received: 2010-05-19 UDC 930.2:343.143(449Marseille)"17" original scientific article DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO. LA TESTIMONIANZA A MARSIGLIA NELLA SECONDA METÀ DEL SETTECENTO: UNA FACCENDA DI DONNE? Christophe REGINA Université de Provence - TELEMME (MMSH), 5, rue du Château de l'Horloge, BP 647, 13094 Aix-en-Provence Cedex 2, Francia e-mail: christopheregina@gmail.com SINTESI Nell'antico regime marsigliese, è notevole rilevare che il nesso delle varie funzioni giudiziarie è assunto dalle donne. Dal punto di vista storiografico, si ritorna al tema della visibilité delle donne in giustizia, il cui ruolo pare esser stato tuttora sottovalutato, anzi ignorato. Quale posto accordarle nell'ambito della giustizia e della società, di cui la testimonianza costituisce un "trait d'union" rilevante? Se una riflessione sulla produzione della testimonianza e sulla sua funzione rimane essenziale, è per lo meno importante distinguere in che modo questo discorso plurale, che costituisce la testimonianza, è investito dalle donne. Al contrario di una tradizione storiografica che fa delle donne delle eterne assenti della scena giudiziaria, stigmatizzate dal loro preteso carattere minore, si propone di mostrare che esse, infatti, confiscano il dovere della testimonianza in giustizia. La "Grande Ordonnance" del 1670 non distingue, a priori, le testimonianze femminili da quelle provenienti dagli uomini, ma certi criminalisti, quali Muyart de Vouglans o Bruneau, esprimono riserve e sfiducia nei loro confrontai. È necessario sottolineare la costru-zione sociale della testimonianza che si colloca alla crocevia di una pratica, di funzioni plurali e di vari discorsi. Esiste cosí un reciproco e constante rapporto tra la norma sociale, espressione dell'autorità regia, e la sociabilité - porta ta ad una complessa normatività - che detta il quotidiano in antico regime. Tale aspetto cosí composito e sottile deve essere evidenziato in modo da restituire la dinamica del sistema che compone la testimonianza in giustizia a Marsiglia nel secolo dei Lumi. Parole chiave: donne, parola, giustizia, norma sociale, sociabilité, pratica giuridica 219 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 NORMATIVE DISCOURSE AND NORMATIVITY OF DISCOURSE. TESTIMONY IN MARSEILLE IN THE SECOND HALF OF THE 18th CENTURY: A MATTER OF WOMEN? ABSTRACT In the Old Regime in Marseille, the core of the various functions within the judicial system was held by women. From the viewpoint of historiography, this article returns to the topic of the visibility of women in the judicial system and society whose role seems to have been underestimated or even ignored. Reflection upon the production of testimony and their functions remains essential and yet, it is also important to explore the ways in which the plural discourse of testimony was affected by women. If traditional historiography saw women as eternal absentees from the judicial scene stigmatized by their supposedly minor characters, an attempt will be made to show that they did participate in trial testimony The "Grande Ordonnance " of 1670 does not make an a priori difference between testimony given by women and that given by men. However, doubts concerning this issue were expressed by some authors, for instance Muyart de Vouglans or Bruneau. The social construction of testimony at the intersection of practice, plural functions, and various discourses, should be highlighted. Therefore, there is a reciprocal and constant relation among the social norm, expression of regal authority and sociability at the level of complex normativity that dictated quotidian life in the Old Regime. This complex and particular aspect should be explored in order to allow the reconstruction of the dynamics of the system of judicial