DELI/I. H, CAPODJSTRIA CAPODISTEIA TIPOGRAFI* COBOI. E PRIORA PROGRAMM A DELL’L1. SiniSlO IMUNI Dl CAPODISTRIA CA.PODISTRIA TIPOGRAFIA COBOL & PRIORA 1900. PARTE PRIMA: Fino a che punto i commediografi del rinascimento abbiano imitato Plauto e Terenzlo (parte II). — Studio del prof. G. A. Galzigna. (Vedi Programma 1898-99). PARTE SECONDA: Notizie intorno ul Ginnasio, del prof. anziano Carlo Sbuelz. Edit. Ia Direzione deli’ i. r. Ginnasio. FINO A CHE PÜNTOICOMMEBIOGBAFI BEL R1SASCIMENTO abbiano imitato Plauto e Terenzio PARTE II. Donne amate1) e giovani amanti Essendo, come abbiam detto, 1’ amore quasi il perno, intorno a cui si aggira la commedia erudita del cinquecento, questi personaggi dovrebbero comparire piü degli altri sulla scena. E dico dovrebbero perche, in quanto alle donne amate, un tal caso non si avvera sempre. Manca la giovinetta, quella che oggi si direbbe V amorosa. Una tale mancanza d spiegabilissima nella commedia latina. La fanciulla romana, per la sua vita ritiratissima, poteva dare ben poco argomento ad una commedia, e, forse ancbe, sarebbe stato indecoroso ehe schiavi, liberti od istrioni, i soli uttori nel teatro latino, sostenes-sero soltanto le parti della futura madre d’un guerriero ehe, con 1’armi alla mano, avrebbe imposto a straniere nazioni la riverenza del nome romano. Ma non perciö, se pur il fatto e identico nel teatro italiano, si puö dar ragione al De Amicis nel sostenerlo come un semplice ef-fetto dell’imitazione. La spiegazione piuttosto bisogna andarla a cercare nella identitä, delle condizioni di vita. Poichž anche il contegno della fanciulla italiana, almeno fino alla prima meta del secolo, era riserbato assai. E il madrigale del Tasso a Marfisa, figlia del principe Francesco d’ Este: „Portano 1’altre il velo“ ci dice la modestia e la pudicizia della ragazze in tempi, nei quali comparivano in pubblico soltanto „coperte da quel drappo ehe portavano in capo, di modo ehe si le poteva vedere se non un occhio“2). Ma ben presto il libero individualismo del Rinascimento produrrä, anche in questö, i suoi effetti. Marfisa non farä piü eccezione; ben presto, orfane o no, vedremo le fanciulle di buone famiglie ammesse sulla scena, come alle un po’ troppo libere e allegre conversazioni3); sentiremo le Lidie e le Laurete prima, civettando dalla finestra, lagnarsi della sorte delle donne, sacrificate in casa (Piccolomini — Ortensio II 5), quindi, con la pre-valenza deli’imitazione spagnuola, fantastica senza freno, le vedremo ') In questo proposito mi permetto di rimandare il lettore ad un mio studio piü ampio sulla Rivista Dalmatica di Zara — luglio 1899. J) M. A. Guarini — Diario, ms. citato da A. Solerti in Ferrara e la corte Estense pag. XXXVII. 3) Cfr. Castiglione: II Cortegiano Lib. III. romperla con ogni convenzione e scappare, in abiti mascliili, dalla casa paterna o dal convento, cho era allora l’educandato, in cerca dell’amato. (Cfr. Commedie degli Accademici Intronati.') II loro amore, giä si sa, resta egüalmente sensuale. La sentimentalitä romantica era ignota al cinquecento; quindi rarissime volte ci scontriamo in un amore puro e sentimentale come quello di Lelia ('Ingannati) o di Ginevra (Amor Co-stante), che avrebbe voluto piuttosto morire che eedere alle voglie di Ferrante, per quanto 1’ amasse svisceratamente. Ma piü di frequente comparisce sulla scena italiana la donna ma-ritata. Anche all’ epoca ehe le fanciulle conservavano quel contegno riserbato, tanto lodato dal Guarini, le donne, che avevano acquistata una piü spiccata individualitä, erano spesso causa di disordini nelle cittä, per le discordie con i mariti: quindi scandali e divorzi2). E non poteva essere altrimenti. Dalla rigida osservanza paterna o dal chiostro, la donna passava a marito, assegnatole dai parenti, senza ehe neppur si sognasse di cliiederle prima 1’ assenso. Cosi entrava nella vita, ed era subito circondata da tutti i perieoli d’ una societä che ammetteva per legge „che cortese donna potesse amare virtuoso spirito, senza pregiu-dicio della sua onestä“3). E da ciö alla caduta non v’era ehe un passo ; nš ci andava di mezzo la riputazione; bastava salvare le apparenze, perchž nella societä, d’ allora trionfava 1’ opinione di Rinaldo4). E qui giova rammentarci ehe la prima figura di donna reale ehe ci apparisca nella letteratura italiana, la mite e soave Francesca, e, alla fin fine, un’ adultera. Quindi le Virginie (Marito — Dolce), le quali, sebbene non peccano con 1’anima, sono tanto lontane dali’ Alcmena di Plauto (Amphitruo), donna, sopra quante vi hanuo in Tebe, fedele ed amante del marito, donna ehe cede soltanto alle seduzioni di quel birichino di Giove. L’unione col padre, degli uomini e degli dei, ehe ne ha fatto tante a quella gelosa di Giunone, onora (sfido io!) la moglie ed il marito, ma con tutto ciö allo stesso sommo Iddio, per giungere allo scopo, non bastan le astuzie di Mercurio, gli convien prendere le fattezze di Anfitrione, il quäle, giunto a conoscenza del fatto esclama: ....................me haud poenitet Si licet boni dimidium mihi dividere cum Jove! Altro ehe ilpovero Muzio del Dolce, il novello Ferondo (Boccaccio Nov. III 8), il bue ehe si lascia volgere e vilipendere come „il Calandrin di Gian Boccaccio“! Ma questo ö nulla ancora. Mancava nel cinquecento, in massima, la nozione esatta della moralitä o le donne, se virtuose, sono tali per circostanze, non, pur troppo, per convinzione e accettano volonterose il fatto compiuto. Cosi la Fulvia della Calandra (Bibiena), cosi M. Oretta nell' Assiuolo (Cecchi), cosi Lucrezia nella Mandragola (Macchiavelli), dove il ridicolo del marito, spinto fino agli estremi, diventa satira. E, se qui non abbiamo da rallegrarci in fatto di moralitä, dobbiamo tuttavia riconoscere che questo ž un dei punti piü originali ') Anche nella commedia Bandello II. 36. J) Cfr. Solerti: Op. c. pag. XLII. J) Cfr. Giraldi: Hecatommiti III. 2. ‘) Cfr. Orlando Furioso: IV. 64. della commedia italiana, uno dei punti che non ba proprio nulla che fare con la latina. Non ehe a Roma 1’ adulterio fosse stato un’ incoguita; anzi, e lo sa ognuno, nessun popolo piü corrotto del romano, e a nessuno piü necessaria una „lex Iulia de maritandis ordinibus“, di cui Orazio in quello splendido Carmen Saeculare. Ma questo era all’ etä di Augusto, etä splendida e raffinata quanto immorale; invece ali’ epoca dei due grandi poeti comici trionfavano ancora nella mater familias le virtü del buon sangue latino, e persino le seconde nozze erano vedute di mal occhio. Quindi nella commedia erano soltanto possibili Alcmena, o Fi-lomena e Panfila (Stichus di Plauto), ehe, amando sinceramente i mariti lontani da lungo tempo, si lagnano del padre, ehe vorrebbe indurle ad altre nozze .............„qui viris Tantas absentibus facit Nostris immerito iniurias Nosque ab eis volt abducere„ (15). > Cosi le donne amaie nella commedia latina sono o schiave o cor-tigiane. Nel paese ehe primo fece le leggi e i bandi1) ehe vietavano il mercanteggiar degli schiavi, la schiavitu, se mai, era ben altra cosa che in Roma, dove formava una condizione d’ esistenza. Dunque, tolta la Cassaria (Ariosto) o forse poche altre ancora, di schiave nella commedia non si puö parlare. D’ una cosa sola si valsero i commediografi italiani, in questo proposito: deli’ agnisione, e il come vedremo in appresso. Le cortigiane della commedia latina non sono le Leene ne le Aspasie greche, ne le Fulvie romane; sono della specie piü bassa e vile, intente al solo guadagno; tali sono pure nella commedia italiana, e non solo in quelle di piü servile imitazione come i Simillimi e i Lucidi; anche nell’Aretino la Talanta fa del suo meglio, perche sa ehe »la vecchiaia viene; e, come la fronte comincia ad ineresparsi, gli amori si freddano e le borse si serrano* (I. 1). Ma anche di queste donne il modello lo trovavano i commediografi nella vita reale, specie a Roma e ai tempi di Leone X2.) Le cortigiane del Dolce, che hanno piü cuore, e sentono alraeno un po’ d’affetto, ci ricordano quelle di Terenzio, ma d’altro canto le Fulvie, (Suocera — Varchi) ehe leggono di continuo il Petrarca e il Boccaccio, ci fanno pensare ad Imperia, a Tullia d’A-ragona, a Caterina di San Celso, le quali si facevano perdonare molti peccati, col presiedere — novelle Aspasie Diotime — ai colti e piacevoli ritrovi di quegli ingegni versatili, ehe agli studi piü severi sapevano disposare le serene giovialitä d’una vita elegante e geniale. Meno rarissime eccezioni (Ca^tfm-Plauto), il giovane amante si trova in ogni commedia antica; ce ne son talvolta anche due. Sono figli di famiglia, per lo piü3) tenuti sotto aspra disciplina dai genitori, ma pure trovano il modo di sodisfare alle loro voglie, a mezzo di servi astuti. Perduti dietro 1’amore di cortigiane senza coscienza, approfit- ’) Cfr. Cantu: Storia Univ. t. VI pag. 285. J) Cfr. G. Biagi: TJn’etera romana — Nuova Antologia 16 Agoato 1886. *) Nei Menaechrai p. e. — 1’abbiam veduto — 6 un giovane marito. taudo della loutananza del padre dissipano le loro sostanze in uua vita dissoluta. Ma 1’indole loro non e cattiva, almeno uella maggior parte; araano sinceramente e, dopo molti intrighi, calinata 1’ira dei padri, ottengono la fanciulla amata, riconosciuta liglia di qualchc amico di casa; oppure, se il loro amore era riposto in luogo indegno, in peni-tenza accettano per moglie uua fanciulla, scelta dal padre, o sodisfanno ad obblighi anteriormente contratti (Truculentus — Plauto). II piti dolle volte vivono oziosi nella casa paterua e assai di rado (Mercator) li troviamo occupati per 1’utile della famiglia. Stratippocles (Epidicus) e un guerriero, ma questo ci e soltanto narrato, ed egli si piace assai di piü delle imprese amorose. Lysitele (Trinumus), costumatissimo ehe bada solo ad aiutare l’araico, accenna ai giovaui Terenzio, i quali sono dotati di migliori qualitä; sono innamorati certo, ma, rispettosi verso i padri, non discendono mai ad azioni vergognose (p. e. Eschino-^de^Ai-); e cid perchž i padri sanno loro dare una piü savia educazione. I giovani italiani ritraggono piü i caratteri di Plauto. Dissoluti, spensierati, crapuloni, deliranti di sensualitä, si trovano ancb’essi spesso in mezzo a pericoli, e li scampano in seguito al rieonoscimento, corne Gian di Procida nel Boccaccio (V. 6), o senza, con una trovata spiri-ritosa, come 1’Alberto del Sacehetti (Nov. 14). Ma di queste situazioni sono piene anche le novelle deli’ epoca *). Di piü, i giovani non si ri-mettono in tutto e per tutto nelle mani dei servi, come nella comraedia latina, e sanno anche agire da se, magari trasformati in veri ladri domestici come nel Furto (D’Ambra) rubando il denaro necessario. II quäle perö non basta, come ai loro piü fortunati colleghi di Roma. In Italia la fanciulla amata non e una schiava, non e una merce, ma una fanciulla libera, tenuta sotto rigorosa sorveglianza; bisogna quindi agire di nascosto, con scaltrezza e con mille sotterfugi; bisogna almeno mo-strare serie intenzioni e venire quasi con 1’anello in mano; bisogna entrar nelle grazie d’una terza persona che appartenga alla casa o la frequenti. Ancora. Nelle cittä commerciali i giovani sono avviati al commercio; dove vi e un’universitä sono študenti, ehe, liberi, lontani dai genitori, ben presto gettano i libri in un canto per andar dietro a qualche bella, sconstrata per via e recarsi ai convegni amorosi, non perö senza aver prima ascoltata la messa. Gosi, tra le pratiche religiöse e la scalata a una finestra (Alessandro), tra un sonetto amoroso e una satira contro i professori, cui davan la baia fino in cattedra (TžiraZj-Cecchi), e peggio ancora quando questi ultimi erano sacerdoti2), terrore dei mariti, (Assiuolo), come lo scolaro lombardo del Bandello (III 57), non tradivano punto lo spirito del tempo loro. Padri e Madri di famiglia 1 padri e le madri di famiglia nella commedia latina presentano pochissima varietä. O sono teneri ed accondiscenti, o duri avari borbottoni. i) Cfr. Bandello (I. 11, II, 11, IV. 8), Giraldi I. 2, II. 3), Parabosco (I. 6). ’) A questo proposito vedi il D’Ancona in una nota assai interessante (Op. cit. II. pag. 62 nota 2. II padre e un rozzo, avaro, un contadino quasi che cura la cam-pagna e cerca di accumular denari, imponendo ogni sorta di sacrifici a sö e ai suoi1); oppure ö un mercadante ehe, dopo essersi esposto ad ogni sorta di pericoli fuori della patria, al ritorno trova le sostanze dissipate dal figlio, la casa venduta o la famiglia accresciuta d’ una nuora (Mostellaria, Trinumus di Plauto, Phormio, di Terenzio). In ogni caso ö sempre menato per il naso dai servi. fi quello che seeglie per il figlio una moglie, ehe abbia buona dote, e, quando non h ubbi-dito, infuria contro i servi e contro il figlio ..................................tibi Ostendam, erum quid sit periculi fallere Et illi patrem .... (Cistellaria — Plauto). E di queste furie di padri son piene le commedie, specialmente quelle di Plauto. Micio invece negli Adelphi (Terenzio) črede essere ufficio di buon padre piuttosto ...................consuefacere filium Sua sponte recte facere quam alieno metu. Perö questi vecchi vanno talvolta piü in lä di questi uffici e si mostrano accesi di estemporaneo amore. Se ne vedono alcuni farsi per-sino rivali dei loro figli; essi si vogliono rifare in vecchiaia dell’essere stati tenuti troppo in freno in gioventü (Mercator, Asinaria). Ma dal farle tardi Cristo ti guardi diceva la buon’anima di Beppe Giusti. Ed in simili casi i vecchi ven-gono ancora piü derisi ed ingannati; alla fine restano con l’acquolina in bocca ed in mezzo a gravi imbarazzi con la moglie, gelosa, temuta e odiata odiatrice, cui si vendettero per la dote Argentum accepi, dote imperium vendidi (Asinaria). Ma queste terribili metä, capaci di chiudere fuori di casa il marito, quando poi si tratta dei figli sono tutte zucchero; la loro superbia cade e persino col loro flagitium divantano quasi gentili (Phormio 1040 Heautontimorumenos III 5). Avari e severi o corrotti e indulgenti, imbecilli quasi sempre, argomento di trastullo in mano dei servi, sono pure, non di rado, i padri nella commedia italiana. Ai Ghirigori, agli Aridosi, ai Simoni, duri ed avari, fan liscontro quegli altri vecchi, presi da una ridicola passione per le amanti dei loro figliuoli (Stiava, Martello, Clizia), ai quali allora sono modello di ozi e di prodigalitä (Maiana). Alessio nelY Arzigogolo (Lasca) e d’accordo col figlio a gettar via il denaro: vorrebbe diventar giovane e il servo Valerio gli consiglia l’acqua dei monte Caucaso* per trargli denari, che il vecchio credulo, il quäle „ha piü dei semplice che dei procuratore“ (I. 2.) sborsa subito. Ma, scac-ciato dal figlio e dall’ amata Papera, paga altri 50 scudi per ridiventar vecchio. E che non sia esagerata la sciocchezza di questi vecchi, cor- ') II tipo piü perfetto dell’avaro c’e, ognun lo sa, nell’Aulularia di Plauto, da cui trassero tanto non solo i eommediografi dei Rinascimento, ma anche lo stesso Moliere e il nostro Goldoni. In questo proposito cfr. Ettore Piazza: II tipo deli'avaro in Plaato e nei prinolpali suoi imitatorl (Foligno 1887). bellati in cosi malo modo, ce lo assicura Ruberto nei Parentadi (Lasca); „Noi ci meravigliamo poi nella commedia se vediamo im Calandro, o un messer Nicia“, e consorti poco invidiabili certo — aggiuDgo io — ai quali non era neppure risparmiato lo strazio, ehe si risparmiö sempre ai mariti della commedia latina. In questa ancora sappiamo che il vecchio e lontano per affari com-merciali, ma nulla piü. La qualitä di mereadante invece £ posta in molto maggior luce nelle coraraedie italiane, anche in quelle che piü si accostano al modello latino. II vecchio ci parla dei suoi affari (Cassaria), ci fa sa sapere a quanto ammontiuo le sue ricchezze, lo vediamo star tutto il giorno in mercato a far molto bene i suoi calcoli (Dote) e a cavarsi egregiamente dagli impicci di dogana (Moglie). Insomma in tutti c1 ö la stoffa di quei mereadanti, per cui le citta eminentemeute commer-ciali, Genova, Firenze, Venezia, erano šalite in tanto lustro e in tauta ricchezza, quei mercacadanti ehe andavauo fnori, in lontani paesi a far la roba, per ritornare poi in patria „a far la coscienza“1) {Dote). Perciö e che, in mezzo ai loro affari, non dimenticauo i doveri religiosi p non vogliono restare neppur un giorno senza messa (Stiava II. 2). C’e di piü il dottore e il professore d’ universitä, caratteri tutto moderni, di cui in appresso, perche si confondono con un altro carattere, col pedante. E una certa originalitä non manca neppure alla vecchia padrona di casa. Intanto ha molto maggior parte ehe nella commedia latina e quindi piü campo di mostrare i suoi difetti. Curiosa, saccente, gelosa, bacchettona, pettegola, acquista talvolta anche il carattere proprio sol-tanto al vecchio latino. Cosi M. Margherita (Moglie — Cecchi) e 1’ ava-rizia ritratta al naturale. In questo caso la sempre tenera madre latina diventa il terrore anche dei figli {Športu, Pinzochera) e dei famigli; e grida, grida sempre, e peggio ancora quando e stata a confessarsi, padrona dispostica, in tutto {Ipocrito II 16). II Pedante llo detto che il padre di famiglia, quando e medico, dottore di leggi, professore, si confonde col pedante; ed e perciö che passo a parlare subito di questo tipo, cosi frequente e vario. II pedante puö esserci soltanto quando della coltura si sia arri-vati ali’ apice ed incominci la decadenza. E la cultura in Roma, ai tempi di Plauto, era ancora in basso stato; ecco perchö del pedante nella commedia latina abbiamo un solo esempio. Lido {Bacchidi-Plauto), appena entra in scena fa sfoggio del suo sapere, citando esempi antichi. Ma infine e un ottimo pedagogo, austero fin troppo forse, ehe conosce e compie il suo dovere fin quanto ö concesso a lui, povero schiavo, come tutti i precettori delle case nobili romane. L’ amore, il Piacere, la Bellezza, la Grazia, la Gioia, lo Scherzo, il Giuoco, 1’Abboccamento, il Baciamento, ehe piacciono tanto al suo alunno, son per lui divinitä >) Anche i mereadanti delle Sacre Rappresentazioni sono per lo piü usurai, volti a guadagni illeciti (Cfr. D'Ancona. Öp. cit. I. pag. 589). dannosissime; s’avvicina persino con ribrezzo alla casa delle Bacchidi, anzi, secondo lui, delle baccanti furiosissime (v. 339). E ricco di inse-gnamenti assai buoni a Pistoclero, mentre questi, pur troppo, li ap-prezza assai poco. Ma il coscienzioso maestro, pur lamentando la fatica sprecata, non cessa un istante, malgrado le minacce del discepolo (v. 116), malgrado la troppa condiscendenza del padre, causa della rovina del figlio, cui Lido altrimenti avrebbe .rectum ad ingenium bonum“ (v. 380). Non cessa e non cesserä, finche sarä vivo: Non sino neque equidem rae vivo illum corrumpi sinam (387). Prima che 1’ Aretino ci preseutasse il suo pedante, cosi trasfor-mato, ci scontriamo in un semplice Ludus nella Calcmdra, malgrado la giä notata originalitä di questa commedia nelle altre sue parti. Ma Polinico esce in una sola scena (I 2) e, visti vani tutti i suoi sforzi per ricondurre Lidio, il suo allievo, sulla buona via, so ne va, non per sempre come il Lido di Plauto, ma per ritornare, completamente tra-sfigurato, nel tipo comicissimo del pedante del sec. XVI. Gli umanisti s’ erano resi benemeriti all’ umanitä con lo scopri-mento del mondo antico, che apri le porte alla scienza moderna; e, come depositari e propagatori del sapere, erano stati posti meritevol-mente sul piedestallo dai loro contemporanei. Nel sec. XVI la stampa diffondeva le opere dei classici e quindi non si aveva piü bisogno di loro; dall’ altro canto il mondo antico era ormai tutto scoperto. Ad essi non rimaneva altro che la gloria del nome, che non bastava pero a riempire la vacuitä delle loro opere; e cosi fornivano ampio tema al ridicolo ed alla satira, e spestso erano fatti segno a beffe assai cru- deli come quel povero pedagogo del Lasca1). Come Giovambattista da San Casciano 2), sapendo appena dire poeta quae pars est, anche il pedante della commedia si črede d’ essere „uno Aristotele, un Platone, un Galeno, uno Avicenna, un Ipocrate“ e filosofeggia con sicumera in latino o in un italiano latinizzato, mescolandovi talvolta anche qualche dialetto della penisola. Abbiamo giä detto che da quell’ingegno libero deli’Aretino fu sferzato a sangue il pedante, con tutta la sua presunzione di sapere. „E con arma virum e con i libri non la cedo a nessuno“ (Marescalco II 2). Ma cid non lo salva punto dalle beffe dei servi, o, peggio an- cora, dalle busse, come nella scena, piena di vis comica, tra Manfurio e Sanguino nel Candelaio di Giordano Bruno. Auzi in questa commedia spicca piü d’ ogni altra cosa la satira ai pedanti. Oaratteristica e la scena 6 deli’ atto III: Giovanni Bernardo domanda a Manfurio l’etimo-logia della parola pedante, e Manfurio risponde: „Lubentissime voglio dirvelo, insegnarvelo, palam farvelo, insinuarvelo, declararvelo e, parti-cula coniunctiva in ultima dictione apposita, enuclearvelo, sicut, ut, velut, quemadmodum nucem Ovidianam meis coram discipulis, quo melius nucleum eius edere possint, enucleavi. Pedante vuol dire quasi pede ante, utpote quia have lo incesso prosequitivo col qual fa andar avanti ') Cfr. Cene I. 2. Cfr. pure Lasea, Cene II 7. J) Cfr. la V delle Novelle di Pietro Fortini in Raccolta di novelliert italiani — Pomba, Torino 1853. gli erudiendi pueri, vel per strictionem, artioreraque etymologiam, per perfectos, dan dans, te thesauros.“ Ma, in meno parole, uua piü giusta derivazione ce la da il pittore: pe pecorone, dan da nulla, te testa d’asino. Neppure quando e derubato dimentica il suo latino e grida: ,A1 surreptore, al surreptore, senza che alcuno l’intenda1). L’Ariosto, pregando il Bembo, .... che il puro e dolce idioma nostro, levato fuor del volgare uso tetro qual esser dee, ci ha col suo esempio mostro J). di dar lezioni a suo figlio Virginio, dice che pochi umanisti sono senza quel vizio che fe a Dio forza con che persuase di far Gomorra e i suoi vicini tristi3). Quindi nessuna maraviglia, che, malgrado il suo odio per le donne, malgrado la rigidezza delle sue sentenze, il pedante, il severo Polinico del Bibiena divenuto il Peno della Talanta (Aretino), non sia per di-suadere Armileo daH’amore e dalla liberalitä „perocchd l’uno e atto umano, 1’ altro virtü eroica; anzi che, approfittando della libera entrata che aveva nelle famiglie* si faccia mezzano egli stesso, corrompendo matrone e fanciulle e dando cosi ragione alle accuse di cui veniva fatto segno in quell’ epoca. Ma egli non se ne cura e filosofeggia, filosofeggia sempre, anche quando gli accade di scoprire i tradimenti della moglie (Filosofo V. 5 Aretino), cui, dopo il riconoscimento del proprio torto e la conseguente riconciliazione, saluta: „salve mio Simposio Platonico, mia Politica Aristotelica, mio enigmate del corporeo universo, coeterna alla venustä celeste4).“ Gli Intronati misero in scena assai spesso questo tipo; e qui si giunge al punto che la parola pedante suona vituperio. »Pedante, arci-pedante, pedante, pedantissimo; puossi dir peggio che pedante? trovasi la peggior genia?“ (Ingannati IV, 1). Guai poi se il pedante voleva far l’Apollo; gli toccava certo la sorte del Tadeo del Lasca (Cene II, 7). Ma non si tratteneva pero dal mescolare frasi latine nernmeno nelle lettere amorose (Scambl III 1). £ vero che il povero servo Trappola, che gli fa creder esser la cortigiana Soffronia una donna d’ onore, deve subir la lettura d1 un sonetto che ö modello del genere: L’ ignifer monte Etna cosi acceso non e quant’ io per voi, fulgida stella, ne la Fenice vaga, scaltra e snella, il nido implendo d' arabico incenso, per produr gli anni suoi poscia in immenso, tal flamma sente ove che ardendo quella, nuova vita adipisce e fassi bella, quant* io, mentre di voi cogito e penso. Cfr. Io studio su questa com. di A. Graf in Attraverso il cinquecento. B da notarsi che la parte del pedante nel Bruno e quella che fa poi huf-fone nello Shakespeare e forse Manfurio piü di ogni altro fu il tipo, donde in Francia Cyrano di Bergerac trasse il suo Pedant joui. 2) Orlando Furioso XLVI 15. 3) Satire VII 26-27. 