ACI A HtSTRIAK • 10 • 2002 • l ricevuto: 2002-10-02 UDC 34(450)" 14/I5"(093) ARS ¡N1URIANDL tassonomte e simbolo gie dell'ingiuria nella trattatistica gluridico-nobe-íare sul duello fra xv e xvi secolo MarcoCAVINA University di Udine, Dipartimeoto di scienze giuridiche, 1T-33100 Udine. VjaTreppo 18 e-mail: marco.cavína@dsg uniud.it S1NTESÍ fi coniributo sí incentra su¡ "Trattato del duello" del notissimo giurista Giulb Claro (fonda/ore delta criminalística moderna c reggenle del Consiglio d'Italia al tempo di Filippo IT), opera a ttttt'oggi inédita, ma di prossima pubblicazione da parte del relatore. íl "Trattato del duello" é di eccezionale interesse, perché propone la pin nítida ed acuta sistemazione concettuale della problemática due lia re. II Claro era anzitutto giurista del diritto contane, ¡na fu anche ~ sinché gli fu possibiie - strenuo fautore degli ideali del duello e del diritto consuetudinario nobiliar-militare, che domina va (e condivideva) con grande maestría. Parole chiave: duello, rappacificazione, onore, ingiuria, Cinquecento, Claro, diritto ARS INIUR1ÁNDI. INSULT TAXONOMIES AND SIMILARITIES IN NOBLE-IURIDICAL LITERATURE ABOUT DUELS BETWEEN XV AND XVI CENTURY ABSTRACT The present aiiicle is based on the "Trattato del duello" by the famous jurist Giulio Claro, founder of modern criminal studies and regent of the kalian Council at the time of Philip II. The above-mentioned work, still, unpublished, is soon going to be published by the writer himself The "Trattato del duello" is extremely interesting because it reveals the clearest and most discerning conceptual description of duel related problems. Claro was first of all a jurist of common law but, until he was able to, he was also a strenuous supporter of duel ideals and of noble military right, which he mastered and shared with great captaincy. Key words: duel, reconcilement, honor, insult. XV century, Claro, right 39 A CFA HISTRI.4E • 10-2002 • 1 MsreoCAVJNA: AKS miVRlANDI. TASSON'OMlE E MMBOLOGIË DÊLUNGlt'RIA NfXt-A TKATt ATISTICA . .. .VUS "Moite volte mi offende alcuno passandomi innanzi nello entrar di una porta, talhora mettendosi ne! più degno iuogo et piu alto délia strada, sovente occupandomi una seggia o altio luogo in una danza o in un convito, et in moite altre guise provocandomi ad ira che sono quasi infinite" (Claro, mscr., l.l). Cosî scriveva intorno al 1560 i! celebre giurista Giulio Claro, che ne derivava un'esplicita insod-disfazione per la tradizionale identificazione giuridica dell'ingiuria.1 Prendiamo le mosse da due definizioni risalenti agli anni '50 del XVI secólo. La prima si ricava da un inédito trattato del pesarese Giovanni íacopo Leonardi, uomo d'arme, cortigiano e rinomatissimo professore d'onore:"Ingîuria è cosa fatta contra ragione da persona che habbía animo di farla in disonore, eí spretio di coiui ch'è ingiuriato".2 La seconda si trova nel primo orgánico trattato sulle prívate rappacificazioní, pubblicato nel 1555 da Rinaldo Corso, giurista carpigiano allievo dell'Alciato: "C'è una general differenza [...} nel considerare l'ingiurie tra le leggi scritte e noi [...] La disuguaglianza viene dall'ingiuria. Ingiuria generalmente è ció, ch'altri fa contra ragione. Nel proposito nostro io cosi la diffinisco. Ingiuria è segno cattivo del senso, mosso dalla volontà. e dali'intclletto di chi '1 fa; e ricevuto dal senso, e dall intelletto di chi 1 patisce" (Corso. 