ANNO XVI. Capodistria, 16 Ottobre 1882. N. 20. LÀ PROVINCIA DELL'ISTRIA i Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-* drimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. ANNALI ISTRIANI (lei Secolo decimoterzo. *) 1234. — La Repubblica di Venezia arma il castello „Belforte" presso il Timavo, confine del do-gado e del patriarcato aquileiese. Kand. Indicazioni. . . ecc. — Pag. 28. Sulla presa e conduttura dell'acqua del Risano. Togliamo dalla Relazione generale della Giunta provinciale la seguente Nota, indirizzata al Magistrato civico di Trieste : Corrispondendo alla pregiata Nota 18 Aprile a. c. N. 32790 di codesto inclito Magistrato civico, la scrivente Giunta provinciale ha l'onore di partecipargli che, essendosi intieramente mutate le circostauze, sotto le quali dovrebbe avere ora luogo la domandata presa di 20,000 metri cubici giornalieri d'acqua dalia sorgente del Risano, allo scopo dell'approvvigionamento della città di Trieste, di confronto al primo deliberato municipale 28 Febbbraio 1873, ed al successivo editto luogotenenziale 5 Novembre 1873 N. 11691, questa Giunta provinciale non ha però un valido motivo d'intervenire alle pertrattazioni che furono aperte dall' Eccelsa i. r. Luogoteuenza coli' editto 3 Ottobre a. c. N. 12933, affine di ricevere, e decidere poscia sulle eventuali obbiezioni contro la suddetta presa d' acqua, e le divisate opere di conduttura della medesima sino a Trieste. Su questo proposito giova poi mettere bene in sodo il fatto, come questa Giunta provinciale nou si fosse opposta neppure nell'anno 1873 ad un'equa divisione delle sorgenti del Risano fra gli attuali utenti della medesima, e la città di Trieste ; ma soltanto, ed unicamente alla esecuzione della deliberazione municipale, per la quale la città di Trieste sarebbesi impossessata di 30,000 metri cubici giornalieri d' acqua, cioè a dire di tutta la quantità d' acqua che secoudo le ripetute misurazioni fatte eseguire, sono capaci di dare le sorgenti del Risano nei tempi di massima penuria ; facendo dall'altro canto dipendere dal verificabile bisogno la dispensa Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Dn numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. della sesta parte dell'acqua medesima agli abitanti lungo la valle del Risano. E di ciò ne fa chiarissima prova la dichiarazione data dal rappresentante della Giunta provinciale al protocollo di sopra luogo commissionale 26 Maggio 1875, la quale si chiudeva colle testuali parole: „Per tutte queste ragioni la Giunta provinciale dell' Istria non potrebbe quindi aderire in massima alla domanda dell' Inclito Magistrato civico di Trieste; ma non si oppone alla cessione alla città di Trieste, di tutta quella quantità di acqua che si rendesse ancora disponibile dopo soddisfatti in modo del tutto indipendente dalla presa d' acqua per l'approvvigionamento della città, i soprauotati bisogni particolari del paese." E non fu colpa per certo della Giunta provinciale se dippoi non le fu sporta da codesta parte la mano per addivenire ad una ragionevole spartizione dell'acqua, e potere superare con conciliauti proposte, le vivaci opposizioni, che si erano sollevate nella vallata del Risano, ed in altre limitrofe località, alla presa d'acqua I voluta da Trieste. Dipendentemente dalla suaccennata astensione, la Giunta provinciale non avrà quindi difficoltà di approvare a suo tempo le parti prese dalla Rappresentanza comunale di Decani, nelle sedute dei 23 e 28 Agosto, e 4 Settembre dell' anno decorso, colle quali essa si è preliminarmente impegnata per conto e nome del comune, di cedere all' impresa rappresentata dall' Ingegnere civile Dr, Buzzi, ai patti e condizioni stabiliti nel coutratto 22 Settembre 1880, la giornaliera quantità di 20,000 metri cubici di acqua dalle sorgenti del Risauo, allo scopo dell' approvvigionamento di codesta citta, mediante apposita conduttura. All'effetto soltanto di assicurare maggiormente che questa presa d'acqua non esponga, neppure nei casi di straordinari eventi, la popolazione del Risano a mancare d'acqua pegli usi domestici, e per l'animalia, e così pure nell'intendimento di meglio concretare l'estensione degli obblighi assuuti dall'impresa nel surricordato contratto, di eseguire, cioè, uell' interesse di quei comuni, a proprie spese, alquante opere stradali, e di costruzione di ponti, nou meno che la escavazione di nuove roje, e la regolazione di tutte le roste dei 26 molini, che rimarrebbero ancora in funzione ; la Giunta provinciale si attende con fiducia, facendo | pieno assegnamento sui sentimenti espressi da codesto Inclito Magistrato civico, e rispettivamente lo Spettabile Municipio di Trieste, vogliano aderire: 1) che nel possibile, se forse anche non probabile caso, che le sorgenti del Risano discendessero per qualche tempo dell'auno alla portata minima di soli 20,000 metri cubici giornalieri d'acqua, o pressoché, di maniera che presi questi pei bisogni delle città di Trieste, uul-1' altra quantità d'acqua, od una quantità affatto insufficiente ai bisogni domestici e dell'ammalia, rimanesse disponibile pella popolazione della valle del Risano, che 1' occorrente acqua, in misura sufficiente al bisogno, venga a quella fornita dalla