Anno VI. Oapotmstkia, Makzo-Apeile I1J08. N. 3-4 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENS1LE Vaglio, manoscritti e cose attinenti tanto all'amministrazione quanto alla redaziono dol giornale vanno indirizzali al Signor GIULIANO TESSARI — Capodistria, II De ^l.inicis in Istria Rinfrese.hiaruo dunque anche noi, a commeinorazione del grande ligure cuore spentosi lo scorso mese si rapido e si (ragico, alcune care memorie provinciali. Edmondo de Amicis ftt conosciuto in Istria assai prima di quanto comunemeute si črede. Gia nelio stesso '(57, 1'anno dei primi Bozsetti mili/ari, l'avvocak> Angelo ^avazzani di Triestc si rivolgeva al giovane scrittorc con la preghiera di poter riprodurre dali 'Italia mili tare nel Ciftadiuo quelle vi-vacissime prose; e il De Amicis acconsentivn e scriveva: «Ilo appena deposto le spalline, a venfanni, e la v ostra domanda mi procura una delle piii torti consolazioni ch' io mi abbia mai provate». Tre anni piu tardi il signor Giuseppe Gravisi, l'attual capo della vecchia marchionale famiglia ca-podistriana, ammiratissimo degli stessi Iloz.se/li, si faceva a doinandarc al De Amicis il di lui ritratto, che tosto otteneva con soprappiii una gentile dediča autografa. Nel '74 poi, non appena uscita VOlanda, apparve nella giustinopolitana Unione (N.o 3, 9 nov.) una entusiastica biografla del De Amicis do-vuta alla scorrevole penna d'Anteo Gravisi ; il quale, prima di chiudere i suoi «fuggevoli cenni», a veva la felice idea di «rivolgers/ riverente all'illustre scrittore, colla preghiera di voler un giorno visitare anche la nostra piccola provincia, la quale per l'incantevole sorriso del suo cielo, pei ridenti suoi colli, c per le clafjsiche sue tradizioni merita di essere illustrata quanto le altre». PAG IN K IKTKtANK Pote qualcosa su ranimo del De Amicis 1'invito istrianoV Chi sa! A ogni modo, chi seppe strappargli la promessa di una visita alle terre nostre fu il Caprin, nel '78, a Torino. Ma a far paghi i voti degli istriani, che in quello stesso '78 avea-no avuto ospite festeggiatissimo il Carducci, bisogno passassero altri nove anni. Giacche il De Amicis si porto la prima volta in Istria appena su lo spirare del gennaio 1887. La prima sosta fu, naturalmente, a Trieste ; dove la sera del 31 gennaio, nella sala della Filarmonico-drammatica, il De Amicis parlo da par suo per una lunga ora, dinanzi ad una folla eompatta e avida, tema le colonie italiane deH'Argentina. Fu quello che si dice un trionfo; e il giorno dopo c.osl ne poteva scrivere nel Indipendente Cesare Rossi: «11 De Amicis ci espose dinanzi una galleria di quadri vivi, parlanti, affa-sciuanti. Egli scese con la indagine e l'intuito del filosolo in fondo agli animi di quei coloni delFagricoltura; ne noto la natura, ne indovino 1'indole, seppe farei vedere tutto quello che egli vide, farci sentire tutto quello che egli senti, oncle di fronte alla sua esposizione rise di tratto in tratto nell' uditorio anehe la nota gaia, con un sorriso m is to di lacrimeE piu avanti: «Egli aveva finito e la folla surse in piedi tutta quanta acclamando. II plauso divenne grido, grido d i ammirazione, di entusiasmo, di affetto. Egli si presentava, ringraziava ; a pena scomparso, riappariva quasi traseinato dalla insistenza degli amici, dalla veemenza degli applausi. Un gruppo cli bambine mandava una ghirlanda di fiori all'autore di Cuore; le signore sventolavano i fazzoletti, i signori agitavano i cap-pelli; i piu giovani gridavano alto, con la forza dei venfanni aperti a tutte le promesse: Viva de Amicis! Spettacolo stu-pendo, indimenticabile* '). Era stato il saluto clella forte anima tergestina. L'altro saluto, quello delllstria cl'oltre Rosandra, il De Amicis lo do-veva toccare il tre febbraio. «Erasi progettato, stampo il giorno quattro 1' Iadipendente, di visitare tutte le citta a mare clel 1'Istria, e qualcuno dei centri interni, perche 1'illustre scrittore potesse, nel breve tempo che si trattiene fra noi, formarsi un'idea del nostro paese... Senonche il De Amicis non pno prolungare di troppo il suo soggiorno fra noi, e il progetto 4) Indipendente del I,o febbraio 1887, t veime ridotto ad un'escursione faticosa e rapida*.. E in verita non si puo battezzare altrimenti la gita del De Amicis a Pirano, Buie e Capodistria; gita durata il tre febbraio intero e parte della notte suocessiva: quasi ventiquattr'ore di moto poco men che continuo. II De Amicis lasci6 Trieste alle 7 ant. del tre, diretto, per mare, alla volta d i Pirano; e lo accompagnava un gruppo di .amici triestini. Ali' approdo, come ognuno imagina, acco-glienze oneste e liete. Poi un giro per il paese, indi una colazione. «Piii di sessanta coperti; e riconoscenimo vecchi amici... II dr. Fragiacomo, il dr. Bubba, Nicole Venier ed il dr. St.radi diedero il benvenuto a De Amicis ed una nota di lelizia generale corrcva tra quell' accolta di amici, a cui la giornata... seinbro una di quelle leste che non si cancellano piu »V- Alle undici partenza da Pirano per Buie. Lungo la strada piccoli capaunelli di ciltadini impazienli... Sulla piazza una. folla di gentc a Cesta che eirconda le, vcl.ture. II podestii dr. Venier present6 ai suoi concittadini De Amicis. Erano in-tanto arrivati diversi rappresentanti i Comuni c le Societa di Portole, Grisigna.ua, Cittariova, Uinago, Momiano, Verteneglio, Rovigno»2). E la festa e coronata da un banchetto di cento coperti. E a banchetto finito, i brindisi. Parlo primo il dott.. Venier, e gli rispose il De Amicis dicendosi «commosso per la manifestazione cosi espansiva che lo aveva accolto a Tiieste e si prolungava lungo le terre istrianc, sino aH'alta citta che sta a guardia della penisola istriana.» Alle quattro e mezzo, nuovamente in carrozza e via per Capodistria. La quale intanto era tutta in fermento e inviava incontro ali' ospite illustre alcuni ragguardevoli cittadini, costituiti in comit to di ricevimento. «Al sommo della tortuosa šalita di Monte Toso segue 1'incontro: Edmondo De Amicis scende dalla sua carrozza ed ascolta con manifesta espressione di dolcezza e di affetto le sentite parole di saluto che l'ingegnere dott. Pio tiambini gli porge a nome de' suoi concittadini. Quindi con isquisita cortesia sale sulla. carrozza del eomitato* :i).... A Capodistria il ricevimento ufficiale ha luogo nel municipio. Parla Indipendente del -1 febbraio 1887. 2) Id. id. L' Is tria del 12 febbraio 1887. PAGINE ISTRI ANE per tutti il podesta Cobol. «11 De Amicis, con rara modestia, ringrazia visibilmente commosso e seguendo compiacente 1' in-vito del sig. podesta. .. . lascia nel libro dei verbali di seduta della Deputazione questo caro ricordo scritto di suo pugno: - Edmondo De Amicis commosso profondamente dalla attet-tuosa accoglienza ricevuta a Capo d'Istria, proga 1' illust.ro c gentile signor Podesta e tutti i cortesi che lo' salutarono nel palazzo municipale di conservare a lui la loro preziosa beufc-volenza, come egli serbera sempre per loro la sua viva gratitu-dine. Edmondo De Amicis, 3 febbraio 1887. —»') Dal municipio si passa nella sala clella Loggia, gremita di cittadini, d'onde il De Amicis gode ammirato lo spettacolo della graziosa piazzetta veneta illuminata con fuochi artificiali. Ma giunge anche l'ora della parteuza da Capodistria. »Cominovente il momeuto dell'addio! La banda suona un sa-luto c il vapore parte in mezzo ad eloquonte silenzio, ali'agi-t ar di fazzoletti, di cappelli, di mani» ''). Per viaggio offcrta di un lin/fel alPillustre uomo e nuovi brindisi. A Trieste, in Piazza Graiule, congedo dei capodistriani dall'ospite. 11 quale ]»oi si congedo anche clai triestini la sera del quatt.ro febbraio; in cui, «per onorarlo, piti di ottanta persone si raccoglievano a banchetto nella gran sala del pianterreno deli' Ilotel de In Ville» 3). E la fu «un'altra forma di omaggio, la quale aveva la cara intimita della famiglia e insieme il carattere solenne di una festa ufficiale.... II banchetto fu cordiale, animato, giu-livo.... Versato lo sciampagna, si aperse la serie dei brindisi* 'j. I quali, a vero dire, furono parecchi. In chiusa s'alzo il De Amicis e fu felicissimo e applauditissimo. «Finiti i brindisi, Giglio Padovan (Poliferno AccaJ dice un sonetto in vernacolo: El nostro elemento; Pietro Vendrame dice un sonetto di Edmondo De Amicis (un sonetto che tutti abbiamo nel cuore) e due odi di Giosue Carducci: Alle fanti del Clitumno e Fuori alla Certosa di Bologna» 5). Finalmente il banchetto ha termine tra grida di Viva Carducci! Viva De Amicis! 1) L' Istria del 12 febbraio 1887. 2) Id. id. *) Indipenclente del 5 febbraio 1887. 4) Id. Id. 5) Id, id, PAGINK ISTIM ANE Questa, dai giornali del tempo, la cronaca mera; alla quale noi aggiungiamo un documento veramente prezioso, vale a dire la lettera di ringraziamento inviata dal De Amicis, non appena di ritorno a Torino, alPallora podesta di Capodistria e da poehi anni defunto Giorgio Cobol; lettera in cui si rispec-chia evidentissimo tutto il generoso e nobile anirao di chi la detto e la quale e pure, a un tempo, una pagina di squisitis-sima prosa. Eccola: Pregiatissirno sig. Podesta, Non Le serivo per ringraziarla perclie non saprei rin-graziarla come vorrei: Le serivo per ravvivarle nella memoria il mio nome e rammentarle una promessa. Ella ebbe la bonta di promettermi la fotografia della piazza municipale di Capodistria. E superfluo che io Le dica perche la desidero '). Fra i pili belli e piu cari ricordi della mia gita in Istria e la sera ch'io passai costi, accanto a Lei, in mezzo ai suoi concittadini. Le parole piene di affetto e di gentilezza ch'Ella mi disse alLarrivo, la benevolenza che spirava da tutti i visi che mi veclevo intorno, quella piazzetta illuminata, e la folla che venne al molo, e quell' addio muto, che esprimeva tante rose rneglio d'ogni parola, tutto questo io vedo e sento aneora come fosse di ieri, e il cuore mi ribocca di gratitudiue, e mi vergogno e mi addoloro pensando che la stanehezza, io stupore, e piu che tutto un sentimento di profonda confusione m' abbiano impedito quella sera di aprire a Lei e agli altri 1' animo mio. Caro 8i-gnore, mi perdoni, e čreda se cento altri sarebbero stati piu degni di me di quelle indimenticabili dimostrazioni di simpatia, nessuno avrebbe potuto sentirle piu vivamente, nessuno le po-trebbe ricordare con piu amorosa riconoscenza. E non derivava dairamor proprio, glie 1'assicuro, Pinfinita dolcezza chc pro-vavo in quei momenti: derivava da una ben piu alta e pura sorgente; da quclla stessa cui Ella attinse la squisita delica-tezza e la calda poesia del diseorso che mi rivolse in nome di tutti. Ella non puo immaginare quante volte questo caro e 4) Desiderio che non rimase inappagato, avendo poi volnto Capodistria offrire in dono al grande scrittore un albo di vedute della citta ; albo ch'obbe la prima pagina elegantemente e finemente miniata da un acquerellista di garbo, il signor Elio Longo, segretario municipale di Capodistria. 51 'AU1NK ISTIM A NE bel nome di Capodistria e ripetuto in časa m i a, dalla bocca dei raiei flgli e della madre loro, e con quale accento e pronun-ciato, e che immagini desta; e con esso il nome suo, signor Cobol. Come faro a dir queste cose quando le dovro dire, in una conferenza su Trieste e 1' Istria che terro 1'anno prossijno, in varie citta d' Italia? Mi pare che le parole mi prorompe-ranno dal cuore cosi precipitose e affollate, che ne rimarrO come soffocato e costretto ad arrestarmi. Ma gli uclitori capi ivanno quello ch'io non potr6 o non sapro dire. E cosi pure Ella non ha bisogno ch'io lo dica tutto: il suo cuore gent.ile sente 1' eco delle parole ch' io taccio. Addio, caro signor Cobol. Mi faccia favore, dopo che avr<\ letto la mia lettera, d' affacciarsi alla flnestra di quella sala dove ebbi la for-tuna di stringerle la mano per la prima volta, e saluti per me quella piazza dove ritorno eol pensiero ogni giorno, quelle ease che mi sono rimaste disegnate nella memoria una petima, quel bel c.ielo deli'Istria ch'io ho tante volte guardato con gli occlii bagnati di lagrime di gioia. A Lei mando un abbraccio, e i piu vivi, i piu aftettuosi auguri che sieno mai usciti dal cuore di un fratello. Torino 30 maržo 1887. ii suo Edmondo De Amicis (Soprascritta: Ali' Rluntre e Gentilf Sil/nor Cobol Podesta di Capo d' Istria. ) Una dedna d'anni piu tardi il De Amicis faceva ritorno a noi in compagnia de' suoi due figlioli. Rivide Trieste e visito Pola: ma il suo non fu allora se non un rapidissimo passaggio, altra essendo la meta. Cosicche il vero pellegrinaggio di Edmondo De Amicis in Istria, cio6 quello che diede modo a lui di avvicinare e conoscer noi e a noi di avvicinare e conoscer lui, risale al 1887 '). 