L1 « » i Anno II Capodistria, 1 aprile 1942-XX N. 15 fCredere e Vincere QUINDICINALE DEL FASCIO DI COMBATTIMENTO «NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRIA Oggi, come ieri, la gioventù d' Italia è sulla breooia. XXIII MARZO Avevamo ancora negli occhi la visione delle trincee, dei compagni feriti, mutilati dei piccoli camposanti dove dormivano i morti sotto nn tumulo di terra. Erano ritornati laceri, stanchi del lungo travaglio, con la speranza che tutto sarebbe tornato come prima, meglio di prima: volevano un premio dei sacrifici sopportati per mesi e mesi. E chi avrebbe potuto contestarglielo? Perchè quelli che erano rimasti tranquillamente a casa guardavano con ostilità e disprezzo i reduci dalle accanite battaglie, quelli che avevano dato tanti anni della loro vita per la Patria comune? Se ritorno colla mente alla visione dell'Italia e degli Italiani dell'immediato dopoguerra, vedo un groviglio di ferraglia arrugginita, abbandonata: eppure io non ricordo quel periodo. Ma credo che questa impressione che investe uomini e cose di allora, non sia soltanto mia. Quel senso di abbandono, di narcosi in cui eravamo caduti, stava per trascinarci chi sa a quale rovina. Dove era il Governo? Quale strada si doveva seguire? Eravamo sonnambuli che camminano sull'orlo del precipizio Sarebbe bastata una mano sicura a guidarci per la giusta via, ad allontanarci dal pericolo a cui andavamo incontro paurosamente. La Provvidenza che non ha mai abbandonato la terra d'Italia anche allora ci mandò l'Uomo che conosceva la via della salvezza. Aveva sofferto nelle trincee, aveva irrorato dei sangue generoso la terra dui amente conquistata; nessuno meglio di lui conosceva il travaglio del popolo nell'ora della Vittoria calpestata." Dalle colonne del suo giornale, sulle piazze, aveva fatto appello alle forze sane della Patria perchè si unissero e scrollassero i neghittosi dal torpore. La primavera ha sempre segnato, nelle ore solenni della iJatria, l'inizio dei vasti eventi. Anche allora fu una grande giornata di fede quella del 23 marzo. Erano pochi i convenuti intorno a Benito Mussolini. Come lui avevano vissuto gli orrori della guerra: venivano dalle diverse regioni d'Italia. Qualcuno non è più, avendo offerto in olocausto la propria vita tutta tesa ai gloriosi destini della Patria. Un picolo gruppo di uomini, una anima sola. Chi avrebbe creduto che da quel giorno in poi l'Italia potesse ritrovare il senso della realtà e distruggere le forze del male per ricostruire una grande Nazione? Eppure la parola ed il manganello compirono il miracolo. Il piccolo corteo che il 23 marzo 1919 disperse l'orda comunista che nel sorgente Fascismo vedeve il nemico capitale, divenne un grande esercito che dette il volto nuovo alla Patria e portò il seme della sua concezione politica fuori dei confini: il verbo di Mussolini fu la diana dei popoli giovani, dei popoli desiderosi dell'ordine nuovo. Gli attori di questo dramma storico sono stati gli squadristi. Lo squadrista era deciso a lutto: affrontava la morte senza chiedere nulla, tanti diedero la vita, molti portano ancora i segni della lotta. Lo squadrismo ha dato il carattere ad un'epoca, ha creato una sua dottrina, una sua mistica. Il Fascismo non avrebbe una concezione politica e sociale così potente se non fosse stato animato dallo squadrismo. Esso fu all'avanguardia dell'anti-bolscevismo, vide per primo nei paesi di stampo democratico il terreno adatto al disordine, alla rovina della civiltà europea; può quindi a buon diritto vantarsi di avere iniziato l'opera di risanamento che a distanza di un ventennio doveva diventare una lotta immane che si svolge sui cinque continenti e su tutti i mari. „Chi dice Fascismo dice bellezza, dice coraggio, dice responsabilità, dice gente che è pronta a tutto dare e a nulla chiedere quando sono in gioco gì' interessi della Patria". M li O IV Con quello stesso programma del 1919, l'Italia fascista combatte sui deserti africani e nella stessa Russia