma ocao»HaeTca 153 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw em,e u TeM, hto b ^T0M CTpaHe cym,ecTByeT em,e u TpeTba ucropua ffleKcnupa, CB33aHHaa c My3MKa.bHbiM TeaTpoM, kotopmm mmchho b HTa.MM urpa. ocoôo Ba^Hyro po.b. OgHaKO b KOHTeKCTe gaHHoro ucc.eg0BaHua stu ucTopuu He pa3rpaHMHMBaroTca, n0CK0.bKy o6.a-garoT 0flMHaK0B0M ^HHOCTbro KaK mctohhmkm g.a peKOHCTpy^uu mctopmm np0HMKH0BeHMa ffleKcnupa b MTa.taHCKyro Ky.bTypy. B 1769 rogy b Comédie Française c orpoMHMM ycnexoM cocToa.acb npeMbepa raMnema ^aH-OpaHcya ^rocuca - $pa^y3CK0M nepege.Ku Ha 0CH0Be y^e ynoMMHaBmeroca nepeBoga ge ^a n.aca, noœo.bKy caM ^rocuc He B.age. aHrauMCKMM 33mkom, 0 neM nuca. b npegu-C.OBMM k nenaTHOM Bepcuu CBoero raMnema: Je n'entends point l'Anglais, et j'ai osé paraitre Hamlet sur la Scene Françoise. Tout le monde connit le mérite du Théâtre Anglois de M. De La Place. C'est d'après cet Oeuvre précieux â la littérature que j'ai enterpris de rendre une des plus singulière Tragédie de Shakespeare (Ducis: I). Cnycra Bcero naTb .eT (b 1774 rogy, to ecTb em,e go A.eccaHgpo Beppu) noaBM.acb MTa.baHCKaa Bepcua 3Toro npou3BegeHua, MTa.baHCKoe Ha3BaHue KonupoBa.o $paHu,y3CKuM 3ar0.0B0K: «Amleto. Tragedia diMr. Ducis (ad imitazione della inglese diShakespear)» (SIC!). K0HeHH0, u b gaHHOM c.ynae penb He ugeT 0 Hacroam,eM nepe-Boge. OgHaKO, 6e3yc.0BH0, mokho roBopuTb KaK MuHuMyM 0 no-nHTKe n03HaK0MuTb uTa.baHCKyro Ky.bTypy c npou3BegeHuaMu ffleKcnupa, nycTb u BecbMa onocpegoBaHHMM cnoco6oM. B gaH-hom c.ynae umh aHr.uMCKoro gpaMaTypra ecTb Ha o6.o»Ke (nycTb u b 0mu60HH0M Ha^ca^u), KpoMe Toro, aBTop uTa.baHCK0M Bepcuu (um aB.a.ca OpaHnecKO rpuTTu) b npeguc.OBuu o6bacHaeT cboum 154 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution HUTaTe.aM, hto npegcraB.aeT co6oM ffleKcnup g.a uTa.BaHcKoM Ky.BTypBi, u ga^e npuBoguT otpbibok u3 opuruHa.BHoro raMne-ma: «L'Amleto di Shakespear e per 1'Inghilterra cio, per esempio, che il Convitato di Pietra e tuttavia per 1'Italia; una, cioe, delle piu mostruse e non di meno una delle piu frequentate Rappresentazioni Teatrali», Prefazione del Traduttore (Amleto 1774: V). B noc.egHroro HeTBepTB XVII BeKa TaK^e HaHMHaeTca pa3BMTMe My-3WKa.BHOM mctopmm ffleKcnupa b HTa.MM, b nepByro oHepegB b Buge pa3.MHHwx .u6peTro g.a onepBi u 6a.eTa. nepBoe .u6peTro no meK-cnupoBCKMM npou3BegeHuaM noaB.aeTca b HTa.uu b 1788 rogy, peHB ugeT o 6a.eTe TaMnem, aBTopoM .u6peTro 6bi. OpaHHecKo K.epuKo (Clerico 1788). Hepe3 rog noaB.aeTca u nepBoe onepHoe .u6peTTo no raMnemy, npuHag.e^am.ee Oa6uo ^op^eHo; npeMBepa onepBi co-cToa.acB bo ^.opeHTuncKoM TeaTpe Pergola 27 geKa6pa 1789 roga. 06a aBTopa b KanecTBe ochobhoto ucToHHUKa yKa3BiBaroT He ffleKcnupa, a <£paH^y3CKyro nepege.Ky ,fl,rocuca; b ^.om, Heo6xoguMo oTMeTuTB, hto b oT.uHue ot .uTepaTypHBix nepeBogoB, nepeBogBi TeaTpa.BHBie b HTa.MM b ochobhom cge.aHBi He no opuruHa.y, a no $paH^3cKUM u no3gHee HeMe^KUM BepcuaM. Ha nepBBiM B3r.ag, ucTopua ffleK-cnupa b My3HKa.BHoM TeaTpe BBir.aguT oneHB ygaHHoM. ^Ta Mcropua gocraTOHHo xopomo onucaHa u u3yHeHa (Vittorini 2000, Gatti 1968). 3a BoceMHag^TBiM u geBaTHag^TBiM BeKa 6bi.m nocTaB.eHBi oko.o 50 onep u 6a.eTOB c meKcnMpoBcKMMM Ha3BaHuaMu, n,u^pa gocraTOHHo BneHaT.arom.aa. OgHaKo 6o.ee Tm.aTe.BHWM aHa.u3 noKa3BiBaeT, hto m b My3WKa.BHoM TeaTpe 3a meKcnMpoBcKMMM Ha3BaHuaMu cToaT BoBce He meKcnupoBcKue npou3BegeHua. Bn.oTB go cepeguHBi BoceM-Hag^Toro BeKa .u6peTTucTw ucno.B3oBa.u b KaHecrBe ucToHHUKa He TeKcTM ffleKcnupa, a $paHn,y3cKue u HeMen,Kue nepege.Ku, u.u ^e ga^e uTa.BaHcKue xpohuku ^to KacaeTca, r.aBHWM o6pa3oM, 155 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw PoMeo u flwynbemmu u Omenno), nopon u BOBce He ynoMuHaa uMeHu aHr.MMCKoro gpaMaTypra. K npuMepy, Tparegua PoMeo u Rwynbem-ma 6Bi.a BnepBBie nepeBegeHa g.a TeaTpa Ha uTa.BaHCKuM s3hk b 1778 rogy ^.opeHTu^eM Ahtohmo BoHynnu, ho ^TO 6bi. nepeBog $paHu,y3CKoM BepcMM ^rocuca. 3aTeM noc.egoBa. aHOHuMHBrn nepeBog 1789 roga, ho ^TO 6bi. nepeBog $paH^3CKOM nepege.Ku ffleKcnupa, npuHag.e^am.uM MepcBe (BepoHCKue Mo^unu). nepe-ge.Ka MepcBe 6w.a BCKope em,e pa3 nepeBegeHa Ha MTa.BaHCKMM 33hk ^^y3enne PaMupeCoM (Ramírez 1797) B 1791 rogy noaB.aeTca nepBWM nepeBog HeMeu,KOM BepCuu PoMeo u flMynbemmu (Andolfati 1791), oh Bwno.HeH aKTepoM, gpaMaTyproM u gupeKTopoM ^.opeH-TMMCKoro Teatro del Cocomero ÜBeTpo AHgo.B^aTu. B noC.eC.oBuu aBTop nepenucaeT uctohhuku Tpareguu Bancca: sto npe^ge BCero uTa.B3HCKue paccKa3w ^a nopTo, BaHge..o e ^e..a KopTe. nepBoe ^e .u6peTTo, b kotopom ynoMuHaeTca co6cTBeHHo ffleKcnup, - sto .u6peTTo PoMeo u ßMynbemmu Ä»y3enne Oonna, HanucaHHoe g.a nocTaHoBKu b TeaTpe La Scala b 1796 rogy Ha My3BiKy ^uHrape.™, ogHaKo u 3>onna npe^ge Bcero ccBi.aeTca Ha BepoHCKue ucmopuu ,fl,e..a KopTe, KOTopBie no ero mhchuw, aBu.ucB uctohhukom u g.a ffleKcnupa, u g.a ßrocuca: «Il soggetto é tratto dalle Storie di Verona di Girolamo Della Corte nel Tomo II cap. 10, e questo fatto ha servito ad una Tragedia Inglese di Sakespear, e ad una Francese di Ducis, come serve ora per Melodramma» (Vittorini: 334). B 1818 rogy noaB.aeTca hobbim nepeBog, Ha stot pa3 6pemuaHu,a ^yug^u ffleBO.a (Scevola 1818), ho 3to CHoBa nepeBog nepege.Ku ^rocuca. 1826 rog - em,e oguH nepeBog Bepcuu Mepcse, Bwno.HeHHwn He3ape Ae..a Bo.Ta; 1825 rog - HoBoe onepHoe .u6peTTo, npuHag.e^am.ee 3>e.une PoMaHu, b ^TOM ^e rogy cocroa.acB npeMBepa onepw Ha My3BiKy HuKo.a BaKKau b Mu.aHCKOM Teatro alla Cannobiana, ho PoMaHu ucno.B3yeT 156 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution b xanecTBe uctohhukob, raaBHtrn 06pa30M, uTaABaHcxue paccxa3Bi u xpoHMKM. Tot ^e PoMaHu b 1821 rogy HanucaA onepHoe Au6perro raMnema gAa TeaTpa La Scala. H3 Tpagu^uoHHo^o npeducnoeuñ k au-6peTTo ogHo3HanHo cAegyeT, hto caMBiH 3HaMeHUTBrn Au6peTTucT Toro BpeMeHu He uMeA hh MaAenmero HaMepeHua u3ynaTB mex-cnMpoBCRMM opuruHaA, nocxoABxy gAa Hero aBTopcTBo b paBHoH CTeneHu npuHag^e^a^o fflexcnupy u ^Mcucy: «...il soggetto del presente melodramma ordito sulle tracce di Shakespeare e del suo imitatore Ducis» (Romani: 3). To ecTB, HecMoTpa Ha BHymuTeABHoe xoAunecrao TexcroB, Ha ca-mom geAe HeAB3a roBopuTB o npoHuxHoBeHuu uMeHHo fflexcnupa b My3Bixy u TeaTp, ero cro^eTBi cBa3aHBi gAa npegcraBUTeAen npu-HUMaw^eH xynBTypw c xyABTypoH co6cTBeHHoH hah ^e xyABTypoH 6Au»atímux cocegeH (b nepByw onepegB, c OpaHu,uetí). Toabko b 1865 rogy gAa hoboh Bepcuu PoMeo u fiwynbemmu Ha My3Bixy OuAunno MapxeTTu 6ygeT co3gaHo HoBoe Au6peTTo, u ero aBTop KapAo Map-neABaHo MapneAAo HanumeT b npegucAoBuu: [...] Osservando il libretto, non sappiamo di chi, musicato da Zingarelli, e i due di F. Romani, Giulietta e Romeo, ed I Capuleti e Montecchi, ci siamo accorti che quei poeti o poco o anzi nulla avevano desunto dall'imortale poema di Shakespeare; per cui a noi parve, che, sequi-tando devotamente le orme del sommo poeta, il nostro dramma lirico sarebbe forse riuscito anche nuovo. Se ci fosse permessa lespressione, diremo che noi abbiamo cercato di fotografare (ci si passi il vocabolo) l'immenso quadro dellautore inglese. Speriamo di non averne guaste tutte le bellezze (Vittorini: 326). 157 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw C gpyrou CTopoHM, Heab3a 0Tpuu,aTb u tot ^arcr, hto Bce »e b Tene-Hue XVIII - Hanaaa XIX BeK0B 6tiao npegnpuHaTo HeMaao nonwT0K n03HaK0MuTb uTaabaHCKoro nmareaa I 3puTeaa c npou3BegeHuaMu ffleKcnupa, nycTb b 6oabmuHCTBe caynaeB 3to 3HaK0MCTB0 ocym,ecr-Baaaocb Hepe3 $paHu,y3CKue u HeMeu,Kue nepeao»eHua. CuTyau.ua KapguHaabHo MeHaeTca b 20-Me rogti XIX BeKa. ^T0T nepeaoM b BocnpuaTuu ffleKcnupa b HTaauu Hepa3ptiBH0 CBa3aH c uMeHeM MuKeae .HeoHu, K0Toporo Tpag,u^u0HH0 npuHaTo chu-TaTb nepBMM uTaabaHCKuM nepeB0gHuK0M ffleKcnupa (Muoni: 6, Battaglia: lo6). C ogHou cropoHbi, 3to yTBep»geHue cnpaBegauBo, ecau nog nepeBogoM noHuMaTb 6oaee uau MeHee noaHbiu nepeBog co6paHua conuHeHuü ffleKcnupa (bo OpaHu,uu, HanpuMep, 3a XVIII BeK noaBuaocb gBa TaKux nepeBoga: naaca u ^e TypHepa), BMnoa-HeHHMM c a3MKa opuruHaaa u 0ny6auK0BaHHWM (to ecTb gocTyn-HMM nmarearo). C gpyroM CTopoHM, KaK 6biao n0Ka3aH0, u b HTaauu b XVIII BeKe 6biau ocym,ecTBaeHbi 3HanuMbie nonbiTKu npegcTaBuTb ffleKcnupa uTaabaHCK0My HuTaTeaw, cpegu kotopmx 0C06eHH0 ctout BwgeauTb Tpyg AaeccaHgpo Beppu, K0T0pwu C00TBeTCTByeT BceM KpuTepuaM, npeg^aBaaeMWM cerogHa k nepeBogy: ^T0 noaHMu nepeBog, BMnoaHeHHMu c a3MKa opuruHaaa, CHa6»eHHMu noHtu ^uaoaorunecKuMu K0MMeHTapuaMu. B cuay Toro, hto nepeBog ocTaaca He0ny6auK0BaHHWM, oh He Bomea b Kpyr TeKCT0B, u3BecT-hmx coBpeMeHHuKaM, ogHaKo Heab3a 0Tpun,aTb, hto u b HTaauu, KaK u b gpyrux eBponeucKux crpaHax, npegnpuHuMaaucb cepbe3Hwe nonMTKu cgeaaTb ffleKcnupa HacTbw co6cTBeHHoU KyabTypM. B 3tom CMMcae HTaaua npegcTaBaaeT co6ou Ty »e Mogeab peu,enu,uu ffleK-cnupa, hto u gpyrue eBponeucKue CTpaHM, u TaKue xapaKTepucTuKu ucTopuu ffleKcnupa b HTaauu b B0ceMHagn,aT0M BeKe, KaK «npoBaa» (la sfortuna di Shakespeare) Bpag au 06teKTuBH0 0Tpa»awT peaabHMe 158 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution ucTopuKO-.uTeparypHBie o6croaTe.BcTBa noaB.eHua nepBtix meK-cnupoBCKux nepeBogoB b HTa.uu: Che nel Settecento ¡'Italia non fosse inferiore a nessun altro paese nella conoscenza e nella stima della poesia shakespeariana, almeno questo si potra, in via preliminare, asserire. E la comprensione - sia pur limita-ta a pochi spiriti particolarmente preparati - del teatro di Shakespeare, non deve confondersi con la generale anglomania del tempo, che aveva radici e si rivolgeva per lo piú ad altre espressioni dell'inglese e della vita inglese (Rebora: 190). Tot $aKT, hto go noaB.eHua meKcnupoBCKux nepeBogoB MuKe-.e ^eoHM KpMTMKM n0CT0aHH0 roBopaT 06 OTcyTOTBMM nepeBogoB OeRcnupa, nogTBep^gaeT Hamy Teopuro 0 npucyTcTBuu ffleKcnupa b MTa^taHcKOM Ky.BType ga^e b cBoeM OTcyTcTBMM. B .uTepaTypHOM KpMTMKe M3Hana^BH0 3a^0^eH0 gBe cocym,ecTByrom,ue TeHgeH^uu: perucTpau,ua y^e cocroaBmuxca aB.eHuM .uTeparypBi u npeTeH3Ma Ha «ynpaB.neHMe» ucropueM ^MTepaTypw, Ha paBHonpaBHoe yna-cTue b .MTepaTypHOM npo^cce. .HuTepaTypHBiM kpmtmk no cBoeM npupoge orn,yrn,aeT b ce6e cnoco6HocTB B03geMcTB0BaTB Ha .uTe-paTypy, 60.ee Toro, oco3HaeT TaKoe B03geMcTBue KaK cBoro npa-Myro o6a3aHHocTB, u b ^T0M 3aK.ronaeTca ero McK.ronMTe.BHocTB, npMHu.MnMa.BHoe 0T.unue ot 06wKH0BeHH0r0 HMTaTe.a. B stom cMwcse 0c06eHH0 n0Ka3aTe.BHa ucTopua .03yHr0B Tuna «y Hac HeT... (.uTepaTypw, nepeBogoB, u T.g.)», nocKO.BKy nogo6Hwe bh-cKa3WBaHua pacKpBiBaror «r0pu30HT o^ugaHua» (B TepMuH0.0ruu «peu,enTuBH0M screraKu» (flycc 1995)) .uTepaTypHoro KpuTuKa u pea.u3yroT «ynpaB.eHHecKyro», «nepcneKTuBHyro» $yHKu,uro .uTepaTypHOM kputuku KaK c^epBi geaTe.BHocru, u6o caMO no ce6e 159 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw OTpu^aHue cym,ecTByrom,ero npegnonaraeT o^ugaHue noaBneHua HOBoro. OTpu^aa npegtigym,uM nuTepaTypHtm ontiT, kputuk KaK 6m npoBon,upyeT noaBneHue onpegeneHHoro poga nuTepaTypti, onpegeneHHBix TeKCToB (pent mo^st ugTu o crune, o TeMaTuKe, o ^opMe, o ^aHpe) unu ^e onpegeneHHtix nepeBogoB (KaK b cnynae c ffleKcnupoM b Hranuu). Hcropua no3yHroB Tuna «y Hac HeT nepeBogoB ffleKcnupa» go-CTaToHHo gnuHHaa, u ee anoreM npuxoguTca KaK pa3 Ha Hanano XIX BeKa, to ecrt Ha nepuog, npegmecrByrom,uM ny6nuKau,uu nepeBogoB .eoHu. CaMWM apKun npuMep TaKoro poga - 3HaMeHuTaa cTaTta MagaM ge CTant Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni, ony6nuKo-BaHHaa b aHBapœoM HoMepe uTantaHcKoro ^ypHana «Biblioteca italiana» 3a 1816 rog. B ^TOM craTte pent ugeT, b tom nucne, o6 oTcyT-ctbuu nepeBogoB ffleKcnupa b Hranuu. nocKontKy cTaTta MagaM ge CTant Bti3Bana 6ypHyro noneMuKy, $paH^3Œaa nucaTentHu^ b uroHe Toro ^e roga ony6nuKoBana b tom ^e ^ypHane oTBeT cbo-um KpuTuKaM, u b KanecrBe goKa3aTentcTBa cboum Ha6nrogeHuaM npuBena cnegyrom,un $aKT: «Un letterato a Firenze ha fatto studi profondi sulla letteratura inglese, ed ha intrapresa una traduzione di tutto Shakespeare, poiché, cosa da non credere! non esiste ancora una traduzione italiana di questo grand'uomo» (Staël-Holstein: 66). Tom ^e npo6neMe (oTcyTcrBuro uTantaHœux nepeBogoB ffleK-cnupa) nocBa^eHo u3BecTHoe scce gpyroro 3HaMeHuToro $paH-^3a - CreHgana - Pacun u fflexcnup, HanucaHHoe b HTanuu b 1823 rogy. Oh TaK^e HeogHoKpaTHo BcTynan b noneMuKy co cboumu MHoronucneHHMMu KpuTuKaMu u b Heony6nuKoBaHHoM cTaTte «Qu'est-ce que le romanticisme?Dit M. Londonio» (HanucaHHoM b Mu-naHe b 1818 rogy) nucan: 160 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Car voici la théorie romantique il faut que chaque peuple ait une littérature particulière et modelée sur son caractère particulier, comme chacun de nous porte un habit modelé pour sa taille particulière. Si nous citons Shakspeare, ce n'est pas que nous voulions imposer Shakespeare à l'Italie. Loin de nous une telle idée. Le jour où nous aurons une tragédie vraiment nationale, nous renverserons Shakspeare et son élève Schiller. Mais, jusqu'à ce grand jour, je dis que Shakspeare nous donnera plus de plaisir que Racine je dis de plus que, pour parvenir à avoir une véritable tragédie nationale italienne, il faut marcher sur les traces de Shakespeare, et non sur celles de Racine. Je dis encore qu'Alfîeri, ainsi que Racine, est un très-grand tragique, mais qu'il n'a fait qu'amaigrir, que spolpare encore le maigre système français, et qu'en un mot nous n'avons pas encore la vraie tragédie italienne (Stendhal: 220). ^Ta CTaTba TaK^e npegcTaB.aeT coôom npuMep .03yHra «y Hac Hex...» (b gaHHOM cynae Ha^u0Ha.^bH0M Tpareguu). CTeHga.b b nepeBogax ffleKcnupa bmamt B03M0^H0CTb C03flaHMa yc.OBMM noaB.eHMa Ha^M0Ha.bH0M uTanbaHCK0M Tpareguu, u n0fl0ÔHaa napagurMa B0C-npuaTua np0M3BegeHMM aHrauMCK0r0 gpaMaTypra (b KanecTBe a.b-TepHaTMBbi fl0MMHMpywm,eM He T0.bK0 b TeaTpe, H0 u b .MTepaType B00Ôm,e ^paHu,y3CK0M M0ge.u) xapaKTepHa u MH0rux MTa.baHCKux .uTepaT0p0B (Pagani-Cesa: 72, Ambrosoli: 349-350). B ^T0M CB33M He0ÔWKH0BeHHWM MHTepeC npeflCTaB.aeT Ma.0M3-BecTH0e scce KpynH0r0 uTa.baHCK0r0 .uTepaT0pa ^,»y3enne BapeTTu, HanucaHH0e b 1777 r0gy u n0CBam,eHH0e KaK pa3 ffleKcnupy u HauÔ0-.ee aBT0puTeTH0My KpuTuKy T0r0 BpeMeHu $paH^3CK0My ^u.0C0^y u Te0peTuKy B0.bTepy. TpaKTaT BapeTTu n0g Ha3BaHueM Discours sur Shakespeare et sur Monsieur de Voltaire 6bi. HanucaH Ha $paHu,y3CK0M 161 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw a3BiKe u 0ny6^MK0BaH b .ïïoHgoHe KaK OTBeT Ha 3HaMeHuToe 0TKpBiT0e nucbMO BoabTepa bo $paH^3cKyro AKageMuw, KOTopoe 6bMo ny6^MH-ho 3anuTaHO 25 aBrycTa 1776 roga. noBogoM gaa nucbMa BoabTepa no-c^yœu^a ^y6.flUKa^ua nepBMx gByx tomob meKcnupoBcKux nepeBogoB .He TypHepa; BoabTep 0ny6auK0Bafl CBoe nucbMO He T0abK0 bo OpaHu,uu, ho u b ÂHraMM, agpecoBaB ero BceM eBponencKMM auTepaTopaM: «à cours de l'Europe, académiciens de tous les pays, hommes bien élevés, hommes de goût dans tous les états» (Voltaire, 1776: 27). TaKOM mupoKun Kpyr agpecaTOB 06'BacHaeTca nocTaBaeHHon BoabTepoM ^e^bro - 06'BaBuTb Hacroamyro BOMHy nepeBognuKaM ffleKcnupa u BHymuTb OTBpameHue k ffleKcnupy b eBponencKOM auTepaTypHOM cpege: «Le gran point, mon cher philosophe, est d'inspirer à la nation le dégoût et l'horreur qu'elle doit avoir pour Gilles Le Tourneur, preconiseur de Gilles Shakespeare, de retirer nos jaunes gens de l'abominable bourbier ou ils se précipitent, de conserver un peu notre honneur, s'il nous en reste» (Voltaire: 271-272). B Hanaae cBoero TpaKTaTa Eaperra OTOMaaeT cBoero nuTaTeaa k ^T0 -My nucbMy BoabTepa: Dans un de ces papiers journaliers qu'on publie à Londres, j'ai lu, il n'y a pas longtemps, l'anecdote suivante.Una dame anglaise très respectable à tous égards, étant à Paris, entendit lire une lettre récemment écrite par monsieur de Voltaire à un de ses amis. Dans cette lettre un homme nommé Letourneur, secrétaire de librairie, est appelé "impudent", "imbécile", "faquin" et "maraud", parce qu'il a traduit en français les oeuvres du Shakespeare dans l'intention de las imprimer ainsi traduites par souscription. Non content de traiter ce pauvre traducteur avec si peu de cérémonie, monsieur de Voltaire se jette dans cette lettre sur son original et dit, entre autres choses, que les oeuvres de Shakespeare ne sont qu'un "énorme fumier" (Baretti : 601). 162 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution noc.e nero uTa.baHCKuM .uTepaTop 3agaeTca BonpocoM 0 tom, Ha-CKO.bKO Bo.bTep uMe. npaBO BtmocuTb cy^geHue He TO.bKO 0 ne-peBoge .He TypHepa, ho u 0 caMOM ffleKcnupe, craBa nog coMHeHue He TO.bKO ero nepeBognecKue cn0C06H0CTu, ho u caM ^aKT B.ageHua aHr.uMCKuM 33WK0M. OTKa3tiBaa Bo.bTepy u bo B.ageHuu aHr.un-ckum 33hkom, u b cn0C06H0CTu nepeBoguTb, BapeTTu npuxoguT k BtiBogy 0 tom, hto Bo.bTep, ucno.b3ya CBoe B.uaHue b .uTepa-TypHBix Kpyrax EBponw, 0C03HaHH0 C03ga. .o^Hyro pe^yTa^Mro ffleKcnupa (oTCw.aa k 3HaMeHuT0My onpege.eHuro Bo.bTepa, Ha3BaBmero ffleKcnupa «BapBapoM»), K0T0paa 3aTeM yKpenu.acb He TO.bKO bo OpaHu.uu, ho u b gpyrux eBponeMCKux CTpaHax, b tom nuc.e b HTa.uu: [...] c'est bien dommage qu'un monsieur de Voltaire, qui s'est occupé â étudier "une vingtaine de sciences", y compris celle de poésie, ait tâché â tant reprises, durant cinquante ans, de faire accroire qu'il sait la langue anglaise, et pris tant de peine pour tromper la France et toute l'Europe au sujet d'un poète anglais, qu'il eût beaucoup mieux fait d'étudier de toute sa force (Baretti: 609). Mtic.b BapeTTu HeBepoaTHO r.y6oKa u TOHHa no CBoeMy cogep^a-Huro, OHa npegBOCxum.aeT MHorue .MTepaTypoBegHecKMe K0H^e^^MM, noaBuBmueca y^e b XX BeKe, b nacTHOCTu, .uTepaTypoBegHecKue nogxogti, b ^HTpe kotopbix ctout npo6.eMa pa3.unHoro poga «no-cpegHunecTBa» ^nmTeMH: 190-194, ^OTMaH: 40-99). Hec0MHeHH0, .uTepaTypHWM kputuk MO^eT npegcTaB.aTb co6om npuMep TaKoro poga ^urypw, n0CK0.bKy uMeHHO oh HaxoguTca b KanecTBe nocpegHu-Ka Me^gy TeKCTOM u nuTaTe.eM, u, 6e3yc.0BH0, cnoco6eH co3gaBaTb u.u pa3pymaTb nucaTe.bCKue pe^yTa^MM: 163 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw HHcmaHV,uu, Komopue onpedenñwm numepamypHyw penymav,uw, 3aeucñm om muña numepamypmü cucmeMu. B odHOM muñe nume-pamypHoü cucmeMu maKoü uHcmaHV,ueü nenmmcn npewde ecezo caMu numepamopu nuóo aemopumemHue 3HamoKu, Komopue e ceoeM xpyzy, e paMKax numepamypHozo canoHa unu xpywxa, unu oó^ecmea eumcam npuzoeop nucamenw. B dpyzoM maKozo poda «Keanufyu-Kau,m» ocyw,ecmenñemcñ nyónuHHo numepamypHbiM KpumuKoM, Hbeü cney,uanbHocmbw u ñenñemcñ nodoÓHozo poda dexmenbHocmb (Peümónam: 52). TaR^e HecoMHeHHO, hto umchho Bo.BTep g.a CBoeM ^^oxM 6w. Ta-Roro poga TBop^M pa3.uHHoro poga .uTepaTypHwx pe^yTa^MM, u no3gHee npoHuRHOBeHue ffleRcnupa b eBponeMcRyro Ry.BTypy bo MHoroM o6^acHaeTca uMeHHO geaTe.BHOCTBro u cy^geHuaMu Bo.BTepa (kotopwm, napagoKca.BHWM o6pa3OM, ogHOBpeMeHHo u OTRpw. aHr.uMCRoro gpaMaTypra g.a eBponeMCKOM Ry.BTypw). KcTaTu, ^T0T ^arcr 6w. oneBugeH u g.a caMux uTa.BaHCKux .uTepa-TopoB geBaTHagn,aToro BeKa, Hec.ynaMHO ^»anuHTO EaTTa.Ba nuca. b1845 rogy: [...] non possiamo a meno di dolerci che Shakespeare non fosse fatto conoscere alla Francia da tuttaltri che da Voltaire, e che non ci venisse appresentato molto prima; vale a dire ad unepoca meno avanzata della lingua e del gusto; non possiamo non dolerci che il genio di lui non sia stato assimilato al nostro genio drammatico, come uno degli elementi della nostra creazione teatrale, invece di venir invocato per distruggerlo (Battaglia: 122). 164 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution OneBugHO, hto b 3tom nepcneKTUBe 6opb6a 3a ffleKcnupa (TpaHc^op-Mupyrom,aaca b 6opb6y 3a Ha^MOHaabHyro Tpareguro) cTaHOBMTca TaK-^e 6opb6oM npoTUB rocnogcTBa TeopuM BoabTepa u goMUHupoBaHua $paH^3cKOM Mogeau TeaTpa, a nepeBogw ffleKcnupa npegcTaBaarnca pemeHMeM ^TOM npo6aeMbi. HeTbipHagu,aTb tomob nepeBogoB MuKeae .HeoHu, ony6auKOBaH-Hwe b BepoHe Me^gy 1819 u 1822 rogaMu, HaBcerga u3MeHuau napa-gurMy BocnpuaTua ffleKcnupa b HTaauu. AHrauMcKuM gpaMaTypr OKa3biBaeTca b ^rnpe BHMMaHMa auTepaTypHOM kpmtmkm, caMbie aBTopMTeTHwe ^ypHaaw Toro BpeMeHu o6a3aTeabHO ny6auKyroT pe^H3MM Ha nepeBogw u Ha npou3BegeHua ffleKcnupa, MHorue auTepaTopw o6parn,aroTca k pa6oTe Hag nepeBogaMM npou3BegeHuM aHrauMcKoro gpaMaTypra. B 1832 rogy MTaabaHcKMM »ypHaa Biblioteca Italiana ga^e nnmeT o «KoHKypce neTbipex BepcuM» ffleKcnupa, no-cKoabKy BwxogaT cpa3y 4 noaHbix nepeBogoB ffleKcnupa (Articolo 1: 4). Mo^ho yTBep^gaTb, hto Ba^HeMmyro poab b ^TOM nepeMeHe Mogeau BocnpuaTua ffleKcnupa cwrpaaa mmchho auTepaTypHaa KpMTMKa, KOTopaa bo MHoroM npegonpegeauaa ycnex ffleKcnupa b XIX BeKe nocae «npoBaaa» meKcnupoBcKux npou3BegeHuM b XVIII BeKe, o ko-TopoM TaK nacro numyT uccaegoBaTeau (Bragaglia: 9, Lombardo: 2-13). Bonpoc o nepeBoge ffleKcnupa b HTaauu HMKorga He aHaau3upo-Baaca c nogo6HoM tohkm 3peHua - KaK peaau3au.ua «auTeparypHoro o^ugaHua» kpmtmkm. OgHaKO ucropua npou3BegeHuM ffleKcnupa b Hraauu nogTBep^gaeT npegao^eHHyro b gaHHOM uccaegoBaHuu Mogeab. «ropu3OHT o^ugaHua» coBpeMeHHoro tom ^^oxe nmare-aa, kotopwm bo MHoroM onpegeaaaca geMcTByrom,uMu HopMaMu Kaaccu^u3Ma u cy^geHuaMu BoabTepa, He no3Boaaa npou3Bege-HuaM ffleKcnupa bomtm b uTaabaHcKyro KyabTypy u cTaTb ee nacTbro (XVIII BeK). Ha py6e»e BeKOB mo^ho KOHcTaTupoBaTb «o^ugaHue» 165 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuM noflB^eHMS nepBbix nepeBogoB ^eKcnupa b MTa^uw meKcnupoBCKux nepeBogoB b .uTepaTypHOM KpuTUKe, KOTopaa CTpeMMTca c noMO^Bro, b tom Huc.e, ffleKcnupa npeogo.eTB rocnog-CTBO $paHu,y3CKOM Moge.u b TeaTpe. HanuHaa co BTopoM TpeTu XIX BeKa ffleKcnup CTaHOBUTca ogHUM u3 caMBix nepeBoguMBix aBTO-poB b HTa.MM, noMMMO y»e ynoMMHaBmuxca 4 no.HBix nepeBogoB ero coHMHeHMM, cge.aHHBix b 30-Bie rogw XIX BeKa, b 40-Bie rogBi TaK»e noaB.aeTca nepeBog co6paHua coHMHeHMM ffleKcnupa Kap.o PycKOHM, b 3TM »e rogBi HaHMHaeT pa6oTy Hag cbomm nepeBogoM ^»y.uo KapKaHM. B My3BiKa.BHOM TeaTpe TaK»e mo»ho roBopuTB o pemMTe.BHOM pa3BopoTe b CTopoHy ffleKcnupa, b MTa.BaHCKOM one-pe n0CTaB.eH0 60.ee Tpugu,aTM npou3BegeHUM no meKcnupoBCKUM .u6peTT0, to »e caMoe mo»ho CKa3aTB u o gpaMaTunecKOM TeaTpe, MMeHHO HaHMHaa c 40-Bix rogoB XIX BeKa Tpareguu ffleKcnupa no-CToaHHO npegcTaB.eHH Ha gpaMaTunecKux nogMOCTKax: Omenno no-CTaB.eH 60.ee io pa3, 9 pa3 nocTaB.eH raMnem, u T.g. TaKUM 06pa30M, o»MgaHMe .MTepaTypHOM KPMTMKM 6BI.O n0.H0CTBro yg0B.eTB0peH0. npeg.o»eHHBiM aHa.M3 MCTopMKO-.MTepaTypHBix o6cToaTe.BCTB noaB.eHua nepBBix nepeBogoB ffleKcnupa b HTa.uu n03B0.aeT yTOH-HMTB m 3HaHMTe.BH0 CKoppeKTupoBaTB cym,ecTByrom,ue npegcTaB-.eHua 06 MCTopuu ffleKcnupa b HTa.uu, a TaK»e npegcTaBUTB ^Ty ucTopuro 60.ee no.HoM u o6teKTUBHoM. $ 166 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Eu6,HHorpa$HH ambrosoli, Francesco, 1871: Shakespeare. Lezione inédita del corso di Estetica (1845 o circa). Scritti letterali editi e inediti. Firenze. 340-353. Amleto. Tragedia di Mr. Ducis (Ad Imitazione della Inglese di Shakespear). Tradotta in verso sciolto, 1774. Venezia. andolfati, pietro, 1791: Tragedia urbana in cinque atti in prosa di M.Weiss del teatro Tedesco, tradotta da Pietro Andolfati. barbieri, gaetano, 1831: Romeo e Giulietta. Tragedia di Guglielmo Shakespeare. Tradotta da Gaetano Barbieri. 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KaK nymKMH BBimen B reHMM (0 ^MTepaTypHOM peny^uu nymKMHa). KaK nyrnKUH euwen e zeHUu: HcmopuKO-rnu,uonozuHecKue onepxu o khumhoü xynbmype nymKUHCKoü ^noxu. M.: HoBoe .nuTeparypHoe o6o3peHMe. 3nrnTEHH, MHXAHÎ HAyMOBHH, 1988: napadoKeu Hoeu3Hu: 0 numepamypHOM pa3eumuuXIX-XXeeKoe. M.: CoBeTCKMM nucaTe^B. aycc, XAHC-POEEPT, 1995: HcTopua ^uTepaTypw KaK ^p0B0Ka^ua ^uTepaTypoBegeHua. Hoeoe numepamypHoe o6o3peHue, 12. 34-84. 171 MPMHA 3BEPEBA ► K ucTopuu noflB^eHMA nepBwx nepeBogoB WeKcnwpa b Mïa^MM Sommario Il presente articolo mira allo studio e all'analisi critica di alcuni even-ti-chiave della storia della riflessione teorica sulla traduzione in Italia. In qualità di "eventi-chiave" viene proposta la storia delle traduzioni in italiano dell'opera di Shakespeare. Per "traduzioni" si intendono non solo le traduzioni vere e proprie, ma anche i numerosi rifacimenti e adattamenti (compresi i libretti per i melodrammi ed i balli) realizzati sulla base delle opere di Shakespeare. La scelta di questo autore ha una sua motivazione teorica fondamentale, dato che il problema di "come" tradurre Shakespeare accomuna gli studi di molti paesi. Le vaste po-lemiche attorno alle traduzioni di questo autore hanno generato una riflessione teorica sulla traduzione in quasi tutti i paesi europei. L'og-getto di studio è il contesto storico-letterario in cui appaiono le prime traduzioni shakespeariane in italiano e la ricezione critica di queste traduzioni. Uno studio dettagliato delle circostanze storiche-letterarie dell'apparizione dei primi tentativi di tradurre Shakespeare in italiano permette di ricostruire il processo di formazione dei modelli di perce-zione delle opere shakespeariane nella cultura italiana, dal Settecento fino alla prima metà dell'Ottocento. Il periodo preso in considerazione è determinato da due date: 1706 (prima versione italiana delYAmleto) e la metà dell'Ottocento, quando in Italia appaiono tante traduzioni complete delle opere shakespeariane. Nel presente articolo si evince la ipotesi che la storia e la ricezione di Shakespeare in Italia sono determinate dall'orizzonte d'attesa dei lettori italiani e della critica letteraria, caratterizzato dal dominio della cultura francese e delle idee di Voltaire in particolare. Come base teorica viene proposta la metodologia dell'e-stetica della ricezione e la concezione dell'orizzonte di attesa artico-lata da J.