4) Vedremo in appresso il soldato smargiassone, nella stessa guisa, chiamar 1’ amata ool nome degli strumenti del suo mestiere. Che tante son 1' erunne e le mie spine e tale il martir mio che torque ognora il cuor, che, se non ha sovente aita da voi, nelle cui luci s’ innamora e per la qual libenter le sostiene, actum est de mia perdita vita. Ma se ne vendica poi quando, spaventandolo a mezzo di due altri servi travestiti da diavoli, lo fa saltare dalla finestra della caraera, dove 1’ aveva consigliato d’ introdursi vestito da beccaraorto. Poi, non contento ancora, gli sa cavare qualche buon baiocco di mano e, fattolo vestirsi da guerriero, finisce col dargli di molte piattonate (Scarnbi V. 2). Talvolta incombe a lui di chiuder la commedia (Marescalco) e cosi sbriga il suo ufficio p. e. nella Turca (Loredano): „Spectatores la favola e finita et per non avere in ea trovato la licenza, putabam l’au-tore essersi scordato di farvela, quo circa egli fuit a me interrogatus de causa. Eespondit non essere necessaria. Interrogatus perchž, dixit quotiescumque tu tacerai eglino si piglieranuo il congedo sua sponte. Hoc tantum superest. Se la commedia v’ e piaciuta, datene il plauso ambabus manibus.“ Tutti gli uomini di lettere nel 500 — 1’ abbiamo giä veduto nel Filosofo — tutti, medici, avvocati, dottori, professori, filosofi erano pedanti. Se ne trovano in buon numero nelle commedie italiane senza che abbiano il riscontro nelle latine. Veramente di medici, ce n’ e uno nei Menaechmi „multilocus, gloriosus, insulsus, inutilis“. Che dica qualche parola in greco, puö essere, ma cbe ce ne sieno altri nel Curculio, nella Cistellaria, nel Poenulus e — come avverte il D’Ancona — che parlino greco „come quelli delle commedie moderne, latino“ '), non mi pare. Di avvocati ce ne sono tre nel Phormio (Terenzio), chiamati a consulta dal vechio Demifone, il quäle, udito il parere d’ ognuno, diebiara: Incertior sum multo quam dudum (459). E questo e tutto, perche in Koma di dottori e professori, di filosofi all’ epoca di Plauto non si puö parlare; i medici erano schiavi o li-berti, venuti dalla Grecia e lo studio dello leggi era la piü seria oe-cupazione letteraria dei romani, anzi la sola fino al penetrare della cultura greca ed essi, veneratori della legge per eccellenza, non erano per trar a gabbo i suoi cultori. Perciö se il pedante propriamente detto, il precettore privato, puö essere una eco, lontana e debolissima dav-vero, del Ludus delle Bacchidi, il modello di questi altri tipi affini, dobbiamo cercarlo nella vita reale, in quei vecchi padri di famiglia in-gannati dai figliuoli, beffati dai servi, dagli scolari, dai clienti, traditi dalla moglie, o in quei vecchi dai sensi aeuiti nel celibato, professionisti gli uni e gli altri, che tentano — ohime, troppo tardi! — di rifarsi della gioventü perduta tra i libri: tipi tutti questi, di cui si trovano cosi frequenti e spiccati riscontri nella novella dal Boccaccio in qua. E come nella novella, come nella Sacra Rappresentazione e nei Maggi2), cosi ') D’Ancona: Le cit. Origini I 578, in nota. In tutte le edizioni, per una lacuna dei codici, nella famosa scena della pazzia dei Menaechni, mancano alcuni versi, che doveva dire il medico Difficilissimo, ma pure possibile che qui il medico parlasse in greco; ad ogni modo la sarebbe una semplice congettura del D’Ancona. J) Vedi lo studio da par suo del D’Ancona: rLa Rappresentazione dramma-tica nel contado toscano“ in Origini ecc. II 284 e segg. anche nella commedia, pur vantandosi partigiani dell'onesto, sono se-nilmente sozzi e sguaiati; banno uu concetto altissimo della loro scienza e vanno sempre piü persuadendosi in cid per le adulazioni, ironiche, che essi prendono per buona moneta; sono sempre avari, specialmente se professori d’ Universita (Scolastica), resi tali di necessita dal piccolo salario e dalla vita nomade che facevano. Credono, come quel maestro di Orvieto ‘), di essere qualcosa davvero, gonfi del loro titolo di dottori (Trinuzio II, 4); ma sono invece degli sciocchi, zimbello d’ ognuno, come M. Nicia nella Mandragola. II dottor Necessitas della Talanta va a rimetterci anche di borsa (IV. 3. 4); e cid succede loro sempre, e peggio ancora, quando sono innamorati come 1’Ambrogio nell’Assiuolo (lo scolare del Boccaccio VIII, 8), Calandro nella Calandra (il Tofano del Boccaccio), Giansimone della Sibitta (Lasca), ehe invece deli’ amata si ha in casa Ottaviano, amante della nipote Ermellina, e da ultimo quel povero M. Maco senese della Cortigiana (Aretino), che basta bene per tutti. Ma non sempre sono cosi sciocchi, anzi talvolta sanno assai bene fare il loro tornaconto. Cosi dei dottori avvocati si lagnano nella Strega (Lasca) Bouifaccio, nella Lena (Ariosto) Bortolo; e Cleandro (Suppositi) in brevissimo tempo guadagnö 16 mila ducati. Nel Servi-giale (Cecchi) rispetto a loro si dice . . . . i puntigli dei dottor valenti son la pala con che si volta sotto-sopra la roba del mondo. Nel Negromantc sono nominati i rapaci notari che „li poveri licenziosamente in piazza rubano“. Talvolta anche prendeva 1’ abito di dottore un perdigiorno qualunque, o un giovane innamorato come Cal-limaco (Mandragola), il cui latino fa andare in sollucheri il vero dottore che esce in quell’esclamazione: Oh, uh potta di S. Puccio! Guarda come ragiona b^ne di queste cose! E non solo per burla, ma anche per bisogno si fa il ciarlatano e si cura empiricamente, o teneudo una sac-chetta piena di ricette ed estraendone una a caso, come il medico del Samaritano (Cecchi), che poi diceva: „Dio te la mandi buona“; preci-samente come mastro Guazzalletto della Rappresentazione .Sacra2). II Moro della Dote (Cecchi) si impegna d’avere in due giorni 40 uomini degni di fede, che diranno aver Federico speso 400 ducati in medicarsi, e da uno speziale un conto „ch’d piü in lä“. Nell'Ipocrito (III 6) un medico, Biondello, dopo aver parlato come tutti gli altri di se e della sua scienza ö pronto a dare il chiesto veleno a Porfiria, stendendo la mano ai sei scudi che gli son porti. Di rincontro maestro Ambrogio nell’Ammalata (Cecchi) piglia un solenne granchio e dice: „Salvo iu-dicio meliori id tengo che il mal sia grande.... et maxime quia e’ non si scopre“. Da questo carattere il Cecchi intitolö una sua commedia. Nel Medico agiscono due medici ed un notaio. II notaio ancor che sia tutto spirituale e tutto d’ anima (IV 7) non si perita di tener mano ad un indegno tranello a pro d1 Agabito. Curzio, che si occupa piü d’ amore che di medicina, quantunque giovane, piglia le busse ed b poi *) Giraldi: Ecatommiti VI 8. J) D’Aneona: Op. cit. I B80. ingannato dalla balia (V. 7). Maggior copia di ridicolo cade naturalmente silil’ altro, sul vecchio Gherardo, ehe si fa profumare dal barbiere per andare a nozze, ma e respinto, con un simulato deliquio, da Livia, cui ordina i suoi recipe. Conapera un anello falso per buono e da ultimo ha a ehe fare con gli Otto. II servo Fantino črede non esservi altro divario tra i medici e i confessori se non ehe gli uni ammazzano gli uomini, gli altri li sotterrano. In quanto alla loro avarizia ed aviditä, di cui un riscontro nella Kappresentazione di san Tommaso (D’Ancona, Op. cit. I 582 e segg.), si dice ehe i medici „non san ehe cosa sian monete piccole.“ II finto deliquio s’ ha da curare con una pittima calda sullo stomaco e il Mosca esclama: Oh per far ciö era eccellente il medico, Chč non si puö trovar la maggior pittima. II Parassita. Quando il pedante ž un precettore privato, ha qualcosa di comune col parassita latino. I parassiti in Grecia erano dapprima ministri soggetti ai sacerdoti, mantenuti, al pari di questi, dai beni del tempio '). Quindi anche i grandi vollero avere i loro parassiti, onde le loro ease si popolarono di uno sciame di clienti affamati che, in ricambio dei pranzi, spargevano a piene mani 1’ adulazione; e furono introdotti nella commedia da Alexis 2). A Roma, nelle relazioni tra patrono e cliente, il parassita era una necessitä. Non fu piü soltanto un adulatore, ma un servitore utile; non perd uno schiavo si ehe poteva anche apostrofare il suo padrone con parole tutt’ altro ehe eortesi, come nei Menaechmi (v. 486 e segg.). Per lo piü era 1’ ausiliario dei giovani amanti: sempre poi lo vediamo in caccia di pranzi e sempre si distingue per un appetito formidabile. Tale il Curculio, tale Saturione (Persa), Gelasimus (Stichus), Peniculus (Menaechmi), Artotrogus (Miles gloriosus), Ergasilo (Captivi); tale per-sino Gnatone di Terenzio (Eunuco). Ma tali sono pure Scovoletto e Sparecchia dei Simillimi e dei Lucidi; ed anche nei Suppositi deli’ A-riosto Pasifilo, ehe impreca contro 1’ avarizia e la frugalitä di Cleandro (I, 2), ha lo stesso carattere. Dulippo cerca un compagno al suo padrone per il desinare, ma non vuol saperne del parassita, perchš non ha »commissione di menargliene Tanti“ (I. 3). E per la mancata pro-messa d’un pranzo il parassita Milesio nei Capilano (Dolce) diventa nemico del suo padrone, come nei Menaechmi (III 1 e 2), e i suoi lagni sulla vita dei parassiti ricordano i Captivi (v. 75). Sguazza (Amor Costante) mangia buoni bocconi a spese di Giannino, e Scrocca (Or~ tensio) scrocca da Nastagio, da Alfonso, da Giovan-Carlo, da tutti. Finora dunque nulla di nuovo; sono i parassiti copiati dali’ antico per-sino nei nome, tutti affini tra loro, con 1’ eterne querimonie sul presente, ') Schoemann: Antichitk greche Vol. III pag. 312 — trad. Pichler, Firenze 1890 3) W. Christ: Geschichte d. griech. Litt. pg. 268 — München 1890. la petulanza, la scioperataggine, le buffonerie sul ventre digiuno, 1’ ap-petito selvaggio. E non perche noll’ Italia del cinquecento il parassitismo fosse mancato; anzi questa piaga non fu in nessun luogo mai piü frequente. Ma quello del parassita non era un mestiere per se, come in Grecia e a Roma; egli era invece un abbindolatore, un baro, un uomo di corte, un agente costituito di gradi, onorato e beffato insieme, era il pedagogo, il pedante, il buffone come ci appare nel Maggi ’) e nella novella2); ed era anche della specie di quel Ribi del Sacchetti (Nov. 49), che faceva bene i fatti suoi nelle corti dei signori lombardi e ro-magnoli, e in Firenze, dove non c’era ancora una corte, „ricorrea aleuna volta alle nozze dove pur aleuna cosa leccava“, rammentandoci in quest’ultima sua occupazione il parassita antico e scusando in parte quei suoi pari ricordati sopra. Ma il Cecchi e gli altri comici ci pre-sentano non piü il professionista, ma il parassita sotto quegli altri vari nomi, con i quali viveva in Italia ali’ epoca loro, gabbando il prossimo, assai piü furbo ed esigente deli'antico suo progenitore; e piü corrotto anche. L’Aretino al suo Ipocrito, il precursore del Tartuffo di Molišre, da il nome di parassita; e con ragione, perche allora non eran altro ehe parassiti, e della peggior specie, i colleghi di questo brutto figuro, capolavoro di sfacciataggine e di ipocrisia, ehe „mentre si prevale del-1’ umiltade apparente, conversa la religione in astuzia, predornina la roba, l’onore e gli animi altrui“ (I, 2). II Ligurio della Mandragola sembra far professione di parassitismo, ma come viene trasformato dal genio del Macchiavelli! Invece della volgaritä antica, ha qualcosa di siguorile, d’aristocratico che, in certa guisa, ricorda il Phormio di Terenzio. Perö non s’ accontenta di un solo desinare; sa fare in modo da guadagnarsi mercedi ehe gli servano per un buon pezzo. Ma scaltrissimo, come č, giammai potrebbe essere deluso dai padroni e beffato dai servi, come 1’antico; non adula mai, anzi fa avvertito Callimaco dei pericoli dei bagni, e conduce il suo ne-gozio tranquillamente, securo di se, secondo le occasioni ehe gli si presentano. Non č guidato soltanto dali’ interesse, ma anche da una certa affezione per Callimaco, e in fine della commedia, quando tutti, a spese di quella povera vittima di M. Nicia, ricevono il premio delle loro fatiche, getta un’osservazione, non certo egoistica: „Di Siro non h uom ehe ricordi ?“ II Negromante Ha un po’ del pedante, e parla latino, fa sfoggio della sua scienza, reale quasi mai, ma sempre professata, spesso creduta; un po’ del parassita, e vive a spalle dei gonzi, iugannatore ingannato, quando non gli tocca di peggio. Le scienze occulte non erano ignote agli antichi; di Locuste pul-lulava Roma al tempo dell’impero, le quali, per aviditä di lucro, davano ’) D’Ancona: Op. c. II 299. *) Sacchetti: 49, 50, 142, 162, 173, 174, 211, 212 ecc., Bandello 111 32, IV 18, 21, 24, 27, LaBca III 10. i loro responsi agli innamorati. Ma, nei primi secoli, eran cose spettanti alla religione, in mano dei sacerdoti; i Mani ed i Lari erano deitä tutelari, dalle notturne tregendo dei Lemuri bisognava fuggire: quindi la sola Mostellaria (Plauto) ci offre una scena di spiriti. L’ alchimia, come arte della trasmutazione dei metalli, comparisce appena al principio deli’era cristiana, ed il cristianesimo fu quello che diede maggiore impulso a queste scienze, aggiungendo le sue alle su-superstizioni antiche. Ed esse scienze, piü che presso gli altri popoli, erano in onore fra gli italiani del 500, contribuendovi in special modo la ricchezza della loro fantasia. Principi e repubbliche avevano i loro astrologi. Senza i responsi di costoro, non si andava al campo, non si creava un capitano, persino non si accoglieva un concistoro '). Streghe e maghi ce n1 erano in quantita, e Norcia era il luogo principale delle loro congreghe. II popolo vi credeva, come vi credeva a Roma, come vi črede ancor oggi; ma c’ h di piü: vi credevano anche i dotti. I roghi cattolici non vaievano ad estirparli, chö anzi aumentavano sempre di numero. legge naturale che, quando una credenza, una cosa qua-lunque giunge al suo eccesso, allora si sollevi la reazione. Come il delirio della latinitä aveva fatto i pedanti, cosi il delirio del sopranna-turale fece le streghe, i maghi, gli astrologi mestieranti, ehe risvegliarono la protesta. Giä il Petrarca gli schernisce; la novella pone in ridicolo le loro dottrine, e vien da se ehe la commedia li ritragga dal loro lato piü debole. Se grandissimo e il numero delle commedie italiane, in cui e ri-prodotto il motivo della Mostellaria, quante piü volte non dobbiamo cercare i raffronti nella novella! Fin nel Novellino tre maestri di negro-manzia vengono alla corte di Federigo (Nov. 17), ed assistiamo a dispute di savl astrologi (Nov. 25), che, viceversa poi, hauno molto da imparare da una semplice feminella (Nov. 33), mentre il famoso Gonnella, „il quäle fu maestro dei maestri“ (Sacchetti Nov. 220), sa cosi bene ap-profittare della credulitä della gente grossa alla fiera di Salerno (Sacchetti 201). Ci scontriamo spesso in polveri, pietre, erbe, beveraggi di virtü magica o creduti tali2), in incanti, come oggi, creduti efficaci per malattie, amori e simili3), in fantasimi, scongiurati con orazioni *), in finti indovini8), in alehimisti ladri6), in incantagioni, ehe si risolvono in male per chi vuol farle7), in negromanti che prima ingannano gli scaltri servi, ma ehe poi la ricevono doppia da quei furbacchioni, e non hanno nulla da invidiare a ser Colandrino (Parabosco I 9). Costoro per lo piü son gente venuta d’ Oriente, caldei come nel Bandello (I 36), o giudei come quel ciurmadore del Sacchetti (Nov. 219), ehe con le uova di šerpi inganna le due credule cognate. E le situazioni nella commedia sono precise. Nel Marito del Dolce un negromante di Padova puö prendere tutte le forme, specialmente quelle di marito8), per abbindolare le femmine. Negli Sciamiti del Cecchi d nominato un Malagigi, nome cosi noto nell’ epopea, di cui ‘) Cfr. Burckhardt: Op. c. II 81 e segg. — 5) Boccaccio: Decam. III 8, 9, VIII. 3, X. 5, 9. — s) Decam. VII. 3, IX. 10; Cene (Lasca) II 4, III 10; Bandello 20, 36. — *) Boccaccio VII. 1. — 5) Ser Giovanni Fiorentino VI. — 5) Cene I 5. — ’) Bandello 111 29. — 8) Cfr. 1’ Anfitrione di Plauto. non meno dotto era quell’Aristone greco dello Spirito, che aveva stu-diato sotto un calavrese, il piü sottile ingegno del mondo, ottimo sem-plicista, stillatore, alchimista ed ingegnere, ma non esercitava la sua arte, teraendo il rogo, e perchö i signori, per invidia a chi sapeva piü di loro, facevano provare quei loro articoli Dado, corda, Btanghetta e simil baie. Negli Incantesimi i due vecchi son tratti nella rete della credenza comune, e scopo di questa commedia ö, dice il Cecchi nel prologo, „di far intendere cid che sia in tutto quella egregia arte appresso al volgo semplice“, intendendo per volgo anchc „i grammatici, li prelati, i principi“, che le danno tal fede che manco assai ne danno allo Evan-gelio; ed intanto essi (i negromanti) deli’ altrui semplicitä si ridono, dando, in cambio di denari „bugie e favole“. E lo stesso Aristone, in confidenza, confessa al suo allievo che tutte Queste malie e il saper degli spiriti Oggi son baie. Tutta questa razza di gente e adunque una fra le tante specie di ciarlatani, come quei tre caratteristici tipi della Santa Barbara *), gente che approfitta della sciocchezza altrui per ritrar danaro. Gli spiritati sapevano piü d’un giudice e davano nuove di Roma, di Spagna e sin delle Indie. I rimedi contro simile arte erano filatere, caratteri, penta-coli, suffuraigi e cosi via. Nella Calandra un Rufo, tra le donne che credule sono, ha fama di essere un „nobil negromante“ e che tenga uno spirito col quäle possa fare e disfare cid che voglia. II che egli volentieri consente „percid che spesso grandissimi utili e belli piaceri con quelle semplicette ne tragge“ (II 3). Questa ipocrisia seppe sma-scherare 1’ Ariosto in quei suo spiccatissirao Negromante. Meglio che da ogni altro egli h dipinto dal servo Nibbio (II 1), che lo conosce meglio di tutti. un ignorantone di tutta forza che, sapendo mal leggere e mal scrivere, ha la sf'acoiataggine di far professione di ........................filOBOfo D’ alchimista, di medico, d’ astrologo. Gira il mondo, spacciandosi ora per greco, ora per egiziano, ora per africano, giuntando tutti, disfando case e contaminandole d’ adulteri. Sa fare ogni sorta di miracoli; di giorno notte e viceversa, fa muover la terra, va a suo piacere invisibile, sa trasformare uomini e donne in vari animali, scongiura spiriti. A questi miracoli credono tutti gli in-teressati nella commedia, che ricorrono a lui per aiuto, anzi Camillo cosi lo saluta: lo vengo a ritrovare il potentissimo Di tutti i maghi, ad inehinarmi all’ idolo Mio, cui miei voti, Offerte e sacrifwii Destino tutti; che voi la mia prospera Fortuna siete. Ah! ch’ io non posso osprimere, Maestro, quanto ho verso voi bon animo. Ed egli trae profitto dalla loro buona fede, perchd il suo esercizio h ’) Cfr. D’Ancona: Op. cit. 1 576. di mungere le borse (II 2). E buongustaio ed ingiunge a Nibbio di comperare due buone paia di capponi, ehe siano . . . Tu intendi . . . . fa ehe di grassezza colino. Le sue massime sono compendiate nel consiglio che da a Cintio (III 1). Percid, senza esitare minimamente, coprirebbe d’ infamia una donna, facendola apparir adultera, e intende di spogliar le ease dei suoi clienti. Ma alfine le sue male arti sono scoperte; e derubato persin della veste dal servo Temolo, 1’ unico ehe non gli credeva, e costretto a salvarsi con la fuga. II Lasca su questo soggetto serisse due commedie. Nella Strega Fabrizio spaccia M. Sabattina per donna che non fu mai la maggiore negli incantesimi da Circe in qua (I. 2). Nella Spiritata Maddalena si finge invasata dallo spirito Fintinnago, innamorato di lei, per sposar Giulio, aiutata in cid dalla balia e dal medico Innocenzio. Giovangualberto, ehe non sa di chi possano essere innamorati gli spiriti ehe ha in casa, non essendoci ehe la sua vecchia moglie e due serve piü brutte ehe il pec-eato (III 2), ricorre a fra Bonaventura, frate di Santa Croce, e lui e Niccodemo, che prima le ritenevano baiacce (III 2), indotti da quelli, che alla loro sciocchezza sembrano fatti, devono crederci. Uno scolare di Pisa, Albizo, ehe si fa credere negromante, li serve proprio di coppa e di coltello (I 3), iucomiuciando collo spiegar loro, meravigliati della sua scienza, esserci spiriti di diverse specie: ignei, aerei, acquatici, terrei, aurei, argentei, folletti, foraboschi forasiepi, amabili, dilettevoli, sociali (II 3), e terminando col rubare, a pro dell’amico Giulio, i de-nari a quell’ avaraccio di Giovangualberto, ehe ha la peggio. Ma tutto ciö, se e un fedele ritratto delle idee di quell’ epoca in riguardo alle scienze occulte, e anche non altro ehe materia da ridere. Invece, con criteri filosofici, combatte 1’arte magica Giordano Bruno (Candelaio), come combatte il dispotismo, la scolastica, le false auto-ritä; insomma ogni sorta di superstizioni. Bartolomeo ö un dotto, una specie di pedante; si beffa deH’amor di Bonifacio (I 3), burlato poi anche lui dallo scolare Sanguino (I 13), il quäle entra in scena can-taudo e deridendo lo studio di lui „che e uno spazzacamino, o wer ri-pezza stagni, tacconeggia padelle, o riscalda frisore“. E un truffatore come Cencio (I 12), altro alehimista suo maestro, ma infine, sotto colore d’ esser condotto in vicaria (V 3), s’ ha dieci spalmate e cinquanta staffilate e deve pagare „quanti scudi gli erano rimasti alla giornea" (V 25). il negromante — l’abbiamo accennato, ma non rileyato — si presta ancora a far 1’ intrigo a pro degli amanti, dietro un buon com-penso, acquistando cosi dei tratti d’ un altro carattere, del ruffiano. II Ruffiano. Nella commedia latina e un tipo abbastanza frequente. Lo tro-viamo, fra le altre, nel Curculio, nello Pseudulus, negli Adelphi, nel Budens, nella Mostellaria. Ha in mano la fanciulla amata e tende di a fare un buon guadagno, vendendola al maggior offerente. un uomo avido e duro „homo inhumanissimus“. Nel Rudens e detto (V 651) Fraudis, sceleris, parricidi, periuri plenissimus, Legirupa, impudens, impurus, inverecundissimus: Uno verbo absolvam: lenost .... Ma meglio che in ogni altro lnogo e earatterizzato nello Pseudulus (V. 359), „impudice, sceleste, furcifer, sociofraude, fraudolente, bombax, fraus popli, pernicies adolescentum, periure, improbe, male, legirupa....“ e chi piü ne ha, ne metta. Non cerca ehe il guadagno, non comprende 1’amore e perciö, nelle istruzioni che da alle sue schiave, dice essere una pazzia la fedeltä. Matronae, non meretricis est unura inservire amantem, insegna Scapha a Philolaches nella Mostellaria. Ma e pur eonscio delle sue qualitä e non cerca di nasconderle, anzi, con assai cinismo, con-fessa i suoi vizi. „Non lenoniumst“ dice Bullio nello Pseudulus, volendo dinotare una cosa onorevole, e, quando Simmia (V. 975) cerca un uomo „malum, legirupam, impium, periurum atque improbum“, Ballio pensa: „Me quaeritat, Nam illa mea sunt cognomenta.* Per questa sua indole e inviso a tutti; solo se possibile, ö ingannato dai giovani amanti, con l’aiuto dei servi e spesso percosso (cfr. Adelphi II 1). II ruffiano Labrax nel Rudens e accusato di aver violato il tempio di Venere: si raccoglie una quantitä di gente, il servo Trachalio e creduto, malgrado le proteste del ruffiano, il quäle e prešo, legato, custodito, mentre le schiave, che gli costano pur dei quattrini, fuggono, sicche egli stesso poi ö costretto di convenire lenones ex gaudio esse proereatos. Ita omnes mortales, siquid est mali lenoni gaudent. Ali’indole sua eorrisponde 1’aspetto, poichö egli ö una figura brutta e mal tenuta: un motivo di piü deli’ odio e del ridicolo universale. Nel Rudens e un uomo „cum raso capite, crispus, incanus, tortis supereiliis, contracta fronte;“ nel Curculio „cum conlativo ventre atque oculis herbeis“, un uomo malato, ma come lenone, non merita compas-sione, anzi i suoi stessi dolori sono oggetto di riso e di disprezzo (cfr. v. 40, 234, 494, 505). Questo personaggio cambia talvolta sesso, ma non perciö cambia natura; anzi, in questo caso, ö, per giunta, un’ an-tica meretrice e, conseguentemente al suo sesso, ciarliera e beona. Nel Curculio, subito in principio, entra in scena una tal donna, di nome Laeena.(Damiana), ubriaca, designata come multiloqua e multibiba (v. 150). Ella ne conviene, dando la colpa al sesso ..............ubi saburratae sumus Largiloquae extemplo sumus; plus loquimur quam sat est (v. 122). NelYAsinaria fa questo ufficio una madre, ne perciö d meno avida, meno disonesta, nö meno indegni insegnamenti dü alla figlia, rimprove-randola di amare chi non da e viceversa. Scusa cinicamente il suo infame contegno paragonandosi agli altri mereadanti, i quali Si aes habent, dant mercem; eadem nos disciplina utimur (201). E un tal carattere, prešo di pianta dalla commedia latina, lo troviamo pure in alcune italiane. Cosi subito nella Cassaria, Lucramo e un uomo duro che non pensa che al suo guadagno e dice alle sue schiave: . . . . Voi farete, femmine, A modo mio, se vi crepasse 1’ anima, Finche starete meco (III 3). Ž dotato di tutte le peggiori qualitä e lo riconosce, cosi da rigettare da se l’appellativo di uomo dabbene. Trappola (Cassaria III 3) cerca „un ghiottone, un perfido, un baro, un giuntatore, un ladro, bugiardo, spergiuro, falsatore di monete, mariuolo, tagliaborse, maledico, seminator di discordie e di scandali“. E Lucramo risponde: ...............Senza alcun dubbio Tu di me cerchi................ precisamente come il Ballio nello Pseudulus. Ma il giuutato e poi lui, che perde la sua roba e la cassa, ž minacciato di busse e alla falsa storiella di Fulcio (IV, 9) fugge vigliaccamente. Nel Ruffiano del Dolce egli e un uomo „coi capelli rizzi, naso schiacciato, le mascelle grandi, con due peluzzi in barba, con guardatura torta, nero come il carbone.“ II Dolce perö (atto III) gli diede anche un’ altra parte, cioe quella del Miles gloriosus: ciö non per tanto e ingannato; accusato al popolo come luterano (unica modernitä del tipo modellato sul Labrax del Rudens); quindi legato e costretto a fuggire anche lui. Nell’ Aridosia di Lorenzino dei Medici, Ruffo e almeno piü furbo; ricorre al vecchio per avere il suo denaro, e, appiccicato a Lucido »come la mignatta* (III 6), batte al sodo e non lo lascia se prima non ha i suoi denari o Livia. Ma il ruffiano, come e dipinto in queste commedie, era naturale non in Italia, ma a Koma, dove chi non sapeva o non voleva far di meglio comperava una donna, procacciandosi, a mezzo suo, il sostenta-mento. Ne vale che il Giraldi (Ecatommiti X, 4) ci presenti uno di questi „sciagurati, datisi alla peggiore maniera di vivere che si possa imaginare, che hanno per loro somma virtü 1’ essere sordi agli onesti preghi (delle donzelle che sono in loro mano), e il farsi conoscere essere il nido di tutti i vizi e di tutte le opere malvage, e che allora pietosi si tengono che sono lontani da ogni pietä“; e dico non vale, perchž la novella sembra riferirsi al tempo antico, quand’ anche ci sia qualche anacronismo, che non h cosa rara nei cinquecentisti, i quali spesso, con la disinvoltura ereditata dai secoli anteriori, confondevano 1’ antico col moderno, non possedendo ancora 1’ esatta nozione della diversitä dei tempi. Nell’Italia del 500 — come abbiam detto — le donne amate erano libere, tutto al piü un po’ scrupolose, ed i ruffiani antichi ben presto si trasformano nei fra Timotei (Mandragola), cui fan degno ri-scontro i lor colleghi della novella; oppure sono pedanti, negromanti, medici o gente di simil fatta, di cui abbiamo giä parlato; o padri d’a-more che, speculando sulla dote, acconsentono alle voglie del giovane, purche egli abbia serie intenzioni. Piü spesso ancora cede il posto alla ruffiana, che e perö affatto diversa dall’ antica, giä studiata nei Curculio e ne\VAsinaria. Quando non ci viene presentata come un1 antica pub-blica meretrice, quäle la Nastasia della Suocera (Varchi), che consiglia la cortigiana Fulvia tli menare la mazza tonda, come faceva lei „e a chi coglie s’abbia il danno* (I. 1), la mezznna š una donna ehe ap-partiene alla casa, una fantesca, una balia (Mori: Novelle VI), una parente, una istitutrico della giovane; o frequenta la casa, come la Mesa del Giraldi (Bcatommiti IX, 7), od offre ali1 uopo la propria, come la Conscienza del Parabosco (Novelle I, 7); e una vecchia vedova, talvolta di farna equivoca nella sua gioventü, ehe aiuta i giovani amanti o per affezione, o per interesse, o per 1’ una cosa e per 1’ altra. Cosi ali’ avida Lena (Suppositi), o alla Lucia (Candelaio), ehe vuole in fin dei conti esser partecipe dei frutti della pazzia di Bartolomeo, fa ri-scontro la balia della Spiritata (Lasca), la quäle, pur avendo il desiderio di guadagnar tanto da metter casa da se (IV, 1), ama la sua Maddalena cosi „frescoccia e belloccia“; o meglio ancora M. Lalmonido (Športa, Gelli), la quäle fa il suo mestiere, senza interesse, por il gusto di mi-schiarsi nei fatti altrui, quasi por šport come si direbbe oggi, perche „i vicini sono quelli ebo maritano lo fanciulle“ (I 3); o M. Sabattina (Strega, Lasca) tieno in casa sua la Violante per conto d’ Orazio e, quello che d piü, la Bia per conto di Fabrizio, a dispetto del marito e di tutti i suoi innamorati (I, 2). Ne e da meravigliarsi che questa vecchia semi-strega tenga mano a un adulterio, pur frequentando le chiese, perche, udita la messa, ella si sente „tutta scarica“ (III 5); anzi per lo piü queste donne, della risma della Pinsochera del Lasca, appartengono ad una confraternita roligiosa, vestono di bigio e, pur di guadagnare quattrini, sanno anche, tra un Pater noster ed un’Ave Maria, come l’Alvigia dell’Aretino (Cortigiana), consigliare 1’ adulterio, malgrado i loro falsi serupoli e la loro religione falsa e solamente formale. Ecco dunque 1’ ultima trasformazione del ruffiano antico, tra-sformazione assai corrispondente a quei tempi in cui le regole religiöse pullulavano, a quei tempi di strana mescolanza di bigottismo e di malvagitä, di superstiziono e di scetticismo. Ma su questo carattere, quantunque prešo tutto dalla vita reale, io non mi fermerd piü a lungo, rimandando il lettore al mio, giä citato, studio sulla Rivista Dalmatica, e riserbandomi a trattare piuttosto d1 un’ altra specie di mezzana, della fantesca, carattere pure assai piü sviluppato nella commedia italiana che nella latina: e ciö dopo di aver esaminato un personaggio impor-tantissimo, il piü importante fra tutti. II Servo. Non manca mai in nessuna commedia, nö latina, ne italiana, ne meno comune e nella commedia deli’ arte. In Plauto e uno schiavo, soggetto ai piü crudeli trattamonti del padrone '), le cui spalle sono abituate alla sferza. II famoso Homo sum: humani nil a me alienum puto (Heauton Tim. v. 25) di Terenzio, fu interpretato, erroneamente, come il grido della coscienza umana, ehe lanciasse le sue prime pallide scintille, giacchfc non d il ') Basti cfr. nei Menaechmi il monologo di Messenio Att. V sec. 4 v. 969-992. servo, ma un padrone che lo dice: Cremete, a scusa d’ essersi occupato dei fatti di Menedemo. Ma ad ogni modo, quantunque tra Plauto e Terenzio passi cosi poco spazio di tempo ed anche in Terenzio il servo resti sempre, naturalmente, uno schiavo, bisogna convenire che in que-st’ ultimo il servo e giä trattato con maggiore umanitä; non d almeno percosso sulla scena, come in Plauto. Abbiamo giä, censurato il Trissino ehe parld di emancipazione; ed in questo errore non caddero piü i eommediografi, perchž il servo del cinquecento £ libero: e qui sta la prima differenza di questo perso-naggio nella commedia latina e nell’ italiana. £l vero ehe si comperavano gli schiavi in Africa, ed anche a Venezia se ne vendevano. Nei Fantasmi (Bentivoglio) Basilio si confessa per aver comperato un negro in Venezia e il confessore lo induce a liberarlo. E, malgrado tutte le leggi e tutti i bandi delle repubbliche italiane, che — e eič> sia detto a loro onore —• vietavano il mercanteggiar di schiavi, almeno dei cristiani questo nefando traffico era in uso nel sec. XIV, e durö in Firenze fino al sec. XVI. Ma non si pud dire ehe la schiavitü in Italia fosse a quell’ epoca, universale e, molto meno, sancita dalle leggi come a Roma; anzi — s’ ö visto — la cosa avveniva contro legge e, di piü, si limitava agli schiavi turchi, circassi, tartari, e piü alle donne che agli uomini, per la ragione ehe „nel gran vuoto fatto dalle mortalitä nelle plebi citta-dine e nei campagnoli, non bastando la lusinga del poco salario a cavare dalle plebi i domestici e le fantesche, fu d’ uopo cercare nel commercio esterno la maniera di supplire alla loro raritä “2). Se ciö puö servire di scusa a certi punti della commedia italiana, nei quali, di primo acchito, ei sembra di respirare in tutto e per tutto un’ atmosfera romana, resta sempre inalterato il fatto principale, ehe il servo della commedia italiana e libero, che non e ne il Davo nö il Sosia, ma il servo italiano del cinquecento e nient’ altro, pagato per il suo servizio, e che piü si avvicina al servo moderno ehe allo schiavo romano. In quanto al suo trattamento, certo ehe siamo loutani dalla sferza che pende sempre sulle sue spalle come la spada di Damocle, ma neppur oggi la giustizia e 1’ umanitä giunsero al loro pieno trionfo; e, senza perciö disperare degli alti destini della societa umana, si pud ben asserire che, per cause molto complesse e in prima linea per 1’ im-perfezione della nostra natura, alla completa vittoria non si giungerä mai. Tanto piü si era lontani da questa nobilissima meta nel sec. XVI, avanti la proclamazione dei diritti deli’ uomo, e i padroni non si peri-tavauo di mettere ai loro servi „le mani addosso“, come confessa A-lessandra Macinghi3); specie le padrone a quelle schiavette orientali che, quantunque per lo piü brutte, davan loro talvolta gran pensiero per la fedeltä coniugale della loro forte meta e spesso anche a dirittura, come dice il Pucci in un suo sonetto, „scacco matto“. perciö che il Trafela del Lasca (Spiritata I. 1) lancia lui, con tutta franchezza, il grido di hotno sum, nel senso ehe fu iuterpretato il terenziauo, ed e alla fin fine di čarne e d’ossa, come il suo padrone; e Guagniele (II, ’) Cfr. Muratori XII pag. 186. Cfr. Zanelli: Le schiave orientali a Firenze. 3) Cfr. quella splendida pubblicazione del Treves delle genialissime confe-renze fiorentine dl oasa Ginori: .Vita ital. del 500“ pag. 475. 2) osserva che „se i padroni fossero stati prima servidori tratterebbero i famigli in altro modo che non fanno“. E ciö che talvolta poteva ca-pitare per aver battuto uno schiavo nel XVI secolo 1’ apprese ben quel Rinieri Ermizzano del Bandello (III, 21), il quäle, col fatto avvenuto nell’ isola di Maiorica, vuol dare un esempio ai napoletani che si dilet-tavano di tener schiavi e, nella lettera dedicatoria a Vincenzo Gascia, da consigli preziosi per il nostro presente assunto, facendoci — dirö cosi — toccare con mano le idee che su questo proposito dominavano in quell’epoca. „Gli uomini che tengono servidori — dice il Bandello — non possono fallire a far modestamente (sic!) sferzare i paggi, fin-chö sono piccoli e non passano i 14 o 15 anni, quando fanciullescamente errano, per ciö che le battiture sono cagione di fargli emendare e di-venire di buoni migliori, onde disse il savio Salomone (guarda un po’ ove si va a cacciar Salomone!) che chi non adopera la verga ha in odio il figliolo. Ma i servidori non si vogliono battere se non una volta, e subito pagandogli il lor servizio mandarli con Dio, e mai piü non li ripigliare. Con i Mori poi o schiavi comprati si faccia il mede-simo, per ciö che sono di pessima natura“. Del resto, tanto nella commedia latina quanto nell’ italiana, il servo e furbo e grande macchinatore di intrighi a vantaggio del giovane padrone; rare volte tien le parti del vecchio, come il Sosia di Terenzio e il Nebbia dell’Ariosto, ma in questo caso ha pochissima importanza e, sempre aspro e severo con i propri colleghi, e odiato cordialmente. Quindi nessuno potrebbe negare una rassomiglianza fra questi due tipi, anzi una rassomiglianza molto forte, tanto che gli autori stessi talvolta, prevedendo 1’ accusa di plagio, difesero 1’ originalitä del carattere, come p. e. 1’Ariosto quello di Corbo nella Cassaria. E, giacche siamo allo Ariosto, mi piace notare che le sue commedie presentano una grande varietä nel carattere dei servi. Basta studiarli nella meno originale, nella Cassaria, dove ce ne son tanti: sono ritratti, e come ben si esprime il Tirinelli ’), fanno pensare all’Ariosto, quando nella vacchetta d’ un Omero notava le corrisposte dei suoi coloni. Perö il servo ha ancora qui 1’ importanza deli’ antico, quasi; egli ordisce e conduce 1’ intrigo e trova modo di sviluppare la matassa, da lui avviluppata, in modo che tutti alla fine si trovino contenti: insomma egli fa ancora tutto. Negli altri comici questo personaggio va man mano perdendo della sua importanza. Nel Cecchi giä i giovani incominciano a fare da se, sebbene sia proprio il Cecchi che ha rilevato 1’ importanza dei servi, ma, forse, piü pensando a ciö che essi erano nel teatro latino, dove, certo assai piü che nell’ italiano, bisognava loro Col bravar, col progar, pianger, promettoro, Dir bugie, far trovati nuovi, avvolgere, Andar schifando ora uno scoglio rigido D’ un padre avaro, ora una secca pessima D’ una vecchia mascagna, or la battaglia De’ venti da’ rivali, od altri simili Casi che fanno faro il naufragio Nel mar d’ amor, sicche conduca il logno Al desiato porto, onde ne meriti Appresso del padron buon grado e premio. (Sciamiti, IV, 1). G. Tirinelli: Le commedie dell'Ariosto „Nuova Antologia“ Novembre “76. * Nel Lasca e nel D’ Ambra 1’ evoluzione č giä corapleta e nel Machiavelli il servo e a dirittnra sostituito dal parassita (Mandragola). Dunque, per ritornare al nostro primo asserto, uei servi della commedia erudita noi ricouosciarao subito i discendenti degli schiavi romani, ma essi precouizzano ancbe Brighella ed Arlecchino, in generale gli Zanni della commedia a soggetto. Molte commedie sono iati-tolate dal nome del servo, come in Plauto (Epidicus, Stichus, Pseudolus), ma nelle commedie deli’ arte quanto piü spesso non si riscontra un fatto tale? Lo schiavo romano e corrottissimo *); e conscio dei suoi vizi e se ne vanta, ma il servo italiano li esagera. Non e giunto ancora, come nella novella2), a cercare i favori delle padrone, perche altra e la sua parte, ma si vede ehe ne avrebbe la capacita; la sua passione dominante e la „beatissima taverna“ (Pinzochcra I 2) e il vino (Cas-saria III 6) e, spensierato, allegro, ridanciano com’ e, non puö essere egoista, ma, tratto da quel delirio del piacere, vizio comune ali’epoca sua, lo beve insieme con gli amici (Negromantc), pagandolo con i denari rubati al padrone. Lo schiavo latino e fedele e pronto esecutore degli ordini del suo signore, piü spesso, privo com’ e d’ ogni senso morale, per iuteresse, ma talvolta anche per affezione: e un eroe nei Captivi, dove Tyndaro e pronto a fare tutto ciö ehe piace al padrone, senza chieder spiegazione: Nam tu nunc vides pro tuo caro capite Carum offerre me meum caput (Att. 1 so. I) Baratta il nome con Filocrate, per liberarlo dalla schiavitü di Egione, il quäle per q.uesto fatto, vedendosi gabbato, lo minaccia di morte; ma egli si conforta col pensiero di aver fatto una buona azione, ^ ehe anohe morto gli ridondera a gloria. At erit mi hoc factum morluo memorabile Me meum erum captum ex servitute atque hostibus Reducem fecisse liberum in patriam ad patrem (686). Quantunque schiavo, e il vero romano, avido di gloria, che per questa stima un zero la vita: parla come un Attilio Regolo o quegli altri prodi capitani e soldati, con la virtü dei quali fu facile a Roma la conquista del mondo. Ad ogni modo — conclude — ho salvato il mio padrone e ne godo (v. 707); e si meraviglia ehe Egione s’ adiri per 1’inganno orditogli con questo scopo, presentandogli un esempio, cui il vecchio, malgrado 1’ira, e costretto di assentire: ............si quis hoc gnato tuo Tuus servos faxet, qualem haberet gratiam? (v. 712). E, sebbene sapesse di esporsi a tutti questi pericoli, una sola volta si raccomanda a Filocrate (v. 231): At memento, quando id quod voles habebis; e ciö non perche dubiti di lui, ma perchö gli uomini si dimentieano facilmente dei benefizi ricevuti. ') Gik Ferecrate dipinse la corruzione dello schiavo nella sua AouXoStSäaxaXoj. Cfr. Christ W. Gesch. d. griech. Litt. (München 1890). J) Boccaccio VII, 9 — Bandello 111, 6 — Giraldi X, 5. Lo scambio delle parti tra padrone e servo c’ e, fra le altre, nei Suppositi') (Ariosto); perd Dulippo e ua servo fedele, se si vuole, ma nulla piü; fa la volontä del padrone, senza il minimo dauno, anzi con proprio vantaggio, cogliendo cosi 1’ occasione di menare la vita gaia e spensierata dello študente; si affanna nn pochino, quaudo lo vede in pericolo, e nuli’ altro; non ha niente di speciale, e come tutti i servi della commedia italiana, i quali non giungono, ne hanno la possibilitä di giungere mai, ali’eroismo di Tyndaro; e sebbene, nella massima parte, siano fedeli ai loro padroni, pure ne parlano male assai piü spesso ehe nella latina, dove sono, in certa maniera, piü sinceri. Cosi nel Mercator il servo chiama optumus il padrone, senza ravvisarlo, mentre nella Dote (II 3) gli da della bestia, parlando con Tessa. I vecchi poi sono continuo e comune bersaglio ai servi, i quali flngono spesso di prestarsi per essi, solo per abbindolarli piü facilmente e cavar loro denari a pro dei giovani; ma il servo italiano, piü biri— chino, piü malizioso, non si terrebbe sodisfatto, se burlasse in un solo modo il vecchio, specialmente se questi ha la disgrazia d’ essere inna-morato, e vuole di piü, vuole ehe egli „sia giuoco anche agli altri“ (Arsigogolo II 6), come quel povero Calandro, di cui Pessenio (Calandra) fa un vero strazio, chiudendolo in un forziere e spaventandolo infine con la minaccia d’annegarlo, o come Costanzo (Amor Costante) ehe, travestito da magnano, sente ogni sorta d’ improperi dal servo Guerciola, il quäle puö fingere di non riconoscerlo. Lo schiavo latino invece non e cosi audace; agisce sempre con sotterfugi, timoroso della verga, perche ha la coscienza di essere cosa d’ altri: lo dichiara in quel mestissimo „tuus sum“; e non ha mai il coraggio di opporsi apertamente agli ordini del padrone, come il servo della Spiritata, il quäle non vuol rimanere in casa a cuocere, di maniera che Giovan-Gualberto č costretto di rimandare al domani la scodella. Anzi tutta questa scena (I, 1) e assai caratteristica e fa riscontro ad una novella del Giraldi (Ecatom-miti VII, 4), dove il servo addirittura correggo i vizi del padrone, ri-mordendo la sua avarizia. Ancora. Quando non pud in altra maniera aver i denari necessan, deruba i vecchi, sforzando le serrature, o egli stesso, o il padroncino per suo consiglio, o tutti e due assieme. Trafela (Spiritata) vuol de-rubare, a pro di Giulio, il vecchio „di tremila ducati d’ oro in camera serrata a chiave, ehe egli (Giulio) ha tutte contrafatte“; ed anzi hanno disegnato insieme, lui e Giulio, di „levargliene su e fargli credere ehe siano stati gli spiriti“ 2). Cosi le truffe dei giovani antichi, quella specie di anticipazione che essi prendevano sull’ ereditä paterna, con mille espedienti, ripetuti a sazietä anche nella commedia italiana, a poco a ') Cosi questa commedia viene ad essere una contaminazione, essendo ehe il travestimento del padrone da servo per giungere all’amatae prešo dali’ Eunuco di Terenzio. 5) Gik nel Dolce (Fabrizia) Fabrizio, con la scorta del servo Moro, ruba al padre un vezzo di perle e Franzino (Športa II 2) consiglia il giovane Alamanno di rubare alla madre cd impegnare certe „cal/.e rosate“ e una spada fornita d’ar-gento. E, mentre Sfuma non sa ehe consiglio dare a Gismondo (Incantesimi II 5), ehe ha bisogno di trenta scudi, Stramba trova presto il bandolo della matassa: „Rubagnene se non altro“. „E cosi farö“, gli risponde Gismondo. poco si trasformano in una vera azione criminosa, eseguita con tutte le particolaritä, punibili col codice peuale. Ed il Klein (Op. cit. I 708) nota questa trasformazione, ma forse da un punto di vista troppo ri-stretto; poiche nel Furto del D’ Ambra — a proposito del quäle il Klein fa la sua osservazione — 1’ azione principale della commedia si aggira intorno al furto, perpetrato a danno di un fratello e non del padre e col mezzo d’ una cliiave falsa. E qui mi cade in acconcio di ritornare sull’ osservazione gia fatta, ehe il servo va sempre piü perdendo della sua importauza. Tutti quegli espedienti, usati nella commedia antica per cavar denaro ai vecchi, sono escogitati dai servi, cui i giovani si affidano interamente. Nella commedia italiana non piü. Qui i servi consigliano e sono i giovani innamorati che eseguiscono, sapendo, all* uopo, anche agire da se esclusivamente, come avviene precisamente nel Furto. Dove Gismondo, che ha furato, senza il consiglio di alcuno, i drappi al fratello (I 3), sa cogliere l’oc-casione e rinserrare nel fondaco il vecchio Cornelio, dandogli ad inten-dere (III, 11) che quella fosse una entrata secreta della casa della fanciulla, ehe Cornelio amava. Sicche il povero medico e colto da Lot-tieri e sospettato d’ aver rubato lui i drappi (IV, 7), mentre Gismondo si compiace della trovata ingegnosa. Ma se cosi il servo perde della sua importanza, quando poi agisce, appunto essendo la commedia italiana piü ricca d’ intrighi, che 1’ un 1’ altro si sovrappongono, b di necessitä piü furbo, piü intelligente, piü spiritoso, piü pronto, piü depravato anche, sicche — conclude il De Amicis assai bene — „si direbbe che £ il rappresentante del popolo italiano del cinquecento, soggetto a genti di lui piü rozze, e le primeggia per ingegno.“ Non basta; a differeuza dei latini, tutti occupati a tessere 1’intrigo per il loro giovine padrone, i servi italiani, dal momento che i loro padroni san pur fare qualcosa da s£, trovano piü tempo ed agiscono anche per conto proprio. Di amori di servi abbiamo esempt nella Ca-landra, nella Spiritata, ecc. specialmente nelle commedie deli’ Aretino e degli Accademici Intronati. E casti non sono questi amori di sicuro; 1’ esempio lor dato dai padroni non poteva che renderli simili a quello di Pasqua e Perrante nol Bandello (I 17), degni 1’ una di Lucrezia, 1’ altro di Bernardino, lor degnissimi padroni. Assai strano e fuori di carattere e poi che i servi parlino talvolta di Virgilio e d’Aristotele (Negromante II 1), ma ö, del resto, spiegabilissimo in quell’ epoca di furori classici, quando il Guarini ed il Tasso stesso facevano parlare i loro pastori come tanti accademici. Assai maggior parte che nella latina, hanno le fantesche nella commedia italiana. Ed e naturale. Accompagnando esse, per lo piü, le padrone, le quali avevano, come si ö veduto, nel teatro latino una parte assai piccola, viene di conseguenza ch’ esse pure, talvolta, siano perso-naggi muti, come Dorcio nel Phormio di Terenzio. Senza contare quelle commedie nelle quali non ci sono, piccolissima parte hanno ancora le serve ne\VEunuchus e mWHeautontimorumenos di Terenzio, e in Plauto n&\YAmphitruo, nello Stichus, nella Casina. Quautunque 1’Halisca della Cistellaria abbia tanta paura della sferza della sua signora, avendo perduta la cistella e si senta giä, i brividi per le spalle (v. 425 e segg.), pure, in generale, esse sono trattate meglio dalla padrona, che non lo schiavo dal padrone e, perciö piü affeziouate e piü sincere, prendono sempre le parti di lei, quand’ essa e in lotta col marito, come la vecchia Syra del Mercator, indignatissima contro quella buona lana del suo padrone, che ha condotto in casa 1’ amica (v. 825). Quando si tratti poi delle padroncine, oltre che far loro da ruffiane, hanno per esse una vera adorazione, come nell'Andria (Terenzio) o nell’Aulularia (Plauto), dove Staphyla sopporta tutti i mali trattamenti del padrone, per salvare dall’ira paterna Phaedra, la quäle perö non esce mai sulla scena, e non fa sentire che un solo grido di dolore di dentro (v. 693). Piü spesso sono serve di ruffiane e fanno il mestiere delle loro padrone (Persa) o di meretrici e allora tanto piü fanno le mezzane, sempre in cerca di nuovi donatori: Semper datoros novos oportet quaorere (Truculentus 248) In questo caso hanno una parte maggiore, ma, viceversa poi, sca-pitano nel loro carattere, come ö naturale, e diventauo malvage, senza un bricciolo di coscienza (Mostellaria) e beone (Persa). Del rasto piü sviluppata di qualunque altra mi sembra la Misi dell1 Andria; anzi essa ha una parte assai importante. Afifezionatissima alla padroncina Glice-rium, cui chiama „anime mi“ (v. 685), iucuora Panfilo a serbarsi fedele malgrado tutti e tutto, ed e della sua exprompta malitia atque astutia (v. 723) che persin Davo ha bisogno per tessere 1’ intrigo, a pro degli innamorati. Ed ä a Misi ed a Staphyla che la serva italiana assomiglia piü che alle altre, fatte, naturalmente, quelle diiferenze che abbiamo notato fra lo schiavo e il servo. E come questi č, in certa maniera, il rüffiano del padroncino, cosi essa e la ruffiana della padroncina; ma c’ entra assai piü di frequente ed h molto meglio sviluppata che nella commedia latina, non fosse altro, per il fatto che la fanciulla amata italiana ha molta maggior parte. C’ e poi ancora un di piü, ed h che nella commedia italiana ha anche una gran parte 1’ adulterio della donna; e in questi casi, piü che mai, si rendeva necessaria una persona di casa fidatissima, affezionata ed intelligente. Quindi la serva nella commedia italiana fa, ne piü ne meno, l’ufficio ch’essa fa nella novella. Se e vecchia, e tal-volta severa, ma piü spesso assai accondiscendente, come l’Apollonia nel Furto\ se b giovane, & sempre mezzana e non di rado innamorata ella stessa. Di fantesche mezzane, che si accontentano di aiutar le padrone, ne abbiamo a bizzeffe. Tali sono lo serve della Sporta (Gelli), dei Sup-positi e della Scolastica (Ariosto), del Diamante, della Maiana, dell’ Assiuolo, dei Rivali (Cecchi), della Gelosia, dell'Arzigogolo (Lasca), cui fanno riscontro nel Boccaccio le novelle IV 10, VII 9, VIII 7; in ser Giovanni Fiorentino II 2; in Bandello I 12, 17, 53, II 54, III 20, 35, 57, 59, IV 8; in Giraldi II 3; in Parabosco 1 4, 5; in Fortini 11, dove quel gentiluomo senese »per lo essersi perso, credendo di trovarsi in inferno, si trova in un lieto paradiso“ in merito di quella buona Cate-rina, cui non viene neppur 1 idea di vantar diritti per il passato. Ma le padrone insegnano alle loro fantesche a darsi bel tempo, come di- chiara Samia nella Calandra; ‘) e se tutte erano della stoffa di costei, si pud ben conchiudore ehe il consiglio non cadeva su cattivo terreno; perö sapevano anche, con poca cortesia, sdrrare 1’ uscio in sugli occhi ai servi, loro adoratori, specialmente se erano brutti come Guagniele (Spiritata II 5), aspirando a qualche cosa di meglio e di piü fruttuoso. Fra i servi c’ h anche il ragazzo scaltro ehe abbindola gli altri e ne ride. Lo troviamo nel Miles gloriosus, ima 1' italiano ž originale; basta esaminare Farfanicchio della Strega (Lasca), ehe fa pensare al piacevole ed arguto fanciullo del Bandello (III 28). Lucrione (Miles III 2) & sol-tanto un vizioso, un volgare ubbriaeone, il quäle non sa ehe scherzare sulla sua passione; Farfanicchio, con la sua maseheraceia ehe si mette e si leva dal volto destramente, senza ehe Taddeo se ne avvegga, e piü sfrontato, piü piacevole, molto piü spiritoso. Gli da sempre, in tono canzonatorio, della „signoria vostra“ e, conoscendo bene il valore delle smargiassate di quel vigliacco, lo prepone a Orlando, a Iiodomonte, a Marte stesso (IV 2). Cosi Giannino fa la disperazione del Marescalco (Aretino), pizzica persino di latino; piglia delle busse, ma le sa anche dare; corbella tutti; trova modo di trattenere il pedante, perche gli siano attaccati dietro scoppietti di carta, e, alla retorica ira del precet-tore, risponde sfrontatamente: »Maestro le son cose ehe si usano e non importano.