ANNO XXL Capodistria, 16 Marzo 1887. N. 6. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1* ed il 16 d'ogni mete. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 8; temei ire e quadrimestre in proporiione. — Gli abbonamenti li ricevono pieno la Red&iione. Religione e patria Nella commemorazione agli eroi di Dogali fatta a Besana nella Brianza un R. Padre cappuccino, missio-l nario, con parole ispirate a vera fede e sentito patriot-f tismo commosse fino alle lagrime i devoti, che accorsero in numero strabocchevole nella chiesa di quel luogo. Preso a testo il passo d'Isaia : 1 nostri morti torneranno a vivere, i vostri uccisi risorgeranno; destatevi e date j voci di laude, perchè la rugiada vostra, o Signore, è rugiada di luce, dimostrò che se gì' italiani devono piangere per la morte dei loro fratelli, devono anche cantar laudi, perchè da eroi morendo a Dogali, glorificarono sè stessi, Ja patria, la religione ; e, ricordata infine la parte presa dai vescovi al lutto nazionale qual prova che reli-[ gione e patria commuovono insieme il cuore dell'uomo e lo spronano al bene, aggiunse eh' egli pure, umile cap-| puccino missionario, lontano dalla grande patria, banditore dell' augusta religione di Cristo, mai dimenticò di rendere insieme stimata ed amata l'Italia. — Conchiuse con efficace invito alla preghiera ed al soccorso dei fra-i telli danneggiati dal recente terremoto, pei quali furono raccolte subito copiose offerte. Tra i vescovi delle molte città italiane che com-! mossero colla calda parola ispirata dalla fede e dal ; patriottismo nel commemorare il 26 gennajo sacro agli eroi caduti a Dogali, segnaliamo anche monsignor Ber-| sani vescovo di Lodi. Egli disse, tra altro, "che la Religione ammira 1' eroismo dovunque si trova, benedice e onora quei generosi che amano di schietto amore la j patria, e nel forte sentimento del loro dovere trovano il coraggio di morire per lei., Ed in altro punto del suo discorso esclama: "E a Verona e a Casamicciola, e di recenti sulla riviera 1 Ligure, non meno che a Santa Lucia, a Curtatone, a Custoza, a Solferino si è potuto vedere quanto valga il soldato d'Italia, qual cuore si abbiano questi giovani campioni, sia che attraversino nuotando i vortici di un torrente devastatore portando sulle loro spalle o stretti al collo qualche povero vecchio, qualche tenero bambino, sia che obbedienti alla voce dei loro capitani affrontino impavidi la morte per la difesa della loro patria.. Articoli comunicati d'intereiie generale ai itampaao gratuitamente. — Lettere e denaro franto alla Redaiione. — Un numero leparato ioidi 15. — Pagamenti anticipati. Per onorare i prodi soldati dell'Africa il Consiglio comunale di Roma approvava il seguente ordine del giorno: Ai gloriosi soldati di Dogali — che coli' insigne valore — superando le leggende dei Fabi — Roma — incide una lapide in Campidoglio — perchè questo Colle augusto — che ricorda al mondo — le virtù militari de' nostri padri — raccolga e consacri — a conforto ed esempio — della grande patria italiana — le primizie dei miracoli nuovi. Popolazione di Trieste nell'anno 1886 In complesso vi furono in quell' anno nel Comune di Trieste : Nascite 5290. Matrimoni 1187. Morti 5816. Crediamo poi cosa utile ai cultori della patria statistica di far conoscere il movimento della popolazione (nati, copulati e morti) avveratosi in Trieste nell' ultimo decennio. Eccone le cifre complessive : anno popolazione nati coniugati morti 1876 127,262 5170 1098 4494 1877 127,590 4822 1045 4420 1878 127,873 4926 1036 4643 1879 128,233 4929 1107 4569 1880 141,740 4875 1117 4649 1881 142,654 5028 1166 4554 1882 144,494 5126 1158 4294 1883 146,357 5107 1171 4344 1884 148,245 5085 1241 5012 1885 150,157 5040 1222 4545 1886 152,093 5290 1187 5816 Sull'aumento di popolazione apparente fra il 1879 ed il 1880 devesi ai lettori una spiegazione. Fino all' anno 1880, in cui ebbe luogo il censimento generale della popolazione, la cifra di questa veniva presunta sulla base dell' aumento vegetativo (nascite e morti) senza tener conto dell'altro fattore, non meno importante per il calcolo della popolazione di un grande centro di movimento coni' è Trieste, vuoisi con ciò accennare alle immigrazioni ed emigrazioni nel e dal Comune ; ciò che invece fu fatto dal 1880 in poi. Laonde, se tra il censimento ufficiale del 1869 e quello del 1880 si fosse tenuto conto di ambidue i fattori per il calcolo della popolazione, la cifra della stessa calcolata per gli anni 1876 e seguenti si presenterebbe più conforme al vero; e precisamente : anno popolazione 1876 134,397 1877 136,225 1878 138,077 1879 139,955 1880 (cens. uff.) 141,740 Giova notare che nelle cifre della popolazione non è compresa la guarnigione, nè sono compresi glie-quipaggi dei navigli ormeggiati in porto, e neppure le nascite, i matrimoni e le morti riferibili al militare. Navigazione Approdi