-R. Jauss. Si evince, cosí, il ruolo attivo della critica letteraria 172 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution in questo contesto, che non solo registra i fenomeni gia esistenti ma che constata anche l'assenza di un certo fenomeno e cosí provoca la sua apparizione invitando gli scrittori a riempire la lacuna. L'analisi degli articoli critici della prima meta dell'Ottocento in Italia conferma l'esi-stenza dell'attesa letteraria delle traduzioni shakespeariane; l'assenza di queste traduzioni é un motivo costante di quasi tutte le repliche dei critici letterari. Come dimostra l'analisi presentata in questo articolo l'attesa letteraria dei critici italiani é stata completamente soddisfatta, perché a partire degli anni 30 Shakespeare diventa uno degli autori piu tradotti e piu conosciuti in Italia. HpuHa 3eepeea / Irina Zvereva Zvereva Irina, PhD in "Traduzione, interpretazione e interculturalitá"2018 (üniversitá di Bologna), currently working as a research associate at the Russian State University for the Humanities (RGGü - Moscow). 173 DOI - 10.13137/2283-5482/22872 L'emancipazione femminile dalla schiavitu culinaria in Unione Soviética: una promessa tradita The Emancipation of Women from Kitchen Slavery in the Soviet Union: A Broken Promise $ Maria luisa STEFANi - marialuisa.stefani@studenti.units.it SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Nei primi anni dopo la rivoluzione d'ottobre, il governo bolscevico si im-barco in un ambizioso programma di radicale trasformazione sociale che andava ben al di là dei tradizionali ambiti di lotta politica. Anche l'ali-mentazione dei cittadini, un'attività apparentemente poco significativa dal punto di vista politico, divenne parte del programma bolscevico per costrui-re una società nuova. È impossibile parlare dello sviluppo della cultura culinaria e del sistema di ristorazione collettiva sovietici senza considerare la condizione femminile dell'epoca: pur essendoci una retorica rivoluzionaria rispetto all'emancipazione della donna dalla schiavitù delle faccende domestiche, le condizioni sociali dell'epoca contri-buivano a rafforzare il ruolo tradi-zionale delle donne di mogli e madri. In questo articolo vengono analizzate le ragioni che mossero la politica di emancipazione e i risultati che ne conseguirono. UNIONE SOVIETICA, BOLSCEVICHI, EMANCIPAZIONE DELLA DONNA, RISTORAZIONE COLLETTIVA, SCHIAVITÙ CULINARIA After the October Revolution, the Bolshevik government introduced an ambitious programme aimed at a radical change of society, going well beyond traditional political fighting. Even a matter of apparently low political interest such as alimentation became part of their programme intending to build this new society. Discussing the development of Soviet culinary culture and public food service is impossible without analysing the condition of women. Over the years, an attempt at liberating women from the burden of domestic labour was made. This paper analyses the reasons behind the Soviet women emancipation policy and its outcomes. SOVIET UNION, BOLSHEVIKS, EMANCIPATION OF WOMEN, SOCIAL FOOD SERVICE, KITCHEN SLAVERY 175 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria i bolscevichi contro LA cuciNA domestica Negli anni Venti in Unione Soviética era in atto la radicale trasforma-zione del byt cominciata nel 1917. Questa trasformazione ebbe luogo nell'ambito di un nuovo codice sociale in cui tutto ció che era passato (vale a dire prerivoluzionario) e borghese era visto negativamente, mentre il presente (concepito come uno spazio per trasformazioni ispiratrici) e il nascente radioso avvenire erano visti per contrasto come un'era migliore e progredita. Gli oggettivi problemi sociali presenti erano considerati un residuo del passato borghese: nella nuova realtà comunista essi si sarebbero dovuti risolvere da soli. Considerando il tradizionale status della donna quale custode dell'ocag [focolare], "autrice e promotrice" delle pratiche gastrono-miche, non sorprende la quantità di sforzi profusi nel tentativo di cambiare questo suo abituale status di genere e di attuare una nuova politica di genere sovietica. Il pasto in famiglia era infatti considerato come un residuo borghese, che distoglieva la donna dai più utili lavori sociali che avrebbe potuto svolgere. Il legame della donna con la cucina, il focolare e la preparazione del cibo ha un carattere archetipico, che pero non aveva più posto della vita sovietica; nell'ambito della costru-zione del nuovo byt l'equilibrio di genere esistito fino ad allora doveva essere distrutto. La perdita del tradizionale ruolo sociale della donna, cioè la sua trasformazione in un compagno che potesse contribuire alla lotta di classe e alla costruzione del comunismo, doveva senza dubbio includere il superamento delle caratteristiche femminili archetipiche, e quindi implicare la distruzione del legame tra la donna e il focolare domestico: rimanendo a casa a cucinare, la donna contribuiva alla formazione di un habitus individualista; tuttavia, il governo aveva as-sunto il ruolo di formare un nuovo habitus, in cui le manifestazioni 176 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution individuali avrebbero coinciso con le esigenze collettive. Per questo motivo, la donna avrebbe dovuto entro breve passare "dai fornelli ai li-bri": dalla cucina, intesa come spazio dell'incoscienza, all'articolato discorso ideologico della propria esistenza. L'idea di una trasformazione rivoluzionaria del byt non si formo dall'oggi al domani, ma fu prece-duta da un movimento femminile che aveva preso piede all'inizio del XX secolo e che aveva sottolineato la necessita di liberare le donne dalla schiavitu del quotidiano e di includerle nella produzione sociale: solo cosí, una volta tolto il peso della preoccupazione per la sua esistenza dalle sue spalle, superato il suo ruolo di servizio, la donna avrebbe potu-to intraprendere un percorso di sviluppo personale (Sochan' 2011a: 90). All'epoca era, inoltre, ancora diffuso lo stereotipo che vedeva le donne come soggetti irrazionali e restii alla socializzazione, sicuramente anche a causa della cucina, in cui spendevano ancora larga parte del proprio tempo e della propria energia (Reid 2005: 291). In questa si-tuazione, la coscienza "deformata" della donna costituiva un elemento particolarmente problematico per la realizzazione del byt secondo i principi del socialismo (Buchli 1999: 25). Secondo Sochan' (2011b: 176), dal punto di vista sociale ed economico la condizione della donna nella famiglia borghese non poteva essere che definita "schiavitu domestica". La sua opinione trova riscontro in uno scritto di A.V. Lunacarskij1, politico e letterato russo, del 1927: Lunačarskij Anatolij Vasil'evic. (1875 -1933). Uomo politico e letterato russo so-cialdemocratico e poi bolscevico; rimane una delle figure piu colte tra tutti i dirigenti della Rivoluzione d'ottobre. Marxista aperto alle esperienze culturali piu stimolanti tra la fine del secolo scorso e l'inizio di questo, gia nel 1903 aveva elaborato le "Basi di un'estetica positiva". Dopo la rivoluzione fu commissario del popolo per l'istruzione, e in questa veste aiuto non poco i futuristi. Drammaturgo lui stes-so, oltreché politico, si occupo di letteratura russa ed europea, di teatro, di estetica (Trec-cani, Lunačarskij). [...] il suo [della donna] ámbito di interessi era terribilmente e stupida-mente ristretto: era sopraffatta dai panni sporchi, dalla preparazione del cibo in una cucina stracolma di fuliggine, dalla cura dei bambini piccoli, eccetera. Era cosi sopraffatta da tutte queste cose che non aveva tempo di pensare al proprio sviluppo, alle attivita sociali (in Sochan' 2011b: 176). 177 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria Kollontaj Aleksandra Michajlovna (1872 -1952). Rivoluzionaria russa, figlia di un generale, studio in Sviz-zera, dove (1890 circa) aderi al movimento socialista; si accosto ai menscevichi nel 1906, per passare ai bolscevichi nel 1915; emigrata (1908-17) in Europa e negli USA, torno in Russia dopo la rivoluzione di feb-braio. Nel 1921 milito nelr'opposizione operaia", nel 1923 passo al servizio diplomatico, e rappresento l'URSS a Oslo, in Messico e infine (1930-52) a Stoccolma (Trecca-ni, Kollontaj). Sezione femminile del Comitato centrale. Al fine di eliminare questa struttura oppressiva, la natura della relazio-ne tra moglie e marito sarebbe dovuta cambiare. Era quindi necessario socializzare la sfera domestica e smantellare l'ambito privato della famiglia; l'emancipazione della donna e la fine dell'istituzione dell'ocag erano quindi strettamente legate (Buchli 1999: 25). Lo smantellamento dell'istituzione dell'ocag avrebbe cambiato radicalmente la posizione della donna nella società, ma allo stesso tempo minacciava il ruolo dell'autorità patriarcale nella sfera privata. Occorre notare che i riformatori sovietici della vita domestica non considerava-no il byt e i problemi legati ai lavori domestici come una responsabilità degli uomini. Non si trattava di portare i ruoli di donne e uomini sullo stesso livello, ma piuttosto di eliminare la sfera privata portando la donna "all'esterno", verso la sfera pubblica degli uomini, e non certamente di "abbassare" gli uomini nella sfera domestica privata a condividere con le donne le faccende domestiche e la cura dei bambini (ibid.: 26). In questa nuova società utopica immaginata, la parità tra i sessi doveva essere raggiunta non con una ridistribuzione dei ruoli tradizionali all'interno famiglia, ma eliminando il nucleo familiare cosí com'era concepito fino a quel momento e quindi affidando le responsabilità di cucinare, pulire e occuparsi dei bambini al settore di servizi pubblici appena creato. Nel 1918, A.M. Kollontaj2, rivoluzionaria e femminista, presidente del Zenotdel3, in Semja i kommunisticeskoe gosudarstvo [La famiglia e il governo soviético] affronté il tema del futuro del lavoro domestico nella società sovietica. Kollontaj dedicé particolare attenzione alla liberazione della donna dalla preparazione del cibo, compito che si prevedeva assegnare in futuro esclusivamente a professionisti. Richiamé i tempi in cui tutta la vita di una donna era confinata all'interno della famiglia; le donne non conoscevano il mondo esterno, né ne erano interessate, essendo già occupate nei lavori più disparati: non solo cucinavano, lavavano i vestiti 178 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution e la biancheria e pulivano la casa, ma filavano la lana e il lino, prepara-vano sottaceti e conserve, salumi e il kvas, fabbricavano candele, e molto altro ancora. Kollontaj afferma che ai tempi delle loro madri e nonne questi lavori erano necessari e utili, poiché da essi dipendeva il benes-sere della famiglia. Ma l'arrivo del capitalismo aveva cambiato il modo di vivere: molti dei lavori svolti dalle donne venivano adesso realizzati su scala industriale nelle fabbriche. «Quale padrona di casa ora fabbrica le candele, fila la lana, tesse il cotone, quando tutti questi prodotti sono in vendita?» (Kollontaj 1918: 12). Le donne, tuttavia, non erano rimaste senza lavoro, anzi: oltre a svolgere le faccende domestiche, spesso dove-vano lavorare fuori casa e su di loro gravava quindi il cosiddetto "doppio fardello". Tuttavia, Kollontaj affermé anche che le faccende domestiche stavano scomparendo, lasciando spazio alla gestione pubblica (ibid. : 14). Kollontaj sottolineé che da tempo i ricchi avevano tolto dalle spalle delle loro mogli il peso delle faccende e si chiese perché la donna lavoratrice, al contrario, doveva continuare a soffrire. Secondo la rivoluzionaria fem-minista, nella Russia Sovietica la vita di ogni donna lavoratrice avrebbe dovuto avere le comodità, la luce, l'igiene e la bellezza che erano stati fino a quel momento appannaggio esclusivo dei ricchi: Al posto di soffrire cucinando, di perdere le proprie ultime ore libere in cucina preparando pranzo e cena, nella società comunista saranno molto diffuse le mense collettive, le cucine centralizzate. [...] Il comunismo abolirá la schiavitù domestica delle donne, e renderà la loro vita più ricca, più piena, più felice e più libera (ibid.: 15). Un anno dopo, lo stesso Lenin appoggio il punto di vista di Kollontaj nell'opuscolo Una grande iniziativa, in cui affermé che nessun partito democratico in nessuna delle repubbliche borghesi più progredite aveva 179 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria fatto riguardo alla condizione della donna in decine di anni nemmeno una centesima parte di quello che i bolscevichi avevano fatto nel loro primo anno al potere. Nonostante tutte le leggi emancipatorie promúlgate in Unione sovietica, pero, la donna era «rimasta una schiava della casa, perché oppressa, soffocata, inebetita, umiliata dalle piccole faccendedomestiche, che la incatenano alla cucina [...]» (Lenin 1970: 24). Lenin sosteneva che la vera emancipazione della donna e il vero comunismo sarebbero cominciati soltanto dove e quando fosse incominciata la lotta delle masse contro le faccende di casa. Come Kollontaj, Lenin auspicava una trasformazione di massa da una gestione casalinga (do-masnee chozjajstvo) a una gestione socialista (sociolisticeskoe chozjajst-vo). A suo parere, il governo non si occupava abbastanza del problema della condizione della donna, che in teoria sarebbe dovuto risultare indiscutibile per ogni comunista, anche se sottolineava che comunque in questo campo fossero gia presenti diversi "germogli del comunismo". Per esempio, cito le mense collettive e gli asili quali germogli in grado di emancipare la donna e di eliminare la sua disuguaglianza rispetto all'uomo (Lenin 1970: 24). Nel 1923, anche Trockij in uno dei suoi articoli parlo dell'uguaglianza tra uomo e donna. Affermo che: stabilire la parita politica tra la donna e luomo nello stato sovietico e un compito piuttosto semplice. Stabilire la parita produttiva tra lavoratore e lavoratrice in fabbrica e nelle associazioni professionali, in modo che luomo non escluda la donna e un compito gia molto piu difficile. Ma stabilire una reale parita tra uomo e donna in famiglia e un compito immensamente piu difficile, che necessita enormi sforzi atti a rivoluzionare completamente il nostro byt. E inoltre del tutto evidente che senza il raggiungimento della parita tra marito e moglie 180 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution in famiglia non è possibile parlare veramente di parità nella società o addirittura nella politica, poiché se la donna è incatenata alla famiglia, al cucinare, al lavare e al rammendare, proprio per questo la sua possibilità di influenzare la vita sociale e politica sono ridotte al minimo (Trockij 1927:30). Trockij affermé inoltre che non si sarebbe potuta attuare una tra-sformazione del governo sovietico se non si fossero emancípate le donne dalla schiavitù, e non si sarebbe potuto proseguire verso il socialismo senza liberare la contadina e la lavoratrice dai lavori domestici familiari. Per questo, disse, ogni nuova legge, ogni passo pratico nella costruzione della collettività avrebbe dovuto essere finalizzato anche all'alleggerimento della vita delle madri di famiglia. Il socialismo era impensabile, se non si fossero risolti i problemi all'origine, «e dove si trova l'origine di una nazione, se non nella madre?» (Trockij 1927: 52). Trockij riteneva che le mense e gli asili avrebbero dato un duro colpo all'individualità della famiglia, che fino a quel momento pesava sulle spalle ricurve delle madri e ca-salinghe. «Non si puo andare avanti lasciando la donna indietro» (Trockij 1927: 53). abbasso la schiavitu culinaria! Alla fine degli anni Venti, alla vigilia del primo piano quinquennale, l'enfasi non veniva ormai più posta sull'ideologia dell'uguaglianza dei sessi. La maggior parte degli autori, sebbene dichiarasse di volere l'emancipazione della donna, era preoccupata principalmente dal portare più donne nella forza lavorativa. La lotta contro la cucina pri-vata, lo sviluppo delle cucine comuni e delle imprese di ristorazione 181 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria collettiva rappresentavano un modo per raggiungere questo obiettivo e contemporaneamente risolvere il problema della distribuzione del cibo e della nutrizione delle masse nel modo più economico e "scien-tifico" possibile. Il governo era convinto che la cucina individuale non potesse sfamare adeguatamente il popolo. Una crescente importanza veniva data ai valori nutrizionali del cibo e al rispetto delle norme sanitarie: scopo dell'alimentazione era contribuire all'aumento della forza lavoratrice. L'alimentazione ideale era considerata quindi quella collettiva (Rothstein e Rothstein 1997: 178). N.A. Semasko, commissario per la salute, insisteva dal canto suo che l'alimentazione collettiva contribuisse all'aumento della produtti-vità lavorativa e accelerasse la costruzione della società socialista, cosí come contribuiva all'emancipazione della donna dal tedioso lavoro domestico. Naturalmente, gli ideologi che auspicavano la sostituzione della cucina privata da parte della ristorazione collettiva avevano un'opinione molto negativa del lavoro domestico della donna. Nel 1923, P. Kozanyj scrisse una rinomata brochure dal titolo Doloj castnuju kuchnju! [Abbasso la cucina privata!], in cui affermava che «[l]a cucina deforma il corpo e l'anima della donna. [...] Nell'interesse della donna che lavora duramente [...] la cucina privata dovrebbe essere sepolta il più in fretta possibile assieme a tutto il suo passato» (in Rothstein e Rothstein 1997: 179). La politica alimentare del nascente governo sovietico si basava quindi sul principio di economia delle risorse e di emancipazione della donna. Nel 1925, Kozanyj affermé che «il più grande fardello per le donne lavoratrici è la preparazione del cibo, che richiede molto tempo e forze. La cucina priva la donna lavoratrice della possibilità di svolgere compiti sociali, innalzare il suo livello culturale e la qualificazione del suo lavoro» (Kozanyj 1925: 13). 182 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Lunacarskij (1927: 84) nella sua brochure O byte [Suîîa vita quoti-diana] affermé che non è possibile accontentarsi di una piccola cu-cina per ogni famiglia quando, con gli stessi soldi e la stessa quantità di lavoro, grazie a mense e cucine collettive si puo fornire cibo gustoso e salutare in un'atmosfera luminosa, garantendo calma e riposo durante i pasti: «tutto questo puo essere fatto con gli stessi mezzi impiegati per preparare lo squallido borsc, del quale la maggior parte di noi [...] si nutre e con ogni cucchiaiata ci cibiamo della libertà, della dignità e del futuro delle donne». Tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta venne ef-fettuato qualche tentativo di trasformare la vita domestica attraverso la progettazione di abitazioni senza cucina da parte di architetti co-struttivisti; abitazioni di questo tipo furono costruite, per esempio, nei nuovi quartieri nelle città di Jaroslavl' e Ivanov, le "città del futuro", o nella città di Magnitogorsk, mentre a Mosca furono svilup-pati progetti di minuscole cucine-nicchia per la casa del Narkomfin (Gluscenko 2015: 66; Reid, 2005: 292). Il manifesto qui sotto, del 1931, ritrae una donna rivoluzionaria che esce dalla porta della cucina verso la libertà. Nel manifesto tro-viamo una contrapposizione tra il vecchio e il nuovo, espressa anche graficamente tramite una divisione diagonale dello spazio scenico. A sinistra troviamo il vecchio byt, rappresentato da una figura femmi-nile intenta in faccende domestiche, in uno spazio nero. Sulla destra, fuori dalla porta che la rivoluzionaria spalanca, si delinea invece il nuovo byt, ricco di colori; si scorge il radioso avvenire, ormai a por-tata di mano, rappresentato da «[c]ircolo operaio, nido d'infanzia, mensa collettiva, soleggiati impianti sportivi, parchi e la realtà che, più di ogni altra, avrebbe dovuto seppellire la schiavitù domestica: la fabbrica-cucina» (Piretto 2017). 183 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria FIG. 1 + Abbasso la schiavitù culinaria! Evviva il nuo-vo byt. G. Segal', 1931. Mikojan Anastas Ivanovic. (1895-1978). Uomo politico soviético bolscevico dal 1915, M. partecipo alla guerra civile in Transcaucasia; entro nel Comitato centrale del partito nel 1923 e nel Politbju-ro nel 1935. Stretto collaboratore di Stalin, diresse varí commis-sariati del popolo di carattere economico e dal 1937 al 1946 fu anche vicepresidente del Consiglio dei commissarí del popolo. Dopo la morte di Stalin, M. fu tra i principali esponenti del potere sovietico e appoggio la politica di Chruscev. Vicepresidente e primo vicepresidente del Consiglio dei ministri dell'URSS (194664), nel 1964-65 fu presidente del Presidium del soviet supremo (capo dello stato), di cui rimase membro, anche dopo essere uscito dal Politbjuro (1966), fino al 1975. Nel 1968 pubbli-co la sua autobiografia (Treccani, Mikojan). Manifesti di questo tipo dimostrano che negli anni Trenta la que-stione dell'emancipazione della donna dalla schiavitù culinaria era ben lungi dall'essere risolta. Nel 1936 l'allora commissario del popolo dell'industria alimentare A.I. Mikojan4 disse: La donna soviética moderna deve liberarsi dalla fatica primitiva degli spiacevoli, pesanti lavori domestici... Quando una donna vede che nella stessa ora che ha speso nella preparazione del cibo a casa, puô fare dieci volte tanto lavorando in fabbrica e puô comprare con il proprio guada-gno tutti i prodotti a lei indispensabili, cerca di liberarsi dalla produzio-ne casalinga di cibo (in Gluscenko 2015:67). Secondo Mikojan, le conserve e i prodotti semilavorati avrebbero dovuto svolgere un ruolo essenziale nella vita delle donne lavoratrici, che avrebbero dovuto avere a disposizione prodotti di fabbrica che ne-cessitassero poca preparazione e che potessero soddisfare ogni palato. La posizione di Mikojan rispecchiava lo stato d'animo generale della società postrivoluzionaria; tuttavia, non tutti condividevano questi sentimenti, e alcuni membri dell'intelligencija si espressero con ironia riguardo all'"emancipazione della donna". Jurij Olesa nel 1927 scrisse: Donne! Noi vi soffieremo di dosso la fuliggine, libereremo le vostre nari dal fumo e le orecchie dal fracasso, costringeremo le patate a sbucciarsi magicamente, in un attimo. Vi restituiremo le ore che la cucina vi ha ru-bate: ricupererete metà della vita! Tu, giovane sposa, stai cuocendo la minestra per tuo marito. A una piccola pozza di minestra tu dedichi metà della tua giornata! Noi trasformeremo le vostre pozze in mari sfavillanti, scodelleremo un oceano di zuppa di cavoli, 184 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution ammucchieremo colline di polenta! Il kisel' scivolera giu come un ghiacciaio! Ascoltate, massaie, e aspettate! Ecco quel che vi promet-tiamo: un pavimento di mattonelle inondato di sole, paiuoli di rame risplendenti, piatti di un nitore liliale, un latte denso come mercurio e una minestra da cui salira un profumo che fara invidia ai fiori sui tavoli (Olesa 1927:14). L'economista agrario A. Cajanov5 si espresse in modo ancora piu ironico. Il suo romanzo Viaggio dimio fratelloAleksejnelpaesedellutopia contadina si apre con un episodio in cui il protagonista, sfinito dalla malnutrizione e dalla propaganda, si trascina per Mosca mentre in testa risuonano le frasi di un recente comizio: «distruggendo il focolare domestico daremo il colpo finale alla borghesia»; «il nostro decreto che vieta il cibo fatto in casa allontana dalla nostra vita il gioioso ve-leno della famiglia borghese e nei secoli dei secoli rafforza il principio del socialismo»; «il comfort familiare porta a desideri di proprieta, la felicita della casalinga nasconde in sé il seme del capitalismo» (in Gluscenko 2015: 68). Secondo Cajanov l'intrusione dell'industria e del governo nella sfera domestica incarna tutto ció che é per lui inaccettabile nella rivo-luzione bolscevica. Uno dei personaggi di Olesa esprime il suo dissenso piu apertamente: Cajanov, Aleksandr (1888 - 1939). Economista agrario russo. Formulo un modello con cui spiegare la pe-culiarità dell'impresa contadina, le cui scelte produttive non sono orientate verso un'economia di mer-cato ma sono dettate da forte avversione al rischio. Per le sue idee politiche e le sue teorie economiche, durante il periodo sta-liniano venne arrestato due volte, fu confi-nato e infine fucilato (Treccani, Cajanov). Compagni! Vogliono privarvi del vostro patrimonio piu cospicuo, del vostro focolare domestico. I destrieri della rivoluzione, rumoreggian-do per le scale di servizio, calpestando i nostri bambini e i nostri gatti, demolendo i fornelli e i mattoni che ci siamo scelti, irromperanno nelle vostre cucine. Donne, e in pericolo il nostro orgoglio, la vostra gloria: il focolare! (Olesa 1927:104). 