Arino I Capodistria, 15 dicembre 1941-XX N. 8 ere e Vincere QUINDICINALE DEL FASCIO DI COMBATTIMENTO „NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRIA I CADUTI PER LA PATRIA SONO PRESENTI CAPISALDI In realtà noi siamo in guerra dal 1922; cioè dal giorno in cui alzammo contro il mondo massonico-democratico-capitalistico la bandiera della nostra Rivoluzione che allora era difesa da un pugno di uomini. Da quel giorno il mondo del liberalismo, della democrazia, della plutocrazia, ci dichiarò e ci fece la guerra |con campagna di stampa, diffusione di calunnie, sabotaggi finanziari, attentati e congiure, anche quando eravamo intenti a quel lavoro di ricostruzione interna che rimarrà nei secoli quale indistruttibile documentazione della nostra volontà creatrice". • „L' Italia, qualunque cosa accada, marcerà con la Germania, fianco a fianco, fino alla fine. Coloro che fossero tentati di supporre qualche cosa di diverso dimenticano che 1' alleanza fra la Germania e l'Italia non è soltanto fra due Stati o due eserciti o due diplomazie, ma fra due Popoli e due Rivoluzioni, destinate a dare l'impronta al secolo". • „È supremamente ridicolo speculare su un eventuale cedimento morale del popolo italiano. Questo non accadrà mai. Parlare di paci separate è da deficienti. Churchill non ha la minima idea delle forze spirituali del popolo italiano e di quello che può il Fascismo". • „l formidabili colpi che sulle immense distese del Pacifico sono già stati inferti alle forze americane, mostrano di quale tempra siano i soldati del Sol Levante. Io dico, e voi lo sentite, che è un privilegio combattere con loro. Oggi il Tripartito nella pienezza dei suoi mezzi morali e materiali è uno strumento poderoso per la guerra, e il garante sicuro della Vittoria. Sarà domani I' artefice e 1' organizzatore della giusta pace tra i popoli. ITALIANI e ITALIANE, Ancora una volta in piedi. Siate degni di questa grande ora. Vinceremo !" • „A guerra finita, nel rivolgimento sociale mondiale che ne conseguirà con una più giusta distribuzione delle ricchezze della terra, dovrà essere tenuto e sarà tenuto conto dei sacrifici sostenuti e della disciplina mentenuta dalle masse lavoratrici italiane : la Rivoluzione Fascista farà un altro passo decisivo in tema di raccorciamento delle distanze sociali". „I1 popolo italiano, il popolo fascista, merita e avrà la vittoria". MUSSOLINI Lavorare duro e in silenzio Jo amo coloro che lavorano duro e in silenzio", disse il Duce. Sembra facile! sembra la più retorica delle enunciazioni ! Ebbene, ciò per noi oggi deve essere un preciso dovere, un costume, una regola. Un tempo la parola silenzio si leggeva nei conventi di clausura, ove l'uomo si era imposto di servire, senza usare la parola oltre il minimo necessario; più forse per costringere sè stesso ad una disciplina dello spirito e togliersi dalle divagazioni alle quali la parola poteva portarlo distraendolo dalle opere. In tempo di guerra come questo, mentre si combatte per distruggere e ricostruire opere gigantesche, la parola diviene alle volte un alone di trionfo o una nebbia di perdizione; allora la parola può distruggere le opere come le può magnificare. Ma la parola in tempo di lavoro non è sulla bocca dell'operaio, nè in tempo di guerra su quella del soldato, è sulle bocche degli uomini facili, vili al lavoro e alla guerra. E dalla parola abbiamo la critica; .la critica è facile quando non è educativa, quando non è osservazione profonda e analisi scrupolosa e cosciente, è facile quando è demolitrice ed allora entra negli animi più della realtà e demolisce lo spirito accecando l'uomo. Vi è così la critica dei caffè, dei retrobottega, delle anticamere, la critica insomma che nasce nelle zone neutre, ove l'uomo sosta per oziare o per rifugiarsi o meglio per sfuggire al lavoro, la critica che è madre degna e malvagia della voce della strada. Purtroppo essa è sempre visibile e infestante come i relitti sul mare, manifestazione di uomini che vorrebbero eccellere con la parola perchè alla vita non possono più dare delle opere. L'uomo che lavora nei campi, nelle officine, che comunque porta la sua pietra al cantiere, l'uomo che combatte e muore, non