Anno VIII. Capodistria, Gennaio 1910 N. 1 PERIODICO MENSILE Ai nostri lettori. Eccoci arrivati ali' ottavo anno di nostra esistenza, piccolo tratlo di via se consideriamo 1' immensita del tempo, cammino non piccolo per una rivista provinciale. Se volgiamo lo sguardo ai sette anni della nostra attivita, 1' animo nostro esulta perche dopo aver vinto diffidenze ed esitazioni, dopo non lievi sforzi e sacrifici sostenuti, siamo riusciti a persuadere tutti della nobilttl del nostro intento e a dimostrare colla tenuita del prezzo d' abbonaniento che ogni idea di lucro e da noi lontana. Domandiamo percio ai nostri collaboratori e ai nostri abbonati che continuino acl accordarci la loro fiducia e il loro appoggio, senza dei quali non potremmo seguire per quella via che ';i siamo tracciata. L' anno che ci sta dinanzi e per 1' Istria importantissimo r apparirti qui per la prima volta nell' Esposizione quello che noi Istriani abbiamo fatto, quello che ancora si potra fare : egli e liaturale che anche la nostra rivista ne approfittera per riuscire sempre piti iuteressante. Auguriamo intanto per 1' anno novello prospere e felici sorti ai carissimi collaboratori ed abbonati nostri, e a tutti quelli che in un modo o nell' altro ci aiutano, promettendo loro di adoperarci a far prosperare sempre piu quest' opera nostra che, condotta senza pretese di sorta, in modo semplice, piano e alla portata di tutti, tende ad illustrare la nostra storia e la nostra lingua delle quali andiamo orgogliosi. La Direzione. PA G IN E ISTHIANE Agostino Giovanni Carli=Rubbi I servigi intelligenti di Agostino nell'Archivio di S. Teodoro, le frequenti lodi ricevute da' suoi superiori, specialmente dal Bossi, indussero il governo a porlo a capo deH'Archivio dei Frari 1' anno 1816, al pošto' riraasto vacante pcr la morte del direttore Carlo Marini'). E il barone di Stefano, che aveva avuto qualche simpatia per Agostino, e che nei tempi piu calamitosi per lui non aveva mancato di esprimergli in lunghe lettere il proprio dispiacere e d'incoraggiarlo, gli scriveva ora da Vienna in data 31 maržo 1816, consolandosene : «La notizia del nuovo pošto che ora coprite mi riuscl della piii grata sorpresa. Eccovi dunque alla testa d' un ar-chivio di stato in ima Republica, che ha brillato per tanti secoli nelli fasti delli governi earopei e che ebbe si gran parte nelle transa/Joni politiche e commerciali del mondo. Me ne congratulo seco Voi e con il nostro governo. Una si grave e delicata incombenza non poteva cadere in mani migliori ne piu ntili». II Carli rimase ai Frari fino alla morte, occupando il suo tempo, oltre che nelle mansioni inerenti al suo ufficio, in altri studi suoi prediletti. La relazione con il Marchese Gian Paolo Polesini, in questo tempo sembra farsi sempre piii intensa e varie sono le lettere che di quest' ultimo possonsi leggere, dalle quali si rileva 1' amicizia tenera e affettuosa tra i due. Essi si scambiarono anche delle visite. L'ultima volta Agostino fu a Parenzo, ospite dei Marchesi, nel 1824, e 1' anno dopo una tal visita dovevasi ripetere, ma il Carli non c' era piu. Gian Paolo aveva affidato ad Agostino 1' incarico di perorare 4) Anzi sil (jucsto proposito trovo una supplica per questo pošto con data del 1") inaggio 1S15, ma seritta dalla moglie d'Agostino e da lei stessa tirmata. Segno questo certainente, che Agostino era stanco di chieder posti e grazie a' sovrani, e cho in lovo non aveva piii alcuna tiducia. Era stato fin troppo preso per il fiocco da Francesco I, o chi per lui, a Vienna! Ma questa volta pare che il merito abbia preponderato sulla stadera imperiale di fronte al timore ; se di timore potevasi aneora pari are, essendo Agostino gia vecehio e quindi poco teinibile ! la conferma della nobilta della Comune di Parenzo e del raarchesato aei Polesini da parte del novo governo e le pre-stazioni del Carli ebbero esito favorevole. Ma la salute di Agostiuo incominciava giti ad esser mal ferma e tra gli anni 1818 e 1821 egli era stato tormentato da continua febbre intermittente. Per altro aveva potuto liberar-sene e tirare innanzi ancora per 4 anni, dopo i qu.Ji dovette cedere alla parca inflessibile. Mori di mal di vescica il 18 maržo 1825 '). L'i. r. tribunale di Venezia con decreto d. d. 11 aprile 1825 dichiarava eredi assolute di Agostino la moglie e le figlie sue. Alla vedova il governo assegnava una pensioue. Piu tardi 1' ultima figlia di Agostino, Cecilia, si sposava a un de Fecondo e partoriva Marianna, che a sna volta ando sposa al dott. Giuseppe Ronzoni, presso il quale conservavansi pa-recehi manoscritti di Gian Rinaldo Carli e di Agostino. Cosi chiuse la vita avventurosa c lunga il figlio deli'i 1-lustre Gian Rinaldo, godendo un po' di pace appena nell'ultimo decennio di questa. Di sentimenti liberali e carattere altero avrebbe voluto conservarsi serapre indipendente in un tempo pieno di evoluzioni e rivoluzioni; certamente la sna aspira-zione sarebbe stata appagata, se la ruvidita del padre e la demenza d' uno zio non fossero state di si duro effetto per lui. Non godette il favor delle corti, perche non era un «gesuita», e dovette accontentarsi di camparsela alla meglio. Tutto ebbe avverso, tutto a suo dispetto, ma nulla meno seppe conservare sempre alto il prestigio del nome suo e trovare nella sua famiglia queH' affetto e quelle consolazioni che al di fuori gli venivano negate. Certo che questa costante sfortuna influi non poco sull' uomo, il qual6, in una vita calma e pacifica, avrebbe potuto daref chi sa quali capolavori di scienze e di lettere. Degno figlio d' un padre non mai sufficentemente ammirato, avrebbe potuto eguagliare in gloria ii genitore, e fors' anco Questa data la dcvo alla squisita g-ent^.zza del prof. dott. Antonio Pilot di Venezia, al ijuale rendo qni publiche grazie. II giomo esatto della rnorte d'A»,ostino non avevo potuto trovarlo tra le carte delFArchivio, solo per via d' induzioni ero venuto a ferinarlo tra il 4 e il 20 di maržo. In una lettera del 24 inarzo 1825, diretta alla contessa Marianna, Carlo Combi, padre di Francesco, faceva le sue condoglianze alla vedova e parlava d' una «morte improvvisa». \ PAG1NE LSTKIANE avanzarlo. Ui