conduttura stessa destinata all'approvvigionamento della città di Trieste; prendendo in vista già nella costruzione della medesima il più facile e conveniente modo di potere soddisfare quaudocchessia a questo bisogno, ed eveu-tualmeute accordandosi su di ciò in anticipazione, a termini di reciproca discrezione, colla Rappresentanza del Comune locale di Decani; 2) che i piani e fabbisogni delle opere stradali, e dei ponti da costruirsi siano previamente sottoposti all' ispezione ed approvazioue di questa Giunta provinciale ; 3) e che, del pari, i piaui di escavazione delle nuove roje, e di regolazione delle roste dei 26 molini destinati ad essere conservati a comodo pubblico, siano sottoposti, a seusi della vigente legislazione sulle acque, all'approvazione della competente Autorità politica. Coll'osservanza di queste ulteriori cautele, la Giunta provinciale ritiene sufficientemente eliminata ogni fondata dubbiezza che potesse insorgere sull'ammissibilità della progettata presa d'acqua coi pubblici e privati interessi degli abitanti nelle località circostanti alla valle del Risano, ed assicurato altresì che al contratto 22 Settembre 1880 venga dato, nella parte riferibile alla esecuzione delle opere in esso contemplate, uua forma di adempimento appieno corrispondente allo scopo avuto di mira colle medesime. E con ciò la scrivente si pregia anche di riscontrare la precitata favorita Nota di codesto inclito Magistrato civico. Le Terme di Monfalcone*} L' acqua della sorgente è limpida e pura ; non si altera all'aria, benché lasciata esposta per alcuni giorni ; si mantiene a lungo, se imbottigliata. Scossa con un' asticciuola di vetro, solleva delle bolle, le quali si sperdono appena raggiungano la superficie. Si dice, che se si pone una fiamma a contatto della fonte, il vapore esplode con lieve detonazione. Ma questo io non ho potuto veder mai. Il gas facilmente annerisce l'argento ed il piombo ; però la deposizione lasciata si può togliere con agevolezza. L'acqua ha un distinto odore epatico di Harron-gate ; il suo sapore è nauseabondo, simile a quella del mare. Il suo peso specifico varia ; nell'alta marea la media è di 1.05; nella bassa *) Dall' opera di Burton : The Termac of Monlfacone London, Horace Coi, 1881. Continuazione, vedi i N.ri 6, 8, 9, 10, 14, 16 e 18 a. c. marea e all'aria è di 18° cent, la temperatura massima e di 38° cent., (Fahr. 100° 4) ; e nell'alta marea s'innalza a 38° 5 cent. (Fahr. 101°. 3). Durante la stagione più calda e quando il mare è agitato dallo seilocco, raggiunge 39 e persino 40 centigr. Venni assicurato che la temperatura aumenta negli „anui soggetti a terremoto." Nell'inverno 1880-81 s'innalzò da 1° a 1°. 5 cent, e produsse una maggior dose di gas solfidrico. La sostanza minerale è più copiosa, quando la marea si abbassa, ammesso che il flusso raggiunga la sorgente, la quale è un piede circa sopra la linea più alta. Una delle prime operazioni a Monfalcone sarebbe di trovare, disseccandola, la vera sorgente scevra di acqua marina, e di aumentare la sua potenza col difenderla da mescolanze. Per molti anni gli ammalati frequentavano i bagni quando l'acqua era al suo colmo. Questo movimento della marea fu notato da Plinio il quale asserisce due volte (Nat. Hist. II, 103, e III, 26) „cum aestu maris crescunt minuterque". L'acqua fu brevemente descritta come contenente cloruro di zolfo, finché i professori Chiminelli eFuralli1) le trovarono il iodo - bromo a simiglianza di quella di Aix-la-Chapelle e di Abano nella provincia di Padova. Quest'ultima analisi, accettata generalmente2) (Udine 1862) fu fatta da Giovanni Attilio Dottor Oenedella, da Brescia, dottissimo professore, che fu rapito troppo presto alla scienza nel 1878. Le tavole dimostrano che i minerali preponderanti sono il cloro e lo zolfo, i quali variano considerevolmente colle maree ; mentre i gas sono poco toccati. Il difetto radicale di quest' analisi è che non contempla le proprietà elettriche, alle quali parecchie terme debbono il loro potere salutare. Per esempio, le sorgenti di Ròmerbad e Gastein producono i più deboli risultati chimici e i me- 1) L'idrologia e la climatologia medica, perL. Chiminelli e G. Furalli. Firenze. N. 156-1879 e 1881. 2) Un chilogr. d'acqua contiene : Carbonato di calce 0.2120 magnesia 0.0645 irone 0.0051 Solfato di calce 0.9014 magnesia 0.0136 sodio 1.5516 Cloruro di potassa 0.0525 magnesia 3.3471 sodio 7.0102 Ioduro di magnesia 0.0618 Bromuro di sodio 0.0285 Ossido di alluminio 0.0050 Acido cilico 0.1980 Naphta 0.0550 Bitume (organ.) 