“ Ce ne son due, anche benissimo ritratti, nq\Y Alessandro (Stordito Intronato), dove par di assistere ad un dialogo fra due monelli delle nostre citta. Š 1’ inclita muluria insomma di Zara e di Trieste, la quäle, se spesso e molesta e assai, š altrettanto spesso cosi burlona e simpatica, e la quäle, nelle sue piccole virtü e nei suoi grandi vizi, e ancora, fra 1’ affannosa corsa della societa moderna al viver pratico e serio, che va sempre piü uniformando il carattere delle varie nazioni, e ancora una delle poche, se non 1’unica nota caratteristica tutta nostra: quella spensieratezza e giovialitä ehe formavano il substrato della vita italiana in un’ epoca, ormai per sempre caduta, epoca che non sarä stata, forse, migliore della nostra, ma ehe noi si rimpiange spesso, piacendoci, nella prosaica realtä deli’ oggi, di circondarla di tutte le idealita delle cose antiche, sempre un po’ vaghe. II soldato millantatore2) Donde ha prešo Plauto il tipo del suo Miles gloriosus, di quel bravaecio, ehe si vanta continuamente di imprese ehe non ha mai com-piute (I 1), di quel sudicione, ehe si tien tanto della sua bellezza e si črede, col suo viso, di innamorare la gente, mentre 1’ hanno in odio uomini e donne (IV, 8), ehe e lo zimbello di tutti e, da ultimo basto-nato, non reagisce ed invoca pietä (V, 1)? Perche i Romani, popolo eminentemente guerriero, erano soldati da senno, ed avevano conqui-stato il mondo col loro valore, tutt’ altro che da burla. Eppure Plauto 1’ ha pošto in scena ancora nel Poenulus, nel Curculio, nelVEpidicus, ’) Atto III scena 9. Cfr. Amor Costante (III 6), Alessandro (III 4). J) Su questo carattere vedi un bellissimo studio di O. Ribbek: Alazon: Ein Beitrag zur antiken Ethologie, Leipzig 1882. nel Truculentus, nelle Bncchides, e Terenzio ce lo dipinge pure nel Thraso AqWEuuuco ; c’ era poi anche in una commedia di Nevio, mentre Aristofane non ha questa figura. E eiö perche, nelle guerre contro i Persiani, i Greci avevano ben mostrato le loro virtü militari, le quali poi, pur troppo, dopo la battaglia di Clieronea, furono al tutto spente. E da allora in poi il soldato smargiassone, nella commedia nuova, di-venta frequentissimo. E da questa lo presero i poeti comici romani forse in tutto e non dalla vita reale? Oppure, fra il buono, come in tutte le cose e da per tutto, c’ erano anche in Roma avventurieri, ehe, per trovare una fonte di sussistenza, accompagnavano le spedizioni d’Africa, sapendo scansare i pericoli e poi, ritornati, bravavano nelle taverne, dando ampia materia da ridere ai veri soldati, ehe avevano avuto anche, forse, 1’occasione di sperimentare il loro valore? Comunque, tutti i popoli moderni hanno questo carattere, per cui Maurice Sand nelle sue Masques et boufj'ons, citato dal Reinhardstoettuer cosi si esprime: „Aucun type n’ eut autant de succčs en Europe au XVI et sur-tout au commencement du XVII siecle, que celui du capitan, tant dans la comčdie improvisče que dans 1’ autre genre. En Italie, en Espagne, en France, en Angleterre, le nombre des pieces, ou le capitan sous de noms tres diff^rents joue le primier röle, est considčrable.“ E in nessun luogo piü naturale questa figura che in Italia, dove, come in Grecia dopo Cheronea, ogni virtü militare era spenta e il soldato spagnuolo la faceva da padrone, senza aver colpo ferito, e muoveva per le strade — come ci dice l’Aretino nel prologo del Marescalco — con la berretta di traverso, la spada sospesa al fianco alla bestiale, al passo che si muove al suono del tamburo, con lo sguardo fiero, lisciandosi la barba e tagliando nel mezzo ed appiccando al contrario chiunque gli attraversasse la via. Oggi ancora nel popolo sono vivi i nomi di Capitan Fracassa, Matamoros, Capitan Spavento di Valle Inferna, tante volte senza che esso sappia cosa siano; e nel teatro delle favole rappresentative dello Scala sei volte soltanto manca questo tipo. Ed e da meravigliarsi ch’ esso manchi quasi affatto nella novella, a meno che non basti per tutti quello infamissimo del Giraldi (Ecatom-miti VIII, 7). Piü frequente e invece nella commedia erudita e I’hanno il Cecchi, l’Aretino, il Lasca. Anche qui il Capitano ha nomi terribili; vanta le sue imprese, la sua bellezza, i suoi trionfi con le donne, ma, al fatto poi, si mostra un miserabile pauroso. Come il Miles gloriosus di Plauto, ö accompagnato per lo piü dal ragazzo, il quäle lo adula e lo beft'a, quando non gli fa toccare di piü brutte ancora. Talvolta me8Cola lo spagnuolo all’ italiano, come abbiam veduto fare all’ Ignico dei Bivali (Cecchi). Spesso ü innamorato, come Sganghera (Maiana), che si vanta di rovinar le case con 1’ alito, o come il Tinea (Talanta), il quäle chiama l’innamorata „elmetto del mio capo, corazza del mio dosso, gambale dei miei stinchi, barde del mio corsiero“, seguitando cosi per tutta la scena (111, 13). Anche un miles gloriosus adattato ai tempi ed ai costumi del sec. XVI, 1’ abbiamo nel Lasca (Strega). II Tinea e un uomo da battaglione, con un cuor da dromedario, che per amor della Geva vuol andare alla guerra, ma, viceversa poi, non puö sostenere 1’elmo in testa e grida: „oliime, io son morto (III, 1)“, credendo d’ essere stato colpito da ima archibugiata, mentre Don e ehe una melarancia, scagliata nelle tempie a questo sciocco, ehe pretende di insegnare al ragazzo come si faccian certi atti di scherno dietro una persona. Ma quel furbo di Farfanicchio li sa raeglio di lui ed il pub-blico ride, e il riso si fa piü generale, quando quello scimunito procede al passo della picca, con la berretta alla tedesca, la cappa alla fran-cese, il saione alla fiorentina, il coltello alla spagnuola, le calze alla guascona, le scarpette alla romanesca, il viso alla fiesolana, il cervello alla sanese, e lo spennacchio alla giannetta. Nelle commedie degli Iutronati il capitano non manca mai, ma talvolta (Amor Costantc) il tipo viene alquanto modificato, per le con-dizioni politiche e per non urtare le suscettibilitä della Spagna; non e piü il soldato millantatore, anzi sembra godere della stima generale e viene eletto arbitro fra due parti contendenti. Neli’Alessandro pero (Piccolomini) si ritorna al tipo primiero. Anzi peggio: quantunque la sua spada non si pasce se non di cuori di capitani. e il marito ingan-nato, e proprio dal suo servo Pagiuolo, il quäle, per sopra piü, lo canzona, dicendogli: „non e generazione al mondo ch’ abbia la moglie piü onesta d’un par vostro“ (I, 6). Anzi per corbellarlo meglio, il servo si finge stolto, mostrando di credere che Venezia abbia le mura d’ acqua. E, malgrado le sue smargiassate, questo povero capitan Ma-lagigi scappa prudentemente alle sole parole un po’ acerbe di Gostanzo (V, 3). Caratteri minori Una figura tutta nuova, tolta interamente dalla vita reale e il Giudeo. Dai popoli cristiani il Giudeo era odiato cordialmente, come cro-cifissore di Cristo; anche la chiesa nelle sue orazioni lo chiama perfido. Era un intruso da per tutto, relegato nel Ghetto, donde perö, con la sua attivitä e col suo genio commerciale, a poco a poco si faceva strada; e se ciö non bastava servivasi di qualunque mezzo, anche meno onesto, pur d’arricchire, aggiungendo cosi un grande fomite all’odio tradizionale. Terribili furono le persecuzioni ch’ ebbero a subire i giudei nel medio evo, o perduran tuttavia nelle nazioni meno civili. ln Germania, come in nessun altro luogo, non partecipava del diritto pubblico, trovando solo difesa nell’ imperatore, verso una imposta da pagarsi ogni anno, nel giorno di Pasqua; solo in Venezia, relativamente, i giudei si trovavano alla manco peggio, perche mantenevano fiorente il com-mercio, caduto nelle loro mani, dopo che se ne erano ritirati gli ar-ricchiti patrizi1). Ciö non pertanto, tratto tratto, sorgeva in senato qualcuno a predicare la crociata contro di loro; ed essi riuscivano a mantenersi a forza di continui tributi, imposti arbitrariamente in caso di guerra ed anche ogni volta che si fosse trovata esausta la pubblica ') Cfr. uno studio snlla condizione degli ebrei a Venezia in Nuova Antologia. Non sono al caso di citare ne il titolo del lavoro, ne il fascicolo in cui si contiene. cassa. Se tanto facevano i governi, non e meraviglia ehe i giudei fossero il bersaglio dei monelli e del popolazzo, ehe impunemente ridevano a loro spese, tanto piü ehe v’ era in ogni luogo chi, come frate Francesco in Napoli (Bandello, I, 32), ne predicava lo sterminio. Percid essi si saranno, non di rado, incontrati coi Dolcibene e i Gian Sega (Sacchetti, Nov. 24, 190), per subire la sorte, ehe il Sacchetti augura a tutta quella razza. E guai a loro se, in massima parte, non fossero stati dotati di un certo ingegno, come quel Melchisedech, di cui ci narra il Boccaccio (I, 3), ampliando il racconto del Novellino (Nov. LXIII). Cosi nei Suppositi Dalio dice al suo ragazzo ..............se un povero Giudeo gli vien nei piedi nol terrebbono Le catene, che non corresse subito a dargli noia (III. 1) . . . . Perche gli ebrei erano fatti segno degli insulti, persino delle donne dalle finestre (Bandello III, 38). Nell’Ariosto £ ebreo anche il Negro-mante (II, 1), quel tipo che abbiamo giä studiato, quel ciurmadore simile in tutto ai suoi poco nobili colleghi del Sacchetti (Nov. 218, 219), e ehe deve poi salvarsi con la fuga. II Cecchi chiama i giudei capi gialli dal segno giallo ehe dovevano portare in testa, ma il primo giudeo ehe entra in scena, 1’ ebreo odiato e perseguitato soltanto perche ebreo, £ quello del Marescalco (Aretino), dal viso giallo e dagli occhi rossi (III, 1), come il Peretto del Bandello (III, 38), ehe era cristiano, ma che aveva assai piü deli’ebreo. £ un girovago rivendugliolo, come erano allora tutti, come sono molti adesso. Entra in scena gridando: „A chi le vendo, a chi le vendo le bagatellle, le cose belle, le mie novelle, a chi le vendo, a chi le vendo.“ E Gian-nino gli pianterebbe nei petto di tutto cuore una bella sassata, se valesse la pena di toccare i giudei. i quali erano tanto in odio alla gente, che nessuno avrebbe accettato un dono da loro, quand’ anche quello avesse avuto la virtü di far ringiovanire, per usare 1’ espressione della moglie di quel banchiere del Giraldi (Ecatommiti IV, 10). Ma ad onta di tutte le persecuzioni, e saldo nella sua fede e nella Corti-giana (Aretino) a Rosso, ehe vorrebbe persuaderlo di farsi cristiano, risponde: „Io non mi vo’ fare, io non mi vo’ fare (IV, 15).“ II Rosso poi gli ruba il saio, ma il bargello presta maggior fede al giuntatore, ehe a quel mastino di giudeo, cui tocca, per giunta, dieci strappate di corda (IV, 16). Diviso, anzi reietto dalla societä, nessuno sa il suo nome, percid egli e chiamato nella commedia semplicemente Giudeo. Si chiami Abraam o Romanello fa lo stesso; son tutti eguali; il se-gnale di giudeo e bastante perchš i putti li conoscano e tutto il di li tempestino »con iscorze di meloni e con cucuzze“ [Cortigiana IV, 15); questo e il loro destino. II contadino fu in tutti i tempi 1’oggetto della satira piü atroce; sempre i cittadini furono larghi di scherni e di mali trattamenti verso chi, col suo sudore, fornisce loro gli elementi primi della esistenza. Fin da Plauto gli epiteti con i quali viene apostrofato, sono: impudens, villice haud magni pretii (Gasina 97). Stratullace nei Truculentus b un uomo selvaggio, violento, un rozzaccio insomma; h anzi la rozzezza personificata, Rus merum hic quidemst' dice Astafia (v. 272). Giura per il suo sarcbiello (v. 279), come il pedante e il soldato millautatore per gli strumenti del loro mestiere; fa paragoni, tolti dalla vita campestre (v. 271 e seg.); e affeziouatis-simo al padrone e minaccia la cortigiana, ehe lo rovina: Erilis noster filius apud vos Strabax Ut pereat, ut eum inliciatis in malam crucem (v. 300) anzi e tanto affezionato ehe Astafia stessa esclama: at pol ero benevolens visust suo (319). Insomma, tolta la caratteristica deH’estrema rozzezza, e ne piü ne meno ehe lo schiavo fedele, e tanto piü fedele e affezionato quanto piü semplice e rozzo. Cosi poteva essere il contadino romano, ma non e certo il contadino italiano. In Italia, il paese dei frizzi, dei motti, delle burle, il contadino doveva, piü che in ogni altro paese, far le spese della giovialitä altrui, perche fu, sempre e da per tutto, nei costumi e nelle abitudini degli abitanti delle cittä fare „i brutti scherni dei rustici incauti“, come si lagna Tirsi nell'Aminta del Tasso; anzi, per la sua selvatichezza, il contadino era soprannominato märtore (Novellino 80) e, quando veniva in cittä, non gli si risparmiavano mai le beffe e le bastonate, perche c’era persino un proverbio: „Batti villano et ara’lo per amico“ (Sac-chetti 168). Cosi saccesse appunto a quel villano dei Novellino (Nov. 88) ch’ era venuto in cittä, per comperare un farsetto, e fu invece sco-pato con corregge, nudo, per tutta la contrada; cosi all’Atticciato (Sac-chetti 168), che crede ancora di dover donare due paia di papari a mastro Gabbadeo; cosi a quell’ altro dei Sacchetti (Nov. 215), a quel semplicione, buono solo a starsi nelle zolle; cosi a quello dei Fortini (Nov. 8) e a Biagio nel bei Mister di Biagio contadino ') (prologo) una farsa, nelle forme dei dramma sacro, che vive ancora nella tradi-zione popolare veneziana2), e che risale al principio del secolo XVI, „dove, leggendo, si ode come Biagio perde miserabilmente la sua vita per una grasiosa burla (la cliiama graziosa lui!), fattagli da certi gio-vani travestiti. Ma per quanto semplice, Biagio ci tiene assai al suo albero di ficlii ed e cupido, come sono tutti i contadini di quegli in-frammessi3) di cui si piacevano gli autori dei drammi popolari. Ne • da meravigliarsene, essendo gente questa, che doveva vivere il piü dei tempo di castagne, sempre con la paura dei bargello, che togliesse loro 1’ asino o il bue, mentre a casa la moglie e i figlioli piangevano per fame. Perciö si lagnano spesso dei padroni, i quali, mentre essi, carichi di gravezze e di fame, sudano col sarchiello e con la zappa, raccolgono cid che v’e di buono, standosi a meriggiare; e devono quindi talvolta esagerare i loro mali e giocar d’ astuzia. Cosi quello dei Sacchetti (Nov. 88), che, con una piacevolezza salva una sua vigna che risicava *) Cfr. D’Ancona: Op. eit. II 54-58. ’) Cfr. Bernoni: Tradizioni popol. ven. — Venezia, Antonelli 1855 pag. 17. 3) Cfr. D’Ancona: Op. cit. I 602 e seg. II 54 e segg. di perdere; o quell’altro (Nov. 185), il quäle usa un sottile accorgi-mento contro un famigliare del re, perche questi gli voleva torre quello che il re aveva ordinato di dare a lui, e il famigliare s’ha venticinque bastonate; o quello del Fortini (Nov. 12), il quäle, cou un bon mot, salva 1’ onore della sua donna. Anzi, siccome da questo lato aveva raolto da temere dal suo padrone, talvolta si vendica, rendendogli la pariglia, come Antonello (Bandello I, 53), ehe si finge un sempliciotto, mentre sa benissimo il fatto suo e ricorda il Pirro del Boccaccio (VII, 9). Tale ž pure il carattere del contadino nella commedia erudita, quelle poche volte che apparisce: h cioe il contadino del secolo XVI, colto sul fatto, ritratto dal vero, e non ha nulla ehe fare con Stratullace. II villano Scrocca nella Tdlanta (Aretino), il quäle col suo norae ricorda piuttosto il parassita e ne lia anche una fräse (I, 3), ha piü del ser-vitore scaltrito e piacevole ehe del contadino, ma il Lasca, nel suo Arzigogolo, rileva assai questo carattere. Lo chiamano cosi, ma il suo noine e Beco di Meio di Nanni dal Montale (IV, 7). Ž un furbacchione, che sa molto bene far da matto, e lo sa il vecchio procuratore Alesso, ehe ne piglia la parte sua; e anziche mostrare per il suo padrone la devozione incondizionata del contadino romano, si lagna di lui e dei procuratori, „certi ser arrabbiati“. Ha una maledetta paura del grava-mento, e ben lo sa ehe cosa sia la sua Bartola, „ehe 5 stata pegnorata dal messere dieci volte con i loro (dei procuratori) ceteroni (IV, 7).“ Par di sentire il contadino d’ oggi; tanto ö vero che il mondo ö stato sempre ad un modo. Del resto Arzigogolo sa fare molto bene la sua parte presso il giudice, ma il male per Alesso e ehe egli continua a fischiare anche quando dovrebbe dargli i due scudi per la difesa, e, fischiando, se ne va. Al carattere del giudeo e del contadino si congiungono i cuochi, i fornai, i valletti, gli aguzzini, gli usurai, gli strozzini, i banchieri, i sicofanti, i parabolam, le suonatrici di tibie, i pifferi, i facchini, le ri-vendugliole, gli zingani, gli impostori, i cagnotti, i birri, i ladri, i bari, i furfanti, i manigoldi, i cavallari, i banditori, i pizzicagnoli, i magnani, gli staffieri, gli istrioni, i messi, gli zanaiuoli, i buffoni e simil feccia, tolta dalle piü basse sfere del popolo. Se ne trovano in Plauto, anzi dipinti con grande vivacitä, ma non— mi si passi la frase — nell’a-ristocratico Terenzio. Un banchiere nell'Epidicus prosta denari al cento per cento (v. 52), e nella Mostellaria un usuraio sta da mane a sera sul mercato, per impiegare i suoi capitali, e si lamenta dei pochi affari. Licone nel Curculio cosi riassume il costume degli strozzini: Ut alius alium posoant, reddant nemini Pugnis rera solvant, si quis poscat clarius (378), e Curculio cosi lo caratterizza: Ut muscae, culices, cimices, pedesque pulicesque Odio et malo et molestiae: bono ussni estis nulli (498). Quando, per i loro intrighi, i servi avevano bisogno d’ un finto messo o di qualsiasi altra persona, ricorrevano a gente simile che, per mercede anche vile, si prestava a tutto. Cosi nello Pseudulus e il si- cofante Siramia che, per una cena, strappa la ragazza dalle mani del lenone, travestito da Harpax, senza sapere neppur il nome di chi lo manda. E nel Trinumus un altro sicofante porta la dote, destinata alla ragazza, e si incontra con Carmide, mentre dovev3 fingersi mandato da lui. Ma questi personaggi hanno pochissima parte; compariscono appena alla fine della comraedia, agiscono in una sola scena, talvolta dicono poche parole. Nelle commedie italiane invece hanno molto mag-gior importanza. II baro Trappola della Cassaria e in scena fin dal-1’ atto II, avendo la massima parte nel giuntare Lucramo, cui si pre-senta, vestito degli abiti di Crisobolo, come messo da Napoli di Un signor delli grandi che vi sieno. Naturalmente agisce per denaro, giacchö Brusco, 9uo famiglio, sa che senza premio Non ci saria si pronto e si sollecito (II, 5). ß cosa frequentissima che gente di tal fatta si spacci per altri, cosi, fra le altre, nei Suppositi, nella Scolastica, nel Furto, nella Moglie, nelle Cedole, nella Gelosia, nella Sibilla. Anzi in quest1 ultima il baro Cinffagna, travestito da dou Diego, padre della Sibilla, porta via a Michelozzo la fanciulla e i deuari, rompendo le nozze del vecchio dot-tore a favore di Alessandro. II finto messo deli’ arcivescovo della Moglie (Cecchi), con le sue cedole false, fa pensare alle cedole false di quel piacevolissimo ciurmadore Bigolino (Bandello, III, 16). Caratteristica, sebbene un po’ troppo lunga, la scena fra i due cuochi negli Ingannati (III, 2), che rammenta tante scene consimili nel dramma sacro. Per attirare gli ospiti, vanta ciascuno per conto proprio il buon vino, la buona cucina, il buon letto, per modo che par di sentire i ciarlatani e i venditori girovaghi d’ oggi giorno in Italia, che strillano, con tanta noia delle persone, dabbene. Un Lupo nel Furto (D’Ambra), baro e ladro, gode massimamente quando ruba i ladri e bara i barattieri (IV 6). E quella canagtya matricolata, in veste di galantuomo, quel zingano, che prepara cosi bene la sna rete e, scoperto, sa cosi destramente scampar dalle mani de) padre della fanciulla, facendo apparir matto il vero Guicciardo Gualandi, i di cui abiti aveva presso lui (IV, 14)! Tutta questa gente, giä si sa, e nel dramma sacro e nella com-media, vuole denari e da bere e, se fa il mestiere per se, & avi-dissima, come il gioielliere del Marescaleo, cui importa piü della sua scatola di gioie che della vita di mille uomini (III, 6). Talvolta si accontenta anche di poco, come Ponzio romanesco della Talanta, una specie di ruffiano, che perö non ha nulla da fare con 1’ antico lenone, possessore della ragazza. Egli esercita il mestiere di menare i nuovi venuti a veder signore, buscandosi su qualche baiocco e alcuna cenetta, secondo che si usa. E a questa gente spesso incorreva male, come al pizzicagnolo della Talanta e al mercante di gioie del Filosofo, cui toccano i casi, per i quali va celebre Andreuccio da Perugia (Boccaccio, II, 5). Ma cid che vi d di piü notabile qui, b che questo ca-nagliume va acquistando la parte di mezzano in amore, parte che nelle commedie latine spettava, quasi esclusivamente, al servo, nelle italiane s prima al servo, poi al parassita, al pedante, al negromante, alla pin-zochera. E questa parte si va in costoro sviluppando sempre piü, finche il Goldoni (Bottega da Caffš), da questi precursori, sa trarre quel tipo meraviglioso di baro solennissimo, ch6 b Pandolfo, il quäle presta gli stanzini della sua bisca a due copie di innamorati (II, 15). Travestimenti. Mescolanza di lingue e dialetti. Agnizione. Abbiamo veduto, ed anche nel capitolo precedente, frequenti travestimenti e cambiamenti di nome e di persona, si nella commedia latina, si nell’italiana. Ma i comici italiani andarono molto piü in lä. Non se ne servivano soltanto per la riuscita d1 un intrigo, perche 1’ amante potesse penetrare dali’ amante, perchö un personaggio qualunque sfug-gisse un pericolo e salvasse la vita a se o ad altri, ma, a mezzo di questi, creavauo altri intrighi, assai lubrici, specialmente quando trat-tavasi di travestimenti d’uomini in donne, e viceversa. In ciö gli autori approfittavano degli eserapi che si offrivano loro dalla vita reale, come p. e. le maschere a Venezia, le bagascie a Roma, che andavano vestite da uomo, per evitare il pericolo d’essere sfrattate; ma, nello stesso tempo, spingevano l’immoralitä all’apice ed offrivano al pubblico scelto di dame, prelati e cardinali, scene, cui ora si vergognerebbe d’ assistere una pubblica bagascia. E, come nella novella dal Boccaccio in poi, anche nella commedia di travestimenti c’ e un numero addirittura infi-nito; se ne trovano fino a tre o quattro nella stessa commedia, per modo che sarebbe assai difficile studiarne partitamente gli effetti voluti. Voglio soltanto ricordare che da questi travestimenti, tante volte cosi osceni, procede, nelle commedie degli Intronati, quello della fanciulla innamorata, a servizio deli’ amato infedele, che inizia la commedia d’ avventura, a base sentimentale, e che ha un riscontro in quella Ni-cuola del Bandello (II, 36), che va a servire, vestita da paggio, Lat-tanzio, e poi seco si marita. Anzi questi accademici ne fecero un abuso grandissimo. Travestimenti troviamo in ogni commedia, anche cinque o sei — dirö cosi — fissi, senza contare quelli pro tempore, cioe quelli che avvengono in una scena soltanto, per la riuscita d’ un dato intrigo. Eccone un solo esempio: Ortensio, nella commedia intitolata Ortensio (Materiale Intronato), e da tutti creduto figlio di Caterina, ma e invece una femmina, Virginia, chö Caterina non aveva mai avuto un figlio maschio, bensi una femmina, che allevava per maschio, col nome di Ortensio; il qual finto Ortensio ancora, per amore di Leandro, prende per questo il nome di Celia, mentre presso gli altri passa come suo amico. Insomma Ortensio qui fa la parte d’ un Ortensio, che non era Ortensio, e di piü quella di finto maschio, amico di Leandro, e, come donna innamorata, per proprio tornaconto, fingendo d1 aiutare 1’ amico, in certi momenti fa passare se, Virginia, per una Celia im-maginaria, parente di sč, finto Ortensio. Cosi Alfonso non e Alfonso, figlio di Velasco spagnuolo, ma Cinzio, figlio di Nastagio e fratello di Virginia-Ortensio-Celia. Nella stessa commedia poi abbiamo altri travestimenti di servi e di vecchi; insomma una matassa inestricabile, intrighi che si complicano, che si sovrappongono, senza arte alcuna, con la piü sfrenata fantasia. Io čredo col Pröls ') che i comici italiani debbano assai poco a Plauto di quel loro costume di mescolare in una commedia lingue e dialetti diversi. II fatto sta perö clie nel Poenulus un cartaginese parla la sua lingua (Y, 1), punto ehe diede tanto da fare ai filologi. Ma e un fatto pure ehe la confusione di lingue si trova gia, nel famoso spet-tacolo vicentino del 1379, riferitoci dal d’Ancona. E da lui sappiamo pure ehe Antonio da Molino, detto il Burchiella, in Venezia, nel cin-quecento, recitava commedie, contraffacendo la lingua greca, la bergaraasca e persino la schiavona. Nella Sacra Bappresentazione, oltre ehe latino, si parlava ebraico, greco ed altre lingue viventi d’ Europa, ne era bandito 1’ uso dei vernacoli2), a sollazzo del pubblico, specie fiorentino, ehe di-sprezzava e si burlava degli altri dialetti, meno nobili. Cosi 1’ oste parla napoletano nella Conversione di S. Paolo, il cuoco, nella Decollazione di S. Giovanni, tedesco, e negli Ecatommiti (VII, 2) son posti di fronte due camerieri del papa Leone X, un fiorentino ed un bergamasco, i quali, parlando ciascuno il proprio dialetto, non si intendono, essendo il parlare di Bergamo „per natura grosso e senza leggiadria al mondo.