dove il Bolscevismo ha finora imperversato. Distruggendo l'impalcatura degli Stati demoplutocratici bolscevici, crea l'ordine nuovo del lavoro, della collaborazione dei popoli, della giustizia sociale. La lotta che abbiamo affrontato è dura; ma la volontà di tutti è risoluta nella completa vittoria delle nostre armi: nulla cambierà il corso degli eventi. Vinceremo, è la parola del Capo, è la nostra fede, è la realtà che presto splenderà nel cielo della Patria. Di questa fede, di questa volontà di vittoria debbono vivere tutti gli Italiani, perchè c'è da fare un'Italia grande come non fu mai. Bisogna vincere! Così si obbedisce al comandamento dei nostri Morti; così si onorano gli Eroi; così si serve degnamente la causa della Rivoluzione Fascista. Carlo Carli SPIRITO EROICO DEI GIOVAHMOEL LITTORIO Pubblichiamo oggi una lettera del primo cadetto Ferruccio Pausler nel quale vibra tutto l'amor patrio delle nuove generazioni fasciste. Dalle brevi, semplici righe del giovane camerata sentiamo alitare tutto lo spirito eroico che ha sempre animato la giovinezza d'Italia, prima sempre, quando la Patria fa squillare la diana delle nuove battaglie. Le parole del primo cadetto Pausler non hanno bisogno di commento; sono già per se stesse abbastanza eloquenti. Ci pare che, con la retorica del commentatore, si potrebbe rovinare la semplicità e la linearità delle espressioni di fede del camerata volontario. Ecco la sua lettera: «Mi aspettavo e già gioivo che la mia domanda sarebbe stata accolta con esito favorevole quando vedo sfumare il mio grande desiderio di essere volontario. Forse che i volontari di Curtatone e Montanara non abbandonarono le loro scuole per accorrere all'appello di Carlo Alberto ? Forse che i gogliardi d'Africa non abbandonarono le loro scuole per accorrere all'appello del DUCE? «Ora io essendo studente perchè devo dare alla mia Patria un diploma anziché tutto me stesso? «Se alcuni timorosi hanno voluto non ascoltare questa santa voce perchè dovrei essere costretto a seguire le loro ideologie affatto incoerenti allo storico momento che attraversiamo». «Con tantissimi esempi di cui la nostra cara Istria abbonda è molto più bello per un giovane istriano seguire ed imitare i nostri gloriosi Caduti che non rendei s, codardo agli occhi del popolo giudice. Quello che la G.T. L. ha fatto e detto l'ho ascoltato con amore da dieci anni ora basta voglio vedere se le sei e sei parti del moschetto possono, messe assieme, far partire il colpo desiderato. Lascio senza dolore la casa e lo studio sebbene su questo si basi tutto il mio avvenire, parto contento di poter fare tutto il mio dovere per la grande Vittoria. Ormai il tempo in cui si scrivevano i temi patriottici e si cantavano nelle manifestazioni gl'inni della Patria è passato ed è giunto il momento di poter fare qualche cosa di concreto e di utile. Spero che prenderete in considerazione la mia domanda e mi arruolerete il più presto possibile inviandomi dove più imperversa la bufera nemica. «Vi prometto che porterò sempre e dovunque con onore il titolo di volontario». Ferraccio Pausler IlY MEMORIA DI BRUNO MUSSOLINI Il camerata cav. dott Tommaso Frosini, preside del R. Liceo Ginnasio _Car!o Combi", chea suo tempo pubblicò la versione latina del discorso di Arnaldo Mussolini «Coscienza e Dovere», ha fatto ora un nuovo lavoro latino in memoria del prode pilota figlio del Duce, Bruno; l'opera è intitolata «Ad Bruni Mussolini memoriti m". L'opuscolo è stato tradotto dall'autore stesso e sarà pubblicato in due volte sul nostro giornale. Diamo oggi la traduzione della prima parte del lavoro. So bene che molti, o Bruno, colpiti dalla tua fine improvvisa,, in prosà o in versi si volsero a scrivere di te per esaltare la tua passione nel trasvolare terre ed oceani o per ricompensare di giusta ammirazione l'opera grandiosa da te intrapresa per congiungere colle Americhe Roma immortale1. Chi, difatti —' eccettuato un assai esiguo numero di uomini esperti dell'aviazione sorvolò