0.0720 Gas solf. idrogeno 0.0154 „ carb. acid. 0.4258 „ protocarb. d'idr. 0.0072 0.2600 0.0681 0.0181 0.7530 0.0133 1.3846 0.0337 3.0231 7.4779 0.0773 0.0337 0.0080 0.2570 0.0620 0.1600 0.0150 0.4194 0.0072 dicinali più forti ; mentre che unite ad un accumulatore elettrico, l'ago dimostra la più possente commozione. Questo ramo di Balneologia, coltivato per primo da scienziati italiani, spiega perchè le acque minerali esercitino immenso effetto nella sorgente, e lo perdono quasi tutto, bevuta fredda dalla bottiglia. Vogliamo ora seguire l'acqua nei bagni, descrivendo soltanto il dipartimento maschile, sito all' occidente della casa. Il corritojo di fronte mette ad una stanza d'aspetto, provvista di giornali, la quale conduce ad un passaggio coperto, parallelo alla galleria centrale, Qui sono quattordici bagni e sette gabinetti con letto ove si applicano i fanghi. All'estremità settentrionale havvi un vascone o serbatoio per nuotare, con doccia e tubi a rovesci d'acqua. Le vasche da bagno sono veramente comode — sarcofaghi affondati di marmo del Carso, che contengono 115 chil. d' acqua, con due rubinetti per 1' acqua calda e fredda. Ogni stanza ha la sua sedia e sofà ; la biancheria è proprio di bucato, il servizio a modo. I bagni costano 50 soldi senza biancheria, 60 coi fanghi, 1 fiorino il vascone; ed un fiorino e venti compresa la vettura andata e ritorno da Monfalcone. I poveri del Comune si bagnano gratis, gli altri pagano la metà, o prezzi ridotti. L' onorario del medico è assai modesto; di rado eccede i dieci fiorini per cura ; onorario indegno del più meschino farmacista. Medico dello stabilimento è il Dottor Ferdinando Tamburlini 3) che è anche medico comunale, il Dottor Antonio, suo figlio, che gentilmente mi disegnò il piano del fabbricato, è ingegnere. I difetti dello stabilimento sono palmari. Buono nel 1840, non è più tale in oggi per la sua età. Si dovrebbe cercare la vera fonte ; utilizzare il gas nella erezione di un bagno a vapore (Russo) sopra la sorgente ; lo spazio si potrebbe trovare col rimuovere i serbatoj rinfrescanti e fabbricarli sopra le stanze da bagno. Si dovrebbero fare dei locali per l'inalazione dell' acqua, — (il sistema dello spruzzo che si adopera nelle botteghe da profumiere), messa in funzione con macchine. La loro azione è più potente, ed è assai meno usata 3) Mi sono servito di un pregevole opuscolo intitolato Il bagno termale di Monfalcone ecc. del Dr. F. T., medico chirurgo ostetrico comunale e direttore dei bagni (pag. 30, in 8°., Trieste, Lloyd 1880) opuscolo che ho posto a confronto coli'altro — Delle fonti termali nella nostra provincia, memoria ecc. del Dr. Lorenzo Lorenzutti (pag. 31. 8°., Trieste, tip. B. Appolonio, 1878). Le altre terme descritte dal Lorenzutti sono quelle di Santo Stefano e d'Isola presso Capodistria (Istria), e le due di Abano e di Aix-la-Chapelle. di quello che realmente ne sia meritevole. Di più, lo stesso fabbricato ha bisogno di essere ingrandito. (Continua) Eisccrso storico *> sull'isola (li Veglia 11. Periodo romano occidentale (28 a* C. — 553 d. C.) Ed ora sorvolando sulle vicende di un secolo, perchè non ci offre nessuna novità, io voglio fermare la vostra attenzione sopra un fatto della massima importanza per noi, intendo sulla celebre spedizione del doge Orseolo II avvenuta nel 997, sulla maniera onde essa ebbe luogo, e sulle sue conseguenze per noi. Dopoché gli Slavi occuparono la Dalmazia nel VII secolo, durante i secoli Vili, IX e X, a misura che scemava la potenza e lo splenderò dell' impero orientale, per la debolezza degli imperatori, per le continue guerre all'estero, per le civili e religiose discordie interne, cresceva di pari passo l'audacia degli Slavi, tanto da rendersi non solo indipendenti dai Bizantini, ma da farsi tributarie persino le città romane della costa dalmata, fra le quali c' era Veglia. Il Porfirogenito che asserisce il fatto, avvenuto sotto Basilio il macedone (867-886), ci indica anche quanto pagò Veglia (Becla). Notate, o signori, cbe il Porfirogenito viveva nel X secolo, e che chiamando egli la nostra città Becla, è certo che già allora si chiamava Veglia, derivata dal latino Vigilia, come si eruisce dalle parole di Giovanni Diacono, il quale accennando alla morte del doge Obelerio nella nostra città, si esprime „in Vigilia civitate." Avuto riguardo poi alla circostanza, che nei sec. IX e X avvennero le incursioni dei pirati Narentani (o Serbi di Narenta) e dei Croati nell' Adriatico, possiamo asserire senza tema di essere sbugiardati, che la nostra cittadetta fu così chiamata, a dinotare ch'essa sta quasi vigile scolta contro gli Slavi! Lo stemma del nostro Comune, — una civetta col motto : Vigilis Veglae Comunitas — dopo y secoli, sta saldo ancora lì, quasi continua e muta protesta, contro le pretese dei nostri avversari ! Fatta questa breve digressione, ritorno alla spedizione di Orseolo. Già la città delle lagune, che anelava all' esclusivo dominio dell' Adriatico, quale veicolo de' suoi traffici coli' orieute, — nelle diverse spedizioni contro i Saraceni ed i Narentani che infestavano il mare con piraterie, era divenuta una potenza marittima di primo ordine, quando Orseolo II nel 997 fece la celebre spedizione nell'Istria e nella Dalmazia, allo scopo di liberare il mare dai pirati, invitato dalle preghiere degli abitanti delle citta marittime di Dalmazia. Trascurate queste dagli imperatori bizautini impotenti a difenderle, ma a cui ancora ubbidivano, i suoi cittadini spedirono ambasciatori al predetto doge (è Giov. Diacono che parla, compagno dell' Orseolo nell'imprese) colle parole: „che se egli venisse, o mandasse uu esercito a liberarli dalle rapacità degli Slavi; rimarrebbero per sempre sudditi della Repubblica." Orseolo udendo ciò, prepara una flotta, va a Grado, da qui costeggiando l'Istria, passa pel Quarnero ad Ossero. „Dove (continua Giov. Diacono) convennero, uon solamente i