ANNO XXVII. Capodistria, I Maggio 1893. N. 9 LA PROV DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-ä rim es tre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. DI UNA PROPOSTA DELL'AVV. GALLO PRESENTATA AL CONSIGLIO MUNICIPALE DI CAPODISTRIA E del centenario di Gian Rinaldo Carli Nella seduta del 7 Marzo p. p. della Rappresentanza Municipale di Capodistria, l'onorevole Avv. Gallo fece la seguente proposta, dopo averla con opportune parole motivata: Piaccia alla Spett. Rappresentanza deliberare : 1°. — L'istituzione in questa sala consigliare di ™ albo commerativo per iscrivervi in ordine cronologico, e colla maggior possibile esattezza i nomi dei Podestà di Capodistria dall' epoca in cui per intercessione del Patriarca Fortunato di Grado, i popoli dell'Istria, con diploma dell' Imperatore Lodovico, ebbero privilegio di eleggersi a loro beneplacito i propri rettori, governatori, patriarchi, vescovi, abati, tribuni ecc. 2°. La collezione possibilmente completa dei ritratti fotografici dei Podestà di Capodistria dal secolo presente ia poi. 3°. — La creazione di un libro a perpetuo ricordo di tutte le Rappresentanze municipali di Capodistria dal memorabile anno 1848 in poi. 4°. — La custodia della collezione ad 2 e del libro ad 3, nella civica biblioteca in apposito armadio. 5°. — La continuità di queste istituzioni anche pel futuro. 6°. La pubblicazione sul pregevole giornale cittadino La Provìncia delle iscrizioni riportate nell' albo ad 1, con un cenno relativo alle fonti, onde furono attinte, alle ragioni ed all' origine dell' albo. 7°. — La comunicazione di dette iscrizioni, fonti e cenni alla Società d'Archeologia e Storia Patria in Parenzo (') Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco allà Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Disse bene 1' onorevole Gallo che un sentimento innato nell' uomo lo muove a conservare gelosamente la memoria de' suoi progenitori. Tanto più oggi in questi tempi difficili occorre che la viva memoria del passato, tenga desta nei presenti le speranze dell' avvenire. Perciò senza alcun dubbio la proposta dell'onorevole Gallo deve essere accolta di gran cuore; ed il sottoscritto, per quanto sta in lui, ne raccomanda caldamente 1' appoggio condizionatamente però, come apparirà da quanto sta per aggiungere. E prima di tutto convien considerare, che perchè siano educative simili istituzioni di collezioni e di album è necessario dare Toro fa màssima pubblicità, e trovare i mezzi più opportuni, perchè siano accessibili 11011 solo in appositi armadi agli onorevoli pro tempore, ma al popolo, senza di che l'albo commemorativo rimane un oggetto di lusso, e quasi non dissi lettera morta negli scaffali. A ciò in parte provvede la proposta dell' onorevole Gallo al Numero 6 e 7 ; cioè con le pubblicazioni nella Provincia, e negli Atti della Società Storica di Parenzo. E sta bene. Aggiungerei che di quanto sarà stampato nella Provincia e negli Atti si avessero a tirare delle copie, dando ansi al dettato una forma popolare, e aggiungendo tutto ciò si crederà necessario per rendere più proficua e piacevole a tutti la lettura. Così a mo' d'esempio si dovrebbe iti questa pubblicazione trascrivere e tradurre in volgare le iscrizioni che sul Palazzo Pretorio e in altri luoghi si leggono in onore dei Podestà Veneti, alcuni dei quali furono veramente illustri, e bene meritarono della nostra città e dell' intera provincia.*) Leggo di *) Le iscrizioni venete furono pubblicate per cura del compianto direttore del ginnasio di Capodistria Dr. Giovanni Loser, nell' Istria del Kandier (Anno VI 1852, pag. 526, 127, 132, 138, 142. La serie dei Podestà Veneti venne pubblicata dal Kandier nelle « Indicazioni per riconoscere le cose storiche del Litorale » a pag. 141. (Note della Red.) fatti nell'opuscolo del bravo Gedeone Pusterla —I Rettori di Egida, Giustinopoli, Capodistria — pubblicazione da consultarsi per questi nuovi studi, come vari podestà di Capodistria divennero poi Dogi di Venezia : Giovanni Dandolo, Pietro Gradenigo, Francesco Dandolo, Bertuccio Gradenigo, Giovanni Gradenigo, Nicolò Dona ; onde la storia dei nostri podestà ben si può dire una pagina gloriosa della storia della Repubblica Veneta. E per vero ambito era un tal posto dalle patrizie famiglie ; perchè il podestà di Capodistria fungeva anche da capitano su tutta P Istria veneta, quando la nostra città era perciò la capitale ' della provincia. Per tutte queste regioni, lo scrivente ritiene doversi da tutti, che hanno a cuore l'onore del paese, appoggiare la proposta dell' onorevole Avv. Gallo. C' è però sempre una condizione sine qua non, oltre la già esposta della pubblicità, e che mi affretto di manifestare. Un altra cosa deve stare a cuore ora alla rappresentanza comunale ed un altro impegno al quale non ha che io mi sappia, soddisfatto. Neil' archivio giacciono sempre le lettere di diversi celebri letterati, dirette all' illustre Gian Rinaldo Carli, e tra queste, alcune del Parini, del Beccaria, del Gozzi, del Goldoni, del Boscovich, del Maffei, del Bettinelli, dei due Verri, dello Strafico ecc. come si ha da articolo già stampato nella Provincia (anno XI, 1877 n.o 20); di più moltissimi manoscritti importanti del Carli stesso, e già esaminati dal benemerito Tomaso Luciani che ne diede relazione dettagliata nella Provincia