•* L A C O N E c vero RISTRETTO PO- LIT1CO Doue fuccintamente s’in- fegna il modo di ben gouetnarc j 6t amroiniftrare un Stato GiU fr ima Conlagratoin lingua Latina alla Ca- tholica Maefti di CARLO TERZO Ora tradotto dali’ifteflb Autorc, e dedicato, ail’ A L TE Z Z A SE\E KISSIMA dd° IntcittiJJimo PR ENCIPE EUGENIO diSAVOIA, Campionc gloriofiffimo dcll’Augu- Miffima Cafa d’ Auftria contro la Fran da. Raeco/to per Opera Ji Francesco Albirto Pelzhoffer, Del Sac. Rom, Imp. Barone di Scho..aa, dec. &C. ___ Permijfte Superiorum, Imbiama Appreffo Gi^Gorgio M*yr 701^ /y/š>- ©O©©OS90O©SQSO©OeSI SERENISSIMO PRENC1PE. Juerei da fcru Vere cofegravi, _| econgiuftnia,e coli uerita deile fempre piugloriofe s & impareg- grabiliprerogatiue , epro- dez,&e d* V. J. SeveniJJi - maad onta del F ijlejja in- nidia $ mapercbe la TA¬ MA inuiaiofa de 1 miei grandi 3 e giujli dijjegni , ba moluto prima di me Con le fue 'velocijfime ali X * fi'- frenare U corfo aBa mi a farna: mi conmenpk - gare il geni o alla vi o!en? di quefla gran Ban¬ di trke , che r ha ref o ti Jpmiglian&a non giti del Trciano , ma Aunriaco Ca tiipione fuperJEthera notum. Si cB ella bti giti , pr opal ato nel AAondo tutto legrande&&e della Seremjfima Cafa di V,A, non inferiore a d ogjf al- tra , c per il uanto , e me- moria di cinque Ponti- Jicati , e piti Imperij , che giti ebbe , oltre una contimtdtaferie dtglorio • Ji Eroi , e Regnanti do- iati cC incompdrdbil ua- lofe , Pietd, e Religione , f qudli per lo fpatio ben di mille , epih annihan- no conferuato fempreund pura , e legitima defien- den&a , mai uitiata , ne interrotta con T accrefci- mento del loro St at o, e Dominio. So anche , d? ejja F A M A venuta h 'particularm&are leglcrie de fuoi Jntenati , or a piu , che mai fci fentire rimbombante , e fonora X; «* in publicdre quelle del'P A. V. la quale prima dl addcflrarji mlParrm ,hd moluio feguire le pedate della Virtu , le dijcipli* ne della Pietd , della Re- ligion e , e della (apien&a Politica. Ellafattaguer- riera merito [ubito il ti - tulo gloriojijfimo di Pan - nonico marte nelP On - gberia , Bojna , a%lia d? illuminare tpiU €aliginoji intelktti& unagfan copiacTEroicht imprefe , sanndcrefe- eonda / ijlejfa fimliici degt ingegni. Si , [eri- uero j e tanimo, del mio fcriuere fard la f,viuacijji - tna Viri a delt operare di V. A. In quejlo mio Lacone o Rifirctto Politi - corimirerd ellao Grand? Erbe t imaginedifeJieJJd . Ogni fua attione , ogni prerogatiua , & ogniglo- ria rri ha feruito di bel- la , e JpecialiJJima Idea per perhenformarlo , la Vir* ta delianimo , lefegna* late doti del corpo , /’ affiujjo difonunafemprt benigna , f la beneditio* ne del delo piu , che in ogn altro h merauiglia fi trouano nell\ A. V,*, facendola unmiracolode noftrifecoli , hanno fatto fare mir atoli alla mia penna. 11 buongouerno dellifuoi Serenijjimi Prc * genitori , m bU juggtrho il modo dmjinuare le Repole per ben vouemare o L o m St ato. Ella Jiejfa m ad - ddditb i fojlcgni pet gerlo con la Religione , Giuftitia , e co# Confeglio , c0eO5Q©S63OSQ DELLA POLITICA, E SUOI AMMINISTRATORI. C A TUT I. L A Poiitica e una fcienza, chc infegna i mezzi di ben’ fon- dare, conleruare,& accre- fcerc io Stato d’ una Rcpublica. Moki con altro notne la chia- manoRagion’ di Stato. Quefta la rende loggetta a mol- ti errori, c tnaluaggita fccondo cke la natura degl’ huomini 5 č corrotta, odeprauata. Alcuni empi, c fenza fedela le- parano totalnicnte dalla legge diuina. ba T utto quello pero, che fi rag- giraj e fi opeta nc.Ha natura deli’ A Huomoj H Deliči Politicci f Huomo, nella Politica, ne i Re- gni, e nell’ imperi, tutto e fub- ti ordinato alla legge di Dio. n Chi non ha quefta per Cinofu- r ra 3 non troua il fentiero di giun- r gere a quell’ ultjmo fine,, che. e la. i vita eterna.. f Ariftotele nella moral’ Filofo- jfia tien’ per alTordo, che le cofe l divine reltino lignoreggiate, dali’ < umane. t Poiehe, fi corne la virtu della [ Prudenza non e fuperiore alla fa- pienza, ma quefta aquella; Cosi s la Re^ion’ di Stato 5 e qnal fi fia ] facolta civile, ubit ha 1’ impero. ' fopra la lege duiina ; ma. bensi 1 quefta ha fopra di quellail princi-- ' pal’ dominio. Chi difunifce laRagion’ di Sta- to da quella>che e propria di Dio; edi ncceflitache confdli,&afFen mi j appartenerfi auella al detno- nio ; perche tradi loro non fi da mezzo. Non. e fuoi Amrnin!firittorr. J Non deuonfi le dottrine eftrat- te dalle fquole d' epicuro c del macchiauello confonderli, fra- mifchiarfi con 1’ inuiolabili afo- riHni della Politica; perchequefti len’ ueri, c quelli fon’ uam fo- fifmi,. Tanto e difTcrente una peruer- la Ragion’ di Stato della Politica E lo fu la voce di Giacobbe finta mano d’ Efau, che in- gannd illuechio Patriarca Ilacco. Quellapare, che abbia fembi- anza di bene ; ma la frode tanto piii e pericolola, quanto meno ii terne ; particolarmentc quando la Virtu non apprefla i lumi per ben’ cognofccrla.. Neflana fcienza, nefllm’ arte d piii eccellcnte, e piii needfaru alPuman? Generc, quanto c laPo- liiicai regplata. dal Cielo. Se qudla non s’ appiglia alla i e gge ai quefta; ndTuna cola po- , ‘ A z tri 4 Ds/fa Politiea, tra darfi nel mondo piu cmpia,e q piti peruerfa di efla. ni ladjo, e la natura diedero il fondamentoalla Politiea. lddio:Pereheogniumanopo- F terc depende da Dio , eflendo fc <]uello legato, e coftrctto alla c Giuftiza, e leggc fuperna. ii La natura: Percnž quefta con a S ete n za interna fi trafporta T : communicationi Ciuili, le epali fen za la Politiea non haa’ luffiftenza veruna. Chi diuide la Politiea dalla Re* ligione, come a’ elfa incompati- kile; permette, che la Republica c fin una iquok di fceleraggini. < Tutto quello> che anno i Re- i gnanti, 1’ ottengono da Dio ; 1 ciod la Potefta, il Regno,le vit« i torie,la Pace,8cc. < Pero ren dino gratie č qucl’ da- tor’ d’ ogni bene, che ha potefta e di dare, e di toire : perche lui ž guello» e fuoi AttHnhSJiratori. _ f i* qucllo, ehe concedeiR.egni,li- modera, li toglie,e in altri Ti tras- il ferifce. Abomina il mondo il nomc di >- Politico, comc la Pietra dello o fcandalo, etutto qucllo, che fi a coinmettedi male,o fi opera con- inganno, giudicano nialamente ti alcuni, che tutto fi faccia con artc a Politica. s Ma non tutti pero fan’ diftin- guerc la Politica da una peruer- iaR agion’di Stato, ne un’Huomo ■ Politico da un’maluaggioftatifta» Non merita ilnomediPoliti- t coColui, chefolamentefapra ac- comodarfi a! tempo, &alP urno- . re dclle Perfone, con far’ fem- , biante di non uedere, con finge- re, con mgannare t con appanre ad ogn’ ora a guifa di vertunno, c finalmente con lo fchernire an- cora tal’ uoita i dogmi delia fiu grolantt Religione: Perche que* A 3 fto 6 TieUa Polrtictl) fto c Ognila di cjiicH’ Animale, che viue c in terra, e in acqua j d per dirhneglio, un Anphibio mo- ftrod’Iniquita. Sono di malunggia natura quei Fo-itici, che . 1 ReggimentOj & alpublico offizio uniicono 1’arti fofr>ette,lefceler 2 ggini,c le frodi. Anco fra i contrafti de iuitij, gl’ Huominilaggi e prudenti fan’ conferuare una fedc incorrotta» una farna inuiolata. II vero Politico,prefa 1’ etimo¬ logih dalnomegreco, nondaltri, che quell’ Huomo Ciuile, d Cit- tadino, che dimoftra prontezza in porgere e follieuoj c configlio allaKepublica. L’ Huoino Politicodeueauere aucfti attnbuti : Ingegno, arte, & ciperienza. Sia accorto, mh ienza maiitia , magnanimo, rna fc nza fuperbiaj Giufto,ma fen- ra le ve rita; Autorcvole m h fen- za arroganza j Vegliantc neli' attio- ai c u d r z d d c 3 » ] 1 e fuot AtumintJlrMiri. J attioni, m£ non frettolofo ncll* efecutioni; c dcue mu tofto pro- ucdere altrui interem chc a quelli di le medefimo. Incontra quefti quattro fcogli nell’ operare: il faftidio, il dtfprc- jo !ofdegno,e latroppa preftezza« dal chenefuccede,che rifoluen- do con tali regole, enormej in- ciampa, e non fi dimoftra vero Politico. A’voler chc uno fia vero Po!i- tico,bifogna, chc prima fia buon Eticoj cioč bene addotrinato nclla morali’ Filofofia. AgPHuomini giufti,e ben’fon- ■dati in tale fčienza affifte fingo- larmente iddio,tanto nc intgo- tij Publici, che Politici. Quellabonta morale nclla du- ratione e fuperiore alla mira,&all‘ aloč; mentrc rendeuno Statifta incorructibile auanti il cofpetto di Dio, e degl’ Huomini, si in vita, comc in mortc. A 4 II 8 D tihi Volitict) II Politico, chc non ha i! pen. fiero intcnto af‘c cofe priuatc, j maidiftoglielarrentcdallaRepu. t bi camalemprefcrmojecoftantc \ perfifte nell’ iftclfi Principij dd i giufto, e dclfoncfto, e di qualun- quc caufa uniuerfale. Onde non ha egli colpaveru- na, fe non manifcfta il fuo fenti- rccnto; perche quantunque non lo fpieghi, bafta, chc operi lecon- do richiede la vera Giuftitia. In tal’ guifa deue feruirfi deli’ accortezza, e fimulatione, che la verita, e i’ Innocenza non troui- no in efio mancamento veruno> che gli fia di nocumento> & di- ipiaeere. Scmpre gioua la virtu al Poli- ticoj 6 fia trauagliato, 6 fia fauo- riro dalla Fortuna; perchd nclle cofecontrarie fireaaera riguar- deuole con la conftanza, e nclle fauoreuofi con la modeftia. efuoi A mm imjlfstori. 9 L’ ifteffafagra fcrittura dhiama famofi, e celebri quei Politici, ches’ appigliano a i configli con- faggio intcndirnento, e con la fodezza di queili attendoao al buon’gouerno dc i Popoli,dan- do ad du le cognitioni necefiaric al baon’ fcruizio deila Republica. Ma fi come fin’ adora e ftato difficile il fbrmarc qualcheRepu- blica lecondo lc regclc di Plato¬ ne ; qualclie oratorc, fecondo Ii mente di Ciccrone; 6 vero qual- che Capitano d’efercito fccondo 1’ infeguamenti di Zcnofbnte : Cosi a pena meno £ difficile il ri- trouare un’ Huorno flatifta, che abbia perfettamente apprefa la teonca, e la pratica dclla" fapienza cuule. Q.uefti fon’ certi Uccclli (fia detto con buona pace di tutti) che di rado annidano ne inoftri. Pacfi. A / Quanto 10 D eliti Polifisa, Qiunto pui qualcheduno ar- riua a confcguir maggior’ gra- tio di dignita neiia Repubiica, tanto prn umi e, c reuerente dcuc ir.odrarfi in onorare Iddio : & aVora deuc ben’ ponderare le cofe, cbe poflon’ feguire, Unaretta cura c ii fondamen- to d’ ogni Ammimftratione Ci- uile» aiia quale appoggiata la Rcpublica,ereputata buona; fenza di efla' e cattiua, e difordi- nata. Tutte le cofe accaderanno fe- lici aquella Repubiica, che ado- ra, c venera il vero Iddio. In quelle Republice, doue nen č il vero tirnor’ di Dio,c di necel- lita che vi (yno graviffimc crudeb ta de i v-tagiftrativerfo dc fudd;ti, 6 gran’ 1'cditioni de fudditi tra di Loro ; 6 fieriffime guerre di Ne¬ miri ftraniericontro 1’ lftdfe Re¬ publice; t fuoi Amminifirutori. I T publice ; 6 pure ipellifime volte tutti quefti dilturbi unitiaffieme. La lalute di tutti in una Repu- blica bene ordinata e la legge fuprema. Le buone Lcggi fono il neruo della Republica : ma 1’ Ingiufti- zia, & una frenata Licema fono letempefte piii pericolofe, che el la poda (bfFrire. E nieglio, che unaRepublica: fiacommunemente telice, ficura, e ricca, piii che Cialčuni,e Priva- ti: Poiche eflendo quella telice, ancora qucfti fi conleruanotalir mi, quefti bcari, e quella infel.ce; P una, e 1’ altri pericolano. La Plebe opprefTa, e ipogliata dc ibcni, favenale leftefla, efa- cilimente : ancor’ la Republica. E miferabikllima quel!a Re¬ publica, che non pud foflrire ne pace, ne guerra. A 6 Tre 1 4 Deliti Politica , Tre cofe conculcorno la Ro¬ mana Republica cioč: 11 proprio coramodo , il giouenil Confi- glio, e 1’odio celato. Lc Republice 1’ atterra ia dap- pochaggine, le la riforgere la fa- tiga, c ’1 rrauaglio. Due cole rendono venerabile laRepublica: Laforza eftern.i,e Tunione domcftica: Cioč d va- lorecontro i Nemiciftranieri, cd i fcambicuoli , e pronti ajuh de i Cittadini tra di !oro. L’anima dello Statto popola- rc e iaproportionctra i Cittadi¬ ni ; c lecondo la conditione di Ciafcheduno ladiftributionc de- gPonori, dei gradi, c dci luoghi. Quefto deue appartenerfi alla diuerlita delle Patri nella Repu¬ blica, cioe,unacertagiuftaino- derationc tradi loro j accio una Parte non opprima, c lia piii po¬ lente deli’ Altra : Quefto č un' addolcimcnto, che ta si, chc tut- ti e fuoi Ammimjlratori.. 13 ti reftinoconrcati di qucllo Sta¬ lo , in che (i trouano !e lor cofe. Sinegaalle Rcpublice 1 ’efTere lungo tempo ampliflimc: Anco- ra cjucfte, co.ne 1’altre cofe dcuo- no auere il loro termine. II do- mimo Romano per la vaftita qua- fi uguaiiato alli Dei, allora venne meno,quando fu troppo grande. Le Rcpublice troppo grandt foggiacciono alia propria hberta, fe qucfta fara cccedcnte. Mai arriuino urit’ oltre, chc per la troppa grandezza, inčon- trino quache danno. E quclle cofe, che maggio.r- mente confcruano una Rcpubii- ca, f'o(io quafi le feouenti, cioc: L’ inuiolabile autnorita dclle buone leggi; la prudenza, ia di- ligenza, la prontezza dcMagiftra- ti in fare il ioro offizio; la reue- renza del Popolo verfo il Magi- flrato; Punione, e confenfo de A 7 Citta- 14 Delta Po Utic s Cittadini tradiloro; c 1’amore, j e cura paterna de Magiftrati ver- j lo del Popolo. Dipiumccedonoa quefte: Uri ficuro poiTdfo a Ciafcheduno 5 e mantenimento delle proprie ra- gioni: Una retta iftitutione del¬ le famiglie priuate, foiienianza deii’ onefla dc colhitni, e la pu* blicacura, e vigilanza allc fami-> glie pouerebc Cittadini. Tii le cofe pero da piu confer- vadun Republika si cil Cul- tpjcZejip.dlitna iola Rcligionc 5 cioc ‘dl q učila del vero iddio. Tre fono in tutco le formč d’ una Rcpublica , cioe: Che U Popolo, c le FanugUepm Nobi¬ li. 6 Ciafcheduni regghmo, e go acrnmo tutte la Nanoni, e Citra. Nonlolo edifficile,maanco e poco dtireuolc a mantenerfi que!. la Republica, che da una Forma .trapaifa in un’ altra; purchd quči¬ la f fitO! Arnwi’nifirntor}. la nuoua regola coftituita non fia munita , e lortificatada mol- tofcrmi.e ftabili prefidij; accio i Cittadini a poco a poco fi aP fuefaccmo alla fequela di efla. Tutte le forme d’una Republi- ca, che non fono corrottc, fon’ buone- ma quella pero e afiai migliore , che e in maggiore iti- ma. Di qui č, che ogni muta- tione, che in efla focceda>e per- niciofa, c danneuole, Pertanto tempo fon’ durenoli nel fao Štifto le foa.se d’ una ve¬ ra Repubiica, per qsanto qucili, che fon’ Prendcnt; conferifcono tutte !e cofe non alla propria mi¬ lita, d de.fi d eri o; n;a al coramo- do, c falute delififtefia Republi- ca: c cid finceramcnte , e non con fintione $ poiche le cofe fiate di fiia natura quanto prim* fuanifcono. Epiu fdcile a concepirfi,chc a darfi una lola, e pura forma d’una Ra- 16 Delfa Pol!tkt Republica: efcfi da, di radoČ h dureuole. * Da duc, 6 tre fpecie rettamen* f te unite affieme,piu fhbile fi man- terra una Republica; che le co* 1 ftafle d’ una lol’ forma. * La Romana Rcpublica allora 1 maggiormente fiori, quando cb- ] be dimila la Potellanc i Confoli, ne i Primati, e nel Popolo. E ofiizio de i Primati il mode- rare unaRcpublica: in quefte due Parti, cioe : Ciie i Conloli non trapaffino i limiti della lor’ po* tefta, e che il Popolo per la trop- paiibcrranon diuenti inlolente. Il Popolo lega, c tien’ fermi ncll’ offizio i Primati; non poten* do qucfti fcnza il confcnfo di quello comandare, che ji oflerui- no le nuouc leggi, ne creare Ma- giftrati maggiori ne prorogarli: Anzi devono commandare al Topolo, non come fuddito,ma come interiore; č lolo con quel- e Judi Arttfcimjlrttori. I J ) i la lege, che i primati fieno tenuti a rendcre il conto deli’ Ainmini- n. ftrata Rcpubliča. n. Rifguarda la Natura, diceua o. Lipfio, camtnina il mondo d* un folo ali’ altro , e troucrai, chc ra iCorr.pofti ( ma pero adequata- j, mente) di cofe chffimiii, (ono i j } piubuoni, e ipiuperfetti. Iltemperamento degPclemen- .. ti tra di loro contrarij, mantiene, e nutrifce, e diletta tutta Natura. n Le vocidella Mufica, benchčdif- limilt, unite in un’ eguale Armo- nia, farmo una conlonanza An- gelica. '• Unagiufta uguaglianza di Gra¬ di, d’ olfizij, d’ onori, di Cittadi- j n i, di Soldati* di Rricchi, di Poue- ri,di Grandi d’ Inieriori,cfinal- , mentedich;Comada,ediciiiob- bedifcc,rcnde la Republica Con¬ corde, potence, e riguardeuole; benche alcmic cofe fi Syno an- cora negate dali’ ifkfla Natura. Oh 1 8 ' V eh'a Pctitiea , Oh quanto e potente ncll’ ac- pi qua Venezia, Genoua in un’ ari- d do Suolo, in un’ Pe.lagp fterilc, c j tra gl*afpri monti la Suezia,cin rc un’angufto riftretto di terral’ p Glanda! ir L’ Induftria, la Deftrezza, la Fatiga, l’ unione, clc buone Re- P gole, fono quelie,che annoac- p crefciuro in fomroa Grandezza le u Republiche. Viiole la Republica, che i fuoi o Goiiernatori Sijno i piu perfetti q trai Principa i ; e pero pochi ne 1 fi riechiede, perche pochi fono i piu buoni. ti Quefti fi Goaftano, e fi Gor- t rompano, ogni vo ra che fi riduce a in cattiuo Gouerno la Puhlica v potefta; di che in unaRepub ica un’ e cofa peggiore j perche il f guaftamento, c corruttione d’ e un’ ottima Perfona, e peffima. f Le caufe di tal’ corrutrione il 2 piu r e fuo! Ammin!flra‘orf. 19 piii dclle volte anno 1’ orgine d-Ha mol ta- potenza de i Primati; cioe,dagi’ odij nafcofti tra dilo- ro, da un’ lungo, c continnato poflcflo d’onori, & in fine dali’ muidia, e dali’ ambitione. Dcue di inuirfi a tempo quella Potenza la qua!e fofpetiamo, che poffa auuanzarn ad un’ trifto Go- uerno. E deuefi chiuder’ 1’ entrata agl’ onori, e dignita a Coloro , a i quali fernbra graue vfcirnc di po£- feflo. Si tolgono 1 ’ inimicizie, d con tor’via lc caufe, oconla fepara« tione delle perfone, deonugu- agliar' la Potenza delle parti per via di ^recetto, 6 di legge. Diro ancora , eflerfi apparte- nnta a Poehi, ma pero Tiranni quella norma diGouernare, della qua!c non molt conautoritafen- za mifura fi (eruono per Atnmi- niftrar’laliepublica. Que- 20 De 11 a PolitiCA, Quefl:i, ta n to piu farano d’ un’ Tiranno peggiori, c piu pcrnicio- fi, quanto che in dfi fcorgeraffi multiplicata ogni rouina la piu mortale,la piuoffenfiua. Da quelli, che anno fcritto in- torno allo (lato d’ imaRepublica, č meno lodata la democrazia, che doue fi ammette douerfi 'tutti i negotij jd’ una Republica riporfi nelle mani d’un’ioloduerode i Principali. Nello ftato democratico, ciož 3 uando Gouerna il Popo'o s il piu elle volte fiiol’ rifguardarft 1’ utilitžl di dfo Popolo, e non la giuftitia i e piu fpeffo vince la Cu- pidigia, che 1’ equita. Con tali parole il faggio Ana- carfi riprcfe gl’ Ateniefi: Ditemi, e quando mai la Biliancia della Giuftitia fi pofe nelle mani del Popolo, 6 a’ altri iorfsnati im- prudeati ? C: P / n fi r c a t f i i 1 ( 5 1 3 /C® t fuoi Am>nirtijbdts>i. 21 [*■ E inuidiato dal Popo o Colui, . che fi rende di eflb piu chiaro, c [J piu ragguardeuole. h Diqui ne naqque appreflogi* Antični, chc queiii, che pareua- . no del Popolo piu eccellenti, fi j foleuano a uncerto tempo bandi. ; re dalla Republica: e quefto era j un fuplicio, che dauafi non tanto j a chi eccedeua nel vitio, quanto j a i feguaci della virtu. Lo fpirito democratico,comc j che in le fteflo era pouero; cosi [ abborriua,edeteftauailfafto,elc » ricchezze. [ Dice Zenofonte, che nello ftato democratico piu tofto de- uonfielleggere percapi al reggi- mento della Republica i piu bi- fo^nolijChe i Richi,e Primati; ac* | cio in un liibito non refti fcon- [ uolta la forma di detta Repu¬ blica. Nello 22 Di Ha Poli tiča, Nello ftato democratieo non c vi d Iperanza di quiete alcuna i nella Republica, fino a tanto che e tud i Magiftrati non fonoal Po- poio lottopofti, c Vari| fono i fentimenti di piu c Ceruelii, e Capi che reggono e r in una: tal’ varictaapena e fermo, r ccoftante ilgmdizio. h,o ftato Popolare, perche non g čada e rouini, ha biibgno di u Guarnigioni aflai forti, tra le cjuaii ia piu ftabile e uno certa, f' ma pero poca nadura deli’ Ari- n fiocrazia, cioe^che alle volteGo- h U.eniino Pochi. La democrazia piu cura Ia li- q berta,, che iddio, P ricchezze P c arini, egPonon : ma ne fcgue c pero, che dalta troppa liberta il c piuddle volte eadc in fchiauita. Ogni Republica deue auere il t: proprio fuo ftato: onde non de* ^ uon’ chiamarfi. ftato,,maProvin- ci£ e fuoi Amminijlr utori. 23 n ciequelle, che come metnbri fon, la fottopoftead unaltraRepublica, te eGouerno. > Tutto lo ftato d’unaRepubli- ca s’appoggia ad uaordjne retto, tu e di chi commanda, e di chi e tc~ e nuto, come fuddito, ad. obbedi- ), rc.. Tale ordine ž effetto della leg¬ li ge, laleggedelGouerno,ilGo- li uerno del commando. [c Uno ftato nori puoP compor« 3 , fi, fe non ha il comando,!’ordi- i- ne, e la legge; perchč queftc fono j. le tre cofe coftitutiue di quello. Ogni ftato^ ha la lua forma i i. quefta piglia la fua fpeciahta dali’ 1’ ordine dalla legge, la legge da ie chi comanda, 6 lia un folo, d po¬ li chi,d moki.. i. Moko importa il defiderarc il tal’forma ad uno ftato 3 che di quella e capace. v , Non 'DifiaPoiitica , Non gualfiuoglia Gente puo foggiacere alle paffioni d’ un . eo iftetfo freno; ne meno qualfiuo- I ai glia ftato prouaiempreuniftcflo m ; commodo. ™ Gl’ Huomini malamente fon < 5 U baftanti a dare ad uno ftato la ve- ra forma \ Ma bensi una certa unionedellecaufe naturah, par- Ci ticularmente eftrinleche, le qua- ]i continuamentc operano, e a£ fatigano, e impiegano percon- V; durre , e ridurre lo ftato ad uu £°' luogoj one poffa ftabilmente fer- ‘ >n marfi, e ripofare. Pero fpelTe volte leggiamojcbe ne i ftati fi mutino. & alle volte per- tul fiftino nel loro effere. no Quei ftati,che fono diftiniti) ^. ei fe non anno poterc di mantener- ie / 1 , e difenderli con le proprie to! forze, 6 periealano, o fi lotto- ua pongono'4grauiffirai incommo« d^efpele, uu e fttoi Amminijtr atovi. 25 Qualunque ftato abbraccia, e comprende in fefteffo fei partico- lari officij, cioe, il culto di Dio, il mantenimeto dellaGiuftitia, far¬ mi,'e ricchezze, l’ gl’alimenti: Ali qua!i corriipondono altretante claffi di Huomini, che fono, il Clero, il Magiftrato, i Nobili, i Cittadinij l’Artifti,e iContadini. Li ftati diuenuti grandi a forza di rapina, alimiglianza delle cofe violenti, e non anco mature, non folo non fon dureuoli, ma inun baleno perifcono. La Natura non e mai (ubita nel perfettionare un’ loggetto : tutte le cofclul’ bel’ principio 3n- no qualche nco, d macchia, che le rende imperfctte; quali macchie fenon larannopurgate, fon’ pm tofto di danno, che di conler- uatione alle cofe. £ cofa certa,che piu fi ftabilifce «no ftato con la conferuation^, JB ‘che j6 Del! a Po!rt!ea,' eh e con Pacquifto: piii co ridurloj chc con accrefccrlo : piu con la cuftodia,checonla prefumtione: piii in fomma con ben’preuederei che prouedere alle cofediefTo. N on puo pero darfi ad uno fta- to im piu forte fbftegno, d prefi. diOjquantol 5 unione deCittadini, Un' piccoi’ fafcio triplicata. mente legato , difficilmente ii rompe: ma(cfarada unafcmplice legatura coftrctto,ogni vento lo porta via. In queiftati,che faran’ grandi> gioua ll piu delle volte ildifprei- aare i comodi di poco rilieuo pet 'Con'eguirli maggiori: main un’ pnciooftatobifogna prcualerli) e deli’ uni, e deli’ altri. Deuefi con un occhio inuigi* lare adogni, e. qualunque moto interno, che fucceda in uno ftatoi *ccio nonefcafuori dclgirodel primo Gouerno: Con 1’ altro de«. uoa- J { * fuo'i Atmnln-firutoru 27 j, uonfi' ofleruare 1’ operationi de la Vitini, degl’ Amici) dc Confedc- rati, e de Nemici. Tutta la rouina de ftati depen- dc deli’ ordine non bene ofierva-, to da chi comanda ne da chi ob- j. bedifce. i, Cio pero fi riduce a due cau- 1, fe: eftrinleca, e intrinfeca, fi La caufa eftrinfeca d’ ogni rou- c tatione di ftato,procede. aa i Ne- 0 miti, i quali 6 Tono gia dentro al- lo fiat o, odi fiiori. j, Que(li, 6 nell’ uno, 6 nell’ al- (. tro luogo che fijno, moko fi a£. ■I fatigano di fčiorre quel' legame i' di leruitu, con che ilfudditod j, legato in obbedienza al iuo Sig- nore; e (e quefto fi fciorra, dene j, neceflariamente difunirfi ancora 0 lo ftato. 3) Le caufe interne fono tre: L* •1 Inguria, il timore, & il ddprezzo. Bi W -o . jl8 DeSa Tolkle*. Ua’Huomo magaanimo dif- ficilmente commette ingiuric^c- ' fecilmente le tollera. - Da contralegno di gran’ vilta ■ un che comanda, le faingiuria,c fecalunnia il fuddtto. 1 Patifania uccile il ReFilippo, 1 per che fii ingiuriato da Lui. II di Lui Figlio Aleflandro appena 1 ebbe in Torte di fuggire le manj ! rendicatrici deli’ offefo Ermo- - lao. i Un’ timore Reciproco tra il Prencipe, & i fudditi e un’ catnuo £ euftode della perleuaranza de fta* ‘ ti. 1 ludditi tanto deuono te* 1 metli, quanto che effi ancora te- * tnendo , meditano quei precipi- 1 tij, che polfono fouraftargli. c . La Macfta d’ uh’ Prencipe vili- “ pefa dal difprezzo, a poco vicn meno, &alla Hite s^annula. 1 IldifprcztofifuperaconPAu* n •Ofita* c coul’ iutegrita; i’odio co* t /ml Amntnljtrateri. 2$ f. eonPInnoccnsa, e con la fimula- c. tionc: 1’ inuidiaconla grandez- deli’ animo 3 c con la genero- ta Uta. e In un’animo generofo, il di- Iprczzoeun male il piiilenfibilc 3 , diqualifiuogliaaltromale. II II Re deue efler giudicato un* u Imagine animata di Dio. La Sa¬ ri gra Scrittura chiama i Regnanti j. Dei Terreni • perche Tono Luo- go tenenti di Dio. jj Nefluno de mortali c piu rit 0 guardate , e cuftodito da Dio, j. quanto Tono in Rč, i Prencipi, c . Ed i Goucrnatori de’ Popoli; s . mediante quclla fimiglianza di i. Potcfta fuprema , che anno; 1« S ualeinlefteflapare, cheabbia el Divino. n Qualfi/ia Potefta depende da Dio; Pero chi la fprezza s’oppo- j, nealPordinationiDiuine. o Fk ingiuria al Cielo j chi di- * B 3 DA ?itlU'c g ibrcžza in Terra un Regnante, il di cuicuore fta nelie mani di Dio. Onde O mero lo chiamo un’ do« nofingolare deila Diuina Bene« ficcnza, conceifo agli’ Huomini La Iegge non folo Diuina, mi quella ancora delle Genti diipo* he,chci!fudittoprefti la douuta obbedienzaal fuo Re: Nč que* fto ardifca di negare a quel!o in alcun’tempo la (jiuftizia,il Con« figlio, e la Protettionr. Poiche i Regnanti lono creati i qucfto fine , cioš } da fare la giuftizia alPopolo,di prouedere al puhlico, e di difendcrlo da Ne* mici« Quello £ vero Regnante Im« peratore,-e Prencipe,che ha un’ afloluto dominio e fopra il Re* gno, e fopra Plmperio, e fopra il Prencipato. !■ Quefto c proprio de i Rdj II non aiiere, fuori di Dio, alcun’ Gin* e fuoi A*nmiflra.tori\ 3 1 Giudice delle loro operationi. LadiUli Maefta non fi mifura con 1 ’ampiezza de ftati, d con la Potenza delle forze, ma con l’in- dcpendenza della Potefta, e con la liberta del coraando. In un’ piccolo Pvegno ha tan- ta potefta un’ Rcgnante quanta nel proprio ne auerebbe il piu potente Monarca deli’ Europa. Sul’principio delle cofe crca- tc aueuano i Rč 1’Imperio c delle Genti, edelleNationi. Auanti 1’ uniuerfal’ diluuio fui il primo Caino i cominciarlo: doppoluNembrotte, equafiam- beauc lo poflederno icnzacniu- latione. I commodiuniuerfaliji bene¬ ficij de i Dominanti, la ficurezza deifudditifurono i primi arami- eftramenti d’una Regal’ Potefta, c le Caufe principali della Com- aunione Ciuile. B 4 Sem- 32 'Delta Potitica emprcfan k' icc, e ftabile la fabrica deli' Imperio Politico fc auera per bafe la Religionc : Se (juefta fara dilprezzata fubito n’andera in rouina; perchč man- cheragh la pietra angolare per foftencrlo. Quelli, chefopragPomeri fuoi reggonoilmondo,ed’uopo che prima fi pieghino fotto la Maefti delPAltifiimo. I meriti precedenti, e 1’attio- ni preienti, nonlaCorona, clo Scectrodannoiicarattere ad un’ Regnante: Poicheeonuiene,che chi e maggiore nel Popolo, fij dotatodimigliori, cpiiipcrfette prerogatiue del Popolo. La regia dignita uiene elami- nata , e riiguardata da i Popoli> non meno diquello, che fa l’A- qniia, Regina de i volatili , allor’ che attentamente Alfa gl" oechi nclfole, I 1 r i < c 1 1 1 < 1 i ( * i i c i < 1 u e feot Ammirtrjfrttiri. 3$ La prima .farna, che voli cfun Rč, d fiabuona,o cattiaa,rempre fara grande neile buone, 6 nelie ree operationi; c maifkura, fc non quando finifcc la vita di elFo. II piri dcllc volte accade, chc quei Prencipi, che non curano labuona farna degl’Huomini» fono anco fprezzatori della vir- tii; e mentre uiuono , annd in difprcgio 1’attioni pia chiarc, c piu riguardeuoli. Si come al iol* nafcentc ogni- im riuolge le pupille, e i lunu: Gosi d’uii Prencipe nouello ad animirate i buoni, 6 rei coftu- mi, tien fifli gli’ occhi, c le Ipe- ranze ogniuno. Auuenturato equel’ Prencipe, che sa compiacere a i deliderij d’un Popolo : Ma piii felice š quelli, ene nel meriggio del fuo gouerno non manca, mabensi B 5 fin« 34 . D itd Politict } fino alPoccafo, della fua vita con. ti ferua 1’iftefle regoie della Giufti- p zia, che usd ful’ bd’principio del n luo regnare. Oitreapiucofe; La farna del p la Cicmenza in quelli,che comin- 1 cianoaregnare,dun legame co- d sitenacc, chc coftringei (iidditi ti adun^ffettofpontaneojaun re- il uerente oflequio: Anzinumfec d in amore alla Bonta delfifteil b qnalunque credito degli antichi f Rcgnanti. Sia il primo sforzo , e la prinu 11 operatione d’un Re, il porrei f fondamenti d’amore ncgranitni 11 de i fudditi. v SofFre pik facilmente il PopolO 3 un Prencipevitiofo, ma pero cle- <• mete, edaffabile; che uno,chelu c virtuofo, ma ftrano,e intrattabile- Quei Prcncipi, che anno in fs- * ftidio Pefler’ veduti daifudditi,c *■ ches’annidano,efi nafcondono c neila Regia, come le fiereden- tr# e Jkoi Atuminijlratori. 35 tro alla tana, con brcuita di tem¬ po anno in cair.po fcoperto gl’c« molialfuo Regno. Un Prencipe nouelio, che nel principio del luo rcgnare fara nc 1 Prencipali, e nel Popolo, iafti- diofo, e fe vero, prouoca con- trofeftefToe Puni, ePaltro j ed ilpihdellevolte, 6 edifcacciato dal regno, d pure eftinto. D’am- bi quefti fuccelll fi leggono fpcf« fiffimi efempi. Da un Prencipe nouizio, e non per anco bafteuolrnente afc fodatofiiP trono non deuefi con nianifefta violcnzaufare afprezza veruna v«rfo Colui, che e grato al Popolo, 6 piu potente, ben- chd quefto fia reo di commeffo dclitto. Finge, fe non puoi perdonare: Perdona, fe perdonando,n on ti fourafta alcun pcricolo. Ben- chd tu fij grauemente ofFefo, pria B 6 d’ap- 5 6 D 'H.i Polit le *, d’appigliarti alla vendetta, pro- I ocdealia tua ficurczza. I I nuoui Prcncipi fi porrino nel c souerno con gran modeftia, e v lecondo la conucationc delit r leggi. Lin Prencipc, che comanda te- I condo le leggi, acquifta maggio- i ri gloria, che le conquiftalfc piti \ Kegni. < E cola in vero alTai pcricolofo 1 il folpingere una Kepublica dl urpeftremo aiPaltro. < Deuefi piu tofto ritorcere il 1 camino al lenticro della prim* formadi viuere; E poi a pocoi : poco lecondo le leggi della pru- denza alfuezare con moderatio- ne , e - piacevolezza i ludditi l nuoue coftumanza. L’inuidia d ; un Ilegno, quali fuor’ diragioneoccupato fina ta 1’inimicizie, ecagiona PinfedeL- ta contrp del nuouo Prcncipe: U e fuoi Amminijiraton. 2 * La doue per il contrario un Prencipato legittimamente ac- quiftato, e fecondo ilconienfo uniuerfale, č di fermiffima ficu- rczza a i Regnanti. Con fatiga fofirono i Popoli i Regnanti ftranieri. Queftiope- rino, come ii voglino,laran’:fem- pre fbfpetti, ene non faccino qua!che cofa in disfauore de la, Republica. Ailora, cheiRe Po no inueftiti del Regno, giurano publicamen- te di non abolire gbantichi pri- \iiegij di queilo come anco di non difgiungere daiia Corona tutto cio j ene e vincolato con čila. Di qui fe ne caua una chiara in- duttione , ehe quelli fijno Am- miniftratori,e nonaflblutiSigno- ride i Regni. Chi comanda, diuicn’ Seruo di Cmd eomandato, B f. Mat 38 Delta Politrca, Mai cjucfti tali fon’ libcri dai faftidij, e da inegozij, mai fon’ Padroni di loro ltclfi : Non To¬ no meno intenri ad inuigilareal- la propria falute, che a procurarc oudla del Puhlico: Occupati nelPudienze, anguftiati da i con- tinui ragionarr.enti, con 1’ armi fempre alla mano, con gl’ oceni ie npre veglianti, coni piedi in ua’ continuo moto, e con tutto lo Tpirito fempre anelanti a fou-. uemre aila neceffita, c bifogni dc i fudditi. Cost il regnare e um continua feruitu. Sono corre!atiuii’onore> e la fatigha; il Regno, e faggrattio. Pianfe Scleuco per la nota, che gPapportaua un’ foi’ Regno. Pianfe AlelTandro perildefidcrio che aueua non folo di piu Regni) ma di piu mondi ; mentre non gli relto piu campi, oue fparger* potelfeilfeme dellefue Vittorie. Quan- c fuoi Amrninijira *ri. $9 Quantunque i Regni, el’Im- pcri conteiighino entro fe ftelli un’ dominio ampliffinio; nulla- dimeno fon’cofi ftrettii fogli dc i loro Regnanti, che rendonfi incapaci dicontenere piud’uno. Ogni Signoria, benchevaftif- fima abborrifce UCainpagno ful’ trono: E difficilmcnte concor- da, cftainqniete unaRcpublica fe fara gouernatada due differen- ti Regnanti. Un’ foi’ Corpo d’Imperio -.de¬ ne reggerfi da un’loi’Animo, e da un’ iblo Volere. E vero,che un’ Regno potreb- be foifrirc d’auerc aJ fuo gouer- no due Regi; nn un’ Ele non vuoleil Campagno al dominio: Auuenga che d di grand’ impor- tanza ali’ifteffi, che tutto il go¬ vorno fi ponga nelle mam d’un lolo. Un’ fol’ dominante, e fpefle volte 40 DeSa Politic 4 y volte Tre reggono feiiccmcntc uno Stato; tna Dne, mai: Perchi due Buoni po/Tono facilmen« cangiarfi in Cattiui ; Ma clu« Cattiui mai diuentano Buoni. I primi Regnanti, che faceflč Iddio, li Icielze tra i l aftori, e 'iurono Sauile, Dauide. Gamo, Nembrotte, & Elaii, di Lauora- tori de Čampi, e di Cacciatori di riere diucntorno i primi Ti- ranniall’ Imperio. Quefti feriuano con i loro iftromenti iaTerra, accioli pro- ducelTcgcrmogli, efrutti: Feri* uanole belue, e le bere, perchž feruiffero a loro sfteffi di cibo. II Paftore non fbrilce il Greg- ge, anzi lo meuaal pnfcolo,a lo riconduce aiPOuile; Gli fpremc illaite, non gli fpoglia la pelle, mil bensi giilcua !a lana per Igra- uarladei pelo j equefto iofa per codiodo di fe Itelio, e delgregge. Im- m S. m fc !v ti ir le P c n b n r v 1 : d V t fuoi Arttniinrfir utoru 41 ntJ lmparinodaqueftoi Prencmi, •hi qnardeua eflčre il loro offizio !t( ticl gouernare. u« Diflc una volta il Rč Dauidc: Scimiei nonprendcranno il Do¬ lič minio fopra di me , allora lard e fenza Macchia, c fenza diffetto: 0) Ma, e quali fono quefti dominan- a- ti de i Regi, che poffino impri- >ri mer’ macchie in mi’ Dauide , fo- i- le il piu rifplcndente d’ una Re- publica ? E qual’ Momo maldi- 0 cente ardiradi far’ cio in una Te- > fta coronata ? i* Cosi č 6 Regnanti : Quelli, 1 cheanno ildominio fopra di voi, fono quellc affettioni delfani- p. mo, chevi ritardano dal fentic- 0 ro della Virtu, c dalla Cura del e voftro offizio. L’ lflelfo Nomedi Re vi ftimo- la a far’preda di nuoui Regni: 11 r defiderio della glorta , ma piu , l’anibitionc|pon vi permette il 1 ib fir ir c 4 2 Detfa tiliiicM ) ic ffrirc d’?uere, ne un’ Maggio. re> nc’im’cguale a voi ftefli: Afiia. te d’ eflere animirati, e temuti; ma no n volete efter* riprcfi, ne parere d’ auere errato. Temono quefti 1’ infidie , ed ogni cola, che pofla rendergli fofpetto: Ofleruano la Potenza de fuoi Eguali j e 1’inuidiano > e non polfono fopportare, che co* fa alcuna lili neghi s li fi contro* verta, echemanifeftanientelifia contraria. Sono anguftiati da unalungJ fiieranza, maiageuole, e dubfaio- la; ma daqueftaingannati, cor- ronoin preda al precipitio. Nefiunacofaprocuranno con maggior’diligenza, che una vita diuturna , e lunga ;• attenti piii tofto a i proprij interefii, che a q-uclli del Puhlico : Finalmente per i! lolito in alcune cole fon’ piu tofto inclinati al danno, chc alPofleruanza del Giufto. Non ta fa la ft e d d S il t’ fi n fi ti v fi c d t fuoi Jmminrftrfittri, 45 ;io. Non fon’ Regnanti, malerui na. jquelli, chc prdfano omaggio a iti; tali frcgolatiaffetti. ne M.i per paffare piii oltre, c da fapcrfi, che dTEletrione 6 vero ed la fuccefiione e que!la, chc fa la ■gli ftrada allaconqdftad’unRegno, iza e cid fecondo Tulo , c coftum« j e delle Genti. : 0 " La fticceffione eomandolla Id- o- dio; onde fi legge nella Sagra fn Scrittura, che a Dauide fuccefle il Rč Salomone, c a auefto mol- p t’altri fecondo 1’ ordine fucccf- 0 - fivo. •t- L’ifteflo coftume fi e commu- nemcnte ofTeruato appreffo i Per- m fiani, Medi, Afiirij, Greci, Egit- ta ti j, Turchi, Spagnoli , e Franzcfi. :u ■ Neli’ elettione, quello che do- a ved comandare ^ tutti, Ci deuc e fdeglier' tra tutti : Ma nella fuc- t’ celiionc nončcosi, poichž s’ac- e cetta un Rč con mmor’ diificoka a di quando fi cerca. Mol- 44 Sela Mitiču Moko importa, chc ne i Rt. f ;ni elettiui non fi procuri ii pefla mutatione de Regnanti; accid affiemc non fi difturbi,t permuti 1’ordine, c la Ragiori deli o ftato. Ne i Regni fuccefiivi il Pren. cipe ha un doininio piu afloluto di qucllo chc s’ abbinogl’ alt! Prencipine i Regni elettiui pet- chc in qudh il piu dclle volte To¬ no prefcritte lc leggi d chi fara dominante. Si guardi un Prcncipc elettt da il Figii de i Rž fuoi Antecei- fori: perchequcftilcuatidal tro- no , facilmence inforgcranno contro di efTo. Ne i Regni c lettiui, per ftlggi« re le feditioni, meglio alla luccefi fiohe deli’ Impero, viuendo an- cora il Prcncipe > con la jfcntenza eparere de i Stati, dcputare an' Akro, il migliore trii Prencipali, ebc- e 1 ch fu« ru Ta la cl P i : e I c d t c ! t < 1 e fuoi Amminiftr atovi. 45 ; Rt e bcnemerito della Republica, •i li che laflarc in dubbio chi fia per jnti; fucccderealdefontoRegnante. bi,{ Seguiranno pero molte cor- iori ruttelc, e pericoli 3 Te quello, che fara preeletto, non fara della Ča¬ ren. laRcgnante, [uto E feliceaflaiquella Rcpublica > alti chc vede fin’ nella cuna i fuoi ser- Prencrpifucceflori. La certez- fo- za di quefti toglie vialafperanzaj fara cTinuidia di molti. L’elettione del nuouo Prencipe, tto come anco la di lui accettatione :ei, deuc farfi con lafolennita di tut- ro. telcCercmonie, che richiedela n0 coftmnanzadelluogo; Equello prefente, deuonfi primieramena tJ. te render’ le douute grazie aDio, ff. c poi agli’Elettori. n- Quanto piu un’ Preneipe laral za potente,tanto meno fia licentio- n* f° '■ Che le s’abulera della fua Po¬ ji, tenza j quanto elfo lara piu po- tente 46 Del!a PoHilcu^ tente, de i fudditi, altretanto in Oiiefti diuentaranno piu potenti ch di lui. k Ma perche pochi han’dato fe. de a una verita cosi certa, moltif er luni fon’ caduti dal Trono. n< Una continua Potenza fe i A efercita piu di quello non richie- la de il bifogno,confat>ga renderaf- fe fi ficura infino ali’ eftremo ; c fp quanto meno fpeffo fara poftain cfecutione, tanto piu fara dure- p' uole, e Junga. cl Quella potenza, che fenza n- c< gione fi ufurpa dal Prencipe 'ffi c< (jciiOjC dannodei fudditi, il pi» delle uolte vien’ meno, e perde g ogni forza, e la ragione fi ž, ner< C] cjnte ouefti opponendofi a quel!aj “ efoffrendola dimala vogiia,non 1’afficurano neile lue operationi. * E fragile que!la Potenza, che <3 dafeftefla non fi sa reggere. H S prcuaiciii deli’ ali d’un altropei intra* t fuoi Ammmjfir utori. 47 into intraprendere il uolo 5 c Fifteflbj cnti cl\e cimentarfi alle cadute d’un’ karo fuenturato. 3 fe- I configli moderati, c medio- ilrif crireggonouna Potenza,piuche non fannoi difficili 3 e violenri: e C A’ queftifourafta il periculo del- hic- laperdita; ma in qucili almeno ;raf fenza incontrar’ periculo vi c la ,• c Iperanza dell’utile. :ain Non fempre fi fidi un’ Prenci- ure- pe della propria Potenza: Poi- chžtutteroperedc Mortali fon n. condannatc a terrainare il fuo 2 to corfo. piii Noi tutti viuiamo tra cole fra« ;ri l e giliflime, ecaduche. Sei Pren- 3P f , cipe? fouuengati ancora, che, ; ]] a , fei Huomo. ion ( a ) Stato eletto a rcgger’ sni, Popoli ? Hai dacontenerti con chf ^udlij conie le tu fofli uno di. 11 quelli: Gouernali, come deuij pel e di- tra- Eet/.ji.v.i> 4$ V) tli a Politični c dimoftrati Prencipe tale, cht laffataogni curadi te raedefimO) attendi fblo a rallegrarti nella cu- ftodiadeTuoi. Non s' inalzi il tuo cuore a lu- ; >erbi penfieri; ne meno penda ’animo tuo piu da una parte, eh« dalPaltra; accioTii, eituoiFigli poffiatc lungo tempo regnare, Eccoti dalla bocca della verita una regolamolto breue, ma pero certa per ftabilire i Prencipati. Diče Ariftotele, che un Re« ftabilito fiiPloglio perl’eminen- za della lua virrii: Doue quefA rdplende, fempre fi vede piu pronto roflequio de i fudditi) comeanco piu ftretto il vinculo deli’ obbedienza verfo i migliori Regnanti, Un’ buon’ Prencipe non deti« differire da un’ buon’ Padre. I S- giioP, che lni ha, fono i proprij iudditi: A’lui s’afpetta alimentarli con co qu Cia ue fo dc ta dc co P r gr fci la ur dc tti fti •nc tu e fuoi Amminiftralori. 49 ;h{ con la puhlica abbondanza di io, quelle cofe, chc faranno procac- cu. ciate dalla fua deftrezza: Effo de- ue allontanarli dal male e correg- /Jj. gerli conamore: Tirarliafeftef- fo piii con Pefempio, che con i : fit documenti: Educarli fin’ dalfc- 0 |j tapiii teneranelpronto offequio “e, dclla Republica : Rifuegharli ita con !a fpcranza della gloria, c r o promuouerli ali’ eminenza dc gradi fecondo il merito di Cia- fcuno. n . In fomma i fudditi li fa buoni h la bonta del fuo Prencipe; e i ,jij fudditi buoni fon’ la Corona d’ -j, un’Rč. | 0 IcoftumideRcgnantinel mo¬ di dochefono,dguaftano,oacco- modano i fudditi; perche quc- JC fli viuono fecondo la rcgola, e fj. norma di que»li. rij s ^ ann ° olferuando la loro vir- •li tu, i loro difctti, e molto 1’affa- iii C tigano 50 De!U PoHtica, tigano d’ immitarli: Ma piu s’a& cendano alla fequela di quefti, ac che alT immitatione di quelle. g, Sono ne i Prencipi piu atten- {[, tamente ofieruati i vizij, che k Virtii; perche una certa naturi n; le inclinatione ci ftimola piu allt m vitiofe, chevirtuole operationi. n; II modo diviuere nei Regnan- C( ti alletta i fudditi ad immitarlo; cl e moki di quefti s’infuperbifco e no, & inalzano la Crefta con la n Iperanza del guiderdone; per- c < chč pare ad effi, che i loro Pren- p ( cipi gli promettino lina tacita i«.* punita,remiffioneallemancanzei u Cosi a poco a poco fi fa 1’adito fi alla iicenza delle colpe, e fi con' IS cedeilfalvo condotoaidelittl fi Pare chc i fudditi approuino a 1’operationi de i loro R.egnanti ( c quando fi dimoftrano fimili ad « effi nelPoperarc. La fimiglianza 1’ in un’tempo iftcfio e Madre,« lj jFiglia di Atuore, I' e fuoi AtfjrfttniJlratori. 51 II principalc iftroinento, chc fi ^ adoperi nel regnare e , II co- gnolcere il geruo , e la natura dc n ' luoifuddm. I< E uero, chc tutti gPHuomim s ' nafcono fotto un’ ifteffo Cielo; II 1 mapero Cialčuno ual clima,ouc • nafce, ottiene differenti, c parti- n ' colari temperamenti : di qui c, )| chc diuerfe fono 1’inclinationi, 3 ' e diuerfii coftumidelgenio rima¬ la no. Chi ben’ sa difcerncre tali f’ cofe, facilmentc regge un’ Im- peno. Pero nel reggere i fudditi, dc- C' uefi auere un’ riguardo notabiiif. 0 (lino alla quahta delle Perfone : i- Non tutti poflon’loffnre 1’iftcf. fo freno : Alcuni s’ inducono o alPobbedienza con Pumanita, c i, con la dolcezza • altri con la le- d ucrita,econlaforza; molticon 1’elempio ; Non pochi con la ( iperanza ddella glona, o della 11 Ca mer- sja Delta Polltiea, merccde; chi folamente con !e di minac ic, e chi in fomma con la d; crude ta de fupp icij, u Cioe;ColfudditogentilceNo- tc bile fi deue adoprar’ la doicezzaj fc conl’oftinato immitera una Cipra 1 . nella fiacchczza, ), Temono i Prencipi maluaggi 1 - 1’unionc, e la Concordia de i , fudditi: Ma i Buoni 1’abbraccia- E no; perche a quefti ferue di cu¬ li ftodia } e a quelli d’ efterminio. C 3 Egran- » D»!fa Politicti , E grandc 1’encomio di qucl Prencipe, di cui fi puo dire , che ama, & d amato da i fiidditi. Sc brama un’ Prencipe efler' benuolfuro, e rifpettato,fia effo ilprimo ad amare, e rilguardare benignamente i fuoi fudditi: Che le cio fara, ancor’ che fia fta- to ufurpatore del Prencipatoi fara bcn’ veduto da cffi pm vo> lentieri del Prencipc naturale, che fia poco amoreuole. L v offeruanza delle promelfc verfo de ludditt, la fermezza della R.eligionc,ndTunamutationc nt i fagrificij', la confueta forma di viuere, di parlare, e di veftire, i matrimonij alfulo della Patria, la nuouafpcranzade comercij con gl’ efterijPabbondanzaben’ pro- veduta , la rarita de fuplicij, la frequente beneficenza , 1’egual’ giultitiain tutti, e finalmente la cura, e la ftnua de liioi, piu di quella CfOTJ S e fuoi Amminiffratori. ue! quella degl’ altri fon’ colonnc sf :iie forti in un’R.egno, che ftabilifco- no ful’ crono 1’ ifteffi Tiranni; c er’ piu inalzano al fommo d’ogni flo grandczza i legitimi Prencipi. ire “ E quefti per fieuramente re¬ ti: gnare fon.o gl’ iftromenti piu da¬ la- bili delParmi, delle ricchezze, Oj delle pacifiche conuentioni, e di o- qualfifia altra cofa, che poda bra- e, mare un’ Regnante. Chi defideraaffuefare ilPopo- Te loal fuo Comando , 6 pure ren- h derlo a fe ftelfo beneuolo e d’no¬ ve po, che lo foccorra in queile co- di le , che li fono di maggior’ dan- ,i no, e dolore : Poichč quefto la niente dilcerne fecondo la nor- n ma della Giuftitia , ma molto, fe- j- condo gPallettamento dei fenfo. [a H Popolo lempre riguarda le 1’ cofe prefenti; alie fatture a pe- a na vi penfi ; ne ricerca fitpere li i negotij de la Curia, quando 3 C 4 tro- 56 .. Deffa Politim , tro"a 1’abbondanza nel foro. t I nuoui fuddiu di rado fono i ftabdmellafede,purche dal nuo* f vo Prencipenonottcnghinocer- c ti commodi da pcrfeuerare nel loro offizio. i La mente di quefti facilmentc g fi fcorda de i preicnti, c nuoui t Regnanti, e fi genera in effi il 1 defiderio de i Vecchi ogni vol* < ta, che ceflano, 6 gli fon’ toltc < 1’utilitache fperauano. 1 1 Prcncipi, che comandano J itior’ di Ragione, e fcnza giufti- | 2 ia, malatncnte trouano ne i fud* di 1’ amoreuolezza } c 1’obbe* j dienza. 1 L’ improuile, ed inlolite cala- 1 mita rendono gl’ animi dc (ud* 1 diti per plefli, e vacillanti. Allora piii di mai deuonfi que* ' fti dal Prencipe rifuegliarc alla fperanza con le promelTe, e fub- ornationi d’Alcuni che abbino molta t fuoi Amminifiraton. J 7 0 . molta authorita nel Popolo j che o lappino allegerire i pericoli, e ). piegare la volonta di quello in r- diucrlo pen/Iero. el Acci6,chci nuouiludditipiu facilmentes’afluefaccino al gio- tc go di nuoue fignorie, deuonfi ni efentaredagrantichi peli, e tri- il buti, co neanco fouueniilinelle 1. calamita, c miferie con il publi- ; c co erario j accid s’ auuedino d’ aucr’ cangiato miglior’ fortuna o nella mutatione di nuouo Re- i- gnance. L- Enaturalezza de ludditi ilde- fidcrare la liberta, il liberaffi dal¬ ja prefente feruitu, il credere, che tutte le cole nuoue iiino miglio* j. ri 5 e finaimente Pinlolentire, e di leggare la Potefta, da elfi cre- j, duta cola contro naturale mera j ufurpatione de i piu Porenti. >- Cipeiiavoce iftefla delPeterna o iapienza, che difle: A’ me e fta- 3 C 5 co 58 D Ha Politk« y to concefTo ogni potere, e nel Ciclo, e nella Terra j foggiunfe ancora: Ipitr Porenti fignoreg. giano in Terra : Quafi che di- moftrafle adito, che i Prencipi del niondo Tono Luogo tenenti diDio, ai quali perlegge diuina, enon per fola legge politica,d dellegentijdeuonoi ludditi ub- bidire. Comanda la legge diuina rfaj fiate IbggettidalvoftroRe, co- mcfiiperiorej o ai voftri Duchi) come mandati da Dio, percW tale e il luo vole r e. fb) N on fate refiftenza alla Potcfla de voftri Regnanti, ma obedite aQuellii comeali’ifteflo Chrifto, 6 buoni) 6 difeoli, che fijno (c) Chi s’ op- pone ali’autoiitad’un’ Prencipf s’ oppone alPordinationidi Dio. Mai (a) i .Pet 2. v. ("b) Eph.f.v. r- (c) B^om, n- v, z. e fuoi Amminijlratsri. 