cittadini (intendete quelli di Ossero, Arbe e Veglia) ma eziandio gli abitanti delle castella vicine tanto dei Romani quanto degli Slavi ; ed esultanti per la venuta d'un tanto ospite, giurarono di rimanere sotto la protezione di Venezia. Da Ossero, Orseolo si portò a Zara, dove fu ricevuto colla stessa esultanza dal Vescovo e dal Priore della città, e quivi convennero pure i vescovi di Arbe e Veglia coi Priori delle rispettive città, giurando nuovamente sui sacri evangeli di restar fedeli alla Republica." Esaminiamo ora brevemente l'importanza di questo fatto. A chi ubbidiva Veglia in quei tempi? Agli imperatori bizantini; osservate difatti il Priore, magistrato greco, che si porta a Zara. Dipeudeudo Veglia dai Bizantini, poteva essa prestar omaggio di fedeltà a Venezia? Senza dubbio, perchè a questi tempi non soltanto i Bizantini dominavano qui più di nome che di fatto, ma la spedizione stessa di Orseolo, a quanto pare, fu fatta col consenso dei Cesari d' Oriente. Come poi s'abbia di interpretare il fatto, secondo me, è chiaro : per Venezia fu un atto di protezione unito al proprio interesse; per le città della Dalmazia e delle nostre isole, la fu una bella e buona dedizione spontanea, suggerita dal bisogno di avere un forte protettore contro le molestie dei pirati slavi. E così noi, verso il 1000, mentre ancora eravamo sotto i Bizantini, seuza aver subito neppure per un' ora il dominio dei Croati, i quali a quest' epoca avevano già i loro re, (Derzislavo ne fu il primo nel 990) poi fummo accolti sotto la protezione della putente e temuta Repubblica di S. Marco. Dalle parole di G. Diacono „convennero ad Ossero gli abitanti dei castelli fluitimi tanto dei Romani quanto degli Slavi" alcuni arguiscono che gli Slavi nel X secolo e' erano già sulle isole del Quarnero. Che siano stati presenti — ma soltanto presenti noi vorrei negare, abbenchè quella „dei castelli finitimi" sia una frase vaga che non dice niente ; osserverò tuttavia essere questa la prima asserzione di uno scrittore che affeimi la presenza di Slavi iu queste parli. Quauto al dominio poi che sogna il Kerselich uelie sue » Notizie preliminari dei Regni di Croazia, Dalmazia e Slavonia avere avuto qui i Croati, nientemeno che dal principio dell'Vili secolo, ognuno di voi comprenderà non essere ciò che un suo pio desiderio!! In primo luogo noi sappiamo dal Porfirogeuito — e la sua asserzione è confermata dalla carica del Priore — che noi eravamo sotto il dominio dei Bizantini fin dopo il 1000. Il Porfirogenito stesso dice che i Croati dopo la loro venuta avevano diviso il paese in 11 zupanie (contee) e le nomina, ma a nessuna di queste appartiene Veglia ; mentre d'altro lato ei mette Veglia fra le città romane, con abitanti romani fino ai suoi tempi, cioè nel X secolo. Terzo: se Veglia avesse dipeso da qualche zupania, ci sarebbe qualche documento che lo attesti, ma nulla di tutto ciò. In fine; se i Croati avessero dominato qui dall'VI II secolo, io non saprei spiegarmi come nel X Veglia poteva porsi sotto la protezione di Venezia ; quindi oguuno di voi, o Signori, comprenderà di leggeri, 1' asserzione del Kerselich essere del tutto priva di fondamento ! IV. Perìodo della protezione veneta (1000-1480). In quali vincoli di sudditanza venisse Veglia con Venezia subito dopo la spedizione di Orseolo, non è bastantemente chiarito. Il nostro Cubich ritiene che la Repubblica affidasse tosto la reggenza dell'isola a Dario Frangipani, della famiglia Canale di Venezia. Siccome il fatto non è accertato da documenti, riteniamolo per una congettura. Continuando i Narentani, (questa volta pare ajutati dai Croati) ad esercitare la pirateria alla costa dalmata, gli abitanti implorarono una seconda volta la protezione di Venezia. Ottone Orseolo, figlio di Orseolo II, venuto con una flotta in Dalmazia, ristabilì di nuovo colà la quiete e ricevuta dalle città la promessa di un tributo, a titolo di protezione, ritornò in patria. Ciò avvenne nel 1018, ed anche iu questa occasione fecero atto di presenza a Zara il vescovo ed il Priore di Veglia, onde rendere l'omaggio di fedeltà al nnovo doge. Esiste il documento a Veglia nel 1018, firmato dal vescovo Vitale e dal priore Andrea, con cui gli abitanti promettono alla Repubblica un anuuo tributo nel giorno di Natale. Pervenuti a quest'epoca, noi possiamo tessere una storia più particolareggiata di Veglia, trovandosi pubblicati quasi tutti i documenti risguardauti le relazioni fra noi e la Serenissima, nei volumi stampati per cura dell' Accademia di Zagabria, intitolati „Monumenti che spettano alla storia degli Slavi meridionali" raccolti dal prof. S. Ljubich negli Archivi di Venezia. Nel voi, VI di questa raccolta, che rispettivamente è il I d' una nuova serie di documenti dal titolo Commissioni e Relazioni venete" trovasi la Relazione che fece al Senato veneto il Vinciguerra, quando nel 1480 — anno in cui la nostra isola passò nel reale possesso di Venezia — fu qui spedito dal doge allora regnante Giovanni Mocenigo. Questa relazione intitolata „Information delle cose di Vegia, consta di 31 capitoli e pnossi conside rare una storia compendiata della nostra isola, concludendo essere stata essa tributaria a Venezia per più di 300 anni, „e da poi