UDK 821.131.1.03 Petrarca F. = 163.42 LA TRADUZIONE DEI PETRARCHISTI Ljiljana Averovič In occasione del convegno internazionale dal titolo Tasso e i croati, svoltosi a Dubrovnik nel dicembre 1995, Tomasovic ha presentato il suo: Torquato Tasso: Ijuvene rane/Le piaghe d'amore\ un'antologia, con testo originale a fronte, delle migliori traduzioni in croato del vasto opus tassiano dal 1580 ai giorni nostri in cui figurano traduttori (che sono a loro volta poeti, scrittori e teorici della letteratura) come Dominko Zlatarič, Ivan Gundulic, August Šenoa, Ivan Mažuranic, Vladimir Nazor, Frano Čale, Ivan Slaming, Nikola Miličevic, Luko Paljetak e lo stesso Tomasovic. Si tratta di un volume in cui 1'autore ha inteso raccogliere il fior fiore della traduzione croata, il cui fervore, a detta di Tomasovic, non conosce equivalenti in Europa. Due anni dopo Tomasovic pubblica un'altra antología con testo a fronte, dove include le sue traduzioni di quaranta sonetti d'amore (ljubavni soneti) composti dai piü illustri esponenti del petrarchismo europeo, tra iquali egli annovera anche i ragusei Džore Držic (1461-1501), il giá menzionato Šiško Menčetic e soprattutto Dinko Ranjina (1536-1607), presente nella raccolta con otto sonetti. II volume ospita, tra gli altri, Benedetto Gareth o Cariteo (1450-1514), poeta napoletano di origine catalana, Pietro Bembo (1470-1547), Torquato Tasso (1544-1595), Garcilaso de la Vega (1503-1536), la cortigiana veneziana Tullia d'Aragona (1510-1556), Louise Labé (1522-1566) e la poetessa padovano- veneziana Gaspara Stampa (1523-1554). Prima di vedere da vicino alcuni esempi di traduzione contenuti nell'antologia tomasoviciana, vorremmo porre a raffronto il suo titolo con quello della raccolta del 1995. Le piaghe d'amore/Ljuvene rane esprime bene la gravitas del Tasso, la sofferenza, la chiusura in se stesso, la ferita amorosa espressa con dolore, seppure con un dolore mediato dalla ragione. Per quanto concerne invece il titolo dell'antologia del 1997 (Zvonjelice Ijuvene, che in italiano potrebbe essere reso come "Sonagli d'amore") , esso sembra ribadire la volontá di recupero del repertorio lessicale classico da parte di Tomasovic, il cui raffinato gusto per la parola impone anzitutto la consultazione dei dizionari nella ricerca dei motivi che possono aver imposto la scelta del sostantivo zvonjelice, come pure la forte 1 Tasso, Torquato, Ljuvene rane (Le piaghe d'amore), a cura di Mirko Tomasovic, Matica hrvatska, Medunarodno središte hrvatskih sveučilišta Dubrovnik , Dubrovnik, 1995. 2 Tomasovic, Mirko, Zvonjelice Ijuvene, novi prepjevi, (Sonagli d'amore, nuove traduzioni), Skriveno blago, Centar za kultura, Omiš/Almissa, Zagreb, 1997. 107 solidarietà etimológica tra i lessemi zvonjelica e sonaglio. Il Vocabolario bilingue croato-italiano, italiano-croato di M. Deanovic e J. Jernej (1991) non prevede questa voce (al cui posto figurano zvonjava, "scampanio", "scampanellio" e zvonjenje, "suono di campane") e come corrispettivo del lemma "sonaglio" propone praporac, zvecarka e cegrtusa (Crotalus horridus). Il Vocabolario délia lingua italiana di N. Zingarelli (1994), fornita la definizione del lemma ("globetto cavo di rame, bronzo o simili con due fori tondi collegati da una fessura contenente una pallottolina di ferro che urtando contro le pareti tintinna"), ne segnala l'etimo provenzale "sonalh" e latino "sonaculu(m)" (da "sonare"). II Dizionario