59 (a) Mai dourai dir’ male del Prencipe del mo Popolo. (b) Iddio tal’ volta fa regnare un’ Huomo ippocrita mediante i peccati del Popolo. Quefti non tanto Tono auuertimenti, quan- to prccetti della legge Diuina. I luditr uccifori de loro Pren- cipi, come s’ e veduto per elpe- nenza, poco fono foprauilfuti alPifteffi, e quel che e peggio, non Ion’ morti di morte natura¬ len poicheo Turo n’ pred, econ- dannati al patibolo , d termmor- no i loro giorni, lorprefi da qual- che altro miferabi.e accidcnte. Quelli, chefuccedono inun’ tal* Prencipato,fe non odiano l’uc- cilione del loro Antecdlore, odiano 1’ LIccifore; auendo i Prencipi per inueterato coftume loftabilirfiprimaful trono, epoi vendicarfi de i Rei. C 6 II (a) zji* 60 Delta Palitkff. IHaggio fuddito mai prouoca contro di le Io fdegno del fuo Monarca, ma fagacemente lehi- vaquella Potenza,chepud eflet- gli ch nocumcnto ; c cio lo fa con accortezza tale, che pare , che nonla sfuga. E regoia infegnata da Biante, Ilfuggire 1’amicizie troppo Iplen* dide, e troppo colpicue. Operano con licurezza quei luddiri,chedi rado paffeggiano ne i pericolofl recintid’una Re- gia lala,ienza cnrarli di lerutina- re con troppa diligenza gl’ arcicu de i loro Prencipi, ne meno d’ cfaminare troppo curioiamente le loro operarioni; ma intenci alPoffizio, pronti ali’oflequio, folo attendano alPdecutione di cio, chegl’ ecomandato. NeiTiina cola piii alpramente lopportanoi Prencipi,che l’im- portune querele deiludditi, c il van- e fuoi Ammmiftratori. 6t vantamento de i Benefizij a lor' conferitu N on qualunque oflequio rice- ve di buonavoglia urPRegnante da fuoi iudditi»na lolo quelto , che č modefto, umile,ed effi ace. Sori’ facili alla rebellione quei fudditi, che prouano in pacc una conditione piu afpra, una feruitu piupenoiadi quella non prcua- no in guerra. Si come il Popofo, 6 vero un* Prinato ama grandemente la ii- berta,ei’ef]enrione; cosi: anco- ra inlidia a Colui che gle la to- giie, e namera tutti i momenti per ritornare, d perfas, d per ne- fas alla perduta libcrta. Non deue permetterfi in un* nuouo Principato a i Cittadini d fudditi il troppo conrinuo , efer- citio nell’arini, e neile guerre; poichc da qucfto dmentano mol- to ieroci, e piu defiderofi di 62 Detla Politica > fignoreggiare , chc d’ ubbidire. Mai fi conceda a i fudditi l’e- dificarenuoue rocchc, e fortez- 7.e: Quefte feruono piu di fran- chigia airinlolenza del Popoloj che di riparo contro gl’ inllilti nemici. La Francia nelFanni fcorfiloproudinRoccella. Pero il fuddito fofpetto per tenerlo obbediente,deue /pogliarfi deli’ arnii. Ogni Prencipe deue giufta- niente punire 1 fuoi Vafialli: E chi infegna altrimenti, d il con- trario , coftringe ugualmente fe ftelTo anon prefumere di punire i proprij fudditi delinquenti. isione lecito riceuere fottola tutela gPaltrui fudditi, benche ribclb,feprimanonžapertainen- te iutiniata la guerra. Deuonfi e vero punire i fudditi ribelli; ma non pero con tal’ gaftigo, che d frnduca a di/perar- fh t fuoi Amminijlr ator i. 63 fi, 6 vero, fe ci aueranno offefo, fi faccia credere agi’Altri, che noi una volta ofFefi, namo per dimo- ftrarci irnplacabili , e per confe- guenza induriti ad ogni equita. Anzi fe quefti prefi in guerra ritorneranno fotto il dominio del loro Prencipe Naturale, per quanto fi potra fare, deuonfi ri- congiungerein arnore con bene- ficarli m guila tale , che abbino occafionedi ricognofcere ilpaf fato errore. IRecidiiiinellarebellione dc- vonfi punire con atroeilfimi ga- ftighi; Gl’a!tri non tanto feue- ramente: Y!a ne tam poco quelli fe prima non fara alfi urato il Re- gno , e ftabilita la pace con i Confinanti, e Nemici. Il modo piii ficuro, e la miglio- reftrada, che polfino intrapren- dere ifiidditi Ribelli per placare il lilo 'Preneipc, e d fubito penci- mentOj 64 Delta Po!itieet‘, mento,comc anco ll dimoftrare < controfegni, di pace, edi vaflal« 1 laggio ali’ ifteffo, che gia ii facc- < vavederearmatoaldi lorocfter- i mimo, Abiga il moglic dello 1 ftoldo Nabal Jedo lo fdegno deli’ adiratoDauide,aboracheincon- < trandolo, fe li dimoftrd officio- fa di gratitudine, e d’oflequio. J Il toghere a i fudditi gPantichi priuilegtj, diftnrba alle volte in tal’guifailPopolo, chelofapre- cipitare in certi ftrartagemmi, perniciofi aku fte(To,al Prencipe, edaliaRepublica. £ pero grande la follia di quei fudditi, che ne) voler’ conlerua- re i pnuilegi), Ji efpongono at pericolo di LOtalmente perderli, Perche e il fimile, che ricercar’ ia pace, eperdcrla nelcercarla. Qiie«o fuccefle agPOland fij Cpeggio aCenthiltri, Cosiancora Peifentiom molto di- e fitoi Ammjniflratori. 65 re difuguali trai fudd.ti, viuenti fot- il« to un’ifteffalegge, cfotto il me- c- delimo Prencipe , fpdfe voite r- fon’ caufa di dilcordie, e di fedi- 10 tioni Ciuili. H' La di fuguaglianza tra i Citta- 1 - dinič Matrična dellaPace. > E vero, che i priuilegii, c 1’ef. fentioni Ion’ fondate nclla giu- 11 ftiza diltributiua j ma pero tal- n volta tolgono gran’ vigore alle leggi, e non folo Ion’ caufa d’o- , diole partialhi, i.aconfondano > f ancora il lecito con Pillecito ; c inguilataIe,chenonpiu fcmbra- >j no cofe lccite, 6 illecite per na- t . tura, ma pet arbitrio del Pren- il cipe- j, Mo ! ti Prencipifuccelfori II fon’ a molto lamentati d lla troppa prodigatita de 1 loro Anteceff/>ri . in auer’ coucelfo vane efle no¬ tna i Priuati. j Non si grandemente importa 0 66 DeSa Volit k a, ai Prencipi per tor’ via Ic feditio* ni il fubito concedere alcune gra- ziea! Popovo difturbato, quanto ai Medici 1’affrettare gl’ umori refrigeranti al calore febrile: Ma e d’ uopo, che tal’ uolta in un’ tratto, edalle voltea poco a po- co, fecondo il tempo) e 1’occa- fione, fedata la caufa del diftur- bo faccino cognofcere a i fudditi la qualita delle loro operationi, e la conuenienza del loto Offizio. Il communicare ad un’ fuddito gFarcani della fuprema autori« deli’Imperio, el’ ifteflo, che pot¬ re fotto i piedi la Regia Maefta. Quanto pericolo puole in- tontrare un’Prencipe dali’emu- latione e dalPinfidie d? fuoi ne- mici; altretanto ne puol’corre- redalparticipare gFarcani della pro^ria Autorita ad un’ Akro. Fu fempre kimata cofa non de- gna, che i fudditi (la gloria de quali e fuo! Ammiflrutori. 6j quali confifte nell’ obbedienza) col vantarfi dc priuilegij, fi folle- vino contro del Prencipe. Come anco e fotnma ingrati- tudine il non voler’ confdT-.rc, da che fontc efli priuilegij deri- vino. Pero di rado 6 Prencipi > con- cedete quello, che i voftri Po- fteri potraeffer’di danno, e che forfi al prefente nuoce ali’mter- clfe commune. Imonopolij e cofe Umili, che fon’ priuilegij de Prencipi non trafcorrino in ufura de Priuati, c in danno di tutto il Popolo. Mai ce/Tera la troppa abbon- danza de priuilegij , fe nel con- ferirli non fi auera riguardo alk virtu, e meriti de Vafiaili: A’ cia- fcheduno lara lecito ottencrliin quel’ mercato, doueaforzad’o- ro ficompracio, che fi deucal- la virtu, &almerito. E gran* 68 D eUa Politi c a , Egran’politicad’un’ Regnan- a teillapere umiliare i fudditiche r teme j e folleuare quelli> che non gli fono molefti. < Sempre ti fuccedera inalzarc l colui , che vorrai ; ma molto i difficilmente opprimerlo , fe non < vorra. £ Se ti c^nuiene diminuire una i potenza piii grande del giuftoi 1 non deui correr’ con impeto; ma piu tofto che totalmente le- ] varla , a poco a poco la tron- * cherah < Opera fenza fretta con que\\i> 1 che temi: La gente fbfpetta ono- J rala in puhlico, ofleruala di na- ‘ fčofto ; Mai pero deui inalzarlai ^ Gl’Arniči piii fedeli fon’ quellii che ti conuien’ promouere alTc- 1 minenze de gradi, fenza curarti J deli’ofleruanza dellordine. I fudditi Neutrali facilmentt < fonoRibelli ; perche fon’ tenutj i i e fuoi Amminiflrdtorf. 69 adefler’ partiali del lor Prencipc naturale. La diftributionc degPordini, c deli’ offizij ne i fudditi, forma una grata, e confonante armonia nella Republica. (a) Contentati di ftare nel tuo grado, difle P An. gelo del Signore a Daniele. Que- ita da ogni eta fu stimata cofa la piU ficura la piu importante. Poiche fi corae ogni fcielta di perfoneinfe ftcffa e pcricolola, & ardua; Cosi maggiormente ž quella di Alcune, che deuonfi promuouere a gradi piu alti. La Ragioneacai coladi rado, e con fatiga vi giunge; e 1 ’ efpcrienza fpefTe volte s’ inganna. Laqualitad’un’Huomo fifpe- rimenta , e fi fa cognoLere ne’ Magiftrati. AlcunidiCartiui di- vcntano buoni, Aita di buoni, cattiui. I principij de Magiftrati fono (a j dan.io.v 11. mighori jo Dr Ha Poli tica^ migliori del fine, perche Qu.elli c nel fine fpeflb man ano in quel. c lo, che douerebbono. § Ogni offizio ri hicde doti par- c ticol&ri in chi deue efercicarlo; perche non rutti undftefla abilid n Gi’ Huomini Grandi Iprczza- c nogPoffizij di poco rileuo, e non c Pamminiftrano fecondo. il deli- P derio ddla ioro alpettatiua: ® Quarido poi Tono aflunti a čari- , che ai gran’ confcquenza, fi di' 1 moitrano Minori degl’ In eriori> J edeguafiai loro aggiori. , I Cirtadini dilapplicati al fct- , vizio fon’ Cadauen della Repu- . blica. GPodofi, Autori di cat- tiue Ferie} I Ritirati, intenti a i proprij commodij ed al proprio j intcrdTe;IBuoni, quellichearn- miniftrano le lor cofe lenza of- fela del Puhlico. IpiuBLoni,Coloro; che go- £ vernaado giouano alla Republi- d e fuor Amminijlriitvri.' 71 j ca ma Grandi m vero fon’Quelli> che terminato 1’offizio del Ma- giftrato, diuentano pru gloriofij che ricchi. . I > uous Magiftrati fpefle volte ’ m ndorno in perditione i’ anti- chcRepublice ; e pero 1’efperi- , enza e infegna a conferuare il preletite gouerno con le norme , delvecchio. I Gouernatori de’ Magiftrati fono anali ftelle della Republica; mai! folee il Prencipe, che dif- ’ fonde in dli ognilume d; Potefta; E pero deuono a quello dimo- ftrareogn’atto d’umilta, e d’ofc fequio. j I Magiftrati, che fon’ buoni, . mai dilunifcono i commodi del Prencipe da quelli della R cpubli- • ca; ne tam poco 1’ utii’ deli’ima dalgiouamento delfAltro. II premio della virtu, e Pono¬ re : e gl’ huomini invechiati nel , rae- 1 7* D ?Ha Polit!ctt , nierito nelT na cola tanto afpra- nientelbpportano, qi anto il ve¬ der’ con^erito Ponor’ delle čari. chc in foggetti non degni. Ml fappino quelli,che 1’arbitrij de’ Prencipi: ton’ fo datinella pote- fta riceuuta da Dio, il qualc fpef fe volte ha faputo con Telettiont dei dcboliconfoncier’ lipotenli) cd arditi. Nelluna cola fuor’ del!’ iftcflo Prencipatoe n;aggiore, quanto il leruirc ad un’ Prencipe: poichc fempre partecipa del dominio> che affifteall’ Dominante. Ne minor felicita e d’ un Rž 1’appogiarli d' un Miniftro fince* ro 5 fedele, vigilante alla di lui ficurezza, e che altretanto pofli fidarfidiquello,quanto lilidadi fe medefimo. Ed’uopo,cheun’ buon’Mint ftro fia veritiero nel parlarci fchietto nel cuore , e atto a ben' ief- p g u c t y r n t d n n d t< g P e fuoi ArnminifiraUri. !• feruire. Di piti fia prudente d’o- :■ gni altro nell’ opcrare : Abbia i' una memoria non foggetta alla 1 obliuione : tra fagace nel’ pene- trare , pronto nel rilpondere, vi- :• vace nell’ attioni , chiaro nellc t rilolutioni, gratiofo nel fingere, t ned oppofinonimodeftojelper- ij to nel tratare j e finalmente fia ditalnomeefama, cheatutufia 5 nota la fua fede, la fua integnta. 0 Miniftri de i Regni e di tefte e Coronate , benche in atto nou > fiino Prencipi, deuotto pero in potenza moftrarli tali : poiche J nelTuno puo dare i documenti > d’u n a arte,fe non rArtefice’{lef- ii fo, 6 chi e bene addotrmato a in tal artc. li Qiielli pero quanto meno in- duranno quella potenza ali’ at- [. to, tanto piti ficura reftera la 1 gl°ria dellcloro attioni, e minor i pericolo correra Pautorita delli :* D Ke- 74 Delta Politica , Regnanti, e ia Salu te de i Re< g«i. Sopra tutto , prima laril efpe- dientc a i Miniftri, lo fchiuare due fcolgi: cioe 1’ oftela de i prencipi, e 1’odio tanto dei Prencipi, che degFaltri. II primo fcoglio e contro la reuerenza e 1’ofhzio del fuddito. L’altro tira a fe i perfccutori, e gPEmuli, quali fon’ fempre dl danno, e allaRepublica, e achi la regge. In tre cole offendono i Mifli- ftriifuoiPrencipi, d.neHa-paffio- ne , e nella conditione, 6 nello Stato. Nellapallione: le 1’incli- nationi deli’ animo loro , laran’ contrarieaquelladi fuoi Prenci' pi: come lo prouo Seneca,eil altri buoni miniftri fotto maluag- gi Regnanti. Nella conditione: le faran’ fuperioff a quelli, di me¬ riti j e di gloria, 6 quafi d’un' e fuoiAnmtiviJlraMi. 75" eguale autorita ? coine fii Seiano aTiberio. NelloStato: fe ma- lamente, 6 con poca fclicita go- verneranno le cofe a lor’ com- mdfe, come fece Ducha d’Alba: Se caggioneranno feditioni, co¬ me il Čardinale Granuellano: e fe diuenteranno Ribelli come rrcncipi Oranges: turti tre-Mi- mftridi Philippo II. neiBeigi. Incorrono iMiniftri negi’ odij ■ degii Emuli c degl’altri per la tropa potenza, peritratti arro- ganti, per il difprezzo degl’in- teriori , e per il vantamento d’ una cffuberante autorita. In odio del Prencipe allora v’incor- rono, quando attribuifcono allapropriavirtu, enona quella del ioro Regnante ogni felice Succ Ifo, quando fomcntano e promouonp gl’ingrati, c quan- do fchernito 1 Rcgio Comandoj opcrauo a lor’ capriccio. D 2 Mai j6 Detla Politica, Mai fi fida un’ Miniftro del Freicipe da lui cffefo, ne meno quefto, fe fara 1’ofFenfore, pni ndarfi di qnello. Non v’ e in- eiuriacofileggiera, chenon of- fendagraucincnte un’ Prencipc, perche i Grandi non poflono non dolerfi di quaiunque oftefa, benche nunnfia. II regere diuerfe Prouinciei edifunite e di grandifiimo pefo ad un’ Prencipe, che non ha for- ze baftanti per foftenerlo •, fe non fi a ajutato dalla cura e dc- legationede Gouernatori ePre- fetti, impero che 1’ ifteffo Aliantc ricerco 1’aiuto daErcole. Lofpiritoanimofo dhmPrefl- cipe, fe vorra dilatarfi piu del do- vere, e neceflario, che a poco a poco s’ indeboiifca. Si confer- vera pero piu ficuro agli affhri importantiilimi del Imperio, fe di quefti ne commettera qualche parte e fuoi Amrninijlratori. 77 parte agli Officiali , con reftd- tionc pero del la Potefta , che non fiaaflbluta, ma dipendente e fubordinata. Di due fortifono le iurifditioa ni: Confinanti, equafifuori del Regno: Domefticne d interne, cioč pofte entro allc vifcere deli’ Impero. Di quefte non fia tanto premurofo un’ Prencipe quanto di que!le. Le Confinanti foggiaciano a diuerfi pericoli , perche i loro Prefctti fon’ molto Ion tani dal primomobile, cioe dal fiipremo Rcgnante- viciniai nenaici, che c rcano di corrompere la loro led el ta; il piii volte amplificati di fommaautorita, c molto po- tenti perPaderenza del popolo confinante ( che regolarmente e aflai feroce , e defiderofo di cofenuoue) e fiopra tutto pro- cliui a'do konuolgimcnto e nm- tatione dello ftato. L’e- 73 DellaPolitica , L’elettione de’ Prefetti deue &rfi con molto rifguardo: cioc in perfone, che iijno di fperimen- tata fede : abili alPamminiftra- tione del gouerno non piu di quello richiede il douere. Pero e d-uopo, che que(ti pof- fiedono moltc ricchezze nelio ftato delfuo Prencipe, accio ab- bino molto da perdere, fcinfe- dclmente gouerneranno : Sijno amogliati, e non, fenza prole: maturi di eta nonloggettaa cole fragili:: partiali , e molto deuo- ti al lor’ Sourano. Non fdegno- ii c di prima impreffione j non prouifti di.Guarmgioni, Caftelli e gran> potenza nelP Stato che gouernano Sijno piu eftranei; che natiuidiquella Prouincia, ne abbino vincolodi parentellacon li Prencipi circonuicini, Nci luogi pericolofi e di gra> ttiflimo pencolo il concedcre ai Prer- e fuoi Amw!ntflratori. 79 Frefetti e Rettori una tale aurori- ta,'che fia 6 troppo grande, o troppa lunga: perche quefte con difficolta fi depone , e quella nonfaggiamente (i elercita. Una Potefta circonfcritta č de- pendente dal prim o mobile, con fatiga puole effire dal fuo centro. I Rettori delle Prouincie, che fono fofpetti, dcuonfi richiasna- re dali’officio fotto pretefto di quiete neceiTariadoppo tante fa- tige hauute ; 6 fotto fpecie di qualche maggior Onore.. Ma ie faranno apertamente rei, {ubita- mente s’ opprimino, accio dali’ indugio , 6 diffimulatione non s’inafprifca il male a tal fegno, che non fi po/fa doppo curare ne conferro, neconfuoco. Quando Prefetti faran’ depo- fti dali’ officio della Prefettura, allora fenza induggio fipalelano i loro mancamenti. Per quefto D 4 anti- So Detla Politka , anticamente era piu frequente il Sindicato d inquifitione publica d’ i loro ecccfft. L’Improui(e mutationi delPof* ficiali mantengouo Pofficij ifi quel tenore, donde /i fanno rei 3’ officiati della cattiua amrnini« ftratione. Pcrchefe foffi da 'oro precognita la depohtione; feflz’ ogni dubio per nonfarfi rei, tron- carebbero fubito il filo del naal- vaggiogouerno. i Gouernatori dello Prouin- cie, che credono douer’durare nelPofficio non tanro danne^u- no i ludditi, quanto quelli, che han* breueildominio. I De.ro nij che fanno douer’ prefto ufcirc da i corpi degl’ aflelli, piu. alpra* mente H cruciano, e vomitano i lor’ pelfiinifentimenti. Per foftenere un Imperio fon’ neceflarij al Prencipe i Configlie- ri; ma le quefti non laranno Sau- S fi D tli A PoliticA , dofi unico, e necefiario per con- figliare, giochera a .capriecio, c e.i) feruira delParbitrio. E gran felicicaii potere appog- giarfialconfiglio d 5 unTolo j nia cio di rado fuccede 5 perchč ne¬ gi’ 'Huommi Grandi di rado fi trova una ferma ,,c ftabil’ mode- ratione,- Edaiaggio il riccercare l’con- figlio ; Ii darlo e conuenienzJ; dbnPAmico bedele : Il doman- darlo a Perfona di Grande stimai dpureil riceuerlo da chi č.Štif¬ to unico in configiiare, obViga alPefecutione.. I.Prencipifaggii edefperti nel gouerno lentono • i. configli di moki: . Qiiefti li confcnfcono con pochi, d con un’ folo; mi da loro ftefli dcrerminanO} eri- folueno. Di qni e, chc varij fono i Con- figkeri, cioe 3 di negotij partico; lari e fuoi Amminfflratovi. 85 ' j lari di guerra , del tefhro com- mune , della giuftitia Črnile, e Criminale finulmentegPefterni > fono i Prefetti delle Prouincie, gl’ Afleflofi de giuditij, i Senatori f delle Citta, gPedili, 6 foprinren- 'r denti alle fabriche, ed altri iner- _ effi,&c. I qualli timifon’ compre- fi col 'notne o di Magiftrato, 6 di Camera, 6 di Reggimento 5 o di puhlico Ginditio. 1 I Configlieri fecreti 6 dicabi-- ’’ netto fo 10 i piu stimati di tutti, *’ e 1 Frencipali aeilo Stato: Que- ' fti ton t lor’ configli affiftono te- - I delmente al Prencipe in materia concernente intutto,din parte : alPIinperio, ealPalto domimo.. II Alcuni di quefti, benchč Po- ® chi, fon’ chiamati Gonferentia- rijafliemecon i quali il Prencipe '■ delibera deli’importanza del ne- gotio, d prima, 6 doppo, che '■ auera fentito liconfiglicraltri. ■ D 6 Que- *4 „ Delta Po Irti ca', Quefto configlio e d vigorevi- taie di tutta la Republica, e del Corpo Politico : E fi come i Prencipe e il caoo, cosi quello e Tanimo con le nie potenze, cioe con la meinoria, canTintellettOt e con la volonta : In tal’ modo pero, che a i Configlieri poule at- fribuirfi la memoria , e 1’intelli- genza di tutte le cofe appartc- nenti allo Stato : A’ i Confersn- tiarij P Intelletto , e la delibera- ti op e: Al Prencipe la volonta, d Giudirio,e Tefecutione. Non e efpediente al PrencRc lamutatione de i Configlieri pw familiari, ftante i fegreti, di chs fon’ coniapeuoli. Gli fara pero fpediente 1’alcoltare, mi non fe- guitareiconfigli d ifofpetti; ed ad elempio di tuni punire fco- pertarnente quci tali, che faran- no conuinti ai malafede. e fuoi Amminifirutori. 8$ L’ Infedelta d’ un’ fol’ Confi- gliero c potente non folo a di- fturbare tutto un’ Im pero, ma an- co a render’ priui di Dominante 1’iftefftfogli Regali. Spcflo caccaduto, cheTattio- nid’ un’forMi'niftro fijnoftatedi nocumentoapiu Prencipi, e che affieme abbino caginato lunghe calamita, emiferie. II rimuouer’eon bando tali Mi- nifiriritrouati colpeuoli, d 1 ’iftefl fo, che a fuon’ di tromba publi- caregParcanidelfuo Stato: On- de fara piii ficuro, dleuarti di vi¬ ta , 6 racchiuder’ in perpetua pri- gionia quefti fnochi fatui. I Vtimftriordinanamente fi ri- rnouono dal fervizioquando fui’ principio deli’ offizio fi c . gno- fc ;>no incapaci, 6 quando col tempo fi abuferano di quelIo,d che non paiano fiifficieuti a fiof~ frueilpefo del. iiuann: iir.it ione, D 7 d ve- 8 6 Detla Polrtica, 0 vero in fomma quando piu non fono di piacimento a iRegnanti 1 di loro configli; di modo chf quelli ,ch e p rima gli fembrauano grati, col progredo del tempo gli apportino naufea , e diipia- cere.. La coftanza ne Prcncipi di ra¬ do fi troua. Qiiefto il piu delit volte s’appigliauo al peggio ,c non han’ fermezza danimo. E meglio ritenere nell’ offizio Goliti, la di cui integrita fu speri- mentata gran tempo dal Prenci- pe, che ricercare nouelli Minv- ftri, poco verlati da principio nella cognnione deli’ Re e luo Regno La fedelta giurato a! Prencipe, e la fegretezza de iiioi Arcani, fo- no le piii belle doti, che pefla auere un’ Miniftro: Poiche’ogni’ aitra cola, fuori di qu?fte due; di puo lupplire dagl’ Altri Mini-- ftri, oucro dal Prencipe liieflo. e fuoi Antminijlrstori. §7 Delrefto, le doti de Confi- glierivfono un prudente, e ma¬ turo giuditio( non fcolaftico, 6 giouenile) unitoalla lunga efpe- rienza dclle cofe tanto cfomefii- che, chcefterne.. Similniente 1’Intclligenza, ed mfefatta cognitione della Rcpu- blieao dello Staro d’efia in qnan- to alParnti, alte ricchezze, alle leggi, alle con 4 ederationi , agl’ Arniči,aiNemieUa i Vidni, a i: fudditi, fono anch’ effc qualita; fingolari de Configlieri., Di piu fi accofta a cpaefte la vigi- lanza in ogni accidente, un’A- morc fenfibile, e partiale verfo del Prcncipe, e della Patria: La fchiettezza nci parlare,e Fintegri- ta deli’ anhno fenza fintione , 6 fenza rifguardo dclFaltrui, d del proprio mterelfe.. Saggiamente eforto Colui, cbe difle: douerfi neiF entratura deL Sena- 88 T> p a Po liti c a, Senato deporre 1’aftutia 5 la fimu. ftr latione, ilproprio co«imodo,k nc fdegno, la vendetta, &c. Mame to glio auerebbe cfbrtato fe in tina e fola parola aueffi detto, che fi to- m gliefli via qualunque palfionc, d Matrigna d’ ogni giufto Confi- n glio. _ c Pefiimi fono i Configli, detta- ti dal proprio , e particolare d affetto. e N on deue alpettarfi akun’ fin- c ceroConfigliodaquelio, chein- 1 teruiene ne i configli, folo con fine di giouare a fe fteifo, fubitamente arncchifcono 5 con accrelcerc a fe fteifi, ed a fuoi grandiffime entrate ; quali che quefto fia il fine del mmifteroj cheefercitano. La Francia, per oggetto di no- ft;a t fuoi Amminijlratori. 89 M ftra inuidia ne porta 1 ’ denarno > lo ncl vilaregio,il quale effendo Sta- ne to Miniftro di cinque Regnanti> im e di tre di quefti i piii caro, e fa¬ ro- nnlrare, mori nulladimeno prino e) d’ogni ricchezza( iuori del patri- fi- nionio domeftico) raaperd arric. chito di meriti. 3. I bucmi Configlieri non pren- :e dono la cura dell’atreCorone, e moltomeno le penfioni, ben- 1. che foflero con protefta di non prcgiudicare al fuo Prencipe: 1 Perche le protefte di tal’ forte il 1 piud lle voke m-aneano ncH’ele- cutionc: e quelli, che le piglia- . no, deuonfi piu tofto chiamare , Mercenarij, chefedeli Miniftri. 1 Non procurino qaefti di gua- dagnarfi la gratia del ior 5 domi¬ nante con P adulattoni > con le fnggeftioni, con la malitia, e con la fintione , e quelch’ č peggio conferuirii tal’ voka in cole con- trarie 90 Dell a fulitku , trarie allc leggi diuinc: Ma cer- pi chino d’acquiftarla con un’ retto n config]io,con fcoprire la veritl li con la prontezza deli’ oflcquio ; d e col vantaggio del merito. g GPafFetti particolari de Pren- n cipi fi difpongonofpefle volte ad v cleggercalferuieio gPinabili, ei a piumaliiaggijlaffanao i piu buo- 1 ni, e ipiumeriteuoli. Per quefto la porpora rappre- < fenta unafimia molto ridicola. I meriti de i Buoni fon’ premio fufficiente a loro fteffi, benchc/i fappi , efler’ quefti diipreziati dal Prencipe. Facilmente s’ inganna quel’ Prencipe, chefolamente depen- de dal configlio di quelli, che gia 3 'per tempo fifonoimpolTeflatidd di lui animo , ed afTetto. Gl’ affetti particolari in cafl- tano un Prencipe a fegno, che črede a i fuoi tutte le cofe,fenza prim* e fuoi AmrniniJlrAtori. 91 'e;, prina efaminare la verita di quei ttc negotij, cbe conficurezza fi pal- d lia o da i Mioiftri, che anno il io : dominio nelP animo d’ uti’ R.e- gnantc: Quefti tirsno aforza, c en- non guidano queU’Infelice: Lo a prana 52 Defid Polit/čit) primade i paflati: L’onorc noa tanto confifte nd grado, a chc unoarrina, cpianto i meriti, ca i qaali fi giunge a conleguirlo. II Prencipe, che inaiza 1 ’inde gni alla drgnita con r o'are, ed d- la fua familiaritag fail medefiraO) che Čolni, che fopra onoreuole, eprofondabafeimpoae la Status jPttn’ Pigmeo.. Allora con fto rammarieo,« con difonore di dh Miniffri ri- co nofcera i! demeriro loro,quan- do faranno derifi dagPAitri: Co- melegni del Barbiere diLodoVt- eo Undecimo. Dali’ elcttione d’ un’ Miniiho indegno, c dal Prencipe , che Pelegge ne nafce un gran’ perico- lo, ma piit d’ efla elettione; per- che i fudditi non (i grandemen- te odiano la contuoiacia del Prencipe , quanto deteftano le malitioie fuggeftioni de Miniftri. Soffro- e fuir Artiminijtratari. 93 noa Soffrono qucl!i qualfifia domi- c j) ( nante, mano n tolerano i Con- :o. figlieri. ' Chi fi fida del proprio Confi- dfr g1i°j quando puole appoggiarfi j). ali’a!trui, che fiabuona, Tacil- n0 mente s’ inga' na. Uniici tutti ,i e affieme gl’ crrori, che fin dal prin- ^ cipio del mondo han’ commeffo i Regnanti , e trouerai, ancr* j qucfti meno crrato in iermrii ’ r j. dell’altrui , che del proprio coii- n’ . j. Le prmateingordigie accieca- no talmente in noftriOcchi che non fanno leorgere il lor’preci- , 0 pizij, ne pure nclla vicina pedata. ){ Non merita d’ eficr’ ben’ coru . figliato quel Prencipe, che chiu- r , delaboeca de Configheri,6 che [. da Rcgola alle lor’ lingue , d che ,j non vuol fentire, fe non cofe, e li fijno di piacifhento, e di ; gufto. ICon- 94 Delta Politica, I Configli da daril : i Prencipi fiino (cietti, fciolte 1 ’ opinioni, c libera la verita, e le vcci, fen? E fintione , fenza paflione, Jfenz. fi rilguardo. rt Anzi nel pigliarei Configlm dailPrcncipemoltocoperto;ac- c cio i Configleri non penetrino i fentimenti aelPanimo fuo; altri- r menti effi 6 taceranno, 6 park- c ranno fecondo il geni© del do- I minante. Efacile 6 piu torto periculols c la deliberatione, douec iin’G'on- c figlieroj ad ogn’altro fupcuotc J di stima. II rifpetto di quefto fo- loj corrompera tutci i buoni con- 1 %*i- * 1 Ailora, d Prencipe, ti stimern ben’ configliato, quando ad inv mitaticne di mosd ti fara dettoi che entri nel Tabernacolo, e qui- ni efamtni qualunqiieauuenimen- tofecondo la Giuttizia delCiolo- efuei Amminifiratori. $5 cipi Ogni configlio , che di lafsu ci )ni, c dato , e ottimo. n? E quando il Cielo volge i con- nzi figli, ogni volta riefcono felici i fuccefli. va. L’Imperij fi rcggono meglio 30 coni configlidimezzo, che con 10 iviolenti, e pcricolofi. Poichd tri. rarc volte profperamente acca- 1;. dono quelle cofe, che s’ inter- io. prcndono con troppa temerita. Iconfigliacuti, e fottili, per- jfa che difficiimente fi pongono in , n . eiecutione , deuonfi piii tofto ,re auere in fofpetto , che prcndere. fo- Qnclli che fono fpeciofi, e ap- (11 . parenti, fon’ vani, e tnal’ fondati; perchč chi moltos’occupa negi’ t ji accideim, diradoarriua a pene- ffl . trar’ la foftanza. 0| Equelliinfomma, chefonoin- jj. confiderati, e arditi, aprirna vi¬ ri. fta fembrano fani, e buoni; ma 0, nel maneggio fon’ malagenoli, e ni nel fuccefio in felici. Aju- 9 * DtBa Politica. A/uta 'a forruna gPArditi ncll' arqnifto di quaiche cofa, ma ne! conferuarla 1’abbandona: e pt rd e imprudente quel conflgiio, dacui ne denuamaggiordanno, che utile. Ieonfiglihingo tempo proera- ftinati, fonopiu tofto dehberati- vi, che efecutiui. Nelle cofe dubiofe 5 e ne i pe- ricoli imminenti g;ouano molto р. u icotifiga eftremi, che quelli di mezzo. I! confumarc il tempo a deli- berarc, 1’ifteffo, che difbreware con negligenza Toccanoni piu buone aii’ amminiftratione dellc cofe. Nel dare iconfigli preuale la Pratica alla teorica: Poichc que- fti confiftono fpecialmente in un' rcttOj e maturo giuditio 5 il qualc piii fi vede negf Huomini prati- с. j che fpeculatiui. Cosi accen- no liagired, Nel- f fuoi Amminijlratori. $7 | Nefluno dica, efler’ tardi quei e| configli, chc fono di mezzo era t la negligenza,e’lprecipitio: An- i, ziperche non inclinano adalcu- ), no eftremo, li chiamerai piii tofto fodi, e ficuri. p Sarai piu ficuroa pigliarela via j. di mezzo , quando dalla deftra potreftiinciampare, e dalla fini- . ftraerrare ilcamino. > > Ihuoni configli non inuolti ne i pericoli, acquiftano daH’indugio niaggior’ vigore. IIcreditode configli, piu che i da ogn’ altro , nafce dali’ efpcri- j enza delle cole. Iconfigliche ti da il Nemico, benche in apparenza iembrino i buoni,nulladnneno fon’lem Dre folpetti. Non voler’ credere a configli di coloro, che fi efimono da i pe- ri coli neH’elecutione di elfi. Piii tofto reputerai molto buoni E quel- 9* ... Delta ? ulitka , cjuelli, ne i quali corrono il pcri. colo i Configlieri lftelfi. Se accadera la morte di qusf. che gran’Config!iero,non ti fcoi< dare, 6 Prencipe de i configh, chf ti diede, 6 ti lafso in vita: Nt tam pocodouerai recufare divo ler’ bene a iuoi FamiliarL Ancora delPombre de iDefofl- ti Erci han’timore i Nemici,quan- do lamemoria di quelli fi confer- va dal Prencipe fucceffore. Benche quefti non j^offino ri- tomareinvita, maiperd li stime- rannodeltutto morti; mentteai di loro configli s’appoggia pet anco la Republica. I Prencipi non s’accorgono dell , ottimequalitade i lor’Con¬ figlieri , le non quando fon’ pri- vi di quelli: Maconfuo danno imparano benche tardi ad eilet' faggi,allora, che Tono abbaodo- nati dali’ altrui fapere. CA* i )[■ CAP. II. ht * Ve i quattroJoJlegni della. Politicd j e fpecialmente deha Religione. o- Uattro fono i foftegni anogo- '^-'č.lari di qualunque Impero n- Regno, e Principato, cioe : La a- Religione, la Giuftitia , le Ric- :r- chezze, e Parmi. La prima: ciafcuna comunione ri- dcgl’ Huomini comincio daila c- Rdigione: Nc in Terra, fitrouo i i mai aicuna gente fi fiera, e si Bar- er bara, che non adorafie qualche deita, benche non auefli cogni- 10 iione di chi adoraua. n- Cio che non pote infegnarci ri- la Fcde Chriftiana, prima ce 1 ’ in- 10 fegno 1 ’iftinto della Natura: le¬ ji' condariamente n’ ebbemo ll do- o- cumento da i noftri maggiori : e in terzo luogoci fu prelcntto da i £ 2 amini loo De ? ijUnttvo fofi^ni diuini commandamenti ; dallc quali tre cofe prcnde il vigort qualfifia Religione. L’ ifteffi primi fondatori delit Republice neffuna cola giudici uano efler’ piii proportianatat contenere gl’ Huomini nell’ of fizio, quanto la Religione, ei timor’ degli Dei. Di qui ae fegui, che Politico chiamolla un’ inuentione mera* mente Politica: II che felicemen- te fi vidde in numa Pompilio- appre{foliRomani,bencheqwi- lo foffi creduto un’ Ateifta. Roma occupo 1’ Imperio co» Parmi, e lo fondo con la Religio 1 ne: Con quefta tenne uniti gl’ot; dini de fuoi Popoli, e con la di lei rimembranza 1’animd ali’itn* prefepiii ardue: Con quelle fr 6, no le Genti ftramere, e pcr qur* fto re crebbe in infimtuin. Main veritaquello, che la na¬ tura Deliti Politica IO t tura inferi agi’Huomini pcrccia diuina , lo nrofano la Politica conpretcftodi rcgnare. Non moko importa , che i Prencipi Etnici, priui del iume, cdella cognitionc del vero Idtlio abbirso ridotta laReligione a fuo c.’ppriccio. Quelločpiudado- lerfi; Cheda i Chriftiani ancora fi profaninole cofefagre, e fotto fpeciedi Religione fi commetti- no nc fandi delitti. Gia una volta reftaua offefo Iddioper 1’oltraggi fattialla Re¬ ligione:, benche falfa, eafpramen- te puniua i Profanatori df effa co- me fequi del Re Nabuccodono« for di Dionifio, di Allate,di Cam- bife, e di uiille altri: Poiche fe non fofli ricorfo alla vendetta, farebbeapocoj a poco fuanito il culto degli Dei: Dal chc ne fa- rcbbe fequito il difprezzo della Religione, e dal ddprezzo aue- E 3 rebbe 102 D? i ejttaHro foftegni tebbe 1 ’ Ateifino occupato il mon, do intiero. E in quefto tempo giudico, che nefluna Erefiž ffa maggiorei c d fia piu foarfa ndla Chriftiani- ta, ancoraCattolica quanto quel* la deli’ Ateifino. Iddio e Prencipe fupremo,c Padrone d’ognimondano domi- »io. Verfo di quefto la Religio- nedeue dferequella Radiče, da cui laPolitica prende il fuo nu- trimento : onde fe fprezzarai di coltiuarla, prefto fi feccaranno /e belle frondiall\Albero dellaKc* publica. NefTunacofa rende piu uniti al Prencipe i fudditi, ne fonda, e ftabilifce piu; coftantemente il di luidominio, quantoilculto d’u- naiftellaReligione; ne altra co¬ fa lo rende appreflo i fudditi piu ▼enerabilCjlenonla credenza, e la cognitione, che anno i mcde- fimi D tila Politica. 103 fimi j Che quello fia Amico dd Ciclo. Con qucfto fine i Tirranni fi procacciauano ad arte il M osne di buoni obleruanti della Refi- gione; efingeuanoil zelo verfo di quella, per fare apprirc fotto feinbianza di bene le cofe mal’ fattc. LaReiigionedtuerfa diuidegl’ anirni de fuditti; c quelti dimfi apportano ineuitabil’ rouina allo Srato. Tutte le fattioni, e differenze tra i Cittadini fon’ cattive } mil pero fon’pdfime quelle, che an- no rorigine dalla diuerfita della Religioni. Non fi da furore piu crudele> ne odio piši oftinato di quello, che procede dal zelo di Religio« ne diuerfa. I Contumaci non 1’ atterrifce ne lerroj ne fiioco: Non li muo- E 4 \o 104 Ds i cjuattro [ojie^ni ve nč !a pieta de i Genitori, nek q perdita de Beni, ne la delolatio- P nedeila Pacria: Non gl’ e d’ira o pedimento nemeno la fede giu C rata al fuo Prencipe,che fotto co> v lore di veri Cultori della Religio- s ne non pofponghino ogn’altri cola ali’ iitelfa,e ia difendmo ofti 1 natamente con tutto ilioro po 1 terc. a ’ • Anco in qnefto tempo fi vedo- no da ogni parte le lagrimeuoli impreffloni,che gia una uoltafa- ceua PErefia, contraftando con laCattolica Verita. LaFrancianon fu mailugnbre Teatro di guerre Ciuili, fe non quando in cffa fignoreggio l’Ere- fia:; Ma,queftaeftirpata, flori, c diaenne cosi potente,che la Ger- mania con fuo gran’ danno fpe- rimcutdnne il valor fuo. Non v’ e diuifionepiu perico- lola in una Republica , fe. non quelin De tta Politka. io^ quella, che la difgiunge da Div j: Poiche ncl modo ilteifo , che P ombra accompagna il Corpo; Cosi alla varieta della Rcligionc ; va dietro la mutation’ dello Srato. UErefičaccrefcono, e fcema¬ no, fecondo che piu> 6 meno an- no 1’aderenza , 6 il fauore del Prencipe. L’Inuentori delPErefie fon’ tutrig!’Huomini Epicurei, dediti a i piaceri, e incontincnti. I Se- guaei: LaGente, e d Popolo fem- pre Amico delle nouita. I difen- fori: Sono il piu delle volte P i- ftelfi Prencipi, piu per fuo com- modo, chc per zelo. Queliimaiaffltonoalla nouita d’ima Religione, le non quando v’entra di mezzo la Ragion’ del¬ lo Staro. Solo la Gente Popolare, e fem- pUce t ipinta dal puro zelo di lo6 Dei qu«ttr.o foftegni que!h Religione, che comincio ] a feguire dal principi© defuoiNa- < tali, 6 !aprelctralefcditioni. 1 Ma i Miniftri deli’’ Erefie not 1 fon’ moffida altra Caufa, che dali’ 1 oftinatione,d dalFambitione d’u- 1 na nuoua domina, d dali’ odio deSCelibato, eRegola pihftrctta, © dal tiinore di perdere la pre- benda, e Pautorita, ch’anno ap- preiTo i ftioi. La Nobilta, e i Prencipali niente meno curano, che la Re- ligiorre; manonfepararfi da quel- la, h sforzano di coffituirii in li¬ ber«,e di ricercate i proprij coni- modi; comefividde neliereuo- lutioni della Boemia, de Fiam- minghi, e d’altreNauonL L’iftcfli gran’ Prencipi, e Re- gnanti ( eccetto l’uno,d 1’altro lettentrionale) non per aitro fi¬ ne abbracciano, e fomentanole Nouita, ienon pereflere, 6 p« Icuri nel doruinare; d per alpi- Delta Politica. 107 rarcai beni, che giaerano deila Chiefa; oper lafperanza ,6 to- talc ufurpatione di quelli; 6 vero pcrcheddguftati dalla Sede Apo- ftolica gli fembra afpro il focto porfi ali’ Ecclefiaftica difciplina. Cio fi corregga, fi emendi; e vedraim unTubito crefcer’ la Ke- ligione, ed eflere ua’ Tol’ Paflore, eCuftode d im’ folo Ouile. Sopra cosi fragili fondamenti fi loftenne PErefia, doue 'a vera Religione e fodenuta da i prin- cipijiupcrnatucali,eanteponealle cofe temporali 1,’eternalaluezza. E offizio de Regnanti, come difenfori della Chiefa non foio con la predicatione Apoftolica perfuadere iludditi allaveraReli- gione; ina anco adoperare ogni Siorzo 3 ed arte, che quelli, che s’ allontunorno dalla lequela di Chrifto, ritornino dibePnuouo in grembo aliafua Chiela. E 6 Ifo. jo8 De i quxttro fojfcgni , I fomentatori, c Capi delFE- refie, corne anco i Recidiui de¬ von’ forzarfi al ritorno deila vj- ra Religione con i fupplicij ;'i Noto rij» e contumad , cou l’e- filio r 1 lemplici, gl’Occulti,e cjuelli che no n ftrepitano, conla perfuafione, 6 con la tol e ra im Lnipcra dagPAteniefi : Q-ndi ftabili-rno le pcnecontro chivo* lena albracciare le ftranierc Da¬ ta ; accio da queO:o non trifbr- geilčro nuoue opinioni nella Re¬ ligione. Pero focrate, benche Hnomo d?ottomi coftumi, fu condotto a! fupplicio, non perche auefii; introdotto nuoue Delta; uia per¬ che Polo fe Pimaginaua nelPIn-, telletto- Dagl’ Ateniefi- furon’ fen ten* riari a rnorte Anaflagora, e De- magora, eancoraEuagota. Quel- li 3 perche aueuano pofto nel na¬ mero Della Mitiča. 109 mero degli Dci il Grand’Aleflan- dro; c Qucfto, perchc 1’ aueua adorato perDio. Equdk>iequinontantoper il rifguardodedaReligione, quan- to pcrPiilelTa Ragione di Stato: Poichč m una Republica ogni nouita e fofpetta j e la ragione fi e, pcrcbe ii piis deile voite difu- nifce gPanimi de i Cittadini, e con tal’ difunione dillurba an- cor’la Republica. Ad un’ Prencipe zelante della Gloria Dimna, mai nel proprio Stato gli mancheranno i mezzi oppommi di promuouere laReli- gione, c di fopir’ 1’erefia ’ y pur- che non anteponga i commodi priuan alla quiete dr! la Republi- ca, ed alPeterna Salute. Pnma di tutti Ario neiPOrien- te,dopoiLurero ncflaGermania, eCaluino neiiairancia faran- ■ far bel principio picole fcintille d’e- E 7 retica 1 1 o D e i guattrofojtegni retica fuperftitione : Ma quefte celate 6 neglette dali’ Imperato- ri, e Regnanti, a poco a poco ccf feruore della dottrina incendior- no quafi un’ Mondo intiero; e a tai’ fegno , ; cfic piu non fr co- nofeua, (e era Ariano, d Lutera- no. 6 Caluiniano, oChriftiano. Un’ si g ra n’ male accade per- eolpadiquelli, ai qualis’appai- teneua impedirio, e fopirlo: Ma eon lor’ danno troppo diftimu- Iorono,d non volfero rimediario. Tratanto, 6 mio tfreneipe, /e conferuinei Cuore il zelo dd di¬ vin’ culro y fasi, che quefto fia fronteggiato daliadči nza, e del- IaCharitlaifrimenti (ara piii pro- prio d’in:agioneiiol ? furore, che- di virtuof mipiego. Nonpnd farfimaggiore ingiu- riaa Dio di quellaglifrfanelcon. cedereapertamcncela libertadel- laReligione. QueflO Della Politka. 111 Quefto non c altro, che uu’ conccdcre la liberta di peccare di befteinniiarelddioj diConcul- care i Sagramenti, e di pcrdet’ tant’ anioie. Poiche 1’erefia e un’ delitto di Lefe Mac (ta Dimna, degno d’efc fer’ punito publicamente, piu di qualfiuogliaakraingiiiria. Pondera ( ene ta i cofe, d mio Prencipe , Ne fij troppo veloce in conccdcre cio , ch’ apporta fi grand’ ingiuria a Dior Connittocid, fe tra due mali ineuitabili, č nunore quello di ' tollerarcla liberta della iieligio- ne: fara beneilfoffrirne qualche parted’alcuna, purche non peri- fcadel tutto la vera. L 'lftelfo Chrifto interdifle ž. fuoi Difcepoh i’cftirpatione del loglio benchdaueffi occupatom ogniparteli ampi: Percheq ie- fto era in tal’ gmla framifchiaro col 112 De i furtttrofojlegni col grano, che non potea liieller. f< firunojfenza delFaltro. j t II zelo verfo Iddio e inutile, £ f non e retto dalla fcienza delFi- c fteflo Iddio. Quando il tutto 1 pericola, non fi dnprezza la par- < tcne!conleruarlo. < Qualfiuogiia Erefia di fua na- j tura s’ oppone ali’ auttorita del J Sommo Pontefice,e dellaS. Sede Apoftolica: Poicheregnandoef- la, Ibno mutili le prouedi qud- la; eColoro,che pcrftanVFede ali’Erefia , non attendono ad alcoltarc le dilcipline Cattoii.he. La potefta del Pontefice in quantoalleFede,ea quehe cofe, ch’appartengono ali’ eterm fa- lute, e uniuerlale non folo nella Chiefa a Lui commefia, ma an- co in tiirro 1’Uniuerlo Mondo, Nelle cole pero tem po rali, che appartengonoai Prencipi, eRe- gnaoti, no« ha potepa veruna> DeSa Politica. u? fc non quando efle Tono ordina¬ te aila falute dcU’Anime. Perche fi come al Pontcfice Tono ftate datc le t 'hiaui delRegno^de i Cie- li; Cosiai Prcncipi č ftatacon- ceflala Poteftanclie cofe terrene, etemporali; dicendoil Signore: Epo conftitui te in Kp?tm y &c. Pofr.it cr kumtros e j m/ Principaium. Hapofto fperd Iddio fopra le fpallc del Papa un’ Prencipato , chiamato il Patrimonio di S. Pie- tro, i! quale d si grande, ene for¬ ma neiritaliaun 5 vaftiifimo Stato. Diqucfti eglic alfolnto Signore, tanto ncll’ Ecclefiaftico, ene nel temporale, doue Pako Dominio non eriferbato al Imperio. Non penfiao i Prencipi, che non fi competa al Sacerdofio il Dominio ; poiche, per taeere quel chejegut di Numa Pompilio che tii affieme, e Re, e Pontcfice Romano: neila iegge di Natura, 114 D? i č/imtira foflegm /econdo quclčhe dice Ja Gene/!, Non e Melchifedecco nominato fe anch’eJTo Re, e Pontefice? d qi non sa,che perdiuinaordinatio- ti ne non fu il primo Moše a rifede- d re in Iiraelc Capitano,e Sacerdo- C tepergiudicarequel Popolo JEJ c e veriflimo che, che dalTanni di Chrifto 699. perdonatione d’/l- f riperto, e Pipino, furono i Ronia- t - ni Pontefici Signori temporali ? £ Tutto cid, che dalla fcattedra i Apoftoiica in mate ia di Fede c < decretato daLPapa, e corne &■ K fbffiordinatione Dimna, e in vm’ ' cerio modo da fagri Teologi d chiama V eri? um. 6 Paroli a di D10. QuelIo non pud efler’ giudi- cato , ne depofto d:a Alcuno ; non quando ( che Dio non vo- glia) caddfi nelPErefia: Allora dallaChielapotra efler’ dichiara- to Eretico, e come Tale , fi priua fe ftefTo della Totefta Pontificia. Chi D e H a Vohtka. I TJ S, Chi gitidica tutti, non dene eli¬ to fer 5 gmdicato d’ aicuno le non I quando fi v e de tli fuiato dal fen- o- tiero del a Fede Da refto come e- d:ce im’ Santo Padre,giudicara il j. Cielolaftiacolpa> d lafualnno- d cenza. Ii II medefimo ha potefta di con- fermare iConcilij uniuerfali i gna¬ li cosi confermati j non foggia- eionoadaicuno errore: Ma per i il contrario fenza la fna approua- i tione \ poffono del tntto errare: : edi gia. ne fon’ fequiti fpefiifllmi cfempi. Finalinente, e chiaro, che folo il Fontefice Romano, come qucl- Ioj che e fopra tutti i Conciiij, ha una piena potefta tanto di pro- muigarli *e trasferirli, quanto di fciorli, come apparifce non folo de lteftimonio dellaSagraSci ittu- tura, daiDetti de Santi Padri, e 4’altri Romani Pontefici, maan- 116 Dfi quanro fofteani co dalla propna confeffionedelf t< iftcffi Concilij. c E lecito a qnalluioglia Para r del Mondo il richieder’ 1’ appcl- 10 adSedemApoftolicam : Maepre- n iunnone lllecita P appellarfi da 1 quella a un’altro Giudice; per- £ che cfTa folaha k Chkui del Cifr 1 lo, eddlaTerra. » AnzinonpuoleilSonimoPon- < tcfice commertere, ne al Conci- lio, ne ad alcun’ Huonio una po- ( tefta, 6 giudirio coattiuo fopra 1 la fr.a ftella Perlona, rnalclo arbi- trario, cioc in quarto effo o e Priuato Dottore, 6 Priuata Per¬ lona. Nelle cofe pero non apparte- nenti alla Fede, e chc con liftono in fatto , c cofacerta, che puole 11 Pontefice errare. UGiuditioArbitrario (opra-B- pa fi dice, impropriamente: AJh lentenza del quale 3 purche Cu retca 5 Delit PoUtict. II? [’ retta, fe non obbedira il Pontefi- cc, fara quciche non dcue, ma non gia auelche non puole. A’luifolos’afpetta pertuttoil mondo la Crcatione de Vefcoui s laCollationede Benefitij, ed’o- gnialtra cofa, che fia fpirituale: purchc cidfaccia fecondo le co- humanze antiche, e fino ad ora ofleruate. Poiche non mancano Regni, chc godono alcune fpcciali im- nmnita, come il Chriftianiffimo nella Francia, 1’ Apoftolico neil’ Ungarja, eilCattolico ned’ una, e nclFaltraSiciia, &c. In tutto qucllo, che s’ afpetta ali’ Jufpofitmo, giudica, interpe- tra difpenfa, annulia, erevoca: Non pero in que!lo, che affolura- inente appartiene allaLegge Di¬ vina. E tutto quefto lo fa in virtu di quelle Chaui, che concelfe Chri- fto Il8 Diifiiattro foflttnl fto a S. Pietro, e doppo di elTo cr pcruennero fucccffivanientenellc d’ altri Pontefici fino al numcu j}' continuato di dugento trenta- “ dice: iqualifurono inueftit: del- <1 la iftcila conditione, Natura,« e: poteftacheebbeilPrencipe degl' £ Apoftoli. 1 Ogni Autorita concefla ali Chiela Ridonda in maggior’ glo* ? ria de Regnanti, c de Prencipi) £ no n folo,perchžqueIlaclor’Ma- dre, e P ha rigcnerati con Tac- ^ quade fantoBattefimo s ma a nco, perchd 1’ Imperatori, Rč, ed \?ten. cipi piu fanti, fempre, e in ogni luogo anno procurato con ogni j sforzo per mantenergli una tal« ( autorita, accrefcendo di piu il di leiPatrimonio con anipliffim« fignorie. UPontefice benche non fia capo de i. Prencipi infedeli,Saraceni ed etnici, perche quelh mai furono Delta PollticA. 119 cntro ali’ ouilc di Chrifto j ž pero Prefidete atutti qudli,che regna- no, e ftgnoreggiano nclla Chri- ftianita perchd lui ž ilPaftore, c quefti fono lefue pecorelequali tx oficio č ten uto a gouernare, e in virta delle paroledi Chnfto: Hitre amat me ? Pafce oves meaf. Tal m e n te chcpuoie’egli deRe- gni, e deli’ Imperij, ogniuoita, che lo richiede la caufa di Chri¬ fto , e dclla Chiefa ; comc e fe- guito inmolti : fe bene, o male? Lo sa il Cic.Oj giudice delle di lui operationi. Indarno le Tcrrene Potenzc procurano la fuperiorita aila Po- tefta Pontificia, che č celefte j contro la quale non hapotere ve- runo P Inferno, non che la forza niortale,degPHuomini. Prelen- temente fta troppo falda, ed im- mobile laPietra delCampidoglio. Staudo quefta nella lua fermez- 120 Det fuattro fijlegni za, ogn’ akra fi Icuotera, che vo' glia arditamcntc recalcitrargli: gl e la douc fi videro altri Rcgniij p< ogni tempo annientati, fcofli,t el iconuolti; Queftaper il contra- g rio c durata^e durera, finchcl r< mondo auera fine. ti Tratanto 1’Ecclcfirftica man t< fuetudine non permette, n c fot- d frc, che quefta poteka proceii c incon/ideratamente a tali eftremi n di degradare, priuarc, e fulminatt a censiire contro quei Regnantii t da iquali efia ne riconofce J’ac* 1 crelčimento. r Nulla dimeno le ccnfuredei { Pontefici, d giufte, d ingiufte elit fijno, deuonfi temere anco daj Prencipi: fi guardino pero que!li 1 di non priuarfi della potefta di le- ' gare, c di fciorre, qnando vorran- no elercitarla a lor’ piacimentor e non fecondo richiedono l e quaiitd delle perfone, a loro log- gette. Chd‘ milit Polit kit. 121 VO' Chrifto ha decrecato, che tutti g|j: gl’ ‘ iiiomini morali fijno foito- i® poftiailoro Miniftri fpirituali, c !i,t chcancoobbedifchinoailoroRe. tra- gnanti: nonperbfottopolea lo- icil ro fcambieuolitnente 1’uno, c 1’al- tro Do m im o, cioč lo ipiritu le; e a p tetnpprale raa diuidendo a inifura r ol. di elli im’eguale autorita,fcce si, che ambidue,fenza che l’uno dan- :mi neggiafle ali' altro 3 attendesfero ar c alta propria, ed irnmediata diecu. ati, tjone de iioro officij. Quefta ug- j c- iiaglianzadi pdteftafarifbnare net mondo Chriftiarto un’ arnionia c j gratiflima a Dio, cd agPHuominh ■he “ Si feruino di quefta regola i Re a i Chriltiani, cioedi nondifprezza- sili re i Ponrefici, benche cattiui, per le- aderire ai Buoni. Lamalitiari- in . fiede nella Perlona ; L’ Ante rita tOj' nelCarattere,il qtiale eimprifTo le tanto neb’ ani ; a de Cattiui p che ig. qaella de i buoni. Si 122 De i cjuaitro foflcgni Sicome ibuoni iiidditi deuo- dc no foffrire con patienza, e non ni; dilcacciare dal trono i Preneha gi catiui : Gosi i Prencipi buoni fi ri< s forzino di compatire i Pontc- e g fici, benchedilčoli j e non giudi- fo čare, ne condannare, ne meno rc attaccare le loro perlone e Jurij ditioni. C( II Papa, come Padre uniuerfale 11 di rutti i Prencipi Chriftiani, non deueaderire piu ad uno diqueffii che ali’altro $ fe non vuol’ pet- 5 dere il credito appreflo tutri. *5 ElTo e arbitro tra le difcotdie, d e differenze de Prencipi e con K fbtnrno ftudio deue procurarfi) u che nella Chiefa fia ftabile quella v Pace , che Chrifto ci diedc nel u luo venireal mondo, e ci lalcio § nel luo ritorno al Cielo. In &r’ quefto deue auer’ 1. e oechio a due cofe: Prima di non affemonarfi al proprio commo- Detla Voli tka. 12$ to- do, ne meno aquello de fuoi : on ma fi come il fole riduce a im’ m giufto temperamento le contra- ; fi rie qualita degl’ elementi ; Gosi :c . egli fra le ftelle del mondo unico ii. fole, moderi, e gouerni; non pe¬ ni ro con tal’ rilquardo,.o partialita, j chc maggiormente inafprifca, d comitiuoua gl’ Animi de Regnau- t ti, fradiloro difcordi. n In fecondo luogo ■ chefaccia j, da arbitro, non da Giudice: per- chč, fe come Giudice modera le cofcienze ; Non per quefto deue giudicare le difcordie dc n Regni,edeRegnanti j Macon- , uiene, che tracti con effi piace- a volmente , come lor’ Padre j uniuerlale, e con ben’ confi- | gliarli, c con indurli alla pacc con delci aculei d’ amoreuoli efortationi. Non v’ ddubbio alcuno,che la potefta /pirituale preceda la F 2 tem- 124 De i qudttro fojtegni tetnporale,non per titolo di do jj . minio, m a di dignita .