4) Piu abbondanti e piu particolareggiate notizie sul soggioruo del De Amicis in Istria nell' '87, ehi per avventura le desiderasse, si trovano nelle pagine che il capodistriano Domemco Manzoni mando innanzi, a guisa d'introduzione, alla sua Stanzetta misteriosa (Trieste, tip. triestina, 1887), un racconto che, pur lasciando parecchio a desiderare in fatto di arte, contiene un felice ed efflcace abbozzo di quello di'era cin(]uant'anni fa una famiglia istriana di sentimenti italiani puri. PAGINE ISTRI ANK Ora, anche Edmonclo Ue Amicis, come il Carducci che lo precede nella visita ali'Istria e lo uguaglid nell'affettuoso attac-camento a noi, e dileguato per sempre da questa terra; e noi istriani sentiamo di aver perduto con que' due magni spiriti non pure due gloriosissimi connazionali, ma anche — e grave e a tal pensiero lo sconforto che ne stringe ranimo — due amici veri, provati, fedeli. Giovaiuii (|uariiiitoMo CHI O SE DA.NTESCME. i. Argomento di fede. (Par. IV, 68. 69. Nel cielo della Luna Dante vede le anime di coloro che manearono ai voti. Gli appariscono in questo cielo, cli' e il piii basso di tutti, per dargli un'idea del grado della loro gloria celeste, cli' e il minimo di tutti. Piccarda gli parla di se o di Costanza, afferinaiulo che tutt'e due abbandonarono il chiostro contro voglia, costrette dalla violenza altrui. Dante e tormen-tato da due dubbi, che Beatrice legge nella mente di lui, uno dei quali ella esprime con le seguenti parole: Tit argomenti: Se il buon voler dura, La violenza altrui per qual ragione. Di meritar mi seerna la mitsvra? (Par. IV, 19-21.\ Prima di dargliene la soluzione ella dichiara: L' allra dubitazion che ti commuove Ha men veleti, perocche una malizia Non ti potna menar da me altrove. Parere ivgiusta la nontra giustizia Negi) occhi da' mortali, e argomenlo Di fede, e non d'eretica nequizia. Ma perche puote vostro accorgimento Men penetrare a guenta veritate, Come di.siri, ti farb contento. PAG iN M ISTIH AN K Della seco.ida di queste terzine sono state date varie interpretazioni, che vengono enumerate dallo »Scartazzini nel sito commento, al quale rimandiaino chi desideri di conoseeiie. Della bontft di quelle interpretazioni dubitano i piu. Lo Scartazzini ha portato un po' di luce nella contro-versia citando 1'esclamazione di S. Paolo {Bom. XI, 33): «0 altitudo divitiarum sapientiae et, scientiae Dei! quam iiivoiu-preltciisihilia suni juriiria eius!» Pero da questa sna citazione lo Scartazzini non ha saputo trarre tutto il profitto che avrebbe potuto. Egli spiega il passo cosl: «Se la divina giustizia pare ingiusta agli occhi dei mortali, tale apparenza dovrebbe guidarli alla fede e non ali' incredulita, sapendo essi che i giudizi di Dio sono incomprensibili.* In tal senso argomento di fede significherebbe: ragione che muore alla fede. Dunque per essere guidati alla fede dali' apparente ingiustizia di Dio bisogna sapere che i suoi giudizi sono incomprensibili: ma allora non e argomento di fede 1'apparente ingiustizia, bensi la persuasione che i giudizi di Dio sono incomprensibili. Ma Dante dice argomento di fede il parere ingiusta la giustizia divina, che Beatrice chiama nostra, «per l'iinioue,» come spiega il Lombardi, «e comunione che hanno tutti gli e-letti con Dio anehe nel giudicare.» Secondo me la parola argomento nel passo controverso non ha il significato che le attribuisce lo Scartazzini, ma equi-vale a maleria; quindi argomento di fede, e non d'eretica nequizia significa materin, articolo di fede, reritd riretata, e /ion eresia. Nel passo che diseutiamo non si mette in dubbio la giustizia di Dio, che anzi esplieitamente si afferma: non vi si dice che IMo pare ingiusto, bensi che Isi sua g-iiisli/.ia (am-messa senz'ombra cli dubbio) pare ingiusta, e che paro ingiusta negli occhi dei mortali, ossia di tutti i mortali, anehe di quelli che, sottomettendo l'intelletto alla fede, la credono giusta. E di fede (come insegna S. Paolo) che i giudizi cli Dio sono incomprensibili; percio, non venendo compresa la loro giustizia, essi devono parere ingiusti. Beatrice dunque ragiona cosl: Tu čredi che Dio e giusto, ma non sai capire per qnal ragione {Par. IV, 20) la vio-lenza altrui scemi al violentato la misura di meritare. Sorge in te un dubbio, il quale pero non puo allontanarti dalla fede (non ti po tria menare alt rove cla me, che rappresento la PAG INK ISTRI ANK Teologia), poiche non e dottrina eretica, bensi articolo di fede, che i decreti di Dio neH'insieme debbano parcre ingiusti agli uomini, perche non possono comprenderli. Non parrebbero ingiusti, se li comprendessero; nel qual caso i giudizi di Dio non sarebbero incomprcnsibili, come insegna la fede per boeca di S. Paolo. Questo vale per la giustizia divina nel suo com-plesso; ma in qualche caso particolare anche 1' intelletto umano pno c-apire la giustizia d'un decreto speciale di Dio. Del dubbio che in questo momento ti turba: Se il huon voler dura, La violenza altrui per qual ragimie Di meritar mi seema la misuraf posso darti lasoluzione, perrtir Faccorf/imento (ossia 1'intelletto) umano pnotc ban -penetrave a ijuesta revitate particolare; mentre perderei inutilinente il tempo, se volessi dissipare le false parvenze sotto le quali all'occhio dell'uomo, inetto a comprendlrla, nccessariamente si cela la giustizia di Dio nellti sua general tla. Al dubbio di Dante Beatrice attribuisce un po' di eelenn e. di malizia (v. 65), perche esso proc-ede clalla temerita di volere serutar 1'imperscrutabile. II. Move il piede. (Par. V, 6.'i Beatrice ha sciolto a Dante due dubbi che lo tormenta-vano. Mosso da vivo desiderio del sapere e incoraggiato dall'a-morevolezza della sua guida, egli la prega d' appianargli un'altra difficolta. Beatrice si compiace del crescente interesse che il suo discepolo dimostra per la scienza, e lo guarda con gli occhi pleni Di faville d'umor, cost divini (Par. IV, 139. HOj, oh' egli resta quasi smarrito. Beatrice gli spiega perche ella si mostri piu sfavillante del solito dicendo: S'io ti fiammcggio nel caldo d1 amore Di la dal modo che in terra si vede, 81 che deffli occhi tuoi vinco il valore, 58 PAG IN E ISTIM AN K Non ti maravigiiar; che cib procecle Da perfeito veder, che, come apprende, Coni nel bene appreso moče il piede. Io veggio ben si come gia risplende Nello intelletto tuo V eterna Luce, Che, vinta, šola sempre amore accende. La seconda di queste terzine ha torturato i eommentatori. Uelie varie interpretazioni che ne hanno date, esamineremo le piu importanti. II Fraticelli spiega: «Non ti maravigliare, se la teologia qui in cielo e piu splendente che in terra; perciocche ella in cielo comprende piu perfettamente il bene, e per questo piu del suo amore s' accende.» Ma Beatrice, che rappresenta la teologia, incomineia a flammeggiare molto tempo dopo il suo ingresso nel cielo della Luna. Se flammeggia per la ragione che si trova nel cielo della Luna, perche non ha flammeggia to appena v'e entrata? Un'interpretazione simile a quella del Fraticelli avevano data prima Jacopo della Lana, l'Ottimo, 1'Anonimo Fiorentino, Benvenuto da Imola, il Vellutello e al tri. 11 Casini commenta: deriva «dalla perfezione della mia vista, la quale quanto piu contempla Dio, tanto pili se ne illmnina, quanto piu percepisce di luce divina, tanto piii a-vanza nell'adornarsene.» Ma Dante non dice che per flammeggiare Beatrice abbia contemplato Dio piii di prima, ne che abbia percepito maggior luce divina; dice sol tanto eh'ella ha guardato il Poeta con gli occki pieni di faville d'amor do-poche egli ha dimostrato un crescente interesse per la scienza divina. Poiche il ]>rogresso nella scienza non lo ta Beatrice, che rappresenta la scienza stessa, ma l'Alighieri, alcuni eommentatori, fra i quali il Buti, il Landino, il Daniello, il Tommaseo, il Bennassuti, il Witte, riferiseono il perfeito redere a Dante, e spiegano: Questo aecrescimenlo di aplendore proviene in me dal tuo perfeito redere, ossia dalla perfetta conoscenza che tu acguisti d' una verita. Ma il Poeta parla del perfeito redere in modo assoluto, non del perfetto vedere d'una spe-ciale verita. E se si trattasse della perfetta conoscenza che Dante acquista di singole verita, Beatrice avrebbe dovufo flammeggiare dopo la soluzione del dubbio, non prima, PAGINE ISTRI ANE "59 Venendo menzionato il redere in modo assoluto, se esso si riferisce a Dante, non si pno chiamare perfetto; percio il Fanfani congettura un i m perfetto veder, che sarebbe la causa deli' ab ba r b agli a me u to del Poeta; ma questa lezione non e confortata dai codici. Secondo tutti i commentatori il perfetto veder muove il proprio piede. La poesia ha personificato tante cose, che pno certo personiiicare anche il redere e farlo camminare col suo piede. Altrettali personificazioni sa tare anche la facezia: chi non conosce la definizione della foresta vergine, nella quale la mano dell'uomo non ha pošto mai piede? II Poletto dice che il perfetto veder e di Beatrice muove it piede, perclie «avanza nelPamore di Dio a m is lira che se n' accresce la cognizione. > Ma se il vede t v amiuette accresei-mento, esso non e perfetto. Secondo il Casini il perfetto reden: di Beatrice muove i t piede, perclie «avanza nell'amore di Dio, del quale e venuto a cognizione.» Che cosa vedeva il perfetto redere della Teologia prima di venire a cognizione dell'amor di Dio V E Beatrice, rappresen tante della Teologia, viene a cognizione deli' umor di Dio e avanza in esso, perclie Dante le ha doinandato se sia lecita la commutazione dei voti!? Da tutto il coutesto apparisce che Beatrice non ha fatto nessun progresso ne nella cognizione ne nell'amore di Dio: ha sciolto alcuni dubbi di Dante e s' e compiaciuta dei pro-gressi del discepolo, nel quale il desiderio del sapere s'e fatto sempre piu vivo. Dunque il perfetto veder di Beatrice non ha mosso il proprio piede, ma ha mosso quello del suo compagno, spingendolo ad avanzare nel bene: non ha progredito lei, ma ha fatto progredire lui. E il bene Beatrice non lo ha imparato, ma insegnato. Benche 1' uso del verbo cipprendere nel senso d' insegnare, ammaestrare sia raro, pure si trova anche nella Divina Commedia: Che tante lingue 11011 non ora apprene J clicer sipa tra Savena e lieno. (Inf. XVIII, 60. (11.) lo interpreto il passo controverso cosi: Se tu vedi meglio di prima il mio splendore sfavillante, non ti maravigliar; poi-che il mio perfetto vedere, come ti ainmsiestru sciogliendoti i dubbi, cosi muove il tno piede, facendoti progredire nel 60 PAUINE ISTI« I ANE bulic Hit* t* Ii« insegnato. E il tuo progresso e manifesto; infatti lo ccggio ban st come gin risplende Neilo intelletto tuo V etema Luce. Una statua ha in se lo stesso valore artistico c ncllc icncbre e nella luce. Finche le tenebre son dense, 11011 si vede nulla; ma quando le tenebre cominciano a diradarsi, si co-mincia ad ammirare la bellezza della statua, la quale, se e un capolavoro, apparisce tanto piu bella, quanto piu viva si ta la luce, e quanto piu 1' occhio e stato esercitato nella con-templazione del Bello. Cosi Beatrice fiammeggia tanto piu, quanto piu risplev.de nelV intelletto di Dante l'e tema Liter. i ii