received: 2006-09-14 UDC 34.04(09)"17" original scientific article LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA' Michele SIMONETTO Istituto per la storia della resistenza e della societa contemporánea della Marca trevigiana, IT-31100 Treviso, Via s. Ambrogio di Fiera 60 e-mail: m.simonetto@libero.it SINTESI Nel secolo delle riforme l'ideologia penale subisce una critica radicale all'in-segna dell'umanizzazione delle pene e della razionalizzazione del sistema. Tradizio-nalmente sono gli intellettuali e gli apparati egemonici che elaborano la costruzione delle rappresentazioni sancendo la legittimitá dei comportamenti e i confini della devianza; da questo punto di vista i pensatori illuministi e i principi riformatori segnano il dibattito sulle riforme nel corso del '700. Ma le nuove dottrine penali ebbero qualche riflesso sull'immaginario, sulla sensibilitá collettivi? Stavano mu-tando o erano mutate, e in quale misura le rappresentazioni del crimine e della giustizia nei macrocosmi della cultura medio-bassa? L'opinione pubblica degli uomini non colti, l"'altro popolo", recepiva allo stesso modo degli uomini colti le suggestioni idealizzate dalle grandi battaglie politiche e dottrinali che si agitavano attorno alla nuova giurisprudenza? Come possono la storia e le scienze sociali interagire (e come l'hanno fatto finora) per tentare di dare qualche risposta a interrogativi che, per certi aspetti, sembrano mettere in discussione i tradizionali capisaldi cronologici ed epistemologici della storiografia sull'illuminismo? Parole chiave: giustizia, illuminismo, opinione pubblica, pena, pena di morte, processo, sensibilitá GUILT, PUNISHMENT, SUFFERING. ENLIGHTENMENT IDEAS AMONG THE LOWEST CLASSES OF HUMANITY ABSTRACT In the century of reform the penal ideology was exposed to radical criticism, aiming at the humanization of the punishments and rationalization of the system. Traditionally, the construction of the representations is formulated by intellectuals 53 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 and hegemonic structures, thus defining the legitimacy of behaviour and borders of deviance. From this point of view, the 18h century debate on reform was marked by Enlightenment thinkers and leading reformers. However, did new penal doctrines affect the imaginary, collective sensitivity? Did the representations of crime and justice in the macrocosms of medium-low culture change or were they changed, and if so, to what extent? Did the public opinion among uneducated classes perceive the suggestions generated by the great political and doctrinal battles permeating the new jurisdiction in the same way as among educated classes?How can history and social sciences interact (and how have they so far) to attempt to provide some answers to questions that somehow seem to doubt the traditional chronological and epistemological foundations of Enlightenment history? Key words: justice, enlightenment, public opinion, punishment, capital punishment, trial, sensitivity "Nell'abbandono della liturgia dei supplizi quale ruolo ebbero i sentimenti di umanita per i condannati?" si chiedeva Michel Foucault in Sorvegliare e punire (Foucault, 1976, 36) e di nuovo Foucault, in altro luogo della sua opera, avanzava l'ipotesi secondo la quale alcune pratiche della giustizia penale, almeno nella Francia del XVIII secolo, non fossero piu accettate dagli strati piu profondi della popolazione.1 Il taglio del volume del filosofo francese non permetteva una verifica puntuale, sulle fonti, di una tale ipotesi di lavoro, rinviando, nell'insieme, a brillanti intuizioni circa il significato ambiguo della pena capitale. "Si vedeva chiaramente che il grande spettacolo delle pene rischiava di essere sovvertito da quegli stessi cui era diretto. Lo spavento dei supplizi poteva effettivamente accendere focolai di illegalita, ma, soprattutto, mai quanto in questi rituali, che avrebbero dovuto mostrare la dimensione abominevole del crimine e l'invincibilita del potere, il popolo si sentiva minacciato da una violenza legale che era senza equilibrio ne misura. Dalla cerimonia dei supplizi, dalla festa incerta in cui la violenza era istantaneamente reversibile, era la solidarieta popolare piu che il potere a uscirne rafforzata. E del resto i riformatori del secolo XVIII non dimenticavano che le esecuzioni, in fin dei conti, al popolo non facevano paura, e una delle prime cose che fecero fu di chiederne la soppressione" (Foucault, 1976, 69).2 1 Ma si veda anche, per l'Inghilterra, Beattie, 1986, 630-631: "There is no doubt that capital punishment was perceived by the end of the century in some segments of the community as cruel and unjust", riconduce questa nuova sensibilita al movimento di opinione che a livello europeo si batteva per una umanizzazione dei sistemi penali. 2 Per chi cerca un'interpretazione del rapporto tra criminalita e pubblico nella societa contemporanea alla luce di rigide categorie freudiane Alexander-Staub, 1978. 54 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 Un primo stereotipo da ridimensionare è dunque quello relativo all'attrattiva che, sulle folle, sul common people, potevano esercitare i pubblici supplizi.3 Richard Evans, in uno studio (Evans, 1996; si veda anche Castan, 1977) sul rito della pu-nizione capitale in Germania dal XVII secolo al 1987 (anno dell'abolizione della pena di morte nella Repubblica democratica tedesca), oltre a criticare Foucault per la sua visione "sado-nietzschiana" della storia, nella quale la crudeltà fisica prenderebbe la forma della liberazione dionisiaca, credeva di provare che le folle, in epoca di antico regime, si mostravano refrattarie nei confronti dei supplizi avvertiti come inutili. E' chiaro che questa evoluzione del sentimento collettivo rinvia, in prima istanza, ad un rifiuto, neanche troppo larvato, di adottare i valori del sistema costituito. In un certo senso si partecipava alle disgrazie del malcapitato, spesso ritenuto innocente, per manifestare il proprio malcontento. Questa partecipazione assumeva forme diversificate, alcune delle quali piuttosto bizzarre. Secondo Antoine Cailleau, autore di una Vie privée et criminelle d'Antoine François Desrues pubblicata nel 1777, appunto Desrues fu giustiziato e bruciato sulla ruota: il corpo di questo mascalzone era stato appena ridotto in cenere che una folla di lavoratori a giornata si mise a setacciarla per trovare delle ossa che furono poi vendute al miglior offerente (Cailleau, 1777, 128). Si credeva che queste ossa avessero un potere magico e permettessero, a chi le possedeva, di vincere alla lotteria. Aggiungiamo che Desrues venne giustiziato per l'assassinio di madame La Motte e di suo figlio, ed era generalmente ritenuto innocente. Le sue umili origini, non meno della sua probabile innocenza, gli fecero guadagnare la simpatia popolare. In ogni caso il luogotenente di polizia Lenoir dovette incaricare dei libellisti di scrivere la versione ufficiale del caso. Non solo era infatti consigliabile fornire le prove del fatto che Desrues aveva commesso l'omicidio, ma anche dimostrare, in linea con l'ideologia ufficiale, che era un mostro malvagio dalla nascita. È significativa questa preoccupazione manifestata dal potere di giustificare presso un'opinione pubblica più ampia e variegata, non necessariamente colta, la condotta e le sentenze di un regio tribunale. 