185 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria RITORNO IN CUCINA Nel 1930 fu dissolto il Zenotdel, e lo stato stalinista mise in secondo piano l'obbiettivo dello smantellamento del concetto di famiglia e dell'emanci-pazione della donna. Vi era bisogno di stabilità sociale e di un aumento del tasso di natalità, e a questo fine nel 1936 e 1944 furono emanate nuove normative che ripristinavano la famiglia come pilastro della società e ribadivano gli obblighi sociali riproduttivi delle donne (Reid 2005: 292). Le priorità di rapida industrializzazione dei primi anni Trenta erano invece in conflitto con gli investimenti che si sarebbero dovuti affrontare per uno sviluppo immediato della ristorazione collettiva, presupposto dalla lotta contro la cucina privata e dell'emancipazione della donna. Inoltre, non meno importante era l'accettazione da parte della popola-zione delle mense come sostituto della cucina casalinga. Come aveva affermato Trockij nel 1923, lo spostamento dei mezzi materiali dalla famiglia alle mense avrebbe avuto luogo solo nel caso in cui queste ultime avessero offerto servizi migliori rispetto alla cucina familiare (Trockij 1927: 52). Tuttavia, il continuo déficit e il fallimento delle cooperative nel fornire cibo obbligarono le donne a fare affidamento sulle fonti tradizionali, vale a dire il mercato contadino e gli orti, il che le confino ulteriormente all'interno della sfera domestica. Anche i successi dell'in-dustria Sovietica agevolarono questo processo: la maggior reperibilità dei materiali necessari per preparare le conserve incoraggio le donne ad aumentarne la produzione. Inoltre, si cominciavano a vedere i frutti di attività educative in relazione a norme d'igiene e alimentari. Una vera e propria rivoluzione stava avendo luogo nell'ambito dell'alimentazione dei bambini, e le madri (ma non i padri) erano incoraggiate a spendere un'enorme quantità di energia e risorse economiche nel nutrire i figli correttamente (Rothstein e Rothstein 1927: 179). 186 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution In realtà, erano le donne stesse ad opporsi maggiormente all'elimi-nazione della cucina privata, come emerge dalle pagine della rivista Rabotnica [Lavoratrice], pubblicata per la prima volta a Pietrogrado nel 1914. L'obiettivo della rivista era quello di risvegliare la coscienza rivoluzionaria delle donne, di mostrare come esse condividessero l'interesse della classe operaia, e di attirare donne lavoratrici nel movi-mento proletario. All'inizio degli anni Venti, tuttavia, la rivista cambio radicalmente il proprio orientamento: da rivista politica rivoluzionaria divento una rivista femminile. Rabotnica pubblicava articoli di Trockij e di altri sostenitori della ristorazione collettiva, ma anche le reazio-ni negative di donne lavoratrici che si rifiutavano di usufruire delle mense, non solo perché spesso costose e di scarsa qualità, ma poiché costituivano una minaccia per l'istituzione del matrimonio. Le donne erano preoccupate dal fatto che, se i compiti considerati "da moglie" fossero stati svolti collettivamente, la famiglia non avrebbe avuto più senso di esistere e nessuno avrebbe più voluto sposarsi. Con gli anni Rabotnica inizio a dedicare sempre più spazio a consigli riguardanti le faccende domestiche e la cura dei bambini. Nel 1923, fu introdotta la "Pagina della casalinga", che includeva una rubrica intitolata "Cosa e come cucinare"; nel 1926, la rivista fu definita per donne lavoratrici e casalinghe; una rubrica culinaria scritta da M. Zarina fu introdotta lo stesso anno. Rabotnica era destinata a donne lavoratrici e casalinghe, senza distinzione, percio tutte le ricette e i consigli forniti, cioè tutto cio che poteva migliorare il tenore di vita di una famiglia, avrebbero comportato un peso in più per la donna lavoratrice. Chi invocava l'emancipazione femminile e l'espansione dei servizi pubblici spesso vedeva la donna svolgere nella sfera pubblica gli stes-si ruoli dai quali in teoria avrebbero dovuto essere liberata. I lavori nelle nuove industrie dei servizi erano svolti dalle stesse donne che 187 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria la rivoluzione avrebbe dovuto emancipare da questi gravosi compiti. In questo modo, la donna continuava a essere cuoca, solo che, piuttosto che cucinare per una famiglia, adesso cucinava per le masse; piuttosto che lavare qualche piatto nella cucina sporca e insalubre di una kom-munalka, ne lavava centinaia in una mensa collettiva fatiscente; piuttosto che fare il bucato per una famiglia, lo faceva per tutto il quartiere; e tutto ció per un salario irrisorio. Spesso la sua famiglia non poteva permettersi i servizi collettivi, quindi una volta tornata a casa doveva cominciare il famigerato "secondo turno", cioe cucinare, lavare e stirare per il marito e i figli, esattamente come accadeva quando le donne non lavoravano. Non solo le donne non erano state liberate dai pesanti lavori domestici, ma, al contrario, furono costrette sempre di piu nel ruolo di madri e padrone di casa. Era diffusa l'idea che le donne, grazie alle loro caratteristiche intrinseche, portassero ordine, benessere e pulizia nella vita familiare e fossero le piu adatte alla cura dei bambini, e questi compiti erano considerati una responsabilita della donna nei confronti della nazione (Rothstein e Rothstein 1997: 179-180). Secondo O.A. Chasbulatova (2005: 126), era evidente il carattere utopico dell'idea di una sostituzione completa dell'alimentazione casalinga con la ristorazione collettiva. Per le famiglie non era affatto comodo dover uscire di casa ogni giorno piu volte al giorno solamente per mangiare. Le mense in citta servivano principalmente lavoratori, mentre in cam-pagna non si parló nemmeno di ristorazione collettiva. La ristorazione collettiva quindi non divento un'alternativa ubiquitaria alla cucina domestica, innanzitutto perché il servizio era troppo limitato, inoltre, come sottolinea Buchli (1999: 31) perché i prezzi erano troppo alti per la famiglia media. Non da ultimo, la qualita del cibo servito era molto bassa, e le famiglie non erano interessate a questo tipo di servizio. La pre-parazione del cibo a casa rimase la forma di alimentazione piu diffusa. 188 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Alla fine degli anni Trenta il discorso politico era cambiato. Mol-te donne erano già integrate nella forza lavorativa e, ciononostante, avevano mantenuto le loro responsabilità di padrone di casa e di ca-salinghe; si trattava del fenomeno del "doppio fardello". Capendo che la ristorazione collettiva non avrebbe potuto soddisfare i bisogni di tut-ta la popolazione, in un contesto in cui i concetti di igiene e valore nutrizionale avevano guadagnato un'importanza sempre maggiore, il governo contava sulle donne per garantire alle famiglie una dieta salutare. Nel 1939 venne pubblicato per la prima volta il Libro del cibo gustoso e salutare6, alla stesura del quale collaboré un notevole collettivo di studiosi. Sulla copertina del Libro vi era l'iscrizione «Dal Narcompisceprom7 alla casalinga», alla quale era prevalentemente ri-volto. Nell'introduzione dell'edizione del 1952 si legge che il compito più importante del Libro del cibo gustoso e salutare è quello di aiutare le casalinghe a cucinare per la propria famiglia cibo gustoso e salutare, «con il minore spreco di lavoro e di tempo», ricorrendo ai prodotti dell'industria alimentare (Molcanova 1952: 5). Occorre sottolineare che il Libro fu pubblicato dalla casa editrice dell'industria alimentare, il Piscepromizdat, ed era di fatto un importante mezzo pubblicitario per i prodotti alimentari industriali. Nel capitolo Verso labbondanza! si vede esplicitata la politica di base del Libro nei confronti della cucina: i nuovi prodotti quali salami e salsicce, marmellate, pel'meni surgelati e conserve industriali avrebbero permesso alla donna di risparmia-re tempo, continuando a fornire alla propria famiglia cibo di qualità. All'interno del Libro è presente una citazione di A. Mikojan, il fautore della sua pubblicazione, in cui afferma che l'utilizzo di prodotti di carne e di pesce pronti e semi-pronti, cosí come anche di verdure surgelate che implicano un lavoro minimo da parte delle casalinghe «le libera dal duro lavoro in cucina, rende la preparazione del cibo fattibile per Per un approfon-dimento, rimando a Dobrenko, Evgeny, 2009: Gastrono-miceskij kommunism: vkusnoe vs. zdorovoe. Neprikosnovennij zapas LXIV, 2; Piretto, Gian Piero, 2009: Tasty and Healthy: Soviet Happiness in One Book. Petrified Utopia: Happiness Soviet Style. Ed. Marina Balina et al. New York: Anthem Press. 79-96; Geist, Edward, 2012: Cooking Bolshevik: Anastas Mikoian and the Making of the Book about Delicious and Healthy Food. The Russian Review 71. 295-313. Narodnyj komissariat piscevoj promyslennosti (Commissariato del popolo per l'indu-stria alimentare). 189 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria tutti i lavoratori, senza una grande preparazione e con una minima perdita di tempo e di lavoro» (Molcanova 1952: 13). Lo studioso Evgeny Dobrenko sottolinea l'importanza fondamentale della pubblicazione del Libro come segno della fine dell'uto-pia rivoluzionaria: Dopo la caduta dellutopia rivoluzionaria di liberazione della donna dalla vita domestica ci fu una riabilitazione del precedente modello familiare. Al posto delle fabbriche-cucina appari il Libro del cibo gustoso e salutare: risulto che, dopo tutto, il cibo doveva essere cucinato autonomamente. Il nuovo modello sociale contamino lutopia e la realtà nella peggiore delle combinazioni possibili: dallutopia alla realtà fu portata (e rimase per decenni) la cucina comunitaria delle kommu-nalki, dalla realtà allutopia spari l'idea della liberazione della donna dalla schiavitù dei fornelli (Dobrenko 2009). Il semplice fatto di pubblicare un libro destinato alle casalinghe dimo-strava la fine dell'utopia rivoluzionaria della liberazione della donna dalle faccende domestiche come era stata immaginata fino a quel momento. Il libro non lascia dubbi riguardo al fatto che la cucina fosse sta-ta, e sarebbe continuata ad essere, esclusiva giurisdizione delle donne. "RiDUZiONE E ALLEGGERiMENTO" DEL FARDELLO Poco dopo, una volta arrivato Chruscëv al potere, era evidente che l'emancipazione femminile non si fosse ancora pienamente realizzata. Durante l'epoca staliniana, la competizione con i paesi capitalisti era avvenuta sul piano dell'industria pesante e della difesa; sotto Chruscëv, il regime sovietico avrebbe dimostrato che il socialismo aveva maggiori 190 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution capacita di migliorare la qualita della vita delle persone rispetto al capitalismo. Se la scienza socialista era riuscita a provare la sua superiorita nel cosmo con il lancio del primo Sputnik nell'ottobre del 1957, la cucina in particolare, e la condizione del lavoro femminile in generale, rimane-vano un simbolo di arretratezza e motivo di umiliazione per il sistema sovietico. In questo contesto Chruscev enfatizzo la necessita di alleg-gerire il fardello domestico delle donne e diede particolare attenzione ai "problemi femminili", che includevano il divorzio, l'aborto, la cura dei bambini e il "secondo turno" (Reid 2005: 290, 293). Il 27 gennaio 1959 fu presentato il piano settennale, che prevedeva il miglioramento dello standard di vita della popolazione e il raggiungimento e supe-ramento dei paesi capitalisti piu sviluppati in termini di produzione pro capite. Il potere sovietico aveva liberato le donne dalla posizione di semi-schiavitu in cui si ritrovava durante l'impero zarista, ma mol-te di loro erano ancora occupate nelle faccende domestiche; quindi, per creare le condizioni che avrebbero permesso alla donna di essere padrona di se stessa, secondo Chruscev avrebbe dovuto essere attua-ta un'espansione dei servizi pubblici, che ricordo essere i "germogli di comunismo", come li aveva definiti a suo tempo Lenin: germogli che si erano si sviluppati in organizzazioni comuniste di diverso tipo, ma che avrebbero dovuto essere migliorate (Chruscev 1959: 20, 54). Chruscev riprese quindi la lotta di Lenin e Kollontaj contro la cucina privata; il partito promise che la cucina domestica sarebbe diventata obsoleta a meta degli anni Settanta, quando la ristorazione collettiva sarebbe stata capace di fornire cibo gustoso e salutare a un prezzo piu basso di quello preparato in casa. Nel frattempo, la cucina domestica era da considerare un male necessario che sarebbe durato fino all'arrivo del comunismo, mentre la riduzione e l'alleggerimento del fardello costitu-ivano un obiettivo piu immediato. Da una parte, a questo fine sarebbero 191 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria stati resi disponibili utensili e dispositivi elettrici come, per esempio, il frigorifero; dall'altra Chruscëv riteneva necessario insegnare alla po-polazione a vivere osservando le regole della vita socialista e per questo riviste e libri cominciarono a fornire consigli a proposito. Gli architetti disegnarono cucine più pratiche e fornirono consigli riguardo a un loro utilizzo ottimale; l'industria alimentare e quella elettrica aumentarono la loro produzione di beni di consumo; la rivista Rabotnica introdusse una rubrica chiamata "Veloce e gustoso", nella quale erano pubblicate ricette che permettessero di ridurre il tempo speso cucinando (Hofland 2016: 63). Nel 1959 Chruscëv inoltre affermé che «la costruzione di case [stava] cambiando la vita di milioni di persone che [ricevevano] i loro nuovi, bellissimi e contemporanei appartamenti con riscaldamento centralizzato, una cucina ben fornita, un fornello a gas, lo scarico dei rifiuti, fornitura d'acqua calda, un bagno, credenze,... e altre como-dità» (cit. in Reid, 2002: 227). Per la maggior parte delle donne, che all'epoca vivevano in appartamenti comunitari, si trattava di un lusso che non osavano neanche sognare. Una casa relativamente ben fornita aveva di solito solamente l'acqua fredda, e in quanto a elettrodomestici era dotata di un ferro da stiro e un samovar elettrico. In quegli anni Chruscëv promise alle donne che la meccanizzazione le avrebbe aiutate non solo sul posto di lavoro, ma anche a casa, grazie all'aumento della produzione di elettrodomestici (ibid: 227-228). Il regime di Chruscëv tento di ristrutturare i ruoli di genere all'inter-no delle famiglie sovietiche, rivolgendosi per la prima volta anche a figli e mariti affinché contribuissero alle faccende domestiche e aiutassero ad alleggerire il fardello delle proprie madri e delle proprie mogli. Fino a quel momento, i libri di cucina erano prevalentemente indirizzati a donne, primo tra tutti il precedentemente citato Libro del cibo gustoso e salutare. Vi fu, invece, un tentativo di responsabilizzare altri membri 192 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution della famiglia in un libro dal titolo Lalimentazione degli scolari, pub-blicato nel 1959: si tratta di materiale educativo destinato a pedagoghi per aiutarli nell'organizzazione dell'alimentazione e dell'educazione alimentare nelle scuole sovietiche. Nel libro viene sottolineata l'im-portanza di insegnare ai bambini a cucinare e ad essere autosufficienti nel caso in cui la madre non riuscisse ad essere a casa in tempo per la cena; inoltre, viene enfatizzata la necessita di educare i bambini, e specialmente i maschi, ad aiutare la propria madre a cucinare, lavare i piatti e fare altre faccende domestiche. Non si trattava solamente di alleggerire il fardello delle madri, ma di preparare i bambini al lavoro e alla partecipazione alla costruzione della societa sovietica. Gli uomini della generazione precedente erano invece considerati incapaci e inadatti ai lavori in cucina, anche se giustificati dal fatto che nessuno avesse insegnato loro ad aiutare le proprie madri e mogli, come invece stava avvenendo per le nuove generazioni. Si creo un nuo-vo standard di padre di famiglia. Nel giornale Semja i skola [Famiglia e scuola] del gennaio del 1959 troviamo una lettera scritta da un ra-gazzino di nome Oleg Kurskij che cerca il significato dell'espressione "padre di famiglia"; il piccolo Oleg chiede una definizione a un vicino anziano, che gli risponde: Il vero padre di famiglia, secondo me, e colui che aiuta la propria moglie in tutto. Per esempio, va al mercato durante il fine settimana, aiuta a pulire in casa. Uscito da lavoro va a comprare ció che serve. E alla sera va al cinema o a teatro con la propria moglie. E naturalmente durante il tempo libero gioca con i bambini (in Hofland 2016:61). Possiamo quindi notare che il regime di Chruscev effettivamente inco-raggio i padri e mariti ad aiutare le donne nelle faccende domestiche 193 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria e promosse un nuovo ideale di padre di famiglia. È difficile dire fino a che punto il regime intendesse effettivamente ristrutturare i ruoli di genere, considerando il fatto che, in teoria, entro qualche anno il comunismo avrebbe distrutto del tutto ogni bisogno di cucinare a casa e quindi anche la necessito di un aiuto da parte delle donne. Con tutta probabilità l'obbiettivo era più che altro di aiutare la donna ad alleg-gerire il suo fardello, fino a quando non sarebbe stato del tutto tolto dalle sue spalle (Hofland 2016: 56-62). LA SCIENZA DOMESTICA All'inizio degli anni Sessanta, il partito sembrava aver perso il suo interesse per la ristorazione collettiva, la quale, sebbene rappresentasse la soluzione preferita da Lenin e Chruscëv per il problema dei lavori domestici, non sostitui mai il lavoro domestico svolto in casa dalle donne. I progetti abitativi della fine degli anni Cinquanta e dell'inizio degli anni Sessanta si ponevano in contraddizione con il precedente progetto di abitazioni senza cucina, e con l'idea di vita comunitaria. Il vasto progetto di edilizia abitativa avviato da Chruscëv non era basato sul modello delle case in coabitazione degli anni Venti, ma prevedeva la costruzione di piccoli appartamenti progettati per ospitare un singolo nucleo fami-liare. Le cucine private non erano state quindi rese obsolete; al contrario, ogni famiglia avrebbe avuto una cucina propria e per molte famiglie sarebbe stata la prima volta. Sebbene il progetto delle case in coabitazione fosse stato abbandonato, rimase immutata la fiducia nel fatto che uno spazio ben progettato avrebbe avuto degli effetti sul piano sociale: il fine di trasformare radicalmente la vita quotidiana dei cittadini rimase inva-riato. Trasferendosi nei nuovi appartamenti privati, i cittadini sovietici avrebbero dovuto abbandonare le abitudini del passato. Il rischio era 194 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution costituito dalla eventuale ricomparsa di una mentalità monofamiliare; per evitarlo, era necessario insegnare ai cittadini a vivere rispettando le regole della condivisione. Le persone avrebbero si guadagnato la privacy concessa da uno spazio proprio, ma tutto cio che accadeva all'interno delle case sarebbe rimasto di interesse pubblico. Venne attuata una campagna educativa mirata all'insegnamento di una nuova coscienza "scientifica" e di un nuovo modo di occuparsi della casa; si trattava sempre di "lavoro da donne", ma le faccende che fino a quel momento erano svolte senza particolari prescrizioni dovevano essere eseguite secondo regole più scientifiche. La cucina doveva rimanere al passo con gli altri punti dell'a-genda politica dell'epoca: l'industrializzazione, il progresso tecnologico, la supremazia nella guerra fredda e la transizione verso il comunismo. Tuttavia, quello delle faccende domestiche sembrava un ambito par-ticolarmente difficile da riformare, in quanto si trattava di un insieme di pratiche tramandate di generazione in generazione, che venivano imitate e ripetute senza essere messe in minimo dubbio. Per la prima volta le famiglie, comprese le coppie appena sposate, possedevano una casa privata e le donne non si trovavano più in case gestite dalle proprie madri o suocere o in case in coabitazione con altre donne dalle quali imparare come svolgere i lavori domestici. Si creo quindi uno spazio per i consigli di specialisti e professionisti finalizzati a rivoluzionare un ambito di attività di natura particolarmente tradizionale. Il ruolo della casalinga sovietica, infatti, non era lo stesso della ca-salinga nella società borghese; la donna moderna lavorava anche fuori casa, e non aveva molto tempo da dedicare alle faccende domestiche. La stampa dell'epoca indica che ci fu una campagna per ampliare e ren-dere più sistematica la formazione delle donne nella "scienza domestica" e per rendere professionalizzato, scientifico e codificato un ambito fino ad allora considerato femminile e amatoriale. 195 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria Ad esempio, per la Festa della Donna del 1960 la rivista Ogonëk [Fuo-cherello] parlo di un collegio in Lituania dove le ragazze imparavano a cucinare, a servire a tavola, a cucire, a curare un orto, a occuparsi dei bambini, l'igiene e altri aspetti della scienza domestica. Una volta tornate a casa, queste ragazze avrebbero dovuto correggere le abitudini delle proprie madri (Reid 2005: 299-300). Benché quello dei lavori domestici fosse diventato un ambito di discus-sione pubblica e l'intervento dei professionisti fosse diventato consuetudinario, le faccende domestiche non furono rivalutate come significative; al contrario, continuavano ad essere considerate una spiacevole necessità che avrebbe dovuto essere ridotta al minimo. Effettivamente, affermare il contrario avrebbe rappresentato una contraddizione dei principi mar-xisti. Venne riconfermata la visione del lavoro domestico come lavoro femminile, quando allo stesso tempo era stata eliminata l'autorità della donna e delle sue tradizioni e delegittimata la conoscenza pratica gua-dagnata con l'esperienza a favore di una conoscenza teorica elaborata da scienziati, medici e sociologi. La donna avrebbe dovuto imparare a svolgere il lavoro domestico nel modo più razionale e veloce possibile, per potere cosí godere del tempo libero con la propria famiglia, leggendo o andando al cinema. In ogni caso, era impensabile la possibilità di lasciare il lavoro fuori casa per occuparsi a tempo pieno della famiglia: il lavoro era essenziale tanto per l'economia nazionale quanto per la realizzazione personale della donna e il benessere della sua famiglia (Reid 2005: 293-303). CONCLUSIONI Il potere sovietico riteneva che nell'edificazione del comunismo tutto cio che poteva essere ricondotto al passato borghese prerivoluzionario 196 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution doveva essere eliminato attraverso una trasformazione radicale del-la vita quotidiana, che doveva coinvolgere anche il nucleo familiare e il ruolo della donna. La politica di emancipazione della donna dalla schiavitù culinaria fu teorizzata fin dai primi anni successivi alla rivo-luzione d'ottobre e rimase attuale per decenni; tuttavia, le motivazioni di fondo mutarono continuamente. Inizialmente l'obiettivo era prevalentemente quello di trasformare le donne in compagni, di liberarle dal pesante fardello delle faccende domestiche per poter permettere loro di svilupparsi intellettualmente e godere assieme alla loro controparte maschile del prossimo radioso avvenire comunista. Per compiere questa trasformazione la gestione casalinga della casa avrebbe dovuto avere un'impronta socialista, e com-piti quali cucinare, pulire e prendersi cura della prole avrebbero dovuto essere svolti collettivamente in mense, lavanderie e asili; più che puntare a ristrutturare i ruoli di genere all'interno della famiglia si puntava a eliminare l'idea di nucleo familiare fino ad allora conosciuto. Tuttavia, i servizi collettivi non si rivelarono all'altezza di un compito cosí arduo. Non furono effettuati sufficienti investimenti nel settore: le mense rimasero troppo poche, costose, sporche e di bassa qualità perché donne e famiglie fossero invogliate ad usufruire di questo servizio. Non secondariamente, le donne stesse percepirono la politica di collettivizza-zione come una minaccia per l'istituzione del matrimonio e, di conseguen-za, per quel poco di autorità che detenevano all'interno della famiglia. A scapito delle loro premesse ideologiche, le politiche di emancipa-zione femminile ebbero solamente il risultato di far gravare sulla donna un "doppio fardello": una volta terminato il lavoro fuori casa (spesso in mensa o in lavanderia), le donne dovevano occuparsi anche della casa e dei figli, continuando a dover svolgere tutti quei lavori dai quali avreb-bero dovuto essere teoricamente liberate. 