Received: 2011-06-27 UDC 94:347.965.42 Original scientific article LA TERZA PARTE. TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI, ARBITRI, PACIERI, GIUDICI Claudio POVOLO Universitä Ca' Foscari Venezia, Dipartimento di Studi Umanistici, Dorsoduro 3484/D, 30123 Venezia, Italia e-mail: clpovolo@gmail.com SINTESI La presenza di una terza parte indica preliminarmente I'esistenza di un potenziale conflitto, oppure la sua effetti-va realizzazione. Una parte che e dunque chiamata a conte-nere le tensioni, oppure a risolverle qualora esse si siano rivelate apertamente scatenan-do un vero e proprio conflitto. Sulpiano t^eoric^o l 'enuncia^ione di t^na ^er^a parte ^om^port^a ^a de^ineazione di al^uni problemi di fondo: la posizione della terza parte; le dinamiche dei conflitti e la posta in gioco; i criteri di decisione e di accertamento utilizzati; la tipologia dei protagonisti e il contesto in cui agiscono; e, infine, gli spettatori che assistono al conflitto influenzandone l'esito. Il saggio prospetta dunque alcuni importanti aspetti relativi al ruolo occupato dai soggetti in conflitto e alle modalitä tramite cui quest'ultimo viene risolto nell'ambito degli specifici contesti istituzionali e sociali.. Parole chiave: terza parte, conflitto, violenze, pace, mediatori, arbitri, pacieri, giudici THE THIRD PARTY. LITURGIES OF VIOLENCE AND LITURGIES OF PEACE: MEDIATORS, ARBITRATORS, PEACEMAKERS, JUDGES A^BST^FACT The presence of a third party is a preliminary indication of the existence of a potential conflict or its actualization. A party called upon to contain tensions, or to solve them in the event that an open conflict flares up. On the theoretical level the enunciation of a third party entails the emergence of certain underlining issues: the positioning of the third party; the dynamics of conflicts; the possible outcomes, the decision and the assessment criteria; the typology of the protagonists; the context within which they operate; and, finally the onlookers who observe the conflict influencing the outcomes. The essay presents certain relevant aspects related to the role that the subjects in conflict occupy and the modality in which the conflict is solved at the institutional and social level. Key words: third party, conflict, violence, peace, mediators, arbitrators, peacemakers, judges Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 L'individuazione di una terza parte (o di un terzo) nasce dalla considerazione iniziale che gran parte dei rapporti sociali, nella complessita delle loro dinamiche (economiche, antropologiche, giuridiche e, piu estesamente, culturali) si svolgono nell'ambito di re-lazioni diadiche (individui, ceti, gruppi) di scambio, di reciprocita, in cui talvolta puo essere necessaria una presenza esterna, in grado di mediare e di agevolare il rapporto di interscambio. Questo avviene, ad esempio, in molte relazioni economiche e sociali, nelle quali la realizzazione dello scambio puo apparire complessa o che altrimenti comporta un notevole dispendio di tempo e di risorse. Una presenza esterna alle due parti che in-teragiscono, ma, dunque, essenziale e tale comunque da caratterizzare la stessa relazione diadica. Appare da subito evidente che risultano molto importanti il ruolo, la funzione e le caratteristiche stesse di questa terza parte. Cos! come se essa sia scelta autonomamente dalle due parti principali, oppure se, all'inverso, sia imposta dal contesto sociale, politico ed istituzionale. In ogni caso la dimensione culturale, sociale e politica della terza parte e rivelatrice della natura e della tipologia di gran parte dei rapporti sociali. La sua presenza indica innanzitutto, che lo scambio attuato tra le due parti principali si svolge secondo criteri di reciprocita non condivisi o che comunque richiedono precisazioni ed aggiusta-menti che esse non sono in grado di raggiungere tramite un comune accordo. Anche se, come si vedra, e possibile pure individuare la presenza di una terza parte non cos! espli-cita rispetto alla relazione diadica1. Piu in generale la presenza di una terza parte indica la necessita che un rapporto si realizzi superando talune implicite difficolta. Ad esempio I'ostetrica (comare allevaressa) che in antico regime conduceva il bambino appena nato all'ospizio degli infanti abbando-nati svolgeva un ruolo intermediario essenziale. Cos! come e paradossalmente rilevabile una terzapart^e nella cosiddetta fecondazione assistita2. Per quanto estensivo possa apparire l'esempio, anche il notaio che registrava un atto di remissione di dote (cioe una rinun-cia ad ulteriori rivendicazioni sul patrimonio paterno) indica la sua funzione di terza parte rispetto alle aspettative di fratelli e sorelle, in quanto con il suo atto garantiva i contenuti formali dell'accordo. Un esempio significativo se solo si riflette che sino ad una certa epo-ca molti eventi sociali si risolvevano nell'ambito della comunita, senza un'esplicita scelta di un terzo provvisto di una cultura giuridica tecnica. Peter Burke ha sottolineato il ruolo svolto, a partire dal Settecento, da quelli che si possono definire agents dello stato o della chiesa nell'attacco alla tradizionale cultura popolare (Burke, 1978, 212). Appare evidente che gli esempi, in questa direzione, si potrebbero agevolmente estendere3. Si tratta di una casistica che si vuole evidenziare, sia per porre in rilievo le analogie con una tematica af-frontata nel convegno tenutosi a Koper alcuni anni orsono (In^erpreti di culture), ma sia, pure, per sottolineare la peculiarita di un tema che si caratterizza per alcune sue evidenti specificita interpretative (relazione triadica, non necessariamente coinvolgente culture di- Importanti le riflessioni sul tema prospettate da Mark Cooney e da Donald Black, in particolare sul rapporto tra crimine e controllo sociale (Cooney, 1998; Black, 1983). Una forma particolare di terza parte in quella che e stata definita involuntary childlessness (Blyth, Landau, 1988). Una particolare tipologia di mediatori erano pure coloro che si muovevano sul doppio versante della politica e della cultura, ma agendo come veri e propri brokers (Keblusek, Noldus, 2011). 