3 Ma vedasi anche, cronológicamente precedente alle tensioni riformatrici del XVIII secolo, l'interessante cenno contenuto nella Prattica crimínale dell'assessore veneto Lorenzo Priori, pubblicata per la prima volta nel 1622, alla voce Delgiudice corrotto nella giustizia: "[...] pero guardasi il giudice [...] di non torturar i rei se non giustamente, precedendo sempre li debiti et convenienti inditii, et di non ecceder il modo, ma servare l'ordinario uso del paese, nel trovare tormenti nuovi et inusitati. Perché procedendo giustamente et christianamente, quando poi seguisse per la tortura la morte d'alcun reo torturato legittimamente, il giudice non merita alcuna pena. Ma pur perché tali accidenti sono molto pericolosi et scandalosi, rispetto ch'il popolo sentendo la morte d'un reo seguita per li tormenti s'eccita grandemente alla tumultuazione contra il medesimo giudice, deve percio con molta prudenza prevedere tutte le cose a fin che non segua tal disordine" (Priori, 2005, 169). 55 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 Talora, come è noto, il deviante diventava l'eroe popolare.4 Era sufficiente che il crimínale fosse visto come ribelle all'ordine costituito: Fra Diavolo, i banditi romani, Cartouche, gli eroi celebrati dalla Bibliotheque bleu ottimamente studiata da Roger Chartier (Chartier, 1988). I criminali che sembravano attirare l'autentica riprovazione del popolo erano i bestemmiatori, i sacrileghi, coloro che minacciavano alla vita del re. E' il caso di Damiens, giustiziato per l'attentato a Luigi XV nel 1757, o del cavaliere de la Barre, accusato di aver fatto a pezzi una statua della vergine nel 1766. Nel dicembre 1758 un certo Maurice de la Motte era condannato a morte per discorsi sediziosi contro il sovrano. In realtà non aveva fatto altro che criticare il modo in cui era stato condotto il processo contro Damiens. Una grande folla assistette all'esecuzione ma i sentimenti che essa esprimeva questa volta erano in favore del condannato. Come riferiva Jean François Barbier nel suo Journal, molti mormo-ravano che non si poteva essere messi a morte per parole o semplici scritti (Barbier, 1847-1856, IV, 287-289). Insomma, muoia pure chi attenta alla vita del sovrano ma si salvi chi ha semplicemente espresso un'opinione. In questo caso, ragionando nei termini di Emile Durkeim, la risposta punitiva del potere non aggancia i sentimenti collettivi ma se ne discosta stimolando un meccanismo di rottura opposto a quello sostenuto da un potere che interpreta la pena in chiave di coesione sociale.5 In Francia e in altri paesi europei, come testimoniano tra l'altro le cronache delle gazzette, gli scandali giudiziari riscuotevano interesse, attenzione e partecipazione in larghi strati dell'opinione pubblica. "Gli scandali giudiziari suscitano emozioni intense, inducono critiche contro il diritto e chi lo applica. Perché l'effetto sia massimo conviene che un innocente sia condannato alla pena di morte, è allora che l'errore ha più chance di provocare l'emozione popolare e l'indignazione dei profes-sionisti" (Schnapper, 1990, 411). Ma qui saremmo al fallimento dello stato come educatore, per dirla con Gramsci (Gramsci, 1975, 678). L'opinione pubblica non interviene più come sanzionatrice di un'attività punitiva volta a creare un nuovo tipo di civiltà. Su un altro versante tuttavia Alexis de Tocqueville, ne L'ancien Régime et la Révolution, insisteva sulla pedagogia negativa dello stato quando poneva l'accento su certe forme della giustizia criminale nei confronti del popolo. Il cittadino "se aveva da fare con lo stato, trovava soltanto [...] tribunali straordinari, giudici 4 La letteratura abbonda come gli studi che si sono occupati del fenomeno, Roberto De Romanis, in una raffinata disamina ha affermato che "la contraddittoria percezione del criminale, agente temutissimo di disordine e al tempo stesso figura eroica e/o divertente, puó essere certamente spiegata considerando che il criminale era - ed e sempre - 'un mito di negoziazione', che puó quindi trasformarsi facilmente in un eroe positivo per quella parte di societa che non puó, non sa riconoscersi nella Legge e nel sistema che lo condannano" (De Romanis, 1999, 82). 5 Garland, 1999, 75, ove tuttavia Garland ricorda come Durkheim concepisca la pena come una funzione utile e necessaria "per il mantenimento dell'ordine sociale ma che, di fatto, e un prodotto meccanico, non intenzionale, essendo dovuta, in prima istanza, a una reazione morale collettiva e non a una pianificazione strategica". 56 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 prevenuti, una procedura rapida e illusoria, una sentenza esecutiva per ordinanza e senza appello [...] spesso l'uomo [...] arrestato rimaneva a lungo in prigione prima di poter parlare al giudice, sebbene gli editti dicessero che l'arrestato doveva essere interrogato entro le ventiquattro ore [...]