‘ Ma, anche in ciö, la commedia erudita andö molto piü innanzi. In quel furore di rinnovellati studi classici, medici, pedanti d’ogni specie, astro-loghi, alehimisti non si tengono paghi, se non hanno il destro di sputar le loro brave sentenze in latino, e di latino pizzicano persino i servi. Ma questi Ultimi, come gli altri personaggi appartenenti alle infime classi sociali, usano a preferenza il loro vernacolo; perö non e raro il caso ehe anche i saggi, piü o meno autentici, mescolino il latino col dialetto. Abbiamo esempi in moltissime commedie (Dote, Calandra, Cofanaria, Pellegrine, Mandragola ecc. ecc.), ma piü frequenti in quelle degli Accaderaici senesi, dove, per di piü, la lingua spagnuola tiene il campo. NelVOrtensio c’e una scena intera (1,3) in spagnuolo, tra Bogis spagnuolo e Giovancarlo allevato in Spagna. Costui poi parla napoletano col servo Antonello (I, 5), e poi di nuovo napoletano (III, 3), poi in spagnuolo (IV, 2); e 1'autore cosi si scusa nel prologe: „Seb-bene stato e costume che quelli d’ altra nazione parlino il linguaggio, nel quäle il poeta scrive, non di meno ho io mostrato a questi miei, piü tempo fa, che 1’ arte propria a questo non li costringe, ne ad essi lo vieta. E se i comici fecero ciö, il fecero per dare ad altri quel di-letto, che apportar suole in iscena la diversitä dei parlari." Con la quäle ultima fräse ci e dato, in certa guisa, lo scopo che spingeva gli autori ad usare e ad abusare anche di queste mescolanze. Poichž, in questa guisa, i comici talvolta, purche se ne servano con parsimonia, ottengono grande effetto, potendo rendere certi modi di dire, propri all’ uno o all’ altro dialetto, che nella lingua scritta perdono molto della loro concisione scultoria, o del loro sapore, se sono scherzosi. Anche il balbettare, in certi casi, od altri difetti del parlare, non pos-sono esser resi cosi bene nella lingua comune, e nemmeno gli equivoci ’) Cfr. Pröls: Geschichte des neueren Dramas I, 2. 217. 3) Cfr. D’Ancona: Op. cit. 426 e segg. sarebbero sempre possibili, mentre se ne ottengono di efficacissimi, mescolando lingue diverse. Si mescolava persino italiano ed inglese (la Marta nel Samaritano del Cecchi); e naWAmor Costante sembra di essere addirittura in una torre di Babele, specialmente nelle scene 10, 11, 12 dell'Atto IV, assai buffe, parlando napoletano Ligdonio, spagnuolo il Capitano Francesco — che anche prima parla un’ intera scena in spagnuolo (II, 1) con M. Consalvo — e tedesco il soldato tedesco. Anzi in questa commedia il Prologo racconta l’intreccio e lo spagnuolo lo ripete, punto per punto, nella sua lingua; e ciö per far piacere al seguito di Carlo V, dinanzi al quäle questa commedia fu rappresentata nel 1530, in Siena. Ben altro era lo scopo talvolta: quello cioü di vendicarsi della servitü della patria, perche i soldati spagnuoli, mescolando male le due lingue, facevano nascere equivoci, con proprio danno e scorno, e il popolo sfogava 1’ ira sua repressa, ridendo almeno alle spalle degli oppressori. Con questo scopo č rappresentato Ignico nei Bivali (Cecchi), dove hatardo e inteso per urtare, allo per aglio (V, 5) ecc., e lo spagnuolo Giglio (Ingannati), che parla a Pasquela mezzo italiano e mezzo spagnuolo (II, 3), e anche don Diego nel Furto, di cui nel prologo: „Potrebbe, forse, uno spagnuolo, che alla fine della favola vedrete comparire alla presenza vostra, non essere da qualcuno di voi cosi a pieno inteso. Pure si sforzerä, essendo altra volta stato in Italia, mistiar di maniera la lingua sua con la vostra, che molto bene, se non tutte le voci, intenderete il concetto suo.“ Peggio ancora che lo spagnuolo parlava il soldato tedesco: un esempio 1’ abbiamo gia avuto in quel rozzo Lanzo dello Sviato (Cecchi), che mescola tedesco, italiano e spagnuolo. Ma nessuno abusö tanto di queste mescolanze come il ltuzzante, autore di farse e di sei commedie popolari, nato a Padova nel 1502, il quäle, come si sa, introdusse sulle scene le maschere di Arlecchino e Scapino, parlanti in bergamasco, iniziando cosi la trasformazione della commedia erudita. E, d’ altro canto, nessuno si scagliö contro questo abuso quanto il Lasca nel prologo della sua Spiritata, „dove non si udiranno n£ Tedeschi, ne Spagnuoli, ne Francesi cinguettare in lingua pappagallesca, odiosa e non intesa.“ II modo di scioglier la commedia e eguale nei commediografi latini ed italiani: 1’ agnizione. Poche sono le commedie di Plauto in cui questa non avviene, nessuna di Terenzio; ed in quanto alle commedie italiane, era regola fissa in quell’ epoca che cosi dovesse farsi. Altrimenti — dice il Qua-drio — buona poteva essere la commedia, ma non ottima. Ma nelle latine e piü spesso il deus ex macchina, il caso che scioglie il nodo: nelle italiane š invece piü di frequente, come p. e. nel Granchio (Sal-viati), 1’intrigo dei servi che conduce all’agnizione. Ed h percid, e per quanto dirö in appresso, che io, trascurando alcune commedie di tanto servile imitazione che non meritano di essere considerate, vorrei andare piü innanzi del Gabatto ’), il quäle, pur ') Ferdinande» Gabatto: Francesco d'Ambra e le sue commedie in Letteratura II e aegg. — Torino 1887. spezzando una lancia in favore deli’originalitä della commedia nel cin-queceato, attribuisce i ritrovamenti nei comici anteriori agli iuflussi latini, prosciogliendo dall’imitazione soltanto il D’Ambra. Certo ehe la vita roale poteva offrfre ai commediografi il modo di sciogliere il nodo delle loro opere, speoialmeute dopo la lega di Cambrai o i sacchi spietati delle citta italiane per parte degli Spagnuoli, dei Francesi, dei Tedeschi, degli Svizzeri, i quali tutti si dilettavano di rapir fanciulle e fanciulli di buone famiglie, eome la Ligurina del Bandello (II, 6), rapita dagli Spagnuoli nel sacco di Genova, o i liglioli di Giglio Lu-cliini dai Francesi, nel sacco di Ravenna (Ecatommiti, V, 7). Dopo la lega mostruosa tra Francia e Turchia furon possibili quelle terribili desolazioni delle terre italiane, di cui sono piene le storie ’). I Turclii infestavano le coste, incendiando citta e facendo prigionieri donne e fanciulli; bastino ricordare i nomi terribili di Barbarossa, ancor vivo anche nel nostro popolo, del corsaro Mustafa dalle Gerbe, gran rapitore di bambini, ehe fece tante prede sulle rive della Sicilia, o di quell’ altro corsaro Dragutto, di cui parla anclie il Ban-dello (III, 68): i fanatici gi-annizzeri non erano altro ehe gente rapita in tenera etä, qua e lä per il mondo. Echi di queste lotte accanite, ehe la cristiauita tutta, particolarmente i padri nostri ebbero a soste-nere col Turco, sono le Moresche, spettacoli popolari, clie si davano in parecchie citta d’ Italia, speeialmeute a Genova ed in Sicilia e Cor-sica, piü esposte agli assalti dei musulmani; ed anche in aleune citta della costa orientale deU’Adriatico; spettacoli, dei quali restano ancora aleuni avanzi2). Ne erano favole certamente i pirati, ehe assalivano talvolta piccole cittä3), assai di frequente i legni mercantili; e cattu-ravano i passeggeri per venderli, corae schiavi, in altri lidi, oifrendo cosi ampio materiale ai novellieri. Persino 1’andar a diporto in una barca era pericoloso, e poteva toccare facilmente ciö che toccö al pit-tore Filippo Lippi (Bandello I, 58), ehe venne aggredito dai corsari di Barberia e fatto prigione; e bisognava badar bene a non addormentarsi, meriggiando d’estate sotto un albero, perche si poteva cader in mano dei corsari di Tunisi (Bandello III, 50), od anche di semplici ladroni, ') Cfr. Muratori: Annali a. 1550-1559. J) Per i resti delle Moresche in Italia rimando a quel poco ehe ne dice il D'Ancona, basato sul Pitre (Op. eit. passim). Credo poi ene la moresea si rappre-senti ancora a Curzola di Dalmazia, in raemoria deli’ eroica difesa, fatta contro i Turehi, nel famoso assedio del 1571, nel quäle si segnalarono tanto le donne. A Zara, nel 1818, per festeggiare 1’arrivo delle LL. Maestä, tra gli altri giochi — come rilevo dalle Memorie raanoseritte di D. G. Galzigna, canonico della cattedrale di Arbe — fu data anche una moresea. Molto in uso poi era questo gioco d’armi in Pago, fino a tutto il secolo scorso; ann io tengo un manoseritto di Marco-Lauro Ruich di Pago, dotto nelle lingue classiche o paziente raccoglitore di docu-menti, riferentisi alla storia della sna patria, dal titolo: Rccitativo in versi mar-telliani, ehe introduce alla Moresea, fatta a Pago nel Carnovale dell’anno 1785, 30 gennaio. il dedicato „al Merito deli’ Eccellontissimo Signor Zorzi Muazzo, Conte. Del ms., del Ruich, della Moresea non e difficile ch' io raccolga le mie note e ne seriva, fra breve qualcosa, in altro luogo. 3) Anche il mio piccolo paese natale ebbe a soffrire parecchie volte degli assalti dei pirati Uscocchi. Questi piccoli episodi epici della sua storia, circondati di pie leggende, mi piacque di riassumere in una poesia, ehe pubblicai molti, ma molti anni or sono, in un giornale letterario di Žara, Scintille, ma ehe ora non ritrovo piü, neppure nella memoria. che scorrazzavano le contrade (Boccaccio V, 3), in tempi nei quali anche i gentiluomini rubavano le fanciulle (Bandello I, 20). Ognuno sa della cattura, da parte dei corsari, del bastimento che riportava in patria il Cervantes e della schiavitü di un lustro, in Algeri, del poeta guerriero. E nei lunghi viaggi, con navi a vela, molto inferiori per costruzione a quelle d’ oggi, non era difficile che un naufragio sperdesse uomini e mercanzie, che cadevano in mano di turchi o di pirati, i quali poi mercanteggiavano gli uni e le altre. Giä, Dante ne ha un accenno: L’ altro, che gik usci preso di nave, Veggio vender sua figlia e patteggiarne, Come fanno i corsar con 1’ altre schiave. (Purgatorio XX, 80) e credo che anche il Cellini ne parli nella sua Autobiografia. La gente, cosi sperduta e creduta morta, dopo molto vicende, alle volte meravi-gliose, si ritrovava e si riconosceva; e di questi ritrovamenti e ricono-scimenti sono piene le novelle '). Per tutto ciö 1’ agnizione nella commedia italiana h ancora piü frequente che nella latina; si che, spesso, i commediografi la introdu-cevano anche nelle commedie, fatte ad imitazione di quelle latine, dove 1’agnizione non c’ e. Cosi VAsinaria (Plauto) termina con le busse della moglie, che coglie in fallo il marito, nei MarteUo (Cecchi) Sel-vaggia e riconosciuta figlia delle prime nozze di Papera. Nulla di strano che un vecchio romano permettesse al figlio di tenersi una schiava o una donna pubblica per amica; ai costumi del cinquecento questo non s’addiceva; percid i comici italiani vi sostituivano l’agnizione. Demofonte (Mercator) riconosce il suo torto e concede la schiava al figlio, situazione ripetuta anche in Terenzio {Adelphi). Ma la schiava del Mercator e la donna pubblica degli Adelphi, nelle imitazioni ita-liane, sono sostituite da fanciulle libere, di onesta famiglia, le quali passano sotto altro nome, ma, da ultimo riconosciute, si maritano con i loro amanti. Tante volte c’ e 1’agnizione in una commedia italiana, mentre non c’ e in nessuna delle due o tre commedie latine, donde e tratta: una tale e VAridosia (Lorenzino dei Medici). Riguardo poi alla sorte deli’ agnizione, le commedie italiane si potrebbero dividere in parecchi gruppi: o c’ e 1’ agnizione semplice, come nei Suppositi (Ariosto); od ha per conseguenza il matrimonio, come nei Dissimili, nella Maiana, nella Stiava, uegli Incantesimi (Cecchi), nella Scolastica (Ariosto), nei Marito (Dolce), nella Clizia (Machiavelli), talvolta doppio, come negli Sciamiti e nello Spirito (Cecchi), o triplo, come nei Parentadi (Lasca). Non di rado la giovane amata ö riconosciuta figlia o sorella deli’amante (Maschere, Domcllo). Nel Diamante (Cecchi) il vecchio Gherardo ed il giovane Curzio sono innamorati, tutti e due, di Livia, la quäle viene riconosciuta figlia di Gherardo. Ma il guaio e che anche Curzio b figlio di Gherardo, e per tal modo si sarebbe andati ■) Cfr. Boccaccio II 4, 6, 9. III 7, 9. IV 4. V 2, 3, 6, 7. X 9. Bandello 1 20, 58. II 6, 85, 41. III 50, 68. Cene (Lasca) III 1. Ecaloramiti I 1. II 3, 6, 9, 10. V 2, 7, 8. VIII 6. X 4. Ser Giovanni Fiorentino X 1. Firenzuola I. Parabosco II 11, 13. Mori I 1. En wo I 1, 3. II 8, 9, 10. VI 34. 36. incontro ad un incesto, come quello del gentiluomo navarrese del Ban-dello (II, 35), se la balia, per amore d’ uua sua figlioccia, amata prima da Curzio, non avesse „scambiato i dadi“ (V, 7) al giovane, come Giletta di Narbone al conte Beltramo di Rossiglione (Boccaccio III, 9): e qucsta volta per il bene di tutti. E cosi il terzo innamorato di Livia pud fiualmente ottenerla, e la coramedia finisce, lasciando tutti coutenti, con tre matrimoni. Anclie l’Aretino fa uso di questi riconoscimenti (Talanta), e nou c’ e nulla di strano, non avendo saputo sfuggirli nep-pure il Moliere (Avare). L’ agnizioue avviene perclie c’ e qualcuno dei personaggi ehe sa perfettamente la realtä delle cose e delle persone, e scopre tutto alla fine; oppure tutti sono all’oscuro, ma un caso qualuuque svela ogni «osa: un segno qualsiasi di riconosciraento, pošto od impresso delibe-ratamente al bambino, o una maccliia naturale, come quella macchia rossa sul petto di Teodoro (Boccaccio V, 7), per cui e riconosciuto dal padre, mentre andava a morte; oppure — come abbiamo rilevato prima — per virtü dei servi o d’ un’ altra persona qualsiasi. Ma, tal- volta, le porsone riconosciute sanno l’esser proprio e, al momeuto opportuno, si scoprono da se (Alessandro: Stordito Intronato), come quel Giusfredi del Boccaccio (II, 6), cui era stato mutato il nome. Contro questo modo, davvero alquanto volgare, di scioglier la commedia, si scaglia il Lasca nella Strega e piü ancora nella Gelosia. Ma per dar intera ragione al Lasca — dice 1’Agresti ’) — bisognerebbe lacerare molte pagine di storia. E čredo che non abbia tutti i torti: e di piü v’ e il fatto ehe il Lasca stesso fa uso di riconoscimenti e nella Sibilla e persino nella Strega, e pone fino ai Parentadi con quattro agnizioni e tre matrimoni. Conclusione. Da quanto finora si disse non si pud certo venire alla conclusione deli’Agresti2), per il quäle non e imitato neppure un personaggio, come Lucramo 3) (Cassaria). Ma bensi, considerando tutta la produ-zione drammatica del sec. XVI, senza badare alla cronologia, la vediamo, a poco a poco, allontanarsi dalle pastoie della servile imitazione latina ed accostarsi alla novella, con lento, ma continuo progresso; vediamo, specialmente aleuni commediografi, porre in scena idee e costumanze degli italiani di quel tempo, togliere i loro argomenti e i loro personaggi dalla vita reale contemporanea, spinger la satira fino a troppa licenza; vediamo, specie 1’Aretino, scena per scena, ritrarre meraviglio-samente la vita deli’ umile popolo: ciö che, spogliato dalla oscenitä aretinesca e cou piü uniformitä, fece il Goldoni, nelle sue commedie in dialetto; vediamo aleuni commediografi scolpir caratteri vivissimi e il Lasca scagliarsi contro i difetti della commedia contemporanea. Non li seppe sempre evitare, ma, ad ogni modo, li conobbe; ed e giä questo ’) Cfr. Agresti: op. cit. pag. 137. J) Agresti: op. cit. pag. 161. s) Op. cit. pag. 158. un gran passo; un altro dopo di lui avrebbe fatto il resto. Poi negli accademici senesi troviamo rappresentato 1’ amore in senso moderno, quantunque in forma fantastica; e, sullo scorcio del secolo, diviene sempre piü frequente la rappresentazione di sentimenti nobili (Borghini, Sforza degli Oddi). II Salviati nel Granchio ci da un personaggio, il Granchio stesso, ehe e un vero psicologo, preparando cosi la commedia di carattere, ehe si afferma splendidamente — giova ripeterlo — nel Machiavelli. Dunque, non mancarono del tutto i mezzi, per formare una commedia di carattere, una commedia nazionale, e per porre cosi 1’Italia a fianco delle altre nazioni, anche nella drammatica. II Cinquecento anzi aveva preparato il terreno, aveva aperto e segnato la via, mostrando i vizi da evitarsi. Ma, dali’ un lato, subentrd la esagerazione, dali’ altro la mancanza di libertä; dali’un lato lo spagnolismo, con i suoi deliri, ehe fece della donna amata un cavaliere errante, dando anche a questa produzione la sua nota fantastica e sbrigliata, dali’ altro la Contro-ri-forma, ehe metteva ali’Indice l’Aretino, ehe sopprimeva il frate della Scolastica e proibiva persino di pronunciare la parola convento, come — se non m’ inganno — ci racconta nelle sue Memorie il Goldoni. E questi appena, nel settecento, ebbe il vanto di restaurare il teatro comico italiano. O. A. Galzigna NOTIZIE SCOLASTICHE I. PERSONALE I NSEGN ANTE L’ anno scolastico incominciö regolarmente sotto la direzione del consigliere scol. sig. Giacomo cav. Babuder. II direttore ammalatosi al principio di Ottobre domandö ed ottenne un permesso di 20 giorni af-fidando intanto la direzione deli’ Istituto al sig. prof. Stefano Steffani; ma perdurando l’indisposizione del direttore ed avendo egli chiesto un ulteriore permesso, l’Ecc. I. li. Consiglio scol. prov. deli’ Istria con Oss. D. 28 Ottobre ’99 N. 1921 sollevö il sig. prof. Steffani ed incaricö deH’iifficio medesimo in via provvisoria il prof. anziano sig. Carlo Sbuelz, esprimendo al sig. prof. Steffani i suoi ringraziamenti ed il suo pieno aggradimento per il modo zelante ed oculato, con cui avea prestato fino allora i suoi servigi. Sarebbe stato unanime il desi-derio che il Direttore pienamente ristabilito riprendesse le sue mansioni, ma abbisognando egli ancora di quiete in seguito alla sua malattia, si decise, benche con dispiacere, a domandare di esser posto nello stato permanente di riposo. L’Ecc. Cons. scol. prov. dell’Istria con Oss. D. 24 Marzo 1900 N. 561 comunicava alla Direzione deli’Istituto che Sua Maestä I. R. Apostolica con Sovrana risoluzione 14 Marzo 1900 s’ era graziosissimamente degnata e benignamente compiaciuta di accor-dare al petente il chiesto pensionamento, e di esprimergli la Sua Sovrana Kicognizione per le sue proficue prestazioni durante la sua lunga carriera. In tale occasione il Corpo insegnante di questo Istituto, che lo ebbe per tanti anni guida amorevole e sapiente, convocato in seduta straordinaria addi 23 Aprile 1900, deliberava di compilare un indirizzo di omaggio all’ emerito Direttore e di pubblicarlo nel programma gin-nasiale alla chiusa dell’ anno scol. L’indirizzo fu compilato in questo modo: Illuslrissimo Signor Consigliere. Nell’ occasione in cui la S. V. abbandona questo Ginnasio, nel quäle ha speso ben trentanove anni di fatiche, di eure e di studi quäle Docente e quäle Direttore a vantaggio di tanta gioventü studiosa e con tante attestazioni di ’ ’ :te delle Autoritä superiori, mentre il sottoscritto manifesta il suo vivo dispia- cere di perderLa quäle suo Capo stimato ed amato, Le presenta le piü sentite felicitazioni o per la Sovrana riconoscenza espressaLe e per lo stato di riposo accordatoLe. Fa voti ehe la S. V. possa godere a lungo di questo riposo e provi in esso tutti i conforti raeritati per le sapienti, coscienziose ed indefesse fatiche sostenute nel disimpeguo de’ Suoi doveri in si lunga carriera: vi trovi ne’Suoi studi prediletti quelle sodisfazioni a cui pu6 aspirare 1’ elevatezza della Sua raente: nella famiglia le serene gioie che sono il compenso piü ambito da chi si ritira dalla vita pubblica. Colla piü sentita considerazione Di V. S. Illustrissima Capodistria 28 Aprile 1900. Ali’ Illustrissimo Signore cav. Giacorao Babudor Conaigliere scolastico I. R. Direttore ginnasiale omerito Capodistria Sbuelz m. p. Battisti u Spadaro „ Petris „ Oerosa „ Bisiac „ Majer ra. p. Steffani „ Vatovaz v Larčher „ Galeigna „ Marsich . L’111. Sig. Consigliere si compiacque di rispondere cosi: Egregi colleghi, Commosso dall’attestazione di 'affetto resami dai giä miei soci di opera, adempio al debito di sentita riconoscenza verso Loro Signori, che vollero confortare di cosi benigne parole la presente mia condizione. Ho servito per ben trenta nove anni e mezzo, sempre in questo Ginnasio, ove ebbi la buona Ventura di vedere benevolmente apprezzata 1’opera mia coscienziosa, comunque modesta. L’ imagine dei cari compagni di lavoro mi resterä sempre impressa nel cuore, a procurarmi il simulaero del vivo piacere ehe provai, tro-vandomi tanti anni in mezzo a loro ed alle amate sembianze degli scolari. Gli anni e le sventure fiaccano la fibra umana e scemano le poche gioie deli’ esistenza; ma nelle ardue prove della vita si ritemprano gli affetti e s’incaloriscono le rimembranze. Un bacio e un abbraccio a professori e scolari del Ginnasio di Capodistria ehe lasciai con ischianto di cuore e mai dimentieherd. Capodistria il 4. Maggio 1900 Allo Spettabile Corpo docente dell’i. r. Ginnasio sup. di Capodistria affezionatissimo Giacomo Babuder dir. ginn. em. DalPIuclito Municipio di qui e dal Reverendissimo Ordinariato vescovile di Parenzo pervennero alla Direzione gli atti seguenti; addi 16 aprile 1900 Municipio di Capodistria Ill.mo Signor Consigliere, Se 1’ a v ere speso per lunghi 38 atmi tutti i tesori della mente e del cuore nel publico magistero presso il nostro ginnasio forma per la S. V. Ill.ma una fra le piü rare ed ambite sodisfazioni deli’animo, e trova degno premio di larga estimazione e di affettuosa gratitudine, 1’aver diretto con amorevole e sapiente sollecitudine per ben 28 anni le sorti preziose del patrio istituto Le assicura titolo insigne e perenne di cittadina benemerenza. Ed ora, ehe a tardo e ben meritato riposo si raccoglie la vita operosa della S. V. Ill.ma, la Sua cittä nativa — da Lei onorata col valore dell’ingegno e con 1’abnegazione filiale — ricorda e riconosce sopra tutto, fra i molti meriti di V. S. Ill.ma, il governo fermo e sagace di quello studio cittadino, che Ella fra i primi discepoli vide rinascere per impulso generoso di caritä civile, e ehe con vero culto di affetto seppe guidare al presente rifiorimento e alla migliore