197 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria Rendendosi conto dell'impossibilità di ottenere la piena colletti-vizzazione del settore alimentare in tempi brevi, il governo sovietico comincio a fare affidamento sulla donna al fine di garantire il benes-sere delle famiglie; la cucina casalinga fu considerata un male minore da sopportare in attesa dell'avvento della società comunista. Per la prima volta venne effettuato un tentativo di ristrutturare i ruoli di genere all'interno della famiglia; ai padri e ai figli venne chiesto di aiutare le proprie mogli e le proprie madri. Contemporaneamente, una rinnovata attenzione veniva dedicata alla cucina e al cucinare, senza avere pero niente a che vedere con l'emancipazione femminile. Il concetto di scientificità e igiene e di alimentazione razionale aveva assunto un'importanza sempre maggiore nel corso degli anni all'interno del programma di trasformazione del byt. Divento sempre più normale per scienziati, medici e altri esperti fornire indicazioni riguardo a come svolgere le faccende domestiche in maniera più razionale; furono pub-blicati libri, vennero inserite rubriche nelle riviste e creati corsi per alleggerire il fardello rappresentato dal lavoro domestico; fu promosso un uso più adeguato di elettrodomestici e prodotti pronti e semi-pronti per accelerare la preparazione del cibo. L'interesse per le faccende domestiche e l'intrusione da parte di esperti nella sfera domestica, benché fosse finalizzata ad aiutare le donne e a migliorare la qualità della vita dei cittadini, comporto la perdita dell'autorità femminile sull'ocag che era stata detenuta fino ad allora attraverso tradizioni secolari ed esperienza pluriennale. La moderna donna di casa sovietica doveva lavorare fuori casa e, una volta rincasata, occuparsi della famiglia e delle faccende domestiche nel minor tempo possibile per avere quindi la possibilità di svilupparsi culturalmente e partecipare attivamente alla costruzione del comunismo. Il regime richiedeva una partecipazione attiva da parte delle 198 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution donne nella battaglia per la loro stessa liberazione, ma nel tentativo finirono per essere gravate da ulteriori oneri. Per eliminare la cucina domestica, il regime richiese un ulteriore sforzo da parte delle donne all'interno della cucina stessa. In conclusione, si puo ritenere che il progetto iniziale di emancipa-zione della donna passo in secondo piano nel corso della realizzazione della nuova società comunista. Coloro che ne subirono le conseguen-ze furono le stesse donne che avrebbero dovuto essere liberate dalla "schiavitù culinaria". Come afferma Reid (2005: 314), al pari di molti altri tentativi di rendere migliore la vita dei cittadini, la razionaliz-zazione della sfera domestica puo essere vista più come un'ulteriore forma di oppressione e alienazione, che come mezzo di liberazione. $ 199 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria Bibliografia buchli, viktor, 1999: An Archaeology of Socialism. Oxford: Berg. chasbulatova, ol'ga anatol'evna, 2005: Rossijskaja gendernaja politika v XX stoletii: mify i realii. Ivanovo: Ivan. gos. un-y. chruscev, nikita sergeevic, 1959: O kontrolnyjchcifrach razvitija narodnogo chozjajstva SSSR na 1959-1965 gody. 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This article analyses the reasons behind the Soviet women emancipation policy and its outcomes. At the beginning, the Soviet party wanted to transform women into comrades, so they could enjoy the bright communist future with men. To achieve this transformation, all domestic chores should have been outsourced to the socialist society. Nonetheless, social food service and other social services weren't efficient enough to completely free women from their domestic burdens. Moreover, women were fully integrated in the Soviet workforce and were expected to do the housekeeping after having worked a full day: a phenomenon which is commonly referred to as the women's "double burden". Although emancipating women started as a primary concern within the building of the new communist society, this project gradually decreased its relevance because other, more pressing issues eventually came up, and those who suffered the most were the same women who were to be freed from the "kitchen slavery." 203 MARIA LUISA STEFANI ► L'emancipazione femminile dalla schiavitù culinaria Maria Luisa Stefani Maria Luisa Stefani is an MA student in Specialized Translation and Interpreting at the University of Trieste. Her research activity has been mainly aimed at investigating the Russian culinary culture, with a focus on the Soviet era. 204 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution 205 DOI - 10.13137/2283-5482/22874 Tradurre il sorriso, o Delle voci mancanti del cinema russo in Italia Translating the Smile: or On the Missing Voices of Russian Cinema in Italy $ ksenia efimova - efimovaxenia@gmail.com SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Il presente articolo è dedicato al genere "leggero" del cinema russo contemporaneo e si sofferma su due aspetti della traduzione audiovisiva: la resa dei socioletti e la resa dell'umorismo nella sottotitolazione. Il genere leggero del cinema russo contemporaneo è quello più sconosciuto al pubblico straniero e allo stesso tempo un ricco depositario dell'identità e della cultura russa. I film commedia di qualità colgono l'essen-za di ció che è la Russia quotidiana, e potrebbero raccontarlo al pubblico straniero meglio di ogni altro genere cinematografico. Tale aspetto viene rispecchiato dal film commedia Kokoko (20l2) della regista Avdot'ja Smirnova. Inoltre, Kokoko, con il suo mosaico di socioletti e registri, con la sua sottile e brillante ironia, è un caso esemplare di come le variazioni sociali e regionali rappresentino una parte integrante della comicità del film. TAv, CINEMA RUSSO, CULTURAL STUDIES, TRANSLATION STUDIES, HUMOR STUDIES This article is dedicated to the "light" genre of contemporary Russian cinema and focuses on two aspects of audiovisual translation: the rendering of soci-olects and of humor in subtitling. The "light" genre of contemporary Russian cinema is the most unknown aspect to the foreign audience and at the same time is a rich depository of Russian identity and culture. Comedy films of good quality capture the essence of the daily Russia and can communicate it to a foreign audience better than any other film genre. In this sense the comedy film Kokoko (2012) directed by Avdot'ja Smirnova is quintessential. Besides, Kokoko, with its mosaic of soci-olects and registers, with its subtle and brilliant irony, is an exemplary case of how social and regional varieties of language are an integral part of the film's humor. AVT, RUSSIAN CINEMA, CULTURAL STUDIES, TRANSLATION STUDIES, HUMOR STUDIES 207 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso TEORIA DELLA TRADUZIONE AUDIOVISIVA. NOZIONI FONDAMENTALI La ricerca nell'ambito della traduzione audiovisiva interessa diverse forme della traduzione per il cinema e la televisione, e tratta questio-ni specifiche che vanno dagli aspetti tecnici, quali la lunghezza delle battute o il sincronismo labiale, alla traduzione dell'umorismo, delle espressioni culturali, degli accenti e dei dialetti (cfr. soprattutto Pavesi 2005: 7). Definendo il testo audiovisivo, Pavesi (2005: 9) scrive che la traduzione dell'opera filmica presenta «un insieme di problematiche legate alla compresenza di più canali e più codici, problematiche che ne fanno un testo multimediale fortemente articolato, la cui trasposizione in una lingua diversa da quella originale richiede operazioni che tengano conto di questa pluralità di variabili e delle loro diverse intersezioni». Heiss e Bolletieri Bosinelli (1996: 14-15) affermano che la traduzione dei testi filmici e teatrali è una traduzione di più ampio respiro che coinvolge anche le componenti visive dell'opera, più nello specifico «significa infatti elaborazione complessiva di un prodotto multimediale, e non solo delle sue componenti linguistiche». In uno studio più recente (Bollettieri Bosinelli, Heiss, Soffritti et al. 2000: 14) gli autori notano che nella traduzione filmica il testo verbale viene integrato e si completa nella materia non verbale del film, per cui sembra evidente che il contesto multimediale porti ad ampliare il concetto di "testo". Le varie espressioni che fanno riferimento agli aspetti della tra-duzione materiale e intellettuale del paese di ambientazione del film subiscono spesso nella traduzione una desemantizzazione e vengono sostituite con espressioni di più immediata comprensione, poiché il fluire incessante delle scene non sopporta un'alta densità di forestierismi 208 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution culturali, né permette di elaborare spiegazioni o rimandi. Tuttavia, la tendenza di fornire un testo che sia facilmente comprensibile per il pubblico di arrivo porta a un livellamento rispetto ai significati e alle variazioni del testo di partenza, nota Pavesi (2005: 23-25). Christopher Taylor (in Bollettieri Bosinelli, Heiss et al. 2009: 19) sottolinea l'impor-tanza della sfida di permettere al film straniero di restare tale e di ren-dere accessibile al pubblico d'arrivo anche le differenze culturali più marcate. Lo studioso mette in guardia contro l'eccessiva "localizzazio-ne" dell'atteggiamento traduttivo e contesta la supposizione che l'adat-tamento dei dialoghi debba a tutti i costi avvicinare il film alla cultura d'arrivo, piuttosto che portare lo spettatore a comprendere la cultura di partenza. Inoltre, nota Taylor, la parola sotto forma di sottotitoli consente di esplicitare punti che nella versione doppiata potrebbero rimanere oscuri. La natura della sottotitolazione è complessa e sfaccettata. La dimen-sione traduttiva rappresenta solamente un aspetto che caratterizza il processo di formazione dei sottotitoli: bisogna adattare i dialoghi del film ai restrittivi vincoli spazio-temporali propri dei sottotitoli, e convertirli dal testo presentato in forma orale al testo presentato in forma scritta. Lo studioso olandese Henrik Gottlieb (1994: 106) definisce la sottotitolazione una traduzione "diagonale", e nota che le opere audiovisive sono caratterizzate da una compresenza di più canali semiotici condi-zionati dalla cultura di partenza, tra i quali l'unica componente modi-ficabile durante il processo traduttivo è il testo verbale. Secondo questi (1994b: 106), la qualità dei sottotitoli si manifesta nella capacità della versione sottotitolata di trasmettere l'integrità semantica dell'originale. Candace Whiteman-Linsen scrive cosi sulla traduzione filmica (1992: 103): «La traduzione va scolpita e cesellata affinché aderisca 209 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso in modo convincente all'immagine visuale e stimoli al contempo l'im-pressione di autenticita. Pertanto, richiede acrobazie complesse sul contenuto semantico [...], e deve costantemente arrendersi a banali costrizioni imposte dal mezzo stesso» (Perego, 2005: 40). Osservando le modalita di condensazione del discorso nei film, Blini e Matte Bon (1996: 319-326) sottolineano che, se applicate in maniera formale, potrebbero portare ad un impoverimento del testo. Ad esempio, viene eliminato molto spesso qualsiasi tipo di ridondanza, anche in casi in cui la ripetizione svolge una precisa funzione comunicativa, come quella di esprimere l'incertezza o il disagio. Gli autori (1996: 327-328) mettono in guardia contro la tendenza di effettuare la riduzione testuale procedendo frase per frase, senza considerare come unita di misura il macrosenso del testo nella sua integrita. Si pensi ai segmenti di testo dove la concentrazione di informazioni é molto alta, e il traduttore si trova quindi costretto ad omettere elementi importanti. Considerare il testo nel suo insieme potrebbe permettere di reinserire gli elementi omessi in altri punti, anticipandone o ritardandone la presentazione. Le strategie di riduzione non devono essere basate sull'omissione di parole o frasi. Gli autori suggeriscono di effettuare le strategie di riduzione riproponendo globalmente il senso del testo originale. Una delle operazioni che caratterizzano in modo specifico il proces-so di formazione dei sottotitoli é la conversione dal canale orale a quello scritto. Il traduttore/adattatore dovrebbe essere in grado di riprodurre una lingua che, pur non definibile propriamente come trascrizione del parlato, ne conservi tratti sufficienti cosi da poter essere associata alle immagini senza distorsioni di sorta. Sebbene alcune caratteristiche sociali dei personaggi siano veicolate dalle immagini (come l'aspetto fisico, la mimica facciale, la gestualita), vi possono essere casi in cui essa venga veicolata soltanto o soprattutto 210 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution dalla lingua. Le differenze nazionali o regionali dei parlanti, personaggi inseriti in contesti in cui gli elementi visuali non consentono di notare differenze sociali riconoscibili invece nella lingua usata, fanno della resa della variazione sociolinguistica una delle sfide piu grandi della sottotitolazione. Alcuni problemi traduttivi, se non sono quasi impossibili da risolvere, richiedono una grandissima inventiva, come ad esempio nei casi di assenza di categorie linguistico-culturali corri-spondenti nella lingua di arrivo, notano gli autori (1996: 329). Come nota Petillo (2012: 123-124), una delle maggiori sfide che il sot-totitolatore deve affrontare riguarda la difficolta di trasporre nella traduzione la sfera paralinguistica, i tratti prosodici, le inflessioni dialettali, le intonazioni e tutto ció che riguarda le informazioni di carat-tere emotivo. Alcuni studiosi (cfr. soprattutto Blini, Matte Bon: 1996; Pavesi: 2002) hanno messo in evidenza che questi aspetti del parlato sono generalmente eliminati durante la trasposizione diamesica, sot-tolineando che questa eliminazione indebolisce la forza comunicativa del testo tradotto. Il sottotitolatore dunque deve avere l'ingegnosita di trasmettere nella versione sottotitolata significati veicolati dal tono della voce e dal registro linguistico, di riproporre il dinamismo e l'effi-cacia comunicativa del dialogo di partenza e di preservarne il contenuto (Perego 2005: 78). DIALETTI, SOCIOLETTI E L'UMORISMO NELLA TRADUZIONE AUDIOVISIVA Il settore del doppiaggio e della sottotitolazione puó offrire agli studi sulla traduzione dei dialetti stimolanti piste di ricerca. In relazione alla sottotitolazione del film Mio cognato M. Petillo nota (2012: 134-135) che dall'analisi dei sottotitoli in inglese emerge l'impossibilita di distinguere 211 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso con la stessa chiarezza e immediatezza dell'originale i diversi piani linguistici del testo fonte (un perfetto italiano standard e il dialetto barese che si intrecciano di continuo). La sottotitolazione inglese del film presenta una lingua non marcata da un punto di vista sociolin-guistico, caratterizzata dall'assenza di colorazioni dialettali o regionali che provoca l'appiattimento della caratterizzazione psicologica dei personaggi e la banalizzazione dei dialoghi. L'ulteriore questione che la traduzione audiovisiva del film deve affrontare é la resa di un linguaggio improntato all'oralita, ricco di espressioni colloquiali e con tratti morfosintattici marcati. La stu-diosa (2012: 136) puntualizza che se nel doppiaggio é possibile sostituire la spontaneita linguistica del parlato dei dialoghi originali attingendo al repertorio di formule tipiche del registro orale della lingua d'arrivo, nel caso di sottotitolazione si pongono ulteriori complicazioni. Un altro strumento importante nella caratterizzazione dei per-sonaggi é l'uso del socioletto: il socioletto ha funzione di delineare il profilo sociale dei personaggi, fornire una rappresentazione di cer-te dinamiche interpersonali, dimostrare l'inclusione o l'esclusione di un personaggio rispetto a un determinato gruppo. Molto spesso, tuttavia, la variazione sociolinguistica viene notevolmente ridotta nella traduzione, con un rischio di perdere elementi importanti non solo da un punto di vista strettamente linguistico, ma indispensabili anche «per una piena comprensione delle dinamiche piu sottili nascoste nelle pieghe della trama cinematografica», sottolinea Petillo (2012: 129-131). Della questione su come riesca a varcare i confini il cinema italiano, spesso molto ricco di regionalismi, espressioni dialettali e tic linguistici legati ad aree geografiche ben delimitate, si occupano Christine Heiss e Lisa Leporati (2000: 43-44). Analizzando due film di Pupi Avati, caratterizzati da regionalismi emiliani, e confrontando i dialoghi 212 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution originali con la versione doppiata in tedesco, le studiose notano che, poiché il regioletto nel cinema funziona anche come strategia di ri-produzione di un parlato spontaneo e autentico, non si tratta, dunque, tanto di tradurre il regioletto, quanto di riprodurre l'autenticita del parlato nella lingua di arrivo. Giocando su elementi morfosintattici e lessicali é possibile creare coerenti profili diastratici nel linguaggio dei personaggi. Laura Salmon (in Bollettieri Bosinelli et al. 2000: 16-17) affronta un altro problema di cosiddetta "intraducibilita", quello dell'accento e dell'idioletto legato a fattori etnici. La studiosa fa particolare riferi-mento all'etnoletto russo-ebraico, fonte di comicita russa che non trova equivalenti nella cultura italiana. Attraverso l'esempio dell'artista Moni Ovadia, che ha introdotto nei suoi spettacoli in italiano l'accento etnico russo-ebraico creandolo dal nulla e ottenendo un grande successo, Salmon dimostra che ció che non c'é si puo inventare. Lo conferma anche una brillante traduzione in russo della commedia francese Bienvenue chez les Ch'tis (in russo Bobro pozalovat'). Salmon sottolinea l'importan-za dell'inventiva e della creativita nella traduzione degli ingredienti linguistici comici "intraducibili", e osserva che tanta filmografia russa considerata intraducibile per la presunta non trasferibilita degli elementi comici legati a specifici etnoletti, potrebbe essere resa accessibile al pubblico italiano seguendo l'esempio di Moni Ovadia. Come é stato notato da M. Fanchi (2002), il cinema é una sorta di depositario dell'identita e della cultura di un paese, é una "finestra" nella cultura e nella vita dell'"altro", dove lo spettatore straniero puo affac-ciarsi con l'aiuto della traduzione. Salmon (1996: 251-262) si chiede se lo spettatore guardando un film straniero davvero veda la stessa cosa, e in particolare, se sia legittimo pensare che doppiando la componente linguistica di un testo filmico, si sia "tradotto" il film, e quale ruolo 213 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso abbia la componente iconica rispetto ai problemi di traducibilita. La stessa immagine, infatti, puo evocare associazioni diverse, avere ruoli connotativi diversi nelle culture diverse. Un esempio concreto si trova nel film Beloe sonlce pustyni (Il bianco sole del deserto): sul Caspio, siede a tavolo il povero e stanco custode di una stazione doganale; la moglie gli offre la solita scodella di legno con dentro del caviale nero. Il custode prende un cucchiaio e comincia a mangiare, brontolando perché non puo avere neppure un boccone di pane. Dun-que, nota Salmon, il caviale, in generale segno univoco di benessere e raffinatezza, puo essere contestualizzato anche in altro modo. Con questo esempio la studiosa sottolinea che quando si parla di traduzione di un film, non é sufficiente parlare di traduzione della sua componente linguistica. Non si puo considerare la lingua il solo codice "mutante" di un messaggio filmico, partendo dall'assunto che il codice iconico sia "universale". L'ipotesi di monovalenza del messaggio iconico potrebbe funzionare - e non perfettamente - solo nel caso di culture omologhe o omologate da un processo di mitiz-zazione comune. I film russi, come dimostra Salmon sull'esempio del film Taxi Blues di Pavel Lungin (1996: 251-262) sono particolarmente "a rischio" dal punto di vista comunicativo: troppi sono i segni che il pubblico stra-niero non riesce puntualmente a cogliere né tantomeno ad associare ad alcun significato, specie al significato associato a quegli stessi segni dall'autore dell'opera. Il caso del cinema russo dimostra che non si puo astrarre un singolo testo dal macrotesto di un'intera cultura e da quello di un preciso artista. In un'intervista a Salmon (1996: 263-270) Lungin ha condiviso alcune considerazioni riguardo alla traducibilita del cinema russo: 214 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution L.S. - E giusto che la cultura russa abbia un'influenza fortissima sulla comprensione del messaggio e che risultino intraducibili non tanto le parole, quanto le situazioni? P.L. - Si, ci sono situazioni davvero intraducibili. Facendo film sulla realtá russa, ho compreso che questa realtá non e affatto mitologizzata, mentre lo e perfettamente quella americana. In Russia mancano riferi-menti fabulistici, ci sono solo riferimenti stilistici e tecnici. u P.L. - [...] Io cerco di mostrare la nuova Russia, voglio mostrarne tutte le contraddizioni e i paradossi. La cosa difficile e fare un film su quello che succede oggi, su cui nessuno ha ancora capito niente. Ho voluto mostrare come, anche nelle condizioni di "cattiveria" del mondo russo, lá sia pieno di "umanitá'": posso anche spararti, ma ti so voler bene e mi aspetto altrettanto da te. Ecco perché uno straniero non puo comprendere perché siano tutti cosi buoni e cosí spaventosi. L.S. - E ce un modo per riuscire a entrare in questo mondo per chi non lo conosca? P.L. - Direi l'ironia, saper vedere l'ironia che ce in abbondanza nei miei film e nella vita russa. L'ironia infatti abbonda nel genere leggero del cinema russo contemporáneo, il genere meno conosciuto in Occidente, e ironicamente, il genere piu traducibile. IL CINEMA RUSSO CONTEMPORANEO E LO SCONOSCIUTO CINEMA RUSSO "LEGGERO": TENDENZE E SFIDE Il cinema é un'arte che é in grado di rispecchiare nella maniera piu as-soluta l'autoconsapevolezza culturale e l'essenza psicologica del proprio 215 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso tempo, scrive N. Gaseva (2016: 69). L'arte cinematografica costituisce la modalita di espressione artistica piu rappresentativa della cultura e della vita contemporanea di un paese. Analizzando diversi film russi contemporanei, la studiosa (2012: 91-93) osserva che al centro dell'at-tenzione del cinema d'autore contemporaneo si trova spesso il problema della spaccatura interna di ció che viene chiamato russkij mir, ovvero il mondo russo. La studiosa riscontra inoltre (2016: 76-77) una cospi-cua presenza della componente intertestuale (ad es. Izobrazaja zertvu (Interpretando la vittima) di K. Serebrennikov, Kislorod (Ossigeno) di I. Vyrypaev). In molti film si nota la componente microstorica (ad es. Kraj (Estremita) di A. Ucitel' e Zila-byla odna baba (C'era una volta una donna) di S. Smirnov. Questi film raccontano le storie, uniche e tragi-che, di persone concrete e della lotta disperata del "piccolo uomo" per la propria felicita. Il cinema funge da testimone della propria epoca di fronte allo spettatore, raccogliendo e proiettando sullo schermo le sensazioni e i momenti inconsapevoli, perché questi sono gli indizi piu importanti per la ricostruzione della storia, nota Gaseva (2016: 78). Da molti viene notato che il cosiddetto cinema "nazionale", nel tentativo di varcare i confini del paese dove é stato prodotto, incontra le barriere che hanno a che fare piuttosto con la cultura che con la lingua. Il critico cinematografico Godfrey Cheshire nota che ci sono dei film russi di grande qualita e di grande valore artistico che sono peró "troppo russi" per essere compresi all'estero. Le prospettive del cinema russo nelle sale all'estero sono rassicuranti solo per i film appartenenti alla categoria di art-house, nota Cheshire, mentre per il cinema leggero, anche se di qualita, varcare i confini é molto piu difficile, essendo questa "nicchia" occupata dal cinema leggero americano. Alcuni studiosi del cinema rilevano una tendenza paradossale: l'uni-co modo in cui un film russo puó entrare sul mercato cinematografico 216 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution mondiale è quello di avvalersi di un'etichetta di "esotico" e "nazionale". Allo stesso tempo molti film europei difficilmente ci riescono proprio perché troppo spesso sono caratterizzati dall'umorismo o dalle proble-matiche specifiche di carattere nazionale e difficilmente comprensibili all'estero. Nell'ultimo decennio numerosi film russi hanno conquistato premi ai prestigiosi festival cinematografici internazionali, ma è interessante e importante notare che tra questi film manca quasi del tutto il genere leggero. Il cinema russo leggero di qualità è ancora meno co-nosciuto dal pubblico straniero rispetto al cinema d'autore o l'art-hou-se russo. Uno dei numerosi motivi per cui un buon film commerciale russo non trova il proprio spettatore all'estero potrebbe essere legato alle peculiarità della distribuzione del cinema russo all'estero, in par-ticolare in Europa. Nel 2007 ha avuto luogo una discussione proprio sulla "convertibili-tà" del cinema russo in cui hanno partecipato i grandi distributori russi Raisa Fomina e Sam Klebanov, selezionatore per la Mostra Internazio-nale d'arte cinematografica di Venezia Alëna Sumakova, il presidente di FIPRESCI (fino al 2010, adesso un presidente onorario) e uno dei più grandi critici cinematografici russi Andrej Plachov, nonché alcuni registi, produttori e critici cinematografici importanti. Secondo Sumakova, il cinema russo da un punto di vista occidentale rimane un cinema aristocratico, ad eccezione di pochi film, tra cui Vozvrascenie. Il più grande problema della "convertibilità" del cinema russo è che viene visto soprattutto ai festival; una volta proiettati, i film russi spariscono. Tra i numerosi motivi per cui i film russi di qualità non sono presenti nella distribuzione cinematografica europea va notata soprattutto l'assenza in Russia di un meccanismo che agevoli e sostenga i distributori cinematografici stranieri, che aiuti a promuovere il cinema russo all'estero e di formare una richiesta nei confronti del cinema russo. 