1555.15, 78). Mi paiono illuminanti il richiamo del Corso alla disuguaglianza,5 ed il richiamo del Leonardi al disprezzo. Entrambe le nozioni sono estranee alla strutturazione dell'ingiuria di ius commune. Entrambe sottendono la primarietà del nesso fia ingiuria all'onore ed appartenenza cetuale. L'ingiuria vi appare, anzitutto, come un atto doloso ed os ti le che si rektziona ad un diverso soggetto di pari cesto4 1 U presen le saggio é tratlo, con alcuni adattamenii, da Cavina. 2002: ad esso si rimanda per maggiori approfondimemi. 2 Leonardi. mscr.l, 80r; "Ingiuria i cosa fatia contra ragione da persona che habbia animo di faria in disonore, et spretio di cotui cli'é ingiuriato. Oífesa é ingiuria per la quaíe un huomo puó qucrelarsi al trtbunale odclla giustitia ordinaria o delle armi. Contumelia ¿ símilmente ingiuria, ma non tale che si possa híiver sempre ¡¡¡jerek. G!¡ é il vero che questa et ¡a voce deüa Sprezzatura sono de! medesimo senso eí puó pigtiarsi la medesima difflnitione della ingiuria. Canco é propria voce che presuppone necessario risentímento per offesa ricevuta Peso é vocabolo che puó essere sen/a ingiuria manifestó, ma che l'hooor di uno si trovi o in rischio o in dubio et ch'egh habbia peso di risolversi, come in uno che habbia un inimieo potente offeso da lui. diciamo colui ha ver un gran peso alie spalle". 3 II coucetto é ben espresso anche da Darío Attendoli: "simjl contese [d'onorej da altro non nascono. che quando i parí, et eguaii aon hanno fe cose parí, et eguali, o quando che in tra gli non pari, et inegualj si distribuiscono le cose pari, et eguali in honore. Quando ajunque si rompe con Vingiurie che sí fanno questa agguaglianza, che debbe consistere tra gli huomini in havere ciascheduno i! suo honore, fa di mesticro di ridurre la disuguaglianza che vi c, con que! migiior mezzo. chc sí puó, alia su a egualitá, che I'ingiuriato rihabbia il suo honore. secondo la proportíone del suo grado, et che l'tngiuriaiore conservi anch'egli il suo, secondo il mérito della sua dignita" (Attendoli, ! 566, 40). 4 L'ingiuria portava canco all'onore anche nel caso in cui fosse diretta non contra I'ingiuriato nra contro persone a lui strettamente legate, come un veechio genitore, ta inoglie o i figlt minori: sono casi tratrati sistemáticamente dai trattatisti Frequemi erano anche i dueíl) originati da offese - sino 40 ACTA U1STRJAE • 10 • 201)2 ■ I M.|IC(JÍ'AV(N'A'.4/U mvfilANDi. TASSOKOMIli E SIMBOLOGIE PEUINCIURIA PELLA TRA ITATIST1CA ....39.« L'ingiuriato percepisce ed interpreta il 'segno cattivo del senso, mosso dalla vo-lontá' secondo i modclli e te simbologie nob i Iiai-militan. Lo comprende e ne 'patisce', ne é ingiustamente danneggiato: le díte pañi, che erano pari, vanno ad essere diseguali. L'ingiuriato é danneggiato a prescinde-re dalla veritá degli addebiti, in quanto quella che e in gioco non é la sua virtii, il suo onore mterno, ma la sua onorabilita, il suo onore estrinseco, la petcezione che del suo onore hanno i compagni di ceto. L'ingiuria - scrisse il Muzio - ha luogo quando qualcuno "cerca di darmi mala fama" (Mutio lustinopolitano, 1552. [II. 1] 39v). Lo spregio matii fes tato daü'ingiuriante disonora l'ingiuriato e lo rende disuguale, cioé inferióte, in quanto lo eselude - salva adeguata reazione - dalla civile conversazione dei gentiluomini onorati. In siffatto