Prejeto / received: 15. 1. 2016. Odobreno / accepted: 3. 2. 2016 MUSICA, IDENTITÀ E MITOGRAFIE NAZIONALI DEI CECHI NEL DICIANNOVESIMO SECOLO TOMÁŠ SLAVICKY Etnologicky ústav Akademie ved České Republiky Izvleček: Češki narodni preporod v 19. stoletju je bil večplasten. Razvoj moderne narodne identitete je izhajal iz dveh kulturnih tradicij, katoliške in protestantske, ki sta vplivali na idejo avstro-slavizma inpanslavizma. Usmeritve teh gibanj so zaznamovale popularno in umetno glasbo Čehov. Ključne besede: češka nacionalna glasba, češki zgodovinski mit, panslavizem, avstroslavizem. Abstract: The nineteenth-century Czech national revival had various cultural layers. The evolution of today's national identity derived from two cultural traditions, Catholic and Protestant, which influenced both the idea of Austro-Slavism and the Pan-Slavic nationalism. Each of these movements 'politics left a mark in Czech popular and art music. Keywords: Czech national music, Czech Historical Myths, Pan-Slavism, Austro-Slavism. Nel diciannovesimo secolo, il movimento nazionale ceco1 nei paesi boemi2 ha avuto una trasformazione veloce.3 Detto con una certa semplificazione, vi fu uno sviluppo immediato dai modesti tentativi per salvare la lingua colloquiale e letteraria, alle ambizioni di ottenere uno stato indipendente. Per realizzare tali intenti era indispensabile rafforzare l'identità culturale della nazione. Il punto di partenza per risolvere i molti quesiti posti da tale esi-genza fu l'interesse alla creazione di una propria mitologia moderna, intelligibile a tutti, nonché paragonabile agli altri grandi progetti elaborati dal nazionalismo ottocentesco.4 A fronte di questi motivi, la formazione dell'identità ceca è un tema ancora aperto. Il bisogno di decostruire la sua mitizzazione è uno dei compiti più urgenti da assolvere 1 Per designare l'emancipazione culturale e politica dei cechi e d'uso comune l'espressione närodnl obrozeni, da tradursi come rinascita nazionale, o piü semplicemente con il termine rinascita. Una formula che si e imposta nella storiografia in alternativa a narodm vzkrisem (resurrezione nazionale), caduta in disuso all'inizio dell'Ottocento. 2 In rispetto all'autoritä della letteratura tedesca del diciannovesimo secolo, adotto il termine boemo (böhmisch) secondo l'accezione geografica, e il termine ceco (tschechisch) nella sua accezione nazionale. 3 Urban, Ceskä spolecnost 1848-1918. 4 Questo tema e riassunto in Historicke fikce a mystifikace v ceske kulture 19. stoleti. 45 De música disserenda XII/1 • 2016 al fine di individuare altri miti più antichi, dimenticati o rimossi, i quali contribuirono a creare il background della moderna fede politica nella nazione. Per uno storico della música ció vuol dire entrare in un contesto interdisciplinare descritto in numerose pub-blicazioni.5 Per cui, il presente contributo non intende offrire un punto di vista nuovo su argomenti tanto discussi, ma vuole riassumere la problematica nelle sue linee generali e dedicarsi ad alcuni argomenti che riguardano il ruolo della musica nella rinascita boema all'epoca della definizione delle "nazioni culturali". Oggi le idee sulla questione nazionale in Boemia non sembrano tanto complicate. Probabilmente ció è dovuto alla chiarezza degli obiettivi, e al modo persuasivo con cui la politica ha presentato al mondo il programma dell'autonomia. "Il pensiero ceco" di Tomás Garrigue Masaryk, per esempio, era basato sulla reinterpretazione della storia patria, i cui tratti salienti erano l'hussitismo, la riforma protestante, il connesso uso della lingua del popolo e la rinascita della nazione.6 Questo fu il ritratto dominante della Cecoslovacchia dal 1918 sino allo scoppio della seconda guerra mondiale.7 Per Masaryk e per la sua generazione il pensiero dello slavista Ernest Denis fu di una importanza capitale. Il suo concetto della storia boema8 partiva dalla separazione tra le tradizioni progressiste e quelle conservatrici. Il punto di forza della teoria dello slavista francese Ernest Denis fu la reinterpretazione secolarizzata dell'hussitismo e della