lui invece non si eoiiservarono che alcuni scritti d' occasione, lettere storiche e altri lavoretti, che son certo lontani dal dare al loro autore la taina deli' immortalita, quan-tunque palesino la sna vasta coltura e profondita in vari ar-gomenti. Un' opera vera e forte ci manca dunque di lui, ci manca appunto perche i suoi talenti non trovarono mai tempo e luogo adattc per roanifestarsi. Ora che abbiamo ritratto 1' uomo dalla sna culla alla tomba, che abbiamo parlato delle sne fortune e sfortune, di-ciamo brevemente ancora delle sue relazioni con uomini illustri in questo sec-ondo periodo di sna vita per passare poi all'esame di qnello che ancora conserviamo dei suoi lavori. H. lielazioni e scritti di Agostino Carli-liitbbi. Le relazioni d'Agostino s' allargano vie piu in questo periodo e s' intensificano quelle gia strette in antecedenza. II marchese Girolaino Gravisi corrisponde assiduamente per lettera col nostro, che dal canto suo gli scrive lunghe lettere storiche, delle quali parleremo piu tardi. Bel Gravisi trovo una raccolta di 29 lettere che vanno dali' anno 1784 al 1799. Alcuni brani di queste 6 gia citati qua e 1& facendo la biografia di Agostino, altre sono d' interesse fainigliare, altre contengono dei particolari iuteressanti, come quella del .'10 agosto 1789, in cui il Gravisi fa un erudito com-mento ad alcuni passi deirAnonimo Kavennate risguardanti 1' Istria '). E noto che il Gravisi a scritto e publicato nel 1796 Con-siderazioni apologcticlie di un accademico romano, .sonziaco e g i u s l inopoUlano sopra tni Saggio di Storia della cittu di Parenso nelV Istria, contro Bartolomeo Vergottini di Parenzo, che sosteneva tra 1' altro Egida esser stato 1' antico norae della sua citta e non di Capodistria. II Gravisi mandava il mano- Questa lettera fu publieata in sunto dal prof. G. Babuder in «Atti del Gimiasio Sup. di Capodistria« a. 1867-6«: Cenvi intorno alla rita ed agli scritti del marchese Girolaino Gravisi. E la lettera, che, con-servasi intera nelTArchivio capod., potrebbe offrire materia di lungo studio a ehi volesse oecuparsene. Un eenno su la questione la da ancora il Gravisi nelle sue Considerazioni apologetiche.... sopra un Saggio di storia della Citta di Parenzo, 1796, pg. 5 e sg. scritto delle sue Considerazioni ad A gost in o, perche lo rive-desse, indirizzandogli contemporaneamente la seguente lettera: Sig.r Comiiieiid.ro P rone ed Amico Preguno Restituisco il libro del Cororiini, e le rtu d o molte grazie. Trovera in esso quelle cose, che ho scritto in difesa di Capod.a contro il Nobile Sign.r Vergottin di Parenzo da poco tempo aggregato n quel Consiglio. Alludendo a tal nuova data m'e caduto in mente di porre in fronte della niia Apologia un rnotto di Marziale Thaida Thais olet1) per gl' insolenti tr itti d'incivilta usati nel suo Saggio contro di noi. Affido alla sua ami-cizia e alle sile cognizioni 1' osservazione e 1' esame piu diligente delle mie Cbnsideratinni, ond' ella liberam.te mi avvisi in che debba correg-gerle, diminuirle, ed accrescere. Per tale og'getto 11011 ]>osso pormi in mani niigliori. Vorrebbesi qui che queste fossero prodotte alla stampa. Benche alieno sia per eostunie di pubblicare le mie cose, che poco ap-prezzo, cio non ostante, ridotte che fosser ad esser passabili per quei lunii ch' ella mi suggerisse, mi lascierei persuadere, nia con la condizione di non apporvi il mio nome. Mi fara il favore soltanto di rilevare da codcsto mio Amico Sig.r Coletti, s' egli volesse farlo e qnanto importar potesso la spesa per Copie 200 in 8.o Intanto non avendo altra Copia, che questa che le spedisco, la preghero di rlinandarmela onde sia ricopiata. corae conviene. Mi tarA il favore di riverire la Sig.a Cont.a e cosi il pregiat.mo Sig.r Cav.r Ginsti, che esige tutta la stima e rispetto da chi ha I' onore di conoscerlo. Me le protesto col solito sentimcnto della pni cordiale ami-cizia, stima, e do vere Capod.a 12 Tmbre 1796. Suo Obblig.o e Aff.mo Girolamo Gravisi Delle lettere d'Agostino oltrc alle storiche, conservansi nell' archivio della famiglia Gravisi ancora alcune altre d' in-teresse faraigliare piu che altro, per cui basti farne cenno 2). Alle lettere del Gravisi farmo seguito in ordine cronologico quelle di Agostino allo zio Stefano a ('apodistria, che conservansi nell'archivio capod. in numero di 35 dali'anno 180(> al 1810. Anclie queste anno carattere famigliare, raa in molte 1) Epigr. VII, 93. Tale motto fu poi cambiato. Nell' opuscolo a stampa leggesi: Difficile est sati/ram non scribere (luven. Sat. I). 2) Approfitto per rendere un grazie di cuore ali' egregio collega e amico Dr. Giannandrea Gravisi, che a. voluto mettermi a disposizione 1' intero archivio della sua famiglia per le mie ricerche. Mi con sta che il sig.. Dom. Venturini tiene alcune altre lettere di Agostino Carli, che anzi dovevano essere publicate non so piu per quale. occasione. Speravo di poter leggere tale publicazione prima che dessi alle starope il presente mio lavoro. leggesi ancora il resoconto degli avvenimenti politici e railitari che Agostino clava allo zio. Da una di queste, scritta in data 1 giugno 1810, rilevasi che tutte le memorie di Apostolo Zeno e di Gian Rinaldo sopra il Muzio erano allora in mano d'Agostino, il quale anzi prometteva di publicare qualclie cosa 1' anno a presso. Aggiun-geva inoltre di non perder mai di vista la sua «grande opera Teraplaria* (di cui diremo piu in la) e di voler publicare anche quella. Altre lettere allo zio verro citando quando parlerd delle lettere storiche che Agostino diresse al Gravisi. Segue una lettera interessantissima di Giuseppe Gorani ad Agostino, che riporto quasi per intero: Ginevra li 9 dieembre 1808. Sono gi& sett' anni da ehe conšegnai una mia per te ad un viag-giatoro ginevrino che se ne andava a Trieste che al suo ritorno mi assicuro la tna morte seguita in Vienna, ed altri a cui mi diressi per aver tue nuove, mi confermarono tal funesta notizia, che mi riempi d'an-goscie. Cosi al ricever soltanto ieri la tna in data del 12 ottobre prossiino scorso non ho saputo che dire non essendovi corrieri dai eampi elisi, e dopo una sorpresa non indifferente mi rallegrai con me