Anno II Capodistria, 1 febbraio 1942-XX N. 11 Credere e Vincere QUINDICINALE DEL FASCIO DI COMBATTIMENTO „NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRIA I CADUTI PER LA PATRIA SONO PRESENTI RELIGIONE E PATRIA GLI IDOLI DELLA FEDE INGLESE L'arcivescovo di Chanterbury si è dimesso per... raggiunti limiti di età. Finalmente il brutto rospo britannico non ci seccherà più con il suo gracidare. Ma se egli scomparirà dalla scena politica, può star si- curo che non dimenticheremo i suoi discorsi. Chi non ricorda le espressioni cordiali rivolte alla Russia quando, benedicendo delle armi, se non sbaglio, ha invocato la vittoria sovietica ? E se così pensava e par- lava il capo, figurarsi gli altri! «Bisogna trarre l'esempio dai superiori». Così deve essersi detto l'arcivescovo di York quando, più battagliero del Primate, ha invocato niente meno che l'unione di tutti i popoli per combattere i cristiani dell'Asse. E' risaputo, da tanti e tanti episodi raccolti nei troppi anni di egemonia, che la politica inglese si è servita per il proprio tornaconto, di tutti i mezzi leciti e illeciti. Specie , nelle espansioni territoriali arma efficacissima è stata la religione. L'infiltrazione britannica era preceduta dalle missioni anglicane che preparavano il terreno; e per preparare il terreno, violenze, minacce, corruzioni erano all'ordine del giorno. I 30 denari se occorreva un tradimento, una parola confortatrice, un incitamento ed un'arma passava-vano a colui che si era lasciato sedurre dal miraggio di laute ricompense. Però così i ministri del culto protestante agivano con un certo qua! ritegno, perfidamente ma nascostamente. Ora però con queste parole i due eminenti personaggi hanno fatto cadere la maschera della ipocrisia, e ci appare la chiesa anglicana nella sua vera veste. La posta in gioco in questa guerra è molto forte: la Vittoria o la sconfìtta, la vita o la morte; e gli inglesi lo sanno. Troppo la nave britannica ha solcato i mari rapinando e minacciando, ed ora dalle falle apertesi sui suoi fianchi, entra minacciosa l'acqua che mette in serio pericolo la stabilità della nave. Essi cercano di porre riparo con tutti i mezzi, ad ogni costo e per tappare le falle, visto che a nulla hanno servito le paratie stagne francesi, belghe, olandesi ecc., si sono anche serviti della pelle russa. Tutti i mezzi giustificano lo scopo, ma l'amor patrio non può giustificare espressioni ed invocazioni così antiumanitarie pronunciate da due ministri del culto. Quale differenza fra noi e loro, tra noi popolo giovane e loro popolo in declino. Religione e Patria per noi costituiscono un binomio indissolubile, esse si integrano a vicenda, sono sullo stesso piano e noi non potremo mai tollerare che la religione nostra venga adoperata come strumento per procurarsi un dominio, come in Inghilterra. Infatti mentre la nostra chiesa viene chiamata romana-cattolica, e cioè universale, quella anglicana è detta ed è esclusivamente inglese. Non esiste Patria senza Religione, perchè senza la Religione la Patria è come un focolare senza fuoco, vi manda il calore confortante, il soffio della vita spirituale. La religione è necessaria, non si deve abolirla con un sol tratto di penna, come è accaduto in Russia. Religione interiore, non pratiche esteriori, non bi gottismi, chè il bigotto è la denigrazione del cristiano. «Uniamoci fratelli, contro i cristiani», è il grido dell'arcivescovo di York, che noi mai dimenticheremo. Fratelli? Quali? — «Ah, già! I russi sono gli ultimi abbindolati». Fratelli! Quale assurdità, quale paradosso; il boia rosso, con le mani sporche ancora del sangue della famiglia imperiale e di quello di migliaia di innocenti, stringe il crocefisso inginocchiato davanti al prete anglicano, l'ateo, il bestemmiatore di Dio, I" iconoclasta, meditare sui libri di preghiera inglesi ! D'una nuova infamia s'è macchiata l'Inghilterra, la sua alleanza con la