Anno I della Nuova Serie (XIII della Raccolta) Fasc. V Capodistria, settembre-ottobre 1922 PAGINE ISTRIANE Scrivendo di Nazario Sauro ') ebbi occasione di accennare ai numerosi progetti che la sua esuberante fantasia architettava ai danni dell'Austria, e che egli mi consegnava perche li esami-nassi, nella speranza di poter partecipare alla loro esecuzione, noncurante delle fatiche e dei pericoli ai quali egli si sarebbe certamente esposto. La conoscenza di quelle pagine, che io religiosamente con-servo, parmi debba riuscire interessanle a far conoscere sempre piu la magnifica figura di combattente delTEroe Capodistriano, il suo coraggio pressoche temerario, 1'odio inestinguibile per gli oppressori della sua terra. E qui, sulle Pagine Istriane, ben volentieri, accogliendo 1'idea del Prof. Giovanni Quarantotto, voglio riprodurre uno di questi progetti, quello cioe che Sauro, con amore di figlio, aveva ideato per 1'occupazione temporanea di Capodistria e che gli avrebbe permesso di toccare il suolo della sua adorata citta e di dar modo a qualcuno dei suoi coneittadini, ch'egli sapeva per-seguitati dalTAustria, di rifugiarsi in Italia. Per quest'ardita operazione, come Egli la progettava, rite-neva sarebbero stati sufficienti 120 marinai, i quali, guidati da Capodistriani (allora in Italia), seguendo determinati percorsi (da lui stesso tracciati nello schizzo che qui si riproduce), avrebbero Rassegna bimestrale di Letteratura, Scienza ed Arte con particolare riguardo ali'Istria RICORDI DI GUERRA ') «La Vita di Nazario Sauro e il Martirio deIi'Eroe». — Editori Treves, Milano. dovuto occupare di sorpresa le localita che si ritenevano presi-diate, ed impadronirsi della esigua guarnigione. Egli riteneva che 1'operazione avrebbe potuto compiersi in poco piu di un'ora. La conformazione speciale della penisola di Capodistria, unita alla terraferma da due lingue di terra, la strada della Muda e quella di Semedella, avrebbe reso assai facile 1'isolamento della citta, mentre sarebbe stato possibile di opporsi, anche con poche forze e coi cannoni delle Torpediniere, all'accorrere dei rinforzi. II progetto, che con qualche modifica io sottoposi alTesame di S. E. 1'Ammiraglio Thaon di Revel, non ebbe seguito. Non si ritenne che 1'obbiettivo da raggiungere e cioe 1'occupazione tem-poranea di una piccola citta e la cattura di pochi prigionieri, giu-stificasse il rischio cui si poteva andar incontro e le perdite, sia pure esigue, che da parte nostra si potevano avere. E poiche altre azioni offensive piu importanti si stavano in quell'epoca studiando e preparando ") non parve opportuno, anche per questo, provocare il nemico con operazioni di poca importanza militare, ad intensificare la vigilanza e la difesa dei suoi porti. Cio non pertanto 1'ardito progetto di Sauro merita di essere conosciuto, ed io ben volentieri accolgo T.invito del Prof. Ctua-rantotto e lo riproduco integralmente (senza le mie modificazioni) su questa antica Rivista, ove sono raccolte tante interessanti e gloriose memorie della patriottica Istria. Comandante CARLO PIGNATTI MORANO Governolo, 22 settembre 1922. Programma di una spedizione a Capodistria * I. Truppe di guarnigione (da informazioni che risalgono al mese di luglio) 1) Caserma del Fondaco, in Piazza del Brolo: circa 120 uomini della Landsturm, comandati da un tenente e da un sotto-tenente; sono truppe di secondo ordine, parte di nazienalita ita-liana e parte di nazionalita tedesca. -) Fra le altre il forzamento del Canale di Fasana (Pola) mediante l'ab-bassamento delle ostruzioni, operazione che fu felicemente compiuta nella notte dali' 1 al 2 novembre 1916. 2) Caserma di Finanza, in Piazza del Porto, di faccia al Molo delle Galere: 40-50 franchi tiratori; sono truppe di secon-dissimo ordine, costituite da vecchi sopra i 50 anni e da giovani sotto i 18. 3) Časa Almerigogna, in Riva Castel Leone: 30-40 soldati della Landsturm. 4) Caserma dei Gendarmi, nella časa di Giovanni Derin in Riva Castel Leone: un distaccamento di gendarmeria composto di 10-12 uomini. II. Posti di guardia 1) Campanile del Duomo: 2 uomini. 2) Molo delle Galere: 1 uomo. 3) Penitenziario: 1 uomo. 4) Edificio postale: 1 uomo. III. Navi che appoggeranno la spedizione 1) Una torpediniera incrociera a 2 miglia a Ponente di Umago; 2) Una torpediniera incrociera a 2 miglia a Ponente di Salvore; 3) Una torpediniera incrociera a 4 miglia a Ponente di Pirano; 4) Una torpediniera incrociera a 3 miglia a Ponente di Isola; 5) Una torpediniera incrociera ad 1 miglio a Ponente della Punta Grossa; 6) Una torpediniera incrociera a 3 miglia a Levante di Porto Buso; 7) Una torpediniera incrociera fra Punta Grossa e Prove. IV. Navi e truppe da sbarco che parteciperanno alla spedizione 1) Due torpediniere approderanno alle ore 20 al Molo di Porta Isolana e sbarcheranno 6 squadre di 20 uomini ciascuna. Clueste truppe da sbarco, superata l'erta di Porta Isolana, imboc-cheranno la Calle d'Este e arriveranno in Piazza del Brolo, in circa 5 minuti. Mezza squadra (10 uomini) attacchera 1'edificio postale e distruggera tutti gli apparati telefonici e telegrafici. Contempora-neamente quattro squadre e mezza (90 uomini) attaccheranno con bombe a mano, esplosive ed incendiarie, il Fondaco. Una squadra e mezza (30 uomini) discendera dalla Piazza del Brolo in Riva Castel Leone. Venti uomini di questa attaccheranno la Časa Almerigogna, dove sono accasermate truppe e dieci sbarreranno la strada della Muda. La mezza squadra, che nel frattempo avra distrutto le comuni-cazioni telefoniche e telegrafiche, scendera per la Calle Annunziata ed occupera la Centrale Elettrica e possibilmente illuminera la citta. 2) Una torpediniera approdera alla Riva del Sale (Molo Patschioski) alle ore 20 e 5 min. e sbarchera 3 squadre di 20 uomini ciascuna; due attaccheranno la Caserma di Finanza, mezza squadra andra a sbarrare la strada di Semedella, e 1'altra mezza in tre minuti arrivera alla časa di Giovanni Derin (Caserma dei Gendarmi) e 1'attacchera; questa časa si trova a circa 100 passi dalla Časa Almerigogna, che sara gia da 3 minuli attaccata dalla squadra arrivata da Porta Isolana. 3) Due torpediniere approderanno con la poppa, una al Molo di Legno, e l'altra in testa al Molo delle Galere, e sbarcheranno una squadra di 20 uomini ciascuna. Una andra ad attaccare 1'Uf-ficio di Porto per sequestrare le riservatissime; l'altra andra in Piazza del Duomo ad attaccare 1'Edificio del Capitanato Distret-tuale, fara prigioniero il Comando, sequestrera le riservatissime e la Cassa di Stato; dopo di che si rechera aH'Ufficio Imposte e sequestrera la Cassa. Se da Punta Grossa eventuali cannoni aprissero il fuoco, le due torpediniere di Porta Isolana lascieranno, dopo eseguito lo sbarco, 1'approdo ed evoluzieranno per entrare in Porto a riparo del Molo-Diga, alto due metri e mezzo e qui imbarcheranno le truppe da sbarco che avranno compiuta 1'operazione. Se cannoni sparassero da Prove o da Monte S. Marco, le torpediniere usciranno dal Porto ed andranno, riparate dalla citta, ad imbarcare le truppe al Bagno Poli. 4) Un macchinista e due fuochisti, scenderanno in macchina del piroscafo della Societa di Navigazione Capodistriana, che e ormeggiato al Pontile di Legno, e ne alimenteranno i fuochi che di solito sono gia in piccolo alimento. I prigionuri, i feriti, i militari in licenza, ed i cittadini ancora validi che vorranno disertare, saranno imbarcati su questo piroscafo che sara rimorchiato da quella torpediniera che si sara ormeggiata al Pontile di Legno. II bottino di armi, sara distribuito sulle altre torpediniere. 5) Una piccola Sezione Sanitaria sara imbarcata sulla tor-pediniera ormeggiata in testa al Molo delle Galere. 