2 Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 verse e che comunque vuole sottolineare l'essenza di una mediazione, piu che di una mera interpretazione, che pure, evidentemente, esiste in taluni casi) (Povolo, 2008). L'individuazione del tema oggetto del convegno tenutosi a Capodistria nel 2011 ri-sulta piu agevole se solo si riflette che la definizione di una terza parte sottende per lo piu un conflitto (latente o gia in atto) e che il ruolo da essa svolto chiarisce le ambiguita e i confini tra la nozione storiografica di controllo sociale (privo, in linea generale, di conno-tazioni moralistiche) e la definizione di crimine e di criminalita (provvisto all'inverso di elevate componenti classificatrici negative). Possiamo dunque dire che la presenza di una terza parte indica preliminarmente l'esi-stenza di un potenziale conflitto, oppure la sua effettiva realizzazione4. E la terza parte e dunque chiamata a contenere le tensioni, oppure a risolverle qualora esse si siano rivelate apertamente scatenando un vero e proprio conflitto. Come e stato notato da S. Roberts, la forma bilaterale di negoziazione appare come la piu semplice nella risoluzione dei conflitti: le due parti si affrontano senza l'apporto di un intermediario, in quanto "the achievement of communication and the subsequent process of settlement lie in the hands of the two parties" (Roberts, 1994, 970). Una situazione assai rara, in quanto il conflitto e difficilmente risolvibile per l'inconciliabilita delle due parti o, soprattutto, per la loro impossibilita a gestirne l'effettiva risoluzione. In tal senso la posizione istituzionale e sociale della terza parte e decisiva, cosi come le procedure di cui essa dispone (per delega o per imposizione ed effettiva superiorita) per risolvere i conflitti e, pure, il tipo di argo-mentazioni tramite cui avalla le sue pronunce (pronunce di fatto, caratterizzate dal prag-matismo, oppure di diritto). Un tema di grande rilievo storico che ha attirato l'attenzione degli stessi sociologi e antropologi. Un tema, come osservo Donald Black, che investe storicamente la stessa nozione di ci^iwine: Much of the conduct described by anthropologists as conflict management, social control, or even law in tribal and other traditional societies is regarded as crime in modern societies. This is especially clear in the case of violent modes of redress such as assassination, feuding, fighting, maiming and beating, but it also applies to the confiscation and destruction ofproperty and to other forms of deprivation and humiliation. (Black, 1983, 34) In questa direzione si possono individuare alcuni problemi di fondo solo addentrando-si nelle dinamiche stesse dei conflitti, nel ruolo assunto dai loro protagonisti e da quello della terza parte, cosi come dal contesto entro cui essi sorgono e si sviluppano. Mark Cooney, che a questi temi ha dedicato una analisi approfondita, osserva come le attuali ri-cerche sulle origini e caratteristiche della violenza, spesso basate su dati officiali prodotti Un tema di grande complessita. Sulla definizione di conflitto e sulle sue relazioni con la violenza si veda il testo di Schmidt e Schröder, in cui si osserva: "Violence results from competition neither automatically nor inevitably. As a large body of reaserch from biological anthropology demonstrates, there are numerous non-violent avenues to conflict solution (relocation, echange, territoriality). In fact, conflicts are much more often settled by preventive or compensatory strategies than by violent confrontation" (Schmidt, Schröder, 2001, 2-3). Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 dalle istituzioni giudiziarie e di polizia, siano spesso insufficienti a cogliere la complessita di un fenomeno in cui il ruolo della terza parte e oltremodo importante per caratterizzarne la tipologia e l'intensita. Lo sguardo dell'antropologo risulta spesso decisivo per individuare e ampliare la qualita delle informazioni: Only rarely have anthropologists been in position to observe homicides or feuds for themselves, but with the help of informants they have carefully reconstructed the unfolding of conflicts and the role played by the various dramatis personae. The results are in-depth case histories rarely found in studies of modern violence. When it comes to nuance and richness of detail, more, strangely, is known about preindustrial than modern violence. (Cooney, 1998, 138) Sul piano teorico l'enunciazione di una terza parte comporta la delineazione di alcuni problemi di fondo: la posizione della terza parte; le dinamiche dei conflitti e la posta in gioco; i criteri di decisione e di accertamento utilizzati; la tipologia dei protagonisti e il contesto in cui agiscono; e, infine, gli spettatori che assistono al conflitto influenzandone l'esito. LA POSIZIONE DELLA TERZA PARTE La situazione gerarchica tra la terza parte e i due contendenti assume evidentemente un'importanza decisiva. Una posizione gerarchica preminente della terza parte definita dalla ricchezza, ma soprattutto dallo status, influisce innanzitutto sulle modalita della decisione e dell'accettazione da parte dei contendenti. Presupponendo un'eg^uaglianza sociale delle parti confliggenti, la notevole distanza gerarchica della terza parte implica teoricamente la scelta di criteri di soluzione del conflitto che possono divergere dalle logiche politiche e sociali del contesto da cui proviene il conflitto e, in una certa misura, pure accentuarne l'asprezza dei toni e la continuita5. Questo avviene ad esempio in antico regime quando la pace viene imposta da organi giudiziari o autorita politiche e religiose dominanti nei confronti di conflitti che avvengono soprattutto nell'ambito delle aristocra-zie. In questo caso la distanza gerarchica si profila eminentemente sul piano istituzionale e politico. L'imposizione della pace, proprio in virtu della preminenza della terza parte e delle motivazioni essenzialmente politiche di cui essa si fa portavoce, assai raramente e in grado di riflettere gli equilibri di potere e la logica stessa della faida aristocratica (Povolo, 1997)6. Ma questo avviene pure nel momento in cui in vere e proprie strutture statuali (soprattutto a partire dall'Ottocento) monopolizzano l'amministrazione della giustizia Come e stato osservato, "third parties can bring peace to the most violent of disputes, persuading belligerent antagonists to lay down their arms and talk out their differences. Or they can urge irresolute disputants to take offence and to fight, thereby causing the most innocuous of disagreements to flare up into prolonged feuding"(Cooney, 1998, 133). Sul ruolo esercitato dalla Chiesa e da alcuni ordini controriformistici si veda il lavoro di John Bossy, nel quale il tema della pace e collocato nell'ambito di una moral tradition la quale "have been rather deeply embedded in the consciousness of the populations of the West at the time of Reformation" (Bossy, 2004, 7). 