Russia, infamia che si estende anche alla sua Chiesa dopoché i preti anglicani con i loro discorsi hanno cercato di rafforzare vieppiù i vincoli d'una amicizia che non c'è mai stata, che non potrà mai esserci, perchè la nazione capitalistica al mille per cento, che combatte per affermare il dominio del capitale non potrà mai andare a braccetto col regime più anticapitalista che sia mai esistito. Si cerca solo, con questa alleanza, di tirare avanii; finché il popolo russo combatte, sia pure senza Dio, sia pure anticapitalista, il porco inglese tira a campare. L'unione anglorussa, questo schifoso connubio, farebbe ridere se con la sua brucianie verità non suscitasse in noi sacrosanto sdegno. «Verrà un giorno!» ha detto il manzoniano Fra Cristoforo; infatti verrà un giorno, giorno di Vittoria e di giustizia, in cui tutte le malefatte e le nefandezze saranno scontate, si salderanno tutti i conti passati, presenti e futuri. La Vittoria sarà nostra, principalmente perchè Dio è con noi, e l'Onnipotente non potrà lasciare che Roma, testimone del martirio del principe degli Apostoli, eletta a sua sede terrena, cada sotto il giogo di una nazione che per mantenere il suo predominio ha tradito la sua causa di nazione civile e reli- Guerra nostra Se si chiede da quanto tempo noi Italiani siamo in guerra, se si sale il corso degli anni, dall'Unità sino ad oggi, si vede che la vita dell'Italia come Nazione è stata una continua guerra: l'affermazione nel Mediterraneo, la liberazione dal controllo absburgico, le imprese coloniali, ecco tante tappe della storia morale d'Italia, di quella storia che oggi le dà il diritto di battersi non soltanto in nome di sè stessa, ma anche in nome di una vasta umanità che avanza diritti alla vita. Oggi Italia significa Nazione e idea, entità fisica e insegnamento universale. Cóme abbiamo raggiunto questo risultato? La risposta è semplice: attraverso un sentimento di fiducia cosciente (non cieca), del nostro destino. Perciò l'Italiano non ha conosciuto „Ia guerra di nervi", sorridendone al tempo della non-belligeranza e ignorandola durante i momenti incerti; e perciò oggi, aspetta lo svolgersi degli eventi con fiduciosa serenità: sa che il coraggio consiste nell'essere all'altezza delle circostanze; che consiste nella convinzione che gli agenti contrari non potranno superarlo in capacità, in risorse morali, in prontezza di spirito, in possibilità di sacrificio. Accettando senza perdere fiducia ogni nuova restrizione, ogni inconveniente che deriva dallo stato di guerra, insomma ogni cattiva notizia, l'Italiano che non è sui fronti ma al suo solito lavoro, combatterà anche lui la sua parte. La fiducia è un moschetto che spara meglio di quanto non si pensa; e spara bene soprattutto quando vede nel loro aspetto reale anche le cose poco liete. fa. Ricord© di ,,Marianna" Ricordare la Francia significa ricordare uno dei pretoriani britannici in Europa c sarà utile per gli Italiani sapere i miserabili effetti che produsse in quel paese l'amicizia di Londra e la civiltà anglosassone. Conoscevamo sempre i Francesi come i presuntuosi di Barletta e i fedifraghi della seconda guerra di Indipendenza; ora queste doti divennero uno strumento politico in mano degli Inglesi, che dopo Ver-saglia dominarono in Francia nel campo economico od in quello finanziario. Infatti, quando Lavai, seguendo il suo buon senso, firmò il Patto di Roma, che dava carta bianca agli Italiani in Abissinia, fu la cricca angloebraica, che lo sbalzò dal potere e macchiò di tradimento l'onore francese. Lo spirito francese in cpiest'ulti-mo decennio si trasformò, trasformazione resa più celere dalle pellicole di Holliwood e. dagli jazz an-glo americani. Il godimento ebbe il sopravvento sullo spirito e portò alla catastrofe. Le dottrine di Malthus divennero dogmi per i francesi e così la denatalità aumentò spaventosamente. La Francia divenne una potenza solo di