ANNO XVI. Capodistria, 16 Marzo 1882. N. 6. LA PROVINCIA i lilOHI(ll£ (SaoisB* • ■■';:.• ili r-'h H839£H DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo.*) 1232. — Il patriarca, saputa l'ostinazione de'Polesani contro i suoi avvisi, abbandona Tivoli e ritorna nel Friuli a fine di porvi un riparo. Manz. Ann. del Fri. - To. Il, p. 213. 1232. — I Polesani giurano nelle mani di Gerardo, vescovo di Cittanova, 1' osservanza della pace stretta dal loro Comune col patriarca aquileiese. Carli. Ant. Ital. - To. V, p. 185 e seg., - Thes. Eccl. Aquil. - p. 230, - e Manz. Ann. del Fri. - To. ......Jff. p. 313. 1232. — Trieste', dicembre. La curia dei vassalli vescovili risolve una lite in favore di Wernardo di Moccò, ministeriale della Chiesa terge-stina; Leonardo, vescovo eletto si appella da questa sentenza. I vescovi Gebardo e Corrado, predecessori di Leonardo si erano appropriate certe decime ed un inanso in Peregenstorf, beni posseduti in addietro dal padre dell' anzidetto Wernardo. Pergam. dell'archiv. del cap. di Trieste, - Cod. Dipi. Istr., - Capp. Le Ch. d'It. - To. VIII, o. 690, -e Arch. Tr. Nuova Serie. - To. V, p. 374. \Cont.) La Società agraria istriana Ci incombe di manifestare anche noi la noìtra opinione intorno alla questione portata oggi all' ordine del giorno nella nostra provincia, jer la riforma dello statuto della Società agraria. Riconosciuto da molti anni il bisogno di i-forma dello statuto ; riconosciuto anche e-lamentao ogni anno più il fiacco andamento della Societi, la quale non ha corrisposto assolutamente alo scopo per cui fu istituita ; mai in nessun congresa si è potuto raggiungere il numero legale per 1, desiderata riforma, e le cose arrivarono al punto. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. o, ( diremo, si maturarono fortunatamente fino a che nel Congresso ultimo di Buje, i soci convenuti si trovarono davanti al bivio o di sciogliere la Società o di riformarla in modo che corrisponda alle esigenze del paese e sia veramente l'unione delle forze per il miglioramento delle nostre condizioni agrarie, e non invece una manifestazione di fiacchezza e d' impotenza. E 1' egregio sig. Carlo de Ambrosi saviamente propose che sia affidato ad uno speciale comitato lo studio della riforma oramai necessaria ed urgente ; proposta concretata dal sig. Ferra ed accolta a grande maggioranza, e che è questa che trascriviamo dal verbale ufficiale del Congresso : venga nominata una commissione di cinque membri, che in maggioranza abbiano domicilio in Parenzo, gli altri nelle vicinanze, con l'incarico di studiare le modificazioni necessarie da introdursi nei vigenti statuti, di formulare delle proposte concrete da presentarsi entro tre mesi alla presidenza della Società, che dovrà pubblicarle sul proprio periodico. La commissione si è raccolta poco dopo in Parenzo, ed ha prese le deliberazioni pubblicate e sull'Istria e sul nostro periodico; già note quindi a tutti i comprovinciali. Senonchè nell'ultima seduta di comitato della Società eh' ebbe luogo il 28 febbrajo, sollevata la questione sulla competenza della commissione di Parenzo nell'allargare più o meno la riforma dello statuto, la presidenza assunse l'incarico di rimettere la progettata riforma ai signori membri della commissione, perchè rinvengano sul loro operato. Seguendo il filo delle cose fin qui esposte, senza intorbidare le acque limpidissime, ognuno dovrà concludere, non possiamo ammettere logica diversa, che la commissione di Parenzo non è sortita dal suo mandato, ch'era senza limiti per 42 S8«I osth-f. ili .janJaibooiiO .11X VA.fi A la riforma dello statuto, e che il comitato della Società agraria non aveva diritto di respingere il progetto di riforma ; ma che il prossimo Congresso generale, che avrà luogo in Parenzo, soltanto, avrà il diritto di esaminare e discutere quel progètto. Così la pensiamo noi. Ed ora senz' entrare in merito alle : rifórme proposte dalla commissione di Parenzo, le quali però in gran parte accettiamo a pieni voti, affrettiamo col desiderio il momento che sieno portate in discussione nel congresso di Parenzo, con la speranza che finalmente si raggiunga quel bisogno, tanto sentito, della costituzione di una Società agraria degna del paese, la quale a fianco delle altre istituzioni lavori alacremente il ]*er miglioramento della nostra agricoltura, onde la nostra Istria conservi il suo posto tra le Provincie sorelle, che rapidamente progrediscono. Istituto di credito fondiario Nei giorni 3 e 4 m. c. ebbe luogo la X seduta, 1 del corrente anno, del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto di credito fondiario istriano. Furono presentati ed approvati i conti dell'anno 1881. I risultati, avuto riflesso trattarsi del primo anno di attività, sono veramente brillanti. Pagate tutte le spese, e restituita anche l'anticipazione del fondo provinciale, il bilancio dimostra l'utile netto di f. 1003.721|3, che passa al fondo di riserva. Ai