se Beatrice e sempre la stessa; ma il suo fulgore vien percepito clal Poeta a grado a grado, secondo che nella sua meute si diradano le tenebre deirignoranza. Egli non pno sop-portarne il bagliore, perche la potenza visiva de' suoi occhi mortali non e ugnale a quella deli'intelletto, in cui s'aumenta la luce. Per le ragioni esposte non regge il confronto che molti fanno del passo ora discusso col verso 127 del C. XVII del Purgatorio: Ciascun cmifusamente un bcne apprende. Trieste, 2 maržo 1008. I)ott. (J. Curto. Caterina Percoto e Francesco dair Ongaro. Fra le donne illustri conteni])oranee, fra le piu gentili e delicate scrittrici va ricordata Caterina Percoto. Di essa lia voluto un'altra donna Elena Isabella Minelli scriverne la bio-grafla che riesce sopra ogni dire interessante e risveglia la memoria di questa novellatrice gentile che ha reso con la sua penna maggiormente noti gli usi e i costumi del suo patrio PAGlNE IRTMANK Friulil). Morta da circa dieci anni, essa aveva veduto la luce a S. Lorenzo di Soleschiano (Manzano) nel Friuli nel 1812, dal Oonte Antonio Percoto e da Teresa Zaina. Una donna solo fra i sette fig!i del Conte si ebbe; e come si puo immaginare essa fu come la tata gentile di quella grossa nicliata. A nove anni perdette il padre ed ent.ro nel convento di S. Chiara in Ud i ne, dove ne usci nel 1829, dedicandosi alla educazione dei fratelli, studiando con loro il latino e appro-fondendosi nel francese e nel tedesco. Ritiratasi nel suo tran-quillo e verde S. Lorenzo, che piu non abbandono, se non raramente per cjualche viaggio in Italia, si dedico alla compo-sizione di qualche novella e alla traduzione italiana della Mes-siade del Klopstok non reputando troppo fedele la versione del Matfei. I racconti ch' ella andava dettando per i giornali politici o letterari, raccolse nel 1858 in due volumi pubblicati da Fclice Le Monnier a Firenze, ai quali premetteva la prefazione Nicolo Tonunaseo vivo ammiratore di quella conlessa eoiitadina come ebbe a chiamarla Pacifico Valussi, il quale pure si adopero presso l'editore fiorentino per la stampa. In essa il Tommaseo delineava con semplicita la vita deli' autrice, umile e pura e la nobilta de' suoi sentimenti, lodando i pregi di questi scritti, terminando con un raffronto fra la Percoto e la Sand. Lis Cidnlis 6 la prima novella della raccolta ed e anche il priino lavoro di questo genere scritto dalla Percoto. Fu collaboratrice assidua in molte riviste; essa pubblicd sul Giornale di Trieste, sulla Farilla pure di Trieste, sulla Rirista Kuropea, sul Crepuscolo, sulla S nora Antologia ed in altri. Una seeonda edizione de' suoi racconti usci in Genova nel 1863, aumentati: in essi, come in altri pubblicati, domina l'idea della patria, 1' idea che nel periodo eroico delle nostre vittorie e delle nostre sconfitte, signoreggiava tutti i cuori. Ne! 1883 a Milano dal Carrara pubblicava le Norelle popolari edite ed inedite e altre aneora ne scrisse, dove la nota patriottica vi e ben chiara. Ella fu legata con uomini insigni e bene fece la Minelli a pubblicare in appendice alla sua bella monografia alcune lettere inedite alla Percoto del Tommaseo, del dall'On-garo, del Capponi, del Tenca, De Gubernatis, Fambri, Heismit- ') E. I. Minelli, Caterina Percoto. Udine ti]). Domenico del Bianco, 1907 in 8." di pag-ine 149. PAG IN K ISTULA.VK Doda, Fanfani, Zorutti, Valussi, Antonini, Zanella ed altri ehe servono a far conoscere in quale conto fosse tenuta la serit-trice friulana dagli scrittori suoi contemporanei. Notevoli sono le lettere di Franeeseo deH'Ongaro alla Pereoto che la Minelli aggiunge in fondo al volume: noi vo-gliarao a queste un'altra aggiungerne nella quale indiretta-mente si parla della Pereoto e deli'ammirazione che di essa aveva il celebrato scrittore oderzino. II daH'Ongaro appartiene a quella seconda generazione dei romantici che pur tanta luce sparse sulla storia italiana della metd del seeolo XIX, e insieme con Antonio Somma e Antonio Gazzoletti pubblicarono a Trieste la Favilla, rivista che merito essere parificata dal Tonunaseo al Gondoliere del Oarrer, inentre pure il suo nome si accompagna con quella sehiera di poeti che vanta fra gli altri Griovanni Prati e Aleardo Aleardi'). A Oderzo egli nacque nel 1808 e lin dai primi anni egli inostrd ingegno ardente e aperto: prete dapprima e maestro, getto piu ta rdi la cocolla alle ortiche per darsi alle armi e al giornalismo combattendo a Roma nel 1849. Esule a Bruxelles e a Parigi quando caddero le ultime speranze di libertii, vi ristette un dccennio, fino cioe al '59 e tornato in patria insegno a Firenze e a Napoli, e qui muore a sessantacinque anni nel 1873. La lettera del dall'Ongaro che si pubblica e senza dubbio di singolare importanza: ed e indirizzata al Passano biblio-grafo genovese di farna; in essa da notizie di alcune sue pub-blicazioni, pur accennando alla sua vita di giornalista e di letterato. Ed e in questa lettera che egli ci parla della Pereoto ehe una soave amicizia a lui legava fin dal '40, raecomandan-dola al pubblico d'Italia. II dali' Ongaro tento molti generi di poesia, ed e piu par-ticolarmente celebre per i suoi stornelli politici e non politici pubblicati a Milano nel 1863, stornelli che egli seppe accomodare al sentimento patriottico si da avere negi i anni fatidici del nostro riscatto molta popolarita. Sulla Favilla vedi la beli a conferenza di Albertn Boccardi, • Trieste, tip. G. Caprin, 1888 in 1G.°) PAGINE ISTRI .ANE Scrisse parecchi lavori drammatici: Fausta, TI ultimo barone, V Acqua alta e seppe commuovere profondamente il pubblico col suo Fornaretto. La lettera che qui pubbliebiamo si conserva ncirautogra-foteca della R. Biblioteca universitaria di Genova, nel tbndo Passano: Pregiatissimo Signor Passano Firenze 28 Giugno 1861. Le mie novelle comparvero quasi tutte nel giornale che io dirigeva a Trieste 1). Le due piu diffuse, con una terza (L'E-spiazione) che ne completava il soggetto, furono poi ristampate a Padova dagli editori del Caffe Pedrocchi sotto il titolo coni-plessivo di Viola Tricolor. Le tre, un po' corrette, aggiuntavi una prefazione (Stori« cli un garofano) e un breve racconto (Fanny) furono pubblicate a Torino dal Guizoni col titolo (Figlia del Popolo.) Ne composi parecchie altre per i giornali del Signor Lani pugnani di Milano: I due Castelli in aria, Angelo, ed altra meno considerevole che non ricordo. Composi in francese per il giornale «// NortU: Les Ruiniers de A. Marc e la Fiancee du Montenegro. E probabile che durante il mio esilio decenne, alcune di queste novelle sia stata ristampata in al tri paesi d'Italia; ma non posso darne dati sicuri. Scrissi a Lugano la Rosa bicmca (200 pagine circaj stani-pata a Torino dal signor Bianciardi. Le Monnier ne fa ora una raccolta quasi eompleta, rive-duta e corretta dali' autore, in due o tre volumi: il prirao dei quali Novelle veccliie e nuove, sta per uscire. Ecco quanto posso dirle. Non so la data preeisa di queste pubblicazioni: la Rosa Rianca e stata čredo, pubblicata nel 1852. Le due in francese nel 1858 a Bruxelles-Parigi nell'ap-pendice del «Nord.» Scrissi nella «Favilla» a Trieste dal 1835 al 1845. La Signora Co: Caterina Percoto abita in Friuli, presso Udine, a S. Lorenzo, di Soleschiano. II suo prirao racconto Lis Cidalis fu pubblicato prima nella «Favilla» poi a parte. Altri racconti suoi videro la luce in parecchie strenne e nell'appendice del giornale torinese «11 Progresso ?» o il «Diritto'?» Tal coltrice nuziale, poi tutte o quasi tutte, furono raccolte in un volume dal Le Monnier con una prefazione del Tommaseo. 1 j II prirao namero di cpiesta rivista usel il 31 luglio 1836. Proprie-tari erano il dott. Anfconio Madonizza-e Oiovanni Orlandini. «4 I'AGIN'1: 1ST.UIAN M Mi glorio di aver dato i primi eccitameuti ed esempi a rjuesta mirabile pittrice della natura e della societft rustica e cittadina, tra cui dimora. In altro' ambiente e meno t rav a-gliata dalle sventure domestiehe e dalle malattie, avrebbe emulato la Sand e superatala per 1'ingenuita delle pitture e la purezza del sentimento morale. Ecco quanto posso dirle in risposta alla gentilissima sna. Mi comandi di nuovo, ov'io possa in qualehe modo con-tribuire alla sna' Bibliografia, e ni i čreda De.v.nio amico F. d a L L ' O N (i A k O Via di Mezzo, N. 0955. La Minelli ha fatto cosa veramente degna coi suo con-tributo snlla Percoto, e noi ci auguriamo ch'Ella voglia coni-pletare 1'epistolario degli uomini di chiaro notne che con la gentile scrittrice friulana hanno tenuto carteggio, del quale si notevole saggio ha dalo sni fine della sna monografta. Prot'. (juido Bustico Sald A proposito d'una pubblicazione artistica. Non b ancora mezzo secolo che lariproduzione dei capilavori deli' arte era un'impresa, a cui pochi editori osavano pensare, e solo le grandi biblioteche ed alcuni privilegiati amatori poteva.no stender la mano alle preziose raccolte. Ma poiehe dinanzi alla statua od al quadro, invece deli'uomo, a copiarlo si collocd la maccliina fotografica, ed i processi meccanici di riproduzione, basati sulla fotografia, si moltiplicarono e si per-tezionarono rapidamente, tu sollevato il velo, che nascondeva al gran pubblico quanto di bello e cli grande 1'ingegno dol-i'uomo aveva prodotto attraverso i secoli; e fu indnbbiamente una bella conquista per la eoltura e per 1'educazione indivi-duale. Poiehe se tutti, dal piii al meno, sapevano ehe 1'Italia PAGINE ISTRI ANE 65 nel secolo XV e XVI ebbe a schiere pittori e scultori ecl ar-chitetti, ai quali una superba visione di bellezza irraggio ranima; che press' a poco in quel torno in Germania facevano dei quadii Diirer ed Holbein; che nei Paesi Bassi c nelFOlancla durante il secolo XVII flori una pittura tutta di časa, che con una intuizione nuova della luce c del colore rappresento sin-ceramente la vita nelle piu semplici inanifestazioni d'ogni giorno; c che nella stessa epoca circa la Spagna ebbe un Velazquez ed un Murillo, solo pochi fortunati, ai quali era dato pellegrinare da una citta aH' al tra, da un museo aH'altro, co-noscevano le opere, con cui l'arte s'era rivelata a Dio quasi nipote. Ma la storia dell'arte era poco su poco giu conosciuta e consid-.