Soldi IO al numero. L'arretrato soldi 20 L'Associazione è anticipata: annna o semestrale- Franco a domicilio. L'annua, 9 ott. 76 — 25 settem. 77 importa fior. 3 e s. SO ; La semestrale in proporzione. Fuori idem. Il provento va a benefìcio dell'Asilo d'infanzia I I CRONACA CAPODISTRIANA BIMENSILE, si pubblica ai 9 ed ai 25 Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono respinte, e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Favento è l'amministratore I L'integrità di un giornale consiste nell' attenersi, con costuma ed energia, al vero, all' equità, alla moderatezza. ANNIVERSARIO — 9 ottobre 1663 — Nasce O io vanni Ilaria Crescimbeni — (V. Illustrazione.) Abbiamo consegnato al Municipio fiorini centocinquanta, ed il pubblicato resoconto dell'amministrazione per il secondo anno 9 ottobre 1S75-25 settembre 7C, coi relativi documenti. IL CULTO DEI MORTI Non moriuntur, sed vivere cessant. . . . In questi ultimi tempi l'Italia si è data ad un culto speciale de'morti. Gli atri dei liberi Municipi mostrano i nomi dei valorosi, che, martiri, consacrarono del loro sangue l'indipendenza e la libertà couquistata; le città onorano iu modo particolare la memoria dei loro cittadini sommi nelle arti e nelle scienze, ne celebrano i centenari, e nulla risparmiano per dar conveniente sepoltura in patria terra alle spoglie mortali di coloro, che le tristi condizioni de' tempi forzarono a starsene lontani dall' Italia, ad esulare e morire in terra straniera; e ancora mesto risuona l'eco delle feste solenni, che fecero i Catanesi alle ceneri di quel genio, che fu Bellini. Cessò il tempo, in cui l'Italia immersa in letargo non più ricordava gì' illustri suoi figli, non più rammentava i grandi trionfi riportati sul campo delle scienze e dell'arti sì di pace che di guerra. In allora l'Italia, dimentica di sè stessa, ammirava i progressi dello straniero, le scoperte, che questi sue diceva, e perduto quasi l'antico vigore s'umiliava. Il laborioso straniero ne approfittava e, dopo essersi dissetato alle vivide fonti d'Italia, faceva come dice Vincenzo Monti, a modo dell'animale dai lunghi orecchi, che tira villanamente il calcio alla secchia, dalla quale bevette; non solo negava all'Italia quella preminenza, che la. storia attesta, ma sue diceva le glorie italiane. — E al ladro spudorato applaudivano pur troppo APPENDICE. IL CABECILLA NOVELLA STOEICA DI FILIPPO LAICUS pubblicata dall' Alte und Neue Welt tradotta da GIOVANNI de F. Jouan allora, alzando il braccio nella direzione del fumo, esclamò: — Sono nelle gole di Luxara. — Non ti pare, disse il marchese, mentre seguiva a lunghi passi il suo compagno, che i Francesi lo possano avere osservato? — Fino alla strada dell'esercito vi devono essere due ore; e poi essi badano più alla terra ehe al cielo; d'altronde Ruiz non è tanto poco accorto da fare un fumo continuo. Ecco che ora cessa. Scommetterei la testa che se non arriviamo colà in mezz'ora vedremo il fumo nuovamente. Il marchese fece cenno di assenso senza parlare. Seguirono per certo tratto ancora il sentiero fino al punto in cui s'accostava alla postale: quindi s'internarono per luoghi silvestri, i quali esteriormente sembravano im- gl'Italiani stessi, ed in oggi pure s'ode da taluno decantare quanto viene d'oltre Alpe e d'oltre mare, sprezzar ciò che è nostro, quasi quasi sostener esser l'Italia le mille miglia lontana da quell'apice a cui sono giunti oggi i figli di coloro, che mandavano i primi ululati attraverso le gole dell' Alpi, quando Roma dominava colla sua civiltà il mondo conquistato coli" armi e concepiva il gigantesco e ardito pensiero di una lingua universale: la latina. Ma i veri e buoni Italiani si sono scossi e, ricordando i loro Sommi, mostrano la miseria dello straniero, che osò spogliarci; spronano gli altri più tepidi od operare ora che la patria si è ridesta a nuova vita. Cessa alfine il meritato rimprovero, che persino Vincenzo Monti scagliava ai suoi contemporanei: "Le penne tutte son mute sul nostro nome; e voi non prudenti, ma pusillanimi nepoti . . . , voi lasciate vilmente cadere nell'obbliazione la sacra memoria dei vostri padri ? voi vi bevete in silenzio l'amaro calice del dispregio? voi, per nulla solleciti delle antiche vostre prerogative, sopportate che si dica e si scriva e si creda, che le scienze sono piante sterili nel terreno che le ha ravvivate e nudrite e cresciute e propagate un dì dappertutto?, Ma poca cosa sarebbe il ricordare un passato glorioso, se esso pure non fosse segno del principio di un' alacre operosità. Il ridonar alla luce le sacre memorie del passato è lo stesso che ristabilire una via abbandonata; via che si deve seguire. Il culto, che prestiamo ai morti, soddisfa ad un dovere, rivendica le nostre glorie, è un continuo memento, uno sprone, un cenno imperioso per noi. Anche l'Istria dà opera a comporre la ') Dell' obbligo di onorare i primi scopritori del vero in fatto di scienze ; — Prolusione agli studi dell'Università di .Pavia. penetrabili, e s'apersero una via tra i cespugli; primo procedeva Jouan come più pratico dei