. Cosi un governo mite e solido insegnava ogni giorno al popolo il codice di procedura criminale più adatto a tempi rivoluzio-nari e più comodo per la tirannia. E questa scuola era sempre aperta. Sino all'ultimo l'antico regime diede alle classi basse questa pericolosa educazione", e Tocqueville concludeva riflettendo in prospettiva, "oserei dire, perché ne ho le prove in mano, che gran numero dei procedimenti impiegati dal governo rivoluzionario hanno avuto precedenti ed esempi nelle misure che erano state prese riguardo al basso popolo durante i due ultimi secoli della monarchia. L'antico regime ha fornito alla rivo-luzione molte delle su forme; essa non ha fatto altro che aggiungervi l'atrocità del proprio genio" (De Tocqueville, 1989, 239-240). E' comunque importante rimarcare che questi scandali hanno caratteristiche in parte diverse da quelli che avevano provocato la discesa in campo di Voltaire negli affari Calas e Sirven, vicende dal retroterra religioso che rivelavano l'intolleranza di certi magistrati e delle gerarchie ecclesiastiche. Ora ne sono coinvolti affari di diritto comune e milieux più modesti: vagabondi, poveri contadini ecc., e con queste figure sociali l'identificazione popolare è più facile. L'effetto di questi scandali è in ogni caso devastante. Veicolano infatti una diffidenza crescente della popolazione contro l'ordine giudiziario, l'arbitrio della procedura, i pregiudizi, la parzialità, la negligenza dei magistrati. Nondimeno l'affaire Calas ci puó dire alcune cose. Per l'analisi storica di oggi ogni violenza fanatica è il trionfo di forze collettive irrazionali. Eppure, parados-salmente, puó non essere cosi nel mondo dei lumi, quello che fa da sfondo al caso Calas. Lo si puó misurare nell'ambiguità di quella vicenda, ambiguità nel mondo stesso dei lumi: da un lato l'intervento di Voltaire pone l'esecuzione di Toulouse come un crimine del fanatismo; dall'altro i giudici potevano legittimamente con-siderarsi come servitori dell'antifanatismo nella repressione esemplare di un crimine di religione. In un certo senso l'esecuzione di Calas è un atto dei lumi. Questa ambiguità testimonia una mutazione dell'ordine dei valori e delle rappresentazioni collettive. Toulouse, con l'affaire Calas, passa dalla tolleranza passiva (la convivenza tra calvinisti e cattolici era ormai un dato acquisito) alla tolleranza attiva. Beninteso, nella prospettiva dei tempi né un esecuzione né il clamore suscitato dalle prese di posizione di Voltaire avrebbero potuto, da soli, generare un mutamento delle atti-tudini collettive. Tutt'al più hanno potuto accelerare sia la decomposizione della vitalità primordiale del sentire religioso; sia la definizione di un nuovo milieu sociale caratterizzato dalla coesistenza religiosa, con il primato implicito della società civile, società che si considera come storicamente, ovvero spiritualmente superiore alla società religiosa e i cui valori fondamentali sono quelli dell'umanità, del senso 57 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 concreto della vita, della sofferenza del sangue umano, ed è un fatto, per esempio, che si assista alla lenta decrescita dell'affluenza delle masse alla processione di maggio che rievoca il massacro degli Ugonotti del 1562. Se molte fonti convergenti sembrano indicare un mutamento della mentalité collettiva, un'evoluzione nella percezione dei fatti del diritto e del sistema giudi-ziario, alcuni studiosi hanno negato che nelle società di antico regime si sia verificato un cambiamento reale e misurabile. Benoit Garnot (Garnot, 1994), per esempio, mettendo in guardia contro quelle che ha definito le illusioni della storia criminale, ha infatti colto uno iato incolmabile tra la mentalité degli attori del cambiamento sociale individuati nei giudici francesi del XVIII secolo, con la loro strategia pedagogico-politica antiviolenta e legalitaria, e la cultura popolare che avrebbe resistito in senso contrario. Allo stesso modo Richard Andrews (Andrews, 1994) poteva insinuare che la vera cultura legalitaria era proprio quella dei tanto vituperati (dagli illuministi) Muyart de Vouglans, i cui testi giuridici, impregnati dalle teorie del diritto naturale ispirate, tra gli altri, da un redivivo Jean Domat, sarebbero stati finalizzati a favorire una guida per la protezione dalle passioni dei giudici. Il tentativo delle élites sarebbe insomma stato quello di creare l'homme policé, l'uomo civi-lizzato a immagine e somiglianza del potere stesso.6 La questione credo ritorni al punto rispetto al quale l'avevamo lasciata, cioè il senso di quello spazio pubblico, opinione pubblica che, a partire da un fortunato lavoro di Jurgen Habermas (Habermas, 1988), ha contribuito a smuovere le discus-sioni sull'illuminismo degli ultimi decenni. Un momento chiave di quel libro era costituito dall'affermazione secondo la quale durante la rivoluzione francese entra in funzione nello spazio di un istante una sfera pubblica liberata dal suo aspetto let-terario.7 Va da sé che la nuova concezione della sfera pubblica sembrava essere una categoría che si accordava molto bene con il tentativo di alcuni storici di focalizzare il loro interesse sul dissenso sociale e sui gruppi tradizionalmente senza storia che, al contrario, ora potevano essere considerati agenti attivi e studiati al loro interno con 6 In questo solco di indagine potrebbe inserirsi lo studio di Hespanha (1993), volto riflettere sugli stereotipi culturali dei giuristi e magistrati spagnoli di antico regime. In particolare il cuore del libro affronta i concetti di gratitudine, carita, amore, servizio. Il concetto di amore, per esempio, rinvierebbe a un modello legale tipico dell'Europa moderna. Nel regno della tradizione cristiana si afferma un progetto di una comunita basata su legami di amore per il prossimo sanzionato dai giuristi nel momento in cui essi teorizzano la necessita che il giudice tenga conto del contesto nel quale affonda le radici il caso. Di fatto Hespanha esorta a riflettere sul fatto che il diritto e le istituzioni legali sono insufficienti per spiegare la variegata origine delle norme nel momento in cui rappresentano solo una piccola parte del "moral framework" delle societa di antico regime. Di circostanze del crimine parla invece Porret, 1995. Qualche spunto nella direzione di un'accentuazione dei legami tra mentalita giuridica e riformatori esistente in America in Friedman, 1993, 62. 7 Naturalmente non e qui il caso di fornire una bibliografía dettagliata su un argomento tra i piu discussi negli ultimi vent'anni, si vedano comunque alcuni bilanci in Brooke, 1998; Calhoun, 1992; Jacob, 1994; La Vopa-Goodman, 1992. 