nel 1886 : Navigli a vela carichi 3153, ton. 135515, vuoti navigli 817, ton. 76816; totale nav. 3970, ton. 212521. Navigli a vapore: Carichi 222S, ton. 858372, ìonPnav. vuoti 608, ton. 80825, totale nav. 2836, ton. 939197, nav. vuoti 1425, ton. 157631; totale nav. 6806, ton. 1151718. Nel 1885 in totale nav. carichi 5381, ton. 1065956, nav. vuoti 1582, ton. 201990; totale nav. 6971, ton. 1267946. Partenze nel 1886: Navigli a vela carichi 3267, ton. 195082, nav. vuoti 679, ton. 18014, totale nav. 3646, ton. 213096. Navigli a vapore: Carichi 2630, ton. 902458, nav. vuoti 176, ton. 34512, totale n^v. 2806, ton. 936970, riuniti nav. carichi 5897, ton. 1097510, nav. 855, ton. 52526, totale nav. 6752, ton. 1150066. Nel 1885 in totale nav. carichi 6207, ton. 1189323, nav. vuoti 725, ton. 74728, totale nav. 6932, ton. 1264051. L' UNIVERSITÀ ITALIANA Venti e più anni sono già trascorsi che gli studenti istriani, goriziani e trentini facendo eco ad un desiderio generalmente sentito e propugnato anche dai nostri giornali, presentarono un memoriale alle Diete delle loro rispettive provincie, perchè, unite, volessero domandare al Governo la concessione di una facoltà politico - legale italiana, e ne presentarono uno alla Rappresentanza comunale di Trento, perchè anch' essa d' accordo alle altre Rappresentanze dei Trentino facessero qualche passo. Il patriottico Municipio di Trento diramò subito ai vari Comuni della provincia un apello per presentare cumulativamente un memoriale al Ministero. Ricordiamo che tra gli argomenti esposti nel succitato Memoriale, dettato con logica stringente, c'era anche questo : A chi opponesse l'eseguita del numero degli studenti italiani, saremmo in grado di dare le migliori assicurazioni che l'Istria (ben inteso con Trieste) il Goriziano ed il Trentino offri- I rebbero il necessario contingente non per la sola facoltà legale, ma (e qui lo notiamo in corsivo, essendo così ora il voto più caldo di tutte le nostre provincie) per una intera Università; chè gli studenti di nazione italiana inscritti alle Università della Monarchia ascendono ad oltre trecento e quaranta. Il municipio di Trento inviò còpia del Memoriale a tutti i principali Municipi del Trentino, da cui s'ebbe subito unanimi adesioni; e il Consiglio-comunale di quella città in una sua tornata dello stesso anno 1876, cioè oltre vent'anni fa, sanzionò a voti unanimi 1' operato. Quanto abbiamo fin qui detto è cosa ormai stantìa, fritta e rifritta su tutti i toni, ma ancora utile a ripetersi, se non altro, come luminoso fatto storico di quanto s'adoprarono e s'adoprano i nostri paesi per ottenere una Università italiana in un paese italiano, oggi, proprio oggi, che lingua e coltura ci vengono insidiate con tanto accanimento. Quanto di recente fecero con Trento, — Trieste e l'Istria, è ovvio ripetere, se ancora risuonano le voci di tutta la stampa; riportiamo piuttosto la recente risoluzione del Consiglio comunale di Gorizia che si associa ad un antico desiderio di quella e delle altre | provincie, il quale per essere tanto legittimo verrà, non dubitiamo, sollecitamente soddisfatto. Ecco la risoluzione del Consiglio di Gorizia: La rappresentanza cittadina di Gorizia, conscia del grave danno che deriva alle provincie italiane dell'impero dalla mancanza di una completa università italiana e del sommo vantaggio che ne trarrebbero da tale istituzione, si associa alla risoluzione presa nel dicembre 1886 dalla Dieta di Trieste ad ottenere l'istituzione in quella città di una completa università italiana, ed ufficia 1' esecutivo a redigere in tali sensi un Memoriale da innalzarsi alla presidenza del Consiglio dei ministri ed alla Camera dei signori e dei deputati in Vienna, dando di ciò partecipazione alla Giunta provinciale di Trieste. — FILLOSSERA Da una corrispondenza di Torino (9 marzo) alla Perseveranza, togliamo il seguente brano, riguardante la via da tenersi in avvenire per la coltura delle viti più resistenti alla fillossera e specialmente l'introduzione di un vitigno indigeno italiano, del genere Labrusca, chia-mato dai nomi di due viticultari che lo scopersero, vitigno Grumello-Monzini, la bontà del quale fu dopo esperimenti eseguiti in Francia dai più distinti viticultari interamente confermata per la eccezionale sua resistenza al terribile afide. Vi ho preavvisato, così il brano della corrispondenza, che il professore E. Ottavi avrebbe ottenuto ai viticultari piemontesi una conferenza intorno alla invasione imminente delle vigne subalpine della fillossera, la quale già si estende nella provincia di Novara. Ormai coloro che non sono digiuni di ampelografìa e di qui-stioni fillosseriche prevedono non lontano il tempo in cui anche in Italia dovremo cercare un modus vivendi col terribile afide, ricorrendo alle viti americane di qualità resistente, senza aspettare nè la manna del Governo, nè la scoperta di un