Received: 2011-10-03 UDC 347.918(450.34)(091) Original scientific article IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA Walter PANCIERA Universita degli studi di Padova, Dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell'antichita, Via del Vesco- vado, 30, 35141 Padova, Italia Email: walter.panciera@unipd.it SINTESI L 'istituto dell'arbitrato more veneto, pilastro della societa civile veneziana, costitui un modello peculiare per la risoluzione dei conflitti, precisato in sede legislativa dal Maggior consiglio di Venezia tra '4 e '500. Nel 1554, la competenza venne affidata al magistrato dei Conservatori ed esecutori delle leggi; venne anche sancito il principio fondamentale della inappellabilitä delle sentenze arbitrali. Questa procedura ormai ben definita acquisi grande prestigio e venne poi descritta dalla trattatistica giuridica del XVIIeXVIIIsecolo. Ilricorso all'arbitratopermetteva di evitare le dispendiose litiforen-si ed era uno dei cardini del sistema fiduciario, specie per il mondo mercantile: nessuna delle magistrature centrali dello stato, ne le sei corti ordinarie cittadine potevano inge-rirsi od ostacolare la prassi del compromesso privato. In questo contesto, va ricordata la procedura del concordato in materia fallimentare, che ebbe a Venezia caratteri simili a quella dell'arbitrato propriamente detto, specie per la sua importanza nell'ambito della tutela delle attivitä imprenditoriali. Parole chiave: arbitri, Venezia, fiducia, commercio, compromesso ARBITRATION AND BANKRUPTCY AGREEMENT IN THE REPUBLIC OF VENICE ABSTRACT The institution of arbitration "more veneto" (in Venetian manner) was a cornerstone of the Venetian society and a special means for the resolution of conflicts, stated from the 'Maggior Consiglio' of Venice between XVth and XVIth centuries. In 1554, the jurisdiction was entrusted to the court of 'Conservatori ed Esecutori delle leggi' and the basic principle of the irrevocable nature of the arbitration judgments was approved. This procedure, now well defined, acquired great prestige and was then described by the legal treatises of the XVIIth and XVIIIth centuries. The arbitration allowed to avoid expensive legal trials and became one of the pillars of the confidence system, especially for the merchant world. The State courts and the six ordinary town courts could not interfere Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 or hinder the practice ofprivate agreement. In this context, the procedure of bankruptcy agreement had in Venice similar features of the arbitration, especially for its importance for the protection of entrepreneurial activities. Key words: arbitrator, Venice, confidence, commerce, agreement LA LEGISLAZIONE SULL'ARBITRATO MORE VENETO L'istituto dell'arbitrato, i cui caratteri generali di fondo vanno riconosciuti nella vo-lizione privata di procedere alla nomina di un giudice per la risoluzione di una partico-lare controversia, e gia presente nell'evoluzione del diritto romano almeno dalla fine del II secolo a.C. Codificato da Giustiniano nella forma della convenzione scritta nel 529 e nel 539, era sopravvissuto nel sistema giudiziario veneziano (e non solo veneziano, naturalmente) nel corso dell'eta medievale, come attesta l'interesse prestato alla materia da alcuni commentatori del diritto romano, primo fra tutti Giovan Battista Perugino (Marrone, 1996; D'Ottavi-Mastrocola-Mele-Racco, 2007, 4-5, 8-9). A Venezia, tuttavia, l'istituto si presento in eta moderna come un modello affatto riconoscibile e originale per la risoluzione dei conflitti. Ad esempio, il Maggior Consiglio cittadino, l'organo costitu-zionale supremo della Repubblica almeno per quanto riguarda la distribuzione degli uffici di governo, poteva cosi menar vanto nel 1578: «_non era parte alcuna particolare del mondo, alla quale con molto honor della Repubblica nostra non pervenisse la fama delli compromessi fatti more veneto, et inappellabili»1. Fu proprio nel corso del Quattro e Cinquecento, in conformita con una generale tendenza di natura giuspubblicistica a livello europeo, che la legislazione veneta giunse a precisare, circoscrivere e garantire l'utilizzo del compromesso arbitrale, erigendolo cosi per alcuni secoli a pilastro della societa civile, nonche a basilare sostegno delle relazioni orizzontali tra i suoi membri, soprattutto per quanto riguarda la sfera finanziaria e commerciale2. Ci e sembrato dunque opportuno percorrere con precisione le tappe della costruzione di questo istituto giuridico, che rive-sti senza dubbio un'importanza strategica nell'ambito dei rapporti socio-economici della Serenissima. «Conciosiache le differentie fra li nostri Cittadini, che si termina per via de arbitri sia honor della terra, et utilita delli nostri, et pur l'occorre, che in le sententie fatte per li arbitri, si trova, et zudesi, et arbitri aldidori [patrocinatori], che incarcera, over intro-mette quando son fatte le ratification^»3: l'incipit del primo provvedimento legislativo 1 ASVe, CEL, reg. 1, cc. 35r-v, 22 giugno 1578 (cfr. Statuta, 1729, cc. 305r-v). 