5 Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 civile e penale. E' stato infatti rilevato che se esiste una contiguita culturale e di status tra il personale giudiziario dello stato e le elites economiche e sociali (la borghesia), la distanza cul^v^rale e sociale che gerarchicamente si manifesta nei confronti dei ceti piu poveri comporta una caratterizzazione m^ora^isti^ca di molti comportamenti (inglobati nel-la tipologia dei crimini e non nel settore effettivo del controllo sociale) e l'assenza di una vera e propria accettazione della struttura giudiziaria che, con i suoi interventi, amplifica paradossalmente le dinamiche della violenza: Vertically distant third parties have a strong tendency to be moralistic. They eschew consultation, compromise, and conciliation in favor of control, commands, and coer-cition. Disputants do not like to be treated in this unforgiving manner, and they will reject settlement agents who belong to a distant high-status world [...] They have a hostile relationship with the legal system and its officials that renders them virtually stateless. As a result, they sometimes turn to violence to settle their differences. (Co-oney, 1998, 141) Le teorie di Weber o di Elias che associano una diminuzione della violenza all'emer-gere della forza dello stato vanno quantomeno contestualizzate e riformulate. Si potrebbe dire che l'imposizione di strutture giudiziarie che hanno eminentemente il fine di definire una diversa visione di ordine (definito da una certa epoca ordine pubb^i^o) comporta una trasformazione delle dinamiche dei conflitti e delle tipologie della violenza7. In contesti comunitari preminentemente dominati per secoli dalle consuetudini la violenza emerge distintamente di fronte al crescere dell'ingerenza di organi giudiziari esterni. E infatti nell'ambito delle comunita che tradizionalmente la composizione dei conflitti era affidata ad una terza parte non cosi gerarchicamente distinta dalle parti contendenti. Anziani, mediatori o pacieri sono infatti essi stessi membri di quella societa entro cui sono chiamati a dirimere i conflitti. Ed anche quando tale ruolo e svolto da membri dell'aristocrazia (come avviene in buona parte d'Europa ancora per tutto il Cinquecento) la caratterizzazione ge-rarchica e attenuata dal fatto che la stessa nobilta condivide codici culturali della societa locale o comunque e collegata strettamente (per le proprieta, le reti di clientela-amicizia) al conflitto in corso8. Appare dunque decisiva la tipologia interno-esterno nell'accentuare o attenuare il ruolo gerarchico della terza parte, cosi come la complessita delle reti di relazioni che mettono in comunicazione la relazione triadica9. 7 Si veda la splendida analisi condotta da Lawrence Friedman per gli Stati Uniti. Lo studioso americano osserva: "In this society, and in all modern societies, there is an ideal form of image of criminal justice. Only the state, the law, has the right to use force. The state is supposed to have a 'monopoly of legitimate violence'. And the only rightful use of force is against force; the only proper use of violence is against violence; the only proper use of law, is against the lawless. The reality, of course, is another story. American history is rich in forms of lawlessness, and not all of them stands outside the legal system as enemies of 'law and order'. Many, in fact, take place 'inside' the legal system itself, or are aspects of that system" (Friedman, 1993, 258). 8 Cfr. le osservazioni e la sintesi in Kamen, 2000, 72-88. 9 Come ha ben sintetizzato Mark Cooney "settlement declines and violence flourishes when third parties are too high or low in relative social status and too distant relationally" (Cooney, 1998, 149). Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 All'inverso, con il crescere e il rafforzarsi delle democrazie rappresentative nel corso del Novecento, la distanza gerarchica nelle risoluzioni dei conflitti si e attenuata sia per le trasformazioni intervenute nell'ambito delle magistrature, che per una diversa caratte-rizzazione degli stereotipi criminali (ad esempio una minore tolleranza nei confronti di reati del ceto politico). Ma anche figure che, come il poliziotto, avevano tradizionalmente svolto un ruolo impositivo proveniente dall'esterno, tendono ad essere piu vicine al con-testo locale (ad esempio tramite il poliziotto di quartiere). E nel ruolo svolto dalla polizia si e voluto cogliere pure una funzione non irrilevante come terza parte10. Non va inoltre dimenticata una terza parte che nel mondo di common law ha svolto e svolge ancor oggi un ruolo importantissimo: la giuria (nelle sue due accezioni di grand jury e petit jury). Come terza parte, la giuria tende a riflettere le dinamiche comunitarie e il teorico rifiuto di una distinzione gerarchica rispetto ai contendenti. E ricordiamo ancora terze parti che si confondono indistintamente con la comunita nel suo complesso, come i conflitti che si manifestano esplicitamente su questioni d'onore. Oppure la pratica del lynching che negli Stati Uniti si faceva espressione dei valori piu conservatori della comunita (Friedman, 1993)11. Sempre nell'ambito comunitario, relativamente all'eta medievale e moderna, sono poi da ricordare gli interventi censori dei gruppi giovanili che entravano tramite complessi rituali di derisione nell'ambito di conflitti che riguardavano la morale comunitaria. E vale pure la pena di ricordare l'intervento pacificatorio svolto da organi e personale ecclesia-stico (come i vescovi) o dalle confraternite laicali. La terza parte mette dunque in stretta relazione lo spazio individuale e di gruppo con lo spazio sociale, costituito di luoghi, status, stratificazione economica, reti di relazioni, confini geografici e culturali. LE DINAMICHE DEI CONFLITTI E LA POSTA IN GIOCO Un argomento, questo, che investe la classica distinzione tra civile e penale, tra com-promessi, arbitrati, paci, interventi di organi giudiziari e repressivi piu o meno esterni al contesto del conflitto. Ed evidentemente la tipologia stessa della giustizia e le procedure adottate per risolvere i conflitti. La classica distinzione aristotelica tra giustizia distribu-tiva e commutativa^^ si svolgeva in eta medievale e moderna in un ambito che comunque non definiva in maniera netta i confini tra civile e penale, tra giustizia punitiva e risarcito-ria. Come e riflesso nel pensiero di Jean Bodin, la peculiare struttura cetuale, il peso della 10 "Third party policing is defined as police efforts to persuade or coerce organizations or non-offending persons, such as public housing agencies, property owners, parents, health and building inspectors, and business owners to take some responsability for preventing crime or reducing crime problems [...] Sometimes the police use cooperative consultation with community members, parents, inspectors and regulators to encourage and convince third parties to take on more crime control or prevention responsability"(Mazerolle, Ransley, 2005, 2-3). 11 Friedman osserva per gli Stati Uniti: "In a sense, then, the death penalty was perhaps as public as ever. Lybching in the South, and vigilante executions in the West, were also often public events, where thousands watched people die"(Friedman, 1993, 256). 12 Sulla distinzione aristotelica cfr. Fleischacker, 2004, 19-20. Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 tradizione e l'emergere di poteri monarchici interagivano intensamente nel determinare la tipologia dei conflitti: The Republic ends with a discussion of 'justice distributive, commutative and harmonic, showing which of the three is proper to l'estat bien ordonne'. L'estat de Monarchie is simple, but royal monarchy is the best sort of state when its government is 'tempered by Aristocratic and Popular government, that is to say by harmonic justice, which is made up of distributive or Geometric justice, and commutative or Arithmetic, which belongs [respectively] to the Aristocratic and the Popular state'. (Harding, 2001, 320-321) La dimensione conflittuale e inscindibile da quella di faida, cui gli storici e gli antropologi hanno guardato con sempre maggiore interesse13. Un vero e proprio sistema giuridico consuetudinario che interagiva con gli assetti istituzionali e i riti processuali e che e possibile cogliere dall'alto medioevo sino alla prima eta moderna, anche se esso avrebbe dovuto raffrontarsi con una diversa concezione di giustizia e di ordine sancita dai poteri sovrani. La struttura stessa del processo penale e le pene inflitte riflettono la tipologia di conflitti comunitari e cittadini intensamente pervasi dalla faida esistente in molti livelli socia- li. L'ampia diffusione della pena pecuniaria, anche per reati assai gravi come l'omicidio, esprimeva evidentemente una societa fortemente pervasa dai conflitti tra gruppi sociali confliggenti. Non diversamente, la pena del bando (prima che questa fosse utilizzata dai poteri centrali) era uno strumento che sin dall'eta medievale aveva il fine di agevolare la ricomposizione tra le parentele in conflitto. E nell'ambito dei riti processuali istituti spe-cifici come la piegger^i^a (cauzione) o la difesa perpatrem, prevista nei casi di omicidio (in cui il capo del lignaggio si presentava alla giustizia in sostituzione del parente accusato del reato) riflettevano l'esistenza di una terza p^rt^e culturalmente e gerarchicamente non contraddistinta rispetto alle parti in conflitto. Ovviamente in contesti cittadini contrasse-gnati, sin dal Medioevo, dal predominio di un'elite aristocratica la terza parte svolgeva un ruolo preminente rispetto ai contendenti di ceti sociali inferiori; un ruolo volto ad assi-curare innanzitutto la gestione della faida aristocratica, ma l'intensa permanenza di valori culturali di tipo comv^nit^ar^io impediva che la terza parte si distanziasse nettamente rispetto alle parti in conflitto. Uno spazio privilegiato era occupato dalla cultura dell'onore che, nella sua interrelazione con lo status era considerato un privilegio dell'aristocrazia. Questo e individuabile nei duelli e nei cosiddetti cartelli di disfida in cui l'aristocrazia sembra riservarsi uno spazio del tutto autonomo e oppositivo alla giustizia formale. Ma i conflitti per causa d'onore, contrassegnati da rituali complessi ed elaborati, non potevano prescindere dall'attenzione loro riservata dalla comunita nel suo complesso. Il processo istruito dai supremi organi veneziani contro il nobile vicentino Paolo Orgiano riflette una rielaborazione del conflitto d'onore in un periodo di intense trasformazioni istitu-zionali e sociali. Le numerose violenze sessuali compiute dal nobile vicentino colpivano 13 Una sintesi per l'Europa medievale e moderna in Netterström, Poulsen, 2007. Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 indirettamente l'onore sessuale dei parenti e congiunti maschili delle donne stuprate. Le violenze, pur caratterizzate dal timbro predatorio si protrassero per alcuni anni senza che le magistrature cittadine (gestite dalla stessa aristocrazia) intervenissero per porvi fine. Solo l'azione repressiva esterna di una suprema magistratura veneziana mise fuori gioco l'autore delle violenze. Le dinamiche conflittuali misero in rilievo l'assenza della terza parte istituzionalmente deputata alla risoluzione di un conflitto aspro (la magistratura cit-tadina) che, se esaminato attentamente, rivela come il terreno su cui si svolgeva (l'onore) rifletteva la volonta da parte dell'aristocrazia locale di assumere il ruolo di mediazione rispetto ad un ceto sociale emergente (ogni violenza dell'Orgiano era infatti seguita da una richiesta da parte delle vittime rivolta alla consorteria nobiliare perche intervenisse a mediare). Il complesso idioma dell'onore rivela dunque come la consorteria nobiliare locale intendesse assumere il ruolo che tradizionalmente le era appartenuto. L'intervento di una terza parte esterna, contrassegnato da istanze di tipo punitivo mise pero in secondo piano gli aspetti risarcitori della giustizia nei confronti delle donne colpite dalle violenze, le quali in virtu della sanzione di una tradizionale terza parte avrebbero potuto all'incon-trario ottenere un risarcimento economico in cambio dell'onore perduto. Le stesse considerazioni potrebbero essere avanzate a proposito della pena del bando: utilizzata ed applicata da una terza parte esterna gerarchicamente superiore essa smarrisce la sua tradizionale funzione e trasforma la figura del bandito (definito dalla stessa pena) nello stereotipo del fuorilegge. Per non dire poi delle severe procedure inquisitorie che evidentemente impedivano alla faida locale di incontrare soluzioni pacificatrici14. Lo spostamento gerarchico della terza parte, che si registra un po' in tutti i paesi europei, suggerisce in definitiva il cambiamento intervenuto tra Sei e Settecento nella ca-ratterizzazione degli stereotipi criminali (un esempio: il crimen laesae maiestatis) e negli obbiettivi del controllo sociale (Roodenbrug, Spierenburg, 2004). Anche quando, come si vedra, le decisioni della terza parte statuale adotteranno criteri ut^l^tarist^ic^i nella formula-zione delle sentenze, le procedure prevalentemente inquisitorie tenderanno a monopoliz-zare la gestione del conflitto. E' comunque interessante soffermarsi pure sulla distinzione tra penale e civile e tra le diverse forme di procedura adottate per risolvere il conflitto. Negli ambiti comunitari di antico regime, come gia si e osservato, l'ambigua distinzione tra civile e penale si riflette negli stessi riti processuali. L'intervento di terze parti apparte-nenti al mondo comunitario si caratterizza nella distinzione tra compromessi ed arbitrati e paci. Una distinzione che rinvia non solo e non tanto alla natura del conflitto, ma alla stessa specificita sociale dei contendenti. A definire i confini tra arbitrato e pace stava infatti molto spesso l'effettiva appartenenza dei contendenti ad un medesimo gruppo oppure, all'inverso, a gruppi distinti. E quando la terza parte sara nettamente contraddistinta per il suo profilo gerarchico e statuale la distinzione tra civile e penale segna comunque le sue possibilita d'intervento nel conflitto e il tipo di procedure utilizzate. In gran parte dell'Eu-ropa continentale la terza parte deputata nel corso dell'Ottocento a risolvere un conflitto civile e investita di un potere assai limitato d'intervento rispetto al giudice incaricato di esprimere decisioni nel settore penale. Si tratta di problemi che entrano direttamente nel 14 Per tutti questi problemi e una piu approfondita bibliografia cfr. Povolo, 2013. Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 tema piu vasto della distribuzione del potere, della posta in gioco riflessa nei conflitti e dei significati impliciti nella distinzione gerarchica tra contendenti e terza parte. Non a caso nei processi civili assume un ruolo di rilievo la figura dell'avvocato, che, in tal caso si puo pure caratterizzare per la sua terzieta. Non cosi nel settore penale laddove I'avvocato e richiesto di muoversi strettamente a fianco del suo assistito, pur nell'ambito di criteri deontologici e politici non privi di una certa dose di ambiguita. Sulla figura del giudice terzo nei processi penali dell'Europa continentale a partire dall'Ottocento va poi considerata la sua diversificazione nei classici tre livelli d'appello. Una suddivisione che e volta ad assicurare un controllo gerarchico interno, ma che mira pure a calibrare l'intervento del terz^o rispetto al contesto sociale15. LA TERZA PARTE E I CRITERI DI DECISIONE (E DI ACCERTAMENTO) I criteri di decisione, appare ovvio, sono determinati dalla posizione gerarchica della terza parte e quanto piu questa si distanzia da quella dei contendenti, tanto piu essi traggo-no le loro motivazioni da normative e principi esterni. Ma vanno pure considerati i codici culturali che mettono in relazione la relazione triadica. In contesti comunitari e consuetu-dinari sia i compromessi che le paci sono giustificati da proposizioni pragmatiche che ri-flettono l'assenza di una distinzione tra fatti giuridici e fatti sociali in quanto questi ultimi hanno di per se una valenza giuridica (Rouland, 1992, 186). I sistemi consuetudinari sono infatti definiti sistemi aperti in quanto, nonostante i loro principi ideali (che si rifanno alla tradizione) tendono ad essere estremamente sensibili alle modificazioni e ai cam-biamenti, che vengono pero mascherati tramite l'utilizzo di compromessi e di paci16. Il ruolo degli anziani e dunque decisivo nel veicolare le trasformazioni. Diversamente, gia a partire dal Medioevo, un sistema colto ed affidato ai giuristi e incentrato sull'astrazione e sulla necessita di incorporare i fatti sociali in schemi interpretativi tendenzialmente dicotomici. Ad esempio, nel grande tema delle successioni ereditarie, si cercheranno dei principi generali per definire i diritti delle figlie rispetto al patrimonio paterno (come fece un giurista friulano nella prima meta del Cinquecento) (Povolo, 1994). E se nei sistemi consuetudinari le decisioni delle terze parti si svolgono all'insegna del compromesso e della valutazione degli eventi sociali che coinvolgono le due parti contendenti, nei sistemi colti, l'esigenza di astrazione e di generalizzazione inducono a formulare la decisione sul piano del torto e della ragione. Poiche il diritto comune inglobava al proprio interno quello consuetudinario, appare evidente che la forma mentis del giurista colto (il doc^oi) tendeva a ricercare nei loro contenuti quegli elementi che sul piano giurisprudenziale gli permettevano di creare un sistema omogeneo e i^az^ionaJe. L'anziano del villaggio risol-veva la casistica che gli veniva sottoposta in base a codici culturali fortemente influenzati dalla parentela e dalle dinamiche relazionali che la animavano. Non era sua preoccupa-zione il ricercare se in una determinata area territoriale, per non fare che un esempio, i 15 Tutti problemi affrontati in chiave comparatistica in Damaška, 1986. 16 Sulla distinzione tra sistemi chiusi e sistemi aperti in riferimento al ragionamento giuridico tecnico-legalistico che caratterizza i primi nella formulazione delle decisioni giudiziarie cfr. Friedman, 1978, 400-405. Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 figli dotati, usciti precocemente dalla casa paterna, potessero rivendicare ulteriori diritti nei confronti dei fratelli. Le sue valutazioni si sarebbero avvalse della specifica situazione parentale e del suo contesto economico e demografico. E cosi, nell'ambito di una faida in corso tra parentele sfociata nella violenza, la soluzione ricercata dai pacieri doveva mettere in conto il p^re^^o del sa^gue con criteri che miravano a ristabilire l'am^^c^z^a e l'onore tra le due parentele confliggenti. Un'esigenza che non poteva essere ignorata nemmeno dai giuristi colti che, in qualita di giudici (che pero scambiavano molto spesso il loro ruolo in quello di avvocati), dovevano sanare uno scontro violento in atto nella citta. La loro decisione, oltre che essere filtrata da procedure che, come si e visto, ten-devano a smorzare il conflitto, ricercava argomentazioni giurisprudenziali che dovevano agevolare la ricomposizione (legittima difesa, provocazione, ecc.). Argomentazioni che, evidentemente, erano lasciate piu o meno sullo sfondo quando, in qualita di terze parti erano chiamati a porre fine ad uno scontro accesosi tra parentele di villaggi sottoposti alla giurisdizione cittadina. Con l'affermazione di una giustizia esterna e l'imposizione di una terza parte gerarchicamente superiore, i criteri decisionali erano destinati ad assu-mere inevitabilmente un timbro punitivo, indebolendo la logica che sottostava alla faida e all'idioma dell'onore (Povolo, 2013). E, come gia si e prospettato, ponendo in secondo piano gli elementi risarcitori tipici dei conflitti comunitari. La permanenza nel mondo anglosassone di decisioni affidate ad organi collegiali (le giurie) investite di grandi poteri riflette un percorso storico differenziato e una distribuzione del potere estesa sul territo-rio. I criteri argomentativi delle decisioni della giuria si rifanno evidentemente ai valori culturali della comunita estensivamente intesa. Correlate a questi aspetti sono pure le giustificazioni di prova connesse alla decisione del giudice. Un sistema caratterizzato da una terza parte non contraddistinta dalla sua spiccata distanza gerarchica rispetto al conflitto in corso tende a riflettere i valori culturali e politici della comunita e della citta. Nell'Alto Medioevo il g^iudice in realta non stabiliva che i criteri di accertamento della verita. Il risultato della prova ordalica, in una societa ca-valleresca ed elitaria si costituiva di per se come decisione, ma ad essa si ricorreva quando soprattutto altri tipi di prova non erano esperibili o erano respinti da talune delle parti17. Nel corso del Basso Medioevo il sistema di prove legali incentrato sulla confessione e la testimonianza rifletteva essenzialmente la contiguita della terza parte con il contesto in cui operava, anche se l'affermazione di una procedura iniziale (inquisitio) affidata al giudice permetteva evidentemente di declinare tale sistema alla luce degli equilibri poli-tici e cetuali esistenti18. Nel corso dell'eta moderna l'enuclearsi dapprima e l'affermarsi poi (a partire dall'Ottocento) di un sistema di prove incentrato sul libero convincimento del giudice rifletteva una posizione nettamente distintiva della terza parte. Queste tra-sformazioni sono in realta collegate alla delineazione del cosiddetto processo misto: un 17 Cfr. per questi problemi Ziegler, 2004, 2-3 e Thornton, 2009, 100. 