quesiti proposti dall'Eccelso Ministero sugli eventuali cambiamenti da introdursi nel presente sistema di successione ereditaria nei beni rustici, il Consiglio deliberava di rispondere, non ritenersi in massima quest'oggetto di speciale importanza e di pratica attualità nella nostra provincia, e dava incarico alla Direzione di estendere analogo parere. Il Consiglio prendeva a gradita notizia la comunicazione fattagli dal ragioniere, che le annualità scadute col primo gennaio a. c., vennero tutte pagate regolarmente dai mutuatari. Stabilito, poscia, di interporre ricorso contro il decreto del locale Capitanato distrettuale, che ha ritenuto l'Istituto obbligato alla contribuzione annua dell'imposta industriale, e prese altre disposizioni d'ordine interno, il Consiglio s'occupava dell'esame e decisione delle domande per la concessione di mutui. Le istanze ascendevano a 197, pel capitale complessivo di f. 294,550. Ne furono accolte 149 per f. 195,800, e respinte 48 per f. 98,750. Per i 149 mutui accordati, è riservata però l'approvazione della Giunta provinciale. La somma dei mutui finora effettivamente erogati, vale a dire la somma delle cartelle messe fino oggi in circolazione, ammonta a f. 448,500- , (Istria). uJ .tLV—i _ Le Terme di Monfalcone Adempio un atto di riconoscenza e nello stesso tempo un servigio di patriotta verso i viaggiatori inglesi, discendenti da una generazione di bevitori di Port, coli'attirare la loro attenzione a queste acque, veramente pregevoli. È inoltre un favore conferito ad un capitale morto, collo indicare uno dei vari mezzi d'investirlo, che offre l'Austria Inferiore. A questo punto i miei lettori saranno forse disposti a chiedermi: E dov' è Monfalcone ? — La legittima curiosità verrà soddisfatta dal ricercatore, che loro sarà guida da Trieste a Monfalcone (Monte Falcone). La riviera o porto-quay della viceregina dell'Adriatico, mostra una dolcissima curva di questo mare, che è di colore blu-turchino nei giorni sereni ; quando cioè il cielo si specchia nell'onde, e verde-glauco, quando la pioggia alimenta i torrenti che scendono dalle montagne. Lo sfondo è formato dalla pittoresca catena delle Alpi Carniche. A mezza distanza una collinetta sormontata da una torre è la Bocca, la quale è il nostro obbiettivo. Le Terme si possono raggiungere in un'ora e quindici minuti colla Siidbahn ; la stazione di Monfalcone è situata pochi minuti fuori della cittadefta ; e vi attendono l'arrivo dei treni alcune carrozze da nolo. Ma se vale il mio consiglio. il visitatore prenda un tiro a due della socieii triestina dei tranvia, e faccia una corsa di tre ore. La strada è deliziosa, ed il paese è inte essante tanto per il suo passato che pel suo presente. Il lembo di strada lungo la riviera, finisce a Miramar; una specie di palazzo estivo non coapiuto, fatto edificare dallo sventurato arciduca Missimiliano, imperatore del Messico. Esso è in oggi proprietà della Corona, e, come ogni to'ista deve sapere, è divenuto uno dei luoghi di curiosità che si trovano nel porto austriaco. I; fondo apparteneva al monastero di Grignano, tra soppresso, ed ha bei saggi di giardinaggio alla francese, con rialzi simmetrici, alberi d'ornamento, piante esotiche, e statue che sudano al sole e tremano al freddo e alla pioggia. L'edificio offre poco di rimarchevole ; ma mio solo dispiacere è che fende la strada carrozzabile necessaria a Trieste, cinta com' è dalle colline e dal mare. Se la linea fosse prolungata, sarebbe indispensabile un tunnel, comecché dispendioso, entro la lingua rocciosa. Giunti alla stazione della Siidbahn, noi dobbiamo percorrere da settentrione ad occidente, cominciando a salire la muraglia del Carso (Karst), un prisma spianato di pietra arenaria e calcare (ippuritica, nummulitica ecc.) la quale divide l'Adriatico dalla cascata meridionale del Danubio. Nei luoghi ove le rupi fronteggiano il mare, esse si frangono in guisa da ricordare i Bludan della Siria ; sotto di noi corre la ferrovia, e sopra una strada carrozzabile non finita, i cui dettagli, opera del defunto Cav. Yisentini, converrebbero all' ultimo progetto del Signor di Lesseps, il visionario canale di Pànama. La strada carrozzabile erta, scoscesa, forma uno zig-zag, ed in 55 minuti raggiungiamo la cresta, a Contovello, alta 900 piedi, la quale è un terzo circa della nostra strada. Contovello è una specie di villaggio medievale o piuttosto una piccola città, le cui case hanno ancora le loro mura di difesa. Yedesi dal mare l'alto suo campanile sorgente nel mezzo, che apparisce un bastone d' osso imbiancato attraverso un nido di corvi, lacero, fosco e sporco di bianco. Contovello mostra ancora al nord in un mucchio di macerie, avanzi di un castelliere preistorico, probabilmente una colonia celtica. Un' ascesa di cinque minuti, la quale chiude la vista del magnifico golfo, mena a Prosecco, luogo più grande. I suoi vigneti cuoprono le colline fronteggianti il mare, e producono un vino bianco, smagliante, dolcigno, erroneamente creduto il celeberrimo Pucinum. Siccome in questi parte della costa, Bacco è costretto a correre \ra due linee parallele di poli, così le foglie hanno tutto il sole ed il frutto tutta 1' ombra. Ma i confezionatori di vino hanno dappertutto il pregiudizio in favore del loro sistema ; e dicono che il francese sia stato provato e sfruttato. Insommt, io suggerirei ai viaggiatori di non assaggiare la composizione enologica, che è stata battezjata col nome di sciampagna istriano. (Contìnta). iab 5 «ittita MI Ali •JoilToqnj: ' '' j,» u. ■ usi; li Xj& -viti americane*) ni •! i'/l)i.'j-u; OBfleqa f„;;. f..