l'Europa, l'Africa e l'America così spesso o con ardimento pari al tuo? Tu, col tuo aeroplano, senza riguardo a fatiche e pericoli, trascorresti d'una in altra parté>-&rEuropa colla velocità degli uccelli; te videro, stupefatti di meraviglia, i brulli deserti africani volare alto nel cielo; tu, con mezzi di nuovo gerieje inventati dagli uomini per spi are nell'infinito, approdasti, superando la oomune aspettazione, alle spiagge d'America: tu, alla testa di una squadra di velivoli, mettesti piede nelle isole poste tra l'Africa e il Brasile per scegliervi dei luoghi di sosta agli aeroplani adibiti al servizio di trasporto di uomini, di merci e corrispondenza dall'Italia in America e viceversa. Ahimè! com'è possibile che non ti volgessi mai a considerare a quanti e quanto grandi pericoli andassero incontro i piloti del cielo? Ignoravi forse la leggenda di Icaro che, come fantasticarono i poeti, mentre si avventurava in viaggi attraverso gli spazi celesti, perdette miseramente la vita? O credevi forse che la Divinità avrebbe da te stornato ogni pericolo in grazia del tuo coraggio o della utilità sociale che ti stava a cuore? Nulla di ciò può far presa nel mio animo, il quale inclina, invece, a ritenere che tu di nulla ti desti a ragion veduta pensiero, pur di condurre ad effetto il nobilissimo ideale che custodivi nel petto di annullare, col valore tuo e dei tuoi compagni di volo, lo spazio posto da natura tra 'l'Italia e il Brasile, istituendo tra esse un regolare servizio di navigazione aerea. Mi alletta a questo punto, o Bruno, ricostruire colla fantasia il tuo arrivo nel Brasile. / Quando ancora non era in vista la squadra di velivoli che tu guidavi, dai più alti edifici o dalie colline vicine o da altri posti elevati, donde potevasi più agevolmente vedere ogni cosa, molti, coi binocoli agli occhi, scrutavano' in ogni senso l'ampia distesa del cielo. Altrove, già, fin dallo albeggiare, così grande numero di uomini, di donne e di fanciulli s'era riversato sulle piazze che non si sarebbe potuto credere che esso potesse accogliersi in un tal luogo, ancorché di ampia distesa; ivi, poi, alcuni più provetti, in gruppo a parte, passavano il tempo ragionando dei pericoli che sovrastano a coloro che si avventurano in voli, o dei venti che contrastano i viaggi aerei o di incidenti anche insignificanti che all'improvviso sorgono a ritardare o ad accelerare la marcia prestabilita. Ecco d'un tratto che un grande rumore si diffonde nel cielo e subito vie- ne salutato per primo il velivolo da te pilotato, o Bruna, con grida del popolo tra le quali si coglievano questa parole: Evviva tu, o Bruno, e i tuoi compagni che avete trionfato delle distanze poste tra l'Italia e il Brasile! In questo mentre il velivolo, seguito a breve distanza da altri velivoli, si abbassa a grado a grado, come fanno gli uccelli, dalle sommità del cielo sulla piaggia e poco dopo insieme a te sbarcano da esso, ì'un dopo l'altra, i tuoi compagni. Nel vederli la massa imponente di popolo, come impazzita dalla gioia, applaude con quanto fiato ha in gola e, tosto, gli arditi piloti del cielo, portati a spalla da giovani robusti, fanno in città il loro ingresso trionfale. Chi potrebbe in prosa o in rima esprimere adeguatamente la gioia di tutta la città? Insigne fu veramente quel giorno e degno di essere con ragione registrato tra i fasti del Brasile. Ma dopo che tu, o Brunoi, e i tuoi compagni più volte con aspetto 'lieto ringraziaste dalla casa del podestà, ornata di frondi, il popolo che si era riversato sulla piazza per congratularsi, essendo ormai scesa la sera, poiché tutti ritornarono a casa felici di aver visto uomini così gloriosi dal cui approdo nella lor terra traevano i migliori auspici, anche voi, allora, stanchi dalla fatica del lunga viaggio, andaste a riposare. Per ritornare ora al punto da cui ci siamo sviati, io son portato a pensare che nessuno di tutti coloro che hanno scritto di te, o Bruno, ha avuto successo eguale a quello che, senza volerlo e