insetticida da mettersi a fascio cogli altri specifici ciarlataneschi sfruttati dai furbi a danno dei credenzoni. Certo è però che, anche preparandoci a ricevere la fillossera, la quale può tardare dieci anni come può d'un salto manifestarsi dove non la si attende, conviene continuare ad iniziare esperimenti pratici e serii su terreni di diversa costituzione, per provare quali siano le qualità che meglio si adattano alla campagna dell'Astigiano, e quelle delle Lan-ghe del Canavese, dell'Alto Monferrato. Così risparmieremo molte disillusioni, come avvenne in Francia, dove ancora oggidì si discute sulla adattabilità delle Riparie, degli Aestivalis, delle Rupestri*, degli ibridi ottenuti in grande numero, nonché sulla possibilità di farvi attecchire gli innesti e di ottenerne frutta buono e copioso : il che è indispensabile per compensare le spese e le fatiche del viticultare. Fra gli ibridi, uno accennato dal prof. Ottavi e che interessa anche i Lombardi, è il vitigno Grumello -Alonzini, il cui duplice nome vi dice come siano stati due viticultari che l'anno allevato, fatto conoscere ed anche battezzato in contradditorio, ciascuno dei due illustratori del vitigno stesso, riconosciutosi indigeno italiano e di solida resistenza alla fillossera, arrogandosi per se solo il merito della scoperta. Il Grumello-Monzini del genere Labrusca, ibridato, di frutto discreto e di gusto schietto, scevro del fuxij, che contraddistingue i vitigni americani. Il professor Sahut ed altri esimii viticultari ne fecero esperimenti in Francia e confermarono la bontà del Grumello-Monzini. Se al Ministero di Agricoltura si sapesse, o meglio si volesse praticamente studiare il modo di estendere rapidamente la coltivazione di quest' ibrido nostrano e la ricerca di altre specie affini, non si farebbe opera saggia e profittevole alla viticoltura nazionale, la quale corre un pericolo assai grave. Un altro ibrido, cui portò fortuna anche il nome, è 1' Othello, scopertosi in Francia e diffusosi colà assai prestamente, come ottimo produttore diretto. Ma la fama dell' Othello corre anche fra noi, ed al Circolo Enofilo Torinese, dove si intraprese la diffusione della yite americana, affluiscono le domande di quel vantato produttore. Peccato che le talee siano assai scarse e finora non siasi detta T ultima parola dalla scienza in fatto di disinfezione delle talee stesse, ciò che si vorrebbe sapere con certezza e con urgenza per averle dalla Francia e per respingerle con iscrupolosa cura ove il pericolo esistesse, se il sistema Koenig non vale a distruggere i sospetti. ELENCO delle famiglie capodistriane estinte nel decorso secolo, e di quelle in corsivo, che trasferirono altrove il loro domicilio ; rilevato dai registri parrochiali e comunali da Andrea Tommasich. Acerboni, Albis, Alessandri, Aliprandi, Agostini, Amoroso, Angelini, Andrioli, Artusi. Badini, Baldini, Ballarin, Barbabianca. Barbo, Barroviera, Bartoli, Basiaco, Basilla, Bassi, Bavolia, Bazzarini, Belgramoni, Bellati, Bellisini, Bernardelli, Bertini, Benvestio, Benzoni, Bettini, Bianchi, Bianconi, Bisachi, Bogasich, Bonacorsi, Bonati, Bonzi, Bortolazzi, Bortoli, Bortoloni, Borsatto, Bosco, Bosi, Bracciadoro, Brana, Brancaleone, Bratti (conti), Brinis, Bucassino-vicli, Bugna, Bulti, Burero. Caligarich, Canonica, Capodaglio, Cargnati, Carli, Carlini, Carlo (Zaroba), Carniel, Carpaccio, Castro, Catti, Celadin, Celleglie, Ceriani, Ceroni, Cerutti, Ce-saro, Cestari, Cirilli, Clarich, Claugnan, Collaretto, Colloticli, Colognan, Coltrina, Combi, Conte, Contestabile, Corretti, Corner, Cosa, Costadonna, Costantini, Coterie, Crevatin, Culinazio, Cusma. Daris, Davanzo, David, Debernardi, Declencich, Degrassi, Delise, Dellacqua, Delleore, Dereto, De-Mitri, Dorligo, Dragogna. Elio. Fabris, Fadon, Fontinato, Fantini, Fanzago, Fa-vetta, Fattori, Fedel, Festi, Filippini, Fiori, Fini, Fla-mia, Fontana, Fontanini, Formentoni, de Forno, Fortuna, Franceschi, Freschi, Fumis. Gabbrielli, Gabelli, Gallina, Garusa, Gavardo-Garbinetti, Germanis, Gero, Gervasio, Giaeomini, Giganti, Giusti, Gobbetti, Gonzaghi, Gonzatica, Gorella, Gregoretti, Grisoni, Guerci (Verzi), Gulich, Guligia. Ingaldeo, Isdrael, Iudri. Leva, Levante, Lucanovich, Lugnani. Maffei, Majer-Gravisi, Mani, Maniago, Manzioli, Marchesan, Marchiori, Marega, Marghetta, Marignani, Marini, Marinze, Martichia, Maruffì, Matteis, Mazzu-chi, Mecchia, Melchiori, Metalich, Migliorini, Milossa, Minio, Misolich, Montanari, Morelli, Moreschi, Moretti, Morzana, Mozzetti, Mucignota, Mulon. Navarino, Nemaz, Nichetta, Novichi. Orioli, Orlandi, Orlandini, Ossana. Palamari, Palach, Palese, Palpegra, Paolini, Parigini, Parovan, Pavolan o