luoghi. Improvvisamente sostarono entrambi: ad onta del fruscio delle pedate, era giunto distinto alle loro orecchie lo scatto di un grilletto di carabina. Grande era il pericolo, grande essendo la foltezza delle piante, imperocché erano sicuri che una volta scorto il loro abito, la canna di quella carabina si abbasserebbe tosto. Dio e Fernando! gridò il cabecilla con voce altitonante. — Viva la guerrilla! gli fu risposto dalla macchia. S'udì avvicinarsi un uomo, e poi lo si vide sbucare colla sua faccia abbronzita guarnita di due occhi scintillanti e d'una barba folta ed ispida, seguito da altri che comparivano tra i cespugli, armati di carabina e spada corta. Venne da questi a sapere il marchese che erano stati spediti da Ruiz per attendere il Cabecilla. E a tempo, poiché il sottocondottiero faceva sapere che un grande trasporto di vettovaglie e munizioni si avvicinava; che circa tre ore più in su il trasporto s'era fermato durante la notte ; che le spie lo avevano avvertito che nel giorno seguente circa sua storia, deterge dalla polvere de'secoli i nomi de'suoi figli, che la illustrarono. Ogni istriano gode al veder stracciato il velo, che ci nascondeva il passato, e ne ringrazia i molti buoni, che vi prestano l'opera loro ; — ma tempo sarebbe di render più po-popolari i nomi dei distinti istriani, sì che il popolo stesso e non solo gli eruditi tributassero loro culto. Come si fa in altre parti, anche qui si vorrebbe veder delle lapidi che indicassero le abitazioni dei nostri uomini e ne riassumessero in breve le opere; si vorrebbe che anche noi ricordassimo degli anniversari, di cui non abbiamo penuria, e ciò allo scopo di tributar un culto d'onore alla memoria de' nostri padri, di mostrare all'ignorante e malizioso straniero le nostre glorie, ed insegnargli aver noi il vigore di continuare nella via de' nostri avi, e di mantenerci all' altezza de' tempi. — Se v' ha un periodo di silenzio nella vita d'un popolo, non è perchè questo sia morto ; — la sua vita è sospesa : un popolo non muore. Q. B. IGIEKE (Fine V. dal n 13 dell' an I. in poi, tranne i n. 17, 19, 20, 21, e 24 dell'anno secondo) Le coperture del ventre e delle estremità. Se il petto vuol essere moderatamente coperto, il ventre addomanda di essere più garantito dall'influsso della temperatura atmosferica L'uso delle brache lunghe corrisponde perciò all' igiene inquantochè veste tutta la gamba fino al tallone. Sonvi però due circostanze che possono rendere i calzoni pericolosi alla salute, cioè se sono troppo stretti ai fianchi, e troppo comprimenti il sito dove si uniscono le gambe. Il troppo stringere i fianchi turba l'armonica posizione degl'intestini, e li obbliga violentemente ad uno spazio più angusto di quello che la provvida natura ha loro asse- alle tre del mattino sarebbe partito; e che perciò esso attualmente doveva essere già bene incamminato. Aggiungevano quegli uomini che Ruiz, per la sua grande pratica, asseriva che è quasi opera vana l'assalire un trasporto per di dietro, giacché mentre la scorta oppone resistenza i carrettieri frustano i cavalli e fuggono : doversi quindi affrontarlo o di fronte o di fianco. Appena il Cabecilla ebbe avuto tali notizie, spedì subito uno degli uomini nella gola di Luxara coli'ordine del movimento. Tutti dovevano far capo verso la strada maestra; egli cogli altri rimasti continuarono la via del bosco a ritroso per poter attendere sul crocicchio i compagni. Camminavano 1' uno dopo 1' altro, e dopo una buona ora il marchese colse il destro per prendere un po' di ristoro con qualcosetta che Jouan aveva estratto dal carniere. Poco dopo comparvero qua e là tra gli alberi singole figure, che discendevano da una china col fucile sul braccio ; e quando videro i loro camerati stesi sul sentiero, uno d'essi fece il verso del gufo, in seguito al quale si disponevano ad accerchiare il Cabecilla ; ma questi sorse tosto accennando loro di gnato. Da ciò ne segue una perturbazione nel processo digestivo, disposizione a congestioni nel fegato e negl' intestini, e pericolo di buscarsi l'ernia. Quelli che vanno alla vecchia portano le brache sostenute da tiranti (tirache), e di loro si dice canzonandoli che portano le brache sulle spalle. Nou condanno l'uso di adattarle ai fianchi in modo, che vengano sorrette dalle anche, ma è meglio portarle in sulle spalle che danneggiare la salute con uno strettojo. Più rovinosi alla salute sono i calzoni quando comprimono troppo il sito dove le gambe si uniscono, e qui il come e il perchè non ve lo posso dire ; ciò solo vi dirò che la tremenda malattia, cui i medici chiamano masturbazione, od onania, dipende in gran parte da questa causa. E questa malattia infossa gli occhi della gioventù e li circonda d'anello piombo oscuro, consuma le carni e scarni-sce le guancie, snerva le forze e li riduce alla tendenza di non starsi in piedi senza cercare un appoggio. Se volete saperne di più rivolgetevi ad un medico. L' estremità della gamba ha bisogno d'essere ben coperta, nè si può approvare l'uso di taluno che coprono la gamba di fustagno o lana e 1' estremità con una calzetta di lino. Il piede garantito dal freddo, conserva turgide le vene e concorre alla regolare circolazione del sangue. Usate dunque d'inverno calzette di lana, le quali vi faranno bene. Inquanto agli stivali ed alle scarpe non usate mai la gutta perca, la quale impedisce la traspirazione, nè usate di frequente scarpe di pelle laccata che produce lo stesso effetto. Non v'invogliate di far figura ostentando la piccolezza del piede: la è una vanità sciocca che viene punita dai calli dai diti sovrapposti e molti altri incommodi. E qui finisco la mia chiaccherata sulla Igiene, augurando a tutti, la più florida salute. G. F.