senza alcun preordinato disegno © artificio, come accade alle cose che seguono il loro corso di natura, ha avuto tuo padre con quel libro che s'intitola «Parlo con Bruno», non per magnificare le tue belle e ardite imprese — cosa, per, altro, che sarebbe rientrata nel suo pieno diritto sè egli avesse avuto l'intenzione di farla — ma per proporre come esempio ai giovani un tenore di vita in cui'nulia potevasi desiderare che non si accordasse colla saldezza d'animo, coll'amor di patrio, e colla comprensione fascista volti al fine di ciò che potesse, senz'ombra alcuna di privato tornaconto, ridondare a utilità sociale. Chi potrebbe poi leggere il libro, di cui andiam discorrendo, senza lacrime? In esso infatti tutti i fatti della tua vita, o Bruno, dal primo momento della tua venuta al monda fino al-l'ultiifio di permanenza in esso, sono esposti con tanta verità e semplicità, senza fronzoli di stile, che non solo non stancano il lettore, ma, senza sforzo, lo conducono a piangere sulla tua fine immatura. Poiché in prima linea la naturale tua indole, o Bruno, che rifuggì da tutte le comodità di cui si fanno schiavi gli altri giovani della tua età, la tua ardente passione di uscire dalla comune schiera colle tue forze e senz'alcun aiuta paterno e di guadagnarti meritamente una bella fama, la incrollabile volontà di avere — dopo Balbo e altri pochissimi veramente eccelsi in materie di azione — il primato nel guidar velivoli e nel compiere viaggi di lungo respiro per gli spazi celesti; il tuo timore non scevro da accorata mestizia che il tuo autentico valore potesse sembrare ingrandito agli inetti perchè appartenente alla Casa Mussolini; gli allenamenti pieni di fatiche e pericoli mai intralasciasti pur di raggiungere la meta; il coraggio col quale, nei boschi abissini, colpisti a morte, colla abilità del più provetto cacciatore specializzato, un grosso esemplare di elefante; tutta la tua vita, insomma, ancorché racchiusa in breve spazio di tempo, rimarrà nel cuore degli Italiani un monumento, per dirla con Orazio, più duraturo del bronzo, di indefesso lavoro, di volontà tenace e di probità degna d'ammirazione. Che cosa infatti ti fece difetto per meritare di essere inscritto nel libro d'oro dei benemeriti della patria? Prima di ogni altra cosa, per tutta la vita fosti così comperata dell'idea fascista che non sembra ingiustificata l'opinione di coloro che dicono d'essere tu nato fascista: invero fin dal primo nuovo assetto nazionale che seguì alla Rivoluzione fascista — su cui anche tuo £io, uomo di ingegno e di mente- non comune, tenne a Milano quel memorabile discorso «Coscienza e Dovere» quando nell'Anno XIII fu, col consenso unanime, di tutta la città, inaugurata quella Scuola di Mistica fascista che aveva per scopo di istruire i cittadini, e in particclar modo i giovani, in quei precetti che^ colla passione al lavoro e alia pratica dei doveri, riuscissero di onore alla patria — avesti per fermo che Roma avrebbe richiamata sii Italiani a una disciplina di vita in rispondenza alle necessità che impone l'epoca presente di spianarsi la via ai progressi naturali alla loro origine. Né t'ingannasti; poiché tutti vedono oggi con quanto sforzo gli Italiani si avviino appunto a tali progressi . Tommaso Frosini La celebrazione dei 23 marzo Il 23 marzo è stato celebrato a Capodistria con cerimonie semplici ma improntate alla maggior signifì-cv.z. ae, il XXIII annuale della fondazione dei Fasci di Combattimento. Ài ! p attino alle ore 8 precise davanti alla Casa del Fascio presente il reparto d'onore venne fatto l'alzabandiera; una formazione di trombettieri della «Gii» ha eseguito gli squilli regolamentari. Alle ore 8 ha avuto inizio la guardia al Sacrario dei Caduti: il primo turno di guardia venne fatto dal segretario politico e da uno squadrista. Gli altri turni vennero fatti da squadristi, giovani del «Guf» e della «Gii» e da ufficiali dell'«Unuci». Tutti gli edifici pubblici e le sedi delle organizzazioni del P. N. F. hanno