ANNO XXVII. Capodistria, 16 Giugno 1893. N. 12 LA PROVINC DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre ili proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Il Castel Leone di Capodistria (Continuazione vedi N.i 10 e 11) ' Dal documento riferito ci piace rilevare prima di tutto il fatto che il castello era così costruito da chiudere la strada d'ingresso alla città ; da una, porta si entrava e dall' altra si usciva, passando necessariamente sotto le volte del castello. E queste porte per il riportato decreto potevano chiudersi a beneplacito del podestà; e i cittadini, in tempi grossi, rimanevano quindi chiusi come in una grande gabbia. Il disegno a penna eseguito nel 1818 dal signor Bortolo de Zorzi (il Sior Bortoletto della Grisoni, di felice, lepida memoria) del quale pos-sedo copia, corrisponde esattamente alle parole del succitato decreto : solo che i torrioni appariscono già abbattuti per una metà circa; e tutto ci fa supporre avessero nel secolo XIV una altezza maggiore, perchè altrimenti non sarebbero bastati alla difesa, nè avrebbero avuto bisogno di un così largo sviluppo alla base. Le due porte del castello erano di riscontro alla Muda ; e tra quelle e questa c' era di mezzo la strada attuale di circonvallazione sotto le mura della città. Ciò posto in sodo, vediamo le mutazioni avvenute nel castello l'anno 1349. Ordina il Senato che alla parte superiore si acceda non per l'interno come prima, ma con una scala esterna, quale si possa alzare e abbassare, a guisa di un ponte le-vatojo fino al primo piano, indicato sul sopraccitato disegno da due finestre di stile lombardo, pare, poste sopra la porta. Nè di ciò pago il Senato, sempre per isfuggire il pericolo di un possibile assalto del castello, da parte di ribelli trasvestiti da villani, e transitanti sotto le volte da una porta all' altra, fingendo di recarsi al lavoro nei campi, il Senato, dico, decreta sia fatto un ponte di fianco al castello, verso Ressanum, Risano (?) distante un passo dal muro del castello, e sia posto tra due ponti levatoi, come è, aggiunge un po' confusamente, 1' attuale, e levabile alla metà circa. Il ppnte nuovo, di fianco al castello, deve essere così costruito da lasciar conveniente spazio al passaggio di un carro di fieno o di biada, e da potersi facilmente distruggere ogni qualvolta lo richieda la sicurezza del forte. Si aggiunge però subito che se ciò non sarà reputato necessario dal Podestà e dai Sapienti mandati sul luogo, e se crederanno che il castello possa rimanere sicuro egualmente, allora si fasci passare il popolo, come il solito in mezzo al castello e di questo nuovo ponte di fianco non si discorra più. Fu poi eseguita quest' opera nuova? Penso che 110, perchè il terreno sul fianco del castello verso levante era molto paludoso, perchè nei disegni non ne rimane vestigio, e più che tutto pel seguente decreto posteriore che qui si riporta. 1349 Die X.o Septembris .... Super canapo vero, quod opportunum erit ad pontem construendum castri Leonis, et ad scallas eiusdem dicitur, Quod cum pridie cap-tum fuisset in isto Consilio quod constructio pontis predicti Relinquertur arbitrio et discre-tioni domini Potestatis, et provisorum, et prefati provisores videlicet ser zuffredus mauro-zeno etc redierint venecias, ita quod nundum adimpleta ut intentio, seu partis tenor, ob hoc consulunt, Sapientes, quod iterum scribatur eidem potestati, quod notificet, quid sibi videtur, de modo constructionis memorati pontis, Et ha-bita ejus responsione, providebitur postea de canapo et de alijs, eidem ponti necessarijs, et scallis fiendis pro securitate prelibati castri . . .......(„Atti e Memorie" Vol. IV, Fase. 1 e 2, pag. 75). Dunque, si noti bene, nel settembre, due mesi dopo il primo decreto, nè nuovo ponte, nè nuove scale esterne si erano fatte ; gl' ingegneri erano tornati a Venezia senza dar mano all' opera : è adunque assai probabile che il Podestà, passato il pericolo, e i primi bollori, non abbia fatto nulla di nuovo: tanto più che il canape e le cose necessarie erano rimaste sempre a Venezia. I cittadini di Capodistria passarono adunque, more solito, sotto il castello, esposti agli sguardi dei mercenari che gli avranno guardati a stracciasacco; e i soldati stessi avranno fatto il loro comodo con la scala interna. La pronta pace e la successiva devozione dei Capodistriani a San Marco, dopo la sfuriata del quarantotto, certo fecero sospendere al Senato 1' esecuzione del primo decreto, e di scale aeree e di ponti levatoi non si parlò più. Rimaneva però sempre il ponte levatojo all' uscita del castello e che si trovava alla distanza di 47 metri sulla strada che ora mena in Canzano, e sopra il quale si dovea necessariamente transitare. I)i ciò ne fa fede un posteriore decreto del Senato in data 9 luglio 1358 in cui si proibisce a certo Marco Belegno di entrare in Capodistria nel castello Leone e di ascendere il ponte di detto castello — Quod dictus ser Marcus numquam possit in-trare Civitatem Iustinopolis vel Castrum Leonis aut ascendere pontem dicti Castri ecc. (Op. cit. pag. 125). Il ponte levatojo ed il castello formavano un tutto necessario alla difesa della città. Ed ormai possiamo