stessa (anno XI, 1877 n.o 17), e ristampata nella Biografia degli uomini distinti dell'Istria dello Stancovich. (Vedi l'opera stessa a pag. 325 e seguenti nella ristampa dell'opera. Capodistria, Priora 1888.) La famiglia Fecondo, che già possedeva questi manoscritti e dette lettere, li regalò al Municipio di Capodistria che promise di ordinarli e custodirli tra i più preziosi cimeli del suo ricco archivio. Preme che tutto questo sia fatto e subito ; e ne è persuaso l'onorevole Gallo, il quale, dopo la già annunziata proposta, formulò un fervido voto; perchè una schiera eletta d'intelligenze cittadine, cui mise a disposizione 1' opera sua, si affretti ad ordinare e regolare scientificamente opere, scritti, cimeli, e documenti che si trovano raccolti nella civica biblioteca. Lo pigliamo adunque in parola, e lo preghiamo caldamente a concentrare tutta la sua attività, nell' ordinare non solo, ma pubblicare quanto prima dette lettere e manoscritti del Carli. C' è poi l'altra eircostanza che nell'anno 1895 cadrà il primo centenario della morte dell' illustre uomo, onore e decoro non solo dell'Istria, ma di tutta l'Italia. A Pirano, si inaugurerà quanto prima il monumento al Tartini ; a Trieste e in altri luoghi dell' Istria si ripete la domanda : Che cosa farà Capodistria pel Carli nel 1895? Ecco in proposito il mio debole parere. Monumenti no, chè costano troppi denari ; basterà un' iscrizione sulla casa dove nacque, e il nome del Carli imposto alla relativa via, come si era, ma invano, proposto pel Combi. Trattandosi di un I. R. Presidente del R.o Ducale magistrato camerale, e pensionato dell'Imperatore Leopoldo II. non ci saranno ostacoli ; e gli si potrebbe anche innalzare un monumento alto come il campanile del Duomo. Dopo ciò, il più bel monumento duraturo da erigersi al Carli, sarebbe la pubblicazione di tntte le lettere, degli uomini illustri a lui dirette, e dei manoscritti, specialmente di quelli he hanno maggior interesse per la storia dell'Istria, come quelli segnati ai N.i 1, 2, 3, 9 c, 15 nella nota del Luciani, e omettendo quelli che contengono note e studi per opere già dal Carli pubblicate. Voglia adunque la benemerita Rappresentanza Municipale di Capodistria dal suo seno nominare una commissione, con a capo l'egregio Avv. Gallo, perchè studi fin d' ora 1' argomento, e raccolga in 1 città e in provincia i fondi necessari alla pubblicazione degli scritti inediti del Carli, previa una opportuna prefazione che in brevi parole illustri la vita, e dimostri il valore dell' uomo egregio, giustamente appellato il Varrone dell'Istria. Ecco la condizione accennata. Si hanno a sufficienza denari? Allora si dia subito mano ad effettuare le proposte del Gallo; secondo il noto proverbio dell' unum facere ed alterum non omittere. Ma se i mezzi scarseggiano; e se, come è, ragionevole temere, la varietà degli intenti può distruggere le forze che devono convergere al raggiungimento di uno scopo più importante, allora lasciando per ora riposare gli illustrissimi podestà e capitani, si pensi subito all' unum necessarium: ad erigere cioè un degno monumento alla memoria del Carli, e celebrare così in patria il primo centenario della sua morte. Aggiungo che per tastare terreno, e invogliare anche i tiepidi si potrebbe fin d'ora pubblicare qualche saggio di lettere o di opere inedite nella Provincia stessa. Anche si rifletta che la pubblicazione dell' albo dei Podestà ecc. interessa certo, la storia veneta ; ma che la stampa delle cose inedite del Carli, sarà di grande importanza per la storia della letteratura italiana. A dir breve, si facciano quante proposte si vogliono; anche utili, anche decorose, io come il vecchio Catone ripeterò sempre in altro senso il caeterum censeo. Pensi Capodistria avanti ad ogni altra cosa al suo debito d' onore. Caeterum censeo che prima di tutto si ha a celebrare nel 1895 il centenario di Gian Rinaldo Carli. E due anni passano presto. P. T. I—----s&r------ INDICE DELLE CARTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 8. (Continuazione vedi n. 8 anno XXIV e seg.) anno 1559 c. 598-601 Capitano Giovanni Corner I Pro presbiteris Pinguenti et Rotij circa solutionem decima,rum 11 capitano, incaricato di dare informazioni circa le rendite I del clero di Pinguente e di Rozzo, chiama a deporre alcuni uo-[ mini del luogo in presenza del canonico capodistriano Gerolamo [ Brati vicario del vescovo di Capodistria da cui è mandato. Il t contestabile Domenico de Castro dice che in Pinguente officiano cinque canonici e il pievano. Le loro entrate provengono da una j parte di molino da cui ottengono diciotto misure di mistura che E ordinariamente può valere lire 3.1'2 la misura. Hanno oltre di ciò. I ciascuno di loro, un prato dal quale, se fosse dato ad affitto, si I caverebbero circa lirp 2; possiedono similmente un campo d'una | eornada et meza d' arar par homo che coltivano loro stessi e | che, affittato, potrebbe dare circa lire 3. Hanno ancora tutti as-[ sieme due case che si affittano per circa lire 27 ; hanno poi i cinque zappadori de vigna per cadauno, da cui ottengono al più un orna di vino che a Pinguente non vale di regola più di lire 1.3. _ Il giudice del comune di Pinguente Pietro de Germanis [ripete in circa le stesse cose e soggiunge che tra gli incerti [ ciascuno di loro potrà avere circa due staia di frumento