TERRA SIGILLATA TARDA DEL RAVENNATE M aria G razia M aioli Ravenna Lo studio della ceramica rom ana nella zona di Ravenna, che fino a poco tempo fa po­ teva dirsi praticam ente nullo, sta ricevendo sempre nuovo impulso dai recenti rinvenimenti archeologici; da una parte l’impiego di pozzi stratigrafici ha permesso di raggiungere, all’interno della città, anche gli strati più profondi, dall’altro lo scavo sistematico delle necropoli e delle basiliche di Classe ha permesso di puntualizzare momenti particolari nello sviluppo storico della città. E ’ già noto come Ravenna fin dalla prim a epoca imperiale abbia ospitato una produ­ zione ceramica di buon livello;1 infatti lo scavo di pozzi stratigrafici nella zona a sud- ovest della città ha permesso di individuare uno scarico di notevoli dimensioni che ha restituito, oltre a frammenti di ceramica liscia e a rilievo in vari stadi di cottura, anche alcune m atrici di coppe tipo S A R IV S e di bicchieri tipo ACO: si è così localizzata a R a­ venna una fornace di terra sigillata ben identificabile per il tipo di argilla, rosata a frattura netta, e per il tono della vernice, generalmente rosso piuttosto scuro. Queste ceramiche di produzione locale, nelle necropoli classicane, costituisccno per tutto il prim o secolo dell’Im pero e gran parte del secondo secolo il rinvenimento numeri­ camente più consistente, unito dal secondo secolo in poi a scarsi frammenti di terra sigillata sud-gallica2 e a più numerosi frammenti di provenienza orientale, come alcuni frammenti della produzione di Qandarli3 ed alcune tazzette forse pergamene.4 Gli strati della fine del secondo secolo e del terzo d. C. offrono un panoram a ceramico notevolmente diverso dal precedente; la com parsa della terra sigillata chiara risponde ad un cam biam ento di gusto che si riflette anche nelle produzioni ceramiche consimili: a Ravenna com pare un tipo di ceramica con argilla, tipologia e decorazione sue ptoprie, ceramica che continuerà ad essere prodotta almeno fino al quinto secolo d. C.; è questo tipo di produzione, per il momento localizzata solo a Ravenna e nelle zone limitrofe, che form a l’oggetto del nostro studio.5 Num erosi fram m enti di questa ceramica provengono dagli scavi stratigrafici all’interno della città6 oppure dai sottofondi pavimentali di un palazzo di destinazione ancora incerta, rinvenuto all’angolo fra »via M ariani« e »via di Roma«, con vari rifacimenti databili dal V° al V IF sec. d. C .,7 tuttavia la maggior quantità di materiale proviene dal sottofondo pavimentale di un monasterium affiancato alla basilica di S. Severo, nel territorio di Classe:8 il sacello, forse identificabile con il m onasterium Sancti Ruffilli, presentava un pavimento musivo a ghirlande floreali e vasi ansati, databile al VI° sec. d. C. ; il pavimento ricopriva in parte due grandi tombe in muratura addossate alle pareti; sotto il mosaico si sono rin­ venuti frammenti di un altro pavimento musivo a tessere bianche, che poggiava sul già citato sottofondo di frammenti ceramici; poiché, come vedremo in seguito, il pavimento è databile con una certa sicurezza, è chiaro che la composizione di questo rinterro sarà da considerarsi fondamentale per lo studio e la cronologia della nostra ceramica. Poiché le caratteristiche della vernice e dell’argilla distinguono nettamente questa produzione da quelle della stessa epoca, pensiamo che, nel nostro caso, debba essere rifiu­ tato il termine di terra sigillata chiara, usato comunemente,“ e sostituito col termine »terra sigillata tarda« o »ceramica tardo-romana« più proprio nel nostro caso. Infatti questa ceramica ravennate si presenta generalmente con vernice rosso-marrone o rosso lucente, generalmente senza macchie, più opaca all’interno dei piedi e dei fondi, che a volte assume un tono arancio carico; a volte lo stesso pezzo presenta vernice rossa all’esterno e arancio all’interno, o viceversa; la pasta dell’argilla è rosa-arancio, legger­ mente porosa, a frattura netta ma granulosa, con minute inclusioni bianche; nei pezzi in cui la vernice mostra un prevalente colore arancio, l’argilla tende ad assumere un tono beige, probabilmente per differenze di cottura; i frammenti meno antichi mostrano general­ mente un’argilla più granulosa ed un tono di vernice più spento. E ’caratteristico il fatto che, più le dimensioni del pezzo sono grandi, più la vernice è diluita e chiara, infatti ciotole e tazzine di piccole dimensioni presentano spesso un colore rosso-bruno che in alcuni casi assume lucentezza metallica simile a quella della »terra sigillata chiara lucente«.1 0 Inoltre caratteristiche di tutti i pezzi, grandi e piccoli, sono le sottilissime linee di tornio che percorrono l’esterno e l’interno delle pareti, facendo assumere alle forme una sagoma molto netta, e la decorazione ottenuta suddipingendo a pennello in bruno cerchi concentrici comprendenti linee a tremolo, che riempiono l’interno di piatti e coppe, a volte affiancati ad un caratteristica decorazione a rilievo, ottenuta a matrice, occupante orlo o fondo. Del sottofondo fanno parte anche frammenti di caratteristiche ceramiche invetriate.1 1 Le forme presentano molta varietà nei vasi di piccole dimensioni, tazze, coppette e piccole patere; molto meno variati sono i pezzi di dimensioni maggiori, essenzialmente la patera svasata, il vassoio di vari tipi, il piatto, il piatto a parete verticale, il coperchio- vassoio. Analizzeremo ora i singoli tipi, cercando, quando possibile, di determinarne l’evoluzione interna, prim a di vederne la cronologia assoluta. Come già detto, gli strati del 11° see. d. C. hanno restituito alcuni pezzi che per tipo di vernice e di argilla possono essere considerati i primi esempi di questa ceramica, anche se le forme sembrano non aver avuto continuazione.1 2 forma ! — (fig. 1) Patera a parete svasata, orlo estroflesso arrotondato, fondo