-rata come 1'araldica, od il sanscritto addirittura, Ecl eceo che ora escono dalle citta i moniimenti, carichi di gloria e piu di polvere, dalle pinacoteche silenziose, dalle chiese ve-uerande, clai palazzi storicainente famosi escono le statue ed i quadri, e si spandono per tutto il mondo, commentati e ri-]>rodotti con assoluta precisione nelle linee di contorno, nei rilievi e nella digradazione d'ombre e di penombre. E per nominare solo alcune delle pubblicazioni piu diffuse di tal ge-nere ricordero Das Museum, eine Anleitung z um (lenim dcr II 'o-ke bildender Kuna t, di cui 1'editore Wilhelm Spemann ha gia dato alla luce 10 vol umi, con 1600 riproduzioni nitidis-sime di quadri e di statue di tutti i tempi e di tutti i paesi: Per schonc Menscli, che in tre vohuni doveva costituire la prima parte d'un'opera grandiosa: Dcr Sfi/, che 1'editore Dr. Georg Hirth a veva ideato, ma che la morte gli vieto di con-tinuare; il Klassischer Skulpturenschatz della časa editrice F. Bruckmann di Monaco; e i capilavori della pittura, editi sotto la direzione del D>\ \Vichelm Bode dalla časa editrice di Lipsia Richard Bong, col sotto titolo: Alte Meister in Ku-pferdruchreproduktionen; e i Klassiher dcr Kunst deiristituto germanico di Stuttgart, il cui ultimo volume fx) raccoglie le opere del Correggio; la collezione delle Kunst ter Mouogrrtpliien, diretta dallo Knaehfuss; quella dello stesso genere, diretta dal Muther, col titolo: Die Kunst; ed inflne quella dal titolo: Beruhmte Kunststdtten, che esce dal Seemann di Lipsia. In Italia il primo pošto in questa gara di edizioni spetta incontestabilmente ali'/n tituto italiano d'ari i grafi che di Ber-gamo, il quale ha in programma nientemeno che nove colle- 66 !'A( i.I NE IS l!C I ANK zioni di rnouografie illustrate, fra lc quali rammentiamo la seri e: ltalin artistica, che sotto la direzione di Corrado Rim', ha gia raggiunto il volume i)7" con la monografia di Diego Angeli su Roma aulica; la serie: Pittori seultori ed architetti, di retla da Diego Angeli; e la serie: Artisti moderni, diretta da Vit torto Pica. Queste pubblicazioni non la cedono punto, anzi falvolta superano e pel valore del testo, e per la ricchezza e la bellezza delle illustrazioni e per la signorilita della forma esterna le pubblicazioni tedesehe. Coll'Istituto di Bergamo gareggiano degnamente 1'Editore Ulrico Hoepli di Milano, che pubblica la grandiosa Storia della pil tur a italiana di Adolfo Venturi, lo Stabilimento fotografico dei fratelli Alinari di Firenze e 1' Istituto vene t o d' arti grafiche di Venezia, che la seorsa estate si fece editore del volume: Le origini della pit tura veneta di Lionello Ven turi, nonehe qualche altra časa edilrice di minor conto. Ma la riproduzione in bianco e nero, se pno bastare per i inonumenti deli'architettura e della scultura, non basta pei-la pittura. Affinche il quadro possa dire tutto il suo valore conviene conservargli piu che sia possibile la pompa del colore, la luminosita delle tinte, la magia del chiaroscuro nelle sue piu delicate sfumature. E che anche su questa via un gran passo sia stato fatto lo provano le pubblicazioni della Časa editrice E. A. Seemann di Lipsia: Meister der Farbe — Hundert Meister dej Gegen-wart, — e Die Galerien Kuro pas1). Quest' ultima, di cui in-tendo particolarmente pari are, consta di 200 riproduzioni a colori di quadri di tutte le principali scuole d'Europa, dal primo Rinascimento italiano fino quasi ai nostri giorni; 1'ultimo fascicolo vide la luce verso la fine delPanno seorso. Non diro che guardare queste riproduzioni sia lo stesso che avere davanti agli occhi 1'originale, ma che la fedelta sia tale da darne piu che un'idea approssimativa e certo. Intanto esse nulla hanno di quella banale gamma di colori, che ha sereditato l'oleografia, nulla di quelle lisciature leziosamente carezzate dei flgurini di mode, nulla di quell'inconsistenza di piani, che toglie ogni i i-lievo alle figure e ogni illusione prospettica alla composizione, l) Un' edizione identica, con testo italiano, di tutte e tre queste raccolte rien pubblicando V Istituto italiano d'arti grafiche di Bergaino. PAG IN E ISTRI AN E ma invece al quadro e eonservata la sna intonazione, 1' aria circola 1 i bera men le fra le testo dei personaggi, se ne rileva la luce, la qualita delle stofle, la ealda morbidezza delle carni, la vita caratterist.ica, che il pittore vi ha trasfusa colla sapienza del suo penuello. E non solo la do ve la liiiea e precisa, e lim-pida la tinta del colore, ma anche quando le figure appariscono come a v volte in una atmosfera di mil le vapori 1'effetto e bel-lamente ragginnto; e noi comprendiamo d'aver davanti un quadro di Filippo FJppi, o d'Andrea Mavfegna, o dei Ferra-resi; distinguiamo le qualita teeniche d' una Madoima del (iiambellino o di ItajjaeUo o d'Andrea del Sarto. E si com-prende che temperamento d' artista abbiano avuto Giorgione ed il Correggio, e quali problemi d'ombre e di luci abbiano affaticato c Itembrandt e Velastjaes e Gaittsborough e Tur/ier. Die Galerien E a ropa>• sono la continuazione d'un'altra raccolta, che lo stesso editore pubblic6 in doppia edizione col titolo: Alfe Met sfer e Matere i de r alte a Meister; sono aneora 200 riproduzioni colorate di quadri di tutte le scuole principali, sia italiane che straniere. L' editore s' indusse a continuare sulla. via intrapresa per i molti eccitamenti, che gliene vennero da tutte le parti, a voce ed in iscritto, — come ebbe ad espri-mersi annunziando nel 1895 la sua nuova pubblieazione. — Con queste due serie di riproduzioni, di cui la seconda era destinata a completare ed ampliare la prima, senza ripetere quindi alcuno dei soggetti gia in questa pubblicati '), 1'editore si proponeva di i>resentare alle scuole, alle famiglie, ed agli amatori deli'arte, una raccolta di dipinti, che esprimessero lo svolgersi della pittura attraverso i tempi, ed i caratteri delle varie scuole e dei singoli maestri. Ma qui, a mio giudizio, l'in-tento non 6 stato raggiunto; in un'opera, fregiata d'un titolo l) Veramente la promessa non fu serupolosamente mantunuta, poichts nel fascicolo VIII n. 58 delle Galerien comparve il Pimagtfio con una ro-rina del Eembrandt, gia pubblicato negli Alte Meister, IX, 67; nel fascicolo XIII n. 100 rivediamo il celebre quadro di Tiziano, noto comune-li) en te sotto il titolo di Amor sacro e Amor profano, che gia avevaino ve-duto nel fascicolo II, 13 degli Alte Meister-, nel fascicolo XIII, n. 121 ci si presenta lo Sposalizio di Itaffaello, riprodotto git\ negli Alte Meister, XX, 166; nel fascicolo XXIV n. 187 ecco la cosi detta Nachtivache del Rem-brandt, che fa parte degli Alte Meister, II, 11; iiualmente il fascicolo XXV, n. 199 ripete la Sibilla cumavn del Domenichino, clie gia ci era nota dagli Alte Meister, XIII, 104, cosi pretenzioso, troppo pretcnzioso davvero, certe gravi L;cune non dovrebbero esistcre, ne si possono perdonare i torti non lievi all'arte italiana particolarmente. Vedasi se il mio giudi-zio e troppo severo. Non occorre si dica quale pagina gloriosa abbiano scritto gli italiani nella storia della pittura dal trecento a Giambatti-s ta Tiepolo; ora tntto il trecento, che tanti affreschi di storie c di allegorie, e tante sontuose ancone conta al suo attivo, tu intieramente dimenticato'); e si che Cirnabae e GiottocVUr-cagna, e Duccio di Boninsegna e Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti non sono quantita trascurabili nella storia della pittura. E piii tardi cjuando 1' arte, nutrita di sano realismo, spezzo le pastoie della tradizione scolastica e s'affermo inter-prete sincera della vita, non valse a Masaccio che tutta una generazione di pittori, come dice il Vasari, venisse a studiare davanti ai suoi affreschi della cappella Brancacci in s. Maria del Carinine a Firenze. E cosi non trovarono grazie ne Filip-pino Lippi, ne Benozzo Gozzoli, ne aleuno di quella schiera di fieri realisti, come .1 ndrea, del Castagno, Cosimo Rose 11 i, i due Pollaiuolo, se si eccettua Andrea Verrocchio, a cui fu data una Madonna, posseduta dalla pinacoteca reale di Berlino, men-tre con certezza solo il Battesimo di Cristo, che si conserva airAccademia di Firenze, gli puo essere attribuito. Ma tratta-mento peggiore s'ebbe la scuola umbro-fiorentina, poiclie invano si cerca quel novellatore interessantissimo, ed arguto ritrattista che fu Piero della Francesca, o qualche cosa di quel pode-1'OoG plasmatore di nudi, sapientemente modellati, che fu Luca Signorelli, il vero precursore, sotto questo aspetto, di Michelangelo. Della scuola umbra manca Gentile da Fabriano; oppure in tutto il quattrocento si cercherebbe invano qualche cosa, che per vivacita di colorito e mite sorriso di poesia possa gareggiare eolla sua Adorazione dei Mag i airAccademia tio-rentina. Manca Nicolo Liberatore, detto VAlunno, manca lo Spagna, manca il Pintaricchio, che si bene seppe commentare eol pennello la gaia vita del suo tempo. E per gli stessi pregi K la diinentican/.a 11011 si puo spiegare coll'economia deli'opora, eho non permetteva s' andasse piu in la del Rinascimento, ]>oielie nel Caseicolo XXIV n. 185 c 186 furono pubblieati due affreschi d'una easa romana della prima c-poca imperiale, che, si eonservano nel Museo delle Terme a Roma, PAG IN E ISTJRIANK meritava d'esser ricordato almeno qualcheduno fra gli ultimi sienesi, come Girolamo del Pacchia, Baldassare Perazzi, o Do menico Becca fttmi. E al di qua deli' Appennino rinunziamo pure ai discepoli, per quanto infidi, del Franciu, ma 11011 pos-siamo nascondere il 11 ostro mal umore per 1'assenza di donimo Tura, di Lorenzo Gosta, di Bartolameo Suardi, del Borgognone, di Andrea Solario e del grande Bramanle, Partista ch'ebbe cosi serena e forte la visione della figura umana nelle pitture, come ebbe quella delle linee nelParchitettura. Se gli esclusi portano siffatti nomi, nessuna meraviglia se non si trovano quelli di Macrino d'Alba e di De fendente Ferrari, i due rap-presentanti di qualche importanza, della scuola piemontese. Della scuola di Leonardo fu scelto quel Francesco Mclzi, che fu carissimo al sommo artista, ma di cui fin' ora la critica non e riuscita a scoprire alcun'opera. Tuttavia la Fanciulla dal flore deli'Eremitaggio di Pietroburgo, che gli fu attribuita, dopo esser stata data a tutti i discepoli di Leonardo ed a Leonardo stesso, meritava davvero Ponore, che le fu fatto. Un ,ura ve torto fu recato anche alle scuola venezinna dimenticando tutti e tre i Vitarini, e poi Gentile Bellini cd Andrea Prerilali, ed il Pordenone, e Girolamo Romanino, per nominar solo quelli, che hanno una personalita loro pro-pria. Peggio aneora furono trattate le scuole minori deli'alta ltalia. Dei pittori di Vicenza neppur Bartolameo Monlagna fu chiamato a mostrare come seppe fondere la vigoria plastica dei ferraresi eolla magnificenza coloristica dei veneziani; dei veronesi 1'unico rappresentante e Girolamo dai Libri, che non dicc tutto quello che fu quella scuola, la quale non ebbe dei bei gesti, ma senso della natura, dignit;'i d'espressione e buon colore; dei creinonesi ne a Boccaccio Boccaccino fu fatto grazia, ne ad alcuno dei dampi, continuatori non ispregevoli del maestro di Cremona; e Lodi vanta indarno i suoi Piazza, e Parma se ne de ve star contenta al sommo dorreggio, quan-tunque tra i suoi pittori ci sia Francesco Mazzola detto il Parmigictnino. Ne si puo dire che la pittura dei secoli XVII e XVIII sia rappresentata adeguatamente nelle sue varie manifestazioni. Fra i fonclatori. deli'eclettismo mancano Lodorico ed A gos l in o (arrarci, il Gaercino e 1 'Albani, mentre c' e dar/o Maratta, e due volte Carlo Dolee. Poi mancano Bernardo Strozz-i, i PATINE ISTJMANt Procaccino, i Crespi, Pietro Longhi e Francesco Guardi, dei (|iiali tutti, figli del loro tempo fin che si vuole, per una ra-gione o per l'altra eonvien tener con to. E neppur la scelta mi pare sia stata fatta sernpre con mano felice. 