e due | di avena nonché tre orne di vino. Hanno ancora il quartese degli animali minuti che può importare circa sei animali per cadauno e cioè lire 7 per ciascuno Egli dice poi: il R.o piovano ha più I deli altri canonici prima da cadaun di loro l. 4 de picoli, et da E verch et sovignacco l. i et dui Capelle, le quali importano l. 6. I L'altro giudice Marco de Vesco depone come il suo collega. — — Paolo Brenta, ripetuto quanto dichiararono gli altri, dice che [ gli animali minuti si sogliono vendere a lire 1 soldi 4 l'uno e l che il pievano ha più degli altri canonici in complesso cinque [ ducati all' anno. - Un Bencieh di Rozzo espone qualmente in [ Rozzo vi sieno quattro sacerdoti compreso il pievano. Hanno [ tutti assieme un campo da cui Cavano due misure di frumento E e cioè uno staio veneziano. Poi un altro campo che produce un E quarto di staio di grano. 11 pievano ha un campo che se fosse f affittato potrebbe dare un terzo di staio, prete Bartolo poi tiene | un altro campo che produrrebbe quanto il precedente e prete [ Vido uno lui pure che si affitta. Hanno altresì alcune vigne a f decima che danno circa due orne di vino o più secondo gli | anni. — Vincenzo del Senno dichiara che, oltre all' accennato, i | sacerdoti di Rozzo cavano di quartesi delle biave fra tutti loro... ; circa diese in dodese misure di formento all' anno e altra tanta ; lima da cavallo, di vin poleno cavar fra tutti circa 12 misure [ de vin,... cavano poi il quartese d'animo,li minudi fra tutti loro , circa 30 in 32 agnelli. anno 1560 c. 602-607 Capitano Giovanni Corner Acta facta in pasenatico Il capitano Giovanni Corner trovandosi, durante la visita del Pasenatico, a Dignano nei giorni 29 e 30 di ottobre dell'anno 1560, giudica in appello su alcune questioni nella sua qualità 1 di definitore delle sentenze di quei podestà. anno 1559 c. 608-6-12 Capitano Giovanni Corner Acta secuta Adignani de mense Aprilis 1559 tempore quo cl.s 1). Cap.s eo pro fixione confinium equitavit Il detto capitano, trovandosi a Dignano per questioni di confini fra questa città e il castello di San Vincenti, accoglie qualche ricorso contro sentenze dei podestà di Dignano e giudica. (Continua) G. V. — Portole -:- ■ m—--- Le coltivazioni sperimentali lei frumento in provincia In relazione a quanto venne pubblicato nella Provincia, n. 5 a. c., sulla convenienza di migliorare la coltura del frumento nella nostra provincia, crediamo doveroso e utile riportare il seguente brano del protocollo della seduta del Comitato permanente del Consiglio agrario provinciale, che ebbe luogo in Parenzo il 27 marzo 1893 ; protocollo pubblicato per intiero nel periodico P Istria di Parenzo (n. 501, 592, 593, 594). „Per conchiuso dell'Eccelsa Dieta nella sessione primaverile 1892, il Consiglio venne donato di una sovvenzione provinciale di fior. 700, da erogarsi in esperienze di coltura intensiva di frumento nei distretti più importanti per la coltura granaria in provincia. La presidenza dava pertanto incarico al segretario di eruire gli opportuni campi sperimentali nei territori di Buje, Montona, Parenzo, Pola, Pirano, Pisino, Rovigno e Pinguente, e di compilare un piano tecnico e finan-' ziario per la attivazione di dette prove, coli' impiego delle nuove varietà di frumento più raccomandate pei nostri paesi, e coli' uso dei concimi chimici. Le disposizioni fondamentali per dette sperienze si riassumono nelle seguenti : «) Un appezzamento di 250 metri quadrati servirà come lotto di prova, di confronto ad altro lotto di pari superficie e condizioni di suolo, adibito ad uso di testimonio. b) il lotto di prova verrà seminato con frumento di Eieti, o con frumento Noè, conciato col solfato di rame contro la carie. Il testimonio si seminerà col frumento locale. c) Il lotto di prova veirà concimato con concimi chimici, mondato dalle malerbe e custodito a norma delle relativa istruzione. Il lotto testimonio si tratterà all' uso locale. d) Al raccolto si terrà separato calcolo del prodotto dei due lotti in paglia e granella, seguendo una uniforme misura in tutte le operazioni di raccolta e di pesata. e) A titolo di parziale rimborso del valore del seme forestiero e del concime chimico somministrati dal Consiglio, il proprietario sarà tenuto a restituire alla mietitura la dose di seme forestiero ricevuto per la semina del lotto di prova. Con siffatte direttive fu possibile di erigere nello scorso autunno 16 campi sperimentali in Stignano di Pola, Mircovizza e Dimboraz di Montona, Dignano, Lu-poglavo, Valle di Fasano (Pirano), Salvore, Buje, Bar-bariga (Rovigno) Lindaro, Pisino e Parenzo, ed ora si attende la miettitura per rilevarne i risultati comparativi." . Da una relazione del prof. Hugues pubblicata nel-1' Istria del 18 marzo p. p., apprendiamo poi che a complemento di queste prove, e collo scopo di moltiplicare il seme, l'Istituto agrario in Parenzo provvedeva inoltre all' erezione di altrettante aiuole di prova per le seguenti altre 10 nuove varietà di frumento, direttamente ritirate dalla rinomata Casa Vilmorin-Andrieux e Comp. <ìi Parigi. 1. Blé à épì carré Scholey 's Warp grown. 2. Chiddam d' automne à épi rouge. 3. Golden drop d' automne. 4. Hallett pedigree. 5. Hybrid Dattel. 6. Rousselin. 7. Victoria d' automne. 8. Herisson barbu. 9. Shireff blanc barbu. 