i A ;•!, ; :■ . oi,£oy£i q 5 ir »A G. Akko 10 11 iG i5o6 i5o8 ves « ovi Kom. THEMORIE Capitanio Giorgio Mo- scovich. L’ Impera- tore Massi- miliano do- manda ai Ve- nezianiil pas- saggioperan- dare a Roma a farsi inco- ronare dai quali gli vie- ne negato. I Venezia- ni assediano Trieste, ed entrano in possesso del- l a Cit ta. Proveditore di Trieste , Francesco Cappello , DOCUMEim ce Blanca Ma¬ ria , col qua- le dichiara suo dornesti- co famigliare e comensale continuo Do- meuico Bur- lo nobile Pa- trizio Tria- stino, VI P A G. 2 9 3o 32 33 X XII r A g. VESCOVI Hum. MIMOIIE 100 ivi ivi 10S 109 1561 . 156u 1563 . . . . 1564 ' * * ' 1565 Viene eret- ta la colon- na delPAqui- la in Piazza grande. La Chiesa di S. Francesco viene ristau- i'ala. Vieneintro- dotta una nuova fiera in Trieste. Gli Statuti della cilta vengono tra- dotti dalla Hngua latina nelPitaliana. I Veneti im- pediscono il transitodelle tnerci per Trieste. Morte del VescovoGio- DOCUMEStl Privilegio di Ferdinande pri mo in fa* vore dei Pe- tazzi. Relazione del Vescovo Betta alPInr- peratore Fer- diuaudo, XIII Akno V E S C O VI JflTM- M E M O B I E DOCDME3STI Andrea Rapiccio l56 9 • • • • i5 7 3 • ^ • • i5 7 4 Giacmto II. Frangipane vanni Bet- ta. Differenze tra la citta diTrieste, e terra di Mug- gia- Si conchfu- de la rifor- ma dei Sta¬ tuti di Trie- ste. 69 Cnpitanio CristoforoSi- gismondoRo- mer. Morte infe- lice del Ve- scovo Rapic¬ cio. Versidelme- desimo Pre- lato in lode del Monte Puciuo. Lettera deli’ Imperatore Massirailiano al Co: Fran- cesco della Torre. 7 ° XIV XT Svi J'A G. ^4 1 i4a i43 144 ivi i43 I \ DOCUMENTI XVII Anno i6o5 1608 f V E S C O V I Num. M E3JORI E cialmente di Muggia a ca- l gione della peste. Trieste tnan- da in soecor- | so delP Au- stria con- tro il Tur- co 100 Sol¬ dati sotto il comando di Ge remia de j Leo Gentil- uomodiTrie- ste. L’Impera to¬ re Rodolfo spedisce suo inviato alla Porta Otto- mana per condiiudere la pace Pie- tro Bonomo Gentiluotno di Trieste. Dissensiopi tra a letine nobili farn glie in Trie¬ ste . L’ 1 m- peratore Fer- dinandosbn- teressa per pacificarle. DOCCMEJSTI XVIII DOCUMENTl XIX AnNO y e s 16 i 4 i6i5 . . 1617 XX Xxt XXII XXIII PAG. a4a a43 244 ivi 246 ivi ,247 a4g DOCUMENTI Diploma di Ferdinande 111. colquale conferma gli Slatuti e pi- vilegi diTrit- ste. XXIV Kum. m e m o hi e suiti contro i privilegj della citta introducono due botti di \ino, e con- seguenze di tal fatto. II Co; Gio- vanni Petaz- zi Cittadino di Trieste muore glo- riosameute nella batta- glia diLipsia. Emmanue- le Porto E- breo Triesti- uo da alle stampe P in- troduzione ali a geogra¬ fa ec. Fu rinovai toil pavimen- to delia Cat- tedrale di S. Giusto. II Aescovo consagra P Al tare della , Cbiesa di S. Andrea. Straordina- DOCtFMESTT DOCUMENTI Copia del Diploma del- 1’Imperatore Corrado II. per 1’ illustr. faniiglia Ma- renzi, XXVI XXYII r a g. Ann o •V E S C O V I Kum. M E M O I! I E 3e8 3 10 3i3 1662 1663 1664 .666 1667 Francesc. II! Massimilian. Vaccano Trieste del Sov rano. Morte de! VescovoMa- renzi. 77 Capitanio Giacorno llaunocb. Istituzione d ella festa deli’ m m a- eolata Con- cezione cou obbligodi di- giuno per tutti li Stati ereditarj. Capitanio Conte Carlo della Torre. Capitauio Gio: Vincen- zobaroneCo- ronini. Sant’ Anto¬ nio di Pado¬ va viene an- noverato ira li Sauti Pro- tettori della Cilta diTrie- ste. 4 11 Veseovo DOCCJMESTI XXVIII DOCUMSnM XXIX M E M O R I E Claudia Fe lice. II Vescovo consagra il nuovo Alta- re maggiore della Catle- drale. Nascita del- 1’ Imperatore Giaseppepri- mo, e festt fatte inTrie- ste in tale oc- casione. Si rinuova il pozzo dei Santi Marti- i'i. Peste si n o al Territorio di Trieste. Il Vescovo consagra la Chiesa de’Pa- dri Gesuiti. Incendio successo neJ- I a Chiesa snd- detta. Li Tu reli 5 assediano Vienna. Si fabbrica 1 J arco della DOCUMENTI I XXX TA G. An N o TESCOV J Kum. M E M O K I E DOCCMENTI 332 334 IVI 337 1688 1690 1691 loggia in piazza. Danno ca- gionato in Trieste da straordinaria pioggia. 11 Vescovo cousagra 1’ Aitare mag- giore della ChiesadelRo- sario. Trieste fe- steggia i’ in coronazione deli' Irnpera- lore Giusep¬ pe priino. Unincendio distrugge il palažzo pub- biico. Viene be- nedetta la prima pietra deila nuova fabbrica del pubblico pa- lazzo. M or te del Vescovo Go- rizuti . MEMORIE STORICHE SACRO-PROFANE i. I Re de’Romani l5oo Massimiliano I. Pontefice Alessandro VI. 65 PIETRO BONOMO Triestino . Lasciate le u-, ^ 0& mane spoglie monsig. Acazio de Sobriach si trasfe- ri alPEmpireo per ivi vestirsi deli’incorruttibil manto di gloria . Arrivata alla Oorte Cesarea tal nuova, 1’Irnperatore Massimiliano offri subito quel vescovato, colPaltro di Vienaa nel medesimo tem¬ po vacante, a PietroBonomo suo famigliare diGor- te, e nobile patrizio della citta di Trieste, i cuira- ri talenti, lettere, prerogative, e prudenza alletta- rono si fattamente PImperatore Federico III., cbe Pinnalzo alla dignita non solo di conte Palatino, ma di quella anehe di segretario, di consigliere se¬ greto, e gran cancelliere delPordine di Borgogna , ne , quali officj servi parimenti gPImperatori Mas¬ similiano, Garlo V, e Ferdinando primo . Laseiata dunque in arbitrio del nostro Pietro Pelezione di qual vescovato piii gli aggradisse, desideroso d’esi- mersi dai travagli, dalle faticne, e daiPinvidie so-, lite d^ccompagnarsi sempre nelle Gorti, rinunzia- to il vescovato di Vienna, con somma allegrezza, e consolazione della nostra patria, ritenne quellodel sno amato Trieste, il quale con rara prudenza e zelo governo per lo spazio di anni 46. Ghe seguisse tal elezione Panno i5oo assegnatogli dalPUghellio a cui devesi attribuire la spedizione della Bolla, si scorge dalla qui ingiunta lettera delPImpera- tore Massimiliano scritta al capitolo della catte- drale di Trieste . som. ni. 1 i5oo mi. Massimiliano col favore della Divina Cle- menza re de’Romani sempre Augusto. Onorabili divoti diletti. Sebbene noi avanti di ricevere le vostre lettere, per le singolari virtu e meriti coi tjuali 1’onorevole, a noi diletto figlio Pietro Bonomo nostro consigliere , e cancelliere della serenissima nostra consorte regina de’Roma- ni, si rese a noi carissimo, e gradevolissimo, essen- do vacante la nostra cattedrale della chiesa Trie- stina, col nostro pio diritto che abbiamo in quella, avevamo presentato colle nostre al santissimo no¬ stro sig. Papa, e Pave varno stabilito, ed eletto in futuro vescovo; piacque nonostante a noi P unani- me consenso vostro quali vi conformate alla no- LIII. Massimilianus Divina favente Clementia roma- norum Res semper Augustus. Honorabiles, dovoli, dUecU. Etsi nos aate acceptas lit- teras vestras, ob singulares virtutes, et grata merita, quibus honorabilis , devotus, nobis dilectus Petrus Bono- mus consiliarius noster, et serenissimae eonjugis no- strae romanorum Reginae eancellarius, se nobis claris- simum reddidit.et aeceptissimum, vacante nostra ca- tbedrali ecclesia Tergestina, cnin pio jure nostro, quod in eam habemus, ad eandem litteris nostris‘ad san- ctissimum dominum nostrum Papam praesentaveramns, et futurum antistitem statueramus, et eligeramus: pla- cuit nihilominus nobis unanimis assensus vester , qui vos voluntati nostrae conformatis, fuitque uobis ea res 3 stra volonta, e fu a noi tal cosa tanto piu gradita, che a voi piacevole questa nostra futura elezione come abbiamo conosciuto dalle vostre stesse let- tere . Perche 1’animo nostro fu serapre di essere gradevole al vostro comodo, ed onore . Dalla citta nostra di Trento li i3 ottobre i5oi. Per comando proprio del Re sig. I Di fuori ) Ai nobili, devoti, a noi diletti N. De- cano, e eapitolo della cattedrale . Spinto da cristianapieta ileapitano supremo del- lacitta, Erasmo Brasea, fece ristaurare Pan no i5oo la chiesa di s. Pietro Apostolo nella piazza grande, 1 a qual minacciava rovina . Le continue moleste seorrerie, con le quali sen- za verun respiro affliggevano i Turcbi la patria no¬ stra, ridussero a tanta miseria il paese , che impo- tanto gratlor, quod et vobis jucundam bane electio- nem nostram futuram ipsis litteris 'vestris cognoscimus. Quia animi n ostri semper fuit, commodo et honori vestro gralificari. Ex civitate nostra Tridentina die xm. oetobri« M.D.I. Ad mandatmn domini Regis proprium. (A tergo) Honorabilibus, devotis , nobis dilectis N. decano et capitulo cathedrali* 4 tenti i vicarj di Semez, e diDraguz, ed altrePievi ii)OI della diocesi di Trieste , di pagare al capitolo della cattedrale le loro solite pensioni, degni di eompas- sione furono tolerati e compatiti del pagamento di queste, come ci additano le memorie mss. diquesti tempi. Pelpassaggio daquesta ali’altra vita 1’anno i5ox del conte Leonardo di Gorizia senza prole, e suc- cessione , per la stretta propinquita di sangue con Paugustissima časa d’Austria, quel contado con tutti i suoi Stati si trasferirono alPImperatoreMas- similiano, dal cuicesareo valorerintuzzato nonsolo Porgoglio deTrancesi, e raffrenata 1’audaciaOlan- dese, ma anche preša Alba reale, fu pošto glorioso fine alPespedizione delPUngheria, e con essa stabili- ti, e confermati furono i patti della successione di quel regno nelPaugustissima sua Časa, e successo- ri, oltre tante altre magnanime imprese, e vitto- riosi fatti d’arme, coi quali dimostravasi tuttavia a simili, e maggiori imprese intento, quando non fossero cessate le guerre di quei che lo rendevano formidabile ali’ universo. Quest , anno parimente, le singolari prerogative, virtu, e talenti di Domenico Burlo nobile patrizio Triestino lo resero degno della grazia delPImpera- trice Bianca Maria moglie delPImperatore Massi- miliano , che lo dicbiaro suo domestico famigliare , e oominensale eontinuo, come scorgesi nelPingiun- to diploma, 5 LIV. Bianca Maria col favore della Divina cle- menza regina cVRomani sempre augusta, e regina 1 d’Ungheria, Dalmazia, Groazia ec. arciduchessa d’ Austria ^ ducliessa diBorgogna^ delBrabante, Ghel- dria ec. contessa dellaFiandra, Tirolo, Gorizia ec. Al fedele nostro diletto Domenico Burlo cittadi- no Triestino nostro famigliare, la nostra grazia re¬ gale , ed ogni bene delia regale clemenza. Sebbe- ne verso tutti si mostri comune, e eompiaoen- te, quelli pero ferventemente favorisce, clie so- no raccomandati dalli meriti della propria virtd - 9 quindi e clie noi considerati, e diligentemente osser- vati la maturi ta dei costumi, la regolarita dellavita, e lodevole eonversazione, collequali cose non solo per testimonianza altrui, ma colla nostra propria LIV. Blanca Maria divina favente clementia Roma- norum regina semper augusta., ac Hungariae, Dalma- tiae, Croatiae ec. Regina archiducissa Austriae, ducis- sa Burgundiae, Brabantiae, Gheldriae ec. Comitissa Flandriae, Tyrolis, Goritiae etc. Fideli nobis dilecto Domiuico Burlo civi Tergestino familiari nostro gratiam nostram regi nalom, et omne bonum reginalis clementiae. Licet communera se cunctis exhibeat, illos tamen ferventiori affectu complectitur, quos propria virtutum commendant merita , liinc est quod nos consideratis , et diiigenter inspectis maturi- tate morum, legalitate vitae, conversationeque lauda- bili, qnibus te non modo alieno teslimonio, sed no- 6 scienza ti consideriamo ornato , e considerata la 1 sineera fedelta , _ed osservanza che hai verso noi , e la časa d’Austria, non che i lunghi e continui servizj, quali tu , e li tuoi progenitori avete pre- stato alla predetta časa d’Austria per molti anni con somina fedelta e continuarnente per 1’avveni- re sarete per prestare; per liquali volendoticoima- re coi nostri favori, e regali grazie , volendo in- nalzarti in nostro faraigliare e continuo dornestico, abbiamodeterminatodiričevertiin nostro commen- sale, e ti riceviamo col tenore delle presenti gra- ziosamente, e da questo momento ti ammettiamo nel numero degli altri famigliari, domestici, e con¬ tinui commensali, decretando col tenore delle pre¬ senti, cbe dopo cib godi di tutti, e singoli diritti, etra propria notitia ornatum perpendimus, perpensa- que sineera fide, et observantia, quam erga nos, ae doraum Austriae geris; nec non longis diuturnisque servitiis, quaetu, et progenitores tui praedictae domui Austriae, sirnima fide muhis annis praestitistis in dies- que praestituri estis, pro quibus nostris favoribus, et reginalibus gratiis, te prossqui, et extollere volentes , in familiaretn nostrum domestieum, continuumque co- mensalem te duximus assumendum, tenoreque prae- sentium assutnimus gratiose, et ex nune reliquorum fa- miliariorum nostrorum domesticorum, et continuorum comensalium numero aggregamus deeernentes prae- sentium tenore, ut post hac universis, et singulis ju- 7 privilegj, prerogative, liberta, immunita, esenzio- ni, e sicurezze , nonche di quali si siano regali 1 grazie solite a godersi in. qualsivoglia modo di di- ritto, o per consuetudine da per tutto, nel portare armi qualunque, ed altre cose necessarie per la si- curezza della vita godi e possiedi; Per il che tutti, e singoli prencipi tanto ecelesiastici quanto secola- ri, arcivescovi, vescovi, duchi, marchesi, conti, baroni, militari, nobili, clienti, capitani, prefetti, castellani, maestri di cittadini „ giudici, consoli di citta , di paesi, e di qualsivoglia luoghi, rettori , e loro luogotenenti, e gli altri tutti di qualunque stato, condizione, preminenza esistano, non cha ribus, privilegiis, praerogativis, libertatibus, immuni- tatibus, exemptionibus. et securitatibus, nec non qui- buscumque regalibus gratiis caeteri familiares, et con- tinui comensales nostri domestici uti, et frui soliti suni, quomodolibet de jure, vel consuetudine ubique locorum in portandis armis et aliis quibusvis pro cor- poris tuiiione necessariis gaudeas , et potiaris. Quo cir- ca universis et singulis principibus tam ecclesiasticis quam saecularibus , archiepiscopis, episcopis, ducibus, marchionibus, comitibus, baronibus, militibus, nobili- bus, clientibus, capitaneis, praefectis, castellanis, ma- gislris civium, judicibus, consulibus civitatum, oppido- rum, et locorum quorurncumque Rectoribus, et eo- rum locumtenentibus, caeterisque omnibus cujusvis sta¬ tus conditionis praeminentiae existant, nec non datia- 8 dazieri, gabellieri, bollettieri, custodi de" passi, ed ’° OI altri qualsivoglia offiziali nostri , e sudditi deli’ Impero, e fedeli diletti commettiamo, e eomandia- mojche te sopraddetto Domenieo, qualunque volta aecaderatti d’andare alliluoghi loro, o alla loro cu- ra commessi, debbano riceverti degnamente, o trattarti decentemente con conveniente onore, e ti permettano di usare, e goderedelle predette grazie, favori, e preminenze, e proeurino, che sieno dagli altri permesse. Non che qualunque luogo, passi ponti, porti senz’alcun pagamento didazio, passo, gabella, pedaggio, bolletta, pontinagio ec., andare, passare, stare , dimorare, e ritornare con tutta la comitiva, con cavalli,, servitori, bagagli, valigie, e finalmente permettano di andare sicuramente , e riis, telonariis, bulletariis, passuum custodibus , et of- ficialibus qulbuscumque, caeterisque nostris, et impe- rii sacri subditis, et fidelibus dilectis, committimus et mandamus ut te supradictum Dominicum quotiescum- que te ad eorum loca seu ipsornm curae commissa de- clinare eontigerit, digne reeipere, et convenienti ho- nore aecenter tractare debeant, et praedictis gradiš, favoribus, et preeminentiis nostris uti et frui permit- tant, atque ab aliis permitti curent. Nec non quaecum- que loca, passus, pontes, portus absque aliqua solu- tionedatii, passngii, gabellae, bulletae, pondnegii etc. trausire, stare, morari, ae redire cum omni comitiva, equis, famulis , sarciuis, valisiis, et denique rebus 9 liberamente con tutte le tue cose; e da altri faccia- no permettere, e qualunque volta da te sarannori- 1 chiesti di salvaguardia, e salvocondotto, o passa- porto ti provedano, a nostro rignardo ben grato . Li sudditi nostri poi , se faranno il contrario, non fuggiranno la pena delP indignazione . Per testi- monio di qneste lettere munite col nostro appeso sigillo. Dato dalla nostra citta diLinz li ia di mar¬ žo 1’anno del Signore i5oi., del nostro regno de’ Romani } e d’ Ungheria settimo. Bianea Maria m. p. Per proprio comando della Sig. Reg. Pietro Bonomo cancelliere. suis omnibus, libere ire, ac secure permittant, et ab aliis permitti faciant, et quotiescumque per te requi- siti fuerint de salvo , et securo conductu , tibi provi- deant ad complacentiam nostram bene gratam. Subdi- ti vero nostri si secus fecorint indignationis poenam non sunt evasuri. Harum testimoniis litterarum sjgil- li nostri apprensione munitarum. Dat. in oppido nostro Lintz i2 martii anno Domini MDI. regnorum nostro- rum Piomani, ac Hungariae septimo. Blanca Maria m. p. Ad mandatum dominae Reginae proprium Petrus Bonomo'Cancell. 10 Al supremo governo politico della citta di Trie- ste fu assegnato per capitanio cesareo Giorgio Mo- j ( - o gseovich nelFanno i 5 o 6 , sotto il cui governo pure nacquero delle rotture, che aprirono 1’ anno seguen- - te 1507 il varco ad una guerra formale . Volendosi trasferire aRoma rimperatoreMassimiliano apren- dere con la corona 1’insegae deirimperial dignita, spedi con preraurose istanze tre ambasciatori a Ve- nezia, per ottenere dalla Repubblicail permessodel passo pel suo dotninio . Naccpiero molte dispute in quel Senato collegato colla Francia, furono licen- ziatii detti ambasciatori, senzacompiacerlidel pas- saggio, apprezzandolaRepubblicapiu Famicizia de’ Galli, cbe F istanze delFImperatore Massimiliano, come attesta Gio: Battista Vero. Esacerbo altamen- te tal negativa Tanimo di Cesare, che spinto dal desio di vendicare tale inaspettato ineontro, fece marciare buon nnmero d'Alemanni verso il Vero- nese,i quali iacontrato Stefano Moneta con un dra- pello di 5 oo Veneti, dopo breve spazio di pugnari- rnasero vincitori con la prigionia dello stesso . Indi impadronitisi d’un castello, e fattaladivisione del¬ le spoglie, la meta fece ritorno in Alernagna, re- stando gli altri alla custodia di esso. L’Alviano generale della Repnbblica presentito essere rimasti pochi nel castello, ed anche poco provisti,s’accinse alFimpresa, e dopo qualche di- fesa, con la morte quasi di tutti riprese il castello. Varj successi se°uirono anco quest , anno dali'una , e 1 ’altra parte, benche di poco rilievo . Girolamo Cornaro proveditore delFarme nel Friuli, assistito II dalPAlviano, s’incammin6 nel principio del 1 5o8 ver- so Cormons, e bersagliate le raura dopo crudelissi- 130 ' 8 mo assalto resto prešo e saccheggiato coa altri tre castelli circonvicini. Invase con celerita Gorizia , ed assalitala due volte in un giorno, e intimorito per cio il presidio, s’ arrese senz’aspettare il terzo, ed indi a poco anco la Rocca guardata da aoo Fan¬ ti, la quale dopo sostenuto alquanto 1’ assedio, e gli assalti, restata senza munizioni, per difendersi, dove cedere a’patti di buona guerra alla potenza del nernico; come fecero Segrado, Vipaco , ed altri luoghi, i quali temendo maggior rovina gli manda- rono le chiavi . Inoltrato poi a Duino castello vici- no al mare, questo pure si rese alle sue forze. Terrninate con felice successo queste imprese, presentito che GirolamoContariniProveditore deli’ Istria , alla farna de’suoi progetti, bombardasse fu- riosamente con quattro Galere bastarde ed altri legni la nostra citta di Trieste, si spinse egli an- cora d’ordine del Senato col suo esercito a questa volta, ed il primo di Maggio s’accampo mezzo mi- glio lontano dalla citta . Stabiliti di concerto gli ordini opportuni, la cinsero senz’ostacolo per ma¬ re, e per terra di stretto assedio. Giudicando il ca- pitanio di essa piu espediente il difendersi sinche arrivasse soccorso , con divieto della vita proibi a ciascuno 1’uscita, per evitare la morte ai cittadini, e Soldati, di gran lunga inferiori di numero alPini- mico. Ne il timore di perdere la vita, ne il coman- do del capitanio furono bastantidi trattenerequat- tro compagni dalloiscalarelemuradi notteedassa- lire soprail sito detto della fornace, alcuni affaccen- I ^°^dati in deporre d’ordiae delPAlviano una gagliar- dabatteria dieannoni, edopo ararnazzatiparte d’es- si colcomandante, carichi d’arme, vanghe ezappe ritoraarono vittoriosi alia citta. Usci un altro n6n inen valoroso di essi, il quale incontrati dieci Sol¬ dati, con eroico ardire li fece rinculare, ma scoper- to dal campo vicino alle saline, con un falconetto resto privo di vita. Ne minor ardire si seopri in al- tri quaranta, i qaali di notte presero il cammino verso il castello di Draga presidiato dai Veneti, e saccheggiato che Pebbero , con ricea preda d’ ani- mali fecero ritorno alla citta . Per rinforzo maggiore del Contarini gli spedi il Senato quattro altre galere bastarde con dne navi coperte , ed altre barche delPlstria , le quali dali’ essere di mezzana grandezza atte erano corae le gale¬ re grosse aportare solamenteicannonidi smisurata grandezza , addimandati basilisehi, che al riferire di Pietro Berribo , erano lunghi ventidue piedi tut- ti di rame , la eui coda si avvicinava alPalbero , e la bocca alla prora della galera , e quantunque ap- parissero d’nn sol pezzo, rivolgevansi piu volte a vite nel di dentro senza dar adito ali’ aria di pene- trarvi, i quali colpivano a8oo passi lontano. Rovi- nava il Contarini dallaparte di mare con tempesto- si colpi di cannonate letnura, edificj , e buonapar- te di čase della citta, ne minor crudelta usava P Alviano per quella di terra , che invano s’afFatica- vano gli assaliti a riparare cio che veniva da essi atterrato e distrutto. i3 Scorgendo il generale ridotta a mal termine la citta, spedi alcuni de’suoi in una barehetta con l5 ° 8 bandiera bianca a cliiedere la resa, i quali a furia d’archibugiate si tennero lontani, e senz’altra ri- sposta ritornarono addietro. Tre giorni continuaro- no a battere la citta da diversi siti per mare, e per terra collo sparo di mille e piu cannonate, che ol- tre le rovine gia accennate molti cittadini, e Sol¬ dati restarono da quelle stroppiati e morti, e fra essi il nobile Antonio Burlo del qu. Domenico, ed al tri cittadini. Ridotti giaerano gli altri alPestremo, ed insufficienti a piii difendere le mura , e le torri della citta gia conquassate non meno dalle canno¬ nate che dal continuo tremar del terreno, origina- to dallo strepitoso loro rimbombo, le quali minac- ciando rovina, non lasciavano sicurezza in verun luogo . La breccia in molti luoghi aperta , quasi per tante boccheinvitava ilnemico alTentrata, ma era- gli impedita solo dal costante ardire dei difensori, i quali scorgendosi privi d’ogni speranza di soccor- so, deliberarono finalmente, colFassenso del capi- tanio,di rendere la citta a patti di buona guerra, e per istabilire la resa, spedirono ur cittadino al eampo a chiedere salvo condotto . Intesa tale ofFer- ta i Veneti corsero a gran furia alle fraeassate mu- raglie gridando a sacco, a sacco, de’quali rimase- ro uccisi dalTimpareggiabil costanza degli assedia- ti quanti ebbero 1’ardire di tentare la šalita . L’in- nalzare bandiera bianca sopra uidalta Torre, non "valse per ammollire quegli animi inviperiti, accio *4 dimettessero Postilita, aiizi seguitarono a bersa- I ^°^gliarla peggio di prima, col dire non essere quello segno di rendersi, madi domandaresoecorso. Con- dotto finalmente Pinviato alla presenza del Gene¬ rale Giorgio Cornaro ottenne da esso il salvo con- dotto, e ritornato alla citta, furono spediti cittadi- ni al campo per istabilire i patti della resa. Al pri- mo ingresso de’quali disse loro il Generale — ora che yi scorgete perduti domandate la pace? Se quandot mandai a ricercare la resa, fossero stati ammessi da voi i miei inviati, con vostro maggior vantag- gio si sarebbero accordati i trattati; che 1’ averegia promesso il saoeo ai soldati, chiude la porta ad ogni rimedio; ma perche sperimentiate anco in questi ultimi estremi gli effetti del non meritato perdono, vogliamo la citta a libera discrezione , salve solo le persone j senza dimora in pensare ad altra risolu- zione . Amara parve ai due inviati proposta si acer- ba, ma loscorgere disperatoogni altro rimedio, fe- ce loro accettare il partito, e concedere quel giorno 1’entrata nella cittaa moltinobili, edofficiali, col- la sola riserva d’impedirla ai soldati, che infuriati pretendevano dare il sacco. La notte seguente con gran diligenza si custodi- rono le diroccate mura, a fine di salvare la citta dai furiosi insulti dei soldati del campo , i quali an- siosi dello spoglio promesso non volevano acquie- tarsi. AlPapparire del sesto giorno di maggio, il Proveditore Cornaro accompagnato da comitiva d’ ufficiali, ed eletti soldati, venne nella piazza, e congregati tutti i cittadini disse. — La parola da j 5 me data di concedere il sacco della vostra eitta a miei soldati, trfoBbliga per liberarvi da tal mole-’ 50 ® stia, e rovina, farvi pagare subito ventimille du¬ cati, co’quali faro che soddisfatti, e contenti, tra- lasciataogni altrapretensione, cessino anebedipiu molestarvi: Altrimenti concessa loro la liberta, uon vedo rimedio al vostro esterminio. Si conchiuse fmalmente 1’ accordo in quindici mille ducati per li soldati dell’esercito, ed a quel- li, che la difesero fu concesso di partirearmati. Si fecero molti ricorsi a Venezia per ottenere qualche diminuzione dello stabilito danaro, ma senza frut- to; laonde si videro costretti i cittadini a prende- re il surriferito danaro ad imprestito daPauloBom- beno,pernon ved ere saccheggiata, e distrutta la loro patria, al quale gli pagarono il saldo appena diecinove anni dopo, cioe nel 1527 . Fu subito im- poštO con bando capitale, che ciascuno portasse 1’ armi in palazzo, oltre la relegazione di piu di cin- quanta cittadin? con grossa taglia ai disubbidien- ti, e fuggitivi in Verii*«ia. Le memorie mss. del •ven. capitolo della cattedraie ibr*DO menzione di tal resa con qneste parole = (*) L’anno del Signo- re i5o8 li 6 di maggio fu espugnata questa citta Triestina dai Veneti per tre intiere settimane, in- (*) Anno Domini i5o8 die VI. maii expugnata fuit haec civilas Tergestina a Venetis per tres hebdomadas iategras, machinis globorum ferreorum fere innume- «6 festaronoper mare, e per terracon macchine dipal- iSoSjg f e rro qnasi innumerevoli, e fra i combatten- ti molti furono uccisi da ambe le parti. = Pervenuta tal nuova in Senato, espresse con se- gni d’allegrezza e di giubilo 1’ottenuta vittoria, ed assegno senz’intervallo Francesco Gappello Prove- ditore in Trieste, si crudele e severo, che fece im- piceare molti, e frustare alquante donne, per leg- gerissime cose, ed altre senza riguardo condanno alla berlina. Per minime frascherie, gride, e bandi con pena diforca. Flagellava incessantemente i cit- tadini assegnandone 70 al giornoa lavorare le fosse, ecommettevatali altre inumanita, che violentati a liberarsi dal suo insopportabil giogo, abbandonata la propria patria si trasferirono a truppe verso Lubia- na. Raccolte tntte le loro donne, e figlinoli, senza perdonare a’fanciulli appena nati , in vendetta di tal fatto , le relego, e fece condurre ne 1P isola' di Cherso, ove con la privazione della roba, restaro- no anche prive della patria. Presentito dal Cappeilo che i primi relegati in Venezia, avevano ottenuta licenza di ritornare nei confini, e proprie vigne, loroproibi con nuovo ban¬ do di pena capitale P approssimarsi per lo spazio di ao miglia alla citta: e tant’oltre s’estese Pinu- manita, e fierezza sua, che senza alcun riguardo , rabilium mari, terraque infestarunt, et inter dimi «antes muhi utriusque partis occisi fuerunt. 5 7 e pieth di stato, e persorse, affliggeva chiunque incontrava il suo furore; come successe a D. Fran- cesco Monticolli canonico e sindico capitolare, il quale dopo dieci mesi di prigionia lo fece bandire dalla Patria . Dal vivere in continuo sospetto, n on permetteva che piu di dne camminassero, e ragio- nassero insieme in qualunque luogo si sia, ne ti¬ ščiva mai dal palazzo, volendo che ognuno alia se¬ ra, a certo segno, si ritirasse sotto pena di bando. Per sollievo della tribolata citta di Trieste, in- clinata la Maesta Divina ad esaudire le lagrimose preghiere de’ suoi afflitti cittadini, rnosse i cuori di quasi tutti i Principi deli’ Europa a concorrere ad una stabile alleanza ed unione contro la Repub- blica Veneta, per esterminarla, e levare dal mondo mostro cotanto infesto alla pubblica quiete. Il gior- no 5. di novembre nella citta di Cambrai fu quella stabiiita fra il sommo pontefice Giulio II., F impe¬ rator Massimiliano , Carlo re delle Spagne suo ni- pote, Lodovico re di Francia, Ferdinando re d’A- ragona, Alfonso d’Este, e Francesco Gonzaga. In gennaro del seguente arino 1609 pubblicata in Roma la causa impulsiva che indusse questi Prin¬ cipi a collegarsi per reprimere F innata cupidigia de’ Veneti, portati al signoreggiare, ed allargare i proprj confini o con la forza, o con F inganno con¬ tro ogni ragione ,joltre F aversi usurpato molte cit¬ ta spettanti al lo stato della Chiesa, al sagro Roma¬ no Itnpero, ai serenissimi principi d’Austria, regno di Napeli , dncato di Milano, ed altri luoghi ingiu- stamcnte da essi occnpati, e sopra ogni altra cosa a 5o8 TOM. m. perche impedivano le guerre necessarie contro i 1 ^°9nernici della santa Fede, i quali apportavano n 9 nell’ u~ niversal Congresso d’ Augusta alla presenza deli’ Imperatore, degli Elettori, Principi, e Rappresen- tanti delle citta imperiali, e degli stessi Ambascia- tori Veneti, dimostra con evidenze palpabili, le sue usurpazioni ingiuste de’ beni e stati altrui, la sua empieta nell’ impedire i progressi contro gl’in- fedeli, con danni grandissiini della Gristianita, e finalmente conchiude: = Nessuna guerra e stata fatta tra i Cristiani, della quale non sieno essi sta¬ ti gli autori. = Ottenuta la pace dali’ imperatore Massimiliano commise subito il Senato a Francesco Cappello proveditore e capitanio di Trieste di rinunziare a nome di sua Maesta Gesarea ai suoi commissarj la citta e castello di Trieste. A tal ordine oppresso dal timore di qualche sinistro incontro, stiinolato a n che dalla propria eoscienza, che gli affrettava la partenza, senza aspettare 1’ arrivo de’ commissarj, Ibo 9eonsegn6 d’or din e pubblico ai soggetti riferiti negi’ infrascritti decreti la citta e castello di Trie" ste. Francesco Cappello Cavalier proveditor ee. Mandamo a voi D. Pero Polo de F Arzento, D. Zuanne Belli, D. Jeremia de Leo , D. Battistin de Bonomo, D. Ambroso de 1’Arzento, e D. Zuanne Longo, qual noj abbiamo lassato alla custodia di questa citta, per nome dellaCesarea Maesta che vi- gnera a riceverla, governando essa citta a ditto ce- sareo norne sotto buona custodia , osservando sem- pre il sacramento di fedelta, cbe per suo nome vi abbiamo dato nella consegnazione fatta; ne darete notizia a Venezia. In fede ec. Trieste li 3 giugno 1 5og. Lodovico Branco canc. m. p- Francesco Cappello Cavalier proveditor ec. Mandamo a voi domino Leonardo de Bonomo de- cano , D. Pre Justo canonico, D. Justo dejuliano, D. Pietro de Bonomo , quali noi abbiamo messi per nome de la Cesarea Maesta alla custodia di la Roc- ca de Trieste, che vegnando D.Leonardo Pranspre- gar, ovv er altra persona per nome di essa Maesta con- segnar le debiate la dittaRoeca, o castello, non possendo uscir fuora de li bastioni sotto pena di vi¬ ta, ma quellatenere per nome di essa Cesarea Mae- 23 sta, siccome vi abbiamo dato sacramento di fedelta per suo nome, de la consegnazione fatta, voi ne da- i;)0 9 lete notizia a Venezia. In fede ec. Trieste li 3 giu- gno 1509. Lodovico Branco canc. ra. p. Quantunque fosse gia noto in Trieste tal ordine del Senato , molti giorni lo tenne celato il Cappel- lo ; qual fine egli avesse , non sappiamo . Plima d’ imbarcarsi laguarnigione Veneta, aleuni soldatiri- cusando di pagare il vino bevuto nelPosteria, il padrone giovinetto gli dissefra’denti, credendo non essere inteso = Anderete pur canaglia = qual sen- tito da uno Schiavone, 1’accuso al Cappello, chear- rabbiato lo fe condurre in palazzo, e proibi con pe¬ na di forca ai cittadini, benche di mezzo giorno, 1’ useir di časa, ed affacciarsi alle finestre; poscia or- dino si sospendesse alle colonne 1’accennato giovi¬ netto, ilqual rompendosi il laccio cadde a terra, ne percio s’addolci quel barbaro cuore, anzi piu infu- riato , lo fece nuovamente impiccare per un piede, e commise ai soldati bersagliarlo colle frecce , le quali meno furono bastanti a levargli la vita, della quale a furia di lanciate resto privo, e la sua časa saccbeggiata . Le stragi poi ed altre crudelta prati- cate dai Veneti nella citta di Trieste, Gerardo Ge- rardi oculato testimonio diquei tempi ledescrive. Spogliaronla anche nel partire di mol te iscrizio- ni, statue, ed altri tesori d^ntichita, fra le quali fu 1’ iscrizione di Gesare Augusto, con quella deli’ 2 4 Irriperatore Federico III. scolpita nella stessa lapi- 1 5°9<3e, riferita dal P. Ireneo della Croce. Appena en- trato il Cappello nella galera per incamminarsi a Venezia, e la soldatesea Veneta imbarcata per 1’ Istria, il popolo Triestino con fnochi , ed altri segni d’allegrezza tutto giulivo a piena voce pro- ruppe : Viva Austria, viva A us tria. Di tal abban- dono fatto dai Veneti nelle memorie mss. del ven. Gapitolo ritrovansi registrate 1’ingiunte parole:= (*)L’anno iSopa^di giugno i Veneti partirono da questa citta Triestina, i tjuali restituirono al sagro Romano Impero non solo questa citta , ma anche la terra di Fiume, Pisino , Gorizia , Cormons, ed altri luogbi che avevano conquistato P anno scorso = . E monsig. Andrea Rapiccio cittadino, e vescovo di Trieste ne’suoi frammenti mss. accennando lo stes- so scrive = (**) L’anno i5o8 avendo i Veneti eon- quistata la citta, prima che fosse compito l’anno sono stati costretti a restituire a Massimiliano Ge- (*) Anno i5o 9 die 4 junii. Veneti ab liac civitate Tergestina recesserunt, qui non solum hanc civitatem« verum et Terram Fluminis , Pisinum, Goritiam , Cor- monum, et alia loca, quae praeterito anno expugna- verant, sacr. Rom. Imperio restituerunt. (**) Anno i5o8. Veneti urbe potiti, cum anno non- dum expleto Masipuliano Caesari cum Goritia, Pisino, &5 Sare Trieste con Gorizia, Pisino , Cormons , Fiume, s. Vito, ed altri beni =. 1 Rinunzia cosispontanea, ed improvvisa della cit- ta di Trieste, e d’altri luoghi, fatta dallaRepubbli- ca Veneta ali’ Imperatore Massimiliano , accresce certezza maggiore di verita alPorazione del Giusti- niano riferita dal Guicciardini, mentre i luoghi in essa ofFerti alla Maesta sua, con tal rinunzia si ve- dono rilasciati, non senza gran discredito di quan- to scrive il Verdizzotti nel fine del libro secondo della sua Istoria contro il Guicciardini, ed in asse- rire clie Farmi Imperiali non contente dicio che in Istria, e Friuli fu volontariamente esibito dai po- poli ed a lor arbitrio aperte le terre , continuassero a scorrere ambedue le tormentate provincie, con barbare ostilita, e voracissimi saccheggiamenti in aggiunta dei luoghi gia acquistati, avessero crudel- mente occupato Trieste, Gorizia, eBellnno; sono esagerazioni, solite usarsi da tutti gli autori Vene¬ ti per ingrandire la propria Repubblica, e sminuire il concetto degli altri Principi. Al go verno politico di Trieste dopo la partenza dei Veneti, assegno 1’anno i5io con titolo di capi-^o tanio Nicolo Rauber Barone del Cragno, nel qual anno in esecuzione dei privilegi, e grazie ottenuti, e eonfermati da tanti Imperatori, e Principi della Cormono, Flumine, s. Viti, atque aliis bonis restitue- re coacti sunt. s6 serenissimaCasa d’Austria, con proibizioni rigoro- I0 se a’loro sudditi di non comprare altrove šale, fuo- ri della citta diTrieste , ne peraverlo a minorprez- zo nello stato Veneto, ivi trasferirsi, a qual effet- to quivi s’apri una nuova salina, che fu Porigine di molti disturbi alla citta. Posciache impazienti quelli di Capodistria, e di Muggia di piu soffrire le calamita e miserie, allequali 1’accennata salina di Trieste, con la privazione del commercio, e con- corso de’sudditi Austriaci alle loro čase, gli aveva ridotti; ricorsero a Venezia con suppliche al Sena- to delPopportuno rimedio, prima di vedersi ridotti alPestremo. Tanto premeva ai sudditi della Re- pubblica nelPIstria il commercio con quelli delio stato della serenissima Časa d’Austria, che quello proibito,o impedito, 1’Istria tutta ridotta al colmo del languore, appena poteva miseramente sosten- tarsi. Alle premurose istanze degPIstriani, spedi il Se¬ fi ato alcune galere con ordine di non permettere che veruna barca entrasse nel porto di Trieste, e d’ astringerla per mare nella guisa che essa colla predetta salina teneva astretta la provincia deli’ Istria dalla parte di terra . Girolamo Contarini, che con tre galere garava , e saccheggiava le ripe, e terre Imperiali, tento anche di sorprendere temera- riamente Trieste, colPoggetto di conseguire il me¬ rite d’una segnalata impresa; trovandola pero be- ne presidiata, e vigilante, spinse le sue genti ae- compagnate da moltitudine di Cavrisani, e Mugi- sani a devastare, e struggere con barbaro furore le a? vigne, e terreni del suo territorio. Sopraggiunto in- di a poco nel Golfo Angelo Trevisano capitanio ge- 1 nerale deiFarmata, con i5 galere, ed alLri legni, spedi una feluca a ricercare la resa della citta, con severe minacce j che ricusando Finvito resterebbe abbattuta , preša, e saccheggiata. Le minacce de’ Veneti atterrirono poco gFintrepidi cuori de’Trie- stini, i quali da valorosa intrepidezza invigoriti, risposero non temere le loro niinacce, ne aver pau- ra delle lor forze. A risposta si aspra raccolti oltretre mille fra ca- valli, e fanti, con numerose barche delFIstria , fe- ce camminare di notte la milizia per terra, e le ga¬ lere , ed altri legni per mare, i quali arrivati la mattina a vista della citta, fu dalle galere col can- none fieramente bersagliata: ne di cio contento , fe amontare le ciurme delle medesime, le quali unite colle genti delFIstria , ordino dessero il guasto ali' uve di gia mature, il che eseguito fecero ritorno la sera parte a Capodistria, e parte a Muggia . Mol to tempo seguirono li Mugisani assistiti dai galeotti, ed altri delFIstria a danneggiare non solo le vigne, e campi contigui ali a marina di rimpetto alla loro terra , ma ancora F altre del territorio, tagliando oliveti, viti, ed altre piante, rovinando le posses- sioni con abbruciare le čase senza veruna pieta, i quali spesse volte assaliti aa’nostri cittadini a loro malgrado, con morte didiversi compagni eranofor- zati al ritiro. Danni gravissimi apportarono nella parte di terra anco quelii di Capodistria, i quali as¬ sistiti da molti villani, sudditi della Repubblica, 28 col guasto tli molti villaggi occuparono il castello I0 di Mocco , con quelli di s. Servolo, e di Draga . Nella citta d’ Augusta in Germania celebrandosi quest’anno alli dieci d’aprile un solenne, ed uni- versale Congresso , ove convennero 1’Imperatore, quasitutti glielettori, prelati, principi, e citta del sagro Romano Inipero, con molti ambasciatori dei principi stranieri, e fra questi Lodovico Eliano re- gio senatore , ed oratore del Cristianissimo Re di Francia, il quale colPelegante, e nervosa oraziona giariferita, s^ffatico persuadere quell , universale Congresso quanto coiiveniva, e fosse necessario ab- bracciare la euerra contro i Veneziani, e Turchi, i primi coperti, e quest’altri nemici scoperti e capi- tali della Gristianita. Perreprimere Finsolenteorgoglio dei Veneti, che non tralasciavano di guastare, e dislruggere le vi- gne, e possessioni del territorio diTrieste, conuni- se 1’Imperatore Massiiniliano al duca di Francfort la sua enstodia, e dei circouvicini eonfini. Applica- to il Duca con sollecitudine agFimposti cotnandi del suo Sovrano, condusse seco il conte Cristoforo Frangipane soggetto d^sperimentato valore, a eni la citta di Trieste a richiesta del Duca invio 120 nomini, i quali uniti a 5oo cavalli, e 2000 fanti, che prima aveva , s’accinse subito con essi alPasse- dio di Castelnovo, il quale senza dimora s’arrese a patti. Indi sispinsero aRaspo, e cintolod’assedio 8’avanzarono i Triestini la notte del terzo giorno sotto le mura ricercando alle guardie la resa per evi- tarela rovinadel castello, efuggirenello stesso tem* ag po la forca; a’qual^ fu risposto con una salva di mo- schettate, senza verun danno degli aggressori, che 1 a rnezzanotte con un cavallo, e quantita d’avena ritornarono al campo Imperiale , dopo incendiate tutte le abitazioni alFintorno di Raspo . Adunati I a mattina seguente gli abitanti del castello, conchiu- sero rendersi a patti, con riserva della vita, e pro- prie sostanze, e lo stesso giorno fu consegnata la fortezza al Rauber capitano de’ Triestini. Entrato il Duca la mattina seguente nel castello, assegnol- lo con buon presidio alla custodia del Raunoehar. 11 generale Angelo Trevisano presentita tal nuo- va , ne potendo soffrire scorno si grande , abbando- nata 1’ impresa di Trieste da esso giudicata non men difficile, che impossibile , fe camminar Tarna¬ ta marittima verso Fiume di s. Vito, nei confini della Liburnia, ove sbarcata alPimprovviso, sor- prese quella eitta , e dopo saccheggiata , oltre 1’ in- cendio, fe smantellare anohe le mura, trasportan- do seco nel partire tutte le donzelle . Di si mile sventura prevenuta la nostra citta di Trieste, con diligenza preparavasi alla difesa , fabbricando ripa- ri ed altre macchine necessarie per opporsi ad ogni insulto tentato dainemici. Nello stesso tempo, cbe Tarmata marittima sorprese Fiume , il general Tre¬ visano incamminossi per terra alla ricupera di Ras¬ po , il quale un mese dopo la sua perdita lo riprese dalle mani del Raunoehar . Non istavaozioso ilFrangipane, inentre tuttoim- piegato in danneggiare lo stato della Repubblica, spedi sotto Dignano i5o cavalli, con 200 pedoni, e So sotto laterra di Muggia 7ocavalli, e 35 o fanti, assi- 1 °stiti da alcune barche de’Triestini, i quali respinti dai Dignanesi, e Mugisani, che valorosamente si difesero, ritornarono a Trieste con poco frutto. Scorgendo il Frangipane, che dai Veneti, per op- porsi ed assicurarsi dalle di lui incursioni, fosse spedito in soccorso dellMstria Lorenzo Sngredo con Soocavaili, e mille fanti5 egli a tal avviso parimen- te rinforzo il suo esercito al numero di 5 ooo pedo- ni, e 900 cavalli, e ritornato sotto Muggia la cinse d’assedio, ma fu soccorsa da Andrea Ci/rano con gente diCapodistria, edaltriluoghi, edopo qualche contrasto ferito il Frangipane nella laccia dove ce- dere , e ritirarsi in Trieste . Andrea Morosini, che descrive questa guerra, narra , che per resistere al valore di quest’eroe, e per assicurare la provincia delFIstria, mandasse il Senato danari, cannoni, ed altre provisifini necessarie , aggiungendo al Civra- no, Damiano Tarsia cittadino diCapodistria, con cspresso ordine diadunare mille fanti, ed una com- pagnia di cavalli del paese, coi quali riacquisto al- la Repubblica Momiano, Crestuin, Castelnovo so- prai Carsi, Mocco , s. Servolo, Cernical, e Rassaz con altri sei villaggi sotto Raspo. Fabbriearonsi nello stesso tempo in Trieste due Brigantini, i quali ben guerniti, e montati da va- lorosi cittadini, scorrevano tutta Flstria, ed alle volte vicino a Venezia , ed anco sino aChiozza, ap- portando grandissimi danni coll’acquisto d’opulen- te preda. Contro gli stessi spedi il Senato una fusta armata da 5 o uomini, la quale fermavasi del con ti- 3i nuo aMnggia con mira dicoglierliimprovisamente, men tre bene spesso approdavano in quel territorio, 1 facendo d arini considerabili , per vendicarsi degli oltraggi ricevuti pivi volte dai Mugisani, scarican- do ancoperiscorno maggiore controla terra unfal- conetto. Usciva alle volte la fusta del porto, ac- compagnata da altrebarche, procurando di sorpren- derli, ma i Brigantini pivi svelti, dopo qualche soa- ramuccia rifuggivansi in Trieste . Dalla parte di terra, seguiva anco, quasi ognigiorno, contro icon- tadini della valle di Mocco lo stesso con morte vi- cendevole, e prigionie. Risoluti dodici cittadini di Trieste di danneggia- re la fusta, accordati con altri loro compagni, an- darono di notte nella valle diZaule in nnabarchet- ta beue armata , disponendo prirna nelle rive di Servola undmboscata . Scoperti la mattina daiMu- gisani, uscirono dal porto con mol te barche, ac- compagnati dalla fusta, quasi sieuri d^verli pri- gioni; alla vista dei quali fingendo grande spavento i Triestini remigarono furiosamente sino al determi- nato luogo deli’imboscata, ove arrivati sollecita- mente saltarono nell’acqua, fingendo sempre gran paura. Veduta dalTimboscata la fusta gia avvicina- ta per prendere la barca, senz’ aspettare che smon- tassero in terra , sbarrarono frettolosamente unpas- savolante, il cui rimbornbo itnpresse spavento tale nel cuore di tutti, e particolarmente de’Mugisani, che confusi e scornati ritornarono alla loro terra. L’anno i5ri e quarto di questa penosa guerra, il terremoto con orribili e spaventose scosse si fe- 3a ce sentire in diverse parti, e citta, specialmente a’ 11 26 maržo due ore dopo mezzo giorno, con injpeto si furioso atterro in Trieste, oltre molte muraglie e čase, anche due torri del porto, che riempi di ter- rore e spavento tutta la citta, del quale nelle me- morie mss. del ven. capitolo sono registrate Fin- giunte parole = (*) A perpetua memoria , clie Fan- no 1511 li 26 di maržo che fu mercoledi dopo fra le due, e tre ore dopo il mezzogiorno, soprav- venne un si veemente terremoto, che parea volesse subissare col tremito, si spezzarono lepietre, ed apporto una gran rovina nella maggior parte delle inura, e delle torri, inoltre caddero le cime dei monti, e molti paesi rovinarono dai fondamenti. = In Tolmino ed Udine atterro parimente i castelli; e le acque del mare crebhero si fattamente , clieoh- bligarono il popolo di Trieste, spaventato d’accre- scimento si grande, alFabbandono delle proprieča¬ se, e ritirarsi nella collina sotto il castello . Presentito dal Senato Veneto che la fusta invia- (*) Ad perpetuam rei memoriam, quod ann. MDXI. die 26 martii, quae fuit feria quarta post . . . inter secundam, et tertiam horam post raeridiem, adeo ve- hemens terraemotus invasit ut tenam trementem se sol- vere indicebat: petrae abscissae sunt, ac magnaparspa- rietum, murorutn, turriumque ruina dederint, insuper montium cacumina excidere, multaque oppida fundi- tus collapsa corruere . = 35 ta contro i brigantini di Trieste, con poco onore della Repubblica,nulla operasse; spedi a Muggia l’ 1 ammiraglio Moscatello accompagnato da 5o uomini di valore con espresso ordine di prendere i due brigantini, o d’ ineendiarli nel porto di Trieste, e che per tale impresa tutta FIstria, sotto pena del¬ la vita, dovesse assistergli e prestare ajuto . Rac- colte dal Moscatello oltre ao barclie tra Capodi- stria, e Muggia , con quelle, accompagnato dalla fusta, s’ accinse ali’ impresa, e nel bujo della not- te si trasferi senza essere sentito al porto di Trie¬ ste, ove ritrovo che le guardie sbigottite dal terre- moto, poco accudivano al bisogno ricercato dalle rovinate muraglie . Sbarcati senza indugio 2,00 uo- inini, non tralaseio diligenza per rompere la cate- na che serrava il porto. Svegliati a quel romore sei pescatori, corsero coli’ armi in mano ad assa- lire i nemici. Udivasi lo strepito nella eitta , ma essendo le chiavi delle porte depositate al solito in castello, era impedita F uscita ai cittadini. Al ru- more svegliati dai Padri di s. Francesco tre giovani che, usciti la sera dalla citta per andare a peseare, dorrnivano nel Convento, questi corsero coli’ arini in mano verso il porto, ed incontrati due , gl’ iu- terrogarono : chi viva? Alla risposta di san Marco, gridando viva Austria , gli assalirono con tanto ar- dire, che giudicati in maggior nurnei’o, confusi i Veneziani dal timore d’ essere colti in mezzo } si dettero precipitosamente alla fuga, lasciando un prigione in terra, ed il Moscatello ferito gravemeu- te nella faccia, ritornossi mal contento a Muggia, TOM* III. 3 34 ed indi, per curare la fcrita, s’ incammino a Ve- 1 r nezia . Nello scortare i Triestini aleuni mercanti che conducevano vettovaglie allacitta, ed il vino in essa comprato per trasferirlo in Germania, veniva- no assaliti dagl’ Istriani, i qnali colFassistenza dei villani di Mocco battevano spesso le strade, per impedire simile traffico, e dopo qualche contrasto, con lasciare aleuni morti, altri feriti e prigioni, ritornava F una, e F altra parte alle proprie čase. Mortificati alle volte con qualche afFronto i Mugi- sani dai Triestini; usavano quelli vendicavsi di notte, trasferendosi alle lor rive colle barche a ta- gliare barbaramente leviti, gliolivi, ed altri frutti- feri alberi nelle vigne , ed incendiare tutte le čase nei poderi. Alterb si fattameote Fanimodi Nico- 16 Rauber capitano di Trieste la frequenza d’ in- giurie si inoleste, che commise a inolti cittadini di andare una notte in barca sul territorio di Muggia, e tagliare senza verun riguardo tutte le viti, albe¬ ri, ed olivi, col distruggere i campi, e vigneti, ad imitazione delFerapieta prirna da essi pratieate nel territorio di Trieste. Piicorsero i Mugisani al Senato, querelandosi dei ricevuti danni, ed egli per vendicarli, spedi subito ligorosi ordini, accio radunata tntta FIstria insie- me, s’ espugnasse la cit,ta di Trieste, esaccheg- giasse il s.uo territorio . A tal fine fiirono congrega- ti tnille cavalli e fanti in terra, e tutti nello stes- so tempo presero il eamrnino verso Trieste j dne g'orni centimu dure il gnasto delle vigne e campi, atterrando anche senz’ alcun ostacolo le muraglie di quelli. Posciache diminuito grandernente il pre-’ sidio de’soldati, conchiusero i eittadini piu espe- diente custodire la citta, che opporsi al furore di tante forze, con evidente pericolo di perdere il tut- to . Quaranta giovani eittadini, non potendo tolle- rare affronto sifiero, uscirono alla carnpagna,i quali attorniati dagli avversarj con 3 oo cavalli e 700 villani, ridotti a mal partito, fu loro offerto o la prigione, ovvero la morte. Per assienrarsi la vita, dopo ricusato P invito, salirono sopra un monticello, e contrastando lunga pezza la šalita al nemico, scorgendo non potersi piu difendere con- tro si nmnerosi nemici, sl’ investirono con tatita bravura , che dopo qualcbe eontrasto , colla morte di uno, ed un altro malarnente fet'ito, a lor mal- grado entrarono gli altri salvi nella citta, lascian- do aleuni degPinitnici morti, ed altri feriti, i qua- li per vendicarsi di tanto ardire, s’occuparono tut- to quel giorno in tagliar le viti, e distruggere le vigne, e ritornai’ono la sera a Muggia . Il giorno susseguente , cioe ai 7 di luglio'sbarca- rono nuovarnente i Veneti nella riviera di sant’An- drea, ed inoltratisi sopra il monte di san Vito in- Balzarono ivi lo stendardo di san Marco, chieden- do con petulante ardire ai Triestini di portar da bere ai guastatori delle lor vigne . Inviperiti alenni coraggiosi eittadini alla vista di tanti oltraggi, u- scirono dalla citta, ed investirono arditamente i nemici, che a lormalgrado, e colla morte di 20 Istriani, e perdita di cjuattro cavalli li necessitaro- 36 no al ritorno, col tralasciare 1’ impresa di piu di- 1 I struggere i eampi e le vigne , e dopo liberate molte di queste dalla loro barbarie ritornarono