circuito concettuale, íntimamente estraneo al ius commune, per ripri-stinare l'eguaglianza non poteva certo godere di grande crédito il processo ordinario, che interpretava e reprimeva l'ingiuria come delitto, come problema oggcttivo di buon costume, come violazione del buon ordine pubblico, nella sua mera oggettivítá di atto contrario al ius.5 A. meta '500 era ormai evidente la difücoltit della scienza giuridica nel gestire compiutamente ii diritto dell'onote, e la trattatistica rimarcava punligliosamente le profonde dissomiglianze del regime dell'ingiuria secondo ii diritto comune e secondo le consuetudini nobiliari, dalle incerlezze defmitorie all'exccptio veritaíis,^ per ulminare nella tematica píü eclatante: quella dell'azione/reazione,' Per il suo diritto naturale di ceto all'endogiustizía, avvertito consuetudinariamente e teorizzato dai trattatisti, il gentil nomo aveva il diritto/dovere di recuperare l'onore perduto únicamente per vía della propria virtii (Possevini, 1553, 256-257), che do-veva esprimersi socialmeme con una valorosa reazione, con il duello, con manifesti ingiuriosi, con la vendetta di sangue {Leonardi, mscr. 1, 3-4v-3ór) ovvero con la rappacificazione, cioé con le opportune transazioni cavalleresche ríconosciute ed approvate dal ceto. alt'omicidio - recate ai serví, che si riverberavano fatalmente suí padroni. fJu caso interesante í ríportato da Decius. 1575. [c. ÓÜ6] 294va-293rb. 5 Seriveva il Corso che "dinanzi a magistral! (.,.] l'mtehetto deH'ingiuriato non si ncerca, attendendosi solo il delicio" (Corso, 1555,23). 6 H riüevo dell'eventuale venta dell'addcbiío ero un problema per íí diritla comune c non per le consuetudini nobiliar-militari I giurisii distínguevano. in paitícolare, l'ingiuria che si sostanziava in un mero oltraggio da quella con cui si addebitavano delitti o fatti penalmente riievanti. che poteva esser di pubblico interesse reudere pubblici (cfr. AlciatO, 1552, [c. 9] 13r-I4r). 7 üt trattalisrica giuridica generica non si segnalava per particnlari elaborazioni in tema d'ingiuna: se ne riponava il doppio signifícalo romano di qund non iurefit e di contumelia, si aceemuava il requisito dcll'am/w.t iniuríondi e quanto all'azione se ne prevedeva il risarcimento dei danni e l'eventualc pubblica rítrattazionc. oltre che la sanztone pénale mdividuata in una pena arbitraria (cfr. Marongiu, 1964, 474-481). 41 ACTA H I.STRIAE • 1« • 2002 • I Marco CA VINA: aRS/MUHMND! TASSONOMIE C StMBOLOOlE DELLINGItRlA NELLa TR/VITATiSTlCA . .. 39-48 La consuetudine nobiliare e la relativa trattatistica, in una circolarità intensa e bcn verificabile, prowidero alia costruzione di un adeauato sistema Nè si trattava di mera esercitazicmc retorica. L'esigenza era imposta dall'usanza per cui l'ingiuria súbita poteva essere - secondo i casi - 'compénsala', 'raddoppiata', propulsata' o Vitoria' da altre ingiurie di différente entità.8 Per le turbolenze della prassi occorreva quindi un sistema, un códice, suficientemente affidabiíe, precísalo e condiviso. A questo proposito è particolarmente perspicua una fonte inédita, ma di cui è imminente una mia edizíone: il Trattato del duello del! alejandrino Giulio Claro, riconosciuto fondatore della sctenza críminalistica moderna, L'opera, un vero capolavoro del genere, era quasi ultimata interno al fatale 1500. Ne! 1560 Pió IV promulgav3 la Ea quete a pracdecessaribus, che preannunciava la definitiva condanna tridentína del duello nel 1563 (Angelozzi, 1996, 271-308). 