6) Eventualmente si consegnera a persona fidata una doz-zina di piccioni viaggiatori, questionari ed istruzioni. L'operazione complessiva dovra svolgersi al massimo in un' ora Se la citta potra venire illuminata, si segrialera operazione compiuta oscurando per tre volte la citta. Questi segnali saranno trasmessi dalla torpediniera di Punta Grossa e da quella di Isola, alle altre torpediniere ed a Grado, dove si accendera un fanale a luce fissa; un fanale a lampi si accendera a Golometto. Se la luce elettrica della Centrale di Capodistria non fun-zionera, il segnale sara dato con fuochi Very o con la telegrafia. In caso di ritirata della compagnia da sbarco, i segnali con-venzionali saranno fatti con fischio e sirena. V. Guide per l'operazione Almerigogna Paolo, sottotenente della M. T. di stanza a Chioggia. Almerigogna Piero, sottotenente della M. T. di stanza a Potenza. Bonnes Salvatore, ingegnere, abitante a Venezia — S. Fan-tin 1963. Depangher Nazario, soldato del 2° Fanteria, dal 17 corr. in licenza a Venezia, abitante presso il Cap. Sauro. Derin Nicold, possidente, abitante a Venezia presso la famiglia del defunto Cap. di Corvetta Ernesto Giovannini. Gramaticopolo Ernesto, volontario motonauta di II classe, presso il Comando di Marina. Gravisi Gerolamo, possidente, abitante a Udine presso il Com. per gli Irredenti. Maiti (de) Arnaldo, impiegato a Milano presso il Com. per gli Irredenti. Manzutto Romano, volontario motonauta di II Classe, presso il Comando di Marina. Marsich Giulio, macchinista navale abitante a Udine presso il Comitato per gli Irredenti. Parovel Egidio, sottotenente della M. T. di stanza a Caneva di Sacile. Predonzani Vico, sottotenente della M. T. in licenza a Venezia. Sardos Paolo, sottotenente riformato, abitante a Udine presso il Comitato per gli Irredenti. Sartori Antonio, soldato del 2" Fanteria. Šansone Virgilio, soldato del 2° Fanteria, III Compagnia. Quarantotto Antonio, avvocato, abitante a Venezia presso il Comitato per gli Irredenti. Sauro Nazario, tenente di vascello — Pilota. NAZARIO SAURO La prosa deli'Anonimo (Noterella manzoniana) «L' historia si puo veramente deffinire vna guerra illustre contro il Tempo, perche togliendoli di mano gFanni suoi prigionieri, anzi gia fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. Ma gl'illustri Campioni che in tale Arringo fanno messe di Palme e d'Allori, rapiscono solo che le sole spoglie piu sfarzose e brillanti, imbalsamando co' loro inchiostri le Imprese de Prencipi e Potentati, e qualificati Personaggi e trapontando coll'ago finissimo delFingegno i fili d'oro e di seta, che formano un perpetuo ricamo di Attioni gloriose. Pero alla mia debolezza non e lecito solleuarsi a tal' argomenti, e sublimita pericolose, con aggirarsi tra Labirinti de' Politici maneggj, et il rimbombo de' bellici Oricalchi: solo che hauendo auuto notitia di fatti memorabili, se ben capiiorno a gente meccaniche, e di piccol affare, mi accingo di lasciarne memoria a Posteri, con far di tutto schietta e genuinamente il Racconto, ouuero sia Relatione. Nella quale si vedra in angusto Teatro luttuose Traggedie d'horrori e Scene di Malvaggita grandiosa, con intermezi d'Imprese virtuose e buonta angeliche, opposte alle operationi diaboliche. E veramente, considerando che questi nostri climi sijno sotto 1'amparo del Re Cattolico nostro Signore, che e quel Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, con riflesso lume, qual Luna giamai calante, risplenda l'Heroe di nobil Prosapia che pro tempore ne tiene le sue parti, e gl' Amplissimi Senatori quali Stelle fisse, e gl' altri Spettabili Magistrati qual' erranti Pianeti spandino la luce per ogni doue, venendo cosi a formare un nobilissimo Cielo, altra causale trouar non si puo del vederlo tramutato in inferno d'at'i tenebrosi, malvaggita e sevitie che dagl'huomini temerarj si vanno moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica, attesoche 1'humana malitia per se sola bastar uon dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhij d'Argo e braccj di Briareo si vanno trafficando per li pubblici emolumenti. Per locche descriuendo questo Racconto auuenuto ne' tempi di mia verde staggione, abbenche la piu parte delle persone che vi rappresentano le loro parti sijno sparite dalla Scena del Mondo con rendersi tributarj delle Parche, pure per degni rispetti, si tacera li loro nomi, cioe la parentela, et il medemo si fara de' luochi, solo indicando li Teritorij generaliter. Ne alcuno dira questa sij imperfettione del Racconto e defformita di questo mio rozzo Parto, a meno questo tale Critico non sij persona affatto diggiuna della Filosofia: che quanfo agl'huomini in essa versati ben vederanno nulla mancare alla sostanza di detta Narratione. Imperciocche, essendo cosa evidente, e da verun negata non essere i nomi se non puri purissimi accidenti«..... * * * Q.uel corsivo, quella «historia» che colla sua vieta grafia sta al principio della famosa Introduzione, quasi ad allontanare dal Romanzo chi lo prenda in mano per trovarvi svago e diletto. quella metafora sostenuta con tanta boriosa enfasi, fanno si che il lettore poco curi il savio consiglio del Petrocchi a non saltar 1'introduzione «perche assai importante e assai arguta«. (Commento estetico dei Promessi Sposi - Introd.). Eppure, a vincere la non-curanza o 1'indifferenza che grava su quelle poche righe in corsivo si scopre — ci vuol poco — sotto la maschera deli' Anonimo il fine sorriso di don Alessandro, la sua proverbiale ironia. Ne posso assentire coll'autore del Commento estetico dei Promessi Sposi che il pasticcio secentesco imbanditoci dal Manzoni sia tutto una goffaggine ; goffaggine la dice maliziosamente il Manzoni, per meglio sostenere la finzione. 11 frammento sara alambiccato, sara ampolloso quanto si vuole, ma non goffo in tutto e per tutto! Goffa la definrzione della Storia? Al contrario! mi sembra anzi assai ingegnosa. E infatti non e forse ufficio dello storico, particolarmente secondo 1' opinione diffusa nel XVII secolo, il riesumare uomini e cose dei tempi andati, il far rivivere le morte eta, gli anni defunti, per far si che essi combattano nelle battaglie che il presente scatena ? E che sono le citazioni storiche altro che sussidi nel senso latino della parola, al giudizio che facciamo degli avvenimenti attuali ? Tante parole per esprimere il senso del vecchio adagio «historia magistra vitae»! La stramba definizione che 1' Anonimo da della Storia ha qualche analogia con quel!a che ne diede il famosissimo Giam-battista Rousseau, tanto famoso al suo tempo che gli tocco la ventura di diventar testo di lingua nelle scuole d'allora. Per il Rousseau, la storia non e una guerra illustre, in cui gli anni, fatti cadaveri sono chiamati a dar prova di se, ma e invece un Teatro, in cui sur una «Scena illustre« i morti di tutti gli ordini sociali si presentano ad ammonire i viventi, a dettar loro quanto si vuol fuggire, imitare, eseguire, conoscere..... L' historie ')* dice il Rousseau, Cest un theatre, un spectacle nouveau, Ou tous les morts, sortant de leur tombeau, • Viennent encore, sur une scene illustre Se presenter a nous dans leur vrai luslre Et du pubblic depouilles d' interet Donnant a tous les plus nobles le9ons. Rois, magistrats, legislateurs supremes, Princes, guerriers, simples citoyens memes Dans ce sincere et fidele miroir Peuvent apprendre a lire leur devoir. A questa pomposa definizione della storia segue la simili-tudine, non meno pomposa, fra la Corte del re di Spagna e il... Cielo. 11 comparare il Re o 1' Imperatore al sole e figura vieta, che, nella nostra letteratura, discende, in gran parte, dal famoso De Monarchia dantesco, in cui Papa e Imperatore sono appunto confrontati con due soli. Ai tempi di Luigi XIV, contemporaneo di Filippo IV di Spagna, quando 1'ipotetico scrittore si trovava in sua verde stagione, «similitudine era diventata addrittura antonomasia». Tutti sanno, cioe, che Luigi XIV, modestamente, si sorbiva 1' epiteto di Re Sole, e che un sole era stato raffigurato nelle stanze di Versaglia; ben si poteva, dunque, assomigliare a un sole anche la maesta di Filippo IV di Spagna, felicemente regnante in Lombardia. La qual maesta scade pero di molto nella venerazione del lettore, quando... il Sole, cioe il re di Spagna e gli illustri perso-naggi che da essi derivano la loro autorita, e che a seconda del loro maggior o minor grado sono confrontati alla Luna, alle Stelle Fisse e ai Pianeti, in onta al loro maiuscolo splendore non sono da tanto da ridurre al dovere i facinorosi e i tristi, che imper-versavano nei domini italiani del re spagnolo. E la coscienza che gli «huomini» temerari molto possono, rende discreto e prudente 1'anonimo, che ben si guarda dal nominare il casato di coloro che fanno cosi trista figura nel suo Racconto. Qui sta proprio bene chiamare in aiuto la filosofia che insegna i nomi essere puri ') Riportato dallo Zatelli nel suo Corso di Lingua francese, IIa Parte. (Trento; Monauni). purissimi accidenti. Come don Ferrante, il nostro Anonimo e intinto d'aristotelismo. Ricordate? Per don Ferrante, in rerum natura non esistono che sostanze e accidenti, i quali «accidenti» sono 1'ultima parola di quella strambissima prosa e potrebbero esprimer benissimo tanto un cordialissimo sfogo di don Alessandro, quanto un'esclama-zione del lettore impaziente e desiderioso di uscire dalTagghindato preambofo. Giunto a questo punto, il Manzoni in persona