58 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 riguardo all'emergere di una sorta di autoscienza storica e di classe. Pionieristico in questa direzione Edward Thompson e il suo The Making of the English Working Class (cfr. Thompson, 1964).8 Arlette Farge9 ha portato avanti importanti ricerche in questa direzione tentando di far parlare segmenti dell'opinione pubblica popolare. Da un lato il potere nega al popolo il diritto e la competenza di giudicare gli affari del proprio tempo.10 Dall' altro, tuttavia, quello stesso popolo, le sue opinioni, i suoi atteggiamenti, sono l'oggetto di una sorveglianza politica e di polizia molte stretta: questo vale per la Francia, per Venezia, per altri stati europei di antico regime. I quartieri delle citta, le osterie, le viuzze, i mercati, i bassifondi brulicano di conversazioni che confidenti e spie raccolgono con minuzia maniacale. Insomma il popolo, la populace, il common people non ha atteso ne l'autorizzazione delle corti, ne quella degli intellettuali per farsi un'opinione della cosa pubblica. Discreditato come soggetto politico, superoggetivato sotto le categorie del potere, autoorganizzato in modalita comunitarie, il popolo del XVIII secolo sembra miscelare gli stessi ingredienti delle minoranze d'oggi: siano gli immigrati senza permesso di soggiorno, i consumatori di stupefacenti, i disoccupati. 8 Per una discussione sugli esiti della ricerca di Thompson cfr.Kaye, McLelland, 1990. 9 Farge, 1992; ma anche, in traduzione inglese, la sola che ho potuto vedere Farge, 1993. La stessa autrice, con Jacques Revel, ha avanzato importanti riflessioni in Farge-Revel, 1991. 10 Il tema delle competenze che le lower classes acquisiscono in determinati settori della vita sociale e istituzionale costituisce un altro motivo di notevole interesse storiografico. Importanti indicazioni metodologiche mi pare possano venire da Frank, 1999, anche se per un periodo e per un contesto avulsi da quelli di cui ci stiamo occupando. Nella Russia imperiale Frank tenta di cogliere i rapporti tra stato e società focalizzando la sua attenzione sugli stereotipi costruiti dalla società contadina, l'autore crede di dimostrare che le popolazioni rurali erano in possesso di una visione del crimine e della giustizia più sofisticate di quanto si possa pensare. Secondo questa ricostruzione le percezioni delle elite e quelle dei contadini si ponevano entro universi divergenti ma paralleli. Gli abitanti delle campagne sarebbero stati del tutto consapevoli dei preconcetti delle elite e avrebbero dispiegato strategie atte a manipolare e a volgere questi preconcetti a proprio vantaggio. Significativa ai fini dello studio di queste problematiche la vicenda di Pantaleon Gougis analizzata da Garnot, 1994. Al "legal behavior" rinvia Friedman, 1984, 199 ss., e, in generale, il classico Friedman, 1978. Non sono naturalmente da dimenticare i contributi di Michel Foucault sulle lettres de cachet, ove il filosofo francese mette in evidenza come questi strumenti del potere non assicurano "soltanto l'irruzione spontanea dell'arbitrio regio nell'elemento più quotidiano della vita [ma] piuttosto la distribuzione secondo circuiti complessi e in tutto un gioco di domande e risposte. Abuso dell'assolutismo? Puo darsi; tuttavia, non nel senso che il monarca abuserebbe puramente e semplicemente del suo potere, ma nel senso che ognuno puo usare per sé, per i propri fini e contro degli altri, l'enormità del potere assoluto: una sorta di messa a disposizione dei meccanismi della sovranità,una possibilité data a chi sarà abbastanza astuto da captarli, da deviarne a proprio favore gli effetti. Da qui una certa serie di conseguenze: la sovranità politica viene ad inserirsi al livello più elementare del corpo sociale; da soggetto a soggetto - e si tratta a volte dei più umili -, tra i membri della stessa famiglia, nei rapporti di vicinato, d'interesse, di mestiere di rivalità, d'odio e d'amore, si possono far valere, oltre alle armi tradizionali dell'autorità e dell'obbedienza, le risorse di un potere politico che ha la forma dell'assolutismo; chiunque, se sa giocare il gioco, puo diventare per l'altro un monarca terribile" (Foucault, 1997, 255). 59 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 Le discussioni sul concetto di opinione pubblica e sulle ricerche degli storici che hanno tentato di applicare il modello di Habermas si sono concentrate sulle sempli-ficazioni che inevitabilmente sono state indotte da una pedissequa lettura di quel-l'opera. La sfera pubblica è stata sussunta sotto una categoria senza uguali e on-nicomprensiva come se costituisse un'unica persona dotata di soggettività, di ragione, intenzionalità, volontà, sensibilità uniche. I singoli scompaiono, emerge l'elemento massa, ma ancora poco sappiamo circa i reali movimenti delle soggettività e quando qualcosa sembra filtrare dalle maglie serrate del discorso giuridico veicolato dagli operatori del diritto, rimane il dubbio circa la verosimiglianza delle informazioni che ricaviamo e la plausibilità di quelle che crediamo spesso tecniche raffinate d'inter-pretazione. È del resto indubbio, come ha fatto rilevare Roger Chartier, e seguendo le tracce segnate da Lawrence Stone il quale aveva di fronte l'esempio della prima rivoluzione inglese (Stone, 1982), che il discorso pubblico e il relativo linguaggio nella Francia prerivoluzionaria sono impregnati dall'ideologia e dal vocabolario giuridici "puisque [...] le lexique du droit et les procédures judiciaires ont offert leurs ressources pour que des conflicts particuliers, localisés, inscrits dans l'ordre du privé, soient constitués en causes générale et publiques. Persons aux procès intentés par les communautés rurales à leur seigneur, ou à ceux engagés par les compagnons des métiers citadins, ou ancore aux stratégies déployées par les mémoires judiciaires devant une opinion publique, à la fois invoquée et instituée" (Chartier, 2000, 246), ma, prosegue Chartier prendendo in esame la più classica delle fonti, nei cahiers questo linguaggio lascia "peu de place aux demandes les plus directment inspirées par la letterature philosophique [...] pourtant, comme les cahiers le prouve à l'envi, le langage du droit demeure à la fin de l'Ancien Régime une ressource fondamentale pour formuler tant les antagonisme qui déchirent la société que l'esperance de riforme adressée au souverain. L'égémonie intellectuelle des Lumières n'a donc pas détruit la culture juridique porte par un monde nombreux d'hommes d'office et d'hommes de loi dont le langage, tout à la fois, esprime et distord les aspirations des comparants de 89. Le nouvel espace public instauré par la Révolution n'est pas plus destructeur puisque, en 1789 et 1790, l'argumentation