avere una chiara idea del Castel Leone. Appena uscito dalla porta attuale della muda, il passeggero entrava nel castello dalla porta prospiciente verso la città, e fatti alquanti passi sotto le nere volte ne usciva dalla parte opposta; infilava quindi subito il ponte, o aspettava fosse calato ; da ultimo senza altri impedimenti continuava per la sua strada. Così nel secolo XIV. Ed io credo che da questo ponte levatojo, importantissimo ed unico mezzo allora per uscire, abbia preso il nome l'attuale Piazza di Ponte e relativa contrada. È vero che nella piazza c'è la fontana con un ponte di marmo; ma tutto ciò è decorativo, e molto posteriore ; forse ci fu messo perchè arma del podestà che l'avrà fatta costruire. II decreto sunnominato contiene poi altre prescrizioni per la difesa del castello; e perciò si spediscono dall' arsenale di Venezia-Cazzafusti, Buz-zolati, Balliste, Spingarde, Quarelle ecc. ecc. e si comanda venga aggiustata la casa di legno situata fuori del castello per custodire le armi dei foresi „quali non devono entrare armati in città, come usavano prima della ribellione." Itera siano atterrate per dodici passi le mura della città ai due fianchi del castello, perchè i balestrieri possano difendersi; e invece delle mura si scavi una fossa, e si alzi una sbarra: libero il podestà di buttar giù le mura anche per qualche passo di più. (Op. cit. pag. 68). Ed ora al capitolo vettovaglie. Vogliono i Provveditori che nel castello ci siano venti staja di frumento, quale sarà annualmente mutato : di più venticinque staja di miglio, di rinforzo al frumento pel pane (a que' bei canerini!). Item fave, carne porcina, olio, (a coinedendo) e legna (a com-burrendo) uno pestrino per macinare, sale, e dieci staja di biscotto da mutarsi spesso, perchè non vada a male ecc. ecc. (Op. cit. pag. 68). Tutti provvedimenti opportunissimi ; perchè nel passato s' era dato il caso di un certo Nicoletto Ziorano castellano in Castel Leone, il quale per sostenere i mercenari, avea dovuto spendere del suo, come dal seguente decreto. 1349, 27 Settembre. Quod fiat gratia .... Nicoletto Ziorano, olim castellano castri Leonis, qui ... . ecc. ecc.....dentur ei ducati triginta- quinqne auri. (Op, cit. pag. 76). (Continua) P- T. ------—86----— ' INDICE DELLE CAUTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 8. (Continuazione vedi n. 8 anno XXIV e seg.) anni 1559 e 1560 c. 757-767 Capitano Giovanni Corner Processus cause Mathei riz cum Luca friz Matteo Riz di Sovignacco diede in prestito a Luca Friz un suo bove che sarebbe morto durante il lavoro. Egli vorrebbe essere indennizzato del danno patito, ina la sua dimanda non è accolta. anno 1560 c. 768-772 Capitano Giovanni Corner Processus urbani cocetich cum Michele Micacich de rolio È accolta dal capitano la contraddizione interposta da Michele Micacich di Rozzo alla vendita fatta da Urbano Cocetich di Semichie di un suo baredo posto nel territorio di Rozzo. anno 1559 c. 773-788 Capitano Giovanni Corner Processus cause Antonij crivossia cum Margarita buletich de Galignana Lunga lite a cagione di una cavalla, dove è sentenziato dover essa restituirsi a Margherita Buletich di Galignana, morlacca. anno 1560 c. 789-802 Capitano Giovanni Corner Processus luce brigliavaz cum domino presbitero Antonio covacich Luca Brigliavaz della villa di Slum, in nome proprio e della moglie, vorrebbe fosse ingiunto a prete Antonio di Rozzo, presentemente beneficiato in Antignana, di rilasciare, come cosa che non gli appartiene, una parte di casa posta in Rozzo nella contrada della porta piccola. anno 1560 c. 803-836 Capitano Giovanni Corner Processus cause fìliorum et heredum q. D. Octaviani Lugnani cum D.o Antonio Lugnano comestabili eorum patrue 1 figli del fu Ottaviano Lugnani chiedono e ottengono, in virtù del capitolo 122 dello statuto di Pinguente De lucris fra-trum patre vivente et post mortem comunicandis insimul, che il loro zio Antonio Lugnani, contestabile della Compagnia di Raspo, rilasci loro la metà dei beni che trovavansi al tempo che egli viveva col loro padre. È sottratta però la dote di donna Marcellina e non sono compresi i denari che Antonio portò dal campo, perchè guadagnati — come egli scrive, in giusta guerra con pericoli disastri et fatiche de anni dodici, anzi comprati con il predo de il proprio sangue et con testimonio delle cicatrici che adhuc appareno et si vedono scolpite nella faccia et nel petto mio; poiché dal principio de la guerra che fu in queste parti da lo anno 1508 fin lano 1514 io quasi di continuo seguito gli exerciti de il Serenissimo Dominio,.... del 1514 io mi transferite in Italia cioè ne le parti de lombardia et roma-gna, et ivi di continuo feci larte del solda, con onorato loco jprima de alfiero per alquanti pochi mesi, et poi sempre di loco tenente de diversi capitanij de legieri et hoc fino lano 1522. anno 1559^ c. 837-851 Capitano Giovanni Corner Processus cause Francisci cherbancich cum magistro Georgio calegarich tutori pupillorum de crotich Francesco Cherbancich chiede ma non ottiene che sia annullato certo istrumento di cessione e sia assegnata ad Eufemia Crotich la parte che le spetta dei beni lasciati dal defunto suo