stesso di veder ristiscitato un amico, un uomo di merito che sempre ho stimato assaissimo e con cui sostenni una lunga ed affettudsa relazione. La mia gioia e al colmo nel considerare che tu sei non solo fra i vivi, ma sempre allegro, sano ed anche felice in tempi nei quali la felicitA e data a pochi. Mi hai reso conto della tna vita da che eesso la nostra corrispon-denza e ti ringrazio delle tue confldenze. Quanto alla mia, essa si divide in due parti. La prima tutta pubblica dali' anno 1790 al 179(1 e abbastanza nota. Tutti i giornali ed altre opere hanno parlato delle inie avventure politiche, de' miei scritti, delle persecuzioni sofferte dali a regina di Napoli, dalla Corte di Roma, dal re sardo, dalla corte austriaca, e di Berlino, onde si puo dire che mi'sono salvato per una specie di miracolo, come pure fu miracolosa la mia salvezza in Francia, ove per cinque volte fui inesso fuor della legge. Per due amici composi le nuove estere nel Moniteur, fui io colui che fece tremar i monarchi colle mie lettere, ed ai francesi indi dichiarai pure la guerra quando li abbandonai al principio del 1793. Posso dire, amico, d' esser 1' unico ehe abbia come si suol dire......*) Ho seguito la rivoluzione con sommo calore con la mia penna, colle mie azioni, fui per lungo tempo incaricato di tutte le maggiori......*) politiche, fui ambasciadore in Inghilterra, in Olanda ed in molte parti della Ger-mania. La rivoluzione atnai e scrissi con vero entusiasmo flnche restai nell* errore di crederla un mezzo di rigenerare tutti i governi e tutte le *) Non si capisee il mauoscritto. nazioni. Ma essendomi accorto al principio del 1793 che questa rivoluzione era un' opera d' iniquit;i, perche diretta da uomini iniqui, 1' abbandonai, ne volli piu rientrare per qualunque proposizione mi sia stata fatta di lucrosi ed onorifici impieghi, cd anche pochi anni fa rigettai le offerte di ehi........ (sic). Ho potuto nrriechirmi con facilita et ho negligentato, ed invece di impinguarmi come lo potevo delle spoglie altrui, ho perduto la maggior parte del mio avere, onde sono stato costretto per vivere di far vitalizio di quel poco che era restato del mio. Non mi pento di aver ne-gligentata la ima fortuna, perchž quel poco che »ni resta, ed anni pochis-simo, bas ta ai iniei pochi bisogni. E siccome la mia vita ('; abbastanza conoseiuta, cosi godo alineno della stima pubbliea, chc non e eosa indif-ferente e scorrendo tutto quel che bo fatto allorche avevo del potere, sen to il piacere di aver giovato a molti e recato alcnn danno, fuorehe ai principi i ui sto malissimo, nella piu assoluta solitudine come se non vi fossero abitanti ed appena vedo di quando in qnando alcuni \ iag-g-ia-tori che mi visitano. Tu che passasti alcuni anni in questa citta, non la riconosceresti piu. Tutto e cambiato in male e dopo 1' introduzione d'una cbiesa eattolica non si ved on piu che meretrici e. ladri. Tu mi domanderai perche vi resti dunque. Vi resto perche il clima mi conviene meglio di quello di Milano, ove avendo un anno fa passati sei mesi vi fui quasi sempre ainmalato. Vi resto perche son vicino di Losauna, ove ho pure un alogio, d o ve passo quasi la meta deli' anno. In questa Losanna mi stabilirei se jiotessi, ma dopo la legge che eondanna alla confisca anche delle pensioni vitalizie i Milanesi i quali vivon fuori del loro paese mi son doinicigliato in Ginevra, come quella citta trancese la piu vicina di Losanna. Io sono eccettuato dalla legge che obbliga i Milanesi a stare nel loro paese, perche fui acclamato cittadino fraucese, con decreto della assemblea nazionale, e cosi purche io sia doinicigliato in un luogo fran-cese, non mi possono dir niente. Ora preferisco Ginevra come vicina a Losanna e pur essa citta protestante, mentre come tu lo sai io non amo vivere in paesi cattolici. Eccoti al fatto delle cose prineipali che spettano al tuo amico, il quale si fai a sempre forza di aver tue care nuove e frat-tanto assicurandoti dei suoi antichi sentimenti e della piu vera amicizia si protesta sempre Tuo amico di cuore Giuseppe Gorani. Mesta elegia, da cui traspare il dolore d' un' anima perse-guitata e 1' allegrezza nello stesso tempo per aver ritrovato 1' amico ritenuto morto. C' interessa molto per 1' autobiografia del Gorani, che ci appare intimo e ci narra dei particolari, non certo ancora conosciuti. Trovo poi due lettere di Mauro Boni, al quale Agostino manda qualche suo lavoro, che il Boni legge e c-ritica. Agostino aiuta anche il Boni nei suoi lavori facendo per lui delle ri-cerehe, e il Boni invia pure lavori ad Agostino per la critica, come rilevasi dalla seguente: Di časa Zustiniani alle Zattere li 17 Ott.e 1815 Mario Boni rende vivissimi ringraziamenti tanto piii fervidi, rjuanto piii maturi e tardi alla gentiliss.a lcttera del preclariss.o Sig.r Conte Carli piena di belle e interessanti notizie ali'uopo de' Fasti Iustiniani, che lo scrittore ha la compiacenza d'aver finito d'illustrare con monumenri classici dal perno e centro sicuro de' Flavti, Anicj, Iustiniani, Consolari ed Augusti rimoiitanti flno alla fondazione di Roma, anzi fino alle origini italiche degli Etruschi, de' Sabini, e de' Pelasgi, e dedotto per continua progenie da' Flavii Anicii Iusto, Iustino e Iustiniano Consoli fino alla nostra eta superstiti alle glorie di Etruria, di Roma, di Bisanzio e di Venezia, mirabilmente pel corso di oltre XXV secoli unico esempio di una progenie che si provi con documenti autentici di si remota nobilta e chiarezza. Non 6 meraviglia che la farna del gran Giustiniano Augusto e di Giustino abbia allucinato a far diseendere da essi i celebri Giustiniani del sangue imperiale di Costantinopoli, estinto in breve senza successione, e da Giustino II la fondazione di Iustinopoli in Istria, che la erudizione del Dottiss.o Com.re e Conte figlio degno di si gran Padre non han potuto trovare un documento plausibile per attestarla. II l.o Paradosso salta agli occhi a chi appena riflette l.o che il Trace Bifolco poi detto Flavio Anicio Giustino nelle monete, e ne' Fasti consolari per seppellir nell' oblio la barbara origine del nome che ignorasi quando arruolatosi nelle milizie deli' Illirio fu pel suo