Anno IX. Capodistria, Ottobre-Novembre 1911 N. 10-11 PAGINE ISTRIANE PERIOD1CO MENSILE Si rniel che non ni a ser icra tem e alla sua amica Un bel giorno gli esecutori contro la bestemmia stupiti che tante e si varie leggi promulgate con sapiente pertinacia contro le mene delle donne dai facili amori ben lungi dal venire scrupolosamente osservate giacessero come lettera morta pensarono che una nuova rifischiata non sarebbe stata fuor di proposito ed eccoli quindi a publicare il nuovo editto che il paziente lettore puo leggere piu innanzi. N6 paia inutile: 6 un vero brano di vita vissuta a Venezia nel 600, in quel secolo che, sotto molti riguardi, e tuttora de-gnissimo di studio e di oculate indagini. Vi possiamo imaginare, tra le frasi di consuetudine, un fugace apparire di varie sorri-denti belta, di maliziosa occhiate, di furtive promesse...... Per quanto la saggia Republica facesse in modo che il vizio si consuinasse in se stesso remoto dal viver comune per minor scandalo deli' onest& guardinga esso forzava gli argini, scompigliava le buone "tntenzioni, faceva arrossire 1' austera dignitA delle patrizie. Oh gran bonta delle nostre dame antiche! Ora invece c' e chi pensa, e non a torto, di frenare la procacitž, delle donne oneste che, per poco, per le sagaci lusinghe delle vesti sfar-zose e spericolate non si confondono colle astute femmine da conio ! Ma giovi meglio la lettura degli ordini lunghi e partico-lareggiati: vero ritratto, come dissi gia, degli allegri costumi del tempo. « Intendendo Sue Signorie Eccellentissime che le leggi com-messe al loro Tribunale dali' eccelso Conseglio di X sotto li 30 Giugno e 8 Luglio 1615 contro le meretrici siano inviolabil-raente esseguite e cosi anco le pene contra gli inobedienti e che niuno possi pretender ignoranza, fanno publicamente intendere: Che le publiche meretrici di questa citt& con troppo dis-soluta e licenziosa maniera di vivere hanno avuto ardire di introdur negli abiti ed altro nuovi abusi indecenti con scandalo e mai esempio di pessima conseguenza, con offesa del Sig. Dio non ha mancato esso Conseglio, specialmente 1' anno 1572 a 28 Maržo, d' interponere 1' autorit& sua per levar questi ed altri obbrobriosi, abbominevoli e dannosi lussi e correggere insieme le corruttele inventate da esser in detrimento publico e de buoni costumi. E intendendosi clie al presente trapassano a tal segno di immoderata sfacciataggine che, senza pur minimo riguardo, sotto gli occhi d' ognuno con mormorazione e nausea universale, ardiscono andar vagando per la cittži in barca ben spesso con abito mentito di donne maritate ed in altra maniera proibita anco dalle leggi con massare e servitori ne contente di cio ardiscono, con fastosa pompa di carrozze ed altro, com-parir da per tutto e mescolarsi nelle Chiese e luoghi publici fra donne Nobili e di onesta vita alle quali non resta quasi piu luoco dove retirarsi lontane dalla insolenza e temerita di queste meretrici che procurano sotto il manto di cosi indiretti mezzi onestare 1' infamia del nome e coprire la turpitudine della loro vita tanto piu detestando quanto che, aggiungendo esso male a male, servono nelle proprie sue čase per ridotto di giuochi con altre eccessive spese a grave pregiudizio della incauta gioventii e delle famiglie, effetti tutti aborriti sempre da nostri sapientissimi progenitori e cosi perniciosi che, veden-dosi il disordine giunto al colmo d' ogni eccesso, necessaria cosa e con potente ed autorevole mano troucar dalla radice questi mali semi aftine che non resti apertura alle sudette meretrici di deludere la giustizia con nove fraudi ma restino corrette e mortiflcate dentro i suoi debiti termini Che nell' avvenire sia in tutto e per tutto proibito alle publiche meretrici 1' andar in barca per questa citta di giorno ne d i notte in maschera ne prive di maschera con batticopa de felzi alti o bassi ne meno andar in qual si voglia abito alle teste o nozze di persone nobili e di onesta vita overo alle sagre, feste, balli di villa, nelle Chiese ed alle fiere ed altri luoghi publici delle citt&, terre e luoclii dello Stato Nostro in carrozza o in altra maniera. E di piu le sia assolutamente vietato il permettere che nelle sue čase siano fatti giochi di carte, dadi ne altro in pena, contraffacendo in tutto o in parte a quanto b predetto, di anni 5 di prigione, di piu di essergli tagliato il naso e 1' orecchie fra le due colonne di S. Marco per il Ministro di giustizia overo poste in berlina e frustate da S. Marco a Rialto. E restando absenti di perpetuo bando di tutte le terre e luoghi del Dominio Nostro fra il Menzo e Quarner con taglia di lire mille de piccoli de suoi beni se ne saranno, se non delli danari della cassa di esso Conseglio deputati alle taglie e rompendo il confin, essendo prese, siano condannate anni 5 in prigione oltre la incision de membri overo di berlina e frusta come e predetto. Li barcaruoli, carrozzeri e servitori che non venissero a denonziarle immediate restino condannati per uomini da remo con li ferri a piedi per anni cinque continui e in caso di ina-bilita li sia tagliata la mano piu valida si che si separi dal braccio e restando assenti siano banditi per anni vinti di tutte terre e luochi del Dominio nostro fra il Menzo e il Quarner con taglia di lire 600 alli captori overo interfettori ed essendo presi in contraffazione restino condennati al remo come di sopra. Se alcuno sia chi si voglia servitor, carrozziero, barcaruol o altra persona nessuna eccettuata accuser& alcuna delle su-dette meretrici che avessero transgresso si che col mezzo della sua denonzia si venga in chiaro della verita, conseguir debbano oltre la impunitti di ogni complicitž,, cooperazione overo scienza nel delitto lire seicento de piccoli per ognuna che fosse con-dannata in absenza, da esserle immediate pagate dal Camerlengo della Cassa con mandato delli capi di esso Conseglio la qual cassa debba poi essere reintegrata sopra li beni delle delin-quente. Ed in caso che alcuna sia presa, convinta e castigata come e predetto conseguiranno li captori ed il denonziante oltre le sudette lire seicento voce anco e facoM di liberar un bandito in perpetuo da qual si voglia Conseglio, Reggimento o Magistrato purchč non sia di esso Conseglio e non abbia nella sua sentenzia alcuna condizione e siano adempiti li re-quisiti delle leggi delle qual tutte pene non possa esser fatta grazia, don, remission, compensazion ne diminuzione alcuna se non con le nuove balle prima dei Consegiieri e capi e poi con tutte le dicisette di esso Conseglio. Quelli veramente che denonziassero barcaruoli, carrozzieri, servitori che le avessero vogate o condotte in carrozza senza denonziarle overo sapessero che fusse stato giocato nelle čase delle sudette meretrici conseguiranno per cadauno che accu-seranno e restera condennato lire quattrocento di taglia come e sudetto. Item provide con molta prudenza esso Conseglio, con sua deliberazione 1615 adi 30 del mese di Zugno, ali' ordine delle donne impudiche e temerarie quali, contra il dovuto ri-spetto verso la Divina Maesta e le leggi di questa Republica, sono capitate senza alcun freno o ritegno a turbar 1' animo de buoni e metter in confusione 1' accostumato vivere de cit-tadini ma perche deve pienamente ed in ogni parte esser essequita la puhlica intenzione sia pero alla detta parte ag-gionto che, salve tutte le altre condizioni in essa contenute cosi nel proposito del gioco come d' altro, le publiche meretrici non possano manco andar vagando o solazzando di giorno o di notte tanto per terra quanto per acqua o in qual si voglia altro modo che possa apportar scandalo o mormorazione sotto tutte le pene contenute e specificate nella predetta deliberazion de 30 Zugno. E perche si conviene aver riguardo a quelli inconvenienti che potessero causarsi per sinistra intelligenzia de privati alcuni de' quali sono stati esposti e rappresentati alli capi di esso Conseglio dalli precessori nostri Sia pero dichiarito che possano le donne della sopradetta qualit& andar fuori e ritornar in questa citta per semplice transito in gondola overo altra barca e fuori in carrozza pur per transito senza vagar e sollazzar e con abiti permessigli dalle leggi in proposito di pompe; senza fasto overo altra scandalo sa maniera ma per questa citta ad un remo solamente e con un solo batticoppa al piu andando a dirittura per le loro necessarie occorrenze si come nella parte di 30 Zugno e stato provvisto alli barcaruoli, carrozzieri e servitori che transgre-dissero vogando o carrozzando senza dar le denonzie; cosi sia medesimamente proibito alli predetti il ricusar di levar e condur con le loro barche o carrozze ogni qualita di donne e di ingiuriarle con parole sotto pretesto di dubitazione del loro stato ma dopo averle vogate o carrozzate vagando o sol-lazzando con scandalo e mal esempio, come e predetto, capi-tandoli a notizia che siano meretrici publiche siano tenuti li barcaruoli o servitori, sotto le pene a' 30 Zugno dichiarite, denonziarle ali' Eccellentiss. nostro Magistrato e li carrozzieri ali i Rettori delle citta piu vicine quali Rettori siano tenuti immediate mandarle al predetto nostro Eccellentiss. Magistrato e alli carrozzieri, barcaruoli o servitori predetti, giustificate le loro denonzie, siano concessi li benefizi promessi nella preno-minata parte di 30 Zugno 1615» '). II lettore che m' & seguito fin qui, grato forse alla mia paziente se non sapiente spulciatura non dubita punto che tali ordini cosi assoluti e perentori debbano aver incusso un sacro terrore tra le facili nipoti d' Eva e i candidi loro amatori; ma ne lo smaghino le poche righe seguenti che tolgo da un codi-cetto della biblioteca Querini-Stampalia intitolato Diario Veneto degli anni 1616-17-18')• «30 Maggio (1617) Fu d' ordine de Signori Essecutori alla biastema publicata e rinnovata la parte di proibizioni alle me-retrici di andar in gondola a due remi e di comparir in lochi publici ed il giorno seguente, che fu quello della Sensa, ando di ord.e particolare che Sebastian Foscarini q. Nicolo uno de Sig.ri il cap.o di quel Mag.to con una peota con gl' uomini mascherati con comissione di retener tutte quelle che avessero ritrovate e volle la fortuna che le capit6 nelle mani una Cat-tarina Francese puhlica meretrice la quale era mascherata in gondola a due remi con s. Vincenzo Gussoni de s. Andrea Cav. che era fratello del genero d' esso Foscarini che andava dietro il Bucintoro la mattina, che fermata da loro fu condotta prigione ma avendo il detto Gussoni i favori de primi senatori della Rep.ca ed in particolare de s. Antonio Priuli e Piero Barbarigo P.ri che gli erano zii non pur ottenne che non fosse ella, se ben la prima retenuta e prima accusata di con-traffazione, mandata alla legge ch' era di berlina, incisione di naso e prigione ma la fece in capo 8 giorni liberare ed assolver Ordini delli eccellentissimi signori essecutori contra la biastemma detti dali' Eccelso Conseglio di X. in essecuzione de leggi del suddetto eccelso Conseglio comniesse al loro Tribunale in materia delle meretrici. 1617 Adi 3 Maggio publicati sopra le scalle de S. Marco e de Rialto. Stampata per Antonio Pinelli stampator Ducale a S. Maria Formosa in Calle del Mondo Novo. 2) Classe IV — L. senza alcuna pena avendo coperto li favori di broglio della sua liberazione con la soddisfazione deli' Amb. di Francia che ricerco in grazia: il che diede tanto da mormorare ali' universal della cittš, intorno alle parzialita de favori che, avendo quel Magistrato avuto, poco dopo, due altre meretrici prigioni per cause simili, liberarono anco quelle con total derogazione della legge per la quale non vi e dopo per molti anni stata alcuna che abbi avuto altro travaglio se ben inobediente*. Dopo di cio possiam concludere che anche nel 600 la giustizia era uguale per tutti...... Antonio Pilot. Giovanni Battista Piranesi Sieguono tutti li rami incisi ed esistenti nelli tramexzi di un piccolo stan-ziolino al ripiano della soffitta deli' abitazione di detti SS.ri Piranesi. Vedute di Roma N.o centotrentaquattro rami incisi e compiti di diverse grandezze da stamparsi pero in foglio papale. Veduta della Piazza e Basilica Vaticana. Del cli dentro (interno) la detta Basilica. II di fuori » » Della Basilica di S. Paolo fuori le mura. Del di dentro della medesima. Della basilica di S. Gio. in Laterano. Della basilica di S. M. Maggiore. Del di dentro della medesima. Della basilica di S. Croce in Gerusalemme. Di S. Lorenzo fuori le mura. Di S. Sebastiano » » Della piazza del Popolo. Della piazza di Monte Cavallo, della Navona, Rotonda (Pantheon), Spagna, della Fontana di Trevi, deli' acqua Felice, di S. Pietro in Montorio, delli palazzi della Consulta, Montecitorio, Accademia di Francia, Barberini, Odescalchi, delli porti di Ripagrande, di Ripetta, Castel S. Angelo, S. Angelo de' Bastioni, Ponte Salario, Dogana di terra, Teatro di Mar-celio, Castello dell'Acqua Giulia, Piramide di Cajo Cestio, altra della stessa Piramide, del Sepolcro e chiesa di S. Costanza fuori le mura, Campidoglio, altra di Campidoglio di fianco, Campo Vaccino, Foro Romano, Foro di Nerva, Curia Ostilia, Tempio di Giove Tonante, Tempio della Pace, della Furtuna Virile, di Cibele, di Bacco ora S. Urbano, di Antonino e Faustina, del Sole e della Luna, Colonna Trajana, di Antonino, Obelisco di S. Giovanni in Laterano, Archi di Settiniio Se-vero, di Tito, di Costantino, del