fratello. anno 1559 c. 852-861 Capitano Giovanni Corner Sequentia processus cause Ghersei Iencovich cum Francisco bagatino Nicolò Crotich detto bagatino di Bergod, e sua sorella Lucia vedova Iencovich fecero carta per la quale tutti i loro beni furono messi insieme. Gregorio figlio di Lucia domanda a Francesco bagatino figlio di Nicolò che sieno divisi certi beni appartenenti al defunto Nicolò. La domanda non è accolta e la carta di società anzidetta viene annullata. anno 1560 c. 862-868 Capitano Giovanni Corner Processus Francisci bagatini cum ser Michele padovino É annullato il testamento di Nicolò Crotich fatto in danno del suo figliuolo legittimo e naturale Francesco Crotich detto bogatin. anno 1560 c. 869/a-871 Capitano Giovanni Corner , Processus cause inter comune Rotij cum vicinis carsi Frammento di processo onde appare che un forestiero, il quale abbia vigne nel territorio di Rozzo, è tenuto di contribuire a quel comune una misura di vino. anno 1560 c. 872/a-875 Capitano Giovanni Corner Processus cause Helene Iacobcich cum Antonio iuretich Elena Iacobcich, morlacca, abitante di Bergoder, è imputata di aver rubato una camicia murlachesca, non essendo facta, secondo il costume del loco. anno 1560 c. 876-886 Capitano Giovanni Corner Processus Antonij et Helie bugliavaz cum Vita Vasminich Pietro, Antonio ed Elia Bugliavaz figli del defunto Luca chiedono a Vida moglie di Martino Vasminich, quale erede del defunto Michele Rans, il rilascio di certo maso oppignorato offerendosi di pagare l'importo dovuto. Il tribunale non accoglie l'istanza ed essi dichiarano di ricorrere in appello. anni 1560 e 1561 c. 887-902 Capitano Giovanni Corner Processus inter lineum Fachinich et Euphemiam eius socrum, Gerolamo Cernecca di Rozzo lasciava, nel suo testamento, la moglie Eufemia donna e madonna et usufruttuaria di tutto il suo, con ciò che, morta lei, la sostanza vada divisa in parti eguali fra le due figlie. Una di queste sposò Leonardo Fachinich di Vra-gna, cui la suocera Eufemia tenne presso di se come figlio. Se non che passato alcun tempo Leonardo vendette bovi, vache, castrati piegore agneli cavreti lana formazo et altre cose et scossi danari tutta roba erano usufrutti lassati per il q. ser hieronimo a dona fumia sua moglie. La quale fece intimare un mandato penale al genero che l'avesse a rispettare e non dovesse immischiarsi negli usufrutti. Leonardo promise di mutar vita, ma dopo alcun tempo tornò da capo. Altro mandato che fu lasciato in sospeso ma poi messo ad effetto, riservato al genero soltanto il diritto di chiedere gli alimenti necessari al sostentamento della di lui famiglia. anno 1561 c. 903-905 Capitano Giovanni Corner Processus Georgii buzza cum Paulo dornianich Lite per cagione di una vigna posta nel territorio di Pinguente che Lorenzo Buzza, durante 1' assenza del padre andato a 'Roma, vendette col diritto della ricupera a Paolo Dornianich. aono 1560 c. 906-912 Capitano Giovanni Corner Processus Petri de Germanis et cechini padavini cum Sebastiano de germanis Sebastiano de Germanis, pinguentino, che trovavasi cancelliere del comune di Tarcento in provincia di Udine, conobbe E-lena figlia di Barnaba de Erasmis udinese e nell'anno 1527 la sposò. Nel contratto nuziale stipulato in Tarcento, dove egli è chiamato vir egregius e a cui era presente anche prete Gaspare Luciani canonico d'Albona, allora cappellano del vicario di Tarcento, il padre assegnava in dote alla sposa duecento ducati che le sarebbero contati in rate annuali da ducati 20 l'una. Morta donna Elena intestata, il figlio di lei Pietro e il genero Cecchino Padavino, a nome questi della propria moglie, chiedono al padre che voglia loro assegnare la metà dei betti che loro spettano. La lite è risolta con un arbitrato pronunciato dal comune amico Lodovico de Verzi, per il quale Sebastiano è tenuto di consegnare quanto gli fu chiesto se il contratto nuziale venne stipulato all'uso dell'Istria; non lo essendo, quei figli devono percepire tanto quanto sarà la sua rata di fioli del capitale di essa dote avuta dalla madre loro defunta. (Continua) G. V. — Portole ----—•——— IDT o tizi e La vittoria di Trieste è trionfo di principi, i suoi effetti perciò non sono limitati alle rive della Rosandra da una parte e a quelle del Timavo dall' altra, ma si estendono dovunque vivono italiani a piedi di quest'Alpe Giulia: tutti dobbiamo gioirne perchè tutti abbiamo partecipato a conseguirla con lunghi e spesso ignorati sacrifici, e tutti ne godiamo i frutti. E infatti se Trieste non è indifferente alle lotte elettorali di uno o V altro dei tanti paeselli perduti sulle colline istriane, o tra i vigneti delle pianure friulane, per la stessa ragione noi, in proporzioni adeguate, abbiamo seguito ansiosi coi voti più ardenti le varie vicende della lotta che si è combattuta a Trieste, ed esultiamo per questo trionfo della città che oramai rappresenta tutte le nostre aspirazioni. Trieste ha scritta un' altra gloriosa pagina della sua storia. E di ciò mentre noi ci sentiamo confortati, gli avversari devono tenerne conto, e persuadersi che certe vedute hanno fatto il loro tempo. Proclamati italiani in vetta al colle di S. Giusto, vogliamo, senza