< iJ:j,| gflob oìiiiku i 4. Cynthiana. Ha un leguo duro, rosso scuro, lucido, le foglie forti e grandi, fino a 25 centimetri di diametro, pure intagliate, fulve nel nascere, più tardi di colore verde carico. I grappoli di media grandezza hanno gli acini neri e rotondi. Si propaga difficilmente per talea. 5. Nortons' Virginia. Simile alla precedente, soltanto si distingue per dare un vino più colorato. Preferisce i climi meridionali. 6. Lenoir. È una varietà delicata pei paesi settentrionali, grappolo medio, compatto e alato. Gli acini sono piccoli, rotondi, di colore porporino scuro, coperti d'un leggero pulviscolo. Le foglie sono profondamente lobate. 7. Louisiana. Ha radici vigorosissime, vegetazione buonissima, i tralci sono fortissimi ma di moderata lunghezza ad internodi corti. Il legno è durissimo. Grappolo di media grandezza, gli acini sono eccellenti, piccoli, rotondi, neri. La sua produzione varia, essendo un po' delicata pei freddi. 8. Rulander. Anche questa è una varietà pregevole. I grappoli sono piccoli, compattissimi, gli acini piccoli, neri, senza polpa, dolci e buoni. È poco produttiva, ma dà un vino eccellente. 9. Devereux. È delicatissima, in inverno va riparata, ma dà un vino eccellente. 10. Elsinburg. Questa è pure delicata, produce una piccola uva da tavola, eccellente. 11. Eumelan. Varietà delle più precoci negli Stati Uniti. Non è stata ancora provata la sua resistenza alla fillossera, pure non v'ha dubbio che non vorrà fare eccezione alle sue sorelle. 12. Hermann. Adatta specialmente pei declivi Meridionali. Le radici sono coriacee fittissime, fibrose, i sarmenti di media grossezza, lunghi e vigorosi, i rami laterali non tanto numerosi. Questi portano alla loro base sovente una doppia gemma, particolarità frequente in questa varietà. Le foglie simili a quelle della Norton, però di tinta più chiara, con peduncoli coperti di peli bianchi argentei, profondamente lobate. Il grappolo è lungo, stretto, compatto, gli acini piccoli, rotondi, neri, coperti di un pulviscolo azzurro, direttamente succosi. Il Meissuer paragonerebbe il vino di quest' uva al Madera per il suo grado d' alcool e per il profumo. 13. Neosho. Di legno durissimo, coriaceo, pare che le sue radici quantunque rigide ne soffrano per la fillossera. È di produzione abbondantissima. 14. Paulinc. É di poco valore. 15. Cinerea. Si conosce per le foglie intere, vellutate e di color cenerino al di sotto; i tralci specialmente se giovani sono poligonali e ricoperti da una peluria grigiastra. Il legno è pure di color grigio chiaro, però fa maturità. Frequentissima nei bassi fondi ed in riva ai laghi del Missouri. Si può moltiplicarla per talea ed è un eccellente porta innesti. IV. Rupestris. Quantunque introdotta da poco tempo in Francia, viene presentemente ricercata come porta innesti. Delle varietà studiate ancora non se ne hanno. V. Cordifolia. Questa specie conviene coltivarla come porta innesti. Alcuni misero in dubbio la sua resistenza, ma come bene osserva l'illustre Millordet, molte volte _ *) Continuazione; vedi N. 2, 3 e 5 a. c. ■ - . •• si danno dei giudizii senza sapere la causa del deperimento della pianta, che spesso può accadere in causa del clima e del terrreno. Le varietà souo Aug-wick, Blue Dyer, Burronghs, Cowan, Franklin, Hu-tingdon, Oporto Winslow. Di queste varietà sono state sperimentate in Francia soltanto la Franklin e l'Oporto, dando buonissimi risultati. Finalmente c'è d'annoverare una nona varietà di questa specie, la Marion che è preziosa come porta innesti. Vigorosissima, secondo Meissuer, sembrerebbe una intermedia fra le Aestivalis e Riparia. Ha un legno duro, con discreto midollo, i rami di un bel colore rosso, le foglie grandi cou una tinta speciale dorata. Le ràdici souo dure a scorza liscia. Grappolo mezzano, acini ovali, rotoudi di un nero porporino, maturano molto tardi dopo d'essersi colorati, VI. Riparia. L'ultima delle sei specie dichiarate resistenti alla fillossera, ma non perchè posta in coda voglio scemarne l'importanza, avendo questa a confronto di altre già menzionate, specialmeute dell'ultima, dei graudi vantaggi. Difatti oltre di resistere completamente alla fillossera, e di essere un eccellente porta innesti, si può riprodurla facilmente per talea, vantaggio economico e di tempo non piccolo per noi. Da queste specie derivano molte ibride delle quali ne parleremo ora. L'ibridismo tanto comune per alcune piante, couie il grano turco, non accadde neppure così difficilmente nel genere Vitis. Questo fenomeno avviene, quand) il polline di un fiore va a fecondare l'ovario di uti atro fiore appartenente ad una pianta di diversa specie. Da noi un simile caso fra le viti non nasce tanto di sovente, ma in America dove vegetarono per secoli in comunanza allo stato selvaggio, questo caso è accadito, ed il merito va dato ad esperti botanici, d' avffci schiarito questo fatto per noi tanto importante nelle viti americane. 