Fedora Ferluga-Petronio CDU 808.63-313:262.14:808.62 Videm · ANALISI COMP ARATIV A DEi NOMI DELLA GERARCHIA ECCLESIASTICA IN SLOVENO E CROATO L'argomento di questa ricerca trae spunto da due miei precedenti lavori trattan­ti l'uno i nomi per la gerarchia ecclesiastica in sloveno, l'altro quelli per il medesimo settore lessicale in croato. II primo apparve in veste monografica (La Chiesa in Slo­vena. Analisi filologico-etimologica della gerarchia ecc!esiastica con particolare ri­guardo ai testi del Cinquecento, Centro studi storico-religiosi Friuli-Venezia Giulia, 14, Trieste 1984), il secondo in forma di articolo nella Rivista di Scienza religiose Studia Patavina (! nomi della gerarchia ecclesiastica in croato, Studia Patavina 37 (1990) l, Padova 1990, p. 97-117. Per entrambi gli studi mi e servito da traccia sia per l'apparato bibliografico che per la disposizione della materia trattata il volume del Tagliavini Storia di parole pa­gane e cristiane attraverso i tempi, Brescia 1963. II materiale lessicale e stato dispo­sto cosi nei singoli capitoli ovvero paragrafi incominciando dai termini che indicano la Chiesa e genericamente il clero, e proseguendo poi con ordine attraverso la desi­gnazione dei vari gradi della gerarchia ecclesiastica: il diacono, il cappellano, il sacer­dote, il parroco, il canonico, il vescovo, il cardinale, il papa ed infine i monaci ed i monasteri. La ricerca e stata svolta in entrambi i casi da un punto di vista diacronico iniziando dai primi documenti per risalire alla situazione linguistica odierna attra­verso tutti gli strumenti linguistici piu importanti quali dizionari, edizioni dei docu­menti antichi piu importanti, edizioni del materiale epigrafico, nonche il materiale inedito per lo SLA ( = Slovenski lingivistični atlas) e per il dizionario dell'epoca pro­testante (concessimi entrambi in visione dalla SAZU) e quello per il dizionario dello slavo ecclesiastico di redazione croata, messomi a disposizione dallo Staroslavenski zavod "Svetozar Ritig" di Zagabria. II raffronto del materiale lessicale analizzato pone subito in evidenza una note­vole quantita di punti in comune, ma anche di differenze ed addirittura di recipro­che influenze (anche se non molto frequenti) soprattutto del croato sullo sloveno. Questi rapporti di differenze e similitudini e di reciproche interdipendenze sono do­vute a vari fattori: innanzitutto ai diversi centri di irradiazione del cristianesimo in territorio etnico sloveno e croato, al sostrato linguistico al momento della cristianiz­zazione, ai contatti linguistici con i popoli limitrofi anche in epoche successive alla cristianizzazione nonche alla stessa confinanza geografka dei due popoli in questio­ne. Posiamo asserire genericamente senza soffermarci sui dettagli lessicali (per i quali rimandiamo alle conclusioni dell'articolo) che si evidenzia subito sia per lo slo­veno che per il croato una grande quantita di prestiti dal latino, soprattutto di voci dotte. Per il croato sono da collocare numericamente al secondo posto i prestiti dal greco (mediati soprattutto dallo slavo ecclesiastico e quindi molto numerosi nei do­cumenti glagolitici), mentre p.er lo sloveno questo tipo di prestiti puo dirsi quasi nul­lo. Molto forte si rivela per lo sloveno l'influsso del germanico che e assai meno evi­dente nel croato, mentre per cio che riguarda gli italianismi ed i romanismi questi si collocano addirittura al terzo posto nel croato (frequentissimi in territorio dalmato), mentre nello sloveno sono relegati unicamente a rari prestiti dal friulano. I prestiti dall'ungherese si rivelano un po' piu numerosi in croato rispetto allo sloveno. Per entrambe le lingue notiamo inoltre una notevole preponderanza di prestiti rispetto ai calchi. Se l'influsso del latino ecclesiastico era molto forte, cio non deve meravigliare, perche era la lingua ufficiale della Chiesa occidentale. II latino era altrettanto vivo nella diocesi di Salisburgo come nel patriarcato di Aquileia, i due centri missionari che cristianizzarono gli sloveni, e dominava altresi a Salona e Sirmio, le