11 Claro, di famíglia patrizia, era tnembro del Senato di Milano ed era ormai bene awiato ad una brillante carriera nell'orbita del cattolicissimo Filippo II; di li a pochi anní sarebbe pervenuto alia carica di Reggente del Consiglio d'Italia (Moeller, 1977; Mazzacane, 1982, 141146): logico corollario ne fu la manca ta dívulgazione del trattato per il suo scomodo ed impolítico argomento. sorte peraltro comune - in quegli anni cruciali - a molte opere analoghe. L'intéressé acutissimo del Claro per il diritto prodotto dalle consuetudini (Mas-sello, 1985; 1994; 1994a), unit a mente alla sua convinta adesione agli ideali della nobiltà padana, lo condusse fatalmente al tema deü'onore, dell'ingiuria e del duello. Ma quel che rende il suo Irattato ancor più suggestivo è la sua convinta adesione ai valori cavalleresclli sino a condividernc le soluzioni più radicali, único - in ció - fra i giuristi di ius commune. II Claro ribadiva a più ri prese che, ad onta di qualsivoglia remora religiosa, era supremo dovere del gentiluomo la difesa del proprio onore, "più fragile che vetro". C'erto. si doveva soppesare accuratamente la reale entità dell'ingiuria, ma nel dubbio era comunque più degno "fesser riputato pazzo et valente che savio et dapoco" (Claro, mscr., 1.1). Quel che veramente doveva importare era far palese con ogní mezzo di non essere disprezzabile, il che andava a coincídere proprio con il concetto d'onore nobiliare, "non essendo l'istesso honore altro che una buena et laudevole opínione nell'universale animo delle genti" (Claro, mscr., 1.1). Le offese ledono, dunque, l'onore in quanto segni, in quanto indizi deH'animus iniuríandi, inteso quale precisa volontà di contestare l'onore dell'ingiuriato e la S L'ingiuria poteva essere 'compénsala', quando j¡ rinfacciava all'ingiuriante la medesima ingjuria súbita; poleva essere 'raddoppiata', quando si rinfacciava ed ancora si aggiungeva una ulteriore ingiuria; poteva essere 'propúlsala', quando si icspingeva il calumiiatore con la mentita. obbligandolo alia prova giud¡2iale o dueilare; poteva essere 'riterta', quando si respingo va una falsa mentita (per tullí cfr. Fausio da Longtano, 1551, [11 5-6) pp. 79-81). ACTA HI,STRIAE • IB • 2002 • i M»cn CAVINA: AKUNIURIANDl TAS SONO MIE E SIMBOLOGIE DELUN0IUR1A MiLLATRATTATISTíCA .... 3!M8 legiitimità délia sua appartenenza al consesso dei gentiluomini. Le offese sono seguí impregnati di anfichi e recenti simbolismi, che si dispongono in una rigorosa tas-sonomia, proiettata dalla consuetudine9 e ríelaborata dalla trattatistica sut modelli dell'immaginario cavalleresco.10 Principio inconcusso era la maggiore rispeftabihtà dell'ingiuriante che avesse pronte le maní piullosto che la lingua: ne derivava che le íngiurie reali erano mag-giormente disonoranti di quelle verbali.1' Diceva un brocardo che "le parole sono femmíne, i fatti maschi". Pertanto erano dal Claro relegate a! primo grado - il più basso - le Íngiurie verbali provocatorie. AI secondo grado le íngiurie verbali repli-catorie, cioè le mentite. Al terzo grado le íngiurie reali lie vi, in ordine crescente: il buffetto,12 il calcio ed il pugno, equiparara al lando di un fazzoletto o di un guanto al volto od al petto. Al quarto grado le íngiurie reali gravi: il tirar la barba13 e le basto-nate, nonchè lo spingerea ierra l'ingíuriato e qui prenderlo a calci. II necessario 'risentimento' armato doveva aver luogo possibilmente neU'imme-diatezza deU'ingiuria, sfidando a duello owero anecando un'ingíuria non pari, ma più 9 Lo s tes so Claro, come era sólita, titcueva che dolía gravita dell'ingiuria giitdice sicuro fosse la COIÍSDeludirle lócale (cfr. Clara, 1.5). 