10. Blé de Bordeaux. ----^mm—-— La lotta contro la fillossera in provincia Nella prima metà del passato mese di Aprile venne tenuto nell' istituto agrario provinciale in Parenzo un corso femminile d' innesto delle viti americane. Ventiquattro furono le frequentanti venute da Capodistria in maggior numero, Isola, Pirano e Dignano, e sarebbero state di più se iu altri luoghi pure invasi dalle fillossera, per esempio Buje, si fosse data maggiore pubblicità agli avvisi di apertura del corso. La prova è riuscita col migliore successo, e alla distribuzione dei premi, il prof. Hugues, nella sala dell' istituto espose al numeroso pubblico lo stato attuale dell'infezione fillosserica nella postra provincia. Rilevato come ben dieci milioni di viti ormai vi sieno totalmente perdute, su ben circa mille e cinquecento ettari di vigneti infestati, ripartiti su oltre trenta chilometri quadrati di superficie, in tre distretti capitanali, cinque distretti giudiziari, e ben quattordici Comuni locali ; ed accentuata la presenza della fillossera al Nord ormai a Grisignana sulle pendici della Valle del Quieto, e al Sud sulle isole di Lussino, Cherso e Veglia; egli avvertiva il bisogno di seriamente preoccuparci dell' inesorabile progredire del flagello sterminatore; il quale, anche qui, dopo un decennio di incubazione, ormai tende a dispiegare quella tremenda rapidità ed intensità di diffusione, per cui altrove ebbe a rendere in breve misere, e deserte di viti, intiere Provincie e regioni, un giorno floridissime e ricoperte di vigneti. Di quali sciagure possa essere cagione l'esterminio delle viti del nostro paese, possiamo pur troppo apprenderlo dall'esempio desolante, che ne offre il territorio di Isola ; dove è quasi del tntto scomparsa una produzione di ben circa 25 mila ettolitri di vino, e la vite più non appare produttiva, che in pochissime località, esse pure minacciate di irreparabile e vicina rovina, per le circostanti e smisurate plaghe d'infezione, che ormai si riuniscono tutte in una sola ed unica gran macchia fillosserica, estendentesi sul territorio intiero. Che poi la fillossera debba inesorabilmente diffondersi su tutta l'Istria, ciò è troppo evidente perchè oc- corra dimostrarlo. Sarà pur troppo semplicemente una questione di tempo. Il problema riveste pertanto i caratteri di una gravissima questione di generale e ca-pitalissimo interesse per tutta la provincia. E qui sorge la domanda: Sarà egli possibile di dar mano, colle viti americane, alla ricostituzione dei vigneti distrutti, con tale ampiezza, da ridonare a tutta l'Istria P immenso numero di viti già sparitevi e destinate a sparirvi? Sì ; ciò è possibile — Ce lo prova il Dipartimento dell' Hèrault in Francia, il quale oggigiorno ha ricostruito, colle sole viti americane, ben oltre 173 mila ettari di vigneti, con una produzione annua di 7 milioni di ettolitri di vino. Se l'Hérault ha rapidamente ricostituito 173 mila ettari ; perchè mai l'Istria non giungerebbe a ricostituire i soli suoi 47 mila ettari ; chè a tanto oggidì ammonta l'intiera sua superficie vitata? Ma a pervenire a siffatti risultati, occorre per noi dispiegare tutta quella attività, tutta quella previdenza, tutta quella coraggiosa iniziativa, di che la Francia ebbe a darci così splendidi esempi. L'apparecchiamento di abili innestatori di viti americane, qui iniziato e continuato già da parecchi anni, non restò senza frutti. Se, stando ai rapporti officiali del dirigente governativo delle operazioni contro la fillossera, solo nella primavera 1892 da noi si posero in terra oltre 500 mila viti americane, e se il solo territorio di Pirano già possiede parecchie centinaia di miliaia di viti americane innestate; ciò fu dovuto a quei primi tentativi, di poi coraggiosamente imitati e ampliati nei territori infetti. Se non che ciò non sarebbe bastato; e bisognava assolutamente provvedere ad estendere maggiormente il personale per gl'innesti. L'idea di fare concorrere la donna nell' opera della ricostituzione dei vigneti, ne venne suggerita dal fatto, che la bachicoltura, mercè l'esame microscopico della semente, fu già virtualmente salvata dalla donna, da un non meno tremendo ed irreparabile naufragio. Questo primo nostro esperimento ha lucidamente dimostrata la superiorità della donna, anche in questo paziente, minuto e delicato lavoro dell' innesto, in cui la mano pesante e callosa del viticultore, non sempre riesce appieno. Il direttore chiuse con questo desiderio e voto. „Possa presto l'Istria nostra riuscire vincitrice in questa difficile e lunga lotta, impegnata a difesa della precipua fonte della sua prosperità economica ; e possano in quel giorno le giovani e le donne, che qui mi ascoltano, godere del giusto compiacimento, di essere state le prime a coraggiosamente prestare il loro contributo in un' opera cotanto benefica e santa per 1' avvenire della propria famiglia, per il loro comune, per l'Istria tutta ! « Tutti gli intervenuti applaudirono il sig. direttore ; ai meritati applausi si aggiungano, a suo conforto, le dimostrazioni di sentita riconoscenza all' egregio prof. Hugues, da parte di tutti i comprovinciali, per la sapiente energica direttiva che ha dato alla lotta contro la fillossera; la perseveranza con cui la continua, coi migliori auspici di salvare T Istria da uno dei più grandi disastri economici. Dio voglia che riesca ; da parte sua finora ha