217 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso Un'altra osservazione sulla "convertibilità" del cinema russo riguar-da l'assenza nell'immaginario occidentale di alcuni generi del cinema russo, ovvero della commedia, dei film azione e dei thriller. Secondo Plachov, le commedie di qualità come Svobodnoe plavanie di Chleb-nikov (2006) e Prostye vešči di Popogrebskij (2007) potrebbero mostrare agli spettatori occidentali in maniera più concreta la vita nella Russia contemporanea, essendo la commedia il genere in cui permea di più la realtà semplice e quotidiana, quella vera, quella che vogliono vedere gli spettatori occidentali. Il genere leggero, meglio di qualsiasi altro genere cinematografico, permetterebbe allo spettatore straniero di capire la vita nella Russia contemporanea, capire cosa "respira" la società. Avdot'ja Smirnova, la regista del film Kokoko, racconta che inizialmente il film doveva es-sere più crudo, più drammatico, ma dopo si è optato per un genere più leggero: «si puo raccontare la stessa storia in maniere completamente diverse, suscitando reazioni altrettanto diverse. Sono stanca di questa serietà bestiale del cinema russo e non voglio far parte di questa ten-denza. Per questo in Kokoko si è preferito affrontare il tema, per nulla leggero, della reciproca incomprensione tra i diversi strati sociali, sia dal punto di vista esistenziale, sia dal punto di vista linguistico, con leggerezza e con il sorriso». LA DIMENSIONE CULTURALE DEL FILM KOKOKO La commedia Kokoko di Avdot'ja Smirnova è uscita nel 2012, conquistando il pubblico del Festival cinematografico russo più importante, Kinotavr, e facendo vincere il Premio per la migliore attrice protagonista alle attrici Anna Michalkova e Jana Trojanova. Commedie di qualità come Kokoko sono un fenomeno abbastanza recente nel cinema russo 218 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution del periodo post-sovietico. Bisogna notare che nel programma della XXIII edizione di Kinotavr oltre a Kokoko sono uscite solo tre commedie: Belyj mavr, ili intimye istorii o moich sosedjach (Il moro bianco, o le storie intime sui miei vicini) di Dmitrij Fiks, Rasskazy (I racconti) di Michail Segal, Poka noc ne razlucit (Finché la notte non separi) di Boris Chleb-nikov. I film drammatici proiettati nella stessa edizione sono stati molto più numerosi, per esattezza undici. La regista Avdot'ja Smirnova è una delle protagoniste più importanti del cinema leggero di oggi. Kokoko puo essere attribuito al sottogenere cinematografico buddy movie, eseguito da Smirnova con piacevole argu-zia, scrive Ol'ga Sakina. Denis Korsakov, un giornalista culturale di una nota rivista russa, nota che Kokoko è «un film che sarà sicuramente riguardato e continuerà a essere amato. Le scene e i dialoghi di questo film compaiono nella memoria all'improvviso, fanno sorridere mentre si cammina per strada. Assomiglia ai racconti di Teffi e, allo stesso tempo, alle buone commedie sovietiche degli anni '70-'80». Kokoko è il terzo film di Avdot'ja Smirnova. In tutti i suoi film la regista racconta le storie della vita nella Russia contemporanea, trasfor-mando con grande gusto gli stereotipi e i cliché in una tecnica creativa nuova e originale. Il film è ambientato a San Pietroburgo e racconta una storia d'a-micizia femminile che finisce con un tentato omicidio. Le protagoniste principali sono due donne sui 35 anni. Liza (interpretata da Anna Michalkova) è di San Pietroburgo, figlia di genitori di grande cultura, lavora in un museo, è molto delicata, dalle maniere raffinate, rappre-senta il cliché del tipico pietroburghese. Vika (interpretata da Jana Trojanova) è di Ekaterinburg, della regione degli Urali, è attraente ma completamente priva di tatto, di gusto e di buone maniere, ancora un cliché. Le due donne si incontrano sul treno Mosca - San Pietroburgo 219 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso dove entrambe vengono derubate. Molto presto diventano amiche, pero con il passare del tempo le relazioni si complicano a causa della loro incompatibilità culturale. Spalancando la porta della cuccetta, Vika irrompe nella solitudine di Liza. Il conflitto in Kokoko nasce non solo dal drastico contrasto dei caratteri delle protagoniste, ma anche da due stili diversi di recitazione delle attrici. Trojanova rappresenta la poetica brutale e ribelle degli anni Duemila e il "nuovo naturalismo", Michalkova invece rappresenta il cinema dell'intelligencija, il cinema "del papà". Lo scontro tra il passato e il presente appare in Kokoko a tutti i livelli: a livello della trama, in cui il cosiddetto "popolo" sta al passo coi tempi, mentre la co-siddetta "intelligencija" (la distinzione tra le due categorie apparirebbe ormai obsoleta, tuttavia è rimasta tra i riferimenti esistenziali della cultura russa), continua a vivere nel passato; a livello intertestuale, tra le tradizioni cinematografiche pietroburghesi del periodo sovietico e tra il "nuovo drammatico"; a livello linguistico. In Kokoko infatti si puo osservare un esilarante contrasto linguistico tra i personaggi. Lo stesso nome del film, il qui pro quo per eccellenza, rimanda al conflitto culturale tra Vika e Liza, ovvero tra le cosiddette "due Russie": Vika, parlando dello stile rococo, dice sempre "kokoko" (che in russo è il verso della gallina). Kokoko non è una mera barzelletta sulle eterne incomprensioni tra i diversi strati sociali, ma si presenta anche come un bellissimo film sull'amicizia femminile riuscito grazie al carisma e al talento delle due attrici protagoniste. Trojanova, raccontando in un'intervista del suo esordio nel genere leggero con il film Kokoko e del suo inimitabile accento uraliano che è stato il perno della comicità del film, ha notato di aver lasciato all'e-poca gli studi all'Accademia teatrale di Ekaterinburg dopo il primo 220 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution anno. Se avesse voluto rimanere, avrebbe dovuto "correggere" la sua inflessione dialettale, mentre lei voleva invece preservarla: «la mia pronuncia uraliana è la mia identità e il mio cavallo di battaglia, e ne vado fiera. Non mi vergogno di essere "provinciale", non voglio livellarmi, ho lasciato l'Accademia teatrale per rimanere me stessa, e sono me stessa in ogni mio ruolo», nota l'attrice. Trojanova ha ricevuto due premi per la miglior attrice al festival Kinotavr, il che accade molto raramente. Il primo premio le è stato asse-gnato nel 2009 per il ruolo nel film drammatico Volcok di Vasilij Sigarev, l'altro premio nel 2012 pel il ruolo in Kokoko. Trojanova ha sottolineato di essere un'attrice del cinema d'autore e di essere per lo più un'attrice drammatica, e cosi ha spiegato il perché abbia fatto un'eccezione per la commedia Kokoko: «non recito per principio nel cinema commerciale. Ho fatto un'eccezione per Kokoko perché è un film commerciale solo nel senso che il pubblico a cui si rivolge è un pubblico molto vasto, non è lo stesso pubblico che potrebbe apprezzare ad esempio Volcok. Kokoko ha una serie di caratteristiche che lo distinguono dal cinema commerciale comune, soprattutto in termini di valore artistico. Defi-nirei Kokoko un film commerciale d'autore». L'altra attrice protagonista di Kokoko è Anna Michalkova, figlia del noto regista russo Nikita Michalkov. Anna Michalkova ha esordito con una parte nel documentario Anna. Dai 6 ai 18 diretto da suo padre. Michalkova è nata nel 1974, si è laureata presso VGIK, l'Istituto stata-le pan-russo di cinematografia, un prestigioso istituto specializzato nell'ambito dell'insegnamento nel campo della cinematografia fondato nel 1919. Nel 2006 l'attrice ha recitato nel film Izobrazaja zertvu di Ki-rill Serebrennikov che ha vinto il Premio al miglior film della XVII edizione di Kinotavr e della I edizione del Festival cinematografico internazionale Festa del Cinema di Roma. 221 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso Prima di interpretare Liza in Kokoko, Michalkova aveva già lavora-to con Avdot'ja Smirnova nel film Svjaz' (Legame)nel 2006 e nel film Peterburg. Tol'ko po ljubvi (Pietroburgo. Solo per amore) del 2016 che ha aperto la XVII edizione di Kinotavr. Il film è composto da sette novelle, sette storie diverse, ognuna delle quali ha attori e registi propri, o, più esattamente, registe. Due novelle del film, Vygul sobak (A spasso con il cane) e Devocki (Ragazze), sono opere di Avdot'ja Smirnova e Anna Parmas (coautrice di Kokoko e, dal 2015, autrice dei videoclip della band ska punk russa Leningrad) corrispettivamente. La protagonista di Vygul sobak interpretata da Michalkova lavora in un museo, come la protagonista di Michalkova in Kokoko. La novella Devocki è completamente autobiografica, e come ha sotto-lineato Parmas, ha un'intonazione conciliante, come il famoso videoclip VPitere - pit' (A Pietroburgo - bere) dei Leningrad, come Kokoko. Come ha sagacemente notato lo scrittore e sceneggiatore russo Aleksandr Timofeevskij, la vita russa fa cerchi intorno alla stessa cosa, toglie tutte le apparenti contrarietà, «oscilla, comincia e finisce nella nebbia mat-tutina, e cosi per l'eternità». LA LINGUA DEL FILM. "DUE RUSSIE" E DUE LINGUE RUSSE IN KOKOKO Il tema preferito della regista Avdot'ja Smirnova è l'amore tra due persone che parlano "lingue diverse", ovvero la comunicazione fallita tra strati sociali diversi in Russia. La regista spiega che il punto d'interesse di Kokoko risiede nelle sottigliezze profonde della psicologia umana. Lo scontro tra l'intelligencija e il cosiddetto popolo in Kokoko è piutto-sto il mezzo attraverso il quale la regista studia «[...] il dialogo tra due donne molto diverse e la perdita di lingua comune in Russia»: 222 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution L'idea principale del film non è quella di dimostrare l'opposizione tra due diversi strati sociali, ma attirare lattenzione nei confronti del problema della perdita di lingua comune nel nostro paese. Ho cercato di portare sullo schermo ció che viene spesso chiamato "due Russie". Mi sembra che oggi nella nostra lingua avvenga qualcosa di molto interessante, ed è di questo che parla Kokoko. Noi russofoni molto spesso non siamo in grado di comprenderá perché capiamo e usiamo le stesse parole ognu-no a modo suo. All'interno della stessa lingua, all'interno dello stesso paese, facciamo fatica a comunicare tra di noi. La protagonista di Kokoko, interpretata da Michalkova, lavora in Kunstkamera, e non è una scelta casuale. Secondo la regista, il mondo dei musei "dissanguato", come lei lo definisce, trasmette meglio di ogni al-tra cosa la quintessenza del mondo dell'intelligencija. La regista spiega cosi la scelta di Kunstkamera: «Conosco bene e amo il mondo dei musei, e ho sempre voluto filmare Kunstkamera, mi piace anche la metafora che rappresenta. Kunstkamera in Kokoko ha un significato particolare: questo museo opera anche come centro di ricerca, e il personaggio di Michalkova, Liza, studia la nuova amica, Vika, il personaggio di Trojanova, come una specie sconosciuta. L'amicizia di Vika e Liza è una metafora che esprime il punto di vista della regista su certe peculiarità della società russa, soprattutto su quel conflitto che viene definito il conflitto tra "due Russie". Non a caso la trama di Kokoko ha un finale aperto: Smirnova non vuole proporre una soluzione del problema delle "due Russie", passa dal realismo quasi al grottesco negli ultimi cinque minuti del film, e crea un finale esilarante che si sviluppa alla stazione di polizia dove tutto è iniziato. Vika si ritrova in un ambiente estraneo da un punto di vista culturale, quello dell'intelligencija pietroburghese. La sua estraneità sociale 223 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso e culturale, la sua "non appartenenza", si esprime sul piano linguisti-co attraverso l'uso di un socioletto diverso, marcato anche in diatopia. Le svolte più decisive della trama della commedia sono legate proprio alle differenze culturali tra i personaggi, veicolate quasi esclusivamente attraverso la lingua, ovvero attraverso l'impiego di socioletti diversi. Sebbene non si tratti di un parlato fortemente marcato diatopicamente (come lo sono ad esempio veri e propri dialetti), la resa in italiano richiede una particolare attenzione, poiché i due socioletti presenti nel film sono fortemente connotati culturalmente. Ma se il loro effetto sullo spettatore russo è immediato, allo spettatore straniero medio non saranno chiare le profonde differenze culturali tra le due protagoniste né, di conseguen-za, il conflitto che scaturisce dalla coesistenza delle cosiddette "due Russie". È indispensabile fornire al pubblico straniero gli strumenti necessari per poter risalire alle informazioni legate al contesto sociale e culturale in modo da poter capire appieno l'andamento della trama. Dunque, perché il film produca lo stesso effetto sullo spettatore straniero, è di essenziale importanza riuscire a ricreare nella traduzione quell'effetto che produce l'alternanza di due socioletti nei dialoghi originali. La cultura del parlante e la sua appartenenza sociale si percepiscono in russo più immediatamente rispetto a quanto si percepiscano in italiano. In russo questi tratti sono veicolati quasi esclusivamente attraverso la variazione in diastratia, ovvero attraverso il socioletto. Inoltre, una grandissima importanza è rivestita dall'intonazione del parlante e da certi segni quasi impercepibili che tuttavia rivelano subito se il parlante è colto oppure no. Il modo in cui si pronunciano i vocaboli standard è altrettanto caratterizzante quanto le scelte lessicali, se addirittura non di più. Nel tentativo di sistemare le variazioni della lingua russa, la mag-gior parte degli studiosi individua i seguenti sottosistemi della lingua russa: lingua letteraria, dialetti territoriali, linguaggio popolare delle 224 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution città, gerghi professionali e sociali. Zanadvorova et al. (2003: 33-34) notano come questo schéma rispecchi la situazione della differen-ziazione sociale e territoriale della lingua russa solo in grandi linee, mentre la situazione attuale appare più complessa. La lingua letteraria ha due varietà, quella scritta e quella parlata. I dialetti territoriali sotto l'influenza della lingua letteraria non esistono quasi da nessuna parte nella loro forma originale e inalterata: oggi sono piuttosto una fusione di lingua letteraria, di tratti dialettali e del linguaggio popolare. I gerghi non hanno più una base sociale, ma sono piuttosto un linguaggio professionale trascurato (professional'noe prostorecie). Infine, lo status sociale del linguaggio colloquiale medio-basso (prostorecie) e la sua fisionomia linguistica oggi sono molto eterogenei. Nelle grandi città degli Urali, nota lo studioso della culturologia Dmitrij Suvorov, la pronuncia e il lessico dialettale vengono man mano sfumati. La pronuncia uraliana diventa sempre meno marcata, almeno nelle città grandi e tra la popolazione giovane. Questa è una tendenza generale che riguarda anche altre pronunce. La pronuncia classica moscovita, ad esempio, diventa sempre meno marcata e sta perdendo le sue caratteristiche di una volta. Il russo standard letterario, a sua volta, non è isolato dalle varietà diatopiche della lingua russa. Come nota T. Kogotkova (1970: 126), la lingua letteraria e standardizzata, nel suo movimento dal centro verso la periferia, subisce sempre un influsso dialettale. Si formano in tal modo le varianti regionali della lingua letteraria, caratterizzate da un avvicinamento di alcuni tratti standard con alcuni tratti delle varietà regionali di un determinato territorio. Le studiose O. Kryzanovskaja e T. Matveeva hanno condotto una ricerca che analizza il parlato degli studenti di un istituto teatrale a Ekaterinburg con lo scopo di identificare i regionalismi fonetici più 225 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso caratteristici della variazione standard letteraria degli Urali. La fisionomía della varietà standard letteraria regionale uraliana è caratterizzata da particolari tratti del vocalismo e dalle deviazioni ritmo-melodiche dalla norma standard letteraria. I fenomeni fonetici regionali legati alla riduzione delle vocali atone si collocano a metà tra la pronuncia standard e quella dialettale. La dif-ferenza principale tra vocali atone e toniche russe è la loro lunghezza. La differenza di lunghezza tra le vocali della prima e della seconda sillaba pretonica nella pronuncia uraliana è quasi inesistente, mentre la pronuncia standard vuole che la vocale della prima sillaba pretonica sia due volte più lunga di quella della seconda sillaba pretonica. La riduzione delle vocali nello standard letterario regionale uraliano risulta più debole rispetto alla norma, e di conseguenza anche l'intonazione frasale è abbastanza diversa dai modelli standard. Un altro tratto regionale, ancora più tipico, è l'allungamento delle vocali che vengono dopo la vocale tonica. La vocale atona nella fine della parola nella pronuncia uraliana spesso ha la stessa lunghezza di quella tonica. La tendenza fonetica standard prevede che i fonemi collocati verso la fine della parola debbano essere più lunghi e meno intensi; il fenomeno uraliano soddisfa solo la prima parte di questo criterio, per di più esagerandolo. L'intensità delle vocali atone nello standard letterario uraliano si avvicina a quella delle vocali toniche. A causa di questo fenomeno le parole diventano monotone, non è più chiaro dove cade l'accento, e lo schema ritmomelodico delle parole risulta diverso da quello standard. Cio coinvolge anche il livello del sintagma: l'intonazione della frase risulta meno dinamica, l'accento sintagmatico viene sfumato, la frase sembra monotona e pesante. Come notano Kryzanovskaja e Matveeva (1988: 55-59), è indispensa-bile per un attore saper parlare la lingua standard e distinguerla dalla 226 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution variante regionale comunemente utilizzata. L'incapacita di parlare 10 standard lo porterebbe a «deformare l'integrita del personaggio che sta interpretando e gli impedirebbe di usare gli accenti regionali come una tecnica artistica in maniera consapevole e differenziata». In Kokoko proprio l'accento uraliano di Trojanova garantisce l'integrita del suo personaggio. IL SOCIOLETTO E L'lRONIA DI KOKOKO NELLA SOTTOTITOLAZIONE IN ITALIANO 11 distacco culturale tra le protagoniste di Kokoko si manifesta sia a li-vello linguistico sia a livello paralinguistico. L'accento, la pronuncia dei fonemi standard, l'intonazione e il registro sono le caratteristiche piu vivaci delle protagoniste. Dal momento che l'impiego di un qual-siasi dialetto italiano sarebbe in contrasto con la realta del film russo, «la varieta colloquiale della lingua di arrivo é quella che meglio rende la vivacita espressiva e i registri di una conversazione disimpegnata» (Herbst 1994: 96-98). La perdita delle varianti diatopiche puo essere parzialmente compensata sfruttando il repertorio dell'italiano marcato in diastratia e creando coerenti profili diastratici nel linguaggio dei personaggi (Heiss, Leporati 2000: 63). Per quanto riguarda la maniera in cui parla il personaggio di Troja-nova, Vika, non si tratta di un dialetto vero e proprio. Sebbene l'accento della protagonista appartenga a una determinata area geografica, si tratta di un accento marcato piu in diastratia che in diatopia. Dunque, la trasposizione in italiano diventa possibile attraverso la ricreazione di un parlato molto colloquiale, spontaneo, vagamente popolare, compensando la pronuncia e l'intonazione di Vika a livello lessicale e sintat-tico, come ad esempio ha indicato Herbst (994: 89-128). Secondo Heiss 227 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso e Leporati (2000: 46), l'obiettivo principale consiste nel dare la massima vivacità ai dialoghi, con la massima differenziazione linguistica possi-bile, anche per ottenere un'ottimale caratterizzazione dei personaggi. Come nota Salmon (2000: 67), il processo di trasposizione comporta una procedura d'analisi specifica e finalizzata dei copioni e delle liste dialoghi. Il problema dell'accento costituisce un fenomeno particolarmente complesso, ma altrettanto interessante, del passaggio interlinguistico e interculturale. Per accento si intende l'insieme delle abitudini articola-torie (realizzazione di fonemi, intonazione, ecc.) che danno un carattere particolare, sociale, dialettale o straniero, alla parlata di un individuo. L'umorismo delle situazioni e la sottile ironia costituiscono un'altra sfida della traduzione di Kokoko. Si tratta non solo di tradurre giochi di parole, ma anche trasmettere nella lingua di arrivo cié che non viene nemmeno detto esplicitamente in russo. Molte informazioni e molti si-gnificati sono contenuti non tanto nelle parole quanto nell'intonazione. Infatti, nella maggior parte delle situazioni è l'intonazione di Vika a ri-sultare fuori luogo, certe sue interiezioni, il modo di costruire la frase, quindi, non cié che dice, ma come lo dice. Il suo inimitabile socioletto è la componente più importante dell'umorismo di tutto il film. L'approccio adottato dall'autrice del presente articolo per tradurre il film Kokoko dal russo all'italiano per i sottotitoli prevede un passo ag-giuntivo. Prima di tutto, è stato trascritto lo script originale, sono state individuate le peculiarità stilistiche e altre eventuali difficoltà traduttive. Quindi lo script è stato tradotto fedelmente in italiano. Questa traduzione, nonostante richieda maggiore lavoro, costituisce un passaggio intermedio di grande importanza, in quanto permette di visionare il testo nella sua globalità, notare tutte le peculiarità che contiene e creare in seguito una traduzione per i sottotitoli più attenta e consapevole, affinché i sottotitoli risultino succinti ma non impoveriti, non appiattiti. 