2 Per la definizione di "societa civile": Scazzieri, 1999, 369-371 e Gambetta, 1989, 285. 3 ASVe, CEL, reg. 1, cc. 1r-v, copia del decreto del Maggior Consiglio del 20 ottobre 1433 (reg. Ursa, c. 96) (copia a stampa in ASVe, Leggi, b. 142, fasc. "compromessi filza CVlll", c. 507v). Questo il testo completo (ortograficamente rivisto da chi scrive): «Conciosiache le differenze fra i nostri Cittadini, che si termina per via di arbitri, sia onore della terra e utilita dei nostri, e pur l'occorre che in le sentenze fatte per gli arbitri si Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 reperibile in materia di compromessi, adottato a Venezia nel 1433, sottolineava la loro fondamentale importanza per la regolata vita civile. Nel contempo, denunciava in modo esplicito l'esistenza di abusi riguardanti il mancato rispetto delle sentenze arbitrali. In particolare, invece di essere comodamente ratificate dai magistrati, alcune sentenze arbitrali erano seguite da provvedimenti giudiziari illegittimi, vuoi per ottenere la revisione della stessa sentenza (intromissione), vuoi addirittura di tipo restrittivo. Per prima cosa venne stabilito nel 1433, contro ogni tipo di abuso, che le sentenze arbitrarie dovessero essere rispettate e ratificate da qualsiasi magistratura repubblicana, senza alcuna possibilita di avvalersi della cosiddetta "intromissione" ovvero sospensione e proposta di appello diretta a un magistrato di rango superiore. L'intervento di natura sospensiva veniva sollecitato presso la magistratura degli Auditori vecchi e nuovi, che da questo momento in avanti non poterono piu accoglierlo, salvo nel caso, pure previsto, di formale ammissione di errore evidente da parte degli arbitri stessi. Tra il 1437 e il 1444 venne in seguito precisato che due soli arbitri potevano sentenziare anche in assenza del terzo arbitro, qualora questo fosse stato nominato, com'era usuale, e che sempre in caso di errore, commesso e riconosciuto dagli stessi arbitri, si potesse ricorrere in giudizio solo per la parte della sentenza dichiarata erronea e non per l'intero dispositivo di quest'ulti-ma4. Nel 1466, la competenza su eventuali controversie sorte in materia arbitrale venne sottratta al magistrato degli Avogadori di comun, ai quali era stata in precedenza affidata, e trasferita agli Auditori vecchi, eccettuati i casi in cui ci fosse fondato sospetto di falso o di corruzione nella procedura di formazione della sentenza 5. Nel frattempo, tra il 1433 e il 1475, una serie di disposizioni obbligo i congiun-ti (coniugi e figli) a risolvere obbligatoriamente le proprie pendenze familiari tramite compromesso arbitrale, che diventava dunque, come lo descrive la dottrina giuridica, "necessario"6. In caso di disaccordo sul nome degli arbitri, venne adottata per i familiari una complessa procedura di elezione con il coinvolgimento di un'altra magistratura, quel-la dei Giudici del proprio. Resto esplicitamente vietato il ricorso ai fori ordinari nelle liti parentali e previsto il deposito delle sentenze entro quattro o cinque mesi sempre presso trova e zudesi [giudici], e arbitri aldidori [patrocinatori] che incarcera over intromette [decretare l'appello] quando son fatte le ratificazioni, et questo sia cason [cagione] che molti non si comprometta, e anche che gli arbitri recusa, onde per provvedere secondo l'onor nostro. L'andera parte che in le sentenze arbitrarie che si fara per compromesso, i qual de cetero sara celebrati e fatti di rason [= de iure] e de fatto in quelle cose, che sara fatto i compromessi, i giudici nostri senza altro rispetto sia tegnudi di confermarle, e i nostri Aldidori non le possa intrometter, salvo se avanti la ratificazion di quelle i detti giudici arbitri, o la mazor parte di quelli dicesse esser sta ingannati, e aver tolto error; in questo caso i nostri giudici e alditori possano