rino-manza. Egli h perd che la Deputazione Comunale, piü ehe il dovere, sen-tiva il bisogno gratissimo di attestarLe Tanimo sincero della cittadi-nanza, allorche nella Sua tornata del 10 aprile corr. decretava di ma-nifestare alla S. V. Ill.ma, in nome pure dello Spettabile Consiglio Cittadino, i sensi della piü viva riconoscenza per le lunghe ed esemplari di Lei fatiche a lustro e vantaggio del patrio ginnasio, e di esternarLe insieme i voti piü fervidi e cordiali, ehe la S. V. nella quiete dello spirito possa ristorare la Sua salute preziosa e godere a lungo e feli-cemente dell’onorato riposo. Lietissimo di recarLe con conchiuso della Deputazione Comunale i sentimenti generali del paese, esprimo a S. V. Ill.ma i miei parti-colari ringraziamenti per la squisita deferenza usatami nelle relazioni officiose, e Le confermo, Ill.mo Sig. Consigliere, gli atti della piü alta stima e distinta osservanza. II Podesta firm.to G. Cobol AH’ Ill.mo Signor cav. Giacomo Babuder i. r. Consigliere Scolastico ed em. direttore giunasiale Loco N. 1160 Parenzo, 5 Maggio 1900 Illustrissimo Signore! Da quando V. S. Ill.ma assunse 1’ officio di professore in codesto Ginnasio Superiore, e specie da quando Ella vi fu preposto in qualitä di Direttore, quest1 Ordinariato ebbe sempre campo di ritenere felice non solo V Istituto da Lei diretto, ma altresi la societä e la Chiesa stessa, pel nobile impegno, in Lei sempre costante di accoppiare alla intelligente e coscienziosa erudizione letteraria della giovenfcu istriana a Lei aftidata, anche la ben piü importante edueazione del cuore, cer-cando d’istillare in essa quei sentimenti di sincera moralitä e di profonda religione, onde Ella fu sempre raodello con la parola, colla pratica, con 1’ esempio. Ma dopo ehe si apri in codesta citta il Convitto di questa Diocesi per favorire e sviluppare le vocazioni allo stato eccle-'siastico, di allora lo scrivente imparö di appresso a conoscere e ad apprezzare in Lei il Preposto della importantissima parte della pub-blica edueazione, quella della scuola media, il quäle sa di promuovere il vantaggio del consorzio civile con 1’ appoggiare e favorire le istituzioni della Chiesa. E di fatti Ella non solo non venne mai meno a quanto convenientemente la Chiesa poteva aspettare e sperare da un suo figlio ehe aveva in mano le menti ed i cuori dei candidati del sacerdozio, ma largheggiö sempre ben oltre i limiti del dovere, di lumi, di soc-corso, d’ indirizzi, del Suo valido influsso, perchö 1’opera nostra ripor-tasse ognora migliori iuerementi. Le assidue parole d’ incoraggiamento e di eucomio da Lei dette pubblicaraente negli aunui programmi del-1’ i. r. Ginnasio, i favori speciali, sia materiali ehe morali, dati ai giovanetti del Convitto, la cura ch’ Ella si preše sempre di essi e del loro progresso e promozione fino ali’ estremo segno di tolleranza delle vigenti disposizioni, ne fornirono allo scrivente continua e splendida prova. Egli e perö che a vorace espressione di sentita nel cuore ricono-sceuza e gratitudine, il firmato, a nome anclie del suo Consiglio nella direzione morale ed economica del Convitto, nell’atto che deplora il ritiro di Y. S. 111.ma dalla carica di Direttore deli’ i. r. Ginnasio, so-disfa a un ben grato dovere col ringraziarLa di quanto in cosi lungo spazio di tempo Ella oprd a vantaggio in generale del Ginnasio, ehe si diffuse direttamente anche sulla Chiesa, e in ispecie poi del nostro Convitto, ehe buona parte del suo felice sviluppo debbe proprio a Lei, mentre di cuore prega Iddio che a larga ricompensa di tante eure e di tanti meriti La prosperi ancora a lungo in un vegeto e sereno riposo, ch’ Ella possa dedicare con le piü amene sodisfazioni ai predi-letti Suoi studi, e in generale La benedica in uno alla Sua (amiglia con la copia delle grazie temporali ed eterne. Dali' Ordinariato Vescovile di Parenzo-Pola f Giam Battista m. p. Battisti Giovanni Battista. — Professore deli’ ottava classe di . rango, capoclasse nelia III, abilitato ali’ insegnamento della stenografia nelle scuole medie. Insegnö lingua latina e greca nella III; latiuo nella VII; ore settimanali 16. Bisiac Giovanni. — Professore della classe ottava di rango; nel II sem. capoclasse della VIII; bibliotecario del Ginnasio. Insegnö fino al 1. Nov. lingua tedesca nelle classi II, IV, V, VII e VIII; ore sett. 15, e poi tedesco nelle classi I, II, IV, V, VII, VIII; ore sett. 18. Galzigna Giovanni Antonio. — Docente effettivo. Custode e di-spensatore dei libri della biblioteca giovanile. Insegnö lingua e lette-ratura italiana nelle classi V, VI, VII e VIII; greco nella IV; ore settimanali 17. Gerosa Oreste. — Professore deli’ ottava classe di rango, custode del Gabinetto di Storia naturale; merabro della Commissione esamina-trice pei candidati al magist.ero nelle scuolo popolari generali e citta-dine, segretario del Consorzio agrario in luogo. Insegnö fino al 1 Nov. storia naturale (fisica) nelle classi I, II, III, V e VI; Matematica nelle classi I-IV; ore sett. 22; e poi Matem. nelle classi I-1V e Stor. nat. (Fisica) nelle cl. III, IV, V e VI ; ore sett. 21. Larcher Giovanni Battista. — Professore, capoclasse nella IV; insegnö fino al 1. Nov. lingua italiana e latina nella classe IV, lingua italiana nella classe III, lingua greca nella ciasse VII; ore sett. 16, e poi latino nella IV, italiano nella I, III e IV e greco nella VII, ore settimanali 20. Maier Francesco. — Professore deli’ ottava classe di rango, rap-presentante comunale, capoclasse nella II; insegnö lingua latina nella II e VI, lingua greca nella VIII; ore settimanali 19. Petris Stefano. — Professore deli’ ottava classe di rango; con-servatore dei monumenti storici per 1’ Istria; capoclasse nella VII. Insegnö storia e geografia nelle classi III-VIII; propedeutica nella classe VIII; ore settimanali 22. Sbuelz Carlo. — Professore deli’ottava classe di rango; durante il I sem. capoclasse della VIII, custode del gabinetto di fisica e chi-mica e membro della commissione esaminatrice dei candidati al magi-stero nelle scuole popolari e generali cittadine; insegnö fino al 1. Nov. matematica nelle classi V, VI, VII e VIII; fisica nelle classi IV, VII e VIII; ore settimanali 21, poi tutto il resto meno la fisica in IV; ore sett. 18. Spadaro Don Nicolö. — Cameriere segreto di Sua Santitä, consi-gliere concistoriale; professore della classe ottava di rango, catechista ginnasiale; membro della Commissione esaminatrice pei candidati al magistero delle scuole popolari generali e cittadine; direttore del Con-vitto Diocesano Parentino-Polese in luogo ; insegnö religione nelle classi I-VIII, propedeutica nella VII; ore settimanali 18; primo esortatore religioso. Steffani Stefano. — Professore della ottava classe di rango, capoclasse nella V. Custode e dispensatore dei libri scolastici di proprietä del fondo di beneficenza, custode del gabinetto filologico-storico, docente straordinario di calligrafia, membro della Commissione esaminatrice per le scuole popolari e cittadine in luogo. Insegnö lingua latina nella V, lingua tedesca nella I, III e VI, ore sett. 15 fino al 1 Nov., e poi lingua tedesca nella III e VI, lingua latina e greca nella V, ore settimanali 17. Vatovaz Giuseppe. — Professore deli’ ottava classe di rango, capoclasse nella I; insegnö fino al 1 Nov. latino ed italiano nella I e latino nella VIII, ore sett. 17, e poi latino nella I e VIII e storia naturale nella I e II, ore sett. 17. II signor Giuseppe Marsich candidato assolto per il magistero nella filologia classica, rappresentante comunale, insegnd Italiano nella II, geografia e storia nella I e II, greco nella VI, ore sett. 16. Oggetti lifoeri Lingua slava: L’ insegnamento ripartito in tre corsi di due ore settimanali per ciascuno, venne impartito dal Signor M. Krištofič i. r. maestro presso la Casa di pena. Ginnastica: Corsi due, di due ore settimanali per ciascuno. Insegnd fino al 31 Dicembre il Signor Torquato Zumin docente deH’i. r. Istituto magistrale di qui e poi il Signor Giovanni Kren i. r. maestro di ginnastica presso la locale i. r. Scuola Magistrale. Sfenografia: La insegnd il signor professore Giovanni Battisti, due furono i corsi di uu’ ora settimanale per ciascuno. Canto: Egualraente due corsi di un’ora settimanale per ciascuno. Lo insegnö il Signor Giovanni Luigi Sokoli, professore di mušica nel-1’Istituto magistrale di qui. La Calligrafia venne insegnata dal Signor professore Stefano Steffani agli scolari della I e II classe, un' ora settimanale per classe. Civica Deputazione Ginnasiale La compongono i Signori Augusto dottor Gallo, Pietro de Ma-donizza Antonio dottor Zetto. Zetto Francesco, bidello, inserviente ai gabinetti e custode del fabbricato. II. PIANO DIDATTICO deli’i. r. Ginnasio Sup. di Capodistria nell’ anno scolastico 1899-900 CLASSE I. — Religione. Spiegazione del simbolo aposto-lico, deli’ orazione domenicale, del decalogo, dei cinque precetti della chiesa e della giustizia cristiana. — Lntino. Morfologia. — Le piü importanti flessioni regolari esercitate a mezzo di versioni dali’ una lingua nell’ altra, corae si trovano nel libro di esercizi dello Schultz. Ogni settimana lin compito scolastico di mezza ora. Esercizi di memoria — piü tardi trascrizioni di proposizioni latine tradotte, e piccoli compiti domestici. — ltaliano. Esposizione della parte etimologica della grammatica, con esercizi di analisi grammaticale. — Esercizi di grammatica logica. — Proposizioni semplici e composte. Teoria della narrazione con alcune favole dei migliori autori da imparare a memoria; nel I semestre un esercizio ortografico alla settimana; nel II semestre un esercizio ortografico ogni 14 giorni e due componimenti al mese, uno scolastico ed uno domestico alternati, — Tedesco. Grammatica teorico-pratica ed esercizi secondo il testo 6. Defant P. I (pag. 1-63). Compiti; uno scolastico ed uno domestico al mese alternativamente. — Geografia. Principi fondamentali di geografia esposti con metodo in-tuitivo. — L’ orbita solare a seconda del suo vario e costante apparire nelle singole stagioni nella stanza di scuola, nella propria casa d’ abi-tazione e come mezzo ad orientarsi poi sulla carta, sul mappamondo e sull’ orizzonte. Rapporti annui fra luce e calore in quanto essi di-pendono dalla durata dei giorni e deli’ altezza del sole, limitandosi a quelli che si producono soltanto nella ristretta cerchia della patria. Acque e suolo nelle lor forme principäli; loro distribuzione sul globo, posizione geografka e confini degli Stati e delle cittä. principali con continuo esercizio pratico in modo da leggere chiaramente ed a per-fezione la carta geografica. Esercizi di disegno geografico ristretti agli oggetti piü spiccati. — Matematica. Aritmetica: sistema decadico. Numeri romani. Le quattro operazioni fondamentali con numeri interi e decimali astratti e concreti. Sistema metrico dei pesi e delle misure. Conteggio con numeri complessi. Divisibilitä dei numeri e loro scom-posizione nei fattori primi. Bicerca del massimo comun divisore e del minimo comune multiplo, quäle avviamento ai calcoli colle frazioni ordinarie. — Geometria intuitiva (II sem.). Le figure fondamentali* Rette, curve, parallele, angoli e le piü essenziali proprietä del triangolo. Temi scolastici uno al mese. — Storia naturale. Insegnamento intuitivo. I primi sei mesi deli’ anno scolastico; Zoologia e precisa-mente: Mammiferi ed insetti con scelta corrispondente. I quattro Ultimi mesi deli1 anno scolastico: Botanica. Osservazione e descrizione di alcune fanerogame appartenenti ad ordini differenti. Pertrattazione comparata delle loro caratteristiche, avuto riguardo alla ricerca delle loro proprietä affini. f CLASSE II. — lieliyione. Delle feste della chiesa cattolica colle varie cerimonie. Dei SS. Sacramenti e delle cerimonie nell’ am-ministrazione dei medesimi. — Latino. Teoria delle forme meno usitate e delle irregolari, applicate agli eserapi del libro degli esercizi dello Schultz, come sopra. Ogni mese tre compiti scolastici di mezza o tre quarti di ora ed un penso. Esercizi di memoria come nella 1 classe; piü tardi preparazione domestica. — Italiano. Esposizione della sintassi. Definizione della proposizione, e delle sue specie, della fräse e del periodo. Analisi logica di proposizioni semplici e composte. Brani facili di poesia da imparare a memoria. Tre temi scolastici e domestici al mese alternativamente. Dettatura come in I. — Tedesco. Elementi della grammatica ed esercizi teorico-pratici secondo il testo (J. Defant, come sopra (pag. G3-123). Compiti: uno in iscnola e uno a casa ciascun mese. — Geoyrafta e Storia. (2 ore). L’Asia e l’Africa; loro posizione geografica; conflgurazione orizzontale e ver-ticale, topografia con riguardo alle condizioui climatiche e facendo ri-saltare la loro derivazione dall’influenza deli’orbita solare sui differenti orizzonti. Cenno generale sulla configurazione orizzontale e verticale deli’Europa meridionale e della Granbrettagna secondo le norme date per 1’ Asia e per 1’ Africa. Esercizi nell’ abbozzare scbizzi geografici semplicissimi. — Storia (2 ore). L’ evo antico. Esposizione circostan-ziata delle leggende e dei miti. I personaggi ed i fatti meglio consi-derevoli con riguardo speciale alla storia della Grecia e di Koma. — Matematica. Aritmetica: Esercizi piü diffusi sul massimo comun divisore e sul minimo comune multiplo. Esercizi di calcolo colle frazioni ordinarie, colle rispettive dimostrazioni. Trasformazione delle frazioni decimali in ordinarie e viceversa. Proprietä essenziali dei rapporti e delle proposizioni. Eegola dei tre semplice coli’ applicazione dei calcolo ragionato. Percento ed interesse semplice. — Geometria intuitiva. Mi-surazione delle rette e degli angoli. Congruenza dei triangoli e loro applicazioni. Proprietä piü importanti dei cerchio, dei quadrilateri e dei poligoni. Temi come nella I. — Storia naturale. Insegnamento in-tuitivo. I sei primi mesi deli’anno scolastico Zoologia e precisamente: uccelli, alcuni rettili, anfibi e pesci. Alcune forme tipiche degli inver-tebrati. I quattro ultimi mesi deli’ anno scolastico: Botanica. Conti-nuazione dell' insegnamento fatto nella I classe coli’ aggiunta di altre fanerogame ed avviamento alla divisione sistematica dei gruppi. — Alcune crittogame. CLASSE III. — jReligione. Storia sacra dell’antico testamento colla geografk della Terra santa. — Latino. Grammatica; teoria dei casi e proposizioni. Lettura di Curziu. Preparazione. Ogni due setti-mane un tema scolastico di un’ ora. Ogni tre settimane un tema do-mestico. — Greco. Teoria delle forme regolari, con esclusione dei verbi in [u. Versioni dal libro di lettura. Preparazioni; dalla seconda metä del primo semestre, ogni due settimane un tema scolastico. — Italiano. Lettura del testo con commenti grammaticali e storici. Esercizi di memoria sopra poesie scolte. Riepilogo di tutta la grammatica. Delle figure grammaticali. Ogni mese un tema scolastico ed uno dome-stico alternativamente. — Tedesco. Grammatica, ed esercizi teorico- pratici secondo il testo G. Defant. Parte II p. 1-40. Esereizi e compiti come sopra. — Geografia. (3 ore alternativamente Geografia e Storia). Gli altri stati d’ Europa (ad eccezione della monarchia austro-ungarica), 1’America e l’Australia, sempre secondo il metodo usato nella classe seconda ma specialmente con riguardo alle condizioni climatiche. Eser-cizi di disegno geografico. Storia. Evo medio. I piü importanti avveni-menti e le figure piü illustri dell’etä di mezzo, facendo spiecare sopra tutto quelle che occorrono nella storia della monarchia austro-ungarica. — Matematica. Aritmetica: Le quattro operazioni fondamentali colle quantitä generali intere e frazionarie. Innalzamento al quadrato e rispet-tiva estrazione di radice. In relazione coi calcoli geometrici: i numeri approssimativi, la moltiplicazione e la divisione abbreviate e 1’ applica-zione di quest’ultima nell’estrazione della radice quadrata. — Geometria intuitiva. Semplici teoremi suH’equivalenza, sulla trasformazione e sulla partizione delle figure. Misurazione dei perimetri e delle superficie. Teorema di Pitagora da dimostrarsi nelle vie piü semplici. Nozioni piü importanti sulla somiglianza delle figure geometriche. Temi come nella prima. — Fisica. I sem. Nozioni preliminari: Estensione ed impene-trabilitä dei corpi. Caratteristica dei tre stati di aggregazione, direzione verticale ed orizzontale. Peso assoluto e specifico. Pressione deli’ aria. — Del calorico: le sensazioni, i gradi e la quantitä calorifera. Cangia-mento di volume e dello stato d; aggregazione; consumo e dispersione del calorico nel cambiameuto dello stato di aggregazione. Diffusione del calorico a mezzo dei buoni conduttori e della irradiazione; di questa ultima solo i fenomeni piü semplici. Sorgenti del calorico. — Della chimica: la coesione, l’adesione, 1’elasticita, la fragilita, la tenacitä, il miscuglio, la soluzione e la cristallizzazione. Sintesi, analisi e sosti-tuzione. Dimostrazione delle leggi di consistenza della massa, coll’aiuto di semplici esperimenti, e cosi pure semplici prove per determinare i rapporti di peso e di volume. Elementi: molecole, atomi, basi, acidi, sali e fra i metalloi'di alcuni dei piü diffusi e qualcuna delle loro com-binazioni. Combustioue. — Mineralogia nel II semestre. CLASSE IV. — Meligione. Storia del nuovo testamento in connessione colla Geografia della Terra santa. — Latino. Grammatica: teoria dei modi; congiunzioni. Temi come nella terza. Lettura di G. Cesare ed Ovidio. — Greco. Verbi in |u. Le forme irregolari piü importanti. Punti culminauti della sintassi. Versioni dal libro di lettura. Esereizi di memoria. Preparazione. Temi come nella III. — Italiano. Lettura del testo con commenti grammaticali e storici. Esereizi di memoria sopra poesie classiche. Dei sinonimi. Delle lettere propriamente dette (I semestre). Della versificazione italiana (II semestre). Temi come nella III classe. — Tedesco. Grammatica e relativi esereizi teorico-pratici secondo il testo G. Defant, P. II (pag. 40-fine), compiti come sopra. Esereizi di memoria. — Geografia. (2 ore). Geografia fisica e politica della monarchia austro-ungarica, con speciale riguardo, escludendo la statistica, ai prodotti dei singoli paesi, al commercio, alla coltura degli abitanti. Esereizi in disegnare semplici schizzi di carte geografiche. — Storia. (2 ore). Evo moderno. Personaggi ed avvenimenti piü importanti in modo ehe la storia della monarchia austro-ungarica formi l’oggetto principalc deli’esposizione storica. — Matematica, Aritraetica: Dottrina delle equazioni di primo grado con una e piü incognite e delle equazioni determinate di II e III grado soltanto quelle che trovano riscontro nei calcoli geometrici. In relazione con quest’ ultime, 1’ innalzameuto al cubo e la estrazione della radice. Regola del tre composta, di societä e deli’interesse com-posto. — Geometria intuitiva: Posizione reciproca delle rette e dei piani. Angolo solido. Le principali specie dei corpi geometrici. Calcoli 8emplici sulle superficie o sui volumi. Temi come nella I. — Fisioa, (3 ore). I semestre. Dottrina del Magnetismo. Calamite naturali ed artificiali. Poli magnetici e loro attrazione e repulsione. Magnetismo terrestre. Elettrologia: Elettricita, statica e fra gli elettroscopi i piü semplici. Buoni o cattivi conduttori, corpi elettrici positivi e negativi. Elettrizzazione per contatto separato. Gli apparati piü comuni per pro-durre e raccogliere 1' elettricitä. Temporali e parafulmine. Pila di Volta e delle pile a corrente costante soltanto quello che vengono usate negli esperimenti. Effetti principali della corrente galvanica, galvanometro, induzione elettrica e magnetica. Le applicazioni elettrotecniche piü semplici e piü note (luce elettrica, galvanoplastica, telegrafo di Morse). — Meccanica: Descrizione delle principali specie di moto: rettilineo, curvilineo, uniformemente accelerato. Ambo gli effetti della forza meccanica: Accelerazione e pressione e determinazione di questa ultima col mezzo di pesi. Manifestazione della forza di resistenza nel cangia-mento di celeritä e di direzione (forza di gravitä, urto ed ostacoli al moto). Composizione e scomposizione del moto uniforme. Moto para- bolico. Composizione e scomposizione delle forze con un sol punto di applicazione comune e di forze, ehe agiscono parallelamente. Centro di gravitä, specie di peso specifico; pendolo. Alcuni esempi di macchine semplici e composte. II semestre. Proprietä caratteristiche dei corpi fluidi. Livello, pressione idrostatica. Equilibrio dei vasi comunicanti di uno o di due liquidi incoerenti. Principio di Archimede e determinazione in via semplicissima del peso specifico pei corpi solidi e fluidi. Capil-laritä. Proprietä caratteristiche dei gas (legge di Mariotte). Vuoto di Torricelli, barometro, applicazione degli effetti sulla pressione deli’ aria, pompe di rarefazione e di compressione. Principio sul quäle si fonda la macchina a vapore. — Acustica. Sensazioni sonore, rumori, tuoni, altezza dei toni conduttori del suono, vibrazioni sonore, organi della voce, telefono, diffusione e riflessione del suono. Mezzi toni. Organo deli’ udito. — Ottica. Fenomeni luminosi; propagazione della luce in linea retta; ombra e fotometri. Riflessione e rifrazione della luce. Specchi e lenti. (Camera oscura e principio sul quäle si fonda la fotografia). Dispersione dei colori, areobaleno. Occhio, microscopio e cannocchiale diottrico in forma semplice. — Coli’insegnamento della fisica e spe-cialmente con quello della meccanica va congiunta la descrizione dei fenomeni celesti come a dire: le fasi della luna, il corso mensile; orbita annuale del sole; la spiegazione della diversitä dei giorni e delle sta-gioni in localitä di differente longitudine e latitudine in assoluta dipen-denza dal movimento della terra intorno al proprio asse e da quello della sua elittica annuale intorno al sole. Ecclissi solari e lunari. CLASSE V. — Heligione. La chiesa e i suoi dommi, parte I. Apologia. La chiesa cattolica ö la sola vera chiesa di G. Cristo. — Latino- Tito Livio, Ovidio; Esercizi stilistico grammaticali, 1 ora set-timanale. Preparazione; temi — cinque scolastici per semestre, di cui udo dal latino. — Greco. Lettura: Seuofonte (Crestomazia Schenkl): Ciropedia (brani), Auabasi, Omero: Iliade. Esercizi grammaticali. Pre-parazione. Temi — quattro scolastici per semestre, di cui uno dal greco. — Jtaliano. Storia della letteratura italiana dei secoli 200, 300 e 400. Nozioni delle varie specie di componimenti in verso ed in prosa (secondo 1’Antologia). Notizie generali sui traslati, sulle figure retoriche e sulla buona locuzione italiana. Esercizi di memoria; temi come nella III. — Tedesco. Ripetizione delle parti piü importanti della morfo-logia e dipendenti, inversione, uso deli’ infinito e participio, avverbio, preposizione; esercizi di memoria e traduzioni dalT italiano in tedesco e viceversa secondo il testo Defant-Mayer. Compiti uno scolastico e uno domestico al mese. — Geografia e storia. Storia dell’evo antico fino ali’ assoggettamento deli’ Italia, Geografia relativa. — Mntema-tica. Aritmetica: Divisibilitä dei mimeri. Rapporti e proporzioni: le quattro operazioni con interi e frazioni. Equazioni di I grado con una e piü incognite. Geometria: Planimetria; 3 temi scolastici per semestre. — Storia naturale. Insegnamento sistematico. I semestre Minera-logia. II semestre Botanica. CLASSE VI. — JBeligione. La chiesa e i suoi dommi p. II. I dommi cattolici svolti nel loro nesso e nei loro rapporti. — Latino. Sallustio, de bello Iugurthiuo. Cicerone, Catilinarie. Virgilio, Bucoliche e Georgiche ; Eneide. Cesare, de bello civili. Esercizi stilistico-gramma-ticali. Preparazioni. Temi come nella V. — Greco. Lettura; nel I semestre Omero; Iliade; Erodoto, Senofonte. Grammatica. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi come nella V. - Italiano. Storia della letteratura italiana dei secoli 500 e 600. Nozioni delle varie specie di coraponiuiento in verso ed in prosa (dali’Antologia). Lettura, un’ ora speciale per settimana deli' Orlando Furioso nel I sem., e della Geru-salemme Liberata nel II sem. Esercizi di memoria. — Temi: ogni tre settimane un compouimento scolastico e domestico alternativamente. — Tedesco. Ripetizione e maggiore sviluppo delle teorie sintattiche. Dot-trina dei casi. Costruzioni. Traduzione ed aualisi di brani scelti prosaici e poetici secondo Defant-Mayer. Compiti: uno scolastico e uno domestico ciascun mese. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. Conti-nuazione e fine deli’ evo antico. Storia del medio evo con relativa geografia. — Matematica. Potenze, radici e logaritmi. Equazioni di II grado ad una incognita. Geometria: II I semestre Stereometria; il II semestre Trigonometria piana. Tre temi scolastici per semestre. — Storia naturale. Antropologia nel I semestre ed insegnamento sistematico della Zoologia nel II semestre. CLASSE VII. — Religione. La morale cattolica. — Latino. Cicerone, due orazioni. Virgilio, Eneide. Esercizi stilistico-grammaticali. Preparazioni. Temi scolastici come nella V. — Greco. Demostene. Omero (Odissea). Temi come nella V. — Italiano. Storia della letteratura italiana del 700. Nozioni sulle varie specie di componimenti come nella VI classe. Dello stile. Illustrazione della I cantica di Dante, di cui i brani migliori da apprendersi a memoria. Temi come VI classe. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell’ istruzione). Ripetizione di tutta la sintassi. Lettura dal Nöe, Antologia p. II. Grammatica Willomitzer. Traduzione ed analisi con osservazioni filologiche. Esercizi di memoria. Compiti come nella VI. — Geografia e storia. Storia deli’ evo moderno con riflesso allo sviluppo politico interno degli stati d’ Europa e Geografia relativa. — Matematica. Aritmetica: equa-zione quadrata con due incognite, equazioni diofantiche di I grado. Progressioni, calcolo d’interesse composto e rendita. Teoria elementare delle combinazioni, teorema binomiale. Geometria. Temi trigonometrici. Geometria analitica nel piano, sezioni coniche. Tre temi scolastici per semestre. — Scienze naturali. Fisica: Iutroduzione, meccanica, calorico, chimica. — Propedeutica. Logica. CLASSE VIII. — lieligione. Storia della Chiesa cattolica. Ri-petizione dei punti colminanti della dogmatica e della morale. — La-lino. Tacito: Germania, Annali e storie. Orazio: poesie scelte (ediz. Tempsky). Esercizi stilistico-grammaticali. Preparazione. Temi come nella V. — Greco. Lettura. Platone, Apologia di Socrate, due dia-loghi minori od uno maggiore. Omero, Odissea; Sofocle. Preparazione e temi come nella V. — Italiano. Storia della letteratura italiana deli’ 800. Breve riassunto di tutta la storia della letteratura. Illustra-zione degli Ultimi canti dell’inferno di Dante, della II cantica e di alcune parti della III, di cui i brani migliori da apprendersi a memoria. Temi come nella VI classe. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell’ istruzione). Lettura dal Nöe, Antologia p. II. Esercizi di versione da qualcbe autore classico italiano. Letteratura sulla scorta del testo (cenni sui principali periodi della letteratura tedesca). Grammatica Fritsch. Compiti come nella classe precedente. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. I semestre: Storia della Monarchia austro-ungarica. II semestre: Studio geografico statistico della Monarchia austro-ungarica; riepilogo della storia greca e romana. ■— Matematica. Esercizi sulla soluzione di problemi matematici. Ripetizione delle partite importanti della materia. Tre temi scolastici per semestre. — Scienxe naturali. Fisica: magnetismo, elettricitä, acustica, ottica, elementi di astronomia. — JPropedeutica. Psicologia empirica. III. ELENCO DEI LIBRI SCOLASTICI ADOPERATI ATTUALMENTE IN QUESTO GINNASIO I Classe. — Religione: II Catechismo cattolico, Trento 1899. — Latino: Schultz-Fornaciari, Grammatica ed esercizi. — Italiano: Grammatica (Hassek, ed. Chiopris). Letture italiane p. I, 2 edizione, Vienna, Alfr. Hoelder 1886. — Tedesco: G. Defant, lingua tedesca p. I. — Geografia: Morteani, geografia p. I, Trieste, Schimpff 1894. — Aritmetica : Wallentin, raanuale di aritmetica per la I e II classe delle scuole medie — traduz. Postet. Trento Monauni 1896. — Geometria: Hočevar, traduz. Postet, Vienna, Tempsky 1891. — Storia naturale: Zoologia, Pokorny-Lessona, e Botanica, Pokorny-Caruel, Torino, Ermanno Loescher. II. Classe. — Religione: Catechismo grande, come sopra. — Culto di Gaume e Valli, Trento, Seiser editore, 1882. — Latino: come sopra. — Italiano: Grammatica (Chiopris). Letture parte II. Vienna Alfredo Hoelder 1883. — Tedesco: Defant I, come sopra. — Geografia: Morteani, compendio di geografia per la II classe. Trieste, Schimpff 1895. — Storia: Mayer. Manuale di storia universale per le classi inferiori di scuole medie, p. I. Vienna. Tempsky. — Matematica: Aritmetica e Geometria, come sopra. — Storia naturale: Zoologia e Botanica come nella I. III. Classe. — Religione: Schuster, Storia sacra. Vienna 1885. — Latino : Schultz-Fornaciari ut supra. Memorabilia Alex. Magni (Schmidt e Gehlen) Vienna, Hoelder 1897. — Greco: Curtius-Hartel, Grammatica greca; Schenkl, esercizi greci; Monauni, Trento. — Italiano: Grammatica come sopra. Letture p. III. Vienna, Hoelder 1883. — Tedesco: Defant, lingua tedesca p. II. — Geografia: Morteani p. III. — Storia: Mayer, Manuale di storia. Medio evo. Vienna, Tempsky 1897. — Aritmetica: Wallentiu, manuale di aritmetica per la III e la IV classe delle scuole medie — traduz. Postet. Trento, Monauni 1892. — Geometria: Močnik p. II. — Storia naturale: Mineralogia, Pokorny-Struever, Torino, E. Loescher 1882. — Fisica: Vlacovich, Trieste, Caprin edit. 1880. IV. Classe. — Religione: Schuster: Storia sacra ut supra. — Latino: Grammatica; esercizi ut supra. Cesare, De bello gallico, Praga, Tempsky 1883. — Greco: Curtius, ut supra: Schenkl, esercizi ut supra. — Italiano: Demattio, grammatica italiana. Letture p. IV. Vienna, Alfredo Hoelder 1883. — Tedesco: come nella III. — Geografia: Morteani — Compendio di geografia della Monarchia austro-ungarica per la IV classe, Trieste, Schimpff 1887. — Storia: Mayer, manuale di storia, p. III. Vienna, Tempsky 1895. — Matematica: come nella III classe. — Fisica: Vlacovich ut supra. V. Classe. — Religione: Giovanni de Favento. La chiesa catto-lica, la sua dottrina e la sua storia, Capodistria, Priora 1879-80, II. edizione. — Latino : Schultz-Fornaciari, Raccolta di temi per la sintassi, Torino Ermanno Loesclier 1884; Livio, editore Tempsky; „Ovidio“ Carmina selecta, Sodlmayer, Praga, Tempsky 1884. — Greco: Curtius, Grammatica; Casagrande, esercizi greci, p. II; SchenkI, Crestomazia di Senofonte, Torino Loesclier 1880; Omero, Iliade edizione Christ. Praga, Terapsky. — Italiano: Antologia di poesie e prose scelte italiane (edite da Chiopris) Trieste II edizione 1891, p. IV. — Tedesco: Wil-lomitzer, Grammatica tedesca; Defant-Mayer, esercizi e letture tedesche p. I. — Storia: Gindely, Storia universale pel ginnasio superiore I e-dizione. Tempsky, Praga. — Matematica: Močnik, Algebra per le classi superiori, versione Menegazzi, Trieste, Dase 1884. — Storia naturale: Mineralogia. Geologia di Hochstetter e Bisching, Vienna, Hoelder 1882. Botanica. Burgenstein, Elementi di Botanica per le classi superiori delle scuole medie, versione Stossicli, Vienna 1895. Hoelder. VI. Classe. — Religione: Giovanni de Favento (ut supra). — Latino: Schultz-Fornaciari come nella classe V; Sallustio, Bellum Iu-gurthinum, Scheindler, Praga, Tempsky 1883; Virgilio, Eneide con alcuni brani scelti dalle Bucoliche e dalle Georgicho, W. Klouček, edizione Tempsky. Cesare, commentarii de bello civili edizione Tempsky — Greco: Casagrande, Esercizi p. II. Torino, E. Loesclier 1870; Omero Iliade ut supra: SchenkI, Crestomazia di Senofonte ut supra. Erodoto, edizione Hoelder, Praga, Tempsky. — Italiano: Antologia (ut supra) p. III. — Tedesco: Defant-Mayer, letture tedesche, p. I e III; Willo-mitzer, grammatica tedesca; Hassek, esercizi di versione dali’italiano in tedesco, Trieste, Schimpft'. — Storia: Gindely, p. II. —Matematica: Močnik, Algebra e Geometria, ut supra; Močnik, Tavole Logaritmiche, Vienua Gerold. — Storia naturale: Elementi di Zoologia dol Dr. Graber e del Prof. Mik, versione Gerosa. Vienna, Praga, Tempsky, 1896. VII. Classe. — Religione: Giovanni de Favento (ut supra). — Latino: Schultz-Fornaciari ut supra; Virgilio, Eneide (ut supra); Cicerone, Orationes selectae, Nolil, Praga, Tempsky. — Greco: Curtius, Grammatica ut supra; Casagrande, Esercizi p. II, ut supra; Omero, Odissea edizione Pauly, Praga, Tempsky p. I e II; Deinostene, edizione Defant, Praga, Tempsky. — Italiano: Antologia, ut supra p. II; Dante; Divina commedia, edizione Salani, Firenze, setiza note. — Tedesco: Defant-Mayer, esercizi e letture tedesche p. III, Ambr.-Mayr. Leitfaden der deutschen Literaturgesch., Trient, Monauni; Hassek, ut supra. — Storia: Gindely, p. III. — Fisica: Münch; traduzione italiana del Prof. lob, Vienna, Holder 1898. — Propedeutica filosofica : Lindner, coinpendio di logica formale per istituti superiori, traduzione Erber, Zara 1882. VIII. Classe. — Religione: Giovanni de Favento (ut supra). — Latino: Orazio, Carraina selecta, edizione Petschenig, Praga, Terapsky 1885. Tacito, edizione I., Müller. Praga, Tempsky. — Greco: Sofocle: una tragedia, edizione Tempsky; Platone, Apologia ed il Critone, edizione Christ, Praga, Tempsky. Oraero: Odissea, ut supra. — Italiano: Antologia, ut supra p. I; Dante ut supra. — Tedesco: Defant-Mayer III; Mayer, Leitfaden der deutschen Literaturgeschichte. Hassek libro di veraioue. — Storia e Geografia: Hannak, Geografia e storia del- 1’Austria, Vienna, Holder 1874. — Matematica: come nella VI e VII. — Fisica: come sopra. — Propedeutica filosofica: Lindner Psicologia. Nelle classi I, II, III, IV e VIII si adopera Kosenns Geographischer Atlas für Mittelschulen, 37. Auflage. Wien, Hölz, 1897. Nelle classi II, III, IV, V, VI e VII si adopera il Puteger, Hi- storischer Schul-Atlas. Wien, 1886 (Pichler). IV. TEMI DI LINGUA ITALIANA elaborati nel corso deli’ anno scolastico dagll scolari delle classi snperiori Classe V. — Gli Ultimi giorni delle mie vacanze. — La mia mia stanza da studio. — II ratto delle Sabine (sulle tracce di T. Livio, Lib. I). — Una bella giornata d’ autunno. — II viaggio di Dante at-traverso i primi cinque cerchi deli’ inferno. — . . . la dimanda onesta, Si dee seguir, con 1’ opera, tacendo. — A canto il fuoco. — Cosa bella e mortal passa e non dura. — Date Caesari, quae sunt Caesaris, et quae sunt Dei, Deo. — Est proprium stultitiae aliorum vitia cernere, oblivisci suorum. — Giovanni Boccaccio. — II risparmio e il primo guadagno. — I nemici delle foreste. — Cui fu donato in copia, Doni con volto amico, Con quel tacer pudico, Che accetto il don ti fa. — II Rinascimento (significato, cause ed effetti). — Vier Elemente, Innig gesellt, Bilden das Leben Baunen die Welt. Classe VI. — L’ Orlando Furioso. — Era la notte, allor c’ alto riposo Han 1’ onde e i venti, e parea muto il mondo (Gerusal. Lib. c. II). — Pratica di Socrate con Crizia ed Alcibiade. — A metter fuori le unghie il debole non ci guadagna. — Alcun non puö saper da chi sia amato, Quando felice in sulla ruota siede (Orl. Für. c. XIX). — La parola e d’ argento, il silenzio e d’ oro. — II sangue. — La vita nostra ö come un bei tesoro, Che spender non si deve in cosa vile (Trissino — Sofonisba). — Piove! — Ed a’ voli troppo alti e re-pentini Sogliono i precipizi esser vicini (Gerusal. Lib. c. II). — Carat-tere d’ Erminia e la sua dimora nella capanna del pastore (Gerus. Lib. c. VII). — I buoni e i grandi cercano il bene nel male; i tristi e i mediocri il male nel bene. Classe VII. Torniamo al lavoro! — Bambini, siamo felici e non ce ne accorgiamo; giovani, possiamo essere felici e non lo vogliamo; vecchi, vogliamo essere felici e non lo possiamo. — Dante e Filippo Argenti. — Noi siamo sempre inclinevoli a credere cid che a noi piace e giova. — L’ amore per 1’amore; il nato di Betlem soltanto seppe insegnarlo al mondo. — Ego sum flos campi — II „Saul“ ed il „Filippo“ di Vittorio Alfieri. — Nur der Irrthum ist das Leben, Und das Wissen ist der Tod (Schiller, Kassandra). — O degli altri poeti onore e lume, Yagliami il lungo studio e il grande amore, Che m’ lian fatto cercar lo tuo volume! — Cid che vi ha di piü generoso nel cuore umano e la pietä. Dopo il suo sangue, ciö che 1’ uomo puö dare di piü ö una lacrima. — Eroi veri sono quelli che sacrificano sö agli altri, e non quelli che sacrificano gli altri a sä. — Afa estiva. Classe VIII. — L’ episodip di Manfredi (Purg. c. III). La via piü corta per rimanere ignoranti ö quella di presumere di saper molto. — Pallida mors aequo pulsat pede pauperum tabernas Kegumque turris (Orazio, Carm. I 3). — L’ uomo virtuoso e conoscitore del mondo si rallegra meno del bene e si rattrista meno del male. —.....................le Pimplee fan lieti Di lor canto i deserti, e 1’ armonia Yince di mille secoli il silenzio. — Sono i tempi che formano 1’ uomo, non 1’ uomo che forma i tempi. — Don Abbondio e padre Cristoforo di fronte agli obblighi del loro ministero. — Non rinvangare quello che non puö servire ad altro che ad affliggerti maggiormente. — Perche il dolore? Perche ci potesse essere la gioia. — Diligite iustitiam! — II libro nella storia della civiltä. — II mecenatismo nella storia delle lettere italiane. — II sentimento che prevale sempre nell’ umanitä e quello della giustizia: la violenza lo reprime, la perfidia lo fuorvia, 1’ igno-ranza e l’inganno lo oscurano, ma esso risorge pur sempre, come fiamma che non s’ammorza, se anche torta mille volte dal vento (tema di maturitä). G. A. Galzigna V. BRANI DI AUTORI CLASSICI LATINI E GRECI STUDI ATI NELL’ ANNO SCOLASTICO 1899-900 III. CLASSE. — Latino: Memorabilia Alexandri Magni di Q. Curzio ßufo, edito dal Gehlen coi supplementi del Freinsheim. C. I-XXIX (fino alla morte di Dario). IV. CLASSE. — Latino: Cesare, de Bello gallico, I, II e IV, 16-fine. Ovidio, delle Metamorfosi; Esordio; Le quattro etä del mondo; II consiglio degli dei; Deucalione e Pirra; Dedalo e Icaro; dai Fasti (I ludi Ceriali). V. CLASSE. — Latino: Livius a. u. c. I. II. ad medium. Ovidius, ex Fastis et Metamorphoseon libris delectus. — Greco: Xenophon, Cyrop. et Anabas, delectus Homeros, II. I. III. VI. CLASSE. — Latino: Sallustio: Bellum Iugurthinum. Cicerone : I oratio in Catilinam. Cesare: De bello civili I. Virgilio: Egloghe I. V. VII. IX. Georg. Proemio. I 118-159, 351-514. II 109-176, 458-540. Eneide I. — Greco: Senofonte: Dalle Memorie socratiche, I e II ed. Schenkl-Müller; Dalla Ciropedia I. Omero, Canti VI, XVIII, XXII, XXIV. Erodoto: Libro V 1-16; 23-27; 28-39; 49-77: 79-86; Libro VI 96-126, 132-134. VII. CLASSE. — Latino: Cicerone, le orazioni in difesa di Mi-lone e di S. Roscio Amerino. Virgilio, i 11. II, III, IV, V deli’Eneide (abbreviati). Greco: Demostene, Prima oraz. contro Filippo e le tre olintiche. Omero, Odissea C. I, II parte del V, il VI, il VII e parte del IX. VIII. CLASSE. — Latino: Orazio, Carmi I 1, 2, 3, 6, 7, 9, 11, 14, 15, 18, 19, 21, 26; II 14, 18, 22; III 12, 17; IV 7, 9; Epodi 1, 2, 13, 16; Sermoni I 1, 5, 9; II 1, 8; Epistole I 1, 10, 16, 26. Tacito, Germania 1-27, Annali IV e VI. Greco: Platone, Apologia di Socrate. Critone. Gli ultimi capitoli del Fedone. Lachete. Omero, Odissea VI, VII, IX. Sofocle, Edipo re. TI. Alimenti nella collezione Sei mezzi fl’ uscpamento I. Biblioteca dei professori. — Giunta provinciale istriana, re-lazioni e resoconti dietali del 1899: Rivista di filologia classica; con-tinuazione; 7jeitschriJt für oesterreichische Gymnasien; continuazione; Oesterr.-ungar. Monarchie in Wort und Bild (2 copie, una per la biblioteca degli scolari); continuazione; Gesetz und Verordnungsblatt; continuazione (dono della Luogotenenza di Trieste); Literarisches Centralblatt für Deutschland; continuazione; Mayer-Wyde, Oesterr. Ung. Revue; continuazione; Habcrlandt, Zeitschrift für oesterr. Volkskunde (dono della k k. Schulbücherverlags-Direction, Wien); Oest. Botan. Zeitschrift-, continuazione (dono dell’Ecc. Luogotenenza); Rocher, Real-lexicon der griech. u. röm. Mythologie; continuazione; Gröber, Grundriss der romanischen Philologie; continuazione; Ganglbauer, die Käfer von Mitteleuropa; continuazione; Neubauer-Divis, Jahrbuch des höh. Unterrichtswesens; continuazione; Dr. Hans Heger, Oesterreichs Wohlfahrts-Einrichtungen 1848-1898, Festschrift z. Ehr. des 50 j. Regie-rungs-Jubilaeums S. K. K. Apostol. Majestät, III. u. IV. Band; Gerber et Greef, Lexicon Taciteum; continuazione; G. B. Moliöre, (trad. da Moretti), Commedie scelte; Dom. Ciampolif II Barone di Sau Giorgio; Enrico Zanoni, La mente di Franc. Guicciardini; Matteo Ricci, Scritti postumi di Massimo d’Azeglio; Cesare Cantü, Beccaria ed Diritto Pe-nale; Antonio Favaro, Galileo Galilei e Suor Maria Celeste; Gius. Gigli, Superstizioni, Pregiudizi e Tradizioni in Terra d’Otranto; Gius. Pitri, Novelle Popolari Toscane; Max Nordau, Battaglia di Parassiti; Dr. Franco Ridella, Una sventura postuma di Giac. Leopardi; Ang. De Gubernatis, Piccola Encielop. Indiana; Franc. Petrarca, I Trionfi (ed. d. Fl. Pellegrini); Edoardo Polli, Stille; Riccardo Folli, I Pro-messi Sposi (dono del sig. Dr. Pietro de Madonizza); Antonio Ive, I Dialetti Ladino-Veneti dell’Istria (dono dell’incl. Giunta provinciale); P. Dr. Tomasin, Ordine Frati Minori Conventuali (dono); Gtius. Vet-tach, Paolo Diacono (dono); Michele Stossich, Filarie e Spiroptere (dono); Michele Stossich, Strongylidae (dono); Max Wildermann, Jahrbuch der Naturwissenschaften; Giorgio Marchesini, La Contabilitä; Karl Weinhold, Mittelhochd. Lesebuch; Lhomond, Urbis Romae Viri illustres; Alb. Doberenz, C. I. Caesaris Commentarii; Ferd. Schultz, Latein. Synonymik; C. G. Zum.pt, Latein. Grammatik; Raph. Kühner, Xenophontis de Socrate comm.; K. W. Krüger, Xenoph. Anabasis; Ludw. Breitenbach, Xenoph. Memorabilien; K. W. Krüger, Griech. Sprachlehre; Lehrplan u. Instructionen für den Unterricht an den Gymnasien in Oesterreich; Can. Giac. Bonifacio, Approdo di Pio VII in Istria (dono); Ricordo del Santuario della B. V. di Strugnano (dono); K. L. Moser, Der Karst u. seine Höhlen ; Can. Giac. Bonifacio, Cenni storici e statistici della Diocesi di Capodistria (dono dell’ autore); Lemcke, Populäre Aesthetik; Pietschmann, Masperos Gesch. der mor-genl. Völker im Alterthum; Simrock, Die Edda; Freytag, Aus dem Mittelalter; Schroeter, Gedichte Walthers von der Vogelweide; Papa-dopulo, II falso e 1’ illegittimo della vita del Patriarca Ignazio; Nee Himera, Contributo di Vocaboli (dono); M. T. Ciceronis, epistolae selectae (sei copie); Titi Livi, ab urbe condita libri (sei copie); Ov. Nasonis, metamorphoses (sei copie); Dr. Pietro Rozzo, Nelle nozze Grulich-Giuliuzzi (dono dell’autore). II. Biblioteca degli scolari. — Anzoletti. La donna nel pro-gresso cristiano. Arnaudo. La Valanga. Anserini. Madri di uomini celebri. Bonomelli. Un autunno in occidente. Un autunno in Oriente. Baccini. Feste azzurre. Borsa. Verso il sole di Mezzanotte. Balangero. Australia e Ceylan. Colombo. Pariniana. Capuana. Scurpiddu. Car-cano. Novelle campagnuole. Novelle domestiche. Corte. II continente nuovissimo. Colet. Infanzie di uomini celebri. De Margerie. Frate Ar-senio ed il terrore. Deledda. Anime oneste. D'Ethampes. La villa delle rose. De la Grange. Lo spettro di Framoriale. Fulvia. Troppo Fiera? Ferrini. In giro per Milano. Fogazzaro. Discorsi. Giacosa. Impressioni d’America. Giacomelli. A raccolta. Gigliogli-Casella. Intorno al mondo. Gioia. Galateo. Herve-Bazzin. Le grandi giornate della Cristianitä. Jack la Bolina. Al lago degli elefanti. Lomonaco. Da Palermo a New-Orleans. Lioy. Escursione sotterra. Morandi. Masaniello. Mioni. Ma-tiru, il re delle Pelli Rosse. Una battaglia nel deserto. Magistretti. Le betule di Lelio. Magherini. II diavolo (Novelle Valdarnesi). Normanni (de). II legato di Giorgio Bonneval. Navery. II baratro. Roux. Fiabe delle veglie invernali. Salgari. Al polo australe in velocipede. I nau- fragatori deir„Oregon“. JI continente misterioso. Le stragi delle Filip-pine. Al Polo Norci. Nel paese dei ghiacoi. Gli orrori della Siberia. 1 pescatori di Frepang. Schiavi. Poesie varie. Stoppani. Acqua ed aria. La santitä del linguaggio. Savi-Lopez. Maria. Silvestri. Ricordi d’ uno študente povero. Straff'orello. Storia popolare. Tengström. Marchit. Targioni-Tozzetti. II Mare. Vitelleschi. Prosa moderna. prol. Galzigna Gabinetto arclieologico. Acquisti: Ed. v. d. Launitz: Olympia nach den Resultaten der deutschen Ausgrabungen; Tragische Masche; Doryphoros, Diadumenos, Amazone-, Römische Gewandstatue, Matrona; Triclinixm; Symposion; Cybulski No|jia[i.aTa 'EAXtjvixoc. II gabinetto archeologico contiene 63 numeri d’ inventario. prof. Steffanl Gabinetto di Fisica. — Termometro medicinale — bussola — apparato per 1’ elasticitä — sferometro — nonio lineare — nonio cir-colare — livello — apparato per la pressione laterale dei liquidi — sifone per veleni — lampada Döbereiner — caleidoscopio — magnete naturale — magnetometro — interruttore a ruota — un paio forbici. prof. Sbuelz Gabinetto di Storia naturale. — Doni: Un armadillo del Bra-sile, dono del sig. Arturo de Petris capitano del Lloyd Austriaco. Una monachella a gola nera, dono di Sandrin Spartaco, scolaro della I classe ginn. Una mustela faina, dono di Oscarre Urbancich, scolaro della IV classe ginn. Una tavola murale rappresentante un fondamento di salina doppia, dono di Senica Arturo della III classe. Acquisti: N.ro 14 infiorescenze, modelli in carta pesta, secondo le rappresentazioni del prof. L. Dr. Kny. prof. Gerosa Esmioni di scolari per iscoji di esercizio igienico e äi studio II giorno 23 maggio, destinato alle escursioni scolastiche, 20 scolari delle classi VII, VI e V, guidati dal sottoscritto, partirono da Capodistria alle 6 di mattina e per Puzzole ed Oscurus si diressero alla volta di Momiano, ove pervennero dopo 3 ore e 45 minuti di buona marcia. Cola pranzarono e nel pomeriggio furono invitati da al-cuni signori del luogo, che regalarono loro delle bottiglie di eccellente moscato. Nel ritorno presero una via diversa da quella della mattina, passarono per Puzzole, di li andarono a Monte e dopo 4 ore e un quarto arrivarono stanchi bensi, ma tutti sodisfatti della gita, alle case loro. G. Mtriioh Bella, immortal, benefica riusci veramente la scampagnata, che fecero, in compagnia del professor Larcher e del sottoscritto, loro capi, venti scolari della prima e tredici della quarta classe di questo ginna3io nel giorno di mercoledi, 23 maggio, cui il vicedirettore con savio consiglio volle consacrata ap-punto alle gite. Bella, dico, percliö piü bel sole die in quel dl non era sfolgorato in cielo da quando primavera aveva fatto il suo ingresso in quest’ anno. Erano le vallette e i colli e le rive de’ ruscelletti e dei fiumicelli e i prati e i boschi, che attraversammo, che percorremmo, tutti in festa, tutti rivestiti dei loro abiti piü nuovi e piü verdi, tutti adorni dei fiori piü eletti e piü fragranti. Una brezzolina soave s’insinuava di quando in quando tra le fronde, che s’ agitavano come un fremito di gioia ne compenetrasse le cellula piü intime. Anche le membra un po’ sudanti aveano dalla brezza ristoro, quando i camminatori si fermavano estatici qua e colä, ad ascoltare il canto innamorato o del cuculio o deli’ usi-gnuolo o, beatamente sdraiati sulla molle erbetta al rezzo, contempla-vano il magnifico paesaggio. E dico immortalc a ragione, perchö, senza un dubbio al mondo, 1’ amenissima passeggiata dei 23 maggio 19G0 resterä impressa a ca-ratteri indelebili nelle menti tenerelle e plasraabili de’ giovanetti e si ricorderä tutta via, anche quando i due professori, che la diressero, ri-poseranno da un pezzo sotto le piote, morti e sfatti: anzi ben ci sarä, io penso, chi giä vecchio ne tramandi ai figli de’ figli suoi il dolce ricordo e insieme il vivo desiderio di ripeterla nella etä beata. Si certo. E dico finalmente benefica, perchö — lo si predica oramai anche su per i giornali piü popolari, come si chiamano — non v’ e chi non sappia, chi non senta, che una passeggiata sotto il terso ed azzurro padiglione del nostro cielo, quando e terso ed azzurro e d’ ogni parte c’ inonda ed avvolge la luce vivificante del sole, nell' aria libera e os-sigenata, fra il rigoglio della risorgente natura, per la soave contem-plazione di tante meraviglie, non v’ e chi non senta, che una passeggiata cosi non puö non rinfrancare e rigenerare e il corpo e 1’ animo, acca-sciati dal lungo sedere a tavolino a studiare difficili questioni, a risol-vere duri problemi, nella penombra d’ una stanza male arieggiata o, peggio, al fioco lume d’una lampada fumosa, a mo’ de’ tragloditi. Staccatici dunque da Capodistria all’ ora stabilita, alle 6 in punto, seaza fermarci a lungo per via, alle 8 raggiungemmo il villaggio di Maresego. Quivi un’ora di riposo e una parca refozione ci ridonarono la perduta lena, se mai perduta era. Poi, accompagnati dal maestro e dal segretario comunale del luogo e dal delegato giuntale, che