Robert A. Hall, Jr. CDV 801.541.2:805.0-087 Cornell University Ithaca ARBITRARIETA' E IMPRECISIONE NEL LINGUAGGIO [In tempi di decadenza] le parole cessano di aver significati fissi (Words cease to have fixed meanings). -Roger Price, The Great Roob Revolution (New York, 1970), p. 51. Chrysippus ait "omne verbum ambiguum esse natura". Diodorus [ ...] autem "Nullum", inquit, "verbum est ambiguum". Aulus Gellius, Noctes Atticae. XII. 12. 1-2. In queste citazioni si rispecchiano gli estremi di due punti di vista opposti con­cernenti il rapporto tra il linguaggio e la realta non linguistica. L'approccio di colo­ro che, come Diodoro e Roger Price, credono che le forme linguistiche abbiano si­gnificati precisi e inalterabili, si definisce normalmente "convenzionalistico", giac­che si presume che l 'uso del linguaggio segue regole e convenzioni che permettono poca o nessuna variazione. Dei due approcci, questo epiu vecchio ed ealla base del­le prescrizioni della grammatica e della lessicografia accademiche. L'opinione del grammatico stoico Crisippo, secondo la quale ogni fenomeno linguistico sarebbe polisemico, eassai meno diffusa tra gli studiosi del linguaggio. Gli estremisti di que­sta scuola sostengono che nessuna manifestazione del linguaggio abbia un significa­to preciso o un rapporto qualsiasi con il mondo reale e che, per conseguenza, il lin­guaggio si riferisca unicamente a se stesso. 1 Questa dottrina ha le sue radici nello "scetticismo radicale concernente il linguaggio" espresso da John Locke nel suo Es­say Concerning Humane Understanding del 1690,2 ed estata esumata nella seconda meta del Novecento dal gruppo parigino dei Telqueliens come Jacques Derrida, Ro­land Barthes, Julia Kristeva e i loro seguaci.3 Per convalidare il loro "scetticismo radicale", i teorici di questo ultimo gruppo citano la dottrina avanzata da Ferdinand de Saussure nel suo Cours de linguistique 1 Cosi da giustificare l'asserzione che nessun testo abbia una qualsiasi validita nel suo rapporto con il mondo reale, dimodoche il critico avrebbe il diritto d.'interpretare il testo come vuole, giungendo a conclusioni spesso fantastiche e in piena contraddizione con il senso ovvio del testo stesso. (Si emani­festata una tendenza simile anche nella scenografia, come per esempio nell'inscenatura iconoclastica del Ring des Nibelungen wagneriano di Patrice Chereau a Bayreuth nel 1976.) Cfr. il libro ls there a text in this class? di Stanley Fish (Cambridge, Massachusetts, 1980) e, per la migliore critica di tali esagerazioni, Alvin B. Kernan, The death of literature (New Haven, Connecticut, 1990). 2 Cfr., Talbot J. Taylor, "Liberalism in Lockean linguistics", Historiographia Linguistica 17.99-109 (1990). 3 Cfr. il mio articolo "Deconstructing Derrida on language", in Tra linguistica storica e linguistica ge­nerale (Pisa, 1985), pp. 107-116; ristampato nel mio libro Linguistics and pseudo-linguistics (Am­sterdam, 1987), pp. 116-122. generale (1916) circa "l'arbitraire du signe", che fraintendono come se si riferisse a una presunta assenza di correlazione tra il "segno" linguistico e la sua referenza nel mondo non linguistico. Infatti, pero, il principio saussureano deli' "arbitrarieta" si basa, non sullo scetticismo lockeano ne sulla nozione stoica della polisemia univer­sale, ma sulla dottrina conosciutissima, sin dal Cratilo di Platone, che il linguaggio non riflette un rapporto inerente e necessario tra parole e cose, ma che e"arbitrario" nel senso che la sua struttura non econdizionata dalla natura dei fenomeni a cui si riferisce, come quando osserviamo che l'animale CANIS DOMESTICUS si chiama in italiano cane, in tedesco Hund, in francese chien, in inglese dog, ecc. Tutto cio non vuol dire, pero, che la scelta del significato di qualsiasi parola o altro tratto linguistico dipenda dal capriccio dei singoli parlanti. Si consideri l'aneddoto seguente: Una volta un uomo