Colosseo, altra del Colosseo e Anflteatro Flavio, del Portico di Ottavia, il di dentro dello stesso, del Panteon, Tempio della Sibilla in Tivoli, due altri del medesimo, del Pontemolle, Villa di Mecenate in Tivoli, due Chiese presso la Colonna Trajana, del Sepolcro di Cecilia Metella, Ponte Lucano su la via Tiburtina, Tempio della Tosse sulla stessa via, il di dentro dello stesso, Tempio della Sa-lute silila via di Albano, Sepolcro di Pisone Liciniano e della Famiglia Cornelia su la Via Appia, interno della Villa di Mecenate in Tivoli, Tempio di Minerva Medica, Terme di Caracalla, interno del Colosseo, Caduta di Tivoli, antico Critto Partico su la via di Frascati, fronte di Eugeria, interno del Panteon, del Sepolcro della Famiglia Plauzia, veduta interna della Villa di Mecenate in Tivoli, tempio di Apollo nella Villa Adriana in Tivoli, interno del Panteon, di S. M. Maggiore, di S. Giovanni in Laterano, Villa Albani, avanzi del Tempio del Dio Canopo, della Villa Adriana in Tivoli, Tempio d' Ercole nella citta di Cori, Ca-scatelle di Tivoli, rovine di una Galleria di statue nella Villa Adriana in Tivoli, avanzi del Castro Pretorio nella sudetta, Foro di Nerva detto il Tempio di Pallade, Tempio di Giano, archi di Costantino, Tito e Settimio Severo, altre di Campo Vaccino, della Piazza e Basilica Vati-cana, interno di S. Pietro in Vaticano vicino la Tribuna, della Piazza di Montecavallo, Fontana di Trevi di facciata, della Villa d' Este in Tivoli, Tempio del Dio Redicolo, Palazzo Farnese, Piazza Navona, . due della Concordia, la Piazza del Campidoglio, di una sala della Villa Adriana, alloggiamento de soldati nella detta Villa, del Tempio della Pace, Terme Diocleziana, veduta della medesima, Piazza di S. Giovanni in Laterano, archi Neroniani vicino la Scala Santa, Monumento del-l'Acqua Claudia e Aniene, miova piazza e basilica Vaticana, Isola Ti-berina, facciata di S. Giovanni in Laterano, Terme di Tito, della Villa Panflli, dello sbocco della Cloaca Massima, veduta interna del Colosseo, Terme di Tito, Palazzo Stoppani a S. Andrea della Valle, Chiesa della Certosa, Sepolcro detto la Canocchia fuori di Capua, interno del Tempio di Canopo, Piazza d' Oro cosi detta nella Villa Adriana, di un Elio cammino nella med.a Villa e di una Dieta (sic) nella medesima, antichita Romana in numero duecentodiciotto tavole in foglio papale come rile-vasi dai pubblici quattro volumi stampati, il primo dei quali contiene gli avanzi di antichi edifizi di Roma in una topografia della stessa citta, attorniata da frammenti di marmo della prima pianta antica arrichita di tavole che contengono 1' elevazione di detti avanzi, il corso degli antichi acquedotti nelle vicinanze e dentro Roma corrispondente al commentatio di Frontino ivi riferito in compendio. Le Terme piu riguardevoli del Foro Romano colle sue vicinanze, del Monte Capitolino e di altri siti piu nominati. II secondo ed il terzo contengono gli avanzi di Sepoleri di Rema e deli' Agro Romano eolle loro piante, elevazioni, sezioni, vedute interne ed esterne eolle dimo-strazioni dei Sarcofaghi, Ceppi, Vasi einerarj, argentari, bassirilievi, stucchi, mnsaiei, iserizioni ed ogni altra cosa in essi rinvennta e eolle loro indicazioni e spiegazioni; il quarto contiene i Porti antichi di Roma che sono in essere eolle vestigia deli' antica Isola Tiberina, gli avanzi dei Teatri, dei Portiei ed altri monnmenti, parimenti eolle loro indicazioni e spiegazioni. Della magnificenza deli' architettura dei Romani in nuinero di quaranta-quattro tavole in foglio papale, risposta al detto Mariet che incluse nella medesima opera. Architetture diverse inventate sui gusto degli antichi Romani in numero di 27 tavole in foglio papale. Carceri di Invenzioni (forse studi prospettici) in numero di 16 tavole in foglio sudetto. Archi Trionfali antichi. Templi ed anfiteatri esistenti in Roma ed in altre parti d' ltalia in numero di 31 tavole. Trofei di Ottaviano Augusto in tavole nuni. 10 in foglio papale. Easti consulares, Triumphalesque Romanum al) Urbe condita usque ad Obitum Divi Augusti, Divi Titus Caesare, in folio papale. Volumen unicum. Trattato del Castello deli' acqua Giulia e della maniera con cui antica-mente conducevano e distribuivano le aeque condotte a Roma, in tavole num. 21, volume uno in folio sud.o Antichita di Albano e Castel Candolfo in un volume in folio papale, tavole num. 55. Campus Marsius antiquae Urbis italo latinus, volume uiiico fogli papali, tavole 54. Ritratto di nostro S. Papa Clemente XIII. La Trasfigurazione del nostro Sig.re di Ralfaello d' Urbino incisa dal Cav. Dongni. La Deposizione della Croce di Daniele da Volterra incisa dal med. Cav. Dongni. Raccolta di disegni del Guercino in tavole num. 22 incise dal Bartolozzi. Descrizione delle antichita di Cora (Cori), un volume in folio papale, tavole num. 13. Diverse maniere di ornare i Camini ed ogni altra parte degli edifizi, de-sunte dali' architettura Egizia, Etrusca e Greca, con diseorso apologget-tico, difesa deli' architettura Egizia ed Etrusca, in num. 70 tavole in foglio reale fino. Vasi, candelabri, urne, tripodi ed altri ornamenti antichi, num. 107 tavole foglio papale. Pianta di Roma e del Campo Marzio in tre tavole o sia tre rami. Colonna Trajana con suoi piedistalli in rami num. 31. » Coclide di Marco Aurelio con sue piante in num. 12 rami. > dell'Apoteosi di Antonino Pio in rami num. 8. Schola Italica pieturae in num. 48 rami. Vedute num. 21 degli avanzi esterni ed interni di tre Tempi anticlii ri-masti in mezzo a Pesto, oggi citta di Passidonia di la da Salerno, in rami num. 18, opera pero non compita e cosi lasciata per ultima opera dal defonto Cav. Giov. B.ta Piranesi. Ristretto delle stampe sciolte che si conservano tanto nel credenzone della prima stanza dello Studio dei cletti S.ri Piranesi, che nelle scanzie della seconda stanza del med.o Studio, nel credenzone esistente nella terza stanza di detto Studio o sia la Stamperia, nella stanza appiedi la sca-letta ove sono diverse balle delle medesime stampe, come anehe nel-1' altra stanza contigua alla medesirna e diverse altre parti deli' intera abitazione tenuta dai sud.ti SS.ri Piranesi, che combinate ed unite insieme formano le seguenti quantit&: Fogli sciolti di vedute num. cinquemilacinquantatre. Nuin. trenta corpi di vedute con sue piante respicienti la sola cittš, di Roma che sono tre. rami in un foglio solo. Fogli sciolti di vasi, candelabri, num. 1044. Num. 4 corpi deli' opera di Campo Maržo. Corpi num. 30 di opere varie. » » 10 di Carceri d' invenzione. » » 20 dei Trofei di Ottaviano Augusto. » » 50 del Trattato del Castello deli' aequa Giulia. » » 20 della Magnificenza dei Romani. » » 20 deli' AntichM di Albano. » » 15 delle » Romane. » » 15 di altre Opere non compite. j> > 6 dei Camini. » » 10 in tutto della Colonna Trajana, Antonina ed Apoteosi. » » 14 deli'Opera del Guercino. » » 40 della Schola Italica Amilton, tra sciolti e legati. Stampe del Cav. Dongni sciolte n.o 120 di due soli rami. Fogli sciolti num. 15 dal ramo del Gladiatore moribondo. » di vasi stampati ed intagliati intorno e battuti, num. 221. * * Opere di diversi volumi legati in carta pecora, che si conservano in una piccola credenzina di albuccio colorito di mezza tinta cenerina esistente nella prima stanza dello Studio in num. 18 libri legati come sopra alla francese con filo d' oro intorno ed altri lavori del valore secondo lo stile del fu Cav. Gio B. Piranesi ...........seudi 206.— Altre balle di stampe e libri legati esistenti nelle due stanze sotto la scala per andare nel magazzino della carta e sotto di quello. Opere compite e legate alla rustica, num. due corpi . . . seudi 388.— Corpi due di Magnificenze degli antichi romani..........» 24.90 » > deli' Antichita di Albano ......................» 18.45 » quattro deli' opera del Guercino ....................» 16.— » due di Colonna Trajana, Antonina ed Apoteosi ... » 30.65 » otto di Vedute legati in rastico......................» 288.— Tutti li disegni per serviziodello Studio esistenti in diversi credenzini e cassoncini dell'intera abitazione dei SS.ri Pi-ranesi,sono stati apprezzati di comune accordo e consenso. scudi 72.— Caratteri di tutte le opere de' diversi luoghi estratti consi-stenti in tutto quelli che sono serviti per stampare li libri del Salomoni, sono stati stimati dali' infrascritto perito . » 200.— Sieguono tutte le cartapecore, balle di carta bianca e turchina che si conservano tanto nel magazze.no che nelli credenzini e scanzie deli' intera abitazione: Cartapecore num. 157 tra buone e cattive........ » 24.— Balle di carta bianca legata e sciolta per stampare, che per scrivere e turchina................ » 322.70 Nella stanza ove e la camera ottica vi e una piccola cre-denza di albuccio, entro la quale esistono diverse stampe famose in libri (legati) alla francese, che unitamente a diversi altri libri esistenti in un credenzino al muro sotto la scala della Stamperia concernenti parti di essi alcune stampe di rami e parte istorici ............ » 50. lo sottoperito libraro e cartolaro ecc. Io Paolo Petrosellini N.o 30 rami di diverse grandezze parte non per anco termi-nati d' incidere e parte tutti lisci, li quali esistono in diverse parti deli' intera abitazione........... » 60.— Sieguono li crediti lasciati dalla Co.me Cav. Gio. B.a Pira-nesi, per anco non. esatti. Dal Sig. Giuseppe Molino libraro di Firenze..............» 18.80 Da Monsu Cristofaro scultore ali' Orsolina................» 25.— » » Ros6 inglese..................................» 9.— » » Vagner mercante di Venezia..................» 125.45 » » Bearolerh inglese per vendita di diversi marmi non descritti nell' inventario............................» 800.— Dal S.r Giuseppe Rospini................................8 182.12 Da Monsu Bassan mercante di stampe a Parigi..........» 14.40 Seguono le cartelle del valore di ........................» 4573,— Debiti. Alli s.ri Gaetano e Domenico e Natale Pitoni calderari a Campo de Fiori per lavori e rami fatti fino al giorno 9 9.bre passato..................... » 63.57 Al Ministro della Časa per spese sino al sudetto giorno . > 16.— Al s.r Annibale Malatesta per ristauro di una zainpa di leone fatto per ordine del defonto........... » 6,— Al S.r Tomaso Piroli per una figura fatta in rame per ordine del defonto.................... » 50.— Al s.r Costantini festarolo per 1'apparatura fatta nella chiesa di S. Andrea delle Fratte in occasione del funerale del fu Cavaliere...................... » 14,— A Paolo Lupiš bidello deli' Accademia di S. Luca per 1'in-timo dei ss.ri Aceademici in occasione deli' assistenza che dovevano prestare nella messa cantata Requie sul corpo dol detto defonto ...................scudi 1.05 Alla S.ra Angelica Pasquini vedova del sudetto Cav. Piranesi per sua dote................... » 300.— Altri debiti....................... » 534.32 Rogato in domo p. d.o Co. me. Equitis Io. B.a Piranesi sita in via Felici prope Ven. Ecc.sia SS.nia Trinitatis Montium die 29 9.bris 1778. 1). Michael Angelus Clementi Notarius. Roma. Arch. Capitolino. sez. XL. prot. 117. foli 607 e seg, * * Alla fine trovo quest'aggiunta: II 26 9.bre 1778, si preselita (avanti il detto notaio), la Sig.ra An-gelica Pasquini ved. del fu cav. Piranesi, la quale dice che si fa tutrice dei figli minorenni che sono Angelo, Pietro ed Anna Maria, mentre Francesco e Laura erano maggiorenni, i quali dicono e confermano che il 9 del inese di novembre 1778 passo da questa a miglior vita il Cav. Giov. Battista Piranesi senza aver fatto alcun testamento. Piu dicono che mentre viveva il loro padre e marito, era pendente trattato di matrimonio tra Laura ed il Sig. Giuseppe Sverzemann ed era imminente la conclusione poco prima ne seguisse la morte, ma che si concludera e che la dote sara di scudi 1500. Difatti il matrimonio venne celebrato 1' 8 Dicembre del-1' istesso anno. Arch. sudetto, Sez. XL. prot. 117. fog. 690. Erc.de Scatassa. I nomi locali del terrilorio di Capodistria 26. Folla (la) — conca verdeggiante fra i colli di Prade, San Toma e Qere. Folla e frazione di Fiumicello (Cervignano), di Lambrate in Lom-bardia e di Santo Stefano di Magra (Liguria). 27. Gavardin (Gavardino) — parte della contrada di Vi-lisan. II nome deriva dalla nobile famiglia capodistriana dei Gavardo. 28. Giusterna — tratto amenissimo del versante di tra-montana del Monte S. Marco. Alcuni scrivono Cis-terna, con-trapponendolo a V al le d' Ultra (cosi il Pusterla e lo Squinziani, op. cit., pag. 36-37). Nell' «Estimo» sta scritto Zusterna. Zustierna pr. Rovigno, Zusterndle (Valle). 29. Loreto — contrada compresa parte in quella di Bar-ban, parte in quella di Qeredel. Vi esisteva una chiesetta dedicata alla Madonna di Loreto (Pusterla, Per 1' ingresso ecc. pag. 11). 30. Lazzaretto — localita pianeggiante, che dA il nome al comune. Un di vi esisteva 1' ospitale per le malattie con-tagiose. «La chiesa parroccliiale dedicata alla B. V. Assunta al cielo e di competente grandezza, con tre altari ben regolati ed adorni. Si consacro ella da Francesco Zeno alli 27 sett. 1676» (Naldini, pag. 405 e seg.). 31. Montiglio — la parte tramontana-ponente di Vilisan. 32. Nigrignan — collina sotto il villaggio di Monte. 33. Pademo — contrada a ponente di Nigrignan, percorsa dali' omonimo «aguar». E' il nome di antica famiglia capodi-striana (Pusterla, I Nobili ecc. pag. 26). Nome comunissimo in tufte le regioni italiane : Pademo di Pirano, P. d'Adda (Como). P. Milanese, P. d'Orsaria (Udine), Monpademo (Parenzo). 