offese alle leggi dello Stato, estrinsecare liberamente i nostri sentimenti nazionali e premunirci da ogni insidia. E il nostro diritto, è lo scopo supremo della nostra vita. Domani alle ore 11 ant. avrà luogo nella sala del teatro in Pirano il congresso generale ordinario della società politica istriana col seguente : Ordine del Giorno: 1. Lettura del verbale dell'anteriore congresso. — 2. Comunicazioni della presidenza. — 3. Approvazione del bilancio per la gestione 1892-93. — 4. Fissazione del canone per 1' anno sociale 1893-94. — 5. Lettura d'un un socio sul tema „La consapevolezza di sè e dei propri doveri nella vita pubblica, — Eventuale discussione e deliberazione. — 6. Modificazione della seconda parte dell'art. 17 dello statuto sociale. — 7. Nomina della presidenza: un [presidente, due vice-pre-sidenti, sette direttori. — 8. Nomina di due revisori dei conti. — 9. Eventuali proposte di riconosciuta urgenza. La seconda parte dell'art. 17 dello statuto sociale verrà così modificata : In caso di scioglimento da parte dell' autorità, il patrimonio sociale resta affidato in amministrazione al presidente in carica. Se, entro un quinquennio dallo scioglimento, si ricostituisce in provincia una società politica coi medesimi intendimenti, egli dovrà devolverlo alla stessa per iscopi sociali. Trascorso il quinquennio, dovrà destinarlo a scopo di pubblica istruzione. Dalla direzione dell' Istituto agrario provinciale abbiamo ricevuto e pubblichiamo il seguente invito : Visita dei campi sperimentali di frumento. Le riuscitissime esperienze sulla cultura intensiva delle nuove varietà di frumento, coli' uso dei concimi chimici, ora visibili in questo Podere sperimentale in Parenzo, tanto maggiormente decisive e convincenti, in presenza della generale fallanza del raccolto del frumento causata dalla dominante siccità e dai freddi invernali, inducono questa direzione ad incitare gli agricoltori a voler visitare questi campi sperimentali, prima che ne cada l'imminente mietitura. La direzione del Consorzio agrario distrettuale di Capodistria ci ha comunicato e pubblichiamo la seguente istruzione : Contro la tipnola üel fioro dell'im volgarmente detta carolo Fra l'inumerevole moltitudine di esseri animali e vegetali, che vivono a spese della vite e contro i quali il viticultore cercò in ogni tempo di difendere le sue viti, uno dei più dannosi al grappolo dell' uva si è di certo il carolo. Questo vermicciatolo proviene dalle uova di una farfalletta detta Cochylis ambiguella, la quale comparisce di già nell'epoca della fioritura dell' uva per ricomparire più numerosa nell' agosto e nel settembre. Nel tempo della fioritura essa depone le numerose sue uova negli interstizi dei grappolini. Dalle uova escono le piccole larve, le quali attorniano con una sottilissima reticella gli acini dei fiorellini, ne disturba la fecondazione e terminano col guastare il più delle volte l'intero grappolo. Contro questo molesto parassita, che in certi anni all' epoca della maturazione dell' uva, specialmente se favorito da propizie condizioni atmosferiche, cagiona ai grappoli guasti fatali tanto da costituire un vero flagello, furono ideati ed esperimentati vari metodi di lotta. In molteplici maniere fu tentata indarno la distruzione delle larve della Cochylis: colle dita, cogli spilloni, colle forbici, con apposite pinzette ecc. ; poco giovò la caccia notturna alle farfalle col mezzo di lanternini accesi contornati da reticelle viscose, e non apportò risultati soddisfacenti neppure l'applicazione del tabacco, della naftalina e del solfuro di carbonio. Dopo molteplici prove con oltre un centinaio di sostanze insetticide usate in diverse proporzioni nell'acqua, da sole, o mescolate con altre e dopo varii esperimenti, che addimostrarono la poca praticità dei metodi più comuni di distruzione, al Sig. Dufour, direttore della stazione viticola di Losanna (Svizzera), riuscì tre anni or sono, di trovare contro la tignuola del fiore dell'uva un rimedio efficacissimo, di pratica applicazione e relativamente economico. Questo rimedio, che negli anni | 1890 e 1891 diede brillanti risultati presso l'Istituto agrario di Montpellier, a Casale Monferrato, alla scuola superiore di agricoltura in Portici, presso quella di Gru-mello del Monte in Bergamo e in varie località della Dalmazia, ove fu esperimentato l'anno scorso per iniziativa del maestro d'agricoltura, sig. Riccardo Antu-novich, consiste nell'uso della polvere di fiori di Crisantemo (Pirethrum cinerariae-folium) mescolata ad una soluzione di sapone ordinario. Modo di preparare la soluzione proposta da Dufour: Si pesano da 3-5 chilogrammi di sapone ordinario,, possibilmente nero e molle, e si mettono in un mastello ; poi vi si versano sopra 10 litri di acqua bollente e si agita il tutto sino a che il sapone sia completamente disciolto. Ciò fatto si aggiunge chil. 1 '/2 di polvere di fiori di piretro e si agita per bene. Preparata in tal modo questa soluzione concentrata la si allunga coli' aggiunta di 90 litri di acqua fredda e con essa si spruzzano i soli grappoli, ove s'annida il malefico insetto. Esercitando questa miscela di piretro e di sapone : un'azione insetticida