citta dopo Aquileia piu importanti per la cristianizzazione dei croati da parte della Chiesa di Roma. Ma i croati si trovarono all'incrocio di due mondi, poiche in parte cristianiz­zati anche dalla Chiesa orientale di Bisanzio, per cui l'influsso del greco e notevole, mentre per lo sloveno non ha praticamente ragione di esistere. Nello stesso modo si spiega la maggior frequenza del germanico in sloveno rispetto al croato, data l'origine germanica dei missionari, che venivano da Salisburgo. Cosi il romanzo pre­vale nella fascia costiera della Croazia per la sua natura mistilingue, mentre questo fenomeno naturalmente non si registra in territorio sloveno. 1 prestiti dall'ungherese sia in sloveno che in croato sono dovuti a ragioni di carattere soprattutto geografico. Inoltre la prevalenza dei prestiti sui calchi non deve stupire, anche se nel latino ecclesiastico i calchi linguistici sono solitamente molto numerosi, come del resto in tutte le lingue speciali di carattere piu o meno tecnico. Sara infatti doveroso precisa­re che anche presso i primi autori cristiani in latino i prestiti erano assai piu numero­si rispetto ai calchi, si pensi p.es. in latino a termini comunissimi quali angelus edd ecclesia, prestiti dal greco '&yy 8AO\;; ed ~xxA.uo la. Cio e facilmente spiegabile poi­che il calco, la traduzione cioe con mezzi linguistici propri di un termine designante un concetto del tutto nuovo ad una determinata lingua e cultura, presuppone gia una certa evoluzione linguistica. Se si osservano quindi dei prestiti cosi numerosi in una lingua evoluta come era il latino agli inizi del Cristianesimo, non ci si deve stupi­re dello stesso fenomeno linguistico nello sloveno e nel croato, in special modo per le epoche piu antiche. veno cerkev ed il croato cfkva1 appaiono gia nel primo documento della letteratura slovena ovverossia croata, cioe nei Brižinski spomeniki e nella Baščanskaploča. Di­versa sembra pero essere la loro origine. L'etimo delle consimili voci slave e comun­que molto problematico ed e stato oggetto di varie discussioni. Data la molteplicita deUe forme slavo-ecclesiastiche si sono proposte in linea generale due forme di irra­diazione, una germanica (e.gr. aat. kirihha oppure una forma pregotica* kyriko) ed una greca, un aggettivo sostantivato xup l, axo~' -ii '-ov (sott. o-:;: J10s ' owµa ecc.)2. Per quanto riguarda lo sloveno, data la forma u circuvach attestata nei Brižinski spomeniki secondo il Moszynski3 essa deriverebbe dali' a.bav. kirk6, men­tre per il croato lo Skok propende, non senza difficolta, per una diretta derivazione dal greco4 • Per designare il clero ed il chierico sia lo sloveno che il croato usano gli stessi termini k/er, klerik ovverossia k/er, klerik, presti ti dal latino ecclesiastico clerus e clericus. Le voci slovene compaiono molto tardi, appena nel dizionario del Pleterš­nik alla fine del secolo scorso, mentre quelle croate sono databili al XV e rispettiva­mente XVII secolo5 • Sotto l 'influsso dei testi slavoecclesiastici sono inoltre da citare le forme del croato antico k/fr (dal XV sec.) e klfrik (dal XIV)6 con la conservazione del passaggio di"1 > i. Per cio che concerne le denominazioni per il diacono molto semplice si presenta lo slov. diakon, presti to dal lat. eccl. diaconus. Si tratta comunque di un termine che comincia ad essere usato abbastanza tardi, nei dizionari dal Gutsmann in poi, cioe alla fine del Settecento. In epoca precedente e registrato una sola volta nella Bibbia di Dalmatin come postilla a chiarificazione di un passo degli Atti degli Apostoli (IV, 3)7. Nell'antico croato la voce e frequente sia nella forma dijakon (fino al XVIII sec.), anche dj?ikon (dal XVI sec. in poi) e dijak, djak (quest'ultima dal XV sec. in poi), rispecchianti lo slavo ecclesiastico dijakonu e dijaku, presti ti dal gr. In questo articolo gli accenti usati per Jo sloveno sono tratti fino ai termini inizianti con la lettera š dallo SSKJ, mentre i restanti in mancanza dell'ultimo volume del suddetto dizionario sono presi dallo SP. Gli accenti invece usati per il croato sono basati sull' ARj. Nel caso si riscontrasse un accento non cor­rispondente ad alcuna delle due opere citate, cio significa che si riporta l'accento indicato da un determi­nato autore. 