nome, che aveva per caratteristiche l'orgoglio ed i famosi Jamais", cose tutte buone, ma cose solamente astratte, mentre di concreto v'era l'infrollimento e la coscienza non nazionale, ma del proprio interesse nei capi. Praticamente lo spirito francese può essere rappresentato da Jean Gabin e da da Gamelin, l'uno con tanta fortuna sullo schermo, l'altro con tanta sfortuna nel campo militare. Intaccato il suo spirito e dilaniata dalle lotte di classe, la Francia al mo-, mento del pericolo nulla seppe dare, non dico un Napoleone ma nemmeno un Joffre con i suoi rudi soldati del '14; diede solamente quello Stato Maggiore, che è stata la più grande associazione di cretini integrali comparsa sulla faccia del pianeta e di fronte all'eroismo e al mistico senso rivoluzionario dell'armate dell'Asse, fu vinta ed ebbe la umiliazione dell'armistizio, che fu lo scotto dell'amicizia inglese. La profezia dell'Alfieri, che sin dal 1795 scorgeva nella Francia la nostra nemica, è stata realizzata. Sarebbe stato logico che da questa dura lezione la Francia fosse uscita nuova, purificata come la Germania dopo il '14. Invece sono bastati effimeri successi britannici e la propaganda di Londra per riaccendere la presuntuosità e la vanagloria gallica e creare quello stato di indecisione tra conservatismo e riforma, che regna ora in Francia e che la radia dal rango delle grandi potenze. Giorgio Cesare. LAI DONNA E L'ARTE L'arte è armonia: questa è la sua migliore definizione. Io vi dico che, ammesso in natura lo stato perfetto, la donna perfetta è arte, perchè l'animo della donna, (non del manichino) è una divina armonia che si proietta dall'intimo all'esterno. L'uomo combatte, crea, costruisce. la donna esprime ed interpreta con intuito prodigioso. Se noi donne sviluppiamo con equilibrio le nostre facoltà e cerchiamo ovunque, in noi e fuori di noi, la bellezza, compiamo opere d'arte. Questa non è tuttavia da limitarsi alle... cure di bellezza e all'abilità nel trucco. La nostra intelligenza media è sempre inferiore a quella dell'uomo ma non offendetevi, molte e rare qualità ne compensano le manchevolezze a quei pochi grammi in meno di materia cerebrale sono sostituiti dall'intuito, dalla pieghevolezza, dalla mobilità che ci fa partecipi delle conquiste universali. La donna salvo rare eccezioni, non crea in arte. Il suo compito creativo pare infatti esaurirsi nel miracolo della maternità. Pochi geni femminili contano il mondo e la storia. Anzi io aggiungo che anche in quei rari casi che si riscontrano non si tratta di genio ma di talento, di Un affinarsi della sensibilità, di intuito, di trasfigurato amore. La donna non inventa (per fino le più celebri ricette di cucina sono opera maschile) ma è più accessibile della media degli uomini al bello, alla spiritualità. Un fatto probativo dell'incapacità di creazione artistica della donna è dato dall'arte eccelsa: la musica, pure essa è più amata e coltivata da lei che non dall'uomo. Dunque noi cerchiamo armi alle conquiste del genio maschile, all'opera dell'uomo, ma noi ne siamo estranee. Ispiratrice od interprete, la donna compagna nell'arte. Scendiamo ora dai piani della speculazione ideale e vediamo praticamente i rapporti fra la donna e l'arte. Premesso che fra esse vi è affinità se non identità, che l'armonia spirituale, e il prevalere del cuore sul cervello, l'intuito ci rendono sensibilissime ai fenomeni artistici, esaminiamo le possibilità femminili in questo campo che è sublimazione della vita. Poiché con la storia alla mano, ciascuno può convincersi che nelle arti figurative, nella musica, nella letteratura, la donna è sempre un secondo piano, è meglio che non la prenda a genio e non dia origine a quella mostruosità ibrida che si chiama superdonna od intellettuale. (Questi termini emanano poi un tale odore di salotti rancidi e di circoli perdigiorno in cui l'arte entra sotto forma di pettegolezzo e di presunzione