Pier Marco Bertinetto Scuola Normale Superiore Pisa CDU 805.0-25 : 801.56 METAFORE TEMPO-ASPETTUALI 1. INTRODUZIONE II ricorso alia nozione di "metafora", a proposito di fenomeni appartenenti al dominio tempo-aspettuale, non é certo cosa nuova. L'idea é giá presente in Quintilia-no, come ci ricorda Dietrich [1987], ed é stata ripresa in tempi moderni almeno a partiré da Weinrich [1964].1 Nell'accingermi a stendere queste pagine, non ho dunque la presunzione di proporre un'ottica innovativa, bensi di delineare un quadro d'insie-me che aspiri ad una certa sistematicitá. Tutt'al piü, se proprio devo rivendicare a me stesso un intento teorico nobilitante, avanzeró la speranza che la compilazione di un elenco di fatti ascrivibili alia categoría delle metafore tempo-aspettuali possa servire a definire meglio i contorni di questo insieme di fenomeni. Su questo punto ritorneró al termine della mia esposizione. L'estensione del concetto di metafora a fatti estranei all'ámbito prettamente les-sicale non richiede una giustificazione particolarmente elaborata. Se assumiamo che la metafora consista essenzialmente, nella sua manifestazione piü tipica, nell'inseri-mento di una parola (o sintagma) in un contesto semánticamente "controdeterminan-te",2 apparirá chiaro che tale nozione puó essere fácilmente ampliata, fino ad includere analoghe violazioni delle attese che si registrino anche in ambiti diversi da quello lessicale. Del resto, qualunque sia l'ambito, il meccanismo di decodifica sará evidentemente il medesimo. Di fronte alia comparsa di un elemento contestualmente 1 II modo in cui Weinrich utilizza tale nozione é peraltro criticato da Rohrer [1986: 94-95]. Tra i lavori recenti in cui si fa apertamente riferimento al concetto di metafora temporale, vorrei súbito ricordare Fleischman [1989], che avró occasione di citare ripetutamente, nonché Berrettoni [1972] per quanto attiene il dominio propriamente aspettuale. Un esplicito riferimento compare anche in Caubet [1986], a proposito del Participio Imperfetto dell'arabo (marocchino), che in particolari contesti puó assumere valore di passato o di futuro. 2 Eviteró studiatamente di affrontare qui il problema, tutt'altro che scontato, della definizione del concetto di MF. La bibliografía disponibile sulPargomento é, notoriamente, alquanto imponente. Ritengo comunque che la nozione di "controdeterminazione" (un termine applicato per la prima volta in quest'ambito, se non vado errato, da T. van Dijk), sia sufficientemente neutra per poter essere accolta da tutti. Vorrei soltanto precisare che la nozione di "controdeterminazione" non implica necessariamente la presenza di esplicite violazioni a livello di compatibilitá sintagmatica; il processo di metaforizzazione puó infatti esplicarsi anche nel rapporto che un enunciato, superficialmente privo di scarti dalla norma, instaura con la realtá denota ta (es. II gallo ha contato, detto irónicamente di un essere umano). La radice ultima della metafora é quindi da ricercarsi a livello pragmático, piuttosto che strettamente semántico. 89 inatteso, in quanto controdeterminato, si instaura una sorta di reazione "terapéutica", consistente nella costruzione di un percorso mentale che oscilla tra i due poli del senso letterale e del senso figurato. Credo sia legittimo, a questo riguardo, il richiamo aile massime griceane délia conversazione, in particolare alla massima délia "pertinenza", che vuole che il contenuto di un atto comunicativo sia sempre consono aile intenzioni comunicative del locutore. Se, localmente, puô sembrate che tale pertinenza venga meno, e se peraltro si hanno buone ragioni per ritenere che il locutore sia nel pieno possesso delle proprie capacité verbali e animato da intenzioni collaborative, non resta appunto che far ricorso ai meccanismi restaurativi imposti dalla decodifica dei messaggi figurati, che consistono nell'assegnazione di nuovi significad a significanti già noti. Una creazione metafórica davvero inconsueta e sorprendente determina una con-dizione di incessante andirivieni tra i due poli del senso letterale e del senso figurato, senza che la mente possa insistere su un preciso bersaglio semántico, definito già in partenza e direttamente richiamato dal particolare significante adoperato. Quando questi presupposti si verificano, abbiamo una metafora alio stato puro, che produce come risultato un ampliamento delle possibilité di senso, e che non a caso viene fre-quentemente sfruttata, oltreché in poesia, in tutte le circostanze in cui si abbia l'esi-genza di colmare una lacuna nelle potenzialità espressive del lessico. Ma un elemento risulta auténticamente controdeterminato dal contesto solo quando la metafora si presentí, appunto, alio stato puro, ossia prima délia sua (più o meno spinta) standardizzazione. In ámbito lessicale si è soliti distinguere, a questo riguardo, tra metafora "viva" e metafora "morta"; ed è chiaro che non si tratta di una dicotomia netta, bensí di un gradatum avente ai suoi estremi i due termini indicati. Questa stessa distinzione (e gradazione) si applica peraltro anche ad ambiti diversi, quale ad esempio quello che viene preso in considerazione in questo scritto. La diffe-renza rispetto all'ambito lessicale è, in effetti, del tutto trascurabile: se là si parla, a proposito delle metafore morte, di completa "lessicalizzazione", nel dominio tempo-aspettuale si parlera piuttosto di completa "grammaticalizzazione." Quali sono allora, a parte il lessico, gli ambiti in cui possiamo aspettarci di trovare fenomeni di metaforizzazione? Owiamente, tutti quelli dotati di un intrínseco contenuto designativo. Questa constatazione ci porta subito ad escludere la fonología e la sintassi3 che agiscono a livelli di notevole astrazione. Resta invece disponibile la morfología, che mantiene una propria capacità designativa, certamente variabile a seconda degli specifici sottosettori, ma pur sempre presente. Dietrich [1987] cita, a questo riguardo, una serie di fenomeni, tra cui mérita menzionare ad esempio (a parte le 3 Tutt'al più, potremo parlare del potere evocativo dei suoni a livello propriamente fonético, una in assenza sempre di un'autentica capacita designativa. In effetti, non sembra possibile ipotizzare una MF a livello fonosimbolico. Quanto alia sintassi, non si vuole qui certo negare che essa possa rendersi disponibile per usi figurati; semplicemente, non si tratterà di metafora. Per una trattazione recente e sistemática dei fenomeni retorici, cf. Mortara Garavelli [1989]. 