piano, piede in proseguimento della parete, distinto esternamente solo da un leggero solco inciso; nessuna decorazione. L’esemplare più completo proviene dalla necropoli della Mara­ tona;1 3 altri dalla città mostrano variazioni nella sagoma dell’orlo, più o meno svasato; nessun confronto probante, specialmente per la sagoma del piede. forma 2 — (fìg. 2) Coppa di piccole dimensioni, a parete svasata, molto espansa nella parte su­ periore, piede sagomato esternamente da un leggero scalino ed internamente da un largo incavo a sezione angolare; all’interno il fondo è marginato da due cerchi con­ centrici suddipinti in bruno. Esemplare unico, non completo.1 1 forma 3 — (fig. 3) Vaso o grande coppa, cilindrico, leggermente carenato; labbro ingrossato e arrotondato, sagomato esternamente; carena profilata superiormente da una serie di incavi. La forma, abbastanza frequente,1 6 può essere considerata una derivazione della forma 37 della ceramica sud-gallica e potrebbe essere confrontata con gli esem­ plari più antichi della forma 9 deU’Hayes1 8 corrispondente alla forma 2 del Lamboglia1 7 e dagli strati di Albentimilium datata in età traianea; negli esemplari del Ravennate è sempre presente il labbro ingrossato ed arrotondato, in alcuni casi simile a quello della patera di forma l.1 8 forma 4 — (fig. 4) Piatto di grande diametro, parete totalmente ricurva, con labbro leggermente introflesso; generalmente l’attacco fra fondo e parete è sagomato esternamente da un solco inciso; piede basso e grosso, cilindrico, smussato inferiormente. La forma può essere considerata genericamente legata alla forma Lamboglia 9a, Hayes 27, datate dal 11° see, tuttavia la sagoma della parete degli esemplari ravennati rispecchia più da vicino i tipici piatti a vernice interna così comuni nella zona nel 1° see. d. C.1 9 Sono presenti inoltre alcune forme che, pur non rientrando nella tipologia normale della terra sigillata nord italica, si differenziano per argilla e vernice dalla ceramica oggetto del nostro studio, quindi non sono comprese nella numerazione; esse sono: la patera svasata totalm ente apoda2 0 e il piatto su alto piede cilindrico, probabile derivato della forma Dragendorfif 19, quest’ultimo abbastanza frequente negli strati del I F see. Ora, prim a di esaminare com piutam ente le forme presenti nel sottofondo pavimentale del già citato m onasterium classicano, vedremo a quali tipi ceramici già conosciuti esse si trovino associate. Nel sottofondo sono presenti numerosi frammenti di terra sigillata chiara A e D, l’»afri- cana rossa tarda B« dell’Hayes; si tratta di alcuni orli decorati a rotellature della forma Lam boglia 1 — Hayes 8, di una coppa emisferica Lamboglia 8 — Hayes 17, di alcuni orli a m andorla della form a Lamboglia 10 — Hayes 23 b, e di una bella patera, di forma simile alla 40 a del Lamboglia — Hayes 31, m unita di piede, nonché dei già citati grandi piatti di form a Lam boglia 9, sia nella variante a che nella b, corrispondenti alla forma 27 dell’ Hayes. Si sono rinvenuti anche scarsi frammenti di terra sigillata chiara C, l’»africana rossa tarda A« dell’Hayes; si tratta di una patera Lamboglia 40 — Hayes 50 a, e di una coppa emisferica Lam boglia 43. T utto questo materiale può essere compreso in un periodo che va dalla m età del I F see. d. C. fino alla m età del 111° see.; trattandosi di un rinterro e chiaro come com prenda materiale di diversi periodi; inoltre sono presenti anche alcune lucerne a canale aperto, purtroppo senza marchio, ma che confermano la datazione generale; pertanto anche i tipi ceramici di altra produzione m a compresi nello stesso contesto, dovran­ no essere inquadrati in questa stessa epoca od in epoca appena successiva. Essi sono; forma 5 — (fig. 5) Patera svasata, molto aperta; labbro assottigliato; basso piede cilindrico, distinto dal ventre da un incavo; all’interno presenta generalmente la caratteristica decorazione dipinta in bruno a cerchi e tremoli; sono identificabili inoltre alcune varianti, una, 5b, col labbro leggermente introflesso (fig. 6), e un’altra, 5c, col labbro ingrossato e arrotondato, profilato esternamente ed internamente da solchi incisi. Praticamente non esistono confronti nella produzione della terra sigillata tarda,2 1 se non qualche analogia con varianti della forma 17 b dell’Hayes, databile ad epoca severiana;2 2 un fondo con piede simile al prec. reca al centro dei soliti cerchi dipinti un motivo vegetale a rilievo, ottenuto con l’impiego di una matrice piuttosto stanca (fig. Il), è incerto tuttavia se questo fondo appartenga a questa forma o ad una delle successive, forma 6 — (fig. 8) Patera a ventre molto aperto, parete diritta leggermente carenata; labbro piano superiormente, leggermente ingrossato all’interno; piede basso ed assottigliato. Esiste anche una variante 6b (fig. 9) con la parete a curva continua ed il labbro, sem­ pre piano nella parte superiore, notevolmente introflesso. Anche questa forma sembra non avere confronti diretti. forma 7 — (fig. 10) Patera molto aperta, con labbro diritto, smussato obliquamente verso l’interno del vaso; piede simile a quello della forma 5 ma più obliquo. La smussatura del labbro trova qualche analogia in alcuni esemplari della forma 8 del Lamboglia2 3 ma la sagoma della patera è totalmente diversa. forma 8 — (fig. 14) Piccola patera o coppa molto aperta; labbro diritto, profilato esternamente da una serie di solchi piuttosto profondi, introflesso, piatto superiormente; forma non completabile; vernice generalmente rosso-arancio, che diventa bruna a lucentezza metallica all’interno dei solchi e sul fondo del vaso. Frammenti di coppe di questo tipo sono presenti negli strati del 1110 see., differenziandosi solo per il numero dei solchi che a volte coprono tutta la parete. forma 9 — (fig. 12) Piccola coppa cilindrica, carenata; labbro profilato esternamente