—A. Da persona altolocata, amica nostra, e giunta alla fine della sua lunga carriera politica nella monarchia austro-ungarica, abbiamo ricevuto il seguente DECALOGO pei Capitani distrettuali. I. Il tao comportamento sia sempre conciliativo, ed abbi per massima che i modi gentili adoperati da chi ha in mano la forza, oltre che attirare la simpatia generale, la quale deve essere uno dei principali obietti per un funzionario politico, fa che più compiutamente vengano osservate le prescrizioni. II. Non contrariare le manifestazioni di nazionalità : le devi tollerare in qualunque guisa esse accadano, purché non indichino chiaramente l'idea di staccarsi dal nesso della monarchia o non possano condurre a gare e lotte con altra nazionalità convivente, minaccianti la pubblica tranquillità. III. Sfuggi di fare politica favorevole a qualche partito ; conservati indipendente e imparziale. continuare: continuarono ad avanzare silenziosi. Erano le vedette spedite innanzi per annunziare qualche inopinato pericolo. Dopo pochi minuti si fecero udire da vicino risa e chiacchere: era il grosso con a capo Ruiz il pastore di capre, ed Eutreras il mulattiere, uomini di esteriore diverso. Euiz era snello, e se ne compiaceva fino a che le circostanze gli permettevano di fare il galante: imitava il Cabecilla nel portamento, e per quanto glielo permettevano i mezzi, anche nel vestito ; il suo abito era adorno di strisce splendenti, e le sue armi erano incontrastabilmente le più eleganti di tutte le altre; prodigava speciale cura ad una barba giovane e piccola, e la sua faccia portava tracce marcate di sagacia; il suo naso, cosa rara tra gli spagnuoli, era sporgente e piegato ; aveva gli occhi azzurri che abitualmente giravano esplorando tutto all'intorno; se poi teneva fiso lo sguardo sopra qualche oggetto, allora pareva che lo volesse passare fuor fuori. Nel momento del pericolo, il valore gli veniva meno: si teneva di regola nascosto dietro l'ultimo. IV. Non far sentire ai Municipii ed agli altri Ufficii il peso della tua autorità. V. Procura di guadagnarti l'amicizia delle Deputazioni Comunali. Spesso una conferenza amichevole con esse, ti potrà scansare il dispiacere di ricorrere a mezzi coercitivi, o liberarti da attriti imbarazzanti. VI. Da assennati e di opposto pensare, raccogli notizie sulle tradizioni, sulle consuetudini, sulle opinioni predominanti, e rispettale in ogni incontro fino al punto concessoti dal tuo dovere. VII. Non mutare, senza serio esame, i sistemi che fossero stati praticati consecutivamente almeno dai due ultimi tuoi predecessori, e ciò perchè quei sistemi devono essere frutti di peculiare esperienza. VIII. Sii guardingo nel dare retta a coloro che appena tu sarai giunto in un Distretto, ti circonderanno per darti, senza richiesta, notizie e suggerimenti: di frequente sono ambiziosi o tristi. IX Trovandoti nuovo in un Distretto, lascia passare del tempo prima d'incontrare relazioni coi privati : in tale modo avrai agio di studiare e conoscere i migliori. X. Inculca costantemente ai tuoi subalterni condotta morigerata, rispetto alle costumanze del luogo, cortesia con tutti. Così operando, il governo imperiale ed i cittadini saranno contenti di te ; vivrai lieto e bene accetto, e lascerai buona memoria. w&m@mmmm& Novelletta campestre (Fine V. N. 22, 23 e 24) Il buon Curato rimase a lungo stupefatto a quella rivelazione, e gli dispiacque fortemente d' aver detto certe parole alla ragazza. Poi con fare amoroso incoraggiò la Rita e le tenne un lungo discorso facendole vedere che in fine poi poteasi violare quella promessa. Margherita non si lasciò persuadere e giunta a casa si chiuse nella sua cameretta e incominciò a riandare nella mente quanto le avea detto il pievano, ma conchiuse poi col dire che le si volea far commettere un grave peccato. Nella sera istessa i suoi genitori ritornarono dal curato e come seppero il vero, restarono di sasso. La Teresa si sentia venir meno per la grande emozione ed andava dicendo: — Ah! povera la figlia mia quale sacrifizio! Tonio, che angelo la nostra Rita; altro che disobbediente, altro che amori nascosti! — Si si, tutto va bene, le rispondea il marito, ma il voto è fatto. ■— — Non vi sgomentate Tonio, conchiuse il pievano. Io ho già fatto vedere alla vostra figliuola la nullità di quel voto, e poi già le parlerò ancora. Addio buona gente e ringraziate il cielo, che anche questa è andata bene, ma già che potea far di