propria dice che il suo manoscritto continua, ma che non e cosi gonfio come nel principio: «lo stile cammina si, ma com'e dozzinale, com'e scorretto. Idiotismi lombardi a iosa, frasi della lingua adoperate a sproposito, grammatica arbitraria, periodi sgangherati e poi qualche eleganza spagnola qua e la». * * * Esaminiamo ora, un pochino, la lingua del frammento apogrifo e vediamo quali malanni lo affliggano. Intanto si potra dire spagnolesca tutta 1'andatura e la fattura del periodo, se il sovrabbondare di ricami e frange rettoriche e indizio certo di spagnolismo negli scritti del Secento. L'Anonimo scrive nell'eta in cui 1'influsso del Marino e deli'Achiilini dura tuttavia. E poi Luigi Gongora, maestro di preziosismo, e morto proprio un anno prima che... don Abbondio facesse la sua memo-randa p^sseggiata. — Osservando piu minutamente lo squarcio malfamato vi trovo un solo modo che si puo dir spagnolo e una sola voce prettamente spagnola. II primo consiste nella scomposizione etimologica delTavverbio in-mente, rara assai nella lingua nostra. Mi accingo, dice 1'Anonimo, di lasciarne memoria ai Posteri con far di tutto schietia e genuinamente il Racconto, dove «schietta e genuinamente»" sembra obbedire alla grammatica spagnola, che prescrive si dica p. e. doda y claramenie, invece di doctamente y claramente. Si veda anche questi versi del Salas:2) Necia y ocultamente dominado De artificiosas maquinas su pecho Acreedor se juzga de derecho Al emples mas digno y elevado. Pretto spagnolismo e amparo che non significa gia impero, come da qualcuno si črede, ma protezione, come ne fa fede qualunque vocabolario spagnolo. Del resto uno scrittore che usa *) Riportati da Luigi Pavia nella Grammatica Spagnola, pag. 139. — Heidelberg, 1907. latinismi come generaliter e pro iempore non avrebbe mai potuto scrivere amparo, per impero, o imperio, anche se dice medemo per medesimo e trapontando per trapungendo, che sono evidenti dialettismi settentrionali. L'uso di capitorno per capitarono mostra che il nostro Anoni-mo conosce gli antichi toscani del trecento e del quattrocento e forsanco quegli autori del cinquecento che li imitarono. Naturalmente capitorno e un pešce fuor d'acqua accanto a medemo e a trapontando, ma il nostro Anonimo vuol fare evidentemente spocchia di un fiore colto nel campo della vecchia parlata toscana, il qual gli sembra ingentilire la sua prosa. Cosi buonta per bonta, potra essere considerato come un'affettazione: 1'Anonimo, che ha pur usato medemo e traportando, teme di riuscir volgare in tanta sublimita di stile ed evita bonta che troppo gli ricorda il dia-lettale bon. Prencipe, invece di principe, sente 1'influsso di prence, forma assai cara ai nostri epici. — Latinismo pretto e amplissimo nel senso di »cospicuo, ragguardevole». Si ricordino espressioni ciceroniane come homines ampli; famiglia ampla; homo virtute cognita et spectata fide amplissimus e cosi si dica di emolumento nel senso di «utilita, vantaggio». II gia citato pro tempore e generaliter sono espressioni latine del Iinguaggio curialesco: luochi fa il paio con buonta ed e un ibrido connubio di loco e di luoghi Notevole e ancora 1' uso di solo che, usato una volta pleo-nasticamente, nel senso di soltanto... «rapiscono solo che le sole spoglie piu sfarzose e brillanti« e un'altra volta nel senso di pure, pero «...solo che auendo auuto notitia di fatti memorabili...* I gram-matici assegnano a solo che il significato condizionale, in base ad esempi tratti dal Boccaccio : «Questo faro io volentieri, sol che voi mi promettiate per cosa che io dica niuno doversi muovere dal luogo suo» (10 giornata, 4* novella: citato dal Moise). Anche il Časa lo usa naturalmente in questo senso: «il piu delle volte per non dir poco diciamo troppo e chiamiamolo gentiluomo e signore a tal ora che egli sara calzolaio o barbiere, solo che egli sia alquanto in arnese« (Galateo, cap. XIV). Pola, settembre 1922. ATTILIO CRAGLIETTO I funerali di Giov. Batt. Corner patrizio veneto e podesta di Rovigno (Coniinuazione e fine; vedi num. prec.) Cluesta e l' unica riarrazione d' un rito funebre che Rovigno ci tramanda dai tempi della Repubblica. Delle cerimonie in morte di Marco Badoer, decesso «in reggimento» nel 1737, non abbiamo memoria. Di quelle fatte per Antonio da Riva, morto i! 6 maggio 1789, sappiamo che di poco erano dissimili da queste del Corner. «La economia dei tiri fu la seguente : «Cinque quando gli suonarono 1' Avemmaria, e d'ora in ora «si proseguirono uno per volta sino alle due della notte, ed altri «tre alla tumulazione, e sempre con intervallo. «Ha ricevuto il Viatico dalla Cappella del Palazzo per mano «del Cappellano deli' Oratorio, che gli fu assistente fino alla morte. «Non fu cosi del Corner, che lo ricevette solemniter dal «Duomo, cioe sotto Baldacchino portato dai Giudici: Prevosto in «Piviale e due Canonici in Tonicella, due Chierici coi Turiboli, »tutto il Clero, e tutto il Capitolo, i quattro Comandadori coi Torzi, «sei Cappe del Sacramento, gran seguito di persone deli'uno e «dell' altro sesso con le candele accese. Si fecero incontro fuori «del Portone i due Servitori coi Torzi, e nel ritorno accompagna-«ronlo sino a Chiesa». Come vediamo, in questo rito funebre ha assoluta prevalenza 1'elemento religioso. La pompa mondana passa in seconda linea. Le «Fraglie» assorbivano in quel secolo quasi tutta la po-polazione maggiorenne di Rovigno e pertanto dobbiUmo ammettere che di fronte all'accompagnamento di ben 28 di queste fraglie ordinate dietro i loro gonfaloni e distinte delle loro cappe, le cernide scomparivano. Alla bara, portata da confratelli deli' Oratorio e accompagnata dai «comandadori», seguiva il «Sergente» e subito dietro venivano i «bancali» dei Battuti e deli' Oratorio, le due Confraternite che avevano diritto di precedenza anche sulTalfiere e sulle cernide, per avere la prima contato il defunto tra i suoi affigliati e per essere 1' altra da lui assunta in protettorato. Si deve ammettere che tale ordinamento di prevalente ca-rattere religioso fossei anche conforme ai voti del defunto, oltreche agli intendimenti della comunita. E difatti la sua religiosita e la sua dilezione per le pompose esteriorita delle forme rituali risalta dali' aver egli fatto accogliere il Viatico dai suoi famigliari con torcie accese per poi provvedere a simile accompagnamento nella via di ritorno alla chiesa. 11 nobiluomo veneto, abituato ai lussi, agli sfarzi, alle pom-posita del settecento sapeva, e per atto politico ci teneva a far scomparire la sua personalita sotto un'umile cappa che gli imponeva nei riguardi religiosi 1'assoluto dovere d' obbedienza. Nella chiesa, nella sala dei «capitoIi» (che non potevano radunarsi senza suo consenso), dietro il gonfalone, egli sapeva e voleva umiliarsi per raccogliere un frutto ambito: 1' amore del popolo Quando onori e ricchezze saturavano 1'ambiente di sgradevoli inimicizie e s'iniziava qualche mormorazione, egli, fors' anche per un intimo esame di coscienza, riteneva necessario qnalche atto d' umilta al cospetto di Dio e degli uomini. E lo eseguiva. Al podesta le Commissioni dei Dogi volevano assicurata piena indipendenza. Nessun vincolo di parentela, d'amicizia o d'interesse doveva legarlo agli indigeni. Egli non poteva levare aH' incanto dazi, esercitare mercatura, acquistare possessioni, far seminare per proprio conto, accettare servigi o doni o procurarsi prebende. Fin le strenne di capodanno e reciproci inviti a ban-chetto gli erano proibiti. La stessa cosa valeva anche per i famigliari.") Ma 1'autorita dogale in quel secolo declinava. Vincoli d'a-micizia si stringevano tra il Magnifico e i Sindaci ad onta di divieti. Nel 1773 questi avevano «tenuto al Sacro Fonte* il figlio di S. E. Zorzi Barozzi, nel 1786 i tre Giudici avevano assunto il medesimo incarico per il figlio del podesta Contarini. E poi i tempi richiedevano d' accaparrarsi il favore del popolo, perche questo dopo le lotte coi Chiozzoti per questioni di pešca e dopo le sommosse e zuffe degli ultimi anni non aveva smesso il suo fare altero e provocatorio di fronte al debole governo. Una poli-tica di avvicinamento era quindi piu che mai opportuna. D'altronde dove la mano del Doge non arrivava ad imporsi con divieti era proprio nelle pratiche religiose, che, dipendenti dalla libera coscienza del Rettore, non si lasciavano sopraffare da necessita politiche. °) Per famigliari s'intendono le persone della- sua «corte», tra le quali v'era per qualche tempo il «nodaro». «Habere teneris in dieto regimine quinque domicellos etc.» (Commissioni del