riforma del sedicesimo secolo, in quanto fenomeni ritenuti i veri precedenti dei movimenti rivoluzionari del Settecento e dell'Ottocento. I cechi andavano presentati come i primi in Europa a ribellarsi contro i vecchi regimi, mostrando agli altri popoli del continente la giusta direzione: quella che portó alla rivoluzione francese e successivamente al ricupero della lingua quale fattore di coesione per riacquistare l'identità nazionale. La problematicità di questo quadro emerge nitidamente dal libro di Benito Mussolini, Giovanni Huss, il verídico del 1913,9 che ebbe un impatto del tutto marginale in Italia,10 mentre a Praga suscitó una viva approvazione.11 Il saggio del giovane socialista Mussolini non aveva nulla di nuovo, ma provocó comunque l'entusiasmo dei patrioti per avere egli dato una rilevanza internazionale alla interpretazione di Hus martire del "libero 5 La discussione interdisciplinare sulla cultura e l'arte ceche procede dal 1981 nei colloqui annuali di Plzeñ. Per il tema qui trattato sono importanti gli atti di studio Historické vedomí v ceském uméní 19. století; Povedomí tradice v novodobé ceské kulture. Doba Bedricha Smetany; Cechy a Evropa v kulture 19. století; Sacrum et profanum; Cesky lev a rakousky orel v 19. století; Slavme slavne slávu Slávóv slavnych. Slovanství a ceská kultura 19. století; Naše Itálie. Stará i mladá Itálie v ceské kulture 19. století. 6 Programma esposto chiaramente in: Masaryk, Ceská otázka. Snahy a tužby národního obrození. 7 Bisogna ricordare che il paradigma politico di storia nazionale di Masaryk fu contestato dagli storici universitari del tempo. Con Masaryk polemizzarono Jaroslav Goll (1846-1929), Kamil Krofta (1876-1945) e Josef Pekar (1870-1937): soprattutto Pekar in Smysl ceskych dejin. 8 Si veda soprattutto Denis: Fin de l'indépendance bohême. 9 Mussolini, Giovanni Huss, il veridico. 10 Helan, "Mussolini Looks at Jan Hus and the Bohemian Reformation", 309-316, online: http:// www.brrp.org/proceedings/brrp4/helan.pdf. Cit. 2015; inoltre Helan, Duce a kacír. 11 Nel 1925 il presidente Masaryk insigni il Duce della più alta onorificenza dello stato, l'Ordine del leone bianco. 46 Tomás Slavicky: Música, identité e mitografie nazionali dei cechi nel diciannovesimo secolo pensiero".12 Si tratta di un'interpretazione astorica, in quanto fondata sulla attualizza-zione política del riformatore che investe la nozione stessa di verità. Per gli hussiti del quindicesimo secolo il motto "veritas vincit" si riferiva alla "veritas Dei", cioè alla verità divina quale valore assoluto.13 La lettura secolarizzata, invece, mirava a esaltare i valori nazionali e sociali insiti nel concetto di verità, che divenne perció limitato e relativo, a causa del tenace proposito di cambiare l'ordinamento statuale. Il paradigma dell'hussitismo ha radici profonde nella storia boema, ma prese il sopravvento solo alla fine dell'Ottocento, quando i movimenti nazionali si trasformarono nell'irredentismo delle piccole nazioni impegnate nella lotta contro l'assimilazione per la sopravvivenza. La guerra austro-prussiana del 1866 che determinó l'Ausgleich, ossia il compromesso per la divisione dell'impero absburgico in Austria-Ungheria, fu vissuta dalla politica ceca come una sconfitta catastrofica. Grazie al lealismo nei confronti di Vienna, e con le proposte della corrente austroslavista, i cechi miravano a conquistare il sostegno del governo centrale contro il nazionalismo aggressivo degli stati più potenti. Il dualismo austro-ungarico, invece, fece crollare la speranza di rinnovare il regno di Boemia, nel quale i cechi avrebbero avuto la maggioranza, e l'idea di austroslavismo divenne obsoleta dal momento in cui Vienna perse ogni influenza sulla vita sociale dei popoli slavi sottomessi all'Ungheria nella Transleitania. In ragione di questa crisi, nella politica ceca si fece strada un nuovo corso mirante ad adattare il proprio programma ai metodi del nazionalismo liberale dell'Europa occidentale, con la conseguente ridefinizione della storia patria nella prospettiva di ottenere l'autonomia. Il che comportó una separa-zione