vuole, non deve essere distratto da alcuna pa- rola, non ha più bisogno di parole di incitamento, che sono sempre parole, egli sa quello che deve e quello che vuole: lo si lasci dunque al suo lavoro silenzioso. Oggi la parola è sosta, la critica tradimento: facciamo che non sovrastino tristemente sui clamori che si alzano dalle officine e dai campi di battaglia. In momenti di esaltazione dello spirito, in momenti di travaglio spirituale ogni cosa, ove il discernimento si perde e l'equilibrio si confonde con l'accesso e sviament dalla meta, può divenire ai nostri oc^si degrnfi di esecrazione e di persecuzione spietata. Ma se qualche cosa ci viene agli occhi, se qualche angolino è ancora da pulire, se dietro alle persiane vi è ancora qualcuno, è il tempo questo, è necessario oja, che noi tiriamo diritto, senza permettere sosta, senza guardarci attorno, senza curarci dei mormorii. Bisogna che ognuno di noi si imponga una maggior severità di costumi, che non sarà nulla di fronte a coloro che si sacrificano morendo per la Patria; bisogna che ognuno di noi sappia imporsi delle privazioni, rifiutando di accettarle passivamente, con la consapevolezza di offrire qualche cosa che non sarà nulla in confronto alla madre che dà il figlio alla Patria. Bisogna che nel lavoro vi sia l'offerta, e nell'offerta il sacrificio. Solo così ognuno troverà nel proprio cuore la fede in Dio e nella Patria, troverà sè stesso con quella fede che si può buttare oltre le baionette e può rompere barriere di acciaio perchè è più forte dell'acciaio: la fede pura, la fede giusta che porta alla Vittoria. Ma bisogna lavorare duro e in silenzio. Italo Sauro Dispense o bombe a mano ? Caro camerata studente universitario. che in questi giorni sei entrato nella nostra grande famiglia grigio-verde ascoltami. Chi ti parla è ormai un anziano della «naia», quarantasette mesotti tondi tondi. Non guardarmi stupito chè conosco gente con 70-80 mesi e tre o quattro campagne, oltre a quelle che seguiranno. Ti sei presentato al distretto, come anni fa lo fece chi scrive, hai vestito la divisa, forse non troppo a tuo agio, ti hanno affibbiato scarpe chiodate che ti stringevano maledettamente le caviglie, la bustina (ricordati di non abbassarne le punte, se no sono dolori, cinque o sei giorni di consegna), le fascie, i pantaloni taglia numero sette, la più piccola che ci sia ma che sem- pre ti sarà grande; bazzeccole: non farci caso; e poi via via tutto il corredo personale. Da ultimo gavetta, gavettino, boracela. E' giunto il momento, scherzi a parte, di dar l'addio alle bimbe, ai colletti inamidati, agli eleganti vestili, all'orchestra Cetra diretta dal maestro Pippo Barzizza che tu ascoltavi al caffè. Ora una nuova musica suona, quella della sveglia, dell'adunata, del rancio, della libera uscita, della ritirata, del silenzio. E no, caro camerata, non scherzo davvero, t'assicuro che è proprio così, non c'è santo che tenga. Non arrabbiarti ti prego e credimi che chi ti parla ti è sinceramente, fraternamente amico. Ed è con la voce e l'animo dell'anziano che parla alla recluta ch'io oggi parlo a te. Quella voce che tu, in un secondo tempo, apprezzerai ed amerai come quella di un fratello maggiore; la voce che ti insegnerà a far la br*an-da in tre minuti, a rinchiudere nel «bottino» tutto il corredo — non sono miracoli, vedrai che ci riuscirai anche tu —. a smontare la mitragliatrice in due mii'uti e a rimontarla in quattro, a non chiamare il sergente «signor sergente». TACI I El nemico ti ascolta Quella voce che ti rianimerà il morale se non riceverai posta per tre o quattro giorni consecutivi dalla tua Nini lontana e ti assicurerà che a qualcuno succede per dei mesi tirar cinghie di questo genere eppure campa lo stesso allegramente. La voce che pur gridandoti «burba» ti salverà dalla consegna dell'ufficiale di giornata spiegando al superiore che sei recluta e che quel certo regolamento ancora non lo conoscevi. Piano, piano dimenticherai Università e dispense, partite a carambola e appuntamenti ma in cambio comincerai ad azzeccar centri al tiro del moschetto ed a gettar le bombe a mano al di là dei quaranta metri. Imparerai ad attaccarti i bottoni e fumar