da fargli escludere dalla donna al nostro tempo che ha molto da fare per la sua casa e per la sua Patria). Così, non potendo eccellere, sarà bene che sia al suo posto. In parte le donne l'hanno già capita; infatti non si vedono più in giro linfatiche giovinette con l'album dei disegni (o degli orrori) posato romanticamente sulle ginocchia, o vaganti in cerca di paesaggi oleografici. Con questo non si vuol negare la utilità del disegno che educa l'occhio alla bellezza, alla precisione ed è utile avviamento al lavoro femminile, all'arte del ricamo. E per esempio pure le donne espongano alle biennali e quadriennali le loro opere, scrivano quelle che hanno qualche cosa di buono, di morale, di educativo da dire, ma senza la pretesa di far rivivere Giotto, Raffaello, Dante. Allora, direte; «povere donne!» relegate in cucina o al lavoro casalingo. Non certo, non solo a questo si devono dedicare. Abbiamo detto che l'intuito femminile è attratto dalle manifestazioni d'arte, ma ripeto che siamo le sacerdotesse dell'arte, in minore, dell'espressione e non della creazione. Le divine armonie della musica sono affidate alla nostra esecuzione o dalla nostra ora. La poesia acquista note di profonda liricità sulle nostre labbra, il dramma e la commedia attendono il successo dall'interpretazione femminile. Interpretare: ecco il compito artistico della donna, ed è necessario che il suo animo si educhi ed ingentilisca, il suo gusto si raffini per giungere alla comprensione dell'arte. Risogna amare l'arte, avvicinarla, saper ascoltare la sua voce che è come un eco del divino. L'uomo attende da noi il riconoscimento e la comprensione della sua fatica creativa. Donne, l'arte fascista vi chiama, non ad affrescare, a comporre sinfonie, ma comprendere, ad amare quanto vi è di bello e di grande nella nostra Italia, quello che gl'Italiani creano nell'armonia perfetta dello stato superbamente, di fronte al mondo, scagliati verso il futuro e verso i cieli. O. A COMUNISMO Nel 1917 la Rivoluzione comunista trapiantava l'esperienze pratiche e dottrinali del marxismo sulle rovine della Russia burocratica e borghese del regime zarista, creando uno stato proletario che credeva di risolvere il discusso problema della vita economica nell'annientamento della classe capitalistica. L'indirizzo antiborghese imponeva l'eliminazione del complicato meccanismo burocratico e l'annullamento della borghesia. I metodi terroristici con cui si volle provvedere all'impellente necessità, si manifestarono completamente insufficienti all'attuazione pratica. La borghesia venne sostituita da una classe di piccoli borghesi che le finalità del nuovo regime non giustificavano; alla burocrazia si sostituì un sistema ancor più complicato che con la sua lentezza fu più volte minaccia alla saldezza «lei partito. La socializzazione, cioè l'accentramento nelle mani dello Stato dei mezzi della produzione, e la panin-dustriallzzazione furono però : massimi problemi del regime sovietico. Ma con la socializzazione, a che si riduceva la tanto decantata libertà delle masse? E l'industrializzazione, proclamata dal «Piano quin-quiennale», che era se non un avvio al ripristino del regime capitalistico, antitesi più profonda e radicale del comunismo? Come traspare anche da un superficiale esame, è alla materia e all'economia in specie, cui il Bolscevismo rivolge tutta la sua attivi- In Italia non c' è posto per gli antifascisti. Musaótim tà, risolvendo ogni elemento ideale e morale nel fatto economico. Viene, di conseguenza, negata anche la religione accusata di essere la secolare alleata della borghesia. Che bisogno c'è, così si chiedono, d'un felice aldilà se c'è la possibilità di raggiungere questa felicità con un organizzato sistema di vita economica ? Incoerenze e contraddizioni non mancano nel Bolscevismo, che, malgrado tutto, si considera come un solo interprete e realizzatore della concezione