gloriosi nella citta. Mentre il campo Cesareo, dopo soggiogato il Friuli , s’ avanzava verso Trevigi , furono spe- diti alquanti ufficiali in soccorso della nostra pa- tria e citta, i quali uniti al conte Cristoforo Fran- gipane, e Nicolo Rauber capitano di Trieste, e fatta raccolta di mille soldati inviaronsi di notte verso Mocco, castello poco priina occupato dai Ve¬ neti , con deliberazione di spianarlo affatto , e le- vare quel rieovero a’ nimici, tanto cornodo , e di gran conseguenza per restringere dalla parte di terra la citta di Trieste, e impedire il necessario soccorso, il qual castello era stato daessi cintodi forti ripari, per renderlo inespugnabile. Allo spuntar delFalba piantarono sopra la montagna il cannone, e bersa- gliarono il castello dalla parte piu debole, e senza ripari, mentre fidati i Veneti nell’ asprezza ed al- tezza del monte, credeano impossibile che da quel lato si potesse condnrre il cannone . Atterrato una gran parte di muro, si resero la stessa mattina gli assediati a discrezione, i quali dopo saceheggiato il castello, insieme col comandante Contarini, fu¬ rono inviati prigioni di guerra a Trieste. Intesa la resa di Mocco, gli abitanti del castello di san Ser- volo, di Draga, d’ Ospo, ed Antignano vennero lo stesso giorno a rendere obbedienza alF arini Cesa- ree. Terminata felicernente 1’ impresa di Mocco, di- ^7 scesero gl’ imperiali ai 7 di ottobre neila valle, do- ve si congregarono gli ufficiali per risolvere le ope- razioni da eseguirsi nell’ avvenire . Varj furono i pareri, mentre inclinavano alcuni ali" assedio di Muggia poco distante, ma rendeva difficile l'impre¬ sa 1’ esiguo numero di mille soldati 3 che seco avevano ; benche assistiti da molti contadini, poco atti pero ali’armi. Prevalsero finalmente le pre- murose istanze dei Triestini, desiderosi di vendi- care 1’ ingiurie passate, ed i danni apportuti da’ Mugisani alla citta e territorio di Trieste , verso la quale, senza dimora , si fece camminare la gen te coli’ artiglieria. I primi che s’ avanzarono sino alle porte della terra furono una truppa di Triestini, la quale incontratasi con alcuni Mugisani dopo qual- ebe contrasto , furono questi obbligati dal valore de’ nostri a ritirarsi nella terra, laseiando cinque de’ suoi morti sul suolo, e restando solamente uno degli aggressori ferito da uno spingardo seagliato dal le mura. Agli 8 si dispose F assedio, e piantaronsi cinque cannoni, ed ai 9 si comincio a bersagliare le mu¬ ra, benche con poco danno per essere la batteria troppo discosta . Sopraggiunse ai 10 considerabile soccorso da tutta F Istria a’ Mugisani, con quan- tita di barche per mare ; il giorno seguente segui- rono due scaramueeie, nella prima resto morto un Tedesco, e nella seconda due Mugisani. Ponderata dagli ufficiali imperiali F impossibilita di prendere quella terra con numero si piccolo di gente, e di piu resistere ai validi e frequenti soccorsi,chs 38 ognora sopraggiungevano alla di lei difesa, con- “chiusero di levare 1’ assedio, e d’ atterrare senza indugio il eastello di Mocco, per levare ai Venezia- ni ogni pošto di piu annidarsi in quei eonfini, e di molestare verso terra la citta di Trieste. Fu com- messo ai Triestini 1’esecuzione di quest’ affare, i quali prima di ritornare alla citta, ai is di ottobre s’ accinsero ali’ impresa , consuinando col fuoco il combustibile j ed il rimanente, colle sne mura, spianarono eguale a terra sino ai fondamenti, le cui rovine oggidi ancora piangomo le sne miserie, ed il materiale delle medesime servi per la fabbri- ca della nuova muda , o gabella di la poco disco- sta, addimandata Fiffemberg dalli cinque colli che ]a circondano, ove ritrovaronsi anche tra quelle ro¬ vine molte palledi ferrodel peso dilibbresessanta . Appena levato 1’assedio, approdarono a Mug- gia cinque galere , duefuste, con molti briganti- ni, e barcbe, ove fermaronsi qualche tempo, visi« tando spesse volte le nostre riviere di Grignano, Cedasso, Bovetto, ed altre, raccogliendo con im- menso darmo F n ve ed olive, ne di cio eontenti, ta- gliavano anche le viti, disfaeendo le vigne, ed.at- terrando le loro muraglie. Smontate nn giorno piu | di mille persone a dare il guasto alle vigne di Bo¬ vetto, sedici cittadini usciti da Trieste verso la parte del monte, assalirono alPimprovviso alcuni, i qua.li intimoriti dal vedere due compagni morti, confnsi e pieni di terrore fuggirono preeipitosarnen- te verso le galere, onde spaventati ancora gli altri senza sapere chi desse loro la fuga, saltavano nel 3 9 rnare per salvare la vita; e nel ritornare a Muggia sei altri rimasero raorti nelle galere vicino alla 1 punta di Čampo Maržo da altri eittadini che ivi gli aspettavano . • Spedi la corte Cesarea nn soggetto per esplorare il distretto di Muggia , e suoi confini. Arrivato a’ 16 di novembre in Trieste il conte Frangipane de- sideroso d’accompagnarlo con buona guardia, chie- se cenpuomini alla citta col pretesto d’andare in Istria a bottinare , n’ottenne solamente 5o , i quali uniti una mattina per tempo nella valle di Zaule , con i5 cavalli del Conte tutti insieme presero il cammino verso Muggia , e prima d’arrivare incon- trati alcuni, fecero prigione unMugisano, e presero tre cavalli . Giunti al porto dis. Clemente, ivi fer¬ mati a diseorreredel passato assedio, e dellesortite de’Mugisani, scoperti da Muggia, e d’Antignana , che gia erasi ribellata, furono prirtia salutati con diversi tiri di bombarda, e poi seguiti da piu di 3o cavalli, e 400 pedoni, sbarcati dalle galere . Parti- to il Frangipane con i suoi compagni dal ponte, ri- tirossi sopra un monticello a rimirare i Veneti, cbe occupato il bosebetto a pie d’esso monte , s’ingros- savano alla gagliarda per investirlo; men tre avendo presentito da uno, clie il suo troppo ardire ridusse prigione, il poco nmnero de’nostri, assalirono con furioso im peto il Conte, qnasi sicuri d’arrestarlo egli oppresso dalla calca, dove ritirarsi , e cedere alle loro forze , ferito , e li compagni dispersi , con la morte d’un sol Croato. I Triestini col bene* bcio d’un bosebetto situato alla destra del monte 4 ° s^ncamminarono verso la valle, lasciando addietro J1 un compagno, qual condussero i Veneti prigione a •Muggia. Quelli di Gapodistria ansiosi di ricuperare il ca- stello di s. Servolo, esibirono piu e piri fiate gros- sa somma di danaro al govematore eh’era Triesti- no; stabilito Faccordo per la notte seguente > diede subito avviso allacitta di quantoera.seguito, ricer- cando anco al magistrato cento cittadini in ajuto, i quali spediti, n’introdusse alcuni segretamente nel castello, e gli altri apposto fuori in aguato . In conformita delFaccordo alF arrivo dei Cavrisani s’ apri la porta del castello; entrato il capitano seor- tato da molti soldati nel cortile , un Triestino im- paziente di piu ditnora, incomincio la zuffa, in eui mori il capitano , e molti suoi compagni, e gli altri *coperto Finganno, con la fuga procurarono salva- re la vita, ma incalzati piu d’un miglio da’ no- stri, lasciando alcuni morti, ed altri feriti, non me¬ no scornati che confusi ritornarono a Capodistria. Veduta dai Veneti Fimpossibilita di prendere i due brigantini di Trieste, non cessavano dknven- tare nuove astuzie per trappolarli . Scopri nno di essi in Sdoba un burchio con trenta uomini sopra; appena prešo a viva forza il burchio , e quello sva- ligiato , e legati gli uomini, due fuste armate nsci- rono da Sdoba con animo di prenderlo, ed im- pedirgli il camraino , ma senzafrutto, perche salvo fece ritorno a Trieste. Passato poco tempo concer- tarono eontro gli stessi un altro aguato, con ascon* dere dietro la punta di Grignano in tempo di nott© At una fusta, ed un’altra con molte barche e brigan- tini in Servola . Scoperto dal porto di Trieste la 1 ^ 1 * mattina verso la punta di Bovetto un briganti- no , allestirono i nostri incontanente i loro dne per dargli la caccia ; appena usciti dal porto, che il Ve- neto fingendo la fuga, s’ allargo fuori sette miglia in mare, sempre seguito dai nostri, i quali s’avvi- dero finalmente deli’ inganno, quando seoprirono la fusta con le barche, e brigantini nella valle di Ser¬ vola, e 1’altra di Grignano, che di traverso taglia- va loro la via di terra , e videro voltati contro la prora del brigantino , che prima fuggiva . Ritrovan- dosi d’ogni lato attorniati da’nemici, e serrate tut- te le vie senza speranza di salvezza, risoluti piut- tosto morire che rendersi, vogavano vigorosamente con intrepidezza alla volta di terra, ed il vedersi anco attraversatiper fianco dalla fusta, laqual coile freccie , e cannoncini gli molestava, fece rinvigori- re si fattamente la voga, che a lor dispetto supera- ta la prora di essa fusta , arrivati in Barcola, e ri- volta la prora sparavano con la stessa ; onde perdu- ta da’Veneti ogni speranza di prenderli, confusi e malcontenti ritornarono a Muggia . Per soddisfare a chieansioso d , investigare ilmo- tivo perehe nel corso di questa guerra, che apporto danni immensi al territorio, ed a’cittadini di Trieste, in si poco numero uscissero dalla citta contro i Ve¬ neti loro nemici, iquali piuepiufiate,oltreil taglia- re viti, olivi, ed altri alberi, dilettavansi distrug- gere iloropoderi, ed incendiare lecase,dirocheGe- rardo de Gerardi oculato testimonio di quei tempi u» 4 2 ne’suoi manoscritti rende (li cio la ragione, dicen- 1 Llo che lo stare giorno e notte quattro annicontinui sempre colFarme in mano infastidi talmente ogn’ uno, che tutti ricusavano di piu ciinentare la vita; quantunque vedessero da’loro nemici distruggere ed incendiare i proprj beni; e 1 ’essere anco ridotti jn poconumero nonmen dallaguerra, clie dallape¬ ste, laqualenello stesso tempoflagello lungamente la citta. j 5 i 2 , La pace stabilita l’anno i5ia fra 1’Imperatore Massimiliano, e la Repubblica Veneta, apporto qualche respiro ali’ afflitta citta di Trieste , chespin- se monsig. Bonomo suo zelante prelato a ricorre- re a Roma contro Marc’Antonio Foscari ni nobileVe- netoil qual contro ogni ragione, ed antichi privilegi ottenuti dai vescovi predecessori alla sua chiesa, a- veva occupatOj ed usurpate aleune decime nella terra d’Umago nelFIstria, spettaute al proprio ve¬ ščo v ato di Trieste . Leone X . 5< namo Pontefice sen- tite le doglianze ragionevoli del vescovo, delego la causa a Nicolo d’Arezzo J. G. suo cappellano, ed auditore camerale^ ilqnaleli 17 maggiodel i5i 4 fe intirnare la citazione al predet to Foscarini di com- 1 ^ 1 4parire nel termine di sei giorni alFudienza. Dopo ventil&te le ragioni d’ambe le parti, con sentenza definitiva, e favorevoie diebiarazione di possesso , decreto giuridicamente la restituzione delFaccen- nate decime al vescovato di Trieste. II predetto nostro vescovo Bonomo intervenne al concilioLateranense,il qualefu convocato daGiulio 43 li 3 maggio 1612, e duro šino li t6 di maržo 1517^ e termini) sotto Leone X. (1). Quest’anno pnre nel monastero de’Santi Martiri delli RR. PP. Benedittini fuori della porta di Ga- vana, fu ritrovata unacronaca anticamss. dellano- stra citta diTrieste, la c|uale principia= Siando li Romani ec. = L .1P. Ii’eneo e riferita nella sua storia di Trieste (a) ; il cui autentico originale conservasi nella vicedominaria, ovveroarchivio della citta nel (pjaderno del sig. Bartolomrneo Rossi, come ivi s’ accenna. Domenieo, ed Ermagora germogli della nobilis- simafamiglia de Burli, una delle tredici famiglie antiche della citta di Trieste, ottennero li 4 agosto del 1516 dalPImperatore Massimiliano il qui in-jgjg giunto diploma, in cui oltre 1’armeggio gentilizio della propria famiglia, approva, e conferma i pri¬ vil egi , anni prima concessi dalPImperatore Federi- co III. a Domenieo Burlo padre d’Antonio, ed avo dei medesimi in rimunerazione de’servizj da’loro antenati prestati alla serenissima Gasa d’A11 s tria. LV. Massimiliano col favore della divina clemen- LV. Maximilianus divina favente clementia electus ( 1 ) Ughel. Tom. 5. Col. 58a. JV. XIVJ. ( 2 ) Lib. 1 . cap. 8. 44 za eletto Imperatore de’Romani sempre Angasto, e 1 6fe di Germania, Ungheria, Dalmazia, Croazia ec. arciduca d’Austria, duca di Borgogna, Lotaringia, Brabante, Stiria, Garintia, Carniola• , Limberga , Lucemburgo, e Gheldria^ Langravio cFAlsazia , Principe della Svevia , Palatino in Asburgo , ed An- nonia, Principe e conte di Borgogna, Fiandra, eTi- rolo , Gorizia, Artesia, Olanda, Ferretis in Riburg, di Namur, e Zutfania, marchese del sagro Romano Irivpero sopra Anato, eBnrgovia, Signore di Fri- sia, della marca Schiavona, Meclinz, porto Naone, e delle Saline ec. Riconosciamo, e col tenore delle presenti confes- siamOj che avendo da molti anni addietro la prosa- pia dei Burli cittadini di Trieste, fedele anoi dilet- Romanorum Imperator semper Augtistus , et Germaniae’ Hungariae, Dalmatiae, Croatiae rex ec., arcidux Au- striae, dux Burgundiae, Lotharingiae, Brabantiae. Sty- riae> Carinthiae, Carniolae, Lymburgiae, Lucemburgiae, Gheldriae , Lantgravij Alsatiae, Princeps Sueviae, Pa- latinus in Habspurg, etHannoniae, Princeps, et comes Burgundiae, Flandriae, et Tirolis, Goritiae , Artesiae , Holandiae, Ferretis in Riburg, Namurci, et Zutpba- niae, Marchio sacri Bomani Imperij super Anatum, et Burgoviae , Dominus Phrisiae , mnrchiae Sclavoniae, Me- chliniae, portus Navonis, et Salinarum ec. Recognoscimus, et tenore praesentium profitemur, guod cum multis retro auuis fidelis nobis dilecti iusi* 45 ti, insigni di candida fedelta divota, con esempio a noi, ed alFinclita nostra Časa d’Austria, godute 1 ^ 1 * 5 ed usate le inlrascritte insegne d’armeggi, le rjuali il (ju. Domenico Burlo una volta padre d’ Antonio Burlo, ed avo dei fedeli a noi diletti, e di Ermago- ra fratelli ha conseguito dalla detta memoria di Fe- derico III. nostro genitore, e di piu le lettere a lui consegnate si perdettero cogli oltraggi dei tempi superiori, nei quali la nostra citta di Trieste, as- sediata dalle truppe de’ nemici Veneti, e finalmen- te preša e saccheggiata, noi acconsentendo ali’ u- mile supplica dei prefati Domenico , ed Ermagora figliuoli del qu. prefato Antonio Burlo, il cjuale ne! medesimo assedio sopra le mitra distinguendo- si contro i nemici valorosamente combattendo mo- gni candidae fidei , exemplo nobis, ac inclitae Domui nostrae Austriaeae devota prosnpia Burlorum civiumTer- gestiuoruni iufrascriptis armorum insignibus gavisa, cl usa, quae quondam Domiaicus Burlus Pater olim An¬ tonii Burii, et Avus fidelium nobis dilectorum Domi- nici, et Ilermagorae Fratrum a divae memor. Frideri- co tertio genitore nostro consecntus est, et litterae de- super ei traditae, superiorum injuria temporum, qui- bus civitas nostra Tergestina hostium Venetorum opiis obsidione, et demum capta> et in praedam data deper- ditae fuerint , nos butnili praefatorum Dominici , et Hermagorae filiorum olim Antonii Burii praefati, qui in caedeui oboidionc supra maenia contra hostes nitens, ri, ed affiache essi, e i loro figli, eredi e posteri in ^infinito sieno attaccati corae i loro progenitori alla nostra Časa d’ Austria, cosi anche loro la servino indefessamente: con animo deliberato, di certa scienza, e di pienezza della nostra Cesarea pote- sta, concediamo le arme gentilizie dei medesimi Burli, e le insegne le quali finora hanno usato, e goduto: cioe lo scudo in due parti obbliquamente diviso, 1’inferior parte delle quali e compartita in quattroparticelle, cosicche cominciando dal bas- so la prima e la terza sono Celestine, o azzurre, la seeonda e quarta d’ oro , o di color giallo, la parte superiore poi Celestina contenendo in se un leone rossiccio o di oro , eolla lingua rossa športa in fuo- ri, col piede destro ehe tenga tre globi, nella som' fortiter cecidit, supplicationi annuentes, ut et ipsi eo- rumdemque filii, haeredes, et posteri in infinitum, in- star progenitorum suorum Domui uostrae Austriae ad- haereant, et illi indefesse famulentur: animo deliberato ex certa scientia, et de plenitudine nostrae Caesarae potestatis concedimus, gentilicia eorumdem Burlorum arma, sive insignia, quibus,bactenus usi, et gavisi sunt: Videlicet Seutum in duas partes oblique divisum, qua- runt inferior est in quatuor partieulas partita, itaque ab imo ineipiendo prima, et tertia sint caelestina , sen azurei; secunda, et quarta aurei, seu crocei coloris, superior vero pars caelestina , leonem fulveum seu au- rcum lingua rebra exerta cum pede dextro, tres glo* 47 . mita Jel cimiero poi, con lembi o vesti inghirlan- tlate d’ oro; si vede il leone dal petto in su di oro, 1 ^ 1 ^ o giallo colla lingua ro-ssa, coi piedi d’avanti che tocca tre globi d’ero, e come meglio si vedono qui in rnezzo ornate a seconda deli’ ingegno del pittore , nou solo eonfermiamo ed approviarno, ma ancora abbiamo concesso, e dato, siccome col teno- re delle presenti eonfermiamo, ed approviarno, concediamo e diamo . Cosicche i predetti fratelli Domenico ed Ermagora, i loro figli nati, e che na- sceranno legittimi eredi e suecessori d’ambi li ses- si in infinito possano ritenere , avere, e portare 1’ insegne di queste arme da ora innanzi nei futuri, e perpetui tempi, in tutte e ciascuue oneste e de- bos aureos apprehendentem in se continens, in galea autem summitate laciniis, seu indusiis aureis, et caele- stinis redimita, leo aureus, seu croceus a peetore su- pra cum lingna rubra, pedibus anterioribus tres glo- bos aureos attingens conspicitur. Quemadmodum liaec omnia melius pietoris ingenio hic in medio elaborata cernuntur, non solum confirrnavimus, et approbavimus; sed etiarn denuo coneessimus, et dedimus, sicut teno- re praesentium contirmamus, et approbamus, concedi- mus, et damus. Ita ut praedicti Fratres Dominicusj et Hermagora eorumdemque filii tiati, et nasciluri le- g'timi haeredes, et successores utriusque sexus in in- finitum hujusmodi armorum insignia eX nunp in antea futuris perpetuis temporibus , in omnibus, et singulis centi čase espedizioni, tanto seriamente che peF I ^giuoco, battaglia , duello , singolar tenzone , e qualsivoglia eombattimento, giostre, d’ appresso, di lontano, cogli stendardi, coi padiglioni_, segnetth, sigilli, monumenti, edifiej , suppellettili, ed altre cose in tutti i luoghi, secondo la loro volonta, e di usare e godere di lutte e ciaseune grazie, Iiber- ta, onori, dignita, prerogative , diritti e consuetu- dini, non che di amministrare, e ricevere ogni of- fizio , beneficio, beni feudali, d’ avere, e portare , e per dare sentenze feudali, e possedere giudicj feudali, e che sieno atti ed idonei atutte, e eia- scune cose, colle quali gli altri nostri, e consimili feudatarj del sacro roinano impero, e della nostra honestis, decentibusque aedibus et expeditionibus, tam serio, quam joeo, praelio, duello, singulari certamine, et quibuscumque pugnis, hastitudiis, cominus, eminus, vexillis, tentoriis, sigetis, sigillis, monumentis , aedifi- ciis, supellectili, et alias in locis omnibus juxta eo- rum arbitrium, et desiderium gestare et deferre pos- sint, et valeant, ac omnibus, et singulis gratiis , liber- tatibus , honoribus , dignitatibus, praerogativis, juribus, et consuetudinibus uti, et frui, nec non officia, bene- ficia, feudalia, seu feuda administranda , suscipienda, et gerenda , ac ad sententias feudales ferendas , judi- eiaque feudalia pOssidenda, ac ad omnia , et singula apti, et idonei existant, quibus caeteri nostri, et sacri Imperii, ac Domus nostrae Austriae consimile feuda* 49 Časa d’ Aujtria, e quelli che usano di queste inse- gne o delazioni di arme, e concessioni, finora in 1 "* 1 ^ qualunque maniera , che hanno usato , avuto, ed alle qaali sono stati ammessi per una consuetudi- ne, o per diritto , senz’ aleun impedimento e eon- traddizione. Per la qual cosa comandiaino a tutti, e singoli principi tanto ecclesiastici, quanto seco- lari, arcivescovi, vescovi, duchi, marchesi, conti, baroni, militari, clienti, capitani, vicedomini, av- vocati, prefetti, procuratori, officiali, questori, mastri dei cittadini, giudici, consoli dei re, aral- di e ambasciatori di pace, cittadini, comunita, e finalmente a tutti i sudditi e feudali diletti nostri, e del sagro Romano Itnpero, di qualunque stato, grado e condizione fossero, che il sopraddetto Do- tarii, et hujusmodi insignium , sive nrmorum delalione, et concessione utentes, hactenus quomodolibet usi, et potiti, et ad quae admissi sunt consuetudine, vel de jure absque alicujus impediraeuto, et contradictione. Quapropter mandamus omnibus, et siugulis principibus tam ecclesiasticis , quam saecularibus , archiepiscopis, episcopis , ducibus, marchionibus, comitibus , baroni- bus, militibus , elientibus , capitaneis, vicedominis, ad- vocatis, praefectis, procuratoribus, officialibus, quaestO" ribus, civium magistris, judicibus, consulibus regum, baraldis, et cadueeatoribus, civibus, communitatibus , et denique omnibus nostris, et sacri Romani Imperii sob' ditis,et fidelibus, flileetis cujuscuiuque status, gradu*' 4 TOM. III. 5o menico, ed Ermagora, i loro figli, eredi e succes- i6 gor j in infinito come sopra, deli’ uno e 1’ altro ses- so ne'1’uso delle sopraddette arme edinsegne, colle predette grazie, liberta, diritti, onori, e pre- rogative, ne turbino ne impediseano, anzi a quelli, come si e delto di sopra, lascino liberamente da per tutto godere e restare quietamente in esse . In quanto stimano čara la nostra grazia, e vorranno piuttosto scansare la pena di cinquanta marche d’ oro puro , qualunque volta verra contraffatto , la meta al Fisco n ostro Cesareo, la parte resi- dua poi da applicarsi agli usi della parte che ha sofferto. Per testimonio di queste lettere munite coli’ appensione del nostro Sigillo. Dato nella cit- et conditiouis fuerint, ut supradictos Dominicum et Hermagoram, eorundem filios, haeredes, et successores iu infinitum, ut supra, utriusque sexus in supradicto- rum armorum, et insignium fruitione currt praedictis gratiis, libertatibus, juribus, honoribus, et praerogati- vis, nec turbeut, aut impediant, immo illis, ut su¬ pra dictum est, libere ubique uti, frui. et in eis per- manere quiete, et pacifice sinant. In quantum gratiam nostram obaram existimant, ac paenam quitiquaginta marcarum auripuri, toties quoties coatrafactum fuerit, evitare maluerint, medietatem fisco nostro caesareo, residuam vero partem injuriam passorum usibus apph' candam. Harum testimonio-litterarum sigilli nostri ap" pensione munitarum. Datum iu oppido nostro Iusprut S i ti nostra d’Inspruk li 4 del mese d’agosto 1 ’anno del Signore i5i6, dei iiostri regni Romano trente-^ simo j e d’ Ungheria ventesimo settimoi Luogo della cifra deli’ invitisš. Massimiliano y (L.S,) Per proprio cortiando della Cesarea Maestk Giacomo Spriegel Cancell. m. p. Le benemerenze de’Burli che spinsero 1 ’Impera- tore Massimiliano a beneficare Domenico, ed Er- inagord fratelli, delPaddotto Diploma $ obbligano la mia pemia a notificare una breve notizia di que- sta nobii prosapia , una delle tredici famiglie anti- che che formavano la congregazione de’ nobili in s. Francesco, gia piuvolte riferita inqueste memo- fie, della se searse ? e poche come di tant a die IV. mensis augusti, anno Domini MDXVL Regno rum nostrorum Romani tricesimo s Hungariae vero vi- Cesimo septimo. Locus zipharae invietissimi Maximiliani diligenza , che si prolungasse anni cinque, e li Veneziani pagassero ali’ Imperatore venticinque mille scudi d’ oro ogni anuo; acciocche quelli ri- mosso il timore della guerra Alemanna, facessero poco conto dell’amicizia di questo; ovvero che Ce- sare sovvenuto co’danari Veneti, non movesse a lui la guerra, e gl’ impedisse il porsi sni capo la corona imperiale, da lui con ansieta sospirata, co- me dimostrarono gli effetti, quando a competenza di Garlo re delle Spagne, figliuolo del re Filippo, il quale successe nelPimperio a Massimiliano , ap- plico tutti i inezzi possibili per ottenerla . Neli' anno medesimo i5i8 il suddetto re Garlo e la regina Blanca emanarono un decreto sotto la data de’ a a ottobre in favore del commercio dei Triestini, col quale accordarono ai medesimiper la navigazione, e commercio nel regno di Napoli, gli stessi privilegi che \i godevano i Fiotentini, che cola trafficavano . Tanta , e si grande era la stima e concetto aequi- stato dal nostro vescovo Bonomo presso la Maesta delPlmp. Massimiliano, che questi con commissio- ne di propria mano ricerco la di luiandata alla cor- te, per conferire seco il suo testamento, e consul- tare gl’ interessi deli’ anima sua; ma la morte che iconvolge ogni disegno umano, col troncare la vi- 55 ta a questo buon principe ai is, gennaro del 1 5 19 , trentatre giorni dopo scritta 1’ aceennata commis- 1 sione, impedi anche 1’esecuzione delle sue hrame. Presumendo i signori provinciali del Gragno di rendere soggetta alla loro provincia la citta di Trie- ste, della quale non ebberomaiimmaginabil ombra di dominio, le ricercarono ehe pagasse ad essa pro¬ vincia alcune imposizioni o steure, pretendendo con tal colorito mezzo usurparsi cio che per verun titolo spettava loro, ed impadronirsi di quello che mai in verun tempo poterono gloriarsi che fos- se suo . Ricorse la com vrnita di Trieste alla Maesta di Garlo re delle Spagne , allora arciduca d’ Au- stria^ e per la morte deli’ Irnperatore Massimilia- no erede universale de’ beni e stati patrimoniali delP augustissima Časa d’ Austria, querelandosi delle indebite pretensioni de’sigg. Gragnolini. Pon- derate dalla Maesta regia le giuste istanze, com- mise ai provinciali del Cragno, che nell’ avvenire in verun conto, occasione, o causa ardissero mole* stare lacitta diTrieste edisuoi cittadini,come seor- gesi dalle ingiunte parole estratte dallestesse com- missioni, ove dimostra con il sig. barone Valvaso- re 1’ insufficienza di eosi indebite ed ingiuste pre¬ tensioni . LVI.Alla onesta domanda dei quali, (i) per la lo- LVI. Quorum honeslae petitioni pro sua in nos, et (O Cioe de’no siri citladini . 56 ro inviolabile fedelta, devozione e rispetto verso i5i9noie dellaserenissima nostra Časa d’Austria, epe’ danni grandi, minacce e distruzioni che hanno sof- ferto in cjuesta prossima passata guerra d’Italia, gradevolmente, e con animo lieto acconsentendo e compiacendo, espressamente commettiamo a voi, e seriamente ordinando coinandiamo, che in av- venire per qualsivoglia occasione o causa non dob- biate molestai’e o aggravare gli stessi nostri f'e- deli Triestini per queste steure, ma conservar- li nelle anticbe consuetudini e privilegij eman- tenerli secondo la mente e i eomandi della Ce- sarea regia Maesta, Signore e nostro avolo co. lendissimo a voi per mezzo loro presentata . Ri- serenissimam Domum nostram Austriacam inviolabili fide, devotione, et observantia , ac mavimis damnis , minis , et destructionibus quae in hoc proximo Italico bello passi sunt, gratanter, et laeto animo annuentes, et complectentes, vobis expresse committimus > et se- rio praecipiendo mandamus , ut nequaquam in futu- rum, quavis occasione seu causa ipsos nostros fideles Tergestinos pro hujusmodi steuris molestari, aut aggra¬ vare debeatis, sed eos in antiquis consuetudinibus, et privilegiis suis, conservare, et manutenere juxta men- tem, et mandata Caesareae Majestati domini, et avi nostri coiendissimi, vobis per eos praesentata , on^vi 5 ? niossa afifatto ogni eccezione, perche in cio de¬ vete fare 1’espressa nostra volonta ec. 1 E per dimostrare maggiormente la stima e conto che faeeva della citta di Trieste, la raccomanda al Isuo Presidente } e ad altri ministri delle provincie inferiori dell’Austria, con ordine espresso di pro- teggerla e prestarle ajuto ogni qualrolta fossero richiesti da’ suoi cittadini, col difenderla e patro- cinarla contro chiunque presumesse inquietarla e molestarla . Beneficolla anche nello stesso giorno col grazioso privilegio di franchigia ed esenzione, concedendo a’ suoi cittadini ampla licenza di con- durre ogni sorte d’animali che fossero necessarj al macello, ed uso della propria citta, senza pagare verun dazio o gabella, coli’ aggiunta della confer- ma delle antiche cohsuetudini e privilegi gia pri- ma ottenuti dai serenissimi arciduchi d’ Austria suoi antecessori, come dalPingiunto diploma chia- ramente si scorge. LVII. Carlo, per la Dio grazia re delle Spagne., delle due Sicilie, di Gerusalemme ec., arciduca proi-sns excepuone remota, quia in eo nostram expres- sam voluntatem faeturi estis etc. LVII. Carolus Dei grada rex Ilispaniarum, utrius- que Siciliae, Hierusalem ec., arcidus Austriae, et pro - ' 63 alla nostra citta di Trieste, e cola la gabella o u- sura delle mercanzie provenienti in Trieste assoln- 1 ^ 1 tamente ordiniamo e decretiamo, che si debba ri- cevere ed esigere come prima a san Vito presso Fiiime. Poicbe dai maggiori lin qui il vescovato Triestino, e la citta di Trieste abbia avuto e pos- seduto la mnda, e noi clementemente abbiamo considerato, che il mercanie si possa giustameute lagnare delle raulte, errori ed aggravi: Noi come supremo e Monarca deila diocesi, prudentemente, e con buona provida considerazione, e libera vo- lonta del rever. nostro devoto, e consigliere Pietro vescovo Triestino, abbiamo noi ricevnta, ed assnn- ta la detta rnuda del vescovato incorporata colla soprannommata gabella nelle nostre mani, Ed al mulgamus; et illic vectigal, seu usuram de mercimo- niis Tergestum pervenientibus omuimodo sicuti antea a s. Vitum apud Phlarom aecipiendum , et exigendum ordinamus ae iustituimus. Quando quidem aufem a majoribus hucusque episcopatus Tergestinus in civita- te Tergesti mutam habuerit, et possedit; et nos cle- menter consideraverimus, quod mercator de multina- rii muletis erroribus, et gravaminibus jnste conqueri possit: Nos nipote supremus, et monarcha dioeeesis, prudenter, et bona provida meditatione, liberaque vo- Iuntate rev. nostri devoti, et consiliarii Petri episcopi Tergestini dietam episcopatus mutam cum antea nomi- aau vectigale incorporatam ad nostras manus recept* 64 vescovato diTrieste, tanto al presente vescovo j I 9 quanto a ciascun futuro abbiamo concesso ed ordi- niamo per una giusta soddisfazione della detta mu- da, secondo il suo stato deli’ odierno provento di qua in poi perpetuamente ciascun anno,ed annual mente da contarsi e pagarsi, e dare intieramente duecento ciriquanta fiorini Renani di 60 carantani per ogni fiorino della detta nostra gabella, e muda di Trieste . II che facciamo colla nostra Monarchi- ca autorita, e questo istromento vogliamo che sia noto, stabile e fermo . Cosicche il detto vescovato di Trieste, ora ed in perpetuo abbia i detti due¬ cento cinquanta fiorini Renani, nella nostra, e presso la nostra gabella e muda tanto il presente mus', et assumpsimus. Ac episcopatui Tergestino, tam praesenti episcopo, quam singuli futuro pio aequa dictae mutae satisfactione, juxta ejus statuin bodierni proventus, posthae in perpetuum singulis annis, et annuatim dueentos et quinquaginta florenos Rhenenses pro singuli floreno 60, cruciati de dieto nostro vecti- gali, et muta Tergesti numerandos, solvendos, et in- tegre dandos concessimus, et ordinamus. Quod ex mo- narchali nostra potestate facimus, et hoc instrumento notnm, ratum , et firmuru volumus. Ita quod dictus episcopatus Tergestinus nune, et in perpetuum dietos dueentos quinquaginta florenos Rhenenses , in et apud nostrum illic vectigal, et mutam habeat, et eos tam praesenti episcopo , quam omnibus suis successoribus e- 65 Tescovo , quanto tutfi i suoi sueoessori del veseo- ■vato di Trieste abbiano faeoltk di domandare, ri- 1 cevere annualmente , e ciaseun anno due procura- tori della nostra gabella e muda i denari suddetti, di adoperarlij e con quelli negoziare, e di conver- tirli tanto in utile sito, che della Chiesa, come gii parera e piacera . E i nostri procuratori debbano contare e pagare a loro della detta somma di da- naro la meta quanto šara giusto, sempre passato il mezzo anno, cioe la predetta somma di pagarla in due rate ali’ anno, senza iaganno , errore , frode e contraddizione nostra, o eziandio di qualunqu,e, ritirare prima le ricevute e quietanze. Nulladi- meno questo presupponiamo, ed eccettuiamo a noi, ed ai nostri eredi; che se a easo in breve, o col Jh.;........_ piscopatus Tergestini annuatim, et singulis annis de vectigalis, et mutae nostrae procuratoribus postulandi, accipiendi, bis negotiandi, et tam in suam, quam ec- clesiae utilitatem convertendi, sicuti ei visum fuerit, placueritque potestas sit. Et illis nostri procuratores de dieta summa paecuniae semper transaeto semianno dimidium quantum justum fuerit } boe est praedictaro summam in anno duobus terminis numerare, solvere, et dare debeant, acceptis prius syngraphis, et quitan- tis, sine nostro vel etiam cujuslibet dolo, errore, cir- cumventione, et eontradictione. Atlamen hoe nobis , nostrisque liaeredibus praesumpsimus , et excepimus : quod si fortassis brevi, Ion ge ve ex qualicumque causa 5 ' TOM. III. 66 tempo per qualunque cagione la strada pubblica di *^9terra e di mare verso Trieste dimirtuira coi tra- športi eommerciali, e si mostrera ed accadera che s’ arresti, cosicche cola dalla nostra gabella o mo¬ da non accresca,, e non provenga piu frutto e gua- dagnOj noi pure al piu volte nominato Vescovo non dobbiaino, ne sianio obbligati contarene pa- gare i medesimi a5o fiorini Renani, fin tanto che la detta via pubblica , ed anche la gabella e muda accrescera, e di nuovo profittera, e šara frequenta- ta , non gia in certo modo cornpito . Per maggior forza e certezza di questo istrumento e stato appe- so il nostro sigillo, il quale conlerma laverita. Dato nella nostra citta di Vieuna li 27 di luglio 1* * viam puhlicam terra, marique Tergestum versus em- poreumatibus decrescere, et reinorari se se obtulerit, ut contigerit, ila ut ex nostro iilic vectigale, et mu- ta nihil amplius fructus, et emolumenti , nou accre- *eat, et proveniat : Kos etiam saepe nominato episcopa- tui eosdem ducentos, et quinquaginta llorenos Rhe- uenses nec numerare , nec solvere debeamus aut obli- gati simus, doneč dieta via publica, et etiam vectigal mutaque accreverit, et iterum profecerit frequentala- que fuerit, non tamen finito certo modo . Ob majorem liujus instrumenti roboralionem, et certitudinem nostruin sigiilum appensuai est, et veritalem augel. Datum in 6 ? anno della nascita di Cristo 1 S 20 , dei nostri re- gniterzo. Assunto con applauso universale al trono impe- riale Garlo V re delle Spagne, depresse si fatta- mente 1’ animo di Francesco re di Francia e suoi aderenti in Italia , che acceso d’invidia e di sdegno gli mosse guerra nel regno di Navarra. Trasferitosi il mese di ottobre 1’ Imperatore in Acquisgrana, ivi fu incoronato secondo 1’uso colla prima coro- naj unito poi coli’ arciduca Ferdinando suo fratel- lo nella Dieta di Vormazia, si conchiuse la pace, e si stabilirono le eapitolazioni. colla Repubblica di Venezia ai 3 maggio deli’ anno seguente i5ai , addiinandata percio di Vormazia, e fra le altre con- dizioni rimase stabilito , che la Repubblica non s’ ingerisse nel contado di Gorizia, e nella nostra citta di Trieste e loro distretti . Memore 1’ imperatore Carlo V. delle benemeren- ze, fedelta e servigj prestati da Nicolo Rauber ca- pitanio di Trieste nel corso della passata guerra contro i Veneti alFaugustissirna Časa d’Austria, in rimunerazione di tal servitu le assegno la signo- ria del castello di san Servolo, colle due inude o gabelle a quella annesse, da godere sua vita du- rante, e dopo la di lui morte, per tre anni, anche nostra civitate Viennae die mensis julii anno a ua- tivitate Ghristi MDXX. reguorum nostrorum III. 68 a’ suoi figliuoli, senza alcnn obbligo di rendere 1 ^ 2,1 con to a ehi si sia . Mentre ardeva la guerra in Lombardia, riaccesa tra Flmperatore, e’l Re di Francia, per le preten- sioni sopra lo stato di Milano, ove gl’ Imperiali ot- tennero uua segnalataviitoria sopra iFrancesi, con mortalita grande di Svizzeri alla Bivoca, terra eontigua a quella citta; trattavasi in Venezia 1’ li¬ mone di quella Repubbliea con Česali, e dali’ al- tro canto il re di Francia con assidui negoziati de’ suoi Ambasciatori pi-ocurava impedirla., ed indur- re quel Se.nato ad unirsi seco. Stette sospeso al- quanti mesi Ranimo di quei Senatori, a qual par- te dovessero appoggiarsi, ed aderire . Andrea Grit- ti Senatore di somma autorita, che fu anche Doge, esortava a non partirsi dalla Francia : alF incoutro Giorgio Cornaro dotato di non minor autorita e prudenza , con effieaei argornenti, e ragioni politi- cbe, persuadeva lo stare uniti con Gesare , e final- men te prevaleudo qtiesto al Gritti, si stabili e con- cliiuse una perpetua paee fra 1’ Imperatore , F Ar- ciduca Ferdinando suo fratello e Franceseo Sforza duca di Milano da una parte, e la Repubbliea Ve¬ neta dali’ altra , con obbligo, mentre fosse bjsogno per difesa del duea di Milano, che i Veneziani do¬ vessero mandare 6oo uomini d’ arme , e 66o caval- li leggieri in suo ajuto, ed occorrendo anco lo stes- so aet regno di Napoli, in caso solarnente che ve- nissero molestati dai Cristiani, ricusando obbligar- si universalrnente per non irritare contro la Repub- blioa F arini Turchescbe, e pagassero oltre cio ali’ ftrciduca ^Ferdinando ducati a'oo mila, in soddisfa- £ione delle antiche differenze accordate in Vorma- lj2 zia. Obbligandosi parimente 1’Imperator e alio stes- so in Ioro difesa, contro chiunque ardisse molesta- re essa Repubbliea in Itaiia . La qual lega, e con- federazione fu stipulata in Roma ai 3 agošto deli’ anno i5a3 , come accerta il Guicciardini . Desideroso il nostro veseovo Bonorno di termi- nare con quiete gli ultimi anni di sna vita, dopo ottennta graziosa licenza dali’ arciduca Ferdinan* do , il quale in rimunerazione dei servigj prestati nel corso di mol ti anni a gl’ imperatori Federico V, Massimiliano e Carlo V, ed anche a sua Altezza Serenissima , lo provide d’ onorato stipendio sua vita durante, arrivato quest’anno in Trieste, si accinse subito con esatta sollecitudine ali a res tau- razione del suo vescovato, ampliandolo con nuove fabbricbe, Un’altra rotta data quest’anno dagFImperiall ai Francesi, collo scacciarli dalPItalia, spinse il te Francesco a venire in persona con duemila lan- cie, e ventiniila pedoni, contro il quale nello stes- so tempo giunse anche 1’ esercito Imperialen e se- guirono fra gli stessi diversifatti d’arme, con perdi- ta quasi sempre dei Francesi, sino ehe sotto Pavia 1’ annoi525 , colla prigionia dello stesso Re leg-j5 2 germente ferito, rimasero rotti e disfatti, ed aneo del tutto scačciati dali’ Itaiia, benche nessuno dei Confederati ( secondo F obbligo della Lega) fos.se comparso in ajuto di Cesare, particolarmente i ^'eneziani, i quali, come viene »sservato dal Guic,’ ciardini, hanno costume di promettere assai piu di 1525 quello vogliono osservare . Pervenuta la nuova di si importante vittoria in Madrid, 1’invittissimo Carlo V. rese le dovute gra- zie al Signore senza dimostrazione esterna di so- verchia allegrezza, rispondendo agli Ambasciatori, ed altri personaggi venuti alla corte per eongratu- larsi seco: che 1’ ajutarlo Iddio con segni si mani¬ festi ^ 1’ accertava, benche immeritamente, d’es* sere in grazia sua, con speranza che ridotta la Cri- s danita, con una pace universale , in tranquilIo ri- poso, si disponessero tutti a preparare la guerra contro gl’ Infedeli. E benche potesse attribuire giu- stamente tutta questa vittoria a se stesso, perche niuno degli amici concorse nelF acquistarla , voleva nondimeno che fosse comune a tutti. E quantunque accettasse per vere le scuse deli’ o- ratore Veneto, in ginstificare in quest’ occasiorie la sua Repubbliea, disse pero a’ circostanti non es- sere quelle assolutamente vere . La qual cosa a me da motivo d’ osservare a proposito nostro eio che scrisse P aecennato Guicciardini delle capitolazio- ni fatte, e riformate piu d’ una volta tra 1’ augu- stissima Časa d’ Austria, e la Repubbliea di Vene- zia . Anche in Bologna li a 3 decembre deli’ anno 1529, seguita P incoronazione d’esso Carlo V, con espressa convenzione e eauzione fu stabilito, che i sudditi deli’ uno e deli’ altro potentato po- tessero senza verun impedimento liberamente ne- goziare tanto per mare , quanto per terra ne’ domi- nj di ciascuna parte . E perche la navigazione fos- 7 r se assolutamente Iibera, come in effetto deve esse- re , e per ovviare a qualunque disordine che acca- 152 ' 5 der potesse, si stabili e conchiuse , che a veruna delle parti sia lecito uscire con vascelli arraati dai proprj porti, prima d’ assicurare con idonea cau- zione di non offendere in alcun conto i sudditi deli’ altra; e finalmente di non permettere ne’loro stati, e dominjtanio in mare, quanto in terra, corsari, o ladroni, che potessero danneggiare i vas- salli delle medesime. Capitolazioni confermate an- che sei anni prima in Venezia, e corroborate col vincolo del giuramento 5 ma poco osservate dai / Veneziani. Sollecito il nostro vescovo Bonomo di conserva- re e mantenere la ginrisdizione della propria dio- cesi, applicossi con esatta diligenza e sollecitudi- ne per riacquistare la pieve di san Canciano, gia incorporata al suo vescovato, per 1’accennata per- muta fatta 1’ anno J396 , come appare dali’ istro- inento seguito tra il Patriarca d’ Aquileja Raimon- do della Torrc, e mons. Brissa di Toppo vescovo a quel tempo di Trieste, la qnale ritrovandola in- giustamente usurpata dai sudditi Veneti, per ria- verla presentb 1’ anno 15a6 in Nunciatura di Ve- nezia, ove agitavasi la lite, ai quali aggiunse 1’an¬ no 1528 lo stesso istromento della permuta , co- me ci rappresenta 1’ ingiunto attestato. LIX. To Bartolornmeo Sanuto del qu.Pietro Vene¬ ro con autorita Apostolica, Imperiale, e di Vene- 7 ia pubblico notaro, ed allre volte cancelliere del- la b. m. del rev. sig. Altobelli Averoldo vescovo di Pola, Legato Apostolico in tutto il Dominio Ve- beto , la presente copia delP istromento di permu* ta prodotta sotto il giorno dei 4 decembre i5a8 di tre carte computate colla presente per parte del rever.mons. vescovo Triestino,in unacontroversia jr a esso reverendiss. vescovo dali’ una, ed il molto reverend. P. Gio. Maria Fosearini dali’altra , so- pra una informazione del beneficio di san Cancia- no nel distretto di Monfalcone, della diocesi Trie- stina, Pho tratta dal processo originale dibattu- to tra le dette parti avanti il prelodato reveren- LiX. Ego Banholomaeus Sanulus qu. Dem. Petri Ve- netus, publicus apostolica , imperiali, ac Venetiarum au- etoritate Notarius, et olioa b, m* rev. D. Altobelli Ave- roldi episcopi Polensis in toto dominio Venetorum le¬ gati apostolici cancellarius , praesens exemplum instru¬ menti perinutationis productuni sub die 4- decembris 'i 528. chartarum trium praesenti computarum , pro par¬ te rev. Dom. episcopi Tergestincnsis, in quadam con- troversia inter ipsum rev. episcopum ex,una, et ad- modum R. P. Joannem Mariam Foscarenum ex altera super quadam informatione beneficii sancti Canciani districtus Montisfalconis, dioecesis Tergestinensis, ex processu originali agitatum inter dictas partes corain dissimo signor Legato, e de! suo r e veren d. signo? Auditore, ed in fede mi sono sottoscritto ec. Ansioso il gloriosissimo Carlo V di promoverejSSo »d imitazione degli antichi Imperatori il succes- sore ueir imperio.; ritornato in Germania 1’ anno i53o fece congregare uma generale Dieta in Au- gusta, ed in quella eleggere e ereare Cesare e Re de' Romani Ferdinando suo fratello arciduca d’ Au- stria eni presiedette, soggetto d’ impareggiabile virtu e talenti, il quale in Germania sostenuto 1’ avea con indefesse faticbe sino a quel tempo col titolo di vicario e luogotenente deli’impero . In- coronato fu poicon grandissimapompa, applauso e soddisfazione de’prineipi Gattolici Imperatore in, Acquisgrana, in tempo cosi opportuno , che tut- ta la Gristianita sbigottita ed oppressa dal timore s stava in estrema necessita per opporsi ali’ immen- se forze, e reprimere 1’ audacia di Solimano gran Signore de’ Turchi, col quale nell’ Ungheria ed Austria seguirono molte sanguinose battaglie, ed orribili guerre , mentre ardi temerariamente asse- diare la citta di Vienna, benche con grandissima strage de’ suoi, e sua poca riputazione, fosse in- di ribattuto e discacciato. Essendo congregata d’ ordine cesareo una Dieta praelibato R. D. Legato, seu ejus R. D. Auditore, e- seroplavi , et iu fidem me subseripsi etc. 74 universale nella citta di Lubiana per accudire alla 3°custodia e difesa dei confini contro la potenza di Solimano, e leincursioni de’suoi soldati, dalla no- stra citta di Trieste fa inviato alla stessa Bernardo Petazzi, col titolo d’ Oratore, accompagnato dalla ingiunte lettere credenziali di questo tenore . LX. Al reverendissimo, reverendi, ehiarissimi, valorosi, nobilidel serenissimo signor nostroRe ec. N. degnissimi consiglieri e commissarj nel con- gresso di Lubiana, alli signori e maggiori nostri osservandissimi. Reverendiss. , rev. ehiarissimi, e valorosi signo¬ ri, e maggiori a noi osservandissimi! Dopo la do- vuta raccomandazione dei servizj colle lettere del- la sacra regia Maesta, colle. quali siete cbiarnati al Congresso di Lubiana per il giorno dei tre Re li 6. gennaro pressimo futuro, mandiamo alle signorie LX. Reverendissimo, reverendis, clarissimis, stre- nuis, nobibbus, serenissimi D. nostri Regis ec. N. di- gnissimis consiliariis, et commissariis in convenlu La- bacensi dominis , et niajoribus nostris observantissi- rnis . Reverendissimi, reverendi, clarissimi, ac strenui do¬ mini , et majores nobis observandissimi ! Post debitam commendationetn servitiorutn per litteras sacr. reg Ma- jest. per quales vocati ad conventum Labacensem pro die trium regum VI. Januarii prosime futuri, mitti* I \ ' 75 vostre il nobile cittadino, e nostro oratore sig.Ber¬ nardo Petazzi esibitore delle presenti esposte con •jualche nostra parte , onde piaccia alle signorie vo¬ stre di prestargli indubitata fede nelle cose che e- hporra, come a noi sefossimo presenti. Stiano bene le signorie vostre , alle quali noi ci offriamo , e raccomandiamo nel maggior modo . Dato in Trie- ste li 2 . 6 . decembre i53o. Delle signorie vostre Dilettissimi giudici, consiglio, e cotnuni- ta della citta di Trieste. A questa lettera credenziale, ed alPinviato Pe¬ tazzi d’ordine di sua Maesta alPaccennata Dieta , mus ad dominationes vestras nob. civem, et oratorem nostrum dominum Bernardum Petatium praesentium exhibitorem expositurum nonnulla parte nostra, unde placeat dominationibus vestris ei fidem in exponendo praestare indubiam, tamqu.am nobis si praesentes esse- mus. Bene valeant dominationes vestrae ! Quibus nos, et offerimus et commendamus majorem in modum. Bat. Terg. 26. decembris i53o. Dominationum vestrarum Dilectissimi judices, consilium, et comnui- nitas civitatis Tergesti. apposgiato 11 barone Waichardo ValvasorC, argo* s;; j 0 menta, e deduce nella sua storia del Cragno (i)j che la nostra citta di Trieste 9 ia soggetta a quella provincia. Al qual supposto, perche alieno d’ogni veri ta, altro non rispondo in questo luogo, avendo nella prima parte a sufficienza dimostrato , che in veran tempo lanostra citta di Trieste non riconob- besosgezione alcuna, bencheminimada quella pro¬ vincia. Ne essa mai puo gloriarsi d’avere esercita- ta superiorita veruna sopra della stessa. Nel palazzo antico della citta, dalle fiamme in- cenerito in tm Pilone verso il pozzo addimandato del mare, erano scolpite queste sole lettere 53 MDXXXI. A qnal fine fossero ivi incise, non trovasi altra no- tizia, quando cio non seguisse dalFessersi rifabbri* cato in tal anno esso palazzo. Ed in quello del i533. ritrovo assegnato al governo politico con ti- tolo di capitanioCesareo alla nostra cittaBartolorn- meo Riccionio conte Milanese. Peristabilimento d’ nna ferma pace, fu conchinso dai Padri adunati nel concilio di Trento li 17 . del mese di gennaro deli’anno i535. con sentenza de- finitivaj doversi ritornare alla Repubblica di Ve* nezia Gastelnuovo nel Carso delli sigg. Givardi, e quella di s. Servolo ai Ducaini: agPlmperiali Mo- miano delli Sigg. Raunicar, e Crestuia di Nicolb ( 1 ) Par. 3. lih. XI. eslrat. 1 3. pag. 58g. , . 77 Neuliaus , quai caslelli, e luoglii, ancorclie in vir- tu dital sentenza fossero restituiti ai suoi proprj 1 ^° padroni_, col progresso pero del tempo gliaspettan- ti agPimperiali mediante la compra di essi col da¬ ti ar o, ritornarono alle mani dei Veneziani , ed altri spettanti alla Repubblica j cioe Gastelnovo , e san Servolo comprati dai sudditi delPaugustissiinaCa- sa d’Austria, furono aggregati a’suoi Stati. IPanno medesimo, li i3 maggio Maddalena Bi- saz lascib al capitolo con suo testamento due du¬ cati alP anno, coli’obbligo che annualmente dopo la sua morte il detto capitolo avesse da celebrarla Panniversario j e trenta Messe per P aniraa sua. II seguente anno i536. fu promosso nuovamente dalla Maesta Cesarea al capitauiato di Trieste Ni- colo Rauber Barone del Cragno : e quesPistesso an¬ no ritrovo concesso ai mercanti e cittadini di Trie¬ ste abitanti nel regno e citta di Napoli un bellis- simo ed arnplo privilegio, dal quale scorgesi la sti¬ lna e concetto che della nostra citta di Trieste fa- cevano 5 eosi FImperatore Carlo V. corne i suoi ministri: qnal privilegio conservasi neiP archivio pubblico della citta di tal tenore. LXt. Carlo quintocol favore.della divina elemen¬ ta Imperatore de’Romani sernpre Augusto, Redel- LXf. Carolus quintus divina favente clementia Ro- manorum Imperator semper Augustus , rex Germaniae. 73 _ M • la Germania, Giovanna di Iui madre, ed il medesi- 36 nio Carlo suo figlio re di Gastiglia, Aragona, delle dueSicilie, diGerusalemme, Uugheria , Dalraazia, Groazia ec. Don Pietro di Toledo marchese di Villafranca con Cesareo e Gattolico comando Vicere, luogote- nente, e capitano generale nel presente regno ec. Ad tutti, et singoli baroni, titulati, e non titu- lati, gubernatori , auditori, capitanei, assessori , sindici eletti, universita, et uomeni, et altri uffi- ciali, et persone qualsevogliono, a chi la presente per ventura spettera, o šara presentata, la regia gratia e buona volunta. Per parte de li infraseripti supp. mi e stato preseutato memoriale del tenor se- guente. Vz. ill. sig. da parte della comunita de la citta di Trieste fedelissima , et devotissima de la screnissimaCasa de Austria, sefa intendere a v. ill. sign. come per la Cesarea Maesta in li anni passa- ti li e stato concesso privilegio, che tutti Triesti- ni commoranti in questo regno diNapoli habbia da godere tutte preeminentie, prerogative, esentione, Joanna ejus mater, ct idem Carclus ejus fdius rex Castellae, Aragon., utr!usque Siciliae, Hierusalem, Hun- gariae, Dalm., Croat. elc. D. Petrus de Toledo marcliio Villae Francbae caesa- reo, et catholico mandato in praesenti regno Vicerex » locumtenens, et capitaneus generalis ete. (reliqua iu italieo idomate). 