10 Quella del Cíaro, a presemdere dalla notorieti dell'autorc. risulta comunque una dellc sistemazioni piít ni I i de, fra le moltc proposte dalla trattatistica giuridica e non giuridica, che presentano varianti tutlo sommato marginal!. Vediamo, ad esempio. la tassonomia del Corso (Corso. 1555, 15-40). Al primo grado - ti piii basso - erano le. Íngiurie che ledevaiui ¡"Vmore del corpo", paróte e fatti 'ieggieri', di modestó entila. Ad esempio un soggetio dice ad un. ali.ro "Eh valentuomo!" - ¡ngiuria di parole -owero un soggeuo. durante il camevale, toglie ad i\n altro la maschera - itigiuna di fam -. Si watta di comportamenti stiscettibili di diverse interpretazioni, che creavano uno staio di disagio nell'íngiuriato, ma che non ne investivano fromalmeme l'onore sociate. Al secondo grado erano le Íngiurie che insieine all'onore de! corpo ledevano la "mlegríta dell'anitito". Esplicite cd ¡nequivocabili. non producevano un semptice imbarazzo contingente, ma ferivano l'onore. E' il caso anzitutto del daré de! mentitore. del bugiardo, con la menttta. E' il caso dellc iré maggiori accuse di parole: sodomita, eretico, traditore, luna evetuualmeme compensante l'altra. Al terzo grado erano le Íngiurie che insieme all'onore del corpo ed aU'integrita deli'anirao colpivano anche r'utile del corpo". E' il caso csscnzialmeme delle percosse. íngiurie reali andate ad effetto, giacché - se faüite - rientrano oe! primo grado. La minore e il pugno. la mediana la bastonata, la maggiore é la ferita: queila inferióle é veudicata/conipensata solíanlo dalia superiore. 11 11 Leonardi criticava anche la tradízionaíe distinzione romaiústica fra irigiurie verbali ed íngiurie reali, proponendone una diversa, fra íngiurie vocali, semivocal!, mute e miste (cfr. leonardi, mscr.l, 80r-Slv). 12 E cosi lo schiaffo toglie il earíco delle íngiurie verbali. Ricordiamo, ad esempio, ¡1 caso di quel Pino de Loffredo, che schiaffeggió un servo altrui per avergli deao "non ce vide", giacchc Pirro nclla conftisione del la chicsa di Santa Maddaiena ío a ve va urtato (cfr. Gramaticus, 1569, [dec. 14] 04b-67a). 13 Un caso, sia pur con partí cola ri connotati, é ncordato da Ferretrtis, 1563, j'c. 3{ 2rab: uu contadino insulto un nobile senese diccndo: "Cervo comuto te voglio pellare questa barba", aggrcdendogii furiosamcnie il volto con la mano: il nobile lo colpi col coltello e lo uecise, tna si ¿justificó per la gravite dell'offesa 43 ACTA IHSTRIAE • 1« ■ 20(12 ■ 1 Marco CAVINA.ARS WWK!AW>. TaSSONOmII; B SI.MGOS.OGIL CTEU.IM.IURSA NfXl.A TRATTATISTIfA .... »-IB grave di queila ricevuta.i4 ln terribile e sanguinosa progressione, a detta de! Claro, per la riparazione delle ingiurie reali piii líevi era sufficiente una piccola ferita di sangue, per le pin gravi si imponeva mvece. se non l'ucctsione dell'ingiuriante, l'intlizione di una gravedeturpazione del volto.come il tagliodcl naso o delle orecchie.1:> Lintcro teatro della purificazione deH'oUraggio ntrovava, dunque, la sua chiave di volta nel símbolo cavalleresco per eccellenza: la spada. Santamente cruciforme, cinta dal soldato, assegnata da Dio ai suoi ministri, era gravissimo crimine.