giudicar come giusto gli parera, nonostante la presente parte. In ogni altro caso la presente parte sia osservata, ne in contrario si possa far giudicare, salvo sempre l'officio di Avogadori di Comun in le cose che appartien al suo officio, e contra la presente parte non si possa far grazia nome [sic] per i Consiglieri, tre Capi [del Consiglio dei dieci], XXXV di XLtia, et le doi parti di Gran Consiglio.» ASVe, CEL, reg. 1, cc. 1v-2v, 1 settembre 1437 e 10 maggio 1444 (copia a stampa in ASVe, Leggi, b. 142, fasc. "compromessi filza CVIII", cc. 508r-v). ASVe, Leggi, b. 142, fasc. "compromessi filza CVIII", c. 527, copia legge del Maggior Consiglio, 2 marzo 1466 (reg. Regina, c. 63v). Sulla distinzione teorica tra arbitrato volontario e necessario v. D'Ottavi, Mastrocola, Mele, Racco, 2007, 10. 4 5 Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 i Giudici del proprio7. I compromessi tra congiunti venivano inoltre distinti tra quelli so-lamente «de rason^> [de jure] oppure «de rason et de facto»: nel secondo caso i Giudici di Petizion o qualsiasi altra corte civile dovevano obbligatoriamente confermare la sentenza e gli Auditori non potevano in alcun modo bloccarla, a meno che la maggioranza degli arbitri non dichiarasse di avere sbagliato, come per tutti gli altri arbitrati. In caso di com-promesso dichiarato solo de jure, invece, se una delle parti era ancora in tutto o in parte insoddisfatta dalla sentenza poteva ricorrere ai Giudici del Proprio e a quelli di Petizion, i quali eleggevano nuovi arbitri, sempre con uno stesso complesso meccanismo di nomina per confermare o meno la prima sentenza. Era in questo caso possibile un ulteriore ricorso a una terza "mano" di giudici-arbitri su richiesta di una delle parti o degli stessi arbitri della seconda "mano": la terza sentenza diventava questa volta inappellabile8. I CONSERVATORI ED ESECUTORI DELLE LEGGI E IL PRECISARSI DELLA LEGISLAZIONE Dopo la creazione nell'ottobre del 1553 del nuovo organo costituzionale dei Conser-vatori ed esecutori delle leggi, investito del compito di custodire e di imporre il rispetto delle originali disposizioni legislative e con compiti di controllo sull'avvocatura e sul notariato9, tutta la competenza riguardo agli arbitrati venne a esso trasferita, in virtu di una deliberazione del 14 gennaio 1554. In questa occasione, venne anche sancito in modo molto chiaro e indiscutibile il fondamentale principio della inappellabilita delle sentenze arbitrarie: proprio i Conservatori erano tenuti ad agire obbligatoriamente con-tro ogni inosservanza del principio stesso. Vennero inoltre concessi solamente otto gior-ni di tempo prima della registrazione della sentenza affinche gli arbitri si esprimessero sulla richiesta di un eventuale riconoscimento dei loro errori inoltrata dalla parte rimasta insoddisfatta10. Pochi giorni piu tardi, venne esteso fino al quarto grado di parentela (cugini) l'arbitrato obbligatorio per le cause tra congiunti e rivista anche la procedura, che rimase sempre assai complessa, per i tre gradi di giudizio arbitrale in caso di man- 7 ASVe, Leggi, b. 142, fasc. "compromessi filza CVIII", cc. 515-516, 529, 531-532, leggi del Maggior Consiglio dell'8 novembre 1433 (reg. Ursa, c. 96), 19 gennaio 1475 (reg. Regina, c. 145), 23 luglio 1475 (reg. Regina, c. 149). Nel caso non vi fosse accordo sul nome degli arbitri, le parti dovevano consegnare in modo indipendente due liste al Giudice del Proprio, una di 10 e una di altri 5 nominativi: i giudici dovevano trovare i primi due nomi coincidenti nella prima lista ("zoe quelli che prima se scontrera"), i quali dovevano poi concordare sul terzo, altrimenti quest'ultimo doveva essere reperito fra i nomi coicidenti della seconda lista; nel caso una delle due parti non presentasse le liste, allora la scelta doveva ricadere tra i nominativi indicati dalla parte avversa. 8 ASVe, Leggi, b. 142, fasc. "compromessi filza CVIII", c. 516. 9 ASVe, CEL, reg. 1, cc. 21v-22r, copia legge del Maggior Consiglio del 29 ottobre 1553. Si trattava di tre nobili membri del Senato che duravano in carica un anno, ai quali spettava tra l'altro il controllo sull'esercizio dell'avvocatura e la riscossione della relativa contribuzione fiscale: «^il cargho di queli, sia, et esser debba d'eseguir, et far osservar la legge del 1537 circa gl'Advocati, et altri ordeni, come in quella, et le legge, et ordeni prese in questo Conseglio sotto di 16 agosto, et 21 settembre prossimamente passati, et che de cetero saranno prese^». Sull'esercizio dell'avvocatura a Venezia: Gasparini, 2005. 