valore elevato a' gradi militari, al Consolato, al Trono. Non e dubbio che more liomano siasi nobilitato per addozione col nome de' Flavii Anicii Iustiniani anti-chiss.i Patrizi Romani,, e potentissimi, al dire di Zosimo, in Roma e in Costantinopoli piu secoli prima che venissero al mondo i Giustini e Giustiniani Augusti — Illorum familiae qui Flavii Anicii dicuntur fere omnes hi soli inagnas opes possidebant — Zos. h. Byz. lib. VI, pg. 328 dico familiae perche i Fl. Anicj nel secolo IV. V. e VI. erano diramati con moltissimi cognomi — Fl. Anici, Bassi Paulini, Clementi, Fausti, Iuliani, Probi, Probini, Probiani, e Iusti, Iustini, Iustiniani, tutti illustri Patrizj e Consolari. Nell' anno 490 era prefetto deli' Illirio Anicio Iustiniano, e quel che fu alla Custodia preside del Concilio Calcedonese, da cui arrolato il Trace Bifolco prese il nome per addozione. E quanto ali' origine di Iustinopoli*, si fa palese dagli splendidi documenti felicemente per me usciti dali'oblio deli'anno 378 della l.a invasione di Costantinopoli da' Goti dopo la sconfitta e morte deH'Arriano Valente — FL. Anici/in Iuslinianm a momibus Barbarorum Iuntinopoliin fide comlere fecit - e de' suoi figli Orso e Paolo, che 1' anuo 101 pipr l*in-vasione deli' Istria di Badagasio si rifuggiarono con le loro (lovi/.ie e fainiglie nell' Estuario Veneto, asilo alla virtu greca e latina. Se il Sig.r Conte gentiliss.o a un momento da perdere oggi o dimaui avra lo scrivente il piacere di presentarc alla Sua critica pefšpi-caee il Suo lavoro -d.a progenie Flavia Anicia Iustiniana, 11011 potendo asseutarsi, affollato da mille affari per le mosse a Keggio che deve pren-ilere Venerdi. Con pieno ossequio e grato aniino si rafferma Umil.mo Obb.mo servitore Di un'altra lettera del Boni parleremo piu tardrtrattando gli scritti d' Aarostino.- - 1 I' (•Continua) - Doti. Leone Volpiš. Carducci e Chamisso Sett' anni fa, in questa rivista medesima, io davo fuori, mio primo tentativo di critica letteržtria, un articoletto dal pretensioso e non breve titolo: «Giosue Carducci e un Lied di August von Platen-Hallermimde* '). Avevo voluto mettere assieme uno scritto di garbo ed ergermi quasi a giudicatore della originalita deli' ultimo grande poeta nostro, e non riuscii che ad abborracciare una discretamente vuota e petulante tirata in cui null' altro c' era di buono se non forse la consta-tazione, da nessuno fatta prima di me, della stretta parentela fra un sonetto del Platen e uno del Garducci. Che se quello scritto volea veramente provare anzi tutto e su tutto una ben altra cosa : essersi, cioe, il Carducci piu che abbondante-raente ispirato al Gesang der Todten del Platen per la com-posizione di buona parte deli' ode barbara Fuori alla Certosa di Bologna; 1'intimo nesso fra le due poesie'era gi& stato ') P. I., a. I., u. 7-8, pagg. 153 159. scoperto e pošto a publica couoscenza dal prot. Cesare De Lollis '); corae, con singolare cortesia di modi, mi rese subito avvertito il prof. Ferdinando Pasini '). Resto quindi a me di originalmente mio solo il raffronto istituito cosl di passata tra i due sonetti. Sett' anni d' allora trascorsi, vogliamo un po' ve-dere se riesco ad essere piii fortunato oggi, in un nuovo ac-costamento ch'intendo fare di versi carducciani a versi tedeschi. I versi carducciani son quelle quattro bellissime quartine d' endecasillabi che sotto il mistico titolo di Panteismo si leg gono nelle Rime Nuove (1861-1887): i tedeschi s'intitolano Verratene Liebe e sono di Adalbert von Chamisso (1781-1838), il leggiadro e fine poeta romar.tico che a buon diritto fu chia-mato da un suo biografo «1' anello di congiunzione fra il roman-ticismo tedesco e il francese» u). Canta il Carducci: Panteismo 10 non lo dissi a voi, vigili stelle, A te no '1 dissi, onniveggente sol: 11 liome suo, fior de le eose belle, Nel mio taeito petto echeggio sol. Pur 1' luia de le stelle a 1' altra coutu II mio seereto ne la notte bruna, E ne sorride il sol, quando tranionta, Ne' suoi eolloqui con la bianca luna. Su i eolli ombrosi e ne la piaggia lieta Ogni arbusto ne parla ad ogni fior: Cantan gli augelli a vol — Fosco poeta, Ti apprese al fine i doki sogni atnor. — lo niai no '1 dissi: e con divin fragore Ija terra c il eiel 1' ainato nome ehiamn, E tra gli effluvi de le aeacie in tiore Mi mormorft il gran tutto — Ella, ella t' auia. — Ma prima di lui aveva poctato il Chamisso, su la traccia, par cgli asseverare, di un canto greco moderno: ') Nuova Avtologia, I. ott. 18!>7, pag. 503 e segg. 2) Pogine Istriane, a. I., n. 9-10, pagg. •»•>9-231. 3) Adolf Bartels: Chamisson Leben nnd IVerkr, in Adeibert von Cha-missos samtliche \Verke; Erster Band, Leipzig, Hesse; pag. 20. Verratene Liebe') (Neugriechisch) I)a naehts wir uns kiissten, o M&dehen, Hat keiner uns zngescliaut; Die Sterne, die standen am Himmel, \Vir haben den Sternen getraut. i Es ist ein St rn gefallen, Der bat dem Meer uns verklagt; Da bat das Meer es dem Ruder, Das Ruder dein Schiffer gesagt. Da sang derselbe Schiffer Es seiner Liebsten vor; Nun singen's auf Strassen und Milrktrtn Die Miidehen und Knaben im Choj-. II concetto fondamentale, c-omo si vede, e il medesimo in entrambi le eomposizioni. II poeta tedeseo narra clie, ba-ciatosi in gran segreto, di notte, con 1' arnata, fu visto dalle stelle. una delle quali confido la cosa al m are, che a sna volta la narrd al reiro e cosi via, finchč la cantarono sn le publiche 1 Ne diA questa versione in versi il Cavallotti (II tibro dei verni, «La Poligrafiea». editrice; pag\ '2751: Segreto in piazza ! Nessnn ei ha veduti, o inia vergine, La notte 1'un 1'altra baciar... Le stelle che in cielo brillavano Soltanto alle stelle il narrar. Ma eadde una stella nel inare E aH'onda in segreto il conto, Che al remo 1' ando a sussurrare... K il renio al nocchier ne parlo: K qnesti al suo dolce tesoro Lo disse ali'oreechio pian pian: Faneiulle e garznni ora in coro LA in piazza gridando lo van! Da notar questo pero: che la chiusa della prima quartina rende tutt' altro che esatto il pensiero deli' originale. Di fatti, Die Sternen, die standen am Himmel, \Vir haben den Sternen getraut, non puo voler dire, tradotto letteralmente, se non cjuesto: Le stelle orano in eielo : noi avenpino fiducia nelle stelle, noi ci tidammo delle stelle, vie e ne' mereati ragazzi e ragazze. 