acceptata in suo governo et posseduta come le altre sue isole et citade de Dalmazia, et attrovandose nel mero, libero et justo dominio di quelle, averla de sua clemenzia data in feudo a questi Conti (cioè ai Frangipani) cum certe obligazioni condizionatamente et caduti da quelle essere iterum devolute a V. Serenità (al doge) come a suo vero et legittimo signor, provando da poi Vostra Celsitudine 1' ha posseduta, non esser mai stata subjecta a la corona de Hungaria .... e quindi l'isola predicta essere giuridicamente de Vostra Serenità . . . In base a quale diritto Venezia sia divenuta padrona dell'isola nostra non saprei dirvelo; io opino in base alle due spontanee dedizioni del popolo già accennate. Il Vinciguerra nel cap. II. invece asserisce (contrariamente al Cubich) che la nostra isola fu data in feudo ai Conti nel 1133, come apparisce da un istrumeuto rogato in Veglia fra il Vescovo ed il Comune da un lato, ed il Conte Doimo dall'altro. Secondo lui dunque sarebbe il capostipite della famiglia dei Conti di Veglia; a costui, e appena nel 1133 avrebbe dato Venezia in feudo l'isola di Veglia, vita durante, a patto che mancando i Conti alle condizioni dell'investitura, l'isola ritornasse in potere della Republica. Secondo me invece, Veglia venne in potere della Republica subito dopo il 1018, cioè quando spontaneamente le si rese tributaria. C' è di mezzo soltanto il Priore magistrato bizantino ; ma noi abbiamo veduto che i vincoli di sudditanza fra i Vegliani ed i Bizan- tini erano molto deboli già qualche secolo prima; sicché la Repubblica, allontanato il Priore, dopo il 1018, forse col consenso degli stessi imperatori di Oriente, subentrò nei diritti di questi ultimi. L'atto di investitura del feudo di Veglia al conte Doimo uon fu pubblicato dal Ljubich ; forse perchè smarrito, o anche taciuto a bella posta. Ciò però nulla toglie al fatto nostro, perchè le condizioni dell' investitura sono esposte nel documento esteso a Venezia nell'Agosto del 1563, col quale il doge Vitale Michiel concede il feudo della nostra isola a Bartolomeo e Guidone, figli del defunto Doimo, vita durante, ed alle stesse condizioni, colle quali lo ebbe il loro padre. Mi rincresce di non aver qui questi documenti per poterli leggere, contuttociò posso dire cou sicurezza, che il feudo era condizionato e vita durante; che i sudditi si governavano colle proprie leggi, le quali più tardi vennero raccolte col nome di Statuti ; che il popolo pagava uu tributo al Conte, e questi poi ne dava una parte a Venezia ; che qualora il Coute trasgrediva l'osservanza delle leggi, il popolo aveva libero il ricorso direttamente al Senato veneto. 11 Vinciguerra nel cap. II della sua Relazione ci racconta aver ricavato „da vetustissimi Statuti de Vegla, et da istrumenti et scripture antiche" che anticamente la nostra città era governata da una Comunità con due Consigli : l'uno Maggiore composto da tutto il popolo e dai gentiluomini, Minore 1' altro di 25 membri eletti dal seno del primo. Di più che i Magistrati erano : un Conte, un Visconte, un Giudice e due Avvocati; che questi, duravano in carica un anno ma che terminato l'anno, ne conservavano il nome . della carica e finalmente che il Coute in funzione ve-' niva detto Conte reggente. Nè 1' occasione dell' appello a Venezia per parte i dei nostri si fece a lungo attendere. Difatti già nel 1198, uu ambasciatore del doge Enrico Dandolo tu spedito a Veglia, onde comporre certe liti avvenute fra i Vegliesani ed il conte Bartolomeo. Questo documento è importante per noi, perchè dà una bella lezione ai nostri panslavisti ; essendovi in calce più di 200 firme, fra cittadini ed isolani, e nessuna colla terminazione slava. Ora io domando, se il Ker-selich il quale soguava qui nientemeno che uu dominio croato già al principio del 700, se egli a p. 114 della sua opera già citata porta un documento del 1105 con patronimici slavi, e chi sa non si usassero ancor prima ? ; se quasi un secolo dopo, cioè nel 1198, non solo a Veglia, ma sull'isola non si usavano ancora tali cognomi, convieu pur confessare eh' egli prendesse un solenne granchio a secco, quando gli scappò dalla penna quell' asserzione bizzarra ! Nell'anno 1199 i figli del primo Conte Doimo, Bartolomeo e Guidone, dovevano già essere morti ; perchè nel tal anno il doge Eurico Dandolo concedeva in feudo l'isola ai fratelli: Giovanni, Vito ed Enrico, i quali, almeno pare, governavano l'isola in comune. Difatti, nel mentre nello stesso anuo „Vido comes Ve-glensis" promette per se e fratelli di attenersi alle condizioni feudali poste da Venezia nella carta di concessione, nel 1213 il doge Pietre Ziani testifica di aver ricevuto il tributo dal „conte Giovanni di Veglia" e nel 1229 tutti e tre vengono detti: „Comites Vegliae. E appunto per ragioni di governo nel 1232 questi tre fratelli vengono a contesa fra loro, e pacificatisi, stabiliscono nello stesso anno le norme per la reggenza dell'isola. (Continua) ILTotizie Nella seduta 6 del corrente, tenutasi dal Consiglio municipale di Trieste venne nominata una commissione per l'aggiudicazione del premio municipale fondato dal fu Dr. Domenico Rossetti al migliore opuscolo di storia e di statistica di Trieste. Gli opuscoli presentati al