più energica di molte altre soluzioni antisettiche, il sig. Dufour e con lui molti altri [ esperimentatori hanno constatato, che questa soluzione ' penetra facilmente nel ripostiglio, ove si ritira la larva, I e vi aderisce in modo che essa uccide il parassita, se non istantaneamente, in un tempo abbastanza breve ; [ che essa non braccia nè danneggia in rmodo alcuno i } tessuti vegetali ; che riesce del tutto inotfensiva all'ope-j rajo e che è facilmente applicabile e, ciò che più monta, di prezzo conveniente di confronto agli altri metodi di cura. Allo scopo però di evitare uno spargimento di liquido, che cadendo sulle foglie nou riesce di nessuna | utilità, è necessario munire il becco delle solite pompe irroratrici, che si adoperano per combattere la peronospora, di un apposito polverizzatore a getto intermittente. A ciò si presta egregiamente la cannula Sibella acquistata dal nostro Consorzio presso la Casa agricola [ Fratelli Ottavi di Casale Monferrato, perchè con essa [ l'operaio può spingere a volontà il liquido insetticida | nel grumetto degli acini, ove stanno nascoste le larve | e subito dopo sospenderne a piacimento lo spruzzo. Il locale Consorzio agrario tiene inoltre a dispo-| -sizione dei soci, che desiderassero tentare il prefato I esperimento, un discreto deposito di polvere purissima | di fiori di piretro (a fior. 1.40 al chil.), che ritirò appositamente dalla fabbrica dalmata del sig. Bervaldi. La raccomandazione di questo rimedio fatta da | giornali agrari autorevoli e il risultato che ci dicono di aver ottenuto persone, le quali ebbero a farne nello ! scorso anno la diretta esperienza, e' incoraggia di portare a conoscenza do' nostri viticultori questo sistema i di lotta contro la tignuola del fiore dell' uva (carolo) l nella lusinga che molti di loro, i quali hanno a lagnarsi di questo dannoso insetto, si metteranno sollecitamente I all' opera e vorranno esperimentarne gli effetti. O. G. I---—sas—-- RICORDI PER LA PERONOSPORA Preparazione della poltiglia bordolese. a) Formula normale Solfato di rame .... 2 chilogr. Calce spenta in polvere . 2 „ Acqua.......100 litri. Sciogliere in un mastello di legno i 2 chilogrammi , di solfato di rame in 95 litri di acqua, e in altro recipiente i 2 chilogrammi di calce in 5 litri di acqua, bene rimescolando il latte di calce per renderlo omogeneo. ; Ciò fatto, versare a poco poco il latte di calce nella : soluzione del solfato di rame, e non mai viceversa, pure bene rimescolando il miscuglio, e pur facendo uso di un mastello di legno, essendo il miscuglio suddetto molto corrosivo pei recipienti in metallo. h) Formula per azione più rapida ed immediata. Per le invasioni rapide e violenti: Solfato di rame .... 2 chilogr. Calce spenta in polvere . 2 „ Cloruro ammonico . . . 125 grammi Acqua.......100 litri. Si prepara come la poltiglia normale, aggiunge ndo in ultimo il cloruro ammonico. 1. Aspersione Si farà ai primi di giugno, impiegando circa 200 litri di poltiglia per ettaro di vigneto puro. 2. Aspersione Coinciderà col momento più pericoloso, poco dopo ultimata la fioritura, e si adoprerauno circa 500 litri di poltiglia per ettaro di vigneto puro. 3. Aspersione Cadrà verso gli ultimi di luglio o i primi d'a-gosto, coli'impiego pure di circa 500 litri di poltiglia. Trattamenti complementari col zolfo ramato Due trattamenti collo zolfo al 3 o al 5 per cento di solfato di rame, di cui il primo negli ultimi di giugno dopo la fioritura, e il secondo quando l'uva comincerà a colorirsi, completeranno l'azione della poltiglia, preservando in ispecie 1' uva dalla peronospora dei grappoli. Avvertenze generali. Il rimedio è specialmente efficace se adoperato quale preventivo, cioè prima che la peronospora sia visibile nel vigneto. Come curativo, 1' effetto sarà sempre incerto ed incompleto. La poltiglia normale opererà solo dopo una copiosa rugiada, od una pioggerella che sussegua al trattamento. Con una buona irroratrice si dovrà cospergere uniformemente, con un getto finissimamente polverizzato, la pagina superiore delle foglie evitando, nella stagione calda, le ore del meriggio, per non iscottare l'uva e il fogliame. La poltiglia non aderirà bene alla foglia, che dopo due o tre giorni di bel tempo. Se pertanto la pioggia dilavasse subito il fogliame occorrerebbe ripetere il trattamento. Per alcuni giorni converrà astenersi dallo smuovere i tralci trattati, per eseguire legature, cimature od altre operazioni, le quali possano alterare la normale posizione delle foglie. 