228 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Tra le particolarita piu interessanti che presenta il testo di Kokoko vi sono giochi di parole, espressioni idiomatiche, l'ironia veicolata attra-verso intonazioni, nomi, realia e riferimenti intertestuali, e, certamente, il socioletto di Vika, senza il quale non sarebbe cosí potente l'effetto comico dei dialoghi. Il socioletto di Vika La maniera in cui parla Vika puó essere definita come un socioletto uraliano. E un linguaggio le cui principali caratteristiche sono: a) l'accento uraliano; b) scelte lessicali che possono essere definite basse, o meglio apparte-nenti ad un registro tipico dei parlanti non obbligatoriamente poco istruiti ma ad ogni modo non caratterizzati da un livello di cultura particolarmente alto; c) il lessico e la sintassi appartenenti a ció che in russo viene definito prostorecie, ovvero linguaggio colloquiale medio-basso tipico della popolazione urbana meno istruita; d) espressioni colloquiali o appartenenti al gergo giovanile; e) il turpiloquio; L'accento geografico, che difficilmente si presta alla traduzione, é dunque solo una delle caratteristiche che contraddistinguono la maniera di parlare di Vika da quella di Liza e di altri personaggi del film. Le maniere di Vika, sia linguistiche sia comportamentali, prive di eleganza e di raffi-natezza, rispecchiano una serie di fattori legati solo parzialmente alla geografía, ma soprattutto alla dimensione sociale, culturale ed esistenziale. Il socioletto di Vika crea un effetto particolarmente forte nel contrasto con gli altri personaggi, specialmente con Liza. E dunque importante trasmettere le differenze nelle loro maniere di parlare anche nei sotto-titoli in italiano. 229 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso La strategia per ricreare in italiano il socioletto di Vika si é realizzata prima di tutto nelle scelte lessicali adeguate. Nel linguaggio di Vika appaiono particolarmente spesso formule colloquiali del linguaggio non standard come "a če" e "ne, nu", specie all'inizio della frase. Per riprodurre lo stesso effetto in italiano, si é scel-to di utilizzare in abbondanza le espressioni altrettanto semanticamente vuote "cioé", "tipo" e "nel senso", specialmente perché "cioé" assomiglia molto a "če" sia a livello di effetto, che di suono: Tli ne, TynoM? flaHHHe b nacnopTe, nacnopT b cyMKe, cyMKy... KXM...yKpaflM. A ne ^To bli ee oTnycKaeTe, a MeHA HeT? CaymaM, y^ac-TO KaKOM. He npflM coBceM goporoM? Tuna mmmmoh? Che, sei stupido? I dati sono nel passaporto, il passaporto e nella borsa, la borsa l'hanno... ehm.rubata. E perché le lasciate andare e me no? Ma dai, che casino. Ma e proprio molto costoso? Tipo un milione? Cioé, sei stupido? I dati sono nel passaporto, il passaporto é nella borsa che é stata...ehm... rubata. O, cioé, lei puo andare e io no? Mamma mia. Cioé, é molto costoso? Cioé tipo un milione? Il linguaggio di Vika é caratterizzato da un uso eccessivo di interiezioni (nu, op, opa, opla, tak) e particelle (da, a). Un'ulteriore caratteristica del linguaggio di Vika é rappresentata da una costante pronuncia trascurata dei vocaboli standard, ad esempio tebja come tja; tebe come te; ničego come niče; sejčas come ščas oppure šča; zdravstvyjte come zdras'te oppure dras'te; čto come če. In russo questa pronuncia é marcata sia in diastratia che in diafasia, e, se abusata, abbassa il registro. Il lessico di Vika é caratterizzato da colloquialismi ed espressioni appartenenti al gergo giovanile, ad esempio: vynosit' mozg (far esplo-dere il cervello), torčat' (letteralmente fare uso di droga, in senso fi-gurato adorare, amare qualcosa), sest' na izmenu (avere un'esperienza 230 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution di notevole disagio derivante dall'assunzione di sostanze psicoattive), priprjač (costringere qualcuno a fare qualcosa), kapec (simile ad esclam. "cavolo!"), styrit' (fregare), alkaška (in gergo giovanile "prodotti alcolici", come utilizzato da Vika, altrimenti "un alcolizzato"), ne videt' beregov (perdere il senso della misura); un'altra caratteristica del linguaggio di Vika é l'uso di parole ed espressioni appartenenti ad un registro basso, oppure addirittura al turpiloquio: čmošnik (sfigato), mužik (uomo, maschio), sdrisnut' (sparire), vinišče (vinello), zagresti v miliciju (tra-scinare qualcuno in questura), na čerta (ono) mne upalo ("a che cavolo mi serve?"), pojti na vokzal (mettersi a darla via), dat' (komu-libo) (darla via), eccetera. Un'ulteriore caratteristica del linguaggio di Vika, anche se meno frequente, é costituita da errori: popojli (una forma non standard e comunque molto rara dal vero "bere", III persona plurale, perfettivo), u (nee) katuška sletela (é completamente impazzita; in russo standard invece si dice "ona sletela s katušek"), ya mužika posmotju (guardo un uomo; costruzione atipica senza la preposizione na prima dell'oggetto). Merita una particolare attenzione la scena in cui l'accento di Vika viene notato da Liza: - Tli 3HaemB, hto y Te6a npeKpacHaa ^aKTypa gaa TeaeBMfleHMfl? npaBga, roBop... CaymaM, Hy roBop mli no-npaBMM, y Te6a ^e cayx otomhhlim, Hy-Ka bot CKa^M «KaK 6ygTo» - Kaôyma - HeT. KaK 6ygTo - KaK 6yma - Sai che hai tutto per avere successo in TV? L'unica cosa sono l'accento e gli errori... Ma li sistemiamo, con il tuo orecchio musicale. Di "psicologo". - Pissicologo. - No. Psicologo. - Pis...psicologo. E stata adottata una soluzione che sposta il focus dalla pronuncia non standard a un errore di pronuncia. 231 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso Giochi di parole ed espressioni idiomatiche Esempio 1 - 3HaiMT, EBpona. .flaBaM, namu: aH-TMHHOCTL, cpeflHMe BeKa, ^^oxa B03-po^geHMa, MaHtepM3... He numu, ^TO Teôe He Hago, cpa3y BapoKKO, POKOKO - Kokoko? - Pokoko! - Quindi, l'Europa. Scrivi: l'antichità clas-sica, il Medioevo, il Rinascimento, il ma-nieris... no, questo non lo scrivere, non ti serve, scrivi subito il Barocco, il Rococó. - Il rock OK, ma perché ko? - Il Rococó! In russo "kokoko" (kokoko) è il verso della gallina. Si differenzia dal termine "rococó" (in russo "pokoko") per una sola consonante, per cui il qui pro quo è molto probabile e divertente. La sottotitolazione permette di sfruttare il vantaggio del codice scritto e creare un altro qui pro quo giocando sulla parola "rock". "Rock" suona esattamente come "Roc-". La seconda sillaba della parola "rococó", "-oc-", nella versione italiana diventa "OK", e la terza sillaba, "-ó", nella versione italiana viene scritta come "ko". Cosí è stato creato un tipo di incom-prensione diverso da quello originale: Vika sente "rock, OK, ko" al posto di "rococó" (non essendo a conoscenza di questo stile) e chiede a Liza che cosa fosse "ko". Esempio 2 Questo passaggio è interessante in quanto contiene sia un'espressione idiomatica, besy krutjat, sia una rima di registro volgare besy (demoni) - ocheresy. La seconda parte della rima è un neologismo che deriva dal verbo ocheret' appartenente al turpiloquio. Nella traduzione è sta-ta utilizzata una parola altrettanto volgare grazie alla quale la rima è stata mantenuta: 232 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution - Ox, 6ecti Te6a KpyTAT, Bmktopma - Oxepecti MeHA KpyTAT, OTe^ Bane- pBflH, OM, nnaTBMmKO-TO nOMflnOCBl Hy HMHero, MaTymKa nornaguTl - Vika, sei una preda dei demoni. - Sono una preda dei coglioni, padre Valer'jan! Guarda, hai il vestitino sgualcito! Fa niente, lo stira tua moglie. L'ironia nell'intonazione Esempio 1 L'ironia del protagonista é veicolata attraverso l'intonazione, attraverso la voluta pronuncia della consonante g nella parola ogromadnye come g morbida, vicina a h, attraverso l'uso della denominazione ufficiale del museo, il Museo Statale dell'Antropologia e dell'Etnografia. Se questa denominazione fosse mantenuta nei sottotitoli, potrebbe risultare fuorviante e suscitare impressione che si tratti di un altro museo, e co-munque perderebbe la sua connotazione ironica. Percio nei sottotitoli si é optato per la soluzione "il nostro museo". Per mantenere l'ironia, come traducente di ogromadnye perspektivy si é pensato di proporre "guarda la nostra brillante carriera". Insieme alla piccola e modesta stanza dove i protagonisti lavorano in quattro, che compare in quel momento nel video, diventa chiaro che la "brillante carriera" va letta in chiave ironica. Lo stesso vale per la "guarda le bellis-sime trasferte", seguito da un elenco delle citta chiaramente poco note: 233 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso npaBMtfBHO, nOCMOTpM Ha Hac c BopoH^BOM, HaTam, mu gaB ho 3am;MTM^M gMccepTa^MM, m nepeg h^mm cpa3y oTKpBi-amcb orpoMagHBie nepcneK-thbh! toabko 3a npomjHH rog rocygapcTBeHHMM My3eM aHTponoaorMM m ^THo^pa-^hh ompaBM. Hac b yB.e-KaTe^BHeMmMe TBopnecKMe KoMaHgMpoBKM, B ÁHa-gupB, HapBAH-Map, a 6uaa am TBi Ha KymKe, HaTamKa? Infatti, Nataša, guarda me e Vo- Infatti, Nataša, ecco me e Liza. roncova: abbiamo discusso Abbiamo finito il dottorato, e guar- le tesi di dottorato tanto tempo da la nostra brillante carriera! fa e ci siamo súbito trovati Guarda le bellissime trasferte di fronte a brillanti prospetti- che abbiamo fatto l'anno scorso ve! Solo l'anno scorso il Museo grazie al nostro museo! Anadyr', Statale dell'Antropologia Nar'jan-Mar, oppure Kuška! Ci sei e dell'Etnografia ci ha mandati mai stata? No? Immaginavo. in bellissime trasferte: ad Anadyr', a Nar'jan-Mar, oppure a Kuška! Hai mai avuto la fortuna di visitare Kuška, Nataša? Esempio 2 Anche in questo caso l'ironia é molto sottile ed é veicolata attraverso una pronuncia non standard di una sola vocale. Vika risponde all'ex marito in maniera ironica, sottolineando la mancanza di rispetto verso il suo status ecclesiastico pronunciando la vocale "e" della seconda parola otec (che in russo, come in italiano, significa sia "papa'" sia "prete") come piu aperta, come se fosse lettera russa V. Questa piccola particolarita veicola tutta l'ironia della frase. Vika attribuisce al significato "papa" della parola "padre" una connotazione di disprezzo, come per dire che Valerij non é un buon padre di sua figlia. Siccome il gioco di parole gira attorno al doppio significato della parola "padre", si é ricorso all'uso del corsivo e del grassetto per richiamare l'attenzione dello spettatore all'intonazione con cui potrebbe essere pronunciata questa parola: KaKoM TBI MHe oTe^ BaaepBAH? Ma non ci penso nemmeno Tbi aynme cKa^M, tbi y gon- di chiamarti padre Valer'jan. km-to HameM 6bm, oms^ Dimmi piuttosto se hai Vuoi che io ti chiami padre Va-ler'jan? Col cavolo. Dimmi piuttosto, hai visto nostra figlia, padre? visto nostra figlia, padre. 234 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution L'ironia e i nomi propri Esempio 1 Vi sono casi in cui i personaggi che hanno un rapporto di amicizia si ri-volgono l'un l'altro usando insieme al nome il patronimico e dandosi del tu o perfino del Lei. Questi modi di rivolgersi tra amici rivestono in russo una funzione ironica oppure scherzosa: BMflMTe IH, KMpMM BflaflMMM-poBMH, y ^apMOHOBa orpoM-Htie Me^gyHapoflHtie cba3m, oh B EBpony em;e napTorpoM e3flMi, HaKonieH KoaoccaiB-HBIM ontT Me^My3eMHHX KoHTaKToB, M 3aMeTBTe, KMpMH BaaflMMMpoBMH, ^TO 6e3 3HaHMA xota 6m ogHo-ro MHocrpaHHoro a3HKa. Il fatto sta, Kirill Vladimirovic, che Larionov ha importantis-simi contatti internazionali, andava in Europa quando era ancora nel partito, ha maturato una grandissima esperienza nei contatti tra i musei, e ci faccia caso, Kirill Vladimirovic, tutto questo senza parlare nem-meno una lingua straniera. Kirill, non capisci. Larionov andava in Europa quando c'e-ra ancora il suo amato Breznev. Ha importanti contatti internazionali. Senza parlare nemmeno una lingua straniera, tra l'altro. Nella maggior parte dei casi le variazioni dei nomi sono state normalizzate e uniformate. Si é deciso di utilizzare nella sottotitolazione la variante diminutiva non alterata, ovvero Liza, Gal'ja, Nataša, eccetera. Esempio 2 In questo caso Vika imita lo stile solenne e formale: ApT-flMpeKTop CaHKT-ne-Tep6yprcKoro My3MKara>-Horo Kiy6a "Moioko" Bmk-TopMfl HMKoHoBa flapMT EflM3aBeTe BopoH^BoM ^TOT npeKpacHHM ^oHTaH M3 HaTypaiBHoM 6poH3t. Il direttore artistico del club musicale pietrobur-ghese "Moloko" Viktorija Nikonova regala a Elizaveta Voroncova questa splendida fontana di puro bronzo. Io, direttore artistico del club "Moloko", Le regalo questa splendida fontana di puro bronzo. 235 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso Il fatto che Vika parli di sé in terza persona, insieme al fatto che per tutto il film le protagoniste venissero chiamate Vika e Liza, non permette di utilizzare il nome e il cognome, in quanto risulterebbe fuorviante per gli spettatori, i quali potrebbero non capire che Viktorija Nikonova e Elizaveta Voroncova sono Vika e Liza. La scherzosa imitazione dello stile solenne viene ricreata attraverso l'impiego della formula "Io,..." e della terza persona singolare. L'ironia nei realia Esempio 1 Sapsan è il treno ad alta velocità. I treni Sapsan in funzione in Russia dal 2009 appartengono a una famiglia di treni ad alta velocità progettati da Siemens. Sapsan in russo significa "falco pellegrino". L'intrinseca ironia della frase "œKOHOMM.a, mo^o^ct" ("hai risparmiato, brava") si riferisce al fatto che dopo aver risparmiato duemila rubli prendendo un treno notturno più economico rispetto al treno ad altra velocità Sapsan, a Liza sono stati rubati i soldi, i documenti e tutto il contenuto della sua borsa, un danno ben superiore rispetto alla somma risparmiata: Se nella versione italiana apparisse solo il nome del treno, il senso della frase sarebbe rimasto ambiguo per gli spettatori. Per rendere piu immediata la comprensione del sottotitolo, il nome Sapsan é stato sostituito con "il treno veloce". nOTOMy HTO CKOtfBKO pa3 Te6e 6lmo CKa3aHO, e3^aM CancaHOM, raKOHOMMaa flBe TMCflHM, MOtfOfle^ Quante volte ti ho detto, prendi Ti avevo detto, prendi il treno il Sapsan. Hai risparmiato due veloce, non risparmiare. Gran mila rubli. Complimenti. risparmio, che dire. 236 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Esempio 2 Partorg (da partijnyj organizator, letteralmente "organizzatore del partito") era una carica ufficiale del partito comunista dell'Unione Sovietica. I partorg godevano di maggiori liberta e opportunita rispetto ad altri colleghi. Data l'impossibilita di rendere in una maniera concisa il senso del termine partorg e trasmettere l'acida ironia con cui parla il protagonista (lo spettatore russo lo percepisce grazie al tono, all'intonazione, all'uso del nome e patronimico), si é deciso di ricorrere a una rielaborazione che possa trasmettere l'informazione di carattere emozionale contenuta nell'originale. Con l'aggiunta "quando c'era ancora il suo amato Brežnev" si é cercato di restituire nella versione italiana la lealta di Larionov al partito e al sistema sovietico e l'irritazione che tutto ció suscita nel protagonista: BMflMTe iH, Kmpmm Bia-flMMMpOBMH, y ^apMOHOBa orpoMHBie Me^gyHapofl-HHe CBA3M, oh B EBpony em;e napToproM e3flMi. Il fatto sta, Kirill Vladimirovič, che Larionov ha importantis-simi contatti internazionali, andava in Europa ancora quando lavorava per il partito. Kirill, non capisci. Larionov andava in Europa quando c'era ancora il suo amato Brežnev. Esempio 3 ZEK (in russo ^K, daMunuw,M^Kcnnyamau,uomaa. KOHmopa) è l'ufficio di gestione di condomini la cui inefficacia e noncuranza sono state descritte in innumerevoli barzellette russe. ZEK è stato sostituito con "centralino" in modo da ricreare l'idea di un'attesa lunga e irritante: He noHHMaw, noneMy HeiB- 3fl npOCTO npM3HaTBCfl, HTO He noaynaeTCfl, a eM 3bohm KaK B Ka^flHH fleHB, Hy 0TKa3aia 6bi m Bce. Non capisco perché non puo semplicemente dire che non funziona, la chiamo come se fosse un centralino, ogni giorno. Potrebbe dire no e basta. Potrebbe dire che non funziona e basta. La chiamo ogni giorno, come fosse un centralino. 237 KSENIA EFIMOVA - Traduire il sorriso CONCLUSIONI Trasporre nella traduzione per i sottotitoli la sfera paralinguistica, le inflessioni dialettali, le intonazioni e tutto ció che riguarda le informazioni di carattere emotivo presenta una delle difficolta principali della sottotitolazione, ma non risulta impossibile. L'accento uraliano, che naturalmente non trova equivalenti nella cultura italiana, si é rivelato essere l'aspetto piu difficile e allo stesso tempo piu importante da trasmettere nella versione tradotta per conservare il comico contrasto tra le protagoniste e la caratterizzazione linguistica del personaggio di Vika. Per trasmettere la maniera di parlare di Vika ci si é concentrati su tratti del suo linguaggio quali il provincialismo, la ruvidezza, ma anche una disarmante spontaneita e immediatezza, tutti elementi che si é cercato di restituire con pari espressivita in italiano, ricorrendo ad espedienti quali eccessive interiezioni, sintassi e lessico colloquiali, parole appartenenti al registro basso. La comicita di Kokoko non é costruita solo sulla brillante ironia delle battute ma anche su quella trasmessa attraverso situazioni, riferimenti e immagini. Perció si é cercato, dove possibile, di non allontanarsi trop-po dal testo originale permettendo allo spettatore straniero di gustare appieno la stessa comicita e lo stesso umorismo cosi come vengono percepiti dallo spettatore russo. $ 238 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Bibliografia BLINI, LORENZO, MATTE BON, FRANCISCO, 1996: Osservazioni SUi meccanismi di formazione dei sottotitoli. 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Pa3BMTMe cro^eTa b «Kokoko» TecHO CBa3aHO c KyabTypHBiMK pa3-auHuaMu repoeB ^uabMa, K0T0pwe nepegaroTca raaBHBiM 06pa30M nocpegcTBOM a3BiKa, a UMeHHO nepe3 ero pa3auHHBie cou,uoaeKTBi. Bocco3gaHue gaHHBix C0^u0aeKT0B b uTaabaHCKOM nepeBoge Tpe-6yeT oco6oro bhumshus, nocKoabKy ohu HecyT b ce6e MHO^ecTBO con,uaabHBix u KyabTypoaoruHecKux CMBicaoB, aBaaroTca Bonaome-HueM ^K3ucTeH^uaabHHx pa3aunuM Me^gy nepcoHa^aMu ^uabMa. Co^uoaeKTw u peruoHaabHBie sk^htbi aBaaroTca HeorteMaeMOM nactbro komuhhoctu ^uabma, b cbs3u c nem b gahhom ctatbe nogpo6ho u3ynaeTca s3bik ^uabMa u npuBogaTca ocHOBHBie ^OHeTunecKue xa-paKTepucTUKu ypaabCKoro sk^hts, KOTopwM aBaaeTca xapaKTepHOM nepTOM con,uoaeKTa ogHoro U3 raaBHBix nepcoHa^en. ypaabCKUM co^MoaeKT, He uMeromun npaMoro aHaaora b uTaabaH-CKOM a3WKe, aBaaeTca HeoTBeMaeMBiM KOMnoHeHTOM KOMUHHoro KOHTpacTa Me^gy raaBHBiMu repouHaMu, u, cooTBeTCTBeHHO, goa^eH 6bitb BOCCO3gaH b UTaabaHCKOM nepeBoge. ^aa Toro, hto6bi nepegaTb b UTaabaHCKOM a3BiKe MaHepy pa3roBopa Buku (Hhs TpoaHOBa), 6wao pemeHO CKOHu^HTpupoBaTbca Ha tskux nepTax eë cou,uoaeKTa ksk 244 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution npoeropeHHbie cuHTaKcunecKue KoHCTpy^uu u TOKcuKa, HeyMecT- HOCTb TOHa, CnOHTaHHOCTb, HenoCpegCTBeHHoCTb. ToHKaa upoHua gua^oroB u WMop cuTya^uM npegeraB^arn co6om em,ë ogHy cao^Hocrb nepeBoga gaHHoro ^u^bMa gaa cyÔTUTpoB, b tom nucne noToMy, hto MHorue cmwcam cogep^aTca He ero.nbKo b cnoBax, CKo^bKo B UHTOHa^UaX. nepeg TeM, KaK npucTynuTb HenocpegcTBeHHo k co3gaHuro cyÔTu-TpoB, aBTop CTaTbu BHnojHuj nojHHH, 6^u3kum k opuruHaay nepeBog flMa^oroB ^M^bMa Ha MTaflbaHCKMM H3HK. TaKoM npoMe^yToHHWM nepeBog no3BoaaeT nepeBognuKy B3raaHyTb Ha TeKCT rao6a^bHo, Bbia-BuTb Bce cogep^am,ueca b HëM oco6eHHocTu u Bbino^HuTb nepeBog gga cy6TuTpoB, oT^unawmuMca oco3HaHHocTbw u BHuMaHueM k geTaaaM, coxpaHawm,uM 6oraTCTBo u ^MBocTb ucxogHoro TeKCTa. rno6a.nbHoM 3aganen npu nepeBoge 6biao co3gaHue TaKoro TeKCTa, kotopmim no3Bo-aua 6m uTa^baHCKon ny6auKe HacaaguTbca TeM ^e WMopoM u tohkom upoHueM, KoTopbie 6w^u goerynHbi pyccKoMy 3puTenro. Ksenia Efimova Ksenia Efimova ha conseguito la Laurea Triennale in Lingua e Letteratura Italiana presso l'Università Statale di San Pietroburgo (2010) e la Laurea Magistrale in Traduzione specialistica e Interpretazione di conferenza (2018) presso la Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori di Trieste. Attualmente lavora come interprete e traduttrice. Il suo interesse scientifico è rivolto, oltre al cinema russo contemporaneo e alla traduzione audiovisiva, alla traduzione poetica e musicale. 245 Notes and writings DOI - 10.13137/2283-5482/22874 La polvere della memoria. Osservazioni sul libro di M. Stepanova Pamjati pamjati The Dust of Memory. A few remarks on M. Stepanova's book Pamjati pamjati $ claudia scandura - claudia.scandura@uniromai.it SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Il libro di M. Stepanova, Pamjati pamjati (2017), definito dai critici "il miglior romanzo russo degli ultimi anni", é en-trato dopo pochi giorni dalla sua pub-blicazione nelle classifiche dei libri piu venduti, dando grande notorieta a una poetessa e saggista, nota e apprezzata nei circoli intellettuali progressisti. L'opera si basa sul desiderio dell'au-trice di raccogliere e salvare i ricordi e le testimonianze dei propri cari sullo sfondo della grande storia. Metaroman-zo, storia d'amore, resoconto di viaggio, riflessione sulla fotografia o tutte queste cose insieme, in Pamjati pamjati, il fenomeno della memoria si sovrappo-ne ad altri temi, diventa ampio e molte-plice: la memoria e la storia, la memoria e la catastrofe, la memoria e il suono, la memoria e gli oggetti, la memoria e l'etica. L'autrice porta alla luce i suoi morti e sono loro che la aiuteranno a cambiare il suo linguaggio. MARIJA STEPANOVA, MEMORIA, OLOCAUSTO, LETTERATURA RUSSA The present article deals with M. Stepanova's book Post-Memory published in 2017 with great success, a book which has no analogues not only in Russian but also in world literature. A meta-novel, a great literary reconstruction, which has created a whole new genre and sounds the relation between memory, time, and history. MARIJA STEPANOVA, MEMORY, HOLOCAUST, RUSSIAN LITERATURE 249 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria Cito a questo proposito alcune recensioni: "Pamjati pamjati di Marija Stepanova è il più importante libro dell'anno, se non degli ultimi anni". "Echo Moskvy", 13.12.2017, https://echo. msk.ru/programs/ books/2i098o8-echo/. "Sembra che di Pamjati pamjati parlino tutti e cio nonostan-te non se ne parla abbastanza". "Afisa Daily", 8.12.2017 https://daily.afisha.ru/ brain/7617-pamyat-go-vori-zachem-chi-tat-novye-knigi-eduar-da-limonova-i-ma-rii-stepanovoy/. "Il romanzo spezza la prospettiva usuale della letteratura russa. La Stepanova non si allontana dalla tradizione, semplice-mente si pone al di fuo-ri di essa". "Seance", 8.12.2017, http://seance. ru/blog/memory-me-mory-review/. "Marija Stepanova ha preso i morti come coautori. Ne è venuto fuori un libro come prima in russo non ce n'era. E anche in altre lingue non ce ne sono molti simili". "Novaja gazeta", 2.12.2017, https:// www.novayagazeta.ru/ articles/2017/12/02/ 74767-kak-govo-rit-o-mertvyh Speak, Memory, l'autobiografia di Vladimir Nabokov pubblicata in inglese nel 1967, nella sua prima edizione americana del 1951, intitolata Conclusive Evidence, recava il sottotitolo A Memoir. Ricostruendo la sto-ria della propria famiglia, lo scrittore si affidava più che altro alle sue sensazioni e presentava al lettore una possibile interpretazione dei fatti fondamentali della sua vita. La ricostruzione della memoria familiare e storica del XX secolo, a fronte delle tragedie del GULAG e dell'Olocausto, viene affrontata in modo diverso ma singolarmente analogo in due delle migliori opere di questi ultimi anni, Predel Zabvenija (2010) di Sergej Lebedev e Pamjati pamjati (2017) di Marija Stepanova, accolti dalla critica con recensioni lusinghiere e definito, quello della Stepanova, il miglior romanzo russo degli ultimi anni1. Si tratta di due opere che appartengono a generi diversi, al romanzo, Predel Zabvenija e alla "romanza" in prosa, Pamjati pamjati, fiction e non-fiction, che utilizzano pero strumenti simili: l'analisi antropologica, la teoria del trauma, il concetto di post-memo-ria nella storia dell'Olocausto. Anche il contesto generale è lo stesso: la storia di una famiglia e la sua "non eccezionalità all'interno dell'ecce-zionale esperienza russa", il culto del passato, le metamorfosi postume degli archivi familiari. Il passato costituisce la cifra della letteratura russa del XXI secolo e non è solo discusso e reinventato ma anche ma-terializzato da cose, corpi, luoghi, edifici. Monumenti, vecchi mobi-li, frittelle, canzonette d'epoca costituiscono i "luoghi comuni" che vengono assemblati a casaccio dal vissuto di ognuno e rievocati dalla letteratura. Il periodo sovietico appare allora come un'era di stabilità, forza, "normalità" (Boym 2001: 37) e ripensare il passato non è più solo una strategia artistica ma un mezzo per sopravvivere, per trovare una relazione fra biografia individuale e collettiva, fra la memoria del singolo e quella di un'intera nazione. 