testimonies in Marseille during the period of the Enlightenment. Key words: women, word, justice, social norm, sociability, judicial practice La testimonianza, materia prima dello storico, non ha forma fissa e ideale. Che si tratti di tracce scritte, artistiche o ancora di fonti orali, la testimonianza è fonte di diversité e di complessità: è in effetti una trascrizione della realtà (Dornier, 2007). Ogni tipo di testimonianza ha la sua difficoltà. Lo storico che si serve degli archivi giudiziari si confronta con una fonte che procede da diversi tipi di testimonianze, prima orali poi quelle consegnate nei quaderni d'informazione: cosi viene indicato che essa "est un acte secret de la procédure criminelle, par laquelle le juge ou le commissaire délégué en cette partie, fait rédiger en sa présence par les greffiers ou autre, commis à cet effet, les dépositions des témoins assignés en vertu de son ordonnance, à la requête des parties publiques ou civiles; pour avoir la preuve du crime, et de son auteur" (Muyart de Vouglans, 1781). In effetti, la testimonianza in ambito giudiziario è innanzitutto un resoconto orale affidato alla penna normalizzatrice del 220 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 cancelliere (Bruneau, 1715), responsabile della chiarezza del discorso, della coerenza del propositi e dell'efficacia della prova del testimone, come lo ritroviamo espresso sin dal Medioevo con degli obblighi che orientano i tabelloni nel modo di scrivere le testimonianze (si vede ad esempio Rainier di Perugia, Ars notariae, cfr. Mausen, 2006). Questa chiarezza è imposta dai giudici, la cui responsabilité è di stabilire l'innocenza o meno dell'accusato. Nel titolo abbiamo evocato la duplice condizione della testimonianza, che è nel contempo un atto normativo, definito e codificato dall'Ordinanza crimínale del 1670, ma anche il ricettacolo di un discorso norma-tivizzato proveniente dai testi. Tutte le testimonianze non hanno lo stesso valore se ci riferiamo ai diversi giureconsulti. La "conditio ", vale a dire la qualité del testimone, si trova alla base di una scala di valori che differenzia l'importanza e l'efficacia di una deposizione. La testimonianza di un nobile o di un borghese, se è sentita e scritta nello stesso modo di quello di un artigiano, non è recepita allo stesso modo dal giudice. Il secondo criterio che caratterizza la qualité del testimone non è il sesso. Giureconsulti come François Muyart de Vouglans o Daniel Jousse stabiliscono una chiara distinzione tra il resoconto fatto da un uomo e quello di una donna. A questa differenza di valori delle testimonianze si aggiunge anche quella dei legami ambigui che il "bel sesso" ha con la giustizia. La donna, giuridicamente minorenne, dovrebbe avere un ruolo secondario nello spazio della giustizia. Se le diverse chiose dell'Or-dinanza criminale suggeriscono questa incapacité, gli archivi della giustizia criminale della "sénéchaussée" di Marsiglia sui quali lavoro, lasciano intendere il contrario. La grande Ordinanza criminale del 1670, in apparenza largamente sfavorevole alle donne, specialmente per quanto riguarda la loro capacité giuridica, introduce allo stesso tempo tutta una serie di disfunzioni interne che autorizzano le donne ad accedere alla scena giudiziaria ancora più di quanto si potrebbe pensare. La scena giudiziaria, in campo criminale, è, contro ogni attesa, uno degli spazi privilegiati di partecipazione e di autoaffermazione dell'identité femminile cosciente di se stessa, del suo posto nella societé d'eté moderna e dei pregiudizi che pesano sul suo conto (Garnot, 2007). La presente analisi intende dunque considerare l'apparente disparité tra la percezione, giudiziaria e sociale delle donne e la loro attivité di testimoni. Attraverso i vari processi studiati, tentera di valutare le testimonianze rese dalle donne chiamate in tribunale. Infine, cercherô di portare degli elementi utili a rispon-dere alla domanda seguente: esiste una specificité nella testimonianza delle donne? Le fonti su cui ho basato la mia ricerca consistono di 130 processi, riguardanti vari tipi di delitto, che hanno prodotto 665 testimonianze. 