90 metafore tempo-aspettuali, che sono l'oggetto di questo lavoro): il "pluralis maiestatis", certi usi dei diminutivi, l'uso dell'impersonale per la prima persona plurale, etc. Un caso particolarmente eclatante di metaforizzazione a livello morfologico ci è offerto dall'opera poética di E.E. Commings (ovvero "e.e. cummings", com'egli ama-va firmarsi), in cui si trovano frequenti violazioni délia grammatica, aile spese speci-ficamente délia morfosintassi. Troviamo ad esempio awerbi o verbi che diventano nomi (they said îheir nevers, he danced his did), verbi che entrano a far parte di costrutti avverbiali (little by little and was by was), e via elencando. Ovviamente, queste torsioni semantiche riguardano anche la sintassi, e non potrebbe essere diversamente; ma mentre le violazioni délia sintassi, com'era prevedibile, restaño imbri-gliate al livello esclusivamente grammaticale, le torsioni cui venne sottoposta la morfología sono suscitatrici di nuovi sensi designativi, ossia generano la necessaria reazione terapéutica nel lettore cha voglia individuare un senso (tra i tanti possibili) nella pagina di Cummings. Tra i vari compartí délia morfología, la morfología verbale costituisce certamente un settore privilegíate per l'instaurarsi di superfetazioni metaforiche. I Tempi4 verbali possiedono infatti un owio contenuto designativo, in quanto segnalano ad es. una certa localizzazione temporale, opportunamente orientata rispetto al momento dell'e-nunciazione. Mérita dunque studiare il fenomeno in tutta la sua portata, come mi propongo di fare nei paragrafi che seguiranno. A questo scopo, pur senza rinunciare occasionalmente a citare lingue diverse dall'italiano, fondero la mía argomentazione soprattutto su esempi tratti dalla mía lingua nativa; e ciô non solo per mía comodità, ma anche e soprattutto per rendere omaggio alla personalità dell'omaggiato, che pro-prio all'italiano ha dedicato i prodotti più cospicui délia sua intensa vita di studioso. 2. UNO SCHIZZO DEL SISTEMA TEMPO-ASPETTUALE Ai fini del discorso che intendo svolgere, occorre innanzi tutto rammentare gli elementi portanti su cui si articolano i sistemi tempo-aspettuali delle lingue naturali. La questione potrebbe sembrare ovvia, se non fosse in realtà oggetto di discordia tra gli specialisti: è noto infatti che in questo settore délia ricerca lingüistica sussistono tuttora notevoli divergenze d'opinione. Seguendo un'impostazione largamente condivisa tra gli specialisti, assumerô dunque che i sistemi tempo-aspettuali siano fondati sull'interazione dei tre seguenti fattori [Bertinetto 1986]: - L'Azione verbale (ted. Aktionsart), che definisce la natura dell'evento. Per es.: stato vs. processo, telico us. non-telico, durativo us. non-durativo. Si tratta di un fattore necessariamente presente in ogni lingua, anche se non sempre sottoposto 4 Adopero l'iniziale maiuscola per segnalare che la parola "Tempo" va presa nella sua accezione lingüistica, nettamente distinta dall'accezione fisico-cronologica. Lo stesso farô per i concetti di Azione, Aspetto e Modo verbale, nonché per le designazioni dei singoli Tempi. 91 a processi di esplicita morfologizzazione (come awiene típicamente nejle lingue slave). L'Aspetto verbale, che esprime la particolare prospettiva, o punto di vista, assunta dal locutore rispetto all'evento descritto. A ció fanno riferimento etichette quali "perfettivo us. imperfettivo",5 "aoristico vs. compiuto", "progressivo vs. abitua-le". - II riferimento temporale, ossia la specificazione delle relazioni temporali che gli eventi indicati dai vari Tempi verbali assumono nei confronti del "momento dell'enunciazione" (riferimento deittico), o nei confronti di opportuni "momenti di riferimento", a loro volta situabili rispetto al "momento dell'enunciazione" (riferimento anaforico). La nozione di Tempo verbale nasce dall'interazione dei due ultimi fattori, e rap-presenta la grammaticalizzazione precipua, alPinterno di una determinata lingua, delle opzioni teóricamente disponibili. Ció significa, specificamente, che i Tempi manifestati in concreto in una data lingua possono anche limitarsi ad attivare un ri-stretto sottoinsieme di potenzialitá, a livello di Aspetto e di riferimento temporale; e in effetti, questa é la norma, anche se si danno sistemi tempo-aspettuali eccezional-mente ricchi (vedi il búlgaro). A tale fenomeno di precipua grammaticalizzazione, realizzato da ogni singóla lingua, si allude, tra l'altro, ogni qual volta ci si riferisca alio scarto che esiste tra la nozione di tempo físico e la nozione di Tempo lingüístico. Cosi, per fare un esempio (tanto ovvio da apparire quasi scontato), una certa lingua puó essere priva di uno specifico Futuro, in quanto Tempo verbale, senza ovviamente mancare della possibilitá di alludere ad eventi futuri. Ovviamente, la relativa povertá che puó caratterizzare il sistema tempo-aspettua-le di una lingua rappresenta di per sé un fattore scatenante di metaforizzazione. Con questo espediente, una lingua povera di mezzi espressivi puó riuscire ad accrescere le proprie potenzialitá. Ma per trovare esempi di metaforizzazione, nell'ambito che ci interessa, non é necessario pensare a sistemi particolarmente poveri sul piano aspet-tuale (come il tedesco) o del riferimento temporale (come il russo). Anche lingue relativamente ricche sull'uno e sull'altro piano, come l'italiano, presentano indubita-bili fenomeni di espansione metafórica a livello tempo-aspettuale. Nei paragrafi seguenti cercheró dunque di individuare, senza peraltro aspirare all'esaustivitá, una serie di metafore ascrivibili ai tre settori sopra elencati: Azione, Aspetto e riferimento temporale. 