ivi per avventura si trovava a rive-dere i conti del comune, gentilissime persone da vero, ci recammo a visitare la localitä, dove nella domenica delle palme di quest’ anno, 8 aprile, circa fra le ore 8 e le 12, sotto gli occhi non poco meravigliati di quel mugnaio alla Dragogna e della sua famigliuola, il suolo, annoiato forse dal secolare riposo, cominciö per buon tratto ad agitarsi e poi a camminare e qua e lä a sprofondarsi a sollevarsi e a crepare. II feno-meno h interessante e curioso: si vedono lunghi, larghi e profondi cre-pacci e fra 1’ uno e 1’ altro una striscia di terreno di tre di cinque metri di larghezza, sprofondato in qualche pimto di tre di cinque metri; mu-ricciuoli di sostegno ai campi da perpendicolari diventati obliqui; qualche albero qua e lä rovesciato, con le radici al sole; ma presso al fiumi-cello, sulla cui sponda c’ h il mulino, che d detto, il suolo in qualche pošto si elevd di parecchi metri e del pari un piccolo tratto deli alveo stesso con tutto il greto. Quivi ci trattenemmo a un bel circa mezz’ ora, a osservare a esa-minare per lilo e per segno la scena e le tracce del tellurico fenomeno, poi prendemmo via per il villaggio di Paugnano e lentamente salendo vi giungemmo alle 11.15. ßiposammo, intanto che si apprestava il de-sinare, ali' ombra di aleuni alberi dinanzi ali’ osteria. Le mense furono pulite e, lo dico a gloria deli’ oste, le portate, se anche semplici, ab-bondanti e gustose. Sedemmo a tavola da mezzodi alle 13.30 fra lieti conversari e lieti canti. Poi i ragazzi si diedero a giocare alle bocce e ad altri giuochi. Alle 16 riprendemmo verso il villaggio di Monte. A mezza via ci accommiatammo dali’ egregio podesta di Paugnano, il quäle gentil-mente volle esserci compagno fin qui. Dove, anche a nome del mio col-lega, non posso fare a meno di ringraziarlo ancora una volta delle premure ehe si diede, per farci contenti. Sostammo un’ ora buona in cima al monte delle Poiane, sotto alle annose querce semisecolari, sdraiati sulle tenere erbette infiorate ed olezzanti, a sollazzarci, ad ammirare lo splendido panorama. Piü lon-tane si rizzano le vette delle alpi Giulie e giü giü digradanti a guisa d’ anfiteatro i monti e i colli, sparsi di bianchi villaggi, tra’ quali spicca Antignano, e di casine inerpicate sulle balze o sedenti in mezzo alla verzura delle valli. II mare infinito dali’ altra parte, il golfo di Trieste, solcato in ogni direzione di piü grossi legni e di barche. Si adagia fra il mare e le sue saline Capodistria, ehe si porta in grembo il flavo edificio del ginnasio col suo tiglio giganteggiante su dal chiostro. Pareva, ehe, nella melanconia del sentirsi solo, aguzzasse la punta della sua chioma superba alla ricerca di noi. Piü lungi parte di Trieste e Grado e Aquileia .... Scendemmo qui per la strada malvagia di Nigrignano e, ancora freschi, fummo di ritorno a Capodistria alle 19, dopo d’avere giocon-damente percorso 1’ ampio cerchio irregolare e la coda corta d’ un 9 di circa 20 chilometri in tutto. Camminammo sei ore buone, salendo e discendendo circa metri 550, respirando aria balsamica ore tredici, spendendo non piü di corone 1.80 a testa. prof. 6. Vatova II giorno 23 maggio, 15 scolari di classe II e 24 della III, gui-dati dai loro capiclasse Battisti e Majer fecero una bella scampagnata. Si parti alle ore 6 i/2 di mattina e per la strada di Trieste si arrivd a S. Michele; di qui si preše la via che per Pobeghi mena a Dečani. Bellissima fu la discesa da Pobeghi a Dečani, e i giovinetti si diver-tirono assai a vedere dali’ alto della collina la valle del Risano sorri-dere tutta al bacio del sole mattutino, ehe la rendeva piü incantevole, ed allietarsi del melodioso gorgheggiare di varii uccellini, che in quegli ameni boschetti, in quei siti deliziosi presero lor stanza. Arrivati sotto Dečani, alcuni salirono col sig. prof. Battisti a visitare il villaggio, altri, a cui la villa era nota, col sottoscritto si portarouo direttameute al molino Aner, dove una mezz’ ora dopo furono dai primi raggiunti. Quivi tutti sostarono e dopo aver bevuto un bicchiere di birra si dires-sero alle sorgenti dei Risano, che distano da quel molino 12 minuti. E sul prato della chiesuola di S. Maria di Lonche, vicino ali’ araeno laghetto, ehe il llisano forma appena scaturito dalle rocce, visto ed ammirato il modo, nel quäle esso scaturisce, i giovinetti si rlposarono, parte all’ ombra degli alberi ehe fiancheggiano il piccolo lago, parte ali’ ombra della chiesa, domandando informazioni e notizie e deliziandosi della bella frescura e dell’amenitil del sito, che fa pensare alle bel— lezze della campagna e fa comprendere il poeta, ehe con vivo desiderio di quelle beatitudini esclama: O ubi campi Spercheosque et virginibus baocata Lacaenis Taygeta! o qui me gelidis convallibus Haemi Sistat et ingenti ramorum protegat umbra! A mezzo di si fece ritorno al molino, dove si trovd una lunga tavola, preparata ali’ombra di tre annosi alberi, ehe stanno davanti alla casa. II pranzo modesto, ma buono ed abbondante, fu servito ad un’ ora, ed era bello il vedere quei 39 giovinetti allegri e pieni di ap-petito affaccendarsi a sparecchiare, quanto veniva loro imbandito. Ma si satollarono per bene, giacche 1’oste e padrone del molino, il sig. Giuseppe Auer, sebbene avvisato deli’ arrivo soltanto il giorno prima, fece le eose in modo ehe tutti furono contenti e della bonta dei cibi, e della loro quantitä, e della mitezza del prezzo. I giovinetti furono trattati con molta affabilitä e regalati dalla padrona di noci e di noc-eiuole. La partenza ebbe luogo alle 5 e mezza. Si ritornö per la via, che costeggiando il tiume fa capo poi a Lazzaretto di Capodistria, donde per la strada maestra si arrivd in oittä alle 8 e mezza. Si camminö in tutto sei ore. prof. F. Majer SPORT NAUTICO GINNASIALE Lo šport nautico, sostenuto nei mesi di settembre ed ottobre in proporzioni limitatissime dalla sola barca del sottoscritto, fu ripreso regolarmente nei mesi di maggio, giugno e luglio con tre barche, due delle quali di proprieta del ginnasio. S’ iserissoro allo šport 63 scolari delle classi III, IV, V, VI e VII, ehe, divisi in 4 sezioni, presero parte giornalmente alla voga, ogniqualvolta il tempo da principio in-costante lo permise, sorvegliati e diretti dai professori Maier, Marsich e Petris, eontribuendo il tenue importo di cent. 24 mensili per cadauno, impiegati a retribuire un vecchio marinaio, incaricato della sorveglianza e del ripulimento delle due barche del ginnasio. Nel prossimo anno sco-lastico il ginnasio disporrä di 3 barche, per cui si poträ dare uno svi-luppo ancora maggiore a questa ginnastica tanto utile e salutare, la quäle meglio d’ ogni altra s’ attaglia ai nostri giovani, ehe nati la massima parte in cittä marinare, vi si dedicano con particolare affezione, direi quasi, con entusiasmo. prof. F. Majer VII. CRONACA DELL’ ISTITUTO Fatti rimarclieToli ayyenuti flopo la flne deli’anno scolastico 1898-99 II 18 Agosto 1899, nella fausta ricorrenza del Natalizio di Sua Maestä Imp. e Reale Apostolica il Nostro Angustissimo Impe-ratore Francesco Giuseppe I, venne festeggiato coli’intervento dei membri del corpo insegnante presenti in luogo alla Messa solenne ce-lebrata nella Cattedrale. Dopo la funzione religiosa, il Direttore ac-compagnato dai professori presentava ali’ i. r. Capitanato 1’omaggio del Ginnasio pregando di umiliarlo a piedi del Trono. 20 Agosto. I professori sig.i Majer Francesco, Steffani Stefano e Vatovaz Giuseppe vengono promossi all’ottava classe di rango. 3 Settembre. II prof. Francesco Matejčič viene nominato dirigente del neoeretto i. r. Ginnasio croato di Pisino. 13 Settembre. I membri del corpo insegnante presenti in luogo assistono ali’ ufficio funebre celebratosi nella Cattedrale in suffragio deli' anima di Sna Maestä la defunta Imperatrice e Regina Elisabetta. 16 Settembre. II sig. Emanuele Dalponte viene nominato capo maestro provv. presso la locale i. r. Scuola magistrale. Nel suo pošto entra (19 Settembre) il candidato al magistero sig. Giuseppe Marsich. 16 Settembre. il sig. Matteo Krištofič viene assunto qual docente della lingua slava invece del prof. sig. F. Matejčič. 21 Settembre. Si tengono gli esami di maturitä suppletori sotto la presidenza deli’ Ill.mo sig. Ispettore scol. prov. Dr. Francesco Swida. Cosi resta chiusa la sessione di esami per 1’anno scol. 1898-99 col seguente risultato complessivo. Vennero dichiarati maturi con distin— zione: Babudri Francesco da Trieste, de Favento Pietro da Capodistria e Ghersina Guido da Parenzo; semplicemente maturi: Bastianich Giovanni da Cerrovizza (Albona), Brunelli Carlo da Trieste, Corazza Angelo da Montona, Chitter Costantino da Capodistria, Crivellari Giuseppe da Cherso, Demori Nazario da Capodistria, Gortani Cesare da Terzo, Lanzi Mario da Trieste, Leva Lino da Lussingrande, Lonzar Nazario da Capodistria, Luccardi Giulio da Cormons, Parmeggiani Vincenzo da Cervignano, Percich Noe da Volosca, Pernarcich Antonio da Trieste, Tarabocchia Alfonso da Lussinpiccolo e Trevisini Ugo da Pirano. Ri-messi ad un anno 3. 14 Ottobre. L’ i. r. Capitanato partecipa il ringraziamento di Sua Maestä per le felicitazioui umiliate nella ricorrenza del 18 Agosto 1899. 27 Ottobre. Al prof. sig. Stefano Petris viene assegnata la quinta aggiunta quinquennale. 19 Novembre. Festa di Santa Elisabetta. 11 corpo insegnante e la scolaresca as8istono alla s. Messa seguita dalle esequie in snffragio di S. M. la defunta Imperatrice e Regina. 24 Novembre. II sig. Direttore Consigliere scol. Giacomo cav. Babuder viene promosso alla sesta classe di rango. 25. Novembre. Vengono approvate le nuove discipline scolastlcbe e le „Norme per chi tiene a dozzina scolari dell’i. r. Ginuasio di Ca-podistria“, che vengono poi distribuite alle famiglie, nelle quali gli scolari alloggiano. 26. Novembre. S. Messa funebre in suffragio doll’ anima del de-funto Arcivescovo titolare di Pelusio, Mr. Giov. Nep. Dr. Glavina, emerito vescovo di Trieste e Capodistria. 27 Novembre. L’istruzioue della ginnastica viene aftidata al maestro approvato di ginnastica sig. Giovanni Kren, docente di questa materia nella locale i. r. Scuola magistrale. 27 Marzo 1900. Lo spettabile Municipio di qui elargisce corone 200 al fondo ginnasiale di beneficenza per la somministrazione di libri a scolari poveri e la Direzione fa i dovuti e sentiti ringraziamenti. 29. Marzo. Al sig. Giulio Castelpietra, candidato approvato per l’insegnamento deH’italiano e delle lingue classiche, viene accordato il permesso di fare 1’ anno di prova presso questo i. r. Ginnasio. 8, 9 e 10 aprile. Si tengono gli esercm religiosi pasquali. 22 Aprile. 11 Rev. sig. Can. e Parroco Monsignor Giacomo Bo-nifacio prende ispezione, qnale Commissario vescovile, deli’ andamento deH’istruzione religiosa nell’Istituto. 25 Aprile. I seguenti signori vengono nominati membri dell’ ecc. i. r. Consiglio scol. prov. deH’Istria pel seguente sessennio: Dr. Nicolö Druscovich parroco a Cittanova, Giovanni Markelj direttore della locale i. r. Scuola magistrale, Leone Neugebaur direttore della i. r. Scuola reale inferiore di marina a Pola e Pietro Mare,sch direttore dell’ i. r. Ginnasio di Pola. 26 Aprile. L’ inclita Giunta prov. dell’ Istria elargisce corone 100 per lo sport nautico ginn, e la Direzione esprime ad essa i suoi sentiti ringraziamenti. Questa somma aggiunta a quella di cor. 722, elargita dali’ Ecc. Ministero, dall’ inclita Giunta prov. istr., dallo spett. Municipio e da generosi cittadini di qui, da la somma complessiva di cor. 822. La Direzione valendosi della cooperazione e del consiglio dell’ 111.mo sig. Cap. del Lloyd Biagio Cobol, al quäle furono rese vive azioni di grazie, acquistö per il ginnasio una barca da sport che costö cor. 233 ed una barca-scuola dal sig. Pietro Pecenca per 1’ importo di cor. 200. Furono spese inoltre per arnesi accessori ed altro cor. 49.72. Sieche re-stano ancora alla Direzione disponibili per tale oggetto cor. 339.28, che saranno impiegate nell’ acquisto d’ un’ altra barca, giä ordinata. 6 Maggio. L’ Ecc. Luogotenenza partecipa ehe gli esarai di ma-turitä in iseritto cominceranno al 28 Maggio, e i verbali il giorno 7 Luglio. 8 e 11 Maggio. L’ill.mo sig. Ispettore scol. prov. Dr. Francesco Swida ispeziona 1’ Istituto. 17. Maggio. L’Ecc. Ministero del Culto ed Istruzione stabilisce nuove norme per 1’istruzione della lingua italiana nei ginnasi con lingua d’ insegnainento italiaua. 21 Giuguo. Festa di San Luigi. Prima Comunione di 21 scolari ginnasiali dalle mani di Monsignor Vescovo diocesano presente in luogo. La cattedrale parata a festa; la navata di mezzo tutta a disposizione dei comunicandi in beli’ ordine disposti, i ginnasisti in prima, poi quelli delle scuole popolari e quindi una fiorita di ragazzine bianco vestite, cinte il capo di candidi veli e fiori. Prima della S. Comunione Mons. Yescovo dice parole appropriate alla solennitä del momento e porge poi 1’ eucaristia ai giovanetti e alle giovanette, che in buon ordine avvi-cendandosi, vanno ad inginocchiarsi al pošto distinto. Questo avviene durante la Messa celebrata alle 7 di mattina; alle 10 si celebra la Messa solenne coli’ intervento dei giovanetti stessi e delle giovinette, delle loro famiglie e di una densa folla di persone accorse parte a con-durre i cresimandi parte ad assistere alla bella festa religiosa. Neli’una e nell’ altra delle due >S. Messe da lodata prova di sua valentia il coro ginnasiale, diretto all’organo dal bravo maestro di mušica Sig. Luigi Sokoli, docente di canto in questo i. r. Ginnasio. L’inclita giunta provinciale deli’ Istria fu, come al solito, larga di sussidi e incoraggiamento a scolari poveri e meritevoli. — La stessa spettabile Autoritä usa inoltre la cortesia di regalare tratto tratto alla biblioteca ginnasiale qaalche pregevole pubblicazione d’ interesse storico istriano. Debito di riconoscenza tiene pure la direzione verso lo spettabile Municipio di questa eittä, che dimostrasi animato di vivo interessamento per la prosperitä deli’ istituto. La reverendissima Curia vescovile di Parenzo-Pola tutta impe-gnata a regolare sempre meglio ed ampliare la provvida istituzione del convitto diocesano, creato anni or sono con plauso generale deli’Istria, oltre favorire gli alti scopi religiosi cui mira, si rende benemerita della prosperitä di questo istituto, fornendo al medesimo un contingente con-siderevole di buoni e bravi giovani, ehe fanno onore al ginnasio ed al convitto che li alberga. — II numero degli scolari in quest’ anno sal\ a 67. Cosi potesse allargarsi sempre piü la benefica istituzione ed appa-gare le domande di accoglimento, ehe annualmente in numero sempre maggiore le vengono porte da famiglie deli’ Istria e di fuori! La scuola ha assoluto bisogno di una cooperazione domestica vigile ed energica ed a questa si lusinga di aver provveduto il Ginnasio colla compilazione e distribuzione del regolamento per le famiglie ehe tengono a dozzina scolari. Con ciö si intende di assicurare i genitori della buona riuscita dei loro figliuoli, ove siano collocati presso famiglie ehe pos-sano offrir loro non soltanto locali bene arieggiati e percid sani ed un vitto coscienzioso e conveniente, ma presentare pure una garanzia che per la loro onesta, esperienza e saggezza, sapranno, senza reprimere la naturale vivacitä ed espansione d’ animo, educarli moralmente e ci-vilmente e preservarli dai pericoli, a cui e tanto esposta oggid'i 1’ etä giovanile. 18. Giugno. Muore a Medolino, sua patria, 1’ ottirao giovinetto Giovanni Zuccon, scolare della III classe, strappato all’ affetto della famiglia da lento, inesorabile morbo. TTXXI. Esami d.i IL£etfru.rltž>, Esami in iscritto: Si tennero i giorni 28, 29, 30, 31 Maggio e 1 Giugno. I temi assegnati erano questi: I) Lingua laiina, a): Versione dall’italiano: Un brano del Prate Guido da Pisa, I fatti di Enea LI. b) Versione dal latino: M. Tullii Ciceronis, De officiis III 26-28. II) Lingua greca. Senof. Cir. VI. 3. 5-12. III) Lingua italiana. ,11 sentimento che prevale sempre nell’u-manitä č quello della giustizia: la violenza lo reprime, la perfidia lo fuorvia, 1’ ignoranza e 1’ inganno lo oscurano, ma esso risorge pur sempre, come fiamma che non s’ ammorza, se anche torta mille volte dal vento.“ Ad un candidato venne assegnato il tema: „Nei popoli 1’ ap-prezzamento delle piü alte manifestazioni del pensiero e quasi sempre incompatibile con 1’ angustia economica.“ IV) Lingua tedesca. Welche sind die wichtigsten Vorzüge unserer Zeit im Vergleich mit der Vergangenheit?“ Per un singolo candidato: „Ferro nocentius aurum.“ V) Matematica. 1) Quali sono i numeri che divisi per 11 danno un residuo 7, o divisi per 13 un residuo 8? Si determini la somma di quelli che stanno fra il 100 ed il 1000. 2) Data la superficie di un cilindro retto e dato il raggio della sua base, determinare il volume di questo cilindro. S — 1570 5 dm2, r — 9’83 dm. 3) In che punto incontra la retta (y = — 2 x -)- 9) quella che passa per i punti Mt (8, 7) e M2 (— 5, 2) ? 4) Dati due lati (a =r 53‘2 cm, b — 29'7 cm) e 1’angolo opposto al maggiore (a = 59° 13'), risolvere il triangolo. L’esame in iscritto fu sostenuto da 19 candidati, uno dei quali con tema differente nella lingua tedesca ed un altro con tema differente nella lingua italiana e da una signorina ammessa agli esami dall’Ecc. I. R. Ministero del Culto ed Istruzione in base alle Disposizioni d. d. 9 Marzo 1896 N. 1966, giusta oss. D. deli’ Ecc. I. B. Consiglio scol. prov. dell’Istria d. d. 7 Aprile 1900 N. 611. Insieme 20. Gli esami verbali sono indetti pel giorno 6 Luglio p. v. L’ esito verrä publicato a suo tempo nel foglio ufficiate del dominio e nel pro-gramma deli’ anno scolastico p. v. IX. FONDO Gl N N ASI ALE Dl BENEFICENZA Chiusa di contu al tormine dell’anno scolastico 1898-99: Introito Cor. 762.85; Esito Cor. 725.87. — Civanzo Cor. 36.215. — Gestione dal 30 Giugno 1899 al 80 Giugno 1900. Introito Cor. c. Esito Cor. c. 1) Civanzo della gestione 1) Sussidi in denaro a sco- precedente 72 43 lari poveri in corso dell’anno 117 60 2) Contributo degli scolari 2) Špese per legature di per legature di libri scolastici libri 73 90 raccolto dal Prof. Steffani. . 64 40 3) Aacquisto di libri sco- 3) Da alcuni scolari nel la- lastici 398 86 sciare il Ginnasio 3 50 • 4) Daeli scolari di classe II \ per un danno arrecato . . . 4 — \ 5) Dagli scolari di classe V V quäle contributo 8 — 6) Interessi di obbligazioni 140 70 7) Da un anonimo di qui . 20 — \ 8) Dallo Sp. Municipio di qui 200 — 9) Dagli scolari dell’ottava 3 95 \ Assieme 516 98 Assieme 590 36 Disavanzo corone 73 centes. 38. Stato economico del foudo. Capitale is obbligazioni di stato vincolate a notno del Fondo di beneficenza di questo Ginnasio corone 3300. Fondo libri — Vedere „Dati inventarili.“ C. Sbuelz X. DATI STATISTICI DELLA SCOLARESCA C L ASSE In- 1. Numero Alla fine deli’anuo scolaatico 1997-98 I A IB ii ni IV v VI VII vin sieme 30 27 46 39 25* 25 18 17 25 252* Al principio „ „ 1898-99 — 45 50’ 42 40 28 25 16 22 268* Protnossi dalla classe anteriore . . . — 40 44* 40 38 24 24 10 19 245* Ripetenti — 5 6 2 2 4 1 — 3 23 Uaciti durante 1’ auno scolastico . . — 6 3 6 1 1 — 1 — 18 Stato al termine deli’anno scol. publ. — 39 47 36 39 27 25 15 22 250 Privati, II. semestre — — 1 - —• — — — — 1 **) Luogo di naučita Da Capodistria 12 — 7 6 4 4 5 3 4 45 Da altri luoghi deli’ Istria 23 — 31’ 23 31 20 18 10 10 166* Da Trieste 2 — 4 4 1 2 1 2 b 21 Dal Goriziano 2 — 2 3 3 1 1 — 3 15 Dalla Dalmazia 1 Dalla Sicilia 1 1 Da Vienna 1 3. Lingua materna Italiani 39 46" 36 39 27 24 13 21 245’ Slavi — 1 — — — 1 2 — 4 Tedeschi — — — — — 1 1 4. Iteligione Cattolici 39 — 47* 36 39 27 25 15 22 250* Etä Di anni 11 3 3 n 12 10 — 6 16 „ 13 13 — 10’ 8 — — — — — 31* , H 11 — 16 10 5 — — — — 42 „ 15 1 — 10 9 17 2 — — — 39 „ 16 1 4 7 8 8 5 — — 33 „ 17 — 1 2 8 10 8 5 — 34 „ 18 — 1 4 9 3 3 20 „ 19 — 8 2 4 8 17 „ 20 — — — — — — 1 3 6 10 „ 21 — — — — — — — 4 4 , 22 — — — — n 23 1 1 6. Domicilio dei genitori In questa citta 15 — 12 10 2 3 4 3 5 24 Altrove 24 — 35’ 26 37 24 21 12 17 196* 7. Rlassunto completo della classificazione finale deli’anno scolastico 1898-99 Negli esarai di riparazione in un og- getto, corrisposero 4 S 5 5 2* 6 — — 1 26* ‘) Piü uno icoUro priruto. ") D» qol i dati oh» soguono riguardauo gll icsluri clie L»nno Ireijiiantato 11 Ulnnailo flso tl Urmlna d til'anno icolutloo. C L ASSE In- I A I B n m IV v VI VII vnr sieme llisultato complessivo Prima con eminenza 5 3 2 3 4 2 4 1 3 27 Prima classe 19 21 36 32 20* 23 14 16 22 203* Seconda classe 2 2 8 1 I 14 Terza classe 4 1 — 3 — — — 8 8. Classiflcazione finale dell’anno scolast. 1899-900 attestati di eminenza 2 2 1 4 3 4 __ 16 „ prima classe 25 — 35 21 24 16 23 9 22 175 „ seconda classe 3 — 1 '1 6 4 — — 21 „ terza classe 6 — 4 3 2 — 15 Sospesi in un oggetto a duo mesi . 1 — 5 b a 4 2 1 — 21 non classificati per malattia .... — — — 1 — — 1 2 1 — — — — — 1 9. Contributi in denaro Didattro: I. semestre paganti . . . 24 — 21* 14 14 7 12 1 10 103* 12 — 16’ 11 16 12 16 1 8 92' I. „ esentati . . . 20 — 27 27 26 21 13 14 12 160 H- n 26 — 31 25 23 15 9 14 14 157 I. „ esentati della meta — — — 1 — — — — — 1 — — — — — — — — .— _ L’importo riscosso cor. 5925 Tasse d’iscrizione cor. 2058 „ Mezzi d’ inscgnamento cor. 797 10. Studi liberi Iscritti per lo studio della liugua slava I Corso 10 3 2 2 4 21 II Corso — 2 5 5 2 8 17 III Corso 1 1 4 2 8 11 della calligrafia, I Corso 39 n H n ..... — — 39 — 39 della ginnastica, I „ 12 — 11 2 12 — — 37 II 2 8 8 — 2 10 del canto, I » 7 — 6 1 1 _ 15 II „ 2 13 1 4 1 21 della stenografa I „ — — — — 8 8 8 — 14 II . 1 10 1 — 12 11. Stipendi Namero degli stipendiati 1 2 4 4 5 3 10 8 37 Importo complessivo degli stipendi corone 5296. ID a. ti. iTX’vezita.rili Biblioteca dei professori. — Opere 1730, volumi 4210, opuscoli 600. Biblioteca degli scolari. — Opere 990, opuscoli 52; Sezione tedesca volumi 135. Collezione dei libri scolastici del fondo di beneficenza. — Volumi 1732. Gabinetto di fisica. — Apparati di fisica 268, di chimica 189. Oabinetto di storia naturale. — Collezione zoologica, vertebrati 396; invertebrati 1022; oggetti zoologici di altra specie 77. — Collezione botanica 2561; modelli di botanica 81; minerali 750; forme cristal-lografiche in legno 120, in vetro 6. Imitazione in vetro delle gemme e dei 4 diamanti piü riaomati Oggetti diversi inerenti allo studio della storia naturale 77. — Atlanti di storia naturale 10. Nota. — Attendono con zelo e premura, alla biblioteca dei professori, il Sig. Prof. Bisiac; a quella degli scolari, il Sig. Prof Galzigna; a quella del fondo di beneficenza, il Sig. Prof. Stef. Steffani - ---------------- ■ ' n V ■ ' V ELENCO D’ ONORE degli SCOLARI CHE ALLA FINE BELL’ANNO SCOLASTICO 99-910 riportarono un attestato di PRIMA CON EMI N E N Z A CLASSE I CLASSE V Schlechter Paolo Zanfabro Antonio Bradicich Manlio i Depangher Antonio Sirotich Giovanni CLASSE II Baccichi Giorgio Cella Antonio CLASSE VI 1 CLASSE VII CLASSE III Crivellari Cleto ! Castro Pietro de Favento Giovanni Palin Antonio Tuntar Giuseppe CLASSE IV Borri Ferruccio Devescovi Giorgio Lughi Giovanni Venier Francesco CLASSE VIII — V. \/ /V "N V_> 1 1 -—^ A V V I S O i L'apertura deli’anno scolastico 1900-901 avrä luogo il 16 Set-tembre anno corrente. L’iscrizione principierä il giorno 14 Settembre dalle ore 8 ant. alle 12 meridiane. Gli študenti dovranuo comparire ali’ istituto accompagnati dai genitori o dai rappresentanti dei medesimi, i quali — a seanso di misure spiacevoli ehe potrebbero venir preše dalla Direzione nel corso deli’anno scolastico — sono tenuti di dar avviso alla serivente presso quäle famiglia intendano collocare a dozzina i rispettivi figli o racco-mandati. Cosi pure dovranno comparire muniti della fede di povertä estesa in piena forma legale — sopra le Stampiglie preseritte ehe si possono avere presso la libreria e cartoleria di Benedetto Lonzär di qui — quegli študenti ehe vorranno aspirare ali’ esenzione dalla tassa scolastica. Pegli esami di ammissione alla I Classe sono fissati i giorni 16, 17 e 18 Settembre anno corrente. Gli scolari devono venire muniti della fede legale di nascita, del-1’ attestato dimissorio della scuola popolare e di un attestato medico comprovante lo stato di salute del fanciullo. Per altri esami sono destinati egualmente i giorni 16, 17 e 18 Settembre. — L’ ufticio divino d’ inaugurazione si celebrerä il 18 Settembre e l’istruzione regolare principierä il 19 Settembre. DALLA DIREZIONE DELL’ I. R. GINNASIO SUPERIORE Capodistria, 6 Luglio 1899 11 Dirigente provv. Carlo prof. Sbuelz W\ '■ . '