79 ct privilegi, quali gaudeno i Florentini commoran- ti in detto regno, secundo io tenor delli privilegi 1 concessi ad Florentini per li serenissiini retro pas- ssti re, e per la sua Ces. Maesta et tra li altri pre- rogative concesse ad dieti Florentini si e, che pos¬ tno eliger uno Console, quale habbia da conoscer de tutte civile e eriminale de essi Florentini com- moranti in questo regno , reservato crimine lesae maiestatis, falsae monete, et homicidj, per vieor del quale privilegio essa eomunita Triestina have eletto, et creato Console generale de Triestini in questo regno di Napoli lo magnifico Pietro Canta- na rnercante lor Concive, qual e official del regno, se pretende de nou volerli observar, che possa ex- eereitare suafuntione in le cause eriminale deTrie- stini riservato li dieti tre časi, senza espresso ordi- ne de v. ill. sign. Pero li supplica epsaeommunita, che v. i. s. se digneordinar ad ciascuno barone, ed officiale del regno, che non babino da molestar, ne perturbar dieto lor Console in lo exercitio di dieta luntione civile, et eriminale reservato li dieti tre časi, secundo lo tenor de dieti privilegi concessi ad epsa eommunita de Trieste, et ad dieti Florenti¬ ni , ma che liberi possa usare dieta sua funtionese¬ cundo la volonta de la Cesarea Maesta ut Deus ec. Noi intesa tale expositione dicimo, ordiniamo, et commandamo a tutti lipredetti, et ciasebeduno de ipsi in solidum, che alla p. urn. debiano observar, et far observar i loro privilegi circa lo eliger del Consulo, et cognoscer delle cause civile, et crimi- nale, reservato crimine lesae maiestatis, false mo- 536 8o nete, et homicidj iuxta la forma de li Ioro privile- cbe tale e nostra volunta, ed intentioae, et ne si faccia lo contrario, per quanto se ne ha čara la gratia della predetta Maesta, et a pena di mille du¬ cati la presente reste al presentante . Dato nella citta di Napoli li a3 del mese d’agosto i536. Pietro di Toledo Sig. Vicere Locotenente Generale. Comanda a me Bernardino Martiano Gio. Martialis . 540 L’ anno 1540 dalla corte Cesarea, per capitanio della no*tra citta, fu assegnato Leonardo Nogaro- la eonte Veronese , soggetto di pregiatissimi talen- ( : .v .-o Dat. in Civitate Neap. die XXIII. mensis augusti MDXXXVI. Petro de Toledo. Dominus Vieerex Locumt. gen. Man. mihi Bernardino Martiano Jo. Martialis, 81 ti, e dottissimo nelle lingue greca e latina, e peri- tissimo degl’ idiomi alemanno, francese,, spagnuo - 1 ^4® lo, unghero, turehesco, sclavonico o illirico , ed al pari pratico delle cose del mondo e di stato , co- si acclamato dal Sansovino (i), il quale appoggiato al supplemento aggiunto al libro XV deli’ Eneide del Sabellico 1’ onora con quest’ elogio: Ferdinan- do mando tre Legati a Solimano con doni e facolta di trattare la pace a eonvenevolissime eondizioni, il capo de’ quali era Leonardo Nogarola nobile Ve- ronese, insigne perito di letteratura, e di molti linguaggi ec. Fra Leandro Alberti nella sua Ita- lia scrive pure di lui: = Fu Leonardo degnissimo filosofo, eccellente teologo , e non meno eloquen- tissimo oratore, come dali’ opere da lui lasciate si puo conoscere 5 il quale essendo molto dalla fortu- na ( come si dice dal volgo) travagliato, ovunque passava era pero onorato, e riverito, portando se- co tutti i suoi beni, come faceva Biante e Prianeo. Oi’a essendo fuori della patria, fu graziosamente ricevuto da Clemente VIL sommo pontefice, e da Massimiliano imperatore, e mandato Ambasciato- re a diversi Principi, e diverse Nazioni, che ( ol- tre alla dottrina che aveva) era perito nell’ idioma francese, italianoec., onde era tenuto, che non fosse quasi lingua alcuna a lui nascosta, tanto era 1’ eccellenza del suo ingegno. Manco tanto uoaio gloria non solo della citta di Verona', ma delFIta- (O Orig. Famil. Mus. d’Ital. TOM. ni. G lia tutta, quest’anni passati in Trieste ove era 5 4 °capitanio , signore di Belforte, consigliere delPIm- peratore, conte e cavaliere di san Giacomo, e con- chiude: non potersi scrivere tanto di quest’ uomo, quanto le sue degnissime virtu ricercano, == Sin qui quest’autore. Avendo tentato piii volte Solimano, benehe in darno, la preša della citta di Buda, alla fine ai a ^ , settembre del 1S41 s’ impadroni, con inganno , di ^ essa, il che molto sconvolse 1 ’ animo del re Ferdi¬ nandovi qualenecessitato d’applicarsi contro Far¬ mi Turche, die campo a Beltramo Scaccia Udine- se, con intelligenza delFambasciatore Francese re* sidente in Venezia , d’ occupare Marano, fortezza importante , situata nell’ estremita delF Adriatico vicino Aquileja . Per eseguire F intento fece dime- stichezza col Governatore della stessa, e fattolo suo compadre, gli offerse con frode di condurre dalFIstria due barche di grano per uso della mede- sima. Gomparve ai 2 di gennaro del 1 542 colle barche coperte di stuoje, ma piene di'solda ti im- barcati nel porto di Pirano, terra soggetta al do- minio Veneto a vista della fortezza, e fra essi un certo addimandatoTurchetto da Brescia amico del- lo Scaccia. Apri la porta F incauto Governatore per accogliere il grano, e Beltramo, il qnale stava sullaprora, grido subito senza dimora, fuori for- mento ; a tal voee saltati in terra i soldati, cogli autori del tradimento, occupata la porta del castel' lo gridando Marco, Marco, Francia, Francia, s ? im- padronirono di Marano. In ajuto de’quali dallo gtato Veneto concorsero subito altri cento, i quali 83 >initx colla gente dello Scaccia s’inoitrarono aPer- cinieo, ed altre terre di poca importanza soggette 1 al re Ferdinande, che ritrovate sprovviste, e disar- mate, fnrono da loro saccheggiate. Al rumore di no vila si improvvisa accorse Nicold della Torre governatore di Gradišča, soggetto di sperirnentato valore , con seicento fanti, e 100 ca- valli delle cernide per ricuperare Marano, ma al trovare rinforzati i traditori, tralascio Fimpresa , e riacquistato Percinico ritorno a Gradišča . II Tnr- chetto, scacciato da Marano lo Scaccia, irmalzd ia Fandiera di Francia sopra le mura, ed offri cjuella Fortezza a Pietro Strozzi fuornscito Fiorentino, il qual raccoglieva soldati a norne del re Cristianissi- mo nello stato Venelo, giaeche occupata a notne di sua Maesta le inviasse soecorso come segni per ma- re sotto la condotta di Simeon Francese, ed altri capi. IntesoilreFerdinandoiltradimento, diede or- dine di congregare subito buon numero di soldati a piedi ed a cavallo per riacquistare Marano sotto la scorta di molti capitani, fra 5 quali il prineipale ftt Faccennato Nicolo della Torre . Da Trieste parimente si mosse nna piccola flot- ta diretta da Godinez Spagnuolo soggetto pratico di mare, gia comandante di alenne fuste, affine di conservare libero il passo contro i Veneli rtel golfo di Trieste. Assedib egli dallaparte di mare colla flotta Marano, che percio, serive Paolo Parata (i), molto risentironsi i Veneziani dali’essere armata 0 ) Hist. Tenet. lih, XI, 84 una fusta, e due bregantini in Trieste , e con essi 4 a entrati nel porto di Legnano per istringere Marano dalla parte di mare , e cio a causa delle ragioni, che pretendeva la Repubblica avere sopra quel por¬ to . Se tali ragioni fossero palliate, o no , si trala- scia il giudizio ai pratici dei fatti della stessa, ehe mai contenta del proprio ? inventava sempre nuovi pretesti d’allargarsi sopra 1’altrui. V’aceorse anche dalla parte di terra il prefatoNicolo della Torre, il quale dopo qualche tempo ridusse a termine tale quella Fortezza, che mancandole il vitto, non po- tea piu sostenersi, e percio vicina alla resa, quan- do F arrivo d’Alessandro Bondomiero con alquante Galere non Favesse impedito; posciacche entrato nella piazza, fece intendere al Torre, e Godinez es- sere quel luogo della Signoria Veneta, avendolo eomprato dai Francesi , e con tal pretesto, e scusa usurparono contro ogni ragionequella Fortezza li- berandola cosi dalFassedio. Nonpotendoil reFerdinandoapplicato alFimpor- tanti, e continue guerre de’Turchi, con altra de- terminazione in tempo si calamitoso, attendere a quest , irnpresa, i suceessi di tal tradimento resta- rono svaniti senza il debito risentimento. Benche quel Senato per coperta delle sue astute frodi, ol- tre gli accennati pretesti adducesse a Don Diego di Mendozza ambasciatore delFImperatoremolte altre scuse riferite da Alfonso Ulloa nella vita del poten- tissimo Ferdinande I. Il conte Nicolo della Torre per impedire d’allargarsi nel continente di Terra-fer- ma alla Repubblica innalzo unForte vicino alle por- te di Marano addimandandolo Maran nuovo^ ove pošto ^ufficiente presidio , fe ritorno a Gradišča , da 1 ^6 esso con grandissima vigilanza custodita, addottri- nato dal tradimento seguito diMarano. Quest’anno pure pubblicossiinTrieste laregiaprammaticadell’ Imperatore Carlo V, la quale oggidi ancora eonser- vasi nell’archivio pubblico della vicedominaria, so- pra iRmodo del vivere, e vestire ec. Gon sommo dolore, e sentimento universale del¬ la citta il nostro vescovo Pietro Bonomo nonagena- rio si trasferia’i5 giugno j 546 da questa mortal vita a godere i tesori accumulati per 1’eterna, so- pra la cui sepoltura vicino alla porta maggiore del¬ la cattedrale leggesi quest’epitafio . (*) Questo sepolcro cuopre le ossadel prelato Pie¬ tro Bonomo, il popolo grato al suo concittadino gli rende pietosi voti. Mori li 15 giugno 1546 nell’anno delPeta sua ot- tantesim’ottavo, sede 46 anni. Di quest’insigne prelato ritrovasi nei frammenti mss. di monsig. Andrea Rapiccio pur vescovo di Trieste 1’ingiunta memoria = (**) Pietro Bonomo (*) Praesulis hic tumulus, Petri tegit ossa Bonomi Grata suoCivi, Plebs pia vota refert. Aetatis anno LX XXV III. sedit annis 46 defunctus i546 die i5 junii. (**) Petrus Bonomup , Tergestinus , liberalis atque 86 Triestino , uomo cTingegno liberale ed erudito. G Questi restauroperlamaggiorpartelerovinedel ve- scovato . Edifieo con gran dispendio magnificliecase ai nepoti. Gran tempo ebbe mol to contrasto coiSer- ■volani circa la giurisdizione del castello di Mocola- no, e trasmise la detta controversia ai suoi sncces- sori. Ed avendo esercitato 1’officio di gran cancel- liere di Ferdinando I., consegui iltitolo di principe, come appare nella sottoscrizione di certa sentenza criminale emanata in Vienna 1’anno i5aa nel mese di luglio, la cui sottoscrizione cosi suona: = Peter Pishoff ven Triest groš Canzler Fierot von Simpte ec. = Precedette nel medesimo anno a’i9febbraro alla naorte di monsig. Bonomo quella del capitanio Leo¬ nardo Nogarola, soggetti ambedue qualificati, e d’ incomparabile stima, e valore. ruditi ingenii vir. Restituit hic magna ex parte ruinas episeopatus, splendidas aedes nepotibus magno sum- ptu aedificavit. Cum Servulianis de jurisdictione arcis Mocliolaiium diu, et mulium contendit, eam con magnanima liberalka l’an- no i55a volle nuovamente rieonoscerla, e gratifi-*55 earla colla conferraazione del gia ottenuto privi- legio dalla Maesta delPImperatore Massimiliano I. quello del 1517 . Che tutte le merci, e viveri, che dal dorninio arciducale si trasportano allo stato Ve- neto, dovessero prima passare per la nostra citta di Trieste, a beneficio della stessa, per la quale il mese di maggio transito gran numero di Soldati italianiindirizzati al soccorso della Germania , e per ovviare ad ogni tumulto, ed assicurarsi da sospetti di nuova guerra, fu con premurosa custodia, mu- nita, e fortificato anco il suo castello . Pubblicossi il mese d’ottobre anclie il privilegio, ottenuto dai Triestini dalla Maesta Regia, il qual proibiva, che veruno presumesse condurre vini forastieri ne a Fiume, ne a s. Giovanni di Duino, senz’incorrere nelle pene in esso assegnate contro i trasgressori di tal privilegio. Alcuni cornmissarj inviati dalla corte Reale a Trieste per formare un nuovo processo contro il 94 sao vescovo Antonio Castilegio, mentre 1’altro for- '^^mato prima, fu senza la debita osservanza giudizia- le; arrivati li 2,3 novembre, e fatto diligenteesame di qnanto fu loro imposto; ritornati alla corte, ed a quella riferto tutto 1 ’operato , dopo esaminato nuo- vamente il processo, si spedirono altre eommissio- ni a Trieste, con ordine che monsig.Castilegio fos- se restituito, e riinesso nel suo primo possesso del vescovato,il che segui li 5 aprile del seguente an- no x553 con comminazione, che nello spirituale se glirenda tntta Tobbedienza, e ne’conti delle con- fraternite s’osservi il solito,e consuetudine anti- ca. Acquietate con cio le controversie, si stabili nulladimeno nel consiglio, che nei conti delle con- fraterne, predicatore, e maestro di scuola non do- vesse ingerirsi il vescovo altrimente facendo ^ si ricorresse alla corte. Spargendosi voce che il Turco intendesse assali- re Trieste, congregato consiglio li 29 luglio del 1 554 resto stabilito di ricorrere al re Ferdinando per le provisioni necessarie; e perche il porto era munito, fu conchiuso il mese di settembre, che per assicu- rare le barche dalle tempeste si dovesse scavare . Quest’ anno pure con insolente violenza dalcoman- dante Venelo, assistito da cinque galere, furono levati dal porto di Grignano cinque miglia distante da Trieste due vascelli carichi di merei spettanti ai cittadini, ed abitanti della citta, del qual suecesso fu subito avvisatala superiorita, e li banditi Vene’ ti furono scacciati da Trieste . Dovendosieleggere nuovaabbadessa nel ven.mo- 9 5 nastero della Cella di Trieste, $’opposero alcune monache al medesimo vescovo, il quale ricorso alla 1 corte ottenne commissioni indirizzate al consiglio , in cui si conchiuse a’5 di gennaro del i555 che il magistrato assisterebbe in ogni oecorrenza a mon- signor vescovo contro lecontuniaci, nove dellequa- li li is di febbrarofurono scacciatedal vescovo fuo- ri del monastero , che ritirate nella chiesa di s. Sil¬ vestra , il pubblico le providde d’abitazione riguar- devole, con ordine d’essere alimentate dalle rendi- te del monastero, sino a nuova risoluzione della Re- gia Maesta, alla qwale subito si diede relazione del caso. Lo stesso giorno di febbraro ritrovasi nei li¬ bri dei consigli molto avanzata la peste, e dalpub- Rlieo soccorsi gl’infetti. Qnest’anno pure, per ovviare ai danni che ap- portavano alla nostra citta i contadini di s. Servo- lo, e Sborzenech, col comprare per le strade ilfor- mento, e grani, ebe dal Cragno venivano a Trieste, c condurlo nello stato Veneto contro i privilegj da essa ottennti dalla clemenza Regia, si mandaronoa tal fine alciini cittadini sopra i passi, iquali seque- strati alqnanti uomini,e cavalli li condussero a Trieste , che ricusando di restituire alle richieste degli agentidelle giurisdizionidi s.Servolo, e Sbor¬ zenech fu Torigine di molti disordini, cbepondera- ti dal pubblico col grave danno apportato alla citta del mercato, che facevasi in Senoseza, si conchiu¬ se in consiglio 1’anno 1 556 di procurare dagli ec-j 556 celsi reggimenti con supplichevole ricorso di farlo levare. Garicavano quest’ anno pure alcuni Vene- 9 6 ziani alla bocca del Timavo due barcbe di formen- 1S 5 ^to di contrabbando, le quali a mano armata levate dai nostri Triestini le condussero a Trieste . Lamen- tandosi di tal successo Paolo Tiepolo ambasciatore Veneto presso la corte, ottenne alla fine la resti- tuzione di essecon patto pero cbe prima fosse re- stituita la barca di formento levata daiMugisani al sig. Antonio Giuliani di Trieste . II ritrovarsi nel libro dei Gonsigli della citta 1’ ingiunte parole: s=s (*j Li a3 maggio i556 essendo la citta di Trieste gia da tre anni priva di pastore, e vescovo, fu deliberato in pubblico Gonsiglio di supplicare la Maesta Gesarea, affinche si degnasse provederla d’un Pastore il quale risieda ec. = Di- mostra allontanarsi dal vero 1’essere egli statopro- mosso alParcivescovato Calaritano nelPisola di Sardegna 1’ anno i558, eome gli attribuisce 1’ ab- bate Ughellio, meroecche se gia tre anni per le oontinue rotture poca unione, e corrispond#nza colla citta quella sospirava 1’ assistenza del proprio pastore, e necessario 1’ asserire^ che molto prima del i558 rinunziasse il vescovato di Trieste, del che pure miaccerta il ricorso diGiovanniBetta fat- C) Die a3 maii i556. Cum civitas Tergestina jam anms tribus careat pastore , et episcopo , consultum fuit in publico consilio supplicandam majestatem Caesaream. quatenus dignaretur providere de uno pastore, qui re- »ideat ec. 97 to F anno 1 556 . per terza persona al pubblico., ac- cioeche raccomandato dalla citta, ottenesse piu 1 facilmente il suo veseovato., come gli succ»sse in effetto per la supplica da essa fatta F anno seguen- te alla Maesta del re Ferdiuando a degnarsi di pro- vederla. 'Arrivata la risposta allesuppliche fatte dallaeit- ta alla Corte, per levare ed abolire il mercato di Sanosezza, fu pubblieamente letta in Consiglio li* 6 decembre di quest’ istess’ anno . E percio fu comrnesso F anno seguente i 557 ai sudditi diSbor- zeneeh, e s.Servolo Fastenersi di piu concorrere al suddetto mercato. Nuovi indizj, e sospetti diguer- ra, scoperti in que$ti confini, spinsero la superiori- ta ad ordinare gli opportuni rimedj per la provisio- ne de’viveri,e munizioni. La discordia che nelle comunita religiose partorisce calamita , e miserie, ridusse anco le nostre monache di Trieste ad estro¬ ma poverta; onde bramose di soccorso presentaro- no memoriale alli sigg. giudici d’essere sollevate, il quale non ebbe effetto non essendo ascoltate. A’ 3 o luglio di quest , istesso anno, giunse avvi- so a Trieste, che F armata navale Turchesea ve- nutaglianni passatinel golfo di Napoti con 120 ga- lere , si trasporterebbe nuovamente quest’ anno nell’Adriatico a danni delle citta marittime^ e per- cio doversi per tempo presidiare Trieste . Essendo propostoli 27 gennaro del j 558 In pub- blica adunanza della confraternita de’ nobili di s. Francesco , gia di sopra accennata, che diverse al- tre famiglie o! tre le tredici nobili gia dicUiavate , TOM. m. 7 9 8 contro le leggi ed ordini stabiliti fqssero State a aggregate; per conservazione d^ntiehita si no- bile fu«nuovamente decretato , che nell’ avve- nire li nobili sigg. sindici di essa sotto pena di li¬ re ioo non ardiscano accettare, e scrivere alcuno perfratello, il quale non fosse delle sopraddette trediei famiglie nobili, e cbe li gia ascritti contro gli accennati ordini, e leggi si cancellassero, e fossero irriti, e nulli. Alla rovina cbe minacciava parte della cattedra- le di s. Giusto, fu rimediato medesimamente que- st’anno dal pubblico col soldo delle confraterne, e scuole pie . E fatta la revista delle vigne , e nuovi pastenati nei confini del territorio dal sig. Giovan- ni Baseo giudice del mese di maggio in conforniita agli statuti, e ritrovata qtiantita di viti pastinate dalli sudditi di Duinocontro le convenzioni, e pat- ti nel territorio di Trieste, le fece tagliare. Ma\- contenti di cio alcuni malevoli, in vendetta di tal fatto tagliarono tutte le viti delle possessioni di esso Baseo. Per ispoprire il reo di tal delitto si fe* eero molte diligenze, con promessa anche di lire 200 dal pubblico, e lire ioo. dal Baseo, e 1 ’impn- nita a chi palesasse il malfattore, ma pero senza frutto, perche non si pote scuoprire 1’autore di tal i^5 tnisfatto• L’anno seguente i559una partita diTur* chi scorse sin nella Piuca, nta con poco danno» 99 Imperatore iAfo Potttefice Ferdinando I. Pio IV. 68 GIOVANNI VII. BET TA Trentino abbate di San Gottardo religioso Benedittino, sostituito n el nostro vescovato di Trieste al vescovo Častile- gio promosso ali’arcivescovato Calaritano . Appe- na prešo il possesso , applieossi con gran sol leči* tudine, benehe cagionevole di salute , alla coltura della propria vigna, che non poca fatica gli con- venne soffrire , perridurre alla verareligione alcu- ni infetti d’eresia . Quest’anno successe pavimente a Giovanni d’Hoyos nel capitaniato di Trieste An* tonio della Torre barone del Cragno. Tali e tanti furono i privilegj e beneficj conees- si dalla liberalita deli’ imperatore Ferdinando I. alla nostra citta di Trieste, che obbligarono i suoi eittadini d’ ergere quest’arino in memoria di tanto principe, e benefattore la colonna eoll’ Aquila ne- ra imperiale » ed ingiunta sottoscrizione , in piazza detta la grande (i). (*) Sotto i nostri auspicj vive* te feliei o eittadini, e rimarra quel che avete a yo- stra disposizione. e= (*) Numine sub nostro felices vrvite eives ; Arbitrii vestri, quidquid habetis , erit. (i) Fu levata, e dismessa li 3 a aprile 1788. per al. žare il suolo. Dovevasi piuttosto trapiantarla in ahra piazza . 10O Scoperte dal pnbblioo le molte frodi cbe com« 1 ^ I mettevansi nella vendita del formento, ed altri gra- ni, stabili che nei tempi venturi, per levare ogni inganno , si servissero i Mercanti della misura di Lubiana . La chiesa di san Francesco, la quale minacciava roVina per traseuraggine de’ suoi religiosi, fu dalla pieta del pubblico, e carita de’cittadini riparata, quantunque vi fosse grandissima penuria eearestia di vino, mentre nel mese di maržo appena se ne poteva trovare in citta, e fu la stessa in necessita di ricbiamare de’ vini forastieri . L’ anno 1 56 1 ai a5 gennaro vennero commissio- . ni deli’ eeeelso reggimento delfAustria inferiore dirette ai signori capitanio ed esattore di Trieste, al capitanio ed assessori di Gorizia e Gradišča , al vice-capitanio, e vicedomino del Cragno, accio co- me, eommissarj deputati ergessero, eostituissero, ed introducessero una nuova fiera, o mercato nel¬ la citta di Trieste . Questo medesimo anno ingiun- se il consiglio al pretore della comunita, cbe alli eonsiglieri di rispetto, e persone di stima il giorno della loro sepoltura debba egli con un breve ser- mone onorare il loro funerale . Il primo che adem- pi tal obbligo lu Gio. Domenico Tarsia soggetto erudito nella lingua greca e latina, condotto collo stipendio di ducati ico, e časa franea. Ritrovandosi aggravata la citta da molti debiti incontrati in diversi litigj , innalzamento della colonna deli’ aquila, e fabhrica del palazzo, quasi ascendeati alla som m a di ducati duemille^ oltre gli tor Btipendj non pagati ax sakriati; per grati tu din e , ed atnore della patria si conchiuse in consiglio ai 15 ^s 9 maržo, che dai consiglieri s’esercitassero le ca- riche ed nfficj pubblici per il corso di 4 anni senza aleun onorario. Ai 6 lugliofu pure decretato, e per rubrica negli statuti imposto, che ne uva , ne vini forastieri potessero condursi a Trieste, sotto pena d’ essere fondate le barche,con perdita della roba, e eondannato 5o ducati il giudice ritrovato negli- gente nel far eseguire lo stabilito. Mi cade in acconcio di qui riferire parte di un privilegio concesso ai 28 agosto del i56i dalFIm- peratore Ferdinando I. ai fratelli Benvenuto e Ge- retnia Petazzi, in cui chiaramente apparisce, che 1’ illustrissima prosapia de Petazzi fu sernpre an- tichissima nella nostra citta . LXII. Per la qual cosa Benvenuto e Geremia fratelli de Petaazi, avendo noi ricevuto un testi- inonio molto luminoso , e degno di fede , che l’an- tichissima vostra famiglia de Petazzi sia stata sem- pre nella nostra citta di Trieste, e da quella sieno provenuti uomini egregi ed eccellenti, i quali ne’ LXII. Quamobretn Benvermte, et Hieretniae fratres de Petaccio, cum satis luculento, et fide digno testi- monio acceperimus familiam vestram de Petaccio in civitate nostra Tergesti semper antiquissimam extitis- Se > et ex ea multos egregios, et praestantes viros pro» 102 trascorsi anni, non solo alla patria^ rna ancora ai 1 ^^ I suoi principi, ed a tutta P inclita nostra famiglia d^ustria, alla quale si sono assoggettati, procura- rono d’essere utili con ogni dovere di loro fedelta, edossequio, fra i qualimeritamentequi sopra tutti a noi sernbra di riconoscere il qn. Adelmo de Pe- tazzi, il quale esšendo stato mandato ambasciatore nelPanno i33a dalla nostra citta Triestina, allora libera Repubblica, come abbiamo saputo , insieme con a 1 tri principal! suoi concittadini e collegio ali illustre qu.Leopoldo duca d^ustria nostro prede- cessore di b. m. j per darsi con tutte le fortezze, sudditi, e sue pertinenze volontariamente nella sua, e deli' inclita nostra časa d’Austria elemente diisse, qui retroaetis annis , noti solum patriae , verum etiam principibus suis, et universae demum incljtae nostrae Austrae familiae, cui se se sninma devotione subdidorant, prodesse omni dtbito fidelitatis eorum obsecjuio studuerunt, inter quos merilo hic ante alio* nobis x’ecetisendus videtur quondam Aldelmus de Pe- taccio, qui cum anno millesimo tercenlesimo octuage- simo secundo a-civitate nostra Tergestina tune libera Rcpublica, sicut accepimus, una cum aliis potioribus suis concivibus , et collegis ad illustrem qu. Leopol¬ du rn ducem Austriae praedecessorem nostrum b. m., ut se cum omnibus arcibus subditis, et pertinentiis suis ultro in ejus, et inclitae domus nostrae Austriae clementem tutelam, defensionem, et protectronem de- i '65 tutela, difesa e protezione , sufficientemente i- struito da esša di speciale mandato, si diporto in 1 quest , affare di maniera che abbia soddisfatto ab- bondevolmente alla detta nostra citta Triestina, e quindi abbia meritato somma lode da tutti, ed insieme anche abbia lasciato ai posteri immortale memoria del suonome, impetrati senza dubbio con quel nome 3 come viene asserito dallamaggior par- te, dal detto qu. duca Leopoldo, tanto per la gia detta citta nostra Triestina, di lui comune patria, quanto ancora per se stesso, e suoi discendenti in specie, amplissimi privilegj, i quali poi essendo seguite gravissime mosse di guerra, e perturbato lo stato della detta nostra citta Triestina, si dice che siensi perduti ec., volontieri ec. deret, orator sufficienti ab ea instructus mandato, mis- sus esset, ita se in eo munere gessit, ut dictae civi- tati nostrae Tergestinae cumulate satisfecerit, sum- mamcjue inde ab omnibus laudem meruerit, a{: simul etiam perpetuam sui nominis memoria m postoriš con- secratam tradiderit, impetratis nimirum et notuine, et dieto quondam duce Leopoldo plerisijue, ut asseri- tur, cum pro jam dieta civitate nostra Tergestina , cjus communi patria, tum etiam pro seipso, et eju» de- sceudentibus in specie amplissimis privilegiis, quae po- stea secutis gravissimis bellorum motibus, et perturba¬ to dietne civitatis nostrae Tergestinae statu, amissa fuisse perhibentur etc. libenter etc. TC4 DalPessere gli statuti della citta composti in lati* ' fj3 no, e percio non intesi da tutti, per soddisfare ad ognimo, si conchiuse in consiglio li 24 maggio del iS6a di farli traslatare nelPidioma italiano . Pretendendo quest’anno monsig. vescovo Betta, appoggiato alla licenza impetrata dalPImperatore, introdurre in citta certa qualita divino daGorizia; s’opposeatalpretensione ilpubblico,appoggiato an- elPegli ai privilegi ottenuti gli anni decorsi da sna Maesta Cesarea; per il che fatto dal vescovonuovo ricorso , ottenne facolta d’introdurre per suo uso solamente orne 35 di vino. Aggravato dlnfermita P anno seguente in Gorizia fece monsig. Betta Te- ^^stamento li 4 marzo i563, in cui lascio per legato al ven. capitolo della sua cattedrale di Trieste fio- rini duecento. , Una fiera tempesta di grandine conquasso tal- mente li 1 3 di luglio del corrente anno il territorio di Trieste, con tutto il Carso, cbe oltre Puccidere molti animali nelle campagne, atterro grandissirna quantita d’alberi, e viti, e ridusse a stato si mise- rabile il popolo, che lo necessito a chiedere soc- corso alla Maesta di Cesare . I Veneti in tutt’ i tempi infesti e male affetti al¬ la nostra citta di Trieste, prendevano non solo i vascelli, e barche di mercanzie, che al suo porto concorrevano, ma anco uniti, e congiunti insieme coi sudditi di Corgnale,, e s. Servolo , impedivauo contro la mente di Cesare 1’abbondanza dei viveri in Trieste, mentrecol comprare per le strade ifor- menti, e gram, che dal Cragno per uso de’suoi eittadini venivano trasferiti,Ii couducevano aMug- gia terra dello stato Veneto ; avendo anche quest 51 anno due sudditi della Repubblica acceso il fuoco in un’abitazione con perieolo grande della nostra citta. Per impedire la compra de’grani sopra le strade spedi il pubblico alquanti eittadini allavilla diCor- gnale, cinque miglia distante da Trieste , ove i Veneziani, per essere quel luogo nel cammino, ed assai comodo di transitare nelPIstria, senza passa- re per Trieste, avevano con pregiudizio grandissi- mo della citta, ridotti tutt’ i traffici di mercanzie, cbe andavano nello stato Veneto, contro i privi- legj ad essa concessi dalle MaestaCesaree diFede- ricoIII., Massimiliano I., e Ferdinando I., i quali ancora siconservano nell’ archivio pubblico , o -vi- cedominaria della citta. Arrivati gl’ inviati Triestini a Corgnale, due di essi rimasero feriti dai contadini, il che inteso a Trieste, ne spedirono alcuni altri in soccorso dei patriotti maltrattati . Presentito dai Veneti il suc- cesso, s^nironocoivillani di Corgnale , eaooBres- sani soggetti a s. Servolo congregati a suono di earapana a martello, cbe tutti armati d’archibugio e spada, congiurarono d’ ammazzare i Triestini nel ritorno a Trieste, i quali in vendetta dei riportati danni, dopo avere incendiata la villa di Corgnale con danno considerabile, e morte d’alcuni villani, pensavano avere rimediato agli abusi, e ridotte le cose allo stato , e condizione di pri m a; coi quali ancora sollevaronsi quelli di Sanosezza, Povir, ed io 6 altre ville soggette alla giurisdizione 'di Duino . i564Ventilati in pubblico consiglio tutti questi succes- si, si conchiuse di soddisfare ai danni apportati al¬ la villa di Corgnale, e con informazione ricorrere alla corte Cesarea per opportuno rimedio; mentre ancora in Lubiana venne sequestrato il giudice Cristoforo Belli molto tempo con altri cittadini ivi trasferitiper loro alFari; eformato processo dal giu¬ dice de’raaleficj della citta contro gPinsulti ed in- solenze dei Veneti, prodamo il podesta di Muggia fautore di tanti disordini, il quale per rendergli la pariglia fece il simile contro lo stesso giudice . Ritrovandosi 1’anno i564 il nostro vescovoBetta convalescente in Gorizia, fu invitato dal patriarca d , Aquileja Giovanni V a favorirlo di celebrare le funzioni eeclesiastiche della settimana santa nella sna patriarcale, le quali adempite da esso rnonsig. vescovo j diede Pingiunta relazione degnadi consi- derazione, e memoria aH’Iqiperatore Ferdinando. Sacratissimo Cesare Augusto invittissimo ec. Sig. Sig. mio clementissimo . Ritrovandomi in Gorizia, dove ritenuto da gra- vissima infermita, sono stato alquanti mesi, fui per lettere dal rever. Patriarca d’Aquileja, e dal ven. capitolo di questa santachiesa richiesto a tra- sferirmi in quella citta per fare i soliti officj pa- triarcali in questa settimana santa . E quantunque io mi sentissi ancora debile, pur confidandomi nella grande bonta di Dio, che mi avesse a prestar 107 forze per servizio di quella santa chiesa, ho volon- tieri accettato questo pio officio, nel quale ajutato' ^4 dalla sua divina grazia, ho soddisfatto al bisogno del culto divino e della sacra religione, ed insieme compiacciuto al cristiano desiderio del rever. pa* triai'ca, e di questo ven. capitolo. E perche io ri- puterei fare ingiuria alla verita, e essendo prima li due aprile stabilito 1’accordato della mu- da, o gabella fra monsignor vescovo Betta, e l’ar- ciduca Carlo d’Austria, il quale intenzionato di venire a Trieste, furono dal pubblico deputati ot- to gentiluomini, per il conveniente apparecchio di tanto principe. In quest’ anno pure s’ accorda- rono alla presenza de’commissarj a cio destinati i danni fatti dai Triestini nella villa di Gorgnale in ducati 814 ? lire 3 : 7 . Lascio ai 24 aprile del 1 565 1’ umane spoglie il uostro vescovo Betta, il quale benche sempre ag- 564 aS6 I 10 gravato dacontinueindisposiziom, mai pero col suo zel ante spi rito tralascio d’affaticarsi per purgare, e conservare la sua diocesi intatta dali’ eresie, chc d’ ogni parte la circondavano , riducendo alla ve¬ ra, e Cattolica fede alpuni infetti di qualche erro- re, meijcecche ove non furono bastanti le preghie- re, esortazioni e dottrina a snperare diversi osti- nati, colla prigione e castighi vin s e alla fine la lo- ro durezza. Mori egli quest’ anno, e non qaello del 1572 eome gli attribuisce P ahate UghelliojO fu sepolto nella sua abazia di san Gottardo. Nuove differenze e litigi insorsero quest’ anno i565 tra la citta di Trieste, e la terra di Muggia, onds per troncare tutte le contese e difficolta, fu- rono apposti nuovi divisorj e segni. Ritrovandosi hisognosa di grani la citta di Trieste, ricorse ali’ imperatore Massimiliano.il. , il quale con assegnar- le 2000 fiorini. dal Vicedomino di Lubiana, pro- vidde abbondantemente alla sua necessita di for- mento. Nello stesso anno ai 21 decembre da’ com- jnissarj Vito Dorimbergo luogotenente di Gorizia, e Wolfango di Neuhaus , fu conchiusa la riforma degli statuti di Trieste , cioe che il sig. capitanio della citta eleggesse un giudice, ilconsiglio grande un altro, ed il consiglio piccolo un terzo, i quali tre giudiei governassero quattro mesi per cadauno la citta, incominciando il primo di gennaro del a566, e cosl successivamente neU 1 avvenire, alla qual determinazione non consentendo la citta, con suppliehevole ricorso alla Maesta Gesarea restb ta¬ le riforma annullata. 11 i Da un’ antica memoria manoscritta capitolare rilevasi che Andi’ea Rapiccio eletto vescovo di*^5 Trieste in quest’anno i566, abbia li 20 di genna- ro emanate le costituzioni per il capitolo Triesti- no , per Je eollegiate di Muggia , Umago, Pinguen« te, Rozzo, ed altri parrochi e ehieriei. Imperatore 1667 Pontefice Massimiliano II. Pio V. 69. ANDREA RAPICCIO Triestino, dottore in 1 ^? ambe le Jeggi, segretario deli’Imperatore Massi- miliano II., e consigliere Aulico delParciduca Car- lo d’Austria, successe nella vacante sede episco- pale di Trieste in quest’anno 1567, quantunque 1’ abate Ughellio (1) gli assegni quelIo del 1572, e Ponori coli’ingiunto elogio = ( # ) Rapiccio, cioe flo¬ re illibato di uomini piu puliti, quali la nostra eta raccolse = Chein tale assegnazione sbagliasseRaba¬ te UghelJio, lo dimostra, oltre Ja mem. cap. sudde- scritta, anche la seguente lettera delPlinperatore Massimiliano scritta al sign. conte Francesco della Torre, ed al sign. d^ttimis capitanio di Gradišča da sua Maesta Cesarea deputati di presentargli un (*) Rapitius flos \idelicet illibatus politiormn homi- aum, quos nostra aetas tulit. (0 Ital, Sacr. tom. 5. Col. 58a. pecaro, ovvero bicchiero nel tempo della celebra- ^ 7 z ione delle sue primizie . M ASSIMILIANO Nobile, fedele , diletto . Poiche il nostro fedele , diletto Andrea vescovo di Trieste , ci ha umilmen- te rappresentato, qualmente egli pensa in breve di eelebrare le sue primizie; ed .avendo noi grazio- samente risolto ( come d’ un nostro antico, e fede¬ le segretario ) donargli. un peearo, e te deputate a presentarglielo : percio s’estende il nostro grazioso comandamento nella sua persona, che quando tu sarai avvisato dal medesimo vescovo del giorno di tal funzlone, che tu debbi portarti in persona a quelia festa nel loco medesimo, ove šara tal festa, aecib assisti al detto vescovo in queir atto a nome nostro, con presentargli il suddetto pecaro in pre- senza degli altri convitati, quali interveniranno a questo atto •. Assicurandolo della nostra imperial grazia, e questa per li servizj prestati a noi, ed al- la felice memoria del nostro sign. padre, assisten- dogli sino alla fine di dette sue primizie. Ghe tan- to s’estende Pantedetto nostro grazioso comanda¬ mento. Dato nella nostra citta di Vienna li 7 ottobre 1.567. Come pure la sua confermazione approvata li 22 agosto i 568 dal Papa Pio V. ancorche le sue boliš pontificie fossero solamente lette in pubblico nella gattedrale li 7 maggio del seguente anno 1569 nel 113 quaPanno compose nuove costituzioni, iLprincipio delle quali solamente si trova . I/accennate bol- 1 le che in memoria della santita del Papa Pio V. e d’un tanto prelato si conservavano nell’archivio pubblico, o vicedominaria di Trieste,in appresso riti’ovansi cnstodite dal sig. Martino Rapiccio abi- tante della terra di Pisino , con una lettera di ma¬ no propria di s. CarloBorromeo, di eni il nostro ve¬ ščo vo Andrea fu molto fainigliare, come le molte lettere ad esso seritte fanno testimonio, una delle quali con grandissima mia soddisfazione bo letto in Trieste. Fu anco assegnato nelPanno i 568 dalParcidncaGarlo commissario deili confini Cesa- rei, e Veneti. Al capitaniato di Trieste fu assegnato dalla cor- t.e arciducale Fanno 1569 Gristoforo Sigismundu Rdrner del Tirolo cavaliere delFordineGerosolimi- tano di Malta , il qual mori Fanno seguente /570. Inventando nuovi pretesti la Repubblica Veneta 1 spinta dalla propria naturalezza, come dicono isto- rici gravissimi, d’ingrandire il suo impero, e voler ispogliare la serenissima Gasa d’Austria di quello stato che per giusta ereditaria ragione possiede in Italia, e nel Friuli, Fanno 1570 , con galere e bar- che armate, assistite da nurneroso stuolo di Solda¬ ti , e guastatori, invase senza veruna causa le sali- ne della citta di Trieste, poste nella valle di Zau- le , atterrando i loro argini, distruggendo e deva- stando i fondi di esse, sotto falsopretesto, che que- ste apportassero danno, e jaregiudizio alle saline di Muggia, e Capodistria, spettanti alla Repubblica, TOM. m. § j 14 quasiche pretemlesse la stessa avere giurisdizione °e superiorita sopra i sudditidelPaugustissima Časa d’Austria, mentre con evidente pregiudizio del- 1’autorita di quella presumesse impedirgli di novi poter proibire, e vietare a’ proprj sudditi il prov- vedersi di šale in Stato alieno , e fuori del proprio dotninio; mentre e sentimentodiRafaele dellaTor- re (i) che ’1 commercio, ed emolurnenti del šale , in tutt’i paesi ad altri non appartengano, che ai prencipi, e signori assoluti, i quali o di fatto, o di ragione, non riconoscono altro superiore negli stati loro . Che percio ai tempi delPImpero Romano, 1’utile dei šali spettava al inagistrato deli’ entrate regie; essendo qucllo piu fruttuoso deli’ oro , di cui scrive Cassiodoro = (*) II commercio pure del šale, 1’antichita non scioccamente se lo reputd fia le vesti di seta, e le preziosissiine margarite = ove anche soggiunge queste parole : = (**) Nel lavorare poi-delle saline vi e tutta la disputa per gli aratri, per le falci involte sui cilindri , onde a vo.i ( parla (*) Salis quoque commercium inter vestes sericas, et pretiosissimam Margaritam , non inepte šibi deputavit antiquitas. (**) In salinis autem exercendis tota contenlio est pro aratris, pro faleibus cjdindros volvitis, unde uobi* frueius oninis euascitur , quando in ipsis, el cjuae no» (i) Scjuilin. pag. nB. j 15 de’ Veneziani ) Tutto il frntto ne viene, quando in essi possedete anche quello che non fate. Cola in 1 ° certa maniera si batte la moneta virtuale. Tutti li frutti sono addetti alla vostra arte. Puo alcuno non cutarsi di cercare Toro , non vi e nesstmo pe¬ ro che non desideri trovare il šale . = Presso la stessa Repubblica Veneta non trovavansi pene, e castighi piu severi di quelli assegnati al contrab- bando del šale, mentre fra le sue principali entra- te , tjuella del šale senza iperbole poteva annove- rarsi la prima; e percio in tal aflare procedeva con tanti rigori e geiosia, non permettendo ad alcun suddito o forastiere il transitare, benche poco da un luogo ali’ altro nei proprj stati, senza incorre- re nelle rigorose pene; onde il pretesto che le sa- line di Trieste apportassero pregiudizio a quelle di Mnggia, e di Capodistria, dimostra che la Re¬ pubblica avesse altro line diverso dalPassegnato. Amantissimo della pace de’suoi concittadini il nostro prelato Rapiccio, dopo rnolte fatiche sof- ferte in pacificare akjuanti cittadini fra loro discoi'- di, rimase in un convito ai ai decembre 1573 miserabilmente morto con un bicchiere divino,5^3 preparato col veleno per uno della parte avversa- facids possidetis. Moneta illic quodammodo percutitur virtualis. Arti vestrae omnis fructus addictus est. Po- test aururn aliquis minus quaerere , nemo est, qui Sa¬ lem non desideiet invenire. 1 i 6 ria, ad esso ignorantemente preseutato, il quale la 7^beve lontano da ogni sospetto ; la cui dolorosa morte fu pianta con sommo dolore da tutta la cit- ta, ma specialmente dai poveri, orfani, e vedove miserabili da esso con larghe elemosine sovvenuti. In qua/nto concetto e stima fosse il nostro vescovo Rapiccio presso Faugustissima Časa d’Austria, ed altri soggetti e prelati di santa Ghiesa, a sufficien- za bo gia dimostrato, oltre averlo inviato a Roma rimperatore Ferdinando I. per la dispensa deli’ar- ciduCa Carlo colla duchessa di Baviera. Le sue composizioni, che sono rimaste, si conservano an- cora dai signori Rapicci in Pisino, e F acclamano oratore celeberrirao, ed insigne poeta , specialmen¬ te i seguenti versi del nostro Monte Pueino. (i) Te colimus Pucine Pater, cui Livia quondam ( 2 ) Retulit acceptos annos, et tempora vitae, Muneris id Pucine tui, qui dum ai’dua montis Saxa colis, rupesque altas , et Iapygis oras, Longe alios fruetu, virtute, et laudibus anteis; Tu mihi, seu canibus lepores , seu fallere visco Argutas cupiam volucres,seu litox - e curvo ( 1 ) Prosccco . ( 2 ) Non avendo ahro oggelto i suddetti versi, c ^ e di far conoscere V emdizione del dotto prelato > percio scnza tra.du.rli si sono lasciati nel l° r0 essere . 11 7 Allieere incautos praetensa in retia pisces , Omne genus študij, securaque otia vitae 1^7'i Suggeris , atque animum perdulci pascis amore . Ed il seguente Epigramma da esso composto in lode di Bartolommeo Scardeonio canonico ed isto- rico celeberrimo della citta di Padova, suo parti- colarissimo amico, il quale inseri ncl suo libro stampato : De Antiquitate Urbis Patavii. Quod tua demeritos ornat facundia cives Scardeoni Euganeis edite fluminibus . Tu minus haud illis debes, atque ij tibi : quando est Quaesita hinc calamis gloria magna tuis . li vivent, quoniam vitam tua scripta dederunt: Tu quoniam Patriam eoncinis historiam . Mostrossipure famoso storico nel descrivere con brevita le virtuose, e lodevoli azioni dei vescovi di Trieste suoi predecessori, facendoli anche dipin- gere nella sala e portico del vescovato, con alcuni altri frammenti mss. di diverse particolarita della propria patria , de’ quali ora pochi si ritrovano . Imperatore 1574 Pontefice Massimiliano II. Gregokio XIII. 70GIACINTO II. FRANG1PANE di Gastello , della nobilissima prosapia dc’Convi, fu eletto ve- scovo di Trieste in luogo del defunto rnonsig. Ra- piccio ■, il quale prevenuto dalla morte prima di 1 ! S > prendere il possesso delPamata Diocesi, ordino nel 1 ^^testamento in segno del suo affetto, che il suo ca- davere cola trasferito fosse sepolto nella cattedra- le, ove ora riposa in sepoltura di rilievo dalla par- te del Vangelo fuori del coro con tal epitafio .= (*) Giacinto Frangipane diCastello per somma pro- videnza di Carlo arciduca d’Austria ec. assunto al vescovato, la inorte che lo prevenne, nori pote ra- pirgli cio ch’egli con la stima, colla pieta delPani- roo , colla cura della religione, e coli’ antichita del lignaggio aveva conseguito da si gran principe: j 574 li 8 novembre . = Imperatore ib^b Pontefiee Massimiliano II. Gregorio XIII. j 575 7 1 NIGOLO' CORET Trentino fu assegnato do- po la morte di Giacinto dal serenissimo arciduca Carlo al vescovato di Trieste; a cui subito furono spedite commissiom arcidueali eontro gli eretici, concubinarj ec., e specialmente per 1 ’osservanza (*) Hyacintho Frangipani deCastello, summa Caroh Arciducis Austriaeetc. providentia , ad episcopatum assumpto, praeveniens mors rapere non potuit > quae ipsi tnnti principis judicio, animi pietatei religionis cura, ac generis antiquitate fuerat con- secutus. i5y4 8 novembris. ur, della clausura delle monarhe Benedettine del- la Cella, il qnale stabilimento d’esatta osser—^ vanza apporto molti disturbi_, e non pochi sudori , e fatiche alnostro zelante prelato, poseiacche scoi- gendo non essere bastevoli le censure ecclesiasti- che per ottenere Pintento, e ridurre al bramato fine 1’accennata clausura, gli eonvenne implorare 1’ ajuto e braccio arciducale , aecio restasse perpe- luamente stabilita , come al presen te si conserva. L’anno seguente 1576 li 29 maržo preše posses- so come capitano di Trieste il barone Vito Doretn-1576 berg Goriziano . Trasferitosi Plinperatore Massirniliano II. ali a Dieta di Ratisbona, ivi assalito da grave inferrnita, questa lo necessito ai 12 d’ottobre del 1576 d’ab- bandouare la dieta del rnondo, per trasferirsi nel- Pernpireo al congresso de^eati. Le di lui esequie furono solennemente celebrate ai 4 maggio delPan- no seguente 1577 nella nostra cattedrale di san 10 ? 4 Giusto. Ansioso il serenissimo Arciduca Carlo cPAustria di rinnovare 1’ antica generazione de’cavalli, tanto famosa in tutti i tempi nei nostri Carsi, a tal fine fece edificare Panno i 58 o nella villa di Lipiza si- tuata nel territorio di Trieste , ed antico feudo del (f>"t vescovato, sette miglia distante dallacitta, unbel- lissimo luogOj che include tre miglia di circuito , colPabitazione capace d’una grossa mandra di ca- valle, accio da essa ciascun anno fosse trasmesso alla corte un numero di poledri , i quali per uso dellaguerra riescono i piuvalidi e generogi destne- ri , ehe si possano desiderare ; tanto apprezzati da ;i0 DionisioTiranno, che al sentire diStrabone, a bel- lo studio fece ergere nei nostri Carsi una mandra di cavalle, per servirsi dei loro poledri nelle guer- re ; a piedi de’ quali Carsi, ove sbocca il Timavo, era il celebre tempio consagrato a Diomede, ne! quale gli antichi sacrificavano un candido cavallo a Nettuno dio del mare, che poi precipitavano da un’ alta rupe ivi vicina nel mare . Il primo soggetto assegnato dal serenissimo Ar- ciduca nella carica e governo di questo luogo fu il sig. Francesco Jurco, il quale con molta sollecitu- dine e diligenza prosegui molti anni in tale im- piego . Seguita la di lui morte , in riguardo de’ me¬ riti del padre, resto graziato deli’ istessa carica Pietro Jurco suofiglio, ed ora sarebbe successo senza veruna opposizione anche Francesco suo fi- glio , soggetto di rare virtu e talenti, addottrina- to nelle leggi, se Pessere minore al tempo che mori suo padre, non gli avesse levato tale impie- go . Riconosciute pero dal serenissimo Arciduca le benemerenze e servizj da’ suoi antenati prestati ali' augustissima časa d’Austria lo assegno Esat- tore di Zaule, il di cui fratello Cristoforo applica- to ailo stato ecclesiastico, i suoi talenti, dopo an- noverato fra i canonici della cattedrale di Trieste, F innalzarono alle dignita deli’ Arcidiacoriato, e di vicario generale di due vescovi, coi favori del quale, Pietro suo nipote, consegui la laurea del dotlorato, graziato poi dalla maesta di Leopoldo i. Imperatore della carica di Fiscale nel supremo esattorato di Trieste, il čuti officio dopo Ja di lui morte fu conferito al dottor Francesco Jurco suo 1 ^ cugino, figlio del prenominato Francesco , i cui fratelli Pietro e Cristoforo sacrificarono la vita in servizio deli’ augustissima Časa d’Austria, il primo dopo la condotta di buon numero di soldati , im- barcati nel porto di Trieste pel regno di Napoli, resto sommerso in mare nel ritorno alla patri a, e 1’ altro ' militando nell’ Ungheria contro i ribelli sacrifico col sangue la propria vita in servizio di Cesare. La famiglia Jurco^ che prima addimanda- vasi Jurconnig, per quanto potei ricavare , ricono- sce la sua origine dal regno d’ Ungheria, di prosa- piaantiea ed illustre, qual per i servizj fedelrnen- te prestati alFaugustissima Časa d^ustria non so¬ lo in guerra, che nelle corti in tempo di pace , fu da essa con speciosissimi privilegi nohilitata . Tra- sferito daalcuni suoi soggetd il domicilio nella cit- ta di Trieste ^ quivi resto abbreviato il cognoine in quello di Jurco, come ritrovasi registrato nei libri vecchi, e nuovi degli statuti alle rubriche de’sigg. consiglieri, ove sempre in tutti i tempi fu ricono- sciuta dal pubblico con le cariche, ed onori, solite conferirsi a’ suoi pari. Applicato il nostro vescovo Coret, qual sollecito pastore alla vigilante cura, e profitto spirituale delle proprie pecorelle, non potendo indurre alla confessione, e comunione della Pasqua alcnni osti- nati, e poco dediti ai Sagramenti, ricorse ali’ assi- stenza, e,protezione delParciduea serenissimo Car- lo,accio con coinmissioni arciducali ordinasse al I2Š capitanio di Trieste , che a terrore dei cattivi, fes sero i contumaci e disobbedienti segregati , e ban¬ diti dalla citta . Aderi il cristianissimo princjpe al- le-pie e giuste istanze del zelante pastore, e spedi i 58 1 le ricercate eommissioni l’anno i58x , del tenore seguente . Carlo per la Dio grazia arciduca d’Austria, duca di Borgogna, conte del Tirolo, e Gorizia ec. Nobile , diletto, fedele . Siamo informati, corne alcuni del consiglio , ed altri, qua in Trieste, con 1 ’amorevoli ammonizioni, ed esortazioni del rev. nostro diletto, e devoto consigliere Nicolo vescovo costi in Trieste, non si possono persuadere ne al- la confessione, ne alla santa comunione, anzi pre- tendono d’escusarsi con inimicizie . Pero non do- vendo noi tolerare tal vivere da non Cristiano, te commettiamo con queste seriamente ehe tn operi talmente con securita appresso quelli, che cosi te- merariamente s’astengono dalla confessione, e co¬ na unione, quali esso vescovo ti sapra nominare, acciocche in questo si diportino, e dimostrino, co¬ na e olabedienti figliuoli della Chiesa . Ma quando con cio non lo faccino, e volessero pur continuare nella loro ostinazione, allora bandirai, e caccierai s ubito quelli talifuori, e Ion tani dalla citta , e non li lascierai ritornare piu dentro. Gosi adempirai il nostro al tutto serio volere . Dato nella nostra citta di Gratz li 29 decembre 1 58 1 . ( a tergo ) 123 Al capitanio di Trieste. Commissione areidacale . NelPanno i583. 