5 Come é noto, attorno alie etichette di "perfettivitá/imperfettivitá" mota un profondo contrasto d'opinioni. Le medesime etichette sono adoperate sia per riferirsi a fenomeni quale l'opposizione tra Imperfetto e Perfetti (osservabile per es. nelle lingue romanze), sia per designare le opposizioni lessicali típicamente manifestate nelle lingue slave. Non intendo affrontare l'argomento in questa sede: la mia posizione al riguardo é comunque espressa, oltreché in Bertinetto [1986], in Bertinetto & Delfitto [1992]. Mi limiteró a diré che, nella mia concezione, le opposizioni lessicalizzate nelle lingue slave appartengono piü propriamente alia categoría dell'Azione verbale, piuttosto che a quella delP Aspetto. 92 3. METAFORE AZIONALI Dei tre settori indicati nel paragrafo precedente, l'Azione verbale è indubbiamen-te il meno caratterizzante ai fini délia nostra analisi. Si direbbe infatti che la créativité metafórica trovi, nel dominio dell'Azione verbale, cospicui ostacoli al proprio dispie-garsi. A meno che non si tratti invece di un fatto talmente pervasivo, da risultare proprio per questo difficilmente apprezzabile. Questo potrebbe in effetti essere il caso délia nozione di "non-duratività", che appare spesso rappresentata in maniera intermittente nei singoli predicati. Si pensi ad un típico verbo non-durativo, quale partiré: esso è, prevedibilmente, compatibile con awerbiali puntuali (cf. [1]) ed è invece in-compatibile, di nuovo secondo le attese, con awerbiali durativi quali i culminativi ed i delimitativi (cf. [2-3]): [1] Giorgio è partito aile 5 in punto [2] *Giorgio è partito fino aile 5 [3] * Giorgio è partito dalle 3 aile 5. Tuttavia, e stavolta contro le attese, questo verbo è anche compatibile con un avverbiale durativo quale "in X Tempo": [4] Giorgio è partito in due ore. Le considerazioni da fare a questo proposito sono di duplice natura. Da un lato, occorre notare che il concetto stesso di non-duratività è necessariamente vago e impreciso, poiché qualunque evento, per quanto istantaneo, richiede sempre un interval-lo di tempo per il proprio espletamento. Dall'altro lato, tuttavia, se si tiene conto del fatto che l'atto del partiré, in se stesso, non puô che essere un evento non-durativo (come mostra [1]), dobbiamo concludere che l'accettabilità di [4] presuppone un in-tervento terapéutico nei confronti di un elemento che appare controdeterminato dal contesto in cui è inserito. In casi simili, infatti, la durata cui fa riferimento l'awerbiale non viene attribuita all'atto del partiré, bensi alla fase preparatoria di tale atto. Il carat-tere specifico di tale fase preparatoria dipende, in concreto, dai precipui connotati dell'evento considérate; esso è dunque regolato, in ultima analisi, da fattori di natura squisitamente pragmatica. Resta comunque il fatto che i parlanti sanno compiere sen-za sforzo alcuno questi adattamenti, che restituiscono plausibilità aU'inserimento del verbo non-durativo in un contesto apparentemente controdeterminante. In effetti, l'e-sigenza di attuare simili interventi è ulteriormente ribadita dall'esistenza di enunciati come: [5] Giorgio sta partendo in cui il progressivo produce l'effetto di durativizzare l'evento, secondo l'analisi che ormai si tende a dare di simili contesti. Si tratta dunque di una metafora azionale? Confesso di non avere una risposta definitiva a questo riguardo. La dinamica di generazione del senso sembra essere affine, se non idéntica, a quella del processo di metaforizzazione. Tuttavia, la genera- 93 lita del fenomeno (che si applica a tutti i verbi non-durativi6) sembrerebbe indicare ché il fenomeno dipende da precisi connotati semantici, comuni a tutti questi predica-ti, anziché da un meccanismo di restaurazione del senso attuato caso per caso. Questo é un fatto che va sottolineato, perché si assume normalmente che la metaforizzazione si applichi a singóle parole (o sintagmi) in rapporto a specifici contesti, piuttosto che ad intere classi di parole. Comunque sia, é chiaro che se di metafore si tratta, deve trattarsi di metafore decisamente "morte", in quanto rígidamente codifícate. Riprenderemo il discorso su questo punto nel paragrafo conclusivo. 