1. Vitis Solonis. Dal Foéx stata classificata come un' ibrida di Aestivalis colla Riparia. La scorza dei tralci è discretamente aderente, di color nocella sfumato di grigio, i nodi sono però marcati, il midollo spesso, i germogli sono verdoguoli, tomentosi. Cirri intermittenti, che si dividono in due in punta, le ìoglie di color verde chiaro un po' cenerino, le nervature chiare soveute rossigne, il picciolo alquanto tomentoso un po' rossigno. Leggermente trilobate, coi lobi laterali convergenti verso il lobo centrale e la estremità della foglia poi converge verso la pagina inferiore delle foglie, ciò che rende il Solonis molto caratteristico. 11 grappolo è piccolissimo, gli acini piccoli, diseguali, neri, aderentissimi al racimolo. L'interesse di questa pianta uou è per il suo frutto, ma bensì per porta innesti. 2. Vitis Professor Planchon. Pure un'ibrida prodotta dalla Aestivalis colla Riparia. Il Pulliat, da cui tolgo questa descrizione, dice essere una ceppaja vigorosa, energicamente resistente. I sarmenti sono sottili a lunghi interuodi, lungamente striscianti, di tiuta acajù scura, con striature fine ma profonde. Il germoglio è Tubescente, rossastro ; la foglia di grandezza più che media, liscia sulla pagina superiore, inferiormente guernita di un tomento brevissimo, poco appariscente a occhio nudo. I semi sono di sopra profondamente incavati, aperti, inferiormente terminano in punta acuta, la dentatura è corta, il picciolo lungo, ben forte, sfumato alquanto di rosso, con lanugine cortissima assai fitta. Il grappolo è piccolo, denso, cortamente cilindrico, con peduncolo ben lungo ma gracilissimo. Gli acini sono piccoli, sferici, la buccia sottile, ricca di materia colorante nera, sapore acido di nessun valore per vino. Resiste però benissimo alla fillossera ed è per questo che questa vite venne onorata dal nome del benemerito scienziato francese, a cui si devono una gran parte degli studii sulle viti americane. 3. Vitis Elvira. Ibrida di una Riparia e Labrusca. Su questa vite si possono avere dei dubbi della sua resistenza e quantunque fino ad ora non mostrò di perire, pure si può aspettare il giorno che non resisterà più, vista la sua consanguineità colla Labrusca. È vigorosissima, molto ramificata, fertile e straordinariamente rara. 1 rami sono forti, lunghi, d'un legno più duro della Taylor, con midollo medico. Le foglie sono grandi, di tessuto resistente, con la pagina inferiore alquanto rugginosa, lanosa, ciò che deduce essere un incrocio. Il grappolo è mezzano, compattissimo, acino di mediocre grossezza, più grosso del Taylor, rotondo, di un colore verde pallido, rigato talvolta di rosso quando è maturo. La polpa è dolce, tenerissima. 4. Vitis Clinton. Questa pure è un incrocio di una Riparia colla Labrusca. Questo tipo dimostrò meglio che ogni altro la legge d' ereditarietà del Millardet. Da molti anni per la facilità d' ottenerla per seme e per il suo vigore era la favorita della Francia, tanto che interi ettari di terreno vennero piantati di Clinton. L'anno scorso però, dopo oltre IO anni che sopportava la fillossera, cominciò a deperire, sì che adesso quei viticoltori si vedono impacciati. Non è a dire come questa sua limitata resistenza la dave alla Labrusca. È uua pianta vigorosa, colle radici sottili, che danno rapidamente origine ad altre nuove; a prima vista i suoi sarmenti sembrano più deboli di quelli della vite europea che li supera però in numero. Il legno e abbastanza tenero sì che si propaga facilmente per talea e sopporta egregiamente l'innesto. I germogli sono verdognoli alquanto bianchicci, le foglioline sono di un verde chiaro, talvolta orlate di rosso se adulte, nella pagina inferiore scompare la lanugine rimanendo soltanto sulle curvature. 1 grappoli sono piccoli, gli acini di media grandezza, piccoli, neri, rotondi con pulviscolo azzurro. Il gusto è acido, leggermente di fragola. Vitis Taylor. (Riparia-Labrusca). Resiste a certe condizioni di suolo e di clima. Di una vegetazione lussureggiante, a radici relativamente poco numerose, ma coracee, con libro sottile e duro. I tralci numerosi che so'gono soltanto in estremità del tronco, in modo che li sna forma somiglia a quella di un salice. Il germ(glio glabro, incoloro, le foglie pure glabre, liscie, lucenà colle nervature principali rosse. I piccoli grappoli alati, l'acino piccolo, rotondo, bianco che colla matiranza diventa rosso pallido, dolce e senza polpa. 