- venderla, era segno di sconfitta perderla (Conradus, 1553, 77rv); i! sangue deü'ingiuriante, ver-sato per la spada dellingiuriato, nettava ogni macchia d'onore. La ferita di spada si interpreta, quindi, come atto qualilativamente 'aítro' ríspetto a!le ingiurie verbali e reali: la spada é arma di cavaliere, ptirissimo ed integerrimo custode della giustizia e cieU'ordme naturale. Essa non solo non intacca l'eguaglíanza cetuale delle partí contendenti. ma ne riordina virtuosamente le relazjoni secondo f'equitá naturale. Scrive íl Claro-, "la mentita condanna chi la riceve per bugiardo se non se ne risente, íl buffetto é castigo di fanciulii e servidor!, le bacchettate di asíni et villani, non é adunque maravíglia se rimane dishonorato et infame chi le riceve. Ma la offesa che si fa con i'arme non ingiuria. per esser la spada arma di cavalíeri, instrumento nobile et solamente ritrovato per difesa delt'honore, et non per far ingiuria ahrui. Onde chi é ferito é oi'teso da cavaliere e da soldato e come persona nobile" (Claro, mscr.. 1.1). Direi che proprio su questo punto si possa verificare con la massima chiarezza il senso deiríngiuria d'onore cotne reato consuetudinario di. ceto. Chí e percosso con la spada ne deriva un danno físico, ma non ne e ferita l'ap-partenenza cetuale: e trattato come nobile, subísce marzialmeníe come miles il verdetto del tribunaledei propri parí. Lo schiaffo o ia bastonata esprimono, invece, il disprezzo deH'mgiuriante, ne marcano il senso di superiorita, ledono l'onore deH'ingiuriato in quanto ne pongono in discussione la dignitá, e quindi l'appartenenza al ceto.16 14 La vendetta quindi non poteva raai constare di un'ingiuria di primo grado, ma almeno di secondo (Corso, 1555, 25). La comtmc opimotic escludeva - con poche ecceziorci - la riparazione di un'oí'fesa con la mera compensazione di un'ingiuria di pari grado (cfr. Ferrettus, 1563, fe. 19} llvb-12va; Conradus, 1553, !4r-IGv). L'ingiuria commessa anima iniuriandi non era, pero, revocabile col mero pentimento dell'ingiuriante, mcnlre talune gravissime accuse verbali, come quella di tradimento o di mogüe adultera, non potevano esser sanare da nessun'allra offesa verbale e, secondo aleuni, nemmeno dalla meniita (cfr. Conradus, 1553, 9r-i2v, !5v-l{>r), ma circa il simbolismo de! becco': "Quelto anímale che non solo non vjeta ma ahita l'alsro a montar la bestia usata da luí ¡nostra che quel tale sia al becco somigliante che tenga mano alli adulteni della moglie che ira noi non si puó trovare la píú vituperosa ingiuria" (cfr. Leonardi, mser.l. 89v-90r). 15 In determínale circostanze e lirni latamente alie ingiurie minori era sufficiente scagliar contra all'ingiuriante un guamo <1 qualchc altro tíggeltodi analogo simbolismo militare. 16 11 Corradi ricotda d'avcr spesso udito nobiles et milites sotiolincare la gravita del fuste caesus (Conradus. 1553,. lOv). 44 ACTA H1STRIAE • 10 • 2002 • f Marco v A VINA: msimoriandl TASSONOMtE E SIMDOLOGiE DEiX'lNGU'KlA N'lilXA TRATTATlSTlCA .... 