250 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution È questo il fine che si pone Pamjati pamjati, un'opera che ha im-provvisamente dato grande notorietà a una poetessa e saggista, collaboratrice di riviste e giornali, editor del sito culturale indipendente Colta.ru, nota e apprezzata nei circoli intellettuali progressisti. Il fatto che il libro sia stato incluso nella short list dei finalisti di due presti-giosi premi letterari, "Jasnaja Poljana" e "Bol'saja kniga", testimonia i cambiamenti intercorsi in Russia nel clima culturale, rispetto al 2010, anno di pubblicazione del romanzo di Lebedev, accolto favorevolmente ma ben lontano dall'essere diventato un caso letterario, che ora viene ripubblicato e tradotto in varie lingue, fra cui l'italiano. A fronte di progetti letterari rimpiccioliti, individuali, quasi privati, Stepanova infrange la prospettiva, fa diventare i morti suoi co-autori, crea un'opera polifonica di netto impianto dostoevskiano, rispondendo cosi al bisogno della società russa di prendere coscienza della propria crisi, come testimonia lo stupefacente e inatteso successo dell'opera, entrata dopo pochi giorni dalla sua pubblicazione nelle classifiche dei libri più venduti e scelta come libro del mese (febbraio 2018) dalla prestigiosa libreria "Moskva". Marija Stepanova comincia a pubblicare alla fine degli anni 90 i suoi testi, mai semplici o banali, in cui parla della situazione dell'uomo contemporaneo, rifiutandosi di fare della poesia un innocuo tema da sa-lotto, un piacevole argomento di conversazione, perché, a suo avviso, il ruolo del poeta è di parlare ai suoi lettori come se fosse in cattedra, dal punto di vista della transizione nel non essere, sebbene a volte parli di vere e proprie inezie. Tracciando un'ideale linea di sviluppo che muovendosi dalla contemporaneità guarda al passato per ricostruire la memoria storica perduta, la poetessa non guida solo il destino dei suoi personaggi ma anche le particolarità stilistiche della sua poetica. La sua lingua è abile, scorrevole, costruita da tanti pezzi diversi, come 251 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria un patchwork variopinto, al tempo stesso semplice e incredibilmente sofisticata. Assomiglia al linguaggio sovietico, di cui mutua gli artifici retorici e conserva il pathos, ma se ne differenzia, accentuandone l'idio-tismo in modo grottesco. La sua riflessione tocca temi importanti, verte sulla contemporaneita, che incapace di elaborare un proprio linguaggio, si serve di quello sovietico o prerivoluzionario. La memoria, l'esperienza del passato, non va ignorata, ma deve essere elaborata e tramandata alle generazioni future che solo cosí riusciranno a superare i traumi del passato. Sara la storia collettiva ad orientare la societa verso un ideale etico. Ma che cose la memoria? In quest'opera, che si potrebbe definire un metaromanzo, una storia d'amore, un resoconto di viaggio, una riflessione sulla fotografia o tutte queste cose insieme, Stepanova cerca di dare una risposta combinando insieme la memoria e il trauma e creando un nuovo genere letterario, un misto avvincente di narrativa e saggisti-ca. Partendo dall'idea di scrivere la storia della propria famiglia ebrea -russa - europea, composta da medici, architetti, bibliotecari, ragionieri e ingegneri che aspirano a condurre una vita tranquilla in un mondo violento e incivile, l'autrice tocca il problema della memoria del passato, dei piccoli e grandi avvenimenti del XX secolo, e di come essi possano sopravvivere nella memoria personale del singolo. Pamjati pamjati, un progetto nato grazie al sostegno della casa editrice tedesca Suhrkamp, si basa proprio sul desiderio dell'autrice di racco-gliere e salvare i ricordi e le testimonianze dei propri cari sullo sfondo della grande storia. Si tratta di un libro pensato da sempre, addirittura dall'infanzia, Marija Stepanova non si vergogna di ammetterlo, basato su un continuo rapporto della scrittrice con i testi ("Leggo libri, come altri bevono acqua, uno dopo l'altro, e non sono mai sazia"), sulla sua percezione della cultura e della storia come qualcosa di eternamente vivo (Stepanova 2018: 22). 252 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Il titolo dell'opera sembra un necrologio, un genere già praticato dall'autrice che ha definito la poesia "l'orazione fúnebre pronuncia-ta dal poeta ai propri funerali" (Stepanova 2016: 218), perché soltan-to ai funerali, alla presenza del defunto, nella consapevolezza della propria mortalità, i versi riescono a trovare la propria vera voce. Nel motivo del passaggio da uno stato all'altro non ci sono confini invali-cabili e la poetessa mette in comunicazione fra loro la vita e la morte, la contemporaneità e il passato arcaico, noi e loro. Il superamento della morte non porta pero a una nuova vita, perché il futuro risulta impos-sibile senza cesure definitive. Il continuo scivolamento dal concreto al simbolico annulla il legame della lingua con la concretezza del suo referente e influenza la memoria, non più del morto ma della morte. È la voce a operare questo cambiamento grazie al suo legame fisico con chi parla e ancor di più con chi canta. Ma questo legame nei testi di Marija Stepanova è sempre minacciato e questo scivolamento avvie-ne in maniera speculare. L'io lirico comincia all'improvviso a slittare verso l'io generale, come se, privato di qualsiasi concretezza, si unisse ad altri corpi simili. L'instabilità dell'io lirico è una delle caratteristiche dei testi della poetessa che, rinunciando al pronome io e noi, rifiuta la soggettività. Già nella sua poesia, Stepanova non traduce i suoni in simboli, bensi srotola il testo dal movimento fonico della voce. Le voci dei suoi protagonisti risuonano autonome, come fissate dal fonografo, che serve all'autrice a registrare le voci dei morti, come fa ad esempio nella seconda parte del libro Kireevskij (2012), che comprende quattro opere (Carmen, Aida, Fidelio, Ifigenia in Aulide) e porta il titolo "fonografo sotterraneo". Le voci, o meglio il canto dei morti, risuonano attraverso la bara, la cassa che li racchiude. Il duetto finale di Aida e Radames, il grido disperato di Carmen prima di essere uccisa, il coro dei prigio-nieri di Fidelio, il canto di Ifigenia pronta al sacrificio, è cio che resta 253 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria dei personaggi, la loro voce li ricorda allo stesso modo di una foto che ricorda le fattezze dei volti. Le voci dei morti risuonano anche in Pamjati pamjati. "Romance", romanza, leggiamo sulla copertina del libro, una definizione che sem-brerebbe autoironica, ma che in realtà caratterizza perfettamente l'opera, dove sono le romanze (Kupite fialki, Sinij platocek e molte altre) a scandire i momenti della narrazione. Stepanova confessa a se stessa di aver dedicato il suo tempo non ad un'occupazione rispettabile, a una ricerca o a uno studio, bensi a un romanzo familiare "freudiano", a una "romanza sentimentale sul passato". Un genere musicale che ama mol-to e cui ha dedicato le ballate romantiche intrise di folclore nero che fanno parte della sua raccolta del 2001, Pesni severnychjuzan. Inoltre, la romanza è un genere del folclore cittadino, di una bellezza eccessi-va, che sembra superflua nel mondo post-sovietico. Una bellezza che si svela poco a poco, perché tutto fa rima con tutto, e che per il suo essere di dominio pubblico (tutti conoscono le romanze e le hanno almeno una volta cantate) paradossalmente rivela l'unicità di ognuno. Stepanova scrive su cose reali ma non definisce la sua opera, come per esempio fa Solzenicyn, un esperimento di ricostruzione artistica, bensi "romance", dando cosi leggerezza a un tomo di più di quattrocento pagine! Il fenomeno della memoria in Pamjati pamjati si sovrappone ad altri temi, diventa ampio e molteplice: la memoria e la storia, la memoria e la catastrofe, la memoria e il suono (di nuovo il fonografo sotter-raneo!), la memoria e gli oggetti, la memoria e l'etica. L'autrice porta alla luce i suoi morti e sono loro che la aiuteranno a cambiare il suo linguaggio. Come si fa a scrivere quello che è in sostanza un necrolo-gio alla memoria? Occorre scegliere le parole e la lingua deve tendere all'impossibile: avvicinarsi allo stato di ebbrezza provocato da una sostanza magica, la stessa usata probabilmente dai discepoli di Nikolaj 254 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Fedorov, il filosofo russo che vedeva lo scopo dell'umanità nella resur-rezione degli antenati. Pamjati pamjati inizia con le parole, "è morta mia zia, la sorella di papà, aveva poco più di ottanta anni" (Stepanova 2018: 11), un inci-pit che rimanda al più famoso romanzo in versi della letteratura rus-sa, Evgenij Onegin, dove la malattia dello zio provoca l'insediamento di Evgenij nella casa di un parente poco amato, dove non sarà lui bensi Tatiana a provare una gioia tormentosa nell'anima guardando gli oggetti abbandonati. Per la Stepanova, l'enorme e caotico archivio di una zia molto amata, dove si trovano mescolati lettere, appunti privati (dove pero non c'è niente di personale), ritagli di giornale, oroscopi, costitu-isce il punto di partenza per una singolare ricerca nel passato. Diviso in tre parti, la prima di nove capitoli, la seconda di dieci e la terza di quattro, il libro mescola nelle prime due parti lettere di parenti, documenti, che conservano le loro voci. Intorno alle lettere, ci sono fotografíe, oggetti quotidiani che l'autrice non si limita a descrivere al lettore, bensi li mostra, li trascrive, li ingloba nel suo testo, perché ha sfíducia nelle immagini, nei selfíe che pretendono di riprodurre la vita senza riuscirci. Stepanova vuole cogliere proprio il senso della vita ed esaminando i materiali diversi raccolti nell'archivio di fami-glia, si rende conto che essi non sono sufficienti e che è necessario andare nei luoghi dove sono vissuti e morti i suoi antenati. Inizia cosi una sorta di pellegrinaggio alla ricerca delle proprie radici, si reca a Parigi, a Saratov, a Cherson, negli USA, chiede aiuto a chi è in grado di rispondere alle domande che pone la memoria. Non sempre questi viaggi sono pero contrassegnati dal successo, come ad esempio nel caso del viaggio a Saratov, dove un conoscente del posto le comunica l'indirizzo della casa dove avevano vissuto i suoi parenti. Stepanova entra nel cortile, dove tutto è cosi come doveva essere. "Sotto queste 255 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria Stepanova cita nella traduzione di G. Dasevskij. Denn die einen sind im Dunkeln / und die andern sind im Licht / und man sieht die im Lichte / die im Dunkeln sieht man nicht. // Bertolt Brecht, Dreigroschenoper. finestre ho ricordato tutto, con intensità e precisione ho immaginato come era da noi, come vivevano e perché erano andati via. Il cortile, in poche parole, mi aveva abbracciato". Dopo qualche giorno il conoscente di Saratov pero le telefona e confessa imbarazzato di aver sbagliato l'indirizzo. La strada era quella ma il numero della casa era un altro. "E questo è grosso modo tutto quello che so della memoria" (Stepanova 2018: 36-37), con queste parole Stepanova chiude il capitolo dedicato a Saratov. La pubblicazione della corrispondenza privata dei familiari defunti puo apparire come il denudamento della loro privacy, come se con la morte essi avessero perso anche ogni diritto a conservarla. L'autrice se ne rende conto: "Mettendo la mia famiglia sotto gli occhi di tutti, anche se con affetto, con le parole giuste, nel modo migliore, sto fa-cendo una scorrettezza. Svelo la loro nudità indifesa, le ascelle scure e la pancia bianca" (Stepanova 2018: 30). D'altra parte, questo denudamento è l'unica cosa che si possa fare per rendersi conto del fatto che essi sono veramente vissuti, che sono stati, citando Mandel'stam, pure loro dei contemporanei. L'immersione nel passato provoca la mimesi, l'imitazione: ad esempio si possono tracciare dei paralleli fra la scrittura della Stepanova e le memorie di Pasternak, peraltro citate. La seconda parte del libro inizia con un'epigrafe tratta da Brecht2 e presenta dei bellissimi saggi su Osip Mandel'stam, W.G. Sebald, Rafael Goldstein, Francesca Woodman, la pittrice Charlotte Salomon, tutti collegati da uno scopo comune, arrivare a capire cos'è la memoria. Una riflessione cui Stepanova aveva già dedicato la breve prosa, Nad vaznymi grobami (2015) dedicata a uno degli autori che le sono più vicini, W.G. Sebald, i cui libri, a prescindere dal tema trattato, sono sempre scritti dalla parte dei morti. Per Sebald i defunti sono una sorta di "parenti 256 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution poveri" dei vivi, le cui tombe sono "importanti" sia nel senso di indi-spensabili che di significative, perché costituiscono il nostro ultimo ap-prodo, "perché la prima cosa di cui parla il cimitero, qualsiasi cimitero, grande o piccolo, ingombro di sculture di marmo o invaso dall'ortica, è l'autentica massa di tutto cio che è avvenuto prima di noi" (Stepanova 2014: 13-20). Partendo da un'idillica fotografia che a uno sguardo più attento si rivela essere quella di un cimitero, la poetessa parla della "piccola" storia che ci raccontano gli oggetti lasciati dai morti, elenca nomi e dediche lette sulle tombe del cimitero Acattolico per gli stranie-ri di Roma, dove nella pace solenne dormono insieme l'ultimo sonno uomini di ogni razza e paese, d'ogni lingua, età e religione. Gli eroi della cultura mondiale, dal pantheon dei poeti russi del XX secolo fino a famosi fotografi e artisti occidentali, formano in Pamjati pamjati una complicata costellazione, un sistema artistico a sé che funziona perché tutti loro in qualche modo hanno riflettuto sugli stes-si problemi che assillano Marija Stepanova e hanno proposto delle soluzioni. Possono essere le shadow boxes di Joseph Cornell o l'accesa polemica a distanza fra Marina Cvetaeva e Osip Mandel'stam sulla conservazione o sul rigetto del passato, finita in nulla, perché nota Stepanova, "la stessa polvere ricopre due tombe ignote agli estremi opposti di un cimitero che ne conta milioni" (Stepanova 2018: 163-175). L'ebraismo costituisce uno dei punti focali della narrazione, segna il destino dei personaggi anche se non tragicamente, perché quasi tutti riescono a sfuggire all'olocausto, al terrore staliniano. Non di meno la fragilità e l'insignificanza delle loro vite appaiono vulnerabili. La ter-za parte di Pamjati pamjati che si apre con un'epigrafe tratta da Uwe Johnson, altro autore molto vicino a Stepanova, è incentrata sulla figura della bisnonna Sarra Ginzburg, Sarra sulle barricate, come la chiama-vano in famiglia da una foto che la ritrae nel 1905 e come si intitola 257 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria il lungo componimento a lei dedicato che fa parte della raccolta Fisio-logija i malaja istorija del 2005. Anche qui, quello che interessa di piu la scrittrice sembra essere il passaggio da uno stato corporeo a un altro, la metamorfosi che si verifica dopo la sparizione della fisiologia, ovvero del corpo. Nel componimento Zenskaja razdevalka kluba "Planeta Fitnes", la sparizione arriva all'estremo perché l'eroina, entrando in piscina e guardandosi attorno, pronostica la sparizione totale del genere uma-no. Una sparizione che sembra rimandare con i suoi simboli (i getti di acqua ghiacciata, il gas, le otturazioni dentarie) ai lager nazisti, al pia-nificato annientamento dell'umanita. Attraverso la corporeita, a tratti erotica, Stepanova esprime la sua posizione su violenze sociali, traumi storici e sull'identita dell'individuo e della societa (Scandura 2017: 106). Eroina d'altri tempi che guida il popolo rivoluzionario, Sarra, ar-restata per aver diffuso letteratura illegale e rinchiusa nella fortez-za di Pietro e Paolo a Pietroburgo, appoggio la rivoluzione di Ottobre ma non volle mai iscriversi al partito e fino alla fine dei suoi giorni si definí una "bolscevica senza tessera". Laureata in medicina alla Sor-bona, la bisnonna Sarra ha attraversato nella sua lunga vita, due guerre, l'evacuazione, le malattie di figlia e nipote ed é scampata al "complotto dei medici ebrei", grazie a un provvidenziale ictus. Nelle lettere e car-toline, scambiate con i compagni di lotta, con le amiche, con il futuro marito Michail Fridman, si alternano crudelta e dolcezza, mancanza di compromessi e sofferenza, caratteristiche che la scrittrice riconosce come proprie. Anche il monito a studiare, ad avere una professione, "perché noi siamo ebrei!" passa come un ritornello da una generazione all'altra (Stepanova 2018: 322). Curiosamente, la componente ebraica della rivoluzionaria Sarra Abramovna Ginzburg, un nome che non po-trebbe essere piu significativo, traspare da quello che manca nelle sue lettere, dove balena qua e la il latino, la lingua delle diagnosi, il francese, 258 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution il tedesco, ma mai l'yiddish, la lingua del mondo familiare ma anche dell'esilio e dell'umiliazione. Nell'unico caso in cui nelle lettere si trova una frase in yiddish, fra l'altro non sua, ma del marito, essa viene messa fra virgolette e parentesi, come nella bacheca di un museo. In vecchiaia Sarra, che amava molto la musica, canta le marce della sua gioventu, Varsavjanka, la Marsigliese, l'Internazionale, dando voce a quanto aveva sepolto e dimenticato dentro di sé. Come il francese della giovinezza che riaffiora improvvisamente con l'arrivo di un lontano conoscente dalla Francia e in cui si ritira definitivamente (Stepanova 2018: 339). Gli anni in cui la bisnonna aveva vissuto a Parigi, acquisendo una professione che le avrebbe assicurato un futuro, avevano fatto di lei un'europea cosmopolita, una caratteristica che con gli anni si rivelera altrettanto pericolosa dell'origine ebraica. La paura della violenza sul singolo é un sentimento che trasmette a sua figlia e che accomuna tutti i personaggi. I pogrom zaristi, la violenza rivoluzionaria, il terrore staliniano, il complotto dei medici, influenzano la loro vita. Poccm, zde xpyzoeopom nacunua dnunca 6e3 ycmanu, fiopMupya ceoezo poda mpaeMamunecKyw anfiunady, no Komopoü oó^ecmeo nepexodum om 6edbi k 6ede, om eoünu k peeonwvuu, k zonody, k MaccoeuM yóuücmeaM, noeoü eoüne u noeuM penpeccuaM, cmana meppumopueü cMe^ennoü naMamu neMuozo panbwe dpyzux. fieoa^ueca, mpoa^ueca, nodepnymue pa6bw necoenadenuü eepcuu mozo, nmo cnyuunocb c naMu 3a nocnednue cmo nem, KaK cnoü nenpo3paHuoü óyMazu, 3acnonmm om ceema nacmoa^ee epeMa (Stepanova 2018:77). In Pamjati pamjati le persone scompaiono progressivamente, gli oggetti perdono il loro significato, si deteriorano, perdono braccia e gambe, come il bambino nudo di porcellana bianca, una "Frozen Charlotte", 259 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria che appare di spalle sulla copertina del libro. Prodotte in Germania dal 1850 al 1920 circa e associate a una ballata di Seba Smith che racconta la triste storia di Charlotte, una giovane donna morta congelata la sera di Capodanno, queste bamboline divennero popolarissime per il loro basso prezzo e le piccole dimensioni che consentivano di tenerle sempre con sé. Ne aveva una anche Marina Cvetaeva, che racconta nella sua prosa a proposito delle sue passeggiate infantili sul Tverskoj bul'var fino al monumento a Puškin, del suo gioco preferito, stabilire le ge-rarchie fra la sua bambolina, cosí piccola, il grande poeta e sé stessa, grande in proporzione alla figurina di porcellana ma piccola in confronto al poeta. Per Marija Stepanova che ne trova una da un rigattiere, le "Frozen Charlotte", di poco valore, corruttibili, rappresentano una grande metafora delle guerre del XX secolo, della sparizione di tante persone, della morte di Mandel'stam, un tema che ricorre piu volte nel libro. Rna Mena, ^mo mama. Mema^opa, e Komopoü oneHb MHo^o eew,eü c6umo. ^mo ManeHbKue KyKnu, Komopue cmounu e 6aKaneüHux naeKax Poccuu, repMaHuu, ÁMepuKu nonywKy, u,eHm, nonmu Hunezo He cmounu, caMue ManeHbKue - c Mmmeu,, caMue 6onbwue - caHmuMempoe 30, ohu cmounu dopoMe u nynwe coxpaHunucb. Ho xodoeue KyKnu, o hux nuwym ozpoMHoe Konunecmeo aemopoe, eKnwnaa MapuHy tyemaeey, deücmeumenbHo Hunezo He cmounu, no^moMy oneHb 6ucmpo ucne3anu, ux 6uno He mümko, ohu 6unu maKuM pacxodmiM MamepuanoM ucmopuu. Ecmb anoKpurfi o moM, nmo eom ^mux ManeHbKux ^na3upoeaHHux nenoeenKoe ucnonb3oeanu KaK cunynuü Mamepuan, aMopmu3au,uombiü, dna nepeeo3Ku xpynKux npedMemoe e moeapHux eazomx, mo ecmb ohu u3HananbHo 6unu npedHa3HaneHu, e moM nucne, Ha y6oü. ^mo 6una maKaa nexoma Mupa eoo6paMaeMo^o (Stepanova 2018:65). 260 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Partendo da una metafora, associandovi l'esperienza personale del singolo, Marija Stepanova ci consegna un'opera importante e necessa-ria che ha il respiro ampio del romanzo, un viaggio in un passato che si puo amare solo sapendo che non ritornera mai. $ 261 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria Bibliografia boym, s., 2001: The future of Nostalgia. New York: Basic Books. lebedev, s., 2001: PredelZabvenija. Moskva: Eksmo, trad. it. Id: 2018. Il confine delloblio. Rovereto: Keller. scandura, c., 2017: Dal punto di vista del non essere. Stepanova, M., Spogliatoio femminile. Poesia e prosa 2001-2015. Ed. e trad. C. Scandura. Roma: Gattomerlino. 103-109. stepanova, m., 2010: Stichi i proza v odnom tome. Moskva: NLO. stepanova, m, 2012: Kireevskij. Kniga stichotvorenij. Sankt- Peterburg: Puškinskij Fond. stepanova, m., 2014: Odin, ne odin, ne ja. Moskva: Novoe Izdatel'stvo. stepanova, m., 2015: Spolia. Moskva: Novoe Izdatel'stvo. stepanova, m., 2016: Dal punto di vista della transizione. La poesia russa da Puškin a Brodskij. E ora? Ed. C. Scandura. Seconda edizione. Roma: Edizioni Nuova Cultura. 2l5-220. stepanova, m., 2017: Spogliatoio femminile. Poesia e prosa 2001-2015. Ed. e trad. C. Scandura. Roma: Gattomerlino. stepanova, m., 2018: Pamjati pamjati, Moskva: Novoe Izdatel'stvo, trad. ted. Id: 2018. Nach dem Gedächtnis. Berlin: Suhrkamp / Insel. 262 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Pe3MMe ntMB naM3TM. 3aMeTKM o KHure M. CTenaHOBOM naMamu naMamu B HacToa^eM cTaTBe paccMaTpuBaeTca KHura M. CTenaHOBOM naMamu na.Ma.mu, u3gaHHaa b 2017 rogy, nocBam,eHHaa ee ceMBe u bm-crpauBaHuro OTHomeHuaM c npom.tiM, KOTopaa aB.aeTca ogHuM u3 BaKHeñmux TeKcTOB, HanucaHHtix Ha pyccKOM a3tiKe b noc.eg-Hue rogti. KHura 6ti.a BcrpeneHa c 6o.BmuM ycnexoM u He uMeeT aHa.oroB He to.bko b pyccKOM, ho u b MupoBoM .uTepaType. npoeKT Hana.ca KaK uccegoBaHue Toro, KaK pa6oTaeT Hama naMaTB. OrpoMHwM u 6ecnopagoHHwM apxuB .ro6uMOM TeTu ra.Ku, rge .uHHwe 3anucu (b KOTopwx .uhhoctb nopa3uTe.BHO OTcyTcTByeT) cocegcTByroT c ra3eTHWMu ropocKonaMu, Bno.He mo^čt cTaTB ot-npaBHOM TOHKOM g.a ucc.egoBaTe.a cBoero poga. Ho KHura Mapuu CTenaHOBOM ycrpoeHa MHoro co^Hee. B HeM Tpu nacru, geBaTB r.aB — gecaTB r.aB — neTtipe r.aBw; b nepBwx gByx nacrax r.aBw nepeMe^aroTca He^naeaMU — nog.uHHWMu nucBMaMu pogHwx, go-KyMeHTaMu, xpaHa^uMu ux ro.oca. BoKpyr 3tux nuceM — $oto-rpa^uu, npegMeTw 6trra; Bce ohu to.bko onucaHw, a He noKa3aHw. CTenaHOBa MHoro numeT o HegoBepuu k M3o6pa^eHMaM, KOTopwx cTa.o ceMnac c.umKOM MHoro, ohu — ot o^u^anBHBix ^OTorpa^uM go ce.