10 ASVe, CEL, reg. 2, cc. 24r-25v, copia legge del Maggior Consiglio del 14 gennaio 1554 (copia in Leggi, b. 142, fasc. "compromessi filza CVIII", c. 537; Statuta, 1729, c. 183v). Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 cato accordo tra i familiari sui nomi degli arbitri. Nel maggio del 1555 questa procedura venne semplificata e venne anche riconosciuta la possibilita di un appello finale presso il tribunale della Quarantia. L'obbligo di compromesso per i congiunti non era valido, pero, nel caso fossero implicati minori di 18 anni, nella costituzione di dote ab intestato (cioe in mancanza di testamento) e per le cedole e i legati testamentari di terzi estranei al compromesso medesimo11. Il 22 giugno 1578, per preservare intatta la "fama" acquisita dalla procedura more veneto e, in particolare, per evitare abusi a danno dei minori nelle cause di successione, il Maggior Consiglio stabili che i giudici/arbitri dovessero depositare una scrittura giurata davanti al giudice ordinario per la ratifica delle loro sentenze, in mancanza della quale il compromesso non avrebbe avuto la fondamentale caratteristica della inappellabilita12. Infine, per maggiore comodita dei sudditi e per far fronte alla mole di lavoro che si riverso presso il magistrato dei Conservatori delle Leggi venne stabilito nel 1609 che la loro com-petenza fosse di li in avanti limitata a Venezia e al Dogado; per il resto dello Stato venne trasferita alle corti di giustizia dei locali podesta, con la sola eccezione della podestaria di Bassano, che resto affidata ai Conservatori medesimi (1612)13. Su queste ormai robuste basi legislative, la procedura dell'arbitrato privato pote prosperare, tanto da trovare il giusto spazio nella trattatistica giuridica veneziana del XVII e XVIII secolo. Filippo Nani, ad esempio, spiego che solo i Conservatori delle leggi pote-vano eventualmente sospendere la ratifica di un compromesso e forni una formula per la sottomissione delle parti al giudizio arbitrale (Nani, 1663, 39-40, 250-252)14. Secondo il Nani, gli arbitrati si potevano avviare con atto notarile, con scrittura privata e, come qualcuno sosteneva, anche con «scriver un foglio in bianco». Una traccia di quest'ultimo uso molto particolare e rinvenibile in un ricorso risalente al 1609 inoltrato ai Conservatori delle leggi da parte di tale Orsetta Oliva, erede dei beni di una sua cugina, che si riteneva 11 ASVe, Leggi, b. 142, fasc. "compromessi filza CVIII", cc. 539-540 e 545-546, copia leggi del Maggior Consiglio del 25 gennaio 1554 (reg. Rocca, c. 23) e 26 maggio 1555 (reg. Rocca, c. 36v). Ecco cosa prevedeva la legge del 1555 nel caso di mancata concordanza tra i familiari nella nomina degli arbitri: si debba dar per loro in nota in termine de tre giorni quindese di honesta conditione per loro arbitri; di qual li Giudici di Proprio possano depenare quelli, che a loro paressero di qualita di non admetter, facendosi dar in nota altri in loco loro, non si possendo dar alcuno, che si cazzasse da capello per sangue solamente con una delle parte, il che fatto secretamente siano pubblicate le polizze alle parte, et di queste cadauna di esse elezono due arbitri della polizza dell'altra parte, la sententia delli quali se saranno tutti quattro d'accordo sia ferma et inappellable, et sia notificata dalli Giudici del Proprio giurando li arbitri di haver fatto giustitia, et non haver preso error...... 12 ASVe, CEL, reg. 1, cc. 35r-v, copia legge del Maggior Consiglio del 22 giugno 1578 (Statuta, 1729, c. 305). 13 ASVe, CEL, reg. 1, cc. 44r-45r e 48r, copia legge del Maggior Consiglio, 11 gennaio 1609 (v. anche ASVe, Leggi, b. 142, c. 551) e del Senato, 27 ottobre 1612. 14 Questo il facsimile fornito a pp. 250-251: «Vertendo difficolta fra il N. & il N. per occasione di una compagnia, che hanno fatto fin l'anno... & desiderando amichevolmente deffinir le loro differenze senza andar in Palazzo, pero si sono compromessi de iure, & de facto, more veneto, & inappellabiliter, o come si vuol nel N. eletto dal N. & nel N. eletto dal N. & in caso di discordia possino, o loro, o esse parti elegger il Terzo, sopra le quali difficolta possino fare una, e piu sentenze, tanto in giorno festivo quanto non, tanto viste le parti, quanto non; il qual compromesso debba durar per mesi due: & alcuna volta si aggionge, che possa esser prorogato per una, e due volte, come li par.» Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 raggirata dal solito scaltro frate15. Inoltre, specificando che i Conservatori non potevano in nessun caso intervenire nel merito dei compromessi ma solo per la tutela delle procedure, il Nani richiamo I'esistenza di una delle normali clausole dei contratti di societa: «Molte volte ci sono delle scritture fra le parti, che non possono andar in palazzo, ma che si debbano comprometter vertendo difficolta, se da una parte citasse a fori ordinari, si suspende per li Conservatori nel modo sopradetto» (Nani, 1663, 252, 254)'6. In materia societaria, cioe, il ricorso all'elezione di «un amico per parte», di «due comuni amici», di «comuni amici confidenti» o «comuni confidenti» ci fa intuire come il rapporto di so-lidarieta, che veniva minato dalle divergenze sorte tra gli interessati, potesse recuperare una sua valenza proiettandosi sui soggetti scelti concordemente come arbitri. In altre parole, l'arbitrato non solo permetteva di evitare le dispendiose e defatiganti liti forensi, ma era potenzialmente delegato al ripristino della fiducia reciproca all'interno della piu ampia rete di rapporti tra mercanti. La consuetudine mercantile grazie al riconoscimento giuspubblicistico e alla garanzia fornita dal possibile intervento di tutela delle sentenze da parte dei Conservatori si prendeva cosi quasi una rivincita sulla stessa codificazione legislativa; a sua volta, pero, quest'ultima derivava dalla consuetudine, in un intreccio che sarebbe vano cercare di sciogliere una volta per tutte. Diametralmente opposta all'evoluzione avvenuta a Venezia era quella che si era ve-rificata, ad esempio, a Firenze, dove a partire dal XIV secolo la procedura dell'arbitrato venne assorbita nell'attivita del tribunale ordinario della Mercanzia, che agiva con una procedura piuttosto rapida, tuttavia esemplata su quella del tribunale podestarile (Colli, 2006, 275-277, 293-297; Astorri, 2009, 83-85). A Venezia, invece, nessuna delle magistrature di stato (Consoli e Sopraconsoli dei mercanti, Cinque savi alla mercanzia), ne le sei corti ordinarie di palazzo poterono in alcun modo scalfire la prassi del libero ricorso al compromesso privato. Nemmeno i Conservatori delle leggi, che pure intervennero spesso su richiesta delle parti per sanare o correggere procedure non del tutto corrette, furono mai tentati di debordare dalle loro formali competenze. Dal sondaggio effettuato scopria-mo piuttosto l'esistenza di altre consuetudini che risultano non essere mai state codificate: il rifiuto della nomina da parte degli arbitri che andava depositato con atto notarile; gli ar- 15 ASVe, CEL, b. 102, 11 settembre 1609: «Fu per la legge 1585 provisto alli disordini, et sinistri effetti, che nascevano per via di sententie arbitrarie da giudici, che senza veder dimande, et risposte si facevano lecito componer le parti, che causava ingiustissimi effetti, poiche absque alla juris cognitione nascevano sententie ingiuste contro soggetti deboli, et ignari, come a ponto e successo a me povera Orsetta Oliva, la qual per la morte de madama Camilla mia germana, dovendo haver quelle poche robe, che al tempo della sua morte si attrovava, delle quali s'era impadronito il Rev.do fra Tadeo Ubaldini dell'ordine di S. Steffano, et s'era fatto lecito romper li bolli, gia fatti ad instantia mia, et impadronirsi di esse, fui costretta fino del mese di febraro 1608 a sottoscriver certa scrittura in bianco, persuadendomi ch''haverei havuto il mio [corsivo ddel'A.]; il qual foglio essendo stato tenuto per il spatio de mesi 4 in circa, finalmente sopra di esso e sopra detta mia sottoscritione fu fatta certa tal qual sententia da doi Avocati, li quali, credendo solo a quanto detto Reverendo fraudemente [?] asseriva circa li mobili, dissero che dovessi havere quello, che detto reverendo mi havesse dato con suo giuramento, astringendomi di stare alla pura coscinentia di quello, ch'haveva sprezzati et alterati li bolli pubblici, et che s'era impadronito del mio, et piu a persuasione di detto Rev.do mi sentenziarono di L. 190, tra debiti di medicine, et mortorio, che mendacemente esso Rev.do asseriva haver pagato, credendo anche in questo alla pura sua asserzione.» 16 Sugli aspetti riguardanti il ricorso all'arbitrato nei contratti di societa rimando a: Panciera, 2001, 100-115. Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 Fig. 1: Novissima Veneta Statuta. Novissimum statutorum ac venetarum legum volumen. Venezia, Pinelli, 1729, copertina. Fig. 1: Novissima Veneta Statuta. Novissimum statutorum ac venetarum legum volumen. Venezia, Pinelli, 1729, the cover page. Sl. 1: Novissima Veneta Statuta. Novissimum statutorum ac venetarum legum volumen. Venezia, Pinelli, 1729, naslovnica. Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 bitri che non potevano sentenziare sopra questioni gia giudicate in precedenza; I'esclusio-ne da arbitro di chi fosse eventualmente debitore di una delle parti in causa; la consegna della contabilita in mano agli arbitri nelle controversie di natura societaria17. Abbastanza sistematico era poi l'intervento dei Conservatori in materia di nomina degli arbitri nelle cause tra congiunti, affiancando o forse sovrapponendosi all'azione dei giudici del Proprio in virtu di un'ambigua norma di legge, non sempre tra l'altro nel pieno rispetto della procedura fissata nel 1555'8. In ogni caso, non risulta che le loro competenze debordasse-ro da quelle molto aderenti allo spirito dell'istituto arbitrale more veneto, come annotava Filippo Argelati ancora negli anni trenta del Settecento (Argelati, 1737, 76): «Giudicano anche la materia de' compromessi, e correggono li disordini, che vi fossero, o per illegit-timita di persone, o per altri motivi, procedendosi per via di dimanda, e risposta^» ovvero su richiesta di una delle parti interessate. IL CONCORDATO FALLIMENTARE Nel contesto delle procedure di risoluzione extragiudiziale dei conflitti, merita parti-colare attenzione la specifica procedura del concordato more veneto in materia fallimentare. Le prime disposizione legislative in materia di "fida", ossia del periodo di salvacon-dotto concesso al debitore insolvente per soddisfare i propri creditori risalivano ancora una volta al tardo Medioevo. Il Maggior Consiglio delego nel 1395 il magistrato dei So-praconsoli dei mercanti a farsi consegnare beni e libri contabili dal "fuggitivo" o supposto tale, cioe del fallito, concedendogli un mese di tempo per regolarizzare la sua posizione, con eventuale proroga a discrezione del magistrato. La ratifica dell'accordo con i creditori era possibile solo se il fallimento fosse stato riconosciuto di natura non fraudolenta e se la proposta di liquidazione fosse stato approvata dalla maggioranza semplice dei creditori stessi, successivamente elevata a due terzi, infine ratificata dal tribunale della Quarantia Criminale19. Successive disposizioni precisarono l'obbligo del deposito dei libri contabili e fissarono le modalita per la "assicurazione di dote", cioe la sottrazione dalla massa dei beni posti in liquidazione di quanto portato in dote dalla moglie del fallito20. 17 ASVe, CEL, b. 391, 12 maggio 1623 (Giacomo Arparel e Mateo Nichel), 13 e 28 giugno, 4 luglio 1628 (Giacomo Murlaco, Saverino Bonamino, Francesco Rostamonti), 8 maggio 1627 (Lodovico Rodriguez); b. 102, 12 novembre e 3 dicembre 1610 (Gottardo e Giovanni Antonio Zanchi), 21 febbraio 1611 (Girolamo e Nicolo Rovelli). 18 ASVe, CEL, b. 544, fasc. "Polizze de' confidenti degli anni 1613^1704". La succitata norma del 1555 recitava, tra l'altro si debba dar per loro in nota in termine de tre giorni quindese di honesta conditione per loro arbitri; di qual li Giudici di Proprio possano depenare quelli, che a loro paressero di qualita di non admetter il che fatto secretamente siano pubblicate le polizze alle parte, et di queste cadauna di esse elezono due arbitri della polizza dell'altra parte, la sententia delli quali se saranno tutti quattro d'accordo sia ferma et inappellabile, et sia notificata dalli Giudici del Proprio giurando li arbitri di haver fatto giustitia, et non haver preso error^»; inoltre: «alli quali [Conseervatori delle leggi] sia commessa l'essecution de tutta la presente leze...». 19 Statuta, 1729, cc. 131v-132r (Consulto del Maggior Consiglio del 28 marzo 1395), 140v-141r (decreto della Quarantia criminale del 28 aprile 1441); Lattes, 1880, 7-9 e 21-22. 20 Statuta, 1729, c. 168t (Parte dei Capi della Quarantia del 14 settembre 1488, correzione Barbarigo) e cc. 319v-320 (Parte del Maggior Consiglio del 12 marzo 1611); cfr. Nani, 1663, 257-260. Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 La procedura fallimentare, a giudicare dai fascicoli settecenteschi rimasti, appariva sempre assai snella e veloce, capace di risolversi a volte addirittura nel giro di due sole settimane21. Lo strumento era dunque a quell'epoca ottimamente rodato. L'insolvente, dopo aver richiesto e ottenuto lafida, normalmente di due mesi e rinnovabile, depositava le sue scritture contabili e i suoi beni nelle mani del magistrato dei Sopraconsoli dei Mercanti22. Dopo di cio, egli poteva adoperarsi per trovare un onorevole compromesso con i ceditori, eventualmente anche per il tramite di qualcuno di essi che poteva godere di incondizionata fiducia da parte degli altri, chiamati a volte "capi dei creditori", mediatori riconosciuti con una legge del 12 marzo 1611. Scopo primario di tutta l'operazione era quello di arrivare a stipulare un accordo informale di liquidazione tramite scrittura priva-ta, che doveva essere sottoscritto da almeno i due terzi dei creditori medesimi23. L'accor-do veniva cosi presentato ai Sopraconsoli che lo accettavano, raccoglievano i costituti di giuramento di tutti creditori sottoscriventi e inoltravano il concordato all'approvazione del tribunale della Quarantia Criminale, dove doveva ottenere ancora una maggioranza dei due terzi (Manzini, 1925-26, 1111)24. A questo punto l'accordo diventava vincolante anche per gli eventuali creditori non consenzienti e l'insolvente poteva liquidare le sue pendenze e uscire senza altre ulteriori conseguenze dal suo periodo di fida. L'iter giudiziario sui fallimenti di natura non fraudolenta conferma sia l'importanza centrale degli accordi assunti per via extragiudiziale, sia la funzione di pacificazione e di risoluzione dei conflitti svolta in eta moderna da alcuni tribunali civili, questione che e gia stata sottolineata in altri contesti e con molta chiarezza (Ago-Cerruti, 1999, 309). In questo caso, pero, l'azione delle magistrature era combinata a una procedura di tipo volontario tutta interna al mondo mercantile. In particolare, il concordato fallimentare si inseriva come meccanismo atto a circoscrivere il diffondersi della sfiducia, inglobando nel sistema istituzionale quelle pratiche di accordo extragiudiziale tipiche della societa civile commerciale. Pertanto, la procedura veneziana relativa al fallimento rivestiva ca-ratteri simili nelle finalita e, almeno in parte, nel metodo con la procedura dell'arbitrato more veneto propriamente detto. La sua importanza per l'ordinato svolgimento dell'atti-vita mercantile e per la risoluzione dei contenziosi piu spinosi, legati ai casi di fallimento, e suffragata dal calcolo che sono riuscito a svolgere circa la frequenza nelle concessioni della fida: nel periodo 10 giugno 1720 - 3 luglio 1797 si tratta di un totale di ben 4.060 affidati (si tratta di persone e non di ditte, che a volte sono invece delle societa, perche la fida era personale), per una media complessiva di 53 affidati all'anno. 21 Ho scorso rapidamente tutte le buste riguardanti gli accordi settecenteschi: ASV, Consoli, Accordi, bb. 116-122. Naturalmente, la maggior parte dei procedimenti aperti in caso d'insolvenza non riguardava direttamente questioni di carattere societario, ma aveva certo attinenza col tema dei meccanismi contrattuali e fiduciari. 22 Secondo il Lattes la durata normale del salvacondotto era di quattro mesi: Lattes, 1880, 32. 23 Statuta, 1729, cc. 319v-320v, parte del Maggior Consiglio del 13 marzo 1611; cc. 140v-141r, consulto della Quarantia Criminale del 28 aprile 1441; cfr. Manzini, 1925-26, 1111. 24 Cio veniva fatto anche in conformita di una sentenza della stessa Quarantia emessa in data 30 aprile 1711. Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 Questo e il dettaglio della statistica per ilperiodo 1720-1797 di quanto e stato possibile ricavare: Numero di fide Media annua Periodo Fonte 999 66 10.6.1720 - 4.8.1735 ASVe, Sopraconsoli, b. 37, rubricario. 2621 52 9.8.1735 - 28.2.1786 ASVe, Sopraconsoli, b. 37, rubricario. 440 38 2.3.1786 - 3.7.1797 ASVe, Sopraconsoli, b. 37, "Alfabeto fide^.". Totale 4060 53 Media annua generale (365/53) (=7) Media di una fida a settimana In altri termini, nell'arco di poco meno di ottant'anni si ebbe in media il riconosci-mento di un soggetto "affidato" ogni settimana, ovvero fallito senza volonta di frode, e che pote godere della procedura di concordato per uscire senza ulteriori conseguenze da una congiuntura per lui negativa. Si trattava dunque di una cosa tanto consueta da farci sospettare che fosse uno dei punti di forza nel mantenimento di una proficua sfera fidu-ciaria all'interno del mondo mercantile d'eta moderna, almeno nell'importante piazza veneziana. E i numerosi esempi che possiamo