Doge ai Podesta Veneti). E quindi ci troviamo di fronte al paradosso di una posizione ambigua, ove dali'una parte, per disciplina religiosa, il Podesta doveva obbedire incondizionatamente alle «Parti» della «Fraglia» in materia di pratica di culto, e dalTaltra doveva sorvegliare i «capitoIi» affinche la passione politica non funestasse 1'ambiente. Ma tale sua situazione non era affatto intollerabile, specie alla fine del '700, quando le confraternite s'erano ormai trasformate in associazioni di puro spirito religioso scostandosi definitivamente da quel pensiero di tutela d' interessi di casta, che nei secolj anteriori aveva determinato il loro sorgere. A salvaguardia di questi interessi erano state istituite e ben sviluppate le cariche comunali. Ad ogni pensiero ed a ogni opera del Rettore sovrastava lo spirito religioso. Tutto si uniformava al do vere della giustizia e della bonta evangelica. Che tale era il pensiero del patrizio veneto lo sappiamo dal fatto, che anche coloro, i quali non erano spinti da segrete mire politiche, ambivano indossare la cappa del Flagellante. Leggiamo : «Addi 27 Maržo 1777. Giovedi Santo. «Li N. N. U. U. Z. Alvise, e Piero figli di S. E. Giacomo che anzi essi «servivano il Signore in letizia«. Chi non sa la gaiezza delle feste veneziane? Se poi 1' umile pratica cristiana del rito funebre si rivestiva di pompa e di pesanti cerimoniali, noi non dobbiamo discernere in cio un' esteriorita vacua. La pompa esteriore stava nel carattere del secolo ed era fatta oggetto d'attenzione dal doge al popolano, che nel suo costume amava la ricercatezza di dettagli e di colori. Gli uomini calzavano di rosso o striato chiudendo il ginocchio le corte brache con fermagli d'argento o madreperla. Le donne por-tavano zendali cilestrini o bianchi, seminati di mammelucchi, fimbriati di merletti, fissati al capo con spinolotti d'argento; agli orecchi portavano le rughe d'oro e cosi via. Anche le fradaglie adornavano insegne e altari di oro, argento e gemme. I marmi piu rari erano ricercati per soddisfare a tale desiderio. Ma questa pompa esterna non ricopriva il nulla; di sotto v'era ancora l'antica bonta, il senso della solidarieta tanto nel-l' insorgere quanto nel perdonare e riamare chi, pentito (in apparenza o di fatto), riamava. L' intervento di tutte le confraternite al funerale del Corner era segno di libera volonta popolare e di desiderio d'onorificenza, piu che essere un'esigenza degli ordinamenti fraternali. lo čredo che la nostra mentalita moderna non sa%comprendere quei tempi. Difatti come conciliare l'idea dell'austero patrizio con quella del saio del flagellante? E che cosa si voleva con quel «tamburo scordato», con quella «Bandiera portata a rovescio« e con quei «fucili voltati all'ingiu?» Ma ogni eta ha la sua bellezza, la sua poesia. Bisogna saperla trovare tra la congerie di valori ammuffiti dal tempo, im-medesimarsi in quelle mentalita passate che osammo chiamare superstiziose per averle osservate soltanto superficialmente, e quando ci riescira superare questi ostacoli ritroveremo in ogni atto delle semplicita quanto insignificanti altrettanto belle. Chissa se collo scordare il tamburo e col capovolgere ban-diera e fucili non si abbia voluto significare il sovvertimento d'ogni buon ordine delle cose per essere mancato chi le dirigeva. E questo semplice pensiero puo forse ancor oggi provocare qualche commozione. Ma la commozione e necessaria conseguenza del Bello. D. CAENAZZO I nomi locali del comune di Paugnano (Continuazione e fine; vedi numero precedente) 13). Campel (Campello) — frazione di Manzano. Campel (Marano Ver.5'1), Campiello (Roana Vic.). 14). Camponovo -— contrada di Gason. 15). Candeluzza — contrada di Monte. Candela e com. presso Foggia. II Candelii di Treviso 1' Oliv. (155) lo avvicina a canna, cannelutu. 16). Capelli — fraz. di Cost., dal cognome Capel. 17). Carcase o Carcauze — importante paesetto, pošto sopra uno sperone di monte, alto 191 m., verso la Val Drago-gna. II Naldini lo chiama «castello antichissimo» (p. 417) ed e descritto anche dal Tommasini (348). Intorno al 1210 fu ceduto dal Patriarca Volchero di Aquileia al nob. capod. Gavardo Gavardo, e nel 1450 dalla Repub-blica Veneta ai Vittori. Dagli spogli dell'ab. Marsich rileviamo che addi 28 maggio 1691 il vescovo (P. Naldini) ordinava al pievano di scrivere i libri: Battesimi, morti ecc. in lingua italiana. II Pusterla usa anche il nome Carcavia; la carta topografica al 75.000 scrive Carcauzze. 18). Cameschine — contrada di Carc.; i paesani dipono Ca- mes-cine, forse dallo slavo; sulla mappa Carmesina. 19). Cavagne — contrada di Gason (cosi sulla mappa). La po- pol. pronuncia Q.uaiagne (da «cavedagne»?) 20). Cavriago — villa sotto Monte. II Kandler12) nomina Ca- prianum, nell'«Estimo» del 1582 leggesi Cauriaga, il Naldini scrive Cauriago. Cavriago e com. p. Reggio Emilia. Per i nomi derivati da «capra» vedi Oliv. 195-6. 21). £eria — contrada di Carc.; dal cerro («Quercus cerris»), detto volgarmente gero o gervato. Per i molti derivati in Istria e nel resto del Regno vedi Pag. /sir. VI, 1908, pag. 110-11, Oliv. 157 e Pieri 231. 22). Qeresiol (Ceregiolo) — contrada di Gason (Sergassi). Per i molti derivati da cerasus vedi come sopra. 23). Certese — contrada di Monte. 1S) Indicazioni, 179. 24). Colombera (Colombciia) — e la cima tondeggiante del M. Romano di Paugnano. (Vedi N. 44). Colombar («colombarium» ?) si chiamano due localita del territorio capo-distriano ricco di ricordi romani, presso cioe Antignano e Plavia (Flavia?); Colombera abbiamo presso Umago, Parenzo e Visignano. Colombara p. Aquileia. 25). Cortina — contrada di Paugn. Tanto questo, quanto il pros- simo derivano da corte. Nomi comunissimi in Istria e nelle altre provincie venete. Vedi Oliv. 319, Pieri 343. 26). Cortivo — localita di Carc., Gason e Paugn. In' questa parte deli' Istria cortivo significa, piu che cortile, podere, tenuta ed e molte volte, anche sulle carte e mappe, seguito dal cognome del proprietario. Nell'Istria media e bassa stanzia. 27). Costabona — ridente villaggio, sopra .un colle di 257 m., che si protende verso la Val Dragogna. Molti scrittori di cose patrie la fanno derivare da Castel Bona, «Ca-strum Bonae«, «Dea dei Gentili, a cui i loro infermi o languenti scioccamente ricorreano con vana speranza di ricuperare la perduta sanita« (Nald. 431). Forse non e necessario pensare al «castrum»: nelle varie regioni d' Italia di localita Costa (per pendio) con o senza attri-buti ce n' e a centinaia. Anche in un documento di donazione de! 1186 riportato dal Tommasini (336) e nel Cod. dipl. istr. sta scritto «Costae Bonae« (genit.). II luogo era chiuso e aveva porta e torrione; gia ai tempi del Naldini (a. 1700) per 1'otio della pace» le fortificazioni rovinavano. Ma «la fabrica che nobi-lita questa villa, e la rende piu celebre delle ricantate ville del Tusculano, e la rustica Casuccia, ove ebbe la cuna il Beato Confessore Elio, discepolo di S. Er-macora, Apostolo e Protettore di Giustinopoli« (a. 56 d. C.). La pieve dedicata a S. Andrea Apostolo fu eretta dal vescovo Gabrielli nel 1460, staccandovela da Paugnano (Man. Marsich). II comune cens. di C. si estende anche al di la del Dragogna e comprende un fittissimo bosco che'sale fino al Pilo di Roveredo (Briz) nel territorio di Mo-miano. In questo bosco al tempo del Naldini furono visti «orsi cinghiali e gatti pardi». Costabona e fraz. di Villa Minozzo (Reggio E.). 28). Crevatini — frazione di Cost., abitata da famiglie Crevatin. 29). CrisiscKie — contrada di Carc.; probabilmente da parola slava che significa crociera. 30). Crosera (Crociera) — anche C. de M. Toso; importante nodo stradale a m. 212 sulla Trieste-Buie, con dira-mazioni per Monte, Gason e Sergassi. 31). Dillizi — fraz. di Paugn., abitata da famiglie Dilliza. 32). Dragogna — e 1'antico Argaon. Nasce nei pressi del ciglio calcareo di Covedo; scorre dapprima in direzione OSO nel terreno eocenico; urta poi contro il dosso calcareo di Castelvenere che lo spinge con brusco angolo verso NO; attraversata 1'ampia valle alluvionale di Siccidle, sbocca nella rada di Pirano detta LargSn (1'Argaon), dopo un percorso complessivo di 24 chilometri. Affluenti il Pignovazzo, la Valderniga e il Grivino a destra, 1'Argilla a sinistra. 33). Farnedo (Farneio) — monte di 294 m. sopra Costabona e contrada p. Figarola. 11 nome proviene dalla farnus o farnia (0.uercus pedunculata) e ne derivano in Istria e nelle altre regioni italiane moltissimi toponimi. (Vedi Pag. /sir. VI, 1908, 111; Oliv. 161; Pieri 236). 