221 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 LA TESTIMONIANZA, LA GIUSTIZIA E LE DONNE NELL'ANCIEN REGIME La testimonianza in antico regime Per il filosofo Gilles Guigues, testimoniare "n'est pas s'effacer passivement devant la réalité. C'est, tout au contraire, la transformer pour la faire voir autrement: la révéler par la mise en tension entre ce qui s'y donne à voir et ce qui se refuse au regard, entre ce qui s'y dit et ce qui reste abrité " (Guigues, 2005, 12). La testimonianza ha lo scopo di ricostruire la realtà, è un lavoro di memoria, come pure di riscrittura dei fatti accaduti. In età moderna, la finzione o la ricostruzione non appartiene più al testimone quando questi viene a deporre in tribunale, ma al can-celliere che è responsabile per una buona restituzione dei fatti. Questa normaliz-zazione del discorso, che è già il prodotto di una ricostruzione della realtà effettuata dal testimone, si giustifica con la volontà di cancellare il più possibile, con domande precise, le incertezze della memoria del teste, il cui discorso è orientato dalle domande del giudice (Dix-huitième siècle, 2007). Come sottolinea Brissot di War-ville, la testimonianza è problematica: "La prova più forte che possiamo avere della verità o della falsità di un fatto è quella che viene dalla testimonianza di più uomini sinceri e imparziali, ma l'incertezza in cui siamo quasi sempre su questa sincerità e su questa imparzialità, si verifica necessariamente nella prova testimoniale" (Brissot de Warville, 1781, 152). Da questo momento il ruolo del cancelliere nel resoconto delle testimonianze diviene fondamentale. Infatti, se il cancelliere ha il compito di rendere intelligibile un discorso confuso, allo stesso tempo egli deve mantenersi fedele alla deposizione, altrimenti questa verrebbe invalidata dal giudice. La presenza del cancelliere è discreta. Si conosce sempre il nome del trascrittore e accade che le cancellature, sempre controfirmate, tradiscono la sua attività. Un lavoro importante sul ruolo svol-to dal cancelliere deve ancora essere fatto. Dunque, tra la ricostruzione del racconto e la sua resa in forma scritta, vi è il filtro normativo dei cancellieri. Questa versione ricostruita dei fatti redatta al momento dell'informatizione ha due fini: I°. Constatare il corpo del delitto, nel momento in cui non puó essere constatato dal giudice attraverso il processo verbale; II°. Conoscere l'autore del crimine (Jousse, 1771a). L'informazione è un atto segreto nella procedura criminale. Il giudice, o il com-missario delegato, fa redigere in sua presenza da cancellieri o da altri chiamati a questo compito, le deposizioni dei testimoni convocati per suo ordine su richiesta delle parti civili o pubbliche; cosi da avere la prova del crimine e del suo autore (Muyart de Vouglans, 1781). Ci si attende molto dall'informazione, che rappresenta la spina dorsale dell'is-truttoria. È grazie alle deposizioni che si scioglie il nodo dell'intrigo (Brissot de 222 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 Warville, I78I, 155). La testimonianza chiarisce, per quanto possibile, le circostanze del crimine e il ruolo di teste è avvolto in una dimensione etica (Brissot de Warville, I78I, 281-285, t. II). Si potrebbe quasi parlare di virtù cardinali per designare le qualità fondamentali del testimone onesto, preoccupato della veridicità della sua parola, che non potrebbe essere considerata tale se non