Paolan, Pegan, Pelizioli, Pelizzoni, Peracca, Perach, Persia, Petronio, Petrilli, Piccinini, Piccoli, Pierini, Pinguentini, Piuma, Piz-zamei, Placuta, Prolissa, Purich, Puschi. Raffaelli, Rainis, Ravaito, Riccioli, Rieger, Rigoni, Riva, Rizzatto, Rizzi, Rizzotti, Rodar, Rondolini, Ronzoni, Rontich, Roselli, Rossi, Rota, Ruffini. Sabini, Sacrato, Saffaro, Saino, Santini, Sau, Sbanda, Scarlìchio, Schiatta, Schirati, Sebastiani, Sebastia-nelli, Segalin, Selanca, Sereni, Sfara, Siena, Silvella, Silverio, Simonetti, Siotti, Solveni, Smole, Sponza, Stan, Stanchi, Stel, Stradiotti, Suban. Tacco, Tagliaferro, Tamburini, Tangiuta, Tarsia, Theylss, Terma, Tiepolo-Gravisi, Torre, Tramontana, Trevisan, Tuminer, Tuncich, Turchetto. Ugo. Valle, Valenti, Valentini, Vanto, Variola, Vecelli, Venier, Venturini, Veri, Vida, Vittori, Volpe, Vrana. Xia. Zalateo, Zumar in, Zambler, Zampieri, Zampini, Zanfranchi, Zanutti, Zarotti, Zengler, Zocchi, Zuliani. ZfcT o tizi e 11 professor Ristich Kovacicli tenne non è molto a Genova una conferenza che, a dir vero, destò parecchia sorpresa per il suo tema di un gusto assai strano e bizzarro, dal titolo: Un ponte ideale sull'Adriatico. Il professore, che si dice serbo di Risano, propugna un riavvicinamento del popolo italiano col popolo serbo, il quale paragona al piemontese. Ecco il suo ideale: La Serbia, cui spetta un grande avvenire, dovrà formarsi uno stato assai vasto, comprendente la Bosnia, 1' Erzegovina, gli Stati balcanici, l'Ungheria meridionale, la Croazia, la Slavonia, l'Albania, la Dalmazia e . . . . anche l'Istria. Trieste sarebbe, secondo il Kovacich, capoluogo di provincia e Prisrend la capitale. Dunque all' Istria toccherebbe questa nuova fortunata combinazione ; non basta Croata ma anche Serba ! E poi? . . Alla vigilia delle elezioni germaniche il vescovo di Strasburgo emanava la seguente nota ai suoi curati: .Accadde più d'una volta che in occasione delle elezioni municipali del clero sieno stati implicati in difficoltà più o meno sgradevoli e che il Governo si è creduto obbligato di comunicarci dei lagni in proposito. Essendo alla vigilia delle nuove elezioni legislative, che prendono un carattere più serio e più vivo che mai, crediamo dovervi raccomandare la maggior riserva, e soprattutto invitarvi a non portare sul pulpito la questione elettorale, affine di evitare così ogni agitazione compromettente pel clero." Cose locali Bollettino statistico municipale di Febbrajo 1887. Anagrafe. — Nati (battezzati) 22; fanciulli 12, fanciulla 10; — Morti 35; maschi 13 (dei quali 7 carcerati), femmine 5, fanciulli 10, fanciulle 7 al di sotto di sette anni, nati morti nessuno. — Trapassati. 3. Vattovaz Francesca fu Biagio, d'anni 79 ; — 6. Tarabocchia Leone di Alfonso, d'anni 14; — 9. Depangher Carlo fu Michele, d'anni 70; — 9. Apollonio Antonio fu Michele, d'anni 50 — 10. Tamplenizza Biagio fu Pietro, d'anni 84 ; — — 11. B. G. (carcerato) d'anni 26 da Zara; — 13. T. B. (carcerato) d'anni 57 da Pirano ; — 16. Orsetich Giacomo, d'anni 70 — 17. 0. G. (carcerato) d'anni 33 da Drinovei nell'Erzegovina — 18. R. M. (carcerato) d' anni 25, da Besauci nell' Erzegovina ; — 20. S. S. (carcerato) d' anni 37 da Spalato ; — 20. V. G. (carcerato) d'anni 79 da Spalato; — 31. Majer Rosa d'anni 75: — 23. B. A. (carcerato) d'anni 23 da Trento; — 24. Lonzar Domenica di Giovanni, d'anni 19; — 24. Easman Margherita fu Nicolò, d' anni 83 ; — 2o. Vascon Luigi fu Antonio, d'anni 64 : — 28. Pecenca Elisa fu Stefano, d'anni 24. Più fanciulli 10, fanciulle 7 al di sotto di sette anni. — Matrimonii : 5. Destradi Giacomo di Antonio — Fonda Anna di Andrea; Zucca Antonio di Pietro — Schipizza Anna di Matteo; 6. Popp Giovanni fu Giuseppe — Deponte Giacoma fu Francesco; 12. Ban Stefano di Giacomo — Grio Domenica fu Francesco; Brainik Antonio fu Michele — Ko-larich Giovanna di Michele ; 13. Zetto Nicolò di Andrea — Bra-daz Luigia Maria di Giovanni; 19. Dobrilla Giuseppe di Michele — Svetina Gioseffk di Giuseppe; Depangher Giovanni fu Francesco — Parovel Maria di Giuseppe; Cernivani Antonio fu Na-zario — Genzo Maria di Nazario; Delconte Giuseppe fu Giovanni — Gavinel Angela fu Nicolò; Deluch Vincenzo di Antonio — Lonzar Maria di Andrea ; 20. Minca Giacomo di Giacomo — Co- < ciancich Biagia di Pietro : 22. Pachietto Nicolò di Andrea — Zucca Lucia di Rocco. Polizia. Denunzie di polizia sanitaria 2 ; per furto campestre 2 ; per schiamazzi ed eccessi notturni 4; per malizioso danneggiamento 1; arresti per rissa e ferimento 2: per aggressione 1 — Sfrattati 20. Usciti dall' i. r. carcere 17, dei quali 8 dalmati, 1 erzegovinese, 4 istriani, 1 triestino, 1 carintiano. 1 croato, 1 ungherese. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 2 ; per ettolitri 23, litri 79, prezzo al litro soldi 40 — Certificati per spedizione di vino 5, per ettolitri 3, litri 66 ; certificati per spedizione di cenci 1 ; di maglioli di viti 3 per 3401 pezzi; certificati di morale condotta 2, di povertà 2, in oggetto edile 1, d'indigenato 1, per condotta di bestiame 1 ; libretti di lavoro estradati 5 ; nulla osta per 1' estrada-zione del permesso di viaggio marittimo 6, per carta di legittimazione 2, per porto d'armi 1. — Animali macellati: Buoi 57 del peso di chil. 11275, con chil. 827 di sego; vacche 4 del peso di chil. 577, con chil. 38 di sego; vitelli 35, castrati 1, agnelli 6. — Licenze di fabbrica 0 ; industriali 0. Bollettino mensile delle malattie zimotiche Capodistria — Angina difterica : rimasti dal mese precedente 1, colpiti in febbraio 11; assieme 12; guariti 3, morti 7, rimasti in cura 2. — Lazzaretto, (Prade) : Angina difterica: 1 caso seguito da esito letale. Caterina Franceschi-Ferrucci In ogui età non mancarono all'Italia insigni letterate, ed ella ne è ricca anche nella nostra ; ma la loro morte lascia sempre un vuoto, che è impossibile riempire, benché restino nei loro scritti utili pensieri, sensi alti e generosi, i quali possano in ogui tempo essere seme di patria carità e di ma-| guanime azioni. Un sì bel vanto deesi pure a Caterina Franceschi — Ferrucci, fiorentina di nascita, consorte al già estinto insigne letterato e latinista professor Michele Ferrucci di Lugo, in Romagna. Altra lode dobbiamo tributare a questa illustre italiana, rapita ora in non tarda età alle lettere, e alla patria; cioè, che, quantunque occupata negli studi, mai trascurò i femminili offici ; perchè ella era intimamente convinta che quella donna, la quale per darsi agli studi lasciasse di compiere i doveri ingiunti dalla natura e dalla società al suo sesso, anzi che encomio gran biasimo dovesse meritare. Aggiungasi inoltre come trovandosi in liete riunioni di amiche, non davasi mai pensiero di parlare de' suoi studi, abborrendo di mostrare superiorità o di avvilire chi che si fosse. Il beli' accordo di tante doti guadagnarono alla compianta scrittrice la stima e 1' affezione dei contemporanei, come ne renderanno onorata e commendevole la memoria tra i posteri. Scritti principali lasciati da Caterina Franceschi — Ferrucci : Della educazione morale della donna italiana. Degli studi delle donne italiane. Ammaestramenti religiosi e morali ai giovani italiani. I primi quattro secoli della Letteratura italiana. Letture morali ad uso dei fanciulli italiani. Yita e ritratti di trenta illustri bolognesi. Inni : al Sole, all' Armonia, alla Morte. Rime varie e prose. Versi e prose. Un romanzo : Francesca da Rimini. DIGRESSIONI*) Ancora di Ca' Zarotti. — Specialmente del medico Leandro. — Altri medici coetanei di lui a Capodistria. — Il castello di Cristoiano. — E due istrumenti d'investitura del medesimo. — Chiesetta del villaggio con 1' altare di mezzo sepolcro di Aulo Appio Cassio. — Una lapide al podestà Lorenzo Avanzago. Partitosi dunque dalla città natale, non si dimenticano però di lui i concittadini e fidenti nella prudenza e nell'onestà sua più volte, quand'ànno bisogno di nuovo o fisico — Die Pr.ma Iulij 1565, Libro Oc. 184 v ; Die 26. Xmbris 1570, P c. 123 r. e v. ; Adi ,19, Zu- *) Vedi i numeri 20 e 21 — La colonna ài Santa Giustina ; 22, 23, 24 an. XVIII; 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 20, 22, 24 an. XIX; 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 19, 20, 21, 24 an. XX ; 1, 2, 3, 4 an. XXI - Digressioni. gno 1575, Q c. 62 v. e 63 r. ; Adi 24 Aprile 1576, Q c. 91 r. ; Die Dominico XVI Iulij 1589, Se 23 r • Die I) .nico .7. Mensis Iulij 1596, T c. 17 r. e v. _o ceroico — Die ult.a maxi 1587, B c. 180 v. — o precettore — Die Pr.ma Iulij 1565, Oc. 184 r. — a lui si rivolgono come a uomo a ciò molto atto et sufficiente —e 1° pregano di cercarli valenti e di cuore. Quindi sono da lui raccomandati ed accettati senz' altro dal comune i medici che voglio dire. VEcc.te M.r Zuan Paulo Monchio da Otranto, che nominato nel 1565 Die 24 aug.ti — Oc. 186 r. e v. — a prendere il luogo de V Ecc.te M.r Paulo Piazzola Patavino — Oc. 140 v., 160 v.. ivi — successore di lui Zarotti, rimane al servigio per anni cinque e mezzo. V Ecc.te M.r Simon Pelicerio medico prima in Saravale, che serve fino alla sua morte, vale a dire per anni quatordeci, et più con uniuersal satisfattione de tutti — S c. 23 r. —, nominato Die 27 Maij 1576 — Q c. 96 r. — a succedere a V Ecc.te M.r Iseppo Ouettaro prima medico a Chioza — P c. 132 r. — succeduto al Monchio. VEcc.te m.r Pietr' Antonio Giusti medico prima a Venezia, che serve anni sette successo al Pellicerio con la nòmina Die ult.a Iulij 1589 — S c. 24 r. e v. —. Da ultimo VEcc .tno s.r Aluise Bidelli da Venezia, nominato a succedere al precedente Die D.nico .7. Mensis Iulij 1596 con sallario de ducati .300. aW anno -— T c. 17 r. e v. —, mentre quello de' predetti era di 200 soltanto Il qual Bidelli viene licenziato passati appena quindici mesi, liauendosi dopo a detta condotta maritato con Ma-dona Chaterina spiciera ditta fanxaga, et per le leggi in questa materia disponenti non potendo esso exercitar detto officio se non con scandolo immersale et contra esse