34. Pastoran (Pastorano) -- contrada collinosa sul colle di S. Štefan o. Pastorano e comune in quel di Caserta e in quel di Alessandria. 35. Perariol (Perarolo) — contrada ali'estremita orientale del colle di Santa Margherita. II Combi (Porta orientale, pag. 292) lo fa derivare da area; forse meglio dal pero: nel Tren-tino c'e un Pomarolo, nel Vicentino un Nogarolo e nel Veronese un Figarolo. Nell' «Estimo» Peraruol. Perarolo k borgata presso Pieve di Cadore e nome comunissimo nel Padovano. 36. Piasentin (Piacentino) — amena vallata fra Perariol e Bossamarin. II nome deriva dalla famiglia Piacentino (Pusterla, I Nobili ecc. pag. 26). 37. Pobeghi — grosso villaggio sopra la Val Risano, abi-tato da molte famiglie Pobega. Per «Puhlica« passava la via romana che da Trieste conduceva a Pola (v. «Atti e Memorie della Societa Istriana di Archeologia e Stori? patria», XX, 1904, 1 e 2, pag. 223). 38. Pompian (Pompiano o Pompigliano) — contrada uber-tosa a N. E. del colle di S. Tom&. II Combi, il Pusterla, il Tedeschi ed altri scrivono Pompejano, facendolo evidentemente derivare da Pompeo. Pompian e Pompilian (Polesana); Pompiano nel circondario di Chiari (Brescia); Villa Pompeiana (Lodi), Pompeano (Modena). 39. Prade — contrada leggermente ondulata e ubertosis-sima fra i Bertochi e i Pobeghi. La parola prada equivale a prateria. »La chiesetta di S. Giov. Batt. in Prade, jus patronato della famiglia Gravisi, fu istituita nel 1556 da G. B. Gravisi e consacrata da Tomaso Stella, con solenne pompa addi 26 genn. 1561» (Naldini, pag. 412). Nel Trentino abbiamo Prade di Brentonico e P. a Miola in Val di Pine, Prade di Canale (Priiniero). Pradis e frazione di Cornions, Moggio e S. Daniele del Friuli. Noine comunissimo anche in altre regioni italiane. 40. Pradiziol (.Praticciuolo) -- distesa di ameni prati a mezzogiorno del colle di S. Canziano. Nell' «Estirao» Pradissol e Pradisuol. Pradizziolo e fraz. di Muscoli nel Friuli or. 41. Prove (Proveto ?) — parte del versante sett. del Monte S. Marco, verso Isola. Forse da prava — piaggiuola erbosa, pezzo di terreno fra due tilari di viti, tra campo e campo i. Itonco Provč p. Valle di Kovigno ; Proves p. Cles (Trentino) e Pro-vezzo di Cesena (Forli). 42. Risan (Risano) — h il maggior corso d' acqua del territorio capodistriano; anticamente detto Formione2). Dopo aver attraversato per 19 chm. una delle piu araene ed ubertose valli della penisola, il fiurae Risano si getta in mare fra le saline d' Oltra e lo Stagnon, formando un delta molto allungato. Nella sua valle gli Istriani tennero nel 804 d. C. un placito solenne. Risano e fraz. del comune di Pavia p. Udine. 43. Saiara — contrada amenissima verso S. O., attraver-sata dalla tortuosa strada di Buie. Nome comunissimo in tutte le regioni italiane 44. Santissimo — parte della contrada di Pompian, dove esisteva una chiesetta dedicata al SS. Sacramento (Pusterla, Per 1'ingresso ecc. pag. 11). ') Boerio, Dizionario del dialetto veneziano. Venezia, 1829. 8) Vedi anche per appunti etimologici il «Codice diplomatico istriano« del Kandler e il Naldini (o. c.). 45. S. Baldo (S. Ubaldo) — contrada aH' estremita occi-dentale del colle di Carlisburgo. La chiesetta, di cui fa parola il Naldini (pag. 412), e oggi diroccata. Vedi anche "Pusterla, I rettori ecc. pag. 118. 46. S. Barbara — parte della Valle del Fiumisiu. Dali' o-monima chiesetta (Pusterla, Per 1'ingresso ecc. pag. 11). 47. S. Cariziarto o Canzan — ameno colle (54 m.) presso il mare. Su di esso giace il cimitero che nel 1811 incomincio ad accogliere i nostri morti. 48. S. Domenico — «1 Padri Predicatori erano proprietari d' una estesa possessione sul Monte S. Marco, al lato di po-nente, dove andavano nell' autunno, a godere 1' aria di campagna, officiando nella chiesa di S. Domenico e di S. Marco, che piu non esistono» (Pusterla, I Eettori ecc. pag. 117). 49. S. Giorgio — da una chiesetta posta sulla sommit& del colle di Sermin, rovinata al principio del secolo passato. II tabernacolo di marmo, la campana di bronzo e due gradini dell'antica si trovano presentemente nella nuova chiesa dedi-cata alla Madonna del Rosario, fatta costruire nel 1866 dal defunto cav. Giov. Genzo, alla cui gentilezza dobbiamo queste notizie. 50. S. Girolamo — regione salifera a tramontana di Canzan ; 1' omonima chiesetta piu non esiste. 51. S. Marco — ameno colle di m. 224 a ponente della citt&. Sulla cima si scorgono ancora i ruderi deli' antica chiesetta. 52. S. Margherita — colle alto 206 m., denominata cosi da un' antica chiesetta. 53. S. Michele — contrada ubertosissima a levante di Canzan. La chiesa di S. Michele Arcangelo esiste va ancora al tempo del Naldini. La vasta tenuta di S. Michele appartenne prima alla or' estinta famiglia dei Conti Tarsia (casato illustre che diede alla provincia ragguardevoli soggetti), poi alla famiglia Baldini, indi ai Conti Grisoni, poi alla famiglia Caralli (.Squinziani, o. c. pag. 55). 54. S. Nazario — regione piana, salifera, a mezzogiorno della citt&. La chiesa (ora caserma delle guardie di finanza) era stata restaurata al tempo del vescovo Naldini e da lui stesso consacrata addi 9 nov. 1698. 55. S. Orsoia — «pič de monte» di Canal (Pusterla, Per 1' ingresso ecc. pag. 11). 56. S. Piefro — estremiti orientale del Monte S. Marco, verso la Colonna. Sul «raonte degli scolari*, di forma conica, esisteva il castello denominato Vicino S, Pietro, preso dai cittadini di Capodistria nella sollevazione del 1348 contro il governo ve-neto, ed era situato a mano sinistra di chi ascende per la vecchia strada di Isola. Al lato destro della medesima, sul-1' altipiano, vi era 1' antica chiesa di S. Pietro coll' ospizio degli eremiti di S. Agostino, demolita alcuni decenni or sono. La chiesa con 1' annesso romitorio fu riedificata nel 1535 da An-tonio Sereni e da G. B. Grisoni (vedi Pusterla, I Rettori ecc. pag. 118 e Naldini pag. 412). 57. San Stefano — colle alto 269 m., non lungi dal vil-laggio di Gason (comune locale di Paugnano). La chiesetta esisteva ancora ai tempi del Naldini. 58. San Toma (San Tomaso) — amenissima collina di 104 m., quasi isolata. La chiesa di San Tomaso Apostolo (?) fu consacrata addi 13 nov. 1325 da Tomaso Contarini (Naldini, pag. 412). «Sull' ampio spalto del colle di San Toma, di proprieti della nobile famiglia dei Barbabianca, venne eretta nel 1756 una elegante e spaziosa fabrica, vedetta delle circostanti cam-pagne, che offre tutti gli agi per abitazione di numerosa famiglia. L' architetto francese Le Terrieu de Manetote ne fu verso il 1800 il ristoratore. La facciata ha in alto una cuspide di giuste proporzioni, recante nel mezzo la statua di Cinzia, fiancheg-giata da due amorini» (Squinziani, pag. 55). 59. S. Vittore — contrada sul Monte S. Marco, verso N. E. dalla vetta. Vi aveva un esteso possedimento la famiglia Car-paccio (Pusterla, Famiglie capodistriane ecc. pag. 25 e Naldini, pag. 413). 60. S. Zane (San Giovanni) — contrada posta nella conca fra Prade, S. Tomi e Carlisburgo, cosi chiamata da una chiesetta dedicata a S. Giov. Evangelista (Pusterla, Per 1' ingresso ecc. pag. 11). 61. Segadissi (Segaticci) — monte piuttosto brullo (264 m.) che forma lo spartiacque fra la Val d' olmo e il territorio d' Isola. Segaticcie 6 frazione del comune di Montese (Modena). 62. Semedella (Semitella?) — amena contrada, ai piedi del Monte San Marco, lungo il mare e le saline. II nome deriva probabilmente da semita voce latina che significa strada stretta, viottolo. Secondo il Frauer ') Semedella, «nota per gli oliveti», consterebbe invece di due voci semitiche: scernen = olio e thel = colle. L' umile chiesetta che si alza sul prato, fra gli alti pioppi verdi, fu eretta con deliberato del patrio consiglio nella tornata dei 23 agosto 1639, in occasione della cessazione della terribile peste del 1630 e 1631 e dedicata alla B. V. delle Grazie; essa fu benedetta nell' aprile 1640. II prato attiguo servl da campo-santo fino al 1811, anno nel quale fu approntato il nuovo di S. Canziano. Nella primavera del 1806 vi vennero tumulati a centinaia i cadaveri di soldati francosi delle provincie di Van-dea e Brettagna, del corpo d' armata del gen. Seras, qui arrivato nel novembre deli' anno antecedente, morti di tifo castrense (vedi Pusterla, «La Beata Vergine di Semedella> e gli altri suoi opuscoli). 63. Sermin (Sermino) — collina isolata, alta 85 m., che chiude verso il mare la vallata del Risano; prima deli' inter-ramento di questa, la collina formava un' isola, come lo denota il suo antico nome di Isola di Risano (vedi 5. Giorgio, N. 49). 64. Stagnon (Stagnone) — parte del vallone di Capodistria, chiuso fra il delta del Risano e la citta. 65. Triban (Tribano, forse Trebbiano) — collina di m. 92, a S. O. di S. Toma. Al tempo del Naldini vi esisteva una chiesetta dedicata a S. Sebastiano. Tribano, localitA p. Buie, comune p. Conselve (Padova). Trebbiano p. Arcola (Liguria) e p. Pavia. Tribiano p. Lodi. 66. Val d' olmo — ubertosa vallata a S. E. del Monte S. Marco. Valdolmo 6 frazione di Sassoferrato (Ancona) e 1 očali ti nel cireon dario di Termini Imerese (Palerrno). 67. Valle Trfcola — estesa vallata a mezzogiorno di Tribano, percorsa dal torrente Fiumisin. II Pusterla serive sempre Tricolor. *) Emilio Frauer, Esame etimologico di nomi geografici istriani. »Archeog. Triestino« XII, 1-2, 1885. 68. Vergaluzzo — contrada ali' estremit& meridionale del comune, verso Manzano; vi si trova un «bolass» che fornisce d' abbondante acqua la citt&. II nome deriva o dalla famiglia Galucci (Val-Galucci) o dalla parola ver g a, arginetto fra i «cavedini» delle saline (ital. berga — argine di fiume). Nell' «Estimo» Valgaluzzo. Vergdi, p. Cittanova; Vergaio (Prato), Vergaiolo (Montecatini), Ver-gari (Reggio Emilia). 69. Vilisan (Villesano) — contrada ali' estremo occidente, verso Isola. Nell' «Estimo» Valisan e Vilisan. Giannandrea Ora visi MISCELLANEA v Chi carteooiava col Petrarca da Capodistria o da Trieste ? Nel 1363 il Petrarca invitava il Boccaccio a Venezia e volendo ad ogni modo vincere la ritrosia deli' amico cercava di prevenire ogni sua possibile obbiezione; cosi in fine di una sua lettera gli preclude anche la seusa che la stagione non fosse propizia: «Che se poco ti aggradi questa dimora, o mai ti affidi la incostanza della stagione autunnale, quantunque a parer mio a rendere il cielo puro e sereno piu che il soffio di zefiro e di borea, valgano i lieti aspetti e le clesiderate conversazioni degli amici, noi di qui partiremo, e forse utile e dilettevole al certo m' avr6 da te la spinta e la compagnia per andarne a Capo d' Istria e a Trieste, dove per lettere di fede degnissime, so che regua una dolcissima tempra di clima, Q,uesto infine avra di buono il tuo ritorno, che teco, siccome da lungo tempo mi proposi, potro visitare il fonte del Timavo celebrato dai poeti, eppure da molti dotti non conosciuto* Ne il Fracassetti nel suo pregevole Commento alle lettere dei Petrarca, ne 1' Hortis — che nella sua eruditissima disser- ') Lettere Senili di F. P. volgarizz. ecc. da Giuseppe Fracassetti, Firenze 1869, vol. I p. 159. tazione Accenni alle scienze naturali nelle opere di Giovanni Boccaccio ') mise in rilievo questo passo — s' indugid ad inve-stigare chi mai avesse carteggiato dalle nostre terre col Pe-trarca. A dire il vero troppo arduo sarebbe stato il volere risolvere ad ogni modo una tale questione, ed io stesso non avrei pensato mai ad affro.ntarla di proposito; se non che il caso me ne ha offerta — come čredo — la soluzione. Prima io pensavo a due possibilit&: 1' una che il corrispondente del Petrarca fosse da ricercare tra quei fuorusciti fiorentini che tanto a Trieste quanto a Capodistria avevano avviato i loro commerci od esercitavano 1' usura2); 1' altra che 1' informatore del Petrarca avesse avuto conoscenza indiretta delle condizioni climatiche delle due citti: cosa tanto piu possibile, in quanto da una lettera di Pierpaolo Vergerio il Seniore apparisce che Capodistria godeva grande rinomanza per la salubritA deli' aria e per la sua ubert&3). Ora invece čredo di non errare affermando che il Petrarca ebbe le «lettere di fede degnissime* da quel Paolo di Bernardo veneto che fu in grande dimestichezza con Messer Francesco, carteggiava volentieri con lui e gli professava la piu grande ammirazione. Paolo amo viaggiar molto: nel 1355 lo troviamo a Ferrara, a Verona verso il 1365, nel 1367 a Capodistria, 1' anno seguente a Venezia, poi a Treviso, a Conšgliano, ad Asolo, ancora a Venezia e da ultimo, nel 1381, in Oriente. Da una sua lettera '1) apprendiamo pero che fu a Capodistria ') Trieste 1877, p. 47. 2) S. Morpurgo, Mercanti fiorentini a Capodistria, in Areh. stor. per Trieste, 1' Istria e il Trentino, III p. 119. 3) Epistote di P. P. Vergerio Seniore da Capodistria, Venezia 1887, ep. 89 pag'. 125: «(Capodistria) et montana maritimaqne temperie et ubertate plurima celebris est». E se lo dice il Vergerio, che aveva piu che in uggia la sua patria e ne rilevava i difetti, bisogna credergli! 