18 Come e stato osservato da Peter Stein: "In such societies, informal mediation, arbitration and self help through retaliation are less prominent than in the societies which lack such institutions. But these methods of dispute settlement do not disappear. They may survive as alternatives to the regular court process, or they may be incorporated into that process and allowed after a court decision to that effect"(Stein, 1984, 13). Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 processo caratterizzato da una fase iniziale dal timbro spiccatamente inquisitorio rivolto all'accertamento della verita e da una successiva fase contraddistinta dal contraddittorio delle parti e dalla decisione del giudice. La decisione della terza parte, fortemente pervasa di un giudizio moralistico (riflesso nella tipologia stessa dei crimini previsti dai codici) puo avvalersi di criteri eminentemente ut^il^ita^r^stic^i, in quanto i conflitti sono decisamente avulsi dal loro contesto territoriale che non si esprime tanto per la presenza di un nemico esterno quanto piuttosto dall'evidenziazione di devianti e criminali. Diverso ovviamente si prospetta il discorso in presenza di aree geografiche che, pur in ambito statuale, espri-mono un controllo del territorio da parte di forze antagoniste (come ad esempio nel caso della mafia). Anche nell'ambito delle decisioni della terza parte si assiste negli ultimi decenni (come ad esempio negli Stati Uniti) ad un indebolimento dei criteri ut^il^tar^st^ic^i e al recupero di una concezione della giustizia dal timbro riparatore, piu attento alle istanze della vittima. Tant'e che qualche studioso ha parlato di ritorno della vendetta^19. Un indebolimento della terza parte? Un adeguamento dei criteri decisionali alla pluralita delle istanze sociali? Di certo una ridefinizione della relazione triadica. I PROTAGONISTI DEL CONFLITTO E IL LORO CONTESTO Se la posizione gerarchica della terza parte e importante, lo e altrettanto quella dei protagonisti del conflitto. La dimensione orizzontale rinvia alla tipologia sociale ed antro-pologica in cui il conflitto s'innesca: parentele, famiglie, networks, gruppi professional e cetuali, ecc. Ciascuno dotato di una sua specificita storica e culturale. Se i conflitti si possono condurre in svariati modi (dall'aggressione al gossip, dalla contesa al ricorso alla giustizia) appare evidente che la loro risoluzione (con la scelta della terza parte) dipende essenzialmente dal contesto sociale e dalla sua dimensione politica. La scarsa visibilita politica, come gia si e notato, comporta generalmente l'imposizione di una terza parte esterna e gerarchicamente superiore. Nel corso dell'eta medievale e moderna la spiccata caratterizzazione della societa in gruppi e ceti delinea una forte dimensione orizzontale dei conflitti animati dalla cultura dell'onore (interpretato secondo una gerar-chia di precedenza)20. L'organizzazione parentale allargata (costituita sia di agnati che di affini) incentiva i conflitti mettendo in secondo piano le scelte individuali. Parentela naturale e parentela spirituale collegano i diversi gruppi, mentre le reti di amicizia sotto-lineano il ruolo dei protettori. In contesti simili i conflitti sono intensi e possono sfociare agevolmente nella violenza, anche se la rete di protettori, amici e parenti si attiva imme-diatamente per contenerli in una dimensione accettabile. Le reti di rapporti disegnati da ciascuna parentela e caratterizzate dalla solidarieta dei membri spinge ad un arbitrato od a un compromesso. Un rito di pace, volto a contenere il conflitto, esprime l'esigenza di reciprocita della faida in corso tra parentele diverse. In una societa dominata dalle pa-rentele e dai gruppi il ruolo delle terze parti e dunque intenso e mira ad impedire che la 19 Si veda il lavoro di Cantarella, 2007. 20 I gruppi parentali potevano spesso spingere all'utilizzo della violenza per salvaguardare l'onore collettivo, come attesta Stuart Carroll per la Francia del XVI secolo (Carroll, 2006, 129). Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 faida sfoci nella violenza. Anche quando la violenza entra in gioco, il conflitto si esprime secondo l^turgie volte a ristabilire gli equilibri precedenti. Lo stesso ricorso ai tribunali e le procedure utilizzate esprimono questa necessita. In questo ambito la cultura dell'o-nore svolge un ruolo importantissimo perche segna precedenze, valori culturali, confini, eventuali cont^am^in^z^oni. E non a caso il duello e spesso piu annunciato che praticato. Ed anche quando si svolge, segue un rituale complesso con la presenza di terze parti scelte oculatamente. Le reti di protettori assumono evidentemente una valenza diversa nell'ambito delle corti. Rituali onorifici e di precedenza tendono inevitabilmente ad as-sumere una caratterizzazione gerarchica. Henry Kamen ha ben sintetizzato le profonde trasformazioni che avvengono in molti paesi europei di seguito all'affermarsi di poteri centrali monarchici: The most visible reason for the decay in noble power was the increase in crown initiative, which affected the elite in three main ways: by a reduction in their military role, by exclusion from high office, and by integrating themselves into the new structure of authority. Their number fell dramatically, not least because a failure to produce heirs, but this too was no obstacle. (Kamen, 2000, 89). In ambiti repubblicani (come nella Repubblica di Venezia) i rapporti tra protettori e am^ci, pur svolgendosi secondo profili gerarchici, enfatizzano comunque la dimensione del contesto locale (la p^c^olap^atr^ia a cui le parentele appartengono)21. Anche in ambiti sociali caratterizzati dall'onore e dalla parentela va comunque considerata la molteplicita delle relazioni sociali dei protagonisti del conflitto. Relazioni dettate dalla professione, dall'appartenenza religiosa, dalla dimensione politica, e nelle quali la dimensione dell' a-m^^c^z^a svolgeva una funzione importante (Kamen, 2000, 117-118). Tutti aspetti che rendono piu debole la capacita di aggregazione del gruppo e il suo controllo nei confronti dell'individuo. Va poi considerato il ruolo svolto da confraternite, gruppi giovanili, e altre forme di networks che indubbiamente ebbero una parte rilevante nell'organizzazione e nello svolgimento dei conflitti. Con l'emergere di autorita statali, come si e osservato, i conflitti sono comunque meno controllati dal contesto locale e si svolgono secondo dina-miche diverse e la violenza, piu che diminuire, come taluno ha ipotizzato, assume con-formazioni e percorsi diversi. L'ambito istituzionale e processuale diviene fondamentale nell'organizzazione dei conflitti. Ma, ovviamente, non e irrilevante l'influenza esercitata da networks socialmente contigui al personale giudiziario. Piu in generale sono gli studi antropologici che hanno dedicato la loro attenzione alle interrelazioni tra patroni e clienti22. E le relazioni di patronage si sono colte soprattutto 21 Basti pensare che i tre modi indicati da Henry Kamen (cfr. citazione nel testo) che vennero utilizzati dalle monarchie europee per indebolire i ceti aristocratici non trovarono di certo esito nell'ambito della Repubblica di Venezia. I secondi due non potevano difatti essere realizzati in un ambito politico repubblicano; mentre il primo, se si verifico, lo fu comunque nell'ambito piü complessivo del ridimensionamento militare veneziano nel contesto europeo del Sei-Settecento. 