1 Per quanto riguarda le molte varianti čakave e kajkave del termine, riportate fra l'altro da FERLUGA-PETRONIO 1990, si cf. HRASTE-ŠIMUNOVIČ 1, 104 e FINKA!, 2, 257, 262 e 263. 2 La piu completa letteratura per quanto concerne questo etimo appare nel KIP ARSKY, 247 e nell'articolo di MOSZYNSKI, Najstarsze zasiegi s1'owiariskichform obocznych* cfkyl*ciruky in Nah­ tigalov zbornik, Ljubljana 1977, 281-292. ' • 3 Cf. op. cit., 284. 4 Cf. SKOK 1, 275 e RESI VII, 182-185. 5 Cf. ARj s.v. e Mat. Diz. sl. eccf. Al XIV sec. edatabile la forma piu rara klerig (ibidem). 6 Cf.ARjs.v. 7 II dato etratto da Mat. Diz. prat. 6 1, aJ1ovoG e dal greco tardo 61, 6.xoG. Dal XVIII secolo in poi si riscontrano le forme odierne dakon e dak8. Oltre alle voci dotte dijakon e d~kon, che traggono origine a seconda dei docu­menti in cui compaiono o dal latino o dal greco, in quest'ultimo caso attraverso la mediazione dello slavo ecclesiastico, soprattutto dei documenti glagolitici, sara da registrare un altro termine, žakan, circoscritto al territorio del Quarnaro, dell'Istria e di Zara, e documentato dalle epigrafi e dalla letteratura glagolitica. Circa l'etimo di quest'ultimo termine si pensa, soprattutto per iI passaggio fonetico di. > žad un intermediario romanzo, forse al veneziano zago9 • Abbiamo fin qui notato una grande similitudine di termini e significati, le diffe­renze si notano quasi unicamente nelle mediazioni etimologiche del termine. ,II qua­dro lessicale diventa alquanto piu composito e vario per le denominazioni che ri­guardano iI cappellano, ma ancor piu per iI sacerdote ed iI parroco. Si tratta in que­sto caso non soltanto di voci dotte, ma di termini che vengono quotidianamente usa­ti dal popolo e che subirono nell'arco di un millennio, dai primi documenti scritti fi­no ai nostri giorni, notevoli mutamenti. Cosi per la denominazione del cappellano notiamo una differenza semantica fra sloveno e croato (eccezion fatta per il kajkavo). Lo sloveno kaplan che incomin­cia a venir registrato nei dizionari dal Megiser, cioe dal XVII sec., indica iI coadiuto­re del parroco10 • E' questo un prestito dal mat. kaplan il cui significato primario di sacerdote di una comunita (negli ospedali, nell'esercito, ecc.) si allarga appunto an­che a "coadiutore parrocchiale"11 • II croato invece conosce due termini distinti per queste due funzioni ecclesiasti­che, pur restando relegato un termine al contesto dialettale. II primo, kapetan, atte­stato fin dai tempi piu antichi (XIV sec.) e derivante dal lat. eccl. capellanus, indica la guida spirituale di una comunita, kaplan invece ne! dialetto kaj kavo significa uni­camente "vice-parroco"12 • Si nota in quest'ultimo caso l'influenza dello sloveno sul croato, dovuto alla vicinanza geografica. Molto vario e interessante e iI paragone fra i termini sloveni e croati che indica­no il sacerdote. Nello sloveno la voce piu diffusa per designare il sacerdote e duhov­nik. Incomincia ad essere attestata tardi, dal dizionario del Pohlin in poi, designan­do in principio semplicemente il religioso. E' destinata quindi a soppiantare iI diffu­sissimo fdr che assunse in epoca protestante una connotazione negativa nei confron­ti dei sacerdoti cattolici. Era conosciuta pero gia in epoche precedenti in forma di aggettivo sostantivato duhoven, duhovni (Krelj, Dalmatin). La sua diffusione era comunque scarsa. L'espressione duhovni 6ča "padre spirituale" risale comunque al Manoscritto di Stična (Stiški rokopis) della prima meta del XV sec. 13 8 Cf. ARj s.v. aakon e k), in Istria anche katihet, katiket. Mentre per lo sloveno non ci so no dubbi circa la derivazione diretta dal lat. eccl. catecheta, in croato il termine puo essere penetrato sia atraverso il gr. xai:nxn•nG o il lat. catecheta. Sulle coste dell'Adriatico e in uso pure il prestito dall'italiano catechista, cioe katekista4°. Sulle coste della Dalmazia e dell'Istria