fatto il possibile, e noi pure lavoriamo per facilitargli il compito e salvare le nostre sostanze. [ •----«ÄS-----:- Appunti bibliografici Nel fascicolo I della Rivista storica Italiana, anno X, leggesi 1' articolo seguente sul libro dell' onor. Marco Tamaro — Le città e le castella \ dell' Istria *) Non so imaginare, e non lo sa nemmeno 1' autore, in quanti volumi sarà contenuta quest' opera i importante, che si propone il nobile patriotico fine di far conoscere l'Istria anche agli stessi istriani, dacché le molte pubblicazioni che si sono fatte intorno all'ultimo lembo orientale d'Italia tra la Ro-sandra e il Quarnero, tranne quella del De Franceschi, I o mancano di carattere sintetico che abbracci tutta | la penisola o hanno un' impronta erudita, da cui l'autore vuol tenersi espressamante lontano. Il Tamaro, che è direttore del periodico „L'Istria* di ; Parenzo, mosso dal desiderio di ristabilire la verità contro gli errori grossolani che gli stranieri spacciano I sulle cose nostre, ha voluto recarsi sulla faccia dei luoghi, percorrere minutamente tutta la provincia e rivendicandola davvero agli studi italiani, giusta ; gli onesti intendimenti del compianto patriota Carlo f Combi, richiamarla alla „coscienza del proprio essere, in questi tempi di sobillazioni, d'intrighi, d'insidie e di lotte nazionali." Chiaro è dunque anche questo , secondo scopo del nostro autore che oppone un argine alla sfacciata propaganda degli Slavi che, per [ tutelare sè stessi, disconoscono ed usurpano i diritti altrui, nella speranza che sparisca dal territorio, in cui furono accolti come ospiti, ogni residuo della i civiltà latina che fu larga a loro di beneficii. Per-I tanto al duplice intento mi sembra bene scelta la [ forma di Guida, che si volle dare al lavoro, senza [ però che apparisca dal titolo ; e ciò sarebbe stato [ troppo modesto e poco preciso, perchè se 1' autore [ conduce ordinatamente il lettore a traverso i luoghi [ che esso percorre, assurge però dalla semplice descri-[ zione dei medesimi a considerazioni più generali, e j con larghezza estende la sua ricerca ai casi storici i che non hanno immediata attinenza con le descrizioni e particolari dei luoghi o dei monumenti. Quanto io dico conviene per intanto a questo ; primo volume, nel quale il discorso cade su Pola e f gl' immediati dintorni sì terrestri come marittimi. Ed è invero esauriente la trattazione della famosa : città celtica che i Romani fecero propria colonia, lasciandovi quella splendida orma di sè che si rivela \ nei numerosi monumenti che ancora rimangono, l'An-; fiteatro che serio fra i molti monumenti consimili ! sparsi per tutta Italia conserva benissimo il perimetro ; esterno, tre delle dodici porte, la Iovia, 1' Erculea, 1' Aurata a cui si addossa 1' arco dei Sergi, i ruderi : del teatro, la fullonica, dove si lavoravano le candide lane, e il mirabile tempio dedicato a Roma e ad Augusto, con appresso gli avanzi dell' altro attribuito a Diana, e infine le relique del Campidoglio. Mi piace osservare che l'autore, discorrendo di Pola e dell' Istria, nei loro monumenti romani e cristiani, fa tesoro anche degli scritti dei moderni, specialmente di quelli del Benussi e dell' architetto professore Raffaele Cattaneo, ingegno divinatore, troppo presto rapito in Venezia al lustro della nuova critica artistica, in cui veramente aveva segnato passi da gigante. Recentemente il Benussi trattò dell'Istria nel-1' epoca bisantina, nò poteva dimenticarsi come, sulle fondamenta del tempio di Minerva in Pola, sorgesse, intorno la metà del secolo VI, la celebre basilica di Santa Maria Formosa che, prima della totale distruzione, aveva dato alcune delle proprie colonne ad abbellimento del S. Marco e del Palazzo Ducale di Venezia. Monumento insigne era altressì il battistero che, rispettato nelle sue rovine dal governo provinciale, fu demolito dalle fatali esigenze della marina austriaca da guerra. Resta tuttavia in piedi il duomo di Pola eretto, dicesi, sulle rovine del tempio di Giove Conservatore, e su esso l'autore opportunamente s'indugia per riferire la storia degli antichi restauri e per dire delle scoperte fatte in occasione dell' ultimo che fu compiuto otto anni or sono. La storia del duomo lo invita, per un naturale trapasso, a parlar della diocesi sottoposta a vicenda ai patriarchi di Aquileia e di Grado, ma signora a sua volta di molte terre dell' Istria, e perfino di Bar-bana presso Grado e di Fiume. Molti dei vescovi di Pola furono però in lotta coi patriarchi, e alcuui si resero colpevoli di simonia e perfino di pirateria: Giambattista Vergerio, fratello del famoso Pier Paolo vescovo di Capodistria, ebbe taccia di apostata, da cui credette scagionarlo il canonico Stancovich nella Biografìa, contro le asserzioni del Muzio nelle Lettere Vergeriane. La serie dei vescovi di Pola che si chiude nel 1802 (nel 1827 la diocesi fu aggregata a quella di Parenzo) è con molta diligenza riferita e ragionata dal nostro autore, insieme ad altre notizie ad illustrazione della chiesa polese, chiudendosi la parte ecclesiastica con la narrazione del famoso scisma istriano dei Tre Capitoli, che durò 70 anni, dal 557 al 627. Le vicende politiche di Pola occupano poco meno della metà del volume. La sua dedizione a Venezia ebbe nome di spontanea, ma tale in vero non fu : il contrasto tra la repubblica