etimologico della lingua italiana di Cortelazzo-Zolli (1991) propone del vocabolo una definizione analoga e ne specifica la derivazione dal provenzale "sonalh" (XIII sec.) e dal latino parlato "sonaculum". II Dizionario di retorica e di stilistica di A. Márchese riconduce l'etimologia del termine "sonetto" al provenzale sonet, "melodia", "motivo". Sin qui le indicazioni fornite dai vocabolari. Per comprendere la scelta di Tomasovic bisognerà prendere in considerazione l'epoca (o le epoche) in cui era in uso il termine in oggetto. II traduttore, infatti, attinge i termini zvonjelica e Ijuven (amoroso, d'amore) dall'antica letteratura croata, confermando la tesi del teorico della traduzione Peter Newmark, laddove sostiene che i dizionari e le enciclopedie non sono in grado di fornire al traduttore tutte le informazioni di cui necessita2. "II método ottimale - scrive a tale riguardo Newmark -consisterebbe nel cercare le parole solo per ottenere una conferma, e ogni volta che si consulta un dizionario bilingue sarebbe opportuno controllare la parola in questione in una mezza dozzina di dizionari monolingui della lingua di partenza e della lingua di arrivo e testi di consultazione sull'argomento. Va scartata qualsiasi parola trovata in un dizionario bilingue ma non in uno monolingue. Spesso infatti i dizionari bilingui presentano parole antiquate, rare o totalmente inventate, frutto di interferenza." (Newmark, 1988:40). Tomasovic aspira alla concisione e alla ricercatezza della parola, e cura molto l'orchestrazione dei mezzi espressivi. Egli ha dimostrato una volta di più che né il francese, né lo spagnolo, né il portoghese, né la lingua stessa di Petrarca rappresentano barriere insormontabili per chi desideri cantare l'amore in croato nel rispetto degli stilemi del poeta. Il traduttore si conferma cosï raffinato cultore della traduzione poética e profondo conoscitore delle problematiche teoriche. Dire Ijubavni soneti in luogo di zvonjelice Ijuvene non è esprimere lo stesso concetto, cosï come non è la stessa cosa parlare d'amore in modo rozzo o in forma córtese. Come equivalente del termine "sonetto" Tomasovic avrebbe potuto proporre l'arcaico zucnopojka o glasinka, ma il risultato sarebbe meno elegante. II titolo della raccolta tomasoviciana del 1997 preannuncia il bipolarismo gravitas/levitas, gioia/dolore, concreto/astratto, terrestre/celeste, che permea le liriche dei petrarchisti a cui essa è dedicata. II termine zvonjelice richiama immediatamente un senso di gioia; se infatti è vero che i versi dei petrarchisti cantano le pene d'amore, è anche vero che in essi si respira la lievità di un amore vissuto con passione e con letizia. 2 Peter Newmark, La traduzione: problemi e metodi, tr. Flavia Flangini, Garzanti, Milano, 1988. 108 La maniera di scrivere versi d'amore a imitazione di quelli che Petrarca dedico a Laura é, come scrive Tomasovic nella postfazione del volume, "la piü diffusa e duratura corrente letteraria dell'Europa occidentale. II petrarchismo non é solo un gioco letterario o una ricerca di conferme, bensi un impegno culturale, quasi un'istanza di ordine spirituale" (Tomasovic, 1997:85). I versi di questi poeti sprigionano un suono dolce, amoroso, femminile. II loro modo di cantare l'amore e il nuovo atteggiamento nei confronti della donna, elevata a un rango superiore, hanno imposto al traduttore contemporáneo la ricerca di forme stilizzate, raffinate, sensuali. Nella