22 Un termine che storici e antropologi hanno meglio definito con quello di patronage. Su questo importante aspetto che aveva, evidentemente, forti ripercussioni sulla gestione della faida cfr. il saggio di Maurice Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 nell'ambito della formazione degli stati moderni a partire dall'Ottocento. Emblematico a questo proposito, lo studio di Anton Blok sulla mafia siciliana, la cui nascita e sviluppo sono individuati nella decisiva azione di mediazione svolta da un gruppo di persone in grado di esercitare la violenza e un sostanziale controllo sociale nei confronti del mondo contadino. Veri e propri manag^ers, come ha osservato Charles Tilly nell'introduzione al volume di Blok, che si posero a difesa del potere locale sia nei confronti del mondo contadino che del nuovo stato unitario23. La mafia intesa, dunque come un broker, una terza parte, piu che un vero e proprio patron. La centralizzazione dello stato (democratico) e stata per lo piu considerata come un elemento decisivo nel processo di indebolimento delle forze tese a porsi nel ruolo di mediazione. Anche se, come e stato notato, l'azione di p^tr^on^age e individuabile anche in strutture statuali fortemente centralizzate e nelle quali si pone come forma di potere non necessariamente antagonista (Mitchell, 2002, 628). In realta statuali organizzate l'attenzione deve essere rivolta pure al settore della pre-venzione e al margine di discnezionalita (e di ambiguita) assunti da molti conflitti filtrati dall'intervento delle forze di polizia. Cosi come pure assume un rilievo particolare il ruolo di giudici di pace o di giudici conciliatori che sembrano porsi al confine tra due dimensioni della giustizia, apparentemente distinte dalla rilevanza del conflitto in corso. E, ancora, una microconflittualita, che si svolge nell'ambito della famiglia o di singole istituzioni, ciascuna virtualmente dotata di risolutori dei conflitti interni. GLI SPETTATORI Sia che il conflitto si svolga piu propriamente in un'arena, che in un vero e proprio teatro del potere, esiste comunque un protagonista invisibile che molto spesso, per la sua stessa capacita di incidere sugli esiti, finisce inevitabilmente per assumere il ruolo di t^ei^^a par^e2^. Questo, come si e detto, e visibile chiaramente nelle culture informate dall'idioma dell'onore; ma si pensi pure all'attuale pubblica opinione. Nel caso di t^er^^i istituzional-mente chiamati a risolvere un conflitto, la pubblica opinione tende ad interferire nella de-cisione (si pensi oggi al ruolo dei mass media nei processi famosi). Nei sistemi giudiziari Aymard, 1987. Un tema che e stato affrontato piu ampiamente per la Francia da Dewald, in particolare pp. 104 e sgg. Come ha osservato Dewald "Through the seventeenth century, writers commonly used the term 'friend' to refer to protectors and patrons, this was friendship not as intimacy but as a means of organizing political and social life" (Dewald, 1977, 106). Si tratta di un aspetto decisivo della societa di antico regime, che negli ultimi anni e stato affrontato in numerose ricerche. Ad esempio Tadmor, 2004 e 2005, che esamina il rapporto tra relazioni di vicinato e di amicizia nell'Inghilterra della prima eta moderna; una sintesi di carattere generale in Österberg, 2010. 23 Come rilevava Tilly: "The system rests on patronage without complete control. If the national State collapsed, the ability of the persons higher up in the chain of patronage both to protect and to restrain those below them would dwindle [...] If the national State supplanted the great protectors, on the other hand, the autonomy of their mafioso clients would decline" (Blok, 1974, XIX). 24 Si potrebbe agevolmente estendere alle dinamiche conflittuali quanto e stato osservato sulle manifestazioni di violenza: "No violent act can be fully understood without viewing it as one link in the chain of a long process of events each of which refers to a system of cultural and material structure that can be compared to similiar structural conditions anywhere else" (Schmidt, Schröder, 2001, 7). Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 di common law la giuria tende a svolgere molto di piu la funzione di cerniera tra decisione e valori culturali della comunita. Un ceto professionale di giudici colti e provvisti di un linguaggio elaborato si muove in un ambito interpretativo in cui l'imposizione di codici moralistici (collegati alla definizione del crimine) tende a stemperarsi in una visione piu complessiva degli obbiettivi della giustizia (penale)25. Nell'eta medievale e moderna un ruolo importante era svolto dal vicinato, che con la sua acquiescenza o intolleranza pote-va intervenire sensibilmente nelle tensioni in atto. Utilizzando, ad esempio, il gossip, che in tal caso aveva la funzione di rivendicarne l'ambizione a costituirsi come terza parte. Dinamiche comunque che, sotto altre forme, sono ad esempio presenti nelle gangs delle citta attuali. L'ambito degli spet^a^ori sottolinea il valore c^ull^urale del loro intervento, esercitato tramite pressioni indirette e comunque mai localizzabili sul piano individuale. Il ruolo dello spettatore presuppone la condivisione di questi valori culturali e molto spes-so una stessa intimitä sociale, anche se i mass media attuali hanno amplificato e diluito ad un tempo l'incidenza della pubblica opinione. E, va pure aggiunto, la pubblica opinione tende ad sottolineare il valore moralistico dei comportamenti criminali: molto di piu di quanto il personale giudiziario e disposto a veicolare. E questo spiega le tensioni che oggi si registrano tra le diverse finalita della giustizia (utilitaristica, punitiva, risarcitoria). TRETJA STRANKA. MED NASILJEM IN MIROM: MEDIATORJI, RAZSODNIKI, MIRITELJI, SODNIKI C^a^u^^^o ^OVOLO Univerza Ca' Foscari v Benetkah, Oddelek za humanistiko, Dorsoduro 3484/D, 30123 Venezia, Italija