e i patriarchi incoraggiava la resistenza da parte dei polesi che a lor volta non sapevano sottrarsi dalle prepotenze dei Sergi o Castropola che volevano riprendere il potere assoluto contro gli Ionatasi i teneri delle libertà cittadine (1258). Ma la decadenza in eni Pola a questo tempo \era giunta le impediva di affidarsi, per risorgere, alle sole sue forze. Dal suo canto Venezia non venne meno ai patti della dedizione, e confermò più volte i diritti concessi a Pola, spcialmente quello che avevano i consiglieri del comune di partecipare ai giudizii. Di nuovo, pel periodo repubblicano, la narra- zione del Tamaro si illustra con particolari interessanti, tolti non meno dagli scritti ben documentati del Luciani e del Tedeschi, che dalla recente pubblicazione periodica (»Atti e Memorie") della Società storica istriana e dall'abbondante messe che ci offrono le relazioni dei provveditori e dei capitani veneti, esistenti nell'Archivio di Stato in Venezia, dalle quali in parte aveva tratto profitto il Kandier nelle sue Notizie storiche di Pola. La repubblica, rialzate le mura di Pola fino dalla metà del sec. XIV, pochi anni dopo la dedizione, aspettò di fortificarla soltanto nel 1639, cessati i danni che erano derivati all' Istria e al Friuli dalla violenza degli Uscocchi. Però le condizioni materiali di Pola e di tutta l'Istria si mantenevano infelici, quasi lontano riflesso delle sorti a cui si avviava la stessa Venezia. Ciò non toglie che Venezia cercasse ogni via per porre argine alia rovina della provincia istriana in genere ed in ispecie di Pola. Anzi l'autore si fa coscienza di difendere la repubblica dalle accuse che le erano mosse quanto alla distruzione dei boschi, limitandosi ad osservare che tale torto spetta ai coloni forestieri, specialmente ai Morlacchi Zaratini e „ai sudditi alieni, cioè agli arciducali confinanti." Cosi Venezia fece progredire la coltura degli olivi nell' Istria in generale, e particolarmente a Pola e nei suoi dintorni, dove era rimasta trascurata. Tutti questi vantaggi peraltro erano ridotti a ben poco da continue pestilenze e dalle bande organizzate di assassini, due cause di rovina che resero Pola priva di abitatori, in preda al terrore tutto l'agro istriano. Gli ultimi capitoli del bel libro del Tamaro sono dedicati ad alcune esterne escursioni, e agli uomini illustri di Pola antichi e moderni, tra cui figurano due dogi di Venezia, Pietro Tradonico e Pietro Po-lani, un Bernardino, rettore dei giuristi nell'Università di Padova nel 1477 e l'archeologo contemporaneo Giovanni Carrara. Ma uscirei dal programma di questo periodico se discorressi di Pola modernissima (pp. 286-296) ; e perciò concludo dando ampia lode al Tamaro dell' opera sua, a cui avrebbe giovato un ordine ancora più scrupoloso, forse non conciliabile con le notizie staccate che si dovettero cementare fra loro. Affrettiamo tutti col desiderio la pubblicazione dei volumi che seguiranno, nei quali sarà da porre la massima cura ad evitare le ripetizioni, e vedremo di quanti tesori ignorali, artistici e storici, risplenda la derelitta penisola......... 0. Occioni-Bonaffons --------iW.------ T7" arietà Città e regioni che fanno le spese dell'ilarità. Tutto il mondo è paese, pure non ci è forse nazione in Europa che come l'italiana sia proclive all'ilarità; ed abbia una data regione o paese che ne faccia le spese. Di ciò sono due le cause: la prima il buon umore, il carattere italiano inclinato al riso per le felici condizioni del nostro clima e la fertilità del terreno ; le discordie civili e la secolare divisione la seconda. A questa accennava il Manzoni coi noti versi : Là pendenti dal labbro materno Vedi i figli che imparano intenti A distinguere con nomi di scherno Quei che andranno ad uccidere un dì. Sarebbe un sine fine rammentare tutti i soprannomi, i frizzi, le insolenti parole che si scagliavano, e tuttora ripetono" a vicenda le città vicine. Così i Bergamaschi, come si ha dai Promessi Sposi, chiamavano baggiani quei del Milanese ; a Lodi anche oggi a significare un mestiere mal fatto ripetono — mestieri cremaschi; e quei di Crema e di Milauo pure soggiungono celiando — Lodesan largo de bocca e stretto de man. E i Pisani pei nemici Fiorentini avevano in pronto un epiteto di scherno ; ce lo rammenta Dante nel verso : „Vecchia fama nel mondo li chiama orbi." ( Inferno - Canto XV. ) A Foggia per la vicina Lucerà, decaduta dalla passata grandezza, hanno in pronta il moto Lux erat. E così via. E in Istria ? L' abbondanza dei motti, e dei nomi di scherno è tale e tanta, da non far dubitare neppure per un momento che la nostra è terra italiana, e che coi. fratelli abbiamo comuni le virtù ed i difetti pur troppo. Tra Capodistria Trieste Pirano ed Isola e' era a' passati tempi uno scambio di complimenti, conseguenza delle antiche discordie e divisioni politiche. Pare che tolte le cause dovessero cessare anche gli effetti ; ma signori no, c' è quel benedetto uso, tiranno della lingua, che fa perpetuare i motti senza malizia spesso, e tanto per eccitare l'ilarità. E non si avrà mai a finirla ? „Col tempo può essere risponde il Bortolo dei Promessi Sposi ; i ragazzi che vengono su ; ma gli uomini fatti, non c' è rimedio : hanno preso quel vizio; non lo smettono più." Chi avesse la pazienza di raccogliere tutti questi motti di scherno, condannandoli