34). Figarola (Ficarola) -- villaggetto nei pressi di Paugnano (m. 317). Figarola di Pirano, Pinguente e Rovigno. Per i derivati dal ficus vedi op. cit. al N. precedente. 35). Fratta — contrada di Cost.; equivale a siepe o macchia naturale. Da noi sorvive pero solo come nome locale, diffusissimo. Vedi Pag. /sir. 1910, N. straord., pag. 31 e F. Borri, Topon. di Parenzo, ibidem 1922, N. 1-2. 36). Gason (Gasone, Casone) — villaggio pošto a 241 m. sopra un «colle ameno e copioso di ulivi e di viti, dalle quaii colgonsi squisite uve dette Pinelle e non meno pretiosi Moscati« (Nald. 426). La chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo fu consacrata dal vescovo Gabrielli nel 1478 e dipende dalla pieve di Monte. Dovunque e adottata la forma veneta Gason. Gasel e localita di Valle Oltra (Muggia). 37). Gerebizza — frazione di Carc., da cognome (— pernice). 38). Glavini — come sopra. 39). Grisoni — come sopra. 40). Manzan (Manzano) — villaggio che rappresenta una frazione importante del com. cens. di Paugnano. Da Mancius o Amandius. (Vedi Oliv. 73, Pieri 114). M. nome comunissimo nelle varie reg. d' Italia ricorderemo il M. di Udine- 41). Manzanel (Manzanello) — localita ricordata neH'«Estimo» del 1582, ma che non ci fu possibile rintracciare. Manzanello (Vicchio — Firenze). 42). Monte o S. Maria in Monte — grosso villaggio a 280 m. d'altezza,#che costituisce il piii popnloso com. cen-suario di Paugnano. La chiesa parrocchiale venne con-sacrata nel 1222 dal Vescovo Assalone. Nel 1656 la pieve di M. aveva 5 Confraternite (spogli Marsich). Vedi estese descrizioni di questa importante localita nel Tommasini 350 e Naldini 422-425. 43). M. Guardia — altura ad or. di Paugnano, non segnata sulla carta top. al 75.000; a quanto si dice, pošto avanzato del presidio romano della sottostante Centora («Cen-turia«, «Centaura»). La mappa riporta «Straza», che in islavo significa appunto guardia. Da non confondersi col non lontano M. Varda di Boste (359 m.). Un M. Guardia e presso Genova e sull'Isola di Lipari. 44). M. Romano — e il nome che specialmente gli escursionisti danno al noto monte dalTampia cima tondeggiante, e da cui si gode uno dei piu attraenti panorami della provincia. Ha 405 m. d'altitudine e trae il suo nome dai non pochi avanzi dell'epoca romana (anche monete) che furono dissotterrati specialmente a S. E. dalla vetta, in contrada denominata appunto Roman. (Jn po' a pon. dalla vetta culminante il dott. Marchesetti trovo le tracce di un castelliere.13) 11 monte e chiamato anche La Poiana, nome che noi crediamo spetti piuttosto a tutto il sistema montuoso di questo territorio, anziche ad una singola cima. (Vedi N.1 24 e 57). 45). M. Toso — cima di 288 m. fra Gason e Monte e piccola frazione del secondo. M. Toso fr. di Marcellise (Verona). 46). Moscato — campagna p. Carc. 13) Doli. Carlo Marchesetti, I castellieri preistorici di Trieste e della Reg. Giulia. Estr. d. «Atti del Museo civ. di St. nat., IV (n. s.); Trieste, 1903. 47). Mosella anche Moseglie — torrente e bosco p. Monte. 48). Negr6n — era localita ad occ. di Manzano, chiamata coši secondo il Pusterla da famiglia che vi aveva estesi possedimenti.14) 49). Nigrignan (Nigrignano) — contrada in pendenza sotto Monte, appartenente anche al com. di Capodistria. Un Nigrignanum p. Montona (Castellier) e ricordato nel Cod. dipl. istr., in un documento del 1040. 50). Orti — campagna presso Cost. , 51). Pademo — piccolo villaggio sotto Gason; la localita si estende anche nel comune di Capodistria. Nome comunissimo in molte reg. d'Italia; v. Oliv. 230 e Pag. /str. 1911, 228. 52). Paognan (Paugnano) — e il capoluogo del comune locale di cui ci occupiamo, pošto in elevata ed amena posi-zione a 362 m. d'altitudine. La forma lat. e Pomilia-num e Pomianum, da cui i poco usati Pomigliano, Po-miniano, Pomiano e lo slavo Pomjan. Fra i cittadini di Muggia che nel 1202 giurarono fedelta al doge E. Dandolo, diretto alla quarta crociata, figura un A. de Paugnan (Cod. dipl. Istr.). II vescovo Assalone investi nel 1211 la famiglia Verzi di Capodistria delle decime di P., Antignano e Costabona. Vedi Nald. 124, 427 e seg. Pomigliano d'Arco e P. d'Atella sono comuni nel Napoletano; Pognano localita p. Bergamo. 53). Petricea — valle che s'inizia dopo la Crociera di M. Toso e sbocca nella V. Derniga. Nella mappa 'Petriceas. si. Petricevaz. 54). Plagnave — fraz. di Cost. Per i derivati da planu vedi Oliv. 231, Pieri 291. Se dovesse derivare dailo slavo significherebbe terreno spoglio d'alberi. Pianave e local. p. Brentonico (Trentino). 55). Pil {Pilo) — le prime čase di Gason, venendo da S. Ste- fano; da pilone che piu non esiste. 56). Picavaz — valle profonda e torrente a S. O. di Monte. 57). Poiana (La) — e anche nome che si da al M. Romano. Poiana, nel veneziano lD) pogiana o poana, e uccello di 1!) Vedi G. Pusterla (A. Tomasich), Famiglie capodistriane asistenti nel secolo XVI. Capodistria, 1886, pag. 29; difatti neH'«Estimo» del 1582 e nomi-nato un Antonio Negron di Maresego, possessore di vigneti in Manzan. 13) G. Boerio, Dizion. del dial. venez.; Venezia, 1829. rapina del genere dei falchi, nibbio. Secondo 1'Olivieri (82) dal nome prop. Pullius. Noi preferiamo chiamar al plurale le Poiane tutto quel sistema di alte colline; cosa del resto non nuova: nei doc. dell'ab. Marsich si parla di una chiesa di S. Leonardo fuori Costabona «nelle Poiane» (a. 1656). Pojana p. Tregnago (Ver.) e Attimis (Udine). P. di Granfion (Vic.); nume-rosi Poiano. La carta al 75.000 riporta un M. Poliane (m. 358) a N. di Cost. (si = campagne). 58). Puie — contrada a mezzogiorno di Monte. Forse da «pu- tidu* (Oliv. 232). Val Puia, S. Lucia di Pirano; Le Puie, Pieve di Soligo, Conegliano. 59). Puzzeri — fraz. di Carc., da cognome. 60). Puzzole — villaggetto p. Cost.; da < puteus» »forse cosi detta dalla facilita d'incontrar le acque altrove sospirate nello sca^amento de' Pozzi« (Naldini 435); anche da putidu (Olivieri 232, Pieri 292). P. fraz. di Marano (Modena) e fiumicello p. Sutri (Roma); Piizzola rio, Veneri (Val d'Arno). 61). Rovischie — contrada di Cost. da «rubus», rovo, rovola. (Oliv. 179, Pieri 250, Pag. /sir., 1908, 113). Povedo (Sicciole-Pir.), Canal de le rove (Dignano). 62). Rupe — contrada di Cost. Rupe Canina (Vicchio — Firenze). 63). Saline — contrada piana p. Monte, dove si dava il sale alle pecore. 64). S. Croce — fraz. di Monte. Dellanti ca chiesa non si con- serva che una croce, sulTerta verso Paugn. 65). S. Elena — da chiesetta p. Cost., ora rovinata. Esiste 1'omonimo «aguar». 66). S. Marco —■■ crediamo non si possa ridurre altrimenti la localita Zamarcovaz di Gason. 67). S. Moro (5. Mauro) — da chiesetta che esisteva ancora al tempo del Naldini su un colle di fronte a Carc. 68). S. Stefano — varie localita, da chiesette non piu esistenti, p. Gason (anche sotto Capodistria), p. Paugn. e p. Carc. in Val Dragogna. La cappella mortuaria di que-sfultimo villaggio e pure dedicata a S. Stefano; si trova sulla strada di Puzzole, presso la fra7 di Hrib, che percio potrebbe esser denominata Colle S. Štefana.10) 69). Savalini — fraz. di Cost., da cognome. 70). Scnerlievaz — villa di Carc., abitata dalle famiglie Grison, Tomasin e Vescovo. 71). Sergassi — villaggio del com. cens. di Gason. Abitato da famiglie Sergas. 72). Sottovilla — torrente che scorre in una valle profonda fra Carc. e S. Pietro dell'Amata — Pirano. 73).. Svafci — fraz. di Carc. abitata da famiglie Svab e Rea. 74). Tabanella — contrada di Paugn. T. e fraz. di Imola (Bologna). 75). Torcola — contrada di Gason; forse da «torculum» (tor- chio). Vedi Oliv. 351. 76). Tremon (Tremone) — contrada di Paugn. — nel dialetto istriano tremon = lavoro profondo di šcasso per ren-dere produttivo un terreno incolto. Nella mappa erro-neam. Termun. T. anche ad Albaro-Scoffie e a Trusche (Maresego). 77). Valderniga — ampia e fertile valle attraversata dal torrente omonimo; appartiene solo nella sua parte alta al comune locale di Paugnano, mentre tutto il resto e sotto Isola e Pirano. 78). Valle Tricola — e percorsa dal torr. Cornalonga o Fiu- misfn, che sbocca p. Capodistria. Entra solo per breve tratto nel terr. di Paugn. (Manzano). 79). Verso Laura — fraz. di Paugn., di fronte al villaggio di Laura o Lavera (Maresego). Gli slavi la chiamano Na Labor. Verso la V. Lago e Verso le Valli sono localita nel Padovano. 80). Zamarin — con questo noto cognome istriano crediamo poter spiegare il Zamarinovaz, affibbiato anche nella mappa ad una contrada di Gason. 