disse "Da ora innanzi, la parola gamba non si deve ri­ferire piu alle sole quattro gambe di un animale, ma anche alla sua coda, dimo­doche ogni animale ha ora cinque gambe". Tutti gli altri lo derisero. Alla sua domanda "Perche?" riposero "Perche non importa cio che la si chiami, una coda non euna gamba, rimane una coda, e cosi ogni animale ha.sempre quattro gambe e una coda". Questa storiella si puo interpretare in due modi. La si puo considerare come im­plicante solamente una nuova definizione in senso astratto: se usiamo i termini AP­PENDICE PEDALE per 'gamba' e APPENDICE CAUDALE per 'coda', allora, secondo la nuova definizione di gamba, gli animali hanno infatti cinque "gambe", e gli altri parlanti avevano torto nel deridere l'innovatore. Dall'altra parte, pero, se essi rifiutavano di accettare la sua ridefinizione di gamba, questa era valida sola­mente per lui, e avevano ragione quando risero della sua arbitrarieta. Questo esem­pio dimostra come il fattore determinante nella costanza (relativamente stabile) del significato e il consenso della comunita linguistica, non la volonta dell'individuo parlante (inclusa quella del critico letterario!). A questo punto occorre discutere anche la dicotomia tra "segno" e "significato", che egeneralmente accettata da quasi tutti coloro che si occupano del linguaggio, e che estata ereditata dalla teoria medievale e rinascimentale (lat. sig­nans e signatum, fr. signe e signifie, ecc.). A questa dicotomia sarebbe opportuno sostituire la distinzione triplice tra FORMA LINGUISTICA, SENSO e REFEREN­TE proposta da Ogden e Richards.4 II primo di questi tre termini si riferisce ai feno­meni linguistici percettibili sia dal parlante (o dallo scrivente) che dall'uditore (o dal lettore), mentre il terzo coinvolge il contesto (principalmente non-linguistico) del mondo in cui viviamo. II secondo eil legame che mette in relazione il primo e il ter­zo. II locus existendi del senso di una qualsiasi forma linguistica si trova nella perso- Cfr. C. K. Ogden e l. A. Richards, The meaning oj meaning (Londra, 1923). na di ciascun individuo parlante, e piu specificamente nella "mente" di questo, che si considera generalmente oggigiorno come il cervello.5 Non occorre occuparci, in questa sede, della natura di questo locus existendi, della "mente", se sia puramente fisica o se coinvolga qualche aspetto metafisico, "spirituale" della nostra esistenza.6 E' importante, invece, riconoscere che il senso di una forma linguistica esiste unicamente in ciascun individuo parlante. Se discutiamo il "significato" dal punto della comunita linguistica considerata come un tutto, oc­corre riconoscere che lo si puo fare solamente mediante una finzione, stabilendo un'astrazione basata sull'uso di tutti gli individui componenti il gruppo. Un tale procedimento e perfettamente legittimo, come fu osservato. ottant'anni fa da Hans Vaihinger.7 E' permissibile introdurre una finzione in un'analisi scientifica, purche non si dimentichi di rimuovere la finzione e i suoi effetti dall'analisi prima di giunge­re a una conclusione definitiva. In questo caso, quando discutiamo la semantica (come anche nella nostra analisi di ogni altro aspetto del linguaggio), dobbiamo ri­conoscere che la realta linguistica fondamentale esiste u.nicamente nell'IDIOLETTO, cioe nella totalita del linguaggio del parlante individuale in esse e in posse.8 In quanto all' "arbitrarieta", dobbiamo dunque, come abbiamo gia visto, inter­pretare quel concetto, non come la possibilita che un parlante attribuisca a una for­ma linguistica qualunque senso gli piaccia, a capriccio, ma come l'assenza di un le­game inerente, determinato da qualche forza esterna, tra forma e referente. Quando Crisippo diceva che ogni parola (e, possiamo aggiungere, ogni fenomeno morfologi­co o sintattico) era "ambigua", si trattava invece dell'inevitabile imprecisione nel rapporto tra senso e referente. Questa