s' intende, farebbe opera utilissima, ed illustrerebbe pur troppo la storia d'Italia. Ma non è di questi che intendo oggi parlare ; piuttosto richiamo l'attenzione del lettore a quei racconti piacevoli, a quelle prove di bonarietà e di scempiaggine che si affibbiano agli -abitanti di un dato paese, e con cui si eccita senza malizia-, e senza rancore il riso nelle brigate. Certo a cercare bene in fondo si troverebbe che anche in questa tendenza del carattere nazionale, i reciproci odi ci hanno messo un tempo lo zampino ; ma oggi, co- me oggi no. Si aggiunga che le panzane e le novelle non hanno la punta dell' epigramma come i motti di scherno ; si raccontano bonariamente, e alla fin fine fanno ridere anche coloro che sono messi in canzone. Così stando le cose, ogni regione d'Italia ha la città o la provincia che fa da secoli le spese dell'ilarità. Il Piemonte ha Cuneo, che da qualche tempo ha esteso la sua celebrità anche in Lombardia ; Milano ride di Bergamo ; in tutto il Veneto, e quindi anche nell' Istria, si ride alle spalle del povero Dalmatino. Aggiungerei anzi che per quella benedetta confusione delle carte geografiche, essendosi alquanto abbujate le idee dei Serenissimi, negli ultimi anni della Repubblica Veneta, e non ci vedendo essi chiaro di là dall' acqua, anche noi Istriani, confusi con gli schiavoni, abbiamo qualche volta procurato buone digestioni ai patrizi: i fa-sceti d'Istria informino. Cominciamo da Cuueo. Davvero se ne raccontano di belline. Carlo Alberto, avendo dimostrato desiderio di possedere la piànta della città di Cuneo, una bella mattina vide davanti alla reggia in Torino un carro tirato da molte paia di buoi, carico d'una quercia secolare che si alzava in mezzo alla piazza della città ; omaggio di quei di Cuneo, non troppo forti, pare nel distinguere gli omonimi. Lo stesso, convitato dal sindaco, e trattato con vini generosi, avendo lodato la canova di lui, si sentì ripetere con la massima ingenuità: „Maestà ne ho anche di meglio ; ma non è pel primo minchione che passa." Si dirà essere queste storielle che si raccontano. Favoriscano di prendere in mano il Corriere della sera di Milano del 11-12 Aprile anno corrente, e leggano l'articolo — La distruzione delle gazze e delle ghiandaie — Visto e considerato ecc. che le gazze devastano il territorio di Cuneo la Deputazione provinciale ha deciso testé di permettere, benche in primavera, la caccia alle so-, praddette gazze e ghiandaie col fucile e col laccio ; rimauendo ferme le proibizioni di pigliare qualunque altra sorte di uccelli. Figurarsi il vespajo sollevato dal famoso editto provinciale ! Ma come, dicevano i vecchi cacciatori, è mai possibile tanta peregrina e preadamatica ingenuità nella egregia Deputazione Provinciale, da ritenere possibile che un cacciatore giri tutto il giorno in cerca d'una gazza, lasciando svolazzare impunemente gli altri volatili, e pregando magari con bel garbo una lepre, a cansarsi per non pestarle la coda ? E il laccio? Oh! quello poi non si discute; è una corbelleria degna di passare con tutti gli onori alla posterità. Come si potranno tendere i laci alle sole gazze, impedendo agli altri pennuti, d'incapparvi dentro ? Lo stesso dirassi d'altro editto comparso quattro giorni dopo in cui si prometteva di pagare 25 centesimi per ogni uovo di gazza. I contadini, ne raccolsero tante anche nelle province vicine che il comune fu costretto per non fallire, a revocare il decreto : la frittata era troppo colossale. La celebrità di Cuneo è adunque assicurata anche per questo finisecolo ed ultra. Ed ora dal Piemonte e dalla Lombardia, facciamo un salto nel Friuli. Qui poi, come nell' Istria vicina, specialmente montana, i fatterelli per far ridere le brigate hanno sempre per protagonista il Cargnel. E si che i montanari sono pel solito svegli d'ingegno ; e i Cargneli in particolare girano il mondo ! Credo di non andar lontano dal vero supponendo ciò provenne da un po' d'invidia dei bassajuoli in Friuli, e dei rozzi contadini nostri nell' Istria i quali non sanno perdonare a quell' industre razza di esercitare il piccolo commercio e di piantare certi ghetti cattolici nelle ville e nei casali lontani dal centro : tanto più che mutatis mutandis sento con piccole varianti, affibbiate ai Cargneli molte minchionerie che in Lombardia si ascrivono invece ai Bergamashi. Così la storiella di quei di Verzenis, capitati alla fiera di San Luca, e che avendo udito in chiesa il vangelo secundum Lucani, si portarono in deputazione a Roma per ottenere il privilegio del Vangelo secundum Verzenis. Sarebbe uno studio curioso davvero vedere come tradizionalmente le storie siano passate da una regione all'altra. Così avvenne in origine dell' epopee cavalleresche, delle novelle del Boccaccio, le fonti delle quali si cercarono fino nell' Asia e nelle arabe leggende. Le fonti delle corbellerie per cui diventarono celebri nei fasti del ridicolo alcuni dati luoghi, ecco uno studio degno dell' illustre D'Ancona ! Ancora un cenno sul povero Schiavone, soggetto ridicolo per i Veneziani, e per tutti l'Istriani specie della costa. La miniera è inesauribile. Talvolta è il semplice uomo, il quale dovendo passare traghetto a Venezia, udito che bisogna pagare un soldo per testa, mette i granchi in acqua; e raccomanda loro di aspettarlo alla riva opposta. Altra volta è il