da una serie di incavi; carena anch’essa marginata da una linea incisa; vernice e diffusione come la forma 8. Le analogie più precise possono trovarsi con la forma 3 della sigillata lucente2 4 e con la forma 35 della »africana rossa«;2 5 è da notare come da una necropoli classicana provenga un esemplare di vaso »corinzio« a rilievo di forma simile, databile al 111° see. d. C.;2 6 forma 10 — (fig. 15) Piccola coppa conica; labbro profilato da una serie di solchi incisi; esiste una variante IOa con labbro tagliato obliquamente verso l’ esterno, ed una 10b con labbro arrotondato (fig. 16), nessun esemplare è completo, ma il piede sembra essere simile a quello della forma 2. Il tipo è abbastanza comune, derivante dalla forma Déchelette 64 della sigillata sud-gallica, e si incontra anche nella terra sigillata lucente, forma Lamboglia 33. Vernice come la forma 8 e 9. forma 11 — (fig. 13) Piccola coppa totalmente emisferica in alcuni esemplari, in altri col labbro introflesso; pareti molto sottili e vernice finissima. Il confronto più probante è con la forma 43 della sigillata chiara C2 7 alla quale si avvicina anche come tipo di vernice. forma 12 — (fig. 17) Vassoio circolare, in diverse varianti; la più antica, da necropoli,2 8 presenta la tesa piana nella parte superiore, con orlo ingrossato e marginato da incavi; il piede, sul proseguimento della parete, è anch’ esso distinto da un incavo. La variante 12b (fig. 18), presente in necropoli e nel sottofondo, ha tesa ricurva verso l’ esterno, quasi orizzontale nella parte inferiore; si incontra inoltre una variante 12c (fig. 19—20) in cui la curvatura della tesa risulta accentuata e l’orlo si ingrossa, assumendo sago­ mature complesse, col piede sempre sul proseguimento della parete; l’ultima variante del tipo, 12d (fig. 21), non proviene dal sottofondo, ma dalla basilica classicana di S. Severo, da strato del VI° see, anche se il pezzo potrebbe essere anteriore; la curva della tesa risulta appiattita, l’orlo è arrotondato, il piede è spostato verso l’interno e non sagomato; anche l’argilla risulta più granulosa e la vernice è opaca ed assume un colore rosa-arancio. I vassoi di questo tipo presentano quasi tutti, oltre alle carat­ teristiche suddipinture, anche una decorazione a rilievo che copre la tesa per tutta la sua ampiezza: si tratta di leggeri motivi fitomorfi, con racemi dipartentisi da cespi di acanto, di teorie di maschere, generalmente femminili, alternate o a tirsi, oppure ad animali od alberelli contorti; in un frammento compare un ariete sotto motivi vegetali; nel pezzo proveniente da S. Severo è raffigurato un uomo ignudo, con clamide sulla spalla, avanzante verso destra in un paesaggio con alberi contorti e sacelli, forse parte di una caccia o una scena dionisiaca. Tratteremo di questi motivi decorativi in seguito, assieme a quelli di altri pezzi similmente decorati. forma 13 — (fig. 22) Vassoio rotondo, con parete a sezione curva e tesa piana superiormente; orlo non sagomato; piede sul proseguimento della parete. Anche questa forma riceve sulla tesa una decorazione simile a quella della forma 12; alcuni pezzi di questi tipo si presen­ tano inoltre coperti da una spessa invetriatura bruno-marrone, forma 14 — (fig. 24) Vassoio ovale con parete a sezione curva e tesa piana, munito di grandi anse sagomate, innestate sul proseguimento della tesa; piede ricavato da un cordoncino di argilla applicato in secondo tempo; esiste una variante 14b (fig. 23) sicuramente posteriore, in cui tesa ed anse sono impostate obliquamente; il fondo è sempre mar­ ginato da un incavo. Corrisponde alla lanx in argento o vetro, probabile ultima deri­ vazione, nel nostro caso, della forma Dragendorff 39. I pezzi di Ravenna più antichi sono decorati sulla tesa con motivi simili a quelli delle forme 12 e 13, con anse molto articolate, mentre quelli successivi presentano sulla tesa solo una serie di scanalature e l’ ansa è sagomata più rigidamente. Le forme che presentano decorazione a tilievo, nel materiale ravennate, sono dunque quattro, la patera svasata di forma 5, i vassoi di forma 12 e 14, il piatto-vassoio di forma 13. Riguardo alle forme, il vassoio di forma 12 potrebbe essere considerato collegato alla forma 41 della sigillata chiara C (forma 48a dell’Hayes), che si ripresenta anche nella sigillata chiara D, mentre la sagoma dei piatti e dei vassoi di forma 13 e 14 presentano chiare ana­ logie col profilo della patera di forma 51 della terra sigillata chiara D databile dal 1 1 1 al IV° sec. d. C. Tuttavia i pezzi citati come confronto non presentano decorazione a rilievo, ottenuta con m atrici. Gli esemplari di Ravenna potrebbero quindi essere considerati un unicum ,2 9 se un notevole rinvenimento non avesse messo in luce, a Sarsina, nell’Appennino forlivese, un insieme di grandi piatti, diversi ricoperti di invetriatura, che possono essere con­ siderati i diretti antenati degli scarsi frammenti ravennati.3 0 Forme, decorazione, pasta e tipo di vernice sono simili ai pezzi di Ravenna, quindi tutto l’insieme è da attribuirsi alla stessa fabbrica. Oltre alle forme presenti a Ravenna, vi sono la lanx rotonda, la patera Lamboglia 42, la tazza ansata direttam ente derivata da prototipi metallici e il grande vaso di forma 37, a ventre emisferico, comune alla sigillata sud-gallica e alla sigillata chiara B decorata.3 1 I motivi decorativi dei vasi di Sarsina sono notevolmente più variati e possono essere attri­ buiti al momento migliore della produzione, mentre quelli di Ravenna sono l’ultimo pro­ dotto del tipo, quando il gusto si era ormai orientato verso le forme liscie. Riguardo alle forme, è chiaro il collegamento con tipi simili in metallo od in vetro; per la lanx è possibile un confronto diretto con il grande vassoio in lam ina argentea con anse auricolate, proveniente dalla Casa del M enandro3 2 che presenta una