1’Altezza del serenissimo Carlo , 58-3 areiduca d’Austria rappresentante ad istanza della citta unita con monsig. vescovoCoret comandocon espressa commissione spedita quest’anno medesi- ino che gli ebrei fossefo scacciati da Trieste, quan- tunque poi non fosse eseguita la sua intenzione, impedita forse dai donativi, ed offerte solite farsi dai medesimi in simili occorrenze, ed eventi ai mi¬ nistri, e cortigiani dei principi per impedire 1’ese- cuzione de’ comandi de’loro Sovrani; come dimo- strero 1 ’anno 1694 q«ando a nuove istanze e pre- ghiere della citta di Trieste unite a quelle di inon- signor Gio: Francesco Miller suo zelante vescovo , pastore , simosse laMaesta delFaugustissimoIm- peratore Leopoldo primo a commettere nnovamen- te cen moltiplicati ordini, che fossero espulsi dal- la citta, o almeno segregati, e rinchitisi in luogo, e ghetto particolare lontanodalle stradepnbbliche, e portassero un segno, che lidistinguessero dai Cri- stiani, e facessero conoscere per ebrei, che anclie gl’istessi procurarono impedire . Non meno sollecito , e vigilante economo, che diligente pastore, dimostrossi ilnostro vescovo Go¬ ret in custodire i beni spettanti al proprio vesco- vato, mentre pratico delle notizie della corte pa- 124 triarcale d’Aquileja, oveprimafu canonico, econ- ^'^fidato ancora nella famigliare corrispondenza con gli ufficiali di essa corte , invio Don giusto Codop- po canonico di Trieste accompagnato da officiose lettere di raccomandazione del serenissimo arcidu- ca Carloj e delPeminentissimo cardinale Madruz- zi, accio come snorappresentanteprocurasse presso monsign. patriarca Giovanni Grimani,e sao vica- rio generale monsig. Paolo Biranzio vescovo diCat- taro, la ricupera della pieve di s. Canciano all’1- sonzo levata indebitamente 'al suo vescovato . L’ infortnazione data dal nostro vescovo e la qui de- scritta dal sno originale. LXIII. Rev. sig. suffragaueo patriarcale, e vica- rio generale sig. osserv. ec. Mando allaRma vostra dignitaper mezzo di que- s to mio canonico li riehiesti documenti dei dirit- ti del vescovato Triestino sulla pieve di s. Cancia¬ no alPIsonzo ridotti Lrevissimamente in compen- dio da una gran farragine di scritture, affinche 1’ I.XIJI. Rev. Dom. patriarclialis suffraganee. et vica- rii generalis Dom. observ. etc. Mitto Rev. amplitudini vestrae per hunc canonicuni meuin , petita documenta jurium Tergestinensis episco- palus super plebe sancti Canciani ad Soncium ex ma- gna scripturarum farragine, quasi in compendium, quam brevissime reducta j ut illuslr. et rever. Dom. 120 Illnio, e Rmo mousig. patriarca d’Aquileja miopa- drone colendiss. possa tanto piii facilmente infor- 1 '’°' J marši delle medesime , le quali couosciute non du- bito puntoche tutto quello che fino ad ora fix !e- vatoingiustamente a questachiesa, secondo l’equi- ta šara intierameVte per essere restituito. E sono Je eose seauenti. Possedendo il vescovato Triesti- D no ab antico di proprio diritto 1’ intiere decime del territorio di Muggia, ed anche del rnare, il ve- scovo Brissa mio predecessore 1 ’anno 1296. le ce¬ de, e le diede col nome di permuta aIRmo in quel tempo monsig. Raimondo patriarca d’Aquileja, a- vendo ricevute dal medesimo 1200. lire Venete, e tutfci i diritti temporali sopra la pieve di s. Cancia- no alPIsonzo, corae appare da pubblico istrornen- patriarcham Aquilcjensem Dom. meura colend. de il- lis tanto facilius edoccre possit; quibus cognitis mini- rae dubito id totum quod adeo injuste ecclesiae buic ademptum est, pro rei aequitate integrum restitutum iri: sunt autem baec . C.um Tergestinus episcopatus an- tiquitus Jure proprio possideret integras decimas ter- ritorii Muglensis, atque adeo maris, eas episcopus Bri¬ sa , praedecessor meus ann. 1296 permutationis nomi- ne, cessit , et tradidit rever. tune temporis Dotn.Ray- mundo Aquilejensi Patriarchae acceptis ab ipso libris ■venetis 1200, et omnibus juribus temporalibus super plebe sancti Canciani ad Soncium, prout patet puhlico instrumento registrato praesenti processu fol. 20 quae » i a6 to, registrato tiel presente processo al foglio 20, i ^^quali diritti in vero lo stesso vescovato possede quietamente ger a 5 o arini, come chiaramente ap- parisee da’varj istromenti dilocazioni registrati nel detto processo. Primo. Li 6 maggio i 4 o 3 nel quale il vescovo Triestino costitiii Simone vicariodella chiesa di san Canciano per Craigai. Secondo. Li 19 aprile 1406,nel quale D. Vittore di monte Feltre vicario generale del vescovato Triestino, affitto la detta pieve per tre arini al pre Giacomo di Cramburgo. Terzo. Li 3 o gennaro 1409, nel quale fraNicolo amrninistratore del vescovato concesse la delta pie¬ ve al pre Paolo da Nona . quidem jura ipse episcopatus quiete , per a5oannos pos- sedit, prout per varia locationum instrumenta in dieto processu registrata clare apparet. Primo. Die 6 maij i4o3 in quo Simon episcopus Tergestinus vicarium ecelesiae saucti Canciani consti- tuit per Craigai. Secundo. Die 19 aprilis i4ot> quod D. Victor de monte Feltro vicarius generalis episcopatusTergestini, eandem plebem locavit ad triennium per Jacobo de Cramburgo. Tertio. Die 3o januarii i4oq in quo Fr. Nicolaiis administrator episcopatus dietam plebem ccncessit P. Paulo de Noiw. I 2 7 Quarto. Gli ji tnaggio 1435, nel quale pre Lu- ca di T reti so canooico, e Vicario del vescovo Ma¬ rino questa stessa Pieve affitto ad uncerto pre Pri- mosio per un anno soltanto. Dalqual tempo fino alPanno i53o i vescoviTrie* stini (jnietamente , e pacificamente oostituirono sempre i loro vicarj nella sopraddetta pieve di s. Canciano . Come dagli atti sinodali del vescovo An¬ tonio deGoppo sotto Panno 1460 , non che dai libri delle rendite dello stesso vescovato, chiamati ur¬ bar], dai quali negli anni 1428 sotto il vescovo Ma¬ rino de Cernotis, nel s 44^ sotto il vescovo Enea Silvio, poi Pio II. Pon telice massirno, nel 1453 sot¬ to Antonio Goppo , nel 1489 sotto Acazio Sobriacb, nel i5o3, e 1526 sotto il vescovo Sonorno alla re- Quartus . Die 11 maii i435, in quo P. Lucas de Targurio cationicus et vicarius episcopi Marini bane ipsara plebem locavit cuidam P. Pritnosio ad an. tan- tum . A quo tempore usque ad annuru i53o episcopi Ter- gestini quiete et pacifice sernper suos vicarios in su- pradicta plebe sancti Canciani constituerunt; prout aeta synodalia episcopi Antonii de Goppo sub anno i46'o, n ec non per libros redituum ipsius episcopatus, urba- rios appellant, ex quibus hosce de annis 1428 sub episcopo Marino de Cernotis, «448 su b episcopo Enea Sylvio, postea Pio II. Pontifice Maxinio, 1453 sub An¬ tonio Goppo, 1489 sub AcatioSebriachar, i5o3 et i5ab x 583 128 verendissima vostra dignita tralascio, ed anche png 0 0 chiarissimamente e njanifesto da molte obbligazio- ni, ed altrescritture registrate liel processo di co- stringimento . L’anno poi i53o un certo Giovanni Maria Foscarini col pretesto d’asserita elezione di esso fatta dagli uomini delle ville di s. Ganciano, Piero , e Beano , ottenne dal rever. sign. Altobello de Averoldis vescovo di Pola legato apostolico ia Venezia la conferma della detta pieve da ogni par- te surrettizia, colla cptale occasione nacque una li¬ te fra il vescovo Triestino PietroBonomo, e lo stes- so Foscarini F anno x53i li 25 di giugno abbia del tutto renunziato alla detta impetrazione surretti¬ zia; dal cptale preše in affitto la medesirna per tre anni colla pensione di 12 ducati d’oro.La qual sub episcopo Bonomo Rev. amplitudini vestrae omitto, aique adeo ex pluribus Chirograpbis , aliisque scriptu- ris, in compulsariati processu registratis clarissime pa- tet. Anno vero i53o quidam Jo. Maria Foscarenus, sub praetextu assertae electionis de eo , per lioniines villarum sancti Canciani, Pieri, et Beani factae obti- nuit a Rever. D. Altobello de Averoldis episcopo Po- lensi, apostolico legato Venetiis confirinationem dictae plebis orani ex parte subreptitia , cujus occasione b s inier episcopumTergestinumPetruin Bonomum, et ipsum Foscarenum anno 1 53 1 die 25 junii dictae subrepti- tiae impetrationi omnino renuntiaverit, a quo eam ipsam annua 12 aureorum ducatorum pensione «d I 29 pensione 1 ’anno i 536 li io settembre, con nuova locazione , fu affittata per 20 ducati. Quella loca- I '-'" J zione fu eonfermata dall’Apostolica autorita, corne si puo vedere dallo stesso privilegio di conferma registrato alfoglio 46, il qual censo annuale riscos- se lo stesso vescovo tanto da esso Foscarini, quan- to dai sostituiti vicarj , intierarnente fino alPauno 1546, nel quale mori come apparisce dalPepociie, e dalle deposizioni dei testimoni annotate nel pro- cesso. Dopo la di lui morte pero un certo Marco Solonio, per mezzo di falsi racconti, anch’esso fur- tivamente impetro la detta pieVe; e quantunque intorno aquelladal vescovo Antonio Castilegio glisi fosse mossa una lite, ed in essa ottenuta la senten- za di restituzione presso il tribunale della Rota ro- triennium conduxit. Quae pensio anno i536 die io septembris, nova locatione ad 20 ducatos aucta fuit, Ea locatio Apostolica authoritate confirmata fuit, sicut videri potest ex ipso confirmatiouis privilegio, regi¬ strato fol. 4d quem annuum censum idem episeopus exegit tam ab ipso Foscareno, quam ab substitutis vi- cariis, integre usque ad annum i54b, quo obiit, prout ex apochis, et testium depositionibus in processu ad- notatis apparet. Post ejus vero mortem qnidam Mar- cus Solonius , et false narrata, et ipse subreptitie di¬ etam plebem impetravit, et quamvis per episcopum An¬ tonimu Castilegium de illa ei mota lis fuerit, atque in ea prout praesentibus actis processum (ut mihi to.w. in. 9 1 3o mana, come dagli atti presenti del processo ( come 1 >: ’^mi e stato riferito ), successe pero , che per la sua assunzione ali’ arcivescovato di Cagliari, e nelFas- senzadei successorinel vescovato, e loro trascurag- gine, la medesima parrocchia sia devenuta in altre mani, ne aquest’ora siarestitnita al vescovato con grandesuo danno. Constando chiarissimamentejpe- ro dalle narrate cose, che il diritto d’acquisto, e di tanto antico possesso, che questo -vescovato ebbe, ed ha nella detta pieve , prego istantemente la re- verendissima vostra dignita, che conosciuta la ve- rita della cosa, vdglia per giustizia doverosamente prescrivere alPillustr. monsig.Patriarca mio signo- re, e metropolitano benignissimo, tutta la serie delPaiFare, e Pingiuria della chiesa Triestina fatta relatum est) obtenta apud tribunal Rotae Romanae sententia restitutionis, factum tamen est, ut per ejus ail Calaritanum archiepiscopatum assumptionem , et in Tergestino episcopatu successorum absentiam, et incu- riam, eadem parochia in alias manus devenerit, ne- que in bane horam episcopatui , magno cum ejus de- trimento sit restitula. Cum autem ex narratis, jus aequisitionis, et tam longaevae possessionis, quod epi' scopatus iste in dieta plebe babuit, et babet, apertis- sime constet, Rever. amplitudinem vestram enixe ro- go , ut comperta rei veritate, velit pro justitia illustr. dom. patriarebae, dom. ac metropolitano meo benignis¬ simo, totius rei seriem, et injuriam ecclesiae Tergesti- 13t nelPusurpazione della detta pieve. Le cjuali cose couosciute , non dubito che la stessa illustr. altez- 1 3u ^ Za , per sua pieta> ed equita della cosa sia per re- stituire il possesso della sopraddetta pieve a que- sto vescovato Triestino • Cosi FOnnipotente Iddio doni largamente tutte le cose prospere, e felici al medesimo illustr* monsig. Patriarca,ed alla Vostra reverendissima dignita , ai cjuali con q.uesta stessa chiesa devotissimamente mi raecomando. Trieste il plimo di luglio 1 58*4* Non pote pero ottenere , ne effettuare dalla po-i584 litica Veneta cosa alcuna, e fu anche consigliato dal predetto monsig. vicario generale e vescovo di Cattaro a desistere dal piti pretendere detta pieve. Fufono in tjuesF anno 1 585 arrestati in Triestei585 alcuni banditi, come si dira in appresso , per ordi- ne del s. Padre Sisto V. Non šara discaro al let- tore j che in questa circostanza si faccia una tiae* in dictae plebis usurpationelii factam rite prae- scribere. Quibus cognitis tninime dubito j quin ipsiur illustr. celsitudo, pro sua pietatej et rei aequitate, supradictae plebis possessionem huic Tergestino episco- patui sit restitutura. Sic Detis omnipotens eideni illustr. dom. patriarchae, ae Rev. amplitudini vestrae, quibus me cum hac ipsa ecclesia devotissime coinrneudo, fau- sta , et felicia cimeta largiatur • Tergesti Kal. Juhi 1584 - i 3 a compendiosadescrizione di queslo famosoPontefice, '^^nno de’piu grand’ uomini che abbiano regnato in Europa. Era egli figlio di Francesco Peretti vigna- juolo del villaggio delto leGrotte, presso il castel- lo di Montalto . Nacque in questo villaggio ai i 3 decembre i 5 aa, e fu nominato FelicePeretti. Doli¬ ni 9 fu da to da suo padre , ch’ era poverissimo, ad un abitante del villaggio per gtiardare i porci. In questo stato essendosi accorto , che un francesca- no conventuale stava in pena del camtnino che do- veva prendere per andare ad Ascoli, lo accompa- gno sino al convento. Eglidimostro unasigran pas- sione per lo studio, che lo istruirono, e poi gli die- dero 1 ’abito di s. Francesco . II frate Felice in bre- ve tempo divenne buon grammatico , e valente fi- losofo . Per essere in grazia de’suoi superiori, fa snvidiato, e poi odiato da’suoi confratelli. II Guar- diano di Como andando a Lucca per vedere Papa Paolo III., e F irnperatore Carlo V., che avevano scelto questo luogo per una loro conferenza, seco condusse frate Felice. Questi osservo con diligen- za tutte le condotte de’ primi prelati e cortigiani del Papa Paolo III., ed un giorno essendo a tavola col P. Gnardiano , e col suo compagno, fcce loro taute questioni sopra la persona del Papa, che il compagno non si pote contenere di dirgli sorriden- do : = lo čredo, che tu abbia desiderio di divenir Papa . = Egli risposegli pur anche sorridendo.= lo non sono abbastanza vecchio per esserlo = . Fn fatto sacerdote nel 1545 e preše il grado di Bac- celliere; dopo di cui preše il norne di Montalto. 133 Qualche tempo dopo avendo prešo la laurea da dot- tore, gli fu data una cattedra di teologia a Siena . 1 S’acquistb poi una gran ripntazione coVuoi ser- rnoni a Roma, a Genova , a Perugia , ed ali rove, fu quirfdi nominato commissario generale a Bologna , ed inquisitore a Venezia ; ma avendo attaccata bri¬ ga col Senato , e coVeligiosi del suo ordine , fu co- stretto a fuggire da questa citta . E siccome lo bef- feggiavano sopra questa sua precipitosa fuga , egii rispose, che avendo fatto voto d’esser Papa a Ro¬ ma, non avea stimato bene di farsi impiccare a Ve¬ nezia . Appena pervenne a Roma, che fu fatto uno de’eonsultori della Congregazione, poi proeurato- re generale del suo ordine per la protezione de’car- dinali Carpi, Alessandrino, e Marc’Antonio Golon- na, al quale aveva insegnato filosofia. Egli accom- pagno in Ispagna il cardinale Buoneompagni in qualita di teologo del Legato, e di consultore del šanto Officio. Allora tutto in un subito cangio il suo umor severo , e si piacevole divenne, che tutti quelli che lo vedevano, rimanevano ammirati dalla bellezza del suo spirito, e dalla dolcezza del suo carattere . Intanto il cardinale Alessandrino essen- do divenutoPapa sotto il nome diPioV. si sovven- ne di Montalto , e mandogli in Piemonte un breve di Generale del suo ordine; e vollepur anche aver- lo per suo confessore straordinario, e gli. diede il vescovato di s. Agata nel i568 ,epoi il cappello di cardinale. Il Cardinal Buoneompagni essendo succeduto a Pio V. nel 1572 sotto il nome di Gre- gorio XIII., Montalto altro non penso che a perve- 134 mre alla medesima dignita . Su questo disegno ri- i 58 5i lunz ,io volontariamente ogni sorte di brighe, e d’ affari, si dolea delle infermita della vecchiezza, e visse nel ritiro, come se non facesse altro , che attendere alla sua salute. Gregorio XIII. essendo morto, i cardinali si divisero in cinque fazioni . Montalto allora faceasi piu vecchio di quello che non era, e cotnpariva colla testa piegata salla spal- la, appoggiato sopra un bastone come se non aves- se avuta la forza di reggersi, e non parlava piu che con una voce interrotta da una tosse, che sem- brava ad ogni momento minacciargli la morte. Quando gli fu delto, che Pelezione potea cadere su lui, egli rispondeva con umilta , eh’egli era in- degno di si grand^nore, e che non aveva spirito sufficiente per portare solo il peso del governo del¬ la Ghiesa, che la sua vita non potea durare quanto il eonclave, e parea risoluto, se fosse stato eletto, di voler tenere soltanto il nome di Papa, e di la- sciare agli altri P autorita. Altro non richiedeasi per determinare i cardinali ad eleggerlo ai 2,4 apri¬ le 1 585. Appena fu eletto , che essendo uscito dal suo pošto, gitto il bastone su cui s’ appoggiava , o dirizzo la testa, ed intuono il Te-Deum con una voce si forte, che rimbombo la volta della cap- pella. Egli preše il nome di Sisto V. in memoria di Sisto IV. che come lui era stato Francescano. Non si vide giammai uomo ne piu esatto, ne piu attento a’ suoi doveri. La severita colla quale feco fare la giustizia, porto la sieurezza , e Pabbondan- za in Roma, e uello stato ecclesiastieo . Egli nou 135 la perdono ne ai giudici, che per le preghiere, oro, o brighe furono corrotti; ne a quelli ehe in favore 1 de’loro amici, o de’ loro parenti furono convinti di aver fatto qualche ingiustizia . Fra 1’ altre cure ebbe soramamente a cuore quella di liberare lo stato della Chiesa dalPinsolenze , e crudelta dei banditi , la cui audacia cresciuta era tant’oltre , che non pure le pubbliche strade e le citta del do- minio , raa Roma stessa non era sicura dalle scel- leratezze loro : mentre le rapine , gli omicidj, gli stupri, ed ogn’altro delitto s’eseguiva da loro con tal dispregio de’ magistrati, che i buoni, e quieti cittadininontenevansi sicuri nelle propriecase (i). II piu famoso di questi, a cuicome a lor capo in grosso numero s’univano spesso gli altri, era un certo Gurcieto daSambueo, vassallo de’Colonnesi nell’Abruzzo, uomo audace al possibile, che poco curava ogni manifesto pericolo; mentre con soli a5 compagni ardi scorrere le campagne di Roma, e fortificarsi sulle porte di quella citta in una časa presso s. Paolo . Concorse a tal rumore grosso nu¬ mero di gente armata, con la guardia de’cavalli leggieri dello stesso Pontefice, ma poco curandos i di loro si difesero tutto un giorno con gran valore, e la notte uscendo bene stretti fuori con lungo giro per la riviera di Givitavecchia ritornarono tutti salvi in Abruzzo. S’ unirono poi vicino ad Ascoli (i) Vita di Sislo V- del P Tempe sli. con nn altro capo addimandato Marco di Sciarra °^famoso anch’egli, e dello stesso paese, iquali scel- te le genti piu rišolute d’ambe le parti al numero di 60 ritornarono nuovamente in campagna di Ro¬ ma, ove con manifesto oltraggio dellaSede aposto- lica, e grandVllesa delPontefice fecero molti dan- ni, del che crucciossi ilPapa fuordi modo.Per isvel- lere leradici di sipessimo seme, fu necessario ricor- rerea quei rimedj 3 uggeriti dalla prudenzapiupro- prj, mentre rattenuti interessi, niuno ardiva arri- schiarsi apertamente contro certepersone d’autori- ta, che fomentando li pessimi umori, servivansi al- le volte delPopera di questi malvagi contro privati nemici. Ma il Papa, che posponeva ogni rispetto umano al divino volere, ed al debito del proprio uffizio, provvide subito, e dispose cio cbe a lui parve op- portuno. Spedi Marc’Antonio Colonna in Campa¬ gna di Roma, Andrea Spinola nel ducato di Spo- leti, Alfdnso Gesualdo nella Marca , Antonio Ma¬ ria Salviati a Bologna, e Giulio Canano in Roma- gna, tutti eardinali di molta stima, con titolo di legati, con ampla autorita, ed espressa commissio- ne di rigorosa giustizia contro i banditi. Applicati subito da loro gli opportuni rimedj per la pubblica quiete, promisero a chi presentera la testa d’ alcu- no deicompagni, oltre la liberazione del bando, la rimunerazione d' un tanto di taglia. Possiacche ammazzandosi in breve tempo 1’ un 1’ altro, rima- sero in tal modo dispersi, e castigati quei mal¬ vagi , e lo stato ecclesiastico assicurato cosi , 187 che senza impedimento pote v a ciascuno andare e praticare ovunque piu gli aggradisse. Marco, e Gurcieto uomini scaltri ed astuti, udi- 4a la gagliarda risoluzione del Papa, e che molti de’ loro eompagni avevano pagato colla vita le malvagita commesse, prima che fosse chiusa affat- to 1’ uscita, con alcuni poehi eompagni, per la via della Marca, si condussero alla marina, e šaliti sopra un legno ricchi di molti danari passarono in Schiavonia. Desideroso Carcieto di vedere Vene- zia con quattro soli eompagni, ed un suo fratello giovinetto si divise da Marco, ilquale ancora pas- so a Sehenico a ritrovare il colonnello Pierconte Gabucio, per trattenersi seco sino che passasse quella procella, lasciando gli altri eompagni sotto la cura di Baldassare da Foligno. Veduta Venezia , Curcieto si trasfeid ben alP ordine d’ abiti e d’ ar- me a Trieste, e pose in qualche gelosia il baro¬ ne Vito Dorimbergo capitanio della citta,a cui la sera prima del di lui arrivo giunse ordine di sua Santita, che capitando a Trieste fosse carcera- to . Ricercando il capitanio minutamente chi fosse- ro , ebbe esatta informazione di loro, i quali fece prendere e porre in prigione tutti e sei, e spedita subito una staffetta al Pontefice, gli diede esatta relazione del fatto . Opero tanto Gurcieto colFajuto dei eompagni, che rotta la porta del fondo di torre, ov’ erano in prigione nel castello , s’ impadroni d’ un Ma- schio , in cui custodivasi quantita d’ artiglieria, e munizione. Indi chiamo il capitanio, eglidisse, A 138 che se non fosse subito co’ suoi compagni libera- ll)a °to, avrebbe conquassata col cannone gran parte quella fortezza, e quando non restasse loro altra speranza di salute, col dar fuoco alla munizione, e far vol are in aria quella rocca, sarebbe morto al- meno vendicato. Considerato il grave pericolo dal rnagistrato della citta, il quale per farna conosee- va P audacia di Curcieto ridotto alP ultima dispe- razione, pregarono il capitano a liberare i prigio- ni. Promise egli di farlo, ma il persuadere Curcie¬ to , che uscito fuori andrebbe sicuro nel viaggio , senz’essere nuovamente carcerato , ovvero ucciso, era cosa difficile. AlP ultimo chiedette per sicurezza il conte Rai- mondo della Torre, di cui diceva sarebbesi fidato ; si tnando alevare, e fuconchiuso 1’accordocon con- dizione che il conte andasse allaGortedelPImpera- tore per ottener parola di licenziarli, mentre negb stati di sua Maesta Gesarea non commisero delitto o mancamento; allegando il capitanio, che se lu in arbitrio suo il farlo prendere, il liberarlo pero non era piu in suo potere, per Pinformazione del caso spedita alla corte. Confidato il conte di otte- nere da Gesare quanto bramava, e prestata fede alle promesse del capitanio , opero che i banditi uscissero fuori del Maschio , e si trattenessero nel- la fortezza sino al suo ritorno . Non volle partire il Curcieto , benche fosse in liberta, per mantenere la proinessa fatta al conte; ma il capitanio, o per istanze fatte dal Pontefiee , o perche sperasse qualcbe grosso premio, li fece 1 39 prendere un’altra volta, la notte prima che ritor- nasse il conte, ed attorniati di catene, li fe porta - 100 J re di peso ad una Fregata, che gli aspettava nel porto per condurgli in Ancona. EsclamavaCurcieto nel cammino contro il capitanio , trattandolo con parole ignominiose, che avesse piuttosto fede di ca- ne, che di cristiano, e per isfuggire la morte dalle mani del hoja , come spesso vantavasi co’ suoi compagni, precipitossi coi ferri ai piedi, e le ma- nette alle mani con un altro camerata ali’ improv- viso nel mare , ove mai piu furono ritrovati. Con- dotto a Roma , il fratello, e poi a Napoli, fu sciol- to e liberato dalla giustizia, non potendosi prova- re per Teta sua, cldegli fosse complice de’misfatti di Gurcieto, il quale lo avea condotto fuori d’Italia solamente, accio dai nemici non fosse in assenza suafatto morire. Gli altri compagni peropagarono in Roma la pena delle loro scelleratezze . Tanto riferisce il Gampano . Mosso dai singolari benefizj , e servizj prestati all’augustissirna Časa d’Austria dalla famiglia Ma- renzi abitante in Trieste, il serenissimo arciduca. Carlo approvo 1’anno i586 Pantiča sua arma, col- 1’aggiungerle l’aquila, ed altri ornamenti, come 1 ^86 dimostra il diploma riferito dal P. Ireneo della Croce. Nuove scintille di bellicose fiamme scuopri- ronsi Panno 1589 nella nostra patria , indicanti^g^ vicine rotture, ed incendj di guerra, fra la sere- nissima Časa d’Austria, e la Repubblica di Vene- zia, la qual sempre intenta a dilatare i proprj con- d 140 fini per arrivare con qualche polito pretesto alla i589 me ta de’ snoi premeditati disesni, fe dare il gua- sto alle saline della nostra citta situate nella valle di Zaule, con danno notabile dei particolari della stessa , appoggiata solo alla scusa , e pretesto, che fossero fabbriclie nel mare , del quale contro ogni ragione pretendeva 1’assoluto dominio. Mirabil caso seguito quest , anno in Trieste,mi spinge a riferire Pinfraseritto epitafio scolpito so- pra una sepoltura posta fuori della porta piccola della cattedrale di s. Giusto, perche degno di ri- guardevole memoria, ad insegnamento d’alcuni, che si fidano troppo dei servi, e della infedelta d'al- cuni scellerati verso i proprj padroni =(*) EroFal- co , men giaccio ucciso da frode servile . Guardati dai servi tu che leggi i miei infortunj . Con animo di commettere de’furti, con un acuto stile trafisse il padrone. Empio metallo ingannevole! tu la ca- gion sei della mia morte! Cesare Falco pose il monumento a Fabio suo padre il primo di luglio 1589. 90 Alli 10 di luglio del 1590 , quantunque altri at- (*) Falcus eram, jaceo servili fraude peremptus : A famulis caveas, qui mea fata legis. Furta parans , Dominum telo confixit acuto . Impius iEs fallax, tu mihi causa uecis! Caesar Falcus Fabio patri mon. P. Kal. Julii MDLXXXVIIII, tribuiseano al primo , abbandouata nella citta di Graz dal serenissimo arciduca Carlo d’ Austria 1 guesta fragil vita, si trasferi alla corte celestiale pei’ jvi godere il premio accumulato dal suo pio , e cristianissimo zelo delFonore di Dio, mantenimen- to della fede cattolica, e profitto spirituale de’pro- prj sudditi. Quest’ anno pure fu assegnato capi- tanio della nostra citta il conte Giorgio Nogarola Veronese; il che dimostra avere sgarato nel no- me , e nel tempo Fra Leandro Alberti, col Sanso- vino. Per coprire con altra palliata menzogna i Vene- ziani il loro dilatamento fuori de’ proprj confini, sparsero farna, che alli 7 d’ottobre del 1593 fosse i dato principio alla fabbrica di Palma nuova, for- tezza delle piu cospicue, eh’ abbia FEuropa,per opporsi alFarmi Turchesche, ed impedire a quei barbari P invadere piu nelP avvenire F Italia con nuove scorrerie. Gli effetti pero manifestarono , che 1’intenzione della Repubblica era di disten- dere , e dilatare piu oltre le mani, e d’ergere que- sta piazza contro gli stati arciducali, mentre era in gran parte fabbricata sopra il terreno arcidu- cale, e cinta quasi d^gn^ntorno da terre, e ville soggette al dominio della serenissima Časa d’Au¬ stria, essendo meno d’un miglio distante da Jalmi- co , Visco, Givanrriz , Antoniano, Tanuglis, e Go- naro con la chiesa di s. Pellegrino situata sopra la strada alta, villaggj parte soggetti al contado di Gorizia, e parte a quello di Gradišča , da tal for- tezza solarnente distante otto miglia . 1 - 4 » Seguita la morte di m on sign. Coret vescovo dl l!:, 9 3 Triestej sollecito pastore, e provido economo, co* me lo dimostra ringiunta iscrizione scolpita sotto Ja sua arma = (*) Nieolo de Coret accrebbe gli edificj del vescovato, riparo gli orti, con animo grato lascio ai successori il godimento dei beni da esso coltivati; == fn eletto in sua veee per vescovo di Trieste nou nell’ anno 1591 assegnatogli dal- Pabbate Ughellio forse per errore dello Stampato* re, ma nel Imperatore 11 Pontefice Rodolfo II. ^ Clemente VIII. j 5 9 5 72 GIOVANNI IV. BOGARINO diGorizia,il quale fra molti altri soggetti merito pe’ suoi rari talenti, virtu e lettere d’ essere asseguato ajo, e precettore del serenissimo arciduca Garlo . Le cui prerogative cosidescrive 1’aecennato abbate Ughel¬ lio = ( ## ) Giovanni Bogarino Goriziano precettore di Garlo arciduca d’Austria . Fu nobilitato colla di- gnita Triestina 1’anno 1S91. Quest’ egregio pasto- C) Nicolaus a Coret Episcopatum aedificiis auxit, hortos paravit, Bona culla grato animo fruendo successoribus reliquit. (**) Joannes Bogarinus Goritiensis Caroll arciducis Au- striae praeceptor. Tergestina dignitate uobilitatus est 143 re, .almmo delcollegio Germanico di Roma, il qua- le raerito oltre le altre lodi pastorali, questa piu 1 ^ grande di tutte ; che nella Germania pose in opera tutte le sue forze nella tenera eta di Ferdinand o arciduca, quasi uniea speranza delPaugusta fami- glia, nelP esercitarlo in ogni altezza di giudizio, e di virtu . = Poco tempo resse questo pastore la no- stradiocesi, mentre nel terzo anno si trasferi al cielo. Le guerre crudeli delFUngheria, e Transilvania, che occupata tenevano tutta la Časa d’ Austria controia potenzadel Turco, fieronemico dellaCri- stianita , servirono di nuovo motivo aiVeneziani di sollecitare Marc’Antonio Memo Proveditore di Pal¬ manova, che tentasse 1 ’anno 1597 (Poccupare PAsa, fiumedi Cervignano, con la suariva dalPaltra par-jSg^ te, per levareindi ilDazioarciducale,ehepagavano lebarche. Distrusse egli colPassistenzadimoltagen- te armata ilponte, che attraversavaPaceennatofiu- me, facendo fabbricare in sua vece un portello. Queste novita, indizj certi diguerra, con tant’altre agginnte altrove da’Veneziani, facevano crescere i anno i5gi. Hic pastor egregius, Germani urbis colle- gii alumnus, qui praeter caeteras pastorales laudes, bane vel maxime inde promeruitj quod Ferdinandi archiducis spei angustae familiae in Germania pene solius in tenella aetate, ad omnem altitudinem exerci- tandam judieii, virtutisque suae vim exercruit. 144 _ sospetti del lor maPanimo contro 1’ augustissima Časa d’Austria . Al defunto vescovo Bogarino successe nella va- cante dignita vescovile di Trieste, corae si scorge dalle Bolle spedite da Glemente Vlil. in Ferrara li 7 agosto del Imperatore 1 Q Pontefice Rodolfo II. ^ Clemente VIII. ^8 73 ORSINO de BERTIS Goriziano. Ebb’egli ap- pena prešo ilpossesso, che fraesso e li giudici della citta insorsero aleuni dispareri,e contrarieta, le qua- li obbligarono Parciduca Ferdinando successo nel governo d’imporre al vescovo, e principe di Lu- biana Tommaso Cron, al capitanio di Trieste con- te Giorgio Nogarola , e don Gio. Maria Panizolo pievano , ed arcidiacono di Gorizia , che con tito- lo di commissarj da esso deputati, ajutassero a sopire tutte 1’insorte difficolta , come segui li 29 agosto 1600. Non meno deplorabili, che funesti comparvero nel principio di questo secolo alla nostra citta di Trieste i terribili effetti della peste, mentre in es- sa agli n di novembre del 1600 feri aleuni cittadi- ni di maligno contagio, qual dalla sagace diligen- za de domestici occultato, alli a6 di decembre fi* nalmente scoperto , levo la vita co’suoi maligni ef¬ fetti a quaranta persone senza che altro luogo cir- convicino partecipasse tal male, quantunque siper- mettesse libera pratica al comrnercio, colPordina- ria apertura deipassi; maperche lemasserizie raal purgatedagFinfetti, comunicarono ad altre perso- 1 000 ne la peste a’ 5 di giugno si feee sentire nuova- mente il contagio, che serpendo con gran furore estinse sino a’ 20 luglio fra nobili, e plebei 800 persone, e di dodici canoniei della cattedrale due soli rimasero in vita , i quali destinati alla custo- dia della chiesa ^ furono sequestrati in sagrestia. A rapporti si funesti delFinfelice Trieste raosso il paterno cuore del sovrano Ferdinando arcidnca db^ustria, rivolse tutte le sue cure verso di quel- la, ondeprevenire, ed allontanare conefficaci mez- zi il contagio luttuoso. Ordino pertanto , che si facessero due appositi Lazzaretti , per tenere sepa- rati gli ammalati da’ convalescenti; ma siccome per effettuare gli urgenti ordini sovrani, esausta era la cassa comunale , cosi il serenissimo arcidli¬ ca , dietro informazione deli’amministratore del capitaniato di Trieste Gio: Francesco Achimis, ri¬ volse lo sguardo al nob. Marchesetto de Marche- setti, come uno de’piu facoltosi, ed attivi cittadi- ni di Trieste, a cui appoggio il carico di sommini- strare in quella urgenza il necessario denaro per mandare ad esecuzione il piano dei lazzaretti, e provedere i medicinali, col prestare anche la saa personale vigilanza , ed assistenza.Come osservasi dali’ingiunto arciducale decreto, il cui originale tedesco da me veduto, viene tuttora conservato dal nob. sign. Alessandro de Marchesetti, discen- dente del rnedesimo sopraccitato Marchesetto de Marchesetti , direttore in capo delFofficio tavolar« ' TOM. m. 10 -h J 46 delle ipoteche in Trieste, tradotto nelfitaliana fa- 1 1 vella j il quale dice : ( di fuori ) Al nostro fedele caro Marchesetto Marchesetti. Ferdinando per laDiograzia arciduea d’Austria, duca di Borgogna, conte del Tirolo ec. ec. Caro fedele! Siamo informati dal nostro caro fe¬ dele Gio: Francesco Achinais ammkiistratore del nostro capitaniato di Trieste, che esso in questo deplorabile stato della citta, dopo varj consulti con soggetti dotti, ed altri abbia trovato, o 1 tre le analogbe preservative, il piu opportuno di stabili- re due appositi lazzaretti, per indi separare gli am- malati dalli convaleseenti, qual ordine viene con- siderato utile, ed efficace da tutte le citta ben go- vernate; rna siccome mancano presentemente alla comunita di Trieste i neeessarj fondi per tale ef- fettOj e che indispensabile si rende il rinvenimen- to di un mezzo di sovvenzione : cosi rilasciaino a te il grazioso, e benefico nostro eccitamento, che tu in considerazione di tale disastro, e pericolo, e per la carita cristiana, somministrare vogli buo- nariamente, e per poco tempo^ oltre la tua assi- stenza, una sufficiente somma di danaro al coniu- ne della citta di Trieste onde effettuare tale pr°" getto, e pagare li medicinali gia provveduti, se- guendo a suo tempo infallantemente la restituzio- ne per parte della citta, e comunita, che verra da M? noi a cio obbligata. Con questo presen terai a Dio tm’ opera piacevole , e noi la guarderemo con gra- 1 Ssiosa soddisfazione . Dato nella nostra citta diGraz li 26 luglio 1601 Ferdinaudo m. p, Gio: de Slaraud. Per ordine proprio del serenissimo sig. arciduca V.JCibinuk. Stabiliti i lazzaretti, venne formato un magi¬ strate di Sanita nelle persone di Marchesetto de Marchesetti, come supremo cape, Andrea Padovi- no , Nicolo Pellizaulo, e Gregorio Juriza provedi-* tori. In guardiani di Sanita farono stabiliti Fran* cesco Giraldi, e Bartolomeo Rupert. II primo do- Tea accompagnare i beccamorti ffuando andavano per le čase a raccogliere i defunti appestati per darloro sepoltura 3 il seeondopoiincombenzato era di girare co’ beccamorti tanto per la citta , cbe pel territorio suonando una campanella, affirre di raccogliere e seppellire gli estinti dal contagioso male . Nella torre di Contovello mori dalla peste la moglie, e tutt’i figli di Simone de Marchesetti, al quale per essere stato attaccato anch -1 esso dal me- desimo contagio fu sollecitameute spedito dal i4» Supremo della Sanita Marchesetto de Marchesetti J ^ 00 suo cugino, un uomo con cavallo, che lo fece con- durre alPospedale del lazzaretto in Trieste, ove il seguente giorno fini di vivere dopo avere per- duti, oltrelamoglie, edi figliuoli, comesi edetto, anche , prima di essi, i due suoi fratelli, Bernar¬ dino cioe j e Gio: Giaeomo colpiti dali a stessa pe¬ ste : con che resto estinta tutta ipuella linea dei Marchesetti. Gessati i sospetti, il vescovo Orsino de Bertis tro- vossi ohhligato ad invitare quattro sacerdotidi Ca- podistria, acciocche accettassero quattro canonicati per supplire alle funzioni ecclesiastichedi essa cat- tedrale . Prosegui la mortalita, ne cesso il flagello l6oi prima dei 27 di decembre delPanno seguente 1601 dopo che unito il clero col magistrato ricorsero a nome di tutta la citta alPintercessione di s. Roc- co con voto di fabbricare a suo onore una ehiesa, come poi segui, in piazza detta la grande contigua a6oa a ( 3 ue ^ a delPapostolo s. Pietro 1’anno 1602., anno- verandolo in questo medesimo anno tra iprotetto- ri di Triestej ed annualmente in avvenire nella n- correnza della sua festa facevasi la processione so- lenne per la citta , e si cantavano due messe, una nella ehiesa di s. Sebastiano } e Paltra di s. Pietro in piazza . Spedi la Repubblica di Venezia a Capodistria per proveditore generale FrancescoGiustiniano,ac¬ ciocche conrigidissimiordini provedesse alla custo- dia della provincia delPIstria , e specialmente del¬ la terra di Muggia distante solamente 5 iniglia da Trieste, il quaie Goti quell , ešatta diligenza, e rh gore cheil fattorichiedeva, non permise mai entrare ! " iri quella terra veruna cosa venuta dalla parte del Carso , che ridusse quei popoli in queir anno in grandissima necessita * e miseria, mentre senza il commercio, e la somministrazione dei ■viveri del Carso , e delle parti dellTmperio, si rende impos- sibilitata a sostenersi. Soffri Muggia Faccennate calamita sino a ’19 dingosto, nel qual giorno per- Venne nuova con lettere spedite dagli eccellentis- simi proveditori , e sopra-proveditori alla Sanita di Venezia dei passi aperti, e licenze del commer¬ cio 5 e pratica con la citta di Ti-ieste e stati arcidu- eali. Apporto tal nuncio allegrezza si grande alla terra di Muggia , che con suono di campane , spa- ro di dieci pezzi d ? artiglieria, ed altri mortaretti* due fuoclii uno in piazza, e l’altro in castello mo- strarono il giubilo della liberazione delle lor mi- serie * Assali PUngheria con potentissimo esercito 1* ftnno i6o5 Hasanech gran Visire di Achmet Impe- r a tore de^urchi, il quale dopo la preša di Pest, Vacchia , ed Hathuania j assedio t bencbe indarno, ancora Strigonia, al cui soccorso fu inviato dali'’ Imperatore sopra le galere di Vienna Michele Ba¬ sen patrizio di Trieste capitano d’esperimentato Valore con 3oo soldati. In quest’occasione ancora la nostra citta di Trieste invio al servizio del sere- nissimo arciduca Ferdinando, il quale poi acelar mato Imperatore fu il secondo di questo nomej a spese pubbliche della cortmnita Cento soldati sotto j So il comando del sig. Geremia de Leo gentiluomo di I 6o6 r r r ieste^ il quale ben provisto di tuttoil necessario parti dalla patria il primod’agosto, ed arrivatoal- Ja citta di Graz fu spedito di presidio ad Orperch nei confini della Turchia, ove diraoro einque me¬ si, che poi seguita la pace di ao anni col Turco, licenziato colla compagnia fe ritorno alla patria. Del quale soccorso sna Altezza Serenissima rese graziealla nostra citta con esibizione diriconoscer- la nelPoccorrenze, come dalla lettera conservata nel pubblico archivio si seorge . Per conchiudere 1 ’ accennata pace col Turco mando piu volte 1 ’Impe- ratore Rodolfo II. a Buda, Belgrado, alla Porta, ed al Gran Signore con titolo di Commissario ed in- viato il sig. Pietro Bonomo gentiluomo di Trieste, soggetto che i suoi talenti, e valore , Finnalzarono alle cariclie di presidente d-i guerra, e di tutte le mostre, e rassegne delle soldatesche dei confini delP Ungheria, il quale servi anche Plmperatore Mattias in altri affari di gran rilievo. Memore Parciduca Ferdinando degPimportanti servigj prestati a’siioi sudditi della citta di Trieste da Marehesetto de Marcbesetti Panno 1601, allor- cbe la cruda peste facendo strage, mieteva indi- stintamente le vite degPinfelici Triestini: volle in quest’anno 1606 rimunerarlo, conferendogli la ca¬ rica di areiducale Esattore , colPassegnargli in ri- eompensa due soldi sopra ogni stajo di grano, che da Trieste fosse transitato altrove, come dal se- guente deereto, conservato dal prelodato illustr. sig. Alessandro de’Marchesetti, rilevasi: Noi Ferdinando per la Dio grazia arciduca d’Au- stria, duca della Borgogna, Stiria, Carintia, Gra- I( ^ 0 ^ gno, e Virtemberga, conte del Tirolo, e Gorizia. Confessiamo, che graziosamente abbiamo depu¬ tate, ed accettato Marchesetto de Marchesetti ia riguardo delPonore e sufficienza sua, della quale ci e statocommendato ariscuotere, e tirar entro li F. z 5, li quali ci vengono annualmente dalle sa- line del Cobenzel pagate ivi; siccome ancora del¬ la meta delle rendite delle condaune, che ci per- vengouo, assieme coll’ordinario dazio del Porto; siccome tutto questo, cbe nella tariffa delPofficio di Trieste non e compreso, ne quello nelPagguaglia- to affittuale si contiene, ma a noi separatamente aspetta, e cio sino a nostrograzioso beneplacito, e suoi deportamenti. II cbe faeciamo anco colla pre- sente lettera eapere cosi, ed in tal maniera cbe es- so Marchesetti debba con fedelta diligentemente rieevere il predetto contodellesaline, assieme con la meta delle rendite che cascano dalle condanne , e dazio integrale del Porto secondo la consuetudi- ne, e nel modo si faper il nostro affittuale presen- te ivi di Trieste, e tali rendite riporre 'nella depu¬ tata cassa delPufficioconpresaputadel nostroluo- gotenente di costi, come quello che avra ancora una chiave di quelle, e di quella con ogni diligen- te providenza fare per mezzo del deputato pagato- re delle fabbriehe gli opportuni riparamenti, e mi- glioramenti nel castello, e čase di soldati e Porto delmare, e canale, ed in specie per con to delle spese che si faranno, comprare, e mandare ogni 3 5 -2 sorte tli cose m&vittime., frutti ed altro qui fuori corte, con ogni diligenza tenere contracconto si di questo , come per eonto del resto darci a noi, ovvero al nostro deputato presidente della carnera deli’inferiore Austria fedele , ed onorato conto; ed anco rivedere., e sottoscriveretutte le bollette, ne senza cio lasciare passare cosa veruna. Ed in somma fare tutto cio che qual fedele servo si con- viene, ed appartiene, e che tutto il nostro bisogno il riehiede, il che fare esso anco ci ha promesso, ed umilmente riservatosi. AlFincontro noi graziosamente abbiamo conces- so al detto Marcbesetti potere per tale sua fedele diligente fatica, e cura riscuotere per cadaun sta¬ ro di formento, che transitera per Trieste due sol¬ di veneziani graziosamente senza dolo, e fraude. Per fede della presente lettera le abbiamo portato a notizia delli nostri cogniti, e del nostro deputa¬ to presso la camera delPAustria inferiore, e consi- glieri, col nostro ducale sigillo espedito. Dato nella nostra citta di Graz li 6 novembre 1606. Gregorio Salhaut prov. V. cancell. r; • " - | ./; Commissio serenissimi domini Archidnc. in consilio i Pietro Engelmann . iS3 Fece sapere il nostro vescovo Orsino de Bertis al nunzio diGraz con lettera dei 19 decembre del- 1 ^ 0 ? Panno 1607, che anticamente spettava alla chiesa Triestina non solo il dominio di tutta la citta, ma ancora de’castelli di Muggia, e di Umago, i quali in appresso furono dai Veneti usurpati, nel mede- simo tempo cbe spogliarono i Patriarchi della pro- vincia deli’ Istria; nella qual occasione , per pre¬ stare de’sussidj ai Patriarchi d’Aquileja, furono costretti i vescovi Triestini di alienare i diritti, che avevano sulla citta. Diceva di piu. che di do- dici canonici n’erano rimasti appena sei per servi- zio della cattedrale, a cagione della Joro poverta, percependo eiasclieduno dalle loro prebende appe¬ na quaranta fiorini, se intervenivano pero al ser- vizio della chiesa. Aggiunge inoltre, che vi erano alcuni infetti d’eresia,e che molti trascui’avano la eonfessione pasquale , mentre nulla curavano la scomunica fulminata pel suddetto motivo, che anzi rninacciavano di togliere la yita a lui rriedesi- mo. Si scuoprirono a’ 5 d’ ottobre del 1608 con pre- giudizio, e disturbo grandissimo della pace, equie-i6e8 te della citta, molte gravissime, e perniciose dis- sensioni, e contese civili, tra la nobile famiglia delPArgento e suoi aderenti d’una parte, e li si- gnori Coraduci Lei, e loro aderenti dalPaltra. De- sideroso il serenissimo arciduca Ferdinando della pace, ed ottima corrispondenza de’suoi fedelissi- mi sudditi, impose al serenissimo arciduca Massi- miliano Ernesto suofratello, che colPassistenza 154 d’ alcuni cavalieri, e soggetti di sua corte, con- i 6 oS(jhi uc iesse una buona^ ed inviolabil pace fra esse fazioni, laqualeconchiusa estabilita voleva suaAl- tezza Serenissima vuole per fermezza maggiore, e stabilimento d , un , incontaminata concordia, ed u- nione, ehe i’estasse estinto, e sopite qualsivoglia mancamentoj ingiuria, ed offesa traseorsa in fatti, parole, e seritture, corne sta espresso in autentiea serittura sigillata col suo arciducaie sigillo, e sot- toseritta dagPinfraseritti. Gio: Oldoino L. B. d’Ecchembergh . Giorgio conte Nogarola capitanio . Giovanni Sforza conte di Porcia . Giacomo Campana luogotenente di Trieste. Confermato anco di proprio pugno da ciascu- nad^sse parti, il cui originale eonservasi nella vicedominaria della citta, autenticata dal sig. Ma¬ rino Bajardi not. pub. i • Pietro delPArgento . 2 . Germanico delPArgento . 3. Giorgio Sisckovich . 4- Baldassare Galo. 5. Arnedo delPArgento. 6 . Vital delPArgento. 7- Filippo de’Signori. 8 . Geremia de Leo . 9 . Giusto Giuliani. 10 . Lazaro Booomo. i 6 oS i55 11. Giovanni Marenzi. 12. Francesco Wosserman. 1 3 . Stefano Burlo. 14. Cesare Marchesetti. Stabilito il matrimonio delPinfanta Maria Mad- dalena figliuola del defunto arciduea Carlo d’Au- stria d’eta d’anni 21 con Cosimo secondo figliuolo di Ferdinando gran dača di Toscana Panno 1608 li 19 ottobre, inviata verso Trieste in compagnia delParciducaMassimiliano suo fratello, e del pren- cipe Ulrico d’Echimpergh col seguito di 400 cava- lieri, che la servivano, pervenne a Trieste, ove sTmbarco sopra sei ben allestite galere, che d’or- dine della Repubblica di Venezia vennero a levar- la coli’ eccellentissimo Agostino Michieli capitano di Golfo , il quale la condusse in Ancona. Rimase poi vedova P ul tirno di febbraro del 1620 per la morte del marito . Rinovata Panno 1609 una salina in Trieste con espresso divieto a’ sudditi imperiali, ed arciducali non proredersi dišale, chenellanostra citta > con- turbo siffattamente gli animi di quelli di Capodi- stria tal novita, che Nicolo Manzuoli suo cittadi- no (1) querelandosisenzaragione di tal fatto^ scri- ve Pingiunte parole = FinalmCnte dopo il corso di cent’ anni i Tergestini scordatisi delli successi (1) Descrizione dellTstria pag. 24. 136 passati, rinovarono una salina anno 1609 COtt i6o9p ens iero d’introdurre di nuovo il negozio di tutte le cose in questa lor citta, proibendo ai sudditi impariali il venir nello stato Veneto, per il che fn mandato Alvise Zorzi in Istria con commissione d’assediare Trieste per mare, come i Tergestini assediavano Capodistria per terra ec. = Quasiche non potesse il serenissimo arciduca d’Austria proi* tire con rigorose pene a’suoi vassalli il provedersi di šale fuori del proprio dominio ad imitazione de* gli altri Principi, e specialmente della Repubbli* ca di Venezia, la quale superava ogn’altro ne’ri* gori del trasporto dei šali nel proprio stato. Pef la partenza del Zorzi in Dalmazia, elesse in sua vece il Senato Pietro Bondoraiero, il quale arriva- to in Capodistria uso diligenza cosi esatta dalla parte di mare , che ridusse Trieste a grande stret- tezza, non permettendo entrare ne uscire cos 3 alcuna . Prevedendo conpaterno zelo il serenissimo arci¬ duca Ferdinando, che queste benche picciole favil - le, spinte da iterato soffio d’immoderata passione? minaceiavano una gran ftamma di belligero fuoco ne 1 9uoi stati, ch’era ansioso diconservare, comandoclie senza indugio fosse demolita la salina, e levate le nuove gabelle con le guardie dei passi, e permes* sa la pristina liberta alle strade , con somma alle* giezzade’Giustinopolitani, i quali afflitti per la prt* vazione del commercio cogli stati arciducali, e del* l esito de loro šali nelFImpero, supplicavano con iterate istanze il Senato alFapplicazione deli’op' * 5 7 por tuno rimedio, men tre astretti dalla penuria dei viveii neeessarj al mahtenimento, e conservazio- 1 ne della vita , eonfessavansi colmi d’ogni miseria, e calamita, non meno di quanto fossero i Mugisa- ni a causa della passata peste. Anelando anche 1 ’augustissima Časa d’Austria una stabil pace, e buona vicinanza colla Repubbli- ea Veneta, per eseguirla assenti alle qui inserte capitolazioni, concepite in Vienna 3 i io febbraro 1612 dal Soranzo ambasciatore della medesima, pereio nominate i famosi capitoli di Vienna . Che la Maesta Cesarea col serenissimo areiduca pro- mettono alla serenisaima Repubblica il mare net- to , e libero da’pirati di Segna, ed altri luoghi, ne perrnetteranno ad alcuno uscire dai loro porti per danneggiare la navigazione sotto pena della vita j che tristi saranno assolutamente discaccia- ti, col rimettere subito in Segna presidio Tede- seo, e continuare anco ad ampliarlo . Quando pe¬ ro laRepubblica rilasciera iprigioni, e levera l’as- sedio dai porti, lasciando la navigazione delli com- merci libera, e nelPantieo termine, e mantenendo la buona vicinanza, e di tutto cio esso ambascia¬ tore procurera 1’esecuzione quanto prima, altri- mente sua Altezza serenissima non pretende resta- re obblisata . c/ Di quanto in questi capitoli fu stabilito nulla si vide dal canto di essa Repubblica eftettuato, la quale non solo trascurava d’ osservare i suoi ob- blighi, ma invece d’eseguirli restrinse anche mag- giormente gli assedj ed impedi i connnerci, al 158 qual fine nell’anno seguente 161 3 il proveditore 6i°di Palmanova mando due capitani con grosso nu- mero di soldati assistiti da una compagnia di eap- pelletti colPinsegne spiegate , per impedire la ga- bella arciducalediGervignano . Ed inoltre dal suo ambasciatore in Vienna fe ricercare sua Maesta Cesarea 1 ’esecuzione delle due qui annotate ri- chieste. La prima_, che i Triestini in vigore delle capi- tolazioni ec. non possano avere, ne fabbricare šali* ne sopra il mare. La seconda chenou abbiano liber ta di trafficare, e navigare nelPAdriatico in pregiudizio dei dazj, e porti della medesima Repubblica . La quale al pari e piu di gualsivoglia Prencipe deli’universo. accudiva con ogni studio alla poli- tica , e per nativa inclinazione ( corae affermano gPIstorici) anelava d’ampliare il proprio domi- nioj e privare 1 ’ augustisšima Časa d’ Austria di quegli stati s che per giusta, ed ereditaria ragione de’suoi antenati le spettano in Italia, e nel Friu- li. Assalitp dalla morte il conte Giorgio Nogarola Veronesecapitanio della noscracitta diTrieste, ac- ciocehe non restasse abbandonata la citta con la vacanza di tal carica in tempi si calamitosi di vigi- lante soggetto, ponderati con gran riflesso dal se- renissimo arciduca Ferdinando le qualita, talenti, e meriti delPillustr. sign. conte Ascanio Valmara- na Vicentino consegnogli P anno 1610 il governo di Trieste con titolo di suo capitanio. 