4) Le lettere di Paolo di Bernardo, scritte in buon numero da Capodistria si conservano nel Cod. di Monaco lad. 5350 (fol. 183-190) e in quello deli'Universita di Lipsia 1269 (fol. 93-113). Q,ueste furono pubbli-cate da G. Voigt, Die Briefsammlungen Petrarca's u. der venetian. Staats-kanzler Benintendi, in Abh. d. hist. Classe der k. bavrisch. Akad. d. Wissensch. (Monaco 1883) vol. XVI, fasc. III, p. 1-101. Ma queste ed altre lettere sono anche nel Cod. Vaticano 5223, f. 101 a—114b e di esse diede un ampio regesto T. Casini, Tre nuovi rimatori det Trecento in Pro-pugnatore I p. 93 sgg. Per tutte le notizie che reco su Paolo di Bernardo mi servo di questo lavoro. anche una seconda volta: Ms Justinopoli cum rectoribus, pro-babilmente dunque in qualit& di cancelliere dei rettori della Repubblica e nel 1363, epoca deli' epistola petrarchesca. Da Capodistria egli scrisse parecchie lettere ai suoi amici Bernardo da Casalorzio e Gabriele de' Dondi; ma piu di queste ci interessano quelle dirette a Filippo Cavallo di Sant'Andrea, padovano, che gli scriveva da Pola. Esse ci apprendono che i due amici leggevano con molta passione gli autori antichi e bazzicavano di quando in quando con le Muse. II Cavallo con lettera in data del 27 gennaio 1367 manda a Paolo un carme da lui composto ad onore e ricordanza deli' antica citta di Pola e il 4 febbraio seguente Paolo gli risponde lodando i versi: «Pro metris autem editis in praeconium illius urbis antiquae, quid aliud tibi dicam ? Placent carmina, laudo factum dignum te, dignum et illa; sed super omnia miror ingenium tuum venustum et placidum, tam docile ad solutum sermonem, quam ad verba modis et vinculis coartata». Questo carme in lode deli' antica citta di Pola čredo si debba cercare in una delle due poesie adespote da me pubbli-cate in questa Miscellanea, p. 146 sgg. E starei piii tosto per la prima che, come ho dimostrato, e la piu antica. Baccio Ziliotto. Gli ebrei feneratori a Capodistria Nel riordinare 1'Archivio municipale m' avvenne di sco-prire celato fra le pagiue d'altro libro un manoscritto che ora e segnato col n.° 1173 a). II fascicolo di 10 carte doveva far parte di libro abbastanza grosso, perche incomincia colla carta 253 e finisce colla carta 264; e avvolto da un cartoncino, sul frontispizio del quale e abbozzato un Centauro. La carta e bombacina, le pagine scritte sono 21'). ») Vedi il mio Inventario deli' antico Archivio Municipale, pag. 107. Oltre agli accenni che vengono fatti degli Ebrei nelle effemeridi pubblicate dali' abate A. Marsich nelle varie riviste locali del suo tempo, specie nella Provincia, unica monografia sugli Ebrei nell' Istria per quanto io sappia, quella del com-provinciale Dott. Antonio Ive, professore ail'Universita di Graz 4). Le condizioni finanziarie deli' Istria nel secolo decimoterzo e nel secolo decimo quarto non erano certamente buone ; i vari appaltatori di zecche, di gabelle ecc., i fornitori di denaro in una parola, erano d' altri paesi, sopra tutto Toscani. II pro-cedere di questi banchieri non era pero onesto e varie furono le proteste contro le esorbitanti usure ch' essi pretendevano. Per questa ragione sullo scorcio del secolo XIV e precisamente nel 1380, i banchi feneratizi passarono in mano degli Ebrei, che da principio almeno si mostrarono meno rapaci. Due notizie riportate dali' A. Marsich nella Provincia ci dimostrano che anche a Capodistria i banchieri Toscani non godevano buon nome e che continuamente si protestava contro di loro. Noi sappiamo da lui che nel 1340 il Fiorentino Ricardo Malatesta dovette ricorrere al Senato per poter continuare il suo soggiorno a Capodistria negatogli dal Podest& e Capitanio ') e nel 1345 Nicolo Malatesta di Firenze, feneratore a Capodistria, fu obbligato con decreto del vescovo a restituire gli stromenti di mutuo in espiazione delle estorte usure 3). Stando cosi le cose e naturale che anche a Capodistria i Toscani fossero sostituiti dagli Ebrei nella fenerazione. In che anno essi incominciassero le loro speculazioni in detta citt& non ci h dato di rilevare, ma si puo dire con cer-certezza che cio avvenne molto piu presto che in altri luoghi. Dal manoscritto su accennato, che io ritengo parte di un libro trascritto o fatto trascrivere dagli Ebrei stessi qualQ codice dei loro diritti, risulta chiaramente ch' essi gi& nel 1391 erano stabili a Capodistria. I capitoli e le ducali che li riguardano vanno dal 1391 al 1443 e addimostrano che appunto per la necessitž, dei ban- 4) Ive A. Dei banchi feneratizi e capitoli degli Ebrei di Pirano ecc. Rovigno, Tip. Bontempo e Comp. 1881. 2) Nnova serie di Effemeridi giustinopolitane del Marsich in La Provincia, A. XI, 1877, pag. 33. 3) Effemeridi istriane del Marsich in La Provincia, A. XIII, 1879, pag. 10. chi, ai quali grandi e piccoli con operazioni mercantili e col piccolo prestito potevano attingere, convertendosi il prestito in un vero monopolio, c' era bisogno di nuove norme fissate in contratti speciali fra ebrei e comunit& consenziente il go-verno, le quali regolassero il diritto di esercizio del prestito, il tasso da eseguirsi e la posizione giuridica del prestatore. La pubblicazione di questo manoscritto risulta quindi di un' im-portanza speciale per gli studiosi, che troveranno in questo le disposizioni piu antiche, le quali servirono di base a tutti gli altri capitoli ovvero contratti che piu tardi furono stipulati tra Comunit& ed Ebrei anche nelle altre citt& deli' Istria. Questi sono certi capitulj, clie sono confermadi a guondam David Veymar Zudeo fenerator in chauodistria, nel tempo del Magmfico homo, misser Michiel Contareno olim bene-rnerito Podesta, e Cliapetanio de Cauodistria, e del suo destreto in nel 1391 adi 8 del mexe de agosto chavadi ad litteram. Verum. Idem dominus Potestas et Capitaneus per se et successores suos, absolvit dictos Iudeos et eorum quemlibet, ab onere portandi signaculum de O 4) et quodlibet aliud signum. Promittens quod amplius predicti Iudei, nec eorum aliquis non mollestabitur de cetero per se velut per alium, modo aliquo velut forma occasione predicta. Item. (Jt omnes et singuli cives et habitatores Justinopolis et districtus qui sunt, et de cetero erunt sentenciati et positi in sentencia, per dictum David de aliquo debito, et non sol-verint dictum debitum usque menses tres, a die late sentencie : debeant elapsis dictis tribus mensibus solvere ipsis Iudeis usuram, sine prode dieti debiti, quousque exegerint pignora sua vel integre persolverint debitum eorum. Item. Ut si dietus David discederet de Iustinopoli, causa eundi pro eius negocijs et aziendis, ad partes aliquas; ut liceat II famoso segno esteriore, indizio della inferiorita del popolo op-presso, 6 imposto alla comunita ebraiea di Messina nel 1221; ed e ben noto che in Sicilia Cristiani ed Ebrei sotto gli Arabi dovevano portare il zumiar = £ovoip:ov, la cintura che e davvero il segnale della soggezione. N. Tamassia. Stranieri ed ebrei nell' Italia meridionale. Atti del r. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Tomo LXVIII serie ottava Anno 1903-1904. ei dimittere loco suj, alios iudeos in Iustinopoli, ad banchum suum: Verum ut teneantur et debeant tales Iudei remanentes et diraissi, esse obligati ad observandum omnia et singula pacta et conventiones superius denotatas. Quae omnia singula pacta suprascripta et contenta in eis prefatus Dominus Potestas et Capitaneus tam nomine suo quam omnium suorum successorum qui preterea futuri erunt ad Regimen Iustinopolis, tam vigore arbitrij suj quam vigore potissime litterarum Ducalium sibi super hoc emanatarum, datarum die xxvy mensis Julij proximi preteriti per quas lllustrissimum D. D. Venetiarum dat libertatem et concedit arbitrium eidem D. Potestati et Capitaneo ut pacta que ipse inivit, firmavit et fecit cum Iudeis qui liabitant in Iustinopoli, possit et valeat de ipsius Dominij voluntate et licentia conflrmare et ratificare ut in dictis litteris pleniš contentum. Q,uarum fiat originale, de prefati domini Potestatis et Capitanej mandato, in manibus dieti David ') et Samuelis de Magancia, cum quibus ambobus prefatus dominus Potestas et Capitaneus convenit pactis et conventionibus supraseriptis exhibitum. Registrum nomine ipsarum literarum remansit in aetis curie lustinopolitane. Promisit ut ipsis Iudeis observabunt in-violabiliter et in perpetuum, doneč dietus David aut alius aut alij eius nomine mutuabunt in Iustinopoli, cum pactis et con-dietionibus ac conventionibus superius annotatis. Questi sono certi capitoli, del olim prestantissimo et claris-simo homo misser Piero Gorofoli honorando Podesta, e Capitanio de Cauodistria, e del so destreto fati et concessi a quondam David Veymar oltrascritto. Et ideo, pro bono et comodo civium pertinentium huius civitatis, melius deinde eis quod confirmentur et roborentur predieta eorum pacta, per modum superius declaratum, secun-dum quod petunt, cum ista condictione et correctione dieti Capitulj, ut quicunque predieti Iudei vel aliquis eorum re-cipiet deinceps ab aliqua persona habitante Iustinopolim et ]) Questo David sopra nominato Vevmar e quello stesso che il Marsieh nella Provincia, Anno XIV 1880 pag'. 67 erroneamente chiama de Vainichar e in altro luogo Veninar. II suo vero nome, come mi fu dato di constatare in questi capitoli e nel liber Niger, dal quale il Marsieh prese le sue notizie, 6 Vevmar ovvero de Vevmar. districtum, prode vel usuram, pro uno anno velut pluribus anni s de debito in quo sibi tenerent supra pignora, velut per cartam, Instrumentum publicum, aut scriptum manus, quod dieta persona debeat sibi fieri facere unum bulletinum a dieto Iudeo, vel Iudeis, quod teneant factum, quando fuerint requisiti, vel seribi facere in Canzellaria comunis, aut esse cautum per alium modum de eo quod solverit. Itaque quando fuerit possit ostendere et legittinie probare solvisse illam quantitatem quam solvit. Ne differentia velut contentio oriatur inter eos. Et si diete persone non fecerint et non observabunt predietum modum, ut credatur tunc seripture quaterni Iudeorum tam de capitali quam de prode et de usura, dummodo non apparuerit contrarium per legittimas probationes, et in alijs partibus con-tinentia predieti Capitulj remaneant firme et valide. Et hoc non obstante ixliquo ordine, velut statuto loquente in contrarium. Quibus et singulis sic confirmatis, laudatis et approbatis, per prefatos cives et alios convocatos ut supra, prefatus dominus Potestas et Capitaneus vigore suj arbitrij suam et comunis Iusti-nopolis auetoritatem interposuit et iucliciale decretum mandans esse firma et rata ac inviolabiliter observarj ad voluntatem semper et mandatum Serenissime et excellentissime Ducalis Dominationis. Nobilibus sapientibus viris Iacobo Venerio Potestati et Capi-taneo Iustinopolis, et successoribus suis. Franciscus Foscari Dei gratia dux Venetiarum nobilibus et sapientibus viris Iacobo Venerio de suo mandato Potestate et Capitaneo Iustinopolis, et successoribus suis fidelibus dileetis salutem et dileetionis affectum. Denotamus vobis quod in nostris concilijs rogatorum et addiet., 1425 die XII augusti omnia pacta facta per tunc Potestate m et Capitaneum civium Iustinopolis et Comunitatem, deinde cum David Veymar et Salomone de Crucilach Iudeis 1391 die VIII augusti Indictione quinta et aliud pactum per nobilem virum Petrum Gauro, tunc potestatem et Capitaneum Iustinopolis et comunitatem predietam Iustinopolis, factum 1409 die XI aprilis confirmavimus et appro-bavimus. Quare Fidelitati vestre tum dietis nostris consiliis committimus quatenus eisdem omnia ipsa pacta procurarent, ad litteram observare et observarj facere inviolabiliter debeatis. Datum in nostro ducali palacio die 19 mensis Augusti Inditione III. 1425. Questa ela copia de certi capitulj al tempo de olim el spe-labile et generoso homo misser Andrea de Leze fo hono-rando Podestd e Capitanio de Chauodistria per li quali appar olim David Veijmar Iudeo haver constituido et de-putado in so luogho Mandullino e Marco so fiolj per la libertade a lui concessa ut supra. In Christi nomine amen. Anno eiusdem 1427, Indictione quinta die XIII. mensis decembris. In Palacio Iustinopolis presentibus ser Petro Mrionj, ser benedicto de Lege quondam dom. , ser Zamatheo Contareno, dominum Petrum Gavardinum de Gavardo, ser Michaelis, et Nasimbeni de tnr-visio Cavalerio testibus et alijs. Coram magnifico et generoso Viro domino Andrea de lege pro Serenissimo et excellentissimo ducalj dominio Venetiarum et honorando Potestati et Capitaneo Iustinopolis personaliter comparuerunt David Yeymar Iudeus fenerator habitator Iustinopolis et Mandullinus et Marchus ebrej fllij suj, et de licentia et auctoritate prefati domini Po-testatis et Capitanj, ac consensu ipsius sponsi et ex certa scientia, nullo metu, vi, velut errore ducti ymo omnibus modo, una iure et forma, quibus magis melius et efficatius potuerunt et possunt, ad pacta infrascripta et compositiones suas con-corditer (levenerunt et adinvicem solemniter contraxerunt. Primo, dictus David, in decrepita etate constitutus et nequiens amplius suum bancum usurarium gubernare, posuit et constituit in locum suum, ac ordinavit, deputavit et esse voluit, dictos Mandullinum et Marchum filios suos non segre-gatos neque emancipatos a se sed in sua potestate constitutos. Ipsis Mandullino filiis suis, presentibus, volentibus et acceptan-tibus et sortientibus ad erigendum gubernandum et tenendum loco suj, eius publicum bancum usurarium in Iustinopoli, in bona et fraterna societate sicut facere debent boni fratres, et ad mutuandum omnibus petentibus, secundum formam pacto-rum et privilegiorum suorum, cum modis ordinibus et condic-tionibus infrascriptis. Et ad robur et confirmationem omnium suprascriptorum, petentibus et