81). Zignazza — contrada di Carc. 82). Zupančiči — villa di Paugn, da cognome; gli abit. sono detti anche «Fleghi». Dott. GIANNANDREA GRAVISI 10) Alcune centinaia di m. ad or. del cimitero, alla quota 277 m., c^e il Caslelliere di Carcase, chiamato dagli slavi Gradis-ce. Musa vernacola piranese (Versi dialettali inediti di Orazio Colombani) Dalle carte che furono di Antonio Madonizza e che la super-stite figlia di lui, signora idalia Sandrin, ha gentilmente poste a mia disposizione per soccorrermi nel non facile tentativo di rimet-tere in piena luce la magnanima figura di quell'indomito patriotta e vero scrittore, tolgo un contponimento vernacolo inedito di Orazio Colombani e lo pubblico allo scopo anzi tutto di accrescere la non ricca serie dei prodotti poetici della musa dialettale istriana del secolo scorso. Del dottor Orazio Colombani non e peranco spenta ogni memoria in Istria.1) Buor. medico, costante patriotta, facile ver-seggiatore cosi in lingua che in dialetto, lascio piu tracce di se in quel!a Pirano che lo vide nascere il 14 gennaio 1820 e morire ancor vegeto il 6 aprile 1873, dopo di averlo avuto per piu anni podesta e rappresentante e sostenitore dei propri diritti alla Dieta provinciale e ai Parlamento austriaco. Veramente, tempra piu di spettatbre che di attore, piu d'uomo pacifico ed amante del proprio nido che di politico intrapreudente ed assiduo, il Colombani, quando Francesco Vidulich, allora capo riconosciuto della piccola depu-tazione istriana a Vienna, lo esonerava per telegrafo dall'accor-rere alla Camera, s'affrettava a ringraziare 1'amico con lepida effusione in scorrevoli versi, beato come una pasqua di potersene restare nella sua Istria, ossia, per usare il suo arguto linguaggio, «Ai patri Iari, Scevro dagli obblighi Parlamentari." Anche meglio riusciva, allorche, lasciata da parte la lingua dotta, che di solito gl'intralciava lo stile e gli rendeva pesante la strofe, si dava a comporre nella sua colorita parlata nativa, ch'egli stesso confessava di avere «piu a man». Un saggio del-Farte sua di poeta vernacolo e gia a stampa nel librettino in cui Felice Glezer raccolse alcuni suoi componimenti poetici, e fa biz-zarro contrasto con certa paludata e affannosa canzone in lingua 4) Di lui scrisse un caldo elogio funebre pochi giorni dopo la morte Giuseppe Bubba nella Provincia dell'Islria (a. VII, n. 8: 16 aprile 1873). v JUUUMr t^uM sul «Colosseo romano®.1) II brioso epitalamio che qui sotto si stampa, e che richiama al pensiero la trariquilla Istria dei nostri nonni, estrema e sconosciuta Tule d'Italia, tutta racchiusa nel breve cerchio di una solitaria ma non ingioconda vita provinciale, da forse, scritta com' e nell'epoca in cui il Colombani era nel colmo delle forze e delTestrc, esatta misura di cio ch'egli poteva e valeva come rimatore vernacolo; misura, ne alta troppo ne troppo bassa, di scherzoso e bonario verseggiatore sullo stampo, per ricordare dei nomi famosi, del Buratti e del Nalin. ') Poesie di Orazio de' Colombani di Pirano; in nozze Bartoli-Calegari; Rovigno, nell'aprile 1887; Pola, tip. Lod. Bontempo, 1887. Precede la poesia un succoso cenno biografico del Colombani dovuto al dottor Felice Glezer. Vedi la giudiziosa recensione scrittane da P(aolo) T(edeschi) nella Provincia deli'Istria (a. XXI, n. 11: 1 giugno 1887). In ocasion de le nože ") de mia comare Nina Pesaro con Sior Anzoleto Batistela, che in conseguenza divenla per tran-sustanziazion mio compare. Per__ajj.dar drio vechia moda, che nasce in Paradiso Proprio vechia co la coda, Versi su te qual premio Dovaria, me almanco par, La mano del Signor. GIOVANNI QUARANTOTTO Su de tavola saltar; E con aria de poeta. Per te, per te quell' estasi Di gioia e di contento; Giammai per te s'intorbidi... S' intorbidi... s'intorbidi... Cossa ?... cossa?... proprio adesso Che sul serio gera messo E del Pindo gera in cima, Va mancandome la rima; E mi stesso, in verita, Me son proprio intorbida. Za per quanto questa strofa La sia bela, o la sia gofa, Se me fermo qua e se taso, Recitar qualche strofeta Che no fusse tanto mal; Come un'ode, un madrigal, Un soneto, una canzon, Per esempio de sto ton: S p osa, che muovi supplice Ali'ara del Signore, Mentre te irradia pronuba La face deli'amore ; Nel di de' tuoi imenei Cogli dai labbri miei Gli accenti, che a te inuocano Felicita ed amor. Di rose e gigli il tramite S'inpori di tua vita : Di gaudio inenarrabile Scorra per te abbellita, e un fulgido sorriso Se me impianto come un pal. E xe megio za deboto, Perche mi se de sto troto Vado avanti ancora un poco, E nel tenero ve točo 2) Nozze che furono celebrate in Isola, dove dimoravano gli sposi e dove il Colombani era medico condotto. Con patetica poesia, Mi scometo, si per dia, Come uno e do fa tre, Che a fifar incomincie. Tra che anche mi prevedo Che domani nel congedo Sara lagrime e passion A misura de carbon, Che anche mi de sora via Salti suso in poesia Ispira, sentimental, No sarave proprio mal! Mi son dunque d opinion, E me par con gran rason, Che coi versi, co le rime Declamade in stil sublime Non se fa che mandar via De le nože 1'alegria. Fe un augurio, per esempio, Che acompagna i sposi al tempio? Eco la che sul momento 1 ve casca in sentimento E i se varda de rimando Sospirando — sospirando. Declame con stile enfatico, Come un orno che xe pratico, Che sa tute a menadeo Le delizie de imeneo ? Vogio dir le noti bele Co le usanze sue novele; Dopo el talamo beato Che a pensar xe un gusto mato; Po le coltrici, le piume, Tuto in scuro e senza lume? Eco la che questa cosa No ghe comoda a la sposa, Che diventa, poveraza, Rossa rossa e se imbaraza. D altra parte po lo sposo S'el xe un poco malizioso, Come polo interpretar Questa specie de parlar? Per dar gusto po ai do amanti Cole strofe ande piu avanti, E, incalzando 1'argomento, Alude per un momento Ai bei pargoli dileti, A quei fruti benedeti; Bute insoma le parole De ficon sora la [prole, Sora i fioi che nassara Che dira mama, papa: Eco qua 1'inconvenienza De una pessima influenza: No xe un tema tropo bon, E ve spiego la rason: Perche come che i pensieri Un co l'altro volentieri Se richiama fra de lori, E in cadena drio i se cori; Ghe ne vien naturalmente Che a la sposa vien presente Tuto quanto, ben e mal, De la vita coniugal; E la vostra profezia Fa che in cambio de alegria Vegna un'altra rimembranza, Che no digo per creanza; Ma un dotor in medicina, Se anche el tase, la indovina. Xe parole che ridesta Mile idee dentro la testa; E cosi se va via via A scaldar la fantasia, Che za par de aver la panza Quasi in crescer per gravianza Po il pensier de aver in brazo O una sepa o un bel putazo; Po I' idea che da gran pena De cercar fora la nena; Po el pensier de far scufiete, Paniseli, camisete; Po i zogatoli, i bomboni, Se vole che i fioi sia boni, E po insoma vinti, trenta Altre idee che ve tormenta. Sti pensieri per la sposa; Ma al marido unaltra cosa Ghe risvegia i vostri versi: El ghe pensa ai soni persi, Ne le rechie za ghe fa El putin bua, bua; E sti zighi del putel Ghe fa grizoli al cervel: El prevedi de patir No podendo piu dormir; E za el pensa, povareto, De cambiar per forza leto: Po 1' idea del batizare, Po el compare e la comare, La candela po al piovan Che ghe fa so fio cristian; E po infin — no conto fiaba — Dei bei taleri a la baba! Bel afar, bela impression Che se fa, per dio Bacon: Poveraneme, fe otuse Do persone co le muse. Dunque megio, me capi?, A far come fazo mi; Perche schivo el piagnisteo De vin poema de imeneo, Che ga, come digo, el vizio De far serio un sposalizio. Dunque capita piii a man El dialetto venezian, E percio co sto dialeto Mi ve mostro ogni mio afeto, E dal fondo del mio sen Ve desidero ogni ben. Tuto quel che vualtri stessi Col pensier ve bramaressi: Bancanote a sguazo, arzento, Vita longa de ani cento, E de piii, de piu magari, Per fragiar sti bezi cari. Ve desidero fra tute Ste beleze la salute: Sempre prosperi, fiorenti, Come anzoli contenti. E sicome mi talvolta Go pretesa a chi me ascolta De esternar qualche sentenza Come un Nestore in semenza, Come un omo de gran gnuca, Perche go pela la zuca; Cussi adeso mi ve digo Che el piu bruto de ogni intrigo E un gran mal de novo conio Xe discordia in matrimonio. Certo che no xe de aver Gnanca un'ombra de pensier Isola, 12 aprile 1853. Che 1'acordo fra de vu No abia a cresser sempre piu; Ma compagni tuti semo E a le volte se scaldemo, E ogni dona no va imune, Come ogni omo, da le lune: Pero dato e non concesso Che nascesse a vu lo stesso, Tegni a mente, galantomo, De far come fa un brav'omo, Richiamandove in pensier Che ave unotima mugier. E vu pur, signora sposa, Tegni a mente un'altra cosa Che