* non pt p- al ordine di foggetione , nia di d em rettione. je Si come le lumiere del Cie': g n fono dne, ciob, il lole, e la luna et( cosi que.lle della terra, cioe la pc ; tefta-fagra, e profana. Ciafchi p £ dum ha le fue particob fo funtioni : ne’ una deue effe in a’ irripedimento alPalrra; ma aro- pt bidne deuono lcainbieuolmentt porgerfi aiuto, e giouamento. m Si li larebbe fuor’ di natura, l a ii foie illuminafTe la notte , e ialu t c nailgiorno? Chefi direbbedati; d que, fe un’ Prencipe profano ii c trasferide a fare gl’ Ecclenadif B Sagramenti, ed un’ Sacerdofi g oicurafle il bel’iereno della ft t coldenza, con inuolgerfi trat' p tenebre di iecolari negorij ? Non ha ii Ponteficc un’ a dob I to Dominio nelle cofe tempor* I D tUa Mitiča 125 do li 5 ma folamente riftretto al fuo P c ftato: Queftoperod diffonde/e- ** eunSium 1 a voij 6 Regnanti, č concdlo ‘' l1 e Jere panem propojitionis, 6 pafeerui 1» del Pane deila propofitione, per- 1 " che c fagro : Ne meno a Voi, d Beatiffimi Padri, conuiene inuol- 3t! gerui piu del donere nelle cofe !“* terrene, e ne i dominij profani ^ pe chefetecrocififfialMondo. Giauna volta Plmperator, e lu* Regnauri aueuano nelle cole e ta* Negotij Eccleliaftici un’ autorita i l! F 3 mag- 126 D 3 i cjusttro fojlegnt maggiore di quei]a non aueuano i Poatefici ne i Regni, e Preneipa- « Politici. Manon dobbiamo per quefto accoftarcialPimniitatione de i fe- coli piu ignoranti : mentre in queih furono moke cole mala- menteoperate per ambitione,e per ufurpatione dcila Potcfta, tanto da Prencipi fagi, che Poli¬ tici. II qual dominante ab alb, guan- to fia da difprezzarfi, 1’iftelh No- ftri Antichi ce Pauuilorno , di- eendo ? Che un’ gran’ Rigore ncl dominare s’ oppone alla buona Giuftizia; echeunlmperiotrop- po alto, e rigido ha Ipccie di Ti- rannia. Sumutnjusjumma injuriit Con grandiffimo orrore fileg- gono i faftidij, e le difcordie,chc accaddero fra il Saecrdotio, e 1’ Impeno ne i tempi di Arnulfo, di Carlo CralTo, di Ludouico Baua- Deliči Toliticg. 127 ro, di Adolfo, di Filippo; ma fpe. cialmente in quelli degl’ Errighi, c Friderighi. LhftefToVerbo Incarnato c’in- fegr.d la Regola di tor’via tali contronerfie, quando difle: Da- tc aDio quelio, che e di Dio, da- teaCefare quello, che ediCe- fare. E bafti fin’qux auer’parlato con brcnita delle cofe afpettanti alla Religione: Ora pafliamo atratta- re dcllaGiuftizia, che e 1’altro foflegno d’ un’ Imperio, e d’ im’ Regno. cap. ur. Della Giufli&ia, J A Giuftitia, ed ilGiudizio fon’ i due Poli, in cui fi raggira quefto Mondo Politico. II Giuditio diftingue il buono dal Cattiuo, il Giufto dali’ In- giufto. F 4 La i?.8 Cap. TIL LaGiuftizia da puntualmente aCiafehrduno quello,che efuo,- c con egual’ Mii ura diftnbuifče k pene, c i premij. Quefta e di due Torti rCoinmu- tatiua, e Diflributiua: E 1’ una, e T aUra rende eterni gl’ Lnperi, e i Prcnctpi, inunditali. La fua voce ii fa fentire p er tutto il moiido, e difficiluieBte fuimilec, q-uando ia farna, e gloda d uiT Preucipe la Pomerita col fuono di commendabih opera- tioni, Sia quefta fempre fiffa nella mente dePrencipi; Mentrecom- prende tutto quello,chedilode, e dt beilc puof aucrc un’ Keguafl- te. Comprende la Prtidenza , in fapere far’ fcielta deli’ equita i comparatione delPlngiuftizia. La Temperanza , dalPoiTcr- tianza del la Icgge, chc ž partc ddlaGiuftižia^ La D e JI a Gruji! ti a. 129 La fortezza,eGenerofita; per- chč PHiiomo giudo nonparcia- jeggia nel rilguardo deile Perfo- nc. La Mifcricordia, eClcmenza, allor’ che lbuuienne agi’ afflitti: La liberalka, cjuando a milil ra del raerito ricompenfa 1’opera- tioni. La tranquillita delt’ animo, perche 1 ’ Huomo giufto e fempre 1’ lfteflo ; ne maiperde 1’ idea di si bella virtii. Pero chiamo col nome di Grandi Coioro, che veramente fon’ Giufti. Se tu dunque, d mio Prencipe, farai chiamato grande, conie giafuArcbidamo: Rtbon- dc coftantemente, che fei mag. giore di quello, perchc fei pm Giulto. Ideo major gnid J,ijlior. La ftatua di Gioue appreflo i Troiani ebbe una ioia orrechia, c tre Ochi. Simolacri di Gioue ir 5 lo- j jo cap. ur. fonoiRegnanti, perche per me- ritareilNomedigiufto, deuono auere piu Occhi, per bcn’ vedere, cpenetrare, cheOrechiperlen- tire j e credere. Doue la Ragione d fignoreg- giatadal fenio, non ha luogo la Giuftizia. Rdia tjuefta corrotta dal propric commodo, che ope¬ ra fcnzafagione. La Giuftizia dc Regnantinon deue cifer’ si femplice , e Buda 5 che tal’ voka non poiTa anch’cfia efTer’ veftita deli’ accortezza d aftuteza : dicendo ii Signote: fiate iemplici, come Colombe e prndenti conie i ferpenti: Nel quai’ luogo infegnano i Padri che skntendc la Prudenza Politica. La Giuftizia cosi mcfdoiata ri- ehiede tre cole: Prima, che fia in difda di fe medefima, non ia effda del Proffimo. Sccondariamcnte: Che 1’aftrin- ga Dell a Giuftiz.i(t. 131 ga un’euidente Neceflita, e Ra¬ gione della Republica : In terzo luogo, che fia a mifura, e nor* lo- prouanza requicaNaturale. Q|iando la Ragione refta fog- gctta alla Prepotenza, e che cio, che e piu d pofleute, 6 utile e giudicato piu onefto , allora la Giuftizia diuenta ingiuriola, e danneuoie. Non dominiamaggior’Giudi- tio, 6 Ragione in Colui, che ha piii fortezza; ma quello e piu Tor¬ te', che e piu Ragionevole, e giu- ditiofo. La Ragione puoPener’ forzata, ma non opprefla : Et a gnila della Palma, quanto piu for- zatamente e piegata, tanto piu gloriofamente rilorge. Non deue un Regnante ap- prezzar’ la Giuftizia, lecondo il valoredellcirue Torze * deue ben- si fpendcr’ quefte lecondo ii va- lore di quella. F 6 Pero j3'2 v €4. ur. Pero non prefuma far/i /oggetti quei Prencipi, che fon rneii' po¬ te n ti di lui, fc non vuok cifer’tac* ciaro d’ I n g iu ito, e d ’mu m: no. Laforza rompe laGiuftizia, il fenfo la corrompe. Ogni violen- zatoglieilrettocorfoalla iti a bi* lancia*, e un’ genio troppo par- tiaie accieca talmente ogni Giuditio, che conParide non sa fcotgere m Giunone g! 3 accreiei- menri del Prencipato, ne pnd ap- prcncler’ da Pallade Parce di ret- ramenre regnare ; n;a bensi fe- guacedi venere anela fo!o lade- iornnta de fenfuali- piaceri J Adorano moiti la Giuffizia-) non perehe tenga in una mano !a ftatera deli’equita; ma perehe con Falrra ftringe la fpacla per vendicarfi di chi Poffende. '.Via la retta-Giuftizia impugiM la Gada, e per difcG dell’eqnira> e per ferirc cdioro } che appefialia fua DtttaGruftfaia. 133 fua ftatera, fon’ trouati leggicri nellaqua!it* delPoperationu Poco tempo dutd apprcfioi Romani la leggc Cinica, che ne- gaua la aicrcede a chi oraua a St¬ vore deli’Accufati: Poiche in quefta guifa periiia Plnnocenza lenza Difenforc; c giaceuano le Caufe, benche ottime>e giufte, perche da Niuno patroanate. Onindie che parnih dalMondo Alfrea, perche Neiluno la di- fendeua, Qpel Prencipe, che non difen- dc la Giuftizia d puhlica,6 priua- ta,none meno ingiufto di quel- lo, chcfempreadopraia (pada, e maila bilancia deli lletrittidine. Eingiuilo , chi di qualimque cofa non pefa rettaaiente le cau- ff; rna bcnsi prodira ogni occa- (ione p-r ulufpa k c 1’ akrui (o- ftarizc. F 7 La 134 C*/. Hi¬ lla Giuftizia difarmata sa di- fenderficon lapropria Innocen- au za; Ne mai fara opprefla, fe non te quando fola vorracedere vilmen- ni tcad un’armaco Potere. Poiche ti 1’iftcflo tempo, che fpefle volte d in un’momenco rifolue, e muta piii cofe, fomminiftra d’ improui- c fo le forze a difefa del Giuflo. n La iperanza d’una buona cau- c fa apprefta 1’ali, par arriuare col a volo alFAquiie Vincitrici, anco c per mezzo le iquadre deli’ iftedi Nemici. i II Prencipe auera il Nome di i Giufto, ie nel modo, che c Au- tor’delleLeggi, fara anco diclfe olTerumte; e le cio che auera de- crctato negPaltri, fara con 1’efem- pio bene immitato da Lui. Ne mai ohenden la Maeftadel fuofuglioife bemgaamentc rice- ucrai luppiicheuohji Poueri, gl* Ani:ta, e 1’ Gnani benchd fahi- dioli. Sc Della Giujiizi/t. I3£ di- Se alla granita del gouerno ‘fl- auera congionta l'eqnira,lc afcol- m teravolenrierigPopprefli, feper- n- nietteralegittimamente il Giudi- 'ič tio, e Te porra il freno alle forze te de i piii Porenti, ta Gia un’tempo a tal’fine erano i- creatiiRegnanti; cioe: Pcram- miniftrare la Giuftizia a i Popoli e corrcggere 1' operationi mal- 1 vaggie. Dicere Jus populiš injujla- ) qut tolUrefaBn. i La Giuftizia allora č grande- mente encomiata, quando ii sno- t ftra pronta in qualunque acci- dente, quando non č prolongata, quando č piii giufta, che rigoro- fa, e quando m fonima non e ve- nalc. CAPO iv. Del/e Leggi. J^E Leggi fon’ parre dcPa Giu- ftizu commutauva; JL’iftdlb Pren- 136 Cip* IV. Prencipe e unalegge animata,die ^ fiara’ tenuti a fequire: Capo, ed i A utor’ della Lcgge, a cui dene * obedirfi : Regola, e Cinoiura A j qu.elle cofe, che deuono inčami- - narfi per li fentiero deila Giu- fhzia. Non hada !o feriuer’ la t.cggf; fnf marino, quando la Virtu, c difpolmone di qučila e piu dale e corrucnbile d’unazucca. Le Leggi deuonfi piu toflo rir ftringerc, cheaccrefcere; perche la moitiplicita delle Legge cor- rompela Republica. E vero che i Regnanti fon’ ca¬ pi alic Leggi, non pero in manie- ra, che non aeuino offeruarie: Poffono bensi, conie Tali , a 0- lirle niutarle, e -derogarlc lecon* do chc nchiede la lafutcdel Pu¬ hlico , c la confuetudme del luogo. 11 trafgredire a qucilc, e snale; , DelU Lefpi. 137 j rna il riformarle fpeflo e needlica: 1 Perchš col progreffo de! tempo mutandoli i m >h della Repah.ca, li (i deuono anco appreftare nuo- vi ri medij. N011 tutre le Republiee pati- icono del medeffinio male : Ne femprc unhftefla Legge e valeuo- le a medicare tura 1 danni di qucllo. Si conie il Prencipe e A utor’ dellc Leggi; cosi a Lui s’ afpetta il vendicarfi de Trafgreffori: On- de inutilmente fa operare a fuo modo Colui, che non pud , d non vuole sforzare alPofleruanza di cio,che ftabilifce, e comanda. E minor’ male il perdere un’ Hu orno, che diftruggerda Legge; perche quello e un’ lolo, epriua- to; e ijadta e uniuerlale, e pu¬ hlica. lda .torita della Legge eindi« vila da uiiiprcncipe; c 1’uidilcre- ta 11$ Capo IV. ta prenaricatione di qucfta Jo fa venirein dilprezzode Popoli. La Legge aliora e di grandc au- torita,quando il Legislatore fi fog- getta ali’ ofleruanza di cio, che ha comandato. Roma commenda Romolo, corae fuo primo L egislatare ; ma piiiapplaiidelaGreciaa Licurgo, perche alle Leggi da Luidecre- tate moftrd con gPeffetti una, inuiolabile oiTeruanza. Neduno fara eredere perfacili quelie Cofe, alle quali eflo s’ op- pone coni’ opere. Ii Prencipe efler’ dene un’co- ltantiffimo eiempio nelfolTcruan- za della Legge fe eflo e inofler- vante,non puofenza fuo roffore punire li preuaricatori. EverojchediRenonlon’ pre- fcr.tte le Leggi; ma pero gl’e prelcrittafonefta, e forma, che da 1’amuia aiie medelime. La "Delle Leggi. 1 39 LaLegge,chenoa hapropor- . tione con la virtu, non č Legge: A’ baftanza pero s’ unifce con quella, quando corregge idifet- ti> e gl’ errori de Cittadini. Pruna d’ ogn’ altra cofa e d’ vopo, che il Prencipe cognofca la Natura,ed il genio, la neceflita, ei commodidelRegno, e dello Stato ; accio poda appropriare al niedefirno quelle ieggi , chc merita. Alcunc Leggi li deuono a i Re¬ gni opulenti,alcune a i bifogno- n: Altrene richiedono le genti feroci, alcre ne vogliono i Popoli piu piaceuoli: Akre fi recercano nei Regni acquiftati, altre ne i fuccefliui: Ed altre infomma gio- vano pm ne i Regni elettiui, che ne i nouament’erreti. Le Nationi barbare deuonli alletare con la dolcezzadelle leg¬ gi: InuouiRcgni, e di poco ac- qu ul ati I.fo Capo IV. quiftati abborrifcono le Nouita- GPeiiciiui il piti del!e volte dan’le Leggi agPeletti, invecedi rice- verie: Ne i fucceffiui ha i : R.e- gnante pm libertanel dar’ le Leg- gi, perche piu volentieri s’ ac- cettano da i fudditi. Deuefi ancora auuertire vila forma, efpecie del reggimento: ' Poiohe altre Leggi fi danno nello Stato Poliarchicoj altre nello Sta¬ ro Monarchico. II Prencipefenon eben’ muni- to di forze, e d’armi, non fia faci- lesd ordinare rigorofi ftatuti, e nouita odiofe, benche ottime di fua natura; e Ipeciahnente nePo- poliaflueti a viuer’con liberta. L’Inquifitione del S. Offizio (cofa in folita alla liberta Ale- manna ) fecetrcn^arelapiunobil , Parte della Germania,e quafi tut- tc le Prouincie Fiamminghe: Talmentc che riggettato 1’Ifpano ‘Do- Delfe T.cpoL 141 Dominio, e dipiu abjurata la fe- de Catrolica, fr dichiarono di vo- ler’ viuerc con liberta: L a done per il contrario quefte Gente be- neornatadi fcicnza, e di virtii , mai larebbe precipitata in fimili errori,oalmeno non hauerebbe auuto un (imil pretefto. Lo ftabilirc Leggi impoffibili c vatiita j per heniunacofa obliga agFimpoffibili. Qualunque Legge č di due forti, cio Naturale,e feritta: La prima č chiamata dettame dclla tlagione , da Alcui Cofcie.nza : La feconda, cioc la feritta, d d Diuina, d e Črnile; e Tuna, c raltraapparifce nclle feritture. La Diuinafi diuidc in due mo¬ di: In morale, chcrilguarda i co- ftumi degPHuomini, come e il Dccalogo : Et il Ceremoniale che fi ftende neli’ ofieruanza de fa^a Rm. La 142 Cap« IV. La Ciuile, 6 d rautabile, 6 fla- p bile. La Rabile e quella, che fin’ f c dafprincipio del Regno fi e man. d tenuta nella p~opria lua forma, ede ibndamento immutabile del- t lo ftato ; in guila tale, che man- c candoeffa operifceMftato,oper 2 lo menola forma del buoifgouer* s no. Cosi vien’ detta la legge < falica nella Francia j enellaŠpa« gna la Caftellana. La mutabile e ogni Relčritto, d ftatuto del Prencipc, 6 vero del- la Republiea, il qualc fi fa in lalute particolare, 6 uniuerlale della Communita ; E lecondo 1 ’efi- genza dei tempo, edella Publica neceflita, R puo confermare, to- gliere, eampliare. Le leggi Ciaili infegnano nella Repubiica il modo deli’ operare: Di qui č che fono ftati eretti i Tribunali, doue fi amminiftra la Giuiiiziaj c collttuiti i Giudici 1 per | DtKc Ltogl 143 per bcn’ cognofcere, e giudicare, fe 1’ opcrationi de ifuuditi fijno dentroj e fuor’ della legge. Poiche le leggi fenza Magiftra- to, d Giudice, Tono im’ vento, che prefto palfa, un’ Organo fen- za liiono; 6 pure come difle un 1 altro: La legge fenza 1’efecutionc e una Campana fenza battaglio. Čap. v. Delit jlmminijlratori della Giujtiua. TJa grandiflimo merito,chipro- nuntia una giufta fentenza. Poiche (come diceua iiRčGio- fafatj non effercita il Giudicio degl’ Huomini, ma quello di Dio. S’ ajiontanino dr.ll’ elfer’ di Giudice Coloro, de i quali difle ilfauio: fon falfi nelgmdicare i Figlioli degl’ Hnomini. L-orrompono la Giuftitia quel- j 44 C iipo V. h,che nonvogiiono,6fi vergog- d nano d’ amrmniftrarla : Lacor- d rompono, perche non la fannol chi fi dene. 1’ Il Fuoco, dice Giobbe, diuo- il rera i tabernacoli di coloro, cht c riceuono doni, dregali. Gl’oc¬ eni dieffifarannoaobacinatidal- c lo iplendore deli’ oro> e non po- I tranno ben’ fcorgere il Tole deti | Giuftizia. * Non e benc frcplica il fauio nel Prover&io6f .) il partialeggia- 1 re la Perlona nel giudicare. 'Maledetto quel’Gmditio, in ] cui ad uno apronfi ambiduel’ or- ecchie, e fi 1'errano ali’ altro. I Giudici deuono efle-re a gni¬ la del Tole, il quale fi come nel diipenfare iiuoi raggi ccomnui- ne tanto al Pouero, che ai k iccof Gosi diindgiudicare non dcuO- no kiiguaruare la condidofl« D tUi Amrninijlrniori G" c. 145" dclle Perionc, ma bensi la qualird della caula. Neli’ Amminiftrar’ la Giuftizia 1’ auer’ rifguardo ali’ Amico, č 1’ ifteflo, che far’ diuentare 1’ Ami- cizia unaCongiura. II giudicare con troppa fretta dimoftra, elTere i Giudici poco prudenti, e molto impetuofi : II f >rocraftinare il Giuditio accula ’ Ifteffi di corruttela. I Giudici buoni molte volte per mezo gl’Amid procurano piiitofto raccordo,cnelamulti- plicita dclle liti. La Giuftizia e lempre 1’ iftefta; c pero nelle cofe iniquamente operate da i Giudici ingiufti, non dobbiamo lamentarci di lei; Ma bensi diquelli, che bruttamente la corrompono. Deuono i Giudici de! noftro tempo immitare Gioue Re di Atene, cnchnonteOlimpo (doue G c ua’ 146 C cipo V. e un’ aria purgatiffima, e non fog a 1 getta ne a turbini,ne ali mcoftan f< za de i ventij coftituire i loro Tribunali: Accio 1 ’ Oppreffi, e;l’ Innocenti inun’Luogosi fagro f riccorrino ad effi con laficun r lperanza d’ ottener’ la Giuftizia t e di non efler’ pofpofti ne ali uril’ prmato, ne al riguardo delit < Perlbne. s L’ Ignoranza de Giudicipro- ftituifce il Giuditio : i Rilpetti ! urnam lo corrompono : L’ Aua- ritia lo falfifica \ E la vendett. 1 onninamentel’opprime. ; I Giudici, bilogna che fijno 1 accorti, fagaci, patienti, intrepi- di, modefti, piaceuoli, everaci; E che fecondo la brama d’ Ifaia Propheta, la Giuftizia fia ilCinto- lo de i loro lombi. Son’ degni di granMode qud Prencipi, che aile volte per tempo | intcruengono a i Magiftrati, od alk D-Ui Ammmijlratori) <&"c. T47 alle refidenze de Giudici; E quiui fenton’ le Parti, ed efannnano lc fentenze di Quelli. Pcrche neffiun’ Magiftrato e ef. fente dal rcndere il conto, e la ra^ione della lua Amminiftra- O tioae. E Offizio d’ lin’ Regnante at coitare le querele de Poueri, c arnniiniftrargli buona Giuftizia. Ma non potendo fempre un’ Prencipe da per fe, cio operare; Almeno nel commettere ad altri quefto fuo Offizio, non rifguardi alle Perfone, ne eleggaifuoi pid čari, e familiari $ Ma foto abbi mira alla qualita ai tale offizio, ed ali’ induflria di chi (ara deputato ad efercitarlo. Non fia un’ Giudice folo quel- lo, che iiibito dia 1’ ultirna Sen- tcnza dx qualfiuoglia caufa ; Ma fidijno in cialcheduna piuGradi d’ appelh. G 2 Edi 148 Capa V. £ di maggiore utiiita Pamette- re alPOffiziodiGiudice i Riccbi, p che i Bifognofi : Perche quclli d fon’ men’faciliallc corruttele. Si proua pero per cfperienza, p che alle volte i Giudici piu lono 1; opu lenti, altretanto fono auari; a E che I’ ingordigia tanto puo n frenarfi in un’ Pouero per a mor' 1 di virtii, che tafiarfi in un’ Ricco i per tedio di efla. « Finalraentc ne la molta quan- titade Giudici ne il numero dcgl’ Auuocati, ne un’ gran’Chaos di leggi innumerabili, ne tampoco 1’ lncefiante brama de litiganti ftabililčono la giuftazia, 6 vero procurano P uniuerfale lal.ute; anzi che piu tofto, non meno che fa lamultiplicita de Medici verfo un’ Infermo rendono la Repu- blica mal’ fana, e quafi del tutto languida, edebole. IiPrencipe buono daper fe ftd' fO) D tUiAmminiftrcttori&c. 149 ■ fo, 6 vero con Pochi maiaggi, j pondera, giudica, e termina le i difcordie e liti de fuoi flidditi. Quefte le compone piii con la 1 propria bonta che col rigore dei- 1 la giuftizia : E pone il Ireno ali, auaritia di quelli Auuocati, che in vece d’elTere SacerdotidellaGm- ftizia (comeli chiama la legge) fonTagrileghi adoratori delPoro, e Carncfici della rnedifima. E in fatti fi vede con 1 ’ Efpe- rienza, che in capo ali’anno, piu fi fpcnde ne iProcuratori,che ne iTributi fagri, e profani. Tu per tanto, 6 mio Prencipe, diminuifce nel tuo ftato le liti, e impone leueriffime pene a chi fen- za ragione le fufcita. Toglie di qucfte le dilationi col findicato deGmdici, cMa- giftrat;: Punifce,sipunifcelema- htiofcfinezze, ecauillafioni degl’ Auuocati: E rimuoue dal tuo G 3 fta- l^o Capo V. fhto vergognofamente coloro, i ehefono Fomentatori, ed Autori i delle Medefime. Cosi con la breuita delle liti 1 ftabiliarai laGiuftizia,econ 1’in- i tegrita cerleruarai la Republica. 1 Ma e tempo ormai, che doppo auer’ trattato delle leggi, e dei giuditij, io faccia padaggioa/ Premij, ed allepene» comeParte 1 dcllaGiullizia. cap. vi. DelU Premij. TVrOn e arte mcdiocre llfapere giuftamentediftribuire i Pre¬ mij: Quefti, benche piccolij^ fon’ replicati, le Tono piu obli- ganti di cjueili che fatti unaFol’ ' volta con troppa lib e rali ta , ren- dono il donatore impotente a continuarli. Non dona chi non ben’ donai Al Prencipe e lecita quella ufura, che Delli Premij. 151 3, ehe ricompenla con la reraunc- )ri ratione. _ _ Caligola dono piu aflai di Gia- iti lioGefare; Enulladimeno f u fti- 11. mato piu liberale qucfto, che quello. 0 Tal volta i piccoli Premij con- ‘i teftano una maggiore obligatio- 1 ned’ i Grandi; Perchequefti no n s s’anno totalmente per Premij, ma per Igrauio di debito. DifFerifcono grandemente tra diloro i Doni, ecl i Premij; Ben- che ambidue fcamrifchino da an’ J fol’ fonte della R.egia Mumficen- za» I Doni fono aguifa degl’ami, che fan’ preda, anzi rapina deli’ altrui volonta : Ma i premij fide- uono folo alla virtu. II Dono indebolilce, e cor- rompe la Virtu j 11 Premio la con- ferua,e 1’ accrefce : Qiiello fi da fenza merito, e rende otiofe le G 4 per- 152 Capo VI. perfone : Quefto incorona Pat* tioni epoiche, e rifiieglia i! buon’ Cittadino a fare anco confatiga, e ftento gcnerole attioni pcr la Republica. II riceucr’ Doni e i’ ifteflo, chc legarfi acompiacere il Donatore, di cio che richiede. La Madre diSanfonc arditemcnte difle : Sc IddioaucOi voifuto darci 3 a Mor* te, non aaerebbe dallenoftre ma- ni rieeuuti gl’ olocaufti, e i’ob- lationi. Se alcuno riceue Doni non ne* ritati, vendc la propria liberta ai Bonatore, Pero il Signore ci ammoni nell’ e fodo : Non rice* uerai qneiDoni, che tolgono il ltimedcll’ Intellctto anco a ipiu faggi, e fouucrtono le Parole de Giufti- Ma fpecialmentehrifbrzadine- ceffira quel’ dono, che d riceue da chipud comandare. R. edamca* tenata D tlli Atttminijlratori š"c. 153 tcnata la libertadi Cokli, che d bcneficato dal ProprioRegnante. I Prcncipi col’ remunerare i Malnaggi,6 celano i proprij vi¬ tij, dconPaiuto diquelliliman- dano a line. Nerone per tirare allalequela de luoi vitij la prima NobiltaRo- mana, nel folo fpazio di tre an- nilaregald dicinquecento talen¬ ti d’oro. Qnmdi refo elaufto il fuo te- foro, attefea i Iatrocinij notuir- ni, lupplendo al difetto con le rapme. Un’ Tol’ Lndouico XI. Re di Francia confumo piu oro in cor- rompere 1 Mimftri de Prcncipi, e Regnanti ftranieri, cioe di Car- lodi Borgogna, di Giouanni di Brittagna , d’ Eduardo d’ Inghil- terra, ediRenatodi Sicilia,' che in tutte le guerre da lui fatte m ogni tempo della fua Vita. G 5 Quan- 2^4 Cafa vr. Quando gP Altri guerreggia- vano tra di loro, queito a torza d’oro fcmpre conferuo nel fuo Regno la pacc. Con Toro ab- bacind Foculatogiudirio ditutti i Prencipi) e foggettd aila fua Co- rona Paltrui Stati. Con Toro corruppe la fedcltž ditutta PEuropa, e d ali e Regie ftraniere tirdai iuo feruitio i pri¬ mi Huominidel Mondo. Perd il procacciar’ PAmicizie con 1 ’oro, eftratto dalle miniere defudditi,bcnche fiauiPartefot- tile, non pero e fempre lodeuole. Piii perde allora il Prencipe, che non guadagna ; mentre cib che tolze a moki, lo conferifce ad tin’folo, d a Podu; e Podlo di quelli fupera la beneuolenza di qucfti. Anziqueimedefimi, che fono inalzati con perdita, e darino degPAltri cadono il piii delle volte Delli Ammlniftrutori š"'c. 155 volte vittima del puhlico fdcgno. Lacopiofa Iargita de i Prenci¬ pi cagiona ne ludditi intollera- bili eltorfioni, come fpefib fperi- iner.td la Franciafotto Carlo IX. & Henrico II. I doni troppo eccedenti fan’ la ftrada allc rap;ne. Foiche nel modo, con che fi ren- dono cfaufti, cosi fi riempionoi teforide Prencipi,cioč per mez- zo di ncfande operationi. Non pero ogni dono, ne cia- fam’prenno conlifte femprenell’ oro, e nell’ argento ; Ma anco ne i titoli, e Puhlici offitij de Ma- giftrati, che propriamentc.fi de. uono aChi, ha merico. I Gred, ed 1 Komani perdU ftinguere la merccde dal Premio, non diftribuiuano le Corone d^ oro,d’argento ; Madigramigna, c di cjucrcia. In quel’ tempo i Benemeriti G 6 deda 156 ‘Cap 6 VI. dclla Republica s’ affatigauano folo nell' acquifi:o d’una gloria immortale ; E pm fhmauano la Tirtn 3 che qualunque a!tro Dono d’oro, ed’argento. II Confolato negato aCatone (del qual’ era degno 1’integrita d’un’Huomo siGrande) econ- ceflo a Gabinio, fo!o perche quefl:o era meiPIeuero di que!lo, j riempi di luflb, e di milic altri "vitij la Romana Republica. Non proud maggior’ male la Republica Atenide, fenon allo- ra,che intimo 1’efilio aqueidue Grand’Huomini Ariftide, ePe-, ricle : E quando dato aNicia il fuplicio > ed a Socrate il velenoi foftitui nell’ Imperio Cleone, e Trafillo,chc niolto meno aueua- no operato a fauore di efTa Repu¬ blica. Anco i tempi prelenti fon’ la* 1 grimcuoli,mentre anconellano- ftr* ' DeM Amminiflratori &c. 157 ftra c ta piu fi contribuifce al fa- uore, che alla virtu. Gia ima volta non fi Pcorgeua chiarezza piu tara della Nobilta: Ma ora nalcono i Nobili da im’ ora alPaltra aguiPadelfungo. I Primi carattcri di Nobilta, cioe di Baroni, e diConti, non fi concedono agl’ Huomini forti, e Virtuofi ; Ma a quelli che fon’ piii potenti di denaro. Prdcntcmentefblo il Denaro, c non la Virtu emerito della Glo- ria: 6 Gmftizia iniquamente cor- rotta! E in vero e cofa maruigliofa, che fino ad ora non fia ftato Al- cun’ Prencipe,che abbia alla Pola Virtu cont lbuito P onor’ della Nobilta: Anziper il contrario fi e veduto, e fi vede, che quefto Polo ficonPerifče a chi e benefica- to dalla Portuna, cioe a chi di- Pcciidc da Nobil’ Profapia, a chi d G 7 iegato 158 Capo VI. legato con vincolo d’ illuftri Sponlaii, a chi moko poffiedc,e achiin fommaha in forte di go- derealtn beni efteriori. II vero onorefemprc va dietro achihalaVirm per Compagnaj E la vera Virtumai d dilgiunge da chi degnamente l’apprezza. Mali comc la Virtu merita H premio ; Cosi quefto dene corv- tribuirfi, a chi la podrede. Opariti, oh quanti fofpirano eheanno il merito $ ne per que-. llo fon’ rilguardati con 1’o cehi o deli’ equrra : La loro modeftia gia lungo tempo aipettaua il pre- mio alle virtuole fatighe ; ma quefto dalla troppa lunghezza fh pofto in obilo. Gia ima volta il Senato Ro¬ mano riceueua auanti ie porte dellaCittaColoro j che ritorna- vanodal’ t guerra gloriofi, e tri- onfanti; accro nonskiiterponef- fe . . Belli Ammmijlratari &c. 1 59 ta fe dimora alcuna tra il merito, cd > e il Premio. J ' Sempre il premio fi merita con piu fatiga, che non s’ ottiene: 0 Maquando qucllo fi conleguifče '1 in eta cadente,e martirio maggio- 1 re, il non poter’ lungo tempo go- r derlo,che non goderlo del tutto. Dauide auendo uccifio Golia, >er la conuentione fatta conSaul- e, meriro in Conforte la Regia 1 figlia Micolia: Kon auerebbe pe¬ ro ottenuto il premio dellaVit- toria, fcnonaudfi anco prefen- tato alPIfteiTb le l'poglie,cioe cen- to preputij di loro di tanti Fili- fteiuccifi. Ad aleuni e piu accetta la fola gratia ed encomio del Prenci- pe, che tutte le ricchezže di ;Vli- da, 6 iTefori del Partoio. Eamohi bafta folo che dal fiio Rcgnante fijao conolčiuti i lor’* meriti. Ipiu l($o C/tpo Vi. i piu volgari elementi della Virtiifonoi premij, e la fperan- zadegfonori; perchequefti an- codalla ciecafortuna fi conferi. fcono ; benche con gran’ diffe. renza. Poiche tutto cio, che da la for« tuna prouiene preftamente fua- nifce ,• Ma il merito della Virtii c lempre dureuole. Chi prefto remunera, doppia- niente remunera: La dimoradel premio auuilifce il prezzo del me¬ rito. Chi lungo tempo differi- Ice la mercede, pare, che quafi li fcordi dclfopera preftatali. Mardoche d riuelo la congiu- radegl’ Enuchi contro di Affue- ro: Quefti furon’ ben’ tofto pu- niti,ma quello fupremiato dop- po gran’ tempo. In tal’ guiia, i Prencipi fon’ ricordeuoli della vendetta, ma immemori de Be¬ ndi tij, La la 1 - u i. "Delti Armninijlrntori š“c. l6l LaVirtuč premio dife mcde- fima. La fua gloriofa memoria laflata alla Pofterita agguaglia ogniniercedctemporalc. Chi s’ aflatiga ncl coltiuarla, raccoglic frutti d’etcrnita. Pero tanto nella paflata era, eheprefente, la Virtunon e cosi doke, che fenza elTer’ condita col’ imele, cioe con la fperanza della merccde,edel premio, pof- ia bafteuolrnente fatiare gl’appc- titi degi’Huornini Grandi. Anco Simonide dalparco, cSeneca dal fuo Prencipc furon’ remunerati con fplcndidiffimi doni. Ma pafliamo da i premij alle Pe¬ ne, che fono una Parte della Giulhzia vcndicatiua. CAP. 162 mi -X- CAP. VIL Detle Penne. Q Uefta in una Republica ion’ piu neceffiirie di quelli: poi- chela Virtii di je ftc/TaeMercede; ma i vitij ban’ bifbgno del freno. Fin’dal Principio del mondo comincio la legge penale, mentre fottopenadimorte fuvietata a i Primi Progenitoriraflaporamen- to di quei’pomo, chependeua dalPAlbero del Bene, e del male. Sidauano le pene appreflo tut- teleGenti, manongia leleggi, le quali ebberoil principio mol- ti fecoli doppo, cioe prima dai Greci, e poidaiRomani. '1'olte le pene, e che altro la«* rebbe il mondo , fe non un’ Chaosditutti i vitij, e nnampio Regno di fcelleraggini ? Ipri- Capo VII. Delte Penne, 165 I primi fondatori dede Repu- blice maiftabilirono.tanti premij a i meriti, quanri ilipplicij deter- minorno a i misfatti. Lelcggi penali tolgono ilnu- trimento ai vitij; altrimentc que- fti fempre piu s’incalorircbbono ad urdfiioco ineftinguibile diicel« leraggini. Non v 5 č fprone maggiore a peccare dclla liberta di peccare: della di fimulatione de 1 publici delitti, 6 deli 5 lftcfla imputlita. Interrogato Anaffimandro da Clcone; Pet qual 5 caufa ta n ti, e tanti vitij fignoreggiaflero nel mondo, tifpofe: Perchč mai, d di rado fi puniuano i Malfattori. Ilprimo errore lo commetteil Reo, ilfecondo chi lo diffimula, ilterzo chi non lo punilce, men- tredeue, e pud farlo. II dclitto pafTato, e non puni- to, c prefagio de i prefentie de fu- 164 Capo VIT. futuri. Uprimoapre la ftrada al fecondo, il feconao a molt’aitri) neila forma , chc fanno 1 ’ anelli nella catena. II Prencipe chc non mifura giuftamente il merito deludditi, eodiato d’effi ; Anzi ne meno c obbedito, quando vedono, non elTer’ puniti gPaltrui demeriri. Molti fon’ condannari inno- centementc, ma pero giuftemen- tc puniti; perche tal’ voita per certi delitti altroue commeffi, ii doueuano purgar’ per occulto giuditio di Dio. Mai fperiilperdonochičcon- dannato ingiuftamente. Quelli che condanna 1 ’Ingiu- ftizia,fon’ del tirno abbandonati dalla fperanza; Perche il piu del- le volte fon’ vittime de! priuato comodo, opuredellavendetta. Chi egiuftamente, condanna- to,piii faciimente ottiene il per- dono i T)eh Penne. 165 dono; perche non tanto s’ap- prczza la Ragione del Puhlico, quanto lo ftimolo delle priuate paflioni. Quandoun’ inriera Commur.i- ta, o una gran’parte d’effafara rea di qualche cieiitto, fi reftrin- ga la pena aPochi, ma l’elcmpio n dinonda in tutti. Se douefiero i Prencipi punirc 1’errori di tutti, ericompenfare i meriti di cialčuno, finirebbeil mondo, e quafi tutti i tefbri fi Rendcrebbono eiaufti : Poichc chi e , che non preluma d’ auer’qualche merito ? 11 Prencipe non punifča mai da per fe, ma per altri: I premij pero Lui Polo li contribuifca. Chi erra, deue efler’ punito; non pero il gaftigo deue inoltrarfi ataPgrado, che priui ti delin- quente di queIIaDignita, che tal- uolta pofiiede j Purche quefta d nou 166 Capo Vir. non poteffi eflcre compatibi. le con 1’ errore, 6 la Pena iftefla foffi la priuatione. Non e buon’ Medico, chi me- dicando uccide : Nemeno e buon’ Prencipe chi non sa cor- reggere i iiioi fudditi con altroj che con catene, e fupplicij. Non perqueftodeuonfi trahf- fare i tormenti, ma prouedere, che non fidiaoccafione allefcel- leraggini, elaliberta contro le leggi dclle Republica. £ necelTario punire i delitti commefi •, Ma 1’ impedire che i non fi commettinoj emaggior’ gloria. Ogni Ragione commanda) che 11 afcolti ll Reo,prima di Pu¬ tiki o : Poiche la difefaconuicne ad Ogniuno perbenefitio di Na¬ tura. L’ iftefTo Iddio, acui nientee nafcofto, e ehe e Giudice di tutti - i vi- Df//e Pentie. 167 iviuenti, non puni il prirao dc- litto del mondo,fe non quando, chiamato in giuditio Adamo, lo fenti confeifare dallapropria fua bocca. Galba meritd 1 ’odio ditutti i Romani, perchč prima di fentir’ le difiolpe, permclfe il fuplicio diCingonio varrone, ediPetro- .nioTurpiliano. Benche fijno colpeuoli, fon’ reputati Innocenti Coloro, ai quali fi nega la difefa, e ’iPatro- cinio. L’ pene capitali, quando fon’ differite, lempre fi pofiono riafi fumere; Ma le faran’ gia feqnite, e impoffibile il renocarle. Con fatiga fi pud dareunafen« tenza si giufta, che la precipitola cfecutione della pena non fia 10- giufia. Regnando Teodofio ,ilpiacc- uolc indulto di quel Prencipe ele. 168 Gr/. VII. clementiffimo trattcneua I’ efe- cutioni delle pene capitali fino allo fpatio di cjuaranta giorni Non tutti i delirti fono della ] medefima qualita: In alcnni non b efpediente I’ indagio ; Anzi t qucn;o h rende piu acerbi, e peri- i colofi. ] Altrimente d foli-to proceder/3 j ne idelitti priuati, altrimente nc j i Puhlici: Variano ancora la for¬ ma i delitti commeffi in caula di ] karo, i Notorij, i fofpctti, i dub- i biofi, i eonfeifi. < E da Huomo il compatire, 6 I difiimnlare i delitti priuati; O pu¬ hlici pero deuonfi publicamentt 1 punire, accid non faccino i’ adito i a nuoue fcelleraggini. c I Delitti conrelfi, e Notorij, fi come non han’ bifogno di r proua ; Cosi per il contrario i <■ fofpctti, e dubbiofi richiedono c mia prudente iaquifition«. c La DtXc Verini. 169 La pena prolongata ne i delitti commefli in materia di Stato, il f nii delle volte cagiona in breue a Rouina della Republica. Deucli fubitamente procedere contro quci delitti,ne iquali e£. fendo coricorla la volonta Pem- pliccmenie, meritano qualchc pena ; c feviconcorfe con Pet fetto, la lticritano capitale, E Polito de Statifti il pigliare le cole dubbie per certe, erepu- tarMclblpettc pcrcomindTc; Da che nenaPcc llpericolo drtucala Republica. La ficrczza delPantiche pene, habiPogno del freno: Balti Polo il recider’con latefta del deiin- quentc 1’ occalioiPdel delitto. lin’ Gane, che č morto , non morde : Nčun’ MalPattore tolto dal mondo hi piii vagliadi nuo- ccre, ne con P opere ne con P clcmpio. La H 170 Cap, VII. La tiranna inuentione dicru- deliffimi tormenti dimoftra, elferc il Giudice pni vendicatuio, chc giufio. Un’ in folita forma di tormen- tare e di niaggiore offefa agl’ oc- chide iRiguardanti, che non fb- no Fifteffi delittide idelinquqn- ti. Gl’ Inuentori de ifupplicijpA orribilijfuron’ quali i primi aij?e- rimentarli. Non mancano di cid le Ivlemorie laffate a i Pofteri per efempio dagl’antični Scrit- tori. Quelle Car ceri crudellfime delto Francia al tempo di LudouicoXl- fiirono inuentione dciVefcouo Vcrduncnfe: Ma vendicandoid- dio una tal cruddta, permelfa che elfendo egli il primo ^dcf- fer’ riftretto tra quelli orrori pef comando del R.e,prouafle perlo fpazio d’ anni quattordici quel’ D e.lte Pinne. 171 tormento, che per altri aueua inuentato ; E foffi piu infelice di Perilio per un’fupplicio silungo. E irnpoflifeile che un’ Principe, quakcon lacrudeltade -torni e n ti atterrilce ogni uno, non fia anch’ eeii sbattuto rial .tirnore d’ al- cuni. I Sudditinon amano quel’Pren- cipe, che rion li punike comc Figiioli, nia bcnsi li perfeguita co- mc Nemici. Tl gaftigar’ fen za amorenon d attione da Prencipe giufto, ma vendicatiuo. L’iftefliaqima!i non fon’ condotti al macelio per odio, iliafolo per la ncceffita di confernare 1’umano Indiuiduo. I delmquenti, benchč icelle- rati, non perdono 1 ’eflere d’Huo- niini •, e tanto Ion’ degni di com- paffione, per la commiinicatione deli’uniana natura, quarito meri- tenoli di puhlico gaftigo per le loro lnaluaggita. H 2 De- 172 Ccp. VII. Deuefi aucrc a fdegno il pec- d cato,nonilPeccatore. p II rigore, e la troppa feuerii allora maggiormente č nociuai I quando foprauanza la malignita i de) difetto. 1 I riniedij fuor’ di tempo appre- 1 fiati, piu incalorifcono i delitti: ; Poiche fi coiue urPmale inucchia- to piu fi mitiga con la moderatio- 1 ne, e dieta, che con 1’opera del Medico j Gosi gl’ antichi mali dellaRepublica in vecc di toglier- fi, piu s’ inafprifcono con i’un- portunitade fupplicij. Vi fono alcuni delitti, i quali benche commeffi, bifogna finger' di non faperli Alcuni non o£ feruarli, prima che fi commetti- no; ed Altri, benche non coffl- mefli, attentamente fpiarli. DegPHuomini Grandi ficotne fon’ marauigliofe P operationi, cosi c difficilela cenfura; ma piu d’ogn’ Dell e Perme. 173 d’ogn’a!tro e aflai difficile il fup- plicio. Lfoffefafatta allaMaefta d’un’ Regnante deue communemente incitar' gTaltri Prencipi a formar- ne caufa per vendicarla; altri- rneati anch’effi faran’ fottopofti ali’ ifteflo pericolo. Giafappiamo , efler’ piu volte leTefte Coronate cadute a i pie- di difpietatoCarneflce. Cioche ad effi accade per ini- quitad;!laforte , puole a voi> b Regnanti, fnccedereper ladifi- muiata negligenza di non purdre i Rei della voftraCorona. II patrocinare, d difendere uii* delitto di Lefe Maeftaf delquale neffu^altro e piu graue ) e una manifefta congiura. Uti’ delitto di tal forte bifogna preftamente preueairlo , e non alpettario. Perche quando d preuenuto , H 3 con 174 O/o VII. con la /pada de!la vendetta fi tronca ogni mezzo per termi, na do. I Prencipi afibluti. come fu- periori alie legge , non Tono aftretri da quelle j quando in un’ dclitco di Lefa Maefta s’ interpo- ne ia notitia del fatto a forma di procdlo. IIbando, cPefiifo ne i delitti di Lela Maefta operano a gnila d’ un’ cane fciolto dalla catcna, d vero d’ un’Leone Iprigionato dal ferraglio. Pero fi guardino iPrencipi da fiere fi precipitofe, e per tempo prouedino alla lor’ ficurezza per fuggirne 1’infulti. Non vogliace pero, 6 Prenci¬ pi, formar’giuditio diqualche- d’uno dalla pura apparenza ( Co- si v’ammonifce lo Spiritofanro) d pure, come interpreta S. Grc- gorio, da ima fcienza incerta» da. uaa. farna non vera, d dalfufo DellePenne. T75 fi maluaggio di temeraria natura: i. Ma giudicate, conforme richie- don’ lc leggi d’ una buona Giu- i- ftizia. 0 N011 impcdite il retto camino 1’ alfe leggi, non iftorccte i fenfi delle medefimc per tormentar’ 1 rinnocenti. La voftra farna maggiore,fia il t Nome della Clemenza. t. Credetcmi, chela rtioltitudinc , de catafalchi e inditio-della mor- ) talita: e la continuarione de fup- > plicij, un’fagrificiofattoaliaTi- , ran mar Pero mitigate, 6 PrencipiPa- fprezza del voftro fdegno: fiate indulgenti alle colpe leggiere: Seueri, alle graui: e fiate qtial- cheuoltc contenti della peniten- za del delinquente che della pena. Ma paffiamo dalla Giultizia. vindicatiua ali’ Armi. 176 mš * P& fcnsocsobeeooooebob 31 CAP. VIII. Del' altro fojlegno delit Politi'a cioe Atil' Armi. T ’ Ordinenaturalcrichiede, che "■^fiaapprdTourPRegnante l’au- torita,e’l configlio aintrapren- der’la guerra. 11 ben’ difporre Farmi ne Re¬ pni, d un’ voler’ cuftodire la ia- lute di tutti. E parte d’nn’ Prencipe i! diferr- derei fuoi: Tal’ difefa pero non pud farla un’ Prencipe imbelle, rnaPoloquello, che e coraggiofo čd’ armi prouifto. Nonhivalore chi non hafbr- ze,- Ne ha Torze chi non ha armi. Pero la difela di quaiunque Re- gno,edImpcro confifte nel pre- hdiodella virtii mili tare. La forcezza deh’ armi che fia vir* CdpoVlll.Del’ dimfoptno&c.TJJ ■ vi rtu , e fi mantengatalc, dene terier’ lontana la temerita, e 1’ in- giuftizh. Brami, d Prencipe, non eficr’ tacciatoditemerario? fugge per quantopoila guerra; ne ti fiaa cuore il cambiar’ la ficurezza d či¬ la pace con lafperanza deliaVit- toria. La pace e miglior’dogni guer- ra, benche quefta feliceraente fucceda. Non e lecito in guerra Ferra¬ re due volte, ne meno il dino- ftrafi intrepido col proprio de- trimento ; nltrimenti ne feguira un’ male irrimediabile coni’ al Carlo ardito di Borgogna. Benche tu abbi Iperanza nclle proprietue forze, non deni per quefto efporre a dubbiofa fonu- na la ficurezza del tuoStato. L’armi,cla guerra fi come ac- crefconoiRegni- cosi del tutto F opprimono. Do- 358 , cij>o vnr . Douera un’ Prencipe tener T Ii ffrada di mezzo; cioč , Ne pro- i vocare Parmi contro di fe mede- fimonetampoco temerle,. Gosi 1 nouiarireputato ne. ardito, ne, i pufiilanime. 1 LeRcpubli-ie, e gl’ Imperi ri- i conofcono i loro primi principij 1 dalla deftrezza deli'armi5 coni 1 quali i piupotenti occuporno il Dominio detle parti pni deboliv c Dal che ebbePorgine qusfiogni r Regno. t Fiupiefto un’ coflume diquel’’ 1 iecolo, non bene addotetinato t nelle Rcgole della Rettitudine:' r Ora pero non piu T vantaggio E delleforze, 6 della. Potenza, ma lblo la Giuftizia pone Farmi in a mano de Prencipi., 1 (a) Perche Tu , d Regnantc v (dače il Signore per bocca di . c Gieremia ) auefti fperanza nelle £ tuc munitioni , c ne tuoitcfbri; (z)Jerzm. 47., Ta c BePaltro jbfiegno&c.- T79 Tu ancora larai vintoc fatto> Ichiauo. Non ottenefti, d mio Prencipc la vittoria, pcrchč troppo confi- dafti nellctueforze: Chi dique- fte fi fida, prima di Iperimentarle inBattagiia,refta vintoj c debel- lato. La propria arroganza e miniftradi tali flienture. La potenza deucularfi, quan- doe orzata da'la necelfita: Pri- rnapcrd, che fi ponga in cfccu- tione; c d’ uopo il gouernarfi con laRagione: Lin’ Prencipe auan- tilaguerradcue nonfolo brama- rc, ma offcrire, c procurarc la pacc. N011 v’ c cofa cosi contraria aIPequita,e Nemica alla R.agio- nc, quanto la violcnza.. Non c cola piu fatale, e meno ciuile, cd umana, ch’una bcn’ or¬ dinata, ed flori ta Repiiblica ftur- bar’ c conuuoucr con una viden-- tagucra. H 6 Fe- igo C*po VIII. Felice quel Prencipe, il quale sifortementee armato dalla Di¬ vina fapienza , chc in vece della corazza, fi vefte della Giuftiza in« cambio delPelmo ,adopra il rct- to Giuditio, e per renderfi ine- fpugnabileprende lo fcudo deli' equita. Perqueflo Fol’ fine la Dottrina Chriftianapermette le guerreje t pero inefle, piti che in qualunque altra occafione, vuole che le eier- eiti una Giuftizia maggiore. Inquellegi!erre,doiie fi con- trouerte 1’uccifionc degl’ Huoiifi-1 ni, e la rouinadeiSrnti,bifbgnaj auereuna fondata Ragione, efo i Jamente aderire a quella neceflita ■ che pare inemtabile. Anco gl' Huomini ford fi pre¬ gibno della modeftia$ e fralo ftre- pito deli' armi f-anno adopcrar’ l’equita. Giofiue, Dauide i Ma- i chabei furon’Guerrieriaflai,forti j uiapero Giufti. E mol- 1 Del’ altre fojlegno&c. 181 E molto giufta , c piena di ra- gione la fortezza di quell’ Eroe, chc con la guerra d difTende la PatriadaiBarbari,di dcboli da i piu Potenti, d i Compagni da chi tenta ufurpargli le proprie fo- ftanze. Affatigati di combartere fino alla mcrte a tauore della Giufti- zia, Iddio a fauor tuo efpugnerai tuoiNe ici : Gosi 1’auertifce’1 dimno Ecclefiafte. A’ chi prende i’ armi alla mano per fbloddio di dommare, rare volte haucra propitio'ICielo. (a) Se tu aguifa deil'Aqiiila (dice il Signore per ■ occa di Geremia) tentarai inalznre il tuo Nido, fa- raida tale alcczza violcntemente len ato. La Sapienza ž migliore della fo r; zri' m.iitare: e un Aforifmo €«!••• n?v.; abocca della Verita apprcli. . Lc ; GL. o. (v)Jerem. 4?. H 7 E I§2 Cdf o VI ir.- E Io proua in tal’ guifa : Ho al veduto fotto del fole auefta d pienza, c 1’ ho prouata per la mag- li giore dogn’ altra Virtu. n Fu nel mondo una Cittamolto h piccola, che Pochi i’ abitauano. £ Vcnne con-tro di quella un’ Re' potente, la cinfe con buoni ri- pari, d’intorno vi pole ftabilif • fiiiie forteze , e da per tutto h ftrinfe con fortiffi no alTedio. Si ritroudin quella im’Pluomopo- vero,malaggio, e liberdlla da tali angultiecon lafua fola lapienza: Et 10 alloradiccuo, efllr’ miglior’ la lapienza della fortezza, cosi parla ’1 Salomone ncl luo Eccle- fialFco; L’ingegno(a lapienza d’Archk mede verified con 1’effetto que"- fta Parabola.. Era firaculaaflediata dalFEfer- cito Romano: I Cittadmi erano' poco potenti, e dilugjuali dilorze ali De/’ altro foftegno&č. T33 K al Nemico. Un’lolo, Archime- r a. de oreh n d agl’ Abitatori, che noa g- li: deli ero pena, rna che quieta- mente ripoiaflero, offerendofolo o le ftelTo, e noa altri alia lic ura di- ). fefa della Citta. e' Soffenne per lofpatio di tre’ anni 1’ affedio, e moke volte con ■ la vinu delle fue Machine noa so¬ lo fomerfe le nemiche naui da carico, ma anco col gran’calore‘ del verro foiare diftrulTe 1’ inticre Falangi de iRomani : Cosi un’ fol’Huomo pouero, ma laggio rde confulatutta la Romana do¬ te n zav Cosi non ^piii con lafortezza’ del corpo, che noa il configlio,. e con la prmlenzaluirano afine felicemente ieguerre- Cosi non. cimoftra min or 5 Virtu di chi combatte coi ferro colui, che sa vincereconil con- figliojccon Tar te¬ rm 184 Cafe VIII. In qursnti pericoli j tra quanti sforzi di g-nerra fi eprouatoper efperienza, cfler’ I’ Ingegno di gran’ potenza nelle batraglie. lo ftimo aflai piii i! vincerebini- mico con i’aftntezza de i Con- figii, e delleMachine che con la Ipada alla mano in campo aperto. Non fempre in battaglia caffl- pale, one fourafta i! pericolo unt- verfale di tutti, li debella il Nemi- co, ma tal’ volta fi fupera piu con la difcretezza d’ oceniti configli ; Ela vittoriatanto piiiegloriola, q u a n to e meno irnbrattata dal langue defuoi. I)ice il lamo: ( a*») Che I’ Armi deuonfi maneggiare con gouer- no,o vero (corae leggiono i Set- tanta_) con il configlio: Echel’ Huomo faggio, prudente, e dot- tOjguerreggiando con ordine, e anco forte, robulto, e valorofo; E (a) Ptov1ri.z1.e24. D el' tltro fojlegno&c. 1R5 ti E doue regnano iConfigli, iuiha ‘i luogo la falute de Popoli. t Efaggio,eprudentequel’Pren- cipe, che in un’ tempo iftelTo go- :•[ dela pace, e tien’ I’ armi prepara¬ te alla guerra. 