sua "nota del traduttore" Tomasovic ammette che il sonetto, per il rigore della sua forma métrica, lascia ancora insoddisfatto il traduttore croato. A tale riguardo prenderemo in esame cinque sonetti: uno di Tullia D'Aragona, uno di Luise Labé, due di Gaspara Stampa e uno di Dinko Ranjina. Esaminando il sonetto di Tullia d'Aragona Se ben pietosa madre único figlio, che presenta lo schema métrico pij frequente nei sonetti di Petrarca (rigorosamente rispettato da Tomasovic), si nota al v. 4 un'anadiplosi: 1 Se ben pietosa madre único figlio A 2 talora, e nuovo, alto dolore B 3 le preme il tristo e suspiroso core, B 4 spera conforto almen, spera consiglio. A 5 Se scaltro capitano in gran periglio, A 6 mostrando alteramente il suo valore B 7 resta vinto e prigion, spera uscir fuore B 8 quando che sia con baldanzoso ciglio. A 9 S'in tempestoso mar giunto si duole C 10 spaventato nocchier giB presso a morte D 11 ha speme ancor di rivedersi in porto. E 12 Ma io, s'avvien che perda il mió bel solé, C 13 o per mia colpa, o per malvagia sorte, D 14 non spero aver, né voglio, alcun conforto. E Nella versione croata l'anadiplosi é venuta meno, ma al suo posto ai vv. 4 e 8 é stata introdotta un'anafora (s nadom da/s nadom da), assente nell'originale, proprio per restituiré la ricchezza di colore offerta dalla figura della ripetizione. 1 Jedinca tužna izgubi li mati, A 2 jadi joj novi vajno srce tiste, B 3 u boli ipak traži utočište, B 4 s nadom da svjet če, utjehu joj dat. A 109 5 Kapetan spretan kad pogibelj shvati, 6 da pobijeden je, da mu boravište 7 tamnica bit če, izlaz hrabro iste 8 s nadom da spas če jednom dočekati. A B B A 9 Ako na moru olujnom zdvaja 10 prestravljen brodar smrti od bližine, 11 u pristanište još se doči nada. C D E 12 Mog lijepog sunca nestane li sjaja, 13 il s moje krivnje, ili zle sudbine, 14 ne želim nadu ni utjehu tada. C D E II sonetto di Tullia d'Aragona presenta anche un'altra caratteristica: la prima e la seconda quartina e la prima terzina si aprono con un periodo ipotetico. II "se" viene a trovarsi in posizione anafórica, all'inizio del verso; l'idea di incertezza viene pero completamente rovesciata nell'ultima terzina, che si apre con un "ma" avversativo di senso molto forte. II traduttore ha potuto rispettare il "se" ipotetico sia alia fine del primo verso, grazie all'impiego della particella li (che corrisponde in effetti ad ako li, izgubi li, "se"), sia nella seconda quartina, ma ancora una volta non nella posizione anafórica dell'originale (kad pogibelj shvati, ovvero shvati li pogibelj, corrisponde all'ipotetico Se scaltro capitano in gran periglio, Kapetan spretan kad pogibelj shvati). II "ma" avversativo del v. 12 é stato reso con un altro "se" ipotetico: nestane li (se scomparisse). II peso del "ma" avversativo é stato pertanto eluso dal traduttore. L'anelito di speranza, iterato tre volte ai vv. 4 e 7 e rovesciato dall'antitetico non spera al v. 14, risulta invece sostanzialmente rispettato, e l'anafora (s nadom da, vv. 4, 8) trova risposta nel ne želim, nadu ni utjehu (v. 14) - letteralmente: "non desidero né speranza né conforto" -, in sintonia con l'antitesi presente nell'originale. Anche lo schema métrico del sonetto di Louise Labé é rispettato nella versione di Tomasovič: 1 Tant que mes yeus pourrroont larmes espandre 2 A l'heur passé avec toi regretter 3 Et qu'aus sanglots et soupirs resister 4 Pourra ma voix, et un peu faire entendre: 5 Tant que ma main pourra les cordes tendre 6 Du mignart Lut, pour tes grâces chanter: 7 Tant que l'esprit se voudra contenter 8 De ne vouloir rien fors que toy comprendre: 9 Ja ne souhaitte encore point mourir. 