ve digo adesso mi : Che ave un otimo mari. De mi spesso ricordeve, E un co 1'altro ripeteve: 'Oe, diseme, Nina mia Ve scorde, de brava via, Che compare Colomban In dialeto venezian V' ha istiga, v' ha sugerido Bon acordo col marido ? E vu, sposa, a vostra posta De rimando, sta risposta: Oe, diseme, Batistela, Ve scorde vu forse, oh bela, Che compare Colomban In dialeto venezian La concordia per dover V'ha istiga co la muger? Zure po sul vostro onor De no mai cambiar de umor, E un' idea scolpive in sen, De volerve sempre ben. Deve infin una basada, E de man una strucada, E ocorendo anche un baseto — Cossa serve, parlo schieto — Dedicheghe a Colomban, Che de vualtri xe lontan; E la vostra rimembranza Premiera piu che abastanza Ouesto picolo lavor Che composto ve ho col cuor. Orazio Colombani B1BLI0GRAFIA ISTRIANA A. Libri ed opuscoii 128. Salvatore Moscolin: Brevi cenni biografici su Domenico Lovisaio, con fotografia; Capodistria, Stab. tip. naz. Carlo Priora, 1922. Della nobile festa che la cittadina d'Isola organizzo recentemente a commemorazione di uno dei suoi piii degni figli, Domenico Lovisato, resta, quale ricordo, questo opiiscoletto, in cui un bravo e attivo giovane isolano, il signor Salvatore Moscolin, con amorosa cura raccolse quante notizie pote intorno alla vita e all opera del Lovisato. Certo, non puo, ne deve finire qui il compito che spetta, oltreche agl'iso!ani in particolare, agl'istriani in genere, d'illustrare de-gnamente il Lovisato e come patriotta e come uomo di scienza. Troppa traccia egli ha lasciato di se nella vita della sua terra natale e della sua nazione, perche noi ci possiamo sbrigare di lui con una cerimonia celebrativa e un'orazione a stampa. Ad ogni modo, 1'opuscolo del Moscolin e un buono e promettente inizio; e noi lo salutiamo come tale, augurandoci altresi che valga a rendere famigliare al nostro popolo la figura di un uomo che ebbe anche il merito di restare per tutta la vita uno zelante e convinto democratico. Molto opportunamente, soggiunta allo scritto del Moscolin e una bellissima e commossa lettera del grande patriotta triestino Eugenio Popovich, magnifica-trice essa pure del Lovisato, al quale il Popovich fu unito da fraterna amicizia, cementatasi anche sul campo di battaglia. G Q. 1 29. Dott. Mario Stenta: Trieste neg/i studi di biologia marina-, estratto dagli «Atti della Societa Italiana per il progresso delle scienze«; XI Riunione; Trieste, ottobre 1921. Citta di Castello, Soc. anon. tip. «Leonardo da Vinci», 1922. Con la competenza scientifica che tutti gli riconoscono e con la scrupo • losa diligenza. di cui e veramente maestro, Mario Stenta traccia in questo saggio (che altro non e se non un discorso da lui tenuto lo scorso ottobre in Trieste all'undecima riunione della »Societa italiana per il progresso delle scienze«) la storia degli studi di scienze naturali nella Trieste dell'ottocento, soffermandosi piii particolarmente sulle vicende degli studi di biologia marina. Tutte le istitu-zioni triestine volte allo studio delle scienze naturali sono da lui attentamente esaminate, discusse e accompagnate nella loro varia fortuna dalle loro origini fino ai giorni nostri. Ci passano cosi dinanzi agli occhi il Museo civico di scienze naturali, fondato verso la meta del secolo scorso da Enrico Koch e di cui ora e degno direttore lo Stenta medesimo, la Societa adriatica di scienze naturali, sorta nel 1874, la Stazione zoologica, istituita dal cessato governo austriaco nel 1875, il Museo di pešca marina, aperto sotto gli auspici della Societa di pešca e piscicultura marina nel 1911. E insieme con le istituzioni sfilano gli uomini che le idearono e le diressero, ritratti con sobrio ma efficace tocco e giudicati anzi tutto in relazione alla loro attivita scientifica. Ne lo Stenta dimentica gli studiosi che operarono e vissero indipendenti, i due Stossich, padre e figlio, e l'Accurti. Quest'uItimo in ispecie, di cui si sa che insegno da giovane nell'attuale R. Ginnasio-Liceo «CarIo Combi« di Capodistria e che fu un geniale studioso delle alghe marine1), e rievocato dallo Stenta con amoroso rispetto e con equo apprezzamento de' suoi meriti scientifici. Chiude, molto opportunamente, il belTopuscolo una compiuta e utilissima bibliografia. G. Q. 130. Theodor von Sosnosky: Irredenta Politik;Stuttgart und Berlin, 1915. 131. Carlo Maranelli: Trentino, Alto Adige, Venezia Giulia, Dalmazia : dizionario di tutte le localita deli'Italia redenta con dati geografici, storici, demografici ed economici secondo le piu recenti statistiche. Bari, G. La-terza & Figli, 1915. [Non scevro di lacune e degli errori in cui solitamente cadono i connazionali nostri quando parlano di noi e del nostro paese. Per citare un esempio, il M. črede che il Castelleone di Capodistria esista ancora e sia «trasformato in un grande ergastolo».] 132. Virgilio Gayda: Gli slavi della Venezia Giulia; Milano, Rava, 1915 (Problemi italiani: XVII). 133. Mario Alberti: Trieste; Torino, a cura de «L'ora presente» (s. n. t.), febbraio 1915. [Ottimo opuscoletto di propaganda, inteso a dimostrare 1'italianita di Trieste.] 134. Francesco D'Ovidio: L'avversione di Ruggero Bonghi alla Tri-plice Alleanza; Campobasso, časa ed. Giov. Colitti & figlio, 1915. 135. [Attilio Tamaro e Alessandro Dudan:] Le terre adriatiche irredente; alcuni cenni storici e statistici con particolare riguardo a Fiume e alla Dalmazia. Roma, tip. naz. Bertero, 1916. 136. Enrtco Melckiori: Austria esecranda, ovvero poesia antiaustriaca; Milano, časa ed. Risorgimento, 1916. [Rassegna dei poeti italiani che imprecarono all'Austria. Vi sono compresi, dei nostri, il Picciola e il Pitteri.] 137. Fausto Salvadori: Canzone a Nazario Sauro; edizione della Pre-sidenza Generale della Lega Navale Italiana; Roma, Armani, 1918. 138. Franco Sarvognan: La guerra e la popolazione; studi di demografia; Bologna, Zanichelli, 1918. 139. Margherita Cuizza : I capricci d'amore; novelle; Trieste, Mo-settig, 1918. 140. Attilio Tamaro: Nazario Sauro di Capodistria; estr. dalla "Rassegna Italiana«, fasc. IV, 1918; Roma, Armani. [Bella e possente celebra-zione del martire adriatico.] 141. Giorgio Pitacco: II travaglio deli'italianita di Trieste; Roma, „L'Universale", 1918. 142. Pietro Savini: Le origini e le evoluzioni storiche della civilta latina e della nomenclatura locale nella Venezia Giulia; Venezia, a cura della R. Deputazione veneta di sloria patria, 1918 (officine grafiche Ferrari, Venezia). [Gli inqualificabili plagi ond'e intessuta questa presuntuosa compilazione, furono, come meritavano, pubblicamente denunciati da R. Battaglia; cfr. Pagine Istriane, a. I. N.S., fasc. III, pag. 92.] 143. Whitney-Warren : Le giusle rivendicazioni deli'Italia; la questione di Trento, di Trieste e deli'Adriatico. Torino, Unione tip. ed. torinese, 1918. ») Un suo eccellente «Cenno sulle alghe di Capodistria^ comparve nel Primo programma deli'/. R. Ginnasio di Capodistria; Trieste, Lloyd austr. 1858. 144. Ccmandante G. Roncagli: 11 problema militare deli'Adriatico spiegato a ialti; a cura della Societa geografica italiana; Roma [s. n. t.], 1918. 145. Ercole Rivalta : Mentre il tempo matura ; commemorazioni di efbi ; Bologna, N. Zaniclielli, 1918. [Da pag. 3 a pag. 28: «Felice Venezian e Trieste sua« ; da pag. 31 a pag. 50: »Riccardo Pitteri«; da pag. 53 a pag. 67: «Gu-glielmo Oberdan«.] 146. Raffaello Barbiera: Ricordi delle terre dolorose; Milano, Treves, 1918 (ill.) [Vedere specialmente da pag. 267 a pag. 276: «Musa vernacola trie-stina, Giglio Padovan»; da pag. 277 a pag. 288: Un rivendicatore della civilta latina a Trieste, «Pietro Kandler e il suo brio»; da pag. 287 a pag. 313: «11 maggior poeta di Trieste, Giuseppe Revere»; da pag. 314 a pag. 327: »Memorie goriziane e Graziadio Ascoli; da pag. 328 a pag. 333:» «Riccardo Pitteri, poeta-agitatore deli'Istria«; da pag. 334 a pag. 363: «11 nuovo martirologio, Cesare Battisti, Nazario Sauro e gli altri martiri«.] 147. Antonio Miele: G' irredenti nell'arte. Firenze, Bemporad, 1918. [Raccolta di brevi saggi biografici di scrittori e artisti trentinl, istriani e dalmati deli'Ottocento. Degli istriani sono ricordati il Revere, il Fortis, il Pitteri, il Fragiacomo, il Picciola.] 148. Maria Gianni: Alto tradimento; Bologna, Cappelli, 1919. [Versi.] 149. Bruno Astori e Bruno Coceancig: / volontari di Trieste e della Venezia Giulia. Bologna, L. Cappelli, 1919 (ill.). 150. Antonio De Berti: Pio Riego Gambini; Pola, Stab. tip. Fr. Rocco, 1919. 151. Giuseppe Vidali: Col cuore della Giovine Italia; pagine raccolte di un'opera interrotta e santificata dalla morte; prefazione di Innocenzo Cappa; Milano, Časa editrice Risorgimento, 1919. 