leggi — T c. 40 r. —. Tuttavia pare di poi riconfermata questa di lui condotta, non so come — Te. 59 v. —, anzi è rinnovata più tardi per altri anni tre — T 82 r. —, ma con soli ducati di stipendio 220 all' anno. E lo trovo al suo posto ancora Adi 7 luglio 1613, quando, poich'egli vi à rinunciato, si elegge l' Ecc.mo s.r Marco Aurelio Libelli Medico publico delle sp.li Co.ita di Pola, et Dignano, elezione acerbamente contrastata à-àW'Ecc.mo Franc.o di Priidi Cap.o di Baspo Procu.r et Ing.r nell' Istria, il quale vorrebbe eletto in vece VEcc.te s.r Aluise del Senno Dott. Med.co et Cittadino di Capod.a — T ce. 282 v. sgg. —. E raccomanda in fine il nostro Leandro e insieme V Ecc.te s.r Zaroto Zaroti, suo nepote, ed il comune nomina cerusico Die 12 Iulij 1587 — B c. 182 r. — VEcc.te sig.r Mi-chiel Pelegrini da Selenico huomo di grandiss.o ualore in questa professione, servigio questa volta per anni quattro — S c. 58 v. —, ma viene in seguito rieletto. D'altri simili incarichi si sarà forse fatto parola nelle carte che a' Libri de' Consigli mancano. 0 accennato di sopra come a Venezia il nostro Zarotti abbia pure con le oneste fatiche saputo raggruzzolare qualche ducato, riprova anche questa della sua valentia nell'arte medica. In fatti — ammesso che la famiglia sua fosse non più che agiata, e questo potreb-besi forse arguire dall' espressione povera nella notizia più su recata dal Libro de' Consigli Ne. 188 r. e v._ dopo ventun anno di dimora colà, vediamo già da un'iscrizione, assai ben conservata, sulla porta del castello di Cristoiano — come chiamasi, secondo notizia avuta dal Marsich, negli Atti del vescovato di Capodistria, già citati in fine della lettera — o Cristovia — come nell'iscrizione — o Cristoia — come in documenti che citerò — o Cristoglia — come ora dai più sotto — contadini abitanti di questo villaggio — vediamo eh' ei compera dalla famiglia Neauser o Neuhaus (?) il castello sull' architrave della porta del castello larga metri 1.58 ed alta m. 2.40, alto 1' arco m. 0.91 e composto di tre pezzi, di pietra calcare grigia, di lunghezza diseguali: misurati dalla parte di dentro, m. 0.90, 0.65, 1.22 ; alto ciascuno m. 0.26 e grosso m. 0.18. Le lettere d'un bel maiuscolo romano sono alte mm. 40, eccetto le iniziali di CASTRVM e di LEANDER un po' più alte, quella 60, questa 50 mm., distanti le due righe fra loro mm. 45. L'iscrizione, prima che da me, fu osservata da alcuni bravi alpinisti triestini e da loro mi fu indicata. (Continua) QUESTIONI DANTESCHE Lettera aperta alV egregio Sig. Isidoro Bel Lungo, Accademico della Crusca. È da molto tempo che sento l'obbligo di manifestarle pubblicamente la gratitudine mia per la lettera aperta che Ella, Egregio Signore, ebbe la gentilezza di spedirmi per mezzo dell' Archivio Storico di Trieste e VIstria ecc. ecc. Nutro poi ferina^ fiducia che non le dispiaceranno queste mie chiacchiere su cose dantesche, in un giornale che viene dall'Istria, terra visitata da Dante come è costante tradizione in paese. A dir vero prove dirette non ci sono di questo soggiorno del grande esule a Pola. Sta il fatto però che ai tempi della proscrizione bianca molti Fiorentini ricoverarono nell'Istria e nel vicino Friuli; come gli Ubaldini di Muggia e gli Ughi, l'ultimo rampollo dei quali fu Pasquale Besenghi degli Ughi da Isola, valoroso poeta e scrittore. Nel rileggere poi la famosa terzina al Canto IX, a quell' accenno ai sepolcri che „fanno tutto il loco varo" il lettore rimane persuaso che una tale minuta cognizione l'abbia acquistata il poeta sul luogo, et de visti. Perchè, domando io, chi mai si sarà presa la briga di riferire a Dante questa specialità del loco varo? „Crii antichi di Pola (aggiunge il compianto Dr. Kandler, illustre triestino, scrittore di cose istriane) tennero sempre in costante tradizione, consegnata agli scritti, che Dante fosse stato in Pola, ed avesse alloggiato nell' abbazia di San Michele in Monte che era dei Benedettini." Le tombe della necropoli o sepolcreto si vedevano nel così detto Prato Grande a piedi del monte San Michele dove alzavasi la detta abbazia. Nè erano già tombe terragne, come le ricordate nel Purgatorio (Canto XII) ma sopra terra e più o meno alte; e questo va detto al Sig. Dorè che illustrando la Divina Commedia segnò Farinata uscente da un sepolcro a fior di terra, con danno della grandiosità della scena quale fu immaginata da Dante. Molti altri videro poi queste tombe. Nel viaggio in terra Santa di Ser Mariano da Siena nel 1481 leggesi: „A' dì 26 Aprile fummo in Istria nella città di Pola, nella quale trovammo un edifizio simile al Coliseo di Roma e molti altri nobili edifizi. Anco vi trovammo sì grande quantità di sepolcri, tutti di un pezzo, ritratti come arche, che sarebbe incredibile a dire il numero di essi, con molte ossa dentro." E Pietro Contarini nel suo poema - Argo -così cantava: Nec procul hinc vidi terram, scopulumque Pareutii; Vertice Pola suo mille sepulcra gerit; Cernitur inde fluens inflexibus Arsia longis Clarus honoratae terminus Italiae. (Notizie Storiche di Pola pag. 209) Ma lasciamo i termini dell'onorato Italia; di questi sepolcri oggi non vi ha più traccia, e Pola è divenuta bello o forte arnese a fronteggiare nemici! Passiamo adunque ad altra questione. Il canto 18 dell'Inferno lo chiamo lepidamente il canto dei bisticci: — I' credo eh' ei credette ch'io credessi; — Infiammò contro me gli animi tutti — E gì' infiammati infiammar sì Augusto; — Ingiusto fece me contro me giusto —; senza dire di quel — serrare e diserrare delle chiavi del cuore.