male la vostra figliuola? Andate Tonio e rimandatela alla Cura. I genitori della ragazza ringraziarono di cuore il buon parroco, e fatta in fretta la via, giunsero a casa poco dopo il tramonto. Trovarono sulla porta la loro Rita sempre pallida ed immobile; parea non si curasse Affatto diverso era il suo amico, il mulattiere Entreras, una figura larga, bene complessa, anzi erculea, con pugni che coprivano quasi per intero un piatto. Aveva i capelli lunghi e svolazzanti, folta la barba e focosi gli occhi. L'unica sua arma era una scure corta e tagliente d'ambo i lati. Mentre Ruiz concepiva i piani per le temerarie schiere dei Guerilla, era Entreras quello che li eseguiva. Entreras non poteva tollerare il combattimento a fuoco, e fino a tanto che durava, egli scherniva e mormorava: ma quando cominciava la zuffa, allora si trovava nel suo elemento, ed era sempre il primo. Questi due uomini in assenza del Cabecilla, conducevano le bande, e si supplivano a vicenda: Entreras contava sulla sagacità del suo camerata, e questi sul noto valore dell'altro. Erano seguiti da circa trecento uomini di vario vestito; ognuno si copriva a volontà; uno era tutto coperto di pelli d'agnello, un altro aveva le gambe avvolte di cenci e portava sulle spalle una pelle di capra per mantello; chi portava uniforme francese senza che dei suoi dolori. La madre le corse incontro e la baciò più volte. Ben presto la nuova del voto fu sparsa per tutto il villaggio e tutti ne faceano le più grandi meraviglie. Giacomo, che avea udito per bocca del parroco, che 1' ostacolo verrebbe in breve atterrato, ne gongolava dal piacere, ed anelava il momento di parlare conia Margherita per ritrattarsi di quelle parole, che le avea detto alla fonte nel giorno in cui egli era arrivato al paese. La fanciulla intanto s'era portata per tre giorni di seguito alla casa del curato, ma questi con tutte le sue persuasioni non avea potuto ottener niente: la Rita era troppo compresa dell'importanza del suo voto e sempre resisteva ad onta, che in cuor suo si struggesse d'amore per quel povero Giacomo, iu modo da tremarne al sentir pronunciar quel nome. — Ma quando un dolore non uccide a dirittura è forza ch'egli viva con noi e s'immedesimi colla nostra esistenza in modo da formarne uua parte essenziale. Tale era il dolore prodotto dalla lotta, che vivea nel cuore alla Margherita. Lo stato della fanciulla da alcuni giorni era allarmante; si sentia debole e nou volea mangiare; se vedea Giacomo fuggiva a nascondersi. Vili. Era una bella notte di settembre: la luna vestiva della sua luce modesta la quieta campagna; un lontano abbajar di cani ed un gracidar monotono di ranocchi erauo i soli rumori che interrompessero quel silenzio. La Margherita non avea ancora potuto prendere sonno; il cuore le battea forte e si sentia bruciar la testa. Fra i mille e cocenti dolori dell'animo suo si lasciava sfuggire delle parole interrotte che appalesavano lo stato oscillante di quella povera testa. — Era da qualche tempo in quello stato febbrile, quando fermatasi sul nome Giacomo si scosse, e balzando dal letto diede in un grido di spavento: trovò la scala e fuggì mezzo ignuda sulla via; poscia gridando e piangendo si diresse a quel tabernacolo della Madonna, ove avea fatto il suo voto. I genitori di lei ed il vicinato saputa la cosa, corsero dietro le grida della fanciulla, e la trovarono poco dopo al tabernacolo seduta sull'erba, che parlava e rideva da sè. Povera Margherita, era pazza ! — Giacomo a tale notizia credette di morire. Egli era tutto il dì per casa di Tonio, ed assieme a quei poveri vecchi cercava di far intendere qualche cosa a quell'infelice; ma tutto invano. Margherita andava continuamente dicendo che la Madonna l'aspetta e poi storpiandosi le dita rideva in modo da far impazzire anche coloro che le erano vicino. Avea l'abitudine di fuggire di casa e mettersi fra i ragazzi a correre per le strade e pei campi, gridando e saltando come se fosse una i bordi; una sola cosa era in buon ordine, anzi lucente: le loro armi, che lucicavano pei raggi del sole sorgente. Quando scorsero il rinomato condottiero, che s'avanzava con passo maestoso, troncarono le chiacchere e i loro capi si misero a colloquio col marchese. In questa consulta venne in chiara luce la differenza dei caratteri. Entreras stava da parte arcigno e silenzioso, e solo di tratto iu tratto borbottava lagni per la perdita di tempo ; Jouan sembrava piuttosto ricevere ordini che consultare ; Ruiz invece parlava a lungo e gesticolava molto. Egli aveva le proprie vedute sul modo di condurre 1' assalto, e le sosteneva con insolita tenacità. Le regole di precauzione eh' egli voleva fossero addottate, sembravano alquanto esagerate al Cabecilla, il quale invece riteneva di poter impadronirsi del trasporto con un assalto rapido. Non basta prendere, diceva il marchese, le vettovaglie e le munizioni ; bisogna distruggerle o portarle via, e in questo ultimo caso egli temeva una sorpresa da parte dei due posti più prossimi. bambina. I monelli stessi poi, crudele usanza oggidì troppo comune, le