di fatto tra i "vecchi cechi", fedeli alla monarchia e all'austroslavismo, e i "giovani" liberal-nazionali.14 Ambedue le correnti di pensiero saranno oggetto del nostro discorso. Nella prima metà del diciannovesimo secolo l'ambiente intellettuale ceco aspirava a fare della Boemia uno dei centri di organizzazione della rinascita dei popoli slavi ancora sottomessi.15 La concezione ceca di austroslavismo era in concorrenza con il panslavismo politico fomentato da Mosca.16 Questa diffidenza era dovuta alla delusione per quanto era avvenuto in Polonia nel 1830, e alla conseguente perdita di fiducia nei confronti della Russia zarista. La via verso il rivolgimento nazionale non fu dunque semplice. Nel tempo in cui si formó la moderna idea di nazione, nelle regioni della Boemia operavano gruppi politici dalle visioni contrastanti. Per capire le loro radici e la loro evoluzione dobbiamo tornare alle origini. La delicata questione dell'autodefinizione dei cechi risale al medioevo, considerato che la Boemia è situata tra il mondo slavo e quello tedesco. La Chronica Bohemorum di Kosmas, scritta in latino nel dodicesimo secolo, è un'opera classica che attesta il passaggio dalla mentalità tribale a quella del popolo che si 12 Il libro, infatti, fa parte della "Collezione storica dei Martiri del libero pensiero". 13 Eschatologie und Hussitismus. 14 Nel 1874, dalla scissione dei "giovani" dal Partito Nazionale Ceco, presente al parlamento di Vienna, nacque il Partito Nazionale Liberale (Národní strana svobodomyslná). L'appellativo "giovani cechi" era in linea con gli altri movimenti liberali e nazionali d'Europa (Jungdeutschen, Giovane Italia et alii). 15 Al riguardo possiamo rammentare il congresso panslavo tenutosi a Praga nel 1848. 16 Su questo tema: Vlcek, "Panslavismus ci rusofilství?", 9-20. 47 De música disserenda XII/1 • 2016 riconosce nell'uso di una fede e di una lingua comuni, nonché di una memoria condivisa.17 Almeno dal tredicesimo secolo si puo parlare di una identitá nazionale, in connessione con la piena coscienza della minaccia che sovrastava la sovranitá dello stato e la lingua. La conoscenza della tragedia degli slavi settentrionali, che per difendersi dalla pressione tedesca ritornarono al paganesimo, rafforzo nei cechi il senso di identitá legata al cri-stianesimo. Le leggende fiorite sui santi patroni in quell'epoca accentuarono il culto del popolo e il battesimo dei boemi fu eletto a simbolo della continuitá tra la fede e la lingua. La figura di san Venceslao (sv. Václav), che divento garante della dinastia, dello stato e della lingua, svolse in tal senso un ruolo di vitale importanza e nel medievo i cechi si autonominarono la "famiglia di san Venceslao".18 Una testimonianza efficace é offerta da due antichi inni in ceco, tramandati senza soluzione di continuitá sino al diciannovesimo secolo. Il primo, Hospodine pomiluj ny (Kyrie eleison, X-XI secolo), a detta dei linguisti proviene dalla litania abbreviata su base paleoslava.19 L'invocazione finale, "Daj nám vsem Hospodine zizñ mir v zemi" ("Signore, dacci abbondanza e pace in terra"), ovviamente non contiene riferimenti al tema moderno della nazione, ma la terra e la comunitá dei fedeli ("a noi tutti" recita il verso) furono ingredienti di forte enfasi per il popolo ceco.20 Il secondo é il "corale sanvenceslaviano" Svaty Václave, vévodo ceské zemé (San Venceslao, duca della terra boema, XII secolo).21 Anche questo canto ha la forma delle litanie abbreviate22 e nel quindicesimo secolo vi fu aggiunta la strofa "Ty jsi dédic ceské zemé, rozpomeñ se na své plémé./Nedej zahynouti nám, ni budoucím" ("Tu sei erede della terra boema, ricordati della tua stirpe./Non lasciar perire né noi, né i posteri"),23 in cui é vivo il senso dell'appartenenza a una sola terra e a una medesima stirpe.24 Per la formazione dell'identitá ceca é particolarmente interessante il quattordicesimo secolo. Durante il governo di Carlo IV di Lussemburgo venne realizzata una visionaria costruzione di Praga, quale nuova residenza del Sacro Romano Impero, e sono caratteristi-che le utopie escatologiche e messianiche degli intellettuali boemi, che si manifesteranno appieno ai tempi dell'hussitismo: la prima esperienza che separo il paese in due campi di pensiero e di azione. L'erede degli ideali hussiti, e per la prospettiva ottocentesca il garante della continuitá, fu la Jednota bratrská (Unione dei fratelli), che anche nel canto prosegui il lavoro iniziato 17 Treštik, Kosmova kronika. 