39-18 Fra i cavaüeri si risolvevano ie questioni con ia spada. ma gli stessi cavalieri trattavano col bastonc il 'mcccanico', mercante o villano, impertinente. Non a caso, Se stesse ferite di spada non erano piü neulrali atti di giustizia, ma si tramuiavano in fonti di vituperio, se erano state procúrate con colpi non di taglio o di punta, ma di piatto. cioe utilizzando la spada a mo' di bastone. Scrive il Claro: "colui che adopra la spada di piatto non se ne serve come di spada percotendo in tal guisa, ma come di bastone, riputando colui non esser degno di esser offeso con arme come nobile, ma castigato con bastonate come villano" (Claro, 1.1). Ed ancora, il códice cavalleresco irrompeva nello scenario deH'ingíuria allorché si teorizzava. per cosí diré, l'ingiuria non ingiuriante, Imgiuria senza carico, che non feriva l'onore dell'ingiuriato, raa che anzi si qualificava come macchia del la condolía deíl'ingiuriante. Era, essenzialmente, il caso - nella prassi frequentissimo - dell'in-giuria compiuta con soperchieria,17 cioé in condizioni di tale schiacciante superioritá, che l'ingiuriato non era materialmente in condizione di opporre un'energica ed acconcia reazione cavatleresca.1 s 17 "Noi habbiamo questo noinc di soperchieria per generale che socio se comprenda diverse spelie secando le quali piü e meno nclle pac i si ha nspelto alia satisfatlione dell'offeso. Propria e vera soperchieria e quella che «m hiiotno seientemewe con suo gran vanMggio va a far ingiuria ad un nitro et che qui vada di. modo anuato et aecompagnato che sia coito di poler securamentc ot'fendere et non essere offeso. Soperchieria é anco quella che si la ad un altro con vaiitaggio qual si voglia che sia quesío vantaggio d'armi o di favori pur che vada con questo animo di conoscere esser affakro in queí vantaggio superiore. Vi bisogna come dico nel piü et ne) meno l'animo
  • ngiano. 1551. [1.15] pp. 22-23, che invece dedica uoa nitida trattazione alia sopercliieria cd alie ingiurie inflitte con mal modo' (Fausto da Longiano, 1551, (11.2-4] pp. 73-79). L'ingiuria senza carico e l'eventualc soperchieria erano di difficile prova, ma rirnasero motivo ricorrente nelle dispute d'onore. Ne ricordiamo una, fra i tantissimi esempi, su cui prestó responso il Cefalo (cfr. Cephalus, 1582, [57] 93va-95n¡). 11 capitano Ercole Riminalái venne aggrcdíto e ferito da un tale, che cgli riteneva suo a mico e che lo assali - da solo il Riminaldi - in compagnia di tredici uomini armati: pretesto ne fu che non i'aveva saluíato f'ultima volta che aveva preso commiato da lui. II problema posto al giurisia era se il Riminaldi fosse onersto dalloffesa o se potesse evitare il duello conservando integro l'onore II Cefalo. che cita npetutameoie - oltre aila dottrina di diritto comune -anche autori come il Muzio, il Fausio ed il Possevino, fece leva nelia sua difesa proprio sui falto della soperchieria. L'awersario. teso tufante dalla soperchieria e dall'auo proditorio di essersi finio aimco, non avrebbe avuto piii alcun titulo per essere acceiüilo in duello: un caso, quindi, di ingiuria senza 45 ACTA HISTRIAE • 10 • 2002 • Î Marco CAVtNA: ARS tmWIAVOI. TASSÛN'OMiL E SIMBOLOGIE DEI.UNG1ÜRIA NELLA TRATC'ATISTICA . .. L'irigiuria, perché fosse valido segno d'offesa all'onore e perché fosse iegittimo strumento espressivo deli'uomo nobiie, conosceva qui il suo estremo attribute» d'ideniificazione cetuale. Anche nel momento cruciale delî'esplosione delî'odio e dei disprezzo il gentiluomo non doveva mai dimenticarsi di esser taie. ARS /NIURIANDI. KLASIFIKACIJE IN SIMBOLIKA ŽALITVE V PRAVNO-PLEMIŠKIH TRAKTATIH MED 15. IN 