correvano dietro con gran piacere e la chiamavano con nomi i più ridicoli. Ma guai se uno di quei fanciulli cadeva in mano di Giacomo; pigliava su una buona merenda. Giacomo infatti seguiva ovunque la povera pazza, ma ella 10 accoglieva sempre con quel riso convulso chiamandolo Signor Caporale. Egli tutto accettava, purché gli fosse concesso di starle vicino. La bellezza di Rita serbava per lui ancora il suo incanto, il suo splendore, sebbene fosse tramutata aspramente. Giacomo sempre sperava, poiché la speranza è un fiore spontaneo dell'umana natura, che germoglia anche senza essere fecondato dalla ragione. Chiunque vedea correre pel villaggio la Rita, e Giacomo dietro di lei per salvarla dai pericoli, si sentiva costretto con gli occhi umidi di lagrime a volgere altrove lo sguardo. Era un quadro, che facea male. I genitori di Margherita di concerto con quelli di Giacomo decisero di far allontanare dal paese il povero giovane, perchè altrimenti le disgrazia non avrebbero avuto fine. Giacomo si lasciò persuadere, dietro la promessa che la pazza dovesse essere ben custodita. Due giorni dopo Giacomo di buon mattino abbracciati i suoi vecchi si diresse all'abitazione di Tonio. Trovò quella famigliuola al solito stato di desolazione, e scambiate alcune parole coi vecchi si avvicinò alla Rita per salutarla. — Addio Rita, parto sai ; non mi vedrai più, perchè .... e piangea come un bambino. Non mi dici niente? Ma Rita non senti? Parto, sai, parto. . . . La fanciulla col capo e colla destra imitava il gesto che facea il giovane per farsi meglio intendere, e poi con quel suo solito riso, che agghiacciava il sangue a chi la guardava, si avvicinò ad un vaso di fiori e gettò in faccia a Giacomo uua foglia di geranio. Giacomo raccolse quella foglia e baciandola fuggi da quel luogo di dolore. IX. Partito Giacomo, la povera pazza venia tenuta sempre d'occhio e la lasciavano uscire 11 meno possibile. Suo padre avea consultato alcuni medici di città, e seguito i consigli di ciascuno, ma tutto invano. La Rita andava di giorno in giorno peggiorando, facea pietà a veder quanta vita, quanta bellezza perduta ! Non si pensava più a guarire la pazzia, ma a salvare la fanciulla. Di giorno non la lasciavano mai sola, perchè volea stracciarsi le vesti, fuggire di casa e finire chi sa dove. In una notte piovosa del mese di novembre riesci a Margherita di fuggire, e di corsa si diresse alla fonte del paesello, luogo sempre da lei ricordato ad onta dello scompiglio avvenuto nella sua mente. Cosa strana; la fanciulla non si fermò al solito luogo ma proseguì la via chi sa dove oltre al ruscello. Camminava senza una meta, si fermava ad ogni tratto, e poscia, come fosse inseguita, affrettava il passo con moti di raccapriccio. Almeno la pioggia continua e il buio perfetto di quella notte avrebbero dovuto arrestare i passi di Margherita. Trovavasi allora fra gli alti alberi d'un boschetto, quando si arrestò ad un tratto spaventata forse da quel picchiettio continuo della pioggia sulle foglie ingiallite; poscia piangendo e gridando continuò a fuggire su per un monticello in modo che nessuno sarebbe stato capace di raggiungerla in quella oscurità e per una via tanto malagevole. Margherita continuava a correre urtando nei sassi e negli arbusti, ma pochi istanti dopo si udì un grido acutissimo ed il tonfo d'un corpo che cadea nell'acqua. II monticello, eh' avea salito la Rita, terminava dalla parte opposta in un profondò abisso, ove in quei giorni avea messo foce una quantità di rigagnoli prodotti dalle piogge continue. Le fitte tenebre e la pazzia trassero in quell'abisso la povera Margherita. Intanto al paese nel mattino seguente: dov'è la Rita? l'avete veduta? Dio mio, ove sarà mai? erano le domande, che si faceano a vicenda i contadini di*** accompagnandole tutte di una lagrima. X. Mentre tutti con ansia erano in cerca di Margherita, giunse al villaggio un pastorello ansante per la corsa e mezzo spaventato. Tosto gli furono tutti d'attorno ed il fanciullo con voce interrotta disse, che trovandosi egli al mattino con alcuni suoi amici a pascolare il bestiame presso al burrone, come lo chiamavano gli abitanti del villaggio, spinto dalla curiosità si avvicinò all'orlo del precipizio e vide . . ; ma qui si arrestò, perchè gli parve d'aver detto abbastanza. — Che vedesti Paolino ? gridarono unite molte voci con vivo interesse. — Debbo proprio dirlo? — Ma sì per carità spiegati fanciullo. — Ebbene sappiate, che vidi galeggiare sull' acqua il cadavere della povera pazza, e poi accortosi del triste effetto che produssero le sue parole, incominciò a piangere insieme agli altri. I genitori della fanciulla furono subito circondati dalla gente e messi sotto assidue cure in unacasa vicina; e specialmente la madre, che fu posta a letto con forti convulsioni. Una quantità di gente si diresse sul luogo funesto e due giovani coraggiosi, fattisi calare con delle funi nell' abisso, estrassero il cadavere della povera Margherita e lo trasportarono al villaggio. I genitori di Giacomo, consigliatisi ben bene con gli amici di casa, s'azzardarono