sono inoltre diffuse delle abbreviazioni che si pongono dinanzi ai nomi dei sacerdoti, del tutto sconosciute nello sloveno. Cosi in Dalmazia si usa don gia dal XVII sec. in poi (dun nelle Bocche di Cattaro), sotto l'influsso dell'italiano don (abbreviazione del lat. dominus). Esistono pero an­cora delle forme piu antiche dum (XII sec.), dom (dal XIV at XVIII sec.) domin (XV e XVI sec.). E' tuttora viva la forma femminile dCtmma (anche dCtvna) nel signi­ficato di "monaca, badessa"41 • Fra le epigrafi glagolitiche, soprattutto in Istria, e ampiamente attestata l'abbreviazione pre (dall'it. prete) con la variante ikava pri (che costituisce pero un hapax)42 • Anche i termini che designano il parroco si presentano molto interessanti ad un'analisi comparativa tra le due lingue. Si osserva innanzitutto l'uso contempora­neo del medesimo termine, cioe dello slov. župnik e del er. župnik, e l'influsso in questo caso del croato sullo sloveno. Lo sfoveno župnike registrato infatti molto tardi, appena nel Deutsch-slovenisches Taschenworterbuch dello Janežič nel 1867. Fino ad allora si usava fin da epoche molto antiche fdjmošter (anche nella forma farmošter dei protestanti) < mat. bav. *pharremeister significante "Pfarrer" ("par­roco"). II termine compare comunque gia nel Manoscritto di Stična, particolarmen­te ricco di termini riferentisi alla gerarchia ecclesiastica. II parroco veniva molto spesso designato semplicemente con fdr, il termine piu generico per sacerdote. La sostituzione con župnik va vista nell'ambito del processo di slavizzazione che comin­cio a diffondersi in Slovenia negli anni Settanta del secolo scorso. la paura di un'eccessiva germanizzazione lessicale faceva introdurre termini da altre lingue sla­ve: croato, russo, ceco. Questo fenomeno sostitutivo sta alla base -come avremo modo di vedere -anche di alcuni termini sloveni designanti i monaci ed i monasteri. II termine in questione e comunque molto antico e panslavo e si collega a župa, la piu antica designazione slava per il distretto di una comunita, a capo della quale 39 Cf. SKOK II, 139 e III, 182. 40 Per le forme in questione si cf. ŠETKA1 1, 126 e SKOK II, 62. 41 Per le voci relative cf. SKOK 1, 455-456, ŠETKA1 II, 47-48, ARj s.v. 42 Cf. FUČIČ, 407 e SKOK III, 61. c'era lo župan. Ma nel corso del tempo il termine župa passo dall'amministrazione civile a quella ecclesiastica ad indicare la parrocchia presso i cattolici43. Lo sloveno ed il croato hanno in comune ancora un termine designante il parro­co, pero in entrambe le lingue a livello dialettale. Inoltre in tutte e due le lingue si tratta di prestiti a seconda del territorio di diffusione, dall'ungherese o dal friulano. Cosi lo sloveno del Prekmurje conosce plevanuš/plivanuš < dall'ungh. p/ebtinos < lat. eccl. plebanus che era ufficialmente la designazione del sacerdote a capo di una plebs, una parrocchia di campagna (in contrapposizione allaparochia, parrocchia di citta). Dall'ungherese trae origine anche il kajkavo plebanoš (XVI sec.) con numero­se varianti, databili dal XV al XVII sec.: plebanus, plibanuš, prebanoš, prebanuš, pribanuš. Dal friulano plavali (ma anche plevan, plovan, cf. PIRONA, 780) trae origine plavan nella Val di Resia, ma anche tutta una serie di termini delle parlate čakave dell'Istria e della Dalmazia settentrionale: plovan, plavan, plevan, pelvan44 • Nel significato di parroco riscontriamo nel croato dialettale (Istria e Dalmezia) il termine kurat che trae origine dall'italiano curato. Questa voce e presente anche nello sloveno kurat, designa pero il cappellano di una comunita, specialmente se ac­compagnata da aggettivi quali p.es. bolniški, jetniški45 • Sempre nel litorale dalmata e registrata la voce parok (sconosciuta allo sloveno) che trae origine dal lat. parochus. I ser bi usano a loro volta paroh, derivante dal gr. napoxo~, da connettersi al verbo naptxw "somministrare, servire". In latino il grecismo parochus era l'equivalente del copiarius, dell'impiegato cioe incaricato di alloggiare e di fornire viveri per il viaggio dei funzionari statali. Anche questa e quindi una voce che passo dall'amministrazione civile a quella ecclesiastica46 . Ancora in croato una voce ormai desueta e stadbenik, di uso liturgico, che indi­ca letteralmente il pastore, colui che guida lo stado "il gregge"47 . Per completezza citeremo per entrambe le lingue anche il termine dekan, rispet­tivamente dekan, derivanti en tram bi dal lat. decanus con il quale si designa il vicarius foraneus, il sacerdote cioe che viene preposto dal vescovo a piu parrocchie48 . 