Raguseo minchione che esige dall' orefice gl' incida sull' anello nuziale da presentarsi alla sposa, tutta una storia, compreso il puttino che tira la freccia, cioè Amore. Minacciata di soppressione (e questa ho udito co' miei orecchi) la diocesi di Veglia, un chiericone dell'isola esclamò inorridito essere questo inpossibile ; perchè la diocesi di Veglia fu fondata settecento anni avanti Gesù Cristo. Vice- versa sento dire che i Yegliani raccontano mirabi- j lia della rozza e comica semplicità dei Croati, ai quali alcuni oggi fanno nell' isola gli occhi belli. La comicità di questi fatterelli era accresciuta poi dalla cantinella dalle parole smozzicate e dall'abitudine degli Schiavoni di usare dei verbi al solo modo infinito, ciò che è del resto comune a tutti quelli che balbettano una lingua straniera. Anche nella letteratura italiana s'infiltrò questo sprezzo per i poveri Dalmatini, e in generale per quei di Levante. Il Goldoni nelle — Done de casa soa (Atto IY. Scena seconda) introduce un mercante levantino che discorre per infiniti: „ Mi te voler -parlar . . . Come chiamar ti ? E quaudo costui comparisce sulla scena la prima volta in casa de Sior Gasparo ; "questi, al sentirsi apostrofare da quel nuovo pesce, dice fra sè: „ El xè molto compito ! El sarà levantin, o pur qualche schiavon ; de quei che dise : Tasè vu can ; e parla ti paron. " Tra le baje del Caro addosso al Castelvetro c' è anche questa (Apologia 48j : „ Dirò che se esso Caro dicesse Caro esso e madre èssa alla schiavonesca, io direi che fosse un Castelvetro ancor esso." Il Tasso al suo Scipione Gonzaga ( Lettere 1, 188,) parlando delle limitate attitudini del volgar toscano agli iperbati in confronto col latino, „ chi direbbe, dimanda, alludendo a una frase virgiliana " transtra per, che non paresse schiavone? E forse a consimili motteggi cinquecentistici pensò il Leopardi, quando della lingua dei topi disse nei Paralipomeni ( VII, 7 ) Che con l'uso dei verbi alquanto vario Alle lingue schiavone era sorella." Che più? Fino in corte di Mantova comune era fin dal 1100 questo cuculiare gli Schiavoni, probabilmente pei frequenti contatti coi Veneziani, se il Poliziano, nel primo Orfeo improvvisato a Mantova, introdusse in coda a Mercurio un pastore schiavone il quale finisce di annunziare la Rappresentazione così : , State attenti, brigata; buon augurio: Che di zavolo in terra vieu Mercurio. " Anzi in un codice mantovano, l'italiano vi è piti contraffatto e bisbetico, nel modo seguente: . State tenta, bragata, bono argurio : Chè di cievolo in terra vieu Morcurio. » (1) Ora, con tutte queste promesse, è facile immaginare, come nelle presenti circostanze sia più ') Per tutto ciò vedi la lettera al Prof. Paolo Tedeschi, dell'illustre Dal Lungo accademico della Crusca nell'Archivio Storico dello Zenatti e la risposta di P. T. nella Provincia [xx.l. j che mai viva nell' Istria questa tendenza di schernire gli Schiavoni, e i successori loro i Croati ; noto il fatto, e parole non ci appulcro. Le novelle, gli storpiamenti di parole, e specialmente dei cognomi sono all'ordine del giorno; ed è inesauribile la vis comica dei nostri, alla quale finora gli avversari non hanno saputo che contrapporre dei frizzi di bassa lega, ripetendo nella loro rozzezza fino alla nausea una parola che non è lecito ripetere, senza mancare alle regole più elementari del galateo, e con la quale insozzano le muraglie e le loro bocche. Ancor si avrebbe qui a parlare di altra regione che fa in Italia le spese dell'ilarità: voglio dire-delia Germania, e che segna l'antagonismo di razza Ma questo è quasi del tutto cessato nella Lombardia e nel Veneto ; anzi ora vi è in onore lo studio della letteratura tedesca. E va scomparendo anche nell' I-stria, perchè più viva e continua la lotta contro l'elemento slavo. Ed i Tedeschi, se non vorranno darsi la zappa sui piedi, dovranno bene unirsi a noi nella lotta contro il connine nemico, il quale mentre accenna in coppe, dà sempre in bastoni ; e se finge di guardare di là della Giulia, mira invece oltre Quarnero. Un' eccezione bisogna farla pel Trentino, dove Tedeschi ed Italiani stanno al guardavoi, e tentano di sopraffarsi a vicenda a' piedi del Brennero. Qui più che mai vivo lo scambio di reciproci complimenti ; e non occorre dire se gl' italiani nell' inventar storielle e far ridere le brigate alle spali» dei vicini abbiauo il sopravvento. C'è poi la questione perfino pel nome geografico — Tirolo — che i Trentini non vogliono, ed a ragione, senti'-ripetere. Ed in proposito rammentano il celebre sonetto del Vannetti che alla chiusa dice così : Quando in parte verrai dove .... Le case aguzze e tonde le persone, Allor dì francamente : Ecco il Tirolo. Chi vorrà inprendere questo studio originale e proficuo sulle reciproche antipatie nazionali manifestate con le spiritose invenzioni ed i fatterelli ridicoli, dovrà ben distinguere tra quanto vi possa essere di vero sulla bonarietà e dabbenaggine di un dato paese e le frange aggiunte. Ma che qualche cosa ci sia in fondo di vero, e non tutto proveniente da malignità, recenti fatti lo dimostrano. Rimane sempre la speranza che la civiltà abbia a togliere le cause che fanno esagerare i difetti, e la gentilezza a temperare il riso, che è buon filo alla trama della vita, quando non si cangia in sghignazzamento sguajato. p. T.