politique, telle que la manie tout un monde d'avocats, introduit volentiers la rhéthorique judiciaire dans une forme consacrée - celle du catéchisme - pour énoncer l'ordre neuf (Chartier, 2000, 251-253). Ma, a riprova di un'infiltrazione verso gli strati sociali più bassi di codici e linguaggi mutuati dall'ordine legalitario, Robert Darnton ha brillantemente anatomizzato un episodio di ribellione nella Parigi del XVIII secolo ove un gruppo di apprendisti tipografi, esasperati dalle angherie del padrone, inscenano un processo e una spettacolare ese-cuzione dei gatti tanto amati dal loro datore di lavoro (Darnton, 1988, 122-125). Mai come in questo caso urge, se possibile, da parte dello storico, una conta-minazione con altre discipline a partire dall'antropologia, tuttavia non prima di aver 60 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 provato a chiarire nuovamente le implicazioni di un'astrazione che già Kant nel canonico Was ist Aufklärung? aveva di fatto provveduto a circostanziare marcando la dissonanza esistente tra l'universalità teoretica del concetto di pubblico e la sua com-posizione effettiva.11 Mona Ozouf ha ricordato come il pubblico non sia il popolo, anzi, al tramonto dell'ancien régime in Francia l'opinione pubblica, negli scritti degli intellettuali riformatori, sia l'esatto contrario dell'opinione del più gran numero (Ozouf, 1989, 28). D'altra parte il Condorcet del Tableau Historique invitava a studiare la "massa" degli uomini "(la parte più significativa della storia umana"): vista come altra, appunto, dal pubblico colto, basandosi su rigorose osservazioni. "La legge scritta e la legge eseguita - scriveva Condorcet - i principi di coloro che governano, e il modo con cui la loro azione viene modificata dallo spirito di quelli che sono governati; l'istituzione cosi come promana dagli uomini che la creano e l'istituzione realizzata; la religione dei libri e quella del popolo; l'universalità apparente di un pregiudizio e l'adesione concreta ch'esso ottiene, possono differire talmente che gli effetti non corrispondono più, in modo assoluto, a quelle cause pubbliche e conosciute. È a questa parte della storia umana, la più oscura e la più trascurata, e per la quale i monumenti offrono poco materiale, che in questo quadro ci si deve soprattutto applicare. E, sia che ci si renda conto d'una scoperta, di una teoria importante, d'un nuovo sistema giuridico, d'una rivoluzione politica, ci si occuperà di determinare quali effetti ne sono risultati per la maggioranza di ogni società. Perché é proprio questo il vero oggetto della filosofia, in quanto tutti gli effetti intermedi di queste cause possono essere considerati soltanto come mezzi per agire, infine, su quella parte che costituisce la vera massa del genere umano" (Condorcet, 1989, 298299). So bene che esiste un problema, per certi aspetti insuperabile, di fonti e di interpretazione di queste. Nel nostro caso suppliche,12 denunce segrete,13 cronache, diari, processi, lettere di carcerati, riferte di confidenti, allegazioni di avvocati e causidici. Qualche indicazione sembra emergere ma un lavoro sistematico e capillare, condotto tra l'altro con metodi adeguati e con capacità ermeneutiche collaudate é da fare. Non di rado, anche nei nostri studi, l'anedottica e i quadri impressionistici hanno surrogato ricerche più approfondite. Un mutamento della sensibilità collettiva (provo ad usare anch'io questo termine anche se mi rendo conto che possa suscitare discussioni e perplessità) si registra forse prima dell'irruzione della cultura delle riforme nel '700? L'interrogativo riguarda diverse realtà come ha ipotizzato Paul Spierenburg notando che, per esempio, nella seconda metà del Settecento, l'abolizione della tortura in molti paesi dipende proprio 11 Su questo aspetto dello scritto di Kant cfr. Foucault, 1982. 12 Su questo tema é d'obbligo il rinvio a Nubola, Würgler, 2002. 13 Fondamentale ora Preto, 2003. 61 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 dal cambiamento della sensibilitá in larghi strati delle societá occidentali piu che dalla diffusione delle idee illuministe che, semmai, non avrebbero fatto altro che ri-esporre tesi giá dibattute da secoli.14 Paul Hazard avrebbe parlato, in senso piu largo, di crisi della coscienza europea (Hazard, 1961). Il grande rituale delle esecuzioni capitali pubbliche viene meno a Venezia agli inizi del '700. Qualcuno ha scritto che l'ultima esecuzione pubblica avviene nel febbraio 1710. Una cronaca del tempo ci restituisce la descrizione di un evento nel quale la folla si sarebbe prodigata a gettare cuscini e materassi lungo le calli e i ponti per i quali il condannato era trascinato dal cavallo onde attutire la sofferenza del corpo sul selciato. E' tutto quello che sap-piamo,15 per ora, né sono riuscito a cavare piu di tanto da una ricerca che ho effettuato. Tuttavia le riflessioni che si possono formulare sono simili a quelle giá avanzate in precedenza circa l'atteggiamento della folla nei confronti degli spettacoli delle pene capitali e, in genere, dell'economia della punizione, registrando tutto som-mato una continuitá secondo tratti caratteristici ricorrenti nella letteratura, quando non si faccia invece ricorso a piu raffinate e sfuggenti interpretazioni che potrebbero per esempio rinviare al concetto di "risentimento" formulato da Adam Smith nella sua Teoria dei sentimenti morali: in questo caso si connette ad un'emozione (piu attiva dell'astio o del dispiacere) che sollecita nell'intimo dei singoli il bisogno di intraprendere un'azione per riparare un'ingiustizia. Si legga, nel caso delle reazioni popolari alla crudeltá dei supplizi, una larvata contestazione del potere. E stato peraltro sottolineato il carattere ambivalente delle storie criminali cosi come traspaiono dai processi e dai resoconti relativi alla fasi finali di queste vicende, come ha scritto Adriano Prosperi circa il caso dell'infanticida Lucia Cremonini: "la Lucia che con gli occhi fissi alla 'tavoletta' (cioe all'immagine di Cristo crocifisso impugnata dal confortatore) si avvia al patibolo per offrirvi un esempio di morte cristiana non e piu l'infanticida condannata ed esecrata. E una donna coraggiosa che fa mostra del suo essere pentita e accetta la propria morte. Lo fa in un modo cosi 14 Spierenburg, 1984, 191 (ripreso da Garland, 1999, 268, studio assolutamente indispensabile per un primo approccio ai temi in