4 3 Cf. ARj sotto le rispettive voci. L'etimo di župa, žitpan equanto mai controverso. Si etentato di col­ legare le voci, ma senza successo, sia con lingue indoeuropee e non indoeuropee (SKOK III, 687). 44 Per gli etimi e le forme čakave cf. SKOK II, 689, per le forme kajkave HADROVICS, 416-417. Le forme dialettali slovene sono tratte da Mat. SLA. 45 Cf. ARj s.v., SKOK II, 240-241 e SSKJ II, 532. 4 s Cf. ARj s.v., SKOK II, 610 e TAGLIAVINI, 303-304. 47 CL ARj s.v. e SKOK III, 324. 48 Cf. SSKJ 1, 335 e ŠETKA2 , 62. II quadro lessicale e assai meno vario per i termini che designano i gradi su]pe­riori della gerarchia ecclesiastica quali il canonico, il vescovo, il cardinale, il papa. Si tratta nella maggior parte dei casi di nomi tratti dalla terminologia ufficiale della Chiesa, direttamente dal latino oppure attraverso la mediazione germanica, in alcu­ni casi si nota pero pure l'influsso del greco, specialmente nei testi glagolitici. Dicesi canonico il sacerdote che viene scelto dal vescovo a far parte del capitolo sia della chiesa cattedrale o collegiale, al quale spetta di assolvere alle funzioni JPiu solenni della chiesa. II canonico, scelto dal vescovo a presiedere il capitolo, veniva chiamato anticamente, durante il medioevo, praepositus "preposto" (da cui l'italiano prevosto). Per quanto riguarda il primo termine, cioe canonico; sia lo sloveno kanonik che il croato kanonik derivano direttamente dal lat. eccl. canonicus. In sloveno il termi­ne compare dall'epoca del protestantesimo in poi, pero anche fra i protestanti e di uso raro. In croato la forma kanonike attestata nel XV sec., riscontriamo pero ka­nunik nel XIII, kanovnik dal XV al XVII sec.49 Per quanto concerne il secondo termine, cioeprevosto, sia lo sloveno che il cro­ato conoscono la voce dotta prepozit (PLET., 266) ovverossia preposit, prepozit, che trae origine direttamente dal lat. eccl. praeposituš>0 • Entrambe le lingue cono­scono comunque anche il termine che deriva da una variante del lat.praepositus, cioe propositus, ma non direttamente, bensi attraverso la mediazione del germanico. Si tratta dello slov. prOšt e del croato prošt, limitato quest'ultimo alle zone limitrofe del territorio etnico sloveno. La voce in questione trae origine dal mat. brobest, pro­best, probst (si cf. l'aat. pr6b6st < a. fr. provost a71 • Lo sl. eccl. munihu e prestito dall'aat. munich. Si tratta di un termine introdotto in terra morava dai missionari germanici e qui recepito dalla missione slava dei SS. Ci­rillo e Metodio. Ebbe vasta diffusione fra gli slavi di confessione cattolica72 • Gli sla­vi ortodossi usano invece prestiti dal gr. µovax6~ , per cui nell'antico serbo eri­scontrabile monah (fem. monahija, monahinja). L'antico croato monak e invece trauo o dal lat. monachus o dall'it. monaco, mentre il fem. monaca trae origine dall'it. monaca73 • Accanto a menih in sloveno e attestato dal dizionario dello Cigale in poi (cioe dalla seconda meta dell'Ottocento) il termine redovnik, il quale a somiglianza del gia menzionato župnik puo considerarsi un'innovazione lessicale sotto l'influsso del croato. Redovnik in croato con il corrispondente redovnica e il termine piu usuale per indicare il monaco. Si tratta di una voce di diffusione panslava da connettersi a red "ordine". In croato la troviamo attestata gia nei testi glagolitici del XIV sec., i quali conoscono anche altri termini per designare i monaci, ma redovnik e l'unico che sopravvive nella lingua odierna74 • Cosi l'antico croato conosceva crnorfzac (e crnorizica), che compare pero rara­mente nei testi glagolitici del XVI