6. Vitis Ferrand' s Michigan (Riparia-Labrusca). I caratteri non sono ancora bene precisati. 7. Vitis Gaston Bazille (Riparia-Aestivalis-La-bruica). Dà un legno simile al Clinton, un po' più scuro, gratile, appiattito, a nodi stretti. È di taglia piccolissimi., di lenta crescenza e si propaga difficilmente per talea. III. Del clima e del suolo. a) Clima. L'epoca recente in cui si coltivano le vLi americane in Europa, non dà agio di poter dare dfi dati precisi sopra questo importante argomento. Tuttavia confrontando e studiando le condizioni in cui vivono originariamente queste viti in America e con quelle poche osservazioni che si sono potute fare fino adesso, specialmente in Francia, noi potremo dare dei dati abbastanza approssimativi, colla scorta dei quali la pratica potrà dire L' ultima parola. La regione degli Staii Uniti in cui vengono coltivate e si trovano allo stato selvaggio le viti americane stà fra il 36-40° parallelo, che in Europa comprenderebbe la Spagna e il Portogallo meridionale, l'Italia meridionale, la Grecia ecc. (Continua). D. Dr. T. j^To tizie Nel dì 9 corrente cessarono di vivere in Roma Giacomo Medici e Giovanni Lama. Ognuno ricorderà, che il 12 Novembre dell' anno testé cessato, un terribile disastro colpiva la città di Caltanisetta nelle sue miniere di Gres-solungo, per cui qualche centinaio di famiglie restò nella più squallida miseria. A capo di quella provincia, colle funzioni di Prefetto, stava e sta ancora il nostro comprovinciale Consigliere Delegato cav. Pietro Dr. branco. Il quale, poiché ebbe sentore della catastrofe, si diede con zelo ispirato a forte carità e con sorprendente energia a lenire i mali di quegli infelici. Di fatti, egli d'un tratto istituì un Comitato centrale e quattro Commissioni secondo i quattro quartieri della città, per raccogliere delle somme, prendere informazioni sulla condizione delle povere vittime e porgere pronto soccorso ai bisognosi. Egli seppe espandere largamente la forza della sua commiserazione e come una corrente elettrica fece sentire a tutte le città d'Italia ed alle principali d'Europa il grido lagrimevole degli oppressi dalla sventura. E tale pietoso appello fu coronato dal più soddisfacente successo; giacché si raccolse la considerevole somma di Lire 33,597,80. Il cav. Franco ha mostrato anche abilità, buon senso ed accorgimento non comuni nella distribuzione delle somme raccolte. Dopo i soccorsi prontamente elargiti ai feriti ed agli indigenti, pensò al collocamento delle orfanelle. Ed ecco eh' egli apre 1' orfanatrofìo Calafato, offrendo i mezzi necessari per il corredo e l'apertura di questo nuovo Istituto, e vi colloca 16 orfanelle scelte dal Comitato. Oltre la provvidenza stabilita per le ragazze orfane, il cav. Franco ha saputo proporre le doti per donzelle nubili, ed i sussidi da darsi alle vedove, agi' infermi, ed in generale a tutti i danneggiati, tenendo sempre presenti le ragioni di giustizia e di convenienza. Nè tutto ciò noi ce lo succiamo dalle dita; ma lo ricaviamo da un indirizzo stampato in forma di Voto di lode e di riconoscenza, che il Comitato centrale di soccorso testé inviava al nostro distinto comprovinciale. In esso, fra altro, sono stampate le precise : „I1 sig. cav. Franco accetti questa sincera „ manifestazione di riconoscenza e di lode, che gli „ offrono i componenti il Comitato, i quali non „sono mossi da spirito di adulazione o di ragioni „di partito, ma dalla evidente verità dei fatti; „e sou sicuri che tutta la cittadinanza di Caltanisetta farà eco al voto del Comitato; e se „ nella memoria dei Nisseni rimarrà impressa la „ ricordanza del terribile disastro del 12 novembre 1881, resterà pure indelebile nel loro cuore „la gratitudine verso Colui, che trovandosi a capo „ della Provincia, seppe porgere valevole soccorso „ agi' infelici ed asciugò le lagrime delle vedove „e delle orfanelle: e questo benefattore fu il „cav. Pietro Franco." L'Istria pure, commossa dagli atti veramente nobili e grandi d'un suo conterraneo, gì' invia di cuore un saluto di felicità e di riconoscenza. (Istria). Se nello scorso numero abbiamo riportato il giudizio del Filippi sulla nuova opera del nostro Smareglia, datasi nei giorni scorsi a Milano, vogliamo oggi riportare il giudizio del pubblico, quale amplissima conferma degli elogi tributati da quel critico sull' egregio lavoro del giovane compositore istriano. Ecco quanto leggesi in proposito nella «Perseveranza" del 1 corr. sotto il titolo Teatri e notizie artistiche: Malgrado che la Sarah Bernhardt avesse attirato molta gente al teatro Manzoni, c' era alla terza rappresentazione della Bianca da Cervia alla Scala un bel teatro. Riproduciamo le impressioni del pubblico, essendo già stata espressa l'opinione nostra sul bel lavoro del maestro Smareglia. Il preludio del primo atto piacque assai come nelle altre due rappresentazioni