le «milit». Dividerai in due categorie chi è rimasto a casa, quello che ti ricorda sempre e quello che non ti ricorda più, i veri amici da quelli d'occasione, la fanciulla sincera da quella che t'ammirava solo per certe tue cravatte o per cer-le tue barzellette... Il tuo carattere si plasmerà, ti farai un po' più taciturno, penserai spesso a cose molte serie, che sono: la famiglia, avere una fidanzata sul serio, sistemarti appena finita la guerra — con una posizione sicura. Ti faremo un uomo, camerata studente universitario. Ed alla sera, in libera uscita, nella tua divisa che ormai ti andrà bene, nel saluto già rinfrancato che tu rivolgerai ai tuoi superiori, nella rispettosa attenzione che i borghesi avranno per te, tu sentirai improvvisa una gran gioia nel cuore: quella di sentirti soldato. E nell'orgoglio della nuova vita d'armi accanto ai camerati più anziani, soldato fra i soldati per la Vittoria segnata dal Duce, tu brucerai idealmente nel tuo animo le ultime, ora inutili, dispense d'Università. G B. Tripartito in atto Sarebbe facile esporre i motivi inderogabili che hanno obbligato il Giappone ad entrare in guerra contro gli Stati Uniti e la Gran Bretagna: motivi basati su situazioni di fatto intollerabili e sulle più legittime preoccupazioni per le ormai evidenti intenzioni del brigantaggio anglo-sassone in Estremo Oriente. Ma nel momento stesso in cui le Nazioni dell'Asse affermano sempre più decisamente dall'Africa alla Russia, la potenza vittoriosa delle loro armi e della loro fede, noi preferiamo guardare allo storico gesto del Giappone come ad una decisione di altissima portata spirituale, fonte di nuova luce e di rinnovata energia per tutto il mondo asiatico. Le ragioni pratiche e contingenti, pur nella loro innegabile perentorietà, sembrano quasi impallidire dinanzi alla gran fiamma ideale che sorge da ogni contrada dell'impero nipponico a testimoniare la risolutezza, la nobiltà e l'eroismo di un popolo la cui storia è tutto un inno alla santità della Patria, all'onore della nazione, alla lealtà dello spirito. La bandiera di guerra del Micado palpita al vento del Pacifico col ritmo sincrono e sicuro di cento milioni di cuori. Nelle logge e nelle sinagoghe delle demoplutocrazie belliciste si avrà agio di constatare rapidamente tutto il peso dell'apporto nipponico al conflitto e ci si potrà magari chiedere se i calcoli preordinati sullo sviluppo degli avvenimenti non siano stati, per caso, scombussolati da eventi impreveduti. Comunque l'orizzonte bellico si allarga e assume fatalmente il tono di un rivolgimento radicale e totale. E' ormai l'umanità intera che è chiamata a decidere con quale nome il secolo XX dovx-à passare alla storia. Il patto tripartito è in atto: attendiamo gli eventi di domani fiduciosi nella saggezza dei Capi e certi della Vittoria che sarà tanto più grande quanto maggiori saranno i nemici piegati. fa. Ai Carabinieri di Gondar Forti delle vostre eroiche tradizioni, o carabineri del Re, voi, nella sconsolata boscaglia abissina, avete scritto la più splendida pagina della vostra storia più che secolare- Da Chiaffredo Bragia, l'umile villico di Paesana, che divelse dalle forre abruzzesi i reliquati del retrivismo borbonico, ai fedeli gregari che nella decisiva battaglia di Vittorio Veneto contribuirono efficacemente a prostrare la baldanza degli ultimi effimeri difensori della moritura monarchia d'Absburgo, già avevate compiute le più gloriose gesta di cui possa vantarsi il vostro Corpo, ma questa di Gondar non è una gesta, è una epopea, che se non ha ancora trovato il suo cantore, per la fulmineità degli eventi, avrà i suoi rapsodi che sapranno inverdire nell'anima del popolo italiano quel sentimento che è di ammirazione pei fedeli custodi dell'onore patrio, di devozione verso coloro che il senso del dovere antepongono a qualsiasi atto della loro vita di cittadini, di emulazione per coloro che dal fato sono stati preposti al Governo della Nazione. Noi non sentiamo la necessità di corroborare il nostro rivedente profondo sentimento di ammirazione che oggi abbiamo per voi tutti, con lunghe fantastiche descrizioni, nè abbiamo bisogno dell'aiutò di visioni cinematografiche per