esposto la bandiera durante tutta la giornata. Nel pomeriggio è giunto nella nostra città il Vicefederale comandato dell'Istria, dott. Ca-sagrandi per tenere aile ore l'ì la celebrazione dell'annuale dei Fasci nel teatro del Dopolavoro. Alla sua presenza alle ore 18.30 ebbe luogo l'ammaina bandiera. Assieme ai gerarca provinciale erano il segretario politico, il vicecomandante del-della «Gii» e gli squadristi. La bandiera venne salutata dai regolar.' squilli e da un reparto armato della «Gii». Subito dopo l'ammaina bandiera i reparti della «Gii» si adunarono nel cortile di Santa Chiara da dove inquadrati mossero verso il teatro del Dopolavoro in cui frattanto si erano adunati tutti i fascisti e gran folla di cittadini. Nelle prime file sedevano le autorità e le famiglie dei Caduti e dei combattenti. Gli squadristi scortarono al teatro il gagliardetto del Fascio, la fiamma della squadra d'azione di Capodistria e la bandiera dei volontari e combattenti. All'arrivo del Vicefederale i trombettieri suonarono l'attenti. Salito sul palco col Vicefederale il segretario politico ordinò ai presenti il saluto al Re Imperatore e al Duce/cui fecero eco due fervidi gridi di fede. La centuria corale della «Gii» intonò subito dopo «Giovinezza» e l'«Inno dell'Impero». Nel palco stavano le insegne del Fascio scortate dagli squadristi, quelle dei volontari e combattenti scortate dai giovani del Littorio. Grandi bandiere incorniciavano la effige del Duce. Il Vicefederale dott. Casagrandi prese subito la parole dopo cbe ebbero termine gli inni della Patria. La orazione del dott. Casagrandi, tutta pervasa da una intensa commozione, con alti momenti poetici in diversi luoghi ha riscosso dal pubblico gli applausi ripetuti. La centuria corale della «Gii» cantò subito l'«Inno a Roma» e «Vincere»; il segretario politico ordinò poi il saluto al Re Imperatore e al Duce. Indi lanciò con forte voce il grido «a chi la vittoria?»: i fascisti ed i giovani con impeto hanno risposto con un poderoso «A noi!». IL PREFETTO E IL FEDERALE a Capodistria Martedì 25 marzo è giunto a Capodistria il Prefetto dell'Istria Ecc. Vincenzo Rerti assieme al Segretario Federale cons. naz. Nicola Renagli. Accompagnavano i gerarchi il cons. naz. Paolo Dacò. Ispettore confederale dei Lavoratori dell'industria, e il dott. Stagno della confederazione provinciale industriali. Nella sede del Comune erano a ricevere il Capo della Provincia e il Segretario Federale il Vice Federale Comandato dott. Casagrandi giunto nella mattinata nella nostra città, il Commissario Prefettizio, il Segretario Politico, il tenente comandante la compagnia Carabinieri Reali, il Commissario di P. S. Accompagnava le autorità il dott. Ettore Cozzani, direttore dell'«Eroi-ca". Nella sede podestarile il Prefetto ed il Federale si sono intrattenuti con il Commissario Prefettizio e con il Segretario Politico sulle questioni più importanti del momento. Indi l'Ecc. Rerti ha fatto una rapida visita in tutti i locali del Municipio sostando con i diversi capo ufficio. Dal comune i gerarchi si sono portati al Sacrario di Nazario Sauro ove vennero ricevuti dal figlio dell'Eroe Adriatico, dott. Italo Sauro: hanno sostato in devoto raccoglimento per qualche minuto dinnanzi all'effige del martire Capodi-striano ed hanno visitato minutamente i cimeli raccolti nel Sacrario. Si sono recati quindi a fare una visita a degli stabilimenti industria- li cittadini interessandosi sull'andamento degli attuali lavori. L'Ecc. Rerti ed il Federale si sono diretti poi al Fascio di Combattimento nella cui sede hanno trattato delle importanti questioni industriali e commerciali con i rappresentanti delle locali industrie. Ultimata anche questa visita l'Eccellenza Rerti, accompagnato dagli altri gerarchi della provincia, è ripartito alla volta di Isola d'Istria. Visita del Vicecomandante Federale della C. I. L. Sabato sera alle ore 19 è giunto a Capodistria, proveniente da Isola, il Vicecomandante federale della «Gii» istriana. Sotte, ricevuto