10 Mais quand mes yeus je sentiray tarir, 11 Ma voix cassée, et ma main impuissante, A B B A A B B A C C D 110 12 Et mon esprit en ce mortel séjour E 13 Ne pouvant plus montrer signe d'amante: D 14 Prirey la Mort noircir mon plus cler jour. E 1 Dok suze mognu iz mog oka teci, A 2 prizivljuc s tugom provedene čase, B 3 dok uzdah, jecaj glas mi ne ugase, B 4 da bi se cula rijec što cu je reci, A 5 dok mogne raka u leut zvoneči A 6 prebirat žice da ti poju krase, B 7 dok duh mi samo tebi upravlja se, B 8 ne tražec drugoj izvan tebe sreči: A 9 smrt htjela ne bih da dode po mene. C 10 Al ocutim li kako vid mi vene, C 11 ruka nemoca, glas se mukli gubi, D 12 i kako duh mi usred smrtnog stana E 13 ne može više znake dat da ljubi: D 14 smrt cu zamolit za mrak mojih dana. E Se il precedente sonetto era costruito in base al caratteristico schema métrico dei sonetti petrarcheschi, qui si riscontra invece lo sperimentalismo dell'autrice, poiché le quartine presentano lo schema ABBA ABBA, mentre quello delle terzine (CCD EDE) risulta assente nel Canzoniere. Inoltre in questo sonetto é ravvisabile un certo squilibrio nell'esposizione dei concetti. La rigorosa antitesi tra fronte e sirma é assente in quanto l'autrice, superata la fronte, espande il concetto iniziale nel primo verso della prima terzina, determinando una situazione di squilibrio. In questo sonetto, come nel precedente, si ripropone il "ma" (mais) avversativo, anche se non all'inizio della terzina, bensi al v. 10, do ve esso assume una valenza fortissima proprio in virtü della sua posizione insólita. Tale caratteristica viene sottolineata anche nella traduzione (al ocutim li, v. 10). In posizione anafórica risulta il "finché" (tant que) con cui si aprono entrambe le quartine, concetto rispettato (dok, v. 15) nella traduzione. Ció che risulta dalla versione tomaso-viciana é il rispetto ossequioso della rima e, ove possibile, anche delle anafore. L'autrice piü rappresentata nel volume é Gaspara Stampa (13 sonetti). II sonetto lo non trovo piü rime, onde possa é il 184 del suo Canzoniere. Anche qui appare evidente il suo gusto per le antitesi {possa/non possa vv. 1, 6). II v. 5 presenta un dentro antitético al fore del v. 6 e il v. 7 un cresce antitético a consuma del v. 8. L'antitesi costruita sul verbo "potere" (possa, v. 1; non possa, v. 6; non posso, v. 11) costituisce il tema-chiave dell'intero sonetto, rafforzato dalla rima equivoca del v. 4, dove a chiusura della prima quartina possa riveste una funzione sostantivale: 111 1 lo non trovo più rime, onde possa A 2 lodar vostra beltà, vostro valore, B 3 e cantare i tormenti del mió core; B 4 si cresce a quelli e a me manca la possa. A 5 E, quasi fiamma che sia dentro mossa, A 6 e non possa sfogar l'incendio fore, B 7 questo interno disio cresce'l dolore, B 8 e mi consuma le midolle e l'ossa; A 9 si che fra tutti i beni e tutti i mali, C 10 ch'Amor suol dar, io ho questo vantaggio D 11 che quanti sien ridir non posso, e quali. C 12 Dunque, o tu, vivo mió lucente raggio, D 13 dammi vigore, o tu dammi, Amor, l'ali, C 14 ch'io saglia a mostrar fuor quel che 'n coraggio. D Cosí la traduzione tomasoviciana: 1 Ja nemam rimâ da vaše vrline A 