18 Kalhous, Ceské zemé za prvnich Premyslovcù v 10. - 12. stoleti. 19 Sulla storia e l'analisi di questo canto cfr. Orel, Hudebnipamàtky svatovàclavské, 41-63. Sulla datazione Mareš, Cyrilometodëjskà tradice a slavistika, 403-476. 20 L'edizione delle varianti in Orel, Hudebnipamàtky svatovàclavské, 29-39. 21 Ibid., 63-67. 22 Le strofe singole si rivolgono a San Venceslao in quanto supplicante principale, e infine a tutti i protettori della terra e del popolo: prima direttamente alla Santa Trinità, poi alla Vergine Maria, agli angeli, e infine ai singoli santi patroni. L'ultima strofa contiene il segno della croce. 23 L'edizione delle varianti in Orel, Hudebni pamàtky svatovàclavské, 4-13. 24 Sulla trasmissione del canto dal dodicesimo al diciannovesimo secolo cfr. Velek, Musikalische Wenzelstradition (bis 1848); Id., "Svatovaclavska tradice včera a dnes očima hudebni védy", 137-144; Id., "Svatovaclavska tradice za prvni svétové valky", 413-428. 48 Tomás Slavicky: Música, identitá e mitografie nazionali dei cechi nel diciannovesimo secolo dagli hussiti. La trasformazione delle preghiere e degli articoli di fede in canti devozionali in lingua ceca divenne un'arma importante della riforma e una parte significativa del corale luterano fu adottata dai fratelli boemi.25 L'autoritá della Jednota bratrská crebbe nel periodo della ricattolicizzazione, quando i suoi seguaci furono costretti a emigrare. I protestanti boemi allora coltivarono il loro credo, come e evidente negli scritti e nei canti degli esuli, identificando se stessi con la nazione d'Israele in esilio:26 per gli storici dell'Ottocento un nucleo di primitiva definizione nazionale. Per lo stesso motivo anche il ritorno al cattolicesimo nel diciassettesimo secolo fu accompagnato da un forte accento patriottico. A tal fine occorreva una reinterpretazione della storia culturale, e nozioni quali "la fede dei padri", o "la devozione degli antichi Boemi", acclamate dai gesuiti, divennero le nuove parole d'ordine.27 Da questa connes-sione emerge poi la definizione del ceco amante del canto.28 In merito a questo particolare e utile precisare che in Boemia i cattolici ebbero cura sia della qualitá dell'istruzione, sia dello studio della musica.29 L'ereditá di questo patriottismo ante litteram, con tutte le forze appoggiato agli strumenti dell'arte, svolse un ruolo decisivo sino al Novecento. All'inizio del diciannovesimo secolo, quando si stavano timidamente affermando gli orientamenti nazionali, i cechi avevano due diverse nozioni della loro identitá, che sembravano essere incompatibili l'una con l'altra. Quando apparve il concetto herderiano degli slavi e del loro ruolo in Europa,30 si sospetto che i cechi non fossero in grado di con-venire su una formula di identitá condivisa. Nonostante tutto, si trovo la soluzione a questa aporia. Nel 1817 Václav Hanka (1791-1861) scopri nella torre della chiesa medievale di Dvúr Králové un frammento manoscritto del tredicesimo secolo contenente poesie liriche ed epiche (il Rukopis Královédvorsky), e lo diede alle stampe con la traduzione in tedesco nel 1822.31 L'anno successivo fu mandato in forma anonima al Museo Nazionale Ceco un frammento del manoscritto di Zelená Hora (Rukopis Zelenohorsky), ritenuto un raro testimone della letteratura paleoslava tra l'ottavo e il nono secolo, precedente l'adozione del cristianesimo. I due reperti diedero la stura a una serie infinita di contestazioni sulla loro autenticitá.32 Oggi e generalmente accettata l'opinione espressa all'epoca del ritrova-mento dal padre della rinascita nazionale, lo slavista Josef Dobrovsky (1753-1829). Questi accuso Václav Hanka e Josef Linda (1789-1834), esperti editori di libri antichi, di avere falsificato i manoscritti e il loro contenuto. La storia dei due testi in ceco e molto simile a quella dei Canti di Ossian, poiché si tratta di una finzione letteraria concepita per scopi 25 Schönbaum, "Die Weisen des Gesangbuchs der Böhmischen Brüder von 1531", 44-61; recen-temente Hlavácek, "Die Franziskaner-Observanten zwischen böhmischer und europäischer Reformation", 295-326. 