ricostruire l'irsieme delle azioni che compendiarono il vostro sublime sacrificio; no, noi vi abbiamo visti accanto a noi, suprema espressione della grande poesia della Patria, cadere ad uno ad uno, dopo di aver conteso alle orde nemiche centimetro per centimetro di quella terra che era stata la passione di una intera generazione; vi abbiamo veduto colle uniformi a brandelli, col volto arso dalla calura equatoriale, senza scarpe, col piedi sanguinanti e colle mani protese nello sforzo sovrumano di scaricare dalle canne arrovventate le ultime cartuccie, mentre i nemici si moltiplicavano e nelle urla bestiali pregustavano la gioia selvaggia di poter finalmente annientare un pugno di eroi. Carabinieri d'Italia, voi siete stati la più pura espressione del soldato di razza latina, gli apostoli di ogni eletta virtù militare e civile, abituati, tacendo, ad obbedire come vostro costume e avete preferito, tacendo, morire. Forse in quelle tragiche ore, nei momenti più aspri della mischia di cento contro uno, vi sono riapparsi i fasti del vostro corpo, avete rivissuto la carica di Pastrengo e di Custozza, le campane d'Abruzzo, le giornate gloriose del Carso e del Podgora; forse, anzi certamente, ai vostri occhi sarà apparsa la visione dei nuovi fastigi ai quali pel fatale destino di Ro- ma, la Patria sarà fra breve chiamata e, senza cedere al nemico soverchiale, vi siete immolati, mentre la Gloria scaturita dal sacrificio vi accompagnava nel supremo trapasso verso l'immortalità. Per questo, ancora una volta, inchiniamo con fierezza in segno di ammirazione e di imperitura riconoscenza i nostri vessilli e ci prostriamo dinanzi a quell'ara che tutti Carabinieri di Gondar, abbiamo edificato nei nostri cuori, rischiarati dalla fiaccola del vostro eroismo che ci addita la sicura meta. Luciano Sorvillo ,, PARLO COn BRUHO" Sabato 20 alle ore 19 nella Sala megna del Liceo-Ginnasio il dott Tommaso Frosini leggerà il libro del Duce „ParIo con Bruno". Sono invitate le autorità ed i fr-scisti. Gli organizzati della Ci. I. L. sono comandati di intervenirvi. ACQUA SA!.AIA Si racconta che l'Inglese Hervej dalla gondola intingesse un -dito nell'acqua della laguna e, portandolo alla bocca, con gaia meraviglia esprimesse una comune presuntuosa convinzione britannica, esc'anvtrdn : — Che sen'o ! Oues a accjua è salata! Dunque è roba nostra. Ed e ben vero che l'eco delle parole pronunziate in lingua gutturale non raggiunse la Riva degli Schiavoni; che l'acqua della laguna serena non capì l'inglese come non lo capì certamente l'illustre gondoliere figlio di navigatori, e che soli a scoprire le carnivore gengive per segno di sorriso e plauso furono i tre compatrioti che accompagnavano il turista sul non piratesco piccolo legno veneziano... Ma le parole furono dette, e dette che furono, vennero trascritte in ben quattro diari britannici. La bionda signora che sedeva a poppa, seminando mollica di pane sul mare e lanciando ogni tanto uno spaventevole «beautiful» ai gabbiani mediterranei, alla spera meridiana del sole, al bruno asciuttissimo marinaio che spingeva l'imbarca-, zione e alle isole velate laggiù e alle cupole incendiate delle chiese, scrisse quel giorno: «Meraviglioso, indimenticabile è stato anche oggi Hervej ! Quale verità egli non ha enunciato, con spirito ed eleganza, quando portandosi alle labbra il dito bagnato nell'acqua trovò che questa era salata e che pertanto si trattava di mare, e quindi di «cosa nostra»! Noi inglesi abbiamo nel sangue questa certezza. E perchè mai le pietre e il mare di Venezia, così amati dal nostro Ruskin, dovrebbero dolersene? I gabbiani piombavano sul pane che sminuzzavo nell'acqua, e non dimostravano la minima selvatichezza; il sole bruciava così, che il nostro Willi aveva già una scottatura sull'osso del raso e sotto gli occhi. Anthonj era a braccia nude ma non mi pareva assolutamente «estetico» in presenza del gondoliere, che era una vera statua di bronzo lucente. Ad un certo momento mi venne la idea di imitare Hervej, intisi il dito e lo portai alle labbra: l'acqua dì Venezia mi sembrò molto salata al confronto della nostra...». —o— Ho trascritto una parte notevole del diario della signora