sec. sotto l'influsso dello slavo ecclesiastico črunoriz1cl, ed e caratteristica soprattutto dei documenti anticoserbi75 • Quest'espressione indica "colui che e vestito di nero": cfn "nero" e riza (anticamen­te) = "veste". Nel litorale dalmata erano diffusi inoltre ko/udar, koludrica sotto l'influsso dello slavo ecclesiastico che conosce appunto kalugeru (kalugerica), prestito dal neo-greco xaA.6y s po~ ( xaA.ouys p l i;aa), letteralmente "buon vecchio", "fe­lice nella vecchiaia". Le forme piu diffuse ne! serbocroato so no comunque kaluder, kaluderica, nell'antico serbo kaloder, kaloderica. Nella voce dalmata ko/udaril pas­saggio a > o attesta la sua particolare antichita, mentre in tutte le vod in questione il passaggio del gruppo gr > dr rispetto allo slavo ecclesiastico e dovuto probabil­mente a dissimilazione di k -g > k -d76 • Per cio che riguarda il termine designante il convento sia Jo sloveno che il croa­to usano oggigiorno Jo stesso termine samostan, rispettivamente samostan77 • Lavo­ce slovena in questione e comunque registra ta appena dallo Cigale in poi. Si tratta anche in questo caso, come abbiamo gia osservato precedentemente per redovnik, di un termine introdotto sotto l'influsso del croato. Anticamente era diffuso in sloveno 71 Cf. Mat. Diz. sl. eccl. e SKOK II, 453. 72 Per l'etimo si cf. KIPARSKY, 152, per la diffusione in territorio slavo invece BERNEKER II, 75. 73 Si cf. BERNEKER ibidem, SKOK ibidem, e ŠETKA' 1, 156-157. Per la designazione della monaca lo sloveno usa invece il termine mina < aat. nunna (Cf. BEZLAJ II, 230). 74 Cf. ARj s.v. e Mat. Diz. sl. eccl. 75 Cf. ARj, Mat. Diz. ecc/. e MIKL., Lex., 1122. 76 Cf. Mat. Diz. sl. eccl.; Sl. j. stsl. II, 8; ŠETKA1 I, 120-121 e SKOK 11, 129. 77 Cf. SSKJ e ARj s.v. dal Cinquecento in poi il termine klošter che era caratteristico -nella forma kloštar -anche nelle regioni nordoccidentali della Croazia, non solo fra i dialetti kajkavi e čakavi, ma bensi anche fra quelli štokavi. Questa antica voce, comune ad entrambe le lingue, trae origine dall'aat. k/6star m -l). Nei dialetti čakavi sono inoltre riscontrabili anche le forme mojstir e mostir81 • Per indicare l'abbate sia lo sloveno che il croato adoperano lo stesso termine opat rispettivamente opat. Si tratta di termini molto antichi, in croato e attestato ad­dirittura nella Baščanskaploča, in sioven o e registrato fin dal dizionario del Megiser in poi. L'origine di tale termine che e diffuso pure nelle lingue slave occidentali, non e del tutto chiarita. Si propone la derivazione dall'aat. *appat, ma non senza diffi­colta, poiche nell 'antico alto tedesco esiste soltanto la forma abbat82 • In croato ac­canto ai derivati opatica "badessa" e opatija "abbazia" sono da riscontrare alcune forme molto rare derivanti o dal Jatino o dall'italiano, quali abat, oppure dal Jatino abatiša ( < abbatissa) oppure dall'italiano (a)badesa e abacija83 • Per designare il superiore del convento entrambe le lingue usano il latinismo prior, rispettivamente prior, (lo sloveno anche il calco prednik, fem. prednica), co­me pure entrambe le lingue conoscono il latinismo pater con il quale si indica il mo­naco che e stato ordinato sacerdote84 • I monaci usano chiamarsi fra loro con termini quali "fratello" e "sorella" (briit e sestra/sestra/5 • Sempre al concetto di fratello e le­gato il latinismo frfitar con cui viene designato il frate appartenente ai vari ordini. Frfitar con la rispettiva abbreviazionefra (derivante dall'italianofrate) preposta al nome del monaco, e diffuso dal XIV sec. in poi a Ragusa, nella Dalmazia settentrio­nale nonche in Bosnia ed Erzegovina86 • 78 Cf. STRIEDTER-TEMPS, 151; BEZLAJ II, 47; ARj s.v. e SKOK 11, 93. 79 Cf. ARj s.v. konvenat; ŠETKA1 II, 93 e 100; SKOK III, 142. eo Cf. Sl. j. stsl. II, 186-288. 81 Cf. per le rispettive voci e gli etimi ŠETKA1 1, 148-149, Mat. e SKOK II, 453-454. 82 Cf. BERNEKER 1, 22 e BEZLAJ 11, 250. 83 Si cf. per queste voci ARj e SKOK III, 560. 84 Cf. ARj s.v. e SSKJ III, 1003 e III, 560. 85 Cf. ŠETKA1 III, 3 e 200-201. 0s Cf. ARj s.v. e SKOK 1, 529. 