requirentibus partibus suprascriptis, prefatus do-minus Potestas et Capitaneus Iustinopolis liis omnibus et sin-gulis suprascriptis suam et comunis Iustinopolis auctoritatem interposuit et decretum clie XII. Maj 1428, presentibus domino petro Metaucia et Nasimbeno Cavalerio suo. Franciscus Foscari dei gratia dux Venetiarum nobilibus et sapientibus viris Hectori Bembo cle suo mandato Potestati et Capitaneo Iustinopolis et successoribus suis, fidelibus dilectis salutem et dilectionis affectum. Quoniam viri nobiles Albanus Capello, Nicolaus de Mollino et Andreas Donato, nostri veteres auditores sentenciarum, viso quodam precepto viri Nobilis ser Homoboni griti precessoris vestri, per quod sub die XXVI aprilis, mandavit Mandullino et Marco ebreis fratribus, et tilijs quondam David Vevmar alias fenerator in Iustinopoli, ut deberent de-ferre signaculum de O sub penam librarum XXV parvorum, pro quolibet contrafaciente et qualibet vice eorum, a qua, dieti fratres ebrei, sive pro parte sua, extitit appellatum, ac audita causa eorum appellationis, sive gravaminis in qua pro-duetum fuit certum Instrumentum pactoruin dudum ceiiebra-torum inter Comunitatem Iustinopolis et dietum David ebreum patrem dietorum fratruin ebreorum per quocl inter cetera dietus David ebreus et quicumque ipse substituerit in baneho sue fenerationis, absolverit ab onere deferendi signaculum de O et aliud quodcumque signum, et sic postea sibi confirmatum extitit per Concilium Rogatorum. Et clare probato dietis nostris Auditoribus quod idem qd. David tunc vivens sibi subrogavit in dieto baneho dietos Mandullinum et Marcum filios suos, et ex quo representant, personam patris suj, etiam debent gaudere privilegio paterne exemptionis non deferendi dietum O secundum quod patet in superinde facta determinatione per virum nobilem ser Andream de Lege precessorem vestrum, per quam deter-minationem non licuerit eideni ser homobono precessori vestro dietum Mandullinum et fratres multare dieta pena librarum XXV parvorum eum par non habeat imperium in parem suum. Ex eo prefati nostri veteres auditores, concorditer vigore liber-tatis, quam habent a nostro maiori Consilio de aetis et sen-tencijs a ducatis viginti infra, interserunt dietum preceptum sive penam impositam predietis fratribus hebreis de promissis libris XXV parvorum, Itaque anno inantea dieta pena tamque imposita contra id quod facere poterat et debebat dietus pre-cessor vester, nullius constat efficacie velut vigoris. Q.uare Fidelitatibus vestris ex auetoritate tradita offlcio prefatorum nostrorum auditorum a nostro maiorj Consilio seribendo man- damus, quatenus dietam talem impositionem pene librarum XXV de aetis dieti viri precessoris et omnes singulos aetus dependentes ab eadem, et quos factos esse comperereritis ad demonstrationem dietorum fratrum ebreorum in contrarium pro-missi Instrumenti pactorum et eorundem conflrmationis facte per nostrum Consilium rogatorum, Canzellare et annullare debeatis. Nullam de cetero novitatem neque mollestiam facientes dietis fratribus hebreis quod deferant dietum O, quamdiu dieto Instrumento pactorum et eorundem confirmationi nostri consiiij Rogatorum, in eodem consilio velut maiorj, non fuerit dero-gatum; Facientes has literas nostras, in aetis vestri regiminis, ad futurorum memoriam registrarj et postea restitui et resignari dietis Mandullino et fratribus hebreis pro suorum iurium Cautella. Date in nostro ducali palacio die XVI mensis Iulij 1431. Indict. 9». Questa si e la copia de parte de una termination fatta per lo magnifico et spettabilissimo komo misser Vettor Bembo, che fo dignissirao podestd e Capitanio di Cauodistria el qual conferma mi Mandullin per imprestador. Inteliigendo ut lili ludei qui se seribi faciunt ut est dietum: debeant et teneantur mutuare civibus et distrietualibus Iustino-polis, quandocumque fuerint requisiti super bona pignera, aut cum cartis ad beneplacitum ipsorum ludeorum ad complemen-tum librarum sex milium ad minus pro quolibet baneho mu-tuante, computata pecunia, quam dieti fenerantes non disbur-saxent. Observantes pacta eis alias confirmata in Consilio Rogatorum: Et similiter observare teneantur partem captam in Consilio predieto Rogatorum anno MCCCCXXVIIII Indictione VIII die primo Ianuarij super facto ludeorum Histrie. Alioquin si dieti Iudej non facerent se seribj ut superius declaratum est, priventur quod nullatenus mutuare possint. Hoc addito, ut si tempore dietorum fenerantium, eeteri ludei venirent in hane Civitatem pro fenerando cum alijs conventionibus et pactis ha-bitis a Comunitate Iustinopolis: tunc antedieti fenerantes sint et esse debeant ad eamdem condictionem et pacta supradieta. Eodem millesimo ut supra anno a nativitate eiusdem mil-lesimo quadringentesimo trigesimo secundo, Indictione decima, die duodecimo mensis Iunij Comparuit ad Canzellariam Co-munis Mandullinus hebreus qd. David Veymar fenerator in Iu- stinopoli suo nomine, ac vice et nomine hereditatis dieti qd. David eius patris ad implendum de suo in quantum hereclitas predieta non suppleret pro bancho tenendo, et se scribi fecit pro attendendo et volendo pacta contenta in Terminatione per eundem dominum Potestatem et Capitaneum factam herj, die undecimo instantis: Quam presentationera et comparitionem prelibatus dominus Potestas et Capitaneus admisit et aeceptavit. Mandans Canzellario suo, quatenus ad futurorum memoriam dieto Mandullino conficere debeam? documentum. Copia de certi capituli de una parte prexa sopra el fato de i Zudei de listria 1430 adi 7 aprile mandata al speetabile misser polo Cornario hon. podestd de Cauodistria. Per che algun zudeo in li luogi soprascritto non possa dar ad usura ad alcun Istrian subdito nostro piu de lire 3 per zento sopra pegni e denari 4 per zento sopra carte soto pena de perder quello i avera imprestado del qual un terzo sia del nostro Comun, un terzo del retor e un terzo del acusador del usura. Item che passando lano alcuna usura non cora piu sopra pegno alcun se quel pegno non appuntera al Regimento ma da puo appuntado possa aver usura fina a la so vendida non passando mexe uno al piu. Item che usura no cora sopra alcun pegno se non quanto e mera ? ut supra. Item che sia concesso expresse a i diti nostri Retori del Istria che se alcun aveva habudo a usura piu de quelo contien in suo privilegio fin a questo di che la usura gli cora non obstante fosse in altra tera che in quela chel Zudeo avesse privilegio o pato debia solamente farli raxon fin quanto parla el so privilegio absolvendoli de quel piu che avesse obligado e questo a tuli se fazi manifesto. Questa e parte dela copia de certi Capitolj de Sallamon al tempo del spettabele et generoso homo misser Zanoto Calbo fo podesta e Capetanio de Chauodistria, parte confermada per lettere ducate non confermata nel Conseio de pregliadi e parte per lo dito misser Zanoto, senza alcuna confer-macione. Item che nessun altro zudeo, over christiano non possa imprestare ad usura sora pegni per tuta la podestaria de Chauodistria in pena de L. 50 per chadaun pegno, El terzo sia dela nostra ducal Signoria, El terzo de misser lo Podesta, el terzo del accusador. Franciscus Foscari dei gratia dux Venetiarum Nobilibus et sapientibus viris Zanotto Calbo de suo mandato Potestate et Capitaneo lustinopolis et successoribus suis fidelibus dilectis salutem et dilectionis affectum. Ad presen tiam nostram veniens cum litteris vestris Cre-dencialibus Vir discretus Gavardus de Gavardis tamquam nun-cius et specialis Orator Illius fldelis nostre Comunitatis, pru-denter exposuit Commissa circa Confirmationem cuiusdam m. Sallamonis hebrei de Tergesto in Civitate lustinopolis fenera-toris cum modis pactis et condictionibus notatis in Cedula, eisdem nostris litteris Credencialibus introcluxa: Volentes igitur eiusdem nostre ficlelis Comunitatis lustinopolis et lionestis sup-plicationibus condescendere Viso predicta Capitula, Capitulis per nostra Consilia Rogatorum et addictionis alias concessis Comuni nostre azontissilicAci super tacto Iudeorum fenerantium confermantur atque concordant Eadem Capitula quae vobis remittimus hijs inclusa cum prelibatis nostris concilijs Roga-torum et addict. per tres annos proxime sequeutes, Approbamus et tenore presentium confirmamus Magistro Sallamonj predicto. Date in nostro ducali Palacio die XXIIII mensis decem-bris 1433. Ex quo dictus promisit et se obligavit civibus et distric-tualibus lustinopolis tantum super bonis pigneribus mobilibus tamquam et secundum ipsius discretionem sufflcientibus usque ad summam ducatorum trium millium, 1434 Indictione XII Antedictis millesimo et Indictione, die XXVII Ianuarij Iustinopoli sub lobia Comunis presente ser Comucio de perusio et ser Corado Crocho testibus et aliis Antedictus D. Potestas et Capit. lustinopolis, sedens sub dieta lobia, ad suum solitum banehum Iuris cum Iudicibus suis dedit licentiam attribuit ac commeatum Mandullino Iudeo eidem precipiens a modo inantea, Nullo modo debeat fenerarj alicuj, nec deinceps alicuj accipere usuram. Copia D. Laurentio Memo, et successoribus suh. Ad gravamen Man-dullini hebrei habitatoris Iustinopolis eis interpositum ad Au-ditorium nostrum pro eo quod datis duo Bernardo Balbi pre-cessori vestro litteris officij nostri sub die 29 Marcij 1435 tenoris subsequentis videlicet. Volumus nostras litteras datas die 9 mensis Marcij presentis per quas nobis scripsistis quod stante inhibitione per actum publicum D. Zanoti Calbo pre-cessoris vestri non videtis posse consentire ut Mandullinus hebreus exigat usuras sicut vobis scripsimus nisi predictus actus publicus annulletur aut declaretur .....iterum Vobis scribimus, prout alias scripsimus vobis, quod Nos habemus et tenemus predictus Mandullinus possit; et valeat exigere seu extorquere usuras de omnibus lii.js quibus ipse Mandulinus dedit ad usuram ante confectionem dieti actus, secundum formam suorum pactorum et faciendo sic, dietus actus habebit debitum suum, et etiam dietus Mandulinus Date Ven., die 29 Marcij 1435 Tohanes Cornario Paulus Morexini Marinus Zanuto veteres Auditores Ser.um Prefatus D. Bernardus Precessor vester easdem litteras executionj sepe et sepius requisitus, mandare neglexit, adeo, ut predictus Mandullinus vigore privilegij quod habet a con-silio Rogatorum, nequeat eius usuras extorquere tam de fene-ratione ante actum dieti domini Zanoti Calbo quam post actum permissum unde se asserat defraudarj debito rigore iusticie sue cause, et utique deficiat in Executione predietarum litterarum officij nostri propter quod quesierit, partes officij nostri ad huius adhiberj, Vos si quidem tenore premissi privilegij, ac premissas litteras utique inlierentes, pro eo quod hubeamus actum dieti domini Zanoti Calbo non posse preiudicare dieto privilegio suo et per consequens dietum actum, nullam vim habere nisi de feneratis post actum permissum. Ob id vestre fraternitati du-cimus iniungendum ex offitio nostro quatenus vices regiminis vestrj sic adhibere velitis quod ipse Mandulinus nequaquam defraudetur, eo quod sibi licet per formam dieti privilegij suj, ut de feneratis ante dietum actum domini Zanoti prelibati, possit pro tempore sibi ex eodem privilegio coucesso usuras suas licite consequi et habere. Date Ven. XXVII Iulij 1436. Paulus Moresinj Albanus Capello Veteres Auditores Ser.um Leonardus Bembo Domino Laurentio Minio. Spectabilis et egregie amice carissime. Querellanter exposuit nobis Mandulinus hebreus quod quamquam binas litteras Auditores veteres Serenissima-rum scripserunt viro nobilj ser Bernardo Balbi precessorj vestro, et successoribus suis ut dictus Mandulinus vigore privilegij suj exigere valeret usque ad integram satisfactionem, omne id quocl habere debet tam de capitalj quam usuris ante certum actum publicum factum per virum Nobilem ser Zanotum Calbo pre-cessorem vestrum, tamen diete littere minime execute fuere. Petens idcirco per Nos ad vos seribi, quod dietas litteras exe-cutionj debite mittere debeatis Nos non sumentes admirationem quod idern precessor vester dietis litteris non paruerit. Decre-vimus super hoc vobis seribere vestram speetabilitatem requi-rentes ut dietas litteras exequi debeatis ut ratentur, et per-mittere dietum Mandullinum exigere quod suum est, iuxta tenorem earum. Marchus Dandulo Delphinus Venerius ( Continua) advocati Comunis Venetiarum ubi die XII Iulij 1436. F. Majer. Sati IJho/6, A mia mama. I. — Chissd coss' l me porta! — el ghe diseva, povero piccio, 'avanti de dormir, e gento volte l ghe lo ripeteva; ma ela coss a ghe podeva dir? E quela vose che ghe domandava e — dime mama — e — cossa — ogni momenta ghe taiava la carne, ghe taiava; iera per ela el so piii gran tormento. Povero Nini i altri squasi tati sveiandose doman varia trova se no zogatoletti, almanco frutii; ma lu gnente, lu iera un disgragia. E lu che iera bel come una štela, la vita sua, la so consolagion, el varia de trovar solo lu quela matina svodo l piato su l balcon? Ah! ma per cossa solo i fioi dei siori varia de goder? questo qua po' no, chi ga dito che sia solo per lori la cara festa de San Nicold? No xe fata de carne anca la zente, che vivi zo in cantina o su in sofita? cossa, forsi xe sangue diferente, no semo tu ti quanti d'una vita? Anca ti, co doman quei bei očeti ti verzara gercando su l balcon, ti trovard anca ti do regaleti, se eredessi de 'ndar fina in preson. Nini dormiva come un anzoleto, de guei che vivi col Signor in giel, e che vendo sbalia de 'ndar