dal Segretario Politico, comandante della «Gii», dal Vicecomandante della «Gii» e dai dirigenti delle organiz-zioni giovanili. Il Vice federale si è portato immediatamente nella sala della Loggia per assistere ad alcune esecuzioni della centuria corale della «Gii». I giovani hanno eseguito l'Inno dell'Impero, la Montanara, Vincere e Lillì Marleen. Il gerarca si è vivamente compiaciu'o col maestro Conpili, istruttore della centuria corale, e con i giovani ai quali ha raccomandato la massima disciplina nelle lezioni di canto, affinchè possano degnamente rappresentare la nostra provincia al concorso nazionale delle centurie corali della «Gii» a Roma. Il Vice federale ordinò il saluto al Duce e il Segretario Politico lanciò il grido «a chi la Vittoria?» cui risposero due entusiastici «A noi». Il Vice federale recatosi alla sede del Comando della «Gii» si è intrattenuto per qualche tempo con i dirigenti delle organizzazioni maschili e femminili del Littorio della nostra città. Dopo aver accennato all'onore avuto nel rappresentare ed aiutare il Segretario federale per la parte interessante le organizzazioni giovanili, il Gerarca ha tracciato le direttive per l'attività della «Gii» raccomandando di curare soprattutto l'educazione spirituale dei giovani. in modo che essi siano pronti a rispondete degnamente quando la Patria li chiamerà. Ultimato il rapporto ai dirigenti il Vice Comandante federale della «Gii» è ripartito alla volta di Pola. „Credere e Vincere" esprime ai camerati Ugo, Ezio e Paolo Longo attualmente alle armi e al camerata dott. Umberto Longo il vivo cordoglio delle Camicie Nere capodistriane, per il grave lutto che li ha colpiti con la perdita dell'adorata mamma. LA MORTE DEL CADETTO GIANNI RISI Abbiamo appreso la notizia della morte di Gianni Risi con una commozione intensa. Lo avevamo veduto sino a pochi giorni innanzi con noi a tutte le adunate della GIL, lo avevamo sentito accanto a noi esuberante di giovinezza, fiero della sua giovane volontà. Un morbo crudele lo ha spento appena diciottenne: era ancora un fanciullo direi. Un fanciullo che aveva dato però tutta la vita alle organizzazioni del Littorio, che aveva in ogni occasione porto la sua mano per fare tutto il suo dovere. Era partito con noi nel 1940 per la Marcia della Giovinezza. Era già re-duce da due campi della GIL in cui si era sempre meritato l'elogio dei suoi superiori per la disciplina e le capacità dimostrate. Era ritornato fiero del dovere compiuto per dare ancora la sua opera in seno alla GIL e al Dopolavoro. Gli venne affidato il comando di un plotone, partecipò ad un altro campo estivo, fu ottimo istruttore del centro premilitare. Improvvisamente la nera parca 10 ha ghermito. Tutti i suoi camerati che lo ebbero sempre come uno degli amici più cari lo hanno seguito all'estrema dimora. Accanto a lui erano pure il gerarchi della GIL locale con a capo il Segretario Politico. Dopo le esequie nella cattedrale, 11 feretro portato a spalla da sei volontari dei Rattaglioni della Giovinezza e scortato dagli avanguardisti Moschettieri, venne portato attraverso le vie cittadine sino alla Muda ove venne fatto l'appello del Cadetto Gianni Risi, secondo il rito fascista. Il ricordo dell'ottimo graduato, il ricordo del giovane camerata rimarrà per sempre in noi che lo abbiamo conosciuto ed amato. «Credere e Vincere» nell'esprime-re alla famiglia il suo commosso cordoglio saluta ancora una volta la memoria di una Giovane Camicia Nera che tutto diede per la Patria fascista. Vittoria di Pallacanestro Si è disputata domenica alle ore 15, sul campo di Santa Chiara, la partita per il trofeo «Rruno Mussolini», tra le squadre della «Gii» di Pola e della «Gii» di Torino. Le capodistriane che, nella importante competizione cestistica rappresentano l'Istria, hanno dimostrato ancora una volta le loro ottime qualità di gioco aggiudicandosi ancora una bella vittoria. Direttore responsabile il Segretario Politico Bruno Boico Redattore capo Fulvio Apollonio