rispondesse a criteri parti-colari. Come sottolinea il criminalista Daniel Jousse: "L'informazione deve essere un quadro vivace ed esatto del delitto" (Jousse, 1771b, 87). Nel ricercare l'esattezza dei fatti criminosi possiamo chiederci quale sia il posto da dare alla testimonianza delle donne. Donne e giustizia, una prossimità ambigua Tra i criteri considerati dalla giurisprudenza per definire il buon testimone, quello del sesso non è il minimo. Cosi troviamo tra le diverse chiose all'Ordinanza criminale francese del 1670, numerosi brani sul ruolo delle donne in tribunale, e specialmente per quanto riguarda il loro ruolo assunto quale teste. Le donne possono testimoniare in materia criminale, fatta eccezione per "quelle che fanno un commercio vergognoso del loro corpo". Per quanto riguarda i mandati di comparizione, l'uguaglianza tra uomo e donna è rigorosa, tanto le donne quanto gli uomini sono chiamati a testimoniare (Schnapper, I99I). Perô le loro deposizioni non hanno lo stesso peso, perché "non si puo condannare sulla deposizione di due donne se non c'è d'altronde qualche amminiculo" (Muyart de Vouglans, I78I, 284). L'idea d'irresponsabilità femminile, la mitologia galenica degli umori e della indolenza fanno si che i giuristi, nei loro trattati, sono i portavoce di questi luoghi comuni che sostengono un'im-magine vaga e dubbiosa delle donne nella loro partecipazione alla vita pubblica, perché è di questo che si tratta. La donna è una eterna minorenne, ma nella realtà la sua testimonianza è effettivamente presa in considerazione. La donna: un testimone accettabile? Le donne partecipano alla vita pubblica con il loro ruolo di testimone, in quanto contribuiscono ipso facto al desiderio dalla monarchia francese di mantenere l'ordine pubblico. Il tribunale, in quanto spazio in cui ognuno ha un ruolo da assumere, ha un ruolo deterrente imposto dall'inchiesta giudiziaria per i fatti probati dalla giustizia: un tale ruolo sia morale che sociale svolto dalle donne risulta fondamentale; esso permette alle donne testimoni di fornire al cancelliere il racconto dei fatti. Il discorso cosi tenuto ci consente di mettere in luce aspetti rilevanti: la ricerca della verità che deve ricostituire il giudice e l'immagine positiva che le donne tentano di dare di se stesse. Bruneau indica in proposito che: "In Francia la deposizione di tre donne vale come quella di due uomini [...]; una donna non puo essere rifiutata nel deporre 223 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 testimoníame, perché c è la necessità di ricevere e di prendere per testimone quelli che hanno la conoscenza del fatto che genera la contestazione" (Bruneau, 1715). Bruneau insiste sulla necessità di arrivare alla verità, ma riconosce pure implícitamente l'importanza delle testimonianze femminili. La pratica relativizza d'al-tronde questa teoria di esclusione o di sotto-rappresentatività delle donne in tribunale: infatti il 32% dei processi studiati sono esclusivamente femminili, vale a dire che nessun uomo è chiamato a testimoniare. Si tratta solitamente di affari tipicamente femminili, particolarmente quelli che trattano d'insulto, di diffamazione e di calunnia. Il valore della testimonianza è determinata non dalla quantità dei testi, ma dalla loro qualità. Nei processi in cui intervengono sia uomini che donne, quale puô essere il ruolo assunto da un sesso rispetto all'altro nella testimonianza? Il numero di processi in cui si trova dei testi donne, queste sono sempre almeno quattro. Tabella 1: Ripartizione secondo i sessi dei testimoni al criminale della "sénéchaussée" di Marsiglia (anni 1738 e 1790) in funzione del numero totale di testi (665). Tabela 1: Deleži prič po spolu pred kazenskim senešalskim sodiščem v Marseillu (leti 1738 in 1790) glede na skupno število prič (665). Tipi di crimini anali/zati Donne Uomini Numero di testimoni % Numero di testimoni % Calunnie 20 3,01 3 0,45 Insulti - colpi & ferite 156 23,45 121 18,19 Diversi 7 1,05 4 0,60 Debiti 10 1,50 5 0,75 Diffamazione 9 1,35 6 0,90 Minacce 7 1,05 1 0,15 Ingiurie - diffamazione 8 1,20 2 0,30 Colpi & ferite 25 3,76 12 1,80 Ingiurie gravi diffamazione 39 5,86 9 1,35 Ingiurie minacce 34 5,11 23 3,46 Delitti sessuali 20 3,01 4 0,60 Violenze coniugali 1 0,15 2 0,30 Molestie 16 2,40 11 1,65 Ingiurie 75 11,27 35 5,26 Totale 427 64,31 238 35,76 224 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 In merito ai risultati appena illustrati si vede che la donna è il teste ideale nel campo della giustizia criminale. Nell'ambito di questa tabella è chiaro che non è possibile cogliere tutte le forme di criminalità giudicate dalla "sénéchaussée" di Marsiglia. Tuttavia la tabella restituisce l'essenziale: l'ingiuria costituisce il crimine per eccellenza. È in effetti con essa che si produce la frattura sociale, l'emargi-nazione, pur temporanea, dalla comunità e lo squilibrio dei legami sociali. Lo stereo-tipo della donna pettegola, incline a diffondere voci e scandali sulle vittime, è veri-ficabile nelle testimonianze. Le donne rappresentano circa il 64,31% dei testi contro solo 35,76% degli uomini. Come spiegare allora questo sproporzionato divario di sessi in materia di testimonianze? Quali sono le situazioni familiari delle donne testi? La situazione delle donne testi è assai variabile, ciononostante emergono delle costanti. La tabella che segue registra le diverse situazioni analizzate: Tabella 2: Tabella dei 427 testimoni per eta e situazioni familiari. Tabela 2: Tabela s 427 pričami po starosti in družinskih razmerah. Numero assoluto di donne testimone Percentuale Numéro di donne sposate = 262 61,3 Numero di donne vedove = 57 31,5 Numero di donne celibi = 96 22,5 Numero di orfane dal padre = 24 5,6 Numero di donne che sanno scrivere = 32 7,5 Totale = 427 100 Tenuto conto delle cifre qui prodotte, si puô affermare che è la donna sposata ad essere maggiormente chiamata in tribunale a testimoniare. Questa cifra puô essere spiegata dal fatto che la ragazza nubile lavora per creare la propria dote o aiuta i genitori in bottega. L'età del matrimonio nel Settecento si colloca intorno ai 26 anni per le ragazze. È finalmente la condizione di sposa e le numerose attività legate al buon funzionamento della coppia che consentono alle donne di avere la possibilité di essere teste. I trattati giuridici indicano che si puô pagare un teste per essere sentito, nel caso questi perdesse una giornata di lavoro. Era dunque molto più vantaggioso convocare chi non costava niente, giacché, qualora le donne avessero ricevuto uno stipendio, l'eventuale rimborso sarebbe stato meno significativo di quello per un uomo. Dei testimoni che costano poco, ma la cui reputazione deve invece essere intatta. La situazione familiare puô quindi spiegare questa rappresentazione fem-minile in tribunale. Lo studio delle testimonianze rivela altresi una scarsa alfabetiz-zazione delle donne. Infatti solo 7,5% di loro sanno firmare, mentre il 60% dei teste uomini ne sono capaci. 225 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 Possiamo quindi chiederci se non esiste una peculiarità nella testimonianza femminile tale da spiegarci la loro forte presenza nelle aule di tribunale? ESISTE UNA SPECIFICITÀ DELLA TESTIMONIANZA FEMMINILE? La domanda è importante e meriterebbe degli approfondimenti che non è pos-sibile svolgere in questa sede. Approfondimenti che riguardano, tra l'altro, studi linguistici e semantici, i quali darebbero possibilità di interpretazioni più ampie. In un libro dedicato alla "sénéchaussée" di una città francese, quella di Baugé, lo storico Jean Renard, passando