15g Mentre tutt’ intento , e sollecito 1’ Imperatore Rodolfo II. invigilava a’ preparamenti della lega 1 ^ 13 cattolica contro gli eretici in Germania, ove gik la guerra di diverse provincie faceva sentire i suoi marziali malori , sorpreso li 20 genu aro del 161 a dalla morte , lasciata al mondo la guerra, si tra- sferi ali’ empireo, per ivi godere il frutto d’una eterna pace . Successe a lui nel trono imperiale 1’arciduca Mattia suo fratello, col quale il Gran Turco col mezzo de’suoi inviati proeuro lo 6 tabi- limento delPaccennata tregua, come segui. Monsignor Orsino de Bertis vescovo di Trieste visito le provincie della diocesi d^Aguileja sogget- te alla sei^enissima Gasa d’Austria . Ed il primo di aprile del 1 6i3 diversi cittadini di Trieste eresse- ro nella chiesa di s. Silvestro la vener. confrater-ieiS nita del san tis simo Rosario, come consta dali o istromento rogato dal sign. Marcello Gapuano no- taro pubblico, che poi fu trasferita nella nuova chiesa. Non mancarono anoora nelPIstria, ed altre par- ti gli officiali Veneti con tentativi evidenti d’osti- lita di far conoscere quanto i lor supremi solleci- tassero in piii modi le rotture di pace, permetten- do alla licenziosa soldatesca d^invadere con ogni liberta di rapine, ed incendj il contado di Pisino, coi territorj di Sumbergh, Lipoglavo, Cosliaco, Cresanoj ed altri luoghi Austriaci, ove apportaro- no molti , e gravi danni. Non contenti di cio , tra- scorse tant’ oltre il lor modo nojoso di procedere che proibirono sotto gravissime pene qualsivogli» % i6o commercio ai sudditi Austriaci, e la navigazione ‘4ai vascelli, e barche neiporti soggetti alla serenis- sima Časa d’Austria. Ed accio tal proibizione fosse eseguita con piu strettezza, e rigore , spedirono il seguente anno 1614 da Venezia a Capodistria, e Muggiadiverse barche armate, ovverofuste con 5o Albanesi, e capo particolare in ciascuna, le quali col lorsollecitocorso nelgolloimpedirono affattoai porti di Trieste, e s. Gio: di Dnino il traffico di inare ; come mesi prima era seguito a quello di Fiume, di s. Vito, o ve preše alcune barche de’ sud¬ diti arciducali che cariche di merci solcavano quei mari, condannaronogli arrestatimarinari per mag- giore scorno alla galera . Serrati in tal guisa i passi del mare , permette- vano pero la continuazions del traffico per terra merce Tutilita che da questo proveniva ai pro- prj sudditi come s’accenno . Nel men tre che gli Albanesi custodi del golfo di Trieste, insolentan- do spesse volte i pescatori, che con piccole bar¬ che pescavano in faccia della citta^ ne presero al- qnante che scostate un poco da terra non ebbero tempo di salvarsi, tentarono pure con ogni dih- genza d impedire alFatto la condotta dei šali, che si fanno nelle nostre saline poste nella valle di Zaule, e di Servola. Posciache qualunque fiata sf opiivasi dagli stessi alcuna barca, che ivi a tale efietto andasse , o ritornasse , senza dimora era da loro investita . Ed aneorche mol te nelviaggio spal- leggiate alla ripa del mare da buon nmnero de’no- 8tii cittadini armati, e bandadehnosehettieri Ale- i6t manni sfuggissero il pericolo, e quantunque con rnolti tiri di petriera, che usavano le fuste scari- 1 ^' + cati contro le medesime, sempre pero senza mini- rna ofFesa dei nostri, venissero tormentate; alcune nondimeno non potendo salvarsi dalla velocita del- le fuste rimasero preda degli Albanesi, de’quali non pochi dagli arehibugi de’nostri cittadini, emo- sebetti degli Alemanni rimasero feriti e morti. Nel prineipio del i 6 r 5 invio tl serenissimo arci-^g duca alla custodia di Trieste buona comitiva di soldati Alemanni sotto la direzione di Sebastiano Zuech loro capitaro, il quale con sollecita e rigilan- te premura non tralascio in ogni occasione ancor- che ardua, e pericolosa di tnostrare la sua fedelta e valore . Passarono alcuni mesi senz’altra novita di rilievo, fuori della continuazione solita delle barche arrnate Albanesi, le quali scorseggiando in faccia della nostra citta, e suo territorio , appor- tavano non poca molestia ai pescatari, con preša anche d’alcune barchette . L’editto pubblicato in Venezia per il serramen- to dei passi, fu indizio certo d’ un’aperta guerra , principiata dai Veneti con varj tentativi di sorpren- dere alcuni luoghi arciducalt, e distruggere le no- stre saline di Trieste : venuti nella valle di Zaule per eseguire 1’intento , assaliti dai nostri furono necessitati ad abbandonare Timpresacon piii di 6co morti, oltre molti feriti, ediversi accidenti occorsi nel Friuli, ed altri luoghi. L’imporre i Veneziani al lor generale da mare d’assalire con ogni sforzo la terra di i. Vito di Fiu- tom. m. ti i6a me , ovvero la citta di Trieste, fe palese al mondo quei principj di manifesta guerra, che piu non po- 1 J tevano celare ne’ lor petti. Accrebbe anco la cer- tezza di ta^ intenzione 1 ’editto pubblieato nel me- se d’aeosto in Venezia, in cui proibivasi ogni com- mercio e traffico per teri’a coi sudditi arciducali, il quale diede ansa maggiore agli Albanesi d’inso- lentare i pescatori di Trieste perseguitandoli gior- nalmente sin vicino alla citta, e di srnontare anco in terra ne’piu lontani luoghi del territcrio depredan- do cio che loro le veniva alle mani con incendiare molte čase , ed abitazioni fatte per comodita della campagna. Tento il generale, benche indarno, di* verse impreseinfestandocolTarmatadi mare i con- fini arciducali, e con isperanza di sorprendere Car- lobago castello nella Liburnia soggetto per la Co- rona d^ngheria alla Maesta delFIinperatore, p°' sesi a quelFimpresa, ma senza frutto . Si spinse Lorenzo Veniero pur generale di ma- re alli 27 'delPaccennato mese assistito da sei ga- lere, e 36 barche armate ali’acquisto di Novi ca¬ stello possedutodal conteNicoloFrangipane, ven- ti migliadistante da Segna, il quale con valore, e difesa deluse le speranze del Veniero, che prima di partire da quella riviera distrusse alcuni fonda- menti di saline fatte fabbricare dal conte,edas- šali altri luoghi sproveduti d’abitatori partiti due giorni prima per aceompagnare il padrone oltre d monte della Morlacchia, ne 7 quali quantunque la- cesse mol ti danni, e grandissirne stragi, 1 ’intre- pido valore, e gagliarda difesa di quei pochi rim s ' 163 sti alla custodia tlel castello , che unironsi con al- quanti Segnani ritirati in nna torre, necessitarono 1 finalmente ilVeniero apartire senz’altro guadagno. Ammassava nellostesso tempo la Repubblica nu- merosa soldatescanelFlstria*, risolutadi rovinare,e distruggere affatto le nostre saline della valle di Zaule col pretesto nori men vano che ingiusto del- 1’essere fabbricate in luogo marittimo soggetto al dominio Veneto, e sollecitava tal demolizione ac- eiocche sprovveduta la nostra citta di Trieste di šale fosse neceseitata a provedersi di esso nello stato Veneto, ed anche con disegno di saccheggia« re la giurisdizione di s. Servolo 5 e tentare 1 ’actjui- sto di quel castello, situato nei confini Veneti di essa Repubblica sopra un’alta rupe . Scorgendo la nostra citta di Trieste, che tali scintille di bellige- ro fuocosparse dai ministri Veneti in luoghi diversi del dominio Arciducale, altro non presagivano che 1’ineendio di manifesta guerra, spedirono subito con espresso al serenissimo arciduca Ferdinando Fesatta relazione degli andamenti dei Veneti; alla qual nuova invio sua Altezza senz’ indngio due al- tre grosse partite di moschettieri Alemanni nel- 1 ’Istria, assistite dai capitani Burgunder, e Teri- no, unaper rinforzo del presidio di Fiume, e Pal- tra alla custodia del contado di Pisino per opporsi ed ovviare ai danni, che le milizie Venete appor- tavano a quelle contrade. La notte dei 9 iFottobre invase Gio: Corelio , as- sistito da numerosa sohlatesca Veneta, la villa di Potgoria soggettaal castello di s.Servolo, giurisdi- 1 64 zione del barone Renvenuto Petazzo cittadino tli ' ; ’Trieste, e dopo averla saccheggiata eondusse via colPaltre robe anche tutti gli animali grossl e minuti. Aggravato di tal danno il giurisdicen- te Petazzo dopo diligente processo fe bandire con taglia i complici di tal fatto . Presentita il Co- relio tal nuova , persuase il proveditore deli’ Istria a rimandare nuovamente due truppe d’ infanteria per depredare quanto di buono si ri- trovasse nelle vil 1 e sogeette alla giurisdizione del Petazzo dichiarato anche supremo c-apitano della tnilizia Triestina, il quale avvisato di tale invasio- ne spedi la notte stessa a5o moschettieri dalla cit- ta, per impedire ogni tentativo deli’inimico, con espresso comando della sola difesa , in conforinita de’graziosiordini di sua Altezza. Incontrati gli uni cogli altri nei confini di s. Servolo poco lungi da Ospo, villa soggetta al dominio Veneto, principia- ta la scaramuecia, resto morto unTedesco , ed un altro ferito, e dei Veneti sei uecisi, e quattro fe- riti. Finita la zuffa fecero ritorno i Veneti senz’ altra Bovita ai lor quartieri, e i nostri alla citta, i q« a ' li nel cammino incontrato il barone Petazzo , che andava a s. Servolo , s’unirono 40 seco, ed in- sieme presero la marchia verso Corniale, luogo ce- lebre per la rarita dei vini che ivi nascono, a Im soggetto, con intenzione di soccorrerlo qualunqim volta fosse attaccato dai Veneti, sopra cui pareva dovessero sfogare i primi impeti del loro animo mal affetto contro la Časa d’Austria . Fermati in 165 Cernicale il giorno seguente sul mezzodi, scopri- rono lesentinelle del proveditor Lezze, che accorn- 1 pagnato da tre insegne d’infanteria, e 40 cavalli arrnati eonbandiere spiegate, gia pid di mezzo mi- glio innoltrato nello stato Arciducale, contro le ca- pitolazioniconcordate tra la serenissimaCasa d’Au- stria e la Repubblica diVenezia, s’incamminava alla lor volta. Ansioso il Petazzo di reprimere Pau- dacia , e temerita del Lezze gli fe sparare contro due pezzetti di spingardo ivi custoditi per guardia di <{uel castello pošto sulla cima d’un forte scoglio, ed il Lezze spaventato dali’inaspettato colpo,fe subito ritorno co’suoi a Ospo, indi a Gapodistria, ove con grossa taglia bandi esso barone . Per isfogare con maggior calore il suo appassio- nato sdegno contro lo stesso, spedi alli 26 ottobre il proveditore buon numero di soldati a depredare Gorniale, i quali dopo averlo saccheggiato, spezzate le porte delle cantine ruppero anche molte botti, spargendo quel prezioso liquore sul terreno. Inol- trandosi poi nel Garso apportarono danni maggiori alla valle di Gennotez^ e Terpze, dalle quali dopo averle spogliate di tuttele biade, ed armenti, leva- rono ancora molte cavalledi razza che ritrovarono in esse . Insnlti cosi lieri spinsero il Barone Pe¬ tazzo a formare nuovo processo } ed iuquirere contro i delinquenti degli accennati misfatti, e ri- trovando che il proveditore Lezze non solo man- dava i suoi soldati a d|predare le vil le alla sna giurisdizione soggette, nia che egli ancora in per- soua con gente armata a piedi ed a cavallo, e ban- 166 diere spiegate assisteva come capo ed autore a ta- ^ I ^le impresa; fecelo prima proclamare neli’officio di s. Servolo, e poi bandire con taglia assai mag- giore della prima dallo stato Arciducale . Cio pre- sentito dal proveditore fec’egli ancora proclamare il Petazzo, e comando che la notte si spedissero rnille fanti con grossa partita di cavalli per isvali- giare ed incendiare i luoghi naigliori della sua giu- risdizione, al qual arrogante proclama rispose 1’ac- cennato Barone con breve ma sostanziale manife- sto, che alli 5 di gennaro mando a Capodistria per confusione maggiore del Lezze. Informato il serenissiino arciduca Ferdinando di tutti i successi occorsi, e sospetti venturi j coman¬ do al conte Wolfgango di Tersato vice-generale della Croazia, che adunati in quei confini duemil- le soldati, a piedi ed a cavallo, s’inviasse subito col capitano Daniele Francolo cittadino di Trieste verso i confini della nostra citta, per ovviare al- 1’insolenze de’nemici, che tali apertamente mo- stravansi i Veneziani col proseguire i gia princi- piati motivi di guerra, accesi prima nella valle di Zaule, che poi distesi nel Friuli produssero quel gran fuoco comunemente addimandato la guerra di Gradišča, i cui successi, che appartengono a quest’Istoria j saranno da me brevemente riferiti? lasciando a diversi autori gli altri, speciahnen- te a Biagio Rith Gradiscano, il quale ne’suoi com- mentarj della guerra di siya patria diffusamente de- scrive tutti gli accidenti in essa successi, per non allungarmi piu del bisoguo in quest’Istoria. i6i Aveva la Repubblica il mese d’ottobre gia am- massato circa tremilasoldati, i qualiquartierati torno Capodistria andavano giornalmente crescen- do, indizio certo., che tal adunanza di gente ad altro non dovesse servire, cbe per trascorrere, e distruggere alPimproviso le nostre saline di Zaule, ed infestare come gia avevano principiato la giuris- dizione di s. Servolo. Ansioso il proveditore d’esegui- re gli ordini e la mente del Senato, e di sfogare il suo sdegno contro il Petazzo , giudicando bastevole lasoldatesca adunatanelPIstria ad effettuare il suo intento, fesubitointimareconsiglio di guerra ,acux coneorsero Fabio Gallo da Osimo citta della marca Anconitana primo comaodante di essa, edaltriuffi- ziali inferiori, ove concertata, e stabilita la distru- zione delle accennate saline, c di tentare la preša del Castello di s. Servolo , s’ allestirono subito moltebarche congran numerodiguastatori, i quali spalleggiati da una galera presero il cammino alla volta di Zaule. L’ esercito anche di terra sotto la direzione del Gallo consistente in 38 oo soldati com- presa una banda di cavalleria, e non 800 solamen- te come scrive il Nani (i)_, a’24 di novembregiun- se unitamente con le barche al determinato luogo, ove subito il Gallo, occupata la collina diStramaro contigua alle nostre saline, ivi fermo il carnpo sotto (1) Ist. Ven, lih. 2. 16 IS un riparo Ji terra, il quale innalzandosi a poco a l5 |)oco la eongiunse col monle di s. Servolo. Giunto 1’avviso a Trieste deirarrivo de’Vene- ziani nella Valle di Zaule, mando il magistrato im espresso con minuta relazione di quanto passava al conte di Tarsato, giunto in quel punto nel vil- laggio di Gorniale cinque miglia distante dalla cit- ta, il quale subito spedi il capitanio Francol col luo- gotenente Vivo, assistiti di nurnero di fanteria, e cavalleria per opporsi al nemico. Sollecito ilFran- col con diligenza la marchia^ e pervenuto alla som- mita del monte,vide che iguastatori, la mag- gior parte cittadini di Capodistria, e Muggia. spalleggiati dalla gente del Gallodivisa inpiu squa- droni, smontati nelle saline, atterrarono gli argini che le circondano. Scoperto il guasto delle saline, avviso con fretta il Conte, che poco distante lo se- guiva,del successo, e calato con sollecitudine al piano , benehe assistito da pochi soldati, avventos- si senza perder tempo dalla parte di sopra dov’era un boschetto di quereieanimosainente contro Fini- mico. Seorgendo i Vpneziani il valoroso ardire del Francol,gliscaricarono addosso uiFimpetuosa tem- pesta dimoschettate; ma quel veterano soldatopra- tichissimo deli’ arte militare perche addottrinato in molte battaglie, con quei pochi che seco aveva, or avanzando , or ritirandosi sostenne con tanto vigore la scaramuccia, che il Conte pote arrivare a tempo col rimanente de’suoi Croati. Arrivo parimente nello stesso tempo il capitano Zueeh con i suoi moschettieri^ ed alcuni nostricit- 16g tadini usciti da Trieste per reprimere Faudaciadei Veneti, ed uniti tatti con la gente del Co«te, J< ^ assalirono con tanfimpeto, e vigore le truppe Ve¬ nete , che scarieati dalFuna, e Faltra parte i mo- sehetti con poco danno dei nostri, questi non po- tevanli pin caricare; ma senza perder tempo, ben- che inferiori di nurnero, s’avventarono con le scia- bole, e spade alla mano, ferendo ed uecidendo gl’ impauriti Veneziani, cbe jpeni di confasione rivol- tarono le spalle . Nel principio della zuffa spaven- tato dal valore degli arciducali il proveditor Lezze salvossi con la fuga, e per assicurarsi meglio , fe- ce tagliare frettolosamente i ponti delle saline di Muggia , il che cagiono la morte a molti de’ suoi, i cjuali seguiti dai nostri trovando fracassati i ponti precipitavansi nelFacqaa affogati dalla calca, altri uccisi dalle moschettate, ed altri dalla lor medesi- rnagalera, la quale con tiri di scaglia pensando colpire i nostri feriva miseramente i proprj. De’Veneziani riinasero morti nella pugna piu di 600, la rnaggior parte tagliati a pezzi, tra’quali il comandante Gallo, che sceso da cavallo per riordi- nare i suoi impauriti soldati, ne potendo rimon- tare in sella vi lascio la vita; oltre gran moltitudi- ue di feriti, eperdita d , un’Iasegna. Dei nostri die- ci restarono solamente morti, e pochi feriti, il che rende assai njaraviglioso il prospero successo dital vittoria , per li molti vantaggi dei Veneti , i quali oltre il sito vantaggioso della collina, ed ecceden- te numero di gente, furono anco assistiti con con- tinue canuonate scaricale dalla galera, una della x 70 quali colse il Vaivoda Vordonovich capo dei Croa- IJ ti della fortezza d’ Ottozez, soggetto di molta sti- ma , e vaiore, che fu il primo ad inseguire 1’inimi- co sino al ponte delle saline di Muggia, che gli fu rotto in facoia quando rimase morto. Terminata la pugna, parti la galera coli’altre barche , non meno scherniti, che sconfitti, e con- fusi parte allavolta di Muggia, ed altre di Capodi- stria. Li nostri cittadinj, col capitano Zuech dopo rese molte grazie al conte di Tersato ed altri uffi- ciali maggiori deli’ opportuno soccorso, colmi di allegrezza fecero ritorno alla citta, che giubilante per 1’ottenuta vittoria faceva gran feste . Il conte di 1 ersato con le sue genti fe’ ritorno a Corniale sul Carso, e meditando di vendicarsi , e rendere la pariglia ai Veneti degli affronti, e gravi danni da loro apportati agli stati Arciducali, e partico- larmente alla giurisdizione di s. Servolo , risolve di penetrare con parte de’ suoi soldati nel territo- xio di Monfalcone, ove la notte precedente ai 26 novembre inviossi con buon ordine, e tanto secre- tamente, che id suo arrivo non fu priina scoperto deli entrata inqueivillaggi. Riernpi di tanta eonfa- siotie, e spavento 1’ animo di quegli abitanti qne- st improvviso ed inaspettato colpo, che per rico- veiarsi fuggivanoda ogni lato alla terra di Monfal- cone, la quale per essere einta di fosse, con mura ai andca, assicurava lorlavita, quando scorgeva- 110 c alla paite del conte incendiate le proprie čase, e traspoitare con le loro sostanze nel Carso anche g i animali. Restossenein questo mentreil capitano 1 7 1 Francol col rimanente dei Soldati alla custodia dellagiurisdizionedi s.Servolo per opporsi ad ogni 3 impresa che i Veneti tentassero in quelle parti. Non devo qui tralasciare le falsita addotte in un manifestOj intitolato difesa a favor della Repub- blica di Venezia, composto da Prospero Urbani, ma senza esprimere ovesia statnpato, in discolpa delle sue orpellate difese, e per coprire i suoi palliati fi¬ ni poiche in esso non ritrovasi neppure una veri- ta sincera, ma solo apparenti paradossi lontani da ogni veridicacredenza ; mentre parlando dei Solda¬ ti Arcidueali dice cosi = Et commisero nelPIstria molte barbarie, etinauditecrudelta, avendo etiam- dio dato ordine ad un certo Petazzo, che mettesse in bando il pubblico rappresentante della Repub- blica, con parole indecentissime, et ingiuriose, perehe avesse latto qualche risentimento sopra i proprj luoghi. Mentre il piroveditore insisteva per castigare nei proprj beni la temerita di colui, qua- le non piu col mezzo degliUscocchi, ma coi caval- li levati da Carlistat frontiera dei Turchi, fu d’im- provviso sopra le genti della Repubblica e le scac- cio con qualche danno,essendo di cavalletia molto superiore; onde restati per la ritirata del capitanio patroni della campagna , non vi e alcun atto d’inu- manita che non sia da quelle fiere ed arrabbiate genti eseguito . Ne bastando alla lor furia 1’Istria, passati i monti entrarono nel Friuli, e nel territo- rio di Monfalcone col feri’o, e col fuoco altissiine vestigie dellaloro barbarie, non perdonando aqual- sivoglia cosa sagra, o profana, anzi nelle spoglie. 1 72 ed eceidj delle chiese , si manifestarono piu rapaei IJ e fierichenelrimanente ec. = Sin qui il mauifesto. Le falsita di questo manifesto, e di cio che scri- ve Evandro Filače Accademico Solitario nel suo di- scorso sopra i moti di guerra nel Friuli, stampato nella citta di Bergamo, sebbene sotto nome fiutodi Poschiavo Tericciola della Valtelliua, appariscono dairaccenuatodi sopra, mentre i ministri della Re- pubblica, e non i sudditi deli’augustissirna Časa d’Austria furono i primi ad invadere senza alcuna eccezione con gente armata, e bandiere spiegate dne anni prima i confini delFarciduca Ferdinando, solo per arrivare ai loro concepiti disegni d’occu- pare lo stato Arciducale, e quello che dicono di Benvenuto Petazzo gentiluomo di Trieste, la no- torieta del fatto lo manifesta, facendo torto alFarei- duca e ad esso Petazzo le falsita che appongono , mentre Benetto da Lezze proveditore delFIstria per eomando della Repubblica sempre intenta a dilata- re come dicono glistorici per suo istinto naturale in qualunque modo il suo dominio, ed altri suoi pen- sieri d assumere lo stato da quella parte, ben- che sotto pretesto di veudicarsi, e far guerra con- tro gli Uscocchi, pubblicati da essa comunemeute jter ladroni pubblici, mando il mese di settembre del 1 6 1 5 il suddetto proveditore nelFIstria, il qua- le poco dopo il suo arrivo fece passare alcune sue compagnie di soldati per la valle d’Ospo vid¬ no ai confini Arcidueali; di che prešo legittimo sospetto il Petazzopossessore del castello di s. Ser- volo, che esso proveditore non facesse qualche ten- *? 3 tativo in qnei confini, come altri confini della Rc- pubblica poco prima avevano fatto contro Garloba- 1 ^ 1 ^ go, Novi, Moscbenizze, Kovrana , ottenne dal ca- pitano di Trieste buon numero di soldati per sicu- rezza di quel castello; onde per qnalche accidente occorso passando il Lezze con fanteria e cavalleria sotto la rocca di Gernicale territorio Arciducale fu da uno poco prudente de’compagni di esso Petazzo ingiuriato di parole benche subito fatto tacere . Dal che esacerbato il proveditore fu i! primo che con proclama, ed editto pubblico fece citare il Petazzo a comparire come reo e turbatore di giurisdizione alla suapresenza, ilquale ricusando lofe con taglia pecuniaria capitalmente bandire . AlPincontro il Petazzo come giurisdicente e rappresentante del- 1’ Arcidnc-a procedette con simil modo contro esso proveditore. il quale con nn cartello famoso fatto affiggere ad un pilone di quei confini minaccio il Petazzo di voler vendicarsi, onde apparisce la fal- sita di quanto dice il manifesto, col discorso del- 1’accademico Evandro stampato nella citta di Ber¬ gamo . Persistendo i Veneziani nelPinvecchiato pensie- ro d’ allargare i confini del loro dominio , intenti a trasportare la guerra nel Friuli, fecero con ogni sollecitudine ivi passare 1’avanzate reliquie della battaglia di Zaule, adunando da tutte le partigen- te a piedi ed a cavallo per tentare l’acquisto di qualche piazza, e vendicarsi della passata rotta . Inviarotio in questo mentreoratori alla corte di Ce- sare per meglio palliare i loro astuti pensieri , »74 col daread intendere,che desiderosi della paceTos- 15 s ero deltutto alieni da qualunque moto di guerra, Per meglio addormentare i sudditi Arciducali , ac- ciocche sprovveduti vivessero senzatimore, sparse- ro farna con sagaci strattagemi, che 1’ambasoiatore avesse impetratodalPImperatore, e da altri Princi¬ pi della serenissima Časa d’Austria , per tre mesi la sospensione delle armi. Avvisato di tale ingan- no il barone RizzardoStrasoIdogovernatore di Gra¬ dišča spedi con veloce staftetta al serenissimoArci- ducaFerdifiando diligente informazione del succes* so, e scrisse subito al capitano diTrieste, onde invi- gilasse che i Veneziani credendo di ritrovare spen- sierati i cittadini, e sprovvista la piazza, non s’ac" costassero col petardo, e colla scalata. II fuoco cbe ardeva ne’ petti dei Veneziani, non potendo piit celare le fiamme del concepito sdegno contro gliAustriaci, spinse quelSenato a sollecita- re Pompeo Giustiniano Genovese , soggetto d’acu- to ingegno, e d’esperienza grande deli’arte milita- re appresa inFiandra sotto Iadirezione delmarche- se Spinola, ove milito con titolo di colonnello > al quale conferito avevano il governo delle milizie nel Friuli ove era proveditore di Palma Francesco Eriz- zo, e luogotenente di UdineSilvestro Morosini, che con tutte le forze s’innol trasse negli stati Arciducali. Esegui il Giustiniano senza dimora gli ordini, e nel primo ingresso oceupo li 19 decembi’e, Cormons, Medea, Romans, e Villete, viilaggi assai buoni di la deli’Isonzo, e poi Sagrado situato a piedi del Carso conanimo di stringere Gradišča, al qual fine 175 aneo fe’passare molta gente al monte della Trinita per tentare l’acquisto del ponte diGorizia; ove ac- 1 correndo la milizia Goriziana con quella del conte di Tersato, poeo prima arrivato in quel luogo, ob- bligarono il Giustiniano a ritirarsi a Cormons,il qual egli subitofeeefortificaredi trineiere,e fosseinsieme con Mariano, e Medea affine di striogere piu stret- tamente Gradišča . Occuparono anche oltre gli ac- cennati luoghi 1’antica eitta d’Aquileja , il castel- lo di Porpeto, Marano nuovo ed altri 60 villaggi, sae- cheggiando a lor piacere tutti quei contorni. Nel qual mentre il barone Strasoldo governatore di Gradišča non mancava con sollecita cura di prove- dere ai bisogni tli quella fortezza per difenderla ogni qual volta fosse assediata . Disegnando il Giustiniano di piantare im forte nella sornmita delPaccennato monte della Trinita, si mosse con le sue genti a quella volta la vigilia del Santo Natale . E Lorenzo Veniero generale di mare lo stesso giorno della sacratissirna Nativita del Reden tore, con due galere e 4 ° barche arma- te, due ore avanti 1’alba del giorno attacco Mosche- rizza castello del capitaniato di Castua, ma dopo molti assalti, ed avendoperdue giornicontinuicon due cannoni bersagliato, astrettodalla valorosa di- fesa degli abitanti, che tre soli lasciarono la vita, dove alli 37 abbandonare Fimpresa con grande scor- no , e perdita de’suoi, che sopra due barche arma- te furono portati a seppellire nell’ isola di Cherso. Neli’alba pure delli 37 inoltrossi una truppa di 800 soldati Veneti sino al castello di Co9liaco nel- 1 76 1 ’Istria, danneggiando con incendj e rovine Ja 'žampagna di que , contorni. Rivolti poi verso Cher- sano castello de’signori Giulio, e Gio: Francesco de Fin cittadini di Trieste, fatti poi baroni, il pri- mo de’ quali sosteneva attualmente la carica di lno- gotenente nella fortezza di Gradišča, dopo incen- diate tntte le abitazioni di quella campagna, avvi- cinati al castello, ruppero con pesanti pali di ferro la muraglia in due luoghi, per liquali molti soldati combattei’ono n el borgo sino alla sera, tentando or con minaccie, or con lusinghe la resa; magliabi- tatori animati dal valore delFagente di essi signori fratelli , fecero resistenza tale, che obbligarono gli aggressori alla partenza con perdita considerabile de’lor soldati. La stessa notte pure del 27 alcune barcbe arma- te con una galera approdate nella riviera nostra di Grignano situata sotto il monte di Prosecco, cin- que miglia distante dalla citta, sbarcarono azilan¬ ti de’ loro soldati. che incendiate diverse ease di quelP amenissimo luogo , senz’ altra dimora fecero ritorno aGapodistria . Mentre ardevano qnegli edi- ficj a vista della citta, i nostri cittadini credendo assai piu numeroso 1’inimico vicino , stettero tutta quella notte vigilanti e pronti colFarme alla ma¬ no per resistere a qualunque tentativo che presu- messe tentare contro di loro . Le angustie che af- fligge v ano in questo tempo Gorizia, e Gradišča era- no grandi, le quali quantunque aspettassero il pro- messo soccorso dalla corte, molti pero dubitavano del suo arrivo prima clie il passo col monte di L n- 1 77 ciniso cadesse nelle mani del nemioo allucinato dalla speranza che aveva di trineierarsi, e fortifi- 101 ’ carsi in quel sito avanti la sna venuta dal serenis- simo Arciduca Ferdinando . Eletto con generalissi- ina facolta, ed amplissima autorita di generale nel- la spedizione contro i Veneziani il barone Adarno Trautmanstorf non men nobilissimo per 1 ’origine di generoso sangue, che illustrissirno per le molte cariche, e gradi sostenuii nelFesercizio deli’arini, parti subito alla volta di Gorizia, ove giunto al- Fimprovviso con gagliarde cornpagnie di soldati a piedi ed a cavallo lo stesso giorno delli 37 decem¬ bre con somma allegrezza di quei popoli, portossi senz’indugio a Gradišča, e quivi dati gli ordini ne- cessarj per la eustodia di qnella piazza, e lasciati 60 fanti, e s 5 cavalli de’confini di Garlistot, incon- tanente fece ritorno a Gorizia . Ponderato dal magistralo della nostra citta di Trieste , e da altri ufficiali di guerra con prudente riflesso quanto nocumento apporterebbe non solo alla citta, ma anche al suo castello in occasione di assedio 1 ’eminenza del colle di s. Vito; per levarsi ognisospetto, e meglio assieurare la citta si stabili di fabbricare itn forte sopra la sommita di quell’im- portante pošto sitnato a mezzo giorno tra la valle di Mnggia ed essa citta, ivi dominata e tutta sco- perta . Ottenuta lieenza dal serenissimo Arciduca, Uno sperimentato ingegnere Alemauno a tal fine in- viato dal generale, delineo in quel sito il prime di gennaro del 1616 una fortezza assai capace , la qual poi il bar. Benvenuto Petazzo ridusse in mi- XOM.HI. ia 17 * glior forma, e perfezione . Incominciata 1’opera con a6i5g r an fervore prosegui il lavoro , sinche finiti i fon- damenti ridussero le grosse mura di tutto Fedificio alte da terra piu di due piedi, il qual poi, finita la guerra, trascurato oggidi si ritrova nello stesso es- sere che fu lasciato. Molti commissarj d’ordine ce- sareo inviati, visitarono Paecennato forte , i quali divisi in pareri diversi inclinavano alcuni, che fos- se atterrato con la collina,per levare ogni como- do al nemico di battere il castello, fuori del quale nou trovasi sito ove si possa oflendere; persisteva- no altri di proseguire, e perfezionare F opera, e eonservar quel pošto , non men geloso, che neces- sario, ed importante alla sicura difesa della citta, e del castello - Pervenuto a Trieste 1’ avviso delFoperato dai Veneziani a Cresano, il sig. Gio: Franeesco de FF ni spedi suhito a Gradišča un espresso al fratello colla relazione del successo, aeuieglirescrisse, che portato šenza dimora a Cresano, ristaurasse i dan- ni sofFerti, e procurasse un sufficiente presidio pec la custodia del castello. A tal avviso incammindssi il sign. Gio: Franeesco con alqnanti uomini a Cre¬ sano , ove giunto fe ristaurare i danui patiti, eioe la muraglia del borgo, e per levare ogni timore dai sudditi, loro disse essere ivi venuto per vivere, e morire seco. Espose prima con lettere, e poi i« persona a bocca ai capitani dei presidj nel contado di Pisino, e specialmente al capitano Seminicchio Furgente bisogno, sollecitandoli con premura a mandargli soccorso disoldati, mentre giudicava in- *79 sufficienti i contadini, perche avvezzi alParme a r e si s ter e agl’ insulti dei Veneti, i quali dali’ in - 11 grossarsi alla giornata nei confini d’Albona, e Fia- iioua, e dalle fre atnbissero d’impadronirsi del suo castello. Nonmen intento che sollecito il generale Traut- inanstorf della custodia di Gradišča, maudolle di rinforzo tre compagnie di moschettieri Garintiani col capitan Daniele Francol accompagnato dal ba¬ rone Marzio di Strasoldo, e la notte precedente il penultimo di gennaro altri 200 soldati, i quali ag- ginnti ai primi compivano 1 ’intiero numero d’ una perfetta compagnia assegnata al capitanio Giorgio conte d 1 Ottemburg per rinforzo di quel presidio. Si sparse voce F istesso giorno un’ora dopo mez- zodi, che i nernici eonducessero prigioni alcuni dei nostri con preda d’alquanti bovi, ed altri ani- mali. A tale avviso corsero subito alquanti Gradi- scani con altri soldati, fra’ quali il Francol fu dei primi col barone Marzio, che spinto dal desio di aeqnistarsi onore , per fretta non si guarni d’a!tre arme che delFordinarie da esso allestite in quel inedesimo punto per ritornare a Gorizia . Ponderando prudentemente il baron Rizzardo go- vernatore dellapiazza ildisordine che apportar po- iea tale useita, rnando una, e due volte a ricliia- ntare il Francol con quelli che seco erano in cam- pagna,il quale ricusando la ritirata, risolse egli hnalmente d’andare in persona a cavallo come sta- i3o va senz’armatura indosso, e senza sproni con uns 1 ^sola terzetta, e la spada. II primo ineontro eh’ebbe- ro i nostri , fu d’otto cappelletti a cavallo } che ivi si scoprirono, coi quali Gasparo deNachau accom- pagnato da altri 4 cavalli principih ima lieve sca- ramuccia, mentre il Francol con la sua gente sta¬ va ferrno nelFentrata della compagnia su la strada, il quale sopraggiunto dal baron Rizzardo, gli repli- co quanto prima gli aveva significato per altri, di non convenire in verun modo risehiare quella gen¬ te ašsegnata alla difesa della fortezza senza neces- sita estrema, a cui aggiunto anche il parere del ba¬ ron Marzio suo fratello si rimosse a tali persuasio- ni quel generoso eroe. Mentre marciavano verso Gradišča, nell’ n.scire dalla campagna, scoprirono dne compagnie dica- valleria Veneta . Volonterosi i nostri col luogote- nente del conte d’Ottemburg di ferrnarsi, e cimen- tarsi seco, il Francol senza dimora pose in ordi- nanza quella poca lanteria cbe seco aveva asse- gnando a quelli diCarlistot il lato manco, ed il de- stro alli Garintiani, e comando al rimanente che s’ appiattasse nei fossidei vieini poderi. Con tal or- dine non solo bene inteso, ma anco lodato da tutti in riguardo del sito, e disvantaggio grande per la accresciuta cavalleria, nemica. Accetto ogn’uno la terma risoluzione del Francol, il cui petto mai conobbe tirnore, e parea in quel giorno presnmesse duellare collamorte, ed insegnai’e a’prodi guerrie- ri, che non il rivolger le spalle, ma il mostrare l a ironte ai. nemici facea mietere le palme ne’ camp* i8i tli Marte , e dietrb il suo esempio concorsero tutti benche con evidente pericolo d’azzuffarsi coiVene- 1 ti. II baron Rizzardo pure, acciouon se gli attribuis- sea vilta d’animoil ricusare di combattere, dalcbe smarriti gli altri apportasse poi confusione maggio- re, avanzossi senz’indugio seguito da Garlo Pani* zolo, e Gasparo deNehaus con altri 2 5 cavalli con- tro gli avversarj, a cui nel principio della zulFa sdrucciolando sopra Pagghiacciato terrenoil caval- lo cadde sni suolo, ma subito sbrigato dalle staffe rizzossi in piedi, e rimontato avventossi sopra la cavalleria nemica gnidata da Daniele Antonino, che irnpaurita dali’ ardito valore dei nostri subito rivolto la faccia. Terminata senza morte d’aleuno dei nostri la zuffa , si eonchiuse di ritirarsi pian piano verso Gradišča, ma appena incominciossi la ritirata, che la coinparsa a gagliardo trotto di guattro compa- gnie di cappelletti in soccorso deli’Antonino, fe cangiare pensiero, mentre il Francol a tutto po- tere s’oppose al ritorno, col temerario ardire del luogotenente delFOttemburg, il quale sprezzando ogni partito invece della ritirata persuase d’investi- re con nuovo sforzo, e rompere affatto il nemico , henche ingrossato d’altra cavalleria guidata daTri- stano Savorgnano, e Florindo Manino , accresciuto indi a poco di molte compagnie di corazze eoi Giu- stiniano in persona. Alla comparsa di tanta gente, intimoriti alcuni uscirono dagli ordini, ai gnali sgrido con rimprovero il Francol , e comando co- m’esperto della milizia, che la fanteria s’ appo- 18 a stasse dali’ uno , ed altro lato delle strade nei fossl t6;5 v jci n iai campi * ove trovato avrebbero posti non men sicuri a lor difesa , che nocivi alla cavalleria nemiea guando tentasse d’approssimarsi, Crescen* do ognor piu la calca della cavalleria nemicaj i mo- schettieri Garintiani assistiti dal luogotenente del- FOttemburg, benche con pronto, e valoroso ardi- re menassero le mani, soverchiati pero dalla mol- titudine degli avversarj, per ridursi in salvo nel- lafortezza, dovettero voltar le spallej e lasciar nella jnischia il luogotenente con alcuni altri, i gnali combattendo valorosamente sin alla morte rimasero tagliati in pezzi. Le guattro compagnie de’eappelletti occnpate in un momentole due stra¬ de che da Gradišča a Mariano, ed a Gorona si sten- dono, incalzando con gfan furia i nostri počili j ammazzarono Onorato Panizolo con Roggiero de Blasi 5 e gettato da cavallo con tiro d’ archibugiata il Francol, ritrovato dai medesimi spirante, con un colpo sopra la testa 1’uccisero afifatto; res tari do cosi ucciso guelPinvitto e famoso guerriero, splen- dore della sua famiglia e della nostra citta^ onora¬ to coli’ingiunto elogio da Faustino Morisesso (i)* Il Francol che in mille fazioni mortali fra disabi- tate campagne , ed involto tra innumerabili Tur- chi j mille volte a migliaja d’ archibugiate s’era in- volato, fn da una sola gettato da cavallo tra pochi, C i) Lč. del Friul. lib. i. pag. 61. j 83 e vicitio ali’ amica fortezza, nel quai ultimo acci- dente ancora, cosi moribondo com’era, rtonsiscor- l(iI do delPusata disciplina, e carpone ritirossi in di^ sparte in una fossa redinando seco il cavallo , me- glio forse per lui se in abbandono lo avesse lascia- to; perciocehe palesato dalla vista e bellezza di quel!o gli fu da un soldato Dalmatino il cavallo ra- pito di mano , e nello stesso punto con la scimitar- ra partita la fronte ed il suo viso sino al mento . Ne minor pericolo inoorse il baron Rizzardo go- vernatore della fortezza, il quale nel ritirarsi assa- lito da alcuni Dalmatini, che volevano impedirgli il cammino, dne ne feri, uno nella faccia, e 1’altro nel petto , che rotta la spada vi rimase la punta , e lor malgrado senz’altra offesa fe’ritorno a Gradi¬ šča . Restarono de’nostri 72 morti, ed alcuni feriti delli i 5 o che intervennero nel conflitto, e de’Ve¬ neti 27 uccisi, fra’ quali sei cappelletti col luogo- tenente del Dobrevizzo . Spedi subito al generale Trautmanstorf per fidato servitore la narrativa del sucoesso, il quale ponderando ilpeidcolo, che la tardanza del soccorso apporterebbe alla piazza, in- ■violle senza indugio 12.5 Gorazze Vallone col capi- tano Gio: Perino soggetto d’ esperimentato valorc, acciocche assistesse allo Strasoldo in quella difesa. La entrata a due ore di notte di tal gente in Gradi¬ šča deluse tutti i disegni de’nemici gia preparati per tagliare la strada a qualunque presumesse di portargli soccorso . Mentre il visrilante Strasoldo con sollecita dili- O geaza applieavasi alPoperazioni delle tr inči ere, o 1 84 ripari bisognevoli entro, e ,'fuori, per difesa della j 616 p or tezza, le donne nobili di essa, plebee, marita- te, e da marito, concorsero tutte a gara a levare la terra dagli orti vicini, e trasportarla o\e fosse il bisogno,per concorrere esse ancora con tale eserci- zio alla difesa della patria, giacche il sesso feinini- le impediva loro 1’uso delle armi. Fra le piuco- spicue furono Elisabetta baronessa di Strasol- do moglie del governatore, e sorella del baro¬ ne Antonio de Rabata; Torriana contessa della Torre vedova del barone Gasparo de Lantieri, con altre nobili dame, degne non solo di paragonare , ma meglio d’anteporre a quel!e magnanime donne della famosissima citta d’Aquileja loro compatriot- te , delle quali leggesi, che assediata dal fieroMas- sirnino quella citta, e mancando agli archi degli assediati le corde, tagliaronsi le treccie , e fatta dei proprj capelli quantita di corde, provvidero al bi- sognodei soldati, acciocchepotessero adoprare quel- le armi per saettare il nemico. Se dal tagliarsi so- lamente i capelli meritarooo le donne d’ Aquileja d’essere celebrate dagli scrittori, quali lodi dunque dovrannosi ali’accennate signore , clie conincotno- do si grande, e glorioso fine intrepidamente affati- candosi, svegliarono dal letargo di si nojosa fatiea le femmine d’ umil condizione, alle quali cornin- ciava a rincrescere lavorocosi assiduo, elaborioso, ondeinvigorite da si nobileesempio di quelledame, sforzaronsi con animo fervoroso a perfezionare quell opera ? che doveva servire alla propria di¬ fesa? j 85 Insuperbiti per 1’ ottenuta vittoria i Veneziani, benche ansiosi di proseguire 1’ostilita, in apparen- 1 ^ za pero ( fosse vero o finio tale artificio ) mostra- vansi dubbiosi, se attaccar dovessero Gorizia la primacome luogo men forte, e pid comodo a’soe- corsi della Germania j oppure Gradišča , per non lasciarsi alle spalle fortezza di tanto rilievo . Per- sistevano gli ufficiali Friulanidi passare a Gorizia, ma il Giustiniano seguito da’suoi aderenti, contra- rio di parere propose come migliore 1’ oppugnazio- ne di Gradišča, e cosi fu eseguito . Fatta dunque la rassegna delPesereito, e ritrovati diecimille fan¬ ti, e duemille cavalli, passo alli 14 di febbrajo ii Giustiniano a Fara unmiglio circa distante da Gra¬ dišča , ne allora fermossi col campo , ma dieci gior- ni dopo, occupata prima quasi tutta la campagna, dispose in essa gli alloggiamenti divisi in diversi quartieri, con trinciere, forti, vie coperte, e ri- dotti, che dalle eolline diFara estendevansi sin dirimpetto Pistessa fortezza, risoluto di piantarvi la batteria. Non badava punto alla superficie delle apparen- ze de’Veneti il generale Trautmanstorf, il quale con prudente accortezza prevedendo che Gradišča sarebbe stata la 'prima a sostenere gPincontri di qnell’armi minaccianti agli stati'Austriaci impe- tuose rovine, attendeva soccorsi ognor pid ga- gliardi, e rinforzi di valorosi soldati , e soggetti di vaglia, fra’ quali il capitano Sebastiano Zuech nuo- vamenteda i5o soldati con ordine d’assistere aquel presidio, e difesa di quella piazza, aceiocebe riu- vo 1S6 scisse del tutto vano ogni sforzo de’ Veneti, e pa- iesare al mondo, che non facevano tal guerra per reprimere seraplicemente le incursioni degliUseoc- chi (come con astuto stratagemma aveano sparsa la farna ) , ma spinti dal desiderio d’ampliare i proprj confini. Vantavasi il Giustiniano, che dopo avere canno- nata due, o tre volte Gradišča, sarehbe senz’altro contrasto caduta nelle sue mani j bramoso dun- que di conseguire 1’esito, due ore passata la mez- za nottedei 5 di maržo , incomincio con istrepitoso rimbombo di canuonate a risvegliare dal sonno quel valoroso presidio, con isperanza che tal terro- re , e spavento atterrirebbe i loro cuori, e subito senza dimora eseguissero i suoi poco ponderati pensieri. Da quattro posti era furiosamente tor- mentata dal cannoneGradišča, i eui vigilantidifen- sori corrispondevano caraggiosamente eon ispessi tiri di buone cannonate . Ondd allettati dalla cu- riosita di vedere le rovine delle mura, ed edificj di quella fortezza, concorsero sin daVenezia, ed altri luoghi quasi per diporto molti nobili, e per- sone di conto il qual sollazzo poi convertito a piu di uno in amarezza, fe cessarenon soloii concorso, ma anche il desiderio di vedere tragedie, come successe a due gentiluomini Veneziani, i quali trovandosi in compaguia del capitano Daniele An- tonino, ed altri a cavallo fuori delle triociere, ve" dendo miserabilmen-te da una palla di cannone get- tato in pezzi i’Autonino col suo alfierc , pieni di tetrore e tj more, tralasciate tutte le curiosita, fe~ cero subito ritorno verso Venezia . Scorgendo il Giustiniano riuseire dl poco frutto la furiosa tempestadelcaimone, applicossi ad afHig- gerla con le bombe e granate, che pure poco effet- tuo con esse . Onde disperato di poter eseguire il suo intento, fece rinforzare la batteria , acciocche giorno e notte senza intervallo si torrnentasse la piazza, con ordine espresso ai guastatori, benche con perdita considerabile de’soldati, d’innoltrarsi cogli approcci sin alla fossa del rivellino , che di- lendeva la porta, conanimo digettarlo sossopra, al qual fine si trasferi in persona col favor della not¬ te nella fossa contigua al torrione di san Giorgio, ove fece dare prineipio alla mina sotto pe Stau- dero luogotenente colonnello del eapitano Mindorf, seguito indi a popo da Rodolfo di Colloredo barone di VaLsa, commendatore delPordine Gerosoliraita- no con Boo moschettieri, attendendosi anche in breve altro buon numei’o di cavaileria , e fanteria . La Repubblica parimente non tralasciava diligenza per continuare la guerra e rimettere il suo tanto indebolito esercito, ma costretta dalla penuria di gente dovette liberare dalle carceri, e bandi ogni sorte di rei ancorche degni di severissimo castigo, ed inviarli al campo cogli artefici, e barcaruoli di Venezia sotto rtome d’ Albanesi. Ricorse ancbe a chiedere soccorso dai Genovesi suoi antichi emoli , e nemici, che gl’ imprestarono cinquecento mille ducati. Elessero proveditore generale deli’ armi Gio: Rattista Foscarini, e Francesco Erizzo , con sett’altri generali, Barbarigo, Luigi da Este, Pa- ruta, Ferrante de Rossi, Francesco Martinengo , Pompeo Giustiniano, e Camillo Trivigiano, asse- gnando a Luigi da Este il governo degli uoniini d’arme, della cavaileria leggiera a Francesco Mar¬ tinengo, deli’ artiglieria a Ferrante Rossi, e la ca¬ rica del mastro di campo al Giustiniano , e quella di proveditore di cavalli Albanesi a Camillo Tri¬ vigiano, sopra le quali elezioni fu motteggiato che i Veneziani numerassero piu generali che rnigliaia di persone. Passato li s5 aprile dal generale Trautmanstorf, e suo esercito il fiurne Isonzo, e lermati gli allog- i6x5 # giamenti in Luciniso, la notte seguente al prirao l( Mi maggio, Fassalirono i Veneziani con duemille cavalli, e quattromil!e fanti, de’quali rimasero do- po qualcbe contrasto piu di trecento morti, e mol- ti feriti con perdita solamente di 47 de’ nostri . II giorno stesso giunsedirinforzo alnostro campodon Baldassare Marradas commendatore delFordine Ge- Fosobmitano, soggetto d’esperimentato valore, e di gran grido, con 5 co cavalli stipendiati dal reGatto- lico, seguito indi a poco c!a Felieiano Boghen baro¬ ne deli Stiria con altri 400 cavalli, i quali soc- corsi ini/imorirono si fattamente i nemici, che riti¬ rati nelle trineiere non ardivano comparire ne la- sciarsi vedere . Non tralasciava pero la Repnbblica di tentare ogni sforzo per corroai 'ere con grossa iomaia d 010 ed argento i Visiri, e Bascia, ministri prir; di del Tarčo, acciocche le mandassero soc- corso digeute, come si scopri quando circa 60 bar¬ bari smontati ne! pošto di s. Antonio vicino al Ti¬ mavo, traversando impensatamente i monti del Carso per inviarsi al ca npo, nella vida di Sliuna poco distanti da Dnino, assaliti da bnon numero di sudditi di qnel castello , rimasero tutti prigioni, fuori che dne, i quali fuggirono per quel le balze, e fnrono condotti parte a Dumo , e parte al gene¬ rale Trautmanstorf, e confessarono essereGreci, che poco pratici delpaese s’erano smarriti per qnei monti. Si pubblico agli > 1 di maggio d^rdine del serenis- simo Aroiduca Ferdinando nella cittii di Graz un manifesto eondichiarazione cheil muover Farmi < 3 a ig$ sua Altezza, non segui per sua colpa, ne con ani- mo d’offendere alcuno, ma forzato dalle violenze*^ 1 fatte ai proprj sudditi e vassalli per difenderli dalPingiurie, e proteggerli contro chi che sia. Egli avea anche presentito che alcuni sudditi scordati del debito di vassallaggio, e lede prestata a lui con giurarnento fossero ricorsi per istipendio agli irivasori, e depredatori de’suoi stati, ed altri an- corche non sudditi originarj , nulladimeno per di- ritto de’feudi ottenuti condomicilio negli stati Ar- ciducali, ricusassero contro la fede , e giurarnento di vassallaggio ai ministri di sua Altezza quei servizj che in virtu degli accennati feudi sono ob- bligati; ma quantunque potesse punire conforme aldelittocommesso e pene stabilite dalle leggi,ac- ciocche maggiormente campeggiasse 1’innata sua clemenza, volle ammonirli con tale editto del giu- ramento prestato , esortandogli alPosservanza dei proprj obblighi, perche sfuggissero le pene gia me- ritate, ed ordinando ad ogni suo suddito di qualun- que grado, condizione, dignita, che militasse o servisse negli eserciti, fortezze, e citta de’suoi ne¬ žici, d’abbandonare nel termine digiorni i5 qua 1- sivoglia servizio e ritornare a Gorizia, ovvero alla propria citta, castello , o fortezza, presentandosi a i magistrati ordinarj coli’ attestato del loro ritor- n o , e puntuale obbedienza j e che ai contumaei, e disobbedienti come incorsi in delitto di lesa mae- sta, fossero confiscati i loro beni, ed applicati al fisco arciducale . Ai feudatarj, ed altri, i quali per giurarnento di vassallaggio solamente fossero tenu- IOM. III. i3 j 94 ti ad obbedire , commetteva di prestare quei ser- ! ^vizj tanto reali, guanto personali, ai quali erano obbligati; e che ai negligenti in pagare le gravezze imposte sopra i detti Leni feudali, coneedeva al- 1’esborso delPintiero pagamento il termine d ’uh mese, il guale trascurato li dichiarava subito de- caduti da quel possesso graziosamente riconosciu- to dalla clemenza di esso Principe : con ordine ri- goroso a’suoi capitani, vicedomini, e ministri di procedere severamente alPesecuzione contro i cob- tumaci passato il termine prefisso . Affiue di trattenere P arini nel Friuli , sparsero farna con palliato pretesto i Veneziani, che il loro inviato in Praga avesse conehiusa la pace, e stabi- liti i capitoli, e condizioni da osservarsi ; la qual voce finalmente si scopri non essere vera , ma fin- ta , quando ai 5 luglio accampati con quattromil- le persone e tre cannoni sotto Gimino , terra del contado di Pisino, tentarono la sna preša. A quel- 1 ’avviso il generale Trautmanstorf, appoggiato il governo deli’ esercito al Marradas , si trasferi sen- za dimora in Istria accompagnato dal commendato- re Colloredo* dal capitano Marino Floder con 400 Sol¬ dati . Presentita dai Veneti tal venuta si ritirarono con gran fretta ne’ loro vascelli, levando alPora di vespero il giorno seguente la batteria piu apparen- te che vera come si scopri dalPardito tradimento, ed intelligenza secreta che alcuni principali del luogo uniti con altri di Galignana , Pederia , Anti- gnana, Tracnio , e Verine tenevano con loro a fin® di ribellarsi; il che apporto non minor confusion® fti Veneti, che terrore a qiiei perfidi traditori,f6 dopo aver puniti i quali col meritato castigo della perfidia loro, il generale confidoquelluogo alla cu- Stodia del capitanid Marino , e fece litornd al cam- po ove giunse ai i5 dello stesso meše. L’ infermita gravissime che regiiavano in questa stagione , pri- varono di vita, sin al tnese d’agošto, piu d’un terzo d’uomini, e la quarta parte di donne di Gradišča, molti officiali e soldati del nostro eser' cito, e quantita di eontadini * Ai Veneti pure dal principio della Campagna sin a questo tempo man- eavauo tra mor ti j e fuggiti piu di treti tamille per- sone ; Voglioso il generale Giustimatio d^Ssediare Go- rizia, ordino cheagli 11 d’ottobre s’attaccasseil suo ponte Veechio, ove accorso senz’indugio il Traut- hlanstorf con monsieur di Far Lorenese, ed altri tnoschettieri, durb la zuffa quattr’ ore continue $ e sopraggiuntonuovosoCcorso ai nostri, conCarlo, e Girolamo fratelliconti della Torre, si prosegui con piu vigore la pugua $ jUella quale rirnase ferito nel fianco siništro da una moscliettata il Giustiniano, tl quale portato a Luciniso ^ dopo breve spazio ter¬ mini) la vita prima d’amvare alFundecimo rnese di servizio in guerra, da esso stimata di verun pre- gio, con si poca riputazione, cbe oflusoossi non po- eo quella gloria, che nel corso di molti anni nelle farnose guerre di Fiandra, ove lascio il braccio si- nistro, vantavasi d’avere acquistato. La sua morte improvvisa, per esseregli di natura aspro ecrudele, apporto universalmeute piu allegrezza che dolore J 96 ai soldati, e somma afflizione al Senato , il quale b ! ^molto promettevasi e confidava nella natural astu- zia scoperta in lui. Sbrigatosi il sereniss. arciduca Ferdinando dalle diete celebrate nella Stiria e Carintia, si trasferi ai 21 novembre a Lubiana, ove die principio a quella del Cragno . Arrivata tal nuova al nostro esercito, s’inviarono a quella volta per fargli riverenza don Baldassare , il conte Dampier , e da Gradišča il ba¬ ron Rizzardo di Strasoldo . Il generale Trantman* storf che non cessava mai di travagliare 1’inimico, attacco ai 26 un’altra gagliarda scararnuccia vicino alTIsonzo con istrage considerabile dello stesso. Gli Ungheri, e Groati ancora divisi in partite pe- netrarono alcuni nei colli, inoltrandosi sino aCi- vidale, e Udine, altri poi inoltrati nel territorio di Monfalcone , saccbeggiati molti villaggi, caricbi di ricche prede, ad onta dei Veneti non bastanti ad impedir loro il passo, ritornarono ai proprj quar- tieri. Mancato il Giustiniano, condusse il Senato in sua vece D. Giovanni de Medici figliuolo, benche illegittimo, di Cosmo gran duca di Toscana, il tjuale pervenuto ai 9 decembre a Palma, indi p<> r ' tossi aMariano, dove fn aecolto con somma al- legrezza a suono di eannonate . Fu trasmessa dalPItalia alle nostre contrade nel fine del