11 poeta nostro affenna di non aver detto a nessuno.il nome della sua bella, raa d'a-verlo tenuto gelosamente chiuso in petto; tuttavia lo vengono a risapero le stelle, il sole, la luna, gli arbusti, i flori; cosi che, in ttne, terra c cielo chiainano a una voce 1'amato nome. In somraa, tanto l'un poeta che l'altro ha un segreto che vorrebbe tener con gran cura celato, mentre il caso fa si che nel piu inopinato de' modi esso divenga di puhlico dominio. Fin qui la concordanza delle due liriche; ch' e concordanza di motivo informatore, come dissi, e quindi d'impressione totale; ben diverso presentandosi nelle stesse relemento fantastico acces-sorio, in che nettamente manitestasi quella ch' io direi la diffe-rente impronta del particolar genio poetico dei due autori: piu semplice e popolare nel tedesco, piu complesso, piu caldo e piu alto nelT italiano l). Pimio, dieembre 1909. Giovauui Quaraut,ottn PRETE BENLEVA E I CANONICI DI MONTONA II 30 dieembre adunque, dinanzi al pubblico notaio di Montona, Domenico Ravasini, convennero tutti i Canonici della Collegiata: don Matteo del Senno, parroco; don Pietro Barbo ; don Francesco Polesini2); don Piero Gerometto i quali istitui- 4) Per una combinazione che puo esser be.nissimo fortuita ma clie non puo a ogni modo non sembrar strana, Panteismo appar collocato dal Carducci fra due delle sue meravigliose traduzioni dali' Heine (Lungi luTigi e Passa la nave mia), Giova pero i-icordare ai lettori che dal Chamisso il Carducci non. tradusse mai nalla che poi abbia stampato. Ma nel '69 e '70, quando egli «studid a gran forza il tedesco« (G. Chiarini: Giosue Carducci, impressioni e ricordi; Zanichelli, 1901; pag. 226) e tra- dusse non poco dallo Schiller, dal Goethe, dali' Heine e dal Platen (per lo piu in prosa letterale), chissa non si sia occupato anche del Chamisso ! s) II canonico don Francesco Polesini, il 22 giugno 1772, venne creato veseovo di Pola: di qui, il 1 giugno 1778, passo a reggere il ve-seovado di Parenzo dove mori nel gennaio del 1819 (P. B. Gams — Series Episcoporum. Ratisbonae, Mauz 1873). PAGINE ISTRI AN K 13 vano loro legittimo Procuratotre il collega don Giovanni Ghersa. La scelta era caduta sul canonico Ghersa poiche esso era stalo otfeso, piu che gJi altri, dal Benieva: a lui quindi il Capitolo avea affidato 1' incarico «di presentarsi al venerato Tribunale degli Ecc.mi SS.ri Capi deli'Ecc.mo Cons. di X.i e rassegnar alla gravita del medesimo i lagni d' esso Capitolo e le ragioni ohe riguardano 1' Ecclesiastica Disciplina, il rispetto dovuto alla Cliiesa di Dio e la quiete e la sicurezza delle persone e d' essi SS.ri Canonici che ricevono ofFesa da alcuni Religiosi» lasciando nel tempo stesso facolta ad esso Procuratore di ag-giungere tutto cio che fosse da lui creduto »necessario a cor-rezione de scandalosi ed a quiete del Capitolo.» Venne il Ghersa a Venezia e il 7 febbraio 1707 preseliti) un Memoriale, su quanto era occorso, ai Capi dei X.i invocando la loro «incorrotta, sovrana Giustizia*. I canonici di Montona erano spinti a cio da «uno spirito di quiete e di sicurezza e da uno zelo sincero del culto divino* poiclie don Girolamo Benieva coglieva «ingegnosamente tutte quelle oecasioni che gli suggeriva il suo rasi talento» per perseguitarli. E poicliŽ ai passati insulti, allo scostumato e irreligioso tenore di vita, alla maldicenza sul con to loro si erano ora aggiunte queste ultime offase e la profanazione del tempio di Dio, cosi essi Canonici si rivolgevano ai Capi dei X.i riponendo 1' unica speranza iti essi e nella loro «luminosa pieta e giustizia in virtii di cui» pregavano che fosse restituito alla Chiesa il dovuto decoro e la tranquillit4 e la sicurezza al Capitolo intero. Erano allora Capi dei X.i: Alvise Magno, Piero Barbarigo e Anzolo Dolfin IV. Presa notizia di quanto in iscritto e a voce avea loro esposto il canonico Giovanni Ghersa riservarono essi ogni deliberazione desiderando di avere anche da parte del rappresentante ufficiale del Governo informazioni piu dif-fuse in proposito. II giorno stesso adunque nel quale si era a loro presentato il Ghersa, essi inviavano copia del Memoriale dei Canonici di Montona al Capitano di Raspo ingiungendogli di stendere una Relazione sul fatto. Alla Relazione doveano esser aggiunti tutti quei particolari che a lui fosse stato pos-sibile di raccogliere, procedendo per cio anche ali' esame di persone Religiose. desiderosi essi Capi di poter in seguito ema-nare «quelle disposizioni clie convenissero a restituire alla Chiesa il dovuto decoro e la tranquillita e sicurezza a quel Capitolo')». Daniele Renier q.m Lancillotto Maria, capitano di Raspo ricevuto tale incarico, si misu subito ali' opera e pote 1' 11 aprile comunicare al Consiglio dei X.i tutto cio che gli risultava dagli «assunti costituti degl'Indolenti e dalle stesse deposizioni degli introdotti testinioni». Date adunque tutte le maggiori informazioni sulla famiglia e sui precedenti di prete Benleva, il capitano di Raspo espo-neva ehiaramente e nei suoi piii minuti particolari quanto era successo il 28 dicembre deli' anno precedente nella Chiesa di Montona deplorando lo scandalo a cui la scenata avea dato origine. E poiehe il colpevole, anzi che pentirsi, andava me-nando vanto delle prodezze sue, il Renier avvisava non essere difficile che il Benleva, «dietro anche a questo [corregibile trapasso, per la violenza del di lui impetuoso temperamento, fomentato ed acceso dali' indole egualmente cervicosa ed ar-rogante degli altri antedetti di lui fratelli, abbia ad invogliersi in eccessi maggiori tanto piu che, neH'atto istesso di raccogliere le preseliti comandate informazioni per quanto traspirasi e da Costituti e da esami de' testimoni tuttocche circospetti e cauti nelle loro deposizioni per il timore e soggezionc della prepo-tente famiglia, si e deciso 11011 solo il ricorso de Canonici strappazzati ed otfcsi, ma anche, sopra 1' esecuzione del sovrano rispettabile comando. si e di gift minacciato il cavilloso ragiro deli' appelazione ]>er far fronte anche per questo al Capitolo predetto». E il capitano di Raspo chiudeva il suo rapporto dichia-rando ai Capi dei X.i, dei quali avea eseguito «colla dovuta ingenuita e candidezza il venerato comando*, che egli era sempre pronto con la sua «ossequiosa rassegnazione di incon-trare e pienamente ubbidire la »Sovrana Loro Volonti in un affare che per le sue gelosissime v is te degno si rende delle mature ponderazioni del loro Eec.mo Tribunale». M E probabile che il Veneto Governo abbia voluto, in questo caso, rivolgersi al capitano di Raspo conie a čolni che occnpava uno dei maggiori e piii stimati Reggimenti di tntta 1' Istria (Museo Correr di Venezia — codice Correr KOS). — A Montona c' era un PodestA che durava in carica ii'2 mesi e che precisamente in quel tempo era Girolamn Cicogna <[.m Angelo (Archivio di Stato in Venezia — Segretario alle. \'oci, Ele-zioni del Maggior Consiglio). 