in rassegna i diversi tipi di testimonianze, indica che le donne sono più prodighe di particolari e sarebbero più disposte alle fantasie e alle generalizzazioni (Renard, I982, I30). I loro discorsi, che evidenziano valori, sono intuitivi, istintivi e subbiettivi, deformando a volte i fatti non per furbizia ma per leggerezza. L'analisi di Jean Renard sulle donne teste si rivela riduttiva. Occhio vivace e orecchie aperte, le testimonianze delle donne sono invece sempre più precise di quelle degli uomini che, di solito, si accontentano di andare all'essenziale, facendo economia dei particolari. Particolari che hanno la loro importanza, perché possono far capire l'origine del conflitto. Infatti, nelle denunce, i motivi più profondi delle liti tra le parti non sono mai chiaramente esposti. Le denunce lasciano più spesso sot-tintendere che le violenze di cui sono state vittime le donne sono ingiustificate e del tutto gratuite. Gli attacchi ingiustificati sono perô raramente cosi casuali come la-sciano intendere i querelanti, ed è appunto l'attenzione dei testi e l'attenzione prestato al particolare che rendono intelligibile la violenza. Ad esempio, quando Marguerite Valérien, moglie di Gautier Joseph, operaio d'indiane, viene a deporre in favore di Marie Esquier, in causa con suo zio, quest'ultima indica che: "La detta Alexis ha detto alla sua nipote facendo il segno di croce che era una mendicante e una furbetta, che l'ha fatto radere per due volte dai galeotti, e che l'aveva fatto guarire dal male venereo, e siccome Marie Esquier volle picchiarla, la minaccio di frustarle il culo"(ADBDR, 2 B 1212, 10, 1756). Nella deposizione della querelante Marie Esquier, non veniva detto nulla su questi insulti, appena menzionati senza perô essere stati sviluppati. Cosi, attraverso la testimonianza, un pezzo della storia di Marie sembra riemergere. Si ritrovano i punti importanti del discorso infamante prodotto dalla parte opposta per fare in modo che il querelato si trovi in una situazione sfavorevole. In passato, Marie sarebbe stata una "donna miserabile", "libertina e svergognata" che, grazie ai discorsi benevoli della sua zia, avrebbe ritrovato una certa dignità. Quello che ci importa qui non è tanto la forma della diffamazione, bensi il suo contenuto. La donna testimone non è un vet-tore passivo delle informazioni sentite, ma un elemento che trasmette dei contenuti. In una società dell'oralità, le ingiurie sono oggetto di scambi e di commenti. Le forme 226 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 2I9-230 della testimonianza femminile sono abbastanza costanti. A tal proposito, Jean Quéni-art indica che esse sono di solito più complesse, più loquaci di quelle degli uomini, come abbiamo appena mostrato (Quéniart, 2003). Le testimonianze femminili rive-lano una forte sensibilità ai danni commessi contro i vestiti e le ferite fisiche che ne possono seguire, completate da parole ingiuriose. Scoprire la capigliatura di una donna è un atto contro la rispettabilità e la virtù femminili. Solo le prostitute non avevano i capelli coperti. Scoprirsi o farsi scoprire significa quindi essere una "donna pubblica". Questi attacchi vengono rappresentati molto bene nelle testimonianze femminili, che mostrano l'effettiva conoscenza del simbolo. Nelle deposizioni emergono espres-sioni quali "strappare la cuffia", "il fazzoletto", "il mantello", come appare in questo estratto: "Lui le strappo la cuffia e il fazzoletto trascinandola per i capelli, le dette una gran quantità di calci e di pugni tanto sulla testa quanto sulle altre parti del corpo, graffiandola in più punti e facendole ferite e lividure [...] che lei lo avrebbe probabilmente assassinato" (ADBDR, 2 B I209, 3, I754). La testimonianza rende perfettamente conto della volontà di prestare l'attenzione