in leto, jra quatro straže, 't riposassi in quel. II. De Jora in strada iera un mar de zente, che andava e che vigniva per comprar siore con pachi cdreghe, ela gnente.... e ghe vegniva voia de gigar. In mezo na vetrina iera messa na bela carogeta coi cavai, che tu la vessi! dio che contentega! ma quele robe xe pei fortunai. E qaele mame che le se portava a časa tante robe de valor, cossa che ela no la le invidiava, cossa che a ela ghe dioliva el cor. Zogatoli, vestiti, arzentaria, pareva che i ghe svoli de lontan, pareva che i volessi ciorla via ela con soli vinti soldi in man.... III. Vardando la miseria de quel piato, — piti misero de quel nissun lo aveva — „Nini, no posso piu de quel ch' o' jato contentite de questo," e la pianzeva. E tanto che pianin ela gercava de verzer senza strepito 7 balcon, Nini dormiva e forsi 7 se insognava San Nicold col gesto e col baston. Tino Gavardo. Coni menda o vesco v ato (Saggio di storia). (Continuazione; vedi N. ant.) La seconda lacuna nella storia del vescovato capodistriano e stata estesa da noi fino ali'anno 1184, cioe aH' epoca, nella quale il chiar. Rev. Babudri pone il risorgere del vescovato coll' ascesa alla cattedra vescovile di Alcligero. II Babudri non črede che sia necessario di stabilire la fine della lacuna dopo la morte del vescovo di Trieste, Bernardo (1185-1186), perche nessun riguardo si doveva aH' osteggiatore piu accanito del-1' anzidetto risorgimento del vescovato capodistriano '). Che la chiesa poi di Capodistria non fosse stata tanto povera lo scorgiamo dalla fretta con la quale li 25 gennaio 1180 il patriarca Olderico II si fa confermare dali' imperatore Federico le regalie del vescovato di Capodistria. E' cosi che in tale occasione viene nominato, ne si accenna alla sua ab-binazione, a quello di Trieste, come se di fatto, da lunghissimo tempo non fosse esistita piu 1' unione dei due vescovati di Capodistria e Trieste. Ne ci deve sorprendere la facilit& dei doni; noi sappiamo da documenti2) che il vescovo di Trieste, quale amministralore, ed il patriarca di Aquileia quale autorita politico-ecclesiastica per lungo tempo continuarono usufruire ') Per completare 1' individualita di questo avversario, ci sia con-eesso di citare un documento che pud anehe appoggiare la nostra tesi del 6 agosto 1156, dal quale apparisce con certezza che il vescovo di Trieste disponeva dei beni della diocesi capodistriana: egli donava in quel giorno, quale amministratore della chiesa di Capodistria, ai Bene-dettini di S. Giorgio maggiore di Venezia la nostra chiesa della Ss. An-nunziata, inclusi i beni ad essa spettanti. Abbiamo voluto soffermarci su questo fatto, non riportato dal Babudri, perche il vescovo Bernardo in esso 6 detinito quale amministratore della nostra diocesi ed anehe per richiamare 1' attenzione degli studiosi sulla confusione che regna nella «Corografia» del Naldini, il quale confonde una chiesa delPAnnunziata gia esistente in Capodistria presso la Porta Pre.toria, ceduta nel 1445 ai Benedettini di Valle Oltra, con la chiesa di questi in Valle Oltra stessa, dedicata a S. Apollinare e ceduta loro dal vescovo Aldigerio. 2) Questi documenti saranno pubblicati, speriamo, dal chiar. C. De Franceschi; secondo il Babudri (vedi »Pagine istriane» anno IX, pag. 212) si riferiseono ai veseovi Enrico, Ditmaro, Luitoldo ed altri, vissuti tutti dopo il 1031. del diritto di dare in dono od in feudo possessi della diocesi capodistriana anche mentre esisteva di fatto il vescovato au-tonomo di Capodistria. * * Noi abbiamo asserito che gli storici, fin ora, nel trattare delle due lacune nella storia del vescovato capodistriano, si appoggiarono piu su archivi ed opere stampate, che su opere costruttive od artistiche in genere. Ritrovandosi ancor oggi abbastanza rilevanti vestigia di queste a Capodisfaria, noi inten-diamo di trattare di esse separatamente a documentazione di questi periodi deli' episcopato capodistriano. Queste sono: I. Due frammenti immurati esternamente nella parete di fianco sinistro della chiesetta di s. Giacomo in Brolo, cioe in quella parete laierale che prospetta sul Fondaco. II. Numerose patere decorative immurate sulle facciate di chiese e di čase di Capodistria. III. Alcuni frammenti decorativi-architettonici immurati sul duomo di Capodistria. IV. Due edifici di sezione planimetrica rotonda. Se i frammenti ad I. segnano un' attivita costruttiva-or-namentale di stile prelornbardo, sono da porre fra il VII e la fine deli' VIII secolo, la Rotonda del Beato Elio e 1' attuale chiesa dei Carmini marcano la fine di un' analoga attivita degli sgoccioli del XII secolo. Ecco raggruppati per la prima volta i prodotti di una civilta che si svolse appunto nei seicento anni di lacuna che si riscontrano nel sillabo dei vescovi capo-distriani. Purtroppo non sono che frammenti ed edifici in gran parte ritoccati. Se si potesse dare un' occhiata alla citta nostra in questo periodo, si vedrebbe che la maggior parte delie čase era «di legno, coperte di stuoie e di paglia; che solo nel secolo XII si cominciarono a bandire ordini per la copertura di tegole, ad impedire gli incendi frequenti» l). Furono gl' incendi che fecero ro vin are, oltre a1 le modeste casuccie, anche parte degli edifici piu suntuosi che qua e la si elevavano nella cittei sia in onore di Dio, sia per accrescere 1' ascendente delle istituzioni civili e politiche. A Venezia cominciavano in allora a sorgere fra la massa grigia ed uniforme dei modesti caliginosi abituri, coperti di ') Venturi: Storia deli' arte italiana. Vol. III, pag. 54. paglia, dei palazzi con ornameuti bizantini nella facciata forata da archi ogivali di stile copto od arabo, come quelli dei Da Mosto al traghetto dei Ss. Apostoli, il palazzo dei Bembo, pure sul Canal grande, ornato sopra il primo piano con grandi foglie d'acanto barbaro, il palazzo Businello *). Le čase erano costruite con pietre accuratamente riquadrate, unite con poca malta; le finestre erano poche e strette; talvolta dinanzi alle čase c' era un portico; in generale pero le čase sembravano piccole fortezze. Ora se anche si tiene per fermo che 1' Istria, confrontata colla Repubblica architettonicamente ed artisticamente par-lando, si sviluppo piu lentamente, pure tale differenza, dati i rapporti, specialmente di Capodistria e delle citta della costa istriana, con Ravenna e con Venezia, non dovrebbe esser stata tanto grande. Seguendo il Rivoire 2) il quale segna come originali caratteristiche del secolo VIII: «1' impiego nella scultura delle lastre, dei pilastrini e degli architravi, dei cancelli pre-sbiteriali e coraii, delle pale d' altare, degli amboni, degli ar-chivolti, dei cibori, d' intrecciamenti di nastri aventi general-mente ciascuno due solchi in tutta la sua lunghezza* (tripartito), noi considerando questo motivo e queste caratteristiche, nei nostri monumenti le dovremo ritenere importate nell' Istria circa un secolo dopo, se la sezione verticale deli' ornato šara a spigoli taglienti mentre potremo assegnare sculture analoghe a due o tre se-coli dopo, se la sezioue verticale anzidetta risulteri a linee arrotondate. Nel primo caso si trattera indubbiamente, da quanto ri-sulta dagli ampi e profondi studi del Rivoira stesso, di opere J) Cattaneo: L' architettura in Italia dal sec. VI al Mille circa. Ricerche storico-critiche. Venezia 1888. 2) Le origini deli' architettura lombarda. Roma 1901. di mano prelombarda e la pietra impiegata mostreržt sempre un certo grado di durezza corrispondente alla tecnica seguita, nel secondo caso saranno sculture uscite da offlcine lombardo-ravennati e la pietra usata mostrera un grado di durezza di gran lunga inferiore. La maggior parte delle sculture che presentano gli intrecci si bene studiati dal Rivoira e che si trovano nel ripostiglio presso 1' antico battistero della Basilica Eufrasiana di Parenzo, hanno le caratteristiche della scuola pre-lombarda, mentre quelle di Muggia vecchia tutte sono a profili arrotondati, quindi di mano lombardo-ravennate. Le prime saranno dunque del IX secolo, le seconde potranno essere del X o del principio del XII secolo tutt' al piu. Altrettanto sia detto del pilastrino, gia facente parte di un cancello corale, forse del duomo di Capodistria, che ora si conserva nel nostro piccolo Museo: rotondi sono i contorni della sezione, la pietra e tenera, e opera indubbia deli' XI secolo. Ben diversi si presentano i frammenti segnati ad I. Oltre alla sezione angoloaa e tagliente, noi scorgiamo che la pietra e di una certa durezza e che 1' ornamento ha motivo ornamen-tale prelombardo deli' Vili secolo per eccellenza, cioe la serie di caulicoli marginali che si svolge esternamente ali' ornato come un' aureola. Questo motivo dei caulicoli ab-binati alle altre consuete ornamen-tazioni pre-lombarde si trova non solo nella Lombardia e nell' Istria, ma anc.lie nella Dalmazia e va notato ') Questo motivo dei caulicoli e importantissimo nella storia del-1' arte, perche i maestri comacini, appiieandolo piu tardi agli archivolti cuspidati, diedero campo ai loro successori di trasformarlo man mano, sino ad arrivare ali' introduzione delle foglie rampanti, base deli' orna-inentazione gotica. che si riscontra in un monumento, di cui esattamente si sa 1'epoca di costruzione: lo troviamo negli avanzi della cliiesa e del convento delle Benedettine di Rizinice, inaugurato nel-1' 860 dal bano Terpimiro l) e sono reliquie deli' iconostasi. Se il Rivoira fissa la durata deli' architettura e della scultura prelombarda in Italia aH' epoca che corre dal tempo di re Autari (583-590) fino alla caduta dei Longobardi (774), noi ritenendo meno tardiva 1' applicazione di tali canoni nel-1' Istria che nella Dalmazia, dobbiamo porre 1' epoca dei frammenti 2) della nostra chiesetta di s. Giacomo, fra il principio del VII e la fine deli' VIII secolo, epoca appunto, nella quale possiamo supporre 1' auge costruttiva di una delle chiese di Capodistria, quando il sillabo non segna la presenza di un vescovo indipendente. Questi due frammenti provengono, a nostro credere, da un ciborio, perche il piu grande mostra di esser parte di un archetto; mentre 1' altro potrebbe anche aver fatto parte di una qualsiasi ornamentazione di ambone o di cancello corale, essendo diritto ed a margini paralleli. Antonio Leiss. (continua) U. Monneret de Villard: L'architettura romanica in Dalmazia. Milano 1910, pag. 30. 2) Questi motivi di nastri intrecciati,- che ora gli scrittori germanici dicono «dell' epoca deli' emigrazione dei popoli®, si riscontrano ripetuti nella nostra provincia fino al principio deli' evo moderno. Diffatti a Pola fu trovato un frammento di Ciborio di cui si sa con esattezza la data, 1' anno 1418, nel quale tali motivi sono riprodotti con tale forza d' imita-zione, da trarre in inganno chiunque li veda. BIBLIOGrRAFIA lettere di Fllippo Zamboni a Elda (lianelli. Trieste, Stabilimento Tipogr. Giovanni Balestra, 1911. Ecco un volume che, pur essendo da qualcbe settimana appena in dominio del puhlico e della critica, ha gia fornito materia a lunghe e accese discussioni. Gli e che esso, raccogliendo un carteggio, abbastanza copioso, che va dal 1889 al 1910, e fin troppo vicino a noi e alle miserie nostre e del tempo nostro. Gli oppositori della publicazione misero naturalmente mano, anzi tutto, alle solite pregiudiziali: essere per lo meno inopportuno il publicare lettere private di defunti (per quanto illustri), quando il lor cenere e ancora caldo e sono ancora calde le passioni in mezzo alle quali essi vissero ; essere superfluo e a volte persino nocevole il dar fuori ogni piu minuto e insignificante frammento dei carteggi inediti. E soggiunsero che, in ogni caso, nelle lettere dello Zamboni alla Gianelli si parlava un po' troppo e deli' uno e deli' altra; sicche ambedue le figure, si del morto poeta che della vivente poetessa, non ne uscivano gran che avvantaggiate... Oppo-sero i benevoli che certi pregiudizii hanno fatto il lor tempo ; che la verita e una sola e piace, a quando a quando, sentirla; che infine la -ianelli, publicando tutto, non aveva inteso di esaltare se stessa, ma di dare intera la generosa anima e la nobile parola deli' amico suo. Quanto a noi, non esitiamo a schierarci tra i secondi, sia perche 10 Zamboni stesso, in queste stesse lettere, sollecita frequentemente la Gianelli a «renderle ostensibili«, giacche egli sempre, disse e scrisse cio che penso, sia perche sappiamo, di certa scienza, che la illustre scrittrice fu spinta a dare publicita al carteggio anche dal desiderio che il carattere dello Zamboni non venisse in alcun modo alterato e franteso. Ammettiamo pero anche noi che certe lettere, sullo stampo, ad es., di quella del 7 nov. 1906, alla quale la stessa Gianelli pratico dei sensibili tagli, erano forse da omettere del tutto. Come la Gianelli medesima egregiamente afferma nel breve proemio, queste lettere zamboniane «sono in certo modo 1' indice del pensiero e del lavoro del poeta nell' ultimo (quarto di numero) ventennio della sua vita. Meglio d'ogni biografia esse illuminano la sua fisonomia rnorale». E piu innanzi: «Esse rispecchiano la sua anima candida, espansiva, gratissima ad ogni manifestazione amichevole. Altrettanto irruente nello sdegno per ogni ing-iustizia... Queste lettere costituiscono un tutto omogeneo e com-pleto che rivela Filippo Zamboni nell' intimita dello spirito, nella fede dell'arte sua, nel suo amore per