2) Archivio di Stato in Venezia -— Segretario alle Voci; — Ibid. i'a(unk istim amk 15 Provata cosi la veri ta di quanto era esposto nel Memoriale dei Canonici, il Tribunale dei X.i non indugio a prendere i provvedimenti neeessari a cio che 1' ordine e la tranquillita venissero, per quanto fosse possibile, rispettati nella comunita di Montona e, con Ducale del 22 aprile, i Capi del Consiglio commettevano al capitano di Raspo di far comparire rlon Gi-rolamo Benleva in pubblica Camera d' udienza, nell'ora della maggior frequenza, e di ammonirlo seriamente per il .suo con-tegno scandaloso e intollerabile. Davano in pari tempo 1' in-carico allo stesso capitano tli sorvegliare la condotta del sa-cerdote ribelle e di riferire in caso di nuove mancanze. In obbedienza a tali ordini adunque, nel giorno e nel-1' ora che piu numerose le Autorita e i cittaclini di Raspo erano preseliti nel palazzo del Capitanato, Daniele Renier, fatto comparire al cospetto di tutti don Girolamo Benleva, pronun-ziava le seguenti parole'): «Con orror deli' animo nostro e con grave scandalo do sli Cittadini che me cireonda, vedo dinnanzi sta publica Rap presentanza un (s)oggetto che adorno della Civil Cittadinanza della fedelissima Comunita de' Montona e, de piu, marca col grande Sacro Carattere de Sacerdote, per le criminose suc dirrezion, comparisce Reo per soffrir el castigo clementemente commanda dali' Eccelso Tribunale del Consiglio de Dieze. «Deturpada la nascita con ogn' altro attributo, pqi"duda la moderazion de Sudditto, solo resta visibili al Reo le macchic della colpa che a Dio col pentimento e miglior regola del-1' avvenir vadino possibilmente smaride ed in obblio. «La violenza xe resa troppo frequente nella vostra fa-meggia e per emendarla non xe stadi sufflcienti i rečeni,i esempj dei passadi Castighi. «Ve figure d' esser el piu grande dei altri col solo argo-mento perche se manco prudente. «Cervicoso xe el vostro modo de pensar e v' ha riddotto el tras])orto nel Tempio de Dio Signor de perder el rispetto a persone superiori alla vostra del Clero e Capitolo de quella Chiesa; e nel Logo dove se deve adorar la Divina Onnipotenza ave espresse parole, che sarave stade scandalose in uuOsteria, Museo civico Correr tli Venezia — codicc Cicogna MMMXXIX22Ž2. profferide da vili Persone con libertino Linguaggio; avč tali,o quella figura pur troppo facile al vostro cattivo C os t ume, ma indecente alla vostra Nascita Civil, al Sagro rispettabile Ordine del qual, con grave dolor de un Clero esemplar, xe impressa 1' anima vostra, e dove in addesso rappresentar 1' e norme figura de Delinquente. »Convien per commando Sovran corregger el preselite e aver in seria vista el futuro. Pense dunque ehe i recidivi trap-passi rendera piu penetrante la Pena. ♦Intanto per ricever una prova del vostro ravvedimento, prima de partir, depositare nella Cancellaria nostra 1' inti'ero risarcimento in Dinaro effettivo di tutte le Spese incontrade sin' ora per la formazion del Proeesso a norma delle Leggi' e del rispettabile Eccelso Ordine. «Ve tegnire in seguito lontan dalla vita scorretta per apparir degno del Perdono della Divina Misericordia e del-1' Umana giustizia che vol veder sicuri dalla temerita i onesti iunocenti abbitanti del Veneto Stato». La paternale del capitano di Easpo, specie perche fatta alla presenza di moltissimi cittadini e delle maggiori persona-. lita del luogo, costituiva per se stessa, piu che un ammoni-mento solenne, una punizione vera e propria, tanto piu.che, da buon conoscitore delle debolezze umane, Daniele Renier avea avuta 1' abilita di colpire il Benleva am-hc nella borsa. Che siasi allora don Girolamo ravveduto? A giudicare dali' indole sua turbolenta ed inquieta, incitata sicuramente dagli animi alteri e violenti dei fratelli, e lecito ritenere che, pur sotto forme diverse, il Clero e specialmente i Canonici di Montona sieno stati costretti a godersi ancora le cortesie e le purgate espressioni delle quali si compiaceva prete Benleva. Ricciotti Bratti. 'I ( ' ■ i ' --- vid . XV- J/H t opera e ranima ai Giuseppe Revere. i Continaazione, v. munero precedente}« 11 Rovani, che del triestino fu avversario rabbioso, disse che in lui la pove rta della fantasia e della immaginazione /> manifesta ad ogni pasto l). L' asserzione secca, dura e un po' maligna nel con fronto, non molto opportuno, fra il Prati e il Revere, che egli le premette, sa di tiele. Eppure lo scrit-tore milanese sentiva qualche cosa che in realta era nell' opera del nostro, sentiva che la sua fantasia si distingueva da quella di altri, ai quali egli pensava. Del resto anche il Revere, che di s6 stesso era osservatore assiduo, aveva notato questo suo carattere particolare. Cosl scrive facetamente ne' Bozzetti '): «Mol ti, a mo' d' esempio, non si d&nno un pensiero al niondo di quel che hanno a raettere in carta, e cosi tra il dire e il fare, si succiano fuor delle dita le piu mirabili imaginazioni, che possano uscire da c-ervello umano; come fosser perduti delle gambe, non mettono mai il piede fuor di časa, e tuttavia vi descrivono, quasi 1' avessero in tasca, tutto 1' universo. Io, in cambio, per parlarvi d' una magra e schiomata collina, di un rantoloso torrente, o d' una catapecchia sfiancata, son con-dotto a flccarvici il naso, a veder partitamente ogni minuzzolo; neranieno, sto per dire, un fil d' erba io vi dipingerei se non 1' avessi dapprima veduto.... Quando poi me lo (il vero) son ciigerito, quando gli og-getti veduti se ne sono iti nel serbatoio del cervello, dopo di avere immollato il becco nella fonte deli' anima e d' esservisi la prima ben risciacquata, io li macino co' miei colori, li pongo sulla tavolozza e dipingo — escono dalle vescichette e.... si tramutano di spesso in vesciche«. A nessuno — čredo — verr& in mente di affermare che Leopardi e Byron, Manzoni e Guerrazzi ebbero immaginazione eguale. E tuttavia difficilmente s' arrischierebbe qualcuno ad asserire che il cantor della ginestra o 1' autore dei Promessi Sposi abbiano povertA di fantasia. Ditferenza di qualita, non d' intensita. 