— E perchè tutti questi bisticci? Ne usa è vero Dante in molti altri luoghi — più volte volto — assai ten' priego e ripriego che il priego vaglia mille — e tocca via. Sì, ma quelli sono isolati, gli possono essere caduti dalla penna; qui invece sono in fila, e giurerei che c' è un sottointeso, e che ci entrano per ragione di stile. E per vero chi è che parla qui ? Pier' delle Vigne, il segretario di Federico II, un uomo di corte, uso a scrivere lettere a principi nel latino grosso e curiale, poeta anche lui della scuola aulica, compassata, della corte di Federico, il quale poi aveva una particolare predilezione pel bisticcio, ed era solito mandare a suoi subalterni ordini in versi. Così al figliuolo Enzo, quando gl'impose di inseguire i prelati che sulle navi genovesi si avviavano al concilie di Lione: Omnes praelati papa jubente vocati, Et tres Legati venient huc usque legati. Ed i\ \risticcio che produsse l'effetto che tutti sanno. Tornato poi Federico dalla crociata, e trovata la Puglia sollevatagli alle spalle dai Guelfi, la riprese subito con le armi e con gli epigrammi, nei quali se non proprio il bisticcio, pure vi si scorge una tendenza a giuochetti di parole, a tautologie. — Moephitica Molficta stercore piena et maledicta. — Velut enses cave Barenses Quum tibi dicit ave, velut ab hoste cave. A questi giuochi di parole, e al dare importanza a piccole cose ci teneva lo Svevo. Un dì, cacciando nelle vicinanze di Foggia, città da lui prediletta, corse rischio di essere atterrato da un cinghiale, lo uccise, lo fece imbandire in lauta cena, e in memoria del memorabile fatto innalzò sul luogo una villa reale, e la intitolò Apricena : il luogo e-siste tuttora, stazione di strada ferrata a poche miglia da San Severo. Hisce pracmissis, non panni supposizione tanto iu aria che Dante abbia voluto con tutti que'bisticci trovare la nota caratteristica e mettere un po' in canzone lo stile di Federico e de' suoi cortigiani ; e quindi auche di. Pier' delle Vigne. Ma si potrebbe rispondere che il primo giuoco di parole : — I' credo eh' ei credette eh' io credessi — va in conto di Dante, perchè è proprio lui, e non Pier' delle Vigne che parla. A ciò è facile controsservare o che il poeta, dopo sfuggitogli quel primo giuoco di parole, preso l'aire, deliberatamente abbia messo poi in canzone la maniera di Pier' delle Vigne ; oppure che egli stesso abbia prima usato del bisticcio, quasi per ricevere l'intonazione e accomodarsi alla battuta altrui. Rimane ancor a dire della frase — le chiavi del cuore. — La quale non è veramente giuoco di parola ma una metafora un po' stramba; forse e senza forse d'origine occitanica. E per vero Dante stesso l'ha usata ripetutamente. „ Perchè quivi era imaginata quella Ch' ad aprir 1' alto amor volse la chiave. " (Purg. c. 10) „E dì a colui eh'è d'ogni pietà chiave". (Ballata III. Il Canzoniere. Firenze. Barbera, pag. 91) Però in quel luogo, in bocca a Pier' delle Vigne colorisce lo stile e rinforza la mia supposizione. La quale vorrebbe essere rincalzata con esempi anche italiani di scrittori del tempo ; e in ciò Ella, egregio Signore, è maestro ; ed io mi stimerei ben fortunato di tanta e così autorevole cooperazione. La conoscenza estesissima che Ella ha delle istorie fiorentine giova assai più che molte alzate d'ingegno alla retta interpretazione di molti passi controversi di Dante ; ed Ella ne ha dato testé novella prova nel suo erudito opuscolo — Una vendetta in Firenze (Cellini, Firenze, 18S7) e che ha voluto gentilmente inviarmi, di che le rendo vive grazie. Ed ora ad un' altra questione. Nel canto V dell'Inferno il sommo poeta reca due similitudini per descrivere la bufera infernale che mena di qua, di là, di su, di giù gli spiriti; la prima degli stornelli volanti a schiera lunga e piena, la seconda delle gru „che fanno in aer di sè lunga riga." Oltre all'inconvenienza delle due similitudini per indicare la medesima cosa, ci sarebbe anche la contraddizione, perchè troppo è evidente la differenza tra i due modi del volare. Ma questo è niente, in confronto di quanto dirò subito. Appena veduti gli spiriti mali il poeta dice: » Intesi che a così fatto tormento Eran dannati i peccator carnali Che la