marxista. Questi errori e false interpretazioni della realtà sociale hanno messo il Bolscevismo in una posizione di irreconciliabilità con la concezione fascista sempre in lotta contro tutto quanto è negazione dell'individuo e dello spirito. L'irriducibilità delle due concezioni sta però ora trovando la sua logica conclusione nel conflitto armato, lontano dalle sarabande propagandistiche e dalle fiumane d'inchiostro che venivano ogni giorno sparse da scalmanati portavoce della «IV Internazionale». Ma benché l'idra rossa ormai agonizzi e il folgorante «sole dell'avvenire» sia divenuto un malinconico solicello autunnale, c'è tuttavia ancora chi pensa con nostalgico rimpianto al rosso canovaccio d'un maggio radioso e... attende. E lasciamolo attendere. S. P. Invito allo sci Tornano in questi giorni, le vette ardite e le vallale silenziose, ad ammantarsi di neve, e con il bianco manto a lanciare l'irresistibile richiamo alle legioni, sempre più numerose, di appassionati dello sport bianco, di amanti dell'ardimento, del volo, della sana pratica sportiva che ritempra il fisico, affina i sensi e nobilita lo spirito. In poco volger di tempo lo sci ha raggiunto in Italia una autentica popolarità, trasformandosi rapidamente dalle sue prime manifestazioni mondane, in partecipazione totalitaria dele masse. Anche oggi, vediamo si, delle comitive di elegantoni avviarsi verso le bianche distese, ma spariscono quasi nelle sterminate colonne di autentici appassionati i quali, se pur trascurano la tenuta, non tralasciano di recarsi sulle bianche distese per provare la voluttà del rischio, l'ebbrezza del volo. Le catene delle Alpi e degli Appennini spalancano, all'ardimentosa gioventù italiana, le loro valli, i loro declivi, e la popolarità oggi acquistata dall'arte sciatoria, lungi dall'essere effimera si consolida sempre maggiormente. Lo sviluppo di questo sport è stato spontaneo ma anche frutto dell'intelligente propaganda svolta dalla F.I.S.I. che ha saputo sollecitare la passione che la gioventù italiana sente per la neve, presentando oggi una massa che ai chiusi locali della città preferisce la neve con tutta la sua poesia, la sua bellezza. Non c'è sport che meglio dello sci, si riallacci al suo primitivo significato di diporto e di gioco. La libera gioia del correre, l'orgoglio di superare volitivamente le improvvise difficoltà, la necessità di misurare fino allo scrupolo la audacia e lo sforzo, tali sono i fattori che vivificano il fisico, rendendo più palpitante e più sentita la propria vitalità. Appunto per questa alta funzione e per le finalità che si propone lo sci, è stato dato alle manifestazioni invernali tutto l'impulso possibile. Dalla Valle di Gardena all'Etna, da Camaiore al Gran Sasso, è tutto un fiorire di iniziative, sempre più affascinanti, sempre più emozionanti che chiamano a raccolta larghe schiere di appassionati allo sport bianco. Non più un mito ma una realtà fervida e operante questa della vasta partecipazione popolare alla vita sulle discese nevose, dove la lotta e l'ardimento fanno più gagliarda la gioventù italiana, posta dinnanzi alle sconfinate distese, preparandola a superare tutte le difficoltà e a raggiungere tutte le mete. Oggi più che mai la fiera giovinezza d'Italia deve temprare il suo spirito nello sport bianco, per essere pronta domani al richiamo del- la patria per la quale sulle alte vette bianche di neve saprà dimostrare, indossando il grigioverde della guerra e della vittoria, di che cosa sia capace la gioventù di Mussolini. In questi tempi, mentre i camerati più anziani combattono su tutti i fronti sfidando tormente di neve e tempeste di sabbia, la Gioventù del Littorio deve temprarsi alla lotta del domani di battaglia, sui campi nevosi delle Alpi, che il sangue di altri giovani irrorò or sono vent'anni per l'ideale supremo della Patria. Tarcisio Fonda. LA PIm Di PIEMIE TRA I FERITI DI VALDOLTRA II 20 gennaio nel