turista, perchè la mentalità che vi si dimostra può ben essere considerata rappresentativa di quell'insieme di mito, ignoranza, superficialità e prepotenza, che cementa la straordinaria presunzione imperialistica dei britànnici. E non è un paradosso affermare che tale mentalità appare, più di qualche volta come un fenomeno squisitamente femminile. Lo proverebbe — non fosse altro — l'irriducibile sentimentalismo e l'intransigenza assoluta che la alimentano. —o— Fondatrice della politica imperialistica inglese fu — si sa — una donna, la regina Elisabetta che si servì --» si sa anche questo — di pirati come Drake, Hawkins e Fro-blsher, per sorprenilere con «colpi di mano» di or etto stile corsaresco le forze navali della Spagna, ancora osservanti le tradizionali regole della guerra leale e cavalleresca. Potè durare due secoli e potè svi- » lupparsi con vario successo, questa politica rapinatrice, ma non già perchè fosse animata da un'idea universale bensì esclusivamente perchè si impose mercè la forza risolutrice e dissolvitrice dell'oro accumulato. Se è legittimo chiamare Storia soprattutto ciò che è sano è costruttivo divenire, progresso civile e morale dell'umanità, si deve riconoscere che la costituzione dell'Impero britannico non fu affatto un fenomeno «necessario», ma anzi un caso fortuito, fortunoso e contingente come furono fortuiti e contingenti i mezzi, le ragioni e le volontà che contribuirono a realizzarlo. Per intenderci, il fenomeno storico che si chiama «impero britannico» non è paragonabile, sul piano morale, al fenomeno storico «impero romano», perchè questo è stato soprattutto un'idea universale promotrice di civiltà mentre quello è stato ed è restato un fatto economico, un «affare» e lo sfruttamento di un affare. L'impero romano ha dato, dà e darà ancora al mondo la luce delle sue verità; l'impero britannico non ne ha dato mai, neanche quando ha prestato ad alcune nazioni il suo stesso sistema di governo; ed ha sempre tolto e saccheggiato. Ma togliere e saccheggiare si può soltanto ciò che è passibile di costrizione e di violenza. Il sentimento di giustizia, no. Il sentimento di giustizia, ogni qual volta è stato trascurato o peggio ancora calpestato, ritorna, sostenuto da fede e da speranza centuplicate, a ristabilire l'equilibrio scosso. Il signor Hervej e la sua lagunare compagna hanno trovato l'acqua di Venezia salata e inglese. Ma quanti mai Hervej hanno dovuto e dovranno intingere — senza eleganza e senza sorrisi — ben più che un semplice dito nell'acqua mediterranea, piuttosto amara che salata, e non inglese ma aspramente, terribilmente, irrimediabilmente italiana. *** li Luogotenente Generale RENZO URICI a Capodistria Giorni fa è giunto a Capodistria l'Ecc. gr. uff. Renzo Chierici, Prefetto del Regno, nuovo Comandante della Milizia nazionale forestale. L'ospite illustre, ch'era accompagnato dalla gentile consorte, è stato ricevuto all'arrivo dal segretario del Fascio, dal Podestà e dalle altre autorità e personalità, tra le quali il comissario di P. S.»e il tenente comandante la Compagnia RR. CC. Accompagnato dalle autorità, la Ecc. Chierici si è recato al Sacrario di Nazario Sauro, dove ha reso omaggio di una grande corona di alloro ed ha sostato in raccoglimento. Egli ha preso quindi congedo dalle autorità, ringraziandole per la collaborazione da loro data durante il periodo nel quale ha retto come Prefetto la Provincia dell'Istria. Nel cuore di tutti i capodistriani rimarrà grato e devoto il ricordo del Prefetto Chierici, che ha saputo essere tanto vicino, con il suo costante interessamento per ogni problema, alla città di Nazario Sauro. L' Eccellenza Chierici al Segretario Politico L'Ecc. gr. uff. Renzo Chierici, chiamato dal Duce ad assumere il Comando della Milizia Nazionale Forestale, ha ringraziato il Segretario Politico che gli aveva inviato il saluto augurale a nome delle Camicie Nere copodistriane, con il seguente telegramma : «Grazie caro Roico del tuo gradito telegramma. Non dimenticherò la bella Istria e i bravi camerati istriani». Chierici. Spirito di sacrificio dei Legionari Istriani Il camerata Mario Del Mestre, camicia nera della 60.a Legione, volontario nel Rattaglione