11 solfato di rame deve essere puro, e lo zolfo ramato, oltre che puro, dovrà essere in polvere finissima e col giusto titolo sotto cui è posto in vendita. Per accertarsi dell' una e dell' altra condizione, sarà sempre bene spedire un campione di 200 grammi circa all'Istituto agrario, il quale ne eseguirà il controllo gratuitamente per tutti i viticultori della Provincia. Prof. HUGUES ___________-------—- Appunti bibliografici Atti e Memorie della Società istriana di Archeologia e Storia patria. Volume VIII, Fascicolo 3 e 4. — Parenzo, Coana 1892. Contiene I. Memorie e Relazioni: Bernardo Dr. Benussi, Lo statuto del comune di Umago; Bernardo Dr. Schiavuzzi, Le istituzioni sanitarie istriane nei tempi passati; Direzione, Capodistria e Provincia tutta intorno ai confini suoi con Trieste e con il contado dì Pisino ed altre materie raccolte nell' anno 1732 (cont. e fine). Seguono gli — Atti della Società: Direzione, Il VII congresso annuale della Società istriana di archeologia e storia patria; Luigi prof. Mor-teaui, Cristoforo Colombo ; Direzione, Elenco dei doni pervenuti al museo archeologico provinciale, ed alla biblioteca sociale durante l'anno 1893. Diciamone particolarmente. Allo Statuto del comune di Umago a modo di prefazione il Dr. Benussi appose un' eccellente monografia che in poche pagine condensa la storia del luogo. È uno di que' lavori che solo può fare chi è pienamente padrone dell' argomento, e che, dopo aver molto analizzato, getta uno sguardo sicuro sulle pagine raccolte e studiate. Dopo le recenti perdite l'Istria si conforta di questo scrittore contemporaneo, e da lui aspetta la storia del paese. Queste recensioni poi (il lettore lo avrà avvertito) non hanno solo per iscopo di esercitare onestamente la critica o lodando o appuntando, ma anche di render più facile agli studiosi la conoscenza della cultura nostra, indicando le fonti alle quali possono ricorrere, e togliendo le difficoltà e le. lungaggini col far rilevare qua e là qualche notizietta di cui si possono poi servire per altre indagini, o per completare studi già fatti. Ciò posto ecco un manipolo di notizie. A pagina 228, completando e in parte rettificando quanto altra volta lo scrivente disse sull'origine celtica del nome — Umago —, il Benussi scrive: „Non è improbabile che il suo nome di Umago lo dovesse appunto all'ampia circostante campagna ; che nel celtico tale è il significato della voce Magus, di frequente ripetuta nelle regioni galliche; ove la troviamo in Bodicomagus, Borbitomagus, Drusomagus, Noviomagus, Senoma-gus, Caturigomagus, Argentomagus, Iuliomagus per ricordare i più conosciuti. Ed anche da noi questo appellativo di Magus non ci si presenta dapprima da solo, ma unito quale suffisso al nome di un' isoletta che sta alquanto più al Nord, cioè a quella di Sipar. E di fatti nella Tavola Peutin-geriana, opera del 250 d. Cr., leggiamo ricordata l'isola di Sepomaja o Sepomaga, nel cui nome non v' ha dubbio, stanno compresi quelli posteriori fii Sipar, rimasto ad indicare l'isola, e quello di U-mago dato alla borgata, formatasi nella campagna vicina." Più oltre, a pag. 230 leggo del diploma d'in-feudazione del castello di San Giovanni di Corneti, situato quasi in mezzo fra Umago e San Lorenzo, concesso dal Patriarca d'Aquileja al nobiluomo Francesco de Guerciis di Capodistria; diploma che è uno de' più antichi e più importanti cimeli della lingua parlata nel secolo decimosecondo e precisamente nel 1106, dal popolo istriano. Yi si legge di fatti: Castrum, alias vocatum „Castiel San-cuan di Corneti. Segno adunque, aggiunge il Benussi, che a lato della lingua latina scritta, adoperata nei pubblici documenti, già nel secolo XII era sorto ed era parlato nelle terre istriane quel dialetto, che due secoli più tardi appariva di „accenti crudeli" al grande ghibellino, il cui orecchio era avvezzo al dolce linguaggio toscano." E si noti bene, aggiungo io, tale dialetto non si ha a confondere col veneziano, più tardi importato nell'Istria ; e questo dicesi a quegli Slavi, che nell'ignoranza loro sognano un' italianità importata dai Veneziani nell' Istria. All' illustre Ascoli poi indico il prezioso cimelio, che per vero parafi abbia qualche affinità col friulano. Ai detrattori per sistema del governo veneto indico a pagina 257 la notizia delle opere fatte eseguire a Umago, anche nei tempi più disastrosi, cioè la riparazione del faro all'ingresso del porto, e la costruzione nel 1677 „della bella e capace cisterna, perchè gli abitanti godessero d' un acqua pura e salubre. Lo statuto d' Umago è da ultimo testimonio della sapienza de' nostri avi, fatta eccezione dalla barbarie di molti atti di giustizia, vizio del resto comune pur troppo in ogni paese in quel tempo. Ancora un manipolo di nomi di località per la Toponomastica istriana. Come dallo statuto, a Umago c' erano i seguenti nomi di vie e contrade. Rosaceum, Muglela, Spinetum, Fiandra ai quali corrispondevano nel testo italiano i seguenti — Rosazo, Mugiella*), Spinello, Fiondara (pag. 301 in nota). Da aggiungersi — ad robur magnum, vulgo alla rossa, e la voce lama che trovasi anche a Buje, e che è poi la lama di Date (Inferno 32). Passiamo allo studio del Dr. Schiavuzzi. — Le istituzioni sanitarie istriane nei tempi passati. — Il bravo dottore è proprio nella sua beva, come si dice, e tratta con molta competenza ed erudizione il propostosi tema. Con grande diligenza ha ricorso a tutte le fonti, e perciò trattato di cose affini all' argomento, e sempre con diletto del lettore. Al quale, se avessi ad indicare tutte le cose degne di nota, dovrei varcare i limiti d'una recensione. Meglio sarà adunque che egli legga con molto suo vantaggio tutto l'articolo. Pure accennerò a qualche cosa. Dal capitolo dello statuto di Due Castelli — De vendentibus carnes mortesinas, sappiamo che ne' secoli scorsi frequentissimi erano i lupi