ragion sommettono al talento." Lo argomentò, notano i commentatori, dalla natura della pena che ben rappresenta lo stato inquieto e sempre tempestoso di' chi è posseduto da amore. E sta bene. Ma se dante dichiara di aver capito, come mai quattro strofe più in là domanda a Virgilio : .......chi son quelle Genti che 1' aer nero si castiga ? Qui la contraddizione è evidente ; ed è, sto per dire, impossibile che Dante non l'abbia veduta. Nei commentatori bujo pesto; i più saltano il fosso o dicone cose de populo barbaro. Basti per tutti 10 Scartazzini che oggi fa testo nelle scuole e che a sentire certi professori giovani ha detto l'ultima parola in questioni dantesche. Ecco il commento dello Scartazzini: — La prima similitudine chiarisce come vengono portati, laddove per la seconda mi si fanno vieppiù conoscere e quasi sentire. Parole come 11 Libeccio che quel che trova lascia, dicouo i marinai. Pure la spiegazione a me pare assai ovvia. Con la prima similitudine dogli stornelli, Dante ha voluto rappresentare lo stato generale della bolgia; conia seconda il modo particolare tenuto dalla schiera delle donne e degli uomini storici e celebri. È una ripetizione del privilegio già concesso ai grandi che abitano nella luce nel Limbo. Così tutto è chiaro ed accomodato; ogni contraddizione sparisce; Dante ha già da sè inteso che quelli erano i peccatori carnali; domanda poi a Virgilio chi siano quelle genti che l'aer nero sì castiga; cioè in quel modo speciale, con quel volo più regolare e in lunga riga. E non è già diminuzione della pena, si noti ; ma una divisione, un andare a schiere ; come in tanti altri luoghi della Commedia: tra gli eretici per e-sempio, ed i sodomiti ecc. ecc. Noto ancor di sfuggita che il Blanc intravide la difficoltà, ma le girò intorno, e non imberciò la questione, accennando ad una divisione delle anime nobili fuorviate dalla passione d'amore, ma non corrotte del tutto. „Forse a ragione" soggiunge lo Scartazzini. Io tengo fermo nella divisione di donne ed uomini celebri. Perchè come non riconoscere corrotte del tutto Senùramis e rotta a vizio di lussuria, e Cleopatra bollata d'infamia da Dante con questo verso stupendamente accasciato : „Poi è Cleopatras lussuriosa?" Meglio dunque ritenere la interpretazione data di sopra. Sì, la schiera di Dido, immortalata dai versi stupendi di Virgilio, è la schiera degli uomini e delle donne celebri. Ed è degno di Dante e bello immaginare che per divina disposizione gli spiriti mali celebrati dai versi dei grandi poeti o dalle prose da romanzo, cioè dalle epiche provenzali tirade, siano apparsi così portati dal vento dinanzi ~CAF0U18XS1A, Tipo»r»fl» di C.rlo Priora. al sommo poeta; perchè meglio gli si imprimessero nella commossa fantasia, ed egli ne pigliasse occasione per aggiungere un' altra pagina stupenda nel grande libro dell' arte. Ma ora m' accorgo che saltando di palo in frasca, io tiro per le lunghe questa mia, e troppo faccio a fidanza con la sua bontà. Colgo F occasione a significarle i sensi di stima e di gratitudine con cui ho 1' onore di segnarmi Suo devotissimo P. T. Bollettino bibliografico Rivista critica della letteratura italiana diretta da T. Casini, S. Morpurgo, A. Zenatti. Anno IV, gennajo 1887. N. 1, Firenze, Tipografia Carnesecchi. Quest' ottima pubblicazione, alla quale com' è noto, prendono parte due nostri bravi comprovinciali, i triestini Salomone Morpurgo e Albino Zenatti, contiene un articolo erudito del Biadego sulle Odi di Giuseppe Fraccaroli. Segue un buono studio, ma forse un po' troppo severo, del Setti sulla traduzione degli idilli di Teocrito dell' illustre Zanella; vengono poi altri opportuni articoli di S. Benedetti, di L. Frati, dello stesso Zenatti su libri di erudizione. Da ultimo abbiamo un ben nutrito bollettino bibliografico su opere recenti e tra queste sulP opuscolo di sopra menzionato di I. Del Lungo. Una vendetta in Firenze. Opportunissima la chiusa che riferiamo testualmente a tutta lode dell'egregio accademico. „ Tutto ciò ripeto con erudizione e con arte senza che 1' una impedisca mai l'altra, o sormonti, ma con quell' armonia che pochi sanno, che tutti quanti scrivono di codeste materie dovrebbero tentare, che molti invece, non potendo raggiungere disdegnano. Li quali meccanici e grossi, avrebbe detto un antico, non s' accorgono che 1' erudizione storica e letteraria senza uu po' d' arte è cosa troppo facile ma anche molto noiosa." Il periodico è degno di essere raccomandato agi' Istriani e specie a professori, e maestri che desiderano di conoscere il movimento letterario. P. T. RINGRAZIAMENTO La desolata famiglia della or' defunta Dorai ice marchesa Gravisi fu Giuseppe, commossa e riconoscente per le onorevoli dimostrazioni a Lei rese nel funerale, porge a tutti, i suoi più vivi ringraziamenti. Capodistria li 11 marzo 1887. ritito Uidamci» — Ant.« tìr»TÌ»i «iit. • rtdll. rwpealiblU