questione) seguito da Green, 1985, 123; Beattie, 1986. Su questa linea anche, mi pare, Meranze, 1996. Sui casi di coscienza dei giudici popolari di fronte alle prospettive della condanna Greene, 1985; contrario a questa tesi McFarlane, 1981, 173. In ogni caso sulle riforme di fatto introdotte in Inghilterra nella tarda etá moderna cfr. Sharpe, 1990, 497-499. Sul tema da vedere anche Masur, 1989; Harding, Ireland, 1989. Tuttavia lo studio storico delle rappresentazioni sociali nel basso popolo e del rapporto tra queste e le categorie dell'illuminismo mi pare ancora da fare. Il problema e sfuggente e solo sociologi e studiosi di psicologia sociale, per altri ambiti, hanno a suo tempo tentato di intraprendere questa strada, per esempio Serge Moscovici il quale, in uno studio ormai classico, utilizzando il metodo dei sondaggi e scavando fra le pagine di centinaia di periodici a larga diffusione nella Francia degli anni '50, tentó di capire come il sapere psicanalitico si fosse diffuso nei diversi settori della popolazione francese (che cosa sapeva la gente di Freud, delle teorie psicanalitiche, delle sue applicazioni pratiche?); Moscovici, 1961. 15 Ce ne ha parlato Puppi, 1988; cfr ora Puppi, 1990. 62 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 intimamente convinto da apparire agli occhi dei confratelli 'confortatori' come una santa che si avvia al martirio, legata ala comunità dei credenti dalle comuni preghiere pronta ad affrontare il viaggio verso il Paradiso. Se Lucia appare trasformata nem-meno gli altri sembrano più gli stessi. La giovane donna orfana e povera, quando era stata imprigionata e processata per infanticidio si era vista oggetto di un'attenzione istituzionale efficiente e distaccata, quasi un oggetto trascurabile agli occhi di un tribunale che doveva fare il suo lavoro e che lo sbrigó nel più breve tempo possibile. Una volta pronunziata la sentenza, tutto era cambiato: era stata trattata con ogni cura da membri importanti della società, le sue parole erano state ascoltate e registrate con devozione partecipe, i suoi atti avevano ricevuto l'attenzione di una folla commossa. L'esecrazione che aveva dettato parole di condanna perfino alla madre ora era stata sostituita da un atteggiamento compassionevole e solidale. L'atto dell'esecuzione che doveva essere il momento culminante del percorso punitivo, la morte che doveva retribuire il delitto nefando, si erano trasformati nel rituale collettivo di un perdono reciprocamente chiesto e concesso da tutti. Se nel palazzo Pietramellara i confratelli di Santa Maria della Morte avevano dimostrato dedizione affettuosa e partecipazione alle sofferenze della giovane donna che stava per incontrare la morte, nell'affollata Piazza Maggiore della città è tutta la folla che partecipa al rito della morte e stringe con la condanna un vincolo di fraternità fondato sul reciproco perdono. La pena è il prezzo da pagare per la Grazia; la morte del corpo diventa l'offerta necessaria per la salvezza eterna dell'anima. Il perdono è l'altra faccia della punizione. Al termine del rito della giustizia Lucia Cremonini non è più l'infanticida respinta dal consorzio umano perché colpevole di un delitto nefando, degna di essere rigettata dalla razza umana: con lei pentita e pronta a morire, la folla si è riconciliata. Chi la manda a morire lo fa chiedendole perdono e protezione dall'aldilà, come ad una santa ancora viva. E lei, condannata per il crimine ma assolta dal peccato, affronta la morte accompagnata dal pentimento e dal perdono della città" (Prosperi, 2005, 316-317). Il problema è che sovente le fonti, pensiamo alle relazioni di giustizia, tra le più utilizzate, rischiano di trasmetterci ancora una volta informazioni distorte sull'immaginario collettivo che si smuove e si agita attorno agli spettacoli dell'ultimo supplizio, dato che si tratta di documenti (lo sguardo bianco del potere come lo definiva Michel Foucault; Foucault, 1997, 257) che rivelano piuttosto gli obiettivi pedagogici dell'autorità,16 ovvero, parafrasando il titolo di una ricerca collettanea di alcuni anni fa, ció che il potere vuole narrare al popolo (De Romanis, Loretelli, 1999; da vedersi anche Baronti, 2000). In questo senso Furio Bianco, e penso che avrà occasione di ritornarci in questo convegno come del resto Mario Infelise che tratterà proprio del tema della circolazione delle informazioni nelle società di antico regime, ci ha messo in guardia nell'impiego di questo tipo di letteratura.17 16 Su cui, per esempio, Lüsebrink, 1979. 17 Bianco sostiene di aver studiato i riti dell'ultimo supplizio per "capire attraverso l'analisi dei testi la 63 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 Qualche decennio più tardi, a Padova, dove le pubbliche esecuzioni non sono cessate (ce ne offre un esempio la cronaca del Gennari; Gennari, 1982, 160-199 e 199) si parla nelle botteghe e nelle osterie di questi macabri spettacoli. Qualcuno non manca di coglierne il marchio anacronistico come un facchino che si lascia sfuggire apprezzamenti compromettenti sull'inutilità dei supplizi e, addirittura, radicali ne-gazioni circa l'opportunità che, per un qualsiasi motivo, uomini, sia pur legalmente, possano togliere la vita ad altri uomini (ASV, 3). Siamo al venturiano diritto di punire (Venturi, 1970, 125), in questo caso sembra quasi impossibile prescindere dagli effetti, più o meno sotterranei, di una larga diffusione della letteratura rifor-matrice. Gli interrogativi che simili esempi sollevano riguardano, naturalmente, la possi-bilità di trovarci di fronte ad un'evoluzione del senso, del concetto di giustizia in queste società di antico regime.18 Che siano un cristianesimo redivivo, una nuova concezione dei diritti umani, nuovi ideali civili a sostenere/ovvero esprimere, i muta-menti della sensibilità collettiva e dei singoli individui?19 Voltaire, dall'alto dei suoi sfavillanti paradossi, discutendo "du juste et de l'injuste" nel Dictionnaire philosophique, tributava un convinto omaggio alle facoltà conoscitive della ragione individuale guidata dal Supremo ordinatore, in ultima istanza la natura che persuade l'uomo a scegliere tra le opinioni probabili quella meglio rispondente ai sommi criteri visione del mondo e l'immagine della giustizia e del potere proposte al popolo"; non meno rilevanti le brevi osservazioni metodologiche circa l'impiego delle fonti in questo settore della ricerca storica: "Per superare