decorazione a sbalzo con oche spennate e maschera di Sileno, e col vassoio ovale, sempre d’argento del Museo delle antichità di Torino3 3 che, oltre alle teste femminili delle anse, presenta sulla tesa un fregio di capre ed arieti pascenti in un paesaggio, motivo simile a quello di un pezzo di Ravenna (fig. 20); il tipo, come già detto, è presente anche in vetro, in un esem­ plare forse di produzione alessandrina, del Museo Vetrario di M urano.3 4 In ceramica la forma Dragendorff 39 della terra sigillata è datata fra la fine del 1° e l’inizio del 11° see. d. C., ma i pezzi di Ravenna sono sicuramente posteriori; la lanx di Sarsina più grande presenta sulla tesa una venatio riconducibile, come tutto l’insieme di elementi decorativi, all’am biente adrianeo, ma altri pezzi trovano una precisa rispondenza di forme in esemplari ravennati databili almeno al 111° see.3 6 Fram m enti ceramici attribuibili a questo tipo di vassoio sono già presenti in musei, come le anse trilobate con scene di venatio e di batta­ glia dell’Antiquarium comunale di Rom a3 6 che presentano sulla tesa m otivi dionisiaci simili ai nostri. Anche il piatto a vasca curva della nostra forma 13 trova confronti precisi in esemplari d’argento, a partire da quello del tesoro di Hildesheim, con la tesa decorata a foglie di vite;3 7 frammenti di ceramiche di pari form a e decorazione sono nell’A ntiquarium di Roma, come quello con la tesa decorata da due zone concentriche, l’interna a girali e l’esterna a maschere ed anim ali,3 8 altri sono stati rinvenuti in scavi sotto l’Istituto Centrale per il Restauro3 9 e nel M itreo sotto S. Prisca4 0 sempre a R om a; frammenti di vassoi rotondi e ovali provengono anche dagli scavi delle Terme del N uotatore, ad Ostia,4 1 recanti la decorazione a maschere e tirsi che sembra essere la più comune in queste ceramiche.4 2 Poiché non abbiam o avuto la possibilità di eseaminare personalmente i pezzi ceramici da noi citati come confronto, non ci è possibile dire se essi appartengano o meno alla pro­ duzione in oggetto, tuttavia la descrizione dell’argilla e della vernice, le fotografie e i disegni sembrano probanti, almeno per i pezzi di Ostia. Riguardo alla patera con medaglione centrale, che ricorre anch’esso fraquentemente a Sarsina, il prototipo più lontano potrebbe essere identificato nelle coppe ellenistiche ad emblema,4 3 ma il m otivo del medaglione ritorna in moltissimi pezzi di argenteria, isolato od al centro di una superficie decorata.4 4 Le altre forme ravennati non presentano decorazione a rilievo. forma 15 — (fig. 25) Piatto a parete curva; tesa piana superiormente, generalmente decorata da incavi; piede molto basso, ad anello. Il pezzo più antico, proveniente dalla villa di Russi4 5 ha la tesa piana anche nella parte inferiore; esiste poi una variante 15b prove­ niente dal sottofondo del sacello, con orlo notevolmente ingrossato (fig. 26) corrispon­ dente alla variante 12b del vassoio, un’altra ad orlo modanato, 15c (fig. 27) corrispon­ dente al vassoio di forma 12c; il pezzo più recente presenta la tesa notevolmente curva (fig. 28), corrisponde all’ultima variante del vassoio, con la quale ha in comune il tipo di argilla e di vernice e il labbro pendente, proviene da strati molto tardi, asso­ ciato alla forma 76 dell’Hayes, del V° see. Tutti questi esemplari recano la solita decora­ zione a linee brune suddipinte. La forma di questi piatti o larghe patere, può essere considerata uno sviluppo della forma 42 della terra sigillata chiara C, in corrispon­ denza del pari sviluppo del vassoio decorato a rilievo. Dato che, però, a Ravenna i frammenti di chiara C e D di questa forma sono estremamente scarsi, sembra che possa considerarsi più probabile una evoluzione autonoma del tipo. forma 16— (fig. 29) Larghissima patera completamente apoda; pareti incurvate, congiunte ad angolo con il fondo; il labbro può essere variamente sagomato ed introflesso (fig. 30) ; è presente inoltre la variante 16b con labbro piano munito di una serie di scanalature (fig. 31—32) forse per l’appoggio di un coperchio, nonché la variante 16c con parete notevolmente più rigida e labbro arrotondato (fig. 33) che si incontra fino agli strati del V° see. Tutti i pezzi presentano sul fondo interno le suddipinture in bruno. E’ di gran lunga il vaso più frequente negli strati del 111° e IV° see., direttamente derivato dai grandi piatti a vernice interna rossa e nera del 1° see. d. C.; corrisponde alla forma 9 dei vari tipi di sigillata chiara, ma è da notare come i pezzi di Ravenna manchino totalmente di qualsiasi accenno di piede, a volte sostituito da alcune linee incise. Come nella forma Lamboglia 9 e nei vasi a vernice interna, anche questi pezzi presentano spesso il fondo esterno non verniciato, destinato al contatto diretto con il fuoco.4 6 forma 17 — (fig. 34) Disco quasi totalmente piano, munito di un alto piede all’ estremità della circonferenza; esiste un tipo incavato superiormente, un altro con piede arrotondato (fig. 35) ed un terzo tipo con piede sagomato notevolmente alto (fig. 36) ; tutti gli esemplari sono muniti nella parte superiore di una serie di scanalature concentriche, la più larga delle quali corre generalmente sopra il piede; spesso la parte inferiore non è verniciata. L’uso cui il pezzo poteva essere destinato è incerto: avrebbe potuto servire da coperchio per le grandi patere di forma 16, alla quali si adatta perfettamente; ma nessuno degli esemplari rinvenuti è munito di pomolo, inoltre alcuni dei pezzi recano traccie di fuoco nella parte inferiore, quindi anche questi pezzi servivano per cucinare.4 7 forma 18 — (fig. 37 segg.) Ampolla biansata, globosa; collo stretto, ad imbuto; bocca o piana con labbro diritto (fig. 37) od obliqua e smussata (fig. 38); ventre sferico od ovoidale; piede variamente sagomato, troncoconico (fig. 39), concavo (fig. 40), oppure