di scrivere al loro figliuolo e senza finzioni gli narrarono I' accaduto. Giacomo dal giorno eh' era partito, trovavasi sempre presso un suo zio in un paesello non molto distante da *** e scriveva continuamente a' suoi genitori per avere delle nuove, che erano pur troppo sempre peggiori. Egli sarebbe ritornato le cento volte se non si avesse trattato di disobbedire i suoi genitori. Nel giorno dopo il povero giovane giungeva a *** contraffatto nel volto e con gli occhi stravolti ; nessuno 1' avrebbe riconosciuto. Appena giunse nella piccola piazza, gli si presentò un quadro ben straziante: La povera Rita venia condotta al campo santo ; lina quantità di donne, di uomini e di fanciulli, venuti in gran parte dai luoghi circonvicini accompa gnavano la bara. II corteo giunse nel cimitero sempre in bel ordine, perchè tutti errano assorti in cupo raccoglimento. Quando però si udì quel rumore, che fa la bara scivolando lungo le corde nella fossa, ebbe luogo uua scena in vero commovente; appena allora ebbe il pianto libero sfogo. Ad un tratto due braccia poderose si fecero strada attraverso la folla; un giovane, pallidissimo si precipitò tremante verso la fossa, e come vi giunse emise un grido di disperazione e fu d'uopo arrestarlo, perchè altrimenti si sarebbe precipitato sopra la bara. Povero Giacomo ! furono l'uniche parole che potè pronunciare la folla mossa da profonda pietà. Fine Capodistria 1876. Achille C. (STATUTO della Società Alpina dell'Istria Art. 1 E istituita uua Società la quale prende il nome Società Alpina dell'Istria ed ha sede nella città di Pisino. Art. 2 La società Alpina dell'Istria ha per iscopo di far conoscere le Alpi Giulie, più specialmente quelle dell'Istria, e di promuovere le escursioni, le ascensioni e le esplorazioni scientifiche. Art. 3 La domanda per far parte della Società dovrà presentarsi in iscritto alla Direzione, la quale ha facoltà di deliberare sulla accettazione. — I soci possono essere dell'uno e dell' altro sesso. Art. 4 Ogni socio è obbligato di pagare la quota annua di fiorini quattro, e una tassa di buon ingresso di fiorini due. Art. 5 L'obbligazione dei Soci è annua, e s'intenderà perdurare anche nell'anno successivo, se il socio non presenterà la rinuncia in iscritto al Presidente prima del 30 Settembre. Art. 6 La Società può nominare soci onorari fra i distinti cultori di studi che si riferiscono alle scienze naturali e geografiche. Art. 7 I Soci hanno diritto d'intervenire alle adunanze ordinarie e straordinarie della Società prendendo parte alle discussioni, formulando proposte, e pronunciando voto deliberativo, di usare degli oggetti di spettanza sociale a norma di un regolamento da approvarsi dai soci. Art. 8 La Società è retta dalle deliberazioni dell'adunanza generale dei Soci. — Essa è rappresentata da una Direzione che agisce nel-l'interesse sociale anche di confronto a terzi. Art. 9 La Società si raccoglie ogni anno in aduuanza generale, che dovrà tenersi a vicenda in una delle Città della Provincia da destinarsi preventivamente di volta in volta dalla Società stessa. Art. 10 La Società raccolta in generale adunanza esamina i conti consuntivi ed approva il preventivo : nomina la Direzione sociale ; stabilisce il luogo del futuro congresso ; discute le proposte presentate nell'ordine del giorno dalla Direzione e da singoli soci; organizza possibilmente una passeggiata alpina. Le deliberazioni sono valide se approvate dalla maggioranza degl' intervenuti, qualunque sia il numero. Art. 11 La Direzione è composta di dieci membri col titolo di Direttori, i quali eleggono a maggioranza di voti dal proprio seno un Presidente, un Vice-Presidente, il Segretario, ed il Cassiere. La Direzione delibera a maggioranza di voti degl'intervenuti. Art. 12 La Direzione è incaricata della amministrazione generale della società; tiene la corrispondenza, fissa il giorno dell' adunanza generale, inviando l'ordine del giorno quindici giorni prima a tutti i soci. A facilitare l'esazione dei canoni è data facoltà alla Direzione di nominare nei vari centri della Provincia altrettanti soci esattori. La Direzione poi deve curare l'attuazione e l'osservanza del presente Statuto. Art. 13 A comporre eventuali controversie, nascenti tra soci per rapporti sociali, la Direzione è autorizzata di nominare di volta in volta un Giurì composto di cinque soci, la di cui decisione sarà inappellabile. Art. 11 II presente Statuto, approvato nell'adunanza generale dei Soci, non potrà essere modificato che in adunanza dove intervenga almeno la metà degl'inscritti, e colla maggioranza di due terzi dei presenti. Mancando il numero voluto in una prima adunanza ne sarà convocata una seconda dove le deliberazioni saranno valide qualunque sia il numero* degl' intervenuti. Art. 15 Lo scioglimento della Società non potrà pronunciarsi che in un' adunanza generale, quando la metà dei Soci inscritti sia presente, e la decisione ottenga la maggioranza di tre quarti di voti dei presenti. Art. 16 Ammesso lo scioglimento si dovrà deliberare circa l'uso e la destinazione dei fondi sociali