16. STOLETJEM Marca CA VINA Univerza v Vidmu. Oddelek za pravne vede, IT-33100 Videm, Ulica Treppo IS e-ma:l: marco.cavina@dsg.uniiid.il POVZETEK V pravnih in plemiško- vojaških znanstvenih razpravah o viteškem dvoboju se je izoblikoval zelo natančen koncept žalitve po klasifikacijah in z utemeljitvami, ki so le delno izšle iz učene jvridične kulture občega prava, V resnici je v njih najti - včasih usklajene, včasih pa tudi protislovne — obrise pojma žalitve po pletniško-vojaškem običajnem pravu, to pa je predstavljalo določen družbeni sloj in njegove težnje, da zase icvelja\>i svojo pravico in svoja 'sodišča', ki bi temeljila na dvoboju zaradi časti. Iz tega se je na področju žalitve razvil edinstven klasifikacijski in morfološki model v zgodovini zahodne kulture, ki ga je izoblikovalo v bistvu predvsem italijanska znanstvena publicistika šestnajstega stoletja o dvoboju in pomiritvi oziroma a dveh temeljnih institutih reševanja sporov, ki sta izhajala iz žalitve, seveda med milites in nobiles. Te razprcrve so pisali razumniki različne izobrazbe in z različnimi nameni. Iztočnica naše razprave je "Traktat o dvoboju" (Traiiato del duello) zelo znanega pravnika Giulia Gara (utemeljitelja moderne kriminalistike in vodje Sveta Italije za časa Filipa H.j. kipa vse do danes, ko boža to v kratkem poskrbel avtor razprave, še ni dočakal izida "Traktat o dvoboju" je izjemno zanimivo delo, saj predstavlja najjasnejšo in naj-prodornejšo konceptualno sistematizacijo problematike dvoboja. Claro je bil predvsem pravnik občega prava, dokler je bilo to zanj mogoče, pa je bil tudi velik za- carico (Cepbalus, 1582. 157) 95ra "Concludendo igitur dico, adversaria«!, qui in personam D Herculem commissi! proditionem, assassinamenlmn, et lairocinium, gravi minima nolaLum esse, propter quam a conspectu Princtpuni aliarumque nobilium personarum veniret expellendus, et ad ducllum now admitieodus, ubi D. Hercules veliet eutn ad id inviiare, qui lamcn male ageret cum viro indigno teolare D. Deum suum, cum no» sir onerams sed solo ¡muriates, ei ita pcrtransco, dico, et consulo, salva lamen, etc.. / loannes Cephalus Papiae legerts"). 46 ACTA Iiis TKI AK ■ til « 2002 « ! M*coCAV)NA: ARSINtVRIANDt. TASSONOMIP. Ii SIMBCH/XJIE Dfcl L'INGIURIA NELLA TRATfATISTlCA ... ÏWS govornik idealov dvoboja in plei niš ko- vojaškega običajnega prava, ki ga je obvladoval (in ga zagovarjal) z veliko spretnostjo. Kar zadeva sistem žalitev, je "Traktat o dvoboju" njegova najpopolnejša in najtehtnejša predstavitev, ki upošteva nesprctvljiva viteška načela. Šteje se leto ¡560. ko izide eitciklika Pija IV. Ea c/uae a praedecessoribus, ki je napovedovala dokončno tridentinsko obsodbo dvoboja letu 1563 in zaradi česar Claro, kije bil takrat na vrhunca svoje bleščeče kariere v orbiti zelo katoliškega Filipa I!., svojega traktata nikoli m izdal. Ključne besede: dvoboj, pomiritev, čast, 16. stoletje, Claro, pravo FONTIE BIBLIOGRAFIA Alciato, A. (1552): Duello íatto di latino italiano a commune utilità. Tre consigli appresso della materia medesima uno de '1 detto Alciato, gl'altri de ¡o eccel-lentissimo e clarissimo giurisconsulto M. Mariano Socmo. Vinegia. Angelozzi, G. (1996): La proibizione del dnello: Chiesa e ideología nobiliare. In: Prodi, P., Reinhard W. (eds.): II concilio di Trento e il moderno. Bologna, II Mulino. Atiendo Ii, D. 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