apoda con una piccola appendice conica (fig. 41) ; decorazione formata da linee incise sotto le anse. Si tratta quasi sicuramente di un contenitore per profumi, che ripete esatta­ mente le forme degli antichi balsamari vitrei4 8 che rimangono praticamente immutate fino al IV0 see. d. C.4 9 Riguardo alla datazione esatta di tutto il complesso ceramico del sottofondo del mona- sterium, oltre ai confronti con il materiale associato, qualche indicazione è data anche dalle fonti storiche; come già detto, il monasterium è affiancato alla basilica classicana di S. Severo, vescovo di Ravenna che partecipò al Concilio di Sardica nel 343—344; questo ve­ scovo, eletto secondo l’agiografia »Costantino Magno imperante«6 0 avrebbe avuto un ponti­ ficato di 64 anni ed, in ogni caso, m orto attorno alla metà del IV° see. sarebbe stato sepolto nel M onasterium Sancti Ruffilli, al quale successivamente sarebbe stata affiancata la chiesa che avrebbe portato il suo nome.5 1 Sotto la basilica di S. Severo lo scavo ha messo alla luce una casa rom ana che, con diversi rifacimenti, prosegue fino al V° see. d. C.5 a Poiché si sa che Severo abitò nella casa in un ambiente della quale poi fu sepolto, si può avanzare l’ipotesi che questa costru­ zione sia la domus episcopalis e che la prim a fase del sacello faccia parte delle costruzioni o degli adattam enti che la casa subì durante la vita di Severo; in questo caso il rinterro e logicamente tutto il materiale in esso contenuto dovrebbe essere portato, come termine post quem non alla prim a metà del IV0 sec. d. C , datazione confermata anche dal fatto che non vi sia stato rinvenuto nemmeno un frammento di sigillata chiara stampigliata, molto comune negli strati successivi. E ’ interessante notare, in questi pezzi, il fatto che sia unito all’evoluzione della forma il perdurare di schemi classici nella decorazione, elemento che si verifica anche nei pezzi di Sarsina e che li ha fatti datare al IF sec. d. C. M a ciò non deve stupire se si considera il parallelismo fra questi tipi ceramici e la pari produzione di vasellame argenteo, che mantiene fino al VII° see. ed oltre elementi decorativi del mondo ellenistico. Si noti per esempio il fregio a maschere o teste alternate ad animali, che si incontra nel 1° sec. d. C. nella tazzetta da S. D onino al museo di Bologna6 3 e che ritorna alla fine del IV° see. nei pezzi del tesoro di M ildenhall, al British M useum,6 4 oppure i classici schemi decorativi del piatto di Adone ed Afrodite, del Cabinet des Médailles6 6 datato al VI0 see., o di quello con Sileno e Menade, dell’Erm itage,6 6 oppure della patera con Ercole ed il leone nemeo, sempre al Cabinet des Médailles6 7 e datata anch’essa al VI° see. Le stesse tipologie classiche sono adattate a nuovi contenuti, come nel piatto con David e l’orso al Museo di Cipro, a Nicosia,6 8 e l’altro con David e il leone, di stessa provenienza, ma conservato al M etropolitan Museum a New Y ork,6 8 ambedue datati all’inizio del V IP see.6 0 Inoltre si può avere il caso di pezzi in cui vengono associati al nuovo schema tardo- antico anche m otivi che risalgono ad epoca precedente, come nel caso del M issorium di Teodosio a M adrid6 1 in cui la personificazione dell’Abbondanza si riallaccia alle figurazioni della tradizione neo-classica. Questa commistione di elementi di diversa origine, oppure interpretazioni dello stesso elemento con spirito diverso ricorrerano in tutta l’arte tardo-antica e avranno il loro apice nella decorazione musiva della basilica di S. Vitale a Ravenna e nel rapporto che inter­ corre fra la decorazione del presbiterio e quella dell’abside. Nel caso dei nostri pezzi ceramici, è interessante notare come in essi sopravviva fino al IV° see. quella tradizione classica che continua ad informare di sé i pezzi di argenteria, ma che già da tempo è scomparsa nella produzione ceramica; nel nostro caso, è chiaro che ha avuto gran parte l’imitazione degli argenti stessi e dei vasi in metallo, come ci si può rendere conto anche dalla invetriatura dei pezzi sia di Sarsina che di Ravenna. Per il momento non è possibile dare una datazione più precisa ai singoli tipi ceramici, risultato che si potrà ottenere dallo scavo di nuovi pozzi stratigrafici nella città: è chiaro tuttavia che questo tipo di ceramica inizia nel II0 see. con forme non ancora ben definite, per poi raggiungere il suo massimo sviluppo nel 111° ed abbandonare poi la decorazione a rilievo nel IV0 sec. d. C. ; per questo proporemmo in via di ipotesi la data al IIP sec. per i pezzi di Sarsina, data che non contrasta con i risultati di scavo e che può essere convalidata dal tipo di ornam enti fitomorfi di alcune patere invetriate o non. Riguardo il luogo di produzione, se si esclude il deposito di Sarsina, il numero di fram ­ menti rinvenuti fuori di Ravenna città è piuttosto scarso, non tale da far supporre comun­ que l’ubicazione della fabbrica in qualche altra località della Rom agna: a Ravenna era già in funzione da tempo un’officina ceramica, officina che, oltre alle normali terre sigillate ed a i vasi comuni, produceva anche invetriate, come si vede dai frammenti di vasetti a pareti sottili invetriati raccolti nei già citati pozzi stratigrafici a sud-ovest della città,6 2 quindi sembra che in via ipotetica si possa ubicare a Ravenna anche questa produzione di terra sigillata tarda, almeno fino a quando non ci siano elementi probanti in altro senso. Come già detto, gli strati del IV° see. e successivi m ostrano un diverso panoram a cera­ mico: com paiono le sigillate chiare stampigliate nella variante della forma 9 del Lamboglia corrispondente alla form a 63 dell’Hayes, nonché il piatto a larga tesa Lamboglia 42/48, corrispondente alla form a Hayes 54, e la patera Lamboglia 53/54, in tutte le varianti pro­ poste dall’Hayes per la sua forma 61; sono tutte forme che vanno dalla m età