predetto mese e nelPanno 16(6 trn’assai eoncettosa scrittura intitolata= Le la tiščita dalla citta di Venezia maliziosamente, attri- buita alla nobilta, cittadinanza di Gorizia, diretta sottn mentito nome al generale del campo Veneto, la quale per la sua lunghezza, falsita , e baje tra- lascio di riferire, rimproverata pero dai Goriziani con un’ arguta apologia } i cui ultimi periodi sono i seguenti: = O povero quel stato } obe non ha per se stesso quanto le bisogna per eonservarsi, ed e percio in neeessita di ricorrere ad altri. PoveraVe- nezia! E chi sono Olandesi, Inglesi, Grigioni , e cosi fatte genti? espresso segno per certo della sua debolezza, che fortezza, e maleficio in fatti piut- tosto che ajuto . Lo vedrai infinte deplorazioni de’Goriziani per la grazia di Dio non bisognosi di cos’ aleuna, ma cojuosissimi ancora, come so che tu sai, sebbenper altrofuggi > esser le vere de’ tuoi sudditi , e de’ tuoi luoabi, e di te stessa forte : cbe gia troppo fatta superba vai per te rnedesima pro- curando la tua caduta, ne te ne avvedi; sicche do- ve al presente ricchissima d’oro, e di pompe pie- nissima ti trovi; poverissima ancora, ed umilissi- TOa resa , come Gorizia forsi ti potrai vedere dal divino giudizio, e dagli umani consigli, che non vuoi temere per alterezza ec. Apportb anche grandissimo cordoglio ai Vene- ziani fautori del duca di Savoja, la perdita di Ver- celli in Lombavdia, la qualedopo essere bersagliata con 54 cannoni, e ridotta alPestremo da D. Pietra 208 di Toledo, che ricusate le condizioni proposte, r 7dove alla fine cadere nelle sue mani. Ottenutali- cenza dal Ferlitig d’andare con 3oo Uscocchi a ri- trovare Parmata del duca d’Ossuna, e costeggiare 1’Adriatico, con ordine pero di non apportar dan- no a vei'un Principe amico della serenissima Časa d’Austria,diprestar riverenza alle chiese, erispetto alPonordelle donne: si partidaSegna versoTrieste, ed intese nel viaggio che 12 barche armate d’AIba- nesidovesseroapprodarenel Vinadol.Pervenuto egli prima feee ascondere i auoi Uscocchi in un bosco con disegno di tagliarli a pezzi. Ali’ arrivo degli Alba- nesi permise loro smontare a terra quel namero che a lui parve sufficiente , e poi alPimproviso gli investi con tal impeto, e valore, che rivolta la faccia, fra gli affogati, e morti rimasero da i5o , e cio eseguito venne a Trieste. Aggiunsero i nostri Triestini alle barche armate del Ferlitig tre altre, e tatti concordi partironodal porto la sera del 19 luglio con animo di saceheggiare la notte seguente 1’ amena, e deliziosa riviera di Pelestrina poco di- stante dalla citta di Venezia, ove Pesta te solevano molti di quei nobili trasferirsi a diporto in quei sontuosi palazzi, e giardini per passare le ore pid tediose con varj, e dilettevoli passatempi. Interruppe il meditato disegno una furibonda tempesta di garbino con pioggia, tuoni, e lamp 1 sopraggiunta la notte della partenza , che li neces- sito a ritornarsene addietro. Gome anche al barone Petazzo, il qnale con 3o cavalli, e Soo moschiet' ti eri p ar te suoi sudditi, e parte della compagnia aog del capitanZueeh skncammino per terra , con pen- siere d’assalire alcune čase, e trinciere fuori di 1 ^ 1 Muggia; mentre 4 barche armate allestite a tale effetto in Trieste, impedite dalPaccennata tempe- sta, non poterono assistere al Petazzo, colPajnto dei quali sperava P acguisto di 4 altre Albanesi , che ivi soggiornavano , e sopraggiunte al rumore irapedirono il suo disegno.Reso il mare trancjuil- lOj e cessata la proeellosatempesta, imbarcati nuo- vamente gliUseocchi, inviaronsi peyil golfo, ed af- fondati alcuni vascelli Veneziani , ritornarono a Trieste con mediocre bottino, mentre P altre rob® di prezzo furono gettate in mare. Ansiosa la Repubblica d’ allargarsi in eodeste parti,tento con un nuovo strattagemma Pultima prova per ridurre ad effetto i suoi astuti pensieri. Scrissero gran quantita di biglietti sigillati con san Marco agli officiali e soldati delle 4 insegne li- bere, cosi addirnandate le cornpagnie di Comar, nei quali D. Gio: de Medici, ed Antonio Lando, il primo come comandante supremo deli’ armata, ® Paltro rettore, invitavangli in idioma Alemanna, e Francese a nome del Seuato con lusinghevoli pro- messe al servizio della medesima Repubblica per indurli a vituperoso tradimento con proferta del pagamento degli stipendj clPavanzassero dalla mae- stadelPIrnperatore, ovverodoposoddisfattidi quel- Pamorevole passaporto d’andare dovunque voles- sero . A tal macchinazione il conteDampier a scor- no degli autori fece covnporre alPincontro dal ca. pitan Argante Ottonelli questa breve risposta . TOM. 111. »4 210 ,, Manilo pur Iddio ogni meritevol castigo a c?xi malamente siserve, ed abusadel norae di s.Mar- ,, co, ed a tutti quelli che pensano che 1’augustis- „ sima Gasa d 5 Austria si serva de’traditori, come ,, sono quelli che propongono tradirnenti tali co- ,, m’ e questo di sedurre soklatesea , la quale per „ mantenere causa giustissima e per patire qual- sivoglia disagio, e morire per questo augustissi- ,, mo Re a dispetto vostro coronato, il quale vi ri- ,, durra in peggiore stato di quello fece il suo bm- ,, volo , faceudo che di cacciatori ehe disegnate di „ essere ritorniatp ali’ esereizio vostro antico di ,, pescatori. “ Scemavasi giornalmente la soldatesca deli’ eser- cito Veneto con la parlenza degli Olandesi ancor- che beri pagati, senza pigliar licenza che da se stessi , e diehiarazione di nori voler lasciar la vita nei monti del Carso, ove piu di 3co lor coinpagni erano morti, non bastando Peshorso della paga a ntcnere la lor andata a Fara, ove colFinsegne spie- gate si trattennero lo spazio di 4 o 5 ore. Rriempi* rono di confusione e spavento avvisi cosi funesti contrarj a’lor mal orditi disegni F animo di quei Senatori, ehe Ion tani da ogn’altro partito , sfor- zavansi rovesciare sopra F altrui spalle la eolpa dei contrarj avvenimenti di Marte, che per terra , e sul mare cosi l‘requenti loraccadevano, con espres- sione, che gli officiali mancassero a’ lor doveri, ta,- ciando D. Gio: de Medici di dubbiosa fedelta , quantunque apertamente non ilimostrassero . L’ap* parenza di qualche rimedio Ih la nuova elezion« 2 t I del generalissimo Pietro Barbarigo in vece del Lan- do, e levare a Gamillo Trevisano il comando degli'^ 1 ? Albanesi, con la consegna d’aleune commissioni segrete a D. Luigi d^ste, e ad Orazio Baglione luogotenente generale d’ infanteria. Gli ii d 5 agosto il tenente eolonnelloStander con le genti di Comar tento la sorpresa del forte so- pra il bosco di Rubia , assistita con aleuni pezzi di artiglieria grossa del proveditore Contarini^ il qua- le dopo qualche contrasto dove ritirarsi senza frut- to . Assali pure lo stesso giorno il capitan Errigo Paradiso con 200 fanti del reggirnento diSpagna nn altro pošto vicino allMsonzo presidiato da i5o tra Albanesi, Greci, ed Italiani; fecero questi gagliar- da resistenza, in a abbandonati dai Greci, ed Alba- nesi, rimasero superati colla morfce d’ un napita« nio, e molti soldati, e prigionia del capitano Alba" no Bergamasco, e Paolo Antonio Oriza Corso, e due alfieri con. molti altri, ed un ricco bottino , ove morirono cinque soli de’nostri, e 3o feriti . Ri- tfovossifra 1’altrecose una lettera con sopraccoper- tacbiusa,e sigillata con quest’iscrizione, e da- ta. = 0 di 11 agosto 1617 Orazio Mazzi capitano, a eni sopraggiunto Pimprovviso accidente, manco 11 tempo d’ inviarla a Bergamo al conte Francesco Alartinengo, ragguagliandolo in essa,—-che stancbi gli soldati dal non vedere altro che monti, e sassi, con pagar F acqua quattro soldi al boccale, oltre il pane srninuito la meta dopo la sua partenza , op- pressi dal timore fuggivano a furia, ridotti al nume- *o di soli o fanti sotto il comando di a5 capitani u a Italiani rimasti ned campo, con poco da mangiare *^ 1 7per essi, e meno per le bestie, non ritrovandosi in quei Carsi un pugno dl fieno, o erba, ove per man- canza di pascoli ed acqua fuggivano, e morivano i cavalli, che continuando tal fuga ancor tre set- timane, necessiterebbe tutti a far le sentinelle, es- sendo aa giorni che dormivano nelle trinciere;e tjuando Pinimieo lasciavali una sola notte prender riposo, i capi delP esercito oppressi da timore, col dar alParma star vigilanti : ricercando il fab- bricare giornalmente nuovi forticelli, strade coper- te , mezze lune, e traverse in diversi luoghi un va- lido rinforzo di gente, mentre crescevano i posti da guardare , poiche Pesser divise in tante parti le forze, rendeva impossibile Pimpedire i soccorsi a Gradišča, la qual provista per due mesi stava sen- za timore =. Tutto cio conteneva tal lettera, con altre particolarita per brevita tralasciate . NelPIstria ancora cogPincendj, e rapine infe- stavano quei sudditi operando gli ultimi sforzi,il che presentito dal Marradas, invio cirea la meta d’ottobre buon numerodi cavalli del suoreggimen- to in loro ajuto per impedire ai Veneti ogni ten- tativo in quelle parti: ponderando coi capi piri spe- rimentati delPesercito, doversi servire nelle guer- re^enegli assedj di fortezze principali di strattage- mi sagaci per divertire le forze, ed ingannare Pini- rnieo, adoprando i mezzi giudicati piu opportuni a soccorrerla, e conservarla da’loro insulti; che per- cio essendo strettamente assediata Gradišča, da cui dipendeva tntta la riputazione di quella guef- 2 t 3 ra, doveasi con solleeita e diligente cura in ogni luogo accudire ai bisogni, a fine di rendere vaue 1 tutte le macchine tentate dai Veneti. Mando senza alcun contrasto la notte dei 27 nuovo presidio, e munizione al forte Stella, mentre tutto sollecito il nemico nella fafifirica de’nuovi forti, poco cura- vasi di lasciarsi vedere, e spedi alla Maesta del re Ferdinando il barone Marquardo d’Ech commissa- rio del Cragno, soggetto di molta stima e valore, con esatta informazione di.quanto richiedeva l’ur gente sta to di tal guerra . Si e sparsa la nuova in Venezia, ehe il duca d’ Ossuna per divertire Farrne della Repubblica nel Friuli minacciavad^ntrarenel golfocolFarmata di Spagna, e pretendeva d’ergere a suo piacimento ovunque giudicasse bisogno aleuni forti per impe- dire il passo ai vascelli Veneti, ciie carichi di mer- canzie de’ Ttirchi, ed Ebrei andavano a Venezia, pretensioni del tutto opposte, e contrarie ai senti¬ menti del Senato. Tal risoluzione scompiglio non poeo lamentediquellaRepubblica, laqualeiogelo- sita spedi corrieri a Madrid conisperanza d’ottene- re , mediante gli efficaei maneggi del nunzio Apo- stolico, e delFambasciatore diFrancia, la pace, o la sospensione delParminelFIstria, eFriuli, conPera seguito nello Stato di Milano, benche allora non seguisse 1’effetto, a causa della diffieolta d’abboc- carsi insietne il governatore di Milano colF amba- sciatore di Franeta, per istabilire Fesecuzione del- le capitolazioni concertate in Asti. Acerebbe maggiomente la gelosia dei Veneti 1’ assedio diCrema, eseguito dal governatore diMila- 1 ?no alle-sollecite istanze, e caldi ofEcj di monsign. Orsiuo de Bertis nosti'o vescovo di Trieste, il qua- le mosso a compassione delFangustiata sua patria, Pindusse a tal risoluzione per divertire 1’accenna- te molestie nel Friuli. Ricercato il governatore dal- laRepubblica dellacagione di tale assedio, le rispo- sepercheessi assediavanoGradišča, e che desisten- doeglino d’assediarequelia.fortezza, leverebbeegli le sue inilizie da Crema . Fidandosi poco il Marradas di questi trattati di pace, e ditregua, strattagemmiinventati il piu del- le volte in siraili occasioni per dar tempo al tempo dai nemici; determino per assieurarsi colP arine d’ abboccarsi col Barbarigo proveditore generale, con intenzione di scoprire la vera intenzione della Re- pubblica: onde di comun concerto convennero i 6 di novembre ambedue con 25 cavalli a certe ča¬ se situate tra Funo e F altro campo , ove si stabili la sospensione delFarmi nel Friuli, e nelPIstria, restando solo qualche difFicolta in volere il Marra¬ das condurre mnnizione da bocca, e da guerra in Gradišča, che ilBarbarigo s’espressedi nonpoterlo permettere senz’ordineespresso delSenato; acuiri- spose F altro ordine dalla MaestaRegia di soceorre- re quella piazza, e che non mancherebbe d , eseguii"' lo come sin a quel punto aveva fatto quando lo ri- cbiedeva il bisogno , e con tale risposta lascio i n arbitrio gli av ver s ar j di sospendere Farmi, o pro- seguire la guerra. Spedi lo stesso giorno FAvenda- gno, suo luogotenente colonnello, al marchese Red- mar ambasciatore del re Cattolico in Venezia , eon l6l 7 minuta relazione delPoperato, per eonchiudere se- co quanto dovea eseguirsi . Diede parirnente noti- zia al reFerdinando dellatreguanuovamente fatta, il quale gli rispose di fermarsi sintanto che fossero del tutto liberi, ed assicurati quei paesi $ non es- sendo sicuro in tempo di sospensione d’arini fidarsi dell’inimico, quantunque ammntolitigli strepiti di quelle non si facciano sentire . Mentre maneggiavansi gli accennati trattati di pace, nsci dalla citta di Venezia una relazionecol- Pingiunta narrativa dei successi seguiti contro la armata del re Cattolico nelPAdriatico . Pervenuto 1 ’avviso a Lorenzo Veniero proveditor di mare, il quale con a 3 galere , 5 galeazze, 19 navi, 12 tar¬ tane, e i 5 barclie armate dimovava nel porto di santa Croce, cbe la mattina dei 19 novembre la squadra Spagnuola di i 5 galeoni sotto la direzio- ne di Franceseo Ribera a vele piene s’incammina- va per ostro verso Ragusi, spedi egli il eapitano di golfo con dne galere a riconoscere quei vascelli, i quali scoperti eh’e ran o di Spagna,coirartiglieria ne diede il segno . Assicurato il Veniero del poco numero de’vascelli, sicuro della vittoria,, circa due ore avanti notte spinse dagli scogli tutta 1’armata, con fretta tale che lasciate alcune ancore , trascu- rb anche la debita provisione d’acqua , vino , e bi- scotto, commettendo il preparargli una lauta cena con ferma speranza di ritornare fra quattro ore ri- morchiando nel porto quelle navi. Per roeglio as- sicurarsi della vittoria, levo dalle navi Inglesi, cd ai6 Olandesi alcuniofficiali, e padroni, invece dei qua- ?li sostitui dei proprj. Fece anchepassare dalle bar- che armate sopra gli altri legni piu Albanesi, ove scorgeva maggiore il bisogno , promettendo a cbi mostrasse valore, oltre il premio ehe darebbe il Senato, anche la liberta a tutti i forzati. Ordino tutta Parmata in mezzaluna, assegnando aeiascu- noil proprio luogo, e con prospero vento daponen- te cirea le due della notte ritrovossi vicino aquel- Ja di Spagna . Ad un suo tiro senza palla non fu risposto, e veleggiaiado pian piano verso Pelago si- no allo spuritare della. Luna , ehe fu alle 8, ore di notte, fece quattr’altri tiri pur senza palla , e poi con palla sino allo spuntar deiPaurora, scorgendo cbe la squadra Spagnuola non rispondeva, grido ad investire , ad investire, ehe sono resi. Avvicinato appena ai vascelli nimici, ehe furio- sa tempesta di cannonate sforzollo suo malgrado cangiare 1’investire in sela, scia, con disordine ta¬ le, ehe tutta Parmatarimase confusa . Prevedendo il Veniero Pimnjinente perieolo, fe che le galere rimnrchiassero le navi alquanto sopravvento della squadra Spagnuola, la quale per il vento scarso non pote accostarsi alla Veneta troppo sollecita d’ allargarsi. Favorite fmalmente PAlmirante , con la Vice Almirante, e la Caracca della squadra, do- po sollecita diligenza s’ appressarono tanto, che colP artiglieria apportarono non piccolo danno ali inimico, e grand’ammirazione delPordine, agilita, e prestezza mostrata dagli Spagnuoli nell’ andare , tornare, e rivolgersi senza confusione, e senza of* 21 7 fendersi in tanta frequenza di cannonate, che ap- pena scaricato un pezzo lo ritornavano a sparare 1 ^ 1 con somma agilita attribuita da alcuni Italiani, In- glesij ed Olandesi al valore, e destrezza deli’ Al- mirante, il quale dallo scorrere di continuo, come avesse remi, o ale riparava da un canto la sua squa,- dra, e dalFaltro danneggiava 1’inimico. Scoi’geiido il Veniero eosi sbaragliata , e disordinata Ja sua armata, opero il possibile per riunirla con ordine, e spingerla nuovamente adinvestire, ma senza frutto, mentre poco curandosi le sue ininacce di pene capitali, acciocche obbedissero, ed andassero avanti, glirispošero icomiti,ed ammiragli dellega- lere, che i clarissimi assolutamente non volevano. Tutto il lunedi , e parle della notte continuo il ci mento; ingagliardito poi il mare con evidente seguo di tempesta, la squadra di Spagna fosse per ripararsi sotto il morite Gargano, quanto lo richie- desse il bisogno, ovvero per allontanare 1’ inimico dalle rive di Dalmazia, acciocche riscontrasse piu difficile e pericoloso il ritorno, come in efletto gli successe, ritrovossi il di seguente a mezzo golfo, e Farmata Veneta molto distante dalla Dalmazia, tol mare infuriato piu elie mai. Ponderato dal Ve¬ niero F evidente pericolo di tutta F armata, circa alle 20 ore ordino alle galere, che procurassero salvarsi, essendo prima passato dalla sua collo stendardo e i3o uomini sopra il galeone s. Mareo, nella cui poppa fece accendere tre fanali, e tre altri n’accese il Morosini capitano delle navi, il quale io seguiva di conserva con settej mentre il Giusti- si8 niano piu di lordiligente incamminossi prima ver- r ?so Ragusi. Le galere parimente conquassate dal- l’onde con perdita de’remi e ciurma patirono noa poco,duedelle quali nel bojo dellanotte urtandosi con impeto l’una con 1’altra, rimasero sommerse in Verino; lostesso infortunio sucoesse allaDona- ti, di cui ne pur uno si salvo. Cinque altre si fon- daronoaMaleda con perdita di i5oo uomini affoga- ti nel mare, salvandosi in quell’isolasolo3oomal- trattati prima dal fuoco, e poi dalFonde . La Gra- deniga per la perdita del timone era rimorchiata dallaCanale-, le quali ildi seguenteeon la terza di Andrea Gornaro si sono perdute un miglio lontane da Maleda; mentre le due prime affaticavansi per entrare fra Isola di mezzo , e Giappana, un furic* so nembo spezzato 1’albero in corsia della Canale sollevollo molti passi in aria coli’ antenna , e vela a vistadi quegliIsolani, dove poi cadesse nonfu ve¬ duto. Patirono pure molti danni 1’altre navi, e ga¬ lere ricoverate a s. Croce, le quali cessata la tem- pesta incamminaronsi il primo di decembre alla vol¬ ta di Gattaro per unirsi al rimanente delParmata raccolta in quel luogo. Soggiungeva altresi tal relazione, vantarsi i Ve- ntziani d’aver post’ in fuga i galeoni della sqna- dra Spagnuola, senz’aleun detrimento della pro- pria armata nella battaglia, ma solo di qualche dauno ricevuto dalla tempesta; quantuuque dimo- strasse il contrario il risentimento del Senato nel- lo spedire il proveditor Contarini a formar proces- so con tro i governatori, comiti, ed altri capi di 219 raare, qnerelati dal Veniero di poca obbedienza, e rispetto; e contro lo stesso Veniero, alla cui terne- 1 ^ ? rita ascrivevansitutt’i danni,e rovine successe alla armata , la quale li 27 decembre numerosa di 17 navi, 5 galeazze, i3 galere , ed 8 barehe armate, entro nel porto di Ragusi con animo d’ opprimere i Ragusei. Dai quali indizj apertamente scorgevasi non mancare sin alFestremo il volere dei Veneti, m a bensi il potere di proseguire i loro premeditati disegni, ed imprese . L’anno 1618 la Maesta del re Ferdinando eon-jgj«. feri la carica di capitano della fortezza , e citta di Trieste al conte Francesco Febo della Torre, sog- getto ragguardevole per i suoi meriti, e valore; nel principio del quale cessati anco i rumori deli’arme neti’ Istria, e Friuli , ed acquietate le turbolenze dei popoli, licenziaronsi dalFuna e 1’altra parte le milizie; bencheper alcune differen- ze insorte in Lombardia, che poclii aggradivano ai Veneziani , si trattenesse il Marradas nel carnpo regio, quali poi sopite goderonsi in ogni laogo gli efFetti d’una tranquilla pace . Per il ristabilimen- to_, e conclusione.di tal pace s’unirono in Dalma- zia il barone Carlo d’Harrac, e Gio: Giacomo d’Ed- ling commissarj regj, ed a notne della Repubblica Antonio Priuli, e Girolamo Giustiniani, ove sopi¬ te tutte le differenze , stabiliti i trattati, di comu- ne assenso rimase conchiusa, e li 3 da giugno pub- blicata prima nella citta diFiume, indi in Trieste, Gorizia , Gradišča, ed altri luoghi, e d’ordine del 220 Senato li 4 d’agosto si licenzio il rimanente delle ^^milizie Venete eh’ erano nel Friuli. Stabilita la pace con la Repubblica di Venezia , vennero ad abitare in Trieste i RR. PP. Cappucci- ni, ai quali la magnifica comunita feee fabbricare il ConventOj e Chiesa col titolo di s. Apollinare martire, uno dei cinque antichi protettori della citta, fuori della porta di Cavana . L’anno seguen- te 1619 vennero anehe i Reverendi Padri della Gompagnia di Gesu, ai quali il Principe d’Egem- perch Ulrico duea di Gromar a titolo di fondazio- ne assegno la signoria di Koltembrum nella pro- vineia del Cragno; la magnificenza della fabbrica del collegio , e chiesa dedicata alPImmacolataGon- cezione, puo eguagliarsi a qnalunque altra d lile pid cospicue dTtalia, e Germania. Quest’anno pa- rimente la vener. Gonfraternita del Ss. Sagramen- to eretta in Trieste l’anno 121 3 fu aggregata alla Arciconfraternita del Ss. Sagramento di Roma po¬ sta nella chiesa collegiata di s. Lorenzo inDamaso. Per la morte segnita li 28 agosto deli’ Imperatore Mattia congregati gli Elettori delPIrnpero nella citta di Francfort, elessero in $uo luogo, e suo successore Farcidnca Ferdinando re diBoenaia 5 e d’Ungheria, il quale con giubilo universale fu an- che incoronato li 9 settembre. Aggravato in Gorizia d’infermita p^ricolosa inon- signor Orsino de Bertis riostro vescovo di Trieste nel suo testamento fatto li 1 5 agosto deli’ arino 1620*620 lascio obbligo a’ suoi eredi di fabbricare una cappella in onore di s.CarloBorromeo nella n ostra 221 cattedrale di saa Giusto, a eni con titolo di juspa- tronato ascvis-se molti beni, ed effetti con obbligo al cappellano pro teropore d’tina messa quotidiana e perpetua residenza . Ordino parimenti a’ suoi eredi, cbe dopo morto il suo cadavere si trasferisse a Trieste, come seguiilprimo di settembre dello stesso anno, e sepolto nella predetta cappella di s. Gaido. Sbaglia 1’AbbateUghellio mentre assegna Panno 1621 alla sua naorte . Imperatore 1621 Pontefice Ferdinanbo II. Gregorio XV. 74 RINALDO SCARLICHIO Dalmatino /elFOr- dine de’Minori Gonventuali di san Francesco pro - 1 621 mosso dalParciduca Ferdinande secondo di questo nome al vescovato di Trieste fn suo precettore e maestro, e confermato dal sommo Pontefice Gre¬ gorio XV. li 5 giugno, del quale 1’Ughellio serive : = (*) Reinaldo Scaliviocreato li 5 giugno, il qua- le poi fu traslatato alla cliiesa di Lubiana nel i 63 i. = Quest’anno pure, come osserva il signor Antonio Lodovico Hanricher ne’suoi mss., segui 1’ esorbitante , e primo accrescimento delle monete, chePOngaro, ed il Zecchino, si valutavano in Trieste lire 27, ed il tallero lire i3 , e soldi dieci. {*) Reynaldus Scalbius creatus die 5 junii, qui dein de transiatus est ad ecclesiam Labacensem i63i. s aa L’amio seguente 1622 s’accrebbe maggiormente il I ^ a2 valsentedell’accennatemonete,mentre gli orisucU detti correvano a lire 4& 1’ubo , ed il tallero a lire 27. Ne qui fermossi tale aumento, merceche Fan- no i 6 a 3 . Fongaro ed il zecchino valutavansi a lire 83 , edil tallero a lire 40, dalla qual esorbitante au- mentazione ebbe origine ilnome della moneta lon- ga tanto rammentata ne’tempi andati nella nostra citta di Trieste, ove vendevasi il formento a lire 176 lo staro , Folio a lire tre soldi 12 la libbra; il vino lire tre soldi 12 il boceale, la čarne lire una soldi sette la libbra , ed un pane lire una, e soldi •edici. Introdotti nella nostra citta di Trieste F anno 1624 li rev.Buon Fratelli dellaMisericordia di san i6a4Giovanni diDio, il ven. capitolo concesse, e ri- rmncio agli stessi la chiesa di s. Bernardino fuori della porta diCavana, e la magnifiea comunita as3egno 1 ’ospedale di s. Giusto contiguo alFaccen. nata chiesa, e quello della santissima Annurtziata con la chiesa detta volgarmente 1’ospedale delle donne, come si scorge dalle memorie capitolari. Quest , anno pure sotto li 24 di decembre fu gra- ziata la nostra citta dalFaugustissimo Imperatore Ferdinando IX. delFapprovazione .> e confermazio" ne de’ suoi statuti coli’ ingiunto diploma. Noi Ferdinando II. per la Dio grazia Imperator de’Romani in ogni tempo augusto delFImperio, Ke di Geiunania, Ungheria, Boemia, Dalmazia, Croa* zia, e Schiavonia, arcidnca d’Austria, duca diBor* aa5 > gogna, Stiria, Carintia , Garniola,e Wirtemberga, Gonte del Tirolo, e Gorizia ec. ] Poiche gli onesti prudenti, nostri fedeli diletti N. giudici, e consiglio della citta nostra di Trie- ste 5 per alcune loro eause hannoinviati a noi oho- rati nunzj, e noi con tal occasione abbiamo avuto riguardo alla particolar, ed umil fedelta prestata dalla detta citta di Trieste verso de’nostri prede- cessori, e nostro da innumerabili anni in qua in ogni tempo di pace o di guerra, e specialmente nellajpierra poco tempo fa passata nelFriuli si di- mostrb costante 3 gelosa, e degna di lede, con com- promettere la roba, ed il sangue insieme, essendo anche ansiosa, corrPe obbligata., di far 3o stesso nelPavvenire. Pertanto noi a perpetua testimo- nianza, e per particolar, e graziosa inclinazione , che percio portiamo alla detta nostra citta, dinuo- vo le confermiamo, e renoviamo tutti i loro sta¬ tuti , pidvilegi, e buone consuetudini, come le so-' no stati concessi, e confermati dai nostri gloriosi predecessori, e da noi. Rinoviamo, e confermiamo a loro (juelli pubblieamente, come regnante, signore, o principe del paese in virtu delle presen ti lettere, tant’oltre che essi sonoin buonapratica, e posses- so, e noi per ragion di giustizia potiamo conferma- - Stabiliamo, e vogliamo che essi, e lorosucces- sori debbino, e possino quelli godere, ed adopera- te nella maniera che sin ad ora gli hanno godu ti, e d adoperati in forma simile, che se li medesimi htssero qui di parola in parola speeificati. E sopra di cio con le presenti eomnicttMtno a tutte le *u- 224 periorita a noi soggettej sudditi efedeli, di che di- 1 ^ a 4 gnita , stato e condizione sieno, a non impedire gli accennati di Trieste, eloro successoriin questelo- ro immunita, e consuetudini, ed in questa nostra confermazione, ma permettere cheli possino quie- tamente godere, ed usare, ne a quelli contravve- nire, o che d’alcun’altro, o fosse contravvenuto in verun modo sotto pena della nostra grave indigna- zione, poiche cosi e la nostra seriosa mente: ci ri- serviamo pero sentiti prima quelli di Trieste se- condo la comodita del tempo d’ alterare, srifinuire, ovvero ampliare i detti loro statuti. In fede delle presenti lettere sigillate col nostro pendente irnpe- riale sigillo. Date nella nostra citta di Vičana li 24 decembre 1624. Percertificarsi il nostro vescovoRinaldoScarlic- chio deli’an tiča comune tradizione tanti, e tant’ anni continuamente conservata nei posteri, che il corpo del glorioso martire s. Giusto primo protet- tore della citta di Trieste giacesse nella cattedra- le sotto l’altare dedicato ad esso Santo, comnfise a tal fine si disfacesse 1’altare , e zappata la terra, si ritrovo prima ordinaria, e comune, poi sotto groš. somarmo ghierina, ohegiace al lido delmare, sti- mata essere la ritfovata, ove giaceva quel sagro corpo rigettato dal mare nelle rive di Grumula, quando il ven. vescovo Sebastiano per rivelazione indi lo trasferi per dargli onorata sepoltura. In - oltrandosi piu sotto si scopri un ruvido_, e grosso sasso , il quale copriva una sepoltura, in cui era rio" cliiusa un’arca di sasso lavorato col colmo di ribe* 2 25 to; che aperta in essa ritrovossi una cassetta di 3e- gno, gia. fracida dalla lunghezza del tempo, ed en- 1 tro la stessa riposta una cassetta d’argento con la serratura, ma aperta . Si levo detta cassetta d’ar- gento con gran venerazione dai sigg. canonici, e padriGappuccini sacerdoti,che assistevano alla fun- zione, e trasportata sopra 1 ’altare di s. Carlo Bor- romeo, dal vescovo Scarlichio, fu collocata la te¬ sta in un bellissimo bacile d’argento 5 e 1’ossa mag- giori del Santo rnartire sopra finissimo manto di seta, e quivi esposte alla venerazione del popolo, mentre concorse tutta la citta a venerarle, accer- tata nell’avvenire, che ivi sotto queH’altare ripo- sasse il corpo del loro Santo protettore e padrone, che per relazione de’loro antenati credevano ritro- varsi. Si canto con grandissima solennita, edalle- grezza il Te-Deurn, le Litanie, ed orazione del Santo col suono delPorgano, e di tutte le campane della citta, e sparo de’eannoni della fortezza ; e finiti i Vesperi si ripose il tutto come prima a suo hiogo . Gosi riferisce Don Stefano Trauner cano- nieo e seolastico di essa cattedrale ne’suoi ma- noscritti sotto li 17 aprile del 1624. come testimo- oio di vista, che siritrovo presente a quanto scris- se. Rinovossi d’indi in poi la devozione de’popo!i verso il medesimo Santo protettore, di maniera che dalle limosine offerte ne fu fabbricato un al- tare d'argento,il quale nel 1724, cioe cent’anni do- po per supplire a spese di riparazioni della stessa TOM. IH. ' 22,6 catledrale fu dimesso, ed in suo liiogo fu fatto il i6a4p rese nte di marmo, che tuttora si vede . Per la ragione che si dira in appresso fu proget- tata in quest , anno la fahbrica d’una nuova cappel- la per collocarvi le reliquie che conservansi nella cattedrale, ed alli 22 del suddetto mese d’aprile fu fatto PinstrumentOj o contratto, nel quale si ohhligava la comunita di dare per tale oggetto du¬ cati niille . Non ebbe poi effetto questo piano , es- sendosi trovata a proposito la cappella di s. Anto¬ nio Abbate, corae vedrassi in progresso nell’ an- no i65o. Addi 26 di questo medesimo mese, ed anno si scopri anche 1 ’arca in cui stavano riposte la testa, e parte deli’ossa del glorioso martire s. Apollina- re nostro cittadino di Trieste, ed in una cassetta da canto alcune vestimenta del tutto lacere, e consuraate dal tempo; il che n’ accerta maggior- ineute contro gli storici Veronesi, che le relirjuie di questo Santo diaeono sieno nella nostra citta di Trieste, e non in Verona, eome lo prova diffu- samente il P. Ireneo della Croce nella sua Storia di Trieste . CVora avanti giorno li 3 di maggio dello stes- so armo un fulmine colpi nel campanile del¬ la cattedrale di s. Giusto, ove acceso un orribil fuoco, ardeva da ogni canto con pericolo grande delle campane. Concorse subito inoltitudine di popolo , e per grazia di sua Divina Maesta, della Gloriosissima Vergine Maria, ed intercessione del Santo proteLtore s. Giusto, con acqua, e vino ri' 22 ? mase estinto 1’incendio con danno solo del tetto, il qual poi fu riparato . Entro la saetta per il tetto, e^ 2 4 spezzato un trave per mezzo, usci fuori d’una fi- nestra sopra la porta, offendendo alquantola colon- na fuori della stessa, e poi sotto la medesima ri- mase sepolta in terra. Gli accennati statuti furono stampati in lingua Jatina, e nostra volgare 1’anno seguente i6a5 in Trieste . E circa questi anni fu rinnovatanella no¬ stra citta 1’accademia col titolo degli Arrischiati, dalla sollecitudine del Baron Petazzo, ad istanza del quale fu anche graziata dalla Maesta dell’Im- peratore Ferdinando II. con diversi privilegj, e prerogative, e da molti soggetti nobili principali di Trieste dotata con annui censi in sollievo del- le spese occorrenti, secondo l’occasioni, e necessi- ta della medesima . Nella cui rinovazione decan- tossi il celebre poema, il qual principia: Dopo cessar si lungo, Anime eccelse, Orinai si torni alla milizia antica. Fiori con grandi aumenti nel suo rinascere tal accademia , benche poco durassero i suoi primi fer- vori, mentre ridotta poi un’altra volta nelle mise- rie anticbe , piange col poeta sepolta nelFozio per i’istabilitadeigiovenili umori, il suoperduto splen- dore (*), merceccbe smarriti i privilegj, consuma- (*) Juvenilis ardor impetu primo fuiu Lauguescit idetn facile nec durat diu. 228 ti i censi, non rkrovasi piu luogo, ne memoria di 26 lei. L’anno 1626 monsign. Rinaldo Searlicliio vesco- vo di Trieste, aecousentendo il ven. capitolo con- cesse a’molto rev. padri Miuori Conventuali la chiesa della Beatissima Vergiue Maria nella cou- trada di Grignano cinque tnigliadistante dalla cit- ta; ove poi pjer comodita deVeligiosi Pillustr. sig. corite Mattias della Torre, mosso dalla divozioue verso la gran Madre di Dio, fece fabbrieare il con- vento, ed ingrandire la fabbrica della Chiesa, co- me dal qui ingiunto istrumento si scorge. LXIIII. Copia delPistrornento di donazione del convento di s.Maria di Grignano fatta dalPillustr. e rever. Reinaldo vescovo Triestino, e figlio deli’ alma nostra Religione, confermata dal rever. no- stro padre generale. Nel nome di Cristo eosi sia . Risoluzione d’ un animo grato e quella, che 1’amore di gratitudioe verso i benevoli alle volte non solo gli assecondi LXIIII. Copia instrumenti donationis conventus *• Mariae de Grignano factae ab illustr. et rever. Rei- naldo episcopo Tergestino, et filio almae religionis no- strae confirmatae a rever. Patre nostro generali . In Christi nomine amen. Grati animi deliberatio ea est, ut gratitudinis amore erga benevolos, quandoc,ae non solum propria voluntate prosequatur, verumetiam 239 colla propria volonta, ma ancora si diroostri con segni aperti, e testimonianze. Per la qual cosa de- 1 ^ siderando questo solamente 1’illustr. e reverendis. inonsig. Reinaldo Scariichio per la grazia diDio , e della Sede Apostolica veseovo e conte Triestino , consigl. della Cesarea Maesta dr Ferdinando II. e delegato apostolico nella mmziatura di Graz, e Vi- sitatore generale, delibero di mostrarsi grato, bene- volo, e liberale verso i benemeriti. In vero, con- siderando i frutti ehe giornalmente in tutta la Ghiesa cattolica della terra, eprincipalmente nella sna dioeesi semina la religione de’Minori conven- tuaii del Serafico s. Francesco; non solo la pronta volonta di gratitudine , ma ancora ha stabilito di darne segni e prove al detto Santo, ed al- la religione dei conventuali . O n de trovandosi aportis signfs, et testirnoniis denionstretur . Quare cum hoc unum desideraret illustr. et rever. D.D. Reinaldus Scarlichius Dei et Apostolicae sedis gratia episcopus, rt cotnes Tergestinus sacrae Caesaree Majestatis Ferdi¬ nandi II. consiliarius , et in Graecensi Nunciatura apo- stolicus delegatus , et generalis Visitator gratum bene- Volum , et liberalen! erga betiemeritos se demonstrare deliberavit. Porro considerans fructus quos in dies in *°fa terrarum ecclesia Catholica , et praecipue in sna dioecesi setninat Serapbici divi trancisci Minorurn con- ventualium religio: non solum gratitudiuis prornptam Voluntatem, sed ctianr signa dieto sanrto, et eonverv* 23o nella sua diocesi, e nel territorio Triestino trna ^ a ^CappelIa, sotto 1’invocazione della Beatissiraa Ver- gine Maria, chiarnata di Grignano, soggetta allasua ordinaria giurisdizione, lontana cinque migliadal- la citta, situata sotto la parrocchia d’Opchina, non tanto chiara pei miracoli, quanto celebre per la frequenza dei popolr, affinche si rendano sempre piii grazie alla Vergine Santissima per tanti e si grandi beneficj, stimo cosa degna d’ impre- starla a qualche religione di Mendicanti ; af- finche continuamente intervenga alle lodi ^ e le rendano grazie, non avendo potuto in verun modo soddisfare a questo, secondo il suo desiderio, per mezzo d , un sacerdote secolare . Imperoeche aven¬ do fra gli altri in divozione^ venerazioneed os- tualium religioni specimen decernere slatuerit. Unde cura in dioecesi sua, et territorio Tergestino reperia- tur cpioddam Sacellum, sub invocatione beatae Mariae Vir ginis nuncupatum de Grignano, suae ordinarjae jurisdictioni subjectum , distans a civitate quinque niil- liaribus sub parochia Opcbienae situm, non minus miraculis clarum, quam populorum frequentia cele- brej ut Virgini sanctissimae magis , magisque gratiae pro tot tantisque beneficiis agantur, operae pretiuni fore duxit, alicui Mendicantium religioni commodarij ut continuo intersit laudibus, et gratias illi referat, cum per saecularem sacerdotem buic pro suo deside¬ rio minime satisfacere potuerit. Quippe cum inter cae- a3i setfuio la detta Religione dei Conventuali, la stes- sa cappella col consenso del venerabile capitolo della sua cattedrale , e colPassenso del prete Cri- stoforo Redavieh parroco della detta pieve libera- mente dono ai Conventuali del Serafieo Padre san FranccscOj con ogni immificenza, e liberalka in segno, e testimonio, tanto perse, e suoi suecesso- ri, edin perpetuo,con tutti i diritti, abenze, e pertinenze, e beni stabili, e mobili, e trasferi il diritto, e dominio della detta chiesa alla rnedesi- ma Religione, e concesse licenza, che nello stesso luogo si possa colle dovute cautele fabbricare il Convento, nel quale possa e vaglia servire ali’Al- tissimo, ed alla Beatissima Vergine di lui Madre . Passata prima parola sopra cio, secondo la deter- teros, et devotione, et veneratione, et obsequio sit prosequutus dietam Conventualium Religionem, idcir- co illud idem de consensu venerabilis capituli suae ca- thedralis, et assensu presbiteri Christopbori Redavieh dictae plebis parochi Conveutualibus Seraphici Divi patris Franoisci ex munificentiae, et liberaiitatis signo, ac testimonio, tam prose, et successoribus suis, et in. perpetuuin libere donari cum omnibus juribus, ha- bentiis, et pertinentiis, ac bonis stabilibus, et mobili- bus, atque jus, et domiuium dictae ecclesiae eidem re- ligioni transtulit, licentiam concessit, ut ibidem no- vum, servatis servandis, erigi possit mouasterium, in quo Altissimo, bcatissimaeque ejus Geuitrici famulari 1 626 23a minazione di Clemente VIII. Pontefice Massitno ' ,2 ^data in Roma li a3 di luglio i6o3 coi priori, pro- curatori, e guardiani di altre Religioni che lianno conveuti nella predetta citta Triestina, che que- sta nuova erezione per nessun modo possa appor- tare a loro il benche minimo detrimento , po- tendo essi altronde mendicare, e non solamente dalPelemosine dei pii fedeli, il vitto, e vesti,- to: a se, e suoi successori nei tempi avvenire, ed inperpetue riservato il diritto dipresentare ilguar- diano del detto Con ve n to, con tal peso pero impo- sto alla Religione , che ciascun mese celebrino una Messa peril sopraddetto illustr.e rev. monsig. ve¬ ščo vo, una per li defonti predecessori, un'’ altra possit, ac valeat. Habito prius super boe juxta Cle- mentis VIII. Pontificis maxim. terminationem datara Romae 23 julii i6o3 verbo cura prioribus, prccura- toribus, et guardianis aliarum Religionum monasteria babenlium in praedicta civitate Tergeslina , quod haec nova erectio, nullo modo detrimentum etiam mini¬ mum iilis ferre possit: cum aliunde, et non tantum, ex piis fidelium eleemosynis, viclum et vestitum men- dieare ejueant: šibi et successoribus suis futuris tem- poribus, et in perpetuum reservato jure praesentandi guardianum in dieto monasterio , boe tamen imposi- to religioni gravamine , ut singulis mensibus pro su- pradieto illustr. et rev. D. episcopo urnim, pro defun- ctis praedecessoribus alterum sacrum juste, ac religio- 233 Messa divotamente e religiosamente celebrino al predetto altare della B. V. Maria . E perche dono la detta Cappella negli anni pas- sati al molto rev. padre maestro Giov. Battista da Ferrara Teologo benemerito di sua illustr. sign., in norae della detta Religione , e col eonsenso, e li- cenza del rever. padre Giacomo Bagnacavalli mi¬ nistra generale di tutto Fordine accettante, e ehe promise le predette eondizioni: quindi e che affiu- clie in avvenire la detta donazione sussista, e va- glia, F illustr. monsig. vescovo coramise a me Da¬ niele Contino caneelliere di sna sign. illustr., cbe faccia un istrumento delle eose predette, il quale per verita F illustr. monsig. vescoVo, e padre Gio. se ad altare praedictum B. Mariae Virginis persol- vat. Et quia dietum Sacellum superioribus ailnis r dona- "vit admodum rev. patri magistro Joanni Baptistae de Perraria suae illustr. dominationis Theologo benemeri¬ to, nomine dictae Religionis, et de consensu, et li_ centia rever. patris Jacobi Bagnaeavalli, totius ordinis minister generalis acceptanti, et praedictas conditiones promittenti: hinc est, quod in futurum dieta doua- tio subsistat, et valeat dictus illustr. dominus episeo- ptts commisit uiihi Danieli Contino dominationis suae illustr. cancellario, ut de praedictis publicum confice- rem instrumeutnin, qui quidem illustr. dom. episco- Pus, et pater Joannes Baptista, tam nomine suo, et a34 Battista j tantoinsuo nome, e dei suecessori, cpian- 6a6 t0 della Religione, promisero avanti gPinfrascritti testimonj deila manntenzione in forma ec. Cio fu fatto qoesto giorno i x aprile 1626 nel palazzo vescovile , nella sala tfiaggiore presenti i molto rev. signori Nicold Parentino arcidiacono , e vicario generale, e Giaeomo Crassovaz parroco diPoviro della diocesiTriestina. In fededi elie, ed in testimonio di ciascheduna cosa Fho ridotto in cele- bro monsig. vescovo in Trieste il Sinodo diocesa- no, pubblicato, ed osservato in parti favorevoli. Insorsero alcune controversie in materia di giuris- dizione tra il magistrate della citta di Trieste, ed il predetto monsig. vescovo Scarlichio. Desiderose le parti d’un’amorevole corrispondenza d’affetto, e pet' togliere Foccasione di rotture maggiori, di comun consenso rim is ero la decisione di tutte le pretensioni nelli sigg. Annibale Calo dottore d’am- be le leggi, Gio: Francesco de Fin, e Lorenzo Bri- gido, iquali per istabilimento della quiete, e pace desiderata, decretarono ai 22 di luglio 1629. T J d' mo. cbe le cappcllanie delle chiese de’santi Pietro Apostol«, e Roceo in piazza grande, conferite ai 237 rev. padri Francescani, sleno restituite corne peril passato ai sigg. canonici. Secondo, che il man- 1 dato intimato al magistrato di non ingorirsi sopra le campane del Duomo, sia casso, e totalmente le- vato. Terzo, che i sigg. canonici cedanoil luogoal magistrato. Qnarto, che il magistralo sia nuova- mente incensato ad unoad ano, conie peril passa¬ to . E con tal decisione si sopirono tutte le diiTe- renze. Ingelosito 1’eccelso Reggimento di Graz, dallo scorgere la Repubblica di Venezia tutfintenta in appoggiare , e soccorrere il duca di Mantova con- tro 1’esercito Imperiale, per timore di cpialche di- versione, e nuovarottnra nelle parti delFriuli per divertire Farmi di Cesare da quelFassedio, spedi oltre i disegnati gia 5oo fanti al rinforzo dei pre- sidj di Gorizia, Gradišča, e Trieste altre due inse- gne di fanteria Alernanna veterane, affinche assi- stessero alla sicurezza di quei eonfini. Mentresog- giornava quest’anno 1’accennato esercito alFasse- dio di Mantova, sparse la peste i suoi maligni ef- fetti in quei soldati, ed inoltrandosi poi nellaLom- bardia, e ne’luoghi contigni, distrusse quasi tut¬ te le sue citta, e terre colFeccidio in aleune della terza parte, in altre della meta degli ahitanti, che Bel solo dominio Veaeto al sentire del P.Gio. Bat- tista Riceiolio (i) numeraronsi piii di cinqueoento (0 Cronolog. riformat, tom. 2 . ann. i63o. s,3S mille anime; xna quantunque circondasse d’ogni lato i confini della nostra citta di Trieste, preser- x63o vo ^ a non ^ meno Signore da tal flagello. Entrato Panno i63o conferi la Maesta di Ferdi- dinando II. la carica del capitaniato di Trieste al barone Benvenuto di Petazzo nobile patrizio del¬ la stessa, soggetto di singolare virtii, e talenti, il quale poi fu dalla stessa Maesta graziato col ti- tolo di conte di s. Servolo e Castelnovo, e libero barone di Svarznich. Per la promozione di monsig. RinaldoScaidichio nostro vescovo di Trieste al vescovato diLubiana, metropoli della pi'ovincia del Gragno, in memoria di tanto prelato, e de’beneficj da essoricevuti dal¬ la nostra citta , gli fueretto d’ordine pubblico nel- la facciata della cattedrale di s. Giusto, in sasso bianco, al sinistro lato della porta maggiore l’in- giunto epitafio. LXV. A DIO OTTIMO MASSIMO. A Rinaldo Scarlichio suo Pontefice, se non mas- simo almeno ottimo, celebre per la pieta, muni- LXV. D. O. M. Reinaldo Scarlichio Pontifici suo Si non maximo saltem optimo Pietate, munificentia onanique \irtute 239 fieenza, ed ogni virtu; da Gregorio XV, ed Urba¬ no VIII. Pontefici massimi delegato visitatore nel- 1 ^*? la nunziatura di Graz , consigliere degPImperatori Mattia , e Ferdinando II. feliceniente regnanti , cospicuo benefattore della chiesa, del clero, delle čase, e proventi vescovili, cbiarnato al vescovato, e principato di Lubiana, il Senato, e popolo Trie- stino, che lo ha stimato e venerato presen te, lo ha accompagaato nella snapartenza colle lagrime, e colPamore, pose guesta pietra a perpetua devo- aione nel mese di giugno i63o. Praeclaro Gregor. XV. et Urban. VIII. P.P. Maxim. In Graecensi nuuciatura visita tori delegato • Divis Mattiae Ferdinando II. feliciter imperantibus consiliis Eidemque in excel. regirn, graec. praesidi integerrimo Eeclesiae, deri, aedium, et proventuum episcopalium Benefactori conspicuo Ad episcopatum, et principat. Labacensem vocato S. P. Q T. Quem praesentem, cultu ac veneratione Abeuntem lacryniis, et amore Prosequtus Ilas perpetuae devotionis ergo tabulas posuit Mense Junii Ann. M.DC.XXX. 2 4-0 Non devo qui tralasciare la memoria che fa dl i63° ( j ues to prelato il padre Luigi Novarino soggetto qualificato, come dimostrano le sne opere date al- la luce, col quale passo strett’amicizia, eome si scorge dalPEpistola i5g registrata nelPEnciclope- dia (i) con qnesto titolo: (*) AlPillustr., e rever. prelato vescovo di Lu- biana. Aleuni avvertimenti utili intorno alla tolleranza delle ingiurie con abbondanza di pazienza ec. Esposti alla Maesta di FerdinandoRe diBoemia, d’Ungheria, ed Arciduca d’Austria, la costante fedelta, e servizj tante volte prestati dalla nostra citta di Trieste alla sua augustissima Časa, gra- ziolla F ul tirno cPottobre delpresente anno adimi- taziose de’suoi serenissimi antenati con ispeciali privilegj , e nuove grazie, come si scorge dal diplo¬ ma deli'Imperator Leopoldo. Stabilito e conchiuso il contratto di matrimonio tra la Maesta di Ferdinando Re di Boemia, Unghe- ria , ed Arciduca d’Austria, e 1’Iufanta D. Maria figliuola di Filippo III., e sorella di Filippo IV. re delle Spagne, la quale nacque li 18 agosto,e bi (') Illustr. reverendiss. praesuli episcopo Labacensi Patientiae Sagina, utilia quaedam monita de injuria- rnm toleramia ec. (i) Tom. 4 . varior. opuscul. 3t Jj. I snadre del nostro augustissirao Imperatore Leopol- do. Si determino la sua partenza da Madrid il me- 1 ^ 8 se di maggio del corrente anno 1 63o in compagnia del re, e deli’infante D. Carlo suoi fratelli. In- eamminandosi pnsieme verso Catalogna, avvisati della crudelissima peste, che flagellava lMtalia, si licenziarono i due fratelli dalla sorella, e ritorna- ti addietro , essa prosegui il suo viaggio aBarcello- na, ove imbarcata sopra l’armata navale giunse fe- lieemente a Genova. Ma impedita dalla peste di passare secondo il concertato dalla Lombardia nel Tirolo, le convenneimbarcarsi sopra la stessa arma- ta, e passare a Napoli, e farvi lungo soggiorno , mentre per i sospetti di peste nello stato della re- pubblica, pretendevano gli Spagnuofi di condurla colPaccennata armata marittima aTrieste. Al che opponendosi i Veneziani, per il preteso dominio del mare, scorse qualche tempo, sin che aggiusta- ti tutt’ i litigj, nel fine deli’anno inviossi per ter- ra da Napoli, accompagnata da una florida corte di cavalieri, e dame alla volta di Loreto . Il dnca d’ Alva, che 1’aveva servita, come capo, e mag- giordomo maggiore sin’ allora, cede il luogo al conte Kevenhiller, il quaie subentro in quella ca¬ rica . Servirono sua Maesta il cardinale Dietrich- stein, ch’era andato sino a Genova a complimen- tarla a norne di Cesare, e del re di Ungheria suo sposo. L’arcivescovodiSiviglia,il conte diBaratas, il marchese Diarosa, ilvescovo diMascarenes cap- pellano maggiore, ed altro buon numero di dame, ria le quali la contessa di Sirvella cameriera mag- xom. ni. 16 giore, donna Leonora Pimentelli , don. Menziš I ^^°della Cevena, don. Leonora di Velaseo, don. Leo¬ nora di Benavides, ed. altre . Arrivata in Loreto dopo visitata quella Santissima Časa, e soddisfat- te le sue devozioni, si trasferi alla citta d’Anco¬ na. Qui venne a levarla a nome della Serenissima Repubblica Antonio Pisani proveditor delF arma- ta Veneta con 18 galere , ed 8 barche armate, dal quale eoi soliti recj trattamenti fu la Maesta sua servita, e felieemente accompagnata, e sbarcata a Trieste. Prima del suo arrivo , pervenne a Trieste ad in- contrarla, e riceverla il serenissimo Arciduea Leo- poldo d’Inspruch coli’Arciduchessa Claudia sua consorte accompagnato da splendidissima corte, d quale imbarcato a Duino arrivo per mare ai a3 gennaro delPanno segnente i63x. Ove con grand’ applauso e pompa fu ricevuto dalla nobilta e ma¬ gistrate della citta, ed una forbita ed eloquen- teorazione, fatta dal signor Gio: Giacomo deli’ Argento, uno dei tre giudici che la governavano, rese piii maestosa la funzione, avendogli anche il Barone Benvenuto Petazzo capitano della for- tezza, presentato in un bacile d’argento, coper- to con velo di seta rosso, le chiavi di essa . Indi condotto alla chiesa di S. Rocco in piazza detta la grande, inginoccbiato avanti 1’altare, dai mušici di sua Altezza si canto il Te-deum : il quale finito monsig. don Antonio Marenzi, Vicario generale deli’ armata imperiale, e poi vescovo di Pedena, e di Trieste diede la benedizione? e terininata 1* 243 futtzione, inviossi alla časa del suddetto Barone Petažzo assegnata,e preparata per suo alloggia- ttiento. Imperatore 16% i Pontefice Perdinando II« Urbano Vlil. 75 POMPEO CORONINO Gorizlano promosso dal Veseovato diPedena a quello di Trieste, in vece 1 di monsignor Scarlichio traslatato al veseovato di Lubiana. Egli oltre 1’esser dottore in ambe le leggi j poeta, ed istorico , fu anche mtrepido difen- sore deli’immunita, e liberta ecclesiastica , di cui. serive 1’abbate Ugbellio t= (*) Pompeo Coronino fu vescovo di Pedena, addivenfle vescovo Triesti- uo nel i63i , ai 24 di Maržo ne preše il posses* so —. Ai 27 dello šteSso mese, che fu lunedi, circaun* ora di notte , approdo a Trieste anche IaMaesta del- la regina Maria, la quale nello smontare a terra* fu incontrata dalli serenissimi Arciduchi suddetti,, accompagnati dal magistralo della citta, e nobilis- simo corteggio di cavalieri e dame, che tutti uni- tarnente al lume di piii di cento torce accese con bellissimo ordine, di commissione del proveditor (*) Pompejus Coroninus ex episcopo Petinensi Ter- gestinus evasit episcopus i53i, a4 martii possessionem »ccepit. &44 Pisani, si trasfferirono alPaccfenitiata Cbiesa di sate Jl Roceo addobbata di superbe tappezzerie, ove nel suo ingresso inginocchiata sopra un cuscino di ve* luto cremese , raonsig. Coronino vescovo della cit- ta le presentd la Croce, la quale baeiata, inviossi ali’ Altare, e cantato dai mušici del serenissimo Leopoldo^ accompagnati da numerose trombe , gnacchere, cornetti, violini, ed altri stromenti musicali il Te-deum ec*, ricevuta dalPaeeennato vescovo la benedizione , s^ncammino coi serenis- simi arciduchi, duca d’Alva, ed altra comitiva di principi, cavalieri, e dame al vescovato, prepara¬ lo per alloggio di sua Maesta. Si trattenne inTrie- ste sino ali a domenica a di aprile, nel qual giorno parti verso Vienna, ove ai a di maggio si celebra- rono le nozze con solennita , pubbliche feste, ed allegrezza.