1 Quando il Nemico eprefente e vanita il ricercate gi’Amicial focorfo : Come ancon preparare 1 armi, quando e immincnte il pe- ricolo. L’arte del gnerreggiare,le non e imparata per tempo, non po- tra ular/i, quando lo richiedera il bilogno. Imjaara dnnque in tempo di pa¬ ce cio che vorrai operar’ nella guerra: Ricordati, che feinbra niolt’ alpra 1 ’ ufcita dalla Cafa alla Battaglia, dalla Citta al Čampo; Echeun’Corpo auuezzo a ve- ftirfi fottiliflimi lini,confatiga puo foffrire il pelo dell : armi. La 186 Cdpo Vili. La pace nons’oppone ali’ar- g mi, anzi quefte la conieruano. f Comamdo Iddio nel Dentero- nonno, che te qualcheuoka ua' i Prencipc inforgera alLeipugna- { tioae d’ una Citta, prima d’ ogni i altro douera offerirgli la pace. I Frencipi Giufti n o n preparan’ 1 Je guerre ne per defio d’ irigran- dimento, neperatto di cru delta, ma folo per mantenere la pace ; Accio fijno raffrcnati i Cattiui, e: folleuati i buoni, Non ff Ricerci la pace per eifercirarc la guerra ; Ma bensi (i querreggia peracquiftare la pace. E imprudenza il mouer guerra, quando Ritrouandofi la Repu- blica in idorido Strto, piri gioua il manten re la pace. Ma fe la necedita sferza qualcheRegnan- te adeiporfi a i pericoli della guer¬ ra per giultacelegituna cauia; č pm degno di reprenfione chifug- g e De/’ a liro foftezno š"c. 1^7 ge il pericolo, che chi lo fo- ftiene.. Gia un’ tempo molto diffcri- ua.lamilitia dal latrocinio ; ora fon’ due gemclli,prodotti inun’ iftelTo parto. Pero feguc auucrtire Iddio i Regnanti: (a)Chequando aue- ranno per molto ternpo tenuta aflediata unaCitti,e beti’ circon. data di Guarniloni per efpug- narla ; Noa doučranno pcrinet- tere, che da i luoi fijno tagliati P Alberi da frntto 3 ne meno, che fij dcualtato d’ ogni interno il Pa- efe, ricordandoli, chc quelli fon* Tronchi, non Huomini. Non edditto lo ftarein guer- ra; Ma la rapina, il furto, la forni- catione, ed ogifaltra cofa, che s’operi inquella condifordinato apetito, e fcelleraggine mani- fefta. La Dimna Prouidenza quando ( a ) Deut. ao.. alfe- 188 v Capo VIII. affegno lo ftipendio al Soldato, gli’proibi ifurti,ele rapine. Che pero andaua predicando r il Battifta : No n vogiiate d Sol- £ dati, ufurpare con violcnza quel-j I lo che non e voftro ; Ma fl^te 1 contenti della mcrcede aflegna- 1 taui dal voftro Rcgnante. In ] guerra pero di rado s’ufano tali 1 rifpetti, benchedaDiocomman- 1 dati. Un’ Re non pub si facilimente 1 prepararfi allaguerra,che non fia fcopcrtoda iPrcncipiConfinan- 1 ti. La fo!a farna deli’ arini, d ' intima a noi i pericoli, d ponc Ipauento agPAltri. j i I Prencipi piu accorti mai pa- lefano le vere caufe, da che ion’ moifi a far’ guerra ; Anzi molte le fingono, per tenere in foipetto gl’ altri, e non rendere loro ftel- lo lbfpetti. La Del ’ mitro foflegno&e 189 j La grande ar'/ ata nauale di Fiiippo II. tenne si fortamen- 3 te fofpefa 1’ Europa tutta, che |. gia veaeuafi poda in un’ eftremo 1. pcricolo : Nefirefeficura,le non e cjuando fuor’d’ ogni credere ap- . prodd a i lidi deli’ Inghilterra. j! Ma da una fiera tempefta con- i' quaflata quefta mole luperba, . prouo piii afpri i colpi d’ lina For¬ tuna contraria, che quelli del , proprio Ncmico. ! N011 e da fauio il defiderar’ la guerra, ecimentarfi a pericolola i| Fortuna pcrche il vincere non č in noftro potcre, e Fefitodella i guerra čdubbiofo. Speflo in breui momenti di tempo inforgono grandi acci- dcnti. Errano quelli, che fperano in guerra auer’ fempre propitia la lorte. Tutto cid che fuccede in guer¬ ra ra o di bene, 6 di male, prima de. pende , d dali’ efubcranza del/e forze, 6 dal difetto d el!c mede« firoc : Second vriernente dali’ oc- cafione, cbe 6 proce.de dal cafoj 6 dSommimftrata dalla K agione; einterzo luogo deib Grulhziad ingiuftizia d'eDa canfa Se fara R_agioneuole, e buona la caufa delCombattente fbenchc 1’ a!tre cofe fijno d’ egual’ con- ditione ) 1’ elito della Battagli* no n poira efler’ disfauoreuoie: il come per il contrario non po¬ tni giudicatlilmono il firie,quan- do ia caufa non auera giulti, £ buoni principij. Quando una guerra fara mal’ ' dilpofta, e ingiuftamente Molfai bifogna, chei Prencipi loggiaci- no alie detrattioni de fudditi,pet iDanili, che nc nccuono ; Non elfrndoui cola piu loggetta allc mormorationi, quanto il moui- me uto n d F 1 : n A r t £ t < t r j f i < i T>el'altn feftegno &c. 191 [e. mento d’ uni guerra non fecon- Ue .data dalla Fortuna. 5. Infimil’ guifa fu mormorato di c. Friderigo Palatino : Qiiefto per 0, la fperanza dcllaCorona di Boe- s; mia (benche non pote auere 1’ o aiuto fpeiato della Frsncia, allo- ra occupata nelle guerre impor- s tanti al Fao Regno, nč dali’ In- c ghilterra, che gle loNegaua, ne 1. tampoco dali’ blanda, a pena in u quel tempo capacc dellapropria : ctifefa s’ inbarco in una gtiera ter- ). ribile con Cefare ed Arciduchi d’ i. Auftria ponendo I3 fperanza fua e finale nella unione e confsdera- tione di certi Prencipi Proreftanti ’ ed altri Ribelli. Ma che? L’ , unione di tali forze, tu n n’ Mo- ftro di molti capi, che moko piu danneggioilo j Mentre rellando vinto, e priuo d’ ogni Potenza, fu per fcherno chiantato un’Re fol- ifitiario. D’ 192 Capo Vili. D’ ogni guerra č facile il Prin. cipio, mamalageuoleilfine. Non h c in potere di chi la muouejii co- u minciarla, e finirla. 11 prmci- piarlaelecito aCiafcuno, bcnchi 9 vile , e da poco ^ Ma il Finirla c confifte nclla voloma del Vinci- c tore. E Prudenza Faftenerfi dal guer- c reggiare, ancor’che gram iijno lecaule della guerra. Nefluno riprendegiuftament« la guerra, mabensi fuecaule :On- de aRagione fonoincoIpatiCo- loro, che Mouon’guerra, oper defideriodiNuocere, 6 perambi- 1 c tione di Dominio, 6 per mera < - emulatione, 6 per defio diglo- S ria terrena, 6 per auidita degl’ al- a trui beni, o per altre caufe non diffimili aquefte. Son’ dinerfe le caufe benche fia ” ind ifferente la volonta che muoue iPrencipi si buoni,come cattiui ad intraprendcr’ la guerra. Quan- C 'S « SB D eP ultra fojleane&c. 19% : n. Quand<5appreflbilNemicon6 ju ha luogo laGiu(tizia,alLora e con- 0. ueneuoie il Ricorrere alParmi. ;i. La guerra deue muoucrfi, ie quando lo Richede la necefhta, la c cio pcr liberarfi da ogni inlulto, :j. c mantenerfi inpace. E inut.le si guerrcggiare con chi non ha, che perdere. 0 La cura di tor’ via P infamia, c motiuo giufnffimo alla guc:ra. e Allora pero refta Lin’ Prcncipe in- !. faniato, quando riceuc una fccn-i 1. fittaconnderabile dali’inferiori. 1 Si comc d modefto quel Pren- , i cipe, che ftain quiete-quando no t dingiuriato: Gosi anco d giufto . quando conculcatc dalPingiune, .j ante pone la guerra aiia Pace. [. E giufta la guerra moda da la ne- cehi a ; E fon’ virtuole quell ar- mi, che non a n n’ akra jperanza, fe non in fe ftefie. Nonpcraltro irguerreggia,che I per c n 194 Cap. VIII. per viuere in pace ; Si come ta! 1 uno non pcr altro fi fottopone a qudlche carico, fe non per eflernc ih qua!che tempo fgrauato. Neffuna guerra in fe ftefla c de. Iiderabile ; Ne deue intrapren. derfi, fč non per motiuo di Pace. D on de mai ti fouenga, d mio Prencipe, di far’ guerra, fe 110/1 quando parrai di Riccrcare con que!Ia, ia Pace. E male il folo penfare ali’elito delta guerra, e non aila caufa, pet chc fi muoue. Il fuccelfo della guerra, £ guifi di giuftillimo Giudice, dara Ji vittoria da quellaParte,doue ftara 3 1 dritto e la Giuftizia. Non č da giufto Regnantei tna da vero Infidiatore il prendet' motiui di guerra da qualunque occafione. L’ambitione, d 1 ’auaritia, K' daranno tali motiui ad un’ Pren- j cip«) I I; r f, r 1 c I t t c j < c 1 1 j I i DeP altro fopgno ir e. 195- !' cipe, fara ingiufta la guerra, che a muoue. c Non d conuenicnteilmuouer’ la guerra come a Perlona ingiu- • riofa, a chi e pronto a giuftificar- li, e a fodisfare a quanto deue. E raeglio lo fchiuare una guer- 1 raardua, edifficiie, col concede- re oucfte conditioni alNemico, che per defiderio di vendetta ci¬ po rfi aldubbiofo cim c to diMarte. O non dene un’Prencipein- traprenderMa guerra, 6 fel’ in- traprende, dene maneggiarla le- condo il grado dellafuadignita: Altrimente fara odiatoda ifuoi, e difprezzato da i ftranieri. Quelli,che fenza ragionchan* ccrcato, e fomentatole guerre, fpeflTe volte fono ftati foggetti non folo a mold infortunij e d graui fconfitte, ma anco alia mor- ’ te , Come accade d Carlo di Bor- I gogna, ecent’Altri. I l z 11 196 Capo VIII. II Nemico deuc remcrfi, ben- chč debole , c fenza forze; c Ja Vittoria dene fempre acquiftar/i col litdore della Virtu Militare. I Prencipi men’ potenti, e non preparati alla guerra, deuono j fc potranno fotto Nome oncfto di Pace, e d’ Amicitia , piu torto pattcggiar’ col Nemico di loro piii forte , che oftinatantente perfiftcre in guerrcggiare : Altri- lnente faranno nota o la loro dc- bolezza, 6 il loro timore. E piii cfpediente il far’ guerra 1 ch’accordo con quei Prencipi* che non mantengon’ la feilc. Poicheevanita lo lperare la Pacc , da im’ Perfido j & e cola molto pericolofa il defifter’ dali’arini* 1 quando il Vidno t’ infcftajO 1 ’ E- mulo ti tende infidie. Emolco accettaaDio la caufa di quellc guerre, nelle qualii Prencipi ditendono illoro Stato* eiuai Del' altro fofitgni &e. 197 c mai per prima prouocorno iu- giuftamente i Ncmici. I Madia- niti pronorno per Nemico il Po- polo d’ Kračic, perchč lo trattor- no da Nemico. Cosi fi leggc nel libro de Numcri. Nončfuor’di giuftizia il por- gere ajuto alPAmici, cConFedc- rati: No n pero deue cio farfi in una caufaillecita, 6 fenza ra g io¬ ne , 6 con pretelio ingiufto. . Pretcftoirigiufto si e, quando un’ Prencipc con 1 ’ajuto degl’A- mici tenta ufurparc P Altan: E che cerca piii tofto i propri: van- taggi, che il comruodo deCom- pagni. In fimigliante forma s’im- padronirno i Romani quafi di tutto il Mondo. Per frenare gl’ aflalti improuifi č lecita ogn’ arte. Sijno cTefem- pio i Perhani, quali temendo il valore d’Agefilao, con gran’ foin- nia d’oro corruppero i Greti; 1 5 acao 198 Capo VIII. accid quello, fcatiti i rumen do meftici % fe ne ritornafle alk Pa. tria. Sicome im’ Prencipe nonde- ve mai repudiare PofFerta della tregua ,• cosi con pattuirla , 0 con ricercarlaa forzaaoro, perlibe- rare la Patria dallerouine di guer- ra, non opera contro il Regio Decoro. Lodouico XI. di buona vo- glia patteggio di dare ad Eduar- do Re d’ Inrfnlterra cinquanta- mila fčudi d’ oro da pagar/i in ciafchedun’ anno, per tutto h fpacio di noue anni 5 che duraua la tregua. Quando fi prcuede,e)Ter’Ie ca- lamita della guerra ccntouo'te maggiori del prezzo patteggia- to nella tregua ; Forfi lara cofa indigna il fottoporfi ad un’ inale ,mmorc per fuggire il maggiore? De/ ’ altrs fiftegno &c. 109 Non v 1 čprezzo si alto } ene non fia maggiore cjuello, con il quale fi trattiene al Nemico il corfo de]la Vittoria, e li conferua illibara la Patria. La tregua non apporta fbgget- tionc; Anzi con 1 opportunita del tempo accrefcele forze,nie- diante le quali con piii ficurezza potra un 5 Prencipe cimentarna Battaglia, e recuperare con ufura ilprezzo contribuito per detta tregua. Della V ir tu Militare, o laGiuftizia deli’arrai m, fegue la Virtu Militare. Quefta confifte nel prouedere, fare, e terminare la guerra. Dcue un’ Prencipe in guerra virilmente operare,per gloriofa- mente finire. Molto proucde- te 5 peE virilmente operare, A p- CAP. IX. 200 Capo IX. parecchiarfi per tempo, per vin- eerc con preftezza maggiore. f Prima deue prouedere intorno alle forze, che fono ii nemo piu importante dellaBattagiia, Sen- za qnelle r,on fi puo reggcrMa guerra.. Uno, che e Zoppo, pet che eindebolito ne i nemi, non pudjfeggerfi inpiedr. Laguerra non folo eonfifte nell’armi, maanco n-clle fpei“j mediante le qualiqudle fi rendo- jio piupotenti, epiuutili. Secondariamente dcue prepa- rare la vettouaglia, il di cui nian- camento auuilifce irrimediabil- . mente la guerra : Poiche la man- canza del vitto inducc i Soldati ad un’ eftrema difperarione. La farne la guerra neiriaterno, e doma piu che non la il ferroNe- mico nelle parti efteriori. Diceua il Gran’ Macedone: h Soidato>,che fara ben’ proueduto d’ar- Bella Vir tu Miltiart 201 d’armi, di vitto , eveftito, eche aueraqualche cola di piii riferua- taperfuo ufo nel tempo fiituro, faraiutrepido nella guerra, e fara fronte al Nemico. In terzo luogo deue auer’pron- tc 1 ’armi, ed ogn’ altro apparec- chio da guerra, cioe le Machine, 1 ’ artiglierie, le boaibe, e molti altri Illromenti; Senza dc i quali la guerra non e maiben’proue- duta cfpcdita, come con noftro danno abiamo veduto neile in Te¬ lice refa d’Alba Greca. In damo un’ elerciro preccor- re alla pugna, quando arriua tar- di ilbagaglio: Quefto non giun- to in tempo pud piii tollo chia- marfi impedmienco, chetien’ ne- ghittolo il Soldato, ela oltacolo allaVitoria. Non v’ e in guerra un’ errore pm frequente di quefto, enuda- dimeno nientefi penla a-correg- I 5 ' gerio, s ®2 Capo IX. geiJo E tratanto fuggono k buone occafioni di debellare il Nemico. In ultimo Richiede la guerra nn’ efercito bene addottrinato ndla Virtu Militare, e che fia do- tato di robuftezza, di magnani- mita, e di rede, che fon o lepiu belk, e fingolari prcrogatiue, che pofla auere un’Soldata La Scienza Militare e quellai che tiene unico 1’ Efercito: Man- cando ciTa, il Soldato piu tofto- dara opera a i latrocinij, chc alb guerra. II Soldato deue piu temcreil 'fuoCapitano,che il Nemico. e migliorc 1’ obbcdienzaad- cflo preftata, che 1’uccifione dellc Genti auuerfarie. Una Salda, e ferma obbedienza c lo Spi rito vitale della Difciplk 2 Militare. 1 Soldati sfrenati, ecapricciofi fo no TkVn Tiriii Mttttarr.. 35% fbno piu d’impedimento,chedl prefidio. Deuonfi quefti fola- mentetemere da chi li riceuein ofpitio,enon da iNemici. Quelli che meditano in pacc le prede, tra 1’ armila fuga : Chc decantano levittorie tra l’ ubria chczze, e conuiti: Che fi moftra- no forti Leoni ne i Quartieri, e ti- midc lepri in gucrra, deuonfi te- ner’ Lontani dalla Miiitia. SpelTe fiate 1’ auaritia de i Ca- pirani dilčioglie laMilitar’ Difci- plina,e muta i Soldati in Ladroni. Si dannoalcuneGcnti piu bel¬ il cofe deli’ altrc: E quefto auuic- ne, perche il dima dei Cielo con- ferilce piu a una, che ali’altra Na- tione non folo la robuftezza del Cotpo, ma anco il valore deli’ Animo. L’ afprezza de i Iuoghi rendc gl’ Huomini piu coftanti afoffri- tel’ inčo ramo di: E pero, chi na- l 6 fce 234 Crf/o IX. fče alfa Carnpagna e fi nutrilce tra le fatighe, iofticne piii facil- mente i trauagli ddla gucrra. Quello vertncnte c Huomo,a cui la Natura induri le membra alla Patienza, laDilčiplina all’of fequio,lafede al!a coftanza. Qucllo >. che non cura eflerc abbelhto dalforo dali’ argenro, edellegemme; Ma che porta per ornamento di gloria lo fcudo lacero, 1’ elmo infranto,.laSpada ftnguinofa, e 1’ afpetto cicatrizza- to dallc ferite. Atea in quefta forma fcrilfe a Filippo : 1 u’ comandi a i Vlače- doni,periti nell’arte diguerreg- giare: Maio comando a i Popoli ddla Scitia, che imparorno a combattere con la farne, con la fctc, e col freddo. E di maggior’ ficurezza ad un’ Prencipe (le ha gran’ quantita di fndditi) i.ftruirli nelfarmi, che alToldare i ftranieri, II Deliti Virtu Milit ar e, 205 II Soldato merccnario e vena- Ic j E come tale,potra venderTa fede a chi piu li promette. Cosi caiito un’Poeta : Non ha le, ne pieta chi fegue 1 Parmi. Onde par’ lecito adun’ Soldato far’ vendka delle fue for. ze a chi gii contribuifce maggior’ mercede.. Quelli fon’veri Soldati, che niente piu temono, che la perdita d’ una Farna onorata : La quale mentre gli proibilce il fuggire, li rende tal’ volta viiicitori, e glo- riofi. Tutto quefto pero non larebbe ftimabilc, fcil Capitano deli’ efer- cito non fupcralfe la conditione delPriuato. tanto con lapruden- za che con la Magnanimka ,• Tan¬ to con 1’ integrita che con la for- tezza; Tanto con la Fortuna, che col’ conliglio. Se i Capitani in guerra fi mo- I j ftrc- zoS Capo IX, ftrerano intrepidi,ed inuincibilij aiico i Soldati Saranno tali. L’ efcrcito fenza Capitano,e lina Naue IcnzaNocehiero , che facilmcnte pericola, Deue un’ Capitano ftabilire la grandczza dclla fiia autorita col r igo re r gafti ga n do all’ufb militarc i difetti de 1 Soldati: Ne li fididi perdonare, a: chi erra. Quando egli aqquartierato ri- pofa , cerregga i Soldati col ti- more, e con le pene: Ma quando eice alla guerra, procuri farii mi- gliori con la Iperanza, e coTpre- liiio. Sia un 5 Tol’ Generale, che co- mandi atutti : Gl’ altri Capitani inferrori affiftino con 1’ officio, e col’configlio: Tutti perd obbe- diichino a i cenni di cialchcdu* no commendahte. AfTai e Nociua la moltitudittf de Capi tani,, perche damolti » e V> D e Ha Virtu Militare. zoy reftilta un’ Reggimeto dubbiofo>. 6 totalmentc nullo : Ed eaneu v er g°gn°ra la mutriplicita de i medenini, quando e poco il na¬ mero de Soldati. E commend"bileim’CapitanO) si per la lunga efperienza, com$' anco perla coftanza r dimoftrata tanto- ne i. cafi prolperi, chc aui- uerfi. Di piu lo Rende Iodcuole un’ accurata confideratione nelL’ operare; La vigilanza nell’ ofler- nare; L’aftutia, e finezza nel pre- uenirc j Laprudcnza nel proue- dere a i danni j Ela forza, e vig<>- re in opprimerli. Non voglioFabio neghittolbj ne pigro : Abborrifčo Marceli©, Terentio, e Van one $ Perche fu- ron’ Capitani piu del douere, at- diti, e temerarij. Voglio certi Huomini di mez- che fchiuano gl’ ultinii e : er- unmj, 2o8 Capo IX. minij,chr prouedano a ipcricoli, eliFuggono Chi lannoaccref cere le forze aideboii, emode- rarie ue i piu arditi: E che inični¬ ma una Fortuna dubbiofa laiaa’ certa, e ficura. j Tra 1’ altre cofe pero il piu beli’ encomio, che poda auere un’ Ca- pitano inguerra, e la farna de/l’ attioni eroiche, da lui altre volte operate , potentillima a Igornen- tare qua'fiuoglia Nemico. Ebuono quel’Capitano, il di cui Notne e temuto da i Nemiri.) e la di cui Fortuna e ftata da effi lperimentata con la lor’ propria Rouina. Tale lii Scantkrbegh Prencipe d’Epiro. La Farna d* una forte propitia non e meno NecefTaria aun’Ca- pitano, di quello che Ea 1’ iftelTa Autorita, e Peritia nell’ arte mi- Litare. Quella 3 che ad Alcuni lembra fofr 'Delhi Vht h Milit (trt. 209 /ortuna’ in no: e un’ dono dclla Prouidenza Dimna. EtTa nona tutti epropitia; ofiaper demeri- to noftro, 6 per altra ocenita ca- gior.e '• Anzi e chiaro, auere ella piii volte, felicitato 1 Malucggi: Coine cio (ia ftato,non poffi mo comprendcrlo. Solo lo sa Id- dio, idicui Giuditij fono imper- fcrutabili, ma pero giufti. Fra tanto dobbiamo credere, che Iddio benerica chipiutraua- glia 5 Edaffifte a chiepiii forte,c coftante. Pero concludo con laluftio : Che nella Fortuna della guerra Deuefi piu auer mira ali’ Autori- ta, e ali’ efperienza, che al valore, e modo di guerreggiare. La feconda parte della Scien- za militare confifte nell’ opera- tioni Martiali, cioe in aflaltare, combattere, infiftere eperfegui- tare ilNemico. In. i TO Cap, IX. In torno a qucfto deue un’Prcn- cipe auer’ rifguardo apiucofe. Cioe : Che non e lecito iti guerra errar’ due voke ; Perchž F errore comcffo in quella e mor- tale. Che deue tal* volta dar’ vigorc allc forze,ed ailc voke por* freno alla troppa temerita. Che, le non fi fida del gran’ numero deCombattenti, ne Tciel- ga pochi, ma val or o fi ; E L’ iftru- ifcainmodo tale, che offeruata F opportunita del luogo, del tempo, e d’ altri ftrattagemmi mi- litari, baftino queiPochi alla di- ftruttione di moki. Cosi operd Vitelio nella guep- ra di Fiandra, cosiCaftriotoCapi- tano d’ Epiio contro i Turchi: H quale a tempo, e luogo opportu- no in sx beila forma ordmauale fue Squadre,che un’ folo defuoi hakaua a refiilere fenza tema al DeHa Virtu Milit are. 211 immero di cinquanta Nemici: E di piu con queft’ orcfiae non folo ©tteneua la Vittoria, ma pofto in fuga, 6 totalmente diftrutto il Nemico, lUportaua in Epird ric- chiflime fpoglie. Neraolt’ anni fono, che Lodo- wico Duca di Baden, apprcflo i confinidellaCroatia, col lolo na¬ mero di tre mila Alemannicom- battč contro quindici mila Infe- dcli, c rello Vincitore del Čam¬ po. Ingucrra non deuc ftimarfinč il numero , nc le grida de i Com- battenti; Ma lc mani, e 1’ armi; perche que f le Tole bifognano. Riufcira mo to fortc inBatta- glia quell’ elercito, che prima di cimentarfi, fara ftato aflai tempe- cato, emodefto. E pero fempre fi gouerni in modo,, fi muoua con tal’ mode- ratienc ,.cfia li ben’prouifto, co- me 212 Capo IX. me fe ad ogni momente aueffia fronte ii Nernico. Se fatiga , fe fta otiofb, fc dor- me, 6 fe ripofa, fempre fia pronto alla Battaglia ; Particolarmcnrc quando il Nemico evicino. Afpetti 1 ’ occafioni, e quando vengono, non le difprezzi: Mai conceda il ripofo al nemico, ogni voka, che hamodi,e forzedipo- terglelo difturbare. Deue in ogni accidente gouet- narfi fecondo il tempo, el’ occa- fione,ediqui prender’ quei con- figli , che ftimera piu proprij, per arbitrare neli’ auuenimeati fu- turi. La lola farna del prepara- mento per la guerra , auendo ali’improuifo intimorito il Nemi¬ co, ha piu volte trionfato feisza Battagha, d con darli qnel!o p£ f vinto, d con porli in manifefta fuga. La Delhi Virtu h'Uit Ar t. 2T 3 Le guerrc da farfi ne i Regni ftranieri han’bilogno dt rnaggiore apparecchio di ~quclle fi lan no nel proprio ftato : II fimiledeue ufarfi nelle guerre marittime a confronro delleCampali. L’ accampare un’ efercito in terra Nemica, a Grand’ utile a chi lo procura, e di grandifliino danno alNemico. Cio fperimentollo laGermania allora quando cntrati l’ efcrciti fuettefe, e Franz.de nelle vifcerc lioftre non folo s’ aiini.entauan’ con quelle ma anco latencuano oppreffa con le noftre forze. II Nemico deucfi con piii ac- cortezza guardare , quando ti vicne alle Ipalle, che quando ti moftra la fronte. Matrattiauio ora di quando fu lecito ilvenite aBattaglia coni’ inimico. CAPO 2T4 M * Č® CAPO X. Della Battaglia . TL piii faldo fondamento, che * abbino in guerra i piu forti Caunpioni si b il non efporfi mai alla forcuna della Battaglia, fcnoia rjuando li fi. Porge una buona occafione di riufcirne con onore, d che lisforza la neceffita. Cosl 1’auuertifce Triuultio Capitano moko piatico in guerra, eclAuto- redi rali elperienze. Celare non permetteua a un’ Luogotenence in guerra il com- batterccon una g ran’ moltitudi- ne di Nemiri, le non aueua il vantaggio del luogo, 6 1’ oppor- tunitadel tempo, Particolarmen- te quando non era prefenteilpri- oto Generale deli’ ar mi. Eme- De#-« Brtttdffh Mš Emeglio domare ’1 Nemko, o eonridurloinmiieria, d contrat- tcsierlo nelle fatighe , d con la variatione de tempi, 6 con preue- nirlo nelle buone occafioni, d conarrecailitimorej che col ci- mento della battaglia. Di cid fu un vino efcmplare l’E- roe Turennio, con grandiftuno danno del Romano Imperio. E iti quefta guila fu vinto Orangio dal Capitano Aibano apprello il Fiume Gena. E fempre dubbiofo fucceflb della battaglia; perchč in qnefl.a pud piu iafomma, che il valore. Quando pero fi da 1’occalionc diqualche profpero auueniraen- to, iarebbe una gran’ follialo fia¬ te otiofo, c non preualerfi del ! tempo. ' IdafTaltape ’1 Nemico fpronifto debcde,ehemangia i d che dor- d che e diilratto in diuerft pen- 2i6 Capo X. penfieri, e un’ ficuro preludio del- la vittoria, DalPefperierize prefenti, dali’ opportunita del fito , 6 da qual- clie nuouo accidente , fpdfo , fiior’ d’ ogni credere fiiccedor.o in gacrra gran’ cofe, 6 profpere, d contrarie. II piu delle roke la neceffita preuale alla ragione; nepermet- te la dilatione, ne Pelettione del tempo. L*e cofe improuife intimori- fcono ilNemico, le lolite fi pre- vedonoj e preuifte che fono> non hanno queii’ effetto 3 che fi črede: a. Non.fappi il tuo Nemko in che modotudij per combarter- lo, accio prenedurolo,con nuo- vi ftrattagemnn non renda vane le tue finezze. In ogni Battaglia cio che a te porta giouamento, ,e nociuo al Ne- Dell a Battaglia. 217 Nemico: Ma per ll contrario quello chealui gioua, a te mol- to Nuoce. Fai contro te fteflo, quando ti pieghi ali’ atbitrio, 6 pure al con- liglio del tuto Nemico : Effendo vero il Prouerbio : Che non de- uefi dal Nemico prendere ne con- liglio,ne aiuto. Difficilmente refta vinto Čo¬ lni, che ben’ cognofce quanta fia la forza de’ fuoi, e quanta quelia deli’ Auuerfario. Non deui,6Capitano,cimen- tare i tuoi apublica Battaglia le nonquando li vedi Iperanzati al- la Vittoria ed arditid’ animo. Se lei Condottiero di gran’ Caualleria, douerari per Čampo di Battaglia defiderar’ lapianura: Male č maggiore la fanteria, fcie- glie i luoghi piu angufti, i piu montuofi j i piu afpri j d i piu paludofi. V ^ 1 K Sem- 21 % Capo X. Sempreprocurad’eflere i! pri- mo nonfolo a ordinare le fehie- re j maancoa di moftrartipron- to alla Battaglia ; Perche deue aiier’ piu animo chi configlia al { »ericolo, chc chi forzatamente o fcguc, E preludio di prcfta vittoria il ben’ prouedere a tutte le cofe pernonefTePvinto. Sara gloriola la vittoria di cjuelli, chc ienza io fpargcre gran’ fangue de fuoi , 6 uccidono, 6 mandano in fuga il Nemico. Pero a ccrti pericoli doueran- uo piii tofto efporre i Soldati ftra- nieri, e mercenarij, che i Proprij. Ogni afllilto deue darfi da i piu Forti,fenza rifguardo delle Per- fone; perch’ ogni primo cimen- to 6 genera timore, 6 apporta fperanza. Sicome non deuono i gran’ Capitani nfigar facilmente la Bat- Vitli d R,it! 219 taglia, cosi rifigando giauna vol¬ ta, doueranno non tralaflar’ il profeguimento. Abbmo in men- te cio chc difle 1’ Innitto Cefarc a i fuoi Soldati fulla tjl akt-,jam Rjt&iconcmtranfivintuS) cioč: Ab- biamo tirato il dado, rifigata la noftra forruna E gia palfato ’1 Fiume Rubicone. Scruendoli d’ ambiduc quefl:c Rcgolc non cosi prcfto inciam- parano. Il fitoritrouatoa propofito, c la fiairezza de’ i luoghi, tanto di dictro,cheda i fianchi accrcfre- raaiTuoilafpcranza, e la torra al Nemico. Tal’ volta gioua piii il vantag- gio del luogo, che il v.ilore. Ma fe il fito, 6 illuogo della Battaglia,oil refleflo dcllble, d lemachine de Nemici opportan- tuo difegno, non u čutare d’dportial pericolo. K. 2 Per 220 Capo X. Pertanto tempo douerai on-; deggiar’ conPefercito, 6 con 1’ andare auanti, d contornarein dietroj 6 col girare intorno, 6 col muouerlo a deftra, 6 a fini- ftra, 6 con farlo fermare, fiiuhč ti fi prefenti opportuna occafio- nedi combattcre fenzapericolo. Che fe non poterai far’ quefto, deui lupplire con P elortationi, , cd indurre i tuoi Soldati dalla ne- ceflita alla Virtii, e della virtii alla fperanzadella vittoria. Combattono con gran’ cuore Coloro, a i quali fourafta un’ eui- dcnte pericolo , ed anno poco fperanza nella pace, d nel per- I dono. In tal’ guifa i Cittadini Harle- menficon molte forti d’ingiurie prouocorno contro fe fteffi lo ^ Idcgno delle Truppe Spagnole; Che fe audfero bramato d’arren- derfi ( dilperato il pcrdono pet Deta "Battaglio. 221 P atrocita deli’ offefe ) non po- teano. Prima dclla Battaglia, benchč tuconfidinelvalore dc Tuoi, ed abbi pronte le fchiere ad ogni occafione ; nulladimeno doue- rai maggiormente incoraggirle con laforzad’un’Oratione, che lodi la VirtiidiTutti, el’eforti a virilmente combattere. Sopra tutto giouera molto Pc-- fempio,l'e Tu, corae Capitano,ti mourerai Compagno nelPiftefli pericoli. Piu volentieri combatteranno iTuoi, fc vincendo, non Polo I aueranno la gloria nella vendetta, ma anco la parte nella preda. Gli crefcera il coraggio, fe con infidie, 6 con altro improuilo I ftrattagemma ful prencipio ti riu- fciramoleftareilNemico: Come anco , fe col rumore e fpargimen- ti, rcndarai piuconfiderabdi i fi- l K 3 niltri *22 Caj>9 X. niftri accidenti adeflo accaduti. Moko gioueraper vincere, il riferbare nel fine della Battaglia unafcielta di Caualieri,e Pedoni, preparati ad ogni foccorfo. Perche quefti arriuando alPim- prouifo,. fembrano piii terribili alNcmicodcgPaitri, coni quali allora combattono. E gran’ parte della vittoria il difturbare il Nemico } prima di venire allazuffa. La Giuftizia della Caufe,Ia fc- delta, e virtu de i Soldati altrc voke Iperimentata : la bella di- Ipofitione di molte machine, ed altri lftromcnti da guerra: la ficu- rezza, e vantaggro del luogot Etin fomma il folo fine della la- lute commune fon’quelle cofo che promettano una certa ? e ficu- rafperanza della vittoria.. Non-ti lgortienti il grido 5 o 1’ impeto de Nemici, ne c’ atteniča Ddk Battaglia. 223 ilNumero: perche tali cofe ib- no ombre apparenti, e non cau- fe di timore. Sta faldo nel principio ddla Battaglia , e moftrati ne troppo pigro, ne troppo precipitofo; fin 1 tanto, che na fuanitoil farno della furia Nemica. AHora, portativirilmente,com- batte con coraggio , e moftra negPocchi, e nel volto 1’ ardorc deli’animo , raa piii pronte le mani a ferire. Temera il nemico in rimirarti intrepido: E correrai men’ peri- colo, fe auerai men’ timore. Čredi pure , che fe nel princi- pio dclla ZufFa auerai la fortuna contraria,quella allora ti faftra- tla alla Vittoria, purche til intre- pidamente perfifta in combatte- re. Cio viddefi pocofa nelle due Battaglie I)onawerdiana 3 e Hoch- ftettana. K 4 No& 324 Capo X. Nontifgomenti vederc ilTuoi intimoriti, 6 inclinati a cedere, anzi allora moftrati piu ardito di mai, ne fij facile a perderti d’ a- nimo. Corri pjefto a incoraggire i Ti- midi : Trattiene quelli, che ce- dono: Soccorri doue e piu gran- de il b ifogno i dura intrepido a combattere, oue ti pare che la iperanza t’ aflifta: e col’ confi- glio, e con le mani, e con la voce moftrati d’eflereHuomo genero- fo, e inuincibile.. Se una parte deli’ efercito fari! vittoriola, eTaltra no, come /pef- fo accade : Allora deui permet- terc, cha la Prima s’ impadronifča delle fpoglie Nemiche , e 1 ’altra gia fparpagliata la ridurrai in buon’ ordine: E nell’ una , c nell’ Altrafarai, che rifuonin’le Trombe in fegno di piena Vit- toria. Una tanta baldanza inti- timorira il Nemico. In D c'la Battaglut 22$ In fine laVirtu Militare rifplen- deancora nel terminare la guerra. Poiche, d fofti Vincitore, 6 vinto : fe vinto; Nonvolereac- cumulare a tuo danno i piiiacerbi frutti della fortuna : foffre, e fpera: Afiembralefparle militie, eprouedeallalor’ ficurezza. I Romaniquando furon’ fero- ci neba perdita , altretanto fi | Moftrorno modefti nella vittoria: Scmpre pero intrepidi in ogni fortuna; Coftanti, e degni d’ef- fere immitati da Tutti; Benchevinto, deviperquanto puoi prouedere alla reirauratione deli’ armi: Cercar’ 1’ occafioni,e trouar’ modo d’ auerle : Machi- nar’ di nafcofto 1’ infidie, e fe ti vieneil tempo opportuno, afldii- re aditamente il nernico; e men- tre quefto tripudia per la vitto¬ ria, 6 per la preda-, difiiparlo, ucciderlo, d metterlo in fuga. £ 5 26 Capo X. In’ Ar m a ta, che fcfteggla per la vktoria padata, allora incoa- tra maggior’ perico o , quando pihneu ra licrede: Un’ afialtoim- ■ prouifoda fquoteraa legno, che la renderasbigottita, e perplcda; e queila foruma, che e folita favo- rireiCuoripm ardiri, richiedera d 11 - clTail fru-teo dclla Vittoria. Pia volte un’ efercito dKIipato, rodauratele forze, ha polti mfu. ga, 6 uiftrntti quei Vincitori, che e edendod ficuri, ftauan’ difor- dinati, c folamenee intenti al proprio cornmodo: Edendo ve¬ ro, che le menti humane, quanto pius’infuperbdcono nelle felicn ta, tanto meno fi moftrano ac- corte, e fagach Cio efperimen- to confuogran’danno 1’Infelice Contadino fotto Napoli. :Quello a me pare un’ Capitano aflai forte, evaiorofo, chemen- tre i fuoi intimoriti fen’ fuggono, elfo D ella EatlapliS. iVf eflb folo col’ maneggiar’ d čila fpada, con 1’animare i fuggitiui, e col’ ferir’ l f Atfuerfario, non fo- lamente combatte,ma riaccende ilfuror’ deiia pugna , e la foftie- ne: Ebenche v in cer’ non poda, nuliadimeno dalPifteffi Nemicič reputato inuincibile d’animo, e di coftanza. GTAmicidiCatone, compaf- fionando le di lui miferie, lo pre- gorno a ricorrere all-a Clemenza diCcfarej Ma eglicoss rifpofe: Catone non e ne vinto, ne fatto fchiauo - , mentre in tutco il corfo dellafuavita fi mokro iempre in- vincibiie. Fra tanto e cofa moko lagri- meuolePauereauuta in Battaglia lafortunacontraria. Perd allo- ra fara moko gioueuole il falire nell’ Altczze de monti circonui- cini o llarfene fin’che fara poffi- bik,dentroaifuoiripari: ecer- K 6 carc 228 C,?/. X. carc ogni modo opportuno di riacquiftare la pcrla gloria con- reftaurare le forze, contor’via il timore, con mitigar’ 1’acerbita delleftragi, con punire TAutori delle medelime, e quando 1’altri fi partono, con premiare chi pcr- feuera coftantemente nel perico- lo dellaguerra. Finalmenre deuireputarti tan- to piu forte, quanto meno le au- verlita ti trauaghano. Ma le vincem: 6 dcuichiude- re, dljpalancar’quellaftrada, per douefugge i! ncmicof fecondo che riehiede il Tempo, e le forze. Chiuderla deui, quando non riceuefti dan no nclla Battaglia: Ma fe, benchč Vincitore, auefti parte nclla fconfitta, ti fara piu urile, ed efpediente 1’aprirla. Chi perlequita pazzamente il Nemico, quando i fuoi fon’ di- fordinati, e fcompofti, li vuol’ coO- D clZa Battaglia. 22 9 concedere quella vittoria, che aueua egli ottcnuto. Guarda di non efTer’ troppd vcloce a far’ preda della fpoglie Nemiche : Perche fpefle volte a i Vincitori,anjiofidiquelie, fuc- cede tra diloro qualche confiitto, e fifcordano del Nemico. SpelTo dali’ occalione crefce Pardire j e rimirando il Vinto la pigritia del Vincitore, ftringe di nuouo la fpadapertentar’lafor- tana. Aile volte una Vittoria , che non fi fperaua , riefce inaggiore delFotreiuita : Perch’ il trionfo fi rendo variabile nelleftragi. La Vittoria ricopre ogni dan- no, č fcordata de i mali palfati, femprevameditando nuoue con- qinfte. La prima preda Nemica diftri- buita a i Soldati, lilprona,el’ina- nima a profeguire piu volentieri la guerra. K 7 II i 2JO Cap. IX. II fine della guerra e la pace ma la mercede della vittoria d la preda di quei beni, che prima era- no in poteftadel Nemico. Lina-Vittoria e Madre di piu trionfi, quando Vincitore ben’ la conofce , e fe ne saferuire. Seppe vincere Annibaie ; ma non leruirfi della vittoria : Che s’ aueffi laputo non abularfene , allora che fii Vincitore apprelfo Canne, auerebbe perfeguitato it fuggitiuo Nemico ,efarebbecon elfo entrato a forza nell’ iftelfa CittadiRoma. Non e virtii minore il ben’ fer- virfi deli’ acquiftata Vittoria, di quellafidimofl:ra in debellare 3 e vincere F lnimico, Accrefcerai la vittoria, fe ren- deraa moderato il tuo fdegno con chi deponel’anni }l e s’arrende. Sed cofa egregia’1 vincerel’Ini- mico j Non c gloria minore ’1 cona- Bella Battaglia. 231 compaflionare lo ftato d’ im’ In- fclice. Gneo Pompeio auendo in gucrra fuperato Tigrane 3 coman- dataii 1’eiecurione di certe cofe, lo ripofe nel primiero ftato della fua fortuna , giudicando efler’ gioria eguale : E faper’ vincete i Ud, e Sarin Deuono i.Regnanti ricordarfi della Clemenza ancor’ nelle guer- re; Perche erigore da Barbaro I’ incrudeiire contro chi domanda picta. Quella pero deuefi adoperare in modo, che non fia danneuole a chi 1’eferpita. poiche fpefle vol¬ te fuccede, che ’1 Nemico finge dif ;ggire 6 d’arrenderfi; accio- che reftaurate le forze, inforga piu Ibrtemente contro del Vin- eitore. E meglio il pentitfi della fortu¬ na, che vergognarfi della vittoria. ( Que- 23 2 Cap. X. L>uefta fc e luttuofa, e crudele, fc e contro la Patria, contra la Re- ligionc,ocontro ilPrencipena¬ turah, dcue piu tofto chiamarfi perdita, che Vittoria. II trionfo, che s’ acquifta con gran’fanguede fnoi, e piu tofto calamita. La vittoriaTebana non fuapplaudita, perchetanto cofto al Vincitore,, che al Vinto. I piu prudenti Capirani non E olero Ponore della vittoria nel- i ftrage di molti nenuci nclla conreruatione, c faluezza de fuoi loldati. Bafta P auer’ vinto. II fine della Vittoria e la pace, e non il fangue nemico si crudel- mente fparfo, che formando tor- renti, dia piu tofto contrafegni d’imimanacrudelta, che di glo- riofo trionfo; particolarmente nclleguerre. Ciuiii ,eChnftiane. La vittoria in fomtna deue aue- reutfefico gloriofo dalla mode- rationc, eTemperanza; Accio- Della Eattaglia. 233 che neflhno , diuentando info- lente per il profpero corfodella fortuna, s’ incamini alla fequela di quei Configli. che conducono al precipitio. Conforme filegge ndI’Antiche, c moderne Iftorie, Eller’ cio piii volte accaduto a molti Grand’ Huominiin guerra. Dall’armi trapaffato al ai loro fine j che e laPace. CAP. XI. Delta Pace. AC^uiefce ab armis , & habeto pa~ A c cm j &' habebii fruEim o p tima s, (a) Ripolati, d mio Prencipe , dale fatighe Martiali; ed abbi la Face : E da quefta poi riceuerai ottimi frutti. (b) Replica quelche difle il Re Ezechia ad Efaia, fat tantum Pax & Ver it tu in Aiebut meis. Ne i giorni miei folo regni la Pa- cc j e la Verita. E in Job. 11. (b) Efaia. 39. 234 Cap. XI. E in fatti, quei Prcncipi» che abborrifcono ia Pace, non fan’ cognofccre, efier’ quefta la mag- gior’ felicita, che goda FHuma- lia Natura. La pace , e la tranquillitadei Popoii, e il primo ditutti ibcni, che figodinom quefto mondo: Onde i Prencipi deuono piu d’ogn’ altra cofa curarla, le ama- no, e vogliono dlcreamati da i fuoi. Ma li Popoii a dueti a viverc in guerra tra le prede, e ilatro- j cinij, non po do n’ foffrire lungo tempo la pace. La pace, che fi compra con troppo prezzo, rendendo piu po¬ tence il Neinico , non e pace ma patto di fervitu. Qnando non fi contribuiieo- , no, ne fi riccuono le cofe conue- nute per la Pace; fi dene crcde- re, elTer’ cio piu tofto un’ingan- Delta Pate. 255 no 3 che pacifica conuentione. II pretefto delta Pace fii danne- vole amolti, ed ingannoleloro fperanzej fcgnalatamente Ruan¬ do fuccedendoalla Pacc un’ im- prouifa calamita 3 opprefle gl’ Huomini.incauti, cdaddormen- tati nelltarmi; i quali , le 1’auefc fi trouati ben’pronti > e fuegltati) non auerebbono riceuuto aleun danno. Non afpcttare mai una Pace lincera>c dureuole dal Nemico Ereditario3 dal Vidno Infedele, dalPAuueriario riconciliato 3 da un’ Rčdifcaciato dal Trono 5 nč dallaGente> e mulatrice delta tua Potenža. La Pace feguedoppo la Guer- ra, nia mcglio larebhe ,fe fi facef- fi auanii, perche allora mipedi- rebbc il corfo alta Battaglia; E gPHuomini Guerrieri nonclpor- rcbbouo pazzamente il fuo Cor- po 2^6 Cap. XI. po alle ferite fenza ficura certez- za di rimedio. II trattarela Pace trai Prencipi fradiloro difcordi, e un’ opera Angelica; nu ri concluderla, e Diuina. Gl’Arbitri, e [Mediatori nel trattare la pace non deuono fbt- tilmente repetere le caufc odiole della guerra, ne i danni, e 1’ingin- rie paflate; Ne meno fermarfi lungo temponelPefame diquelle. Poiche la memoria delPIngiu- rie, e de i Danni feguiti potreb- be rincrudelire 1’antiche piaghe, cforfeancorarender’ piudungl’ animi,non per anco bene ammol- liti da una perfetta Unione. GPHuomini veramente Guet- rierifenton’ di mala voglia itrat- tati di pace ; ed amano piu la Guerra, chelapace. E in verita la Guerra fempre preualealla Pace, quandoquefta č vergognofa, d inutile. II D tttataee. 237 II tempo piu proportionato a fare accordo dipace fi e, quando l’uno, e 1 ’altro Auuerfario anno eguale Iperanza nelle lor’ forze: pcrche in altro tempo piu tofto fi contrae la feruitii, che PAmici- tia; quale e molto difficile a man- tenerfi fra i difuguali. Nel fermate la Pace, deuepro- porfi,che tutte le controverfie, che nell’ auuenire potranno ac- cadere, ofi tolghino con la tre- gua, d fi componghino per mez- zo d’Arbitri, prima che intuoni la Tromba ali’ Armi. E pero laTregua, 6 lalofpen- fioncdelParini, tanto nel tratta- to della pace, quanto ne i cafi di Nuoue difficolta e totalmente utilc, e necefiaria } fecondoche difpone la legge delle Genti. Poiche quello, che fi puo fare per via di retta Giuftizia, non de« ve farfi con la, violenzadelParnii. L’In- 238 Cap. Xf.^ L’Infidie iono unitealla Trc- gua. Quefta refe alcuni muinci- bili in guerra: e per caula di qiiel- le piangono molti le loro fcon- fitte, come vidd.fi poco fa nell’ irruptione Franzefe in tempo d’ ArmiftitioL’Aquila Imperialerc- fto fpennacchiata folo in tempo di Tregua, e fotto coperta della medenina. La Tregua da fpazio al Nemi- co di aflembrare maggior’ efer- cito : d’ agitare i configli con piulicenza: di procacciarefaiuti con pili liberta: di piii ficuramen« te inueftigarc 1 ’ altrui forze : di portarfi in guerra con piu fierez- za: E(doue epoca,o niuna fe- de) di opprimere piii improuifa- mente che puo il fno Emolo, ad- dormentato tra icommodi della tregua. Non v’ e cofa , che fia fiata di maggior’ culto apprdfo gl’Anti- cbi, Vela tace. 219 chi, quanto la Pacc. Chi e reo di pace giurata, e fprezzatore di Dio ; e di rado; 6 non doppo gran’ tempo fi efime dalla vcn- detta. Non i primi a muouer’ guerra rompon’ la Pace; maqucl!i, fhc con infidie, nel tempo che dura Ja Conuentione .prendon’ Parmi sila mano. E violatore di pace, non chi procura tener’ lontane P ingiu- rie, ma chi e primo, lufcitarle. Siimlmentc non romoon’ la paceColoro, che priui tfe fuoi, van’ cercando 1’ aiuti firanieri; maquelli, che non di fendono i Compagni, k i quali, fecondo il patto Ion’ tenuti a porger’ 1'oc- corfo. None tempo ancora, che io mi parti dali’ar mi, fin’ tanto che non abbi trattato della materiadelle feditioni, e guerre Ciuili 5 che To¬ no i mah piij peitiferi d’ un Stato. 6 4 - 240 CAP. XII. Della Seditione. Q Uella chiamo Seditione, cioe: Quando i Cittadini,ola mag- gior’ parte diefli difcordano tra di loro; 6 pure col’ fuo Prenci- pe, procurano farli ragionecon Parmi. Quefta confifte prima in chi procura, poiin chilo fegue; ma non gia in quelli che difendono *1 bene coramune. Lafeditione diuide una Repu- blica in due, fa ch’ un’ fol’ Regno abbiadue Prencipi: d vero, ge^ nera P Anarchia che e un’ certo Chaos, e una total’ confufione dituttii Maneggi pub lici. .• Poiche doue vacilla la q’iiiete domeftica per i moti delle fedi- tioni, liprecipita tutta Pautorira deli’ Del/a SeJtione. ^ 241 $ deli’ antico Iftiruto ; e piu han’ forzs. i turbini dtila violenza, che tucro cio, che č perfuafo, č co- mandato dalla modelira Ciuile. I Cittadini ncutrali fon’ dan- h neggiati, 6 pcr dir’ rneglio , to- talmente pofti in rouina dali’ima, a e 1’ altra Fattione. L’ una parte, - perche non lian’ giouato ne a l quefti, ne a quelli; eperPaltra, mediante 1’inuidia, d’eflere fiati i fino a quel’ tempo efenti da ogni i danno. > Apprefld ifeditiofie dafiggio il non fidarfi dentro fe fteffo d’ Alcuno> F offeruare attenta- mente gPAltri, e pigliarc ogni cola a lofpetto. I feditioli amano le cadute, e Fono si incauti in precipitarfi tra loro , che non preuedendo il male chegli loiirafta, debilitano lelor’fbrze, e s’ elpongono ali’ altrui preda. L Poi- 242 Cap. XII. Poic-hč le reciproche conteft trai Cittadini non 1 'on’caufa dcllc proprie, madelPaltrui Vittorie. Ogni Seditione e contro la’ legge diuina, perchd refifte a quella Potefta, che e (lata ordi¬ nata daDio. Ondeil Seditiofo fempre fog- giace ad una pena ineuitabile, minacciatali dali’ Oracolo lagro con tali parole: ( a) Teme il Si- gnqre, 6 Figlio, e temeancorail tuo Re: E non voler’ melcolarti conglHiiomini feditiofi, perchc' la morte jdi quefti verra impro- vifa. L’efempio del felice fuccdfaj accaduto agl’ Olandefi, e Suiceri jaer caufa della Seditione, e raroi o quafi unico dal principio di cia- fcuna Eta fino al tempo prefente- Forfi fi deue credere, che na Corpo fenza capo poITa lunga- mente viuere? (a) Prov. 24 . Gua* Defla Sditiont. 245 :fc Goai a qudla Republica, do¬ le ve fono tanti pareri, quanti fono iCeruelh: Guai a quel’Regno, la* chcnonconferuarunione:Guai a aColoro, che folo fon’ diligenti li- ne i proprij interelfi. Neffuna Citta abbonda di tan- >■ te richezze , e neifun’ Regno e mantenuto da si grari’ copia di o prouifioni, che tutte non le di- i- ftrugga, e confumi la feditione, il e la commune difcordia de Cic- ti tadini. La Seditionetanto e peggiofe > della guerra, quanto la guerra e peggior’ della Pace. bj Le Scditioni fon© cmi mati ri' interni, Ghe quanto piii fon’ ge- )i nerati da cauie maligne, e occul- t- te, tanto piii difficilmente fi cura- no,-e piii grauemente tormenta- i' no’lbene commune. - Varie fono le cauie delle Sedi«. ' tioni. 244 XII. in quefte il piu delle volte ac- ] cade, che dalla Parte, oue erano ; Piu caufe iui nelP ultimo tutie concorrino. ’ Tali caufe pero fon’ quafi tuttc finte, e originate da un’Mero pre- tefto; main fe tutte rachiudon’ un’ fol’ fine, che č la Uberta, d ii defid di dominare. II particolare incitamento degV Huomini peflimi e la diuifione d’unaRepublica. I piu afpri fomentatori delle fcditioni fon’ pero quelli, eh’ al- tre volte iuibrattati nell’ altrui langue,e infelloniti nelle maluag- gita, non han’ timore, ne vergo- gnadi confonderTo Statod’una Republica, ora ftrepitando fco- pertamente con fdegnofe parole contro del Prencipe; ed ora con ocenite machine, fottopretefto dilettere, follcuando ilmedefi- mo j fino a tanto che da ambidue ! D"!Id Se Ulove. . *45 le parti conturbati gl Anmu, s J accenda tal’ diflenfione , che va- i glia a coinmuouere, 6 a total- 1 niente diftruggere tutto lo Stato. : Prendonoquefliperfci]fala li- berta, ed altri Nomi apparenti, yan’ formando qucrele, e ddcor- i fiambigui contro del Prencipe, ed altre cofe fimili,atte a comuo- vere il Volgo. Non v’ e cola s’ perniciofa ad nrPRegno , quantoche il Popo- lo impari a renfteresfacaatamen- teal proprioSignore.. Di fcclleraggine tale furon’ Macflri, e Incitatori Catilina , Brutto, e Caffio, Huomini inue- ro, d pieni didebiti, odifpera- ti, d apertamente maluaggi, d maldicenti 5 o otioff.. Mai una g ra a’ moltitudine fi precipita in tantctdifp ezzo del fuo Prencipe, fe con quando d uicitatad’AicuniPochi, chenel- L 3 la I £.46 Cap. XII: la quiete della Republica nonfo- lo dilperano gPonori, che pen- fano poter’ confeguire nel diftur- bo della medel? m a; Ma anco per- che lperano 1’impunita alle loro- fcelieraggini, e difetti % errando con piii Perfone. L^riginc d’ogni fiiror’ popo* laredependelempre dachi la ca- giona: Graltri fi perdono per \v ccmtagione delil compagni. Da tre caufefole, dieePolibiO) che nafcon’ le feditioni, cioe: quando i fudditi incolpano i lo- ro Regnanti, e di mala voglia Ii foffrono : quando Tono offeli dalle cole, che fi maneggiano n el Reg n o : O quando conce- pifcono dentro le fteffi una lpe~ ranza di cofe maggiori. Ifi virtu della prima caula, gli Prencipi Auftriaci perlero ncli’ Eluezia gran’ Stati, e riguarde-i \Loli. La Delta Seditione. 247 La fecor.da commoffe’1 R.e- gno di Portogallo, contro il P' prouocanoil Popolo contro !o- romedcnfni. . I liidditi deuonfi, e vero,tenerca freno con la ver- ga, ma non con queila di ferro. Dene clfere la verga della diret-- tione, tatito decantato dal Pro- feta Reale. Communemente pero le Cau- fe della feditione, partieolarmen- te quelle contro.iRb, e Monar- chi, che fi notano ne i publici Ma- mfefti, pare che folo njno il Me¬ ro Pretefto ( poiche in veruid modo e licito il ribellarfi, ne me¬ no Pnccidere il proprioRe) Ma; vi e anco nafcofta un’ altra Caufa, che non fi proferifce per eflere- troppoindegna, eingiufta, Cioe la Grand’ ingordigia, 6 Uliirpa- tionc del Prencipato; 6 vero il per- DeHa Seditione. 2.51 perdono difperato peri commet- fi delitti. L’una, e 1’altra ebbe 1’cfFctto nelRagozzi, Ribellede noftri tempi; il quale non e gia gran’ tempo, che fu conuinto di teilonia 3 e condannato; Enulia- dimeno o-ra apertamente fi ved’ ingordo d’ occupare il Regno, fbtto colore di voler’ godete ia liberta, che e la folita cantikna degPHuomini feditiofi. Di rado le caule 3 che difturba- no, efolleuanolaPlebeinduco- noancoralaNobiltaalla feditio- ne. Quandoperdafiiemeconla Plebe fi muoue la Nobilta,o qual- chc Principale , e Potente tra- quclla,o pure alcuni Magnati, e Gentiluomini di Stato j non de- \e credcrfijdie fi muouino 3 d per preftar’ follieuo alla plebe, 6 perproucdere ali’ utiP Puhlico, mafoloper adempire con p u fa- cijitaj efotto fembianza d’Inno- L 6 cen. 252 Caf: XIL ceuza 3 a brama dcila Ior.o ambl- tione neldifprezzo del Re; allo- ra quando dal Popolo piti lempli- ce h črede che procurino ll de¬ ne llniueriale. Pero e difHcile il rimediare lin’ ral’ male fe non /iprocuradi iueilere h radice diqueli’ ambi- tione, che !o produce, e che ecr- ca inalzarft fopra ogni priuatai fortuna- La Sahrrandra norr compari- fce fe non in tempo di gran’ tem¬ pe ff a t Cosifanno aleuni , che- non potendo comparire con g P ali-ij pereffcr*di Virtu infeno- re, foto fi lan’ 1 \edere neilemag- giori tutbolenze de la Repnbnca. Coc-tro i feditioli di tal forte cteuonff adoperare 1 pin potenti riniedi , cioe : fe difpreczano 1’obbcdienza, deuonfi indirre a: qneftaconParmi, e con la guer- rai s’a!nirano al tron.Ojlara leči- tot’1 to tahn.a te dntruggerli., Delta Scditiont. 