alla fine del IV° — inizio del V° see. e che com paiono negli strati placidiani e teodoriciani, associate ad altri pezzi di importazione come un esemplare di ceramica tardo romana C, di forma 3,8 3 decorato ad impressioni di palmette e fiori di loto: la palmette si confronta con il tipo 11 dell’Hayes ed il fiore di loto col tipo 12 o, su frammenti provenienti da Atene datati al IV°sec. I frammenti di terra sigillata chiara stampigliata del Ravennate presentano, come già detto, le forme canoniche della sigillata chiara D ed anche le decorazioni non si distaccano dai tipi usuali; è presente tuttavia anche un tipo di ceramica che sembra una derivazione dei frammenti più tardi della produzione ravennate, almeno come argilla e tipo di vernice; la decorazione generalmente è caratterizzata da impressioni a cordoncino che circondano motivi di centri concentrici o di quadrati, formando motivi ad onda od a spirale. In questi frammenti la vernice è rosso-arancio, più chiara sul fondo delle impressioni, e non copre la parte inferiore dei piatti; la pasta dell’argilla è granulosa, di colore arancio, a frattura smussata, e presenta inclusioni micacee. I pezzi reperiti finora sono troppo scarsi perchè si possa giungere a conclusioni in merito; questo tipo di ceramica sembra però perdurare fino al VI0 see. quando si trova associata a tutti i tipi più tardi della sigillata chiara D. 1 G. Bermond Montanari, Pozzi a sud- -ovest di Ravenna e nuove scoperte di officine ceramiche, in I problemi della ceramica romana di Ravenna, della Valle Padana e dell'Alto Adria­ tico; Atti del Convegno, pag. 6 segg. 2 Uno dei frammenti più interessanti, un craterisco di forma Dragendorff 29, proviene da un sottofondo pavimentale della villa ro­ mana di Russi; cf. M. G. M aioli, La ceramica della villa romana di Russi, in / problemi della ceramica 83, tav. 1,1. 3 J. W. H ayes, Late roman Pottery, A cata­ logue of roman fine wares, (London 1972) 316 segg. A Ravenna si incontrano sopratutto tazze di forma 3 e patere di forma 4, databili dalla metà del II0 alla metà del 111° see. d. C. 4 R. J. Charleston, Roman Pottery (London 1955) tav. 9, a, in cui è riprodotta una tazzetta da Olbia, di forma 26, databile alla metà del 1° see. d. C. e simile ai pezzi ravennati che però sono generalmente in strati del 11° see. 5 Frammenti sono stati rinvenuti nei nuovi scavi della villa romana di Russi, a Faenza, a Rimini e nel Forlivese; quasi tutto questo ma­ teriale è ancora in attesa di pubblicazione. Si coglie l’occasione per ringraziare sentitamente la dottoressa Giovanna Bermond Montanari, direttrice del Museo Nazionale di Ravenna che oltre ad aver messo a disposizione il materiale in oggetto e i possibili confronti, è stata sempre prodiga di aiuto e di consigli. 6 G. Bermond M ontanari, Recenti ritrova­ menti archeologici in Ravenna, in Felix Ravenna (1970) 11—14. 7 M. M azzotti, La cinta muraria di Ra­ venna romana e bizantina, XVII. Corso di Cul­ tura sull’Arte ravennate e bizantina (1970) 288—289, fig. 1. 8 G. Bermond M ontanari, La chiesa di S. Severo nel territorio di Classe (Bologna 1968). M. G. M aioli, Terre sigillate ravennati con impressione di gemma, Felix Ravenna (1973) 9. 9 F. Pallares, Problemi della terra sigillata chiara decorata, in I problemi della ceramica 43. 1 0 N. Lamboglia, Nuove osservazioni sulla terra sigillata chiara, II, estr: Rivista Studi Liguri 29 (1963) 163 segg. 1 1 L’argilla è beige od ocra scuro, tendente al verdognolo ; l’invetriatura va generalmente dal giallo-arancio al marrone caldo, mentre i pezzi più recenti presentano un tono di colore verde oliva. A Ravenna frammenti di invetriate sono abbastanza frequenti, ma pochissime sono le forme ricostruibili ; nel sottofondo è presente il piatto-vassoio, l’anforetta e la tazza emisferica, ma si tratta di frammenti esigui. 1 8 II materiale proviene soprattutto dalle necropoli classicane, specialmente da quella della Marabina, in cui si sono rinvenute tombe ad anfora, a cassa di mattoni e sarcofagi in marmo, oltre ai resti di due grandi mausolei rotondi in muratura. G. Bermond Montanari, Scavi e ricerche nelle necropoli classicane, Bollettino Economico Camera di Commercio, (Ravenna aprile, 1968) 3 segg. I dem, Nuovi rinvenimenti nelle necropoli classicane, Il sarco­ fago di Vibio Proto, Hommages à M. Renard III, 19 segg. 1 3 Associato ad alcuni frammenti di coppe tipo Sarius con matrice molto stanca e a fram­ menti di sud-galliche di forma Dragendorff 37. 1 4 Dai nuovi scavi della villa di Russi pro­ viene un esemplare con piede simile, parete rigida e labbro risvoltato come nella forma Dragendorff 35 (M. Bergamini, La ceramica romana della villa di Russi, Quaderni Studi Romagnoli 8, n. 59); potrebbe trattarsi di una variante. E’ da notare come la forma svasata ricorra in patere e tazze apode da Vindonissa: E. Ettlinger, C. Simonett, Römische Keramik aus dem Schutthügel von Vindonissa, III (Basel 1952) Abb. 20, 7—12; nonché in bicchieri e taz­ ze vitree: M. C. Calvi, I vetri romani del Museo di Aquileia (Aquileia 1968) tazze di gruppo F. 1 5 E’ presente anche nella terra sigillata di produzione comune, dotato a volte di labbro diritto non modanato. 1 8 H ayes, op. cit., 32; la forma è analoga alla variante A 1. 1 7 N. Lamboglia, Nuove osservazioni sulla terra sigillata chiara, I, estr.: Rivista Studi Liguri 24 (1958) 263—264. Le forme citate come con­ fronto sono proprie della terra sigillata chiara A, cioè della prima fase dell’ »africana tarda B« dell’Hayes, datate alla fine del II0 see. 1 8 Gli esemplari più tardi dtl tipo presentano il labbro sagomato come nella forma 2 e 2/37 della sigillata chiara prelucente e lucente del Lamboglia. Finora nessuno degli esemplari di Ravenna si presenta decorato. 1 8 M. G. M aioli, Ceramica villa di Russi, 90; vedi inoltre N. L amboglia, Gli scavi di Albenti- milium e la cronologia della ceramica romana (Bordighera 1950) 33, 130, 141. 