e-mail: clpovolo@gmail.com I^O^Z^E^EK Razprava predstavlja nekatere pomembne aspekte glede vloge, ki jo imajo subjekti v sporih in načinov, da bi slednje v okviru posameznih institucionalnih kontekstov odpravili oziroma rešili. Prisotnost tretje stranke predhodno kaže na obstoj potencialnega konflikta oziroma na njegovo dejansko uresničitev. Tretji stranki poverijo, naj obvladuje trenja ali jih odpravi, če bi le-ta priplula na površje in posledično povzročila pravi spor. V teoretskem smislu postavlja prisotnost tretje stranke naslednja ključna vprašanja: institucionalni in družbeni položaj tretje stranke; dinamike konfliktov in tveganja; kri- 25 Le tensioni sono meno avvertibili nelle corti europee, nelle quali la presenza della giuria e fortemente "anestetizzata" dalla struttura gerarchica e burocratica del processo e dalla stessa formazione professionale del personale giudiziario. La giuria, come e stato osservato, tende spesso a sottolineare nelle sue scelte valori e pregiudizi presuntivamente individuabili nella persona dell'imputato. Cfr. ad esempio per la Francia dei due ultimi secoli quanto osservato nelle conclusioni della sua ricerca da Donovan, 2010, 177-183. Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 teriji odločitve in preveritve; tipologije protagonistov konfliktov in kontekst, v katerem delujejo; kdo so gledalci, ki sledijo konfliktom in naposled vplivajo na izid. Imenovanje tretje stranke največkrat predpostavlja prikrit ali že obstoječ konflikt. Njena vloga je razbliniti dvoumnosti in meje med zgodovinopisnim pojmom družbenega nadzora. Kot pomembni se izkažejo tudi hierarhični položaj tretje stranke v odnosu do obeh sprtih strani ter kriteriji odločitev (na primer zaradi potrebe po nadzoru v družbi). Zanimiv je primer izvajanja odločitev v anglosaškem svetu, kjer se v okviru delovanja kolegijskih organov (porote), ki so razpolagali s precejšnjo močjo, kaže drugačen zgodovinski potek in razdelitev moči na teritoriju. Obstaja ne nazadnje neviden protagonist, ki večkrat zaradi svoje sposobnosti vplivanja na izid neizogibno prevzame vlogo tretje stranke. To se kaže na primer v kulturah, ki uporabljajo govorico časti. Ključne besede: tretja stranka, konflikt, nasilje, mir, mediatorji, arbitri, miritelji, sodniki BIBLIOGRAFIA Aymard, M. (1987): Amicizia e convivialita. In: Aries, P., Duby, G. (eds.): La vita priva- ta dal Rinascimento all'Illuminismo. Roma-Bari, Laterza, 357-392. Black, D. (1983): Crime and social control. American sociological review, 48, 1, 34-45. Blythe, E., Landau, R. (1988): Third party and assisted conception across cultures. Social, legal and ethical perspectives. London-New York, Jessica Kingsley. Blok, A. (1974): The mafia of a Sicilian village. A study of violent peasant entrepreneurs. New York, Basil Blackwell. Bossy, J. (2004): Peace in the Post-Reformation. Cambridge, Cambridge University Press. Burke, P. (1978): Popular culture in early modern Europe. London, Ashgate. Cantarella, E. (2007): Il ritorno della vendetta. Pena di morte: giustizia o assassinio? Milano, BUR. Carroll, S. (2006): Blood and violence in early modern France. Oxford, Oxford University Press. Cooney, M. (1998): Warriors and peacemakers. How third parties shape violence. New York, University Press. Damaška, M. (1986): The faces of justice and state authority. New Haven, Yale University Press. Dewald, J. (1977): Aristocratic experience and the origins of modern culture. France, 1570-1715. Berkeley, University of California Press. Donovan, J. M. (2010): Juries and the transformations of criminal justice in France in the nineteenth and twentieth centuries. Chapel Hil, Univ of North Carolina Press. Fleischacker, S. (2004): A short history of distributive justice. Cambridge (Mass.)-Lon-don, Harvard University Press. Friedman, M. L. (1978): Il sistema giuridico nella prospettiva delle scienze sociali. Bologna, Il Mulino. Claudio POVOLO: TRA LITURGIE DI VIOLENZA E LITURGIE DI PACE: MEDIATORI.....1-16 Friedman, M. L. (1993): Crime and punishment in American history. New York, HarperCollins. Harding, A. (2001): Medieval law and the foundations of the state. Oxford-New York, Oxford University Press. Kamen, H. (2000): Early modern European society. London-New York, Routledge. Keblusek, M., Noldus, B. V. (2011): Double agents. Cultural and political brokerage in early modern Europe. Leiden, Brill. Mazerolle, L., Ransley, J. (2005): Third party policing. Cambridge, Cambridge University Press. Mitchell, J. P. (2002): Patrons and clients in Encyclopedia of social and cultural anthropology. London-New York, A. Barnard and J. Spencer, 627-629. Netterström, J. B., Poulsen, B. (eds.) (2007): Feud in Medieval and Early Modern Europe. Aarhus, Denmark: Aarhus University Press. Österberg, E. (2010): Friendship and love, ethics and politics. Studies in Medieval and Early Modern history. Budapest, New York, Central European University Press. Povolo, C. (1994): Eredita anticipata o esclusione per causa di dote? Un caso di plurali-smo giuridico nel Friuli del primo '500. In: Accati L., Cattaruzza M., Verzar Bass M. (eds.): Padre e figlia. Torino, Rosemberg e Sellier, 41-73. Povolo, C. (1997): L'intrigo dell'onore. Potere e istituzioni nella Repubblica di Venezia tra Cinque e Seicento. Verona, Cierre edizioni. Povolo, C. (2008): Interpreters of cultures. Dominant and subordinate cultures in contact. Acta Histriae, 16, 4, 425-476. Povolo, C. (2013): Liturgies of violence. Social control and power relationships in the Republic of Venice between the sixteenth and eighteenth centuries. In: Dursteler, E. (ed.): A companion to Venetian history, 1404-1797. Leiden, Brill, 513-542. Roberts, S. (1994): Law and dispute processes, in Companion encyclopedia of anthropology. Humanity, culture and social life. London, New York, T. Ingold, 962-982. Rouland, N. (1992): Antropologia giuridica. Milano, Giuffre. Roodenburg, H., Spierenburg, P. (eds.) (2004): Social control in Europe, vol. I, 15001800. Columbus, Ohio State University Press. Schmid, B. E., Schröder, I. W. (2001): Anthropology of violence and conflict. London, New York, Routledge. Stein, P. (1984): Legal institutions: the development of dispute settlemen. London, Butterworth & Co. Tadmor, N. (2004): Family and friends in eighteenth-century England. Household, kinship and patronage. Cambridge, Cambridge University Press. Tadmor, N. (2005): Friends and neighbours in early modern England: biblical translations and social norms. In: Gowing, L., Hunter, M., Rubin, M. (eds.): Love, friendship and faith in Europe, 1300-1800. New York, Palgrave, 150-176. Thornton, D. E. (2009): Communities and kinship. In: Stafford, P. (ed.): Early middles ages. Britain and Ireland c. 500-1100. Oxford, Oxford University Press, 91-105. Ziegler, V. L. (2004): Trial by fire and battle in Medieval German literature. New York, Camden House.