e della relativa sostanza, esclusa sempre la loro ripartizione fra i soci. La Direzione è chiamata a liquidare entro due mesi dal giorno del fissato scioglimento la sostanza della Società, facendo la debita tradizione d'ogni suo avere, secondo il deliberato preso, verso resa di conto da pubblicarsi per sua cura nei modi più convenienti. Art. 17 Quando i soci si riducessero ad un numero inferiore di quindici, la Società s'intenderà sciolta, e la Direzione ne darà notizia ai Soci coli' invito di deliberare in una adunanza straordinaria sulla cessazione del patrimonio sociale a termini del precedente art. 16°. Se lo scioglimento dovesse seguire per cause diverse dalle sopra indicate, il patrimonio sociale allora esistente, passerà al Comune nel quale ha sede la Società. Eesta però stabilito che la tradizione dei fondi debba farsi in guisa che esso Comune si obblighi di restituire la sostanza affidatagli, quando con uguali intendimenti si formasse una nuova Società, col nome Società Alpina dell' Istria sulle cui espresse qualifiche circa i detti intendimenti giudicherà inappellabilmente la rappresentanza o consiglio cittadino dove già esisteva la sede della Società. S'intende che le utilità percette dal Comune stesso fino al verificarsi di questo caso rimangono tutte a profitto di una locale Istituzione di beneficenza. Articolo Transitorio La Società s'intenderà costituita quando si sarà raggiunto il numero di quindici soci paganti. Il Comitato promotore ottenuta dalle Autorità competenti l'approvazione del presente statuto convocherà gì' inscritti ad una riunione nella Città di Pisino per procedere alla discussione ed approvazione del medesimo, e passare indi alla elezione della Direzione. Albona li 20 Dicembre 1875. Il Comitato Promotore Cristoforo D.r Belli mp. Antonio D.r Scampicchio mp. Nicolò D.r Del lidio mp. 4392—1 A sensi del §. 9. della legge dell' Impero 15 Novembre 1867, si certifica che la Società Alpina dell' Istria in Pisino esiste a tenore dei presenti statuti. Trieste li 23 Aprile 1876 L'i. r. Luogotenente (L. S.) Pino mp. Illustrazione dell' anniversario Celebre lirico, nato a Macerata (20.000 ab.). Venutagli per caso in mano, mentre era fanciullo, una copia dell' »Orlando Furioso" con disegni, questa assorbì tutta la sua attenzione, e fu la scintilla del suo genio poetico. A tredici anni scrisse una tragedia sulla disfatta di Dario, alla quale seguì in breve una traduzione in versi della „Farsalia" di Lucano. A quindici anni era accademico, a sedici dottore nelle leggi. Fu il principale fondatore dell' Arcadia, società letteraria che aveva lo scopo di ridestare il buon gusto, ma cbe poi degenerò in svenevolezze. Da papa Clemente XI ebbe nel 1705 un canonicato. Giovanni Maria Crescimbeni scrisse copiosamente: le sue principali opere sono : Rime ; Storia della poesia volgare ; Bellezze della poesia volgare-, Vite degli Arcadi illustri. Morì del 1728, da tutti compianto per la sua indole dolcissima; e, fatto singolare, non ebbe nemici. Compiuto il secondo anno di felice abbrivo, la nostra barchetta, che di procelle non aveva udito nemmeno il lontano rumore, e che una volta sola (dopo il 9 giugno decorso) vide dei grossi nugoloni in breve dilegua- tisi, battè ora improvvisamente in uno scoglio; ma non è da accagionarci d'imperizia, perchè fu lo scoglio, che, contro l'ordine naturale delle cose, venne ad urtare. Alludiamo al sequestro, il quale colpì il N° precedente, e di cui i lettori hanno già avuto notizia nella seconda edizione. Nacque il sequestro per opera del locale Capitanato, fu battezzato dalla Procura, e cresimato dal Tribunale Provinciale. J) Noi peraltro, spinti dall'intima persuasione di non avere pubblicato concetti politicamente illeciti, abbiamo prodotto Gravame al Tribunale d'Appello, e ne attendiamo la decisione. 1) Cenno avuto dal locale Capitanato. Conto comunale di previsione per l'anno 1877, approvato nella seduta del 29 settembre decorso. Introito. Affitti di terreni, edificii, pascoli ecc. f. 7163.06— Interessi e capitali cen-suarii, fior. 2862,447, — Effetti pubblici fior. 99.90V2 — Diritti comunali fior. 896 — Incassi diversi fior. 580.94 — Incassi di ar-retrazioni fior. 1715.15 — Eestanze di anticipazioni fior. 800, Insieme fior. 14117.50.— Esito. Imposte erariali fior. 640.17 —Ufficio munic. f. 6747.22 — Polizia urbana e campestre f. 2255 — Pubblica istruzione (e Civica Biblioteca) fior. 5550.85 — Interessi di capitali censuarii fior. 2329.90 — Bistauro di edificii, mantenimento della fontana, delle vie, dei canali ecc. fior. 1750 — Polizia sugli incendi fior. 300 — Illuminazione fior. 980 — Cimitero f. 100 — Beneficenza fior. 2950 — Pensioni fior. 193.33Ì/2 — Spese fisse diverse fior. 813.82 — Affrancazioni fior. 766.66 — Imprevedute fior. 1000 — Antecipazioni fior. 800 —■ Restituzioni a fondi diversi 925. Insieme fior. 28101.SS1^. A coprire la risultante deficienza di fior. 13984. Ah1^, fu deliberato : a) di continuare 1' addizionale del 75% sulla carne, vino e bibite spiritose, la quale darà un approssimativo di fior. 9080 — b) di continuare l'addizionale del 18°/0 sulle dirette, coli'esito di fior. 3914. 