253, A*quefh tali mai deue conce- derfi Ipazio di penitenza , perehe con quefta danno maggiore ali¬ mente alle loro lcelleraggini. Efli.allora non fi rauuedano,, ma cercano a bella pofta ll ripo- fo j per piu difturbar’ !a Republi- ca, ed auer’ campo d’ accrefcer 5 le forze con Paiuti. d 5 altro Popo- lo feditiofo. Ah qnante vo ! te in quefto erro» IaClen.enza Auftriaca! Effendo nata la fcditione in; unaRepublicapopoIare, non de- ve bramarii, che .iegua la pace,. quandouna Partee rotta, e d,Si¬ pata : Ma deue qucl!a conclnder- fi in ten po ,, che fijno eguali le. forze. Ma quefto di rado fuccedc Auui-ne ben’fp flo, chequando> nna Parte,-e ialtra fi Ion fra di i unitarnemu fi L j 11 254 XII, 11 vero rimedio delle feditioni controd’un’ Prencipesi e , Che i Cittadini non fijno ne troppo poueri, ne troppo ricchi. II trattenere i ripari nelle di. | fcordic Giuili e 1’iftefTo cheaccre. feer’le fiaramca un’ manifeftoin- cendio. Bifogna allora efler’ ar- diti, ledij e lerairfi piu deli’opera, chedčlOon/iglio. 11 Prencipe che per fua negli- ; genza ,o pcr compiacimento deli’ lina fattione ricerca in tali con- j giunture; configli, e le confultc legrete, efpone la fua Autoritaa grauepericolo. Ituperoche fogliono in verita gl’ Huomini fcditiofi mandare auanti, 1’Infcgne, Nomi, o certi altri inditij della fua fattione, co- jnefecero i Geuli nella Fiandra, Guelfi,e Gibellimin Italia. Me- cenate pero perfuafe Augufto, che in verun’ modo difiiinulafli^ d per- Detla SeJitloMe. 255 6 pcrmettefle alcuni nuoui No- mi,o qualfiuog!ia altra cofa, chc poredi far’ nafcere,d fomentare la diuifione tra i Cittadini ; ma- bensi che publicamente punifle, 6 mandaffi in bando 1 ’Autori di tale impoftura. La fcditione prima che venga avanti, fi puo impcdire col fre- no di piaccuoli, edolci configli:* d con gratiofo ragidnamento fat- to al volgo per niezzo di benigni Interpreti : 6 con generale in- dnlto di perdonare ogni colpa: 6 con diuidere la fattione: 6 con opporne una maggiore : d con- opprimere 1 ’Auton, offercndo il premio a chi ne piglia il carico: o conlufingarli, eaddormentar- licon le promelfe : d vero con la prontezza deli’ armi, foggio- gandoli tutti, prima che fijno preparati a refiftere. I primi principij dellefattioni' de- 256 Op. XII. deuonfi opprimere,6 preoccupa. re : E preusmerite fi deuono arr- coc’ diGipare 1’unioni, 6 le con- trouerik de Magiftrati, e de i piu Po temi : Come anco tor’ via lco- pertamente ,0 di nalcofto, d con guerra, d con arte Co!oro 3 che fon’ loipetti di fedinone, dfono la pritna fcinnlla deifamedefima. Gosi infegna ’1 Poiy6io. lib. 4. Ogni ma.e Iul v principio del fuonafcere, fa*;i!mente ii oppri- i me:: da quand’e inuecchiato, it piu delle volte diuien’' piu ro ju- lio : E fcč difiimulato, maggior- me ute infolentif e. Ne! pnneipio qualunque male c di poca stima x e piu to do deue chr. marfi attentato > ch’impr (a. te forze perd d’ un’ Rlegnante fon fempre nuggtori, de 1 primi moti wduna I ditione- O nna vana fperanza di pace,, d la. troppa ikiucia, o ua’ odo a ne- 'TieU.x Scditiofie. 257 neg1igenza,6lapigritia de i Ca- pitam,cheftanno alle fronciere, olapartialitadei Miniftri, per la Iunga dimora fan’ crefcere l’or- goglio a i feditiofi > da non po- terfi poi reprimere fenza peri* colo. S iante volte e cio accaduto S ri tempi, e non pcr anco ci rauuediamo della nollra trafcu- raggine. Šerra le prime ftrade : Non ti fidared’un Regno,che ti fia fta- to una voltainfedele : fta fempre con Parmi alla mano, benche quel!o fia difarmato : Coftringe piii a dentro i Leoni nellatana Domaapoco, a poco il Popolo, afliietoa viuerecon liberta: To- glie via la Zizania, prima che ma¬ turi : Cosi nel bel’ principio da* iai finead ogni male difeditioue. Augufto con la fola prefenza fpauento le legioni Aeiache, coni- 2 5§ Cafi XII. comnrofTe alla feditionc. Gran ? cofe opera i’afpetto del Prencipe. Mennio con una breue Ora- tioue fedo la Flebe tumultuante di Roma: Apprcflb quefta mol- to vale un’ Oratore; ma poco appreflo i Nobili, che fperano ogn’ urile folo dallc confufioni, edaidifturbi. Ogniprincipioedifiicile,mail rimedioe facile,benche tai’ volta' Hicorifideratameifte fiprenda. Pcrchč ad un’ mal’ precipito- fč, non e fuor’di ragione l’ado- perar’ aualehe volta prccipitofi rimedij. La Piebe con gran’ facilita fi compone, fe non e unita affieme con i Nobili, il che ancora forti- fce, quando quefti aderifconoaL la parte del Prencipe. Altrimenti auella iftigata dalla Nobilta,accrdee il vigore e le for- ze: E allora iNobili fi fernono di quel "Della StUitiont. 25$ quel commune pretefto d’ incol- parc la Plebe, fbrfe in fe ftefla in- lvocente, e folamente colpenole, erea per le loroluggefiioni. La Nobilta mefcolata con la. Plebe in caufa di feditione con fatigafipuo fedare fenza perico- lo della Corona. (^ucfta e una feditione mortale a 1 Prencipi } particolarmente quando fono in- fidiatidai Vicini, e che fono effi ajutati, c configliati dalie Po- tenze piu Grandi. L’Efl"cmplaxe di cio e 1 ’Unge* ria fomentata dal Sucdefc di Po¬ loma, e fors’ aggiutata fotto co- pertadalPOttoniano di Thraeia; Qnel’e gia rotto, quefto 6 diffi- nmla per la pace, 6 teme 1’armata Chriftianita. Ma la Francia mra ’ltimone, fuggerifce li conngli, aiuta con Parmi, conPoro s con Officiali di Guerra; indradando per mczo di fuoi meffi, ed Elplo- ratori ifo C«]). XII. ratori tutta la Machina della Rc- bellionc Ragoziana. Mi quando la Plebe e fola ad infuriarli, piu facihnentee fenza pencolo tl compone ; oconpu- nirne dcuni, benche pochi nel principio delle loPfurie; d con addolcirgi Ranimo con apparen- ti proniclfe; d con Rautorita, e prefenzadelPrencipe : Anzi tal* volta da pet fe ftefla fi conkunia per le fcambieucli occifioni j <» p' rej,comefpeffbaccade, infafti- ditadalla puhlica calamiti, vo- lontariamente s r acquieta. Se togliefti al Popolo alcuna cofa importante, e a !ui molto grata,iti contracambio, del tol- to, douerai conipiacerlo con al- tro dorso minore , per tor’ via ogni feditione; accid non paia addfo d’eflcr’totalmente fprez- zato. Quandoperd la tratterai trop- po Delhi SeJ.itione. 261 po delicatamentc , compiacen- doio in tutto, diuenrcra piii in- jolente ncila ieditione, e crede- ra hatier’ vinto. Fiifuofdi tempo il configlio, chediedeOperio a Filippo, cioč che morto Rcquefenio Gouer- natore d'01ar,dn amtnettefleco- me prima ad offizio d riguarde- vole, i Senatori delia .Patria. Poiche improuiiamente feguen- do Ja rebeilione dcllc Prouincie in breue fi viddc efler’ piuftata di nocumento ali’ Olanda ima tal’ permiffionc, che la paflatafcue- rita. Le feditioni cd altri folleua« mentiCiuili in caufa diReligio- ne cagionati 6 dalla Nobilta , 6 dallaPlebe, eP' polo il piudelle volte fon’ ltioghi, e molto fafti- diofiaiRegnanticomc gi^ pcrlo ipatio d’un feco'o, e piii fperi- lueiuornoiRe di Prancia, quali con’ 1 . &6z Caf. XII. con’ varia fortuna furonopiuoc- cupati nelle guerrc Domefti.he, con Hugonoti,e Prencipi di fan- gue chc ftranicre Vicini. La feditione d’una Religione rare volte fu danneuole folo a fe ftefla: Ma quantevolte fu moda dal fuo fito queft’Ancora fagra, altrettante afnemc con’ efla cbbc i naufragare 1’Autorita de Pren¬ esi. La Reuerenza della Religionc conferua č tien’ forte ogni Re- gnoc Prencipato, odiolo difua natura ali’ umana liberta. Quando dal difprezzo della Religione faran’ fatti i fudditi piu temerarij,uferanno ogrPardimen- fco contro del propno Prencipc.* Vorran’ dar’Je leggi al loro L"- gislatore> e diranno di non effer’ .tenuti apreftargli obbedienza. Poiche fi come l’Erefie roin- ponorofTeruanza della leggc di \Dto 1 De Ha Seditlone. 263 Dio ; Cosi tolto un’ tal fiero i feguacidi quellefprezzano a po¬ co a poco ogni terreno comando* Confolati pero 6 mio Prcnci- pe, e confidcra, chc quanto fon’ piii accrbi i pcricoli, cagionati dalla feditione della Rcligionc, altretanto laranno maggiori i’ Aiuti deP Cielo. Črede e confi- da. La mano delSignore e fem- pre piii prelita alla tua difefa. II Patrocinio della Religionec lapictra fondamentale deRegni. L’iftcfli Barbari ftabilifcono con quefto foftegno la lor’ Potcfta. Volgi 1’occhio della tua inente 5 tuttc le Nationi, e vedra !, che qucfte in ogni luogo anno la pri- nia, e partieolar’ cura agli Dei. La perdita della Rcligionc non puo compenfarfi ne con 1’accre- fcimento delle Ricchezze , ne tam poco con quello deli’ Impc- rio. De- 264 C?/. XII. Deuefi finalmente ima pena ir- remiiTibilc a i primi Motor: della fcditione: fi come per il contra- rio fon’ donuti gran’ premij a quelli, che la fedorno. Machesi fara^uandofifteTb, chemoffe la fcditione, ancor’ la compofe? douera pnnirfi il pri- mo fatto come d*ffettofo : Per* chd altrimenti vi larebbono al- cuni che & bella pofta difturba- rebbono la Republica per rac- corre i frutti del premio dalla femenza delle lor’ male opera- tioni. Douečnatalacolpa, iuiabbia luogolapena. IlupplicijdelPAu- tori deuono feruir’ d’ efempio a tutta la Gente ; accid per l’au- venire non fi piupumfcachicom- mettera fimili errori. Se.il Popo 1 o, d vero !a Nobilta lungo tempo larž con u ace,do- uera frenarli contenerla m. gg ior ' niente SeUitiont. 265 jnente fo»getta,a:cid non diven- ti molto piuarrogante. Ba f lifiaquiauertrattato delle feditioni: Ora veniamo alle fat- tioni, le qaali differifcono da 3 uellein quanto chequefte non anno laifalto alla puhlica Pote- fta comc le feditioni mi Ibla. inente tra di loro fcambievol- mentefipercuotano, efiodiano ftante 1’emulatione. Tal volta e efpediente in una Republica ii tollerare diuerfe fat- tioni, che non muouono fedi¬ tioni, perpiumoderarleincafo* dfinforgelfero. Le Fattiom fon piu di danno al popolo , che a chi lo reggc purche da queile non forga un puhlico fconuolgimento. II fufcitare le fattioni in una Republica , ed il confonderle infieme, c un’ artc di viacere tnaggior d’ ogni guerra, e peg- giord’ogni. fame " M Quau- 266 Cap. XII. Quando quefte fi iaranno ftan catein batterfi tra di loro, auera campo d’opprimerle, 6 tutte ii un tempojdpureunadoppo deli' akra. Cio perd non fara lecito,ad’un Prencipebuono > fenoncontro i fuoi Nemiri , d domeftici, o ftranieri. I Popoli bellicofi, e ricchi fe tra diloro non fi trauagliano con lecongiure, e con 1’emulationi) riefcono moko molefti al fuo Prencipe. Alle Fattioni degl’altri fi ralle- grano i vicini, e giubilano i piu potenti. Le dilcordie Ciuili fon quelle» che fcmpre hanno cagionato le mutationi , e 1’ ultima rouina di ciafcun Regno, Republica 5 ed Imperio. Le Fattioni, che cercanoafuo iauore, gl’ajutiftraaieri affilano il i ferro | T)alta Seditiotie. 2 6j ferro al fuo ultimo efterminio. In una Fattione a tecontraria deui ricercare a pro tuo gl’ami- ci, efautori, e bifognando cor- rompcrli, e ridurli in ogni mo- dopoffibilealla tua difeia. Sono digran danno leFattio- ni a quel Prencipe, che non sa fervirlene ž fua utilita. CAP. XIII. Delle Legat ioni, e Con - fe dur at ione. A’ Quefto terzo foftegno deli’ 1 arun, chereggeunStatoipet- taancora Pofficio delle legatio- ni,ed il modo delle confederatio- ni •, 11 che breuemente efporro. I Legati fon gl’occhi, e l’o- rechie de’R,egni • un’altro li chia- mo honefti eiploratori. Lalcgge appartenente a i Le¬ gati, e reputata fantalinu anco M z apr 268 Cap. XIIf. appreflole Nationi piu barbare.' L’officiod’Ambafciarore non richiede la compagnia delPArmi, eflcndo proprio di eflo il portare le commiflione,e non Parmi: per- che non deiie, ne eflerc offefo, nc offenderc. Chi uccide gl’ Ambafciatori, offende la legge di tutte leGenti. Ma fc quefti machinano cofe da Ncmico, o vero fono prefi in delitco di lela maefta, offendono il carattere di Legato e fono fot- topoftialle pene comei priuati, Poiche Pimmunita dcgPAmba- fciatori benche fia fanta; non c pero piu fanta dclla Giuftizia. I Legati, che nel tempo, e fot- to pretefto d’ambafcieria machi¬ nano qualchc cofa , indegna, c crudele, polfono in vero eflcr raffrena^i, e puniti; ma pero fa- rebbe piu onefto, c leeito il ri- saaadarli a fuoi Prencipi con que- VeHe Lepationi , <&'c. 1 quanto in auella de’ fuoi. Roma, al tempo d’Aleflandro fettimo, durd gran fatiga ad ac- quictare la Fiancia grauementc M 3 offc- 170 Caf. XII. offefa nella perlona del fuo Ara- bafciatore crequi. Poiche i Prencipi nel trattare feambieucrfmente i lorLegatiof ieruono un’ eguale retribuzione pareggiando la qualita della pe¬ na, con la medefima pena. Se teme un Prencipe, che non fiafatta qualcheingiuria a i fuoi Ambafciatori, per tanto tempo potra ritenere in luogo d’oftag- gioi Legati delPaltro Prencipe, Sfinche appreflb P altro fi pro- ueda alla ncurezza de’ fuoi. I Prencipi deuono ufare ogni cura di fidare a perfone idonee la fua propria Perlona, lafua auto- rita, ed i fuoi intereffi apprelTo le genti ftraniere. Imperochc un Legato in paefe ftraniere rapprefenta tutta la per- fona del fuo Prencipe : hafiftef- fa fua autorita : a nomc fuo e afcoltato 3 ed afcolta ; E come fe Dell e Legtttionii&c. IJl fe fofTe 1’originale, haPiftelfi oc- chi, Piftefle orechie,la propria fua lingua, lemedefime mani. Deuc un Prencipe proue- dere, che ilfuoAmbafciatorefia di Natalialmenomediocri j non artigianO) d plebeo : Che abbia una cognitionedinegotiarc piu, che orainaria: Una facondia par- ticolare nel dire; accompagna- ta da una buona perluafiua , un’ accortezza grancie in tacere gi’ Arcani del fuo fourano: Una fom- ma prudenza, refa famofa in al- tre efperienze: Et in fonima tut- tequelle virtu, che folo fi ritro- vano in perfone atte al maneggio d’un Regno. Di piu riguardera ancora i be- nidelcorpo,- cioenoncommet- tera la legatione a perfone ridi- cole,e Moftruofe, mafoloa quel~, le che la natura formo di rare, c gentili fembianze e non in fcher-. noj e ludibno de popoli E 37 2 O/. XII. £ licome deuono i Regnant* guardar bcne a quali pcrlone commettono quefta carica Re- •gia: Cosi ancora quelli che fa- xanno ammeflialia medelima, do« veranno bca confiderare la loro abilira fe lia fufficiente, d no > a foftencrc un tal pelo. Oh quantije quanti errorno in tal aminiftratione e quafifeftefli dichiarorno rei di Lela Maefta in auere proftituito Ponore del loro Prencipe apprefTo le genti ftra« niere j 6 vero con. operareinutil« snentej o fuori d’ogmragione j Furono fcherniti 5 e Iprezzati.Tut- to cio > che fuori del preferitto del fuo Prencipe, operara un Le- gato ( benche otdmamente ) fara fottopofto alfindicato; poiche e: folo officio del Prencipe il deli- berare,econiandare j maaquello 8’afpettariceuerci comandi, ed elequirli. Helle i Detie Lepdtioni, <š"t. 173 Nelle cofe dubbiofe fe il tempo glielo permette, deue del tutto prender configlio dal luo Pren- cipe: Non permetta pero, chc glifughinoquclle occafioni,che gli poffono elfer di giouamento. Siad’animo fciolto e nonpcr- pleffo; Particolarmente in quel- lecofe,chefono unite alle com- nuffioni, e che ( quantumque im- provife ) fono fauoreuoli, e non contrarie. Tanto piu, quando ali’ Iftru- tionedatali dal fuo Prencipe vi d aggiumo: Csetera tuše pruden- t:x committimus, &c. Mai fia differente illčntimento delLegato,da quello del Pren¬ cipe: ne mai da una parte e l’al- tra vi fiadiffidenzaalcuna,o fe- gretezzadi negotij,d trattatida maneggiarfi. L’Imbafciatore, 6 non fi deue inuiare, 6fefarainuiato,fideue re- 174 f a P- XII. reuocare, 6 niente li fi dcue tace- re. Eflo, ed il Prencipe bifogna eheabbino un’iftefTo animo, un’ iftefia voce, 1’iftefle parole. Tal volta pero ufano i Regnan- ti di dare a i loro Legati un’ iftru- tione ambigua, e cio quando fi patteggia fopra materie di gran rilieuo, d vero li comandano co¬ fe illeci te. E cid lo fanno con quefto fine cioe: Se 1’elperienza doppo in- fegnera che aualche cofa fi fia malaniente, fenza prudenza im cominciata, oconceflaj fi pofla juridicamcnte, domandarne la refciffione, edattribuirnela col- pa al Legato. L’Imbafciatorerapprefentadue perfcnc, cioelapropria, e quella del Prencipe; quando e in puhli¬ co, fifipogli la fua, e-vefta la per- fona del Prencipe,e qtiell:o iofao cia con ogni Iplendorc e con tut- Dctte Legat Ioni , &c. 1 te le ceremonie folite } ne punto preterifcada quello, che gh con- viene. Siaccomodi,per quanto gl’ž lecito, ed eipediente, a i coftumi ceremonie, etitoii della gente, la quale e inuiato In materie pe¬ ro diReligione ofierui corftogni accuratezza i coftumi della fua Patria,e non limuti. GftafFari della Legatione Pe- fponga con le parole; Male cofe a lui promefle le riceua fermate con lafcrittura. Quello pero, che prometteun Lcgato, lo prometta in talguila, che, bilbgnando , poda ii fuo Prencipe liberarfene. Sij tenace ne i fegreri della Le¬ gatione, ed operi tutfo cio che deui in modo , di non eiTere in- lannato; anzi piu tofto procuri a ingannare, chicerca inganarti. Quando uai Ipiando i fej-eti 176 _ Cap. XIF. degl’ altri nafcondi i tuoi apriti inpochecoie,pcriaperne malte: .Magiiardati da ognilaccio , per- che altrimenti relterai preda di- chi penlaui far preda. L’ordine, e le commiffioni del- la Legatione non deiiono efpor- file non, a chi einuiato d Legato.. Se in qucfto mentre egli morif- le non (ara lecito ad alrri elporre untaP offitio, fenza il confenfa di chi Pinuid. Uandare alPudienza da UH Prencipe in tempo non oppor- tuno, e di pochiffimo giouamen- to. Pero ti fara megli o Pafpetare* che non operare iecondo il tuo deuderio. Nel modo, che troueraidifpo- fto Tanimo del Prencipe j in quel- laguilaafcolterailafua voce, ed auerai le ripofte. N an Paccoftorai mai ali’ udie 11 ' 2ta cjuando il Prencipe e intento ad D eHe Legationi, š"e. ijy ad altri, 6 chc e inuolto negl’af- fari del Regno, 6 pure follecita- to da vari] negotij. II Legato, che gia fi troua alla prefenza del Prencipe al quale e inuiato>guardibene dinon man- care afe ftello, maftia conquella Maefta, che gli fi conuiene. Auendo prima prerneditato cio, che doueradire,efporraintiera- menteil tutto; folo pero quelic colefpetanti alla legatioue: per- che non gl’ e lecito il difcorrer d’aitro interclle. Nonaggiunga, ne diminuifca parlando di cole foftantiali: ben- che il farlo gli parefle piu profit- teuole. I Prencipi voghono 1’oP fequio e. non I’arbitri o. Ne! ledere tcngaleprerogati- ve del luo Prencipe: douunque vede pericolarePautorita del riie- defimo- non fi perda danimo , ma con fomnia accortezza proue- daaiiindeanita del luo Prencipe. 178 Cap. XIII. Nonpermetta cosifacilmente unLegato d’elTer licentiato fen- zarifpofta: eflendo piuconucne- vole il ncgarc 1’udienza, che noa darlarifpofta. L’ Ambafciatore non prenda fopra dife i! carico di portaream- bafeiate minacciofeal fao Prenci- pc: e quel!e cheportarafefaran- no odiofe non 1’accrcfca mag- giormcnae, perchceflo el’Ange¬ lo dclla pace. I Prencipi rifpondino con po- che parole, qucl eh’ e di piii com- mettino a fuoi Miniftri. Si come apprefTo di quefti,fta la fomma di tucti i negotij, piii im- portanti, con ancoraunLegato dene ufare con loro una gran cu- ra, opera, e fatiga di non naanca- real fuo o Hi ti o: e pero deuc ef fere baltante a que!lo nd maneg- giare detti negotij, cioe accorto, iegretOjfagace, prootO; edappli- cato T> tile Legat ioni, src. 179 cato a tutto j Niente penfi a fe fteflo, ma tutto fia occupato in feruizio del Prencipe di cui por- ta la vece, cd e luogo tenente. Čredo in verita,che quali fono i Legati de’ Prencipi, tali riefchi- 1101 fucceffi de’negotij diStato. Qpefti nel trattar con i Prenci¬ pi a quali fono inuiati abbino il primo riguardo alla Heligione, le dcue trattariidi quella: e dop- po riuolghino gl’ occhi ali’ utilita delloro Prencipe, che efunica Le gge di tutta la legatione, Benche unLegato abbia auute libere le commimoni ; Non di- nieno deue lempre interpretarle inguila, tale, che s’intendino da- teperutilc, ed honore di chilo manda. In un mandato generale non shntendono inclufe quelle cole, che richtedono ua mandato ipe- ciale. Pia- l8o Cap. XIII. Platone imputauadi lagrilegio chi trafgrediua i mandati. I Negotij da trattarfi con i Mi- niftri ftranieri , bilbgna maneg- giarli fecondo il tenore deli’ lftruttione, accidquefti vediuo, che il Lcgato inuiatoli c folo Mi- niftro del fuo Prencipe y e noa Rettore, ne Arbitro. Fra tanto il Prencipe forfe pro curera di trattenere con belle ma- nirere la rifolutione, nefubito.ri- fpondcra per i Miniftri; Ma piu tofto ti lufinghera con dubbiofe promede, e di nafcofto tratteri con altri Prencipi per mezzo d’ altriAmbafciator^che non fap- pino 1’operato-conTe; ericer- cando il tutto eon fomrna dili- genza, poi rilolvera. In un viluppo di molti affari bifogna deputare un huon)od’al- lifiiina sfera, e di gran fapere, d qualepreuedapreucnga 5 diffinin- ii> D'Se Ltgctttoni 5 &c. ISI li, penetri, opponga moderi, ed in tutte lc partitaitncnte maneggi il negozio; che lemprene rifuiti Tutilita del fuo Prencipe. Sonoalcnni che anno fcienza del fatto prima del fatto. Altri nel fatto medefimo } ed altri dop- po: II Legatoperd in ogni tempo. L’Ambalciatore proceda con Fordine lfteflo deli’ Auuerfario: Nonpales i gi’ arcani delPIftrut- tioni: per occulte ftrade, c legre- te, e per mezzodelle letterelot- to Zifra manifefti al fuo Prencipe le machine del Nemico, glifug- gerifca i configli, 6 lidomandi: tratanto celatamente facciagran doni cercando d’inueftigarc i fentimenri deli’ Auuerfario, e fi dimoftriintrepido nella multipli« citadenegotij intrigati. Le cole non ben confultate mai riportano la farna della pru- dcnzamadel cafo, e della fortu- na. Un 102 Cap. XIII. lin prudente Legato, dubitan-jj- do del pericolo , non affrettai j confegli ne meno li trattiene, \ qtianao la dimora gli poni’ efler ; niolefta. Segue la ftrada di mez- 20 , e da ogni partc, prouedc alla ficurezza. CAP. XIV. Delič Confederationi. CEguono alle Lcgationi 1’Alian- ze e Confederationi con altri Prencipi: 1’ofleruanza delle gnali, come difle Ariftotele, e la piu an- tica d’ogn’ altra. La caufa, d’onde nafcono le leghe, procede daila diffidenza delle forze, e dal timore d’una Potenza maggiore. Spe/Teuolte ancora hž 1’origl- ne daila brama di dominare: le due prime fono difenliue, e gue- ftaeuffenliua. Per D elle Conftltrationi. 18 } - 1- Per difenderti,o deui elTere piu i forte del uemico, 6 deui auere a » tuo fauore amid } e compagni piu f forti. E per occupare molte cofe a molti,tufolo nonbafti. čatto di Carita difle ilReLi- curgo il dar foccorfo a i deboli 5 ma 1’ajutare un Potente e gran fu- perbia dilfe’1 Plutone in Timco. Nelpatteggiare le leghe, anco gl’ huomini accorti mentre cer- cano di ben prouedere a i loro intereffi, a pena fi ianno guardare. Chi troppo ftrettamente, ed in varij modi s ; auuiluppa nelle con- ventioni, fpelfo > e mal volentic. rieforzaroacofcingiufte; O ve¬ ro per la rouina d’un folojtutti gl’ altripericolano. Gran cole s' intromettono nell* una,c nellaltra parte aperfuadere, e dilfuadere 1’Aleanze: quefte fat- te da moltij con fatiga tutti le con- 184 Caf. XIV. conferuono fedelmente fino al teni po determinato. Oue fon vanj i defiderii, e di- verfi i fim de’ confederati facil- mente nafcono le perturbationi ed i fefpetti, e tal volta aneorai fcambieuoli difgufti>in polture ed ancoleguerre. Le forze piu ficure fono !e pro- { >rie: Quelle degl’ altri, 6 fono ontane, 6 tarde, 6 poehe: O ve. ro totalrnente nulle, quando v’ č la dubbiezza del pcricolo. I Prencipi meno potcnti degl’ altri fi fortificano con far lega tra loro per clferc eguali a i piu po. tenti. L^cmutatione, non fa lungo tempo durcuoleja lega trai Pren- cipi d’egual potenza. Chi fi moftra neutrale tra i Prencipi potenti, non merita il fauore d'alcuno di quelli, perchc tutti offende. Chi P čile Confedcratloni. Chinon e inuidiatod’alcuno» tion ha alcuno per amico : E chi no n e amico 9 c deli uno, 6 deli’ altro, refta folo } e non ha alcuno per le. Nefliin Legame congiungc piut ftrettamente unalega, qtianto un’ cgual’ utilita, 6 tiniorcdi tuttiii confederati. Doue apparifce 1’ utile iui hi l’occhio ogni Prencipe : e douc fourafta il timore, iui fi feuote ogni petto, e fi commuoue a tor- viailconumepericolo. Un reciproco timore, 6 una fcambieuole equita conferua, c rende flabili, c aureuoli le leghc fatte tra leRcpublichePoliarchi« che ciočdoueregono li Primati. Le Leghe tra le Repubhche, che ufanolamedefima forma neL gouernare, fono inuicibili, ed eterne. L’ efemplare di quefto furno i luoghi di tutta la giunfdi- tione I8S Cap. XIV. tionedegl’ Heliietij, che in tan ti fecoli fotto un’ifttfla legha, fempre fi refero infuperabili. Le leghe iatte fra i Re , e le Rf publiche come che fon femprt foggette ad’ un’odio coperto 5 di radof>noftabilij e diuturne. Il Rč, e la Republicha di fua natura contraftanotradi loro; c pero a differenza di effi rendeifl- ftabile l’amicitia. Elfendo fra lofo difeordi l’opi* nioni, i coftumi, ed i voleri, anco l’opere difconuengono. Che una Comun’ Affemblea giudichi, e decida , intorno al- le controuerfie de Confederati, č un modo il miglioae, e piii pro- portionato per confervare incor- rotre le leghe. II far lega col nemico comune > el’iikffo,che rompereil vincolo della comun’ amicizia contratta con gfaltri Prencipi: Il che e’una grandiffima ingiuftizia, P u ° D elle ConfccLtrationl. 1 87 Pud giuftamente partirfi dalla fatta lega čolni al quale da iCom- pagnio nongl’ cftata mantennu- taiaconuentione> d hannoten- tato dirompcrla. DomitiocosidifTe unavoltaa Filippo : quando tu non hai me perSenatore 5 neio reputo te per Confuielafedcjfe non e mante- nutadauno, netampoco man- terrailidall’altro. I patti fempre s’ intende, che abbino il loro efFetto: Non bafta farlijfe non gl’ adempifcono,: E poca fatigail pattcggiare, quan- 00 recufiamo di porre in efperi- enza , cio, che s' e conuenuto. Sono disleali, e rompitoridi patti coloro che con arti ingan- neuoli, ebuggiardipreteftivan- nofimulandojilloropenfiere, ne del tutto fi kopronoai Confe- derati: come anco quelli, che scrcano la corrifpondenza con m op. vre. gl’inimici in pregiuditio degPsfl- tri; d gni in vero d’efler chiaraa- ti piu torto col nome di traditto- ri, che di contederati. Le leghe fono fante, fe Tono fincere, giufte, edofleruate; e f >ero raenta d’efler pnnito con ’armi degP altri, chi con falfo pretefto,ofoIcmentein apparen* za patteggia, d cuidentementc rompele conuentioni. Ebcnilfarle leghe,magnaiž que!lo ( cosi diceua un certo gran Prencipe,il nomcdel qualc iotaccio) che 1’oflerua, 6 non 1’oiTerua. Non ofleruandole ,ha pcr ven* dicatore lddio,ePhuomo: £fe Toflerua fi cftenua di forze, per Corroborarequellc degPaltri. Queftogiaun tempo lo fperi- mentornogP Albani, i Vcientii Campani,! Sanniti, i Nomi de quali a noi fono ben noti: non Dclla ConfeZiraiiont. 889 tl- non abbiamo gia vera cognitione a- di quellc terre, ne meno di quel- ). le genti; perche allettatc dali* addolcimento deli’ alcanza, c 0 dciramicitia , fotto il Romano e Dominio,cheper primaerainlc 1 fteflo tenue, e piccolo- 1 Pero c di gran pericolo il pat- tuir le conuentioni, e di non mi- nor difficulta 1’olTeruarle. Sefarailegaconunfolo offen- derai molt’altri: Et un folo degl’ offefilaratalvoltaatepiu di dan- no, che non puoreflerti difpc- ranza la moltitudinc deiConfe- rati. Tardi accorrono i Confedera- ti alla difefa; miliirano i loro commodi con Pufcita,che deuon lare alla guerra: fra tanto fi per- dono le miglion occafioni, e pa- tifce il giufto non difcfo,e abban- donato. Oggi la regola particolare di N far £90 Cap. XIV. far lega, e l’ecqui libro politico.' ( Tutte le Republiche guardano di no n auerc Regnanti, e Prenci- pi a loro ftefli raolto auuantag- giati di forze, ma ben fi, che piu toftofijno d’unapotenzacqualc. Unreciproco timorenon per- mette 1’accrefcimento di fcam- bieuol potenza. Untalcontraflo erafempre fraCarloV. Imperato- ‘ rc, Francefco I. Rč di Francia Errigo VIII. Rc d’Inghiltcrra. I Prencipi di minor fortuna, quando i piu potenti tra di loro guerreggiano, vanno fempre al foccorfo di quello; che fperano douerreftarvincitore: mafpeiTb i cid fanno con Ja loro mala ven-. I tura. Di rado e Rabile il fondamento di quelle leghe, che non fono [ eguali. k Se tu t’unirai con un piu pa¬ tente di te, d farai VaflaIlo,o Sud- dito; I Bella Confeierathne. 291 dito: e doppo chc quello auera abbaflato 1’orgoglio al nemico; ©pprimera te ancora. I piu deboli, deuono fempre reputar lofpetti gl’ajuti de’ i piu potenti; pcrche qucfti folo pro vedono a quegli in apparenza* ma afe fteffi con greffetti > e con Popera. Quell’iftefla vittoria, che tu ri- porterai del tuo nemico, ti fari tolta dallcmani delPamico. L’Autoritade’ipiupotenti, e la lega fatta con quelli, e di mag- gior pericolo che d’ajuto a i piu deboli; particolarmcnte allora, quando quelli fi faranno ricon- ciliati con i tuoi, 6 fuoi Auuer- farij. Giudicano cfler Pordine di natura, che il piu fortdabbia il dominio nella parte piu debole, poiche e cofa piu vera delPiftefla verita, chc da i maggiori fi riguar- N 2 din« 294 Crf/. XIV. dino con occhio altiero, 6 per dir raeglio, fi fprezzino gPinfc- riori. La Romana Republica con la lega, e con 1 ’Amicizie de i piu de- boli lottopofe al iuo dominio i popoii circonuicini, e fece tribu- tarij al luo Imperio i piu remoti Regnanti. Le ieghe diedcro accrcfcimeii- to a i Regni c dalle confederatio- ni de’ i Regnanti, e de’ Regni ac- quiftornomaggior vigoreieMo- narchie, Sc i Principati. Dunaue { »arclccito, cheporimpulfodfel- a natura, 6 del fatto, reftiop- prefla la liberta di molti perche nenalca la fola tmita d'un’Impe¬ rio , c la comune foggettione di tutti ? Pero nel pattuire le Ieghe de¬ veti nonfolo dagPifteffi primiAu- tori delleguerrc,tnaanco da i di loroCompagniauer 1 ’occhio, e ben > 'Delte Confethrathni. 293 bcn prouedere ad’ ambidue le parti: accio quellid tra di loro riconciliati non muouino guer- ra contro (di quefti, d pure non s^nifčhino con altragente, che fia nemica degl’tini, c degPaltri: E cosi S proueda k i piii dcboli contro i piu potenti. Con gran giuftizia in quefta noftraetatra le leghe.di potenti Regnantilono ammcfli i Prenci- pi,eftatipiu deboli. Altrimenti guaiaquefti 1 I popoli> che dcuonfi riceuere in amicizia, e torrc a gPauuerfari j, fono quellijchecomc amici pof fon giouarc in guerra ,0 vero co- me ncmici grauemente nuoccre. Le forze dc’ i nemici rcftano grauemente indebolite, e rotte I dachiallontanadaquelleiCom- , P a § n H Alcibiade fu di gran nocumen- to a i Lacedemoni, auando da I quefti allontand TiiTaferne, ž94 tap. XIV. E Sabaudo non apportd poco dannoallaFrancia, quando fi rr- moife da quella a perfualionc deiPimperatore. Nel far nuoue leghe non de- Tonfi difprezzare > ne perfida- roente trattare, & offenderc gf antichiConfederati. Lafedenon oflcruata , quanto e piu antica, tanto maggiormcnte reda ol- traggiata. 1 Prencipi non diffidino fco- pertamente degPantichi Confc- derati, fe non vogliono Iperit mentarli neinici. Non tutti deaonli riceuere pcr compagni , ma folo i potenti: la lega de quali non fia grauc, ma gioueuole. L’antico prouerbio dc’iBuc- colici e paflato anco a i politici> ciož: prima di guardare a quel- che mangi, d beui, dcui bene of- feruare con chi mangi, d beui. Ap- Df//e ConfeAerntfcni!. 29^ Appreflb degl’ altri poffiamo tencrcice!ati,maipatti dellele- ghe fon manifefti , e chiari; non fimulati, ne finti; 6 almenonon douerebon cifer. Le fimulationi, e fintioni com- battono contro la fedc, e la giu- llizia: e le cole celate generano un’odio coperto, che e la verapc- ftc delle confederationi. La piii stiniabile d’ogni lega c quella, dondc refulta la publica utilita, ilpericolo comune,lafi- miglianza de’coftumi, la parita dclParmi, & un volere non di~ fcordante. L’Amicitic,leCompagnie, le leghe, 6 cercano le perfone eguali,6lifanno tali. L’Arcano Dinino; chi tocca- rala peče s’ imbratterž le mani, c chi conuerlara col fuperbo, fe veftira di fuperbia : aggraua Sc ftelTo,chiha commercio conper- N 4 iona 296 ^ Cap. XIV. fona pin onefta, 6 comc intende ■vatablo, piu onorata; opurcco- me interpetrano i fettanta piu po¬ ten te dife; non voler farti cora- pagno, di chi č piu ricco di tc. PeroPugualita f?come e pre- , fidio della concordia ciuite cosl la difugualianza d un grauiffimo pefo de i Confedcrati. IComraerci/, e le leghe fatte con empi Rcgnanti non iblo non fonadurcuoli) mi grandemente jmocono. I Prencipi della Grecia,Signo- ridigrandoininio,per le confc- derationi fatte inconfiderata- mente con la gran potenza Otco- manna foffrirnoPeftremo d’ogni piu alpra feruitu, e furno difcac- ciati da i proprij fiati.. Cosi non fuccede, quando fafl lega infieme i gran Regnantij c chefono diftanti uno daiPaltro. La lega gia fatta tra laFrancia>c il D tile Confederat!. 2QJ ilTurco in danno della Germa- nia e durata gran tempo,, e dura > c moito ha giouato alla mcdcfi- ma Francia, benche da ftata di nocumento allaChriftianita. So- no cofe a turti note, pero non mi ftendo in replicarle. Frarotte le conuentioni la piči difficile ad oSeruarfi e que!la, che fegue tra il Rcgnante, & il Sud- dito. NefTuna cofi fi grauemcntea£ fliggegPanimide Prcr.cipi, quan- to il patteggiar con i Sudditi, e con chi gli te danno,d vero Pefler da efliapeitamenteanguftiati, Una tal conuentione e danne- volc, peruerfa, odiofi al Cielo, Sc alMondo. Chicosr opera, fa graueaffron- to alla R.egia grandezza;. & ap- pretTo tutte le genti č piu che reo diLefa Maefta. Pero ne anco a Vaflalli parti- N f c o- 298 Gr/. IVX. colarmente Sudditi fi competc Pautorita di far conuentioni con iloroeguali: Ne meno per leg- ge di natura, o delle genti anno la potefta fopra Parmi, ne la li- berta di far guerra 6 pace. CAP. XV. Ddla Cajja , e Rendite fu&liche,. TL quarto foftegno delPammini- ■*ffrazione politica fono le pu- bliche ricchezze. Dica quelche vuole in contrarioPlatone,Chri- fipno, Diogene, 5 r altri Oracoli della piii rigorofa antichita. Platone voife,chedallafuaRe' publicafi bandiflePoro: c la me¬ dečima opinionc ebbero Crifip- po, e Diogene, giudicando,efier nelle ricchezze una certa forza di sorrompere gPanirui de’ mortali. Anco Del!« C alfa, e ^endilt&e. 299 Anco 1’ufio, c 1 ’efpericnza ciba infegnato efler cofa totalmente ardua, c molto difficile il con- feruare 1’ integrita deli’ animo neH’abbondanza dclla ricchezza. Licurgo proibi, chc non fpoglialfero i cadauari delPefiin- ti in gucrra j accio i Soldati non s^rncchiflcro, ne foflcro corrot- ti dall’interdTe, e poi fi renddfe- ro men forti ncl combattcre. I vitij fon ricoperti dalle ric- chezze, nel modo iftefla, chela pouerta fi nalconde fotto d’un velo. II Popolo Romano fu vittorio fo di molte genti, quandojfu po- vcro: ma quando abbondo di ric- chezze, refto vinto non tanto da vitij, quanto dall’armi. Ogni troppa pienezza ricerca 1 ’ekita: Le ricchezze a moki ap. portornolamorte,ma a tutti in- volornolaouiete. N 6 Cos) 300 Cap. XV.' Cosič inverita: poco impor« ta,chcgl’huofiuni forti, d veroi priuati abbondino di ricchczze: bafta folo, che fia riceha la Re- publica, accio mantenga gPhuo- mini forti tanto inguerra che in Patria, & abbia i priuati fempre pronti al fuo fcruizio. Con tutto cio: le ricchczze fono neceflarie •> perche fenza di quefte,non pud farfi cofa alcuna di buono.. Effe tanta nel pafTato , che nel prefente fonoftate, e fono i ner* viditutte le cofe. Deuonfi duncpie bramare per utile delia Repubfica perche in loro confifte ogni potere. Poffidonio dubitaua, {e era meglio,che foflericcaiaRepubli- ca, d pure i Citradini. Al fine ri- folue a fauore dclla Republica. loperodirei; eflerbene, che fieno ricchi, e gfuni, e 1 ’altra- Icit- Dell a C a[Ja, e Judite fr c. ? o I I cittadini moderatamcnte la Re- pablicaad ogni modo poffibile. Una volta Platone cercd di fa- pere quante ricchezze follero neceflarie a i cittadini, e huomi- ni priuati: li rifpofe Ariftotele : tante, chenon partorifchino in- fidie, ne meno una miferia dellc cofe neceflarie. In quanto pero alla vita priva- ta dehbero Licurgo con i Filo- fofi ftoici^non doiierfl pofledere troppc ricchezze, ma mediocri. Eti Profeflori della moral Fi- lofofiainfegnorno; eiler bene il ricercare 1’abbondanza dellc ric¬ chezze; ma meglio il moderarlc nelPulb. La virru c piu fiabile del dena- ro: Ne le ricchezze deuono of- fufcare io fplendor della fedein Un huomo da bene, ne meno im- padronirii del dilui volere. Guardaj dic quelle non abbi- H 7 no- gož Cap. XV. no il dominio fopra di te ; mi" ben, che ti feruino in qualunque occafione. t Sono piii coloro, che fi fog- gettanoalTabbondanza delle fa- colta, che quelli, che lepolfie- dono: epiuaflai fonquelli> che riprende il Profeta con dire: fo* no piugrhuomini delle ricchzzc, che lencchezzedegPhuomini. L’Oro, 1’argento, & altri beni mondani non appartengono ali’ anima: detti beni non fono ne buoni, necattiui. Iferuirfenež bene, 1’abuferfcne c male: L’e£ ferneauaro, e peggio; e 1’ufurae fordida,&iIlecita. Felice,chi inun tempo ifteflb ha le ricchezze, & il giuditio. Ma dice !o ftagirita, chcad s un Prencipc, & a cialcheduna Repu- blica conuiene il polfedcr tante ricchezze, quante feruino aman- tenirej & aconferuare un Regn o. T)sl!a Cafa) e TKenAite š*c. 503 Lcricchezzee lapouertafono i malipiu inuecchiati,e piu gra- ui,cheaffligghinounaRepnblica. Parlo pero di quellc ricchezze, che effendo troppo abbondanti ncgi’hiiomini priuati, fanno in- folentire i cittadini , c nafcer le feditioni. Come atlco intendo parlare della pouerta di quella Republi- ca ; chc č di ludibrio l nemiri, cdidifonoreaifuoi. Si č prouato per elperienza, che i pericoli benche Iontani ff fono refi ineuitabiii daha man- canza del denaro, & accoftando- fifinalmcnte a pocoapoco, op- preflero lrrimcaiabilmcnte la Re- publica. Chi fu il primo a dire, che le ricchezze fono il nemo di tutte le cofe i quell’ifteflb pare , che abbia aunto un riguardo partico- lare alla guerra. Nef- 504 Cf/. XV. NcfTun Capitano celebere’di valore, e di forttma ha fatto mai in guerra eroiche operationi; le ad dTo, ancorche hene ammae- ftrato nelFarte militare , Tono mancati i denari, che Tono piu proprij torinenti *ii chi guer~ reggia. Lo difle chiaramente quel Fi- Iolbfo ftoico : chc era cofa aflai migiiore il guerreggiare con d denaro, che con Farmi. Poiche con maggior urile, e piii facilita nelFiftefio pericolo della guerra fi rdifie al nemico con Toro e con Fargento, chc col Ferro , e conleforze. Gioue piu volte mitigo lo fd&- gno del furi' ondo Mafte con la pioggia d’oro. E Fi!jppoR.£ della Macedonia auuerti, che chi combattera Co» Fafte d’argentOj fempre faravit- toriofo. Vi- Vefla Cafa, e RenJitt &e. 505 L*iftefla efperienza ogsri c’in- fčgna; noneflcrndMonaoluo- go fi forte che non pofla efpu- gnarfi, purcheiui pofia condurli unSomarocaricho d’oro e d’ar^ gento. Mii tu 6 mio Prencipe» in due modi douerai feruirti delle ric- chezzc. Prima pcr libcrare da grauc danno te, & rl tuo Regno: In fecondo per liberarc i tuoi Sudditi dalle graueze publichc d’eflbrbitanti Dacij, straordina- rie inpoftc &c. Tutte le ricchezzc publiche d c. iiuanodaituoi,eperi tuoi. E dalle vene dc i medefimi fca- turifccuntal fonte. Dalla copia delle loro facolta fiempiePerariocomime: colfu- dorc di quelli fi mantengono i Magiftrati, lc militie, il Clero, la Nobilta, egPiftcfli Regnanti: e con la fatiga de medefimi fi fo- ften- go6 Cap. XV. ftengono tutti gPincomodi ddla Rcpublica. Quaado refta totalmente voto il puhlico erario d che e tennue, edebole; alloramanca il fonda- mento di porer#mminiftrare con riputatione le cofe d’un Regno. Donde e ncceflario un Tcioro cotnune, copiofo,c ricco fi per grandezza dclPImperio comean- co in rilguardo di qualunquei©- prefa, edcliberatione. Okrcal Teforo ordinario>che d deftinato allc publichc, c folite fpde, c onuiene, che in qualfiuo- glia Republica ve ne fia un’altro da parte , inuiolabilmente con- feruato per folleuare Peftraordi- narie calamita, e miferie, che polTono accadere. Quefto 1’affermdTucidide affl- maeftrato dalPefperienza di tutti gl’antichi Regnie Republice. ApprelTo i moderni e chiaro: che Defla Cajfa ; e f&t&ite &c. 507 che col denaro fi fa e fi perfettlo- na ogni cofa cosi in guerra comc inpacei; tantoin Parna,chcfuorr. II difpenfare il denaro del pu¬ hlico Erario e in potere di chi ot- tiene la fuprema e Regia Auto- rita. Nelteforo ordinariodeue tra* fportarfi quclla moneta , 6 de¬ naro,che giornalmente fidiipen- fanelle publiche fpefc. Ma nell’ erario straordinario e piu ficuro 1’ intrometter in pia. ftre d’oro e d’ argento } che noti fono difpenfabili , non in calo d’urgentilfima neceffita. II puhlico erario e a guifa det¬ la milza deli’ huomot poiche fi come quefta crefcendo , fccma- no gl’ umori nell’ altre parti del Corpo : Cosi a ben’empire un’ erario , bifogna che ; i Suddici appreftino tutte le lor' forzepofi- In 308 XV. In tal modo pero che totah j' mente non diuentino eftenuati) 1 e venghino meno. La falute comune odia quei j paftori chc non fanno tofar lc 1 pecore fenza fcarnarle. Odia quegl ortolani, che affie- mcconPerbe fuelleno Icradici, c le piante. Odia in/omma quci Prencipi* chesfbrzanoifudditi miferabili, e defolati a riempire i loro Era* rij, prima efaufti da loro prodiga* lita. Tiberio benchePrencipepefli' mo , diede quest’ottimo docu* mento: QuelPoro, chefieftrae a forza dalle fecche vene de’ cittadini per mezzo d’ ingiufte cfattioni, e corruttibilc, e falfo. La caufa del Fifco non e inai cattiua; fe non e fotto d'unPren- cipe bnono. Si come c vero, che i tributi fo no Delta Cafa) e Rendite eTe. J 00 fono ftati fondati, c ftabiliti dab la legge,e dalPufo di tuttc le gen- ti: cosie veriffimojche nonv’d cofa di aueili piu contraria alla liberta } le faranno troppo ecce- denii. Dalle Contributioni di cofe illecite, epiccole,nc nalčegueU la gran farne delPoro 5 che lotto 11 n’ ofcu n fli a o v do nafc o n d c og¬ ni Rcgia virtii: dalchencfegue, che ogni Principe benche otti- tno, e reputato peffiaio. Le Provincie confinanti, cs» polica gPinfulti nemici 5 & a va- rij pericoli non pofiono ioffrire, ne vogliono dare i tributi. Pcr guefta čaula i Frifi, e gl’ Illirij fi fottraflcro dalgiogo delRomano Imperio. Oltrci foliti tributi anco le de- cime, vigcfimc. čcntefime , & altrc gabeile diftribuite ne’i capi, j c bocche, ahiiggono gPanimi i i 310 Čapi XV. de popoli, piu che non fannoi liipplici), perche da quefti pochi a fono tormentati ; ma tutti da £ quelle. t Ladecimafolita a contribuirfi > nellc rendite delle cofcmobilij in breuefpatio di tempoconfimia J apoco apoco lalbrte> &il valorc s diquelic, talmente che con lati- 1 ghapoifipcrmetteilrealTmiiereil 1 mercato, cioe 1’atto diuenderc» c di comprare. Dall’infoliti datij vengono ’ anientati , 6 almeno fturbatii ' Commcrcij , che fono auafil’ ] unico aliinento de cittaduni in : ciafcheduna cittd. 1 Erra, chi penfa, che ilpubli- : co teforo s’acerefca con i tribun 1 infbliti. Dinuni: L’crario una volta accrefciuto, epoi confuina- to j forfč lo rieinpiranno gj’ huomini indcbitati pouerij p 1 ** uid’ognifacolta.> ■ Palic T)eliti Cttffa, e RinJitt S"c. 3 TI { Dalle graui impofitioni non ii afpettino tnai Regnanti diuturni j guadagni, mabcnsi un’estremo bifogno , & una lunga calamita f| ne iloro ftatieRcgm. , L’utile de commercij per Pet 1 forbitanza delle gabelle paffera • aiConfinanti, non altro refteri nel paefe, chc una comune po- { ucrta. , Se voi > 6 mieiPrencipi farete tantiTemi ftocli, e per efigerei 0 tributi auercte per compagne le 1 duc dce, fuada e violenza: do- [’ vete ancora penfare, chei voftrt i Sudditifono tantiAndrijj quali per efimerfi da tanti dazi, anno . ancor’eflidueAuuocate, ciočla i poucrtacPinpoflibilita. 1 IlPoucrononpu6dare;enet funa cofa obliga alPimpoffibile. i ’ La pouerta cadc in difoeratio- 1- ” c ’ e Pimpoflibilita traleorrein auobbedienza. No* e $12 Caf. xv: Nonpoflono raccontarfilefc. ditioni, & i precipkij de Regnan* ti, e de’ Reg ni cagionati dalla primaiftitutione de’ tributi, fino al tempoprefente; perche l’ani- mo inorridifce in fblo penlarca tante 3 c ta ute tr-gedie, che pcr tal caufa nacquero dalla dilpcratio* ne del popolo. Taci i nomi la miapenna: per¬ che cpialitutti i Regni delPEuro- pa nella fcorfa , e prefcnte e ta nanno veduto si abomineuoli cfenipi ne’ loro ftati. Crcdetimi perd; che vedono lo loro irreparabile rouina nella perdita delle facolta, nontemo- no d’efporfi a qualfiuoglia peri- colo,ne fi curano di viuere, II fo* rore del popolo d il piu terribilc tralecofe terribili. NelTuna difgratia venuta cM Ciclo, neffuna itragc fatta dal ne* mico, dUturba tanto, efoheuail * P°% Delta Caffa, e fynditt fre. 31J [e. popolo, quanto un’immoderata n- rich icffa di tribun, c gabcllc,fatta Ha pcrmczzo d’editd penali. 10 I tribun fono stimoli pungen- ii. tiffimi alle rcbcllioni, particolar- ;a mcntc auando s’impongono a i al popoli da altrc caufc commoiIi>e j. /noleftati. Cio ii vidde ncllaFian- dra, in Portogallo, c ncl Regn« r«. diNapoli. , y. Il miglior modo d’accrefcere £ !c ricchezzc publiche fi e 1’ifteffi lj Parfimonia del Prencipe; comc anco la retta amminiftratione de 0 i beni della Corona, 1’abborri- X mento del luiTo publico, c priua- „ to > la liberta de’ Commercij, la muldplicitadelPArti mccanichc* * iamodcrationc dclfufure 1’intc- : griča della moneta, c la conferua- tione della publicapace. 1 Tali cofe maggiormente ac- . crcfccranno le ricchezzc alfera«— - 1 no, c con piii giullizia,che noa . O fareb- 314 Cap. XV. farebbero i Monopolijj o gl’itt- gannidegPufurai. UnaRepublica lara foprabbon- danted’ogni lorte diricchezze, feilfuo Prencipc ad immitatione di Salomone amara piula fapicn- za, chcPAuarizia. Rimoffi da una Rcgia, con l’e- fempio di Marco Aurdio, gl’A- dulatori,i Parafitiji Miniflri det¬ lu Libidine, i poftriboli delle fe- minc, ftara fempre pieno 1 ’erario perche allora la lordida feccia di guelli non rodera la mcdolia di on- danza di tutte le cofe. Peccanoconttolddio, ecofl- tro la Rcpublice quei Prencipi> che fenza rifguarao di pcrfone fidano lepubliche ricchezze de’ Sudditi 5 6 airamminiftrazionc d’un folo,o'dipiu. Un tale offizio richiede certi huomini/chiettidivita,e che gia fijno di tanta etU> che aniino na- turalmente la parfimonia. II deputare in tal carica perfo- ncpotenti ricchc,e difficilmen- te ioggette allc cenfure ; come anco 1’intromettervi i troppo pouerijpuoIcfTcr dinon ordina- rio. DeJUCaffa j' e Rencl!i'e &t. jlj rib pericolo. Perche qaefti dalla gran pouerta Tono fpinti alla ra-- pina; c quelli penlano che cio glifia ftatofidato corae a richic: non aftretti dal bifogno, quando maggiornientc rubbano. Deue dunque un Prencipcfcc- gliere certe perfone ne troppo ricčhe , ne troppo bifognofe. ^ particolarmence quelle,che nella vita priuata diedero laggio di cio, cnc aucrebbero operato nella publica. Chi ben non go- verna la fua Cafa, ne meno lapra meglio gouernare quella degl’al- tri piu difficilmente la publica. * Quefto folo foggiungo: douc non fi cognolče il delitto, che fi commette in rubbarc il denaro del Puhlico; (detto altrimente Intacho dclla Cafla) la Republi- cao ftaribene,dpcfEmamente. Stabiliti i quattro foftegni a cui s’appoggia un Principato’i m’ac- 3iS XV. spaccingo a trattarui fuccinta- mcntedelleRegie virtu. CAP. XVI. Dell t Virtu Regk. T)Er ben e fuccintamente difcor- rere dcilc Regie \irtu co- mincero dalia tua affabilita, 6 mu* Prcncipc f Quefta bcnchč noa fia Ia’mc- dcfima apprcffo i grandi 5 e gl’ humili, partorifcc pero i mede- firnicfFettijCioeTamore, e la be- neuolenza di tutti. L’araorc d un fcambicuoFaf- fetto ama, e riamaj nc sa amarc, fe no n caraato. il Prencipe, chc con 1’afFabiIi* tad^l difcorfo, e con 1’humanita de c°Humi s’uniforma con tutti> tira a le Paffetto> c la beneuolcfl* za di tutti. Chi DeUe Vir tii Regi f. 3 J 9 Chi eMercantcd’afFabilita, e d’amore, fa gran guadagni. Carlo V. n rendeua beneuoli i Soldati Spagnuoli con chinargli laTefta; gPIntaliani con porgii la mano fopra la fpalla; I Germa¬ ni con porgerli a baciare la de- ftra, e tutti in lomma accoglieua con fi dolce manira che auanti ogn’ altro Prencipe otrenne il vanto d’un amore uniuetfale di tutte le Nationi. Fii 1’Idolo diletto de fuoi 3 ma Terror de’ Nemiri, e da per tutto fu reputato l’idea d’ogni Regio fplendorc. FilippoII. afoltaua con patien- za i rei conuinti di qualche delit- to s gli rilpondeuabenignamcntc, li trattaua con ogni umanita: Confolaua i condannati con di- re, che lui puniua i delitti, e non gl’huomini. Aflalonne alpettando rfcon- O 4 Ib- 320 Caf. XVI. : folati auantile regic portc, Ii ri- ceueua con ogni aolcezza; c co- medice il Sagro Tefto: follcci- tauaicuoridegPhuomini: 6 pu¬ re (comeinterpctranogrEbrci) cercauadi tirare.