4. METAFORE ASPETTUALI. II comparto dell'aspetto verbale risulta decisamente piü generoso, per quanto riguarda l'esito della nostra ricognizione. Un típico caso di metafora aspettuale é notoriamente costituito dal cosi detto Imperfetto "narrativo", che consiste essenzialmente nell'inserimento di un Imperfet-to, un Tempo di natura imperfettiva, in contesti perfettivizzanti. Si vedano questi due caratteristici esempi: [6] Quel pomeriggio, messo alie strette, l'imputato parlava ininterrottamente per due ore [7] Quell'anno, Luigi lo veniva a trovare tre volte. In [6] abbiamo un evento di cui viene dichiarata esplicitamente la durata; in [7] abbiamo invece una serie numéricamente determinata di occorrenze, che compongo-no nel loro insieme un macroevento. Nell'uno e nell'altro caso mancano, evidentemente, i presupposti per poter avere una visione auténticamente imperfettiva, dal momento che quest'ultima é incompatibile con indicazioni di durata determinata, o di iterazione determinata [Bertinetto 1986]. Siamo dunque in presenza di contesti con-trodeterminanti, che richiedono un intervento "terapéutico" da parte dell'utente lingüístico. E l'intervento consisterá, appunto, nell'assumere un punto di vista "pseudo-imperfettivo", in cui la situazione viene messa a fuoco "come se" dawero se ne potesse ignorare la conclusione, nonostante il fatto che questa venga esplicitamente indicata dal contesto. Questo é, senza alcun'ombra di dubbio, un procedimento di metaforizzazione. Difatti, é proprio in relazione ad esempi di questo tipo che Berret-toni [1972] ha invocato il concetto di "metafora aspettuale". E come in ogni metafora che si rispetti, anche qui possiamo avere livelli diversi di "vitalitá", anche in rapporto al particolare ámbito discorsivo. In certi stili di discorso (come la cronaca sportiva o il verbale di polizia o la commemorazione), l'uso 6 Per la venta, questa affermazione non é esatta. A mío avviso, infatti, la categoría dei verbi non-durativi si scinde in due sottoclassi; i puntuali ed i trasformativi. Solo questi ultimi hanno la proprietá di combinarsi conl'avverbiale "ireX Tempo". Si veda, a questo proposito, l'analisi proposta in Bertinetto [1986]. Tuttavia, poiché nella classificazione di Vendler [1967], cui generalmente si fa riferimento, tale distinzione non viene falta, ho preferito evitare di complicare inútilmente la discussione. 94 deirimperfetto "narrativo" sembra soggiacere ad un processo di standardizzazione, che ne riduce alquanto l'impatto. La sua presenza, in simili contesti, appare relativamente prevedibile. Cosi non é invece nella lingua letteraria, in cui la comparsa di questo stilema non é regolata da consuetudini codifícate, ma dipende sempre da precise intenzioni stilistiche. Si veda il seguente esempio: [8] "A queste parole, Gertrude rimaneva come sbigottita." (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. X) Una puntuale ricognizione sul testo ci fa comprendere quanto sia calcolato questo inserimento dell'Imperfetto. Nei capoversi immediatamente precedenti, infatti, troviamo sempre dei Perfetti ("...esclamó Gertrude... riprese incontanente il principe... scosse un campanello... disse... seguitó..."). L'irruzione dell'Imperfetto in una sequen-za di eventi cronológicamente concatenati, e dunque necessariamente visti secondo un'ottica perfettiva, ottiene un vistoso effetto di sottolineatura, con una sorta di rallen-tamento e dilatazione del flusso temporale.7 Ció che contraddistingue l'uso letterario dellTmperfetto "narrativo" é quindi la consapevole ricerca di una condizione di am-bivalenza, generatrice di un'oscillazione o sospensione del senso, che resta catturato in un complesso gioco di rifrazioni semantiche. L'Imperfetto "narrativo" che troviamo invece nei contesti caratterizzati da un elevato grado di codifícazione stilistica, come la giá citata cronaca sportiva, non gode di queste prerogative. L'accentuata consunzione dell'espediente figúrale invita ad una ricezione puramente "transitiva", consistente nella mera riassegnazione di un signifi-cato aspettuale perfettivo ad un significante normalmente deputato ad esprimere senso imperfettivo. Cosi, evidentemente, non doveva essere agli inizi, quando l'Imperfetto "narrativo" era ancora sentito come una novitá stilistica, persino nell'ambito della cronaca sportiva; ma l'uso intensivo di questo stilema ha finito per annullarne le po-tenzialitá di sollecitazione semantica, trasformandolo inun semplice segnale di speci-ficitá discorsiva, secondo le consuete procedure semiotiche della connotazione.8 Un altro esempio di metafora aspettuale é quello che si riscontra in ció che po-tremmo chiamare Presente "inattuale". Si tratta certo di un impiego limitato, ed osser-vabile solo nella lingua colloquiale, ma non per questo privo di interesse. Si veda il seguente scambio di battute tra amici, che possiamo ambientare in un bar: [9] -Suwia, prendí ancora un bicchierino! - No grazie, sto guidando. Data la situazione, é evidente che il secondo locutore non puó trovarsi alia guida del proprio automezzo. Ciononostante, egli si considera idealmente impegnato in tale 7 Si noti che il Perfetto Semplice di rimanereavrebbe, nell'es. [8], senso ingressivo, comespesso accade coi verbi stativi. L'Imperfetto produce invece una situazione ambigua: da un lato, esso si vede assegnare un'inteipretazione ingressiva dal contesto di natura perfettivizzante, dall'altro mantiene, almeno in parte, le proprie valenze imperfettive, che ne garantiscono il consueto senso durativo. 8 Si ritiene comunemente che l'Imperfetto "narrativo" sia un'invenzione relativamente recente, prodottasi sul finiré del secolo scorso. In realtá, é lecito ritenere che prodromi indubitabili di questo stilema si siano avuti fin dalle fasi antiche dei volgari romanzi, caratterizzati non a caso da una maggiore flessibilitá per quanto riguarda le commutazioni aspettuali [Bertinetto 1987]. 