concorso, sono quattro : il primo del Dr. Tommasini, che tratta d'argomenti storico - ecclesiastici, il secondo del De Franceschi sulle Relazioni fra Trieste e Venezia nel 1381, il terzo di un anonimo, che tratta in due volumi la storia diplomatica triestina, ed il quarto col motto „Excelsior", contenente dati statistici di Trieste. Per il parere sulle opere presentate verrà officiato dal Consiglio uno dei due Istituti di scienze lettere ed arti di Milano e di Venezia. È di sommo interesse per la provincia, che, come fu detto le mille volte, sembra tutta chiamata dalla natura al mare, il sapere che i suoi figli si dedicano con amore allo studio della nautica. Vennero di questi giorni nominati capitani mercantili a lungo corso: Nicolò Suttora e Teodosio Gladulich da Lussinpiccolo, Antonio Giusti da Abbazia, Antonio Vidossich da Mo-schenizze, Giovanni Vidovich da Lovrana ; ed a tenenti mercantili : Giovanni Lusina da Cherso, Anteo Scampicchio da Albona e Pietro Zay da Lussinpiccolo. Dalla spettabile Direzione dell' i. r. Istituto sperimentale di bachicoltura ed enologia ci viene comunicato il seguente avviso: CORSO d' istruzione teorico-pratica nella bachicoltura ed enologia presso l' i. r. Istituto sperimentale di Gorizia. Il 30 ottobre a. c. verrà aperto presso 1' Istituto sperimentale di Gorizia un corso d'istruzione, che avrà la durata di quattro settimane e comprenderà il seguente programma : 1. Enologia. 1. Descrizione botanica della vite. 2. I principi della viticultura razionala. 3. L'arte di fare il vino e di conservarlo. 4. L' utilizzazione dei prodotti secondari della vinificazione. 5. Le alterazioni dei vini. 6. Le falsificazioni dei vini. 7. Le malattie della vite e mezzi per combatterle. 8. Esercizi nel laboratorio enochimico cioè : Analisi chimiche di uve e vini. La ricerca di materie impiegate nella colorazione artificiale dei vini. Metodi per iscoprire le falsificazioni dei vini. La microscopia applicata nell'enologia e viticultura. II. Bachicoltura. 1. Descrizione anatomica e fisiologica del baco da seta. 2. Le sue malattie ed i mezzi atti a prevenirle. 3. L'allevamento razionale. 4. Il confezionamento del seme secondo il sistema cellulare. 5. Esercizi pratici al microscopio. L'istruzione verrà impartita giornalmente, eccetto le Domeniche. Le lezioni orali di bachicoltura si terranno dalle 9 alle IO antimeridiane, e gli esercizi di microscopia dalle IO alle 12 antimeridiane, mentre le lezioni di enologia avranno luogo dalle 5 alle 6 pomeridiane e gli esercizi nel laboratorio enochimico dalle 3 alle 5 pomeridiane. Chi desidera assistere sia al Corso di bachicoltura sia a quello di enologia od a tutti due i Corsi, dovrà annunciarsi alla Direzione dell'i, r. Istituto sperimentale di Gorizia, non più tardi del 20 ottobre a. c. Le condizioni per l'ammissione ai suddetti corsi sono : l'età di almeno 20 anni, un' istruzione quale si acquista nelle classi inferiori di una scuola reale o ginnasiale ed un corso di cognizioni pratiche di agricoltura. Per la frequentazione di uno o tutti due i corsi d' istruzione, nonché per gli esercizi pratici è fissata una tassa di fior, dieci. Terminati i corsi gli allievi dovranno assoggettarsi ad un esame sull'esito del quale verranno rilasciati certificati. I premi nelle scuole primarie Su questo importantissimo tema, soggetto in oggi di tante discussioni, che, secondo noi dovrebbero essere subito appianate coli' adozione nelle scuole dei premi, parlò egregiamente nel Mente e Cuore, una distinta istriana, la signora Virginia Sponza. A noi piace qui riportare un brano del suo discorso, certi di far cosa gradita a quanti amano l'educazione dei loro figli pei quali il premio è non ultima parte della buona riuscita avvenire. Il fanciullo premiato pubblicamente, così si esprime l'egregia scrittrice, prende il suo posto in società, il suo nome è già conosciuto, egli si fa responsabile delle sue azioni ; per eh' io in' intendo parlare del premio dato con tutta pompa, con tutta solennità, e le feste e le sol-lennità s'accordano pure colla umana natura, perchè furono di tutti i tempi e di tutti i popoli. Il fanciullo a cui balza il cuore di gioja per aver ottenuto il premio, è già sulla buona via, e quando d'un indifferente avrete fatto un uomo sensibile, sarà un guadagno enorme. Un fanciullo che col premio avrà portato una festa in famiglia, non dimenticherà mai quel giorno solenne, e dopo molti e molti anni vedrà ancora sua madre farglisi incontro senza parole, stringerlo al cuore, piangere di felicità : vedrà ancora suo padre pallido di gioja abbracciarlo e dirgli : „Tu se' il mio figliuolo, il mio onore, la consolazione della mia vita." Il ricordo d'un bel giorno d'infanzia è una rugiada ristoratrice per l'anima inaridita nel deserto della vita, è un raggio di sole ardente nel gelido inverno dei tardi giorni. Non mi dirà alcuno che i premi sien dannosi, che sien fomite d'invidia e di gelosia; difetti dell'umanità che non sparirono e non spariranno col togliere i premi. Io non esiterò a dire che coll'andar dei premi se n' andò la poesia dalla scuola. Per il maestro, convengo, sarà una croce di più, oltre a quelle tante eh' egli porta, ina non sarà la maggiore. Il maestro è destinato al