e molti applausi scoppiarono al finale. Nel secondo atto furonvi applausi ad ogni pezzo e chiamate del maestro, specialmente nel terzetto che chiude quest'atto. Ma dove le approvazioni e le simpatie del pubblico assunsero un carattere entusias-stico si fu al terzo atto. Il tenore Devilliers non sembrava ieri sera più lui ; egli cantò benissimo tutta l'opera, specialmente la bellissima romanza con cui si apre questo atto spiegando acuti colla maggiore sicurezza. Il maestro Smareglia venne chiamato due volte al proscenio fra generali acclamazioni : 1' artista ebbe l'onore ^ d'un bis, a grandi grida. Al quartetto, che segue, altre chiamate e applausi fragorosissimi, e per verità è stato cantato assai bene. Benissimo il duetto che chiude l'atto, tra la Stabi (Hannak) e il Devilliers (Aldo). Nel quarto atto la Teodorini (Bianca) cantò stupendamente la romanza, e qui altre chiamate al maestro. La marcia funebre con intermezzi corali è stata eseguita benissimo dall'orchestra e dai cori e allora le acclamazioni furono straordinarie. Il maestro veune regalato d'una bella corona d'alloro con ricchi nastri, e continuando gli applausi e le grida di bis, si dovette replicare tutto il pezzo, chiudeudosi l'opera con quattro chiamate agli artisti tutti ed al maestro. In complesso 24 chiamate al maestro e due pezzi replicati. Questo è il resocouto succinto della serata di cui il maestro Smareglia può andare orgoglioso. E. Ci scrivono da Pirano : Sapete dove si trovano i libri tavolari di questo co-muue ? Ve la do alle mille ; anzi non lo indovinereste mai, e velo dico subito: presso le i. r. Carceri nella vostra città .... per la legatura. Io crederei di far torto a tutti i vostri lettori se aggiuugesi parole per dimostrare i gravi inconvenienti cagionati dalla mancanza dei documentile»" la garanzia della fede pubblica, per settimane intiere dal luogo della loro sede ; creda però necessario di far noto urbi et orbi la incredibile enormità, perchè sia finalmente provveduto da cui spetta a mettere un po' d'ordine almeno iu questo ramo di amministrazione, che noi paghiamo un'occhio e che ci serve tanto bene! E lasciato (la parie il fatto suaccennato, dovete sapere che al giorno d'oggi sono 1500 atti tavolari che dormono per mancanza di copisti, e che contratti prodotti nel Dicembre 1880 ottanta, non vennero ancora intimati alle parti ! ! Veniamo a rilevare che nei giorni decorsi si sono ripetuti in più luoghi del distretto di Capodistria uei bovini, i casi di carbonchio, tutti seguiti da morte. Leggiamo nell^Is^-ia" in una corrispondenza da Lussino: anche in quest'auno sociale la Banca popolare estese molto bene le sue operazioni. La fiducia illimitata dei concittadini, tanto verso la direzione quanto verso tutto il consorzio, procurò alla Banca nuove fonti, nuove sorgenti di vita. Con la chiusa dell'anno 1881, il numero delle azioni era di 1504 del valore di fior. 90,240; furono scontate durante il 1881 cambiali per fiorini 629,905:58 e s'incassarono fior. 656,567:91; furono depositati a preavviso fior. 162,781:37; ne furono ritirati 180,705:31; ed in conto corrente s'incassarono fiorini 350,916:86 e ne sortirono 347,294:76. Il fondo di riserva ascende a fior. 25,185:33. Il movimento di cassa presenta un'entrata di fiorini 1,213,924:34, una sortita di fior. 1.207,769,12, l'utile verificatosi alla fine dell'anno ascese a fior, 6575 che ripartito fra gli azionisti dà un utile del 6%. Non solo la nostra città ha goduto gli incalcolabili vantaggi apportatici da questa saggia istituzione, ma la Banca ha esteso eziandio il suo benefico influsso oltre la cerchia delle mura cittadine, attiratosi così sempre pia l'attenzione delle consorelle città istriane. L'incasso della ferrovia Istriana del 1 gennajo al 31 dicembre 1881 fu di fior. 166684; si ebbe quindi, un aumento di fior. 5099 di confronto ali inoasso fatta nello stesso spazio di tempo nell'anno 1880. Anche i comuni d'Isola e di Rovigno hanno stanziato un importo a favore della Società agraria provinciale, nel loro preventivo per l'anno in corso. Il cor mune d'Isola fiorini dieci, e quello di Rovigao fiorini dodici, in luogo del canone sociale di fiorini due. La Presidenza della Società Agraria fa caldo appello ai signori socj, perchè, senza attendere le pratiche perla riscossione, mandino direttamente col facile mezzo del vaglia postale, il loro canone all' ufficio della Società in Rovigno. I loro nomi saranno pubblicati sul bollettino sociale. Venne pubblicato dalla i. r. Luogotenenza del Litorale, l'avviso di Concorso ad un posto di maestro ambulante di agricoltura pel Margraviato d' Istria. Le nuove elezioni generali del Consiglio della città di Trieste, avranuno luogo nei giorni 8 Maggio e successivi. Per cura del locale comizio agrario si terrà in ^Verona dal 13, al 16 Aprile un' Esposizione-Fiera di vini nazionali, vermuth, aceti, macchine ed attrezzi enologici; nonché un'Esposizione - Coacorso di oli vegetali nazionali, di semi oleiferi, residui dalV' olaifteio, macchine ed utensili per l'estrazione, purificazione e conservazione dell' olio. Appunti bibliografici Poesie di Federico de Gravisi (istriano). Napoli, De Falco e figlio. 