95 attività, che presumibilmente ha interrotto solo per un breve istante. L'inattualità dell' evento si scontra dunque con la supposta attualità che ad esso viene conferita dal locutore. Ció è evidentemente legato all'uso del progressivo, che di solito coglie l'e-vento in un preciso istante del suo svolgimento.9 In sostanza, il locutore vede se stesso "come se" fosse impegnato nella guida; e l'interlocutore, presupponendo nell'altro (correttamente) una leale intenzione comunicativa, trasferisce l'attualità dell'evento su di un piano puramente metafórico. Lo stesso accade, del resto, in un enunciato quale il seguente, che puo essere pronunciato da qualcuno che sia in tutt'altre faccen-de affaccendato: [10] Questa settimana sto riordinando la mia biblioteca. Questo particolare meccanismo designativo richiama, per analogía, quello che è all'opera in svariate accezioni "modali" dellTmperfetto, che non a caso è stato spesso definito il Tempo dell'inattualità per eccellenza (cf., per es., Coseriu [1976]). Si pensi allTmperfetto "onírico" e "fantástico", o all'Imperfetto "stipulativo" (quello impiega-to dai bambini nella predefinizione dei rispettivi ruoli, nel gioco che stanno per intra-prendere).10 Si tratta di altrettanti casi di proiezione degli eventi in un mondo possibile, frutto di immaginazione (magari legata a processi dell'inconscio, come av-viene nel sogno). Questi usi appaiono perfettamente canonici nelle lingue romanze; anzi, come abbiamo appena notato, secondo certi studiosi si potrebbe addirittura asserire che questa è la caratteristica saliente dell'Imperfetto, almeno nella sua presente físiono-mia. Tuttavia, preferisco pensare che questi usi "modali" siano sorti, ail'origine, come naturale estensione, in seguito perfettamente riassorbita nella grammatica, di talune potenzialità di senso implicite nelle propriété aspettuali di questo Tempo. Trattandosi infatti di un Tempo decisamente imperfettivo, e dunque disponibile all'interpretazione progressiva, esso si presta naturalmente bene, secondo le rególe della concatenazione dei Tempi, ad esprimere la nozione di simultanéité nel passato (es. Quel giorno, Luca mi disse che sua sorella si stava preparando alia partenza). Questo significa che l'Imperfetto puo rinunciare ad indicare una propria localizzazione temporale, limitan- 9 E' importante rammentare che la visione progressiva comporta una radicale indeterminatezza, circa la prosecuzione dell'evento al di là dell'istante focalizzato. Nell'esempio citato, dunque, la frase non verrebbe falsificata dal fatto che il locutore non riprendesse poi la guida del proprio veicolo. Ció che conta è la prospettiva che si ha dell'evento in un particolare istante, detto "istante di focalizzazione" [Bertinetto 1986], Un fenomeno in qualche modo connesso con quello del Presente "inattuale" è il senso "imminenziale" o "conativo" che, com'e risaputo, l'aspetto progressivo induce nei verbi telici (rispettivamente, trasformativi o risultativi; cfr. Bertinetto [1986] peruna proposta organica di classificazione azionale dei predicati). Pensó ad esempi quali: Ancora un po', e la corda si spezzava (scil. "stava per spezzarsi"), oppure: Ti ricordi quella volta, quandoMario disponeva ifogli sultavolo, incurante del vento? (scil. "tentava di disporre"). Anche questo è un effetto di natura metafórica, in cui I'evento viene presentato "come se" si fosse verificato; e la sua origine sta, chiaramente, nelle intrinseche propriété della visione aspettuale progressiva. 10 L'Imperfetto "stipulativo" è sostituito, in inglese, dal Futuro. Si tratta, comunque, di un'altra forma di distanziamento dalla realtà attuale [Fleischman 1989:16]. 96 dosi a riflettere quella che gli viene trasmessa dal contesto. Non per nulla, esso viene spesso impiegato a proposito di eventi che sono tuttora in corso, per i quali potrebbe essere utilizzato altrettanto bene un Presente (es. Galileo affermó, contro l'opinione corrente al suo tempo, che la térra girava attorno al solé). In tali casi abbiamo allora una sorta di dislocazione del punto di osservazione, secondo un procedimento che analizzeremo meglio nel prossimo paragrafo, parlando delle metafore temporali. Ne consegue che questo Tempo appare fácilmente suscettibile di sganciarsi dalla designa-zione del mondo attuale, per riferirsi a circostanze slegate da una precisa collocazione temporale. La via per ottenere opportune estensioni delle potenzialitá semantiche di base, verso accezioni di natura modale, era insomma Ínsita fin dall'inizio nelle proprieta aspettuali di questo Tempo. II che non toglie che debba esserci stata una fase aurórale (certamente anteriore alia costituzione dei volgari romanzi) in cui queste utilizzazioni, che a noi paiono ormai del tutto scontate, possono aver avuto carattere di rottura, ossia appunto di infrazione metafórica della legalitá grammaticale. 5. METAFORE TEMPORALI L'ámbito di gran lunga piü fertile, tra quelli che stiamo considerando, é comun-que rappresentato dalle relazioni temporali propriamente dette. Anche in questo caso, beninteso, ci imbattiamo in creazioni metaforiche largamente convenzionalizzate, e dunque soggette a radicale addomesticamento. Ció é confermato anche dalla frequen-za con cui alcuni di questi fenomeni tendono a presentarsi nelle diverse lingue. Tutta-via, non mancano neppure qui, e lo metteró in evidenza, delle utilizzazioni capaci di conservare, almeno in parte, le proprie potenzialitá informative. L'esemplare piü tipico di metafora temporale é costituito dal cosi detto Presente "storico". Su questo particolare stilema, di antichissimo impiego, non occorre certo fornire illustrazioni.1 Bastera qui osservare che le connotazioni di drammaticitá e vividezza, frequentemente invócate dai grammatici, sono dovute all'illusione prospet-tica derivante dall'apparente avvicinamento del punto di osservazione. L'evento de-scritto, benché distante nel tempo, viene idealmente riavvicinato dal locutore, per sottolinearne l'importanza entro lo svolgimento complessivo della narrazione, o ma-gari per mettere in risalto la transizione tra due successive fasi della narrazione stes-sa.12 L'impiego del Presente "storico" é piü frequente di quanto non si pensi, dal momento che esso compare abbastanza spesso anche nelle narrazioni a viva voce, e co-stituisce anzi un modulo stilistico piuttosto consolidato in certi ambiti discorsivi (si pensi alia barzelletta). Nessuna sorpresa desterá comunque la frequenza d'uso del Presente "pro futuro", che a quanto pare costituisce un'opzione sempre disponibile 11 Cf. comunque, per una recente trattazione, Bertinetto [1992] 12 Su questo punto ha insistito soprattutto Wolfson [1979]. Si veda comunque la discussione di questa proposta in Bertinetto [1992]. 