414 Come abbiamo gia accennato all'inizio di questo articolo i termini per la gerar­chia ecclesiastica in sloveno edin croato presentano molti punti in comune, soprat­tutto per cio che riguarda i prestiti dal latino ecclesiastico che sono piu numerosi ed investono particolarmente la sfera delle voci dotte appartenenti al linguaggio liturgi­co quali il clero, il chierico, il diacono, il decano, il canonico, la voce dotta per pre­vosto (prepozitlprepozit), il cardinale, il prelato. Ma gia fra questi termini notiamo per il croato delle varianti fonetiche.che denotano oltre che la recezione dal Jatino anche un'altra dal greco attraverso Jo slavo ecclesiastico dei testi glagolitici. Possia­mo cosi notare accanto alle forme k/er, klerik anche k/fr, kfirik oppure accanto a prezbiter anche prezviter, prozviter. In croato le voci sotto l'influsso dello slavo. ecclesiastico sono comunque le piu importanti dopo i prestiti dal latino e sono testimoni del forte legame esistente con la Chiesa Orientale. Si tratta per la maggior parte di nomi designanti gli alti gradi della gerarchia ecclesiastica oppure monaci e monasteri (jerej, arhijerej, svetite/j, episkupl, crnorizac, ko/udar, kaluder, manastir ecc.). Questo tipo di termini, fra i quali ci sono moltissimi grecismi, praticamente non esiste nello sloveno ad eccezione dijerej usato una sola volta da Krelj, da attribuire quindi alla profonda erudizione di questo riformatore sloveno. Lo stesso termine nelle forme ierolero appare come una specie di relitto dialettale (finora non sufficientemente spi~gato) nella Val di Re­sia. In questo particolare settore lessicale il croato si differenzia dallo sloveno per tutta una serie di romanismi o meglio italianismi, molti dei quali sono tuttora diffusi in Istria, lungo tutta la costa dalmata e nelle isole, testimoni dei legami storici con la Repubblica di Venezia. Si tratta soprattutto di termini che designano il sacerdote nell'espletamento delle sue varie funzioni (predikator, konfesur, sačerdot, ecc.), il parroco (p!avan nelle sue numerose varianti), i monaci ed il convento (monaka, a­bat, (a)badesa, abacija, konven(a)t ecc.) e tutta una serie di abbreviazioni reverenziali che si antepongono ai nomi dei sacerdoti e dei frati (don, dun, dum ecc.,pre, pri,fra ecc.). Queste voci sono completamente sconosciute allo sloveno che annovera fra i romanismi soltanto due prestiti dal friulano: plavan nella Val di Resia (e questo an­che il suo unico esempio in comune con il croato) e veškul/veškol, sempre nella Val di Resia. La completa assenza di italianismi nello sloveno in questo particolare set­tore lessicale eindice di un processo storico e percio anche lessicale diverso dal croa­to, maggiormente legato al mondo germanico. Cio si evince anche dall'analisi comparativa dell'influsso del germanico su que­sto tipo di termini. Si puo osservare infatti che i prestiti in tal senso sono piu nume­rosi in sloveno che in croato ed investono un po' tutto il campo semantico in que­stione, dai gradi superiori del clero (papež, škof, prošt, opat), al semplice sacerdote (far, fajmošter, pridigar ecc.), ai monaci e monasteri (menih, nuna, klošter), alla de­signazione stessa per la Chiesa (cerkev). Alcuni di questi sono comuni anche al croa­to (p. es. cfkva, kloštar, opat anticamente mnih'flmanih[), dobbiamo pero precisare che per molte di queste voci in croato l'origine dal germanico non edel tutto sicura e vengono percio proposte anche ipotesi di derivazione dal greco (p. es. cfkva) oppure dalla latinita balcanica (p. es. biskup). Possiamo osservare inoltre che molti di questi termini, caratteristici soltanto per lo sloveno (come p. es. papez) o ad entrambe le lingue (p. es. menlh/mnihl), so­no dei moravismi, cioe introdotti in terra morava dai missionari germanici prima dell'arrivo dei fratelli di Salonicco, recepiti quindi da Cirillo e Metodio e diffusi so­prattutto fra gli slavi cattolici. Si tratta, quindi, di antichi prestiti dal germanico nel­la lingua di Cirillo e Metodio, testimonianze del sostrato linguistico-culturale deHa Chiesa occidentale in