11 Bealo Angelico per me e addirittura calunniato con la Madonna circondata dagli angeli deli' Istituto artistico di Franih ofo rte, nell' altro quadro Le pie donne alla tornba di Grist o, tolto dali' Accademia d'arte antica e moderna di Firenze, mal si seorge la delicata poesia dell'originale, forse l'arte del frate da Fiesole non 6 cosa, che si possa riprodurre con mezzi tec-nici. Ne si pu6 fare un'idea deli'ingegno di Viitore Garpaccio chi guarda la Madonna del museo di Franeoforte, riprodotta nelle Gal-erien, il fantasioso glorificatore di Venezia non si rivela che a Venezia. Coi nome di Leonardo troviamo, olt.ro ai ritratti della J-telle Ferronniere e della Lisa del Gi.ocondo la cosl detta Madonna Litta, che si conserva a Pietroburgo. Ma ci vuol molta fede per credere questo quadro del Vinci; ed infatti fin'ora i credenti sono pochi assai. E non ora meglio scegliere la Madonna delle meče del Louvre, o V Annunciazione degli lltfizi di Firenze? In fine diro che neppure quel glorificatore instancabile della vita serenamente goduta, cosi ricco di bel-lezze, di luce e colore, che fu Paolo Veronese si pu6 chiamar contento; egli aveva qualchecosa di meglio da offrire che non sia quel donnone, alquanto goffo, di Cleopalra, posseduto dalla (ialleria di Cassel, e che non e certo neppur se sia suo. Tutto questo ho voluto dire non per difendere la pittura italiana, la quale mai ha cosi poco bisogno di difesa, che quando si trova messa vicino a quella d'altri paesi, ma per mostrare che le due collezioni della Časa Seemann, ricche di 400 numeri, non offrono a chi non puo girare da un capo al-1'altro 1'Europa, elementi bastevoli per comprendere, con certa compiutezza, che cosa sia stata la pittura nei vari tempi e luoghi. E di cio sembra si sia accorta la stessa Časa editrice, poiehe ha gia dato alla luce il primo fascicolo d' una nuova serie di riproduzioni a colori, che sara completa alla fine deli'anno in corso. Dali'elenco dei 100 nuovi capilavori, messi in programma, rilevo con piacere che a molte delle omissioni. da me lamentate, si porra rimedio. La pinacoteca Brera di PAGINE ISTRI AN t Milano mandera il capolavoro deli'Albani: La danza degli amorini, dne magnifici affreschi del Bramante: Un gaerriero e: Un cantore, la Madonna con s. Dom eni co e s. Caterina di C. B. Crespi, S. Roccco del Borgognone, la Madonna con Sani i e il duca Federico da Montefeltro di ~Pie.ro della Francema, S. Marta Maddalena di G, C. Procaccino; il Mnseo Poldi-Pezzoli di Milano 1' arguto Ritrafto di donna, che or-dinariainente si attribuisce a Piero della Francesca, una Madonna di Cesar e da Šesto, una Madonna ed un' Ecce hotno di Andrea Solario e una Madonna di Antonio Virarini. Inoltre la stessa Časa editrice promette che continuera anehe durante il 1909 la sua pubblicazione, illustrando le pi-nacoteche di Firenze; anzi dichiara che le piastre sono per la maggior parte gia beli'e pronte. Oh! allora si ogni piu modesto araatore deli'a rte potr/i a vere a časa sua una florita di quadri celebri, hellainente riprodotli, in cui anehe 1'Italia sia degnamente sappresentata. .... nel febbmio 1909. (Jiovanni Mnsiier. Le poesie di Michele Fachinetti. L' opera poetica del Fachinetti e stata pubblicata quasi nella sua integritet nell' edizione postuma curata dal cognato Cario de' conti Furegoni, mentre Carlo Combi ne detto la bella prefazione. Non so se il Sogliani') fosse bene informato quando scrisse che i inanoscritti del Poeta, lui morto, furono atfidati dal fratello ail'abate Zinelli che li rivedesse. Io non vi tro\ ai una sola correzione, ne la famiglia ricorda il fatto. Anehe il Combi dovette dichiarare che quanto fu raccolto e ordinato per la stampa non subi veruna trasformazione, come si volle sospettare in un lavoro patrio 2j. II manoscritto delle poesie porta la data del giugno 1845 e la dediča seguente: «Alla mia buona Zoe —• e ai 11 ostri figi i questi tesori — della mia anima mesta — e non infelice.» 72 PAGINE ISTIEEANE Non v'ha uno scherzo in quel libro, non un sorriso di gioia, non un fremito di odio o di raneore, ne aleuna passione che non fosse un oruamento del cuore. Vi manca persiuo la nota critica. II poeta canta eio che sente, ne mai si lascia trascinare dalla fantasia di vani infingimenti o di maliarde parvenze, ma . neppure da un'ideale di arte che non riuscisse utile ali' Istria sua. Nei trentun sonetti e nelle altre poehe liriche parla di fanciulli e lo commuovono l'et& tenerella, i perigli, la loro raorte; canta i vecchi, i ciechi, gli esuli, le spose e le madri. Un trovatello gl'ispira due composizioni soavi, un condannato a morte, un poverello, un franeeseano morente o un flore gli strappano le lagrime. falora assurge alla concezione di una fratellanza universale, talora canta. 1' Italia si belia, sebbene divisa, e 1'Istria oppressa ed obliata; e, lungi dali'abbandonarsi ad un duolo senza conforto, si ritempra nelle memorie del pas-sato e nelle speranze d'un avvenire piu lieto. Udite. Civiltii eristiana universale. Tempo verni clio di fraterna paee Ogni popol del inondo alzi Pinsegna, E il vizio aseoso ed il delitto audace. Siano obbrobrio a chi serve ed a chi regna. Clie il forte aititi il suo fra te L che giaee, Non inanehi alla vi rtu farna condegna, E d' un solo pastor greggia seguaee A un solo ovil 1'umanita eonvegna. .Ma a (jual se.eol si serba il gran riscattoV E di che sangite, a prezzo c di che pianto, O gen ti, o genti, stringerete il pattoV Noi sosterrein la lotta e. la sventura, Altri diran della vittoria il canto AlPombra della nostra sepoltura. Ed il sonetto Ali'Istria: Pc.nisola gentil che. il mar circonda, Segnando alla comnn patria la meta, Finclie 1'ignavia e la diseordia abbonda, II canto sprezzerai del tuo [loeta. E se Pudrai, sara nota infeconda U'incompreso e. selvaggio anacoreta; Ma di verni che una modesta fronda Abbia il suo sasso e una sincera pieta. O patria, o lembo del divin paese, II sol che ti risealda, italo, ardente, L'alma di Dante, e di Ferraceio accese. E Turne, i templi, il circo, ogni ruina » Con so lan o di fede il tuo presente, O sorella di Roma e eittadinn. E un csuhi italiano, che fe' palpitare il cuore di tanti, che in queH'epoca turbolenta avevano dovuto abbandonare la patria, sonetto che fin nella nebulosa Albione veniva ripetuto con un senso di raramarico e di rimpianto: Lo stranio riverente a'suoi lo addita Come una gloria innnaeolata e mesta, Come una prova nobile e fallita, Che lena e pieta ne' gentili desta. Coglie ei suoi di nella diversa vita Fra le virtu delTanima modesta, Sicche alla patria sua giunge gradita Pur dali'esiglio la sua farna onesta. Ma il eiel, ma il lago, ma il sermon natlo, Ma il sepolero ehe i suoi padri rinserra, Ma il paese piu bel che ha fatto Iddio!... Ah! 1'Italia, P Italia anche dolente, E pur sacra, gentil, nnica terra, E P esnle piu 1'ama e piu la sente. E qiiando il Confalonieri eadde, esnlc, sotto 1'inosorabilo talce della morte, seri ve una canzonetta piena di sensi altis-fc-imi di venerazione; e quando nel bollor degli anni il primo tenente Con te Pompeo Grisoni si batto a duello con Carlo Dum-bo\vski *), egli irapi'eca a quella barbariea nsanza e compiange la vittima, cui domanda: Ti fu colpa se Pitalo spirto Ti fe' caro piu ch'altri e gentile, Se sdegnoso di tema servile. Non patia la ranipogna del vil V e pensa ai genitori affranti dal dnolo e loro augura Si rattempri la lugubre doglia, E giainmai la eraenta tua spoglia ■ Venga i tardi lor sogni a turbar. Giovannino d' Oplanich '), aniicissimo del poeta, gli chiese un di, in versi, perche fosse si mesto e non cantasse di amore o «dei potenti i tali petti — Che ter grande 1' Italia,* E Michele gli risponde: Quella mestizia che mi vien dal cuore, M'inspira il tema, il verso ed ilconcetto: Spirto volgar non ne trarra diletto, II gentil men dara venia ed amore. <4 1'AGINE ISTUIANE Venero 1' innocenza ed il pudore, Aino il fratel che pena, ognun rispetto; E a chi tutto quaggiu fida l'affetto Mostro 1111 salcio che piange e. un iior che umore. Parlo dell'altra vita, ove il mio canto, Se allora noi fareni quel ch' or ne piace, Sara perenne, e non piu mesto, e santo. E anch' io penso a un alloro, e miglior gloria Mi saria non pensarvi; e onesta pace Cerco al mio sasso ed alla mia memoria. Ma il poeraetto o cantica che si voglia dire, intitolata Fra te Felice e stampata dal Naratovich nel '47, ancora col suo bravo admittilur ad imprimendum segnato dal questore veneziano Pulle sul manoscritto, merito al Fachinetti plauso e lodi raaggiori. E una storia di amore e di speranza ed un con-trihuto di pieta alla patria. Iramagina — 6 il vezzo del tempo — d' aver trovato nel-l'archivio dei trati trebeccanti, che abitavano il eonvento della Madonna di Carapi di Visinada, un codice che narra la storia di uno di essi. Giorgio de Xenandraghi e Lucia de Bibali, giovani di cospicue famiglie di Doccastelli, celebravano nozze solenni. 11 popolo festeggiante, non sospettando insidie, assiste alla ce-rimonia, quando un' orda d' Uscocchi irrorape per le porte raal custodite della citta, e, occupata la Chiesa, mena strage e ra-pina; poi, saccheggiate le čase, le incendia lasciando del ca-stello solo ruderi fumanti. Nel trambusto, Lucia viene rapita, e Giorgio sopravvisuto a tutti i suoi, va in cerca di lei o al-meno di un conforto. Ma invano, che io cangiai, dice, Io cangiai spesso ciel cercando pace Ma il mondo non la dona od e fallace. Visita Parenzo e Pola, dove animira le antiche ruine e invidia il saio d' un allegro fracescano; vede Rovigno e gli piacciono le sue donne, ma l'immagine della sua Lucia gli sta scolpita nel cuore. Poi cade in mano degli assassini ai quali riesce di fuggire per trovar pace nel eonvento dei trebeccanti. Ma un di di sagra, una donna viene alla chiesa del eonvento: e povera, mesta, vinta dalle privazioni piu che dagli anni; pur ei la riconosce: e Lucia, Po vero suo cuore! E, poich6 ella trovo ricetto in una časa vicina di agricoltori, piu volte le die il tozzo del poverello. Alla fine tocca a lui d'assisterla morente. Un raggio di luce brilla in quel supremo istante ne- PAOtINE ISTRIA Nt: 75 gli occhi di Lucia, che lo ravvisa, ed additando il cielo, lasc-ia questo terreno esilio. TI poemetto consta di otto canti di sestine ben tornite, dairincesso facile od elegante. Bellissima e 1' ultiraa parte, perfetta la parafrasi delle preči, eommovente lo scioglimento. Pur da quanto andai fin qui ragionando, di leggieri vi accorgete non essere il nostro un poeta che iraprima un'orraa indelebile sul cammino deH'umanita, non dispone d'una col-tura vastissima, ne-sfoggia una potenza creativa con larghezza di concetti e di forme o il barbaglio delle iraraagini o 1'incal-zare delle frasi incisive; pur coni' e dolce questo suo canto, cora'6 delicato, come ricerca il cuore, massime quando il moti vo prorompe in una movenza franca e suggestiva! II Fachi-netti poeta e figlio deli' epoca che preeorre il '48: attraverso il suo animo gen tile. passa il soffio di quelle idee che la scuola romantica sposo, senza dire che, religioso pili che per arte, fu per convincimento e per educazione. E percio raeglio di ogni altro seppe ritrarre le idee del popolo, di cui fu educatore secondo 1'ispirazione connaturale al smo mite sentire, e lasna lirica innamorata della patria, deli' umanita che s' avanza e soffre e di tutte le cose belle, conferisce a quel concerto di canti e di suoni che s' accordano nella melodia solenne della scuola triestina come voce di tlebile fiauto. Ed e un effluvio di poesia originale: un solo punto della storia gentile di Fra Felice ricorda di lontano una delle can-tiche del Pellico, il Rocello, il quale, come il povero frate, va visitando le varie citta della Penisola. Ma del resto non un richiamo, non una reminiscenza: il soggetto, 1'intonazione, il ritmo, l'armonia del verso, e tutto suo, e attraverso il suo carattere si estrinseca. Sebbene mesta, la lirica del Fachinetti non degenera in sentimentalita vacua, perche la contenenza rompe i vincoli della leziosaggine e procede limpida e pura d' ogni inquinamento artiticiosamente rettorico. Tanto meno poi trovi la nota fessa della disperazioue, che agitava lo spirito di quel genio mera-viglioso che fu il Leopardi, cui tutto venne negato cio che poteva allietarlo. Pari al Chopine quando nei notturni mi parla il suo linguaggio armonioso e tri ste con certe note fonde che rive-lano 1' angoscia del cuore vestito a gramaglia, il Recanatese rimane unico. Qui invece e 1' animo sensibile che s' aderge con 7<; PAGlNE ISTRI ANE sospiro ver so un non so che di sublime, di etereo, d' irraggiun-gibilc e nello sforzo si strema in una malinconia indeflnita che tutto oeeupa il lettore, pur facendogli intravveder un bene radioso d'indeserivibili attrattive. E un'arte che ha certe at-tinenze con quelle arie patetiche della veechia scuola italiana, quando 1'istruinentazione non a veva soffocato l'armonia ed il canto che fluivano leggieri e in certi autori, patetici, e senza rapire lo spirito nel campo delle ardue concezioni, istillavano un dolce senso di tenerezza. « * II Fachinetti fu dunque il poeta che ritrasse dalla sua terra quel senso gentile di meste armonie che brillano nel suo cielo, alle sponde del suo inare, negli occhi delle sue donne. E Parte sua riscosse plauso sincero: era gran cosa quando in un componimento si sapeva citarne un verso, o nelle conver-sazioni declamarne un sonetto. Ed ebbe lodi lusinghiere dal Pellico. L'opera civile e morale del Saluzzese, la sua aureola di martire deli'indipendenza resa vieppiii fulgida dalla rassegna-zioue, e piu il sentirsi simili nella mitczza del carattere e nelle aspirazioni, innamorarono il Nostro del reduce dello Spielberg, ed un giorno delFagosto 1847, gli scrisse cosi mandandogli una copia del suo Fra Felice: «Pensava Ella, chiarissimo Signore, esservi in quest'ul-tinio angolo delTItalia un uomo ancor giovine, che sta raecolto nella sua stanza per lunga ora meditando i di Lei scritti, e che non trova tra letterati viventi chi di Lei lo faccia miglioreV Un uomo, il quale gi& marito e padre, conosce da Lei prin-cipalmente i suoi cotidiani doveri, e li trova cosi conseguenti e cosi incontrastabili? E questa mia poesia che le offro, sin pure imperfetta, non sarebbe come una derivazione deli'affetto oh'Ella m'inspiro co' suoi scritti a gentili eose?» E 1' autor delle Mie prigioni, il 9 agosto gli risponde5) encomiando il valor poetico del Fachinetti e rilevando nel Fra Felice bellezza di semplieita e di affetto e grazia squisita. 