Trieste, nella grande gentilezza dell'animo, nel profondo attaccamento alla sua cattedra d'insegnante, veramente basato sull' affetto per i giovani». Ben detto ed esatto. E se a cio s'aggiunga, che da queste lettere traspare pure 1' ardente brama di giusta considera-zione (anche questa frase e della Gianelli) onde fu eostantemente agitato 11 vigile e operoso spirito dello Zamboni, cui nulla offendeva piu deli' im- meritato oblio, abbiamo intera la fisionomia di questo sincero e italianis-simo (pur nella forma) carteggio che, onorando il suo autore, onora anche colei alla quale era con si piena e affettuosa confldenza diretto. Tra il proemio e le lettere la Gianelli molto opportunamente colloca «per coloro che di Filippo Zamboni poco sanno, particolarinente per i lettori del Regno, il sonimurio ma chiaro cenno sul poeta che ella scrisse alla sua morte e fu stampato nel Fanfulla della Domenica e tratto a parte dallo stesso in una edizioncina di soli 50 esemplari». Edizioncina della quale fu discorso, a suo tempo, anche in questa rivista. (i. <}. Nozze Toraldo di Francia-Mazzoni. — Firenze, III luglio MCMXI. II candido opuscoletto fu offerto dal nostro Giuseppe Picciola a Gina Mazzoni, figlia deli' illustre senatore Guido, nel giorno delle sue nozze con Orazio Toraldo di Francia, tenente di artiglieria. II contenuto di esso ? Versi. Bei versi, anzi bellissimi versi, veramente degni della nobile musa del Picciola (alla quale si puo inovere soltanto il rimprovero d' esser poco feconda); versi che con fresca delicatezza d' imagini e non mentito calore di sentimento intendono a ridestare nello spirito della giovine sposa la inemoria benedetta della sua buona Nonnina, di colei che anche il Picciola ebbe ad amare di tenere amore, nei primi tempi del suo esilio, per averlo ella, nella sua profonda bonta di donna e di madre, considerato e chiamato figlio: Si, liglio. E me privo, ahime, d' ogni materna carezza, nel seno materno ella strinse amorosa, flori di speranza i miei sogni, ghirlando d' un arcobaleno la mia gioventu procellosa. Fu buona, e nel ben fu pugnace. Calpesto tutte le nequizie, passo su tutte le procelle.; poi, quando ebbe 1' ultima pace, sull' inviolata canizie rifulsero tutte le stelle. I componimenti sono due (Nonnina.... e.... Sposa), tutti e due di novenarii sapientemente variati d' accenti e di movenze. II fascicoletto usci a Firenze dai torchi della Tipografla Galileiana. 6. Q. Dott. Leone Volpis: Sallustio, storico partigiano. Estratto dali' An-nuario deli'I. R. Ginnasio reale di Pola, anno 1911, Pola, Stab. Tip.-lit. Boccasini e C.o dei fratelli Niccolini 1911. Come e ben noto agli studiosi, C. Crispo Sallustio, il celebre storico, fu amico di Cesare, e da lui molte volte favorito, prese parte alla vita pubblica e da questa si ritiro ricchissimo in modo da profondere immense somme nei palazzi e nei giardini famosi sul Quirinale. horli sallustiani. Ritiratosi dalla vita pubblica si diede allo studio della storia narrando quegli avvenimenti che gli parvero, com'egli dice, degni di essere ricordati. Fu egli storico serenamente oggettivo, o per partito proso fu storico partigiano? Questa questione fu a lungo dibattuta da storici e da illustri filologi e, come avviene in tutte le questioni, anche in questa chi si schiero da una parte, chi dali' altra; chi lo ritiene storico oggettivo ed imparziale, chi vuole il contrario ritenendo che i suoi scritti sieno una difesa del partito deinocratico, al quale egli apparteneva. L' A. si schiera dalla parte di coloro clie lo ritengono partigiano e dimostra in questo suo studio le ragioni che a cio lo inducono passatulo in rassegna gli scritti di Sallustio, nei quali egli, o parla di Cesare, 1' uomo del partito deinocratico, o tace di lui mentre ne avrebbe dovuto parlare. Lo studio dili-gente e coscienzioso, confortato dalle opinioni della maggior parte degli storici e dei filologi, arrira alla conclusione che Sallustio, animato da vivissimo sentimento deinocratico condannando alla gogna la nobilta, di cui si mostra nemico ed esaltando il partito deinocratico senza mai rilevare i suoi torti, che pur furono molti, incensando i suoi capi, ch' egli consi-dera come tanti eroi senza macchia, curanti solo gli interessi del popolo e degli eserciti, che 1' idolatravano, troppo palesemente si dichiara partigiano perchfe ormai ne resti il piu piccolo dubbio. L' opinione e ormai quasi generalmente accettata e questo contri-buto vale a confermarla. Del resto una prova evidente della verita di questo asserto consiste nel fatto che lasciando da parte gli altri scritti di Sallustio e considerando soltanto la congiura di Catilina da lui descritta, noi la vediamo ristretta nella sua importanza storica, perche mentre essa avrebbe dovuto essere considerata dali' autore come un effetto delle condizioni politiche del suo tempo, egli la tratta come un avvenimento a parte, come un tutto stac-cato, come un fenomeno straordinario, avvenuto improvvisamente contro 1' aspettazione di tutti. F. M. L. Planiscig: Studii su la scultura veneziana del Trecento («Arte», anno XIV, fasc, V). Poche citti possono vantarsi come Venezia di fornire continuamente nuovi soggetti agli studiosi delle arti belle e della storia loro, tanto ricco e si vario 6 il materiale. II giovane studioso Leone Planiscig, nativo di Gorizia, puo oggi dire di veder coronate da un grande successo le sue fatiche perche lo studio ch' egli ci presenta nell' autorevole rivista di Adolfo Venturi dimostra anzitutto due eose: primo, che il giovane scrit-tore ha scelto uno dei piu oscuri e difficili periodi della scultura veneziana dimostrando vero amore di scienziato e d' artista, secondo che il lavoro suo e gii si importante da esser accettato e pubblicato da uno dei piu severi e coinpetenti professori di storia d' arte. Quanto finora e stato pubblicato dall'«Arte» non e che la prima parte di uno studio vasto e paziente, nel quale indubbiamente 1' autore avra dovuto prendere in considerazione anche scnlture veneziane del Trecento che si trovano nel-I'Istria. Ecco perche 1'opeta del giovane friulano interessa anche noi ed ecco perche ci affrettiamo di segnalarla ai nostri lettori. In questa prima puntata 1' A. prende in esame 1' arca del B. Odorico da Pordenone conservata nella chiesa del Carmine a Udine, non come 1' artefice 1' aveva fatta e posta in origine nella cappella di S. Lodovico di Tolosa nella chiesa di S. Francesco in Udine, bensi smembrata e tagliata, la ricostruisce con ogni cura, 1' esamina e cerca di sviscerare 1' individualita deli' artefice magistru Philippo de Veuetiis saldato, come risulta da documenti, il 10 maggio 1332 con soldos X grossorum per 1' opera sua. Numerose e nitide illustrazioni ci accompagnano nei confrouti che tenta I'A. nel ricercare quell' individualita e ci conducono mline ali' esame dettagliato del monumento funerario del B. Simeone che si conserva in Venezia nella chiesa dedicata a questo Beato, fissando la data d' esecu-zione di questa scultura fra il 1317 ed il 1332. Esaminati partitamente tutti i dettagli si d'un monumento che deli' altro, 1' A., dopo chiarissime citazioni di vari autori, giunge a trovare la corrente prima, che genero nella scultura veneziana quello spirito naturalistico, caratterizzante i lavori dei primi anni del Trecento. Egli ci dimostra che esso non fu la conse-guenza di opere eseguite da artisti meridionali immigrati, ma che fu un «prodotto di un' arte indigena, modificata aH' apparire delle nuove ten-denze» merce il ritorno in patria di numerosi veneziani audati ad appren-dere ed esercitare 1' arte presso i grandi artefici degli altri centri di terraferma. Principale intluenza su questi ebbe AndreaPisano, ed i pan-neggiamenti, i dettagli anatomici, le attitudini dei corpi che osserviamo nelle sculture del 300 fatte da Veneziani conferrnano questa teoria. Tutte queste sculture pero sono anehe sature «di quel contenuto gotico, del quale Giovanni (Pisano') e la sua scuola furono i divulgatori in Italia». Fra questi ultimi, 1' A. rileva, oltre a Filippo da Venezia, che identifica con Filippo de Santi veneziano appartenente alla piu antica ed importante famiglia di scultori ed artisti trecentisti veneziani, la famiglia dei Dalle Masegne, i quali pero, «diedero compimento e non inizio ad una nuova fase deli' evoluzione artistica». Appena sar& pubblicato il seguito di questi interessanti studi, ci affretteremo di tenerne informati i nostri lettori. Orietta, una ragazzina gracile e malinconica, cresce su a modo suo, non confortata dali' affetto della madre, che ha perduto troppo presto. II padre, d' un carattere non troppo simpatico, se prima si cura di questa sua tiglia, la trascura poi, perche rivolge ogni suo affetto alla flglia mi-nore, piu vivace e piu allegra, amante della vita e dei divertimenti. Orietta sente il peso di quest' abbandono e fuggendo la časa paterna, a Trieste, passa mesi e mesi presso la vecchia nonna, che vive in una cit-tadella deli' Istria. Sin da giovinetta, dopo ogni anno di scuola, soleva passare le vacanze presso la nonna a Novi, e questa villeggiatura rido-nava ad Orietta la salute de' suoi poveri nervi, tesi di troppo in si tenera et&. Ma fu qui a Novi che la fanciulla provo la prima disillusione amo-rosa, dopo la quale ben altre due eran venute a straziare vie piu quel-1' animo delicato e sensibile. Da ultimo a darle il tracollo giunge il volere dispotico del padre che da in isposa la flglia, fatta gia adulta, ad un uomo, che lei non amava. Si sposa, ma il marito non arriva a possederla, che a Venezia, in viaggio di nozze, ali' appressarsi deli' uomo non amato nella stanza, dove lei s' era alquanto riposata dal viaggio, spalancato il terrazzino si lascia cadere nel vuoto. II romanzo, d' una trama agile e svelta, e intarsiato qua e la di A. I Ada Sest.an, Orietta. M. Quidde, Trieste. spunti filosofici e tocca anche parecchie volte la vita politica istriana, con le sue beghe e le sue noie da parte degli slavi, che tutto vorrebbero assorbire ed ingoiare. Ed e quasi un rnonito quello dell'A. ad opporsi energicamente ai soprusi de' nostri avversari, se non si vuol veder suc-cedere al nostro paese, quello che purtroppo k succeduto ali' infelice Dalmazia. Tutti congiurano contro di noi; anche i tedeschi calati nel-1' Istria tentano di sfruttare le nostre posizioni piu belle. Servan di esempio le isole dei Brioni. II libro della Sestan leggesi dunque con non comune interesse, e se ai nostri fratelli d' oltre conflne esso capitera tra' mani, apprenderanno da questo una volta ancora la lotta, alla quale siamo costretti noi qui, contro un invasore prepotente che ha su di noi 1' unico vantaggio d' esser piu giovane, e quindi piu prouto alle conquiste. L. V. H. Jiaef. Due contributi alla Storia dei «Pensieru di Alessandro Tassoni — nel Prospetto degli studi deli' Accademia di commercio di di Trieste, per 1' anno scol. 1910-1911 (Trieste, Herrmanstorfer, 1911), pagg. 48. Sono due ampi capitoli, forse parte e preannuncio d' una pubblicazione maggiore, sur una delle opere piu caratteristiche del Tassoni e del Seicento, intorno al quale ora si fanno ricerche piu ampie e si danno giudizi piu completi ed esatti. L' autore che conosce la ricca bibliografia recente mostra, nel primo contributo, come il testo autentico dei «Pensieri» debba considerarsi 1' edizione. del 1627. Nel secondo contributo studia 1' importanza letteraria del libro X dei «Pensieri» ; benche per ragioni di spazio egli debba prescindere da quelle ricerche analitiche, le quali sarebbero state tanto interessanti, tuttavia egli riesce a lumeggiare con sintetica brevita 1' importanza deli' opera tassoniana, la quale si ricollega alla lamosa polemica degli antichi e dei moderni. A torto, ci sembra, 1' autore nega essere il Tassoni un predecessore del romanticismo. g. Vincenzo Bronziu. Sid calcolo della Pasqua nel calendario gregoriano (Trieste, Herrmanstorfer, 1911), pagg. 5. E' un dotto studio del chiarissimo cultore di scienze matematiche, nel quale si riprende dopo piu di un secolo, e lo si risolve, il problema sinora insoluto del calcolare matematicamente il giorno di Pasqua. g. NOTIZIE l PUBBLICAZSONi. * II dovere della gioventh accademica istriana e intitolata la relazione del secondo congresso ordinario della societa degli študenti istriani tenutosi a Pola li 13 agosto 1911 (Tip. Boccasini e Co.). Vi b riprodotto il discorso inaugurale e il saluto delle cittš. istriane. Segue la relazione virtuale fatta dallo študente Antonio De Berti, la quale si chiude con queste nobili parole: «Fratelli istriani, sopra i nostri vent'anni, che pure avrebbero un po' di diritto alla serenita, sta il presagio cupo, sta il cruccio di un fato avverso, che solca la nostra fronte col segno della tristezza. E' il lugubre canto di morte che a noi si fa sentire ogni tanto. Ma eio non e che presagio: e se anno qualche cosa di vero i presagi, sono anche gli ammonitori salutari che eccitano alla difesa. E questo presagio triste dev' essere 1' assillante stimolo alla lotta. Questa giovinezza che qui arde deve saper fugare il presagio di morte e dimostrare che fin che 1' Istria sar& ferace d' una gioventu fiera, essa conservera per sempre la sua storia e la sua tradizione*. Lo stesso De Berti riferisce sulla questione universitaria proponendo inflne un ordine del giorno, che fu votato ali' unanimita. Inflne Giovanni Benussi tratta delle scuole straniere in territorio italiano. — Chiude il riuscitissimo opuscolo il discorso del nuovo presi-dente Mario Presil, che alla fine dice: «...se codardo ed insolente 1'av-versario intimar ci volesse la resa, risponderemo noi pure come la guardia francese: La guardia muore ma non si arrende«. * E' uscito il bel Bollettiuo (lella Societa Escnrsionisti Istriani 'Monte Maggiore' (Tipografia Priora, Capodistria: Prezzo Cor. 1.