2 i lijepost vašu hvalim, dok vas gledam, B 3 niti da muke srca pripovijedam; B 4 dok one rastu, meni snaga gine. A 5 Nikako da se plam iznutra vine, A 6 da sukne vani požar u čas jedan, B 7 nutarnja bol me sve jače izjeda, B 8 troši do kosti, do same moždine. A 9 Izmedu sviju zala i dobara, C 10 koliko ih je, kakvih, ne znam rijeti D 11 svrhu tog znana Amorova dara. C 12 Ti, zrače, dakle, blistavi i sveti, D 13 Amore, daj mi krila, daj mi zara, C 14 što srcem čutim pokazat iznijeti. D La traduzione non mantiene il possa del primo verso, ma lo interpreta come "io non ho rime per le virtù vostre" (ja nemam rimâ da vaše vrline) e neppure il v. 11 (che quanti sien ridir non posso, e quali) viene ricalcato (svrhu tog znana Amorova dara). Nella traduzione si perde la rima equivoca del v. 4, che invece sarebbe stato possibile ricreare (il verbo moči, "potere" e il sostantivo moč, "forza" offrono in croato la possibilité di instaurare un "gioco di parole" molto simile a 112 quello presente nell'originale), anche se il ricorso a questa lezione non avrebbe consentito al traduttore il rispetto della rima. Tra le parole-chiave figura al v. 3 core, ripreso al v. 14 in forma allitterata (coraggio). La traduzione é riuscita a mantenere questo richiamo (muke srca, v. 2 e srcem, v. 14). Ai vv. 2,9 e 13 del sonetto figurano tre casi di anadiplosi (rispettivamente: vostra...vostro, tutti...tutti, dammi...dammi). Chiaramente, le parole piü importanti sono quelle all'inizio e alia fine del verso. Rispettare le parole in posizione di anafora e di epifora nella traduzione non é stato ovunque possibile, ma le rime seguono l'originale. II quinto e il sesto verso presentano l'antitesi dentro/fore, ripresa dal traduttore con iznutra/vani; l'antitesi cresce/consuma del settimo e dell'ottavo verso viene ricreata con jače izjeda/troši. II v. 13 restituisce tutte le caratteristiche dell'originale: la ripetizione dammi/dammi si rispecchia perfettamente nel daj mi krila, daj mi žara e la posizione del vocativo Amore rende la traduzione aderente all'originale per forma e contenuto. Consideriamo ora il sonetto 130 del Canzoniere di Gaspara Stampa e la versione datane da Tomasovic: 1 Qual fu di me giammai sotto la luna A 2 donna piü sventurata e piü confusa, B 3 poi che '1 mió solé, il mió signor m'accusa B 4 di cosa, ov'io non ho giá colpa alcuna? A 5 E, per farmi dolente a via piü d'una A 6 guisa, non vuol ch'io possa far mia scusa; B 7 vuol ch'io tenga lo stil, la bocca chiusa, B 8 come muto, o fanciul picciolo in cuna. A 9 A qual piü sventurato e tristo reo C 10 di non poter usar la sua difesa D 11 si dura legge al mondo unqua si déo? C 12 Tal é la fiamma, ond'hai me, Amor, accesa, D 13 tal é il mió fato dispietato e reo, C 14 tal é '1 laccio crudel, con che m'hai presa. D Cosí la traduzione: 1 Pod suncem žene nesretnije nema, A 2 nit se od mene smetenijom čuti, B 3 što sunce moje, moj se gospar ljuti B 4 zbog stvari gdje sam nedužna posvema. A 5 Da bol mi zada, množ optužbi sprema, A 6 ne želi ni da ispriku uputim B 113 7 perom il riječju, želi tek da šutim 8 kanda sam čedo u zipci, il nijema. 