4 Prof. Valeriiino Monti. PAGINE ISTIM AN K NOTE ') I.Tg-o Sogliani, «Tre precursori» pag. 31. 2) Poesie e prose tli M. F. Capodistria, Toiulelli. Prefazione. :i) L'egregio amico prof. Quarantotto, sotto 1' anagramma di Gino Ottoni Vantarqua, ilhistro questo duello in Pai/ine In t-kine munero 9-10 anno 1903. *) Giovanni d' Oplanieh, fratello di Gabriele, pubblico molte sne rose nelle Letture di famiglia che dal 1852 in poi venivano pubblicate dalla sezione lgtterario-artistica del Llovd. Fu docente privato di letteratura a Trieste. Da ultimo, povero e vecchio, fu ridotto a fare il diurnista a Paren zo dove mori nel 1866, senza che la sna morte fosse avvertita da alcuno, senza un flore sulla tomba. "') Le due lettere del Pellico che la famiglia conserva furono pubblicate nelP I.striaiio n. 3 del 1860, pero b cosi difticile rinvenire una copia di quel giornaletto, che reputo far eosa grata il riprodurle qui nella loro interezza. Ill.mo Signor Pad.e Col.mo, Nella seorsa state, ine.ntre io era in canipagna animalato, mi giuuse la lettera di V. S. e non fu possibile risponderle. Imperfettamente risanato, ebbi a provvedere a molte occorrenze, e percio rimasi senza rispondere a diverse delle lettere cbe m'erano state seritte. Le domando perdono se egualmeute non risposi a lei. La mia vita e oceupata, parte da doveri che si succedono, parte dalle mie infermita. Voglia altresi perdonarmi se non le mando i versi ch' Ella mi fa Ponore di chiedermi. Le sono obbligato del bellissimo suo sonetto, il quale attesta anima gentile, ottimo gusto e vero valor poetico. Le auguro ogni bene, e speranzoso cli'Ella. mi eonservi la sua i it -dulgenza, ho Ponore di protestarini eolla piu perfetta stitna. Torino, 28 febbraio 1844. di V. S. Chiar.nia Umil.nio Dev.mo servitore SILVIO PELLICO Chiarissiino Siguore. llo ricevuto con grato aninio il dono ch'Ella gentilmenie ha voluto lariui del suo poetico libretto; la sua lettera cosi indulgente e benevola aumentava il pregio del dono. Ma piu aneora ne sentii il valore leggendo ijue' versi tanto belli di semplieita e d'affetto. Bli perinetta di dirle ch'io li pongo fra le piu care poesie ch'io conosca. V'e un tesoro d'ingegno in rjiiella naturalezza, v'h una potenza rara, il sublime. Alcune anime lo scorg-eranno; forse non le. piu, che vogliono esagerazione, ire, magnilo-que satire. Parmi che avrei potuto immaginare con amore una piccola storia come quella del buon Frate Felice, ma non avrei certo saputo ese-guirla cosi bene, dicendo molto in poco e traendo tanto patetieo, tanta grazia. Bravo! Applaudo di tutto cuore, e Le sono obbligato. AugurandoLe ogni beuedizione, e segnatamente quella rli veder sani e teliti i cari clie La circondano, mi diebiaro di Lei Torino, .9 ar/osto 1847, divot.mo servo SILVIO PELLICd 78 1'AtUNK ISTIUANE Modi Al te attiiimli a coso fli oran nsatl in istria. Alle raccolte tli modi di dire istriani risguardanti il mare che furono publicat.e .su queste Pagine čredo opportuno di aggiuugere quelli che anno attinenza a eose di campagna. Q,uesta volta non mi fu necessario di suddividere il materiale a seconda dei vari luoglii, per il motivo principale che la stragrande maggioranza dei modi di dire di questo genere sono usati generalmente in provincia, cosicche, aveudo voluto prendere in considerazione citta per citta, sarei ineorso in continue ripetizioni. II materiale questa volta 6 anche meno interessante, che la campagna non si presta tanlo quanto il mare a fornire alla parlata dei suoi abitatori termini, modi di dire, trasi eee. Nullameno 6 creduto prezzo deli' opera il presentarc ai lettori la modesta raccolta che sta qui sotto. Essa varra, se non altro, a dimostrare che anehe dai nostri campi da tanti erro-neamente creduti completamente slavi, ci venne non indifferente numero tli frasi prettamente italiane; il nostro popolo vive del mare c dei campi; e anche questi gli tornirono pi'eziosi elementi alla sua parlata alla stessa stregua che il mare con le miriadi di suoi abitatori, coi suoi innumerevoli navigli, con le sue nereggianti procelle, con le sue calme paradisiache! I modi di dire sono suddivisi in tre gruppi; nel primo o elencati quelli derivanti da piante, ti uri e frutti; nel se-condo quelli provenienti da attrezzi rurali e di cantina; nel terzo quelli desunti da aniinali impiegati nell' economia rurale. Non tutti sono usati con la medesima frequenza: certi sono noti solo ai vecchi, ma appunto per questo o creduto opportuno di annotarli, pria che cadano completamente in dimenticanza. Salva r la pa ima per l fighi, saperla accoccare ma anche mettersi al riparo a tempo debito. Comprar col fior i a recia, far un ottimo acquisto. Nasar o magndr la foia, accorgersi a tempo di un trancllo, di una burla. I xe come un pomo spacd in do, dicesi di due persone clie si assomigliano molto, 1'AOINK I STRI AN P" Ad iino che si prej hI e so veri-hi a contideiiza si dice: rib, qunudo 'rcmo magna el sibibo (i fig h i) in bare/ti assiemc? Cresser nntie la grtfuiegna, Ca il paro eol cresser come i, fnnghi1). Ad uho che a la cervice dura si suoi dire: rl xe duro come nn sbco '*) o come uri rdruno. Sicra de eugumero, cera verde comc un cetriuoJo. (larbo rame un limon, molto acerbo. Arer p... su le ortighe, esser di cattivo umore. La n:e andada in semensa, dicesi di una ragazza piuttosto avanti negli anni. Cacei color canepa, capegli gialli come il canape. Bulilo su /a fig)ter a! dicesi ad uno che a 1111 cappelio od altro indumento logoro e Jnalconcio. Andar a viole, dar segni di pazzia. Molar un garofolo, dare un buon pugno. Per avvertire uno che a da attender molto per ottenere q. c. si dice: spela racal che V erba cressi! Tiguir come la rosa al naso, avere molta cura di qualche persona od oggetto. burghene d'ogni erba uu fasso :i), far brnite azioui d'ogni specie. liorere de bosco, persona rozza ed increaiite. Magnar aio, rosicchiarsi dalla bile. Ltmgo come un spareso, dicesi di persona alta e niagra. G a tube de seleno, gambe molto magre. A fanciullo sudicio si usa dire ironicamente: ti xe neto come un gelsoinin! Che sculogna! '), che peee!; si usa anehe 1'aggettivo sca-lognd e la trase portar scalogna. Ksserghe come un spin in P un ocio 5), esser a q. d. d' im-piccio, arrecargli fastidio. 1 A Dignano e Rovigno nfonm. -) Tronco d'albero. :i. Corrisponde ali'altra espressione molto usata farghene piu che 7 castelan o pure, con intonazione piu modernaniente sarcastica farghene piu che 'l ccipelan. 4j Scalogno (Allium ascalonicum). 5) Da 11011 confondersi eol detto pure comunissimo: el sta comc itn pugno in t' un ocio, di cosa che sia esteticamente male adattata ad uifaltva. rAGrlNE ISTUIANE Acer tanto de sns in, a vere una li vid ura. in seguito ad 1111 colpo ricevuto. Conossi> come la betbnega 'j, niolto noto. Mistro de la /ara, d i cosi di un artigiano buono a nulla. No /i trovard gnanca li V na picada! non troverai neppur te la Terra promcssa! Darse la sapa adosso o sni pie, darsi torto coi propri ar-gomenti. Butar el manego drio la manera, non curarsi piii di nulla e lasciarla andare come la vuole. Tata coi manego de la manera, dicesi cli persona fatta alla buona ma rude. Butar so come el versor1), maugiare in fretta e a grandi bocconate. Esser in bisasse o esser in dioghe x), es.ser malandato di salute. Cior pel ses/o 5), beffarsi di uho. A brenle! in gran quantita! Go la testa come un cavecio"), si dice cpiando s' e come intontiti per le troppe chiacchiere. El strensi per la spina el spandi per el cocon1), di persona che fa economia da una par te e scialacqua dali' altra. Serar ta stata co ta raca*) .re scampada, prendere dei provvedimenti quando ormai e troppo tardi. Quando si l iceve molto meno di quanto s' aspettava si esclama: grasso quel dtudio! And ar o essere in raca. alla lettera, esser ammalati di ') Stavili* o tlctonica, una labiata coinuuissiina. s) Aratro. :i) Bisaeee. 4) Doglic. 51 Cesto. «'< Tino. • Coccliiunie della botto. s) Co '! porco fa Pirano). ,J) Tacchino, PAGlNE ISTUIANE is i «giallume» (malattia che uccide i bachi da seta), cioe esser (iacclii, svogliati. El turova o el .ve cdrego come el rnuns, d i porsona che lavora od e carica come un somaro. Come el mus*') fra le brcate oquivalo alla frase come Cristo fra i do ladroni. Dott. Uhmiiiijttlreft Oravisi. KIIE E RITI DEL P0P0L0ISTRIANO. Eccoci arrivati agli indovinelli popolari istriani. In essi oltre a finezza d'ingegno si presenta in modo spociale il carattere, piu volte da me sottolineato, del popolo istriano: un carattere ilare e franco. Non sempre ci si trova di primo acchito 1'intima neces-saria analogia fra la cosa proposta ed il signiticato deli' indo-vinello. Ma dimostrasi anzi poi- cio, nello stile breve. conciso, quasi lapidario, 1'arditezza del confronto, che talora rasenta faccamente il sottinteso aguaiato, non per ispirito di cattiveria, ma per la voglia matta ed inesauribile, che ha 1' Istriano di sgauassarse da vider, pelando le su' breme ridae. Come e donde sono nati questi indovinelli ? »Sono nati dalla salace arguzia degli Istriani, che si estrinseca nelle di-verse oecasioni, in cui le brigate si trovano assieme. Tali sono le conversazioni sni campieli e sulle pubbliclie vie nelle sere estive ed autunnali; le riunioni di famigliari e d'amici attorno i ciocchi ardenti sul focolaio nelle lunghe se-rate. d'invemo ; le veglie funebri, che si fanno nella časa di un morto durante tutta la notte, quando allegramente, in barba al defunto, si mangia, si beve e si ride. E specialmente in tali sveglie, per le quali si radunano uomini, donne, veechi, ') A Dig'nairo sami'r. a Rovig'iin samUr. 82 P A GIN E ISTIMA N K fanciulle, si fanno di quei giuochi che vedemmo oppure si propongono degli indovinelli, che suscitano — specie quegli equi\roci — un chiasso da non si dire. Chi non sa spiegare l'enigma deve depositare un pegnn, per riscattar i I quale dee assoggettarsi a far quollo che gli coraander;i chi gli propose 1' indovinello. E qui nuove risale, perche a rao' d' esempio, ad una fanciulla si comanda di baciare qualche vecchio tabaccoso e catarroso. Io qui riportero piu che cento di questi indovinelli brevi e succosi. Per6 fra questi se ne troveranno circa venticinque dove 1'allusione e poco pulita. Se ne vedranno cioe alcuni pochi, i quali a prima vista sembrano pornografici, non espres-samente, ma perchfe hanno in se un sottinteso o meglio un equivoco sboccato, che lascia pensare a tutt' altro, che non al vero significato. Ma giacche invece proprio nel loro significato questi indovinelli sono innocentissimi, io li riporto, cM altri-nienti non ne farei menzione. E del resto persino i piu puritani devono dire, leggendo anche questi pochi equivoci indovinelli: — Ma quel popolo istriano, che rauciu ! che macia! Quest' avvertenza volli premettere, affinche non si faces-sero dei giudizi teraerari sull'onesta mia e de' miei compatriotti. Insomma: ridiamo! perche mat cnsst sovene, dice il buon po])olo d'Istria. — E vediamo questi benedetti indovinelli. II sratto ed il proseiatt«. 