1) (i. Rovani, op. cit. 2) (J. Revere, Op. compl., vol. II, pag. 177. La fantasia del Revere ha bisogno per produrre di essere alimentata continuamente dalla realta, deve bere al fonte del vero pili che quella di altri scrittori. II che per se non e male, ma gli rese difficile di riuscire nel teatro, al quale il desiderio di farna piu che 1' inspirazione forse ve lo aveva trascinato. Anzi tutto il carattere speciale della facolta creatrice lo aveva meglio disposto ad accogliere quei canoni rigorosissimi intorno al dramma, che le idee del tempo e il raziocinio gli dimostravano necessari: illudendosi di dar nuovo esempio di teat.ro, non faceva che adattarsi alle esigenze della sua anima. Ora se il dramma fosse soltanto una riproduzione este-riore di fatti e di uomini, una storia vivificata dal dialogo, la fantasia del Revere con 1'aiuto della realta, che gli storici e i documenti le fomivano, sarebbe riuscita a darci un' opera perfetta. Ma 1' essenza del dramma non sta nella verita ero-nologica. ma nella rievocazione delle anime e delle passioni che le agitano. II che il triestino non volle o non pote com-prendere, e anche se 1' avesse compreso, non sarebbe riuscito a mandarlo ad effetto, perche gli malicava la facolta necessaria. Le passioni per rievocarle non basta studiarle come un fatto o un oggetto, bisogna sentirle. Ora son due časi possibili: o la passione e gia nel nostro cuore — sia pure softocata o ignorata — oppure la fantasia e di una eccitabilita speciale, sicche subito intuisce la passione altrui e agisce sul sentimento riproducendola nell' anima nostra. 11 primo caso era quasi impossibile al Revere, perche i i dramma da lui concepito doveva con esattezza — direi — seientifica, ricostruire un ambiente dal suo, piu che lontano, rimoto. E quanto questa teoria paralizzi la forza ,del sentimento, lo dimostra 1' esempio di un genio. Se il lirismo non avesse preso la mano ad Ales-sandro Manzoni — molte volte contro il volere della sua ragione —, le sue due tragedie sarebbero affatto perdute. K si badi che il Revere e andato molto, molto piu avanti su la via della riforma. E escluso anche il secondo caso: come poteva la sua fantasia tanto legata ali' oggetto che deve descrivere, intuire le passioni dei singoli personaggi, oggettivarsi di volta in volta, dar vita a quelle figure che la storia gli presentava tanto lontane ? So che mi si puo opporre che il dramma, che ha prece- duto e — secondo alcuni — preparato il Quarantotto, non e che un simbolo di fatti e sensi di quel tempo. L' ha affermato indirettamente il Eevere '), 1' ha spiegato il Rondani, il quale seri ve 5): «in quei drammi freme gia la rivoluzione; a quando a quando vi balena dentro la parola armata de' cospiratori: dietro que' drammi c' e il popolo che applaude la vaga allu-sione e fa impallidire le spie e i poliziotti; decifra l'allegoria che la censura non aveva capita, e, nella concitazione del sentimento, confonde i fatti antichi e i contemporanei*. So che le aspirazioni di Lapo e Corsini e Garnesecchi e fra Lionardo e anehe di Lorenzino, le angoscie dei Piagnoni, i sospetti, le ansie e i terrori dei Corsi che il genovese oppri-meva, erano le aspirazioni, le angoscie, le ansie, i sospetti e i terrori degli Italiani, che 1' Austria e i suoi satelliti tana-gliavano, Ma — rispondo — non al concetto, ali' esecuzione e ai particolari ho fatto appunti. Vi sono bellezze frammentarie, inspirazione gagliarda, ma anclie artificiosita; in mezzo a gridi di passione sincera, noi troviamo retorica e affetti di testa; insieme con qualche felice intuizione, figure spettacolose. Di qui la grigia uniformi tft d'Alessandro, la pallidezza dei personaggi ne' «Piagnoni*, il freddo conflitto nel Sampiero, 1' inferiorita delle anime. c-he il Revere ha dipinto di fronte a quelle che il Saint-Real ha creato. Qui e la cagione per cui anehe i piu ardenti suoi enco-miatori, senza spiegarsi il perche, videro ne' drammi del Revere quadri storici. Ricordo le parole del Camerini intorno al Bedraar e cito il Molmenti che per il nostro ha tenerezza non minore deli' altro critico 3): «Ncl Lorenzino, nella Congiura di Bedtnar, nel Sampiero gli affetti non sono quasi mai in confiitto fra loro, ne c' e quasi mai 1' agitata e scomposta lotta delle passioni. Sono piu presto quadri perfetti delle costumanze e delle idee del tempo, e una pittura fedele di caratteri storici«. Forse per questo raotivo i drammi di argomento contem-poraneo so.no riusciti molto meglio che gli altri: 1' onda del-1' affetto che la o era torbida o scarsa, qui scorre piena. II 1) d. Revere, Op. eompl., vol. I, pag\ 11. 2) A. Uoiidani. Saggi di critiche letterarie, Firenze 1881, pag. 373. 