le reticenze e le ambiguità delle Relazioni di giustizia e i limiti strutturali della finzione letteraria, per avere un quadro più realistico della cerimonia di giustizia è necessario ricorrere ad altre fonti. In primo luogo ai resoconti di viaggio e alla annalistica cittadina, difficilmente perseguibili dalla censura e per buona parte affrancati da qualsiasi preoccupazione moralistica-pedagogica che non fosse derivante dalle scelte e dai convincimenti personali dell'autore. Ma pensiamo, soprattutto, ai documenti figurati - disegni, incisioni, pitture, ecc - che [...] qualche volta integrano il testo scritto delle relazioni' (Bianco, 2001, 11, 61). Non è tuttavia da ignorare l'avvertimento di Michel Foucault il quale scriveva che "in tutta questa letteratura di delitti [...] non dobbiamo, senza dubbio, vedere una espressione 'popolare' allo stato puro, ma neppure solo un processo concertato di propaganda e moralizzazione, venuto dall'alto; è un luogo dove si incontravano due implicazioni della pratica penale, una sorta di fronte di lotta attorno al delitto, alla sua punizione, alla sua memoria. Se questi racconti possono venire stampati e messi in circolazione, è perché ci si attende da essi effetti di controllo ideologico, favole veridiche della piccola storia. Ma se essi vengono recepiti con tanta attenzione, se fanno parte delle letture di base per le classi popolari, è perché queste vi trovano non solo ricordi, ma punti di appoggio; l'interesse di 'curiosità' è anche interesse politico" (Foucault, 1976, 73). 18 In un senso parzialmente diverso da quello magistralmente tratteggiato per la cultura colta da Prodi, 1999. Deludente la trattazione del tema, soprattutto in relazione ai mutamenti indotti dagli stereotipi illuministi, di Garland, 1999, 247. 19 Parlando di ideología degli avvocati penali veneti Gaetano Cozzi ha parlato di conflitto tra queste fonti di ispirazione e le leggi venete e comuni; Cozzi, 2000, 217. Ma la tematica dei diritti umani non è ancora pienamente sviluppata nell'ambito degli studi sull'illuminismo, esigenza avanzata invece da Ferrone, 2003. 64 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 dell'umanità, ergo ai canoni della giustizia. La cultura greco-giudaica, il cristiane-simo, perché no, anche il probabilismo di ispirazione gesuitica inscritti nel codice genetico della civiltà occidentale, fanno da sfondo alla presa di posizione di Voltaire.20 Perché non pensare invece che proprio nell'età delle riforme il lungo scavo, l'impegnativo lavorio nella coscienza collettiva di tanti intellettuali, dai Voltaire ai militanti della Grubb street, volto a ricostruire il senso di appartenenza ad una comunità civile redenta dalle ingiustizie secondo gli archetipi delle poleis greche, non abbia insegnato ad aver fede in un mondo più giusto ove si ottiene ció che si merita? Si noti che in questo caso la fede in un mondo giusto soddisfa un bisogno di controllo in quanto fa della giustizia una faccenda che non dipende dalla sorte, dall'intervento divino o da altre cause esterne a noi. L'illusione di esercitare un controllo sulla giustizia da in un certo senso sicurezza, perché permette di credere che il male difficilmente capita alle brave persone, a chi si comporta correttamente e intelligentemente. Ma, al contrario, se il mondo non fosse giusto, o manifestasse segni palesi di un'incipiente ingiustizia, se non funzionasse secondo una logica di equità verrebbe meno il pactum unionis, il fondamento stesso dello stare insieme in società. Sarebbe allora lontano dal vero supporre che il potere, di fatto, assecondi i grandi mutamenti culturali e, per dirla con David Hume, tenda, nei momenti "normali", ad appoggiarsi sulla pubblica opinione? "It is on [...] opinion only that government is founded".21 Se il sostegno e la solidarietà popolari nei confronti del fenomeno del banditismo in alcune aree subculturali come quella friulana del Settecento (Bianco, 1990, 115 e ss.) non meravigliano si puó tentare di scavare, sia pur molto sommariamente, in altri ambiti cogliendo indizi sia pur frammentari di un evoluzione delle coscienze. Il modenese Giovanni Manghi, responsabile di un furto a Bologna viene condannato a morte. Quando gli comunicano la notizia del verdetto "fece molto strepito dicendo 20 "Chi ci ha dato il senso del giusto e dell'ingiusto? Dio che ci ha dato un cervello e un cuore. Ma quand'é che la nostra ragione ci insegna che c'é vizio e virtu? Quando ci insegna che due piu due fanno quattro. Non esiste una conoscenza innata, per la ragione che non esiste alcun albero che abbia gia foglie e frutti uscendo dalla terra. Non c' é nulla di innato, ossia di gia sviluppato alla nascita [...]. Non si tratta dunque se non di servirci della nostra ragione per distinguere le sfumature dell'onesto e del disonesto. Il bene e il male sono spesso vicini; le nostre passioni li confondono: chi ci illuminera? Noi stessi quando siamo tranquilli. Tutti coloro che hanno scritto sui nostri doveri hanno scritto bene in tutti i paesi del mondo, perché si sono lasciati guidare dalla ragione [...] Dio aveva concesso la conoscenza del giusto e dell'ingiusto in tutti i tempi che precedettero il cristianesimo. Dio non e mutato e non puó mutare: il fondo della nostra anima, i nostri principi di ragione e di morale saranno eternamente gli stessi [...]. Si legge nel Sadder, che é il compendio delle leggi di Zoroastro, questa saggia massima: 'quando non e cosa certa se un'azione che ti viene proposto di fare sia giusta o ingiusta, astieniti'. Chi ha mai dato una regola piu mirabile? Quale legislatore ha mai parlato meglio? Non é questo il sistema delle opinioni probabili, inventato da individui che si chiamavano 'la Societa di Gesu'" (Voltaire, 1996, 181-182). 21 Ma si vedano le considerazioni, riferite all'attualita, di Noelle-Neumann, 2002. 