žiei cuori dci figliolid’Ilrae!e. Etin queftagui- fa con 1’affabilita parlarc prepara- vafi ( benchc con troppa folleci- tudine )l’aditoalf@glio patcrno. L’affabilita nonfminuifcenela reucrcnzanelaconditionc. Noti genera ne dilprezzo» ne odio: non togliencla stima, ne Pofle- quio. Perche chi c /pinto dall’a- more, c d’una brama interna ad odequiare, e riucrire, con 1’ifteflč armi d’amore vincc 1’amorc. Errano chiaramentc coloro* cbe giudicano difconuenirc al Regio decoro PafFabi!itadelpar- lare, elafeueritadeirafpetto. Quefh tali conoftendo le ftef- colpeuoli, tcraono di non elTe- re publicaiaente tacciati, ovi/i* Delte Virtii Re°ie. 3 2 1 pefi; perchc gia preuedono in- ioffribili loro maitcamenti. II ciglio inarcato non e femprc ben uifto; anzi il piu dellc volte 5’abborifce, e fi fprezza. Tarquiniobenche fofle lafen- tina di tutci i vitij fu pero fola- mentc chiamato fuperbo: Perche ilPopolo piu detefta in un Pren- cipe raltcriggia, e la fuperbia,chs ogn’altra fcclcratezza. Tali delitti, & anco maggiori furno comjnefli da altri Impcra- ton, e auanti, e doppo Tarqui- »io; ndTuno perodiqueftifudi- fcacciato dal trono con tanta ignominia: pcrche nefliino fu piu di quefto maluolfutodalpopolo per la fua alterczza. L’affabilita e quclla, che pih volte ha trattenuto il ferro dichi tcntaua uccidere il propr;o Re¬ gate : quella, che haloftenut > nel loglio gPiftelfi Tiranm: quel- O 5 la» 322 Cap. XVI. la, chc ha faputo coprire molte indegne operaponinei coftumi de’ Prcncipi. S’unifchino alla gratia del par- lare,edel volto, le mani dclla Rcgia liberalka: percheficorac i voti fenza l’operc fon vani j co- si e la voceienzalemani. Non folo deuono i Rcgnanti aucrlunghele mani per tirareal gaftigo i rei, benchelontani: n\i anco larghe per founenire copio- famentc a i milerabili,e per prcuai- areivirtuofi. Hauendo Auguflo beneficato gl’amici con grandiffima fomma d’oro,e d’argento, diflea Tibc- rio: Le mie mani lono molto au- uezze, & a porgcre, & a diftribui* re;largamcnte,il denaro. La liberalka 6 propriamcnte una virtu Kegia, 8 f una certagiu* ftizia fpeci le de’Rcgnanti,la qua- Ic prouedeai biiogui comuni, c premiai meriti. Qad- Delil VirtuRegie. 323 Quella virtii, dico, che čin inezzo fra quei dui indegniffimi vitij, auarizia e prodigalita. La liberalka ne toglie le cofe, che non fono giufte, ne conlunu le neccflaric: diftribuifee quan- to puole, e non piii di quello, chc puole. Chi dona a molti; poco dona: c chi troppo dona, dura poco a donare. Ifonti, el’acquc diuife in piu riui, preko fi feccano. Primamanchera la Čaka puhli¬ ca, che refti latiata 1’ingoraiggia d’alcuni. Se perremunerareil meritodi oualche perlona benche moko aegna doucra ekraerfi dalle vi- fcere de i bifognoli, e degl’inno- ccntilafoftanza dei premio; la- ra grauc in giukizia il farlo. La virtii nondeue elfere mici-. draledifeftefia. 0 6 Ai 324 Čdf. XVI. A i priuatiappartengono qucl- Ic trč cofe, che giafuron’infegna- tedai ReAlfonfb, per cattiuar- fi la beneuolenza degfhuomini. Cioe un vafo di vino, un capel- lo, e molti fogli di carta; II vi¬ no, per dar da bere al foreftiere, che viene £ cafa loro. II cappello, percauarfelo fpelTo in dimoftra- tioncd’ofIequioa chi pafla: eh earta.percheicriuino, c ri/pon- dino agl’amici. Akro č, chc tocca Ii Prcncipi* con che doucranno rifuegliar c Pinclinatione; e 1 ’amoredcl fu o popolo verfo loro fteffi, e verfoil loro gouerno. Pfijnala beneuolenza de’Prcn- cipi dcue c-fferc generale ver (odi tuttijlecondo ene richiedePuti- lita,& il potere. Con auefta eflifi lendono quali dei agPhuonrini; percheč cofa diuina Udare,- & uiuaua, rl riceuere. Ufl Detle Virtii Kcpje. %2f Unlmpcrio meglio fi conferua eon la copia de’ benefitij, chc con la forza deU’anni. Uamofc de’cittadinioriginato dallalibe- ralita, ž guardia ficuriffima d’un Regnante. I tcfori nalčofti rcndono mufa la farnad’un Rž ; la douc cflcn- do aperti la publicano per tutto ilMondo. Omcro finfc i! folc con ccnto mani : tale deuc eflere un Pren- eipe nel fuo foglio 3 cioe benefico verfo tutti* Se non puo lemprc moftrarfi tale ; fupplifca con i buoni con- figli con le promdTe, 6 almeno con le buonc parole. Finalmentc { »rocuri di non licentiare da fe il udditolcor.Iolato. 11 fccondo amminicolo della bcneuolenza fie, Te tu 6 Prcnci- pe, tratterai con i cittadini nel Kodo ifteflo j chc tratta il padre O 7 coa 326 C up. XVI. con figholi : fe moderatamente n dimoftrerai la tua potcnza : fe 1 non procurcral cattiuarti 1’ofTe* < quio con le minaccie; ne 1’amorc 1 con l’umiltž : e jn fomma fe ri- cercarai da quelli Fobbedienza) enonlaferuitu. Faral da Re non da padronc: non riflctterai ne a i ferui, ne al* dominio; nta folo ti ricordend che fei il Gouernatore, e che quelii Tono tuoi cittadini. II terzo modo per cattar la be- neuolenza del popolo, e la cle- menza,laquale non e fitibonda del fangue deTuoi: eflaimmita il Cielo che piii fpelfo balcna,che tuona; e fe tal volta tuona, non pero fempre fulmina. Nel primo uniuerfal diluuiolo Idegno’ diuino difperfc tutte le piante, che verdeggiauano fopW ja tena, ecettuato ijn folo Oliuo> fimbojo delta clemeaza; un ra- ' ' JJJO DeHe Virtu Rjgte. 327 mo delauale fu portato dalla co- lombaalfuoSignore. Noe, che doueua incominciare un nuouo Imperio nel Mondo. Cio auuenne, pcrchc appren- deflero i feguenti Regnanti; che a chi occupa un nuouo,e qualun- que Imperio molto e utile la fa¬ rna della clemcnza. Non vi e cofa che (pingagFani. mi degPhuomini benche perfidi ad ammirare un prencipe, quan- to, fe daila fola farna cognofchi- no, che nelfuo Regnc, in vece della vendctta Domim la cle- menza. Quefta ha ridotto moki, c mol- ti da i larrocinij, dalfinimicizie dallcfeditioni,eda unavita fcc- lcratilGnja amiglior modo di vi- vere,&ad’iinpiufeddc offequio, L’Ifteife dere, non che gfhuo- mini, fempre.fi ricordano di chi fu caula dellaloro falutc. E Opera 32B Up. xvr. E Opera Diuina Paccoglierei penitenti: e non v’ e cofa che piti 1< renda fimili al Nurac Diuinb i d Regnanti, quanto il concedere a lafaluteagrhuomini. c E vero) che conuiene adun Prencipe ftpere tutte le cofe j ma * ndntutte deue punirle. Allecolpeleggieredeue eflere 1 'indulgente; alle graui deterni/- ‘ nara una pena moderata : Anzi piu (peffo douera contentarfi del- 1 la penitenza, che dclla pena. Alle volte diflimuli : e voglia ( piu tofto parere d’aucr trouato 1 nuomini buoni nel fuo R.egno> cheaucrgli fatti. Nonimportaj fc tal volta un Prencipe, per conferuar la dclla clcfnenza trapafla i termik dclla giuftitia vendicatiua; pur- che lo faccia fenza pcricolo del fuo ftato : la quaPcccettuizione cfcoiprc maggiore d’ogn’altra- Defo Vir tu RcgTt. 329 it Malamente fi cattalabcnevo- in lenza del popolo con i gaftighi: i di gran lunga ha piii foraa negi* :e anirai de cittadini la farna dclla clemcnza che il terror delle pene. n Quello, che deuc cofi ogni a sforzo mageiorc, procurire un Regnante, fi c,ilditnoftrarfi amo. » rcvolc con i Sudditi, e terribile con gl’in,miri. i OhdiquantOjequantostimo- . loalla bcneuolenza del popolo, ž quclla vita bcata de’cittadini, i che rcfultadalla publica abbon- 1 danza,edallaconcelfionedcon> , niucnzad^lcune cofe, che ren- donofacile,dolce, c moderatp goucrno. Poiche quello e un Imperio molto ftabilc , che non fembra difficile, netroppo grauealfob- bcdicnzadc’Sudditi. Macome nclTuna cofa piu con- turba il popolo, quanto la car- * reftia, 330 Cap. XVI. reftia, cosi neffuna cofa piu lo te rallegra quanto 1 ’abbondanza: l e quefta pero jdeue efTcr di quelle l a cofe, che fono neceflarie. Laplebe non vuoPeiTereafflit- ta dalfamancanza.dpenuria det¬ la vettouaglia. Fudegnadigran Lode l’Apo- ftroFc,che fecePlinio aTraiano, t ciož : 1 ’abbondanza della Cfoa 1 cagionata dalle tue ricchezze, c dalla tua diligenza fu cosi piena, e copiofa, ene in un tempo ftef- fo fi proud , che non poteuamo cifer priui deli’ Egitto > ma non EJEgitto di noi, Igiochi publici, come ancoi dilecti de’ i fpettacoli diminui- fcono ii faftidio del prefente go- uerno , ne permettono , che i Sudditiafpirino ad altrocoman- do, d che congiurmo contro di quefto. DiceTacito, che i Romani fi ten- ^ ja D cSc Vir tu 1{!s,ie. 3 JI 1 [o tennerofoggcttii popolipin con a ; le lufinghe de’ i piaceri, chc con ;lk la forza delParmi. La modcraticmc degPaggra- lit- vij dc i tributi c de i comandi fta- eJ. bilifce mirabUmcnte la fedc de* Sudditi. , 0 . 11 popolo di mala voglia ob- 0) bedifce, a chi gli comanda cole a non grate, efaftidiofc. c Anco il compiaccre i Sudditi i, nel mantenimento deli’Antiche f. ufanze c priuilegi li rendera mol¬ či tooflcquiofiallaCorona. n Si coaie 1’ombra fegue da vid¬ no il fole j cosi 1 ’amore del popo- i Ioftafempreapprcflb d’un Prcn- cipe indulgente, e benigno. Guardaperd d Prencipe, che latuaindulgenza non fia accom- pa^nata da troppa licenza, e che i uit infolita, c nuoua liberta non CQrrompagl’antichi coflumi. Augufto piegoafuoi voleri il po- p 2 e*?. xvi. popolo con Pabbondanza, la mi-‘ Ima con i ftipendij, e tutti con la dolcezza dclla quiete, c dclla pace. Giulio Celtre Anteceflbrede! mcdcfimo A:igufto pcr la fua al¬ te, rezza diede un contrario cfcflS- pio; ondesiro a fe ftefloPodio dei popolo & appreflb i Nobili corfc uifeuidente pcricolo di inorte. Quello pero deue in una Re- publica giudicarfi otio chc rif- guarda 1’onefta del piacerc, e la quiete del corpo. Altrimcntigl’ huomini col non far cola alcu^ naj iinpararebbero a far del male. Tutto quefto l’auuertifce I’i- ftcffo Rž de’ Regi apprelfo I/aia Profeta; douc promette al fuo popolo tre cole, che allcttano gPanimi ad uno fcambieuole amore. FjjfoferJ dice egli > il mio fopl» rišita D;& Tir tii Kegle. 335 Hefta Mn fedia deli n pitcc: nei tab er. macoli detla jiducia : in una juiett abbondante. Laprimadimoftrala fienrezza interna, che hano li popoli per la fcambieuol concordia fra loro: e quefta Tottengono dalla giu- ftitia, e dall’equita del Regnante. La feconda denota la pace efterna la quale fi ftabilifce con riftcfTa bcncuolcnza del popolo verfo il fuo Prcncipc. Non cofi benc difendono im Prcncipc lc guardie e le Solda- tefehe, chc gii ftanno d’intorno» quanto lo difende 1’iftelTo amore de’ Sudditi ; c diffieilmente c moleftato dagPiltri auello,; che tn fimil guifa d amato da liioi. La terza palela 1’abbondana generale di tutte le cofe, la di cui principal cura s’a(petta al Regna- te. Tira dunque, a te > 6 Prcnci- pe, granitni de’ tuoi con tal cala- fiaraimuiaabiie. Fi- 334 Ca P- XVI. Finalmentc 1’efficacia > la ficu- rezza&ilfucceflbdi tuttc le tue attioni dipende da cid , che tu piaciituoiSudditi. Le fopradette virtu fon o tuttc de^ne dclla beneuolcnza del po- polo: ma la virtu piu stimabile e rilplendente in un Prencipe i la fede. CAP. XVII. Della Fede. CEnza quefta tuttc 1’altre Virtu de’Regnanti, e de’ Prencipi reftono offufcate. Una gran fede e il foftegno del- le colč piii importanti,& e quell a > cherende ftabilc, eperpetuo'i tt Imperio, e degno di quello u° Prencipe, che 1’oflerua. II Fondamcnto della giuftiti* c la fede j c Fanima dclic cole dette, Vella Fe de. 335 n . dette, e conuenutc ž folo la co- ue ftanza,elaverita. tu Non v’ č cola alcuna che maggiormcntee con pinfcruorc u tengaunitauna,Republicaquan- 0 . to la fede, confcruata intatta ne i j e membrideila medefima. j Perpetua Compagna della fe- dc e quelta pura Icmplicita, chc non (i vefte delle doppiezze. Una giuftiflima, c puriffima fe¬ de abominaqua!unque ingegno, che fia doppioj e vanabi : 'e. Lnfcdeltšlnon fi diftingue al- B trimentidallafede,fe non come jj 1’cffetto dalla fua caula. La fede fta celata nella mente; L la fcdclta apparifce in tutto , quellojches’opera. * La fede pcr non cfler corrotta B abborrifce ogn’ utile, c qualun- quc mcrcede : nc cura d’elTer a tormcntata, c ftratiata dagl’altri» c P urche non manchi a fc ftefla. * Ella 336 XVIL Ella c di fe ftclTa unica glorij, c c mercede j pcrche non v’ č allct- 1 tamcnto,nc Itipp.licioj che lacor- rompa: epiu volte con una fa- t maimmortale ha refo eterni ap- < preflo i pofterii fuoi feguaci, e « Cultori. 1 Tutti gPAntichi, ecccttuatii 1 Barbari onorauano la fcdcj come J 1’iflejlb Iddio : e la reucriuanb j come legamc delPamicitia > cb- *ne neruo della giuftitia e com« unione deirhumana natura. Piace/Te a Diojche anco gl’huo* mini de’ noftri tempi portaffero : taI’ofTcquio allafedc. Ma fi vede < (Sc e cola alTailacrimcuole ) che . pochiffimi adorano cjuefta, cofflC Dca , e che intorno a qucfto Nu- me di.natura, c d’umanita, noti aolti concorono per ^iorarlo. E cola molto lodeuolc, f\ ciafcheduna perfona, come aneo neiTifteflo Prcncipe, 1’aucrc una DeJtaFeJe. 33? ii) certa innata cohfuetudine d’oi- :t- leruarclagiuftitia, e la fede. r- Iddiomedefimohberaliflimoin 3- tutto, non bifognofo d^lcunot 3- che Iblo depende da le, e non da e altri; nulia di meno, come atte- ■fta il Profeta volfe fottoporfi alla i fede*. SbYaltigiuftitia.il cintolo de* C fttoi lombi , e la fede la fafcia deSe i fue reni. PrencipieRegnanti non folo i fono obligari a mautenere la fede pubJica per legge naturalc, mi * ancoperclfere aftretti a tale of- » leruanza dalla carica Regia, per- che HelPalTiinzione al trono dan- no, epromettanolafedc. I Popoli, i Soldati, i Suddi« tiprouano maggior’a!terationc in vederli con refpericnza ingan- nati dal uo Regnante, che da qualfiuoglia aitro accidente. Edocumento, confermato dal R e Alfoufo j che tanto deue va- P ler* 33» Caj>. XVI. Iere una femplicc parola de’Pren- cipi, quanto vale il giuramento dcgl’ huomini priuati. Egrand’ infama in un’hHomo Priuatoil mancare alla fede; mi ž maggior ne’ Regnanti, a i quali feconao quel, che dice Iddio, totalmente difconuienc il menti- re non decct Prencipem labium mentiens. Rarapero neinoftri tempi cla fede; e laloftanzadi quella.con* fifte piu nelle parole, che nell’ opere. L’i(le(Ii Regnanti, che aniio fotto di fe tante migliara d’huo- mini, con fatiga trouano unoj di cui poffino fidarfi. Vacilla la fede tra le,difcordi c Čiuili, e doue regna, la diffiden- zadi tutti, refta del tuttoan- nullata. Giornalmente fi rompono 1’** micizie, c Tumom, anzi lc p a ‘ ■ refl- Delte fede. } & rentelle iftefle, perche fono pid apprezzate pcr caufa del proprio ■commodo che per ficurezza di fcde,o quantopochodurd Pami- itizia, e fede giurata nelPIlola di Phufani tra il Philippo IV. iocc- roj e LuigiXIV. genero. Oggidi chi rompe le connen- tioni,anicchifce; chi Poltema* dinentapouero. QuandoinunRegno fono di- vifele parti nelle feditioni, e ri- bellioni; refta Iprezzata la fede , cl’oirequio giurato al Prencipe,, Cnon fi orna Ponor della Patria. Piu d’una volta s’elperimcnta- to, che nelle perfone non fola- mente teditiote nfancho mifet 1 ^. hili > & infelici regna pochilfima fedc. Epercid difficilmente fi troua t,na fincera fede apprelfo tanta gcntaglia, e canaglia, ch’oggidi viuc fenza regola, fenza veruna . • P 2 StU 34® Caf . XVI.. suma della vir.tu , ragione one- fta.Quis hodie curat nomenbo- ni viri. Pianfe Socrate chile cur» ddnomed’uil galanthuomol Anco ncile cofe di gran rilie- VO) e stima, fuol’ cilere tarda* la fedc. Quella perd volta facilmentc mancano le promefle quando la di Ioro ofleruanza nond libera, ma pericolofa. Spelfo luccede 1’abbandonare lafcde, e la {odeta periltimorc dei piupotenti. Dirado i petti degl’ huomini fono ta Imen te veftiti difedeche nell’auuerfita e peričoli non fc nclpoglino. Mai fi conferua intiera la fede, douesbntromette una certafpe-.. ranzadi gran guadagno. Finalmente fi comc non v’ e cola chedeua elTer piu pretiofa, e pili ftiazabUc della feac : cosi tri BcHt FcJc. 34 1 tragPhuoniinidelia Go rte, qualli vogliono cflerpolitici, noHv’£ cola piu fragile e men dureuole della medefima. La fede data, e hon mantenu- ta,* refta punitadaDio. Chi perfe la fedc d’huomo da bene no haaltro da perdere: cosi diflc quel’oracolo d’eloquenza. Di piu auifa !a lagra icrittura: Gnai a quell huomo, cha ha dop- pio illore , e le lacubra fcelerate. La bocca, che mentifce, uc- cide 1 ’anima. Quefta pena in vero e fpiritua- lc, ed eterna, ma i violatoridel- la fede foggiaciono ancora alla remporale. Poiche,come dice Demoftene, e impoffibile, che un huomo in- giufto , fpergiuro } e mendace mantenga ftabile la fua porenza. L’iftdTa eterna verita ce io čonfernia con dire. Nomen Im- P j peri- 34* taf. XVII. piorum putrcfcet. La farna degP tempi prefto fi corrompera: Cef • fcre facit DEUS memoriam coru iterra. Iddio fa Ceffare la memo- tia di quelli nel Mondo. Nul la fesreditas pcccatori*. L’hcrcdi. la del peceatore faii nulla. S’aecofta di piii aqucfto che la Diuina giuftitia fi ferue coramu- Bemented’un equal retributione di pena in punire i volatori della fcde. Auuenga che richiede la giu~ ftitia, che Te faette dclla faifita ri- sornino a percuotere nella tefta inganneuole dichi Thavibeate. Errigo III. Rč di Francia,auen- do fotto Ipecie di Configlio ri- ehiamato a fc Guifio Capitano eccellente, & ottimo> fubitamen- $e controla data fede lo feceuc- cidere da fcelerati Sicarij : Ma che appena pafsd il fettimo mefe dalla morte delfinfelice, che an- Detle Feri e. 34 } che eflb refto improuifamente eftinto pcrle mani d’un Monaco miferabile; forfi non da altrit mandato, che dallo sdegno Di¬ vino, in vendettadelcommdTo delitto. Cosi fpefle volte ritornano ži cadere le fceleraggini in chi ne fiiPAutore. Adamo,che violo la fede data a Dio , conculco tutta 1’umana natura, efattod’Imperatoredel Mondoferuodel peccato, cou- vertile delizie del Mondo in tri— boli, e fpine. Pero la data fede deue ante- porfi a qualunque altra delibe- ratione. Chi ha facolta di poter patteg- giare con qualcheduno, dene an- cora mantenere la fede. Perchefeelecito il pattuire,č anco giuftitia 1 ’obligarfi ali’ o£ feruanzadel patto. P 4 An- 344 c «p' XVII. Ancorchela fede fofle bandit« da tutto il mondo, rmlladimeno iRegnanti deuono conferuarla; percne effi non polfono cfler forzati > ne aftretti da alcun ti- more 6 pena a mantcnerla: fč nonin auanto perche fijno fpin- ti airofleruanza dal la Rcuerenza della virtii,e della fedc tnedefitna. II negar ia fedc agrifteffi liemi- ci, quando effi legitimaniente 1’olTeruano, fara cola nefanda* e biafimeuole. Son in tutte lc vittoricregna 1’onefta: e pero, quella vittoria, che non e acauiftata con l’one- fta, la riputerai dilonorata, & in farne. Tutte 1’attioni de i Prcncipi deuono eflerc accompagnate da una certa grandezza aaniruo, e dal dilprezzo di baffi configli. Aleffandro il Grande fenten- dofi perfuadere da Parnicnionea fare ) Belle Tede. 345 fare alcunc cofe contro la?con- venienza del Regio dccoro, e contro 1’integrita della fede co- si gli rifpofe: Cio in verita lo fa- rei, fe 10 fofli Parmenione, ma comeAleflandroinniunamanie- , ranfclecitoilfarlo. Ma forsš tal volta fara efpe- dientePingannare chiinganna,e \ con la frode tener lontana la frode ? E’regola antica della natura > il rimifurare 1’operationi di qual- . cheduno con quelTiftefia niifii- ra, che da effo furono milurate . 1 ’altrui. La legge delle Genti volfe, che lecitamente li potefič ©ffender colui, che fu il primoad illeeitamente offendere. Ma di plii5 altra cofa c, 1 ’effer „ tenuto adoff ruar la fede al ne- mico: altra,Pinuilupare da ogni parte il aemico con gPinganni. Quando .fi da la fede al nemico P 5 fo- 346 Caf. XVII. lopra una cofa čerta, e partico- lare 5 fi deue intieramente man- tcre Antanto che anch’cflojla mantenga: Poiche nellipatti j e fempre una fola, & iftefla ragio- ne: Non cosi auuiene doue nott travengono li patti. Alncmico> che rompei patti> echefoeffomanca di fede, fe di fopra n fara fatto Paccordo j non fara lecito il contrauenire allc conuentionf: purche non dc- penda dall’Auuerfarioilnon ok leruare la fcdc delle cofe con- ?enute. II mede£mo giudicarai de i »emici priuari e non legittimij forae fono i puhlici ladrid i Sud- diti nbelli, efeditiofi. Poiche mentre dura fra te e «|uefli una fpeciaf conucntione* deui attcnderc allafola fcdc che žPanimadella medefima; c non a quelio chc č fuori del conve- mto* Sc Delfe FeUe,- 347 Sepoi none feguitauna con- ventione fpeciale non fara cofa ingiufta offcndere qualfifia nemi- co tanto con la potenza fcoper- ta,quaqro conPaftutezza, ecoil Pinganiio. Purche s’ intraprenda una gucr- ragiufta; none fuor di giuftizia il combatteredin campoaperto, d con gPinganni } e conPinfidie. LhftefTa eterna verita coman- do a Giofue , che tendefle Pin- fidie dietro PAbitatori d’HaL La ragione del publico com- modo non Vince Poneftž ne ha voglia di rendere oulla Pobliga- tionedellafede, E’ un cattiuo Configliere de* Prencipi quel Clcarco Lacede- moncfe ; che apn quella ftrada molto spedita a i Regnanti per arriuare al termine delie cofe da loro defiderate; e fa ouefta: cioe Se loro maneauano di fede, le giu« 34.8 Sap: XVII. giurauano il falfo , e fe aienti- vano. Errano coloro a i quali pare cofa leggiera tutto cjueilo in che refta oncfa la giuftizia, e l’equita; eperil contrariogli fembra cofa di grandiffima stima tutto cio che da tale offefa,ne nalce a pro lo- ro. . Erraancora chinon dl fede i i detti, fe nonquando gl’ econ- veniente, & utile. Scoftati pero, oPrencipe, da quefta pcfte della vcrita; e čre¬ di alf Oracolo delta Sagra Tri- pode che t’auuifa: che pcr caufa deli’ ingiuftizie, e di diuerfi in- ganni cafcanoli Regni. E gran follia 1’aucrc Iperanza nella fede di chi tantc volte t’ hi infedelraente ingannato. Lafrodeeriputataattione in- lamein qualunquc perlona; roa Ipecialmente in chi c ornato di ■ gran' DeHe Teh. 349 grandignita: perche'quanto piu č ingiufta la violenza, tanto mag- giormente quellae didifonore e cTinfamia. Perchc, la violenza e caulata dalla pptenza che ti die la fortu- na;. tna la frode piglia vigore dali 1 infidie d’un’ ingiufta inten- tionc. Il Prencipe buono piu tofto fopporta la perdira della robba, che dellabuona fede. Deuono iRegnanti immitare Plmperatore Rudolfo : il aualc adun ficario, che gli s’offerle per uccidcre POttocaro fuo grand* lnimico j cosi rifpoie : Bcnchc Ottocarofiadirae nemico,non potrapero fare,chc iotrafgredi- ica i termini della giuftizia. Allc volte pero ( dice un lan- to Padre ) ilmantenere lafeded contro il douerc. La proiaefta non dcuc ofter- 350 £V»/. XVII. varfi quandonon čutile a chila. facefti j nč meno fe alPifteflo la- ra piu di danno> che di gioua- me n ta. 11 corfo del tempo, elafortu- na contraria cangia talmente le cofe, che quelle, che prima erano utili, e gioueuoli, diuentano fpefc localamitofc, emortali. Le promeffe ingiufte non obli- gano alPofleruanza. Nota cio che ripole Agefilaa ad un certo, che domandauali un non so che: Sc e ^iufto quel che dimandi, lo faro r Ma fs č contrario non m’č lecito ilfarlo} poichčin tal cafo la mia non flx promeda, ma pura, e femplice parola. E infatti a chi doruanda, lblo eonuiene d richiedere da i Pren* cipi quelle cole > che fono giufte, & onefte : akrimenti e mcglio non odčruar la promeda, che con* Dette Fedc. 3^1 contrauenire alle leggi dclla buona giuftizia. II proracttere qucl d’altri con dannodcltcrzo, non, obliga ali* oflcraanza ‘ y perche il far cio, liončminoreingiuftizia di quel- la > che faflt ncl condannare tal*' uno,fenzachcfijno fentitc lefue giuftificazioni. QuelIo>che prima potcui ne- gare a chi ti prcgaua , fe gliclo promettefli, non potrai doppa rctrattarlo fcnza tuo gran diio- nore. Lepromefle forzate, che non fi poflono iciorre fcnza gran dan- noj malamentc fulfiftono, perche non fbnoliberc. Qnel!a promefla, che fi giudi- ca dicr fatta contro Iddio, fani- fiia,dkReligione r e un'legam« d , lniqmta,enon di Regia fede. Muta il pcnflere m qucile pro- mehe, che fbiio di vergogna il 352 Caf. XVII. mantenerle : ne voler prometa terc alcuna cofa fčnza ben pen- fare prima a quclche promctti. Ogni promefTa, che s’ adempifce con lefceleraggini , e di dilono- re,e d’infamia. Le troppe promefle accufano di dubbiezza la fede. E fpcffe volte quella fcde , che prima im- prudentcmcntcii da refta doppo violata& offefa. , Le promeire dubbiofe il piu dellc volte fon foggette alle fro- di: Perddcuidiffidare,enonfi- darti di qucl!c. Le proraeffe fatte dal Prenci- pele quali fi cognofce col tempo che refultano in difprezzo, e fro- ded’eflb PrcncipcjdellaReligio- »e, 6 della pubiica Llute, non obligano in vcrun modo ali’o£> (cruanza. Cosi Filippo II. auendo pro- »eflo d’ailonunare daiia Fian- dra DcfleFeJe. 353 draPefercitofpagnolo 5 non vol- fe poi mantencrlo; pcrche fco- pri, che cio gli era nato richie- ftodai Capi degl’Ordini col fo- lo fified’encttuare con piu ficu- rezzala giameditata feditione. ####### CAP. XVIII. Del Giuramento. ■^ElTun legame puo rendere obligata !a fede, c piu foirte, e piiitenacedclgiuramčto: pcrchc quefto conticne in le grandiffinie imprccationi contro gl’ingan- nacori. Gl’ Antichi ufauano giurare per io Dio Gioue; pcrcheil giu¬ ramento deue comprcndersi fat- to con rinuocatione delfoinmo tra tutti i Dei. ? Opelli, che doueuano giurare, s’accoftauana agl’altari> inuo- can- 3f4 -XVIII. eando qucfte tre deita; cioe Gio- ue ,Apollo,dTemi.Gioue come efatiflimo giudicc & arbitro del giaramento : Apollo come Co¬ le delk verna chc e Partima, e 1’uuico Spkito del giuramento: c Temi > come preudeilte della giuftitia, mediante la qualc i giu- ramenti obligano alPofleruanza. Siche ilgiuramentodeucaue- re con le per compagni imepara- bili, il giuditio , la verita > c la giuftizia. Se glimanchrannoquefte tre cole, nonfaramaigiuramento, ma Ipcrgiuro. Col giuramento li ferma trai Regnanti la pace la tregua e 1’ Amicizia : fi preftadai fudditi, il douuto omaggio al fuo Preuči- pe: c per lepromefle giurate da quefčoagl’ ifteffi fi ftabilifcono le leggi fondnmentali deRegni. . i Prencipi che fono d’animo ecccl- T>el Gitirumtnts. 555 eccdlente, e nobiie nelfobligar- lalor fede abbino mira non tan- to alla Religione quanto aila Ve¬ rini accio non (Ta min or auto ri¬ ta nella Rcgia parola che nella notula del giuramcnto > 6 nella formula della Capitolatione. Da uno che giurato non ft riccue piudiqucllo iiriccuercbbe da un’nuomodabcne,chcauef- fe femplicemente promellb. Chi non fi vcrgognera d’in~ gannare.f ne tam poco s’arroffi in auer giurato. Aglhuomini e Prencipi buoni* ancorche non giurino , deuefi preftar ogni fedc : Ma alle per- fone leggiere non deuc crederfi, benche giurino. La bontadc coftumi e piii fta- bilc di quallifia giurauiento. Diceua Apofiodoro : Chi ri- chiede il giuramento da un’ huo- roo cattiuo, & infenfato, e ftolro. £ 356 Cip. XVIII. E Thalc purdifle : Chi haardi- re di dare il veleno, ardiraanco- ra di ncgare ia verita cqn i Ipcr- giuri* Chi 6 preparata a giurare il fal- fo , gia e dichiarato fpergiuro; pcrchč Iddio forma il giudizio dei cuori degi’ huomini > piu che dclle parole. Giura con inganno chi opera- ra altrimenti di qucl che promet- tej perche il giurair’il faisonon in alcro confifte, che in ingan- nare maluaggiamcnte uno /che črede. I giuramenti fi fanno taluolta per cclare la uendetta, e la per- uerfita delfanimo j e fono piu to- fto un pretcfto che giuftizia. Ferchc il ReDauide non adem- pi il giuramento con 1’efFufione del fangue, fu piu reputato pie- tofo chc ofleruante del giura- »ento. Era T>d 35 J Eraincorfo il pietofo Rcgnan- te in un giuvamcnto temerario, ma volze piii tofto non efeguirc qucilo che haueua giurato, chc adcmpire un voto ingiufto con lo fpargimento delPaltrui fafigue. Non v’ era alcuna obligatione di giuramento, quando Herode fece dccollare il gran’ Battifta la prima stella del nuouo teilomen- to ma una mercece della libidine, efuroredipalliatavendetta. Non eleguire il tnale, di.e hai giurato , ma corifeffa 1 ’errore d’ auer malamente giurato. Siburladel N ume ehi col giu¬ ramento inganna gPhuomjni. 11 Sole della veriti odia le te- aebfe; e la diuina giuftizia noa ammette nc pretifti, ne colori. L’Amicizie non contrateeda fenno, le conuentioni ambigue, una pace apparente, e le promet- fe cauillofe, per mczzo del giu- -g** c^. xym. raraento non ii rendono giuftej ma fagrileghe. Clcomene fermando h bocca con i Greci la tregua pcr fctte gi- orni, dentro la fua mcnte non comprele le notti , ondc nella terza notte vedcndoli conficu- rezza donnire 3 gli diede fi fcro- ceaflalto , che feccdi tutti.cru- deliflima stragc 5 e poi fpeffo di- ceua : io ho patteggiato con i Greci lolo de i giorni, e te notti non furno computatc nel giura- inento. Ariftotele a noftro propofito cosidiflead Alleflandro: s’alcu- 110 vorra rompere il giuramento clegnoche črede; cHe grhuo- mini fcelerati non fono veduti dalli Dei ne puniti i fagrileghi. Et in verita non fono pochi 3 uelli, che conculcano l’onore t iDio, chiamandolointeftimo- niodella frode , e delfin ganno. Chi Dtl Giuranunt*. 359 Chi vuoledperaj male nonap- prezza ne le Ccnfure Ecclefiafti- che, ne Pofleruanza douuta al giuramento. Quando manca la fede nella tnentedegr hnomini 3 e’ impoffi- bile, che fubfifta la fedelta neh’ opere. Numa fece a i Romani un^otti- modecreto, quando stabili j e£ fer la fede un giuramento mag- giore d’ogn’altrd. Non dilconuenga k i Prencipi giufli , e buoni nelle Conuen- tioni > e trattati de i negotij pu¬ hlici 3 feruirfi di cjuelle forme , cheTono piii proprie k renderc stabile il giuramento. CAP. XIX. Della Antoriti. £)Oppo la bencuolenzadelPo- poloj č la lede dclle promet . fe $<5o Cap. XIX. fe reguerautoritadelRegnante: anzi qucfta per mezzo di queik s’ acqmfta. Non fara d’a!cun valorelapo- tefta c 1’imperio dž Prcncipi fe prima nbnfaraapprezzata i’auto- ritadiloro. L’autoridl guadagnata appref fo i fudditi gioca hberamente d’ arbitrio in tutte le cose fenza rc- pulza, e fenza strepito ! , cioč > doue vuole , che cofa vuole, quanto vuole, & in che modo li piace. In un Prencipe non puo darfT nel mondo quaiita maggiore, e piii eccellente * d fubiune deli’ a utori dl. Quefta d quel Coloflo , chc diffieilmente s’inalza, & inalzato piii diffieilmente fi seabilifcc, fe non vi pone i fondamenti una granVirtu, una gran IbmmajUtv eran aniiae , c una grandiffitna farna. Tut- D eVa Autorith 56$ Tutte le cofe , che rendono qualcheduno riguardevole agP occhi degPhuomini, pongono la prima pietra al fondaracnto detla autorita. DalPantichita delPImperio pi- glia vigore la stima d’un Re, e la lungehezza delgouerno fasichc un Prencipe fia chiamato gran- de, faggio, epadre deflaPatria. GPhuominidi priuata fortuna intutte leloro attioni nienteal- tropiufpdfo cercano, cheipro- prij commodi. La forte de Prencipe, e di gran lunga diuerfa: a quefti č necefla- rio, chetuttelecoleglirefuldno in gloda farna & o nore* L’amore del popolo verlo il Prencipe , e 1 ’ autorita verfo di que!lo in una fol cofa fono dif. ferenticioe: che alPamorcčba- fteuole una virtu mediocre: ma Lamoma non f\ ftabilifee Je non con 363 Cap. XIX. conPifteflacccellenza, eperfct« tionc della virtu. Poichequalfiuoglia’virtu con- ticnc in fe quella bonta d’dferc reputata amabile, c defiderabile: ma la di lci digniti, e perfettionc comsnda quafilastima,e la renc- renza j che fono Poriginc deli’ autorita. IRegni,egl’Imperi li foftienc l’amorc, mi piu la stima, la farna, C 1’autorita. E perd gia una volta erano crcati i Regnanti con qucfto fi- j ne, cioe per fare la giuftizia al popolo, per comandare, rcgge- re aifendere, e procurare la ialu- te di tutti; onde fc altrimenti foffe ftato giudicato di loro, non farebbero ftati aflunti alPEmi- nenzadel Trono. Procuri d’aucr gran farna chi afpira a cofe grandi; perche e virtuofo e lalodc, egloria, che dalla virtu /igenera, lo poffiedon folo gli Dei,opurž coloroche fonogiu- dicati ad effi piu proffimi, come Tono i Prencipi, e le potefta del Mondo; Iprincipali encomide* quali, come anco, i patrocinij ! delPautorita confiftono nella virtu, e nclPoncfta. II ritenere fempre TiftelTo te¬ nor dellavita, &il moftrarePani- niointtepido j ecoftante in qua- Qj lun- 1&6 Op. XIX. Iunque fbrtuna,d contraria,d fa- ▼oreuole, rende non folo il Prea- cipe moko aminirabile; maan- •o valeuole a raffrenarc tucto cid, che g!i rclifte. FuggigPckremi} c dalle leggi della potenza impara piu toftoa preualcrti della mediocrita, che dc i difordini. Poiche la perfet- tione di tutrelecofe confilte nel mczzo. Le cofe eftremc preko ▼engononieno; le luperflue fo- no di nocumcntoj c quelle, chc trapaffano ogn’ordine,fi cangia- ito in vitio. II Prencipe mai deue moftrali impotente, fe non vuol perder la stimadi ie medefimo: 6 verd, le non puolmdderare la fua natu¬ ra, abbia almeno miniftri di tal fortc, che maneggino i negozij publici piu con la flenuna, che con lo fpirito d’Elia, efupplifchi- no alla di lui impotcnza. I Pren- T)(ta Autoriti. }6j I Prencipi , che fi fan vedere troppofpcflo, poco fono tcmuti daSudditi: e molto; ferare vol¬ te fi moftrcranno agi’iftdfi. L’uno, e Paltro euremo fi e, d il non farfi, mai vedere, 6 fempre. Lc cofe , che continuamente fi vedono benche fijno prefitiole, poco fi stimano: ma k rarc, ben¬ che efoofte a gPocchi de^fhuO- m:ni>fcno kmpre in granprezzo- Anco gl’animali irragioneuo- li,fe litieni racchiufi fi fcordano dellaloro Virtii: cosi i Prencipi con la loro ritiratezza fi dimenti- cano deirhumanitai 8ci Sudditi 'dell’oflequio. La neceffita Putil puhlico la giuftizia la compaflione de pouc- ri affliti, la religione, la pieta, d la ragione del pubhco offizio fon cjuelle cofe,che deuonoaprirPa¬ dno, perche iSudditi s’accofti- no al luo Prencipe, e tocchino Q _4 quel- 368 Cap. XIX. quello Scettro, a cui deuono pre- ftareobbedienza. ATe,dPrencipe, eftatalaflata I lacura depoueri: Tu deuieffere 1’ajuto degPorfani. Sialontano da te ii viuerdefti- natoalfauoro follieuo d’un fo- ?o }. ma fa parte di te medelimo » 6 fčambieuolmente a £utti;mani- feftandotid^ffer quel folo a cui fi deue, cda cui fi riceue ii tutto. Un Prencipe allora acquifteri j piu gloria, c stima; quando da per fe fteffo, c non pcr mezžo d’interpreti fapra decidcrc i ne- gozij del lito ftato. Allontanino da le i Prcncipi gPAdulatori, & i Buffoni ; non 3 uelli, che folpirano la prefenza c! Rcgnante per caufi della Re- publica,o della giuftizia. I Prencipi occulti ne i loro ar« canij lono con piti lolpetto ara- niirati di quelii } che aprono Pin- terno Del UaAutoritfi. 369 terno del loro petto; & a tutti palefano ilorointerefli. Chi mai ben cognofcera le ftra- de de i Regnanti ? moftrino quel- liabelloftudio d’effere inferuti- bili; epiutofto celino,che rua- nifeftino lelorcofe. Lareueren- za & il lofpetto vanno un paflo. I fegreti dclla cafa i configli degl’arnici,e lemachine de’ Sol¬ dati nondeuonfi mai palefaread aleuno. j Anzi ad un Prencipefaggio fa¬ ra utile il guardar diligentementc a tuttele cofe, e volerlapertutto*. come anco pefar bene ogni mi- nutia in materin di ftatoj perche fpefle volte dallecofepiccolena- fcono gran mouimenti in unaRe- publica. II Prencipe con farfi temerc,ac- crefcc la fua autorita mail ti more, che dilnihanno,non deue efler in generato ne dalla crudelta, ne 0-5 daU ’ 370 Caf. XIX. dall’ufurpatione , ne dali' ingiu- ftizia,- mabenfi dalla veneratio- ne, e reverenza. I Suddiri deuono tcmere,non abhorrireloroPrencipeia verga, & ii baftone confolorno il Rž Dauid : Lui ftefio P attefta. La verga dellagiultizia logaftigaua, ma il bafton ciella prouidenza lo j reggeua. In quelto deuono i Prencipi portarfiin tal gnila coni Sudditi, eome vorrebbero, che Iddio fi portafTeconloro. Lafeuerita del Prencipe bifo- ^na, che fia falutifera , e non crudde. E vero, che il timore, a ftabili- re 1’autorita, e piu poiTente deli’ amore ; ma pero fe cjuello la rž eccedente, fi rifoiuera in odio, d dilprezzo, nemici ambidue dclla JLegiaautorifž. Si corne nmpunitž, e lapauci- DcHa Autorita- Jjl ta delle pene, c la troppa indul- genza & aggeuolezza fanrefiften- za alla regiaautorita; cosianco~ ra un’eftrema afflitione, una con- tinuataviolenza, efuroredifup- plicij come anco Pafprezza de’ coftumi, diminuifcono la bene- uolenza, e PofTecjuio. S’aueraun rifpetto fingolarea quei Prencipi, che da per loro ri- compenfano i meriti, & ad’altri commettano la cura di punire i rei. Niente perde della (ua autori- tailRegnante,quando la com- munica moderatamente agPaltri. La luce che partecipa il luo lume, non s’eftingue : benche accen- d^ un’altra face, rifjdende come prima: Gnarda pero d Prencipe, che non refti eftinta la tua, quan- do da lume ad un’altra piu del douere. tv Quando il Suddito rappre/en- QJ> ta 37* XIX. ta l’ombra>& il Prencipc i! corpo, l’uno, ePaitro adempifce il fuo offizio : quefto col dare quanto puole; c quello col riceuere-, quantoe!ecito. Se vi fara qiial- che cofa di piu, crefceraPinuidia, žfcemera, il rifpetto. Quello, che propriamente s’ appartiene alla Reggia dignita, nondeuefi mai in alcun tempo concedere, ne partccipare ad al- cuno. La farna publica ribomba per Grandi quelli Prencipi, li qtiali Sion tantofto fono inftruiti da fuoi quanto fanno inftruir i m£- defimi. Sarebbe meglio il morire, di- ceua il Grande di Macedonia, che goucrnare un Regno a mo¬ do degraltri. Ma quel Prencipc gouernainquefta forma che tal- mentefida fe fteffo , e le fue cofe apochx,dad unfolo,chepaiono CODJ- Delta Autorha. 373 Compagni del foglio, e partecipi deirimperio. < Cosi gia un tempo appreflo Domitiano fu folo il come d’Im- peratore 5 matutta la potefta era appreflo degl’altri. E finita 1’autorita, quando l’in- volanoi priuati. tln Prencipefaggio mai doue- ra elporre ai pericolo la fua auto- rita. Anzi allc volte gli fara me. glio il chiudergPocchia qualun- que cofa per conferuarla , che moftrarfi troppo precipitofo, per perderla. Non eleguire fubitamente tut- to cio che nai in mente quando temi ii lucceflo conrrario al fuo vo!ere,edifficile in un fol tratto eftirpare,c murare piu cofe. Pe¬ ro aleune ledifporrai per tempo, e certe le riferberai in altro tempo. iPrcncipi non tantocon iltl- Q 7 H>orc s 374 c «p- XIX. more . qiiantc con i’ amore 5 guadagnano 1’autorita apprelTo lc genti ftraniere, e vinte ; dal che poi ne fegue ungrand’ud]ej & accrefcimento a i Regni } & agrimperij. E che altro fu di danno a i La- cedemoni, & Atcniefi, benche molto valdfcro nell’armi 3 fe noti 1’allontanarc da Te i vinti, e de- bellati per gente ftraniera ? Ma Romulo Fabricatore di Roma fu cosi faggio, che feppe alla Cittadinanza di Roma ag- gregarc moki popoli, che in quel fteifo giorno grciano ftati ncmici. La crudelta e una cattiua cu- ftode delle victorie,& il goucrno afpro, e noti moderato, e un’efca cosi vitioia > che non ha vittii ac- cudire gFanimi de’ftranieri per po cer cognolcer la Regia auro- rita. D efla Au t brit d. 375 L’Aiitoritache non crefce 5 va declinando : Quefta fi fa.gran- de con la grandezza deirimpe- rio; ma con la caduta[diqiiello, diuenta anch’efla cadentc per prefto perire. Scema ancoral’autorita,quan~ do fi parte dal primo tenorc di gouernare. Onde non e poinia- rauiglia, fe dalla mutationc de i Regnantiimparano ancora i Sud- ditiamutare feftcffi, &iloroa£ fctti. Perche per difetto d’umana ma- linginta n Coiiiendano le cofe an- riche, e le prdenti rincrefcono j guardiilPrencipe, cheiSudditi tediat: dal prefcntegduerno,non diftfUgghinolappblicaautorita,e faccino ogni sicczo , perche fi reafiiimail vechio, tenore di go- vernare. L’arbitrio dclla guerra, 6 del- la pace, efleodo il maggiore, chc habbia lin Regaantc > fiabififcc 57 6 Caf. XIX. ancorgrandemente 1’autoritanel fuo foglio. Mai perderanno 1’autorita quei Prencipi,che da per le attcndo« noalla cura delle cole piti impor- 'taiiti,chefono lo Ičudo de fuoi cittadini,che con !e proprie mani disfanno le nemiche legioni, chc fi guadagnano gl’aniti ftranteri) e da per loro fteffi comprendo- no,dtfpongono turta la potenza del loro ftato. L’autorita non s’acquifta con ladislealta s con illuiIb,con Po- rio,ccon lericreatioai; ma con la viglianzi, con l’opere 3 e con le fuighe. L’onore nalce dal mc- rito, non da!l’otio. Dalla moltitudine degPamici, de’Confederad, e Vaflalli gran- demente s’accrefca ! a Regta au- torita : non č lo Scettro d’oro quello, c he conFenna t Regnanti* OciRegru; *na folo quelio, che viene DeKa Autorfr che penh di fapere, quan- do non lo metti in efecutionej Confidera le cofe , che fon. buoneequelle, che loncattiue: fclegli l'onefte e non le peggio- l’utili,enonlenociue. Pen- fa $82 Cap. XX. fa bene al paifato prcucdc alfu- turo , difpone il 'prefente : nc volcr diffenrcin altro tempo, cio che tacendolo ndprefente,u puo giouarc. Ti fara utileilfar molte cofe, prima che paffi Poccafione , c chefi ccrchi, fe faran fatte, Quefti (ono dfetti egregij del- la prouidenza priuata: c faran no ancora dellajpublica fcfipefaran- no žimifura dfellafalute cornune. Ccrti animaletti preuedonolc tempefte, & alcuni altri laffono la propria abitationc , perche minaccia rouina. Pero č cofa lacrimeuolc che alcuni, aiquali e commefia la cura di gouernare i gopoli, non lappino liberarei luoi da pericoli, e fchiuarciprc* cipizi; del proprio ftato- Un Rd che lani imprudente perdera il fuo popolo , c le fue citta faranno abitate pcrilparerc delli Sauuij. La Dete Prouidem.it. J§J La Frouidenza, che deuc ufa- rcunRcgnantenoninakro con- fifte , che in ben difpor le cofe a. lui fottopofte, e ridurle al fuo giufto termine. Qui confifte tut- tala perfetioned’un’arte. Poiche 1’unico offizio d’un Prencipc fi e Pauere in penfierc quefta fol cola di proueaere alla publicautilita. In far quefto nond perobene 1’appoggiarfi folo alle proprie forze. Bifogna taPvolta , anzi IpefTo preualerfi del Configlio d* un’huomo fagace , e fuperiore ad ogn’altronelbenprouedere. Moltc cofe che ci furno impe- dite dalia natura abbiamo vedu¬ to , che dal configlio , e dalla prudenzafono fiate ridotte alla perfetione. E molto commendabilc quel Prencipc , che preuede tutte le cofe, efa difporredelle raedefi- »eafuoyantaggio. N on 384 _ Caf, XX. Non bifbgna, he dorma, chi ha fopra di le d gouerno d’una naue. Nonu’čaLun mare,che patifča/i gram tempefte, quanti pericoii incontra ogni Regho. Prefto urta ne i fcogli, chi non ftabenvigilanteal timone. Un tal naufragio fara irrepara- bile : perche un Prencipe coni- mettendo errore, lo commettc condanno di tutti. In caufa di Stato, e di Regno» non cofa fi picola,chc dilprez- žata, non (i rcnda di gran con- feguenza. Pero difle Saluftio> che la gran- dezza d’un’Impcrio richiede al- tretantacura nelgouernarlo. Un Prencipe diligcnte deuc vefhtfi delta perfonadi Giano 5 e deue eflere oculato non folo.nel- lo Scettro > come lo coftumorno gl’ Egizzi, ma anco nella fronte > c dictro alla parte della tefta. DcHe ProuiAenz.*. 38 $ Sappilecofe prcfenti, le paf- fate, e le future. Con le prefenti prouedi alle future, e dalle padate impari ago- uernarti nclle prefenti. Chi per tempo prouede alle cofe future; fi črede, chev’ab- bia proueduto con ogni accor- tezza. Queiranimo, chesabenguar- darsi sa anco con ficurezzain ol- trarfiagPaffalti. Un animodiligente, e proui- donon vuol foggiacere alla for- tuna; penfa, c ripenfaatuttelc cofe, perche tutte le fuccedino fenza difetto di trafcuraggine. - Giufeppe Vice-Re d’Eggitto» perchc providde in tempo alfuo Regno, eftinfeinquellolacare- ftiadifetteanni. Alle cofe preuedute , perchc feliceruente fuccedino , il Pren- cipe , 6 porra gPoftacoli, o I’ K adat- *86 ^ ^ Caf. XX. adattera a fuo commodo , d preparra i rimedij: e nel modo ifteflo che ftara accortojin ofler- uare i pcricoli che fouraftano agl’ altri; Cosiancorauferamaggio- re accortezza in quelli, poilono occorrere a fe, & a i fuoi. E offizio d’un prudente Reg- nante ne’i configli difficili e mo- lefti, il giudicare per piu facile, e defiderabile quella parte, che pare efler piu neceflaria e meno pericolofa. Piu facilmente con 1’accorte- za, che con vehemcnza di con¬ figli ; e piu ancho ficuramentefi traualgiano gl’accidenti difficili, e fi gouernano 1’occorrenze fa- uoreuoli. Le Legi inuincibili fono di necelimi, &i pcricoli dependo- no d dalla noftra tralcuraggine, ddalla noftra ncgligenza. Di radofiamo infeftatidaquei peri- Delta Prouidenza. 387 pericoli che fi prouedano per tempo j e fi mifurano con pru- dente configlio ; perche prefto vi s’apporta il rimeaio. Non pero tutte k cofe deuon- fi attnbuire aH’umana fapienza; ve ne fono ancora alcune pro- uenienti dalla diuina; dalla qualc ( fe ben confideriamo ) cogno- fceremo 1’origine di qualunque accidente. I numi del Cielo compaffiona- no le noftre fatighe , & S tempo foccorrano ali’ afflitioni. Gia molte volte i diuini rime. dij reftaurorno lo ftato vacillan- tc, e quafi cadente delle cofe ter. rene. Chi non abbracciar^, 6 non preftera ofleauio ad nn Prencipe inquefta guifa prudente fagacec che totalmentc confidanell’ aju- to diuino ? Si sforzi un Regnantc, o di R, 2 dimo- 388 Caf. dimoflrare con gPaffetti da per fc fteflo d vero per mezzo de fuoi Miniftri ,e EmmifTarij d’imprimc- re al popolo una certa opinione dilefteiTo, cheliareputatotale, che non fo!o C \a ctegno della pre- fenteFortuna, e capacediman- tenerla, maancod’accrefcerla, e di condurla alPauge d’ogni gran- dezza maggiore. La quale opinione tanto piu facilmente la concepira il popo¬ lo , le vedera il Fuo Prencipe tan¬ to religiofo epio , quantoaccor- toad ogni accidente, magnani- mo, liberale, e giuftofi in pre- miare i meriti > come in punire i demeriti. CAP. 389 SGi* :§S®- ?