alla dignità dell'aggredita, e il movimento, il gesto dell'aggressione è quasi tangibile, "si getto su di lei rompendo 'la coquette ', la cuffia e il mantello " (ADBDR, 2 B I2I2, II, I762). L'impeto indica la sicurezza del gesto e la motivazione profonda che vi è dietro: "le ha strappato la cuffia e il fazzoletto, le ha preso l'orecchino dall'orecchio facendolo sanguinare" (ADBDR, 2 B I2I6, I3, I757). Privata la donna della sua dignità in un primo momento, la si espropria successivamente dei suoi attributi femminili. Questa doppia privazione passa dunque per lo strappo della cuffia e poi dei gioielli, che hanno come scopo sia la reificazione che la diffamazione della donna (Regina, 2003, 73). Le violenze fisiche narrate dalle testimoni sono tanto più rivel-atrici in quanto è l'integrità fisica che si vuole compromettere, attraverso il pro-lungamento della dispersione degli attributi della donna virtuosa. Vi sono da parte delle donne testi dei fenomeni di 'transfert' rivelatori; ci si riconosce nella vittima, si teme lo stesso attacco furibondo. Questi particolari a cui le donne sono state spesso ritenute sensibili, potrebbero essere visti come altrettanti elementi indiziari per il giudice incaricato di dare una soluzione alla crisi iniziata con la denuncia. Ma questo potenziale è a volte mal sfruttato o lasciato da parte, e non deve stupire: non ci sono contraddizioni, bensi un adeguamento dei testi alla legge vigente, la quale se, da un lato, non rifiuta alle donne la capacità di testimoniare, dall'altro ridimensiona la prevalenza della loro parola. In conclusione, direi che le testimonianze femminili sono ricercate per necessità, ma più spesso per la qualità del loro contenuto, ricco di particolari e precisazioni. L'ana-lisi dei caratteri del "buon teste" ci ha, altresi, permesso di evidenziare certe con-traddizioni tra i rimproveri fatti alle donne dai teorici della testimonianza e il grande impegno di queste ultime sulla scena giudiziaria. Una delle caratteristiche della 227 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-23Q testimonianza delle donne in età moderna si ritrova nel loro uso abile della norma giuridica prodotta dall'Ordinanza criminale del 1670, e il discorso di cui le donne fanno l'oggetto. Compaiono, cosi, sulla scena giudiziaria la natura femminile e la norma, nell'intento di ristabilire il legame sociale infranto. L'impegno della donna è innanzitutto pratico per la giustizia, perché è la sola ad animare veramente la vita urbana. Questo impegno dello spazio pubblico fa di lei una osservatrice attenta del quotidiano. Tale qualità comporta un riconoscimento uf-ficioso della sua parola in tribunale. Anche se il 92% delle testimoni femminili non sanno scrivere, quasi tutte hanno qualcosa da dire nell'istruttoria di un processo. Dunque, il tribunale è in tal senso uno degli spazi di rivalorizzazione della donna, rivalorizzazione che è ancora, nel Settecento, ufficiosa. NORMATIVNI DISKURZ IN NORMATIVNOST DISKURZA. PRIČEVANJA V MARSEILLU V DRUGI POLOVICI 18. STOLETJA: ŽENSKA ZADEVA? Christophe REGINA Provansalska univerza - TELEMME (MMSH), 5, rue du Château de l'Horloge, BP 647, 13094 Aix-en-Provence Cedex 2, Francija e-mail: christopheregina@gmail.com POVZETEK Pričevanja imajo bogata in kompleksna ozadja ter predstavljajo izjemen vir zgodovinske vednosti, obenem pa so tudi potencialno nevaren pojav. Izjemen predvsem zato, ker pričevanja, tako pisna kot ustna, v nekem ključnem zgodovinskem trenutku določajo načine izražanja, čutenja in gledanja na lastni čas, načine njegovega razumevanja in označevanja; s tem razumevanjem pa sta kot bistvena dela povezana intimni in čutni svet, ki bolj ali manj močno zaznamujeta neko pričevanje. Nevaren pojav pa so zato, ker ta neobhodni del intime zahteva od zgodovinarja, da je - - menu sodnih pričevanj v Marseillu. Pričevanja, zaupana pisarjevi roki, so zavetišče dualističnega diskurza. Beseda, ki je bila normirana s posegom pisarja in sodnega aparata, nas vabi, da razločimo normativni od čutnega sveta, resnico pričevanja od normiranja. Sodna pričevanja torej zastavljajo vprašanja o produkciji nekega besedila s sodno vrednostjo, o njegovem ujemanju z izjavami priče in z namenom pričevanja. Tolikšna funkcionalnost, ki jo vsebujejo po svojem bistvu, je plod diskurza, katerega pomen se zdi trojen: zaseben, javen in političen. Pri pričevanju se dejansko meša več diskurzov, eden od njihovih smotrov pa je iskanje resnice. Od načina 22S Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 pričevanja do njegovega učinka je samo korak. Ta pričevanja, zaznamovana z nor-mativnostjo pisarjeve roke kot tudi z občutljivostjo, ki jo pri podajanju dejstev izražajo "igralci", mi omogočajo, da se posvetim temeljnemu posredniku, ki obstaja med družbo in sodstvom: priči. Glede starega marsejskega režima je potrebno povedati, da so povezavo med različnimi funkcijami, pa tudi med različnimi diskurzi, prevzemale predvsem ženske. Potem ko smo poudarili in prešli težave s pregledi sodnih arhivov, se vrnimo k zgodovinopisnemu vidiku, k vprašanju vidnosti žensk v sodstvu, katerih vloga se je doslej zdela podcenjena, celo spregledana. Kakšno mesto bi jim dodelili na tesno povezanih področjih sodstva in družbe, kjer so pričevanja pomemben vezni člen? Če sta razmisleka o nastajanju in funkciji pričevanja bistvena, je pomembno vsaj razločiti, na kakšen način je ta pluralni diskurz, ki konstituira pričevanje, podeljen ženskam. V resnici želim - v nasprotju z zgodovinopisno tradicijo, ki ženske predstavlja kot večno odsotne s sodnih prizorišč, kot stigmatizirane zaradi domnevne manjše pomembnosti - pokazati, da pa ženske zasegajo dolžnost pričevanja na sodiščih. "Grande Ordonnance" iz leta 1670 ne razlikuje a priori med pričevanji moških in žensk, vendar pa nekateri kriminalisti, med njimi Muyart de Vou-glans ali Bruneau, do njih izražajo zadržke in nezaupanje. Namen mojega prispevka je tudi poudariti družbeno konstrukcijo pričevanja, ki se umešča na križišče prakse, pluralnih funkcij in raznovrstnih diskurzov. Pričevanje umešča pričo v določeno zgodbo, ki se odvija prek njene izpovedi in vključuje dogodke, ki so se zgodili v preteklosti in znotraj neke družbenosti. Tako obstaja vzajemen in stalen odnos med družbeno normo, kije hči zakona (izraza vladarske avtoritete), in družbenostjo (slednja teži h kompleksni normativnosti), kije v starem režimu narekoval vsakdan. Spregovoriti moramo o tem zelo večznačnem in težko umljivem vidiku ter s tem povrniti dinamiko sistemu, ki ureja sodna pričevanja v Marseillu v času razsvetljenstva. Ključne besede: ženske, beseda, pravica, družbene norme, družabnost, sodna praksa FONTI E BIBLIOGRAFIA ADBDR - Archives Départementales des Bouches-du-Rhône (ADBDR). Brissot de Warville, J. P. (1781): Les moyens d'adoucir la rigueur des lois. Paris -Châlons-sur-Marne, impr. de Seneuze. Bruneau, A. (1715): Observations et maximes sur les matières criminelles avec des remarques tirées des auteurs, conformes aux Edits, Ordonnances, Arrêts & Règlements des Cours Souveraines. Ouvrage nécessaire à tous juges, Avocats, Procureurs, Greffiers, Huissiers & Praticiens pour bien faire & instruire un procès criminal. Paris, Guillaume Cavelier fils. 229 Christophe REGINA: DISCORSO NORMATIVO E NORMATIVITÀ DEL DISCORSO ..., 219-230 Jousse, D. (1771a): Traité de l'administration de la justice, ou l'on examine tout ce qui regarde la juridiction en général; la compétence, les fonctions, devoirs, rangs, séances & prérogatives [...] personnes employées pour l'exercice de la justice. 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