97 nelle lingue naturali, a prescindere dal fatto che vi siano altri mezzi per esprimere l'idea di futuritá. E' significativo, infatti, che a proposito del Presente "pro futuro" non si sia raai parlato (per quanto ne so) di metafora, mentre questo é stato fatto fin dai tempi antichi in mérito al Presente "storico". La ragione risiede probabilmente nel diverso impatto psicologico dei due espedienti. La riattualizzazione di un evento pas-sato mediante un Presente é avvertita come piü saliente, rispetto alia predizione di un evento futuro attuata attraverso il medesimo tempo. In effetti, l'impiego del Futuro comporta sempre un meccanismo fondato sulla previsione attuale di ció che avverrá poi: il processo di metaforizzazione é, per cosi diré, giá implícito nella natura stessa dell'atto designativo. Si obietterá che anche la descrizione del passato si fonda sulla rimemorazione attuale di eventi accaduti in precedenza; ma la simmetria é meno per-fetta di quanto non possa apparire, perché il passato possiede una corpositá psicológica del tutto assente nel caso degli eventi futuri. II passato é, insomma, un dato di fatto, mentre il futuro é spesso soggetto agli arbitri del destino. Se non fosse cosi, non ci spiegheremmo il motivo per cui sono molte di piü le lingue prive di Futuro, rispetto a quelle prive di Tempi Passati. Ció non toglie che anche l'uso del Presente con designa-zione futurale appartenga al dominio dei fatti metaforici, quanto meno nelle lingue che dispongono di un Futuro morfologico. Se la cosa non viene di solito avvertita nella sua dimensione figúrale, ció é dovuto alia standardizzazione dello strumento, 13 piuttosto che ad una sua scontata "letteralitá". Análogo ai due casi precedenti, per quanto riguarda la localizzazione metafórica rispetto alVorigo del locutore, é il Presente "di passato recente", che non di rado si riferisce ad eventi tutt'altro che vicini: [11] Antonio esce da un'esperienza traumatica; trattalo con cautela. Quest'uso si trasmette fácilmente allTmperfetto, stanti le prerogative di questo Tempo, che si merita spesso l'appellativo di "Presente nel Passato" (es.Antonio usci-va da un'esperienza traumatica...). Naturalmente, questo particolare uso sfrutta, in maniera determinante, le prerogative azionali dei predicati impiegati, che sono sempre di tipo non-durativo (e piü specificamente trasformativo; cf. la nota 6). Resta comunque il fatto che si osserva, anche qui, una violazione del senso letterale, poiché il locutore intende riferirsi alie conseguenze dell'evento, piuttosto che alPevento in se stesso. Un caso sostanzialmente inverso é invece rappresentato dal Perfetto Composto adoperato in dipendenza di un Futuro (o di un Presente futurale): [12] Verró quando ho finito. Qui accade che un Tempo normalmente deputato a designare eventi passati venga impiegato con riferimento ad una situazione ancora da venire. Si tratta, certo, di un uso pienamente codificato dalla grammatica; ma é pur sempre significativo che la 13 Un fenomeno probabilmente affine a quelli appena segnalati si osserva nelle lingue bantu, quando il Passato Recente viene usato laddove ci si aspetterebbe il Passato Remoto, o il Futuro Prossimo dove si attenderebbe il Futuro Remoto [Fleischman 1989: 21-22]. 98 lingua abbia dilatato il campo d'azione di questo Tempo, nonostante la disponibilitá del Futuro Composto, che assolverebbe esattamente la medesima funzione. Un caso piü marcato di metafora temporale é costituito dal Futuro "epistemico", manifestato da esempi quali i seguenti: [13] A quest'ora atterrerá a Parigi [14] A quest'ora avra ottenuto ció che chiedeva. Come é noto, il Futuro Semplice "epistemico" esprime una supposizione (di natura congetturale o inferenziale) circa un evento presente, mentre il Futuro Composto "epistemico" esprime un'analoga supposizione circa un evento che presumibilmente si é verifícato prima del momento dell'enunciazione.14 Questo peculiare meccanismo di riferimento temporale si basa, in ultima analisi, sui presupposti modali del futuro romanzo, ben rintracciabili nella sua evoluzione diacronica. In esso si realizza infatti una delle piü tipiche strategie di formazione del Futuro morfologico: la presentazione di un evento a venire come effetto della volontá o possibilitá che esso si verifíchi, o venga portato a realizzazione [Ultan 1978; Bybee & Pagliuca 1987]. Si tratta, é chia-ro, di un'estensione figurata del senso letterale espresso dai modali impiegati nelle locuzioni originarie. Ma, a ben vedere, la creazione dei Futuri sembra sempre imper-niata sull'utilizzazione di processi figurali: si pensi ad un'altra tipica strategia costrut-tiva, quella che si sviluppa a partiré da espressioni indicanti moto o distanza, in cui (caso tutt'altro che único) si attua una transizione metonimica dalla condizione spa-ziale a quella cronológica.15 Sempre in mérito al Futuro, va segnalato l'uso "retrospettivo" di questo Tempo, spesso denominato "Futuro degli storici", per la sua tendenza a ricorrere soprattutto in quel dato tipo di testi (ed anche li, beninteso, con frequenza alquanto contenuta). Se ne veda questo esempio: [15] Gli esperimenti durarono a lungo. In seguito ad essi, Alessandro Volta scoprirá poi la pila, che tanta importanza ebbe nello sviluppo tecnologico. Qui il locutore-scrittore assume prowisoriamente un punto di osservazione fítti-zio, situato nel passato (quasi collocandosi sullo stesso piano degli eventi narrati), per prodursi in una sorta di metafórica fuga in avanti, presto riassorbita dal ritorno ai consueti Tempi della narrazione. 