2 0 M. G. M aioli, Terre sigillate ravennati con impressione di gemma, Felix Ravenna (1973) fig. 1. 2 1 Una forma molto simile presenta una patera di Vindonissa in ’imitazione di terra sigillata sud-gallica’ — Ettlinger, Simonett, op. cit. n. 419, Taf. 18. 2 2 Op. cit., 43, fig. 6; 11, a Copenhagen ’forse variante provinciale del tipo’. 2 3 II confronto è valido per alcuni tipi della B e della prelucente; Nuove oservazioni I, 306—307; forma 8 e variante 8c. 2 4 Lamboglia, Nuove osservazioni, II, 172, da Ventimiglia. 2 5 H ayes, op. cit., 56, fig. 10, al Louvre, con decorazione ottenuta a matrice. 2 6 Sull’argomento D. C. Spitzes, in Hes­ peria 11 (1942) 162—192; bibliografia succ. in H ayes, op. cit., 412 seg., dove anche tav. XXII, b. L’esemplare di Ravenna, proveniente dalla necropoli della Marabina (Ravenna, Museo Nazionale, inv. 3933) reca una complessa scena dionisiaca. 2 7 Lamboglia, Nuove osservazioni II, 155; i due esemplari pubblicati sono presentati come imitazioni fini della sigillata chiara C. 2 8 Dalla necropoli della Marabina; Ravenna, Museo Naz., inv. 3943. 2 8 Pallares, Problemi sigillata chiara deco­ rata cit;; i motivi decorativi della sigillata chiara A/C si presentano generalmente molto spaziati e a contorni assai netti; fa eccezione la serie dei vassoi quadrati di forma 49 provenienti da Roma; J. M. T oynbee, Fragments of Italian Red-Glass Ware from the Domus Aurea, Rome, Latomus 14 (1957) tav. IV; e da Ostia; M. F lo- riani Squarciapino, Note per lo studio del vasellame fittile romano. Frammenti ostiensi della c. d. ceramica tarda A, A tti Acc. Lincei, Rendiconti 6 (1951) fig. I, datati generalmente alla seconda metà del 111° see. 3 0 G . V. G en t ili, Le ceramiche invetriate romane di Sarsina, I problemi delia ceramica, 177—194. 3 1 Lamboglia, Nuove osservazioni I, 319 segg. 3 2 A. M aiuri, La casa del Menandro e il suo tesoro di argenteria (Roma 1933) 362, tav. LV. 3 3 Ori e argenti dell'Italia antica, Cat. Mostra (Torino 1961) 204, tav. LXXX, 692. 3 4 Da Zadar: G. M a r ia ch er, Vetri di Zara restaurati, in Bollettino Musei Civici Veneziani 11 (1966) fig. 9; un esemplare simile, frammen­ tario, al Museo di Adria. 3 6 Ad esempio il vassoio a vasca curva, ri­ prodotto dal Gentili alla fig. 4b, trova una precisa rispondenza nella forma dell’ansa col nostro vassoio ovale 14b, proveniente dal sotto­ fondo del sacello. 3 8 J. W. Salomonson, Spätrömische Rote Tonware mit Reliefverzierung aus nordafrika­ nischen Werkstätten. Entwicklungsgeschicht­ liche Untersuchungen zur reliefgeschmückten terra sigillata chiara C, BABesch 44 (1969) Abb. 16—17. 3 7 E. P er n ic e, F. W in t er, Der Hildesheimer Silber fund (Berlin 1901). 3 8 Salomonson, op. cit., Abb. 15. 3 8 Latomus (1957) 18 segg. 4 0 M. J. Vermaseren, C. C. van Essen, The Excavation in the Mithreum o f the Church o f S. Prisca in Rome (Leiden) fig. 400 segg., taw . 129. 4 1 A. Carandini, Le Terme del Nuotatore, Studi Miscellanei 13, Ostia I (Roma 1967—68) 30, n. 776, fig. 119 a—b (dee. a maschere e tirsi), nn. 777—784, fig. 120 a—b (vassoi ovali); il Carandini riferisce anche dell’ esistenza di pezzi simili presso il Museo di Split (718 F. 13) e riporta l’opinione del Salomonson, che non avrebbe incontrato pezzi simili in Africa settentrionale. 4 2 Sulla conservazione dei simboli bacchici : F. D rexel, BJ CXVIII (1909) 176—235; in particolare, per la decorazione su vasi dal III0 al V° sec.: Walters, BMCat, Silver Plate (1921) 20, fig. 24, n. 75 ; cf. inoltre D. E. Strong, Greek and Roman Gold and Silver Plate (London 1966) 171—172. 4 3 H. K ü t h m a n n, Beiträge zur späthellenis­ tischen und frührömischen Toreutik (1959) 49 segg. ; per le imitazioni in ceramica : F. Co- u r b y, Les vases grecs à relief (Paris) 499 segg. 4 4 Le coppe di argento dorato da un sepolcro sarmatico presso Novocerkassk, con­ servate nel Museo di Rostov sul Don (scavi S. I. Kaposcina, 1962) ellenistiche, le tazze d’argento con Attis, Cibele ed Herakliskos, oltre a quella famosissima con Atena, del tesoro di Hildesheim (Pernice, W inter, op. cit.), le tazze con busti-ritratto da Boscoreale: G. M. A. R ic h t e r, Latomus 58 (1962); la phyale d’argento con i busti di Mercurio e Rosmerta del tesoro di Berthouville: E. Ba- belon, Le trésor de Berthouville (1916) tav. 23; adrianeo-antoniniana, fino al vassoio rotondo con medaglione con Eroti pescatori, dal tesoro di Caesaraugusta, della 1° metà del IV0 see.: R. Laur-Belart, Der spätrömische Silberschatz von Kaiseraugst (1963), fino al missorium di Ce­ sena: P. E. Arias, Ann. Sc. Arch. It. (Atene 1950). 4 5 Bergamini, op. cit., nn. 50—53. 4 6 L’esemplare più antico proviene dalla villa di Russi, da una associazione con materiale della fine del III0 — inizio del IV° see. d. C.; Bergamini, op. cit., n. 55. 4 7 Nella zona del Ravennate è tradizionale l’uso di un disco simile per la cottura diretta- mente sul fuoco di una pizza di farina, impastata con strutto ed acqua, non lievitata; sarebbe interessante vedere se anche nel mondo romano fosse in uso un simile tipo di pane. 4 8 Calvi, op. cit., ariballos del gruppo A, tav. A, fig. 2. 4 0 L’ariballos, lavorato a mola, del Victoria and Albert Museum di Londra: G. M ariacher, L'arte del vetro, dall'Antichità al Rinascimento, (Milano 1966) fig. 23, attribuito a fabbrica alessandrina e datato al IV° see. d. C. 6 0 J. Bollandus, Act a Sanctorum, tomus pri­ mus februarii (Venetiis MDCCXXXV) pag. 83. 5 1 Agnello XX, Iohannes II : Sublatum est ab eo (Iohanne II archeipiscopo, 578—595) sanctum (Severi) corpus de monasterio sancii Rophili, quod ad ipsius ecclesiae latus suffultum est, virorum parte, et in media ecclesia conlo- cavit. 6 2 Bermond M ontanari, Chiesa di S. Severo, 63 segg. 6 3 Cat. Mostra Ori e Argenti dell’ Emilia antica (Bologna 1958) 64, inv. 131. 