<£u — npeTeHgyroT Ha to, hto6m npoTOKO^upoBaTB u noBTopaTB Bcro äu3hb, He y.aB.uBaa ee cyTu. B guanore c ee .ro6uMWM nucaTe.eM, B. 3e6a.BgoM, npoHuKHyTHM cTpacTBro k Mwc.u u yguBuTe.BHO MarKuM, nosTunecKuM ro.ocoM, no.yneHHHM KaK u3 nyBcTBeHHwx, TaK u MHTe..eKTya.BHbIx Ha6.ro-geHuM, CTenaHOBa co6upaeT HaMgeHHwe nacTu b naHopaMy n,e.oro BO3pacTa. B ero ocHOBe ^uBeT 6o.Bmaa ceMBa BpaneM, apxuTeKTopoB, 6M6.MOTeKapeM, 6yxra.TepoB u uH^eHepoB, HeHenoBeHecKux .rogeM, 263 CLAUDIA SCANDURA ► La polvere della memoria KOTopwe He npucoeguHaroTca k KaKUM-.u6o bcjhkhm npoeKTaM, ho KOTopwe b He^MBM.M30BaHHHx, HacM.bOTBeHHHx BpeMeHax nHTa- .ucb »MTb B CnOROMHOM, U,MBM.M30BaHH0M »M3HM. KTO ^TM .Mgu, KO- Topwe nyTemecTBOBa^M no BceM EBpone, Bce em,e ^u.u b Poccmm? Kto cge.a. Bce B03M0^H0e, htoôm ocraBarbca aHOHUMHMM m He npu.ara. oco6mx ycu.MM, htoôw cge.aTb ucTopuro MHTepecHOM? Ho mmêhho HeageKBaraaa npupoga HaxogKu npeBparn,aeT uccegoBaHua aBTopa B pOccMMcKMM KOHTeKcT BO HTO-TO HOBOe: «y Bcex 0CTa.bHbix 6bi.a ceMba, cocroam,aa u3 .rogeM, ynacrByromux b ucropuu; Moa 6w.a cocTaB.eHa T0.bK0 M3 mx apeHgaTopoB.» naMamu naMxmu — sto KHura naMaTu rpoMagHoro nyTemecTBua, m nyTeBogHaa HMTb coxpaHeHa g.a HMTaTe.eM. Claudia Scandura Claudia Scandura studied with A.M. Ripellino and graduated in 1973. She has held research posts at the Humboldt University in Berlin and at Sapienza University in Rome. She taught at the Institute for interpreters and translators "Maurice Thorez" in Moscow and the University of Tuscia in Viterbo. Since 2001 she is associate professor of Russian language and literature at Sapienza University in Rome. She adheres to the Italian Association of Slavonic Studies (AÏS), and to the Italian PEN Club. Since 2000 she collaborates with the Joseph Brodsky Memorial Fellowship Fund (JBMFF). She has worked on the literature of Russian emigration in Berlin and in Italy and she is currently focusing on Russian contemporary poetry and translation studies. She authored numerous publications in Italian, German and Russian. In 2010 she was awarded the prize "Lerici-Pea Moscow" and in 2016 the prize "Read Russia" for the translation of contemporary Russian poetry. 264 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution 265 DOI - 10.13137/2611-4216/22876 Per una poetica etica. Una voce d'oggi: Irina Kotova Irina Kotova: for the Ethics and Esthetics of Poetry $ margherita de michiel - mdemichiel@units.it SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution Irina Kotova: poeta, prosatore. (Al di là di un'appartenenza di generi.) Nata a Voronez, si laurea alla Facoltà di Medicina di quel-la città, poi al prestigioso Istituto di Letteratura IMLI intitolato a M. Gor'kij di Mosca. Autrice di versi pubblicati in prestigiose riviste russe (tra cui No-voe Literaturnoe obozrenie, Novyj mir, Novaja Junost'), in antologie e opere collettive (quali Moskovskaja muza XVII-XXI, 2004; Babij vek, 2008), ha partecipato a numerosi festival letterari internazionali ed è stata insignita di premi tra qui il "M.A. Bulgakov" (2009) non-ché recentemente il "Moskovskij scët" per il libro Podvodnaja lodka (Moskva, Vojmega, 2017). I suoi versi - chirurgicamente sensuali - sono innescati da temi urgenti della quotidianità (una volta di più, forse all'inverso: storica perché individuale). Il bisogno impellente della scrittura del mondo diventa parola - narrativa, suggestiva ed espressamente scientifica: a restituire un racconto del mondo quanto mai lucido, originale e ne-cessario. Esteticamente, cioè eticamente. Tradurre poesia è inevitabilmente tradirne la musica, anzitutto. Violentarne la perfezione. Ma anche Kotova è traduttore, e ha sot-toscritto responsabilmente quest'operazione di chirurgia estetica. Poetica, cioè. Poche note sottese a definire anch'esse, a finire, un In tono della lettu-ra, sono indicazioni laconiche per desiderio d'autrice di cronotopie della scrittura. Brevi ma intense scariche elettriche di conoscenza. Perché, lo sapeva Gaugin: "L'arte o è plagio, o è rivoluzione". 267 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica *** Irina Kotova, poet, prosaic. Born in Voronezh, she graduated from the Faculty of Medicine of that city, then at the prestigious Institute of Literature entitled to M. Gor'kij of Moscow. Author of verses published in prestigious Russian magazines (including "Novoe Literaturnoe obozrenie", "Novyj mir", "Novaja Ju-nost'"), anthologies and collective works (such as Moskovskaja muza XVII-XXI, 2004; Babij vek, 2008), has participated in numerous international literary festivals and has been awarded with prizes such as the "M.A. Bulgakov" (2009) and recently the "Moskovskij scët" Prize for the book Podvodnaja lodka (Moskva, Vojmega, 2017) Her verses - surgically sensual - are triggered by urgent themes of everyday life (once more, perhaps in reverse: historical because individual). The impelling need of writing the world becomes a narrative, suggestive and expressly scientific word: describing a world in a way that is as lucid, original and necessary as ever. Aesthetically, that is ethically. Here, we offer some translations together with only a few notes: laconic (under suggestion of the author herself) indications of some of the chronotops. Short but intense electrical discharges of knowledge. Because, as wrote Gaugin: "Art is either plagiarism or revolution". 268 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution My3bIKAAbHAfl mKATYAKA KHTAH-rOPOflA ycKonh3aw^aa Hamypa cKonh3um 3amunKoM no ceeweû nnumxe y3Kue n6u ucmopmecKoû npaedu eucoeueawmca Mewdy depeeaweK (xo3%ee dmux depeeamux doMoe co^nu 3awueo) KaKoe nydHoe Mocxoecxoe nemo — amMoc^epa npaHo^o nhaHo^o anoKanuncuca nununymu maHU,ywm mamo po6omoe Ha depeeamoM Hacmune My3bKanhHoû wKamynKu Kumaû^opoda Haneeawm e maKm mamo — Hac Hu-KmoHe nw-6um Hac Hu-KmoHe nw-6um cnuwuwh — ohu maHU,ywm mamo cmynam KaônymMu po6omoe cnuwuwh — Hac HuKmo He nwëum pa3-dea-mpuuu... mpudu,amh numue nyzyHHue KoeaHue cmyneuu ux nedauaa nazywanha wKypKa omdawmca op^aHHUM neuueM wa^oe ^ynKUMU wmpa^HUMu no wmame naMamu nepmuxawmca uëpuuM u,eemoM xonoduoû eoûHu KaK wanh nmo 3a naûKu nocmu nepenocmu me6a cxopo nocadam Ha deecmu nem yeedym c dmux ynuu, 3acyHym e mpynHurnx nod cypzyn cneno^nyxoHeMux cydeû nod 3eyxu mamo noôumoe zpuÔKoM He6o Kpowumca KycKaMu cmapoû mockobckoû wmyKamypKu nadaem nonadaem e meou Kedu denaem nepeue wa^u Had nponacmhw 269 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica 1 Negli ultimi anni a Mosca vanno demolendo molti edifici storici del centro citta. Edifici cui e legata un'enorme quantita di leggende - e di storie vere. Ivi comprese storie ri-guardanti le repressio-ni staliniane degli anni '30, quando in Russia nei lager morirono migliaia di uomini. Tra cui molte persone colte e di talento: marchiate dal titolo infamante di "nemico del popolo". Kitaj-gorod e un quartiere storico di Mosca, originariamente di mercanti, circonda-to da mura medievali. Il suo nome, di prove-nienza ambigua, pare riferirsi sia alla "Cina", sia a un termine antico che si riferiva allo steccato di legno utilizzato nella co-struzione delle mura. IL CARILLON DI KITAJ-GOROD1 la natura sfuggente scivola e cade su piastrelle recenti le fronti basse della verita storica si affacciano in mezzo a casette di legno (i padroni di queste case sono morti arsi vivi) quale incantevole estate di Mosca -atmosfera speziata spezzata di apocalisse lilliputh danzano un tango di robot sul tavolato di legno del carillon di Kitaj gorod canticchiano a tempo di tango -noi non - ciama ness-su-no noi non - ciama ness-su-no ascolta - loro ballano il tango battono con tacchi di robot ascolta - noi non ci ama nessuno un-due-treee... trenta gradini di ghisa di ferro fuso la loro pelle di ghiaccio di rana si concedono in canto dorgano e passi con multe sonanti lungo la stanga della memoria imprecano con colore nero guerra fredda e peccato che per like post e repost presto ti rinchiuderanno per duecento anni ti porteranno via da queste strade ti cacceranno manette sotto ceralacca di giudici ciecosordomuti sotto i suoni di un tango il cielo pesto di un fungo si sfalda nei pezzi del vecchio intonaco della capitale crolla finisce dentro alle tue scarpette moderne compie i primi passi sopra labisso 270 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution OHH XOTHT ^TO^O — ^eHe CaMOM^eHKO y zonodaw^ezo nonum3aKnwnëHHozo zna3a — pememKa ôydmo y Hezo maxMamHaa napmua u3HypumenbHaa maxMamHaa napmua Ha nopaweHue eecb ozoHb Mupa enympu Hezo u Hem uhozo opywua KpoMe zonoda uwzda nenoeeK Ha ceo6ode nonadaem e maxMamHyw napmuw mozda wenydoK numaemca npoconumbca Honbw Ha KyxHW — 3aKpumb pom xonodunbHuKy cymb npoôupaemca e cemnamKy u nanbv,u ^mom eo3dyx Kpymunu e cmupanbHoû MamuHe — omwanu docyxa nepeoû o3eepeemuû wenydonHuû cok nepeeapueaem nwôoeb KaK ôydmo u3 Heë Mozym nonynumbca ôenKu wupu yzneeodu nomoM KnemKu nonawmca om av,emoHa ôueaem nu cMepmb eo ônazo? 3anoMHu ohu xomam smozo ohu cbedawm meoû mo3z KaK mo3z oôe3baHu e pecmopaHe smo mu mu nodcmaenaemb zpydb nod ux aemoMamHyw onepedb cnumumb ohu xomam smozo ecnoMumw KaK Kpacueo mu exodumb e eody eemep uzpaem conHV,eM e nuHZ-noHZ menepb KoKmeôenbcxaa amnaHmuda daeum Ha zpydb eceû mawecmbw MamepuKa u Mopa 271 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica 1 Nell'estate del 2018 il regista ucraino Oleg Sentsov, condannato in Russia per false accuse di terrorismo, ha iniziato uno sciope-ro della fame. La sua richiesta era la libera-zione di tutti i detenuti politici dalle prigioni russe. Lo sciopero della fame è durato 110 giorni. Per sostenerne la causa Elena Samoj-lenko, kieviana, madre di tre figli, ha intra-preso lo stesso metodo di protesta. Ha indetto uno sciopero della fame, durato più di 40 giorni: poi è stata ricoverata. A differen-za di Sentsov, tenuto in vita da iniezioni en-dovenose, Elena ha ri-fiutato ogni assistenza medica. Elena è una cara amica dell'autrice. Con questa poesia, l'autrice ha cercato di fermarla da un atto estremo. Koktebel', cui si allude alla fine con toni di mitologia, è -coordinate geografiche a parte: luogo sacro di un'intelligencija che ancora esige, com'è ferocemente -storicamente - giusto, di affermare la propria esistenza. La propria superiore verità. LORO VOGLIONO QUESTO2 — A Elena Samojlenko il detenuto politico in sciopero della fame ha gli occhi - a graticola quasi fosse in una partita a scacchi unestenuante partita a scacchi a chi perde tutto il fuoco del mondo dentro di lui e nessunaltra arma oltre alla fame talvolta luomoin libertà finisce in una partita a scacchi allora lo stomaco prova a infiltrarsi di notte in cucina - per tappare la bocca al frigorifero larsura si insinua nella retina e nelle dita questaria è stata centrifugata -prosciugata del tutto per primo i succhi gastrici inferociti digeriscono amore come potessero estrarne i grassi le proteine i carboidrati poi le cellule cedono per acetonemia esiste una morte in favore? ricorda loro vogliono questo loro ingoiano il tuo cervello come senno di scimmia al ristorante sei tu tu che offri il petto alle loro raffiche di mitra ascolta loro vogliono questo ricordo che bello il modo in cui entri nellacqua il vento gioca col sole a ping-pong ora latlantide di Koktebel' preme sul petto con tutto il peso del continente e del mare 272 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution EE^HE HOTH flEPEBbEB e moM daeneM nep^oMance npmoe e KocmwMe puMCKo^o UMnepamopa ezo ^onue nozu (npoceenueawmca Mueue eenbi) -e xpacnoú MuMe ma3UKa deeywm-paôbina ux Moem Kpacnoe nodnuMemca do Konen nomoM - cmeKaem ne ocmaenaem u,eema enacmu nozu uMnepamopa -ecezda nucmue e moM daeneM nep^oMance 6ydyw,ee 3aznodueaem e npownoe uepe3 Kpaü ma3um noeum ceoë Kpoeaeoe ompaMenue 3a nozu ecnu omMenumb uMnepamopa pa3eecmu e ma3uKe u3eecmb u3 uezo ebpacmym ôenue nozu depeebee LE BIANCHE GAMBE DEGLI ALBERI3 in quella vecchia performance - prigov e in costume da imperatore romano - le sue gambe son nude (intravvedi le vive vene) nel liquame rosso della bacinella la donna-schiava le lava il rosso arrivera alle ginocchia ma poi - cola via non lascia colore del potere i piedi dell'imperatore son sempre puliti in quella vecchia performance il futuro sogguarda al passato dal bordo di una bacinella afferra il suo riflesso di sangue per i piedi se si rimuove l'imperatore si versa calce nella bacinella di li cresceranno gambe bianche di alberi 3 Dmitrij Prigov (19402007) è stato un poeta russo avanguardista, pittore, scultore, autore di collages, installazioni, performance. Figura di mito, di estremo rispetto, negli ambienti dell'intelligencija russa e ad essa vicini, è stato uno dei fondatori del cosiddetto "Concet-tualismo moscovita". Nella sua arte posto fondamentale è sempre stato dedicato all'idea della libertà dell'uomo. 273 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica ^ETHHA HEPHOBH^bCKOH A^C * nenoeeK neped 3epKanoM c6pueaem w,emuny 3eMnu co ceoux noKa Mueux w,£k noKa Mueozo adoeumozo ñdepnozo 3azapa zoeopum xpunnuM zonocoM pa3noMa 3eMuoü Kopu zoeopum: MHe — Kaneu, nonpo^awcb c donKoü u ece —Qunuma ho 6... db KaK He xonemca yMupamb Muno e aMonKax Ha w,eKax Muno nenumca neHoü Mopa Mope znyxo zynum 3a okhom MyMnuna ne3eueM paHum ^exy u3 w,eKu eumeKawm üod v,e3uü ypaH nnymoHuü cmponv,uü pacnnaenemue Memann necoK 6emoH ece ohu — xpacnozo v,eema 6ydyw,uM 6nedHonuu,uM paKoM ^umoeudKu zonoea deeonxu 3aznadueaem 3a 6enyw deepb apmeKoecxoü aM6ynamopuu cMompum e nycmoe 3epKano e3epKane Haecezda cdeuzawmca mexmonunecxae nnumu * ecnu nocmaeumb e u,enmp nepnozo zna3a peaKmopa y,upKynb eu6pamb paduyc mpudu,amb xunoMempoe u noeepnymb BHympu oKaMemca 3oHa omnyMdeHua He pa3pemaemca — 6pamb doMawHux Mueomnux uzpyrnxu edy aemoMo6unu mu eepneMca nepe3 mpu dna — o6Manueawm nwdeü nuMaMu 274 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) - Arts and Revolution cbeMHbie uenwcmu pacmpecxueawmca om zonoda e cmamrnx He omny^eHHue coôaKU dywamca v^ennaMU v,eneu ÔU6HU 6ynhdo3epoe 3ammbieawm KoMhaMU 3eMnu Mocmoeue Mocmu uyzyHKU neuHue mpyôu — cyeeHup apxeonozaM 6ydyw,ezo öypma w^emuHa mpaeu e cyMepKU HanoMUHaem zynaw^ux no 6epezy oKeaHa duHo3aepoe c He6a eMecmo Kanenh dowda ceucawm puôonoeHue KpwuKU ohu npoHUKawm nod cnev^oexu. nod HUMHee 6enhe nod Kowy udëm noena Ha Muev,a LA SETOLA DELLA CENTRALE NUCLEARE DI TCHERNOBYL'4 * l'uomo davanti allo specchio si rade le setole ispide della terra dalle guanee ancora vive di un colorito ancora vivo velenoso nucleare dice con voce roca di crepa di crosta terrestre dice per me è la fottuta fine mi accommiato con mia figlia e via - "Finita è." ma c.zo come non voglio morire sapone nelle fossette delle guance il sapone schiuma come schiuma del mare il mare sordo romba alla finestra l'uomo con la lama si ferisce la guancia dalla guancia sgorgano iodio cesio uranio stronzio plutonio metallo sabbia cemento liquefatti tutti sono - di colore rosso 4 Il disastro di Tchernobyl' - l'esplosione della quarta unità della centrale nucleare avvenuta il 26 aprile l986 - ebbe come conseguenza una moltitudine tragica di vittime umane. Tchernobyl' si trova nel territorio dell'U-craina, che nel 1986 faceva parte dell'URSS. Quando era studente del primo anno dell'I-stituto di Medicina, l'autrice ando come volontaria a lavorare per i bambini evacuati dalle aree infette alla divisione medica del Campo dei Pionieri sovietici. Il poema è stato scritto sulla scia di incontri e im-pressioni personali. 275 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica lei futuro cancro alla tiroide dal viso smunto lei la sua testa bambina sbircia oltre la porta bianca dellambulatorio guarda lo specchio vuoto nello specchio per sempre si smottano zolle tettoniche * se punti al centro dellocchio nero del reattore un compasso scegli un raggio trenta chilometri lo ruoti all'interno hai la zona di esclusione di li e vietato - portar via animali domestici giocattoli cibo automobili noi torneremo tra tre giorni -ingannano gente i pigiami mascelle amovibili nei loro bicchieri hanno crepe di fame 276 cani non liberati si strozzano nelle catene zanne di bulldozer si impastano in zolle di terra marciapiedi viadotti stoviglie ghisa fumaioli sono souvenir per gli archeologi del futuro la setola in bufera dellerba ricorda al crepuscolo dinosauri che vagano su rive di oceani dal cielo invece che gocce di pioggia pendono ami da pesca penetrano sotto le tute da lavoro sotto la biancheria intima sotto la pelle e incorso la caccia allesca viva SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution BE^OCHnEAHHE PYAH — A. napm,MKOBy oôdonôamue nuoHepu coôupawm eenocunedHue pynu ôydmo KaK v,eemu peym pacmyw,ue u3 6epeza pyxu HU^e^o He MeHaemca — ece mom Me mmopM ece me Me deH^u mo Me MopoMeHoe ece me Me cnymHuKu nemam k Mapcy u MapKc onamb e Mode nmewu,oebie pmu m^^ ôpocunu Kypumb — KonneKU,uoHupywm doMdb 6o^u-6aKMHU 3acmunu no w,monomKy e eode MeHW,uHbi exodam e MyMcxyw eody MyMuuHu — e MeHcxyw Kpumm ^onocaMU ôaKnawe om ydoeonbcmeua ece He uyecmeywm ceôa cnacmnueuMu Ho yMupamb He xomam Menmony3ue necnuHKu nnaMa cmanu mnaKoônomMu u.uHKoeuix zpo6oe ynanu Ha mawHKu namumcKux cmpenKoe Ha Kpumu zpy3uHcxux nam^maMeK Ha ycamue ykpauHckue nona mo umo nenunu demu u3 necrn ocmanocb 3a cnuHoû 6ydyw,ezo nodnpuœueaa Ha eonHax Hadeembca — eom euôpocum meôa 3a 6yûxu ecmpemumb maM ^naeHUû eenocunedHuû pynb u — 6ydem cnacmbe ho ecezda ecezda ynupaembca ^onoeoû — e uepw3ëM. 277 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica Alexey Parscikov è un poeta russo, uno dei principali rappresentanti del me-tarealismo degli anni '80. Apparteneva alla cerchia dei cosiddetti "poeti non ufficiali." Nel suo poema Novo-godnie strocki (Poesie per l'anno nuovo) si incontra il verso: "Cos'è il mare? È una discarica di manu-bri di biciclette." MANÜBRI DI BICI5 — ad A. Parscikov giovani "pionieri" sballati raccolgono manubri di biciclette e come fossero fiori strappano braccia che crescono su dalla riva nulla cambia - la stessa tempesta gli stessi soldi lo stesso gelato gli stessi razzi che vanno su Marte e Marx e di nuovo di moda le bocche pulcino delle termocentrali non fumano più -collezionano pioggia dèi-cormorani congelano alle caviglie nellacqua le donne entrano nellacqua maschile gli uomini in quella femminile urlano con voci di cormorani per il piacere 278 è tutto non si sentono felici ma di morire mica hanno voglia in spiaggia i granelli di sabbia dalla pancia gialla son divenuti mattoni di bare di zinco caduti sui carri di tiratori lèttoni sui tetti di vecchi edifici georgiani su campi baffuti ucraini gli stampi di sabbia fatti dai bambini sono rimasti alle spalle del futuro saltando sulle onde tu speri -adesso ti butteranno oltre la boa incontrerai li il capo manubrio di bici e - sarai felice ma sempre sempre sbatti la testa - nella terra nera. SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution KPHBblE 3EPKAAA mo^^a pacKononocb npocmpancmeo — Kpueue 3epKana ebunadueanu KpueuMu 3pauKaMu u3-3a na3yx ôponewunemoe e nux ne cMernno ompawanucb: pom MaKoeo^o nupowrn dyna nyneMema — na meöa. ocnennue ocKonKu men doMoe -no cmoponaM ceema po3oeuú Kocmnuú M03^ — na y^onbHbx oôpyômx Ho^ öymunonnue ^opnblWKU a^ponopmoe 3a6umue ne ono3nannuMu ducnemuepaMu deMapKau,uoHHbie nunuu pa3dena Mepmeoû 3eMnu u xonod xonod xonod ^opñw¡ux manKoe ne ompawanucb — 3anacnue ^onoeu pyKu nozu ^onoca adpeca ece ôbino — ne maK eoûna — KaK Medeedb y nezo nem MUMunecxux Mop^un nomoMy e^o mpydno dpeccupoeamb darne e xpueoM 3epKane 279 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica SPECCHI CONVESSI allora si frantumo 10 spazio -specchi convessi parevano pupille sghembe causa i giubbotti antiproiettile in essi senza niente di comico si riflettevano: la bocca di un dolce al papavero le canne di una mitragliatrice -contro di te schegge vaiolo di corpi di case -per tutti i lati del mondo 11 midollo rosa - su tronconi carbone dei piedi pesti colli di bottiglia di aeroporti non identificati dai controllori linee di demarcazione di separazione di terra morta e freddo freddo il freddo di carri armati in fuoco non si riflettevano: teste mani braccia voci indirizzi di riserva tutto era - non giusto la guerra è - come un orso non ha rughe mimiche per questo è difficile da ammaestrare anche in uno specchio convesso 280 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution *** POST SCRIPTUM. In chiusura di volume, ancora poche parole d'altri date in parole nostre - di traduzione. Un breve A solo come eco ideale dell'ini-ziale In tono: D. Osokin, Angely revoljutsii, 2001. "Gli angeli del-la rivoluzione". A casa di Natasha Pikeeva vivevano angeli. Il che non deve sorprendere - una ragazza come lei, per forza aveva sempre la casa piena di angeli. Dopo la rivoluzione in casa di Natasha gli angeli aumentarono, nel cielo invece volavano bolscevichi con fasce rosse al braccio. Natasha aveva il suo bolscevico prediletto, lui le volava davanti alle finestre e imprecava di brutto, ma Natasha sapeva che era una brava persona. Gli angeli naturalmente avevano paura dei bolscevichi, ma a questo, a quello di Natasha, si erano affezionati: stavano appostati alla finestra e quando quello appariva andavano a chiamarla all'istante. Il bolscevico vedeva la casa, e la finestra, nella finestra una ragazza, la piú bella del mondo, e intorno fluttuavano angeli. Poi la finestra si dissolveva e scompariva alla vista, mentre in casa a tutti si sollevava lumore - Natasha e gli angeli tiravan le tende, si sedevano comodi e iniziavano a cantare una canzone: Nel campo l'erba novella Nel campo una vergine bella Nel campo un ceppo e un tronco Nel campo la vecchia Maria. Amico mio. É tutto. 281 MARGHERITA DE MICHIEL - Per una poética etica Margherita De Mifaiel Margherita De Michiel e Professore Associato di Lingua e Letteratura Russa presso la Sezione di Studi in Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori del Dipartimento di Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell'Interpretazione e della Traduzione (SSLMITIUSLIT) dell'Universitä degli Studi di Trieste. La sua ricerca, caratterizzata da forte interdisciplinarietä, si applica a questioni di semiologia, linguistica, traduttologia, filosofia del linguaggio, ermeneutica, semiotiche non verbali, principalmente in relazione alla cultura russa. E autrice di traduzioni letterarie di poesia e di prosa (A. Blok, S. Esenin, M. Tsvetaeva, I. Turgenev, V. Pavlova, L. Ulitskaya) e di numerosi articoli a carattere analitico e metodologico (in italiano, russo, francese, inglese). Ha curato in particolare la pubblicazione di scritti inediti di Ju. M. Lotman, della scuola diMosca-Tartu, diM.M. Bachtin e del suo Circolo, di G.G. Spet, di G.O. Vinokur, di R.O. Jakobson. A M.M. Bachtin ha dedicato una monografia dal titolo "Il non-alibi del leggere". E membro del comitato scientifico di "Enthymema" (Rivista internazionale di critica, teoria e filosofia della letteratura). *** Associate Professor of Russian Language and Literature, High School for Interpreter and Translators SSLMIT IUSLIT, University of Trieste. Research activity fields: Semiotics, Translation Studies, Linguistics, Hermeneutics, Philosophy of Language, Music and Science, Multimedial Translation, in relation to modern and contemporary Russian culture and literature. Author of translations into italian of Russian poetry and prose (A. Blok, S. Esenin, M. Tsvetaeva, I. Turgenev, V. Pavlova, L. Ulitskaya) and of several works on theory and methodology, published both in Italy and abroad (in russian, 282 SLAVICA TERGESTINA 21 (2018/II) «- Arts and Revolution english, french). Editor and translator of unpublished works by Yu. Lotman, Moscow-Tartu School of Semiotics, G. Shpet, di G. Vinokur, R. Jakobson, the Bakhtin's Circle, M. Bakhtin. To the latter she dedicated the book "II non-alibi del leggere". Member of the Scientific Board of ENTHYMEMA (International journal of literary criticism, literary theory, and philosophy of literature). 283 slavica TERgestina volumes usually focus on a particular theme or concept. Most of the articles published so far deal with the cultural realm of the Slavic world from the perspective of modern semiotic and cultural methodological approaches, but the journal remains open to other approaches and methodologies. The theme of the upcoming volume along with detailed descriptions of the submission deadlines and the peer review process can be found on our website at www.slavica-ter.org. All published articles are also available on-line, both on the journal website and in the University of Trieste web publication system at www.openstarts.units.it/dspace/handle/10077/2204. slavica TERgestina is indexed in The European Reference Index for the Humanities (erih plus). 9771592029007 977159202900720