23 — c) di continuare l'addizionale sulla birra diminuendola (secondo la determinazione ministeriale) a fior. 1. 70 per ogni ettolitro venduto al minuto; e calcolato il consumo a 453 ettolitri, ne segue un introito di fior. 770. 10. Insieme fiorini 13764. 33. Sottratto questo ultimo importo dall'Esito, rimane ancora la piccola deficenza di fior. 220. 12'/2 la quale verrà coperta con possibili risparmi. Elezioni per la Dieta Provinciale. — L'elezione del deputato pei Comuni foresi appartenenti al distretto elettorale e politico di Capodistria, Pirano e Pinguente seguirà qui il 29 corr. ; qui pure il 4 novembre p. v. seguirà l'elezione del deputato pel distretto elettorale di Capodistria, e di quello pel distretto elettorale di Pinguente con Isola e Mug-gia ; e 1' 8 novembre gli elettori del grande possesso fondiario voteranno a Parenzo. Generosità. — Quello stesso personaggio, cittadino del Regno d'Italia e dimorante a Vienna, il quale dopo il resoconto dell' anno decorso ci aveva spedito fiorini dieci a beneficio dell'Asilo d'infanzia, ripetè giorni fa l'atto filantropico. Nostro malgrado ne dobbiamo tacere il nome per non fare cosa contraria al suo desiderio. Monte Civico. — Sovvenzioni verso pegno nel III trimestre 1876: Introito nel mese di luglio fior. 2789.50; in agosto fior. 1960.50; in settembre fior. 1801 ; insieme fior. 6551.— Esito: nel mese di luglio fior. 2490; in a-gosto fior. 1696; in settembre fior. 1775; insieme fior. 5961. Monte M. P. Grisoni. — Sovvenzioni verso pegno nel III trimestre 1876 : Introito nel mese di luglio fior. 3034; in agosto fior. 2624. 80; in settembre fior. 2149; assieme fior. 7807.50. — Esito nel mese di loglio fior. 2695 ; in agosto fior. 2596 ; in settembre fior. 2597.50; insieme fior. 7888.50. Tiibri nuovi. Musica e Musicisti, critiche, biografìe ed escursioni del Dr. Filippo Filippi. — Milano, G. Brigola, 1876. Il Divorzio, romanzo sociale di F. Melerri di Lorenzo. - Crema, tip. Sociale, 1876. La Storia nelle sue attinenze coli' Economia politica. Saggio di studii critici di G. B. Villari. — Messina, tip. del Pregresso, 1871. Note critiche sopra i Canti di Leopardi per G. Finzi. — Cremona, tip. Ronzi e Signori, 1876. Bollettino statistico municipale di Settembre Anagrafe — Nati (Battezatti) 25; maschi 12, femmine 13. — Trapassati 44 ; maschi 13; (dei quali 8 carcerati), femmine 2, fanciulli 20, fanciulle 10 — Matrimonii 1 — Polizia. Arresti per schiamazzi notturni 3 : per vagabondaggio notturno 1 ; per ferimento 1 ; per accattonaggio 1 — Denunzie in linea di polizia edilizia 4; in linea di polizia annonaria 1 ; per contravv. al regolamento sui mercati 4 ; per furto 4; per schiamazzi notturni 1 ; per malizioso danneggiamento in Cimitero 1; per annegamento 1; per introduzione clandestina di carne macellata 1 ; per contrav. in linea igienica 6; per maltrattamenti 3; per ferimento 2; per contrav. alla polizia sugli incendi 2; per danaro smarrito 2; per contrav. alla legge sulla caccia 2; per opposizione alle guardie 2; per abusivo uso di arma da fuoco 1 ; per minacce 3 — Sfrattati 12 — Usciti dall'i, r. carcere 8, dei quali 4 istriani, 3 dalmati, 1 montenegrino—T.ieenze. d'uc-cellazione 1 ; d'industria (fabbromaniscalco) 1 ; di porto d'armi 11 — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne &, per Ett. 454, prezzo al Litro s. 28 — CertiJìcati per spedizione di vino 152 ; Ett. 264 : 74 di pesce salato 17; Recip. 70; Chil. 3150 (peso lordo) — di olio 4; Recip. 11 ; Chil. 6217 (peso lordo) — Animali macellati. Bovi 65 del peso di Chil. 11368 con Chil. 1079 di sego; Vacche 11 del peso di Chil. 1590 cou Chil. 121 di sego; Vitelli 30; Castrati 267. Emendamento. In alcune copie del N.° prec., nella rubrica dei Trapassati, un errore tipografico fa leggere morta ai 6 Domenica Gravisi d'anni 40. invece di Domenica Giursi d'anni 40. Corriere dell' Amministrazione (dal 22 p. p. a tutto il 6 corr.) Lussinpiccolo. Tito Premuda (ti sem. del II anno) — Ronchi. Paolina De Mori Blasig (idem) — Trieste. Pietro de Almerigotti (II anno); Giovannina Benco (idem). NAVIGAZIONE A VAPORE GIORNALIERA FRA CAPOI>ISTUIA - TRIESTE e viceversa cho intraprenderà il Piroscafo celere ad elice GIUSTINOPOLI Incominciando col giorno 1 Ottobre 1876 fino a nuovo Avviso verrà attivato tempo permettendo il seguente: ORARIO pei giorni feriali Partenza da Capodistria per Trieste alle ore 7 ant. „ » „ * » 10% ant. » r » » » 3 Va pom Partenza da Trieste per Capodistria alle ore 9 ant. , » » » » 12 mer » » 5 pom. per le domeniche e giorni festivi Partenza da Capodistria per Trieste alle ore 7 »/„ ant. » » 10/4 ant. » „ K * n O pom. Partenza da Trieste per Capodistria alle ore 9V« ant. » » * » 12 mer. » » 6i/4pom. Prezzo di Passaggio: indistintamente eoidi 40. I ragazzi sotto i dodici anni pagano la metà. Arrivo e partenza da Trieste, al Molo S. Carlo da Capodistria dal Porto. NB. Le partenze tanto da Trieste quanto'da Capodistria succederanno col tempo medio di Trieste. TRIESTE, nel Settembre 1876. L'Impresa.