terra morava. L'apporto, infine, dell'ungherese in questo particolare campo semantico e mi­nimo in entrambe le lingue, anche se notiamo qualche termine in piu per il croato, dovuto principalmente a cause di confinanza geografica. Cosi p. es. nel dialetto di Prekmurje registriamo plevanušlplivanuš e nej kajkavo plebanoš. In ogni caso l'incidenza dall'ungherese si puo definire del tutto marginale. Da non sottovalutare invece i termini formatisi nell'ambito linguistico slavo che risultano piu numerosi nel croato e riguardano soprattutto i nomi designanti il secerdote nello svolgimento di varie funzioni (p. es. svecenik, duhovnik, glagoljaš, ispovjednik, ecc.). Da notare anche due calchi per la designazione del cardinale e del convento: stožernik e samostan. Nulla di strano percio che lo sloveno si sia avvalso in epoche piu recenti, quando il processo di slavizzazione s'era fatto piu sentito, anche di croatismi. E' ben vero che l'antico far viene sostituito con duhovnik, con un ter­mine proprio che in varie forme e significati troviamo attestato dal Cinquecento in poi, masi operano pure delle sostituzioni con termini desunti dal croato: fajmošter con župnik, klošter con samostan, accanto all'antico menih comincia ad apparire redovnik. Possiamo comunque notare anche qualche influenza dello sloveno sul kaj kavo, dovuta a cause di vicinanza geografica (p. es. il kajkavo kaplan nel significato di "vice-parroco" sotto l'influsso dello slov. kapldn). L'analisi comparativa fra le due lingue in questo particolare settore della termi­nologia religiosa si presenta indubbiamente interessante non solo per capire le simili­tudini e le differenze semantiche, la minore o maggiore diffusione di certi termini (anche con significati diversi) nell'una e nell'altra lingua, e le loro reciproche in­fluenze. Essa si rivela particolarmente interessante per cogliere meglio sia l'origine sia le vie di mediazione attraverso le quali un determinato termine si e diffuso in territorio linguistico sloveno o croato oppure in ambedue. ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE ARj BERNEKER BEZLAJ BRUCKNER CIGALE Encicl.Catt. Rječnik hrvatskoga ifi srpskoga jezika, JAZU, Za­greb 1880-1975. E. BERNEKER, Slavisches etymologisches Worter­ buch, I-II, Heidelberg 1908-1913. F. BEZLAJ, Etimološki slovar slovenskega jezika, I, II-, Ljubljana 1976, 1982-. A. BRUCKNER, Stownik etymologiczny jezyka polskiego, Krak6w 1927. M. CIGALE, Deutsch-slovenisches Worterbuch, I-11, Ljubljana 1860. Enciclopedia Cattolica, Citta del Vaticano, 1948-1954. FERLUGA-PETRONIO 1984 F. FERLUGA-PETRONIO, La Chiesa in Slovenia, Analisi filologico-etimologica de/la gerarchia ece/e­siastica con particolare riguardo ai testi del Cinque­cento, Trieste 1984. FERLUGA-PETRONIO 1990 F. 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Povzetek PRIMERJALNA ANALIZA IMEN ZA DUHOVŠČINO V SLOVENŠČINI IN HRVAŠČINI Primerjalna analiza med slovenskimi in hrvaškimi imeni za duhovščino ni zanimiva samo za spozna­vanje njihove medsebojne podobnosti in različnosti ter njunih medsebojnih vplivov, temveč predvsem za boljše razumevanje izvora posameznih izrazov in jezikovnih poti, preko katerih so se zakoreninili in raz­širili na posameznih etničnih področjih. Iz primerjave med slovenskim in hrvaškim besednim gradivom ugotovimo, da je bil v tovrstnem besedišču vpliv hrvaščine na slovenščino -in sicer v omejeni obliki ­večji kot obratni vpliv, predvsem v mlajših obdobjih. Glede izvora samega besedišča imata oba jezika ve­liko skupnih izposojenk iz cerkvene latinščine, hrvaščina se odlikuje po velikem številu izposojenk iz gr­ščine, predvsem preko cerkvene slovanščine. Tovrstnega vpliva sploh ni opaziti v slovenščini, ki je pa po drugi strani pod večjim vplivom germanskih cerkvenih izrazov kot hrvaščina. Velik delež pri oblikovanju tovrstnega hrvaškega izrazja je imel romanski besedni zaklad, predvsem italijanščina. Tudi ta vpliv je v slovenščini takorekoč neopazen. Iz madžarščine sta oba jezika sprejela le nekaj besed, tako da je s te stra­ni vpliv na imena za duhovščino le obroben.