« Principiata la fabbrica della Chiesa del Rosa- rio in piazza Vecchia gliundici delPaccennato me- se di maggio, Monsig. vescovo Coronino cantb la messa pontificale in mušica, e benedi la primapie- tra, in un bučo della qualefu posta unamedaglia di argento coli’ immagine della Santissima Vergine, co^omidel Sommo PonteficeUrbano VIII. della Maesta di FerdinandoII.Imperatore, e del predet- to monsig. vescovo Coronino, eome si scorge dai mss. del canonico Stefano Trauner. Desideroso anco del sollievo de’ poveri questo zelante prelato fe’ presentare le prime supplicbe per la fondazione d’up sagro monte di Pleta nella citta diTrieste li 16 novembre del- 1634. allaMae- 245 sta Gesarea di Ferdinande secondo , e per !o stabi- 1 imento , e confermazione di quest’ opera pia, in- vio li 26 agosto del i 636 alla medesima Imperial clemenza i eapitoli da osservarsi in esso sagro monte, si nella sua istituzione, come nell’avveni- re , approvatiiqualisenza indugio, come vedrassi 3 priucipio con soddisfazione ed applauso della citta 1’esecuzione di essi. Questo stesso anno Emmanuele Porto Rabbino ebreo nativo di Trieste diede alle stampe un libro intitolato Porto Astronomico, il quale contiene un perfetto ammaestramento di fabbricare le tavole dei. šeni j tangeuti, e secanti, con la risoluzione d’ogni triangolo sferico, e modo di fare la figura celeste, e sue direzioni, ed un facil metodo della regola aurea, ovvero del tre ec.Parmi convenientela me- moria di quest’ autore 3 per essere nativo di Trie¬ ste , e molto stimato dai professori di tale scienza. Scorgendosi Flmperatore Ferdinando II. aggra- vato da varie indisposizioni, che lo rendevano in- sufficiente ai rilevanti afFari, che richiedevano 1 ’occorrenti rivoluzioni deli’ Imperio; ansioso di sollievo, e di promovere al trono imperiale il re Ferdinando di Boemia e d’ Ungheria suo figliuo- lo 3 intimo agli elettori la dieta in Ratisbona, dai quali li 22 decembre del presente anno, fu elet- to per suo successore nell’ imperio romano 1’ ac- cennato re Ferdinando col titolo di Terzo , li 3 o dello stesso mese segui anco.con grandissima pom* pa la di lui coronazione. Quest’ anno parimente fu da sua Gesarea Mae« (636 s46 sta attribuita per modo di provisione la carica del capitaniato di Trieste a Giovanni Giorgio Barbo ^Barone delPIstria, la qual carica poi nelTanno se- guente j 637 fu assegnata a Gio: Giorgio con- te d’ Herbestein nativo di Graz . Ritornato a Vien- na 1 ’ Imperatore Ferdinando II. con sommo cordo- glio di tutta la corte,e della cristianita, lasciata la caduca corona imperiale del mondo al figliuolo, parti alli i 5 di febbraro del 1637 colmo di meriti verso 1 ’empireo per ricevere dal Monarca del Cie- lo la corona di gloria col premio delle sue sante operazioni, e fatiche , dimostrandosi non men pio e fervoroso nella morte, di quello che mentre vis- se, fu aeclamato da tutti. (*) Ferdinando II. piamente visse, e piamente mori. Assunta al trono imperiale la Maesta di Ferdi¬ nando III., desideroso di conservare la quiete de’ suoi fedelissimi sudditi, applicossi con tutta solle> citudine al politico governo di essi compartendo gl’ influssi della sua clemenza in ogni luogo . La nostra citta di Trieste fu delle prime a partecipare la generosita de’di lui favori, colla confermazione dei proprj statuti, ed antichi privilegj, coine scor- gesi dall’ingiunto Diploma spedito nel castello d’ Eberstorffil primo d’ottobre di quest’anno 1637. C) FerDInanDVs seCVnDVS ple YIXIt plecjue oblit. 247 Noi Ferdinando III. per la Iddio grazia eletto Imperatore de’Roraani, in ogni tempo aumentator 1 ^? deli’ Impero, re di Germania, Ungheria, Boemia, Dalmazia, Groazia , e Schiavonia , Arciduca d’ Au- stria, Stiria, Carintia, Carniola, e Vittemberga, conte del Tirolo e Gorizia . Attestiamo pubblicamente con le presenti lette- re , e notifichiamo a tutti che avendoci gli onesti prudenti nostri fedeli dilettiN.N. giudici, e consi- glio della nostra cittadi Trieste umilmente prega- to, affinche noi come ora regnante sig. e principe del paese, volessirno graziosamente confermare li loro statuti, privilegj, e buone consuetudini che alli medesimi sono stati concessi, confermati dai nostri riveriti predecessori delPeccelsa časa d’Au- stria, e dal qu. nostro dilettissimo in Dio riposan- te Ferdinando secondo di gloriosa memoria : noi in riguardo di queste loro umilissime e condecenti preghiere, e per la particolare obbedienza, e fedel- ta prestata dalla detta citta di Trieste alli nostri predecessori da innumerabili anni in qua, in tem¬ po di pace, e di guerra, e specialmente nellapros- sima passata guerra delFriuli dimostrandosi total- mente costante, egelosa, e degna di lode, per- cio con maturo consiglio, e per grazia speciale ab- biamo graziosamente confermati, e rinovati questi loro statuti, privilegj, e buone consuetudini, qua- li in vigore delle presenti lettere confermiamo , e riconosciamo tant’ oltre, che sono in pratica usi- tata, o possessa, che noi anco per ragione, e giu- stizia potiamo confermare. Ordiniamo, e voglia- 248 mo, che tutti li tenori, clausole, punti, ed arti- 1 ^?coli in essi compresi restino intieramente nel loro vigore, corae se fossero qui entro di parola in pa¬ rola descritti, e che gli N. N. giudioi, e consiglio della citta di Trieste, e loro successori debbano, e si possano di quelli prevalere , adoperare , e gode- re nella maniera 3 che 9inora gli hanno adoperati, e goduti avanti ogni uno senza impedimento. E commettiamo sopra di cio a tutte ed a ciascuna delle superiorita anoi’sottoposte, luogotenenti, ca- pitani delli paesi., prelati, conti, baroni, cavalie- ri, oapitani, verbeseri, vicedomini, burgravj, giu- dici delli paesi, borgomastri, giudici, consiglieri, cittadini, e comuni, e poi a tutti gli altri nostri offieianti, sudditi, efedeli,ecclesiastici, e secolari di qualunque dignita, stato, condizione sisiano, seriosamente, e fermamente con qneste letterevo- gliamo che gli acceunati N. N. giudici, e consiglio della citta di Trieste, e loro successori restino in¬ tieramente nelle loro immunita, statuti, e buone consuetudini; ed in questa nostra confermazione seguita si possano di quelli valere, adoperare, 6 godere, non siano contro delli medesimi astretti, neaggravati, ne siapermesso ad alcun’altro a con- traffare in verun modo, e inaniera in pena della nostra grave indignazione , essendo questa la no¬ stra seriosa mente. Riservandoci noi pero secondo la comodita del tempo d’ alterare , sminuire, ov- vero arnpliare i detti statuti di Trieste. In fede delle presenti lettere sigillate col nostro pendente 2 49 sigillo imperiale . Dat. dal nostro castello d’ Eber- storff il primo d’ ottobre 1637. Ferdinando ec. (L. S.) Li 19 d’ottobre del i 638 i Padri Gesuiti contro i privilegj della citta condussero in barca dal 1 Friuli due botti di vino d’orne 12 Puna, arrivate alla portizza di Riborgo, ne fecero scaricar una di rosso, la quale posta sopra il carro, per condurla al collegio, pervenuta alla porta della citta, con- corse il magistrato con tutto il popolo sollevato alla divulgazione cheil vinofossescaricato, edarri- Vati al carro levarono i turaecioli alla botte lascian- do spargere il vino s ul terreno, e poi ruppero an- ehe la stessa botte . Cio eseguito corsero alla bar- ea ove era 1’ altra botte del bianco, la quale fra- cassata in pezzivolevano anche spezzare la bar¬ ca. Non successe pero altro danno fuori della per- dita del vino, e della botte. Accorse alla nuova del fatto la maggior parte de’Gesuiti del collegio tutti confusi, e veduto lo spettacolo, uno fra essi piii ardito minaccio il magistrato, cogli altri che rup¬ pero le bottiancorcbe non fosse eseguita 1’azione dai particolari, xna generalmente da tutto il po- polo. Assegnato parim ente quest’ anno dalla Maesta delPlmperatore il barone Antonio Rabata suo am- basciatore presso la Repubblica di Venezia, fra gli aSo ordini, e commissioni ad esso imposti, fu di pas- 640 šare officio, che quel serenissimo Principe asse- gnasse una riva , e eomodo sito alle barche, che approdassero con mercanzie, ed altro dalla citta di Trieste in quella . Esposta da sua eccellenza 1 ’ an- no 164» tal richiesta in collegio , gli rispose quel Principe = Che al partieolare spettante alle bar- che di Trieste, gia era imposto al magistrato so- pra l’aeque, d’assegnare loro quel sito, piu como- do fosse possibile, che fu alla riva degli Schiavoni poco distante dal portone di s. Zaccaria dietro le barche di Capodistria. Quest’anno parimente 1640 mori gloriosa- mente nel conflitto di Lipsia seguito li a novem¬ bre il conte Giovanni Petazzo cittadino di Trieste , il quale esercitando la carica di tenente colonnel- lo d’un reggimento di corazze del Piccolomini, do- po il glorioso acquisto delPartiglieria nemica, e maravigliose prodezze del suo valore, ferito di moschettata, termino con la vita anche il corso delle dignita ed onori , cui il suo valore 1’incam- mino . Mercecche fu la piu franea spada de’suoi tempi per bravura, e per condotta, di tanto grido, e provata virtu, che senza dubbio le sue gloriose imprese 1’avrebbero innalzato alla carica di gene¬ rale , se la morte non troncava P ardire del suo coraggioso valore, stimato percio dal generale Pic¬ colomini non solo dei piu arditi, ed espevimentati capitani nelle rivoluzioni ed imprese piu ardue , ma anche de’piu, esperimentati politici, come Tin- aSf viarlo in varie ambascierie alla Maesta Cesarea ed altri Principi Phajmo dimostrato . 1640 QuesP anno pure 1640 il gia mentovato Em- manuele Porto ebreo cittadino di Trieste, diede al- le stampe in Padova un altro libro intitolato: In- troduzione alla Geografia, e Trigonometria, con la dichiaraziooe de’principali cerchi della sfera , e misura delle distanze, ed altezze col contenuto d’ogni figura , ed alcnne tavole per li novelli nel- P Aritmetica , molto utile ad ogni persona, e spe- cialmente ai cavalieri. JPonderati dalla Maesta Cesarea i capitoli tras- messi gli anni addietro da monsig. Coronino alla corte per Pistituzione d’un nuovo monte di pieta nella citta di Trieste , concorse prontamente col- Pimperial clemenza ali’approvazione di essi. Indi stabilite tutte le cose, si diede principio alli a di Maggio 1641 al sacro monte di pieta . Li 5 di giugno del 1642 gli Albanesi della barca 1 armata Veneta posta per impedire la condotta dei šali dalle riostre saline di Zaule, e Servola a Trie¬ ste, entrati nel porto o fiume di guesfultima spa- farono tre tiri di pietrera per intimorire i salina- *i i indi preše due barche cariehe di šale, una del sign. Pietro Giuliani, e 1’altra de’signori Brigidi, c le affondarono a mezzo golfo. Risentito di tale aceidente il magistrato di Trieste spedi alli 7 aCa- podistria monsign. Gio: Giaeomo delPArgento, il finale fu poi arcidiacono di Raiffaiz col sig. Anto¬ nio Padovino gentiluomini della citta ad informar- *i e guerelarsi del suceesso, coi guali scusandosi a5a il podesta ivi rappresentante per il Dominio Vene- i6 4 a t0 , rispose non sapere cos’alcuna , e licenziando- li con molfespressioni ali’ uso Veneto, gli assicu- ro di poter liberamente condurre il šale dagli ac^ cennati luoghi per barca a Trieste, come fu prima praticato . Alli 2.3 dellostesso m.ese un contadino della vil- la di Santa Croce nel seguire nella strada che conduce al Timavo un fuino, che s’ascose in un mucchio di sassi, ansioso di prenderlo, nel levare le pietre, ritrovo invece deli’animale quantita di doble, ongari, zecchini, scudi, e dueatoni, i qua- li per quanto fu detto ascendevano alla somma di ducati 5oo. Ne deve cio recare meraviglia, men- tx’e dieci anni prima, arrivata in Capodistria una galera con quantita di danaro per pagare i soldati ed altri ufficiali, invitato a nozze il sopra-comito d’essa con tutt’i comandanti, lasciarono i galeot« ti senza superiorita , i quali fatta congiura, col liberarsi l’un 1’altro dai ceppi , e catene, sicuri ehe niuno li seguisse, si scostarono dal porto, ed arrivati a Grignano ? 5 miglia lontano da Trieste, investirono la galera nelFarena di s.Canciano,e carichi di danaro fuggirono alla montagna per as- sicurarsi, ma stanchi e deboli alcuni ascosero i soldi nelle vigne, ed altri luoghi,chepoi furonori- trovati, egliaccennaticredesi chefosseroglistessi. Un comandante Tedesco volendo li 16 luglio imbarcare nel nostro porto di Trieste 88 soldati per condurli nel Regno di Napoli, questi arrivati sopra la piazza. fuori del porto, ricusavauo alla 255 ptesenža dei cdittinissarj Spagnuoli d’entrare ia barca prima d’ essere soddisfatti del danaro pro- messo . Cio udito il comandante condottiero por- tossi al castello , ed ottenuti dal capitano alcuni soldati della fortezza, aecompagnato da essi , e da altri quattro officiali a cavallo, ritorno al porto per isforzarli d’entrare nel vascello a tal fine pre¬ parate . S’ opposero intrepidi nuovamente i Solda¬ ti, negando ai commissarj il partirsi da quel luo- go prima di ricevere le paghe promesse. A tal ri- sposta adirato il comandante sparo contro di loro co- gli altri quattro a cavallo le terzette, e ne uccise subito due ; volendo i soldati del castello fare il. simile co’ moschetti, ne ferirono tre , i quali non morirono allora. A tale spettacolo il popolo, e nobilta di Trieste grido alza, alza, a qual voce at- territi s^stennero dal tirare,ed accesa casualmen- te nel medesimo tempo la polvere, ehe in un cap- pello le serviva di munizione , tre rimasero ofFesi dal fuoco , i quali non potendo camminare , con- venne portarli in castello. Scorgendo i commis- aarj Spagnuoli quei soldati disposti di piuttosto morire , eh’ entrare in vascello , e gli ufficiali a cavallo atterriti dalPaccennate voci dei Triestini, dati alla fuga. fattasi portare quantita di scudi gli distribuirono uno per soldato, i quali appagati del cortese sborso, slmbarcarono subito senz’altra °Pposizione . Quest’anno anebe fu rinovato il pavimento del¬ ta nostra eattedrale di s. Giusto dalPaltare di san Niecolo sin a quello deli’ Immacolata Conceziona i64 s a54 (i) tutto lastricato di sassi quadri bianchi e neri, 4 a con li suoi scalini di pietra bianca, e nel vano o spazio del eoro sottogli scalini della cappella mag« giore, ove sono tre sepolture de’vescovi, invece di qu,adri di sasso servirono quelli di terra cotta bianchi e rossi. La quantita d’iscrizioni, ed altri framraenti d’antichita, coi quali era lastricato an- ticamente 1’accennato p.avimento come si distrug- gessero e restassero dissipati, non si puo qui de« scrivere per la negligenza de’nostri antenati in raccogliere Tantichitadella patria. Basti 1’asserire* ehe gli artefici non men avidi del guadagno , che ignoranti d’anticaglie , servironsi di esse senza ri- guarda alcuno della preziosita di tesoro di tanto pregio. r,o NelFanno seguente i64-5 fu da monsign. Pom- peo Coronino vescovo diTrieste consacrato alli i5 giugno Pal tare della chiesa di s. Andrea, posta nel- la contrada del suo nome s distante poco meno di nn miglio dalla citta, ove furono collocate le reli' qnie de’ santi Lazaro, Servolo, e Cristoforo . Esi- ste solianto al presente la cappella ridotta a fe* nile . Molto funesti e calamitosi alla nosfra citta di Trieste scorgo gli anni >643 e 1644 s nientre li maržo giorno festivc del glorioso Patriarca san Giuseppe, gonfiossi il mare di si fatta maniera , (i) Che ora e guello del Sanlissimo , a55 dhe le barche nel porto trasportate dalPaecresci- »lento dell’acque, si ritrovarono la tnattina ridot- 1 *^ te sul molo, e li travi, e alberi grandi, ed anten- ne riposti dai mercanti in piazza gratide in altissi- me pire, condotti da!Pacqua sopra gli scalini che servivano di base alla colonna deli’ Aquila. Nelle cantine piiibasse della citta l’acqua sollevo le botti piene divino, edaltriliquori, e nelle botteghe, raa- gazzeni,ed altri luoghi, colPentrare l’aequa nei vasi, o pietre d’olio, prendeva in essi il posses- so, e scacciava fuori P altro con grandissimo dan- no del padrone . Liquefece anche gran quantita di šale, e zuccheri, e i chiodi, acciari, tele, eorami ed altre mercanzie da essa bagnate furono innume- rabili. L 9 anno poi seguente 1644 sino a Hi gin- g / / gno furono grandissimicalori, con siccitaestrema, che oltre P abbrngiare tutti i formentoni, melo¬ ni , ed altri frutti produssero tanta moltitudine di eavallette che divorarono sino le foglie dei fichi. La sera dei 3 agosto di quest’anno la barca arraa- ts.j che ordinariamente d’ordine della Kepubblica di Venezia soggiornava in Capodistria., preše tre vascelli, che caricbi di vino venivano a Trieste in vicinanza della citta . Per liberarli dalle loro ma¬ ni s’allestirono tre barche di soldati ben provisio- nati d’ armi , polvere, ed altre munizioni, ai qua- li il conte Niccolo Petazzo n’ aggiunse un’ altra naeglio fornita d 9 armi, e di gente, e salito sopra con altri gentiluomini di Trieste si partirono uni- tamente dal porto per soccorrere detti vascelli ■ a56 Alle ore due di notte circa assalirono ali’ improvi- 6 44 so la bare’armata Veneta fuoridella punta di Čam¬ po Maržo, ed al primo scarico di moschetti, ucci» sero 18 Albanesi di essa; ilresto che rimase si die- de alla fuga collo sparo di due petriere senza ve- run danno dei nostri, i quali vittoriosi, e pieni di giubilo ritornarono alla citta con li suddetti va- scelli canducendo seco prigioni il capitano, e Pal- fiere deli’accennata bare’armata, che šaliti uno per vascello, non ebbero tempo di rimontare in essa . Tre dei nostri restarono gravemente feriti, ma senza pericolo di morte, Quest’anno pure a causa dei fretjuenti, e gran~ dissimi garbini, gonfiossi di tal inaniera il mare , che in piazza vecchia la sua aCcjua arrivd sino alla chiesa del Rosario, ed in piazza grande fu di tanta altezza , che in essa solcavano comodamente ls barche, e servi piu e piu volte di trastullo, e sol- lazzo ai conti Nicolo, ed Ulderico fratelli Petaz- zi il farsi condurre in barca per tutta la piazza a spasso. Il danno che apporto alla nostra citta asce- se alla somma di mille scudi, per la licjuefazions dei šali, guasto delle merci, e distruzione d’argi- ni nelle saline contigue alla citta, e quelle di Ser- vola , e Zaule, ove per 1’ altezza deli’ aeque sali- vano gli uomini dalle finestre delle casedi esse sa¬ line comodamente aelle barche. 645 ^ nsor ® e di prima sera li 29 gennaro 1645 unospa- ventoso turbine, accompagnato da furia di vento, tuoni, e lampi, addimandato dai Latini Typhon, in piu luoghi biscia bova, e comunemente in Trie- 4$7 ste Sionara, qual dilatando nella Valle dei molini i suoi tortuosi giri, ruppe , ed estirpo grandissima 1 ^ quantita di piante d’olivo, da tre a quattro uno vidno ali’ altro scorgevansi prostrati a terra, coa maraviglioso stupore anche de’ piu vecchi del la patria, inentre a memoria loro mai non si vide,o udi simile spettaeolo. Passo a miglior vita 1’anno seguente il vescovo Pompeo Goronino, il quale fu sepolto li j 4 di maržo nella parte deli’ epistola nel eoro della sua Gatte- drale, e fu sopra il suo monumento aggiunta tale iscrizione. (*) A Dio Ottimo Massimo . Se Dio e con noi, ehi ci fara confro? Qui giace 1 ’IUustr., e Rrho monsig. Pompeo Goronino, Barone di Prebacina, e Gradiscuta, Signore di Gollogorizza , vescovo, e cont» Triestino Mori 1 ’anno del Signore 1646. (*) D. O. M. Si Deus pro nobis, quis contra nos ? Hic jacet Illustr. et Rever. dominus Pompejtls Corouinus, Baro de Prebacina, et Gradiscula . Dom. Gollogorizza episcopus et comes Tergestinus Obijt Aano Domini 1646. TOM. III '7 a 58 Iinperatore i 646 Pontefice Fekdinando III. 4 Innocenzo X. 646 ? 6 ANTONIO IV. MARENZI Triestino vescovo di Pedena, e vicario generale negli eserciti delPin- vittissimo Imperatore Ferdinando III., e delPArci* duca Leopolde Willelmo suo fratello, in tutta la Germania, e Provincie aderenti, di cui scrive 1 ’ ab- bate Ughellio (1) = (*) Antonio Marenzi vescovo di Pedena traslatato qui li 10 settembre delPanno 3646 =. Ottenne da sna MaestaCesarea in rieom- pensa delle sne laboriose fatiche, e servizio di tanti anni negli eserciti la promozione dal vesco- vato di Pedena al nostro vacante di Trieste . Qui sbaglia il P. Donato Galvi (2) in attribuire a Papa Innocenzo X. tal promozione, mentre ali’Impera¬ tore, e non al Pontefice s’ aspetta F elezione de’ nostri vescovi di Trieste. Lo splendore, e nobilta illustre deli’ antica fa- miglia Marenzi non pub dimostrarsi con prove maggiori, che colPingiunto privilegio deli’Impe¬ ratore CorradoII., il quale col dichiararla Rampol- (*) Antonius Marentius episcopus Petiuensis bn c translatus die x. septembris 1646. (1) Ital. Sacr. tom. 5 . Col. - 583 . (2) Ejfemer. Sacr. prof. di Bergamo 7 settembre tom. 3 . Jo di Silvio fratello d’Ottaviano Augusto, e deli’ imperial sangue dei Giulj, come si scorge, la ren- 1 de degna di quegli applausijchela suaantichita, e splendore , meritamente possono attribuire ai suoi disceadenti, soliti a conferirsi agli annoverati fra le pid eospieue famiglie delFuniverso . LXVI. Copia del Diploma di Corrado II. Im« peratore per Rlllustr. famiglia Marenzi. In nome del Signor nostro Gesu Cristo. Cosi sia. Corrado secondo, col favore della Divina Grazia Imperatore di tutta la Germania sempre Augusto ec. a voi tutti infrasciitti salute, ed afFetto di amore. Affinche si conosca 1’illustre, e nobile famiglia da Giulio Silvio Ottaviano Cesare Augusto Impe¬ ratore de’ Romani, fratello per parte del signor LXVI. Copia Diplomatis Conradi II. Imperator« pro illustr. familia Marentia. In nomine Domini Nostri Jesu Christi. Amen. Conradas secundus, Divina fa^ente Gratia totius Alemanniae Imperator semper Augustus ete.\ol>is omni¬ bus infrascriptis salutem , et dilectionis affectnm . Ad hoe ut Illustr., et Nob. familia a Julio Silvio Octaviani Caesaris Augusti Romanorum Imperatoris fratri per dom. Federicum ipsius Illustr. dom. Julii filium, post bellum Julianum a suo nomine dictum, s6o Federieo, Figlio di esso signor Giulio, dopo la l() ^ 6 guerra Giuliana., cosi detta dal suo nome allora fatta, abbandonata nelle nostre parti, dipoi nel nostro Imperio fedelissimamente da per tutto pro- pagata, mapiueche mai nella citta diBrescia, e suo Territorio „ gia dimorando da lungo tempo , e per il serenissimo Imperatore Vespasiano, ed avendo esercitato il capitaniato ancbe nella guerra di Ge- rusalemme, coi magnifiei signori Lavellonghi de- corata comparisca con maggiore splendore , e pro- curi, ed attenda alF integrita, e nobilta colla di- scendenza deli’ Imperiale Maesta. Gonviene ezian* dio la cosa piu nobile alli piti nobili, la piu degna agl’ Irnperiali a grado a grado di portarsi piu vir- tuosamente, e si conoscano come le Margarite eollo splendore deli a terra, cosi i nobili, dagl’ in partibus nostris, tune faetum relicta, deinde Im- perio nostro fidelissime per universum propagata, sed magis in civitate Brislensi, et ejus Territorio, jam diu commorans, et per Vespasianum serenissimutn Im- peratorem, etiam in bello Hierosolymo capitaniatu ejus exercitus, eum magn. DD. Lavellonghis decorata nia- gis splendore eluceat, majestatisrpie Imperialis descen- dentia, integritati, et nobilitati, studeat, et attendat. Convenit etiam nobilibus nobiliora, Jmperialibus di- gniora, gradatim \irtuosius agere , et tamquam Mar- garitae, a terra eum splendore sic ab ignobilibus no- 26 f ignobili, per natura affatto diverši, seguendo la »nagnanima, e virtuosa nobilta. Volendo anche noi riconoscere i fedeli al nostro Impero, e fjuello ornare, munire, e convalidare di fedeli amici,percioattese le benemerenze, le ser- vitu , gli ospizj > e beneficj avuti per noi, e nostro esercito, da voi signor Federico del qu. signor Laf- franco una volta figlio del sig. Ottavio , ad Otta- vio dettoBrusato, a CelerioMarenzi, aMaffeo det- to Maffeto, ed a Cataneo eapitanj nostri militari sotto il cognome degPIllmi sigg. Federichi, citta- dini in Brescia, e Bergamo, ed esistenti in valle Ogliola, e Bergamo : Voi tutti, e i vostri figli na- ti e che naseeranno, e discendenti dei discen- biles , peni tu.s natura diversi, rtiagnanijnam, virtuo- samque nobilitatem sequendo dignoscantnr. Volentes et nos, Imperio nostro fideles recognosce- re, illudque amicis fidelibus ornare, munire, et con¬ validare, propterea stantibus benemeritis, servitutibus, bospitiis, et beneficiis, per nos, et exercitum nostrum babitis a vobis Illustr. dom. Federico qu. DD. Lafran- cbi, olitn dom. Octavj filio Octavio dieto Brusato, Ce- lerio Marenzio, MafFea dieto Mafleto, et Cataneo ca- pitaneis militibus nostris, sub Cognotnine Illustr. DO. Federicicorum , inBrixia , et Bergamo civibus , et in Val¬ le Oliola, et Bergamensi existentibus: Vosomnes, et filios Vestros natos et naacituros, ac descendentium descenden- a 62 denti in perpetuo procreati da legittimo matri- !646 monio, colle presenti costituiamo , creamo, ed ordiniamo marchesi, e conti, con pura ed ampia, e libera autorita e potesta di spada nella Valle predetta dalla parte della punta del lago Sabino di sopra ^ e dalla sommita del Monticello inag- giore in mezzo al fondo della detta Valle d’ Oglio- la esistente presso il fiume Oglio, sino fra la detta punta in tutta la stessa parte della Valle inclusivamente . Separando affatto , ed esentando essa parte dali’ altra giurisdizione della stessa Val¬ le, ed erigendola nella dignita di marchesato,e contea, in perpetuo 1’assoggettiamo, econdoniamo a voi,ed ai legittimi suceessori; in tal modo ed ordine, che ogni dominio della detta parte della tes in perpetuum ex legitimo rnatrimonio procreatos, Marchiones, et Comites , cum mera , et ampia, et libera anctoritate, et gladii potestate in Valle praedicta a cornu punctaelacus Sabini supra, et a summo mouticulo ma- jori, in mediofundo dictae Vallis Oliolae apud flumen Olei existentem infra usqtte ad dietam punctam in totam ipsam partem Vallis inclusive, per praesentes consli- tuimus, creamus et ordinamus . Ipsam partem ab alia iurisdictione ipsius Vallis penitus separando, et exem- ptando, eamque in marehionatus , et comitatus digni* tatem erigentes, Vobis, et successoribus legitime per¬ petuo descendeptibus, ut supra similiter Marehionibus, et comit' )us constitutis in perpetuum subycimus, et condonamus: tali modo , et ordine , quod omne do- 263 stessa Valle d’OgIiola, tanto persenale, guanto reale, tanto in pianura, guanto in montagna, e 1 ^6 nella dettaparte del lagoSabiao, edel fiumeOglio sia in perpetuo soggetto a voi, ed alli vostri suc- cessori. Dando e eoncedendo a voi signor Federi- co, Ottavio detto Brusato, Celerio Marenzi, Maffe- to, e Gataaeo, tutti li predetti cognominali de Fe- dericis, ed ai successori vostri legittimamente di- scendenti, come sopra Fautorita, e potesta, di giudicare, terrainare, e defiaire le eause, gualun- gne della detta giurisdizione, a voi soggette, come sopra, civili, e criminali secondo lejeggi Imperia- li, e gli statuti, come sembrera convenire, delle guali incarichiamo le vostre coscienze. Sperando, mini um dictae partis ipsius Vallis Oliolae, tam perso- «ale, quam reale, tam in piano quam in monte, et in dieta parte lacus Sabini, et flumine olei, sit vobis, et successoribus vestris in perpetuum subjectum. Dan- tes, et concedeutes vobis Illustr. DD. Federico, Octa- vio dieto Brusato, Celerio Marenzio, Maffeto, ct Cata- neo praedictis omnibus dc Fcdericis cognominatis, et successoribus vestris, legitime perpetuo descendenti- bus, ut supra auetoritatem, potestatem et balijam, causas quascumque dictae jurisdictionis, vobis ut su¬ pra subiectae civiles, et criminales adjudicandi, ter- minandi, et definiendi secundum leges Imperiales, et statuta pro ut convenire videbitur, de quibus con- scientias vestras oneramus. Sperantes, et credentes. *64 e eredendo, che voi amministrerete la somma giu* M^stizia, secondo il vostro dovere , ed onore, e spe- cialmente i poveri, le vedove, gli orfani, e i pu- pilli ec. difenderete personalmente, ed opererete le altre cose, quelle cose che spettano, ed appar- tengono alli Comandamenti deli’Altissimo Iddio, ed alla Santa sua Madre, e convengono per la giu- stizia, carita, e misericordia. E F insegne della vostra nobilta Imperiale, voi predetti, e discen- denti vostri in perpetuo come sopra, ed al solito vostro orniamo, e decoriamo colFarma d’oro, col- le liste bianche, e color celestescaccate per sbieco in campo d’ oro, e coli’ Aquila Imperiale, colla corona d’oro sopra il capo.Goncedendo che per maggior vostrodecoro possiatecostruire, innalzare vos facturos quod silnima justiiia, pro debito , et ho-' nore vestro administrabitis, et praecipue pauperes, vi* duas, orphanos, et pupillos ec. personaliter defendetis, et caetera operabimini, quae ad Altissimi Dei , et San* ctae Matris mandata, et honorem spectant, et perli" nent. Et pro justitia, charitale, et misericordia con- veniant. Insigniumque nobililatis vestrae Imperialis, vos praedictos, et descendentes vestros in perpetuum ut sapra. Arma aurea cuni listis, ex albo, et caelesti colore scacatis per sbiessum in eampo aureo, et cum Aquila Imperiali, cum aurea corona super caput, ad solifum vestnim ornamus, et decoramus. Concedentes ut pro majore decore vestro, castrira urnim, vel plu- a65 uti castello o 'piu nella detta parte della Valle, dove sembrera a voi piu espediente, ed in essi abi- 1 tare, ed in segno della detta sudditanza della det¬ ta parte della stessa Valle prestera in sussidio del- le medesime li dadi, e le taglie da imporsi, ed esigere da voi vostri successori, in perpetno con- seguiinento vostro ed allivostri successori. Aggra- vando voi , e li vostri successori in perpetuo in se¬ gno d’ Imperiale, ed onorevole Feudo qualunqne volta sarete richiesti di prendere le armi per il nostro Impero, e di fare qualunque altra cosa cbe spetta allo stato Imperiale , ed alla nostra conser- vazione , sotto vincolo di giuramento di fedelta, ed omaggio prestato a noi. Ed in testimonio di ra in dieta parte Vallis, ubi vobis magis expedirc vi- debitur construere, erigere, et in eis habitare valeatis cum successOribus vestris, et in signum dictae subje- ctionis dictae partis ipsius Vallis, in subsidium eas- dem dadias, et taleas, per vos , et successores vestros in perpetuum imponendas, et exigendas ad perpetuam nonsecutionem vobis, et successoribus vestris praesta- bit. Onerantes vos, et successores vestros in perpe¬ tuum in signum Imperialis, et honorabilis Fcudi, quo- tiescumque requisiti fueritis, ad arina pro Impeno nostro suseipienda, et quaecumque alia, quae ad im¬ periale statum, et conservatiouem nostrnm spectant faeiendum, sub vinculo juramenti fidelitatis, et ho- Jnagii nobis praestiti. Et in praedietorum omuium te- a66 tutte le predette cose ci donereteogni anno un fal* ^ 4 ^coue, od uno sparviere permezzo d’un vostromes« so . Queste lettere poi a perpetua memoria abbia- mo comandato di fare, e munire col nostro Impe- riale sigillo. Dato sotto Milano 1 ’ anno dalla nascita del Si- gnore 1024 del nostro Imperio l’anno quarto,il primo di maggio. (L. S.) Garlo Vestalio cancelliere Imperiale di suaMae- sta ec. Bramosa la Maesta di Ferdinando III. Imperato- re di stabilire la corona d’ Ungheria nell’ augu- stissima Časa d’ Austria, procuro coi primati di quel regno la promozione deli’Arciduea Ferdinan- stimonio, singulo anno falconem unum, et accipitrem per messum vestrum nobis condonabitis. Has autem ad perpetnam rei memoriam fieri jussimus, et Impe- riali sigillo nostro muniri. Datum sub Mediolano anno a Nativitate Domini millesiino vigesimo quarto, Imperii nostri anno ter- tio, IV. Kal. maii. ( L. S. ) Carolus Vesthalius Imperialis Majestatis cancellarius. 367 do IV. suo figliuolo al suo apostolico Trono, la quale felicemente successa alli 16 giugno del 1 ^47 1647 fu con le solite cerimonie incoronato; come anche alli 5 d’ agosto del regno di Boemia, ed alli 18 giugno deli’anno seguente 1648 con universalejg^g applauso acclamato re de’Romani. E per la mor te deli’ Imperatrice Maria sna madre 1 ’ accennato Imperatore Ferdinando III. celebro quest’ anno le seeonde nozze coli’ Arciduchessa Maria Leopoldi- na figliuola deli’Arciduca Leopoldo del Tirolo. Tutto intento il zelante vescovo Marenzi alla propagazione del cul to divino, ed ali’ ingrandi- mento della sna Ghiesa , ottenne l’anno 1649 dal magistrato della citta il trasporto deli’organo a 1 ^49 quei tempi pošto nella parte sinistra del coro della Gattedrale sopra le sedie ove assiste il magistrato nelle solennita principali ai Divini officj , il quale fu trasferito sopra la porta maggiore di essa chiesa come al presen te eampeggia, rinovato ed ingran- dito per mano del sig. Eugenio Gasparini annove- rato fra i primi artefiei di somiglianti stromenti in quell’ epoca, che tale Pacelamano i due artifi- ciosi organi da esso fabbricati nella celebre Chiesa di Santa Giustina di Padova. , Essendo per la sna antichita quasi diroccata la chiesa di s. Martino vescovo , e confessore, con- tigua al monastero delle Monache di san Bene- detto , ordino parimente alli 7 del mese di gen- naro dello stesso anno che fosse demolita , ed a SS r egato il suo sito alla clausura deli’accennato Monastero per servizio della foresteria; assegno a68 le sue renditealla cappella delle reliquie esistente I ^ 49 xie]la chiesa cattedrale di s.Giusto, eolla condi- zione , che i legati si adempissero in detta cappel¬ la . Quantnnque a mio parere , maggior splendore apportato avrebbe alla nostra citta la conservazio- ne di tal chiesa in rimetnbranza della sua antichi- ta, mentrefu consagrata damonsig. Angelo di Clu- gia o Chiozza nostro vescovo di Trieste li 29 gen- naro 1374, e poi nuovarnentefu riconsagrata l’an- no 1449 P er mano di monsig. Enea Silvio Piceolo- mini, il quale assunto al sommo pontificato addi- mandossi Pio II. Indefesso monsig. Marenzi, mai seanso fatica a pro della sua amata chiesa , e diocesi, consolando- la con le sne frequenti visite, adornandola con la consagrazione di molte chiese, aumentandola di molti ministri colPordinazioni, e pnrgandola da’ vizj col suo paterno zelo . Eresse in cappellanie curate tre chiese figliali la prima di san Lorenzo martire di Pregaria, soggetta alla parrocchia di Gruschiza : la seconda di Maria sempre Vergine di Vinesach, sotto la pieve di Ternova : e la terza di s. Niccolo vescovo, e confessore di Vodizza nella giurisdizione di s. Servolo sottoposta alla pieve di Lanische nello stato Veneto. Onoro parimente col titolo di collegiata la pieve di Pinguente posta nel medesimo stato, assegnando alla sua residenza sei canonici con autorita ordinaria di eleggere un vi- eario foraneo nella parte della diocesi Triestina sottoposta al dominio Veneto nell’ Istria , il tutto 2 ,6g approvato (lal sommo Pontefice Alessandro VII. per difesa , ed aumento dell’immunita , e liberta* ^9 eeclesiastica , che con verita puo asserirsi, non avere la nostra diocesi riconosciuto in quel secolo vescovo pari al Marenzi, nella sollecitudine, e ze¬ lo del suo splendore, e profitto . Noti men divoto che sollecito mostrossi questo prelato cosi nel promovere il culto divino } ehe la maggior gldria, ed onore de’suoi Santi, mentre nel principio del suo governo procuro con somma diligenzaj, che le sagre reliquie della Cattedrale , le quali quasi sconosciute erano riposte in un ar- madio reinoto della sagrestia, mentre esponevansi solameute il giorno della detileazione di essa chie- sa alla venerazione, e divozioae del popolo, fosse- ro da queiroscuro luogo levate, e trasferite in al- tro piu decoroso, e comodo d’essere riverite, ed onorate, non solo dai cittadini, che dai forastieri. Hitrovatosi un nuovo altare di legno , quale mon- signor Pompeo Coronino suo predecessore fece principiare a tale effetto, eou diversi coinparti , e distinti repostigli, dipinto, ed adorno con oro , as- sicurato anche con quattro chiavi, questo colPas- senso del magistrato della citta ripose 1’ anno Jb5o nella cappella dedieata auticameute a s. An¬ tonio Abbate, in cui con somma venerazione furo- no distintamente collocate lesacre reliquie d’Apo- s toli,Martiri, Confessori,e sante Vergini, le quali al di fuori per maggior sicurezza vengono custodi- te da una ierriata dimaraviglioso artificio fatta la- vorare in Lubiaria per il prezzo di circa mille fio- 370 rini, dalla liberalitadel pubblico alla venerazione 2 ^49dx quel pregiatissimo tesoro consagrata . O ve at presente con divoto, ed umile ossequio sono dai fedeli cittadini , forastieri, religiosi , e persone di conto frequentemente riverite, e visitate con uni- versale ammirazione di tesoro di tanta stima qual gode la nostra citta di Trieste, mentre pub anno- verarsi fra le prime, e piu pregiate gioje eh’ella possiede . Celebrossi tale traslazione con una so- lenne processione assistita da tutt’ i sacerdoti > chiei'ici, e regolari della citta, e da tutti i parro- chi, e maggior parte dei sacerdoti della diocesi, i quali accompagnati da numeroso stuolo de’pro- prj parrocchiani con le croci, e bandiere di ciascu- na parrocchia, e con belPordine distribuiti, rap* presentavano una non men divota, che edificante processione. Li nomi delle reliquie dei Santi, che si conser- vano in questo nuovo altare sono le infraseritte. Del Sangue Miracoloso del Nostro Signor Gesu Gristo. Del Legno della Sna Santissima Croce. i Pietro Paolo Filippo Andrea Simone * 7 * De 5 Santi Martiri Protettori, e. Tutelari De’Santi Martiri Esteri De’ Santi Confessori t*el!e Sante \ l S l Giusto Patrone Sergio Soldato Servolo Apollinare Lazaro Ermagora Fortunato Sebastiano Gristoforo Venusto Modesto Costante Placido Valentino Ni colo Vescovo Antonio Abbate Lucia Dorotea Eufemia \ . Teda ) Tnestme Ottonne anche in quest’anno 16S0 il nosim' 1’everendissimo prelato col sig. Lodovico Marenzi nobile della provincia delCragno suo cugino, dal- la Cesarea Maesta di Ferdinando III. la dignita, e titolo di liberi baroni di Marensfeld , e Scenieh , in ricognizione, e ricompensa di tanti anni consu- niati nelle guerre in campo, e servizj di corte a pro della serenissima Časa d’Austria . Una grandissima carestia flagello quest’anno la nostra citta di Trieste, e tutta la "patria circonvi- cina, in cui vendevasi lo staro di formento lire 60 , J benche assai maggiore si sperimentasse nelFltalia la penuria dei grani, ed anche il prezzo . Ridotta a total perfezione la chiesa della San- tissima Vergine del Rosario in piazza addimanda- ta la vecchia, fu. con solenne pompa e concorso di tutta la citta consagrata li j 3 agosto del i65i dal- Faccennato monsign. veseovo Marenzi. E 1’ anno seguente la Maesta Cesarea di Ferdinando III. as- segno per nuovo capitanio della nostra citta di Trieste Francesco GasparoBrennerbarone del Cra- gno . Insorti poi alcuni dispareri in materia di giu- risdizione tra esso, ed i sigg. giudiei , magistra to, e consiglio della medesima furono deputati dalla Maesta Cesarea i! co.Ernesto Federico d^erbeste* in supremo capitanodel contado di Gorizia, col sig- Girolamo de Grazia , perche esaminate, e ponde- rate le ragioni d’ ambe le parti, come commissarj a tal fine deputati, sopissero tutte le liti, ed unis- sero gli animi alla coneordia, e paee necessaria al prudente e buon governo de’popoli. Desideroso monsig. Marenzi di ridurre in forma piu moderna 1’antico altare delTImmacolata Con- eezione pošto nella Cattedrale di s. Giusto marti- re, trasferi 1’anno i653 in esso il Tabernacolo del Ss. Sacramento, che prima stava sopra F altars maggiore, per dar luogo alla fabbriga moderna di guest’altare composto di marmi fini, consagran- doli tuttiedneun’ altra volta. Non posso tralascia- re in guejto luogo di bignarmF, e tacciare la poca a?3 ponderazione di questo prelato, si sollecito del culto divino, e della spachiesa, col privarla di f( ^ un inestimabile tesoro, eh’e 1’altare delle du- piicate mense, privilegio a pocbe cbiese conces- so. Ingraudita , e ridotta in forma piu sontuosa la chiesa di san Niccolo fuori deila porta di Riborgo della venerabile confraternita de’ marinari, fu ad istanza della medesima solennemente consagrata li 14 giugno del 1654 da monsign. Marenzi . E li ia ottobre la pieta deli’ augustisšimo Ferdinando III. Itnperatore istitni il fondo d’ una messa can- tata corale ogni sabato in perpetuo al prenomina- to altare deirimmacolata Goncezione, coli’ asse- gnamento di tremila fiorini Alemanni di lire cin- que 1’uno , nel supremo Esattorato , ovvero muda della citta di Trieste; gli annui frutti dei quali sono poritualmente corrisposti al vener. capitolo , nel cui archivio si conserva a perpetua metnoria 1’istroinento pubblico della fondazione con sigillo Gesareo pendente, stipulato li i3 agosto i655 coli’ esattore di quell’ anno nella nostra citta . Seguitava ancora il capitolo di Trieste a rico noscere 1’autorita spirituale del Patriarca d’Aqui- leja, quando in qnest’anno 1655 li i3 di giugno Elia Garzaroli canonico arcidiacono con lettera datata da Tomai intimo al capitolo essere volom- ta delPImperatore, che non dovessero piu ricono- scere per giudice spirituale il Patriarca d’Aquileja sotto pena della disgrazia sovrana . Gon sommo cordoglio del eristianesimo, e della 18 TOM. HI. 2?4 corte Cesarea, assalitada vajtiolo laMaesta di Fer- I ^^4dinando IV. Re di Boemia, d’ Ungheria , e de Ro¬ mani , primogenito deli’ Imperatore Ferdinande* III. e delTinfanta Maria di Spagna , pria del ven- tesimo anno di sua eta li n luglio del 1654 rese Ranima al Greatore. Celebraronsi con gran pom- pa le sue lugubri esequie li 6 agosto dello stesso anno anche nella nostra cattedi’ale di san Giusto colFintervento del magistrate , e di quasi tutta la citta. Da un orrido e spaventoso ineendio seguito a 'j655due ore di notte il primo di gennai’o del 1 655 ri- mase incenerita la chiesa deli a Beatissima Vergi- ne Maria addimandata eomunemente la Madon- na del Mare fuori delle mnra e porta Cavaria . L’origine di tale ineendio e del tutto ignota, ne puo attribuirsi ad altro , che alla negligenza del suo custode, o sagrestano, il quale laseiasse inav- vedutarnente eadere qualche scintilla di fuoco nel- Fassettare le lampade in sito, e materia disposta, facile ad accendere il fuoco , il quale fu tanto ve- loce, che in meno di due ore ridusse in cenere tutte le ricche suppellettili di essa, con una bel- lissima ed antichissirna statua della B. V. Maria, molti anni prima dalla citta divotainente riverita, ed un cereo di smisurata grandezza, solito accen- dersi nelle feste principali delFanno, il quale cin- to da maestosa macchina , veniva portato da otto forti uotnini anche nelle proeessioni solenni delta citta . Questa chiesa era ornata con quattro inae- stosi altaid di bellissimo artifizio tutti guarniti s.n& (Toro, e sempre assistita pi-ima, e dopo 1’incen- dio, da una famosa coafraternita d’agi-icoltori, che 1 ^^ la governavano con le sue eopiose entrate. II sito d’essa, corae si scorge dalle memorie, ed antichita ritrovate nei fondamenti , rnentre 1’anno seguente i656 nuovamente fu riedificata , e ridotta in am- piezza, e forma maggiore, era stato dainostri ante" nati sino dalPanno 5 1 5 di nostra salute assegnato alla sepoltura , e cimitero de’loro defunti, che poi sempre servi a tal pio , e caritatevole ministero si¬ no ali’ abolizione della medesšma. Testimonio di cio sono le numerose arche, e tombe di pietra, ivi scoperte quell’anno. Incenerito tutto il rimanen- te deli’ accennata chiesa , rimasero in piedi le sole muraglie , ove subito adattato un onorevole al- tare, rnonsig. vescovo Marenzi, col clero, e tutta la citta il giorno seguente levarono dalla cattedra- le di s.Giusto un’altra statua della Beatissima Vergine Maria , e la portarono processionalmente alla suddetta chiesa, e riposta nei predetto altare, ivi canto la messa in pontificale, ed un Padre Gap- puccino fece la predica , esortando cutti a qualche limosina, che poi raccolta per. la citta ritrovossi Molto abbondante. Ansioso PImperatore Ferdinaudo III. di stabili- re nei trono d’Ungheria PArciduca Leopoldo suo figliuolo, congregati in Potonio i primati di quel Regno , loro espose il suo desio, dai quali eletto, ed acclamato loro Re, segui la sua coronazione li 2 7 di giugno del i655, ed alli s4 settembre del- Panno seguente i656,fu eletto Re di Boernia. 276 Abbandonata parimente quest’ anno la corte im* periale del mondo, per trasferirsi alla celeste, ed eterna, Plmperatrice Leonora la vecchia moglie del gia defanto Ferdinaado II. si celebrarono li j a agosto i suoi solenni funerali nella nostra cat- tedrale di s. Giusto . Applicati 1 ’anno 16S6 i confratelli deli’inče- nerita chiesa alla sua restaurazione, e rinovazio- ne, si seoprirono ivi diverse antichita, che sepol- te giaeevano nel terreno in quel sito, e perfezio- nata in forma piu moderna di prima, Pinfaticabi- le monsig. Marenzi con pompa solenne, allegrez- za del popolo, e concorso universale della citta la consagro. Lasciata questa mortale spoglia li 12 aprile del 1607 1 ’ augustissimo Cesare Ferdinando III., si gj^trasferi ali’ empireo a godere la corona aecumula- ta colle suC sante opere. Nacque questo piissimo Imperatore li 3 luglio del 1608 un’ora dopo la mezza notte nella citta di Graz , e fu sepolto in Vienna nella chiesa dei rever. Padri Gappuccini. Fn eglt geloso conservatore della fede cattolica , riverente adoratore delPEucaristico Sagramento e divoto difensore deli’ Immacolata Goncezioue della purissimaMadre di Dio, come la statua rap- pvesentante questo mistero, eretta di suo ordine P anno 1647 sopra colonna di metallo nella piazza di Corte, avanti la Gasa professa della Gompagnia di Gesu , lo dimostra . Grandissimi sconvolgimenti apporto al Cristia- nesimo la morte di questo Monarca insorti per la a?? moltitudine di pretendenti alla Corona Imperia- !e. Congregati finalmente i serenissimi Elettori nella citta di Francfort, elessero ai 18 luglio i658 d'unanime consenso, non ostante le gagliarde op~ l( ^ posizioni di Franeia, e Svezia , in Re de’Romani 1’ augustissimo Leopoldo Imperatore , che ai i5 del seguente mese d’agosto fu coronato Imperatore. Questi fu 1’eletto dal cielo a fabbricare le glorie del Cristianesimo sulle rovine del maornettismo , giacehe per opera delle sne armi furono vedute se- minate di cadaveri Mussulmani le campagne d’Un- gheria, rosseggiare pivi volte il Danubio ed altri suoi fiumi del sangue Turchesco^ e Tartaresco, le- vata la luna dalle rocche, e moschee di quel re- gno, ed in lor vece innalzata la Croce del Reden- tore , domati i ribelli, sconfitti i congiurati, in- somma pub liberamente dirsi che 1’orazione con- giunta colla pieta, e contidenza negli ajuti diviui di questo cleinentissinio Monarca 1’abbiano reso piu formidabile e glorioso, che Farmi stesse con- tro i suoi nemici. Assalito dalla morte ai 5 novembre 1659 il eapi-j ^5^ tano cesareo di Trieste Francesco Gasparo Bren- ner , sostitui ai 2,0 decembre la Maesta delPImpe- ratore in quel vacante pošto , e dignita il con te Niccolo Petazzo nostro concittadino. Sparsa la voce in Trieste della deliberazione fat- ta dalPaugustissimo Leopoldo di visitare personal- mente le sue provincie ereditarie, e che partito a tal fine ai 17 giugno 1660 da Vienna fosse perve-i66o 378 uuto a Graz , fu congregato subito consiglio, che ^^°elesse i signori Antonio Saurer, e Giuseppe Lo- eatelli oratori , i quali con lettere credenziali spe- diti furono a Graz per supplicare sua Maesta Česa- rea degnarsi consolare colla sua augustissima pre- senza anehe la fedelissima citta di Trieste. Ottenu- ta con affettuose dimostrazioni dali’ Imperatore 1’ udienza, aggradi Pinvito, e licenziolli, senza cer- tezza pero della bramata grazia . Monsignor Antonio Marenzi nostro vescovo di Trieste, che il mese antecedente portossi per suoi affari alla corte, ritrovandola impiegata nei prepa- ramenti delviaggio, si trasferi ai 20 giugno a Graz, ove anco ai a3 ad ora di vespero giunse sua Mae¬ sta . Si trattenne piu di 5o giorni monsig. vescovo in quella citta; fu ammesso piu volte alPudienza Gesarea del serenissimo Arciduca Leopoldo , rive- rito ed acearezzato dai ministri principali di corte, da’quali presenti Pottima inclinazione delPImpe- ratore di soddisfare colla sua presenza P ardenti hrame dei Triestini; col desiderio di vedere i con- fini deiPItalia , e curiosita del mare, Pavevano in- dotto ad arrivare a Trieste, del che pure s’accer- to , mentre nel prender congedo dal serenissimo Arciduca, questi gli disse : a rivederci a Trieste. Lasciato dunque Graz, arrivo colmo di giubilo, ed allegrezza ai a.3 agosio colla felice nuova alla pa- tria, la qual fu poi intorbidata non so se dalPanti- patia, e crepacuore d’alcuni invidiosiin vedere che la citta di Trieste non riconosca altro dominio , che la propria liberta, ne sia subordinata, e sog* 279 _ getta acl alcuna provincia, e contado , ma di capi- taniato libero rappresentante la stessa Maesta Im* 1 ^6° periale, ovvero altro motivo; mentre in esecuzio- ne de’decreti cesarei, furono spediti gli ordini al- le provincie di Carintia, Gragno , e Contado di Gorizia, acciocche si preparassero per ricevere sua Maesta Cesarea, e tralasciato Trieste . Aftlisse sommamente gli animi dei Triestini cjue- st’inaspettato avviso,che li sospese dal prepa¬ ram alle spese, e stabilire gli apparati piu proprj della Joro magnificenza, e dovuti al loro supretno Monarca. Tenevagli ancor ambigui qualche leg- giera speranza d’ essere consolati, quando la par- tenza deli’ Imperatore da Lubiana verso Gorizia, senz’altra meuzione deli’andata a Trieste, con una voce trascorsa, che la nostra citta, e per Fabi- tazione, e per 1’angustia del luogo, e per la penu- ria dei viveri era miserabile, la qual voce era ac- compagnata da altre sinistre imposture suggerite da’ cuori male affetti, rese vana ogni loro sperne. Rasserenb gli animi loro benche tardi la sospi- raia risoluzione di Cesare, la quale arrivato a Go¬ rizia fu diretta al conte capitano Niccolo Pe- tazzo, e non alla citta, contro le promesse da- te in iscritto agli oratori, che fra pochi giorni sarebbesi trasferito a Trieste . Riempi di somma consolazione i cuori di tutti si lieto avviso, e la esterna allegrezza sgombro dagli animi ogni turba- zione ,che affliggeva la citta, ridotta nelle angu- stie di si breve tempo a prepararsi. A diversi soggetti furono incontanente dispensa- z8o ti dal Magistrato gPimpieghi per provvedere il ne- I ^^°eessario, i quali con tantadiligenza e celerita adem- pirono si bene 1 ’ incarico , che in pochi giorni edm- parvero nella citta quelle provigioni, ed apparati, che altre provincie avevano consujnati due mesi a preparare; inentre 1 ’abbondanza di pane, vini nuo- vi, e vecchi, carnami d’ogni qualita, biade, fieno, comodita d’alloggiamenti, ed ogni altro bisogno, con si gran concorso di roba, che tutte le strade e piazze erano piene, senza mancanza mai non solo del necessario, ma del superfluo ancora, quantun- que oltre la corte cesarea , e quelle degli amba- sciatori, principi, e persouaggi qualificati, con- corresse moltitudine di gente da Venezia ^ Friuli, ed Istria, e che il tempo paresse congiurato in ma- re , ed in terra ad impedire le condotte : e la sicci- ta continua della primavera, estate, ed autunuo sin alParrivo delPImperatore fu si eccessiva, che in tutti i pozzi, eccettuato quello de’signori Loca- telli, manco l’acqua, la quale ancorche non per- fetta, in contingente di necessita fn assai stimata . Si allesti un nuovo e leggiadro brigantino guer- nito tutto di bandiere d^rmesiuo bianco, e rosso, e di 24 marinari per li remi , vestiti di tabino ros- so con berretle cremesi in testa, gnarnite di gale bianche e rosse, la cui poppa era ornata di vaghe istorie e pitture, coperta di broccato d’oro cremesi- 110 fodrato d’ ormesino giallo, il quale indicava Pimpresa delPaugnstissima Časa d’ Austria, collo strato coperto di tappeti persiani, e due cuscmi grandi dello stesso broccato in fine di essa, che in 2(5l Teče di soglio dovevano servire a sua Gesarea Mae- sta, sopra il quale ergevasi un’Aquila Imperiale col suo diadema dorato che in uno degli artigli impugnava la spada , e nell’altro lo seettro, ed un maestoso batticoppa del medesimo broccato, che dietro pendente veritolava, e faceva al seggio no- bilissima prospettiva. Al molo di mezzo nel porto, s’eresse un ponte coperto tutto di panno rosso, sopra il quale dove- va 1’Imperial Maesta senz’incomodo fare lo sbar- co . NelPaltro lato della piazza grande di rimpetto alla colonna dell’Aquila, fu innalzata un’altra si- mil colonna di legno alta 24 piedi, la cui base con artificiosa maestria da tutt’i lati intagliata , era so- stenuta da tre ordini di scalini in figura ottagona, sopra la quale scorgevasi rizzata la statua delfau- gustissimo Leopoldo I. armato di ferro in atto di maestoso eomando, che apportava non solo orna- mento alla piazza, ma aneora vaghezza alla vista, e oonsolazione al popolo, la quale colonna poi a perpetua memoria fn cangiata in marino bianco , e la statua in sodo bronzo, colla seguente iscri- zione. ,(*) A Leopoldo primo Augusto \enuto a visitare (*) Leopoldo Primo Augusto Tergestino Iavisenti, Statutaque s8a i Triestini, e ad approvare i patrj statuti , la gra- *^°titudine della citta divotamente eresse. Quattro giorni solamente prima delP arrivo di sua Maesta Gesarea eapito il quartier mastro di corte, ed esaminati i quartieri, elesse per 1’Irnpe- ratore, e principe di Porzia suo maggiordomo , e pritno ministro di stato il vescovato; per gli amba- sciatori straordinarj, e loro numerosa corte, che da Venezia s’aspettavano a riverire sua Maesta, la časa del conte Petazzo, con altre 38 ad essa contigue; qnella di monsignor vescovo Marenzi dietro il vescovato , per monsigor Nunzio apo- stolico Caraffa ; quella de’ signori Locatelli per F ambasciatore ordinario di Spagna marchese della Fuentes, e per F ordinario di Venezia Alvise Mo- lin quella del Rosario, ove poi fu trasferito il sa- cro monte di pieta ; quella dei signori baroni Ga¬ briele , e Niccolo Marenzi per il principe D. Anni- bale Gonzaga; quella del signor Gabriele Marenzi per il Cavallerizzo maggiore di S. M. G. conte di Detrictsteiu; quella del sign. baron Brigido peril Presidente della camera aulica conte di Sicendorfj quella del sign. baron de Fin, per il primo cancel- liere conte Gio: Giacomo di Sicendorf; quella del sign. Cristoforo Bonomo per il Presidente di guer- Patria approbanti Devote Urbis Gratitudo Eresit. 