mancanza di esattezza e dovuta al fatto che tutte le nostre percezioni del mondo in cui viviamo sono imprecise. L'esattezza asso­luta nell'analisi delle nostre esperienze e sempre artificiale, e si puo ottenere sola­mente mediante un'arbitrarieta aprioristica che non esiste, come abbiamo gia visto, nell'uso normale che facciamo del linguaggio, ma che si trova unicamente in artefat­ti come la matematica o la logica formale. Soprattutto le coordinate fondamentali della nostra esistenza, lo spazio e il tempo, sono "senza cucitura", indivisibili. L'introduzione di divisioni in esse si effettua solo mediante un'intervenzione umana, principalmente di ordine linguistico (come nell'aritmetica o nella matemati­ca). Cosi, ad esempio, si ipotetizza l'esistenza di frazioni di un secondo (millesimi, milionesimi, trilionesimi) sulla base di dati ottenuti, non direttamente mediante i nostri sensi ma con l'aiuto di altri mezzi. Se fossero disponibili aiuti ancora piu effi­ 5 Cfr. il mio articolo "Idiolect and linguistic super-ego", in Studia Linguistica 5.21-27 (1951); ristam­ pato ne! mio libro Language, Literature, and Lije (Lake Bluff, Illinois, 1978), pp. 33-37; traduzione italiana "Idioletto e super-io linguistico" in T. Bolelli (cur.) Linguistica generale, strutturalismo, lin­ guistica storica (Pisa, 1971), pp. 335-341. · s Oramai efutile continuare la vecchia disputa tra "mentalisti" e "non-mentalisti", giacche estato dimo­strato che anche i fenomeni chiamati "mentali" si possono interpretare come puramente fisici; cfr. D. M. Armstrong, A materialist theory oj the mind (Londra e New York, 1968). 1 Nel suo libro Die Philosophie des Als Ob (Berlino, 1911). 8 Cfr. il mio articolo "Idiolinguistics", nel Twelfth LACUS Forum (Lake Bluff, Illinois, 1986), pp. 5-18. caci, potremmo distinguere anche quadrilionesimi, quintilionesimi ecc. di secondo, e cosi via ad infinitum. Questo procedimento e altri simili sono basati sulla disponi­bilita di forme linguistiche (in questo caso, di numeri) per riferirci alle nostre unita ipotetizzate. Per il nostro rapporto con la nostra esperienza della vita quotidiana, pero, una tale precisione non ene disponibile ne desiderabile. Le informazioni che riceviamo attraverso i nostri cinque sensi sono sempre imprecise, sempre indistinte intorno ai loro margini, almeno fino a un certo punto, e questo fatto si riflette nella struttura linguistica.9 Possiamo illuderci di avere impressioni precise; ma quando esaminiamo un qualsiasi fenomeno in modo piu dettagliato (per esempio, con una lente d'in­grandimento o con uno strumento simile per l'analisi di fenomeni acustici ecc.) tro­viamo sempre che tali impressioni sono meno esatte di quanto potrebbe sembrare a prima vista. L'esempio piu comunemente citato di questa imprecisione inevitabile e il passaggio continuo e impercettibile da un colore all'altro lungo lo spettro cromati­co: tutte le divisioni che imponiamo tra i colori sono artificiali, come sono anche i termini che usiamo per essi. Dato questo stato di cose, l'imprecisione non esolamente inerente nel rapporto tra senso e referente, ma enecessaria per la comunicazione umana ed einfatti in sommo grado desiderabile. 10 II nostro uso del linguaggio deve essere abbastanza ela­stico per accomodarsi alle somiglianze ricorrenti tra avvenimenti che, in se stessi, so­no sempre unici e irripetibili. Un'assoluta unireferenzialita nelle forme linguistiche sarebbe tale da rendere cosi complicata la comunicazione, e nello stesso tempo cosi limitata, che non potremmo comunicare effettivamente gli uni con gli altri. Quindi, benche ogni forma abbia un senso "centrale" con una referente relativamente predi­cibile, i suoi sensi "marginali" possono e devon o necessariamente essere "indistinti", cosi da essere adattabili alle diverse circostanze in cui possono usarsi. Di piu, col passar del tempo anche il senso "centrale" di una forma varia, e