5 4 R. Bianchi Bandinelli, Roma, la fine dell’ arte antica (Milano 1970) figg. 196—197. 5 5 W. F. Volbach, Le travail de l’argent à Byzance, in L’art byzantin, art européen, IX° Exposition du Conseil de l’Europe (Athènes 1964) inv. 482. 6 6 P. A n g io lin i M a r tin elli, Linea e ritmo nelle figure umane ed animali sugli argenti dell’Ermitage di Leningrado dei sec. V—VII, X X Corso di cultura sull’ arte ravennate e bi­ zantina (1973) fig. 14. 6 7 W. F. V o lb a c h, L'arte paleocristiana (Firenze 1958) fig. 251. 5 8 Volbach, Travail de l'argent, inv. 496. 5 9 Volbach, Arte paleocristiana, fig. 250. 6 0 E’interessante notare anche come si conservino le forme tradizionali dei vasi di portata, come nel caso dell’ansa lobata per vassoio di Bondonneau, al Louvre, datata al IV° see.: Bianchi Bandinelli, op. cit. fig. 94, oppure della trulla dell’Ermitage, con Nettuno sul manico ed il labbro decorato a sbalzo, datata al VI0 see.: Volbach, Arte paleocristiana fig. 252, e della più stilizzata trulla del Museo di Mitilene, datata all’inizio del VII0 see.: Vol­ bach, Travail de l’ argent inv. 506. 6 1 A. G rabar, L'età d’ oro di Giustiniano (Milano 1966) figg. 350—351; la stessa com­ mistione di elementi e di stili si incontra anche in oggetti di altri materiali, come il secchiello di vetro con scene dionisiache del tesoro di S. Marco: G rabar, op. cit., figg. 376—377 o nei dittici d’avorio: R. D elbrück, Die Konsulardiptychen und verwandte Denkmäler, Studien zur spätantiken Kunstgeschichte VIII (Berlin 1920). 6 2 Bermond M ontanari, Pozzi a sud-ovest cit., pagg. 65—68. 6 3 H ayes, op. cit., 329 segg. POZNA TERRA SIGILLATA IZ OBMOČJA RAVENNE Povzetek Avtorica je kritično obdelala nekatere tipe pozne keramike iz področja Ravenne. Te se od izdelkov normalne pozne terre sigillate (svetla terra sigillata) ločijo po obliki, po ornamentih, po vrsti gline, in še po lošču. Takšna keramika je znana vse od 2. stol. n. š., vendar je pogostejša v plasteh iz 4. do 6. stoletja. Za posode je značilen kostanjevo rdeč Iošč, ki se na bolje ohranjenih primerkih močno blešči, pri drugih pa je bolj medel. Kolikor je lošč debelejši, kot na primer na manjših skodelah, je barva rdeče rjava in se kovinsko sveti. Glina je rožnato oranžne ali beige barve in precej dobro očiščena. Na številnih posodah so črtasti ali krožčasti okraski s pasovi valovnic na rjavo obarvani podlagi. Ta keramika se često najde skupaj z glaziranimi primerki podobnih oblik, ki izhajajo, kot je videti, iz iste delavnice. Avtorica je zatorej preučila značilne oblike teh posod iz področja Ravenne, posebno še tistih, ki so jih našli pod tlakom zgodnje krščanske kapelice v mestnem predelu Classe. To so na primer daritvene skledice v različnih izvedbah, manjše skodele polkroglastih, valjastih in prisekano stož­ častih oblik, pladnji s širokim robom, na katerem so reliefni okraski izdelani na kalup, potem pod­ stavki z okroglim dnom, podolgasti pladnji skledastega tipa, krožniki s širokim robom, in še krožniki ali daritvene sklede z ravno steno, potem so še okrogle plošče iz žgane gline za pečenje na odprtem ognju, in posodice za dišave, ter druge oblike, ki jih ni mogoče rekonstruirati. Samo na pladnjih in na daritvenih skledicah srečujemo okraske, izdelane s kalupom. To so cvetni motivi, živali, maske in tirzi, lovski in dionizični prizori, ki jim najdemo paralele v normalnem okrasnem inven­ tarju srebrnih krožnikov. Na podlagi primerjave tega materiala s skupino krožnikov in pladnjev, glaziranih in neglazi- ranih, najdenih v kraju Sarsina (Forli), ki nedvomno pripadajo starejši fazi iste delavnice, uvršča avtor, upoštevaje zgodovinske podatke in kriterije podobnosti: kose izpod tlaka kapelice v 4. stol., kose iz Sarsine pa v 3. stol. in primerja še klasični stil reliefnih okraskov z onimi na srebrnem po­ sodju iz sledečega obdobja. Kot kraj izdelave predlaga prav tako Ravenno, kajti lončarske peči, v katerih so žgali tudi glazirano keramiko, so tu delovale vse od 1. stol. n. š., in se tudi zdi, da je ta vrsta keramike čisto lokalnega značaja (morda so najdeni nekateri fragmenti še v Rimu in v Ostiji). 1—4: forme 1—4 (dalla necropoli della Marabina di Classe, Ravenna). — Oblike 1—4 (iz nekro­ pole Marabina di Classe, Ravenna) 5—7: forma 5 (dal monasterium di S. Ruffillo, Classe). — Oblika 5 (iz samostana S. R uf ilio, Classe) 8—9 : forma 6 (dal monasterium di S. Ruffillo, Classe). — Oblika 6 ( iz samostana S. R uf ilio, Classe) 10 : forma 7 (dal monasterium di S. Ruffillo, Classe). — Oblika 7 ( iz samostana S. Ruf ilio, Classe) 11 : forma 5 dee. a rilievo monasterium (di S. Ruffillo, Classe). — Oblika 5, reliefni okrasek (samo­ stan S. R uf ilio, Classe) 12 : forma 9 (dal monasterium di S. Ruffillo, Classe). — Oblika 9 (iz samostana S. Rufillo, Classe) 13 : forma 11 (dalla necropoli della Marabina, Classe). — Oblika 11 (iz nekropole Marabina, Classe) 14 : forma 8 (dal monasterium di S. Ruffillo, Classe). — Oblika 8 (iz samostana S. Rufillo, Classe) 15—16 : forma 10 (n. 15 da S. Ruffillo, n. 16 dalla Marabina). — Oblika 10 (15 iz S. Rufillo, 16 iz Marabine) 17—21 : forma 12 (n. 17 dalla Marabina, n. 18—20 da S. Ruffillo, n. 21 dalla basilica di S. Severo, Classe). — Oblika 12 (17 iz Marabine, 18—20 iz S. Rufillo, 21 iz bazilike S. Severo, Classe) 22: forma 13 (dalla Marabina) — oblika 13 (iz Marabine) 23—24 : forma 14 (n. 23 da S. Ruffillo, n. 24 dalla Marabina). — Oblika 14 (23 iz S. Rufilla, 24 iz Marabine) 25—28: forma 15 (n. 25 dalla villa romana di Russi [Ravenna], n. 26—27 da S. Ruffillo, n. 28 da S. Severo). — Oblika 15 (25 iz rimske vile Russi [Ravenna], 26—27 S. Rufillo, 28 S. Severo) 29—33 : forma 16 (da S. Ruffillo). — Oblika 16 (S. Rufillo) 34—36 : forma 17 (da S. Ruffillo). — Oblika 17 (S. Rufillo) 37—41 : forma 18 (n. 37, 39—40 da S. Ruffillo, n. 38, 41 dalla Marabina). — Oblika 18 (37, 39, 40 — S. Rufillo, 38, 41 Marabina)