14 In raolti casi, uno stesso costrutto futurale é passibile di duplice interpretazione, nórmale o "epistemica", a seconda del contesto. Ma in qualche caso la lettura "epistemica" é l'unicadisponibile; questo accade, típicamente, col Futuro Composto dei verbi stativi (es. Luca sará stato arrabbiato). Secondo Traugott [1989: 49-51], l'espansione del Futuro verso l'accezione "epistemica" non dipenderebbe da un processo di metaforizzazione, bensi dalla convenzionalizzazione di implicature conversazionali. E' impossibile pronunciarsi in mérito a questa proposta senza avere prima definito con esattezza cosa si intende, in senso técnico, per metafora. Credo comunque che la prospettiva "ingenua" qui adottata, che interpreta la nozione di metafora in senso lato, non comporti grossi rischi di fraintendimento, e sia compatibile anche con la posizione di Traugott. 15 Circa la dilagante presenza di metafore spaziali nella costituzione di svariate perifrasi verbali, alcune delle quali consolidatesi in autentici Tempi verbali, cf. ad es. Traugott [1978], Fleischman [1982] e Dik [1987], 99 Altrettanto noti, e catalogati, sono i casi dellTmperfetto, Piucheperfetto e Futuro "attenuativi". Si vedano questi enunciati: [16] Scusi, volevo sapere se il treno da Roma è già arrivato [17] Via, non prendertela cosí! Avevopensato che il giornale fosse mio. Se avessi saputo, mi sarei regolato diversamente. [18] Ti dirá che questa faccenda non mi piace. II meccanismo che genera questi usi è fácilmente spiegabile. Rigettando in un fittizio passato l'evento presente, il locutore di [16] mira ad attenuare l'impatto della richiesta, che potrebbe essere avvertita come troppo invadente dall'interlocutore, e dunque potenzialmente aggressiva. Siamo, è chiaro, nell'ambito di quelle raffinate strategie interattive, che regolano i complicati galatei pragmatici della comunicazione umana: l'Imperfetto "attenuativo" puó essere infatti impiegato con intenti sia di inco-raggiamento (come appunto in [16]), sia di dissuasione (es. Sono molto indaffarato: voleviparlarmi?). L'es. [17] è di tipo analogo, con la sola differenza che, in questo caso, un evento recente viene presentato, di nuovo alio scopo di smorzarne il possibile effetto, "come se" si fosse verificato in un momento antecedente, distanziato dal momento attuale dall'intromissione di un fittizio "momento di riferimento" (secondo le prérogative del meccanismo di rappresentazione inerente al Piucheperfetto).16 L'es. [18], infine, riporta un uso assai frequente nelle lingue romanze. Come nei due casi precedenti, il meccanismo semántico è fondato sulla dislocazione fittizia dell'evento, che viene cosí a perdere il proprio valore di immediatezza, e puó essere proposto all'interlocutore con un minor effetto di pressione psicológica.17 Se il Futuro "attenuativo" è un fatto relativamente ristretto sul piano tipologico, l'uso di un Tempo Passato con valore attenuativo sembra invece un espediente abba-stanza diffuso, indipendentemente dalla specifica struttura del sistema tempo-aspet-tuale. In inglese si adopera (oltre al Piucheperfetto) il Past Progressive (es. I was wondering whether you might help me), o il Simple Past, come in tedesco (es. I wanted to askyou...; Ich wollte Sie einmalfragen...) [Dietrich 1987: 257]. In finnico, oltre al Preterito, si adopera anche il Condizionale Composto [Helkkula et al. 1987:19-20]. Quest'ultimo espediente, com'è owio, fa pensare ad analoghi usi italiani (es. Vorrei sapere se...), con la differenza tuttavia che in italiano sembra assai meno appropriato, in tali circostanze, il ricorso al Condizionale Composto. Intéressante è anche l'impie-go del Congiuntivo Imperfetto in spagnolo antico per esprimere un ordine attenuato [Fleischman 1989: 11]; un uso che fa owiamente pensare a certe varietà italiane me-ridionali.18 16 Per una puntuale definizione della nozione di "momento di riferimento", cf. Bertinetto [1986]. 17 Benché il Futuro attenuativo sia generalmente osservabile nelle lingue romanze, vi sono anche delle differenze. In italiano, per es., sarebbe scarsamente accettabile il seguente enunciato francese, che si puó fácilmente mettere in bocca ad un negoziante [Vet 1988: 181]: Ce sera tout, Monsieur? 18 Molto simili alie metafore temporali appena considérate sono gli usi "ipocoristici" (o vezzeggiativi) dell'Imperfetto, usa ti nel cosi detto "baby-talk", che peraltro compaiono molto più spesso in francese che in italiano. Anche in queste circostanze si compie infatti una fittizia dislocazione temporale. Ma 100 6. CONCLUSIONI D breve elenco di fatti analizzati nei paragrafi precedenti dovrebbe essere suffi-ciente, credo, a dimostrare quanto sia invadente il processo di metaforizzazione nel dominio tempo-aspettuale. Trattandosi di fatti appartenenti all'ambito strettamente grammaticale, piuttosto che lessicale, si sarebbe portati a credere che sussistano forti restrizioni circa l'emergere di simili fenomeni. Gli spazi lasciati all'inventiva personaje non possono che essere alquanto limitati, quando gli oggetti da manipolare siano le strutture della lingua, che rappresentano un insieme chiuso e ristretto, di contro all'ampiezza ed apertura del serbatoio