26 Sulla poesia spirituale degli esuli e il problema dell'autoriflessione: Cisty plamen lásky. 27 Cfr. Slavicky, "K otázce vlivu jezuitú na lidovy duchovní zpév v ceskych zemích", 1097-1119. 28 Mañas, Hudební aktivity nábozenskych korporací, 147-177. Online: http://is.muni.cz/th/13678/ ff_d/. 29 Kabelková, "Musik im böhmischen Klöstern im späten 18. und frühen 19. Jahrhundert, 189-210. 30 Herder, Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit. 31 Königinhofer Handschrift. Sammlung altböhmischer lyrisch-epischer Gesänge. 32 Nel 1969, quando fu realizzata l'ultima profonda perizia, si constato che alle dispute sulla genu-initá dei manoscritti erano state dedicate piú di mille pubblicazioni. 49 De música disserenda XII/1 • 2016 diversi da quelli della letteratura. Alla loro notorietà contribuí tra l'altro Goethe, che si espresse in modo entusiastico sulla bellezza della poesia, raccomandando tale lettura agli studiosi di tutta Europa. I manoscritti furono contestati e respinti nell'ambito della cultura ceca solo dopo le grandi polemiche di fine Ottocento. Ma fino a quell'epoca costituirono un fattore di integrazione per una intera generazione di intellettuali, che adottarono le opinioni di Herder per volgerle a favore del panslavismo. Tra i molti possiamo citare Frantisek Ladislav Celakovsky (1799-1852), che organizzô crestomazie e traduzioni dei canti popolari slavi,33 oppure Karel Jaromír Erben (1811-1870), il quale, sotto l'influenza dei fratelli Grimm, raccolse sia i canti, sia le fiabe del folklore, cercando le derivazioni dalla mitologia paleoslava.34 Anche Frantisek Palacky (1798-1876), fondatore della moderna storiografia ceca, credeva alla genuinità dei due manoscritti. La sua Dëjiny národu ceského (Storia della nazione ceca), nella prima edizione pubblicata in tedesco, ebbe un'influenza notevole sulla costruzione dell'identità ceca.35 Palacky accolse i manoscritti come fonti principali dell'età paleoslava. Da essi attinse per definire la sua concezione di società slava dei pri-mordi, che viveva negli ideali di comunanza e democrazia. È giusto ricordare, a questo proposito, che in gioventù Palacky tradusse in ceco i canti di Ossian (1817).36 Le dispute sui due manoscritti raggiunsero l'apice dopo la morte del patriota, con l'apparizione di Masaryk sulla scena politica, e nel 1886 iniziô un dibattito sulla genuinità dei testi, che portó al loro definitivo rigetto. Come si è detto, i due falsi rispondevano a una esigenza di ordine civile importante per raggiungere l'unità della nazione, affranta da una situazione simile a quella della Germania, divisa tra opinioni politiche e confessionali diverse. Lo storicismo romantico tedesco contribuí in modo sostanziale a indicare nel ritorno all'antica civiltà il principio di unità del popolo. E cosí fu per i cechi che compensarono la debolezza degli archetipi nazionali, e la mancanza di un'epica eroica autoctona, con i due manoscritti. Inoltre, lo sforzo di dimostrare l'indole democratica degli antichi slavi, prima dell'avvento del cri-stianesimo e del sistema feudale, indirizzó l'attenzione sui frammenti Snëmy (I raduni) e Libusin soud (Il giudizio di Libussa)?1 Nel medesimo ambito rientra la musica con i suoi antichi cantori Záboj e Lumír. Záboj incita all'unità, guida la lotta contro gli stranieri ed è paragonato al leggendario cantore Lumír: un personaggio sul quale si favoleggió prendendo a modello l'epica degli slavi del sud e i canti ossianici. Altri argomenti inerenti la musica sono complementari alle due forme di autoidentifi-cazione dei cechi, l'identità nazionale e l'identità slava. Alle figure dei cantori leggendari, nel quadro musicale paleoslavo, si accostano "le arpe dei profeti" nell'introduzione a Má vlast {La miapatria) di Smetana (Vysehrad, 1874). Il tema segna la scaturigine della Libuse 33 Dell'opera dello slavista, etnografo e traduttore Celakovsky è importante soprattutto: Slovanské národní pisnë, degli anni 1822, 1825, 1827, e il volume Mudrosloví národa slovanského v príslovích. 