—). Vi si da la relazione del terzo congresso generale ordiuario tenutosi a Portole addi 24 settembre 1911. Indi 1' infaticabile dott. Giannandrea Gravisi narra una gita invernale sul Monte Maggiore e il dott. P. B. G. una gita dai bagni di San Stefano al Castello di Pietra Pelosa. E' indi in breve rac-contata da B. N. la šalita fatta da piu di 150 soci sul M. Maggiore ai 15-16 luglio del 1914. L' egregio professore Francesco Mortecini espone una gita scientifica nei dintorni di Grisignana. II dott. G. Gravisi da un breve riassunto di un corso popolare di lettura di carte geografiche da luitenuto a Pisino. Leggiamo inoltre: La mostra fotografica a Portorose. — Sunto dei verbali di Direzione. — AttivitA sociale. — II corredo igie-nico dei turisti. Belle le sei fotografie che illustrano questo fascicolo, dal quale con vivo compiaciinento si apprende quanto cammino abbia fatto in poco tempo questa nostra societa sportiva, la cui attivita e seguita con grande interesse da ogni buon istriano. — Bravi escursionisti. Cosi va fatto. Sempre avanti!.... * La sezione tridentina della Lega Nazionale ha avuto la felicis-sima idea di pubblicare un opuscolo in cui si espone 1' Attivita delle societa pangermaniste nel Trentino. Nella prefazione k detto: «La vigile e costante attivita delle societa tedesche di propaganda nazionale intesa a soffocare anche nel nostro paese la sua secolare coscienza italiana, ha resa necessaria 1' opera di difesa della Lega Nazionale che educa ed afifra-tella questo piccolo popolo ad una sacra lotta, purificata nelle sue fortunose vicende dalla fede incrollabile nei destini della patria e dal consentiinento sincero di quanti italianamente sen tono e pensano. Ma perchfe la fiducia in noi stessi, nel nostro diritto, nella missione nostra non rallenti, perche piu valido si affermi il valore delle nostre energie nazionali, 6 indispensabile be„ conoscere e ben comprendere I opera assidua degli avversari*. Sono indi riprodotte senza critiche e commenti in versione fedele le ul ime relaziom delle tre piu potenti associazioni nazionali tedesche: Schulverem, Sudmark e Tiroler Volksbund. * Addi 26 novembre 1' egregio nostro collaboratore Prof. A Gen- : i!nne ^ rafZZi pi4 8'randi del Ricreatorio della Lega Nazionale a «»Z-T*-*' nZa SU RiCCard° Pitteri P^sentandolo quale flglio. cjUtiie cittadino e quale poeta. *•L' egregio nostro collaboratore prof. Ferdinanda Pasini nel fa- mV ^^ <unque e proprio vero, non v'6 piu dubbio: gli italiani anno salpato le ancore ed anno navigato verso le perigliose Sirti; i neghittosi italiani anno lasciato finalmente le piccole contese municipali, la misere-vole e vigliacca affezione al quieto vivere tra le anguste pareti domestiche, ed anno iinbracciato il fucile, per preparar nova terra agli aratri O non piuttosto la cenciosa ed afflitta plebe degli emigranti a salpato dai porti della patna, m cerca di pane e di lavoro, ed 6 andata a fecondar terre lontane a prezzo d' ingiuria e d' avvilimento? No, non il doloroso piroscafo della faine a salpato ora dai porti della patria recando nel mondo lo spet-tacolo miserando del nostro squallore e della nostra infeHcita; no: 6 salpato 1 acciaio possente delP Italia rinnovata, son partiti i suoi flgli recando armi e valore di forti. Ma ora Italia non salpa per chiedere elemosina, non salpa per essere svergognata, disprezzata, calpesta; essa salpa per la terza volta verso il mondo e porta la flerezza e la incroUabile fede de suoi destini e, per la terza volta, porta civilta e giustizia alle genti». ,T * VfX° sommario del P™« numero (doppio) di Arte nostra (Treviso, Zoppelh 1910) di cui tenemmo discorso a pag. 165: Con-ado Ricci, Girolamo da Treviso a Bologna. — Gino Fogolari, Una stima di Pariš Bordone. — P. L. Mozzetti-Monterumici, La pula di Lorenzo Lotto a S. Cristina di CJuinto. — Ricciotti Bratti, Ritratti di Pietro e Alessaudro Longhi. — Luigi Coletti, T-o stemma e il sigillo di Treviso. — Notizie: Gli amici dei monuinenti veneti. - I restauri del battistero di Treviso. — L' attualita. & Nel numero 11 della Voce degli insegnanti, orgaito delle societa magistrali italiane federate della Regione Giulia (Trieste, luglio 1911), leggiamo fra altro 1' interessante relazione del VII congresso federale tenutosi a Cervignano. Nel maggio seorso a Londra nella nota sala Cristie veniva dispersa la collezione di Mr. W. A. Abdy. Fra i quadri passati ali' incanto ve n'era uno portante una vecchia firma non pero autentica: «Andreas Mantinea» rappresentante ta «Pieta» che venne acquistato dalla Ditta antiquaria Sullev e C. per 12300 ghinee (sono circa 320.000 lire). Questa tela che misura m. 0.68 per 0.83 era stata acquistata qualche anno fa da Mr. Abdv per una nieschina somma come opera attribuita ad Andrea Mantegna. Fu soltanto in ques.ti ultimi tempi che quasi contemporanea-mente B. Berenson e C. Philipps nel »Burlington M»gazine» segnalarono ali' attenzione degli amatori d' arte questo quadro, come un' opera originale di Vettor Carpaccio. La bella composizione da sullo sfondo di un lontano paesaggio un gruppo di edifici architettonici sul hordo di un lago. Molti personaggi a piedi ed a cavallo animano il fondo. Sul davanti il corpo di nostro Signore morto, avvolto da un bianco pannolino, sta abbandonato su di un trono di marmo in rovina. Alla finestra appartato, su di un rialzo, ravvisasi un San Girolamo in veste, di penitente col suo emblematiao leone al fianco : alla destra una figura in atto contemplativo che si ritiene rappresenti S. Isaia. Quanto alla falsa firma & strano come essa sia simile a quella che e apposta ad un altro quadro di indubbia mano del Carpaccio ora esistente al Kaiser Friedrich Museum di Berlino. La «Pieta» della Collezione Abdv ora restituita al nostro grande Carpaccio, in questi giorni e stata acquistata dal Metropolitan Museum di Nuova York. * Ai 18 ottobre ebbe luogo a Roma ali' Istituto di filologia un' adu-nanza della Societa ortografica italiana (fondata a Bologna per impulso del prof. P. G. Goidanich), in cui dopo lunga ed animata discussione fu votato il seguente ordine del giorno : «L' asseinblea accetta il programma minimo proposto dal prof. Goidanich e fa voti che la Societa ortografica italiana si adoperi affinehe 1' attuazione di esso sia resa possibile al piu presto nello scuole elementari del regno» con 1' aggiunta proposta dal prof. Mariani deli' Universita di Pisa, «che questo non 6 che un primo passo a una riforma piu completa deli' ortografia italiana«. II programma minimo della riforma ortografica comprende: 1. Usare con valore palatale c e g davanti a tutte le vocali, p. e. bilanca per bilancia; bambaga per bambagia, come usavano parecchi scrittori antichi, fra essi Leonardo da Vinci. 2. Riadottare il k, usato gia nelle scritture italiane antiche e inter-nazionalmente noto per c gutturale (es. amiko, komiko). 3. Creare un segno per g gutturale di poco diverso dali' attuale ma ben caratterizzato. 4. Conservare i digrammi gn, gl, se, attribuendo loro eostantemente il valore che hanno nelle parole regno, figli, lasei, davanti a tutte le vocali. 5. Abolire 1' h, distinguendo le forme verbali di avere per mezzo deli' accento e le esclamazioni per mezzo del punto esclamativo. 6. Abolire il q, segnando con dieresi časi come innokilo, dove 1' u forma sillaba, a differenza di inikno e segnando con 1' accento kid. 7. Adottare il seguente sistema d' accentuazione : 1' accento acuto sulie vocali strette e, o, i, u, 1' accento grave su e ed o larghe e su a. 8. Raccomandare per i plurali dei nomi in io 1' uso deli' i atono semplice in sostituzione di tutte le altre notazioni, distinguendo con un accento i časi dubbi solo nelle sdrucciole (principi — principi). 9. Abolire definitivamente V j, gia quasi scomparso. -Ž Nel Fanfulla clella domenica del 3 settembre a. c. la valente nostra comprovinciale Elda Gianelli in un articolo intitolato Un poeta «11 Moima Lisa ripassa in fugace visione il poema drammatico «Leonardo da Vinci» scritto insieme con animo unico di poesia da Francesco Cazza-mini Mussi e da Marino Moretti. Nel numero seguente il nostro egregio collaboratore prof. dott. An-tonio Pilot in un articolo II Iusso e il caro dei vi ver i a Venezia nel 1721 illustra con la sua ben nota competenza una satira «A1P eccellenza del sig. Procurator Giustinian per la parte rigorosa delle poriipe 1' anno 1721» tratta dal codice Cicogna 1199, 61 t. L' inedito componimentino nella prima parte allude alle fiere disposizioni del Giustinian contro le pornpe, disposizioni che seguivano cento altre non meno rigorose degli anni pre-cedenti e che, come il solito, lasciavano il tempo che trovavano; nella seconda parte il poeta (anonimo) parla cou grande vivacita del caro dei vi ver i. Certi momenti pare tratti delle eondizioni d' oggigiorno, cosi p. e. dice : • Della robba magnativa Tutti i prezzi xe alterai Mi no so come mai viva Tanti poveri spiantai. Nel numero del 15 ottobre il bibliofilo marciano Giacomo Levi Minzi pubblica un articolo di certa attualita: Poesia popolare tripolina, in cui ne esamina le caratteristiche principali, portando anche dei saggi. Nel numero dei 5 novembre il prof. A. Pilot pubblica un articolo intitolato Venezia e i Tnrchi verso il ftnir del 600, in cui riproduce con breve commento un »Dialogo tra Zuccaro e Bonigolo, barcaroli sopra le preseliti vittorie«, che cosi incomincia: «Compare che diseu De ste belle vittorie? Che sbari! Che allegrezze ! Per tutto se scampana e in ogni liogo, Benche de mezo agosto, se fa fuogo». Cosi dice Zuccaro, che procedendo poi nel dialogo esprime il voto di vedere « ...... ancora El gran Turco in malora e in precipizio«. Gli osserva Bonigolo che « ... . gh' e tanti ribei, tanti furboni Traditori e sassini Missiai Turehi e Turchini». E lepidainente discorrcndo di alta politica, flniscono per darsi un appun-tamento «al Magazen« dove sperano di poter trinciare sentenze politiclie con maggior agio. Interessante per vari aspetti e 1' articolo di Alfredo Segre contenuto nel numero del 12 novembre II risorgimento italiano in luiiari almanacchi e strenne del tempo. Vi si parla dei seguenti lunari: II poeta Fagiuoli. Lunario faceto per 1' anno 1801. Firenze 1860. — II Baccelli osservatore. Almanacco per 1' anno bisestile 1864. — II Congresso per l' anno di grazia 1860. Firenze, S. Giannoni editore. * Rassegna Nazionale. Firenze 16 ottobre: Lando Landucci, Giorgio Vasari. — A. Ciaccheri Bellanti, Chiesa e Stato. — Agostino Gemelli O. F. M., Sulla origine subcosciente dei fatti inistici. — A. G. Mallarini, La Tripolitania. — Paolano Manassei, Le casse di risparmio e il credito agrario. — Per i nostri soldati in guerra contro la Turchia (Lettera di monsignor Bonomelli al clero e al popolo della sua citta e diocesi). 1 novembre: Cittina Ajossa Natoli Grifeo, Le mie cinque giornate. — Solone Monti, Profili storici deli' Impero nella Mostra fiorentina del ritratto. — G. Ciardi-Duprh, II Kalevala« tradotto da P. E. Pavolini. — A. Graf e G. Zuppone Strani, II poema della sua morte. Sonetti. 16 novembre: Isidoro del Lungo, A una chiave. — Cesare Sardi, Lucca e il suo Ducato dal 1814 al 1859. — E. De Gaetani, A traverso 1' Annuario navale del 1911. — Giuseppe Lesca, Cose Leonardesche. — E. Dipietro, Venezia e le sue čase popolari. — F. Bosazza, L' Alpinismo nel 1910. * E uscita la decima edizione, completamente rinnovata nella »Notizia bibliografica», del Compendio di storia della letteratura italiana ad uso delle scuole secondarie di Francesco Flamini (Livorno, Giusti). Resti raccomandato anche a queste Pagine il nome integro e chiaro del prof. dott. Fabio Lettich, docente di filologia classica nel Ginnasio comunale di Trieste, bruscamente strappato ali' amore dei suoi e alle speranze del paese il 17 del mese scorso. Era nato a Lussinpiccolo nel 1882 e aveva fatto gli studii ginnasiali a Trieste, gli universitarii a Graz e a Firenze. Študente universitario, fu alla testa dei piu attivi e lotto animoso per la santissima causa deli' Universita italiana a Trieste. Ima-gino lui d' intitolare dal nome grande di Giosue Carducci il circolo stu-dentesco di Graz successo alla disciolta Unione Accademica. E il glorioso vecchio poeta in questi nobili e degni termini acconsentiva al desiderio del Lettich (giova stampare la memorabile lettera anche una volta): Faenza, 11 gennaio 1905. « Caro signore, Se il Circoio a cui volete imporre il mio nome fosse in terra libera d' Italia, io Vi risponderei no. Altri nomi che il mio meritano questo onore. Ma quando il mio nome deve raccogliere Voi infelici, perseguitati ed oppressi, vada il mio nome, e combattete e combattiamo fin che ragione ci sia fatta. Addio. Giosue Carducci » Entrato insegnante nel ginnasio ove era stato scolaro, il Lettich si fece siibito notare per affabilita di maniere e per sodezza di cultura. Fu un egregio maestro. E fu anche un eccellente cultore di studii filosofici. Puhlico come tale: «Cenni sulla filosofia di Socrate» (Annuario Ginn. Com. di Trieste, 1908) e