©*• CAP. XXI. Dclle cofe efierne e fempre leloro co¬ li q fe 592 €*p. XXI. /e fono accompagnatc dalia fa¬ rna , e dali’ ammiratione. Cio che nelle pcrfone priuate c reputatolatrocinio,nciRegnatis’ acclama peruno sforzo croicho. L’attioni d’un Prcncipe, feauc* ran no la mira alla faluteuniuer- fale, femprc laranno applauditc j dal popolo ,• c tanto piu li rcnde- ranno venerabili, quantomeno da eflo Prencipc fi procursranno iproprij commodi. Tutte 1’operationi dc’Regnan- tideuano effer fuperiorialiepri- uatc ; e talmente prcmeditatc» ordinate e ficure j che non vefti vano 1’effctto ne s’abbia da terae- relarepulfa. Prima corregga il Prcncipe i iuoi difetti, accid pofla con au- torita punire gPaltrui. E cola indegna il non voler foffrirc negfocchi altrui unpic- ciolfufcello , e portare ne ipro¬ prij una traue. A’ D ch cofe eftcrne &c. 393 A’volerc che uno tolga via un male contagiofo che nuoce a tut- ti, non deuctollerarin fe fteiTo lalepra. I Prencipi prudenti , odeuo- no fchiuare 1 vitij, che poffono cadere negfocchi degPhuomini, (come e conueniente ) d pure talmente nafconderli che npn poffino apparirc con danno degl’ altri, e con la perdita dellapro- pria autorita. Cerchino i Prencipi chePeroh che operationi e fatti egregij da loro emanati tanto nel palfato che nel prelente , fijno publica- mente coaimendatida turni, Ne fara difdiceuole una certa modefta iattanza , con 1’elem- pio’diRomulo, ilqualc effendo inun tempo, e fplendidoperle fue eroichs attioni , e gloriofo vantatore delle medefime, pone¬ ha foprai carri trionfali a tai’ef- R. 5 fetto j 94 C «P- XIX. fetto fabricari, le fpoglie de i ne¬ miri , e Jfpecialmente auelle di Capitani vccifi , e poi le faceua appender nel Catnpidoglio. Accioi Prencipe fempre con- fcruino , 6c accrefchino quell’ onoreuol concetto, che di loro anno i fudditi, eneceflario, che continuamentc Ci efercitino in qualche eccellente virtu; afinche rilguardati da i medefimi fudditi fijno ad effi d’ammiratione j e d’ efempio. Qiiefto fu 1’auuerti- niento; che dicde Carlo V, a Fi- lippo. Conuiene al Prencipe foprau- uanzare i fudditi nella vigilanza, e nelle fatighe, perbene proue- dere a quelle cole } che fon ne- cclfarie alla publica lalute. I penfieri inuolti nelfarti della guerra, e della pacc a baftanza tcngono occupato un Regnante: pcrche mai manca Poccalionedi beti’ Delte'cofe efterne. J95 ben’operareachi viue nonperla propria, ma per la comun’ uti- lita. Non nafcelagloria dall’otioi nonfi acquifta Ponore da i femi- nili confortlj : ne refulta alcun commodo dai trattenimenti de i buffoni, e paraliti: ma ogni glo¬ da, ogni iplendorc, ogniutile ficompracol prezzo d’ onorate fatighe. Mafi come un’ Prencipe iinpo- tente , e neghittofo , non e ri- Ipettato , ne temuto d^lcuno: cosi peril contrario unRč poten- te j e vigilante e stiinato, e temu¬ to, e riuerito da tu tti. Cade la Maefta nonfoftenuta dalla potenza : e vanita il com- battere fenza le forze: &efragil quel lbglio s che non e Poden 11 to o da i Compagni, 6 dalle ricchez- ze,6dall’armi, d affieme datutti quefti foftegni. K 6 V Cdp. XXI. L’unioni di tali ajuti rende lin* potenza immcnfa, nia non mo- defta j fc non impone il freno al- le forze , d non finorza qudla nuouafctcj chchadi dominare a piu Regni. Se i Prencipi potenti bramano auer compagniin ajnto nellc loro necdbta , guardino di non ap- poggiarfi ad un muro fi debole, che dando ia volta , reftino en- trzmbi opprefti nella rouina. Spefle volte i confcdcrati in vece di torre , han cagionato i pericoli, reftando indebolitele iforze della potenza , perchcdi- ftratte in vanj ajuti. E verira irrefragabilc, che le ricchezze fijno il neruo d’ogni potenza ; poiche con queftc fi conferuano , e s’accrefčono le torze gl’atnici 1’Armi, e tutto cio che d 3 onoreuolc , c di grande puo trouarfi ia una Repubuca. Go. Vtllt cofe tjlernt &c. 357 Godano fudditi detla parfimo- liia delPrencipe perche con quel- la lo fperano liberale verfo di lo- ro j e quanto piu lo vedono par- coafeitcflo , tantomenolocre- dono auaro ne i beni de priuati. L’Armi fono nccdTaric adun Regnantcperdifendcre, ecoa- feruar la potenza ; pcrche fcnza quellc non accrefceržl raai lo fta- to del fuo Regno, ne tampoco ardtrad’inftraprendere, 6 d’opc. rare alcuna eroica imprcla. La puhlica ficurezza confifte nell’ arini ,• poiche nefluno hal’ ardire di prouocare 6 d’infidiarc quel’Regno 6 popolo , ched pronto alParmi , e preparato i tenerlontane 1’ingiurie. Con la fpada nel fodero non furno accrefciute le Romanc grandezze. Neconlatardanza, o timor de i configli fi vidde in alcun luogo ficura la Maefta d’un Regnante. R 7 E 39* Caj> ; XXI. E fempre pericolofo il difender con la fola gmftiziaia fna G ran. dezza. Un Regnante , bifogna , che fi ferua dell’arrai, cperguardare i fuoi e per tttcrrire i vidni e per ftabilire il fuo foglio, eper cimen- tarli a qnalifia imprcia, ad dlo gioueuole. Infommafotto latutela, &il prefidio della virtii gncrricra ii conferuano li Prencipi, & Reg- nanti, lerichczzcli dttadini, li Regni, lareligione, lapotefta, el’autoritš. Ma ('perdirtutto in poche pa¬ role) iivero modo di ftabilire ia Rcgia Potcfta non in altro confi- fte primieramente, che in una vi- gilanza che proueda a qualunque acddente, e doppo di quella neb la chiarezza d’eroiche imprefe > nella figacita de configli in tener lontane le guerre & in un mode¬ rno goucrno CAP* «&§ X- §0» 399 CAP. XXII. Delta Fortuna, TTNafolcofa virefta , equefta *'*• e dono del Ciclo : cioe la for¬ uma in tuttele cofe. I Scettri , e le Corone fpefle volte volorno nelle mani, enel- la fronte agFinfanti, Scaperfo- neinabilie maluaggie ; allora chemenofe Pafpcttauano. Nefluno puo negarc, chenei Regnanti la grandezza della glo- ria, čdelPautorita fia non meno benefiziodifortuna, rhedi virtu. La virtu quandi>čfola, nonfi cognofce : mafehapercompag- ne la fortuna, e animirata, e cog- nofciutadasutti. Nefluno ama il Compagno in- felice $ ne 1’amico pouero : tutti vorremmo efler felici j enelfuno miferabile. An- 400 Ctp. XXII. Anco gfifteffi venti, e pročel¬ je fono fauoreuoli , a chi none folito eflere ingannato dalla for¬ tuna contraria. Ma pero fi guardino grande- mentecoloro, che fono favoriti da ima gran fortuna , e procuri- nodi conferuarla con ogni umil- ta, c rifpetto; altrimenci a gui- ia d’an’ombra gii fuggira dallc mani. I Miniftride Rcgni han biiog- no digran fortuna,perchc 1’auto- ritži di loro e unica prole della fe- licita. Le grandezze degl’ Imperij furno da Ifocrate , chiamate una gran fortuna , quafi che quelle lenza di quefta nonfi poffino ne acquiftare, ne ftabibre, nccon- feruare. AleiTindro il grandc, benche molto foOe obligato alla virtii > piiipero fu debitore alla fortuna, la De Ut Fortun*. 401 la quale egli folo piu di tuttii mortali bbbeinpotcrc. Quantc volte da efla fu liberato da morte ? quante volte , quafi con perpetua felicita lo difeie, allora che trop- po arditamente cfponcuajfjaipiu duripcricoli? Qucl Filofofo ftoico peroran- do a fauor dclla legge Manilia, cosi concludc ? Pare che a mol- ti fia ftata da i numi delCielo con- cefla la fortuna per tnaggior los gloria, c grandezza, c per ren- oerfi fingolari nclPcroiche opc« rationi. ISudditiamanoammirano, & oflequiano ll Prcncipc fortunato: ma i nemici temono al pari deli’ arrai la dilui Fortuna. Gl’Arbitri e giudici dei gran configli Tono 1’iftefli accidenti delle cofe , i quali i gentiliTat- tribuirno al fato, i Politici ali’ Induftria, enoi al volere ctsrno di 402 Cap. XXII. di Dio il quale nel raondo fchcr- za con noi come cop fanciulli. La felicita e un dono del Gran¬ de Iddio , nonatutti conceflbj & alla maggior parte negato. Queilo formo noi di terra: forfe dunquealmacftro, chctali ci fece , s’ opporra il fango , I’ iftefia terra ? Dichi determinalddio cangiar la fortuna , corrompe ancora i configli. Se rifguarderemo femplice- mente alle caufefcconde, crede- remo, non folo che fi dia la for¬ tuna j maanco, che ciafcuno ac- cidente terrcno fia parto di quel- la; mafe ponderaremo la prima caufa s da cui ogni cofa depende; niente & parera cafuale, che pri¬ ma non ha prouiflo : niente at- tribuiremo alla fortuna, che non fia ordinatione Diuina. Quante volte nel mondo fi fo- no Belle Tor tuna. 40 j no dati certi accidenti, che non fono ftati comprefi dalPumano intelletto. Hircano.perfeguitaua amorte Erodealuidifuguale, cdiforze, d’autorita, edi dignita: e nondi- meno per caufa ai qucfta iftcfia perfecutione , fuor d’ogni cre- dere, e fcnza alcun merito ottcn. ne Erode il tetrarcato il Prcnci- pato 81 il Regno iftcflo della fua Patria. Nafccre grande, cmorirc da uile L^ffer chiamato alla Coro- na, ePeflcrcondannatoallepri- gioni due cofechccagionanoun eftremamiferia; la quale fin’ora neflunoha coftantemente foffer« to, fe non chi s’č rim e fTo alPim- perfcrutabili giuditij di Dio. Impara dal Gcntilelmoqucfta Cattolica verita: La dilpofitione della Prouidenza Diuina non Ti puo torre > ne riformare da qua- lunque 404 XXII. Junquc prudentc configlio, 6 F&- gače rimedio. Quelia e cosi loaue , c ftabile nel peFo , e mifura delie Fue or- dinationi, che done clia coman- da fi va quafi da Fe ftefTo. Per tanto tutto cio, che fi di- ce Fortuna , 6 buona ocattiua, cmente, dvolontadiDioanoi propitia , d contraria Fccondoi meriti, ddemeriti noftri. Sc Idaio pcrmettefic, che in qudlo monao il tutto s’opcrafle contro la forzadcllaragione , e contro le leggi delPumana pru- denza c chi altro crederebbe fc non chctuttclecofc accadefiero no n per qualche virtu naturale, d iupernaturale, ma o per Fortuna, d percafo ? EFeil tutto ben Fucccdefle Fe- condola norma deilaprudenza, d delPumana difpofitione fenza contrarieta , di Fortuna ; e chi non D site Fortuna. 405 nongiudicarebbe, oper dir me- glio non prcftarebbe adoratione alPumana prudcnza, corae a cofa Diaina. Pero č neceflaria una certa ter- za virtii, che cafiata nel fuo nicn- telafortuna, e il cafo moderi* gouerni, difponga , & ordini d iuoifini tutteiecofe Nefluno incolpi la giuftizia del Cielo se tal volta ci pare, che ella punifca gl’innocenti , &ofiolui J colpeuoli: perche il procello della Diuina Prouidcnza fupera Ogn’umana intelligenza. Molto fon lontani i configli dclPutnana debolezza dagl’Arca- ni della Prouidenza Diuina. Al* cune cofe apparilconoa noi; e non fon tali: pcrche gpocchi no- ftri reftano totalmente offulčati in volerpcnetraregPocculti fini di Dio. Iddio per niezzo delPefterne reli- 4 o6 v Caf, XXI!. felicita minaccia ad alcunileca. dute, e i prccipiti): la doueper il contrario a i tribulati , & agl’ tfflitti apre la ftrada ad im’im- mortal godimcnto. E quaati fono precipitati infe- no aila morte , allora che piufi credeuano difuggirla ? La mente immutabile di Dio non rinuoua ifuoi decreti: idi lui giuditij fon formati ab eterno; c dene in tempo vederfi 1’adem- pimento di quelli nelle crcature terrene. Se cosi c ; dunque nel mondo fari vana, e forzata ogni fatigha* faran fuperfluiiconfiglij inutilc laprudenza? no Perche 1’iftdfo Iddio indirizz* i rctti configli, ne confonde 1’ umana Prudenza , quando e rc- golata dalla Celefte. 1,’iftefTo Euripjde afFcrtno, chž Defie fortuna. 407 i< chi opera con prudenza , ha la :r lbrtedelCieloinfuofauore. I’ Anco gl’huomini maligni, le fon giufti nell’opcrare fono ac- compagnati dalla fortuna fuper- • na: hannoperd queftila ricom- i penfaalleloro opcrationi inter- ra , ma non in Cielo, qual no& ) meritano. i In poche parole dirdtutto:re- ; golarmente la prudenza e fpal- leggiata dalla fortuna ; perche : foio i prudcnti lan ben feruirfi di quella. ) II Mcrcatante fuperno vende 1 le fue merci a prezzo di fatighe > e di stenti; e lemprc affifte a chi piu coftante in auelle perfeuera. 1 Tuttoaccadefeliccmcnteachi s’inpiega al culto diuino i ma non cosi, a chi nicntc lo cura anzi lo fprezza. Cosi la fortuna va dietro allc fatighe cosi i felici auucnimenti I 408 Cap. XXII. dipendono dalcuitodi Dio, c cosi ladiuina difpdfitione affiftc alPumana Prudenza. Equefta č queliaFortuna, chc Conduce i Prencipi al fogtio, che glirende gloriofi con le vit- torie , c che ftabihfcc 1'autori- ta de medcfimi in un perpetuo decorodi Maefta tanto appreiTo diDioj che degrhuoraini. CAP. XXIII. Tfaltn Virtu quaji fofpette. T7“I Tono alcune altre virtu u- * gualmcnte ncceflarie ad un Regnante, bcnche molto prof- fimealvitio. Prima trattcrd delPaftutia, c poi fucceffiuamentc deli’altre. II Prencipe lo voglio piiiaftu* to, che Ičmplice; prn cuppo 3 chc apertoneTuoiaffari. K TfaltreVrrtugaafijbfpeltt. ^69 UAftutiae figlia della pruden- za, ne quella difierifce da quefta , fe non nella lo ttiglezza d’occultc ragioni ma pero ienza viuo,efen, zafcapito della fcde. lin Rcgnante arriua piu facil- mcnceafuoi fini con 1’aftutia, c conPuigegnojchecon loftrepi- to delParmi, c col dubbiofo au* uenimento della guerra. Pid affligge un colpo vibrato dalPaftutia > che dalia forza di fcopcrto nemico. II (apere vantarfi della guerra* encIteinpoiftclTo ricercarelapa- ce, c unafinczza, lapiufottilc, elapiiiingegnola. Comc anco il faper fervirfi di quell’Arcano> tanto ufitato ap- prefio 1 Romani, cioe: L’hauer la pace nella Citta e la guerra da lontano. Non volerc 6 Prencipe giudi- S ure 4 'to Caf. XXIII. carcinganno 1’Aftutia ne tampo- co un’aftuto inganncuole. L’ huomo aftuto mantien h promefla ; ma Pingannatore, non ha risguardone ailafede, neallc promefTc. L’Aftutia non trapaiTii i limiti dellagiuftitia, e fliord’ognicre- dcrearriuaaPlIio fine ,{enza traf- gredire le leggi Diuine , & hu¬ mane. Ma 1’inganno fi feruc d’ogni mezzo, d giuftoj 6ingiufto>c fuori d’ogni regola di ragione permentire pcr dcfraudare, pel gabbare. Echi coraputeratraParti tnal- uaggie quello , che opero il Pa- triarca Giacobbe, allora quando con’ingegnofa manicra auendo procurato il nafcimcnto di mol- to gregge macchiato j a lui foio deftinato, gli forti guadagnarne piu di Labano ? O pur l I TPaltre Virtu quafi fofpette 411 O pur chi dira, che Dario in- giuftamentefalifle al foglio diPer- fia per auer fatto artificiofanseo. tenitrircilfuo Deftriero ? LaSagraScrittura chiama be- nedetta Giale, pcrchcabbeuerd Sifarail granCapitano col lattc, per piu ncuramcnte ucciderlo. Anzi Platone, e Zenofonte u- nitamcnte afferorno efler da fag- gio 1’ingannare il nemico anco co la buggia per la falute della Patria. Quefta parola pero di Buggia deue intendcrfi quiui in largo fenfojperchenond piglia per la vera menzogna, ma per una cer- ta fimilitudine,che haconquclla. Tali aftutie, come quclla di cui li ferui Gialle verfo Silara, 6 Giu- ditta verfo 1’Oloferne, hailo il lor fondamento nella verita c giu- ftitia. Poichcnon puo darfi maggior verita ne giuftitia di quella, chc S 2 con- 412 Ca/. XXIII. confiftein procurar la lalute co- munc, & in difenderdairultimo cfterminio la Patria: fi comc per il contrario non v’ e falfita mag- giorc, quanto il derogarc alla la- lute de tutti j per im particolare intercfle. L’Aftutia di fua natura non in* ganna, refta bcn’ ingannato ča¬ rni , che troppo gli črede. Alle volte prima di vederli le caufecomparifcongPcffctti. Al- lora im Prencipe aoura feruirli dcil’aftucia, d con preuenire, 6 con diuertire cio che Himera piu proportionato alla faluezza co- mune. Rare volte in materia di ftato > j fono le cole nel modo che appa* . rilčono, fono colori apparenti 1 guelli,che fuorifimirano ; mala j ioftanza piu internamente ri- fiedc. Segue un contrafto di difFerea- TPaltrt vir tu {juttfifojpcue. 413 ti voleri quando uno cerca oc- cultarcifuoi negotij ePaltroten- ta di penetrarli. Allora daambi- due lc parti c neccfiaria i’aftutia. Tiberio pregaua ince/Tante- mente il Senato d auere un Com- pagno airitnpcrio, non pero con ral fine, che fecondo la reuerenza che gli ii doueua, foflero eftudi- te le fue preghiere; nia per po- tere ouuiare k cio che temeua, fe per mala fortc gli fofle accaduta Per il contraho i Senatori, che aueano non poca cognitione dcll’aftutia di Tiberio molto te- meuanoj che cjuefto non penlafle d’eflerefcopcrtoda loro: e pe¬ ro moftrando in apparenza diC graueaiente dolerfi di tal richie- fta, lopregauano a voler con- tentarfi di non auer compagno fu’l tronoj dicendogli, che un iolT-.bcriobaftava ad dTermode- ratore , & arbitro del Romano Imperio. S 3 U 414 Caf. XXIIL In queftagnifa con 1’alhitia di« legguauano 1’aftutia , mentre guando piii G sforzauano di torre via da Cefare if gmditio, che auea eoncepito di loro, allora raag- giormente lo metteuano in lo- ipetto. Erameglio ranerdiffimulato: perche fe ia diffimulationc non cela 1’aftutezza, quefta non č ta¬ le , ma bensi una cola vana, 6 un* cuidente dilegguamento. La difllmulatione raprelenta una leprc, che donne a occhi apcrti. . Quefta non fempre dorme, mž /i črede, che dorma : L’occhio ferratoc tal volta un pretefto di fonno , con che s’inganano gl’ altri. Cio che non fa> finge di farlo ; c quello che fa, limula di non farlo. Toltoil configlioj la diflimu- latione £>'filtre Virtu quafifofpttte. 4.' f Jationee il condimento di tuttc 1’attionipolitiche. Tra 1 ’auuerfita de’ pcricoli il piuficuro & opportuno prefidio li e il fapcre fervirfi del filo d’Ari- adna, che fcampa un Prencipe dal laberinto delle cole piu in- trigate. AdunRegnante il fapere dit fimulare, e cosi neceflario quan- to il giuftanienre regnare. Incerroga Liuia, che domina- ua l’animo d’Augufto Signore d’ un Mondo: edonde nacque un tanto dominio d’una femina, in un’ huomo li grande ? Ti rifpondera: che quantun- que afpirafle col defiderio a cole grandi mai pero ne diede inditio veruno, ma fempre regoloflicon la fimulatione. E pero era chiamata a tutte le cole: fatta in auuenire piu arbi¬ tra, chc confapeuole del’ interefii deiiTmpero. 1 S 4 Tal 416 Cap. XXIII. Ta! volta la nudita della men- tc non e meno indecente di quel« la del capo. Needipoca reuerenza, & of- fequio a i čoftumi, & alPattioni de’ Prencipi, quando qucfte non fbno palefi atutti; La finderefi pero comanda il parlare; Sc alle volte la prudenza inlegnaa tacere. Molti de’ mortali per’auer dif- fi m ul a to lc caufe di mezzo, fdr- tirno un’cfito fcliciffimo a iloro attentati. E comeCiroauerebbe Iibera- to iPerfiani dalla tirannia de’Mc- ;di, fe non auefle celato i fuoi Configli ad Aftiage. Inche modo Dionc auerebbe dilčacciato dalla Patria Dionifio tiranno, fe quefte auefle fcoper- to gl’artificij,e Paftutia di quello ? II cuore non c fegreto , fe non lp cela la lingua: guefta quanto D 'alire Virtu qua]ifojpetie. 417 piuparladirado 5 o dicofc ordi- naric tanto meno intoca 6 offen- de. Ma fe troppodifcorre mani- fefta facilmentc i fentimenti deli* animo luo. Un’affetto intempcftiuo,come anco 1’adularc e il fubornare 3 fco- prono 1’atcano della diffimula- rione, Quelli che di fpontanca volon- taoconnon pocodi timore, d con troppa veemenza fi fculano difapere, odivoler qualche co¬ fa ; benche gli paia di fingere, manifeftanoi loro penfieri. L’ Ottimo temperamento di chi diffimula, equello 3 che na- Iče dalFafFabilita, dal medcfiino tenor d’ operare, e dalia grauita de’cofi: umi. Cioč: che in chi finge, molto apparifca 1’afFabilita, mai !a difc fonulatione, e pocoia ficurezza. 4iS ^ Caf. XXIII. Tre Torti d’utilita refultano ad unRegnante dalla fintioae. La prima e,l’addormcntamen. to di quelli, chc poflono naoce* re con le loro intentioni. La feconda , la liberta d’ope- rare, la quale e lempre in čolni, che cela ifuoipcnfieri; & e libe- ro di piegarft in che parte li piace. La terzo: la dilfimulatione Tot- tilmente penetra gTarcaniakrui> a!lorajquandofa jufta d’operare -altriraenti: & alle volte ancora col confidare in apparc-nza alcu- ne cofe, cerca di ben fcoprire i fini, & i penlieri dcgPaltri. E antico PrOuerbio de Ipa* gnioli: Che, unafola buggia ge- nera piu veri ta. E daPrencipe faggio il diffimu- lare tal volta Pingiuria, riceucaj da un pjupottntedi lui. C:d che non puoi rnutare, efe- quire, 6 punire ienza pericolo, deui D ’altreVirtu gliajifofpHte, 419 deui piu ficura nerite diffimularlo. Nei prindpio, d nelPingrdTo del Regno e neceflario, che mol- te cole diffimuliunRegnante per ben cognofccre i fuoi; d pure perchc auefti crcdino eflere il Prencipe*incon(apeuole di quel- lecofe, delle qua!i ad efficonuč- niuaPemenda. Se il Prencipe epotentedifbr- ze, mai, drdimuli cid , che teme, 6 potrebbe parer di temere. Nonecfpedientea i RegnSnfi il diffimulare neidelitti notorij, tanto politici, che morali, ogni- volta che aueranno forze bafte- uoliacorreggerli: accidche dif limubndo, nori pan che temino, o fijnoarguiri dicodardia. Se un Prencipe cela, d dilfimu- la quelle fucnture, che fon pale- G, maggiormentePaccrefce. Fino a tanto pero che di efli Don fi ha certa notitia,, deue con’ § 6 ogni 420 Gr/. XXIII, ogni modo poffibile occultarlc; accio non manchino d’animo i fudditi, d fipartino dal!oftato> dmalcdichino 1 ’ifteflb Prencipe. In quefto mcntrc -> deuc efTo procurare di ftnimfre la farna del danno, d’allontanareipcncolie di prouedere alla fua ficurezza. Le publiche neceffitž rare vol¬ te »poflbno diffimularfi fenza il puhlico danno. Deuelipiu tofto a tempo preftare adeife il rime- dio 5 che dalla diflimulatione del tnale afpettare 1’ultimo preči* piti o. lin Prencipe piu tofto diffimu- li, che proibifca quelle cofe > chc non li fono grate; perche il fo- ipetto, 6 la curiofita naturale o egi 5 huomini, pia fi sforza ad in- dagare di tal proibitione le cau fc. In quefta forte di fingerc deue »n Regnante guardarfi di non da?e in duc fcogli. ' * ‘ Pri«* T? alt rt Virtu auaft fofpstte. 421 Prima,di non fcruirfi continua- mentc, & ordinariamente dclla fintkme,madi rado, c quandolo ftimera neceffario. Poichecomc dice Ariftotele, la diffimulationc fe s’adoprain ogni cofa e vitiofa: c nonfola- mcntc toglic, ma anco adiiltcra il giudizio d’un’huomoda benc. In fecondoluogo, chc non fia cognofciuto, che lui finga, ma fappia diffimulare 1’iflcfla. fintio- ne 6 abbia quefta 1’originc da lui mcddimo, oda altri. Non portino i Prcncipi fco- f jerta la fimia dcila fintione, nclla or porpora, ma la nafcondino fotto di cfia. Ambiduc quefti fcogb incon- tro Tiberio ; Ouefto non mo- ftrd mai fegno di cio chc vera- mentc voleua, ma fcmpre finge- vail contrario. Sprezžd le cofe, chc bramaua: S 7 Vr, 422_ Cap. XXIII. nchiefe cio, che abborriua, e rnai fi dimoftrd quelloche era. Quindi e, che fe cognofcerfi da per tntto un fimulatore, & ac- qniftoffi i ! odiouniuerfale. Ondeun belPingegno cosi gli fuggeri nell’ orecchie , allora quando di mala* voglia fi fotto* pole al pefo del conferitoli Im* perio. G(’altri tardamente fan- 110 cio, che promettono; ma ta quel che fai tardamente Io pro- metti. Quefii tali fembrano piu tofto hippocriti, che ddfimulatori po¬ lniti. Lina prudente difilufulatione dcue efler congiunta alla vcre- condia, e pero rare volte fi da. Ma Guelli, che fčnza roflore, e d c do Sto ogni rifpctto, fi moftra- no fiati in qualunque attione, al parer de’ Teologi commettono la bugia ne i fcgui de’ fatti tile- siori. L’huo- D^attreVirtujutfifofpstte. 42$ L’huonvo cattiuo, quando fin- geefler buono, allorae peffimo. Lafimulationc delfako rcpug- na ai precetto ncgatiuo deli’ Jus naturale , che ci ammonifce, a non dire il falfo: onde moko piu ci per fuadaa non commetter lc fallita. Seguita la temperama di Sene- ca: cioc, fara 1’huomo faggio ancorquelle cofe, checlTonon approuera , pet far paflaggio a maggiori: ne per quefto lafferai buonicoftumi, roa fi adsttcra al tempo; e di cio che gPaltri fifer- uono per gloda, 6 piaccre, c gli feruiralfi in bene raaneggiare 1’ importanza dirileuanrenegozio. lltutto fi riduce a qu< j fto ; che unPrcncipe cognofca la fua fortu- na c poi (appia a quella accorno- darfi fenza detrimento, ddlani- ma. II Sauio non deue erminaro fem- 424 ftf/. XXIII. femprecon 1 ’ifteffo pafTo,maben- $i perlamcdefimaftrada; neme- nomutarfidi penfiere,mapiuto- fto adattarfi alle cofe. II gran Catone, coine che foffe nato di qua!unque profapia, pa- rcuache egli ftefloa fe ftcflo vo- lefTe far la foruma. Non c folamente finceroc fchietto j cio che a tuttie rnani- fefto m a apparifcono molte cofe meno fincere di quelle, che leg- gonfi. Einnoflroarbitrioil celare,il diffimulare, oretrattare laverita delle cofe. Un Preneipe non deue menti* re; ma pero gl’e pcrmdlb il ta- cere. L’huomo faggio fi accomode- raal tempo ; tenendo pero Per¬ ma inuiolata la fua virtii. Quello veramentee fapere: fe douunquc richicd* il bifogno» faprai mclinarc l^oiiag pip. Tfaltrc Virtu e difperatione, d vero tra le temerita,ecodardia. II confidare e un concepire una cerra fperanza di tirare a fine cio che uno ha deftinato di fare. D ella Dijfidtnza, &e. 427 II diffidare i un no crederc di po- tcr, 6 douer* efeguire tutro quel- Io, che cade fotto 1’attione prc- fente, L’una, c Paltra di quefte dne cofe risguarda le ftefla e gl’ altrie poiche ogiuno, chcnon fida, e diffida; 6 vuofcfler foftenuto JaU le fue torze , ^ d daiPaltrui aiuto > 1 d vero črede cfelfere abbandona* toda quefto. Amhidue fono dannate dalla legge diuina: d la confidenza ca- fcain prefuntione,d la diffidenza in difperatione, e vika d’animo. Chiconfida (cosiparlalaveri- ta eternaj nei proprij penfieri, opera empiamente: e inaledetto c colui, checonfida neifhuomo. Ma quelli che fono difperati, die- derofefteffiad operare ogifim- mondezza, e confcguentementc allaperditione. H temperamento di cio diedc 428 Q/.XXIV. un grand’huomo in poche parole piuefpedienteilbentemere, chc ilmalfidarfi: e piuutilc, cheun* huomo cognofca le ftelfo debolc perapparir fortej chevogiiapa- rer d ! e!fer forte per poi moftrarfi debolc, Qiielk confidenzacherefulra in prefuntione; refta aceecata dalla pronriafuperbia; e prodiga di fe ftcfla c de’ ftioi non apprezza nc i pericoh ne il nemico; ma pte- cipitola come una ficra, corre in mezzo alferro & alle ferite, mi- lurando lolo i momentidelle cole con 1’impeto dcllc fue forze. Ma quclla diffidenza cbe c mo« derataetienela ftrada di mezzo fra la pufillanimita e 1’ardire mai lprczza il nemico; ne piii attribui? ice ailc.forze che allaVircualfin- dullria & al’configlio: premedita da ogni parte tutti i pcricoli,pro* cura guardarfenc, & II pone in ci- men- DettdDtffcltHT,.*, &e. 429 mento non con minor fortczža che cautela. II Prcncipe buono nellc cofč chc fono da temerfi pcr bcn for- tificarli, ricorre con gran fiducia alPajuto del Cielo: ii cattiuo po- ne le fue fperanze nella temerifl, d nella dilperatione, e configlio de gl’ empij, & hudfeini pred- pitofi. Lodo quei Prencipi che van ponderando uma lalor potenza con una mifura cetta, & mdiftm- ta ,• prefupponendofi di loro fteffi tanto , quanto gli bafti a tener lungi il dilprezzo, cPinfolenza. L’Eiefante č grande, il Leone žforte; laTigreepoflcnte,epu- retuttiquefti animali reftano uc- cifi guardati perč> da moki, fe non hai timore di cialčun da perfe. Poiche le forzze iftefle, le ri- chezze } e 1’cfcrci-to fc Ion troppo 4>o Cap. XXIV. numerofi non fi poflono gouer- nare, ecuftodire: e cid che non fi pud gouernare, non pud durar Jungo tempo. La moltitudine di quell’ eler- cito, che pareua, che defendefle Dario piu-tofto 1’ opprefle. Non v'c ftataeofa figrandc nel mondo che gia non na perita c diftrutta. Non hanno cognitio- nediloro fteffi quei PrencipL a quali pare d’auere una fomma po- tenza : d pure auando Iufingan- dofi della grandezza delle loro forze piu penfano a fpenderle che aconieruarle. Di qui.ž, che intraprendono guerre difficili ingiufte eprefun- tuofc, reputando cola in degna che un minorc iion deua fotto- p orfi a chi š maggiore di lui. Oh quanti troppo confida« nelle lorc fbrza d caderno per la debolezza di quelle,d per la mol« potenza deglialtri. Idol* Delta DIjfi&eHZJ, &6. 4$l Molto fi prcfumeua Porapeo quando if coloro, chc gl' appo- neuano lafortunadi Celarc nell’ Ital ia, cosi rifpofc: fubito chc da me fara battuta la Terra d’ Italia , c farano fuori da quella tuttcie truppe a cauallo, & a piedi. Un fine pero pcffimo, esfortu- nato confufe ilvanto diEroc fi Grande. Sono fiibitanei, e vehementi i moti, e gTimpcti della temerita; da i qua!i unaloi volta lcofle le menti dePrencipi nonfolonon piu proucdono a fuoi pericoli ma ne anco pofTono con giufta fti- ma ponderare gTaltrui configli. I Prencipi faggi, che non fi fi- dano de’ i fucceffi della guerra, ne d’altrc cofe dubbiofe, quando fi trouano nelTiftefla lor ficurez- za preparano Tanimo a piu diffici- liauueniinenti, e fanno ben for* tificarficontro tutteTingiurie, c contrafti dellafortuna. Quel 43* Cp. XXIV. Qaell’ aniaio che sa tctr.eresa anco ficurarrsente affalire. Qudli > che leggiermentediffi- dano di loro ftnn, e d’altn e che prudentcmentc confiderano tut- te le cofe, per Io piu fon fuori d' ogni pericolo, e colpo dclla for- tuna : Ne mai tenurariamente s’intrigano in quei negotij dido- vc non lannofciorfi ;anzi daqucl porto, in cui godono laquiete» ftanno mirando gPaltrui nau- fragij. Ma ii corae il confidare tutte le cofe a tutti, č un volerconfcffare 6 la fua negligenza, d la propri* ignoranza : Cosl il confcnarle a ndTuno, d un voler condannare tutti dhmprudeuza, e le fteflo di contumacia. I Prencipi infedcli, e cattiui nonftimanoalcuno,pcr buono, e fedete giudicano tutti gfaltri fofpetti, hnri ingrati,8tjnuidio/I» perchccdifoao talij L’A- Tlella Dtjficlenz.t, &C. 433. L’Animo vacillante abietto,c vile d’un Prcncipe fi fcuote da qualfiuoglia cattiuofofpetto* 8c eflendo negligcnte in cognolčer la verita, di tutto cuore porgc Torechioallabugia. Poiche la confidenza non re•* ftacorrotta dalla fola prefuntio- ne, & arroganza ma ancora dalla troppa credulita. E dalja troppa crcdulta fpeflc volte i Regnanti fono moffi I commettere cofe ingiuflc, inde- gne, maluaggie, & infoflfribili. Chi prcfto črede, e leggiero dl fenfo, c chi male črede, male giu« dica: Mai fara bene, chi troppo prefto auera crcduto. La troppa credulita depende dalla debolezza delPanimo, che porgc 1'orechie a qualfiuoglia rapporto; echeinunfubitolco- pre il fuo penfiere, e poi final- rnente fi manifefta del tutto. T La 43 L Caf. XXIV. parola, Čredo appreflo i I.egifti non fa verunadTata tefti- monianza. Nonficredeaquel- li; che troppo credono. Regolarmente, qualee ildefi- derio del Prencipe, tale fuol’ef- lerc,dlafacilita dicredere, 6 la pertinacia di non voler credere. II timorefa credere le coleiis- poffibili} ePamore tuttele cofe che li fonograte ; 6 falfe che fij- no, d vere. Efacilefingannarfi* Ma in ni¬ tma cola ž piu facile, le non quan» do troppo facilmente fi črede. La credulitaž un vitio doti* nelčo, una fuperftitione da vec- chia, una fauola degl’uomini prtt* denti, undifonored’una mentc Regale. Chi fofpe tta , opera ottima- mente: deue perd rcgolarfi i n ta! modo di non fprezzare teme- rariamcnteogni cofa; ma di di- mo- Detla Diffidenza, &c. 43 5 moftrarfi a tutti tranquillo, c ft- curo. L*incredulita deue conferirc in noi la notitia dcllc cofe, ma non eguaimente la negligenza d’eflc. Cosi diceua uncerto il» luftre politico. . 11 Prencipc laggio non fi mtlo- ue dalle prime, e leggieriffime udienze; nudiffidando.congraii prudenza efemina accortamente idetti, e lentamente lipondera, prima.che efeguifča cio che, ha /entito. I veri nerui dellaiapicnza, fon quefti: eonPocchio farfembian- ze di credere tutte le cofe ma con 1’animo dubitar di ciafcuna: dop- po efaminare tutte, e guardarfi da tutte: di rado fidarfi di quelle, chepoflonoreftareocculte, e fi- nalmente parlar poco, doue deue interporfi la fede, Parlerd arditamente conApol- • T 2 loma •4j6 'ty. XXIV. lonioTianeo: viuerai con ficu- rezza,o Regnante, fe moltiono* rerai> & a pochi darai credenza. Tutte ducquefte cofefono vi* tiofe : credere a tutti, & a nek fono. I Prencipi ftolti credonoatuf- ti s cattiui a nelTuno: i faggi nei tutti, ne a nefluno. Quefti fi fidano, e credano> mž a pochi; & a quefli pochi con cautela tale , di non efiere in* gannati. Credono a gPhuomini di fpe* rimentata fede, c d r animo incor- rotto: fi fidano de’ fuol piu che degPeftranei; ma fpecialmente confidano in quelli, che »{Heine con loro polTono correre qual- che pericolo. ' Hanno gPocchi nelle mani» ogni volta che Padoprano a con ferinarei pattis e le conuentionij comeanco quando con .efle fdt- tofcriuono la Regia fede. Vtfla Diffidbtza, &e. 437 Sempre temono di non e/Tcre ingannatij maunafagace proui- denza, preparata a qualunque ac- cidente^ 1’allontana da ogniti- more. Quel noftro diffidare e quefto, eioe; il fapere ben guardare le fue cofe. Sta dunque vigilante, 6 mio Frencipe ! e ricordati , con una certa fegreta diffidenza di ben guardarti da quelli de i quali tan- to pericoloe d’ainomrli, quanto di tralafciarli. Guardatidi non ritrouarti per la perfidia di qualcheduno, ab- bandonatodiconfigli, cdimez- zi, accio con quefti tu pofla non tanto preuenirla , che condan- narla. Noncrederea i vidni confe- derati; mainqnalunque modo , 6 con lediuerfioni, oco’ldena- fO) 6 con le promefle } fciogli i T g le- 438 Cap. XXIV.’ legami di quelle conuentioni, che ti minaccianolaferuitu. Non afpettare in cafa il nemi. co 5 procura di tener lontana la guerra; offerua i configli di quel- lo,nianonlifeguire; epiutollo con poeo pericolo va ricercau* do la pace; che con dubbiofa for- tuna la guerra. Gnaraatitantodaquelli, chc tifonfuperiori di virtu, c di pru- denza,quanto da i maluaggi> c vitiofi: poiche da i buoni ne puoi ricauare i pericoli 5 e da i cattiui ildifonore. Non ti fidare de’i traditori dc’ i Ribelli, de’i Riconcilati, degl’ offefi, e de’grandi 5 c fpecialmen- te di queili che per 1’affinita con- tratte, con i ftranieri fon riguar- deuolij e fuperbi. Non volercredereagl’huomi- ni che fon gran vantatori e fin ti; nemenoaquellichefon partiah> 6 emu- I DeIlaDiffidenza,t?'c. 439 oemuli tra diloro o 5 pretenden¬ ti, o’ recidiui; Ne tam poco a coloro,chelono indifferenti ali’ una, & alPaltra parte. La prima cofa pero, e piu i na¬ po rtan te, fi e ilguardarfidinon parerdidiffidare d’alcuno; per- che ciafcuno vuoie, che gii 'la creduto-. e tal volta la fedepre- ftata alPifteflo infidiatore, can- gidPjnfidicin difefa. 1@QQQOQ9gQQQgQQQS3QO CAP. XXV. Di quelle cofe, che conuen - gono ad un Prencipe da farji , e mn farji. OEnto Plutarco, che cos) nPani* monifce. Le virtu de’ Prencipi deui proferirle fenza adulatione, & i viti) con difcretione. E Tacito, mi ferue di giuda; mentre douendo fcriuere i vitij T 4 di 44» Ca/. XXV. di Ottone, Galba, e Vitellio, co> si proteftoffi io non cognofco,nc per benefizio, ne per virtu, Otto ne Galba č Vitellio. Ancor io mi protefto. ElTete ogni legitimo Prencipe, buono, per quel tempo .che regge. EdicOj eflere Nerone miglior di Seneca,e Caracalla di Popinio. Poiche auefti furono Regnantij e per conleguenza migliori de Puci Sudditi. Platone, & Hierocle a/Terirno; che 1’Imperio , c 1’ Imperatore non fi po/Ta propriamente in ten* dere, e concepire altrimend, chc fotto 1’indole di giufto, e d’o- nefto. Cioč a dire, conviene, che fi faccia 1’elettione di ottisni Pren- pi, e che quefti fijno reputati ta¬ li, per quel tempo che regnarono. Quefti fono i noftri Numi, d almeno Miniftri dieffi in terra. Nef- D/ quelh cofe> <&c. 441 , Neifuno fumai grande, fenza qualche Divina ifpiratione. Nepretendo che ciofia un 5 c- retica fuperftitione: perche,1’i- ftefla Vcrita eterna cniamo per fuo Miniftro il Re Nabuccodo- noforre, perverfoedi coftumi, e comando al fuo popolo Eletto» che pregafle manifeftamente per quello. Quafi tutri 1 Prencipi intendo- no creflere buoni, e la maggior parte diqiiellij oeimpedita dai fiidditi, d corrotta dalla Icambie- volezza de’ tempi. i I fudditi non fono fempre i medefimi, ne meno i tempi ; ne. lemprei Prencipi poffono eflere; tantiCiri, Giulij,..eTraiani Giu-. liononhebbei iiidditi di Cird,: ne i tempi diTraiano. 's IlPrencipato e quello che di- moftra 1’huomo per grande, e tioaloftatopriuato. Tj Errd 442 ^ Cap. XXV. Erro Roma, quando dalla vita priuata di Gaiba concepi un’ot- timalperanza del futuro Imperio. Gaiba parue maggior d’un pri- uato,allorachelupriuato: c dal conlenlb uniuerfale fu reputato capace di Regno, fe non auelle regnato. Egrande 1 ’elogio di quclPren- cipe, de! quale pud dirsi: Maife- ce bene, che pareiTe di farlo ,• trni perche non poteua fare al trimen- ti, im-mune da tutti vitij humani č fe mpre ebbe in fuo dominio la fuaftclla Fortuna. Queilo, che feppe fceglier cio, chereputauamigliore nelie pro- jperit^, e piti ficuro neH’auuerfi- ta; queilo che piuapprezzoi me¬ riti de buoni, che le preghiere degPamici: auello che si porta da Re, e non da priuato auello in fbmma che fi dimoftra taie 3 quale lodcfiderail priuato. Vi qutlle cofi , &c. 443 Ne i tempi diClaudio cosi di£ fe, Mimico Boffone: In un lolo anello fi poflon difcriuere, e di- pingere tutti li Prencipi buoni. IPEpi&eto filofofo ftoicoepi- teto un Prencipe in quefta guila Padre^pacceuole giufio j Magnanimo , e liiero. II primo offizio di quefto e i reggere: ilfecondo,il farlagiu- ftitia : terzo procurare la lalute uniuerfale. Se vuoi 6 mio Prencipe ben gouernare, deui foggiacere alla ragione: molti gouernarai, e be- ne,fe la ragione gouenerra te me- defimo: impareraida quellajche cofa & m che modo deui gouer- nare. Se hai il dominio fopra degPal- tri,Pabbij lopradite la ragione. Perben gouernare, fache da te abbia principio il gouerno. Per ben prouedere alPaltrui in- T 6 terelfi, 444 C ‘ & in Di queHe cofe , &c. 445 in fommaPinuidia, e 1’emnlatio- ne non ti.renda precipitolo allc guerre. SuBito, che auerai trop po ri- meflB,6troppo ftefa la tua aut- torita , non farai piu reputato Preacipe : Ma 6 feruirai, 6 domi- nerai, eflcndo tuo offitio lola- mente il reggere: e per tal cau- fa, o’ conferirai a te medefimo il difprezzo di te medefimo, 6 Po- diouniuerfale, che fonoilegami f cggiori, che coftringhino un’ mperio. Il modo di reggere deui de- centementeadattarlo a i coftumi di ciafcheduno : Non intra- prenderai affari di graue impor- tanza, conhuomim di nonbuo- navoglia, ne sfo zarai facilraen-. te alcuno fuori delgiro del fuo genio. Nel commettere i negotij, gl’ • offizi, e le Ipeditioni, mifura be-: T 7 nc 446 Cap. XXV. rte non folo i meriti, ma ancola cjuslita, e l’inclinationi. Con i buoni tratterai mode- ratamente, con i feioperati con gran veemenza, non gParditi afpramente , con i temerarij con fomma prudenza, con i potenti con fimulatione , e dolcemente con quelli di non ordinaria ac* cortezza. Sempre conPanimo deui pri* ma mifurare quelle cofe, che fei per ifianeggi-are con ie mani i urile della Republica. Non ti foggettare ad alcnno; ne di reggere difpoticamente. Quefh fono i dne eftremi del go- uerno; e pero vitiofi ? Nont’ auuilire mai (i grande- roente, che tu perdaque!io, che fei. Io noti stimo libero quel Pren- cipe, che teme quaicheduno de fuoi vafiali. Proueda d’efler te- Di guellc eofe,&'c. muto 5 acciod fia amato datutti, o’ fiatolto da Te il timore che hž degfaltri. Non volere alimentare la po- tenza dc tuoi cofi,che li temi dal- la !oro troppa liberta. Ad una pocenza, che hi prefo pofleffo lbggiace Pardire in quaiunque occafione. Non cercar mai d’offendere i potenti, oqueili che fono periti nelParmi: ne meno quelie per- fone ; che fono amate dal popo- lo o’ conlapeuoli de’ tuoi Arca- ni: ne ti voler fidare troppo aila buona, dichi haioffefo. La me- moria deli’ ingiurie e ftabilej quelia de’beneiitij epoco dure- vo!e, Coriolano orTefo da i Romani & Aicibiade dagPAteniefi diede- ro molto da fare alla Patri*. Nontaifalire alcuno a talgra- do che tu polh doppo temere la $4Š Caf. XXV. di !ui potenza. Ne meno di a£ fegnare ataPuno tal Prefettura, che poi ti convenga repeterla con Parmi e co’l /angue fbuueii- gati efetnpio del Duca di Fridlatv- ao a Walenftein, e ti fpauentino i fuoi infelici auuenimenti. I Negotij di gran confeguen- za, che puoi maneggiarli da per te ftefTo , lafla di trattarli con gPaltri, opera pero fauiamente, e con giuditiofa accortezza. Non ti lembri mai difficile, *p- poggiandoti al Configlio d’huo- mini prudenti, il declinare dalla tuavolonta. Lapertinacia e piu tofto in fe ftefla ambitiola , che amoreuole della puhlica faJute. Quell’ arroganza de’ Prencipi) che folamente fi confida nella iua opiniane e molto pericolofa} mentre in tal guifa operandoj corre in grcmbo a i precipitij. D i juelle cofe , &c. 449 Fra tanro un Prencipc non cerchi di procacciarfi roaggior lode, gloriada niunaaltra cofa|, fe non che da quefta: cioč, chc procuri che i fuoi Miniftrifi di- moftrino piu umili, e piti ofler- vanti dellc leggi, di quello non fono tutti gPakri inferiori. Cosi ncl fuo Bafiliconc ll Rš d’Inghilterra ammoni il Figliolo. Bifogna, che intorno alPorechic de Miniftri rifuonino feropre vo- cidi quefta guifa, cioč; che da cjuelli non poflono verfo di te di- moftrarfi officij piu grati, ne ofle- quij piu conuenienti; fc non S uanao effi (bttopongono fe effialletue leggi: e con quella auttoridi, che hanno, inducono anco gPinferiori alPifteffa obbe- dienza. Non v’ č virtii piu proffima a Dio , che il Regnarc con giu- ftitia , e con 1’ equita. Que- fto 45° Caf, XXV. fto e il Ibmmo della tua vocatio- ne;quefta e 1 ’unica meta del Re. gio gouerno. Semprefe fara in tuoarbitrio, vorrai conferuare le cofe 6 ac- cjuiftatedate, 6 datuoi Antecef« fori piii tofto con l’equita, che co’lfangue; con la ragione,chc con farmi. Mitiga Ieleggi fecondo Vufo de’tempi, e quellecheaueraor¬ dinato, 6 la puhlica neccffita o l’incommodo della guerra pro* cura annullarle lubito che fara ftabilitala pace. Non tolga un Prencipe con in- confiderato decreto 1 ‘anticbe conluetudini quando anco gli pareffeco barbare ; purche que- fte non declinino a manifefti vitij. In quel!e cofe che fono fuori dd’pencolo delio ftato fij fempre tardo a punirc. E di vopo che un Prencipe n on folo Di cjuellt cofe , &c. 451 folononfaccieofa alcuna a tor¬ to , & ingiuftamente , ma che nc ancoapparifcadifarla.- Poiche in verita a gPhuomini priuati bafta il non errare; ma ad un Prenci- pe conuiene non efler ne pure fo- ipetto di delitto veruno. II Prencipe corregga prima fe fteflo , che gl’ altri. E nulia la fentenza del’condannantequan- doeflbfteflo merita d’elTer con- dannato. Se per caula deli’ idcntita del delitto j temi, d Prencipe di cor- reggre 1 delinquenti , tu prima { >rocura di cancellare il tuo con amutatione decoftumi, Un Prencipe buono non fida mailafua prudcnzaal cafo } neil giuditio aila tcmerita. Non volere piegare gia mai 1 ’ animo tuo a fcelerati configli: benche tal volta richiedendolo la neceflita, ti fia permeflo il non appigliartiagPoctimi. Ben- 452 Caf. XXV. Benche tu fij potente di forze non douerai perd dercitarle ai dannidegPaltri. Le ieggi impongono il gaftijo a ifurti nunori ma iddio Giudice de i Regnanti flagella gPufurpa- tori. Ogni volta, ehe tu auerai 1 ’ unione con le virtu, mai ti faran- no rinfacciati i vitij; ne vifaraal- cunochapofla dire che tu abbia dato la lpinta alla Republicai quando qucfta pericolafle in gremboagPefterminij. Procura la falute di tutti,come fa il padre de fuoi figli, fe non uniuocamcnte, almeno equiuo- camente; fe non come richiedc la ragionc particolare , almeno comevuoiePuniuerlale. Se quelli non voranno efler tuoi figli ne tu ti moftrerai a lor padre: quclli faranno tnoiierui, e tui! fignore diloro. Dl quelte cofe, š*c. 4 ?5 Coni ribclli douerai ufarepiu prefta vendetta, e piu crudele , chccon quelli,ehe ti minacciano fčopertamentela guerra. Non voler prouocarel ardire dc fudditiconle.minaccie., ma con leforze preparate, e pronte. Guarda di non ciTcre fi rigido, che non potendo come tale efle- reamato,tu deua auertimore di tutti. E veramente utile, ehe i iiiddi- ti, per fottrarfi dal male abbino timoredelloro Regnante. Mž per il contrario e gran male,Ič J uefti a caufa deli’ attioni del rencipe loro, tetriono il perico.« lo difefteffi, o' de’fuoibeni, Il timore della Maefta non fia il foftegno della tua crudelta, d Tirannia: perche da quello ti cattiuarai la riuerenza, e 1’ofle- Quip, ma da quefto 1’odio e il di- Iprezzo. L’im« 454 XXV. Idimpreieegregiefarnnno che tufij reuerito, & aflequuto, m le fceleraggmi ti reuderannoi tutti odiofo, e jpregieuole. Se tucomanderai a varie Pto- vincie, e Regni, da ciafcheduno di quefti luoghi, procurerai aue- reapprelfo di teuno odue, che abbino cura ,de"i Negotij deila gen te,, e della Patria-. Cio accrelčera Ja fiducia, e i’a- more delleProuincievcrlbilibo Prencipc; nientrc.vederannodi non eJTere difprezzate. Non fare come Vertunno; cioea dire, non mutare ad’oga' ora gPamici, ne quelii che ibno ammeffialla comunicatione delil Configlij. Non tormai fubitamentc a i 1 Miniftri, e Magnati tutta lapp- tefta; ma a poco a poco cerca di* li/iinuirgliela, e torgliela di tem* .t'-o in tempo, finoatanto che del ! Juttone fijno priui. Ne - D i qtte 1 le cofe , &’c. 4^5 Ne meno douerai porrc l’huo- mini buoni, bencheate odiofi, in talidifgratie,e pericolij che gli conuenga neceffariamente pe- rire. Nonvoler efler di quei Pren- cipi, che quando vogliono mat> dare in rouinaqualcheduno, co- prono le lor maluaggie pallioni con qualche caufa, che paia one- fta; fervendofi di quefta in dan- no dichiodiano: e cosi danno apparenza di giufto a quclle cofe, chefanno con tirannia. Hauendo tu meritato d’efler padreditutti,non deuimoftrar. ti nemico , ne a quefto, ne a quello. Piu torto la prima tua Gloria, Ca il farfi ben volere da tuoi. Se tu auerai cominciato a far qualche opera grande, procure- rai di fuggire non tanto 1’inuidia, quanto di ricercarelo fplendore, e la 456 Caf. XXV. e la potenza; la quale con 1 ’om- bradella fiia grandezza offulcara i liani deU’inuidia, Non diiHciare mai nelle cofe contrarie, mamoftrats intrepido. & allora che ti vcderai piu umiiia- to>equafi cadente, rifbrgi nuo- vo Anteo a mac.hinar cofe piu grandi. Non volerefler di quelli,che con unaftolta diffimulationedif- ferifcono piu tofto i rimedijdel male chc il male ifteflbj poiche a chi confefla il fuo male , e ne do- raanda configlio ,non mancano ne ajuti, ne forzeima chi fi modra, e finge di non auer male, corre in grembo a i pericoli con fiio gran danno. Procura d*opprimere la fenien- za de i mah fubito, che incomin- cia a nafcere, accid erefcendoi non pigli poflelfo fi come co’* tempo ogni cofafirendematur 3 ; D/ qutUe cofe , &l. 4 57 Cosi anco prolungato.il rimedio, piufa erclčendo il male. Nel vicinopericolo dicofa di graue importanza; cercadi laper bene il penficro de tuoi Compa- gni; Quelli che corrono un’ifte£ ib pericolo tecolonfedeli. Molfa la Guerra nel Regno d’un’altro, particolarmcnte feti fara vicina, e meglio, chc tu an- cora gucrreggi, 6 che ti unifca alfunadellcauc parti j altrimen^ ti verrai preda del vincitore. In tutte le guerre ticni per fer- mo, che ne la vittoria, ne le fe- rite ne le cofe acquiftate corona- no un Prencipe; ma benfi la cau- fa giufta di guerra. Nonabbandonare facilmente la fede del tuo Itnpero: ma im- nuta Filippo II. che in cib feguitd Tiberio. Leragioni di Tiberio 1’efpofc Tacito,odate allora, come fe foC- V fera 458 Caf XXV. /ero fcaturitedal fonte della.pra- denza: le quaii penlcontrarioil popolo, e la Citta perinualide ftimana. Tratantovi reftaunProbleaU} & e fe un gran Prencipe abbap- donata la fededcIPIinperiodeua aadare a coraporre le feditionij & opporre a i tumul.tuanti la fua MaeiB lmperatoria:firilpondej cltecio fpe/To riufci fe lice merite > e non di rado il contrario. Aliora finalraence,dxnio Pren¬ cipe diro che la tua grandezza, fia ftabile, e fondata , quando len- tiro, che tu ritrouandot in rana altezza. nontimoftreraitantouii Dominatorequanto un’ adjutore de tuoi fuddid perche un E_e buo- no dene elfer publico leruo.. Penfaa quefto; che non in al* tro tu differifci da fudditi, fe no« jKr la foia Potefta. L’altrecoi' c foiioarcpiu graui, cheaqueUn D/ ^ueVe cofe, &e. 4^9 In te e mfggiore la fatiga, piti -grande !a cura pe maggioteanco- ra il conto che deui rendere. Rcplico j e credi-mi: Se vuoi effere Prencipe buono, il regna- re fara in te PiftefToj che il fervire. La tua vigilanza deue.mantc- nere la quietc uniueriale; la tua cura fupplire alfotio di tutti; la tua induftria procurare il pia- cere d’ogn’uno *, le tueoccupa- tioni giouare.alle mancanzc co- nrnni; la tua liberalita fouuenire ad ogni bifogno, & i tuoi premij ricompenfare la fatiga di ciafche- «duno. Alla tiia diligenzaconuiene, d mio Prencipe, ilproucdere , che opprefTeilallapouerta, non peri- fchino lefatniglic piti nobilt. La Nobiitaecuore d’un Regno > ma d popolo , & i Cittadim, fonoi m e ni bri piu feruili. Ates’afpetta il ben cognolce- V 2 re 4 6o C*/. XXV. rcituoi: Ate ilditporrc ditut- ti non con una volgare ma efit- ta notitia di tutte le cofe. E tuo offizio il pcnetrare i vi- cinipopoiileioroorigini,il mo¬ do diviuere, di gucrrcggiare di ftabilire la pace, & ogni tal cofi. A tes’appartienefpendere tur- toil tempo pernonmancareachi fimettein braccio dclFoccafio- net^mentre da un fol momento pendc il piii delle volte la farna , la forza, & il facceffo de i negotij. IlPrencipe,6 fia llfurpatorc, 6 fatto Dominante per forza, 6 purčellctto,femprc deue afpirarc alle Regic nozze de fuoi Prede- ceffori. In que(la guifi molti Regnanti conferuorno congran prudenza la corona, bcnche ufurpata. Co¬ st Dario, di priuato che era diue- nutoRcgnantcprefe perfuacon- fbrte la figtia del Re Ciro, per P& ita- D: giictte tofe , ( 3 "c. 461 ftabilire coa quei regij fponfali ii luo Rc^no ; e fi faggiamente fi gouerno che quelRegno pareua non tanto trasferito in una per- fonaftraniera, quanto ritornato nclla famiglia di Ciro. II Prencipe fagace non perjnet- te maichefnori del fuo confen- foIeVergini ,5 Matrone Regie, o’ pure i Prencipi del fangue con. traggbino li fponfali con quaifi. voglia perfona \ perche in tal a& fare fi raggira un grandhntereffe di ftato,ai che deue prouederii conaltretanta premura. llMatrimonio richicdePugua- glianza , quando la troua ma il Princ;pato di fua natura 1’dcln- de. Ad un Rendfunoe uguale: ]uieuno,emaffimo. Quelli, che affettafio in Matri- monio le filieRegie,llpiu delle volte ambifcono di regnare. E gia allora vano machinando V i le 4 62 _ Cap. YXV. ]c cofe future } effendo incerti det¬ le p rc fen ti* It priiiio parto» che fanno a i loromariti, e ilRegno. Negd Tiberio il marito ad Agrippina,tirato da un ocenita ragionediltato r laquaic ne pure fu penetrata da Tacito, diccndo r Cefarc nen igtiaro di cio, che toccaua la Rcpublica, ne pero ia lui fefle riconofciuta quaiche of- fefad timore, lafcid fenza rifpo- fta tutti quelli, che di quefto 1» domandorno.. EfArcano di Stato: che nott fi permerta ad una femina di Ca¬ fa Auguftailmaritarfi a feoarbi- trio: mentre con tali marrimonij fl tronca facilmente il fentiero airimperio. Ma molto meno, o vero alme- nononfenza granpremura fide- vono contraer le nozze , 6 1’affi- niti con i fiidditi. Ouefte gi* altcc- Di fucHe cofe, &e. 46 3 altrevolta cagionorono gra fpar- gimento di fangue, facchcggia- •mento de T Regni; mutatione, <5 rouina delle Rcgie Famiglie. la qualfiuoglia Regno, che tu giri rocchio , vederai abbondeuol- mente indebolite le leggi del fangue,quando fi controucrtono liRegnr. < f Ma non folo non ammetto i maritaggi con i priuati ma ne tam- poco con gFinfedeli, d conquel- li: di Religionelolpetta. Facilmente incorre in qualche mileria, chi fi parte da quefia re¬ go la. Quella Geffiirea di Dauide quanti monti di mali per mezza d’Affalonne npporto fopra del Regao! e quanta infamra indui- fcro nel Regio Talamo !e fighe IdolatrcdeGentili allapientifii- mo Rč Salomone. La difparita del matrimonio V 4 diuide 464 xxv. diuide fadlmente il Talamo, &t( Regno > confonde la giuftitia corrorape la cofcicnza, & accie- €a ilRegnante. Siaccofta di piu r che i Parcnti di tali Regnanti pcr mezzo deli’ ifteffe feni i ne tirano a fe tuttoH fonte della Regia Grada, e lafla- po a gl’altri la fola auidita di quella. Cosi gia un tempo in Roma tutti gPamici di Liuia ptouorno la dileipotenzajdconcflereper mezzo di quella leuati da i perf- coli, dafTuntialledignita. Ma quando čila fu morta $ ai- lora folamcrrte incomineid Ti- berio a rcgnare; poichc mentre ella vivelia per il molto o!Tequio 1 cheportauaTiberio alta Madre, fi Jegaua quafi fcmpre aila di lei volonta. Le fuggsftioni delle femine, Regic fono fempre potenti> e graui D; cjuttte cofe , &c. 465 graui a i Regnanti: adalcuni pe¬ ro in fauore 5 & a moltiffimi in pre- giudicio. Liuiacon 1 ’odio daMatregna premeuail langued’Augufto pee condurre il fuo Tiberio alPIm- pero. Siguardino i Regnanti di non farfij che la ftirpe Augufta , e Re- gia,e le principali Parentele fi ugualino in tutto, a queiii onori, che fi dcuonoJolo al Dominante fupremo. E veriffimo, che la Maefta d’un Regnantc deua ftendere i raggi anco nel fuojfangue, efamiglia j ma con riguardo, e moderatio- ne • cioe che rifplendino quelli a guifa d’ un Pianeta 5 ma non tanto, che ofFufchino ilfolc. II Prcncipe faggio non com- mette lePreietture di gran con- feguenza a i Terzigeniti, maben- sj ai Prmai,cSecondi geniti.Ouel- V s li 466 Cap. XXV. • lidmeglio tenerli lontani dalfo* glio con aftri onori, 6 vero coni diletti, e Regali Magnificenze. Quando i Rcgnanti delibera- no quafche cofa con i llioi con* gionti non adoperino nelconfi- glio altri che la propria ficurezza impofta dalla legge di natura af- finche non permettaa queili ob che loro vogliono ma qucilo che e efpediente. 