pomeriggio, la Principessa di Piemonte è stata gradita ospite di Valdoltra ove si è recata per visitare i gloriosi feriti degenti in quell'Ospedale. La regale ospite è giunta verso le ore 15 all'Ospizio Marino, accompagnata dalla dama di compagnia, dal gentiluomo di corte e dall'Ufficiale di ordinanza. Assieme a Lei erano pure il generale Corte, il generale Navarra Viggiani, il generale Giglio, il Prefetto e il Federale di Trieste, il senatore Pitacco, il colonnello Abbate, dame della Croce Rossa, tra cui l'ispettrice regionale e quella della provincia di Trieste delle infermiere volontarie della C. R. I. Attendevano la Principessa, il direttore dell'Ospizio Marino dott. Mezzari, il Prefetto e il Federale dell'Istria, la Fiduciaria dei Fasci Femminili di Pola, l'ammiraglio comandante la piazza -marittima di Pola, il Podestà di Capodistria, la Segretaria del Fascio Femminile di Capodistria assieme a due visitatici ospedaliere tra cui la figlia del Martire Adriatico, Anita Sauro. La Principessa di Piemonte si recò immediatamente al padiglione ove sono accolti i gloriosi feriti avendo per ognuno di loro parole di conforto e regalando a ciascuno un calendarietto con le fotografie e gli auguri della famiglia del Principe Ereditario. Passati quindi negli altri reparti, l'ospite gradita ha sostato nel reparto dei bimbi poliomelitici e quindi nelle sale operatorie e in quelle per la ricreazione delle membra e delle ossa offese. Prima di partire, la Principessa di Piemonte lui posto la sua firma sull'albo d'onore dell'Ospedale ed ha ricevuto in omaggio un'albo di fotografie dell'Ospizio Marino e due mazzi di fiori, uno dalle infermiere volontarie ed uno dalla Fiduciaria dei Fasci dell'Istria. Salutata da tutte le autorità presenti la Principessa Maria è ripartita quindi alla volta di Trieste. IL SEGRETARIO DEL PARTITO al patriota avv. Nicolò de Belli L'Ecc. medaglia d'oro Aldo Vi-dussoni, segretario de! Partito, ha inviato aI patriota avv. Nicolò de Belli, che ha lasciato in questi giorni /' esercizio dell' avvocatura, il seguente telegramma : «Desidero far giungere a Voi, fiaccola annientatrice dell' irredentismo dell' italianissima Capodistria, il mio cordiale affettuoso saluto augurale. Vidussoni - Segretario P. N. F." Istituto ili [lira Fascista La Commemorazione di Federico Pribaz Lunedì 19 gennaio, il capitano Perucca, al termine della sua applaudita conferenza sui Marinai d'Italia, fece una breve ma commossa commemorazione del volontario della GIL Federico Pribaz da Monte di Caoodistria, già al ievo della Scuola Professionale Marittima «Sauro», caduto da eroe in Mar-mari ca. Erano presenti i genitori del giovane Caduto ed il Segretario Politico di Monte di Capodistria. Alla famiglia Pribaz il capitano Perucca ha porto il saluto e il cordoglio delle Camicie Nere capodistria-ne. Venne inoltre offerto ai genitori del Caduto un omaggio a ricordo dell'Istituto che ebbe tra i suoi allievi pure l'eroico figlio della nostra terra. * Lunedì 19 gennaio alle ore 19 nella Sala Magna del Liceo Ginnasio il capitano Osvaldo Perucca, direttore della Scuola Marittima ENEM «Sauro» ha parlato sul tema «Marinai d'Italia a colloquio con la morte azzurra». L'oratore, con termini poetici e con tono caldo e convincente attrasse l'uditorio per tutta la durata della conferenza. Con succinti accenni ad avvenimenti della storia di guerra della nostra Marina, citando fatti di inaudito valore compiuti dagli oscuri marinai d'Italia, fece comprendere l'alto spirito di sacrifìcio che sempre anima gli uomini del mare. * * Mercoledì 21 il prof. Attilio Bratti parlò su Galileo Galilei di cui quest'anno ricorre il centenario. L'oratore mise in piena e giusta luce i meriti del grande scienziato italiano, indicandolo ai presenti come il simbolo della nostra razza intelligente ed attiva. Direttore responsabile il Segretario Politico Bruno Boico Redattore capo Fulvio Apollonio