34 Erben, Stoprostonárodních pohádek e Id., Prostonárodní ceské pisnë a ríkadla. 35 Palacky, Geschichte von Böhmen; Id., Dëjiny národa ceského v Cechách a v Moravë. 36 Palacky, "Ossián (J. Macphersona)". In Prvotiny pëknych umëni neb Vídeñské ucené noviny. 311 frammenti furono utilizzati da Josef Wenzig (1807-1876) e Bedrich Smetana per sviluppare il soggetto dell'opera Libuse (Libussa, 1872). 50 Tomás Slavicky: Música, identitá e mitografie nazionali dei cechi nel diciannovesimo secolo smetaniana (1872), scritta seguendo il soggetto del manoscritto di Zelená Hora. Libuse originariamente era prevista per l'incoronazione di Franz Joseph I a re di Boemia.38 Dunque era stata pensata sulla linea delle opere che glorificavano la legittimità del sovrano, ricor-dandogli nello stesso tempo i suoi doveri verso il popolo. Solo più tardi, quando l'intento naufragó, l'opera fu adattata e presentata in occasione della solenne inaugurazione del Teatro Nazionale (la prima volta nel 1881 e poi, dopo l'incendio, nel 1883). Le liriche dei due manoscritti furono musicate da altri compositori, tra i quali Václav Jan Tomásek (1832)39 e Antonín Dvorák (1872).40 L'autorità di quei documenti è comprovata anche dai nomi dei personaggi41 e degli strumenti,42 usati spesso nell'onomastica delle associazioni di canto, dei circoli sportivi e letterari, per tralasciare le opere Záboj di Josef Leopold Zvonar (1862), Libusin sñatek di Frantisek Skroup (1835) e la detta Libuse di Smetana. Un altro soggetto interessante concerne l'arte visuale relativa a questa mitologia, che anima l'immagine del mondo paleoslavo.43 Un mondo figurativo nato in palese concorrenza con analoghi protagonisti dell'iconografia protogermanica (si veda il mito dei nibelunghi nei drammi wagneriani). A titolo riassuntivo si puó sostenere che nel movimento nazionale ceco convissero almeno tre paradigmi, come livelli distinti entrati a far parte della tradizione in fasi temporali diverse. Il primo è costituito dall'eredità del patriottismo preilluministico, sviluppato tra gli intellettuali cattolici; il secondo dall'identità slava cresciuta sulla base dello storicismo romantico; il terzo dal programma politico progressista, fondato sulla rilettura dell'hussitismo. Talvolta, il rivaleggiare di questi paradigmi investi anche la musica. In questa prospettiva si colloca il discorso critico su Smetana, classificato come compositore progressista e nazionale, e Dvorák, condannato invece come tradizionalista e cosmopolita. Per lungo tempo tale polemica fu interpretata anche in relazione alle teorie dei sostenitori della musica assoluta e dei fautori della musica a programma.44 Dvorák, comunque, pagó il proprio pegno all'attualizzazione della storia nazionale con l'oratorio Svatá Ludmila (Santa Ludmila, 1886), partitura con cui egli glorificó il battesimo dei cechi citando l'antico motivo sacro Hospodine pomiluj ny. Smetana, dal canto suo, concluse il ciclo dei poemi sinfonici Má vlast (Tábor, 1878) con un corale di guerra hussitico, Kdoz sú bozí bojovníci,45 che riappare nel tempo finale Blaník (1879) al posto del tema principale 38 Ottlová e Pospísil, "Smetanas Libuse. Der tschechische Historismus und die Oper des 19. Jahrhunderts", 237-248; Id., Bedrich Smetana a jeho doba. 39 Tomásek, Starozitné písne královédvorského rukopisu. 40 Dvorák, Písne na slova z rukopisu Královédvorského. 41 Záboj, Slavoj e Lumír erano i nomi frequenti delle associazioni di canto, fondate dopo il 1860 (Lumír, Brno 1864, Slavoj, Chrudim 1862, Záboj, Dvùr Králové 1861, Záboj, Pelhrimov 1862), e sportive (fino ad oggi Federazione Calcio Slavoj, Vysehrad etc.). Si vedano inoltre i periodici Lumír e Slavoj (rivista musicale). 