11 Prencipe prudenteufcraogn’ opera pofftbileche doppo 3 a fua morte redi il Prcncipato nella iuafa:rdglia» Cio m o! to iraportaairAuton- ta, a!la Maefta, & alla licurezza del Regnante. Fclice č quell’ Impcrio in eni puo dirfi : La Caft e piena di Če¬ lad: e fortunato e quel Regno* done il inunero de’ nglioli togl> e le fperanze alia priuata ambi- tione» Dt cjueUe cofe , &e. 467 L’adqttione viene inparte d’ ajuto & il configlio dclla Proui- denza fupplifce alla mancanza della natura, quando il Prencipe non vuole che il fucceflbre fla pofto indubbio. Ma allora fara piii utile il ricer- earlo nellaluafaniiglia,che nella Republica 6 altroue alcrimente fucederano reuolutionidi Stato, comeannifbnoinPoIonia. Ne cio pero deue farfi folo per caufa della propria potenza, ma anco della puhlica falute, perche iempre la fucceflioneprecedeali’ elettione, ,ficome la Pace alla Guerra. Echilenon quaf^l:edundine- /perto, impugnera; che per Pin- terelle della Rcpublica ncMi fia bene d continuatef Imperio nel¬ la Cafa di proprioPrencipe? - Ecofaa 'dua e molro 'oggrtra ailafortuna, 1’aprire ta Urada a!!e V 6 . rifle, 468 C«J>- XXV. rirte, c contefe, in materia di Rt gno, & alPinfolenza degP huo minipriuati. Fino ad’oranon črtata maila quicte in qucl Regno, doue daila Regia Faniiglia, č partata la Pof- pora nclla priuata. Le fcclcraggini infblentifcano ne i loro fucceffi, e fi gloriano d’ ertere arriuate ai foglio permez- zo de’ funerali, c gl’ eulij della Regia rtirpe. Quattro lono i fonti principa- li, donde fcaturifčono i vitij ac’ Rcgnanti. Cosi afFermano Pla¬ tone, & Ariftoteletra i Fiiofofi; efaluftio, e TacitofragPIrtorici- II prinio fonte č la troppaii- cenza,- Pero, d Prencipe allora acquifterai gran gloria, quando auendo una fommapotcnza,nofl vorrai, le non queilecofe> che fonolodeuoli. Chi ii pigliand Regno tr opp* Di tjuellt cofe , & c. 469 licenza , noneRe rr.a Tiranno. Poiche chi diede mai la troppa libertaa Regnanti? Non lalegge della natura, perche in quel tem¬ po non era noto il Notne di Re. Non la LeggeDiuina , pcrche glirepugna. Non 1’umana, per¬ che glihuomini, benche nati ali’ oflequio, non foffrono pero una total feruitii. La licenza d’un Prencipe e mi- nore di quellad’un huomo priua- to. Ne deue chiamarfi Re, chi non e migliore, e piii giufto^di tutti. Anzidi piti, quelloche una vol«, ta eralecitoad unRegnante,ora non piii gli conmene. I comandi de’ Prencipi non hanno ta-e autorita, e st ima di l^gge,che poffinoanco comette- re, edecretarealcunacofe con- tro la legge di natura, 6 Diuina. V? Egra- 4 jo- Cap. XXV. E gratteil notne d’afToIuto Im- perio: Eqnefto trucora dcue.te- merfiin un Prencipe, benche di genio moltopiaceuole. Iprincipij delPlmpcrio di Nfir ronefitronoottimij ma doppo- che fi-feceaflbluto di dominare,, flvidde un peffiino fine’.. Suggerifco ii temperamento, &er chead un Prencipe ottimo ( fi poiTono in verita ficuramente permettere tutte !c cofe ^ al buo- no * n on tutte & al cattiuo nef- funa.. a II fecondo fen te, fono i Mini- ftri pcruer/i, & aduldtori; poicbe un Ptcncipe che conuerfa con i maluaggi, cade dall’innocenze nelk fčeletagaini- . Gcrcattdo di iaperc Gambije* /ealcuna legge orcibiua il mari- taificonlaforeila? i .Viinilid Per- liani centra ogni legge delte Geati', ccsi perfuadettdoio rt- D i queHe cofe, & e. 471 ripolero: che in verita loronon trouauano a! cuiii legge, che per- mettcHe il maritaggio ciel fratello con la forella: ma che aueriano trouata un’altra legge che pcr- metteua al Re de’Perfiani ilfarc que!che .vedeua*. In cjuefta gnila, corrotti ico- ftiruri kruono di liidibriole leggi. GPAdulatori diCortefempre giurano per tutte le loro deita, efiere giufto tutto quello cheda unRš u preferiue a iiioi fudditi v benche cič> fia condannato dal Jus naturalne confegoentcmeiv* te dslia confcienza 1 . E fano aicufli fodare tutte Vo~ perationi de’ Prencipi, 6 oncPe» o illecite, che lijno. Cosi biče¬ va Tacito.. Cioe stimano quelh' tali che Pafpetto, e le parole convenghi. no allafcena, ma che 1’abito de- totalmente adattaffi a Ha pre- fentefertuna* Cosl appz Cap. XXV. Cosi 1’ adulatione e lempre Compagna dhinagranfortuna. II nome lanto del Puhlico Bc- nc, lo coprono con moite fce- leraggini ; quafiche le cofe utili ad una Republica,per un folo } e qudlo3 luL Tutti i Catiui efempi hanno j auuta l’origine*da i buoni Prenci- pij: m a quando unStatodiuiene gouernato d?,i Presacipiignoran¬ ti, 6 poco buoni j quei nuouo cfempio da i degni; e dagl’ Ido« nci fi trasfcrilce agbindcgui., .& agPinabili. Sdegnandofi gTamici dePgran- dc Alledandro , che lili fofle an- datoin Gorinto aritrouare Dio- genc, li fliede cjudla rilpoftade- gna d’eterna memoria., -cioe fe io nonfoifi Aleflandro > vorei efler Diogene. L’Ignoranza c unico male: da Sapienza unico bene. Non v’d alcunoa chi piu bi* logna fapere d piu cofe, 6 le me- ; gliori, quanto aPPrencipe ; la di cuiSapienza deue giouare a tut. ti i fudditi: cosi difle vegetio. a jNoa Di quiHe cofe, (f'C. 479 Nonftabene con cjuel Padro- ne , che lo gouerna 1 fiioi Con- i tadini oferuitori: ž peggio con 3 ucl Prencipe, cheliiada regere a i proprij Vafalii ma in pcflmio Stato fi ritrouaun Regno,o Im- perio> che per mancamento del Sourano vien goucrnato datnol- ti j e priuati, 6 d’ .alcuni grandi perche moki Gouernatori con- fondono il gouerno , & alcuni ■grandi tutto polTono, & fottoun Vrencipcignoranteardifcono. IIMedico.non pud ben medi- care un corpo benchc atto a ri- lanarfi ie non ha cognitio: c del 1 di lili remparamento: ne un Pren¬ cipe potra giouar al fuo Regno, , fenonfapL*a,la;poLtcoza, leforze le ricchezze, lebgi, gPauanta- i gij, li pericoh, e la debokzza di. 1 qucilo. L’ignoranza in unRegnantc-, tcquelia pefte che infettalui ftef- Jo, 480 Cap. XXV. lo, occide molči, corrompe tnrti difcacciagi’ amici , intimorifcei iudditi, einerualoftato. L’ignonnza e quella chc pre- cipitai cončigli intrnprende coa tcmerita le guerre diipenla male le ricch.zze, e dolor degPamici ludibrio dcgTcmuli fauola de’fud- diti, e le 1’ignoranza e accompa- gnataconladiiroluteza, olicen- za difar cio, che piace, e un Chaos dicuttii vitij. L’clTer ignorante e PiUr/To che elTere imprudente ; pero un Pren- cipe da quefti due vitij acciecato» fempre giudica maledelle cofe* e peggio delibera: quando mo- ftra d’amminiftrar la giuftitia, ca- de in grembo alla crudelta c la troppa magnificcnza lo precipita in prodigalitd. L’ignoranza unita alla poten* za, oltre efler temeraria incon- ftante> ingiulta, 8urrogantc, non Dl quette cofe , &C. 481 nonč maicapacedi buon confi- glio pcrche d troppo črede, d deltutto diffida. Per niunaaltra cofa perde un Prencipe piu facilmente !a fua aut^ orita, e 1’ifteffo ftato quantoper 1’inabilitadireggere, c gouerns re. Poiche nePceder la fua potefta ž molti fconuolge quel Principa- to,chefolo ficontiene nelfuni- tadel reggimento. I Prencipi ignoranti fonfcmprc fofpettofi: eperche fono di fua natura fpregieuoli, fempre per- fano d’eflerefprezzati. Ne m’in- ganerofediro j chene i Prencipi fi rcnde piu formidabile la fapi«' enza, chelapotenza. Tra le pene maggiori con le quali il Giufto Iddio afflige il Mondo, e comprefafignoranza de i Regnanti. Lo profetizzo Ezechiele quando dilfe : lo ti porro nelle mani degfignoranti. X la 48 « Cap. XXV. In oltre non folo s’alpetta a! PvCgnante il far quelle cole chegli conucngono per la carica, che ti« ene di Rž, ma anco deue guar- darfi da quelle, che difconuengo« no non tanto alla fua perlona quantO alla potefti, che ritiene. Ogni cola che fia troppo clii- berante,c vitiofa in un Prcncipe: 6 fia cmpio,d troppo e da femina religiofo: eflendo vero che:Op- timeorat, qui pro Rcpublicala- borat. O fia di zelo d’ Elia, '6 ab- biaunfpiritocfteniinato, e fiaco 6 fia troppo neghittofo e trat- tenga i negozij, 6 li precipiti pet la molta temerita. O fi ritiri aflieme conTiberio fino a Capras nella folitudine d vadi crrante come Neronepcr le Urade, c proftriboli. Ambidue quefti penfieri non fen da buon Politico, cioe: 6 cre- derc D/ ejueltt cofe, &(. 485 dere tutte le cofe a tutti» o di£ fidare totalmente di tutti: d commetterenienteadalcuno 3 d iltuttoad unfolo. NonedaRdilmai pcrdonarfc, d ferapre. II torrea i fudditi tutta laliberta d tutta concedergliela: ilfempre riceucrc d mai dare: H uolerc che le cofe conucnute % non fijno conuenute , e quelle non patteggiatc, patteggiatc: 6 vero in foirtma il diminuire la • propria potefta, d abufarfenc. Nelluna cofa pud chi amarfi giu- fta fe e troppo cccedente: Ne£ nua utilefe non č onefta:enefluna onefta fe repugna alla virtu, & alla ragionc. Solo la virtu abbraccia,e dcfi- dera i mezzi, c ncl mezzo fempre confiftelaforza j &il vigore del tutto. Le cofe eftreme inclina- no al peggio. Siene dunque il Prencipe fag- X 2 gio 484 v Cap. XXV. giodoura guardarfi datuttigPe- ftremi; c maneggiara uguaimen- te, tanto la ftatera dellavirtu, quanto quella dclla potefta. Ogni ecceflo, cffegli commct- tacontrarioalla bonta de’coftu- nii,b gli cagionera ii difprezzo, d 1 ’odiode’ fiioi. AgPhuomini priuati bafta il noncrrare : Ma £ i Prencipi non c lecito ne pure efler fofpetti d’er- rore. Cosi difle una volta qucl- la faggia Liuia ad Augufto luo Marito, & Imperatore. ■ Non bafta d parere, d efler buono; ma deui eflere , e parer tak) fappi, d mio Prencipe , che le tue operationi fon palefl, al pa¬ ri del Tole. . E cofa ardua a i fudditi 1 ’auere un Prencipe, fotto ildicui domi- niono fia lecitaalcuna cofa adal- cunoj mapero epeggioreTauer- neuno, cfie concedatutte le co¬ fe a tutti. Guar- Di cjuelle cofe,<&"c. 485' Gnarda di non perdereibua- ni, m e n tre perdoni a i cattiui: Ma non meno ti guarderai di rion pater baftante per correger li vitij antichi. AncoPiftefla Rcgia potefta ha la fede di mezzo tra gPeftremi della codardia, e della crudelta. Subitochetu tipartirai,o de- clineraida i limiti diquella,6 di- vcnterai fauola , 6 Nemico de’ tuoi: Non piu farai Prencipe, ma feruo 5 6 tiran n o: feiuo per la tua propriavika: tiranno per il tri- ilo gouerno , e per 1’uftirpatione. La potenza nafce affieme con i Regnanti , ma non la fapienza.- Quefta conuiene acquiftarla,' e- quella deue moderaifi. Fuggiua con grand’induftria LudouicoXI. la dottrina,ne vol- Fe , che in quella FolTe iftruito il Delfino j perche giudscaua che con medefima gPauerebbe una> X j volta 486 Caf. XXV. tolta rintaciato le fue fcelerag* gini, comc , interno allora ali’ arti piu ncfande del Machiauello č da eflo eifercitate in tempa della.fua vita. Una gran potefta, & un alta lmperio, c una foruma ingiuria, &un grauilTimo pelo: cosi alfe« rirnogl’Antichi. Non deue un Prcncipe feruirff delJapotenza> quandopuolam- miniftrare con lc Icggi: deue penlare non £ quanto gl’£com- meflo, ma a quello chc gl’ č per- meflb. Ad un Regnante chc comanda con troppo rigorc> obbcdilcono di malauoglia i fudditi , benchc con greffetti d dimoftrino pron- ti all’oflcquio : Ma qucllo che comanda con poca vecmenza, refta mcglio obbedito; perche i fudditi verlo di elfo dimoftrano nonfololaprontezza dell’opere> ma anco quella dclfammo. D/ quth cofe , &e. 487 La Regia potefla, benche fia fuperiore a grhuomini, c pero amminiftratadagPhuomini Pe¬ ro ricordati, 6 Regnante, d’efler Re, & huomo afficme. Un cittadino,unferuo,unmi- niftro, benche vile, una ferpc, unafaetta,una cicuta hannova- glia, d’uccidere un Re, perche C uno, &č huomo. E qual Regno £ mai, diceua Se- neca, acui non fia apparecchiata larouina,e l’oppreiuone, & un altro Signore, & un carnefice ? E fpefle volte in vero cioac- caduto, benche parefle imperfli- bile, cfuord’ognicrcdere. Chi maiauerebbe lojnato, che dagP Inglefi ,fi douem occupare tutta la Francia ? c pure fuccefle : O dai Franzefi la Spagna, e pure prefcntcmentc fi amraira: O ve¬ ro un tempo fii da i Sciti, da i Vandali,daiGoti, e daiLon- X 4. s°- 4§S Ctf. XXV. gobat*di, le parti migliori deli’ Europa ? e pure anco queSo apertamente li viddč. . Temono, e con gran ragionc quei Prencipi, il di cui prefidio contro i fudditilblo coniiftc nei| la /pada. Ancoil popolo ha le (uemani, & il Prencipe una iola tefta. L’Inghilterra,e molti altri Re* gni, ancora s'arroffifcono d’auec prouato tali tragedie. Alraeno 6 mio Prencipe , & occupafti con violenza il R.egno; artienti per Pauuenire clalla vio¬ lenza fe non vuoi perire, dalla tua propria violenza. Il Prencipe ha un non /oche di Diuinoin quelle cofe dpuevaol’ eflere temuto per tirare i fudditi alben fare: Ma peril contrario ha piii deldiabolico,quando tra¬ jna efler temuto dagPaltri, Folo> per operar male lui fteflb. Co- Si afleri un grand’huorao. Di qutllt cofe , &c. 489 Soggiunfe di piu : che ne nič¬ no un efercito difendera ,quel Prencipe alla di cui difefa non Ib- no baftanti pochi. Pochi pero bafteranno,quando lui aueraPa- roore di molti : Ma molti fon pochi, quando Podio di tutti fuccede in luogo d’amore. L’ifteflafpada, cheshmpugna a difeia del proprio Re, puol im- pugnarfi da i fiiaditi, a i danni del medefimoparticolarmete, quad- do la liberalka del nemico uincc e fupera la di lui auaritia. II Prencipe cattiuo vuole tal- volta efler provocato da i Ma¬ gnati: gli lomminiftra le caule f ter efTeroffefo,efirallegradel- e riceuteingiurie per vendicar- fene. Senontroua rali caufe, fe le fin ge; eiltuttooperaconpre-: tefto di giufto fdegno. Non cosi fa il buon Prencipe, ilaualc poiTarquinio nonfblo loaiede in parole, ma anco lo dimofiro con i fatti, a Sefto fuo figlioal- ]orachequeftocercaua di lapere da efto, che cola far dourebbe chedi non minore autoritafu/le Sefto appreflo i Gabini, che il genitorc Tarquimo appreflb i Romani. ■> Poichc il Re le n’andiedenell’ 4>rto lotto apparenza di de libe« rare, D i quettt cofe ? Črv. 491 rarc, feguitato dalPAmbafciato- redcl figlio, equiui alla prefen- zadi eflo,gettauaa terra con’ua baftone 1 ’altc tefte dc iPappaueri. Quefti pero non fono i Con- figli, che ti da il mio Riftretto Politico, ne meno oracoii della fagraTripodej mabensi fofifint dellaTirannide, chefembran fa* ciliaprimavifta, ma nel fucceflb fonodifficili, e nelPauueninien- to fempre infelici. Chi vidde mai inuecchiato untiranno ? chi nelfrono la lua cruda Progenie? NeflTuno, nefluno dice Thaler E cio lo tcftifica per tutti i tempi ogn’efperienza. Se ad un Ciprerfo, che č il pivi alto tra gPaibcri, tu taglierai tut- te ie frondi vi reftera il tronco: ma fe gle ne leuarai folamente al- I* quante> e le fuperflue; le catti- ve, e (e verminofe, lernpre piu apparira verdeggiante. Cosi m X 6 devi 49^ Cap. XXV. deui credere del tuo Regno,e j de i Primati diquello. I Prencipi cattiui non lapran- j lio mfconderc una t fi gran cru- delta 3 & amarezza della Repu- t>lica y comc lanno i fpreziali con / Poro ricoprirc le pilloleabborri- tedalgufto dcIPammalato. Cosi feceSeftoTarguinio :ha*. uendodiuifi i beni degl’uccifi)C j de relegad tra la plebe, ,& ilpo- polo. Con la qualdolcezzadel )riuato commodo toglieua vil ' ’amaro fcnfb de i puhlici mali da i ui cagionati fino a tanto che fi- j nalmente termino la liberti de’ | Gabini. Opprefla la liberta, a guifa d ! un Lupo veftito di pelle d’AgnclIo, indufle offizij di Religione verfo | ]e Dcita, e ncl monte Tarpeio . configro a Gioue un gran Tem- <| pio; quafi chevolcfle render gra- tie a guel Nume per la fcrtuna dcllduslcdcraggini. Qpe- Di ejutllt cofe, &e. 493 Quefte fono l’arti de iTiranni; cioe 1 ’obligarfi il popolo per mezzo delPopprelfioni degPOt- 1 timi, mentre il comun genio del popolo fi e il non poter eflere / cosi facilmente offcfo, quando egliftabene. Laplebe ha fempre Pauerfio- ne, e contrarieta con il Senato, 1 econ i Magnati del Regno: Ne mai e ofFeia dali’ opprdlione di queili: ma piii tofto gli fi rende obligata, fe č chiamata a parte della preda. Il chce difficile a i Prencipi 3 che anno a cuore la Nobilta,come foftegnodelloro Regno &ama- no 1 Principali, c-ome confapeuo- li degPArcani. I Prencipi conucngono facil- mente con i Nobili ^ ma non i j Tiranni. A’ quefti fi oppongo- 1 noque;li 6 dinafc'-fto, dallaleo- pcrta: Mapiu difficilmente s’ac- X 7 cpr- 494 C*/. XXV. cordano i Prencipi con la plcbe, e piu facilmente iTiranni. I Prcn. cipi pero buoni conucngono , e con Nobili, e con la plcbe. E pero io giudico indegni d' oflequioqueiRcgnanti chenon annoimpararcqucIi’arti, che To¬ no utili a renderfi amoreuole il popolo. OfTendono grauemente laRe- pnb'ica i Regnanti, quandd ari- tepongono il commododc pri- vari ai bene puhlico. Chidira, cheera meglio il li- berare ToIoiGiona dali’ ingordi- gia della Balcna, che fcamparc dal pericolo del naufragio tutti i nochieri, e la naue coadottrice da tante perfonc? Le leggi piu stimano la falute uni icrTiie, acuituttc unicamen- te s’indrizzano, c;a le r orrune, e la vita di qu ilchc perlona parti- colare; c pero il Prencipe in- ciam- Di qitt!le cofe) &c. 49? eiamperain grauillimo errore, (e non vorrš caminare per quella ftrada, percuicaminan lc leggi. Non puo chiamarfi del tutto Rž, chifi lafTa guidare dal fenti- mento de’ parucolari , quan.do pericola la ragione del Puhlico: poichedteme,o opera ingiufta- mente, e neiTuna di queftc duc cofe conuienc a j Regnanti. Lo fdegno de’ Prencipi e lem- pre graue, perche e troppo au- toreuole. Nelle perfone priua- težundardo; ma ne i Regnanti žun fulmine, che fenza rifpetto j incenerifce qualu;ique cofa, che gli s’oppong^. GPnuomini grandi fon pre/i da uno fdeguo troppo ardeutee famofo, e qucfto tanro pm e ira- placabile,qu n perfone di fuprema Autorita. La Feli ita alimenta lo Ide- gno, quando tm gran numerod* adu- 4*6 Gr/.-XXV. adulatori afledia 1’orrccchie d’un Prencipe fuperbo. Loidegno non opera la giufti- tia , ma la corrompe. Pero noti volcre d mio Prencipe condan- liarealcuno alla morte, allora: che ti fdegni; perche allora non farai la giuftitia, ma commette- rai im’huomicidio : non correg- gerai, ma opprimerai i tuoi iua- ai ri. E Provcrbio Diuino: Che lo fdegno d’un Re, e corae il fremi- to cPun Leone: Ma la di lui pia- ceuolezzae a guifa della ruggia- da, che cade fopra de!J’erba. , L’animo d’un Prencipe, che fieramente fi fdcgna, trattera controppo rigorei fiu i 1'udditij bcnche liibitanjentecefli dal fuo bollore, efidimoftria quellipia- ceuole; e pero un futuro pro- gnoftico di contrarie machina- tiom contro di eflo perlatroppo ve- I D i qmUe cofe , &'c. 497 yeloce facilita di correggerii. Se giuftamente fi fdegna un Prencipe (gia che cio glecon- ceflo dallc fagre lettere, che efpongono : trafcimini, & no- litepeccare,,'celi pero ilfuo fde¬ gno, e moftri la giuftitia: Proce- da tanto con lo pretefto di zelo, quanto con 1’ordinazione della legge. Ne fi dimoftri crudelc, -ijia punitore de i delitti. E cofa certiffima, che ordina- riamente s’oflerua piii in unPren T i cipe Io fdegno che neipriuafi il furore e quefto maggiormente fi 1 cenfura in un Regnante, che ne i priuati, la fciocchezza , 6 la pazzia. Non diftinguono quefti in un Prencipe lo fdegno ingiufto dal giufto, nia folamente mcoipano. PiradelPifteflo, Unoftinato filenrio, gPocchi fiffiinterra, 1’orecchie lorde ad ' ogni 498 Caf. XXV, ogni diuertimento,e la vcrgognj dirifguardarelalucefono inditij inun Prencipc di fabricarc dcn- tro /e fte/To una gran mole di fdegrii. S’accoftano a qucfta il terrore delle parole, 1’importunita de’ comandi, la crudelta dc’config!i, i fupplizij penfati, Ic refolutioni improuiie, il rompimento delle leggi, e mille altre cofe, che ter- minatolo fdegnoPabborifcc Ta¬ nimo, le detclta la ragione, fe ne vergognafiftefla Reg 2 i dignit?. Io con tempIoSaulie nemico di Dauidc, pid tofto furiofo, che fdegnato, che batteua i denti,che fi mordeua le labbra, inafprito nella fronte, fpumante nella boc- ca nellemedcfimc Naricifuman- te, moke volte di giorno conci- tatodal Demonio, e fempre con la fpada nelle mani pronto alPal- truiucciffione. Oh che de forme figura Di tfuefle cofe , &c. 499 figura lu quefta in un Trono, d per dir meglio che fiera inumana. Rifletti tu; ancora alle di lui opcrationi: quefto pcr caufa di Dauide,che odiaua da ncmico, perche fuggito appreflo Abime- lech fu riceuuto ncl di lui ofpizio, conporre fuoco a!l’albergo,di- ftrufleno foloiftefloalbergatore inconfapcuole per altro del Rc- gio fdegno,ma anco tutta la Citti di Nobeajoue egli refideua; con- torre di piu la vita col ferro ad ogniCittadino di qiia!unquc fef- io, ed eta ; e fu si miferabile quel- la ftrage, e come dicc il Sabbelli- co > tanto calamitofa, che, pes caufa delfinnocente Abimelec- cho,dal grande fdcgno di Saullc, reftorno eftinte vergognofamen- tc ottantacinquePerfone,illuftri, echiareperla lapienza, e per la fcienza che non d lecitaagl’ altri» /Taleči ta alfoloRe. Crc- D i qutUt cofe , &"c. 507 Credimi eflcr quello un’aflcr- to falfiffimo, ingcnere moriš. I Regnanti, c vero, chefonfupe- riori a tutti in ri/guardo alla po - teftadi ben Regnare; Ma uguali in tutto a tutti nell’obligo, chc anno anch’cfii di obbcdire aDio, alla ragione j & alPonefta. I Prencipifono anco caldiflimi .negl’amori,ma pocodureuoli,e molt’ impotcnti nelpotentiffimo affetto d amorc. Variano quefti negPamori, & alle volte ingannano le Matrone I piii onefte, e percidloro ognia- 1 moreč pocodureuole,perche Ri¬ mano , che /la a loro lecito ama- requalunquc oggetto. Quanti per meritarfi la gratia de’ Regnanti, fottopofero a i piaccri di quelli le propriemo- < gli; e proftituendo la fede del letto maritale, diuentorno ne i Y 2 lo- ulmnmewm,- XXV. lacrudelta atterrifce folamentd fudditi: ma lalibidinc, non folo eccita i fudditi all’odio 3 ma anco al difprezzo; fapendo che un Prencipe dcdito a i piaceri c d’a- nimovile, e chc non pud chia- marlidegno dTmperio, chinoti p»6 comandare a le fteffo. NefTuno ama coftantemenfe quel Prencipe, cheodia !a vcre- condia,e Pinnocenza. Cosi dif- fe Ambrogio il Santo a Teo- dolio. Chi temcraun’efFcminato?Chi feruirand un vilefchiauo dellali- bidint? chiobbediraadunoche non sa dominare fefteflb? Si sbandifcono le cure dcllaR e- publica donnono i negozij diSta- to, vacano refpeditioni croiche, quanao la mented’un Regnante e occupata da i penfieri di vcnc- re. Lin animo efFeminato odia gPafTari importanti, & un Infciuo D i queHe cofe,&c. 51/ piacerc non ammette i penfieri a cofeardue,e difficili. Uu Prencipe che vine fchiauo di vencre, non viue ; perche ad- dormentato in quel laičiuo letar- go,non fa attionealcuna da Rč. Si trattienc nc i luoghi appartati, doueftannolcdonne, c le con- cubine, e fortendoli con quelle unfortunatoluccefTo a fnoi pia- ceri, vafempre meditando nuo- ue occafioni di lafciui appetiti. I Prencipi adulteri hianno in fe ftefii una febre pertinaciflima, f ierche fpeflb iono recidiui nel oroerrore,tanto per la iiberra, che anno , a nciTuna foggetta, quanto per la tenerezza del len¬ to ; perche ogn’ uno quanto e piii nobile, altretanto č piii fen- libile. Amano ancorali Dei, di- ccuacolui; qua(ichenegPinge- gni plebei.noncadeiTe tanto Pa- more, quanto nccade negPanimi Regij, & illuftri. * (hi 516 Cap. XXV. Stupifci 6 inoridifci in fentire i ii cafo rciferabile di Chilpergio Redella Francia. Qneftopergo- dcrc 1 ’amore delPimpudica Fre- degunda fcceuccidere Andoue- na fua prima moglic, affiemecon duc figli j edipoilafeconda, che fii Glafeonda Infante di Spagnav Gosi fitori cFogni ordine di na¬ tura hiibidinesforzd Chilpergo ; a iagrificare a vcnere duc Regine, e altretanti figlioli, Non pote perofagrificargli la terza, perche preuertuto da Fredegunda fua moglie adukera, conuennea !ui jfteifb cadcr vittiraa di colci, a cui coufagrato auea tante virume Regie : mcntre da qucJIa i ftcflk reko eftinto Iknfdice Regnante. Mai del tutto fi fana quella li- bidine,il di cui ufo e repiicato-. Sicade in effa qualchc volta , ma ,j rare volte uno procura di libe- rarlidanoue cadute. Et e co/a cer- Di c/uille cofe , ( 9 'c. 517 1 certiffima che gPanimi Regij non fonofpiiiti da alcutPaltro affctto allecble piii deteftabilij, quanto I dalliilibiciinc. L’adi!lterio commefTo da uti ! Prencipe contro d’ un folo ha forze baftantia difturbar tutti. Unfaddito oftcfo dal Prenci¬ pe nelPonore del talamo non ; aticndo altroue tl regrefib, c ta- ! cendo a fuo fauore la giuftitia» e vero che fta per forza quieto, nia conf animo medica il Regicidio, il vcleno, e tutro cio, che di ler- ribile gli fomminiftra la dilpe- f ati one. Per quefta ragione Velfio no- I bileOlandefe fi vendied di Flo- rentiofuo Prencipe ; Potendor- fio di Friderigo, č malti altri fud- diridei loro medefimi Pri ncipi, da quefti nell’ onore offdi : 9 condarli lamorte, d con ripren- derli fcopertamcnte, d con fpo- Y 7 gliarli 5i8 Cap. XXV. gliarli totalmente del Regno. Tu tu, 6 mio Prencipe, deni immitare ll Grand’Aleflandro: chc poftali d’auanti una coneu- bina d’un fuo amico, non volfe ne pure guardarla ; anzi riprefč feueremente Pinfame minifterot defiio contrario alle leggi della vera amicitia. Ilnoftro fecolo pero opera al- trimenti. Etio daritiro lamia penna per parer di finire il mio dire,non comeoratore,dripren- l'ore,ma come amator della b re¬ vi ta. Si che tralafcio molte cofe; percheeli arduo il precriucre ad un Prencipctuttelecole, che de- ve, d non deuc fare, quanto l’in- douinare tuttele cofe future. Aggiungo folamente una rc* gola, che quafi apprende tutte cioe: Se tu iftelTo, 6 mio Pren¬ cipe farai vcrfo i tuoi fudditi fp°- Di qutUt cofe , ere. d diftrugge i Rcgnanti, quando cffi van nuchinando gran cofcjCgli paredi godcrc il lom- mo d’ogni felicita. Gosi dice un certo Anonimo. Confidera ora attentamente Ic mifure, e lelinee, incomprenfi- bilmentc ftefčdi fopra, e tanto { >iii prodira di curuarti, ed’umi- iare la tua tefta, quanto piu chia- ramente comprendi, che tutte le cofcdipendono dal folo Iddio, che lemifura. Da quefto riceuefti 1’Irnperio: qucfto circonfcrifle ogni tuo po- tere: Aqueftofei per renderein breue il conto delia tua ammini- ftrarione, Pe- ' penfieri piii feggi di quelli chc non auefti per il paflato. r Errafti č vero nclla tua vita; c fu coia indegna di te non folo il cadere,ma anco 1’eflere flatorc- cidiuo nel male: larebbe pero de- litto peggiore il voler pcrfiftcrc oftmatamentein quell’errorc, in cuipiu volte, cadefti. Numerai tuoianni, e ti vergo- gnerai di bramare 1’iftelTe cofcj che una volta bramafti. Muorino prima di te i tuoi vitij. lo gia ti fento dolere, & in un tempo ifteflo parmi, che tu mi di- chi: Non voler conipatirmi per- cheiofia Prencipe vccchio; raa compatilčimi,perche gia fui gio- vane. Cosi e : /lam vilfuti da gioua- ni nel mare, e fperiamo morir vecchi nel porto. Se in quello pe¬ ro cifugiapropitia una granfor- tuna^ IIfine JellavitiuPunBfi^&c. 523 tuna, In quefto ora ci fourafta un gran pericolo. Sela fortunamo- uradivoler licenziarfi d’un Rc- gnante, e meglio, che quefto dia hccnzaaquella. Delirano quciRcgnanti, dice un ccrto tale che ridotti quafi ali’ eflremo della loro vita ambilco- no di feguire il goucrno allora in foportabile. II Prencipe prudente deue pre- vedere 1’ingiuric, & il difprezzo delikta; efottrarfida quclle pri- macltegli fuccedino. Quečroperbe un duro confi- glio, e tanto piu duro, quanto che un Regno benche gouernato con le fatighe, e un bene altre- tanto piu dolce. Fra tanto d veriffiiuo, che un Prencipe decrepito perda l’au» torita, e fijno difprezzati i di lui comandi, quafi che da efTo non venghino. Ccfare 524 Ca f* Vitim*. Ccfarc Augufto, mcntrc chclu di eta robufta,e valida fcppc con. feruareinpacc »n Mondo intie- ro : Ma diuenuto cadentc, non era buono ne meno a gouernare la lua famiglia. Inqucfto furono moko felici Carlo. V. e Filippo II. L’uno il Padre, c 1’altro il ngliolo. Qu cllo portato in letciga, fi faceua capo a numerofi eferciti: quefto ben- che aflcdiatoin un letto gouer- naua piii Regni , e quali un mondo. Quello perd renuntio per tempo i Regni, Hrapero ma non gia quefto: non duneno venuro a morte , confelso ; che 1’efTer ftato Re non cojiferiua altro, le non gran tormento nella morte Cosi e in verita :raro tra gli Reg. nanti vilic ufque ad pl audi te cioe d.i comun applaufo *. e nelTuno ternnnd la vita bene, fenon era Preit- V fine delit vititfun &e. 525 Prencipe giufto » piu, forte , c moderato. Quello che non afcefe al Re- gio foglio per mezzo d’uccilioni nemeno impingud il (uo Regno col fangue altrui, neconlerapi- ne fatteai cittadini, daipiumi- ferabili. Qucllo , che non era fpinto ! dal fiirore di Marte a far la guerra, nu dalla fola giuftitia, e daila buona caufa. Quello che fu un puhlico alta- re, done u felicitauano i comuni voti de i popoli e auello , chc nonoftentaua in fe fteflo i’auto- rita, eleforze,mafi pregiaua ri- ceuerle dah’ atnor da gl’ affetti de fuoi fudditi. I di cui configli non erano fo- lamcnte Grandi di diragioni Poli- tiche, ma erano anco moderati, I &accomp2gnatidal’Cielo. L’attioni, deila di cui vita fu- rono 5 26 Cap. Ultimo. rono lacenluradeicattiui, ek dottrina deibuoni. Nel quale la maggior partt della felicira conuftcua il non cf- fer toccato dal fenfo della felici- ta,& il leruirli di quella meno chc poteua. Ilqualenon ftimauapiuilgua- dagno, chc la perdita del čre¬ di to. A cui fu cosi čara 1’utilita del popolo j che lempre confumopiu teaipo in qudla, che ne fuoi pro- pri interelii. Chc non fu mai mutato delfuo eflere, ne dalla potenzafdegnata ne da una pertinace vendetta. Da cui come lcaturiua.no le leggiela giuftitiadegraltri, coli moderauano efle la fiia troppa Potefta afloluta. Qudlo in fomma } che non conlumo gDerarij, ne fnerudi fudditi deile ioro foftanze ; m? ftabiU Ilf.ne del!avita. cPttn R},frc. 527 ftabilicon amorerimperio; c ncl termine della fua vitalo lalcio in tranquilliffima pace. Di quefta guifafono i conforti d’unPrencipedccadentc &otti- mi fuffragij di moriente Regia. Nerua Imperatorediceua. Che luinonaueua mai fatta cofa al- cuna nel luo Impcrio che fpoglia- ! todiquello, non potefli viuerc da priuato ficuramenre. Ho cognofciuto moki Prenci- pi, cheiono vifluti congrandif. fimacura agPintereffi degPaltri e con poca alla propria : che anno piu ftudiato alla riforma de gPaltri che degli proprij coftu- mi che anno lalfato tutto al mon- do, niente alPanima, d poco. Quanti neir lfteflo punto della lor morte diuentano Atcifti e mo- rano in fatti, che non meno Pani¬ ča , patifce le fue debolere che corpo ftelfo. Eper- $ 2 $ Cip. Hitimo. E perche mai volicro raimedctfi in tutro il tempo del la lor vita no hebbero tempo ne meno dtrauue derfi ncll’ora eftrema dcila loro mo rte. La cofcienza del male opera- to, accio non fenta li rimorfi, dilprezza il tutto, e niente črede. Hor via rauucditid Prencipe; gia s’auuicina la parca c ftringen- dolaiua forfice, vuol rcciderla ftamcdella tuavita. Ti conccfle lun^o tempo di ▼ita: e gia fono padati in te molti luftri trati fog!io , eilfuolo, tra ]a Porpora e la tomba. Conlolati non dtmeno : fei vecchio, dunque non fei Tiran- no; perche rare volte inuccchia- no x Tiranni nel fogiio. Forfi affiemecon Euandrofo- jpiri : dicendo 0 mihi pneteritos ' I referat jijupiter anrutt , O le Gioue mi riconceddTe di nuouo gFanni padati ! Ma non ho letto } chc tl fine tleli a vita d'u»Kh^ J£ - 6 Socrate, oPlatone, 6 Catone > benchc molto vccchi fofpiraflero per tal caufa. Onde mi vien a conchiudere con Petrarcha: chc gl’ huomini laggi Ion piii rari de i Regnanti. Rallegrati nulladimeno: fetu hai un fucceflore della tua cafa , deltuo fangue ? Viueraiinquel- lo j fe tu gl’ infegnarai a ben vi>» uere, & a ben gouernare. Ammaeftralo a regnar nieglio > che tu non regnafti: E che ll tuo paflato errore gli ferua di prefen- te Maeftro alPemenda. Che fotto la mole del Regno noncerchi 1’otio non procurid’ auere le fue delitie tra le calamiti de Cittadini ne meno tenticon la forza,cid che pud ottenere con la ragione. Checomandi, manongraui: Corregga, ma non offenda: Pu- nifca, manonfi efalperi: Con- Z dapni 530 Cttp. Ul tim rt, danni,&amiinun tempoiftcffo: ^ accid meriti efler chiamatol’) 1 amore, e le delitie deli’huma)io 1 genere. 1 Che pofto in AItczza faccila 1 ientinella, eguardi bene, chei Lupi delPerefia non entrino a * forza ncl fuo ouile. n Che čreda efler quefto foloil P piugrandeornamcntod’unaie- gia mente , cioe fe tenera cofi ° fotto la labriglia li fuoi piacerijC c gPaltri affettij quantoi fuoi Cit- a tadini. C1 Che tolga via, non gl’ infermi> P ma Pinfermita : non gPhuomini ma i vitij. v d Che non ccrchialla fiiaMaefta ri alcun’altro ornamento piu pre* Cl tiofo d’una potenza piaccuole, 1 d'una Vittoria elemente: procu- ■ ri pih toftoi configlidi mezzo> c «he gPedremi: piu la vicinanza de ebataici, che de i nemici- 0 & rauu- Ilfine detla vita d'nn Re,&’c. 531 . 1’sumcitiade’buoni, chedeicat- > tiui : piii la pace, cheia guerra: j piuinfomma Pamore , che ilti- moic 5 dalracno temperi un coa j 1’altro. [ Che penfi finalmcnte , che l reiTerRčsPreacipe Jklmperatorc, non č aitro > che efercitare un 1 puhlico officio: che fi ricordi di . non effer Padrone; ma miniftro fi di Dio, e che douera rendere c efattamente il conto dcila fua t . amminiftrazione; ftandoli per- eid preparata la pena ola mercede j, pcr tutta Peterima. ,i Scifelicetu& lltuoEredc? Ič da te ammaeflrato in quefta ve¬ ta rita, Papprendera con la fede e con imnntarione. Su dunque rifuegliati: Eccoti 1 - 1’auuifo del fauio: hoggi Tei Re, , c dimani morirai. a Ora , che hai tempo, moftrati u fdrte, c non temere: perche nell’ Z 2 ui tirno 5 ja ■ c »p. uitimo. x ultima della vita non fiperraette ilpecare due volte. La morte in feftefla nonpuol’ cfler cattiua, perche il morire č cofa naturale. Etutte le cofe naturalinon pofTono non eflerc buone. Quefto č fentimento ftoiao ma quello che fegue e Chriftiano cioe la raorte a i buoni, non c morte ma vita. Ma a i cattiui la morte, č un paflaggio dalla morte alla morte. Molto deue la Politicaalla mor¬ te: II di cui timore rafFrena iPren- cipi fccllerati: c la fperanza d’una vita migliore riduce i Regnanti a tal’ ordine di non abbufarli deli’eta nelle male operationi. In verita nelfunacofagiouapia adequatamente alla moderati- one della vita, & alla tcmperanza ditattele cofe, auanto il medi- tare il breue, & incerto tempo della morte. G« Ilf,nt delta vita d'un B},š"c. 53,3 Gia Tei venutoall’ cliremodc’ tuoi giorni: perchc dunquepi- angi la tua Torte ? e Te tu per anco non muori Tei per quefto im- mortale? Per te c finito : la fentenza £ data: deuimorire La mortenon ha cognitioned’Imperio, comc ottima adequatricedi tutti i vi- uenti non e partiale con i Re- gnanti. Si deue morire. Maforfeti aggrauail pefodellc tue coipe , nel modo che,gia la graflezza delcorpo aggrauo Ve- fpafiano? Fa comefeceiui egli/I kuo e ftando mori: tu foileuati conlamente: Gia che non con- vicne, chemuoraun Re montre che giace ne che giaccia conChri- ftiano nel fango delli peccati, Sorgi: non temere: Anco la |>emt nza bcnche tarda, e accetta a Dio purchc fia fatta da vero, c cgnla iincerita del cuore. Z 3 Men- 5H Crf/. Hitimo. Eflendo riconciliato con Dio da conftantcmentc Pultimo ad- dio , al Regno, & al mondo : VannčalPeterno ripofo :comin- cierai a regnare mentre viuerai pcr fcmprc co’l Re deTecoli. In quefta forma muore il giufto, c la di lui memoria ripofera in pace. Ora ritorno di nuouo alla Politica: ame pare felice ancor doppo la mortecjuel Rc, chein- uecchio nel’ fuo Regno eftabiii la forma dell lmperio con la lun- gapratica del gouerno. Ma piii felice e quelIo, che fondo la Maefta della fuaCala in tal forma , che coftitui a i fuoi Ere di un fermo grado di fuccdlione. Feliaidimo pero e queH’akro Regnantc, che doppo la morte lafso il fuo Regno, non diftratto dalle guerre, ma compofto in tranqudliffima pace: ch’ebbe per eredc ; llfine delta vita d'un Re, &c. 5 3 <3 črede, non un Figlio Pupillo, ma adulto. Mentre e gran calamita Pauere un Re pupillo. Done pero la forte permefle che fofTero piii eredi Regij, d in cafa, d fuori ; e neceflario , che con fcde pura e fincera, fi efpon- ga nelle tauole 1’ultima volonta del Prencipe , !aquale corae in- uiolata fi debba venerare da tutti ancora doppo la morte di quello. Poiche č cola ccrtillima , chc dalla morte di gran Prencipi na- fcono gran reuoluzioni nei Reg- ni,• mentre alcuni crefčono ia grandezza, e diuentano ricchi, Sc altri riceuono danno, proua- no varie miferie , dalle guerre, tanto domeftiche, che eftranee. Io cosi čredo certamcnte: chc mai partiradi la maledittione dal¬ la caladicoluiche auera corrot- to i legittimi teftamenti de Pren¬ cipi. Z 4 Mcu» 536 Cap. Hitimo. , Men tre none poca, cofa h fuc- ceffione teftamentaria deiRegni. Quefta fe e refa litigiola per la fubornatione 6 falfitacomeanco per qua!fiuoglia altra impoftura di teftamento, nonha per fcaltro giudicc, che Parmi, e la fpada. II proceflofaralaguerra: ne vi lara altra fentenza che la vittoria delfuno, e la rouina delfaltro; Il fine non fara la pace; mala de* folatione del StatO. In quefta guifa prelentemente bolle ]’Europa tra Parmi, enuo- ta nel Sangue Chnftiano per il Teftainento corrotto de; defon- toCarlo II.Re deliaSpagna. S’arroffifchino quegl’ Iiigan- natori male pflrfiiafi da i nefandj prencipijdello Sttto,al fentireil teftimonio d’un’Ammirag!io di Caftiglia poco fa prodotto a tut- to il mondo ; £ cognofca final- Cieate; i’£uropa eflere ftato lup* po* llfne delta vita (Hun Re, &e. 537 pofititio il Teftamento di Carlo fatto a perfuafione d’ un certo Porporato, con gran danno del- la gente Auftriaca. Ora ritorno a quella ftrada d’ onde per 1’indegnita di tal cola mi partij. E ritorno alle ombre de i Prcncipi defonti. E preriola la morte de i Pren- cipi buoni: e tal morte deue piu tofto chiamarlivita, mentre mo- rendo, lalTano unagloria immor- tale delfuo nome, come laglo- ria de i viui rilguarda Ponore, c Jalicurezza del prelen te regnare: Cosi la veneratione douuta a i Glorioli Regnanti defonti ftabi- lifce fermamente a i Succellbri rimperio. La gloria palfa a i Pofteri: Ne s’ardono lu’l rogo , ne meno li fepellifcono affieme con i Regij Cadaueri i di loro gloriofiffimi meriti j ma bensi tra 1 fafti deli’e- $38 Cap. Ut hm. ternita fi raechiude la mcmoria delPEroiche loro operationi. Sia noftro debito ilvenerarei Regnauti nonfolamente ncl fo- glio, ma anco nel, fepolero : Ma fia quafi noftra maggior obligati- one il compiangere lc fuehture di quel Reguo, che ha perduto an buon Prencipe. Ci voglion raolti fecoli formare un’ huooio veramente Rcgio, ehe fia lo ftipite non folo de’fuc- cefTori nelilcgno, ma piu della Vircu Regia, e della Gloria dei feguaci. Uaa tal fenice non tanto mu- ore quando nnafce : mentre ne fuoi fucceffbri fi favedere fčmpre piii vina, e ftiuiabile per la riincm- branza deli’ accrefciuta Virtu. La bonta di tali Regnanti de plorata doppolamortedalleco- muni lagrime de cittadini fa chia- riffima tedimonianzadi loro gran meriti. ll fint hUavitASun Iše^c. 539 meriti. Et in verita la perdita d’ unbuonRemai fipiangedbaftan- za, fino che nonfuccedanel Rc- gno uno egualc a quello, 6 mi- gliore. Qui finalmente voi chiamo 6 miei Prencipi heredi, e fuccefto- ri de’ Rcgni: voi che difcendete dal Regio fangue procurate auer fempre auanti gl’ occhi della mente gliEflempide i voftri pa£ lati Regnanti: inchinatcui auan¬ ti le imagini de vofiri Padri, eosi richiede la pieta verfodiloro: Incaloriteui alPalpetto della lo- ro Eroicha virtfi: 1’cmulationc vi fpingera a feguirla. Imitate di quellile magnaninae, egenerofe itnprefe; fara cio voftra gloria t čutile del puhlico. Ouefta fia la voftra propria fcuola : L’entrare nella familia- rita, & emulatione di Grandi Eroi defonti. Affieme con quefti 54° Cap. Ulthm. intcruenitc alle guerre, accumu. late le vittorie/ate le leghe ftabi- lite la pace, conferite i configli, imparate gl’arc3ni delle Reou- bliche, pigliate i documenti di gouernare. Equeftafinalmentc fia Tultima opera voftra, cioej chegodendo voiiRegni, egi’Im¬ perij di quelli, icnza degenerare dairiftclu, immitiate ancorai di loro gloriofi veftigij. Cosi facendo darete un felice principio al voftro Regnare, nel niodochefd aquelli della lor vi¬ ta, e di quefto libro Laconico, IL FINE. i ! I 1 Errata Corrigc. Dell a Ji at to dello Jlafo fol. T2 Le futi ga La faiiga i 2 dede Patri delte parti 12 pori fofi 16 Sueoia Heluetia 18 Bi/liancia bilancia 20 tutt' l Magijlrati tuttili Magifirafi 22 ejuali machid cgueili macchie 2 J Son pitojlo Jono fin to ji o 2f de pende deldordi- depende dalPordi- ne ne 27 timore riciproco timore reeiproco 2i ta^ta, poiejld tani a potega 31 dilunio diluuio 31 e d’un ajfetto ad un\e>Jfetto 34 delTepJJi degPiJleJfi' 34 e d ejjadile edejfabde 3 4 prevede alla tua prouedi alla tua 2 6 disgiungere dttta disgiungere d alla Corona torona 37 reji e pid campi rep piucampo 38 Jidltrono Jidltrono 37 . ‘ i : )( 2 »» Errata Gorrige vtifilorpo Mn fil corpo 39 tspn fon E^gnanit mn fino Regnan- ti " 4 f tneglio aUafucccf- ? megli o ali a fuc- fione cejfione 44 armentarli alirmntarli 48 ufurpatore de ufur p at or e del Princi p ato. Principala 54 iifiurba alte vol- dijlurba alle vol. ta te 64 fin caufa difcor- fino caufa di di- die fcordie 6S d tile Uro opera- deHe Uro opera - tioni tioni 66 J Prcipio detla 11 premio detla virtu vir tu 7* cidl'afiifa cio e P-ojfefa 74 rnttnche md anche 8l giochrdd eapric- giocherd k capric v cio cio 8* po? aitribuirfi puol' attriduirfi 84 apper?affuuti appena affunti 88 a Ua leggi Diuine ali a legge Diuina 90 ' Er ra ta Coirige 'S : - fdpprittnta urtč rappretmta url a Simič* Sciniia J 3 l. čjo ejlirpataf.ori ejlirpatafori 104 glijem&i afpto glifimhradjpro ■107 coP efilio colf efilio log mnpercke aufs nonperche aueffs’ 108 $'er Ariano s’ era Ariano no in cjuanto alle fe- in cjucmto alta fe- de de ilž date la Chiciui dctfe le chittui 113 non fi compefal nonJi competta al u J cV in»oc 6 nza o Pinnocenza vi U Pontefie errare il Pontefict trt ari 1x6 purchefta tet ta purchz fia ret ta 1 ’7 intefpretra initrpetra 1/7 dugenta trenta 5 dugen‘o e trenta edieci dne 118 grudice delle di ejfire giudice delit lui di lui l!9 da Errata Corrige tla Prevcipi Sad da Prev cipi S a eri fol. 126 di Ludouico Pa- di Ludouico Ba- uaro nar o 126 leleggi fona par- It leggi fono partt l* , „ . 135 ddla Giufiitie detla Giuflitia ijf cUfian tenuti cke Jiamo tenuti 136 moltiplicita dede multiplicitd dede fiSigc kggi 136 nen pub fevz.a novpud fenzafuo fuo 138 tutta la Prouin- tutte le Prouintit de 140 procurano glipiii procuravo pid to- tojlo fio 145 fejono replic.ati , fe fono replicatijo- fefovupiu no pid 150 in guifa dpfbngi in guifa de fouphi sento prtputij di cento preputij Ji loro tanti 159 Mar do cbe riuelb Mardocbeo , cke riu e Id 160 Errata Corrige e miglior d*ogni e miglior d’ ogni guerrale pace guerra la pace »77 colproprio tetui- col proprio detrU mento mento 177 or a perd non piu or a non piti il uan- ’/ nantapgio taggio 178 dfijfrireFincom- dfojjricegFincom- tnodi modi 20 3 d totalmente di- totalmente di- firiuto. Jlrutto 211 Laguerrt dttfirji Le guerre da farji 213 d Firnpero de ne- d Fimpeto de ’ ve¬ rnici mici 222 fofreefpera Jojfri ^efpera 225 prouede aUa lor prouedi alla lor 225 affalire aditcmen- ajfalirearditemen- te te 225 Jnarmata chefe- VArmata chefe- fleggia fl°pgia 226 Jard moitt gioue fara molto gioue- nole - »o le 227 Gneo E m ra Corrige. Gneo Fomrer Gneo Pom p en 2}t centra la ReGgtone centre la Religtcne 1 fine detla uitoria 11 fine detla uitoria Dali armi Krapaf- Dati arrrii trapaf- fata Jaro ajj riceuuto alcun an- riceuato alcun dan. no no 23 f e mulatrice della emuldtrice detla i Js in c hi lofegut in c hi la Jegue 240 tdunapena ad »na pena 24 i tanto de cantato tanto de c ant ata piri eommcjji tbhe lejfetto piu pumi (ca che d alle potema L' armat a Chrifiia- nita e bit liflejfiocchi la quale e inuiato non pales i catte dr Cariti & iftfpetti iJblemente e Llequi libro veliftodo ifiejfa "i 2 s« pfricemmeffi ul ebbelejjetto 2fl piti prunijca c hi 2 64 dal/e pctenze is 9 L Armata Chriflta- na 299 bi gl tflejji occbi 271 alla quaht e ituiato ' • 27* non p aleji 281 e arto di cariti 2 8) &’fofretti 184 bjo/amente 288 o Lequtlibrio 2 9O ne/ niodojfejjb 299 ijer Irrata Corrige i firuirfene ilfiruirfene Jo! ?