9 Koji je krivac nesretniji, jao, B A C D C 10 kad mu se pravo obrane usteže, 11 pod tako gadan zakon ikad pao? 12 Takvim pak Amor plamenom me žeže, 13 takav mi usud nesmiljen i zao, 14 takva je omča u kojoj me steže. D C D La qualità del sonetto tradotto è rimarchevole; la rima risulta sempre rispettata, analogamente a quanto avviene in forma quasi perfetta per l'anafora Tal è dell'ultima terzina: Takvim/takav/ takva (vv. 12, 13, 14). Nella prima quartina viene mantenuta l'anadiplosi 7 mió...il mió (moje... moj, v. 3), mentre la seconda rispecchia l'antitesi non vuol/vuol {ne želi/želi, vv. 6, 7). Viene invece meno l'accordo tra il sostantivo reo (v. 9) e l'aggettivo reo (v. 13), entrambi parole-rima neU'originale: il traduttore impiega qui l'esclamazione jao (v. 9) e l'aggettivo zao (reo, v. 13). Inoltre nella versione tomasoviciana non vi è quasi più traccia délia gravitas che esprime, anche formalmente, la difficoltà di amare. L'esordio della seconda quartina (E, per farmi dolente a via più d'una/guisa, non vuol ch'io possa far mia scusa) dà voce all'ansia e al dolore mediante una frattura sintattica decisamente rara nella poesia dell'epoca. A fine verso l'articolo indeterminativo viene scisso dal suo sostantivo secondo un enjambement in genere ricorrente tra aggettivo e sostantivo, ma che qui viene inusualmente impiegato per esasperare il senso di frattura dolorosa. Nella traduzione, invece, il quinto verso termina con una virgola, revocando in tal modo questa figura. La versione di Tomasovic, pur assecondando il pensiero dell'autrice, rinuncia a qualcosa sul piano stilistico, pur riproponendo, come abbiamo visto, l'anafora finale (Tal è), a dimostrazione che non sempre lo stile deve essere necessariamente sacrificato. Alla gravitas di Gaspara Stampa si contrappone la levitas del poeta trilingue (croato, italiano, latino) Dinko Ranjina/Domenico Ragnina: 1 Afflitto cor, se hor pur come sogli 2 Tu non gusti il piacer del ben'amato, 3 Perché contra di te di sdegni armato 4 Si aspramente nel mal ti lagni, e dogli. A B B A 5 Nel tuo pensier l'andar del mondo accogli, 6 Forsi col tempo ancor serai beato, 7 Non sempre senza fronde o fiori è il prato, 8 Nè l'onde irate ogn'hor batton li scogli. A B B A 9 La fortuna col ciel si volge intorno: 10 Et hor' è '1 tempo caldo, et hor gelato, 11 Hor è la notte bruna, hor chiaro il giorno. C B C 114 12 Hor l'amante d'Amor è tormentato: 13 Hor fa nel bel gioir dolce sogiorno. 14 Ogni cosa mortal cangia suo stato. B C B II sonetto esprime, attraverso una serie di antitesi, il concetto del mutar del tempo e degli stati d'animo. II senso dell'ansia viene scandito dall'avverbio ora (v. 1) che, iterato quattro volte in posizione anafórica (vv. 10, 11, 12 e 13), collega le due terzine, e che viene ripreso con l'anadiplosi al décimo e all'undicesimo verso. La traduzione offerta da Tomasovic ricalca fedelmente questo schema, che sembra venir meno solo nell'ottavo verso. 1 Čemerno srce, ako sad ko prije A 2 ne godiš slasti ljubovničke sreče, B 3 uz preziranje spram sebe sve vece, B 4 što tjeraš oko da vijek suze lije? A 5 Da stalan tečaj spoznaj svijeta nije, A 6 još možda sretan bit češ, manjkat ne če B 7 livade, polja, hvoje, lišče, cviječe, B 8 nit' sved u hridi val uzburkan bije. A 9 Fortuna vrtnjom poput neba grede: C 10 sad led je, zima, sada pramalječe, B 11 sad mrkle noči, sad dni jasni. C 12 Sad ljubav jaram ljubovniku meče, B 13 sad ga u predjel blaženi uvede. C 14 Kroz mijene svaka stvar se smrtna kreče. B La versione tomasoviciana di questo sonetto, ritmato solo su tre rime come neU'originale, tende al rispetto dello stile e del lessico caratteristici dell'originale. In essa si ritrova l'antitesi amato/amante (ljubovnik/ljubovničke, vv. 2, 12) - do ve pero il sostantivo amato viene risolto con l'aggettivo ljubovničke -; si nota inoltre come le parole tendano a collocarsi quasi nella stessa posizione occupata nel testo originale. L'iterazione e la collocazione di Et hor, Hor, (vv. 10, 11, 12, 13) sono perfettamente restituite mediante l'avverbio sad, sada (vv. 10, 11, 12, 13), mantenendo inalterati la forma e il contenuto del sonetto, un esito a cui concorre anche l'impiego di un lessico molto particolare, che si avvale di localismi (čemer/čemerno, v.l, per afflitto) e di arcaismi come Ijubovnik (v. 2), spram sebe (contra di sé, v. 3), vijek (sempre, v. 4) e sved (sempre, v. 8). Nella versione tomasoviciana dei versi di Ranjina si riscontra dunque la più piena aderenza alie rime, al lessico e alio stile; la traduzione rende bene l'originale, a testimonianza dell'ormai acquisita dignità della traduzione del sonetto in lingua croata. 115 "Tradurre - e non solo poesía - è in assoluto una delle più complesse attività dello spirito umano", ricorda F. Apel nel suo Manuale del traduttore letterario. Il processo di traduzione implica una moltitudine di condizioni che il traduttore deve soddisfare, e le armi analitiche vengono deposte non di rado (F. Apel, 1993:19). Non di rado la traduzione poética è stata definita un'impresa impossibile, ma cio non ha impedito ai suoi artefici di offrire al pubblico opere altrimenti inaccessibili, nonostante le difficoltà notevoli, le stesse che inducevano Čale a riconoscere l'impossibilità di apprendere un "mestiere" capace di garantiré esiti felici (Uspješan prijevod poezije nije posao koji se može naučiti) (Cale, 1994:7). Oggi il traduttore dei versi dei classici puo avvalersi del patrimonio délia poesia classica nella sua lingua naturale, nonché di un forte bagaglio di conoscenze relative ai meccanismi linguistici che regolano il sistema poético. La traduzione, annota E. Mattioli, "non è un'operazione a una dimensione, ma coinvolge una pluralità di esperienze e una serie di discipline diverse. Se, come ci siamo proposti di fare, teniamo come punto di riferimento la traduzione letteraria, le discipline messe in gioco sono per lo meno: la teoria délia letteratura, la letteratura comparata, la critica letteraria, la poética, l'estetica, la storia délia traduzione, délia poesia, délia letteratura, la lingüistica, etc. oltre, naturalmente, e non ultime délia lista, le discipline relative aile lingue naturali coin volte nel processo traduttivo." (E. Mattioli, 1998:147). Al traduttore letterario il compito di porre in atto i presupposti individuati dai teorici, nella speranza di avvicinarsi, per sequenza di tentativi, alla meta. Università degli Studi di Trieste BIBLIOGRAFIA Aa.Vv. (1998): Knjiga Mediterana 1997: predavanja (II libro del Mediterráneo 1997: relazioni), Književni krug, Split. Aa.Vv. (1998a): Dani hvarskog kazaüsta: hrvatska književnost u doba preporoda, Ilirizam, romantizam (Giornate del teatro di Lesina: la letteratura croata deirillirismo e del Romanticismo), Književni krug, Split. Apel, F. (1993): II manuale del traduttore letterario, a cura di E. Mattioli e G. Rovagnati, Guerrini e Associati, Milano. Brozovič, D. (1997): Hrvatski leksikon, Naklada Leksikon, Zagreb. Čale Kneževic, M. (1993): Demiurg nad tudim djelom (Demiurgo dell'opera altrui), Hrvatsko filološko društvo, Zagreb. Čale, F. 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