42 Emblematica la sorte del Varyto, finto strumento paleoslavo del Rukopis Zelenohorsky. Nel diciannovesimo secolo fu stilizzato come un'arpa arcaica. Si veda anche la composizione di Leos Janácek Varyto per organo, s. a., JW 8/4. 43 Lumír, Záboj e Slavoj sono frequenti anche nella scultura monumentale; per esempio la facciata del Teatro nazionale, o la decorazione originale del ponte Palacky a Praga. 44 Il critico più severo di Dvorák fu il musicologo e più tardi politico Zdenék Nejedly (1878-1962). 45 Chi sono i combattenti di Dio. 51 De música disserenda XII/1 • 2016 e in contrasto con l'originale leggenda di san Venceslao. Altrettanto notevole la proposta di Dvorak, il quale introdusse nella Overtura Hussitica (1883)46 i due canti menzionati (il corale di guerra hussitico e il corale sanvenceslaviano), dapprima in conflitto tematico e poi in forma di riconciliazione. Un singolare luogo comune, trasversale ai paradigmi elencati, attiene alla raffigura-zione dei cechi come ineguagliabili cultori di musica. Ammessa come strumento per la ricattolicizzazione, insistendo sui canti dei padri e la fede,47 la musica, fortemente presente anche nei due manoscritti medievali con i mitici cantori Slavoj e Lumír, apparteneva pure alla nuova mitologia hussitica (si pensi alla fuga dei nemici dopo avere ascoltato il canto di guerra nella battaglia di Domažlice, 1431). L'effettiva eccezionalità dei musicisti cechi contemporanei non era più percepita solo dal punto di vista culturale e sociologico, ma da quello strettamente nazionale. Inoltre si diffuse la tesi secondo la quale tutti i popoli slavi erano straordinariamente dotati nel canto e nella prassi strumentale. Alla base di questa nomea v'è una verità inoppugnabile, vale a dire l'ammirazione per i musicisti cechi, sia come insegnanti, sia come maestri di cappella, i quali andavano ad esercitare la profes-sione soprattutto nei vicini paesi slavi sin dal diciottesimo secolo. E in effetti, grazie alla loro fama di artisti raffinati e patrioti filoslavi, i cechi diedero un aiuto straordinario allo sviluppo professionale delle orchestre di paesi come la Polonia, la Slovenia e la Croazia. Un asserto interessante sull'indole musicale dei cechi è offerto da un articolo non firmato di Karel Sabina (1813-1877) apparso sulla rivista Dalibor nel 1863. Si tratta di un elogio acritico alle innate doti musicali della razza slava, e in particolare alla priorità dei cechi nella organizzazione dell'educazione musicale: il che li rendeva in grado di assumersi l'onere di portare i fratelli delle altre regioni al loro stesso livello: Tra tutti gli slavi noi cechi siamo quelli che, quanto al numero, abbiamo più scuole elementan nei villaggi. Agli insegnanti che occupano due uffizi si impone tacitamente il dovere di insegnare la musica. Altre occasioni ed istituzioni per la superiore erudizione musicale da noi si trovano più frequentemente che in altri paesi slavi. Da noi le doti innate non sono poche, e da tutto ció emerge che i cechi superano nella musica tutta la razza slava. Date agli altri slavi le stesse materie e la stessa occasione, e lo spirito musicale, innato in tutti gli slavi, si vanterà degli stessi risultati.48 Bibliografia Čechy a Evropa v kulture 19. stoleti, a cura di Petr Čornej e Roman Prahl. Praha: Narodni galerie, 1993. Celakovsky, František Ladislav. Mudroslovi naroda slovanskeho v prislovich. Praha: Česke museum, 1852. 46 Husitská (Hussitica), ouvertura dramatica, op. 67, 1883. 47 Mañas, Hudební aktivity rnboženskych korporací, 147-177. 48 K. S. [Karel Sabina], "Néco o hudebnictví Slovanù", 129-131. Cito da Freemanová, "Slovanství v zrcadle pražsksho koncertního života, dobové hudební kritiky a literatury", 187. 52 Tomás Slavicky: Música, identitá e mitografie nazionali dei cechi nel diciannovesimo secolo __ Slovanské národnípísné. Praha: Vetterlová, 1822, 1825, 1827. Cesky lev a rakousky orel v 19. století, a cura di Zdenek Hojda e Roman Prahl. Praha: KLP, 1996. Cisty plamen lásky. Vybor z písní pobélohorskych exulantú ze Slezska, a cura di Jan Malura e Pavel Kosek. Brno: Host, 2004. Denis, Ernest. Fin de l'indépendance bohême. Paris: Colin, 1890. Erben, Karel Jaromír. Prostonárodní ceské písné a ríkadla. Praha: Pospišil, 1864. _ Sto prostonárodních pohádek a povéstí slovanskych v nárecích püvodních. Praha: Kober, 1865. Eschatologie und Hussitismus. Internationales Kolloquium, Prag 1.