152. Giulio Caprin: Trieste liberata; Firenze, Bemporad, 1919. [Eccone 1'interessante sommario: «La italianita fatale della Venezia Giulia«. «Trieste». «La Venezia Giulia provincia di Trieste e di Fiume». «L'Austria-Ungheria e i suoi eredi adriatici«. «La liberazione di Trieste».] 153. Luigi Giannitrapani: Le terre irredente: Venezia Tridentina, Venezia Giulia, Dalmazia; descrizione geografica, notizie etnografiche, economiche statistiche (ill); Firenze, Bemporad, 1919. 154. II Lloyd trieslino; note e ricordi: 1836 -1920; Trieste, Officine delllstituto italiano darti grafiche - Bergamo; 1920 (ill.). [Ve riprodotta in fac-simile la bellissima lettera con cui Gabriele d Annunzio trasmetteva al LIoyd triestino, che poi ne fece l'uso che tutti sanno, il disegno —• dovuto a Guido Marussig — della nuova bandiera della Compagnia e il motto Libertatem Testor.\ 155. L' Istria nella storia e nell'arte, Trieste, Pola, maržo 1920; Stabi-limenti poligrafici riuniti, Bologna. [Specie di numero unico. Non contiene, di interessante e nuovo, che un articolo di B. Schiavuzzi: «PoIa nei centocinque anni di lotta nazionale«, p.p. 1-8.] 156. Omero: Odissea; traduzione e note di Marino De Szombathely • Bologna, L. Cappelli, 1920 ; 2 voli. 157. Romano Drioli: La congiura delle ombre; poema drammatico in tre atti; Pola, tip. Fr. Rocco, 1920. 158. Edoardo Polli: Fra do sbari, nuovi versi in dialetto triestino ; Bologna, L. Cappelli, 1920. 159. Hayd4e e Bruno Astori: La passione di Trieste; Firenze, Bem-porad, 1920. 160. Silvio Stringari: Nazario Sauro; Venezia, lib. ed. nazionalista, 1917. 161. Sem Benelli: II Sauro; Milano, «Minerva», 1919 («1 Gioielli de L' Eroica«). 162. Commemorazioni di Nazario Sauro tenute a Roma e a Venezia (agosto - settembre 1918); Roma, G. Arinani, 1918. 163. Domenico Tamaro: L'jigricoltura nella Venezia Giulia; condizioni presenti e suo avvenire; Casalmonferrato, časa editrice Fratelli Ottavi, 1920. 164. Attilio Brunialti: L' Istria nella natura, nella storia, nell'arte e nella vita degli abitanti (secondo il confine geografico); con una grande carta geografica, cinque tavole a colori e 184 ilustrazioni nel testo. Unione tipografico-editnce torinese, 1920. [Basata su ricerche esclusivamente altrui, non perfetta-mente a giorno degli studi piu recenti, superficiale e frettolosa in piu punti, incompleta e manchevole sotto parecchi aspetti, quest'opera nulla aggiunge alla conoscenza dell'lstria ne ai meriti del Brunialti.] 165. Ricordo deli'Annessione; numero unico: 20 maržo 1921, Trieste j Stabilimento tipografico «Nazionale». [Contiene scritti di B. Astori, S. Benco, A. Boccardi, N. Doria Cambon, Elda Gianelli, Haydee, A. Hortis, E. Polli, C. Rossi, R. Zampieri e d'altri ancora.] 166. Ferdinando Pasini: Come fui sepolto vivo ; prefazione di Arturo Farinelli; Bologna, L. Cappelli, 1921. 167. Cesare Rossi: La guerra santa; Trieste, G. Balestra, 1921. [Col-lana di sonetti che con profondita di sentimento e venusta darte degnamente cantano «l'ora attesa da noi santa e tremenda», le ansie della lunga guerra redentrice e il supremo radioso trionfo d'Italia]. 168. N. Tommaseo: Prose, a cura di E. Aubel; Milano. Caddeo e C., 1921. 169. Adriano Lualdi: Viaggio sentimentale nella Liburnia (Riviera del Quarnero); Milano, Quintieri, 1922; ili. Riviste e gicrnali 170. G. Voltolina: Due anni e mezzo di despotismo austro-poliziesco in Istria; in «La Nazione» (Trieste), 21 diz. 1919. 171. F. Babudri: Trieste in diari veneti dal 1851 al 1866; in «L'Era Nuova» (Trieste), 7 dic. 1919. 172. Sar [Giulio Cesari]: lacopo Cavalli e morto! in "La Nazione» (Tnieste) 29 giugno 1919 [Affettuoso cenno necrologico.] 173. lacopo Cavalli e la ladinita di Trieste; in «La Nazione» (Trieste) 6 luglio 1919. 174. Giulio Cesari: Carlo Goldoni nella Venezia Giulia; in La Na-zione della Domenica« (Trieste), 18 apr. 1920. 175. Una lettera di Nazario Sauro donata al Museo del Risorgimento a Capodistria; «L'Era Nuova» (Trieste), 7 maržo 1920. 176. F. Babudri: Ouella che fu ritenuta la dedizione- di Trieste al-l'Austria; in «L'Era Nuova» (Trieste), 12 agosto 1920. 177. B. Ziliotto: Cherso nella storia della cultura italiana; in (Trieste), 14 febbr. 1920. Cronaca e notizie varie La Societa Istriana di ArcHeologia e Storia in Parenzo decise di continuare gli scavi intorno a Nesazio, interrotti durante la guerra, preponendo a detti lavori il cav. prof. Pieiro Sticcotti, assistito dal dott. Giuseppe lacopich, laureato in archeologia al R. Istituto di Roma. ^ A Dignano addi 21 agosto fu tenuta la commemorazione di Nicold Ferro; vi parlo lo študente di belle lettere Golob. ^ In Albona si e costituito sotto la presidenza del prof. Melchiorre Cu-rellich un Comitato, che curera il trasporto dei resti mortali di Tommaso Luciani, 1'intemerato patriota e scrittore di cose istriane, nella sua citta natale. * Addi 15 settembre fu inaugurato a Trieste il VII Congresso nazionale della Stampa italiana, aperto dal Cav. Schiavoni, presidente di turno delI'/lsso-ciazione della Stampa Giuliana. * Alla Fiera Campionaria di Trieste, nel padiglione delle arti grafiche il prof. F. Pasini tenne unapplaudita conferenza «sul presente e 1'avvenire del libro italiano« il giorno 17 settembre. * Ai 20 di Settembre Isola d'Istria commemoro il suo illustre cittadino Domenico Lovisato, ardente patriota e insigne scienziato, carissimo a Garibaldi, che sui campi di battaglia conobbe Timrnenso amore ch'egli portava aH'Italia. La commemorazione fu tenuta da Salvatore Moscolin, segretario del Comitato, all'indefessa attivita del quale Isola deve la splendida riuscita della festa. Sulla časa del Lovisato fu immurata una lapide con la seguente iscrizione dettata dal senatore Attilio Hortis: NATO IN OUESTA SUA ČASA AVITA ADDl XII AGOSTO MDCCCXLII MORTO IN CAGLIARI IL XXIII FEBBRAIO MCMXVI DOMENICO LOVISATO MATEMATICO E GEOLOGO IL NOME ISTRI ANO ONORO' SULLE CATTEDRE UNIVERSITARIE E SUI CAMPI DI BATTAGLIA CON GARIBALDI CHE L' EBBE CARISSIMO ADDl XX SETTEMBRE MCMXXII POSERO I CONCITTADINI * II giorno 28 settembre dal presidente del Comitato arch. Arduino Berlam fu inaugurata a Trieste la prima Mostra d'arte popolare italiana, organizzata dal Circolo Artistico, per la conservazione della quale Gabriele d' Annunzio istitui la «Compagnia dei Retaggio». & II primo di ottobre ebbe luogo a Gorizia il terzo congresso filologico friulano. In questa occasione fu inaugurata una lapide apposta dal Municipio alla časa del goriziano Graziadio Ascoli, con la seguente iscrizione: QU) VISSE DAL 1829 AL 1861 GRAZIADIO ISAIA ASCOLI CHE DA QUESTA ESTREMA TERRA LADINA S' ADERSE SOVRANO FRA I LINGUISTI GLORIA D ITALIA NEL MONDO GORIZIA IL GRANDE FIGLIO ORGOGLIOSO R1CORDA. PER VOTO DEL CONSIGLIO COMUNALE Addi 15 ottobre al Museo di Risorgimento di Trieste fu inaugurato ad ad Antonio Baiamonti, spalatino, un busto, offerto al Comune dalla Societa Dalmatica, che volle onorare cosi la memoria deli' illustre propugnatore deli' ita-lianita adriatica. * II giorno 19 ottobre alla Societa di Minerva di Trieste Alfreda Panzirti lesse un suo racconto «11 fantasma della Nonna». Umberto Saba vi lesse il giorno 25 i «Sonetti deIl'autobiografia» ancora inediti. R. Accademia Virgiliana di Mantova, Pubblicazioni; Serie II n.° 2 L'Eneide, tradotta da Giuseppe Albini. Serie II n.° 3: Romolo Quazza, Mantova e Monferrato nella politica europea alla vigilia della guerra per la successione (1624-1627), Da documenti inediti tratti dall Archivio Gonzaga. Athenaeum, Studii periodici di Letteratura e Storia diretto dal prof. Carlo Pascal. A. X Fasc. IV, ottobre 1922: Giuseppe Ammendola, Musa latina di Francesco Sofia Alessio, — Olga Rossi, De Catone graecarum litterarum oppugnatore, latinitatis acerrimo defensore. — Carlo Pascal, Giuseppe Fracca-roli. — Comunicazioni e note. — Bibliografia. — Notizie di pubblicazioni. * Bollettino della civica Biblioteca di Bergamo. A. XVI, 1922. N. 1 e 2: A Mazzi, I confini dei comuni del contado. — Achille Locatelli Milesi, Una pittrice di fiori. Sofia Tamburini Caversazzi. — P. Rolla, Nota di botanica popolare bergamasca. — Vicebibliotecario, Una tragica lettera della contessa Angela Albani Suardo. — L'assedio di Malta (1563). — Itala Costa, Notizia della vita e delle opere dell'abate Pierantonio Serassi. — Achille Locatelli Milesi, II Caravaggio e il caravaggismo. — Vicebibliotecario, Alcune lettere dei ViscOnti di Brignano. — Appunti e notizie. Stabilimento Tipografico Nazionale CARLO PRIORA - Capodistria