65 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 non credeva mai d'aver a moriré per aver comeso ladrocinio di si poca somma e che era un'ingiustizia" (BCT, 1).22 Gli stessi toni echeggiano nelle parole di Giovanni Bernardi, condannato alla pena capitale per fuga dalle carceri, il quale, dal patibolo, si rivolge ai bolognesi per far loro intendere "che facendo male non ricorressero alla chiesa perché non li salvava" (BCT, 2). Quando alla cronaca non ufficiale di un'ese-cuzione si sostituisce il racconto edificante i toni cambiano decisamente; subentra il rito del pentimento e del perdono, della riconciliazione e del lavacro místico dal peccato secondo ritmi suggeriti dagli stessi confortatori come ha sottolineato in dense e partecipate pagine Adriano Prosperi descrivendo la vicenda di Lucia Cremonini, infanticida in quel di Bologna (Prosperi, 20 05 , 3 49-3 5 3).23 In altro contesto la sproporzione tra delitto e pena viene evidenziata dalle parole di un avvocato che difende due disgraziati e poveri boscaioli di Martignago, nel Trevigiano accusati di furto di legna (AST, 1). L'ingiustizia è perdita del proprio "essere", dice letteralmente Giuseppe Bossacro, malato, tenuto all'oscuro nei malsani camerotti del Consiglio dei dieci (ASV, 1), e cosa puó mai spingere, a Venezia, i carcerati dell' "eccelso" Consiglio a chiedere al fante con toni perentori che le stanze dei camerotti vengano imbiancate? (ASV, 2). Anni fa, in un saggio ormai classico (Scarabello, 1975-1976; vedi ora anche Sca-rabello, 1991), Giovanni Scarabello studiava gli atti del processo Ferrarese, un piccolo causidico padovano, un deraciné, accusato di ratto, deflorazione e quant'altro. Le posizioni di questo stravagante personaggio denotano senza dubbio una con-suetudine con grandi temi di una giustizia diversa, più laica. Scarabello inquadrava la vicenda Ferrarese nel contesto di una città stato nella quale si registrava un vuoto di valori collettivi condivisi, un vuoto nel quale i singoli sarebbero stati spinti ad impossessarsi del proprio destino individuale (Scarabello, 1975-1976, 343). Per Ferrarese il problema era quello di ribellarsi ad un sistema che interpretava la devianza secondo stilemi totalizzanti unendola arbitrariamente a povertà e marginalità sociale. Antropologicamente Ferrarese - uomo di mala-vita, puttaniere -non puó che essere colpevole dei reati che gli vengono ascritti. Sono i precedenti a far testo e a pesare sul suo destino processuale. La sua vita è il principale capo d'accusa, e il processo è occupato in gran parte, come tanti altri, a ricostruire la storia personale dell'imputato. Il reato di cui si fa carico sta tutto, teleologicamente, nel suo passato. L'autocoscienza di Ferrarese ha ormai elaborato la posta in gioco e gli 22 Si tratta di cronache, come ha notato Prosperi, 1999, 223, la tradizione italiana non sembra accogliere, nelle relazioni a stampa dal patibolo, gli eventuali discorsi dei condannati che presentino motivi di opposizione politica o religiosa: "qui la struttura rituale costruita attorno all'esecuzione ammetteva solo lo spettacolo edificante". 23 "L'arte dei confortori consisteva proprio nel suggerire al momento giusto parole e comportamenti appropriati. Possiamo immaginarne facilmente i suggerimenti bisbigliati anche in mezzo alla folla, nella fase piu drammatica del rito. La letteratura su cui si preparavano li propone in modo tassativo". 66 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 equilibri sui quali si sorregge il processo. Ho perso l'impiego (Ferrarese e stato sospeso dal catalogo degli intervenienti approvati di Venezia) e questo deve pesare, dopo tanti anni, sui destini del mio processo? dice l'imputato. E quale prova hanno i giudici della mia scostumatezza praticata nella giovinezza? E se fosse vero e legalmente provato vengo punito dopo tanti anni in una causa di diversa natura? E' una colpa la poverta? E solo per questo devo patire il carcere? Ho dormito con la ragazza cinque o sei notti "nel che avro ben offeso Dio, ma non mai il Principe" (Scarabello, 1975-1976, 356). Ferrarese e dunque deciso a rivendicare "giustizia e non clemenza". Come scriveva Giovanni Scarabello "sono accenti nuovi per i tribunali veneti adusi a sentirsi invocati a clemenza, a grazia o anche a giustizia, ma per proclamare un'innocenza, per riconoscere la non consistenza di prove, per sanare la scorrettezza di procedure, di forme, non certo per sentirsi contestare che fatti e comportamenti da sempre considerati motivo di colpevolezza, non debbano piu esserlo, non lo siano affatto" (Scarabello, 1975-1976, 375). Non so se oggi la ragione della critica comporti ancora una fede nell'illuminismo, probabilmente Ferrarese poco sa di illuminismo, ma certamente egli e gia, per dirla con Foucault, un "impaziente della liberta". KRIVDA, KAZEN, TRPLJENJE. RAZSVETLJENSKE IDEJE NAJNIŽJIH SLOJEV ČLOVEŠTVA Michele SIMONETTO Inštitut za zgodovino odpora in sodobne družbe Treviške pokrajine, IT-31100 Treviso, Ulica S. Ambrogio di Fiera 60 e-mail: m.simonetto@libero.it POVZETEK V stoletju reform je bila vladajoča kazenska ideologija izpostavljena radikalni kritiki v luči humanizacije kazni in racionalizacije sistema. Konstrukcijo reprezen-tacij običajno formulirajo intelektualci in hegemonistični aparat, tako da potrdijo legitimnost vedenj in meje deviantnosti. S tega stališča so razsvetljenski misleci in reformatorski vladarji zarisali razpravo o reformah 18. stoletja. V kolikšni meri so nove kazenske doktrine vplivale na kolektivne predstave in tankočutnost? So se spreminjale reprezentacije zločina v makrokozmosih srednje-nizke kulture ali so slednje spreminjale njih? Je neizobražena javnost na enak način kot učena dojemala spodbude, idealizirane sugestije velikih političnih in doktrinarnih bitk, ki so pretresale novo pravno znanost? Na kakšen način, preko katerih filtrov, preko katerih veznih posod so se (ali so se lahko) pretakale informacije od zgoraj navzdol? Kako lahko zgodovina in družbene vede skupaj poskusijo dati odgovor (in kako so to 67 Michele SIMONETTO: LA COLPA, LA PENA, LA PASSIONE. I LUMI NEI BASSIFONDI DELL'UMANITA', 53-72 počele doslej) na vprašanja, za katera se zdi, da v nekaterih vidikih pod vprašaj postavljajo tradicionalne kronološke in epistemološke osnove zgodovinopisja o razsvetljenstvu? Ključne besede: pravica, razsvetljenstvo, javno mnenje, kazen, smrtna kazen, proces, tankočutnost FONTI E BIBLIOGRAFIA AST, 1 - Archivio di stato di Treviso (AST), b. 1239, fasc. Penali, Martignago, 4 giugno 1780. AST, 2 - AST, Notarile II. AS V, 1 - Archivio di stato di Venezia (AS V). Capi del Consiglio dei dieci. Suppliche, b. 5, lettera 19 aprile 1794. ASV, 2 - ASV. Capi del Consiglio dei dieci. Suppliche, b. 6, 8 luglio 1790. ASV, 3 - ASV. Inquisitori di stato, 1334. BCT, 1 - Biblioteca comunale di Treviso (BCT). Manoscritti. Manoscritto 1971, "Giustiziati a Bologna, c.77 r., 20 giugno 1744. BCT, 2 - BCT. Manoscritti. 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