sacrificio, all'abnegazione di sè stesso, e poi fa d'uopo pensare al maestro? Chi è desso ? — Domandatelo alle buone mammine ! Un uomo pagato per insegnare a leggere, a scrivere ed altre cosette ai bambini ; e i genitori che gli affidano il tesoro delle proprie creature, lo tengono in minor conto di qualunque altro. Sanno essi forse che quella nobile creatura posta sui gradini più bassi della scala sociale, trasfonde tanta parte dell' anima sua in quella delle loro creature ? Sanno essi forse quante amarezze, quante disillusioni sieno inerenti alla sua difficile missione? Questo paria della società, come lo chiamò Giuseppe Chiarini, che si fa piccino coi piccini ed allora e' mi par veramente grande perchè rammenta il divino Maestro circondato dai bambini mentre pronuncia quelle umili parole: „ Lasciate i pargoli venire a me," quante aspre fatiche non dev'egli durare, a quante torture non è soggetta la sua povera intelligenza ? I genitori che pur tanto soffrono per i loro figliuoli, non sono da paragonarsi ai maestri ; a quelli grandi dolori, frequenti angosce, ma gioje tanto intense da far dimenticare tutti i mali in un istante; a questi piccole disillusioni, grandi speranze, beatitudine di tutti i giorni. Al maestro il compito che ai genitori sarebbe aspro e tormentoso ; ed è duro a dirsi, ma pur vero, che mentre qualunque artista viene ricordato insieme all' opera sua, il maestro sparisce dalla mente degli allievi e dei genitori nel grande abisso delle cose dimenticate. -gXE- Una Cronaca di Rovigno del secolo 18.° *) a dì 19 maggio. — Arrivò qui in porto il cittadino Nicolò Morosini direttore delle 12,000 milizie schiavone disarmate in Venezia e rispedite alle loro case, a dì 25 dto. — Capitò qui incognito emigrato di Venezia l'ex-nobile Nicolò di Andrea Erizzo fu Provv. straordinario a Vicenza, con un compagno, e raccomandato al sig. Fr. Biondo. Erano tutti due vestiti alla matalot. a dì 1 Giugno. — Passarono per i qui due sciabecchi ed un brik che conducevano i due Commissari spediti dalla Municipalità di Venezia a Zara per fraternizzar la Dalmazia: uno era il sig. Calafati, a dì 6 d.to — Venuta da Venezia del sindico del popolo Proto Eocco Sbisà, il quale portò il metodo da contenersi nella rivoluzione di Rovigno per erigersi in Repubblica democratica, a dì 8 dto. — Si formò in Refettorio di San Francesco un congresso di 60 individui circa per stabilire il metodo da tener nella elezione della Municipalità ; ed il numero dei municipalisti, e si stabilì il numero dieciotto. Capitò oggi la notizia che li 5 corrente fu ucciso in Isola quel Nicolò Pizzamano qm. Zorzi suo Podestà. a dì 11 dto. — In questa mattina fu fatta la Rivoluzione in questa città, ed il popolo libero e sovrano al numero di Capi di di Famiglia 1016 circa elesse dieciotto municipalisti per reggere e governar in suo nome, nel numero dei quali io pure fui scielto. a dì 12 dto. — Prima sessione tenuta dalla Municipalità, in cui fu abbassato il for-mento a sei di meno al quartarol, ed il prezzo del Tabacco alla metà di quello si vendeva. Fu accordato di prender possesso spirituale al Can. Marini, ma previo il processo temporale da darsi dal segretario della municipalità Dr. Angelini a nome della suddetta. Fu accolta la istanza di molti cittadini per il trattenimento del Rev. Padre ' Carlo da Verona Riformato in questo Convento, e ne fu intimato il decreto al suddetto Padre. In vista poi alle notizie della prossima venuta delle truppe austriache in Istria, fu stabilito di spedire i due Commissari Z.ne Costantini e Mattio Brunetti municipalisti a Venezia per fraternizzarsi colla Municipalità, e gli altri due municipalisti Gaetano Borgo e Mattio Cherini a Pisino onde procurar di prender lumi dagli Ufficiali comandanti austriaci. Furono confermati i Ministri del Fontico, del Monte e Sanità, e fu eletto il municipalista Carlo Basilisco in luogo degli ex Provveditori. (Continua). suo studio presenta sotto un nuovo aspetto la storia dell'Istria. Prese le mosse da' tempi remoti, nel periodo che passa dall' ottavo al dodicesimo secolo, nota „tutto ciò che i Veneziani fecero per acquistare il monopolio del sale sul mare, e vede distintamente questa tendenza improntare tutta la loro politica, e il loro comportamento coi popoli vicini" (pag. 7). Quindi Venezia stringe alleanze e stende il suo protettorato sull'Istria; e „questa tendenza verso l'allargamento e 1' emancipazione del commercio, di quello del sale special- Appunti bibliografici Cenni storico - statistici sulle saline di Pirano pel professor Emanuele Nicolich, pubblicati per cura del consorzio delle saline di Pirano. Trieste. Stabilimento Tipografico B. Appo-lonio 1882. Ecco un altro opuscolo regalatoci da un altro professore nello stesso istituto piranese, e che ,ogni buon istriano dovrebbe comperare e farci sopra delle serie considerazioni. Questo cenno storico-statistico sulle saline di Pirano, compilato con larghi intendimenti, si può ben dire un ottimo compendio della storia istriana ; e ciò perchè l'industria del sale è caratteristica per la provincia, diede origine alle più lontane confederazioni, fu la causa prima delle dissensioni tra Venezia e Trieste. Ben fece quindi il Dall' Acqua nel suo quadro allegorico a