d'assalto col quale ha partecipato alla campagna contro la Grecia, può essere citato all'ammirazione degli istriani per il suo comportamento squi-sitametne fascista che denota l'altissimo morale, l'elevata fede, il sentimento del dovere che distingue chi ha l'onore di indossare il grigio-verde e la camicia nera dei combattenti. Padre di otto figli, il legionario Del Mestre avrebbe potuto beneficiare delle disposizioni ministeriali per. essere posto in licenza illimitata. Egli ha però rinunciato al beneficio. E' venuto a Pola a salutare il suo «plotoncino» costituito da teneri figlioli, il maggiore dei quali ha soltatno undici anni, ha trascorso qualche giorno di licenza tra le pareti domestiche, in mezzo all'affetto dei suoi, poi è tornato al suo reparto. E' tornato a servire la Patria e il Fascismo, con la certezza che la sua dedizione e il sacrificio della gioventù in armi daranno all'Italia quel benessere per raggiungere il quale essa è scesa in guerra. E il legionario Del Mestre sa che qualunque cosa accada i suoi figli non saranno abbandonati. Al disopra di tutti, c'è il Padre di tutti: il Duce. Nel suo amore e nella cieca fiducia in Lui il popolo italiano combatte, è per Lui che il popolo esprime dal suo seno legionari della tempra di Mario Del Mestre. Il Discorso de! Duce Il discorso del Duce e stato ascoltato attraverso la radio anche dal popolo capodistriano con fremente fierezza. Nel frattempo tutte le autorità, le Forze Armate e le forze del Regime e una folla di popolo si sono raccolte davanti la Casa del Fascio per ascoltare, alla radio le notizie della dichiarazione di guerra dell'Italia agli Stati Uniti, a fianco del Giappone e della Germania. La manifestazione si e svolta in una atmosfera di fervido entusiasmo. Il segretario politico ha lanciato il saluto al Duce, cui la folla ha risposto con ardente slancio. Quindi i Giovani del Littorio hanno improvvisato un'altra manifestazione di fede, percorrendo le vie della città in corteo con le bandiere e al canto degli inni patriottici. Il corteo, ritornato alla Casa del Fascio, si è sciolto con il saluto al Duce. La celebrazione ili Balilla La G. I. L. di Capodistria ha celebrato l'annuale di Balilla con austere cerimonie. I giovani si sono adunati nella palestra della Gii ove, dopo il Saluto al Duce, cantarono «Giovinezza». Indi il prof. Benedetto Lonza parlò agli organizzati, del ragazzo di Portoria esaltandone la figura d'eroe giovanetto. Vennero consegnati i diplomi di vicecaposquadra agli organizzati promossi ai corsi dell' anno XIX. Al Preside del Liceo Ginnasio dott. Fiosini venne consegnato il diploma di benemerenza per la sua proficua attività verso la gioventù del Littorio della nostra città. Alla fine della semplice ma suggestiva cerimonia i giovani cantarono l'«Inno del Balilla» e «Vincere». Infine il Vice Comandante della G. I. L. ordinò il Saluto al Duce al quale tutti risposero con un fervido «A Noi». CREDERE OBBEDIRE COMBATTERE ISTITUTO DI CULTURA FASCISTA Il tenente dott. Nino^de Totto ha parlato nella Sala Magna del Liceo Ginnasio sul tema «Come combatte il soldato italiano». L'oratore ha espresso in breve sintesi quale sia lo spirito di sacrificio e l'eroismo del soldato d'Italia, il quale combatte sui molteplici fronti della guerra per la sempre maggior grandezza della Patria fascista. Con accenni a fatti realmente avvenuti ed a racconti di guerra il tenente de Totto fece vedere di quale entusiasmo siano animati i camerati in armi e di quali cose siano essi capaci pur di conseguire la Vittoria. * * * La camerata dott. Ornella Puglisi parlò di «una scienza alle soglie del mistero: la radioestesia» presentando ai presenti un interessante argomento scientifico che dimostra l'esistenza di radiazioni possedute da ogni corpo e dando con esempi e racconti di fatti realmente avvenuti una chiara dimostrazione dell'importanza della scienza in esame. Fece notare poi i molteplici usi che oggi si fanno della radiostesia tanto in campo civile quanto in quello militare e soprattutto in quello scientifico. Direttore responsabile il Segretario Politico Bruno Boico Redattore capo Fulvio Apollonio Arti Grafiche Renato Pecchiari Capodistria