1882. „La terra dei fiori, dei suoni, dei carmi Ritorni, qual era, la terra dell'armi" cantava il nuovo Tirteo ai tempi eroici delle guerre nazionali. Ma prima di tutto giova osservare che il monito ha un peccato d'origine; è dato cioè in versi; ed è forse per questo che i poeti hanno fatto orecchi da mercante, e continuato anche nella nuova Italia a Gantare allegramente. Anzi fecero peggio : si sperava che, data sempre licenza di cantare ai migliori, fosse almeno finito il mal vezzo di scrivere versi sulla falsa riga altrui ; ma signori no, gl'imitatori si fecero anzi più che mai vivi. Come se l'Italia non fosse già abbastanza annojata dai telati dei Petrarchisti, dai furori degli Alfieriani, dagl'inspirati innajuoli salmegggianti senza la fede del grande maestro; ecco che venne la volta anche degl'imitatori delle odi barbare del Carducci. Il Carducci, m'affretto a dirlo, è poeta ; e può ben volare se vuole, anche a cavalcioni d'una scopa; e il suo sarà sempre volo ardito ed altissimo. Ma chi ci salva dalle odi barbare degl'imitatori? La novità della forma, la soppressione della rima, un impaccio di meno, certe arditezze di stile fanno credere molti che si possano cantare versi e versi non più a bisdosso del Pegaso, cavallo bolso nelle vecchie stalle; ma alzandosi due spanne sopra terra sui trampoli delle parole sdrucciole. Un nostro provinciale, e non senza ingegno, si è messo su questa strada. Uditelo nel suo inno —Istria. 0 quièto umile salve! fra l'uberi sponde te placido ognora volvere 1' onda timida al mare pia natura concedati. L Ecco, prima di tutto, pregherei il proto a stampare un' altra volta Quieto con tanto di Q maiuscola; altrimenti non si può pretendere da certa gente, non troppo forte in geografia che sappia come, qualmente il Quieto sia un fiumicello dell'Istria. Continua: Oggi vai torbido, fiume: io sentomi per l'ossa brivido, chè un cielo plumbeo covre di nebbia e noja 1 monti e i campi squallidi. —— I monti ergono lpr creste ispide, pajono scheletri d' ossa gigantee : fra gli aridi roveti ossuta vacca pascola. E così via via, il poeta, manifestando un gentile sentimento della natura (e di ciò gli viene lode sincera) ci conduce da Pinguente a San Stefano ; o meglio a Stefano ; perchè nel verso si legge rupe di Stefano, e altrove — ad onore di Stefano. Proprio come quel tal libero pensatore che, abitando a Venezia in campo Santa Maria Zobenigo, ha fatto incidere sul viglietto di visita : tale dei tali, ih campo Signora Maria Zobenigo. Siamo giusti però; la soppressione del San non è nel caso nostro professione di fede; ma proviene dalla necessità di sopprimere più che sia possibile articoli, particelle, preposizioni, complementi per la tirannia del nuovo verso; onde la parlata di molti barbari somiglia oggi all' italiano di un tedesco che fa le prime prove, e salta gli articoli per non inciampare nella grammatica. Sentite: io sentomi per l'ossa brivido — su voi gravano nuvole. E altrove (pag. 43) Entusiasto fin dentro l'intime vene, correva parlare al pallido di Cinzia bel raggio...... Onde io non capisco perchè non sia mai venuto in capo a nessuno di mettere in canzone gì' imitatori del Carducci, come hanno fatto testé delle astruserie diaboliche del Rapisardi nel Giobbe di Marco Balossardi. Io per me, dopo letto un volume di barbare imitate, provo un maledetto arruffio nel cervello, le orecchie mi cornano, penso in versi sdruccioli, e vado via balzelioni balzelloni, come la mia brava gazza domestica, che appunto oggi, dopo molto crosciare: Zaira, mamma, ha imbeccato il primo sdrucciolo, e salutato anche la serva Orsola. E perciò io pure ho sentito l'uzzolo dello sdrucciolo, e mi sono messo a cantare dietro la intonazione della checca nel modo seguente. L' esule 0 rive placide, salve fra gli uberi colli di Bortolo, di Zaule e Servola, ove tremulo al mare il campanile specchiasi. Non più nei vesperi cheti la tumida onda là frangersi odo, ed il murmure d' alto borea scotente del buon refosco pergole. Salve mio patrio mellone frigido, che sacra e ferrea porti del celite Sergio cuspide inflitta; te più non vede l'esule. Nè più dapifere ammiro vergini alme di Covedo sopra gli alti asini; pani recano alzati in suddetta coltrice....... Vi faccio grazia del resto. Un altro difetto degl' imitatori barbari si è lo trascinare il concetto di strofa in strofa stiracchiare il periodo, e assogettarlo alle più strane inversioni ; e questo anche nei metri italiani. Perchè una volta fatto l'orecchio a que' saltellamenti, non c' è verso che sappiano camminare col passo fermo. Udite (pag. 26) Nè cosi orrenda sovra l'Italia piovve la teutonica rabbia, quando il frollo dette ultimo crollo imperio d'occidente, nè de 1' Unno corsier