329. Pindolin che pindolava, ovv. Bigolin che [bigolava mostacin che lo vardava ; pindolin ga pindolA, mostacin lo ga beca. Le stelle. 330. Mi go un pra pien de pevere garofolA ; se vien el vescovo con tuta la su' vescovia no ghe ne dago un fifi. 331. ovv. Mi go un pra pien de zenevaro semina ; anche se vien el vescovo con tuto el su' vescova no ghe ne dag'0 un fia. PAGINE ISTlilANE 8;! II flrmamento. 332. Mi conosso un bel campeto v. Mi go un serceto fatto cussi ') con un buseto nel niezzodi, de peluzzi tnto pien, che quando '1 senti conipassion assai de pianzer ghe. vien. II en volu o verzott.o. 338. Vago in credenza e me ciogo '1 cortcl, vago ne l'orto e ghe taio Pusel. 339. mffl. Vago in orto, trovo un ])orco, ciogo un cortel, ghe taio Pusel. L' novo. 340. Mi go un botazzeto: de. sora '1 xe biancheto, in mezzo el xe zaleto, de soto in drio biancheto. 'i E con le dita si fa P atto con eni si mostra una cosa rotonda. 84 PAGlNE ISTlttANE La rocca da fllare. 341. La serva del vecio spissier la sta sul fogoler ; la -se la varda — la se la mira e per un pelo — la se la tira. II fruiiiento. 342. Alto altin, caval de sarasin, piu in alto clie l'andava, umi in ciel no '1 arivava. La castajfiia. 343. Alto el pare, sponzente la mare, nera la fia in panza de sua mare. II iiianicotto (la manissa). 344. La pelosa la go davanti, i me la varda tuti quanti, ogni volta mi ghe meto, un točo de carne dren to. 345. orr. La pelosa la go davanti, la ghe piasi a tuti cjuanti, la ghe piasi a piu de cento, carne nmana ghe va drento. a Buie 34U. orv. Mi go una roba tuta pelosa, e tuti trova un gran contento, a ficarghe le man drento. (la pelliccia.) 11 eatenaccio della porta (11 časa. 347. A la sera — lo meto dentro, a la inatina — lo tiro fora. 348. orr. No vag'0 in leto col cuor contento, se no ghe ne fico tanto drento. 349. ovv. El pievan de san Lorenzo no '1 va a dormir contento, se no '1 ghe ne frača una quarta drento. II bottone. 350. FOndo come l'ocio de colombo, done e omeni lo usa per cazzarlo ne la Imsa. II sole. 351. Vago a messa, vegno a časa, PAU1NK ISTRIANK trovo un vivo in mezo a la časa. La piocrgia. 352. Mi go un cordisiel longo do torra in ciel. 11 soldo. 353. Tondo tondelo tato do rame, e scrito su elo. II pappngallo. 356. Su qucl monte sta Carleto con quel ocio benedeto con la coa verdolina cavalier chi l'indovina. 11 fllllgO. 357. Su quel monte sta Carleto con quel picolo capeleto, e pioveva e nevigava, mai Carleto se bagnava. La neve. 358. Casco de in alto e no me me mazzo, bianca son, nera me fazzo. 359. ovv. Alta dona del palazzo, casco in tera e no me mazzo. La catena del focolaio, la pentola e il fuoco. 360. Dona Agnesa sta distesa ; barba Negron sta a picolon ; barba Rosseto ghe scalda el c...... 361. ovv. Dona Agnesa sta distesa ; Dona Ciara el c.. ghe*bala barba Rosseto ghe scalda el c...... ovv. ghe sbrissa [sul c...... II Iiimiiio da iiotle. 362. In un cantuzzo sta un veciuzzo che, se ciucia el bigoluzzo, i 'AGIN K ISTIIIANE II cardofo ojtp. Ih uespola. 060. Vago in orlo trovo 1111 vecieto, g'hc spelo la barba, ghe inagiio el c...... II rento. 364. S011 talilo sfaciato che snpio per ogni lato, traverso busi e sfesse, ghe alzo i cotoli anche a le coutesse. II cacciatore (o il 1'iilminc). 36"'. Long'o long'ag'na el cori per la canipagna, el cori col togo in boca, guai a chi ghe toča. L'aneIIo. 366. Mi go un bel pignatel, senza fondi e coverciel, che pulito carne '1 tien. II campanaro e la campaiia. 368. Pico picava, Lodovico tirava ; se caseava Pico, povaro Lodovico ! La soccliiii. 361). Ali go una roba che va zo ridendo, e vien su pianzcndo. 370. orr. Mio fradel el va ridendo soso, e siiso el vien pianzendo. snsiiiii. 371. Zalo de drento, turchin de fora, in niezo l'osso clie lo trafora ta cassa (la uiorto. 372. Ohi la ta — la fa per vendi, chi la crouipa — 110 1' adopera chi 1'adopera — 110 la vedi. II grembinle (la Iraversa). 373. Chi piix larga, chi piu streta, chi piu sporca, chi piu neta chi piu longa, chi piu curta, tu te quante la gavemo, PAGIN10 ISTI! I ANK 87 L'HOV«. 374. Mi go una bote senza sercieti con dcut.ro do sorte de boni viueti. II sole. 375. Mi go un albero longo lougagna che '1 catnina per ogni canipagna ; albero no xe: indovina cossa xe. La coperta da letto. 376. Pei de qua — pei de la, pei in eanisela... quanti pei che ga sta vela ! (orr. quanti pei ga tu' sorelaV I deliti. 377. Mi go una scatola de confetini, tuti i xe beli tuti i xe fini, e tuti d'un color ; chi 1' indovina xe un bravo dotor. La bilancia. Mi go un cagnolin che '1 mena la coa de qua o de la, e sernpre '1 dixi la verita. II liune. Siora Marianza de vero la ga la panza e, i budei de boinbaso : a chi 1' indovina ghe dago un baso. Le campane e 11 campanone. Xe tre sorele e un pare le tre sorele žiga tuto el di, e rare xe le volte che žiga el pare. Le mote del carro. Mi go quatro sorelete do davanti e do da dri o, ma quele da drio, poverete, umi quele altre no le ciapara. 379. 380. !' \<>l\l ISTRI AN K (
  • uso che 1111 tesoro el me val. Le iinhi e i legami. 390. Pindoli pilidacoli i pendeva, omini niamacoli i dormiva ; se pindoli pilidacoli 110 i cascava, omini niamacoli i moriva. L'alt are. 391. AI to a Iti 11 lato de piora coverto de lin. Fnnicesco HalMidri. l'A(ilXM JKTUlANE Si) L' ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA (Cont.; vedi i numeri precedenti) N. 15311. Det,to. Come sopra. 1408-1797. Fascieoli 11. 1) C. s. K!, not. e doc. 1500-1797. 2) C. s. 11, not. e doc. 1408-1716. 3) C. s. 2, not. 1604-1690. 4) C. s. 2, doc. del 1684. 5) Detto del 1637. 6) C. s. 2. Indice di libri della sig.a Zoia Pola. 7) C. s. 2, not. del 1731. 8) C. s. 2, not. del 1556. 9) C. s. 4, not. 1664-1715. 10) C. s. 3, not. 1563-1606. 11) C. s. 2, not. 1687-1705. N. 15312. Detto. Come sopra. 1469-1805. Fascicoli 7. 1) C. s. 9, doc. e not. 1639-1707. e) C. s. 2. not. 1469-1621. 3) C. s. 14, not. e doc. 1528-1805. 4) C. s. 9, not. e, doc. 1689-1713. 5) C. s. 36, not. e doc. 1706-1795. 6 C. s. 6, not, e doc. 1646-1736. 7) (J. s. 12, not. o doc. 1624-1711. N. 15313. Detto. Come sopra. 1575-1760. Fascicoli 7. 1) C. s. 24, not. e doc. 1717-1767. 2) C. s. 18, not. e doc. 1629-1754. 3) C. s. 6. Un docnniento del 1733. 5) C. s. 8, not. e doc. 1705-1744. 5) C. s. 5, not. 1715-1760. (i i C. s. 7, not. 1712-1742. 7) C. s. 4, not, 1575-1671. N. 15314. Detto. Come sopra, 1525-1800. Fascicoli 4. 1) C. s. 3, not. 2735-1742. 2) C s. 92, not. e doc. 1575-1800. 3) C. s. 2, not 1525-1765. 4) C. s. 21, not. c doc. 1672-1723. N. 15315. Carte del convento di S. Domenieo di questa citta eontro gli čredi delli q.m Zorzi Rejaz e Zuanne Umor. Fascicolo di c. s. 141, not. e doc, 1528-1790. AT. 15516. Convento di S. Domenieo. Livelli, stime, vendite ecc, 1499-1765. Fascicoli 6. 1) C. s. 41, not. e doc. 1499-1764. 2) C. s. 14, not. e, doc. 1659-1703. 3' C. s. 15, not. e doc. 1699-1765. 4> C. s. 3, not. 1713-1715. 5) C. s. 6, not. 1660-1693. 6 > C. s. 3, not. 1658-1706. N. 1531 7. Detto. Come sopra, 1499-18055. Fascicoli 5. 1) C. s. 21, not. e doc. 1699-1707. 2) C. s. 49, not. c doc. 1694-1771. 3) C. s. 22, not. e doc. 1696-1803. 4) C. s. 4, not. 1499-1723. 5) C. s. 17, not. e doc. 1714-1746. N. 15518. Detto. Come sopra. 1678-1803. Fascicoli 7. 1) C. s. 40, not. e doc, 1678-1803. 2) C. s. 5, not. 1749-1797. 3) C. s. 3, not. 1719-1723. 4) C. s. 3, not. 1713-1725. 5) C. s. 13, not. e doc. 1702-1773. 6) C. s. 19, not, e doc. 1749-1758. 7) C. s. 2, not. 1713-1749. N. 15319. Detto. Come sopra. 1567-1788. Fascicoli 6. 1) C. s. 16, not. e doc. 1746-1762. 2) C. s. 20, not. e doc. 1567-1769. 3) C. s. 12, not. e doc. 1735-1788. 4) C. s. 3, not. 1713-1766. 5) C. s. 3, not. e doc. 1712-1766. 6) C. s. 2, not. 1713-1766. PAGINL IST1UAIS K N. 1320. Detto. Come sopra. 1699-1766. Fascicoli 8. 1) C. (!, cainara fiscal Elemosina. 1722. 21 Testainento e. codicilli di Pietro Gavardo c. s. 26 piii 2 a stampa. 1755-1766. 3) Testainento di Vittoria Pellegrini 1748. 4) C. s. 7. Testamento delP 111. Sig. Agostino Vida. 1706-1708. 5) Testainento c s. 2. 1702. 6) Testainento 1727 e. s. 2. 7) Testainento Brancaleon, a stampa, 1699-1752. 8) C. s. 12, not. e doe. 1700-1762. N. 1321. Detto. Come sopra. 1660-1805. Faseicoli 7. 11 Livello obligato al vitalizio Vitaliani. C. s. 18, not. e doc. 1713-1759. 2) Cartoneino che dovrebbe eontenere le relative carte, che piu non ci sono; c'e bensl la segmente anno-tazione : Nicolo Molinaro non paga piu, perche si teče soldato e fuggi dal Paese nel 1741. 3) Livelli obbligati ali' anniversario Vitaliani. C. s. 14, not. e doc. 1660-1713. 4) Livello Benedetto Lonzar ab maiis. Bianconi. C. s. 2, not. e doc. 1699-1746. 5) Livello Franc. Nicolini. Capit. Mans. Bianconi. C. s. 4, not. e doc. 1695-1794. 6) Livelli Mans. Bianconi. C. s. 13, not. e doc. 1671-1798. 7) Detto. C. s. 30, not. e doc. 1692-1305. K. 1322. Detto. Come sopra. 1658-1800. Fascicoli 6. 1) C. s. 5, not. e doc. 1658-1703. 2) Istr. livello Pietro Pinguentin 1708. 3) C. s. 9, not. o doc. 1740-1789. 4) C. s. 8, not. e doc. 1740-1793. 5) C. s. 7, not. e doc. 1746-1800. 6) Carte, risguar-danti il livello Vuch di Gason. Fasc. di c. s. 84, not. e doc. 1708-1800. N. 1323. Detto. Come sopra. 1604-1794. Fascicoli 6. 1) C. s. 43, not. e doc. 1638-1753. 2) C. s. 40, not. e doc. 1604-J716. Livelli riguardanti 2 porzioni di časa in Pirano in eontra del Borgo. 3; Livello Co. Gius. del Taeco 1756 . 4j C. s. 10, not. e doc. 1740-1767. 5) C. s. 5, not. e doc. 1735-1794. (i) Carte relative i pagamenti al fondaco per 1' introduzione dei For-menti alli Monasteri. C. s. 50 piu 2 a stampa. Not. e doe. 1764-1792. N. 1324. Detto. Come sopra. 1467-1802. Fascicoli 6. 1) C. s. 6, not. e. doc. 1648-1801. 2) C. s. 13, not. e doc. 1676-1724. 3) C. s. 8, not. e doc. 1714-1802. 4) C. s. 24, not. e doc. 1467-1729. 5) C. s. 4, not. e doc. 1744-1783. 6) C. s. 13, not. e doc. 1698-1775. N. 1325. Detto. Come sopra. 1412-1805. Fascicoli 3- 1) C. s. 48, not. e doc. 1559-1805. 2) C. s. 18, not. e doc. 1412-1799. 3) C. s. 22, not. e doc. 1545-1725. N. 1326. Detto. Come sopra. 1404-1751. Fascicoli 3. 1) C. s. 16, not. e doc. 1605-1751. 2; Carte apparte-nenti alla soppressione del con ven to ed obblighi di Messe. C. s. 33, not. e, doc. 1443-1(41. 3) Testamenti sodisfatti o rinunciati. C. s. 35, not. e doc. 1404-1724. N. 1327. Detto. 1768-1799. Fascicoli 2. 1) Carte per la depennazione dei Capitali censuari PAGlNE ISTRI AN K lil affrancabili dalle Redeeime. C. s. piu una stampa. 1778-1791). •21 Deeimazion do. beni e de livelli. C. s. 81 piu 18 a stampa. 1768-1779. In fine si trova un fascieoletto di e. .'i, eontenente la diminuzione di messe della Sacristia fatta 1' anno 1778. N. 1 .'528. Delto. Conti della vestiaria. 1659-1731. Faseieoli 2. 1) Oarte appartenenti al ritorno dei Padri dopo la soppressione dol c.onvento avvenuta nel 1658. C. s. 57. 1659-1699. 2) Detto. C. s. 71, not. e doc. 1699-1731. N. 1329. Detto. 1 (>90-1802. Ordinationes et acta Capitulorum Cono'regationis 1>. lacobi Salo-monis. Cartoncino con c. s. 159. N. 1330. Detto. Decreti, terminazioni, Ordini eec. 1625-1799. Faseieoli 3. 1) Carte 49, la maggior parto a stampa dal 1625 al 1791. Notizie dal 1333. 2) Carte 111, parte a stampa e parte seritte. 3) Carte 38, parte seritte e parte a stampa. 1754-1787. N. 1331. Detto. Lettere e ordinazioni dei R.ini maestri del-1' ordine. Indulgenze. Lettere dei Padri generali. 1453-1775. Faseieoli 3. 1) Lettere e ordinazioni c. s. II, doc. e not. 1453-1684. 2) Indutgenza del veseovo di Capodistria Ant. Maria Iloro-meo. 1717. 3i Lettere dei Padri generali carte 131, la maggior parte a stampa. 1640-1775. N. 1332. Detto. Carte riguardanti la sepoltura dei morti. 1567-1777. Faseieoli 5. 1) C. s. 53, not. e doc. 1567-1750. 2) C. s. 62, not. e doc. 1625-1743. 3j C. s. 94, not. e doc. 1724-1776. 4) C. s. 99, not. e doc. 1733-1755. 5) Carte 34. delle qnali una a stauipa. Not. 1750-1777. iN. 1333. Detto. Carte che riguardano i Priori. 