3) P. (>. Molmenti, Impressioni lelterarie, Milano, Battezzati, 1875, pag. 160. poeta descrive passioni che agitavano il suo cuore o che ve-deva - non senza parteciparne — in quelli che lo circonda-vano: e 1'espressione degli affetti ha una immediatezza e sin- cerita, quale troveremo nelle raigliori sue poesie. * 11 Revere fu condotto a tentare il genere drammatico dalla voluttfi della gloria: e una maliarda la scena. Dotato di volonta tenace, accurato, indagatore, abilissirao nel congegnare e nell' architettare i drammi tanto che piu t.arcli nel 'Bedmar' s' avvioiner/t al fare macchinoso del Dumas, s' illuse di avere tutte le qualita necessarie a un autore tragico. Le lodi, onde i critici ali' apparire del Lorenzino non sempre con la dovuta prudenza gli furono larghi, lo confortarono a proseguire. Eppure il periodo di produzione e brevissimo. Quale il motivo? Secondo il Revere le condizioni tristissime del teat.ro. E infatti se si pensa che lo stesso G ustavo Modena, che pur deli' idea patriottica era apostolo fervidissimo, non riusciva a comprendere come 1' inondazione del forestierume nell'arte e un pericolo egualmente grande che la dominazione ])olitica straniera, se si pensa che il teatro francese da' comici e dal pubblico era preferito, che 1'autore italiano era piu che trascurato addirittura vilipeso *), si capisce come 1' anima del Revere, morbosamente sensibile, ne avesse una triste irapres-sione. Quando egli parla del teatro par di sentire 1' angoscia che gli fa nodo alla gola. «L'arte nostra> —■ egli dice •— e fatta vituperoso trastullo del trafflco comico ed argomento di scherno al cospetto degli stranieri. Lettori miei, la croce del teatro pesa dieci cotajito di quella che il Cireneo aiutava a portare* J). Alle quali parole fa riseontro la protezia che Ana-cleto Diacono fa al nostro autore 3): «Maestro, voi volete salire il Calvario teatrale, e ve ne pentirete; Maestro, io prima di voi provai come sa di polve il palco osceno (voleva dire scenico), prima di voi gettai la mia parola storica nel truogolo comico, e non la vollero nemmanco i porci. Per chi scriverete ') (i, Costetli, II teatro italiano nel 1800, lioe.cn S. Caseiano, L. Cappetti, 1901. 3) G. Revere, Op. compl. vol. I, pag\ 550. 3) » » » » vol. IV, pag. 173. voi ? Per gli attori che non v' intenderanno, per 1' udienza che non vi ascoltera? Per un norcino di polizia che vi castrera il buono ed il meglio? Per 1' impresario che vi cavera la pelle?.... Per chi scriverete voi?» Del Lorenzino lamenta che «monco, guercio, fa il burattino su pei teatri del libero Pie-monte» ') e del Sampiero®): «lo ho la mala ventura di essere 1' indegno, abbominevole, obliato e sonnacchioso autore del Sampiero«. E dal teatro egli si allontand, ma non sen za :at riin[)ianto e un confidente proposito di ritornarvi. Se cessera questo infecondo sdegno Che il tradito intelletto ora m' occiipa E dalla fronte per lunghi anni t upa Disparira delle mie ture il segno, lo silil' arte che al peggio si dirupa Usero le reliqiiie deli' ingegno, Su cjtiest' arte che oinai piu non ha rcgno Fatta raminga ed iinplacata lupa3). Ma 1'čiddio fu per sempre. Gli manco la serenita o s'ac-corse che quella non era la sua via? Nol so. (eontinua) lloineo Nori. BIBLIOGKAFIA Arturo Bellutti, Odi adriache, Trieste, tip. Caprin, 1!)10. Un nuo^•o volunie di versi di Arturo Bellotti, un forte ingegno di poeta dalmato, č uscito, di ijuesti giorni, pe' tipi Caprin di Trieste. E' una raccolta di odi, in metro barbaro, maneggiato con veTa ]icrizia tecnica e con facilita ; una raccolta, in cui biilla una vena abbondante c fresca di poesia, piena di eoncetti limpidi e ben detenninati nel ritirio sonoro, che rievoca iinagini gentili e ritrae impressioni vive e reali del paesaggio c delle citta costiere deli' Istria. Poiche, su quattordici odi, nove sono di argomento istriano, e tra le belle della raccolta. Capodistria, con le glorie e le niemorie venete, e le tele del Carpaccio, e il candido fulgore del t ') Kevere, Op. ccmpl. vol. IV, pag. 174. !) » » » » vol. II, pag. 26*4. 3) (t. Revere, l Nemenii, Arte sceuica (1851), op. cornpl. vol. III, pag. 12«. palazzo del comune; Pirano, con i ricordi della battaglia di Salvore ; Pola, col grancle fantasma storico della potenza di Roma augusta, sono cantate dal Bellotti in forti e bon temprati versi, ricchi di imagini, e pieni di sentimento. Segnaliamo, quindi, il bel volumetto ai lcttori delle Vagine istriane, grati che 1' autore abbia cantato in cosi bei versi le glorie e il passato della nostra terra. L gefinaio a. c. leggesi un bel riassunto delle vicende di questa tanto benemerita societa triestina. * Ali' Universita popolare Giuseppe Piceiola, preside del liceo Ga-lileo Galilei di Firenze, tenne una splendida conferenza su Buonconte e la ria nel Purgatorio di Dante. * E uscito a Trento un nuovo periodico Pro cultura. II comprovinciale prof. Ive e stato nominato corrispoudente del-1' «Ateneo veneto di scienze, lettere ed avti«. * Entro il mese di gennaio la Pro Cultura di Trieste iniziera la sua attivita con una serie di conferenze, nelle quali saranno esposte ed esaminate le teorie tilosofiche moderne tanto italiane, che straniere. In uno dei primi cicli il prof. dott. Fabio Lettich trattera del movimento filosofico positivista in Italia nella seconda meta dol secolo XIX e nei primi anni di questo secolo; in un altro ciclo il prof. Marino Graziussi esporra il sistema di Benedctto Croce. & Nel p rimo nuinero 1910 di Alpi Oiulie Kug. lioegan contiuua, con lo cognizioui profonde che ha in materia, la sua bella illustrazione della grotta di Trebiciano. % L' amico dei campi, 1'organ o della »Societa agraria® di Trieste, che ora entra nel 51.o anno di vita, contiene vari articoli di speciale in-teresse per 1' Istria. S- Nel nuinero 129-130 (XII) di Atene e l{oma leggesi un articolo di R. Sabbadini su Dante e l'Achilleide di Stazio e di E. 1'roto su Dante e i poeti latini (cont.). * II sesto nuinero (1909) dvM' A rchiginnasio di Bologna contiene uno studio di A. Sorbelli su Angelo Cuccoli e le sne commedie. * Nel b.o fascicolo (1909) del Bollettino storico piacentino Franco Ercole continua il suo interessante studio sul &villanaiico» e la servitu della gleba in alcuni documenti piacentini dei secoli XII e XIII. -S Elia Lattes pubblicr. nel fascicolo 18.o (serie II, vol. 42) dei Ken-diconti deli' istituto lombardo di scievze e lettere un saggio di un indice fonetico etruseo. & Nel nuinero 25 deli' Istria agricola il redattore dott. 1). Biifalini serive sull* economia rurale alla l.a Esposizione istriana. E morto Pietro dott. de Madonizza, gia direttore della rivista lette-raria La Provincia deli' Istria, la quale godeva bella rinomanza ed e im-portante quale fonte di notizie e studi risguardanti 1' Istria. Giuliano Tessari editore e redattore responsabile. Stab. Tip. Carlo Priora, Capodistria.