l'ugna ferrata a pòr diserto fu men salda, e sofferto fu men da Roma pel furor vandalico : Peggio poi se tentano il verso sciolto, o l'endecassilabo come : • Che ne' cieli scriveano il tuo destino" (p. 85) ,0 voi che nella patria sieti servi" (p. 24) Ma nel recipe dell' ode barbara non c'entrano solo le parole sdrucciole ; ci vuole anche certa arditezza di stile, novità di concetto e metafore dell' altro mondo. La cerulea volta è una carta dove un cieco tipografo stampa i destini degli uomini (pag. 36). Abbastanza ci hanno annojato gli Arcadi coi fiori, coi passeri, e coi ruscelletti ; la poesia nuova affronta i misteri d'oltre tomba e le tremende realtà ; la sua ammirazione pei rosei tramonti e pei crocei vesperi, non le impedisce di ammirare anche il letame, la putredine e i vermini che bulicano ai piedi del vate. Oh ! i vermini c'entrano per tutto ! I vermini mangiano il cuore al poeta (pag. 10). 7 vermi luridi e brutti lasciarono traccia sulle ossa materne. Il corpo del homo, con 1' acca, giace preda dei vermi, e dove prima fioria beltà, grazia scherzava, fatto schifo carcame, osceni bruchi festeggiano.......(pag. 39) Ma il saggio homo, con l'acca, perciò non trema .....chè dai venni stessi vede suo corpo tramutarsi e correre a formazion novella, e a nove glorie ! Dunque niente paura, tanto più che, oggi come oggi, si possono squadrare le fiche anche ai soprallodati vermini, perchè ci abbiamo la purificazione del fuoco di Gorini. Il quale viceversa, per chi avesse paura e ribrezzo del forno, ha inventato purelapetrificazione; e a me scrittore, il buon vecchio mostrò più volte dita, nasi, mani e altre membra eteroclite, di cui avea sempre piene le tasche; e così solide e dure che sarebbero state forti al dente del più grosso mastino, e figuriamoci poi alle leccature dei vermini. Ma se queste ed altre intemperanze di stile nuocciono alla convenienza in questo libretto, non mai però al decoro : sono un riflesso di altro stile, reminiscenze di altri esercizi rettorie! e di operazioni chirurgiche con postuma libidine tentate sui cadaveri di fracide beltà. Il nostro onesto istriano rifugge sempre da simili sconcezze; ed il fatto stesso dell' aver egli cantato la madre sua con frasi da altri sciupate in versi pornografici, dimostra in lui gentilezza d' animo e cuore ben fatto. E nobili sentimenti dimostra pure, nel componimento XXXI Decembre. Peccato che siano al solito diluiti in un mar di parole sdrucciole; e costi fatica ripescarli tra que' lubrici serpeggiamenti di periodi boccaccevoli. L'egregio autore mi perdonerà se ho parlato chiaro e senza barbazzale; e ciò nell'interesse suo e della Provincia. Perchè giova premunirsi, e far capire che i nostri panni sappiamo lavarceli in casa; perchè casu quo questi versi capitassero in certe mani, in certi giornali, apriti terra; e non vorrei si ridesse poi alle sue e nostre spalle. Perciò meglio del silenzio che, dopo tutto è spesso umiliante, ho stimato di poter dire a un nostro istriano una franca parola. E così per ogni buon caso, non si sa mai, il critico della Provincia ha, come si dice, le spalle al muro. Poi queste non sono scorze di limone, nè coriandoli; sono semplici opinioni, e la critica leale che l'autore domanda per sua istruzione : E le opinioni, viva Dio, non sono coltellate, diceva il Besenghi, e meno che meno sfregi e scherni. Ed io, come io, sarei sempre pronto a gettare le braccia al collo d'un amico, anche se qualche volta, costretto dalla necessità di mettere per tonte ore del giorno nero sul bianco, avessi manifestato con vivacità un contrario parere, senza la menoma intenzione di offenderlo. E quanto al signor Gravisi ecco il mio debole parere. Egli ha ingegno e fantasia e potrà fare. Studi, studi e studi i grandi esemplari che sono quelli che tutti conosciamo ; e lasci, per ora almeno, da parte il Carducci, chè il primo ad esserne contento sarà il Carducci stesso. Questa mania dello scrivere odi barbare c' è stata tante altre volte e passerà, come è passata la moda della prosa barbara e del periodo latino alla Boccaccio per dar luogo ai libri scritti nel volgare del paese. Dice bene il Gnoli : Se il tentativo non riuscì quando si leggeva e si parlava e si scriveva generalmente il latino, tanto meno oggi che pur troppo la vecchia lingua e letteratura de' nostri padri ci diviene più straniera ogni giorno. La poesia del Carducci resterà come una singolarità luminosa in forza dello spirito potente che l'avviva, e che si desidera invano ne' pappagalli lusingatori che gli squittiscono da torno. (Nuova Antologia 1 Agosto 1881 pag. 389). L'ode barbara del Carducci ha un' importanza storica, è una salutare reazione del genio latino contro certe bislaccherie che coi grandi paroloni di verismo, di realismo, e di popolarità si vorrebbero far passare da noi coi nuovi trattati d; letteratura internazionale. La predica è finita: tanto siamo in quaresima, facciamo adunque tutti la debita penitenza. P. T.