nella Provincia (pag. 335). I lupi di quattro gambe sono spariti, restano gli altri; che in veste d'agnello fanno strage nell' ovile. A proposito del Castel Leone sappiamo che nel 1388 il Senato ordinava il restauro del tetto e di farvi delle gorne, circumcirca de lapidibus per fornire l'acqua al pozzo del barbacano (352); e che nel 1485 veniva eretta la cisterna in Brolo a Capodistria sotto il Podestà e Capitano Bonzio (pag. 352). E non sarà inutile sapere che Je selve venivano distinte in silvae, farneta, venae et nemora (pag. 366). È noto come farneto venga da farnus sorta di quercia ; le venae (forse a venatio) erano poi boschetti forniti di molta selvaggina per la caccia indi il nome alla Vena ramo delle nostre Pre-Alpi; e passatemi la pedanteria. Anche rilevo (pag. 399j che a Veglia si puniva il lenocinio con le fustigazioni, tale e quale come nella prima bolgia di Maleholge (Inf. 18). In una sol cosa non vado d' accordo con l'e-gregio Schiavuzzi, cioè in quel suo apprezzamento „sul genio dell' ordine e della nettezza che distingue le nostre città" (pag. 322). Qualche cosa si è fatto in questi ultimi anni; ma per Vespasiano! quanta sporcizia ancora, e qual differenza da altre città e regioni. Le stesse pene minacciate nei vari statuti, e che probabilmente saranno rimaste lettera morta provano tutto il contrario. Belline, per esempio, le vie di Veglia che dovevano essere pulite una volta al mese dai cittadini (pag. 397). I due esaminati studi del Benussi e dello Schiavuzzi sono come 1' articolo di fondo nel giornale: segue la trascrizione delle importanti carte: Capodistria e provincia tutta ecc. ecc. Anche queste sono utili ; e come stringe il cuore nel leggere delle ruberie, incendi e toilette dannose che si facevano a quel maledetto confine austro-veneto ! E benedetti i tempi nuovi in cui l'Istria ha finalmente raggiunto la sua unità. E se c' è qualcheduno che soffia nel fuoco, e vorrebbe alimentare le passate discordie, e tener vivi i sospetti per amore di campanile, e la vaga gloriuzza di avere a San Quintino, un teatrino, e qualche altra politica istituzione in ino, rilegga queste carte, e vada poi a Trieste a stringere la mano a quei padri della patria nuova. Forse qualche vecchio mi griderà la sperpetua: io sto coi giovani, e applaudo all' Istrian de l'Istria che scrisse nel Giovane Pensiero di Pola un assennato articolo che termina così: „Spalanchemo i oci e vardemoli ben e . . . batemoghe le man . . . perchè Trieste xe quella che mettendo a dover i Crovati e i siori del zakai, ga pur in man el manigo de la chitara istriana, e come che là i l'acorda, qua novaltri gavemo de sonar e cantar: Viva Trieste" (N. 21). Tra gli atti della società speciale menzione merita il discorso su Cristoforo Colombo letto dal Prof. Morteani nel VII Congresso annuale della Società: discorso in cui non sai se più sia ad ammirare l'erudizione dell' egregio autore, o quel-l'effluvio di poesia con cui ha voluto abbellire lo stile. De rebus divinis et humanis quid senserit Herodotus panca scripsit D. Vasconi. Laude Pompeja. Typis Dell'Avo 1893. Sulle cose divine ed umane quali fossero le opinioni di Erodoto à tale tema da affaticare le spalle di qualunque Ercole in classicità; se non che l'aggiunta del panca scripsit disarma la critica, e la rende benevole verso l'autore che ha già messo le mani innanzi per non cadere. Si aggiunga che il Vasconius noster, col poco condensato in 19 pagine, ci dimostra di essere padrone dell' argomento e di possedere un giusto tatto educativo, necessario sempre, e più che mai oggi, per tenere in rigo i tironi. Quanto egli dice di fatti sul sentimento religioso ed umanitario di Erodoto, sulla sua riverenza agli Dei, sul fato, sull'intervento divino nel reggimento del mondo, sul primato dei Greci e sul rispetto alle altre nazioni ecc., ce lo dimostra non solo dotto maestro, ma anche valente educatore. Faccio voti perchè il tempo, i mezzi, la tranquillità, e più larghi orizzonti gli diano meritata occasione di darci altra nuova prova dell' ingegno e della classica cultura. P. T. -<--—-- T7" arietà Un sMizio tei Dire e Sei Rossini sul Verdi. Oggi che tutti parlano dell' illustre maestro, ed ammirano 1' evoluzione del suo ingegno non dispiacerà conoscere un giudizio del Duprè e di Rossini sull'arte verdiana. Di ciò si legge nel libro — Pensieri sull' arte e Ricordi autobiografici di Giovanni Duprè — Firenze. Le Monnier 1890. Sesta edizione — ; opera recentemente imposta come libro di lettura nelle scuole normali dal ministro Martini ; e saviamente, perchè con gli scritti del d' Azeglio, del Settembrini, del Pellico ecc. ecc. concorre a formare il carattere, e a fornire ai giovani un eccellente mezzo di cultura nazionale. Ecco adunque il giudizio del Duprè, insigne scultore, come tutti sanno. In quel tempo (1847) venne a Firenze Giuseppe Verdi per mettere in scena il Macbeth. Se non isbaglio, era la prima volta che ei veniva da noi ; la sua fama 10 avea preceduto ; nemici, come è naturale, ne avea di molti; io era partigiano dei suoi lavori allora conosciuti: 11 Nabucco, i Lombardi, 1' Ernaui, e la Giovanna d'Arco. I nemici suoi dicevano che come artista era volgaris-simo