rappresentare l'Istria quale una bella fanciulla col cappello di salinara che offre tributo di bianco sale alla nuova sposa dell' Adria. E non è già per amor del soggetto, e con alzate d'ingegno che l'autore allarga gli intendimenti ; ma perchè così voleva veramente il tema; onde si può senz'altro asserire che il mente, è ima delle più importanti e delle più spontanee manifestazioni di vita politica delle città istriane di quell'età " (pag. 8). E non solo con trattati, osserva benissimo l'autore, ma con possedimenti privati tentarono i Veneti di estendere laloro influenza nell'Istria, ed esistono documenti per provare come nel decimo secolo i Veneziani avessero possessi privati di saline sulle coste istriane (pag. 9). E gì' Istriani videro benissimo nelle tendenze di Venezia una lontana minaccia pel proprio commercio, e perciò ogni qualvolta poterono la osteggiarono in principio (pag. 10). Della massima importanza è ciò che l'autore dice sull'autorità del marchese già affievolita nel decimo secolo con vantaggio delle libertà municipali, onde i Veneziani per maggior sicurezza patteggiavano col comune direttamente, il quale per sè solo prometteva di mantenerle e garantire il trattato, anche contro il volere del marchese. „Et si omnes civitates Histriae, ut diximus inter vos et ilio (il marchese) rixa et contentio aliqua orta fuerit vel acciderit ad invicem, nostra civitas, cuncta populo in ea carnmorante, vobiscum in una debeanius persistere pacem et veris-simam cantatemi pag. 12) (Cod. Dipi. Ist. Rinnovazione di patti tra Pietro Orseolo e Capodistria 977). E qui giova ricordare come questo allargamento delle autorità comunali sia stato già notato dall' egregio Professor Carlo Combi nel suo Prodromo alla storia dell' Istria (Porta Orientale pag. 48. Anno 1857). Con ciò rimane convalidato quanto di sopra si è detto sulle pretese relazioni dell'Istria con la Germania. Così via via accennando alle varie vicende si arriva alla guerra degli Uscocchi, che per Trieste e l'Istria meglio si potrebbe chiamare la guerra del sai, e alla decadenza delle saline, conseguenza del decadimento della repubblica veneta. Segno dei tempi funesti : le saline caddero in mano di speculatori ebrei che rivendevano il sale a discapito delli poveri con esorli-tante usura del trenta e quaranta per cento (pag. 42). Ma san Marco, galantuomo fino all'ultimo sospiro, fece in quell'occasione quanto potè per soccorrere l'Istria, e proibito il traffico ebreo, tentò perfezionare l'industria del sale, e quindi aprirle la via, in mezzo agli ostacoli, vincendoli con la bontà del prodotto (pag. 49). Vengono i nuovi tempi, l'Istria passa all'Austria, poi al Regno italico, alla Francia, all' Austria ancora ; e le saline in quei rapidi mutamenti vanno di male in peggio. Il Bargnani stende dei buoni rapporti al Viceré ; ma i rapporti non potevano aprire il mare chiuso dagli Inglesi. L'Imperatore Francesco primo, visitata diligentemente le saline nel 1816, ne decreta l'ampliamento immediato ; ma fa delegare una commissione, e la commissione, come vento di garbin, lasciò il tempo trovato. Neil' anno 1823, perchè l'abbondanza del prodotto non giungesse ad ingombrare i depositi, con decreto 23 giugno della camera aulica venne introdotta la limitazione (pag. 61). Nel 1829, per favorire le saline di Capodistria e di Pirano, solo capaci d'incremento industriale, si abolirono le minori ed imperfette saline di Servola, Zaule e Muggia (pag. 62). In questi ultimi anni nuovi esperimenti si tentarono, e nuove vie furono cercate ai commerci. Nel breve periodo d'un pajo d'anui 300,000 centinaja di sale di Pirano furono spedite per Scutari, Salonicchi, Costantinopoli e Trebisonda. Si tentò anche l'esportazione nelle Indie; ma la spedizione non ebbe un esito fortunato, e la merce andò perduta. Immaginiamo le grasse risa avranno fatte i fannulloni nei caffè, e le ostriche attaccate al solito palo ! Il benemerito consorzio dei sali non si lasciò per questo cadere le braccia ; chi dura vince dice un proverbio della gente forte, in opposizione ad altro sporco proverbio degli eterni don Abbondi pronti sempre, come diceva Perpetua a......con quel che segue, rimasto sulla penna del Manzoni. In questo anno fu iniziato un risveglio collo smercio per l'Olanda, e in pochi giorni alcuni bastimenti olandesi caricarono 23,546.78 centinaja metriche di sale di Pirano. Si aggiungano gli stabilimenti industriali per la fabbrica di prodotti chimici, e i felici progressi nella migliore confezione del sale. Basti dire che al salinaro fu messo in mano l'areometro, e che „con l'introduzione di questo utilissimo istrumento, l'empirismo nella preparazione delle acque fu bandito per sempre "(pag. 75). Anche per la lingua può essere consultata la monografia del nostro professore. Moraro, corbolo, servidore, cavedino ed altri vocaboli del dialetto nostro, relativi alle saline, possono fornire alla lingua la nomenclatura necessaria. Una parola di lode da ultimo ai giovani che con tanta diligenza imprendono oggi studi storici nella provincia, e di congratulazione con la città di Pirano, che ha la fortuna di possedere due così egregi professori, gli scritti dei quali si sono esaminati nello scorso numero e nel presente. P. T.