1469-1779. Faseieoli 3. 1) Priorati dal 1469 al 1714. C. s. 5, piu una coi nomi dei priori dal 1469 aT 1656 . 2) Scrutinij dei priori. 1692-1774 c. s. 56. 3) C. s. 16. Elezioni di priori. 1716-1747. N. 1334. Detto. Carte riguardanti questioni insorte fra i Cano-niei e i Padri di »S. Donienieo per la proeessione del Rosario e Corpus Domini, tln fascicolo di c. s. 66. Not. c doc. 1644-1726. N. 1335. Detto. Carte riguardanti le legna e il sale per il con-vento. 1407-1762. Faseieoli 6. 1) C. s. 83. Saline del Convento. Not. e doc. 1436-1721. 2) Legne della Bastia. C. s. 18, not. e doc. 1716-1762. 3) Lega to di Chergriem di Roxarollo di un' orna di vino e di 2 libre d' olio. C. s. 27, not. e doc. 1407-1716. 4) Legato Borisi c. s. 3, not. e doc. 1624. 5) C. s. 24. Riduziooe di messe. Not. e doc. 1488-1716. 6) Processo verbale del 1806 riguardante i suggelli apposti sopra gli effetti della religiosa famiglia di S. Domenieo. C. s. 10, piu 3 posteriori. 1'AUINF lS'i'klA\I' N. 1336. Detto. Fabrica del Convento, del Coro, cimituro, banehi di chiesa e campane. 1534-1775. Fascicoli 4. 1) Fabrica della Chiesa. C. s. 61, not. e doc. 1534-1694. 2) Fabrica del Convento. C., s. 30, not. e doc 1683-1739. 3) Introito ed esito della fabrica del coro. C. s. 43. 1725. 4) Coro, cemeterio, banehi di chiesa e campane. C. s. 29. 1677 1775. N. 1337. Detto. FacoM del Convento. 1436-1802. Fascicoli 4. 1) C. s. 62, not. e doc. 1436-1798. 2) Cessioni di Com-missarie, note di Religiosi, d' argeuterie e altre Commissioni publiche. C. s. 70, not. e doc. 1767-1785. 3) Locazioni. C. s. 90, not. e doc. 1730-1802. 4) Asse deli' intiera facoltA del convento nel 1802. C. s. 16, not. e doc. 1681-1801. N. 1338. Detto. Fitti dei beni e delle čase. Fascicolo di formato grande di e. s. 9 con indice. N. 1338 a) Detto. Libro Cassa. Libro di formato grande, legato in cartoncino rivestito di perga-mena, di carte 262. Manca il cartone superiore. Aggiuute al libro vi sono 2 carte seiolte segnate coi n.i 244 e 249 ed una non nu-merata, appartenenti probabilmente ad altro libro. N. 1339. Asse della facolta del Convento di S. Domenico nel 1802. Fascicolo di formato grande, di c. s. 13. N. 1340. Stato attivo e passivo del Convento di 8. Domenico dal 10 giugno al 31 ottobre 1806. Fascicoli 5 di carte complessive 73. N. 1341. Carte relative a debiti e crediti insinuate in oecasione della soppressione del Convento di S. Domenico. 1800-1809. C. s. 112. N. 1342. Monastero di S. Chiara. Istrumenti 1458-1748. Libro legato in cartone, senza schiena, con indice degli istrumenti. C. s. 221. N. 1343. Detto. Come sopra. 1514-1666. Libro legato in pergamena, manca di un cartone, ha carte nu-merate 148 con indice. Gli istrumenti non sono ordinati cronolo-gicamente. Covlinva) Prof. F. Major. PAG IN K ISTIM AN K BIBLIOGRAFIA (»iorsio Bernardini, Sebastiano del 1'iombo. — Borgamo, I«(itulo italiano d'arti gratiche. editore - La seric di monografie illustrate: Pittori, scultori, architeUi, flic pubblica 1'Istitiito d'arti grafiche di Bergamo, sotto la direzione di Diego Angeli, s'e arricchita d'un nuovo vohune su Sebastiano del Pioinbo. Esso ei giunge a pochi mesi di distanza da un'altra monografla, edita a Koma dalla tipogralia dell'-4rf(\ in cui Pietro Acchiardi illustra ampianiente lo stesso pittore. (Juesta di Giorgio Bernardini consta di 142 pagine, fra cui (il di testo, inframmezzato da parecchie illustrazioni, e 70 di tavole riproduceuti quasi tutte le pitture, ordinariamente riconosciute di frh Sebastiano, quelle a lui attribuite, ed alcune copie di opere sue. Tutte (jueste illustrazioni sono d'una nitidezza ed elegauza, quale siamo ormai avvezzi a ritrovare in tutte le pubblicazioni illustrate della Časa editrice di Berganio. Se, si cerca invauo qualsiasi degli affreschi, clic 1'ra Sebastiano trasse dalle Metamorfosi d'Ovidio ed esegui alla Far-vesina di Agostino Chlgi, il ricco banehiere sienese con cui era venuto a Koma, si sa che la colpa non e deli1 Autore, ma dell'attuale proprie-lario di quei dipinti, che non ne perinette 1 n riprodnzione. Nel testo l'A. espone la vita del suo ar tista, ne deserive in ordiue cronologico ed illustra le opere senza quclP apparato di frasi fatte, che in fondo sono altrettanto inconcludenti, quanto pretenziose. Cose nuovo veraniente egli non dice; nessuno studio, nessuna ricerea d'archivio ac-eresce od illustra le magre notizie, che si sapevano intorno alla vita ed alle opere di Sebastiano del 1'ioinbo. Ne si puo dire che la critica sia di difficilo contentatura. Studia si PA. i caratteri della pittura di fra Sebastiano, cerca di stabilirne il valore, ma nel suo osame si ferma quasi sempre a certe particolarita esterne risguardanti il disegno, la modella-zione od il colore; quasi mai accenna alla visione inspiratrice delParte sua, od al modo in cui si sforza d'interpretarla. Per lui Sebastiano del Pioinbo e dappriina il discepolo di Giorgione, poi subisce P intlusso di Raff&ello, ed inhne e Pimitatore devoto di Michelangelo, ma non indaga ili quali elementi si componga P arte sua, qual pošto egli occupi nello svolgimento della pittura italiana, se e quali intlussi abbia osercitato intorno a se. L'A. cita piu volte il Cicerone di .lacopo Burckhardt nelP odizione VIII, mentre gia fin dal 1904 e uscita Pedizione IX, e eade quindi in alcune inesatezze. Cosi P attribuzione deli' Incredulita di Tommaso, in s. Nicolo a Treviso, al Lotto 6 tolta nell'edizione IX, o di quel quadro non si fa piu menzione. Della Morte di Adone (Firenze, Uftizi) non si dice piu che le forme ricordano il Palma, ma Michelangelo 11. Burckhardt, Der Cicerone - Leip-pzig, E. A. Seemann 1904 pag. 874 a.) Che nel Cicerone non ci sia piu traccia di dubbio intorno ali'attribuzione della cosi detta Fornarina degli Ufflzi a Raffaello non mi pare (Cicerone pag. 809, d). Ne si dice piu ehe la Fla/jeltazione del Museo comunaie di Viterbo sia una copia di quella in s. Pietro in Montorio, ma una roplica di mano deH'autoro (Cicorone p. 87-1, f.) II ritratto di g-iovane in pelliccia, esposto da alcuni amii agli Uffizi, a giudizio del Ckerone, sarebbe ingiustamente attribuito a fra Se-bastiano, ma s' avvicinerebbe assai piii alla maniera del Lotto e del I,i-cinio; la data poi sarebbe non il 1514, ma il 1512. A proposito del ritratto di Caterina Sforza non 6 detto che un altro, quasi eguale, si trova nella collezioue del barone de Schlichting sotto il noiue di Caterina Colonva, riprodotto in Len Ari.s-, N. 62 p. 18. Ne alcun cenno e fatto dol ritratto d'un patrizio veneziano posseduto dal signor It. H. Benson di Loudra. Infine osservero che i dne cognomi a pag. 28, nota, «Consolani» e »Obenzi-ner» vauno corretti in «Consolati» e «Oberziner.» m. T. Zanardelli, T nomi di animali nella toponomastica emiliana. In »Appunti lessicali e toponomastici« VI puntata. Bologna 1907, pp. 59. E' un lavoro fatto con moli,a pazieuza e interessantissimo, specie per la sua novita. E' a dirittura sorprendente il nuinero delle localita emiliane denominate da animali. Molti nomi ricordano la nostra Istria, p. e. : Camiola, Cervdra, Colombaro, Ornem, Ptizzole, Volpara ecc. («. htgiustizia. Canto ntorico ntoda le. (Jiiisoppina Martinuzzi. L'Autrice o un' anima buona e gentile : i suoi versi ispirati mostrano riccliezza d' imniagini e qua e la arrivand a vera altezza lirica ; 1' espros-sione 6 calda e sincera. Essa dice : «a (juanti patirono ingiustizie geni riviventi nella storia od oscuri lavoratori sia omaggio il mio canto.» Oh ! se 1' omaggio doi canti valesso a canceilare le ingiustizie del mondo, come sarebbe bollo il cantare specialmente por chi abbia 1' ostro o la lantasia dimostrata dali' A. Si de ve in ogni modo esserle grati, perchfc ci regalo doi bei versi 0 ispirata da! suo nobile cuore sciolse 1111 canto innoggiante alle moderno idealitft della pace o della giustizia uinana, M. Alpi Uinlie, A. XIII. Marzo-Aprile 1908. Trieste. Questa volta la simpatica rivista triestina usci vesti ta a fes ta, in occasione del XXV anniversario della «Societ,a alpina delle Giulio» di cui essa e organo. II nostro Cobol vi fa la storia del benemerito sodalizio, attraverso 1 venticiiKjue anni di attivita sociale ; mandarono autograti e lavori le persono piii spiceato deli'alpinismo italiano : il De Amicis (poehi giorni prima della morto), il Liov, Guido Rov. il Brunialti, il Taramelli e molti altri. Ci piace riportaro 1111 brano deli' articolo inviato dal dott. Vittorio lJouchetti .di Milano : «L' alpinismo o osorcizio di lnuscoli o ginnasfrica dol coraggio e doli' ordine ; d'accordo ! E bon vongano pure, come maiiitostazioni indi-viduali, lo aseousioni arrischiate ed acrobaticho, «L' alpinismo deve essere popolarizzato ; d' accordo ! ben vengano per cio le gite sociali, lo carovnno scolasticho, o, so si vuolo, anche le. oamvano operaie. »•Ma non dimentk-hiamo, che lo scliizzo goologico del Gran Corvino di Giordano, la raccolta fotograflca di Vittorio Sella, il libro di Mosso PAGINE ISTI! I AN E «Fisiologia deli' uotnn sulic Alpi», la car ta del Rinvcnzori di Luigi di Savoia rimangono pur sempre le vere glorie e degne e inaggiori di uu Club Alpiuo. Altro che il «record» dei metri di corda percorsi senza locear roccia !» II bel vohune e adoruo di parecchie iucisioui, fra le tjuali una fotografia di Edmondo De Amicis con dediča autografa. G. NOSIZIL t PUBBLSCAZiONI. -S- Nel N.o i! della « Rassegna contemporanea» di Roma il nostro eoniprovinciale Dott. G. Lazzarini puhlica un articolo su Le ferrovie dcdniatr. # Nel maržo p. d. furono scopcrti a Val Madonna silil' Isola di Brioni Grande i res ti d' una basiliea bizantina del secolo VI; e nella stessa epoca a Pola (Via Metastasio) i resti di una villa rustica romana. # In occasione del XXV anniversario della fondazione della be-nemerita Sncieta alpina delle Giulie si tenne a Trieste addi 30 maržo, nella Sala della Societa Filarmonico Drammatica una solenne adunanza. •S Topoiiomastiea. Crediamo opportuno riportare 1' «ordine del giorno» proposto dal prof. F. Al utoni di Udine alla line di una sua reiazione presentata al Congresso geografico italiano di Venezia (Mag-gio 1907): «11 VI Congresso geografico italiano, udita la reiazione circa i criteri e intendimenti cui dovrebbero uniformarsi i geografi nelie rieerche toponomastiche ; preoccupato della mancanza di un indirizzo uniforme e di un metodo rigorosarnente scientitico in buona parte dei nostri studi ; aiferma la necessita che tjuanti fanno professione di geografi in ogni ordine di ricerche mirino sempre alla suprema tinalita geografica cosi nel metodo come negli scopi; fa voti che gli studi toponomastici siano da essi coltivati o colla propria preparazione glottologica necessaria, o altrimenti, coll' indispensabile aiuto di glottologi, studiando di ricavarne solo quanto abbia valore ed interesse geografico, lasciando ad al tre discipline I' indagine di elementi estranei alla geogralia». # Vennero publicati i Sonetti istriani del nostro chiarissimo colla-boratore prof. (iiovauni Quarantotto. Ne riparleremo. # Nel fascicolo di gennaio-febbraio 1908 Ateneo Ve,neto, 1'e- ) gregio Prof. Ettore De Toni fa una estesa recensione della carta del Lito-rale del prof, Stenta, della quale fu discorso nel N. 10, 1907, del nostro { giornale, 91) 1'AGINK ISTK1ANK W Nell'aduuauza generale , davauti uiio seeltissimo pubblico, la sua conferenaa dal titolo : Le vibrazioui della lirica, v Nella localila Salvella presso Cittanova ai primi di aprile, dis-sodaudo un pezzo di terreno, vennero scoporti dei resti appartenenli a soldati romani ; iuoltre un lacrimatorio e due mouete. di cui una portanle 1' effigie e la scritta deli' iinperatore Domiziano. # Addi 1« aprile ha iniziato le. sue publicazioni la rivista biselti-manale illustrata Trientr liiteruria. Si stampa nella nostra citta, coi tipi del Priora. I'n;t.i\,\'j Tlssari cilitore e redattore responsabilo. Štab. Tip. Carlo Priora, Capodistria.