e corruttore del bel canto italiano, e come uomo lo dicevano un orso addirittura, pieno d'alterigia e d' orgoglio, e che sdegnava di avvicinarsi a chicchessia. Volli convincermene subito ; scrissi un biglietto in questi termini : "Giovanni Duprè pregherebbe il carissimo maestro G. Verdi di volersi degnare a tutto suo comodo di recarsi al suo studio, ove sta ultimando in marmo il Caino, e desidererebbe mostrarglielo prima di spedirlo.,, — Ma per vedere fino a che puuto era orso, volli portare la lettera io stesso, e presentarmi come un giovane di studio del professore. M' accolse con molta urbanità, lesse la lettera, e poi con volto nè ridente nè serio mi disse : Dica al professore che lo ringrazio molto, e il più presto che mi sarà possibile audrò a trovarlo, giacché io aveva in meute di conoscere personalmente un giovane scultore, che . . . ecc..... Risposi : Se ella signor maestro, ha voglia di conoscere il più presto possibile quel giovine scultore, può soddisfarsi subito, giacché sono io. Sorrise piacevolmente, e stringendomi la mano disse : — Oh ! questa è proprio da artista. — (Capitolo IX pag. 167). Segue il Duprè a raccontare di altre cose, e come gli avea proposto di musicare il Caino, e conchiude . . . II Verdi ha mostrato nelle molte sue opere di possedere quel genio sublimemente fiero, adatto a quel tremendissimo dramma, egli, che seppe trovare entro di sè le grandi serie melodie del Nabucco, i mestissimi canti del Trovatore e della Traviata, e il color locale, il carattere e le armonie sublimi dell' Aida, egli poteva musicare il Caino. Se un giorno il Verdi leggerà queste carte, chi sa? (op. cit. pag. 170). Ed ecco come il Duprè stesso espone il giudizio del Rossini sul Verdi. — Il Rossini parlando meco in tutta confidenza dell' arte in generale .... venendo pian piano a parlare della musica, e dell' indole particolare dei maestri da lui conosciuti, riguardo al Verdi «sci in queste parole : — Vedi, il Verdi è un maestro che ha un carattere melanconicamente serio ;'ha colorito fosco e mesto e che scaturisce abbondante e spontaneo dall' indole sua ed è apprezzabilissimo appunto per questo, ed io lo stimo assaissimo ; ma è altresì indubitato che ei non farà mai uri opera semiseria come la Linda, e molto meno una buffa come V Elisir d'Amore. Ed io aggiunsi : — Nè come il Barbiere. Rispose: — Me lasciami stare, non c'entro per nulla. Queste parole mi disse ventidue anni or sono nello | studio mio di Candeli, e l'opera buffa o semiseria il Verdi non 1' ha ancor fatta, e credo non ci abbia neppur pensato; ed ha fatto bene. — (op. cit. pag. 172) Che cosa direbbero oggi il Duprè e il Rossini ? Ma il Falstaff è veramente un'opera buffa? Ai posteri la non ardua sentenza. —---------• ; PUBBLICAZIONI L'Archivio Storico dell Arte, nel suo secondo fascicolo di quest' anno, contiene gli argomenti seguenti : : Testo — Una tavola in bronzo di Andrea del Verrocchio, rappresentante la Deposizione nella chiesa del Carmine in Venezia, Wilhelm Bode. — Luigi Capponi da Milano, scultore, D. Gnoli. — Copie tedesche : d'incisioni in rame italiane eseguite nel secolo XV, | Max Lehrs. — Il libro di schizzi d'un pittore Olandese I nel Museo di Stuttgart, C. de Fabriczy. Nuovi documenti. — Contratti per opere di scultura di Luigi Capponi, milanese. — Contratto per gli affreschi nelle pareti laterali della cappella Sistina, D. G. — Testamento del pittore Allegretto Nuzi da Fabriano, A. Anselmi. — I due Dossi, Adolfo Venturi. Recensioni. — Filippo Brunelleschi, Sein Leben j und seine Werke von Cornei von Fabriczy, Paolo Fontana. — Gio. Felice Pichi, La vita e le opere di Pier della Francesca. Luis S. Rodriguez, — Federico Berchet, Relazione degli scavi in Piazza S. Marco, Luis S. Rodriguez. — Gius. Biadego, 1 Giolfini, pittori, e una : scrittura inedita di Michele Sanmicheli. Luis S. Morelli 1 Rodriguez. — J. R. Rahn. Nuove scoperte di pitture murali nel Ticino, A. M. — La battaglia per l'arte, A. M. — Gustavo Frizzoni, La Galleria Morelli in Bergamo, i A. M. Miscellanea, — Restauri. — Notizie varie, doni, \ cessioni, cambi, scoperte, U. Cronaca artistica contemporenea. Il Governo della repubblica veneta nell' isola di Cherso. — Memorie e documenti raccolti da Silvio Mittis, ! professore di Storia-Geografìa nel r. Liceo di Maddaloni. — Modalloni, tip. editrice di Salafia F. Paolo, 1893. ì Atti e Memorie della Società Istriana di Ar- : cheologia e Storia Patria. —Volume Vili; fascicolo 3° e 4°. — Parenzo, presso la Società istriana di Archeologia e Storia Patria; tip. Gaetano Coana, 1892. Sommario. I. Memorie e illazioni: Bernardo dott. Beuussi. „Lo statuto del comune di Umago". — Bernardo dott. Schiavimi. „Le istituzioni sanitarie istriane nei tempi passati. — Direzione. — Capo d'Istria e Provincia tutta intorno a confini suoi con Trieste e con il contado di Pisino ed altre materie raccolte nell'anno 1732, (cont. e fine). II. Atti della Società. Direzione. „II VII Congresso annuale della Società istriana di Archeologia e Storia Patria". — Luigi prof. Morteani. — Cristoforo Colombo. — Direzione. - — Elenco dei doni pervenuti al Museo archeologico provinciale ed alla Biblioteca sociale durante l'anno 1892.