283 ra di Graz coate di Tatempoeh , e quella del sign. Giuliaui a lei contigua per monsig. arcivescovo di 1 Coloza, cancelliere d’Ungheria, e conseguente- mente chi seguiva la corte rimase a sufficienza accornodato . Insorse altra difficolta nelPalloggio della moltitudine de’cavalli, che conduceva la corte , e per 1’angustia del luogo, e siti, e piu per mancanza di foraggi.Acio pure si provvide nei conventi, cantine, ed altri luoghi con istalle coper- te di tavole, cosicche a meraviglia restarono tutti soddisfatti. Lo stesso giorno approdo a Trieste S. E. il conte Pietro Zrino cou alquante galeotte, brigan- tini, e feluche, affine di corteggiare sopra l’acque la Maesta del suo Sovrano, a cui fu assegnata la punta di Čampo Maržo, distante un breve miglio dalla citta, ove eresse diversi padiglioni riccamen- te addobbati, per abitazio,ne del suo corteggio , i quali rendevano maravigliosa vaghezza . La mattina dei 24 settembre parti 1 ’ Imperial Maesta da Gorizia, e nei confiui fu incontrata dal conte Franceseo della Torre capitano, e supre- mo comandante di Gradišča con 60© gentiluo- mini parte sudditi dello stato Imperiale, e par- te del Veneto suoi amici. Pervenuti in Gradi¬ šča ivi fermossi a desinare tutta la corte , e termi- nato il pranzo ad onta del tempo infuriato, incam- minossi verso il fiume Isonzo , il quale ingrossato da un diluvio di pioggia, preš umeva impedirgli il passo : cede finalmente il furore deli’ acque alPin- vincibil cuore diCesare,e varcato il fiume sopra 234 la barca a Segrado, segulto da quattro soli cava- j b f )ojj er j , pervenne plima d’ogni altro la sera aDuino, ove poi capito il rimanente della corte, parte la stessa sera, e parte la mattina . Al rimbombo dei cannoni si presagi in Trieste 1 ’arrivo della Mae- sta Cesarea in quella fortezza, alla cui volta spedi il Magistrato la stessa sera dei 24 il barone Alessandro de Fin soggetto di qualificati talenti a congratularsi del felice arrivo delPImperial Mae- sta, e supplicare la clemenza sua compiacersi di onorare la nostra citta col transito da quel luogo a Trieste nel brigantino a tal effetto preparalo, e ricevere anche gli ordini dalla corte stimati piii proprj pel riceviraento del loro Sovrano. Quan- tunque non accettasse allora 1’ olterta del brigan¬ tino, per la parola data in Graz al conte Zrino di valersi de’ saoi legni in tal funzione , aggradi non- dimeno F affettuoso invito de’ suoi sudditi, colla riserva di valersi di quello in Trieste per le ricrea- zioni delle pesche, non permettendo pereio il ba¬ rone de Fin a qualunqne soggetto il suo ingresso, per non adaitarsi il transito ad altri sopra quel legno , che dalla propria citta fu preparato per trono delPImperial Maesta sopra il mare . La mattina dei 2 5 approdo il brigantino inviato dal Magistrato, accompagnato da molti altri par- ticolari soggetti della citta, con una tartana Geno- vese, una rnarciliana, ed altre 4® barche artilicio- samente formate , che unite insierne componevano sebben piccola altrettanto piu giuliva armata na¬ vale . Al le vare del sole arrivati sottoDuino, con 285 einque Salve reali di dodeei tiri di cannoni, e pe- triere, riverirono la Maesta Cesarea_, la quale con 1 ^ 0 tutta la corte ammirava con diletto il bordeggiare della tartana contro vento, come cosa delle piu. curiose, e stupende, cbe l’arte del navigare possa rappresentare alla vista, mentre il vento contra- rio le impediva 1’accesso . Fosse ad arte, o a caso, si sparse farna, che alterato il mare dallo scirocco , il viaggio sarebbe per terra ; percio šaliti i paggi e parte della eorte sopra i brigantini , e barche , partirono tutti per anticipare il tempo, eccettuato quello della citta, quelli del conteZrino, e quel- lo del sign. Giuseppe Locatello. Calmate finalmen- te Fonde, e fini to il pranzo fu intimata alFimprov- viso la partenza , e salito F Imperatore con altri soggetti principali di corte sopra uno del Zrino, il rimanente ripartiti negli altri, eccettuato quello della citta, che per gli accennati motivi anda\*a vuoto, si preše il cammino verso Trieste, stando nel mezzo quello di sna Maesta, alla destra una fusta del Zriuo, ed alla sinistra il brigantino della citta, e quello del Locatello per poppa. Altri che partirono la mattina per Trieste, sbarcate le genti ritornarono con celerita accompagnati da nutnero- se barche, e peote, e massiine daila tartana ad in- contrare la Maesta sua, ed iusieme uniti. al suon di trombe, che interrotto dal mormorio delFacque rendeva piu gustosa F armonia, proseguirono 1’in- trapreso cammino. Pervenuti cinque miglia distanti dalla citta, la cristiana divozione rnosse Gesare alla venerazione aS 6 del la Beatissima Vergine di Grignano, e fatte a ta* i66oje effetto aceostare le barche a terra, fu ricevuto alla marina eolla bandiera , gonfalone, e campa- nella dai Padri Conventuali di s.Francesco, che assistevano a quella chiesa, ove anche eoncorse dalle vicine vigne con segni di grandissimo giubilo innumerabile stuolo di contadini a vedete il suo Principe; e šalita a piedi la collinetta , dopo rive- rita quella gloriosa Immagine, si trasferi al con- vento, ove fermato una buon’ ora, assaggib 1’ uve di quelle vigne coltivate alla rrdice del monte Pu- cino, tanto celebrato dagPistorici, ove si raccoglie il delicato vino addimandato Proseceo . Mentre di- vertivasi della vista d’ alcnni delfini, cbenel mare guizzavano , il Padre Guardiano gli preparo una sedia ordinaria , con sopra un cuscino della chjesa, il quale osservato dali’ augustissimo Leopoldo col- la croce nel mezzo, con non mai abbastanza com- inendabile zelo rivolto al Padre Guardiano gli dis- se: = Questo cuscino e deli’altare, levatelo, cbe non conviene a Prencipe terreno valersi per sno comodo della suppellettile assegnata al servizio di Dio =Documento non men singolare, che d^sem- pio alle maggiori sublimita delle umane grandezze in praticare la virtuosa eecellenza delPumilta, e riverenza alle cose ancorche minime consaarate al culto divino . A causa della divozione del sabbato, solito sempre astenersi ad onore della Ss. Vergine dal vino , ricuso il gustarne di quei preziosi a sna Maesta offerti , col bere in loro vece dell , acqua . Scese poi alla marina, ed imbareatosi, si prose- a8? gui nella disposizione di prima il viaggio . Allo spuntare della punta di Grignano comparve la eit- l( ^ G ta tutta potnposa, mentre percossa dai raggi solari, s’ offri alla vista del suo Signore non meno illurni- nata dal sole, che dalla sua incontaminata fedelta, oltre tre secoli conservata verso 1’ augustissima Gasa d’ Austria. II giubilo e la straordinaria alle- grezza che riempi il cuore di tutti furono espressi dal continuo sparo de’ cannoni, ehe duro sino allo sbarco. Stavano schierate con buona ordinanza al Mol o grande sul Mandracchio le milizie della citta, alla cui testa era il capitano Baldassarre Giuliani col suo tenente Vital deli’Argento, i quali ali’ uso militare riverirono nel transito sua Maesta, clie arrivato al pontea tal line preparato nel Molo di mezzo il porto, fu incontrata, e ricevutada monsig. Nunzio, ed Ambasciatore di Venezia, e salito a cavallo inviossi verso la _porta, ove il inagistrato accompagnato da numerosa nobilta 1’ aspettava. Quivi in un bacile d’ argento gli presento le chia- vi della citta, accompagnate Con riverenti espres- sioni deli’ onore ad essa cornpartito, e congratula- zione del suo felice arrivo, offerendogli con quelF esterna dirnostrazione le chiavi non delle mura, c h’ essi custodivano con le proprie vite contro ogni ostil insulto per sua Maesta, ma dei proprj cuori, supplicandola degnarsi di maggiormente stabiliie 4 la stessa dignita con assistenza degli Araldi nei lo- i66o ro paludamenti, ed abiti araldici, e del conte Kon- nigsech, il quale suppli alla carica di maresciallo di eorte in assenza del proprio . La moltitudine di forastieri nobili, e plebei clie da tatteleparticoncorsero in questo tempo aTrie- ste, fu si numerosa, cbe la sua piazza rappresen- tava un vaghissimo teatro di principi, cavalieri, e nobili, con tale abbondanza di \iveri, e como- dita d’alloggi, senza mancare, anzi acereseere ogni giorno la copia delle vettovaglie necessarie di qualsivoglia sorte, cbe rese meravigiia a tutti, quantunque il concorso fosse grandissimo . II credersi comunemente, obe 1’ augusto Im- peratore trasferendosi al porto si coinpiacesse di trastullarsi sopra le galere in mare, riusci vano , inentre ricuso 1’invito, come fece alP esibizione deli’ ainbasciatore Molino , in volerlo servire da Duino a Trieste con Je medesime. Molti cavalieri e dame di eorte concorsero pero a veuerle, i quali tutti furono regalati con isplendidezza di rinfre- sebi, confetture diverse , ed altre galanterie de- gne della magnanimita e splendore di quelP eccel- lenze . La vaghezza poi. e inagnificenza di esse ga¬ lere negPintagli curiosi delle poppe, tutte dorate, con baleonate di finissimo cristallo, ricoperte di tabino rosso tessuto a florami d’oro , fodrato d'or- mesino pure rosso, ed il piano tutto rieoperto con panni di seta, lo stendardo grande, ed altre banderuole dello stesso tabino^, con la ciurma tut- ta ben vestita, rendevasi cosi mirabile, »he la me- 3o5 raviglia rapiva I’ intelletto a contemplarle. In que!la del capitano di golfo v’era una sedia d’ine- a ^^° stimablle valore preparata per sna Maesta , vaga- mente fabbricata d’ ebano striseiato d’avorio_, co- pei ta di panno d’oro frammezzato d’argento, guer- ibla tufta di frange d’oro con dne atjuile d’ argen- to nella sommita. Si cornpiacque la Maesta sua sul tardi di vede- re au’altra volta la pescagione delle tratte , e per- che le galere non erano aneor partite, ricuso 1’im— barco de’ brigantini, onde salito a cavallo, per ter- ra si trasferi sotto Belvedere a rimirare la pešca ; concorsei’o a quella parte i brigantini, con molte barche cariche di cavalieri e gentiluomini per cor- teggiare, e servire il loro Sovrano, il quale men- tre dilettavasi in rimirare la diversita de’pesci, ed altre produzionimarittime, gli ambasciatori Veneti imbarcati sopra le galere, prima d’inoltrarsi nel cammino , girandosi con grazioso moto verso qnel sito, dopo fatta una salva reale di tutte le artiglie- rie con palla, diedero felicemente le vele al ven- to, e secondati da prospera voga, sparirono in un baleno dalla vista. Ritornata la M. S. al proprio alloggio, s’allestl la corte alla partenza della mattina , cbe fu 1’otta- vo giorno del suo arrivo. Salito 1’ augustissimo Leopoldo per tempo a cavallo, corteggiato da tutti i grandi di corte, e dali’ambasciatore di Spagria , che giunse il giorno antecedente daVenezia, s’ ineammino verso Lipiza , laogo assegnato alla razza de’ cavalli carsolini, ove stava preparato il TOM. III. 20 3o6 desinare. Le strade tutte di Riborgo sino alla cbie- T 66c sa jj Sf Catterina erano schierate dai principali gentiluomini, e cittadini, afflitti, e sconsolati del- la partenza di quel Monarca, che apporto loro tanta consolazione , ed allegrezza col suo arrivo, mostrando in somma non sapersi allontanare da quella Maesta, che tanto cordialmente amavano , e riverivano . 11 Magistrato, e nobilta, cbe per fare gli ultimi complimenti, e ringraziamenti era¬ no restati addietro , s’ avanzarono nuovamente fuori della porta della citta, vicino alla suddetta chiesa, ad augurargli un’ altra volta anche nel cammino il felice viaggio . Arrivata la maesta del- 1’Imperatore in quel pošto, ferrno il eavallo , ed il Magistrato con parole espressive d’ un cordiale , e verace affetto accompagnate dalle lagrime,cl!S impedivano la voce, replicolle gli augurj d’un fe¬ lice viaggio, e con ogni cordiale , e piu intima svisceratezza .le implorarono dalla Divina Maesta tutte quelle benedizioni, e prosperita, che puo pregare, e sa de.siderare 1’ animo sincero d’un vas- sallo piu riverente, ed osservante che trovare si possa. Aggradi talmente S. C. M. quest’atto, che stese nuovamente la rnano al bacio, eavalcando pian piano, per compartire ad ognuno quest’onore, non isdegnandosi di piegarsi, e porgerla anche ai pin infimi, e piccoli: e con parole poi di espressivo affetto disse , che tutto questo pubblico, e signori del Magistrato restassero di buon animo, poiche sempre sarebbero conservati nella sua grazia, coa Sto <1 particolar tnemoria di questa citta, come a’snoi tempi avrebbero sperimentati piii evidenti effetti , J b6o Espressione, cbe raddolci in parte il cordoglio del- la partenza , restando consolatisšimi con tal segno d’amore. Rivolto poi alPambasciatore di Spagna ivipresente, con giubilo esuberante del suo cuo- re, interrogollo qual concetto facesse della svi* scerata divozione, e fedelta di questi snoi sud- diti? Elogio cbe sempre dovra restare impresso , e inai cancellarsi dai cuori dei veri successori di cbi meritevolmente ba ottenuto dalPimperial boc- ca si memorabile, e glorioso encomio p er i Trie* stini, Giunto a Lipiza, si trattenne due ore in riguar- dare attentamente ciascnno de’cavalli, puledri, e eavalle di quella razza , con i libri ove erano regi- strati j per il grafit concetto, che S. M, teneva del* la generosita, ed esperimentata bravura di quei cavalli preferita da lei a tutte le altre del suo Im* pero, per non diredel mondo. Terminato il desina* re, prosegui il suo viaggio verso il solito soggiorno di Vienna, La qui narrata relazione della venuta delPau- gustissitno Imperatore Leopoldo aTrieste, fu e- stratta da me dalla descrizione degli applausi fe* stivi composta da Vital deli’ Argento stampata in Udine 1’ annoi66i,e da un altro manoscritto che piu diffusarnente la rappresentava , col trala* sciare molte singolarita, per non apportar tedio a chi legge. Trascorsi due anni dopo vedute le glorie , ed 3 oS uditi gli applausi, eelebrati nelSa propria citta di Trieste al suo nativo Principe e signore, carico d’anni, e colino di meriti 1’ auuo 1662, ii 12 d’ ot- tobre monsig. vescovo Mareuzi, qual altro attem- pato Simeone , abbandonato il mondo , si trasferi alPempireo per ivi godere e.teruameute Je giorie del vero Signore. Fu sepolto il suo cadavere al la¬ to del Vangeio nel coro della eattedrale. II serenissimo Ai'ciduca Leopoldo Willelmo vi- ce-re delle Fiandre vescovo di Possonio, ed Olmiz, di cui fu vicario generale spirituale nell’ arrnate iu campagna, dopo 21 giorno, lasciando 1’ umane spoglie io segui alFaltra vita . Imperatove Pontefice 1 ifc o 5 Leopoldo I. " Alessajvdko VII. i 6 fi 3 77 FRANCESCO III. MASSIMILIANO VAO GANO ottenne dali’ augustissimo Imperatore, a preferenza di molti altri soggetti che concorsero alla corte, il vescovato di Trieste . Era allor vesco¬ vo di Pedena, sulfraganeo, e vicario generale del vescovo e principe di Lubiana, ed ottenuta da Ro¬ ma la conferma, e le bolle preše solennemente pos- sesso in quest’ anno . NelFauno medesirno fu eletto S. Antonio di Pa¬ dova tra i protettori della citta di Trieste . Li i 3 di giugno, giorno della sua festa, nella Chiesa de’ Pa- dri Gon ventuali, chiamata ora volgarmeute di S- Antonio Vecchio, oltre li vesperi, messa solenne > e panegirico, facevasi il dopo pranzo laprocessione ! 3 oq por la citta. Fg amioverato a neb e tra i proteltori S. Francesco Saverio. Promosso Farmo 16641! conte Niecolo Petnz- zo dal capitaniato di Trieste a quello diGorizia, 1 sopraggiunto da indisposizioni, che gFimpedirono i! viaggio, non pote parimente prendere il pos- sesso delFottemita dignita, mentre !i 29 di de¬ cembre dello stesso anno, preoccupato dalla morte preše in sua vere que!!o della sepoltura nellaChie- sa de’ Rev. Padri Gesuiti a piedi delF Altare di S. Francesco Saverio fatta sontuosamente fabbricare dalla contessa Bcatrice sna moglie . Per la eni morte successe ne! capitaniato di Trieste il barone Gio: Giacomo Rannoch nativo di Siler Taber nella Piuka,di n obit c, ed antichissima famiglia arrolata fra le Provincie del Cragno . O Ottenncsi la celebrazione della festa delFImma- colata Concezione con obbligo di voto , ed osser- vanza di digiuno la sna vigilia da solennizzarsi an- nualmente colFofficio e messa di doppio di $econ- da classe, ed ottava da tutti gli Ecclesiastici rego- lari, eseoolari degli Stati ereditarj con ispecial Bre- ve, e privilegio d’ Alessandro VII. Sommo Ponteb- ce dali’ augustissimo Iniperatore Leopoldo in me- moria deli’ir.sigrie vittoria riportata dalle sue ar¬ ini Irnperiali al fitune Rab in Urigheria contro il forinidabile Esercito Tarchesco, per la quale ?e- gni lo stabilimento della pace f.a sna Maesta Ce°a- rea, e Mahomet IV. gran signore de 5 Tnrchi , aa- tenticata con solenne ambasciata . Ma infedele il Tarčo , violando !a promessa, ruppe la stabilita 3io pace di zo anni, quando il i 633 , con piu di tre- ^^ 4 cen to mila uomini s’ accinse ali’ assedio di Vienna come vedrerno . Qual grazia,e privilegio d’ordi- ne di sua Cesarea Maesta venne subito intimato alle provincie , e citta soggette ali’ augustissima Časa d’ Austria, e pervenuto quest’anno a Trieste fu proposto , ed accettato in pubblico consiglio . Morto il mesedi febbraro del 1666. il baron Rau* noch capitano di Trieste, fu conferita dallTmpe- rial Maesta quella carica al conte Carlo della Tor- re del Frinli, il qual poehi mesi dopo promosso al capitaniato di Gorizia, gli successe quest’anno il mese di decembre nel nostro di Trieste il baron Vineenzo Coronino Goriziano. Alli 12 del qual mese il nostro augustissimo Leopoldo celebro so- lennissimo sposalizio coli’ Infanta Margarrta di Spagna sua nipote. Spinta la nostra citta di Trieste da special di- vozione verso il miracoloso S. Antonio di Padova, 6g^ con g r ^gb b 1 5 di giugno del 1667 1111 universal consiglio, coli’ intervento di monsig. Vescovo, suo capitolo de’canonici, magistrato, nobilta, e citta- dinanza tntta, nel quale con applauso universale di tutti, fu eletto protettore della citta, ed aggiun- to agli altri cirnjue Santi martiri, che nei tempi andati si veneravano in Trieste, quai cittadini pro- prj čol titolo di protettori: il cui patrocinio alli 29 deilo stesso mese si celebro nella Chiesa di San Francesco fuori della porta di Cavana coli’ inter¬ vento di tutta la citta,, che dalla Gattedrale con solenne processione concorse alia stessa Chiesa. 3 x r Nel medesimo consiglio s’ elesse parimente per protettore della citta anche s. Francesco Saverio 1 ^? delta Compagnia di Gesu, ed aggiunto agli altri , che insieme formano un settenario. Grand’allegrezza apporto la naseita diFerdinan- do Giuseppe Veneeslao Arciduea d’Austria figlio del gran Leopoldo, e deli' accennata Infanta Mar- garita , e seguita quest’anno li 17 di settembre con giubilo universale d’ordine delTeccelso reggi- mento di Graz alli 17 d’ottobre fu solennizzata in tutta laDiocesidiTrieste; ma eangiossi prestoin amaro pianto, mentre li 1 3 tli gennaro deli’anno seguente j 668 giunse in Trieste Tamara nuova della sua morte . 1668 Partito monsig. Ottone Reihaldo d’ Andrimont da Praga, affine d’ esser consagrato veseovo eletto di Neocesarea, e suftraganeo di Praga da monsig. Vaccano nostro veseovo di Trieste arrivo qui li 18 giugnodel 1670. Laconsagrazione assistita da mon- signor Francesco Ženo veseovo di Gapodistria, e 1 ^? 0 da monsig. Nicolo Galdana veseovo di Parenzo, se- gui il giorno della festa de’ Santi Apostoli, e Prin¬ cipi della Ghiesa Pietro, e Paolo con nuineroso concorso di nobilta, e popolo . II barone Giuseppe BoriMilanese accompagnato dal cappellano di monsig. Nunzio di Vienna, e do- dici moschettieri, giunse li 19 di luglio quest'an¬ no in Trieste, e condotto in vescovato, dopo aver cenato con monsig. Vaccano, fu accompagnato in castello. II giorno seguente ritorno apranzo, e cena collo stesso, dopo la quale fu ricondotto nuova- 3 I 2 merite alla fortezza, ove giorno,- e tiotte era ctuto- ^ 7 °dito da sei soldati. Fu visitato dopO tre giorrti dal conte Fraacesco della Torre capitano di Gradi¬ šča, e suo condiscepolo nel coliegio Romano, e pot dal conte Raimondo suo fratello,dal conte Ben" venuto Petazzi, e suaunoglie, dalla contessa Bea- trice Petazzi, e sne figlie con tutta la nobilta di Trieste, spinti dalla lama sparsa del suo n orne , edottrina, ni en tre oitre 1’ essere insigne teolo- go, astronomo, medico, chimico con pochi pari al inondo, era ditratto si affabile, e manieroso, c'ne rapiva i cuori non solo di chigli parlava, ma an.che di cbi lomirava. Scoperto sotio Alessandro VIL rnacchiato d’eresia, gli conveune fuggire inGerma- nia, i' qual colpo aftlisse talinente i suoi genitori, cbe oppressi dal dolore nel corso di oito giorni la- sciarono la vita. Si trattenne qualche tempo in corte del serenissimo Arciduca d’Inspruch, ma rigercato dal Sornmo Pontefice, col farlo fuggire , risposech’ era partito da^uoi Stati. Ricoveratosi in Danimar- ca i v i dimoro alquanti anni presso quel re, per ia cui morte essendogli la regina contraria, parti da quel regoo per andare in Egitto; giunto in Mora- via , iv i lat to prigione, e levategli le scritfure con la polvere di far 1 ’ oro fu condotto a Vienna, ove lo spogliarono ancora delForo, e derrari che aveva; indi inviato a Trieste, quivi fu rit,enuto siuo alli 27 dello stesso niese, nel qual giorno con 40 ino- schettie.ri di guardia, condotto alle Saline di Zaule nei confini dello Stato Veneto , si consegno al cap- pellano di monsig. Nunzio di Venezia, che in una 313 fusta armata da 40 Soldati 1’aspettava in quel luo. go . Apnena imbnrcato in essa, si trovo cirito le mani , piedi, ed il traverso con grosse caiene di ferro . Pervenuto a Roma, ritrovo rirnessa la sen- tenza di morte ad istanza deli’ Imperatore, ed in saa vece condannato a perpetua carcere nel ca- stello s. Angelo dopo abjurata 1’eresia pubblica- mente nella cbiesa di s. Pietro. Tal nuova da Ro¬ ma alii 24 di sgosto giunse a Trieste. La mattina delli 3i pure d’ agosto rnonsign. ve- scovo Vaccano consagro 1’ altare di san Fraacesco Saverio, fatto fabbrieare a spese del conte Nic- eolo Petazzo cavaliere della ebiave d’ ero , ca- pitanio della fortezza, e cittadino di Trieste nella cbiesa de’reverendi padri Gesuiti., ove processio- nalmente accompaguato da tutte le religioni , e confraternite, e concorso universale della citta fu portato il suo gonfalone, per 1’elezioue seguita in consiglio di protettore della nostra citta di Trieste, eome gia accennammo. Avvicinatosi 1’ultimo periodo dei giorni di mons. Vaccano, assalito egli dalla febbre , fu obbligato cinque giorni al letto, Tultimo dei quali circa le quattr’ ore dopo pranzo, sopraggiunto da accidents apopletico , li i5 d’agosto del 1672 giorno de- dicato alla gloriosa Assunzione della Regina degli Angeli dovette abbandonare il mondo,e trasfe- rirsi alFernpireo, per solennizzare con quei beati cori la sua festa . Il suo corpo fu sepolto in mezzo il coro della cattedrale di s. Giusto , sopra la cui 1670 1673 3 j 4 sepoltura la contessa Anna Giulia Simosieh sua °sorella fece scolpire quest’epitafio . v (*) A Dio Ottimo Massimo AlPillustr., e rever. signor monsign. Francesco Massimiliano Vaccano, veseovo, e conteTriesti- no, signor di Pas , consigliere ec. della sacra Ce- sarea Maesta, F afflittissima sorella contessa An- na Giulia fece porre quest’epitafio. Mori li i5 ago- sto l’anno 1672. Le doti naturali, ed i talenti che adornavano que- sto prelato, 1’innalzarono al vescovato di Pedena, poi di Trieste, ed a rnolt’altre dignita, ed onori , fra’ quali tre volte dalla Cesarea Maesta fu asse- gnato presidente nelle pubbliche diete della pro- vincia del Gragno, laqual provincia piu e piu vol¬ te lo decoro anche del titolo di deputato. Spinto dalla sua generosita applicossi alla rinnovazione , ed abbellimento del vescovato di Trieste, coli’ ag- giungere alla fabbrica antica nuove stanze, una galleria, e buona parte del giardino. Accrebbe pa- C) D. O. M. Illustr., et Rev. D. D. Francisco Maximiliano Vaccano Episcopo et Comiti Tergestino Dom. a S. Pas. Consiliario ec. Anna Julia Comitissa Maestissima Soror Poni curavit. Obiit XV. August. Ann. M.DC.LXXII. 31 5 rimenti le pensioni .vescovili, riacquisto aicuni fondi di saline feudali in Servola^ clTerano smem- 1 brate; e non rieusoltlcuna fatica, quando 1’aumen- tare il suo decoro lo ricercasse. Testimonj veridi- ci di cio sono le dne visite generali della diocesi , la consagrazione di tre vescovi, cioe di monsignor Giovanni Smolianovich vescovo di Segna, ed am- ministratore di Modrusa; del gia accennato Andri- mont, e di monsig. Giuseppe Rebata , vescovo, e principe di Lubiana, con altre opere insigni. Imperatore Leopoldo I. Pontefice Clemente X. 78 GIAGOMO II. FERDINANDO GORIZUTI Goriziano sostituito dalFimperiale Maesta al de- funto monsig. Vaccano nel vescovato di Trieste li 12 decembre di quest’istesso anno, attuale limosi- niere cesareo, e parroco della corte imperiale , il quale ottenuta li 3o gennaro deli’ anno seguente j 673 la confenna da Clemente X. sommo Pontefi-j ce , fu consagrato in Vienna li 28 di maggio , ed il primo di settembre fece il suo solenne ingresso in Trieste , e poco dopo nella villa di Servola consa- gro la chiesa di s. Lorenzo martire . Perfezionata in Venezia la statua di bronzo del- 1’augastissimo Imperatore Leopoldo, che costo 260 scudi, fu solennemente innalzata nel mese di aprile sopra la gia aecennata colonna in piazza grande, col canto in mušica del Te-Deum, e la Messa de Trinitate , la qual funzione avrebbero 316 anchs aecompagnata molti spari di cannoni , e d fu 1’undecimo di otto- bre di quest’anno solennemente consagrata da ltioa monsignor Gorizuti nostro vescovo, colPassisten- za di Don Cristoforo Jurco vicario generale , Don Antonio Giuliani decano j il quale anco canto la Messa, Don Annibale Giuliani, e Don Pietro Ba- jardi tutti canonici della cattedrale, e concorso grandissimo di tutta la citta, e luoghi circonvici- ni. DeploJabile spettacolo,chefeceatterrire escon- volgere tutta la citta , segui il quarantesimo gior- no dopo la suddetta consagrazione, mentre tre ore dopo la mezza notte dei 20 novembre del medesi- ino anno, alcune faville del camino, che serviva al torchio del collegio, spinte dal ven to in un bu¬ čo sopra il tetto di essa chiesa, accesero nelle tra- vate il fuoco con tal furia, e spaventoso incen- dio , cbe assomigliava un mOngibello , dal quale resto incenerito tutto il tetto della cappella mag- giore con quello della cupola ; non senza pericolo d’ abbruciarsi anclie mezza la citta per la veemen- za della borea che spingeva le fiamme a lei con- tigue, ed i tizzoni accesi oltre la chiesa demanti Martiri assai distante, con timore grandissimo dei circonvicini,che atterriti dal fuoco vuotavano le ča¬ se situateversoCavana,trasferendo lemigliori sup- pellettili verso Riborgo, parte fuori di pericolo e sopravvento. Non successe per grazia del Signore altro danno fuori delPhccennato, mentre 1’altezza della chiesa ritenne sempre la fiammain alto, ben- che non fu mai possibile estinguere il fuoco sinehe ritrovp materi a da consumare * Concorse tutta 1* 3*4 citta, divisa parte in ismorzare il fuoco della chie- ^^ a sa, che duro 4 ore in circa, e parte in difesa delle čase cdn acqua sopra i tetti: osservandosi chemol- ti de’convicini per mancanza d’acqua_, e cornodo maggiore degli ajutanti, vuotarono le botti ne^ini, accioeche il vino servisse invece di acqua . In sollievo delTarme cesaree, che dalla corte si preparavano contro il Tnreo , concorse la nostra citta diTriesteneH’anno i683, ed anclie nel seguen- te con grossa so m m a di danaro sborsato parte dal pubblico, e parte raccolto dagli ecclesiastiei , ed altri privati; e per implorare il divino ajuto al- la Cristianita contro il comune nemico, si espo- se 1’ ottavo di luglio pubblicamente il Santis- simo Sagrarnento nella chiesa di san Rocco in piazza grande, ove nel fine della Messa solen- ne si canto il Te-Deum in rendimento di gra- zie per la liberazione della peste nel Contado di Gorizia , e passati sette giorni, si pubblico anche 1’apertura de’ passi con la cotnunicazione di tutte le parti anche della Repubblica diVenezia, col- 1’adito alli commercj, e transito libero ad ogni uno . * Levantera si orribile e fiera insorsegli undici del- lo stesso raese, che apporto grandissimi danni nel territorio, speeialmente nella collina di san Vito , ove delle quattro parti deli’uva, tre si videro ab- battute in terra , ed il formento gia tagliato tutto disperso per le carnpagne . Nei Carsi cagiono pari- inente gran rovine strappando dalle radici molte 3*5 froVeri, e noči grandissime, ed altre piante con danno notabile de’frutti. L’armo seguente 1684 principih con freddo si ri- 1 ^^ gido, ed eccessivo j che a rnemoria anche de vec- chi, uno simile non fu mai sperimentato in Trie- ste, mentre li 19 gennaro spalancate le furie della borea, si fe seQz’alcun intervallo aspramente sen- tire sino alli 4 di maržo * in cui una quantita grandissima di neve, agitata in aria dal vento ea- deva minuta simile alla farina in terra, ed accreb- be il freddo a tanto eccesso , cl>e il suo rigore levo la vita ad un uomo a pie’del inonte di Starebrech, il quale infortunio successe anche a tre padli Cap^ puccini in viaggio, ed a cinque persone ritrovate mortein unabareavicinoaLovrana,con molti altri in diverse parti. Ne abbastanza si puo qui espri- mere la sua rigidezza, se non col dire, che anco con le scarpe ferrate d’uncini di ferro appena po- tevasi camminare per le strade < Quest’anno pure annoverato da famosi scrittori fra’ piu celebri di molti secoli Mustafa Chara gran Visire di Maometto IV. Signor de’Turcbi, s’accin- se li i 3 di luglio con formidabile esercito di quat- trocento mille Mussulmani albespugnazione della regia metropoli delFAustria, tormentandola pel cor- so di 62 giorni continui con migliaja di cannona- te, bombe e granate, cosicehe le rovine de’palaZzi cesarei, giardini particolari, ed altri pomposi edi-* ficj la deformarono sifattamente, che anche le fece- to mutar sembiante . La vigorosa difesa pero degli assediati, benchb con perdita d’ ufficiali, e corag- 3a6 giosi soldati degni di essere encomiati per le in- ^^Hdefesse fatiche , continue vigilanze , prudenti or- dinazioni di supremi comandaati, e moltiplicati lavori di trinciere, palizzate, parapetti, ed altro* rese finalmente vane le concepite speranze, re¬ pi ical; e minacce del barbaro trače, e furia erudele de’suoi seguaci. Mentre dopo un’estrema resisten- za li ia di settembre, median te 1’ intercesaione della Gloriosissima Vergine Maria, e de’ Santi pro- tettori, e suoi tutelari si vide la citta di Vienna li- berata dal loro furore , con esterminio totale del formidabile esercito Ottomano, e perdita di tutta 1’artiglieria, e bagaglio, vittoria che apporto a tut¬ ta la Cristianita somma allegrezza , e contento, a motive di stabilire la sagra lega fra la Ghiesa, P Imperatore, e la Repubblica Veneta contro Parmi Turehescbe. Edificata guesPanno per sicurezza del porto, e Sna difesa contro il vento borea la muraglia che dalla torre delle beccherie s’estendeva sin al molo detto della Bandiera, con altre fabbriche di log- gie j e magazzini a lei contigui, s’eresse Pingiun- ta iscrizione sopra la porta cfre conduce alle sa- line. = (*) Dai fondamenti eretta sotto Pillustr. sig. Gio: Filippo Cobenzel , conte del sagro Ropiano C) A fundamentis erecta Sub Illustr. Jo: Pliilippo Cobenzel 3*7 Impero, consigl.., e ciamberl. diS.M.C. vigilantis- simo capitanio di Trieste, sotto li giudici, e retto -^4 ri Gio: Giacomo d' J Alberis dottore in ambe le leg- gi } Lodovico Wosserman, Pietro Jurco dottore in ambe le leggi. Del regime di maggio 1684- = Fabbricossi parimente quest’anno 1 ’altar mag- giore della chiesa del Rosario col suo Tabernacolo di marmi fini, in cui si spesero ducati mille tre- cento Veneti. Nello scavare una fossa nell’ antica chiesa di s. Martino vescovo^ molte volte descrit- ta in quest’Istoria, d’ordine di D. Scolastica Jurco Abbadessa del monastero di s. Benedetto , per riporre Certa calce da servirsi nella fabbrica del lioviziato , ed abitazione delle dozzinanti, si scuo- pri la vigilia del Santo Natale un’arca di pie- tra, la qual dimostra la nostra eitta di Trieste es- sere un deposito, ed arsenale copioso d’ antiehi- ta. Quest’anno 1686 e memorabile non solo all’Un-^86 gheria,ma a tutta la Cristianita ancora, per la S. R. I. Com. ec. S. C. M. Consiliario Cubiculari.o Ejus vigilantissimo Capitaneo Tergesti Judicibus, efc Rectoribus Jo: Jacobo ab Alberis J. U. D. Ludovico Wossermano Petro Jurco J. U. D. De Regimine Maii 1684. 3a8 espugnazione fatta dalParme del nostro invittisslf , e potentissimo Imperatore Leopoldo sempre augusto, di-Buda gran dominante di quel regno t dopo una tirannica schiavitu da lei sofiferta per il corso d’anni 145 sotto POttomana Potenza . L’al- legrezze per tal vittoria fatte in tutta PEuropa fu- rono indieibili, e crebbero poscia eon la preša di Simontorna, Segedino, Cinquechiese, Siclos, Bar¬ da, e molPaltre fortezze deli’Ungheria, e spe- cialmente per 1’incendiodel famoso ponted’Eseeh, fatto fabbricare Panno 1066 da Solimano gran Si- gnor de’Turchi nel corso di dieci giorni eoIPitn- piego di a5 mille operaj sopra le paludi situate fra li due rami del fiume Dracco, la oni lnnghez- za s’estende 8565passi.,elargliezza 17 cornposto di grossa tavolatura, e eustodito dalPuno ed alt.ro canto da due gran fbrtini, solo per espugnare la fortezza diSighet, sotto laqualepria di vederda re¬ sa , dove cedere Pumane spoglie alla, morte. E s sen d a la camera delPudienza, ovvero stufa del comune, in cui s’agitano le cause civili, e eri- minali, eretta sopra travi sin dalPanno 1426, per la sna antichita, che minacciava rovina si rinovb quest’anno dal pubblico sopra cospicuo arco di pietra biancacon ispesa di ducati mil le cinajuecen- to. AlParrivo d’annunzio si felice , e memoria di tal segnalata vittoria, fu eretta sopra Paccennato arco verso la piazza la qui ingiunta iserizione A Leopoldo sempre augusto. il trionfo; ali’in- tegerimo prefekt©., la gloria; alla fedelissima cit- Big ta, il decoro; ai posten , la memoria dei nemici; Parco da Buda preša, il Senato, e popolo Trie- stino, pose (*). s= Spediti da Trieste li j6 di febbraro del 1687 verso Lubiana, quaranta carri di polvere, per ser-jgg^ vizio deli’ armata imperiale in Ungheria, dieciset- te che rimasero addietro nella villa di Divazza fu- rono incendiati senza sapersi Porigine due ore avanti giorno, che dal fuoco resto incenerita la villa, e diverse persone estinte. Approdate anche ai 24 di maggio a Cittanova ia Istria due fuste Turcbesche, dopo saccheggiata la citta, entrarono queibai’bari nella chiesa, ove get- tato il Santissimointerra,e con disprezziingiuriosi (*) Leopoldo Semper Augusto Triumphus Integerrirao Praefecto Gloria Fidelissimae Givitati Decus Posteris Monimeutum Ex Hostibus Arcus A Buda Capta S. P. Q. T. P. 33o profanarti i Crocifissi, ed altre Immagini, alla fine 1 687ritornati alle lor fuste , condussero seco fra picco- li e grandi 40 schiavi, tra’quali ll podesta, la mo- glie, e cinque figliuoli, con le robe piu. preziose , che poterono avere. II vescovo, che il giorno an- tecedente, parti per cresimare aParenzo, fuggi Pinfortunio verarnente inaudito a molti secoli , che barbari, e sirnil canaglia, penetrassero tan- t’oltre nel golfo . II motiv o di tal venuta, come rifeiirono due di loro , i qnali nel saccheggiare le čase , traboceati dal pavimento riraasero storpiati in terra, era di svaligiare Pirano, condotti da certo Vatta Piranese rinegato, affine di vendiearsi de’ suoi nemici, ma impedita dalla borea 1 ’ andata di Pirano, eonchiusero di sbarcare in Cittanova . Due giorni dopo tal accidente arrivarono in Trieste i5o Turcbi, fatti scbiavi in Ungheria, i quali subito imbarcati sopra il vaseello di patrone Antonio Givrano, qnesto li condusse a Ravenna , per indi inviarli al gran Duca di Toscana. Li 14 luglio due ore dopo mezzo giorno flagello aspramente il territorio di Trieste fiera grandine , i Cui grani piupiccoli assomigliavano a nocciuole , altriadova, ed alcunierano della grandezza dimez- zo scudo piegati a guisa di cannella , portento roai piu veduto in queste parti, che distrusse quasi tut- te l’uve, ed altri frutti; incominciando nella con- trada di s. Lazaro , s’estese dietro il castello san Vito, Čampo Maržo, e dali*altra parte della citta sin a Buedo 5 i danni maggiori pero seguirono nel= 33i le contrade di s.Anastasio, s.Pietro, Roiano, e Greta. l6S ? Possiamo ancora annoverare quest’anno tra’piu felici gia sperimentati dal popolo eletto , con la rinovazione dei prodigj accumulati dal cielo aper- to , per compartire divine grazie, e favori, non a minute stille, tna con pioggie di gloriose vittorie, e corone . Mentre li 12 agosto in vicinanza di Si* elos al monte Arsea, rimase totalmente disfatto dalFarmi imperiali il formidabile esercito Ottoroa- ao , numeroso oltre cento ventimila combattenti , forte di 65 cannoni, assistito ed animato da stra- niere nazioni anche cristiane , male affette all’au- gustissima Gasa d’Austria . Vittoria che atterri si fattamente Bizanzio co’ suoi Mussulmani, che dal terrore e spavento confusi,non sapevano a qual consiglio appigliarsi, ne qual partito abbracciare; mentre oltre diecimille fanti estinti nel cirnento , duemille prigioni, e piu di tremille affogati nel fiu- me, e marassi^ restarono preda delle vittriei squa- dre Austriache tutto ileannone, le munizioni di guerra e di bocca , inninnerabili padiglioni, e tra- bacche, la se^reteria Mussulmana, e cassa milita- re di pagamento consistente in centinaja di miglia- ja d’ongari. La Transilvania ancora spaventata da tal colpo concede quartieri d’inverno alle nostre truppe ; Possega vicino il fiume Savo, si rese al- 1’ imperial potenza, ed il Bascia d’Agria dopo osti- nata difesa di quella piazza, alla fine sforzato dal¬ ja farne } dove renderla a buoni patti di guerra , §3a lasciando nella foirtezza 110 cannoni con graudl«- quantita di belliche munizioni. Superate tutte le difficolta, che turbavano non poco il regno d’Ungheria, persuaso 1’augustissimo Leopoldo senza inganno d’ affetto dall’indole ec- celsa , e dal genio capacissimo del serenissimo Arciduca Giuseppe suo figlio, quantunque non eceedesse due lustri di eta, delibero collocargli sul capo la corona di quell’apostolico regno gia fatto ereditario deli’ augustissima Časa d’ Austria. De¬ putata la citta di Possonia dalla dieta generale del regno, ed il giorno della coronazione, $’aduna- rono in essatutti gli stati, ed ordini del regno, ove anehe si trasferi 1’augustissimo Imperatore col- 1’augustissima Imperatrice , e serenissimo Areidu- ca Giuseppe loro figlio, a cui dali’ arcivescovo di Strigonia, e primate del regno , fu posta con so- lenne pompa la corona sul capo, e con lo sparo di cento cannonate fu dato avviso a tutto il mondo , che alli 9 di decembre delPanno 1687 Giuseppe Arciduca d’Austria figlio di Leopoldo I. Imperato¬ re de’ Romani fu coronato Re ereditario delPUn- gheria . Se alcuno desiderasse piu esatta relazione di tal solennita, legga il ceremoniale di essa coro¬ nazione composto da Gio: Battista Comazzi, men- tre a me sollecito di brevita non s’aspetta che lo scrivere le sole memorie di Trieste. 3688 10 d’ottobre del 1688 due ore prima di mez- zo giorno die principio con tanta veemenza la pioggia, e prosegui lo spazio di sette ore continue, su che le eataratte del eielo parevano aperte . La fu- ria deli’ acque in eceesso cresciute, atterro il pon- 1 *^® te di Pondaresso poco prima fabbricato , rnppe ua pezzo di muraglia nel campo del signor Simonetti, 4 ed apporto notabil danno alli signori conti ivi vi- cini; rivoltapoi versoil campo del vescovo, fece in esso , ed altri luoghi di particolari gran rotture , atterrando muraglie > rovinando campi, vigne , molini, čase * e quant’incontrava nella campagna, non senza evidente pericolo dmnriegare molte per- sone, le quali per isfuggire la morte, mentre l’a- cqua sorrnontava cinque piedi in altezza, ricovera- vansi sopra le piante. II danno fu eccessivo in tut- to il territorio di Trieste, ne trovasi metnoria che la uostra citta in verun tempo abbia sofferto dal- 1’ acqua simil rovina, i di cui danni si dice trapas- sassero cinquanta mila ducati. Ridotto a total perfezione 1 ’altar maggiore delia chiesa del Rosario, fu solennemente consagrato Parmo seguente 1689 alli 34 d' aprile da monsign. 1 ^^ vescovo Gorizuti. Nel medesimo giorno dieci di maggio verso notte , infuriata la borea con for- tuna generale , apporto grandissimi danni alla campagna, e la neve quella notte copri tutto il monte detto Soffizza, con freddo cosi acuto che parea d’inverno. Terminata la coronazione del nostro invittissi-* mo Re Giuseppe del regno d’ Ungheria e stabilita Pelezione del Re de’Romani nella sua persona , per togliere ogni opposizione degli anni richiesti a tal dšguita il somrrio Pon telice Iunoeenzo XI. con S 34 ispeciale indulto, e dispensa, a fine di conservare ^^Pla pace e quiete della Cristianita risolve supplire il difettOj benche priraa delPelezione prevenuto dalla morte restasse privo di tale allegrezza . Con- gregati dunque i serenissimi Elettori nella citta d’Augusta, dopo diligente ponderazione del pub- blico bene, colPaffetto , e stima ehe professavano i Principi delPImperio verso Paugustisskna Časa d^Austria , concliiusero a gloria del Signore e del¬ la giustizia, a pro di tutta PAlemagna , d’eleggere per re de’Romani la Maesta del re Giuseppe d’Un- gberiasoggetto d’avvantaggiati talenti, e successo- re di tanti monarchi, i quali per lunga serie d’an- ni hanno sostenuta la Germania, ed il decoro del- Pimperial grandezza ,* onde con giubilo universale abt^odelPimpero li 24 di gennaro del 1690 segui Pele- zione, ed alli 26 la coronazione . Pervenuta si feli- ce nuova li 5 di febbrajo in Trieste, dopo cantato in rendimento di grazie il Te-Deum , oltre lo spa¬ lo de’ cannoni, fu solennizzata con fuochi, ban- chetti, ed altre dimostrazioni d’allegrezza . Spaventoso incepdio atterri e sconvolse que- st’anno li 7 di febbraro, ed ul tirno di carnovale la liostra citta di Trieste, quando tre ore dopo mez- za notte si scopri il fuoco, senza sapersi Pori- gine, nella bottega di Giovanni Gajo situata sot- to il palazzo pubblico del comune, il quale invi- gorito dal furore del vento borea, estese con tan- to vigore la sua attivita, che nello spazio di due ore rimase distrutta ed ineenerita tutta quella decorosa mole, con evidente pericolo di restare 335 anco dalle fiamme voraci incenerita e distrutta mezza la citta verso la parte del Pozzo di Mare, e 1 690 Cavana . Oltre P incenerita mole del paJazzo,di- vorarono le fiamme 1’arsenale delParmamento, in eni contenevansi Parmi del pubblico, cioe picche, spade, moschetti, palle, miccia, e sirnili, con al- tri magazzini di ferro, e legnami, ehe sotto nel piano tenevano aleuni mercanti, con danno consi- derabile ehe aseende alla somma di quarantamila fiorini. S’ espose subito d’ordine de’signori giudi- ci il Ss. Sagramento nella chiesa di s. Sebastiano indi poco distante, in eui congregata moltitudine di popolo, si fece voto di celebrare festa il giorno di s. Floriano martire , e far celebrare anco 3oo Messe per le anime del Purgatorio. In questa oc- casione fu eletto il detto Santo in protettore di Trieste. Due furibonde tempeste insorsero con impeto sl furioso , una li a aprile, ebe atterro il campanile di s. Niccolo fuori di Riborgo, e ruppe la campana piccola, e quello anche deli’ Ospedale, senza ofFe— sa delle c,ampane, ma del tetto solo fracassato da sassi, spezzo pure moltitudine d’olivi, con istrap- parne gran numero dalla radice; Paltra poi la se¬ ra delli 9 luglio, con lampi, e tuoni continui, ac- compagnati da una saetta o fulmine, cbe alle due ore di notte accese il fuoco nelParsenale sopra il baluardo del eastello verso mezzodi, ove conser- vavansi 5o barili di polvere, il qual con istrepito si grande, e scotimento della citta ando alParia, cbe tutti stimavanodovesseprofondare.Lacattedraledi 6g i S.«S6 s. Giusto indi poco distante rimase grandementfS olfesa dalPimpeto , e crollo, il cui soffitto della nave maggiore aperto minacciava rovina, ed un grandissimo sasso caduto sopra la cupola le fracas- so ua angolo, ed altri pili piccioli ruppero quan- tita di coppi: delPaccennato arsenale non rimase vestigio , e le mura del castello a lui contigue restarono rovinate da una parte alPaltra sino al eordone. IPanno 1691 fimmo dati dal canonico Bartolo- meo de Bajardi a censo ducati mille al pubblico di Trieste per la fabbrica del nuovo palazzo del commie. II giorno dei due di luglio |ledieato alla Visita- zione della gran Madre di Dio deli’ anno medesi- mo 1691 il rever. sign* D. Antonio Giuliani deca- no della cattedrale apparato pontifiealmente col- 1’assistenza dei signori D. Antonello Francolo, e D. Franeeseo Blagusiz presente il vener« capitolo, e Pillustr. magistralo, e la maggior parte della nobilta , benedi la prima pietra da collocarsi nei tondamenti del nuovo palazzo del pubblico della nostra citta diTrieste, laqualenel mezzo aveva un bučo , in cui fu posta , e poi impiombata una mo- neta d’argento della grandezza d’uno scudo col- Pimpronto delFinvittissimo Giuseppe I. re de’Ho¬ mani, ed Ungheria, dopo laqual benedizione cantb la Messa solenne in mušica, colPesposizione del Ss. Sagramento, e fiiiita cantossi anco il Te-Deuin. con alquanti spari in segno d 5 allegrezza, e eirca le cinque orc dopo rnezzo giorno data prima la be- 33 7 nedizione col Santissimo fu eollocata col tiro d’ml mortaretto sotto il primo pilastro di pietra Javora - 1 ^9 ta nel cantone di esso palazzo verso la chiesa di san Pietro . Mirabil caso successe pure quest’ anno li 4 ago- sto nella villa di Cossana, ove una donna dopo scaldato bene il forno, gettossi in quello per ve- dersi maltrattata dal marito, il quale angustiato dalla gelosia, che un suofratello avesse commercio Con essa, 1’ affliggeva continuamente, onde alla fi¬ ne disperata coli’abbrugiar se stessa, libero da queirincendio il marito . Monsig. vescovo Gorizuti arrivato ali’anno set- tantesimo di sua eta, per soddisfare un religioso suo parente , contro il parere dei medici , ed altri signori canonici alli 22 settembre del corrente an¬ no, volle celebrare la santa Messa, ed ordinare tre soggetti; dopo sottoscritte le patenti, ricor- dandosi non avere supplito col dovuto ringrazia- mento , prima di porsi alla mensa per desinare , fe por tare il libro, e nel dire le cdnsuete orazioni, sopraggiunto d’accidente apopletico cadde subito mor to. Fine del Tomo terzo . AGGIUNTA e CORREZIONI AL CATALOGO DE’ S IG NO R I ASSOCI ATI. Corvalich Diodato. Frizzi Dott. B. Hoeslin Garlo de. Laitsner Giuseppe. Mandolfo Fratelli. Massars Giustino. Restmann Vincenzo. De Rocco Luigi. Schludermann Gio. Sonnenstein Cav. Giuseppe Carlo de . Venazzi Garlo G. Visentini Giacomo, Ingegnere. n ♦ SP •v \ m . : . / x i * ? \ I C R O N I C H E O S S I 1 MEMORIE STORICHE S A C R O - PROFANE Dl T r i e s T E Comincianda dall’XI. secolo sino a’nostri giornij cempi- late dal R. D. Giuseppe Mainati Sagrestano delia Catte- drale di S. Giusto Mar tire. Coli’ aggiunta delia relazio- ne dei Vescovi dal primo sino al decimo secolo. TOMO TERZG VENEZI A NELLA TIPOGEAFIA PIGOTTI 1 8 I 7 TAVOLA CRONOLOGIGA De’ Vescovi e loro numero progressivo; clelle Memovie pik rite variti de’ Documenli che arricchiscono que sl’Ope¬ ra ; deli’ anno nel quale successe il fatto che si rac- conta; e del numero corrispondente della pagina. DOCUJtENTI Tli IX BOOJMEHTI Lrttera cre- dci/aaJc di Bernardo Pe¬ la fci eome Oritore della Čila di Trie- ste.alla dieta di Lubiana. Privilegio concesso da Carlo V. ai ciercanti, e cit ta di ni di Trieste abi- tanti nel Re» goo, e Citta di Napoli. XI Šum.' M E M O H I E DOCtJMEKTI dali’ Austria per Venezia, debbano pas- sarc perTrie- ste. Sconcerto suecesso ne) Monastero dede Mona- cbe, nelPele- zione deli’ Abbadessa. Dopo tre anui di Sede Vescovile va- cante,il pub- blieo suppli- ca P I mpera- tore a voler- la provedere d’ un Pasto- re. Si ristaura la Cattedrale parte della quale minac- eiava rovina col soldo d ti¬ le Coufrater- ne. 68 Capitanio Antonio del la Torre.