ricavare dalla documentazione rimandano naturalmente alla sfera del rischio d'impresa e in generale all'aleatorieta delle vicende umane (ASVe, Sopraconsoli, 108): «Gl'accidenti ai quali e sottoposta la negotiatione, la mala fede de' ministri quali assistono a negotij, sono origine degl'infortunij a poveri negotianti» (proposta di accordo di Giorgio Lambudi, mercante in Levante, s.d., inizio XVIll sec.) - «Ha voluto la mala sorte di me povero Francesco Perini a causa della ca-lamita di questi tempi, che faccia punto al mio negotio. Se fosse stata in me malizia, o haverei coperto tutto cio che mi attrovo, o invaso con la forza della dote della moglie. Tale e tanta e la mia fede che mi conduco a spogliarmi di tutto quello mi attrovo per renderli al possibile soddisfatti assegnandole a cadauno effetti, crediti, e stabili, che ripartiti tra essi a soldo per lira per le estime fatte, e calcoli, che esebisco sara il pagamento a sessantatre per cento in circa....» (Francesco Perini, mercante di legname, 4 gennaio 1705) - «Si come fu puro disordine quello di me Teodoro Tambani di non haver adempito alle parti della mia dovuta puntualita, e non gia malanimo ne meno per l'idea passato di mancar a me stesso, mancando al pagamento di quello devo a loro signori, manifesta e la cagione perche visibili sono li miei capitali, parte incagliati in navigli, e parte dispersi, che altro non richiedono che tempo all'uscirne.» (Teodoro Tambani, 16 aprile 1704). Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 POSTOPKI PRlSlLNE PORAVNAVE IN ARBITRAŽE V BENESKl REPUBLIKI Walter PANCIERA Universita degli studi di Padova, Dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell'antichita, Via del Vesco- vado, 30, 35141 Padova, Italija Email: walter.panciera@unipd.it POVZETEK V Benetkah moderne dobe je arbitražna institucija predstavljala ustaljen in priznan model reševanja sporov. Pravna opredelitev zasebnega dogovora more veneto sega v obdobje med 15. in 16. stoletjem; pravna jamstva pa so ga preoblikovala v pravi steber civilne družbe. S pomočjo štirih zakonov, sprejetih med leti 1433 in 1466, je beneški Mag-gior Consiglio (Veliki svet) med drugim določil, da morajo arbitražne sodbe spoštovati vsa sodišča. Poleg tega je omejil možnost uporabe pravnih sredstev, ki so se lahko uporabljala le takrat, ko so razsodniki priznali svojo napako, in sicer le za tisti del sodbe, ki se je štel za napačnega. Nadzor skladnosti s predpisi je bil prenesen z organa Avogadori di Comun (Občinski odvetniki) na organ Auditori Vecchi (Stari avditori). Poleg tega so dodatne določbe med leti 1433 in 1475 zakonce in otroke silile, da so svoje družinske spore reševali z zasebnimi sporazumi. Dne 14. januarja 1554 so pristojnosti, vezane na arbitražo, zaupali novemu organu, ki je bil ustanovljen leto pred tem, tj. Conservatori ed Esecutori delle Leggi (Varovalci in izvajalci zakonov). Hkrati je beneški senat potrdil temeljno načelo neizpodbitnosti arbitražnih sodb; Conservatori so morali ukrepati v primeru kakršnega koli nespoštovanja tega načela. Da bi zaščitili ugled, ki si ga je ta postopek pridobil, je Maggior Consiglio leta 1578 določil, da morajo razsodniki za ratifikacijo sodb na redno sodišče vložiti s prisego potrjen dokument. Zahvaljujoč se tem zakonodajnim podlagam je arbitraža dobila natančno definicijo in je postala predmet številnih beneških pravnih razprav iz 17. in 18. stoletja. Arbitraža more veneto je omogočila, da so se ljudje izognili dragim pravnim postopkom, in postala je eden od stebrov sistema zaupanja, zlasti za avtonomno mrežo odnosov v trgovskem svetu. Za razliko od Firenc v Benetkah ni nobeno od državnih sodišč in nobeno od šestih mestnih sodišč moglo preprečiti ali ovirati prakse zasebnih dogovorov. V tem kontekstu je imel postopek prisilne poravnave (fida) v Benetkah podobne značilnosti kot arbitraža, zlasti zaradi pomena, ki ga je imel za varstvo podjetniških dejavnosti. Prvi pravni predpisi, vezani na prisilno poravnavo, segajo v pozni srednji vek. Na to, kako pomemben je bil postopek prisilne poravnave (fida), pa kaže število njegovih odobritev v 18. stoletju. Ključne besede: razsodnik, Benetke, zaupanje, trgovina, sporazum Walter PANCIERA: IL COMPROMESSO ARBITRALE E IL CONCORDATO FALLIMENTARE ..., 391-402 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASVe, CEL - Archivio di stato di Venezia (ASVe), Conservatori ed esecutori delle leggi (CEL). 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