- 4. September 1993, a cura di Alexander Patschovsky e František Šmahel. Praha: Historicky ústav, 1996. Helan, Pavel. Duce a kacír. Literární mládí Benita Mussoliniho a jeho kniha Jan Hus, mužpravdy. Praha: Marek, 2006. ________________"Mussolini Looks at Jan Hus and the Bohemian Reformation". In Bohemian Reformation and Religions Practice, Vol. 4, 309-316. Praha: AVČR, 2002. (Disponibile online: http://www.brrp.org/proceedings/brrp4/helan.pdf). 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These two "manuscripts" (Rukopis kraloved-vorsky; Manuscript of Dvur Kralove, 1818, and Rukopis zelenohorsky; Manuscript of Zelena Hora, 1819) offered a domestic national mythology and strengthened the national identity by using the premise of an ancient cultural basis that was pre-Hussite, and thus acceptable to all. The authenticity of these manuscripts was questioned only in the 1880s, when a new form of liberal nationalism based on a political revival of Hussitism had already been consolidated. In the development of the Czech national identity during the nineteenth century, at least three different cultural history-related paradigms thus coexisted. Each expressed itself in the contemporary music. The first one proceeded from the pre-Enlightenment territorial patriotism, developed by Catholic intellectuals and founded on the continuity of the faith and language (e.g., Dvorak's Svata Ludmila; Saint Ludmilla). The second one grew from the Romantic historicism and literary fictions of the paleo-Slavonic world (Smetana's Libuse and Vysehrad; based on the Manuscript of Zelena Hora). The third paradigm grew from the new nationalist politics, based on the re-interpretation of Hussitism (Smetana's Tabor and Blanik). A locus communis between all those paradigms featured the self-identification of Czechs as ancient and extraordinary lovers of music and singing. This contemporary self-representation, together with the ideals of Pan-Slavism and Austro-Slavism, also increased the spread of Czech musicians, teachers and patriots in Central Europe and along the Adriatic coast; that is, in the regions of the Austro-Hungarian Empire inhabited by Slavic peoples. 55 De música disserenda XII/1 • 2016 GLASBA, IDENTITETA IN ČEŠKA NARODNA MITOLOGIJA V 19. STOLETJU Povzetek V 19. stoletju je češki narodni preporod doživel hitro in raznoliko preobrazbo. Sodobno zgodovinopisje je v procesu prepoznalo kulturno večplastnost, ki je vplivala na glasbo. V začetku 19. stoletja je češki narodni preporod iskal način, kako združiti različne politične usmeritve (panslavizem, avstroslavizem) in različne kulturne tradicije (katoliško in protestantsko). Problem se je razrešil z odkritjem dveh literarnih spomenikov, ki sta se zgledovala predvsem po Ossianovi literarni fikciji, južnoslovanskih junaških pesmih in zgodnjih srednjeveških epih. Ta rokopisa (Rukopis kralovedvorsky, 1818, Rukopis zelenohorsky, 1819) sta ponujala lastno narodno mitologijo in krepila zavest o nacionalni identiteti s starodavno, predhusitsko kulturno dediščino, ki je bila sprejemljiva za vse. O avtentičnosti teh rokopisov so se spraševali šele v osemdesetih letih 19. stoletja, ko se je že utrdila nova oblika liberalnega nacionalizma, osnovana na oživitvi husitskega gibanja. V razvoju narodne identitete v 19. stoletju so zato soobstajale vsaj tri različne kulturno-zgodovinske paradigme, ki so se izrazile tudi v glasbi. Prva paradigma je izhajala iz idej predrazsvetljenskega deželnega patriotizma, ki so jih razvili katoliški intelektualci in osnovali na veri in jeziku (Dvorakova Svata Ludmila), druga je zrasla iz idej romantičnega historicizma in literarne fikcije staroslovanskega sveta (Smetanovi kompoziciji Libuša in Vyšehrad, osnovani na delu Rukopis Zelenohorsky), tretja paradigma novega nacionalističnega programa pa je temeljila na reinterpretaciji husitizma (Smetanovi skladbi Tabor in Blanik). 56