lessicale. Ciononostante, sono emersi dati piuttosto signifícativi, ed in numero tutt'altro che trascurabile. Una specifica conseguenza delle restrizioni che gravano sulle possibilité di metaforizzazione in ámbito grammaticale, oltre alla limitata quantité dei fenomeni osser-vabili, sta nella spiccatissima tendenza alia convenzionalizzazione. Le metafore su base morfologica tendono, comprensibilmente, a radicarsi nella struttura della lingua, divenendo parte costitutiva dell'inventario espressivo a disposizione dei parlanti. II che non toglie, tuttavia, che in alcuni casi possa persistere un residuo margine di créativité. Per chiarire questo punto, si confrontino il Futuro "epistemico" e l'Imper-fetto "narrativo". II primo, come si è detto, si è sviluppato a partiré dal fondamentale processo di metaforizzazione che presiede sempre alia costituzione di un Tempo Futuro, ma appare ormai una presenza pienamente stabilizzata nella grammatica di certe lingue. Il secondo, invece, si fonda sull'impiego, in contesto controdeterminante (nella fattispecie, perfettivizzante), di un Tempo che conserva tuttora un valore aspettuale imperfettivo. II contrasto sta dunque nel fatto che il Futuro "epistemico", a differenza dell lmperfetto "narrativo", non viene più avvertito come un espediente in qualche modo deviante dalla norma, ció che invece doveva certamente avvenire al momento in cui quest'uso si è costituito. II Futuro "epistemico" è, insomma, una metafora aspettuale completamente "morta", mentre l'Imperfetto "narrativo" risulta potenzialmente "vivo", nonostante la standardizzazione cui è stato sottoposto in certi ambiti discorsi-vi. Ed altrettanto vivificabili, metafóricamente parlando (sia pure con diverse grada-zioni), sono il Presente "storico", il Futuro "retrospettivo", il Presente "inattuale", il Presente e l'Imperfetto "di passato recente". Per ció che concerne i diversi comparti in cui si articola il sistema tempo-aspet-tuale, abbiamo visto che il settore più fecondo, in mérito alia creazione di sensi fígu-rati, è quello temporale propriamente detto, seguito (nell'ordine) dai domini aspettuale ed azionale. Ma non va dimenticato che la nostra analisi si è basata preva-lentemente sull'italiano, e quindi ha verosimilmente risentito dei rapporti quantitativi è altrettanto ragionevole, beninteso, interpretare tali casi come altrettanti esempi di dislocazione nell'univeiso dell'inattualità, come viene spesso proposto. II motivo per cui preferisco inserire questo tipo tra le metafore tempo rali, assieme agli usi "attenuativi", sta nel fatto che qui è pur sempre possibile pensare ad uno slittamento sull'asse del tempo, mentre per ció che riguarda l'Imperfetto "onirico/fantastico" non c'è dubbio che si tratti di uno spostamento verso l'inattuale. 101 esistenti in tale lingua, in ordine al numero di opposizioni pertinenti nei diversi domini. E' ipotizzabile che nelle lingue in cui le distinzioni aspettuali prevalgono su quelle temporali, si debba osservare una diversa proporzione tra questi due settori. E' possi-bile, viceversa, che la scarsa propensione del dominio azionale ad innescare fenomeni figurali dipenda da fattori strutturali. Le caratterizzazioni azionali dei predicati verbali, per quanto non di rado oscillanti a seconda del contesto, rappresentano infatti una propriété definitoria del signifícato lessicale (o di una sua particolare accezione). E' comprensibile, quindi, che esse non si rendano fácilmente disponibili per le incerte avventure délia significazione metafórica. In fondo, piuttosto che ad autentici processi di metaforizzazione, i fenomeni qui osservati a livello azionale sembrano far riferi-mento alla costituzionale vaghezza di certe componenti del signifícato. Diverso è il caso dell'aspetto e delle relazioni temporali.19 In questi ultimi ambiti è possibile reperire non soltanto gli esempi più chiari di metaforizzazione, ma anche quelli che maggiormente sono suscettibili di assicurare al locutore-scrittore una residua capacità di sorprendere il destinatario con esiti semantici inattesi (si veda il breve elenco di metafore tempo-aspettuali potenzialmente "vive", riportato poc'anzi). Non è dunque un caso che alcuni di questi espedienti figurali, quali l'Imperfetto "narrativo" o il Presente "storico", continuino ad essere strumenti duttili e sempre disponibili nelle mani dei letterati, i quali sanno all'occorrenza reinventarne le potenzialità evocative (si rammenti la discussione relativa all'es. [8]). Pur nella limitatezza dei proce-dimenti disponibili, sempre ancorati (come si è detto) alla sostanziale rigidità delle strutture grammaticali, resta virtualmente aperta la possibilité di agiré sul rapporto che collega il senso letterale al senso figurato. Accade cosí, non di rado, che nei testi letterari sia arduo stabilire con certezza se un dato Imperfetto è un autentico Imperfet-to "narrativo", o qualcosa che sta a metà tra l'uso figurato e quello letterale. Per converso, le metafore tempo-aspettuali che si osservano nella lingua colloquiale ten-dono molto più spesso a convenzionalizzarsi, físsandosi come espedienti canonici tipizzati nelle descrizioni grammaticali. Fino ad ora, abbiamo considerato le metafore tempo-aspettuali secondo un'ottica parcellizzata, prendendo separatamente in esame i vari settori di cui si compone il sistema tempo-aspettuale delle lingue naturali. Ma è lecito chiedersi se non vi siano metafore che appartengono contemporáneamente a due settori. Una curiosità perfetta-mente giustificata, questa, poiché sappiamo che il dominio tempo-aspettuale è intrin- 19 Fenomeni di metaforizzazione in ámbito temporale si osservano anche nel comparto degli avverbi. Si pensi agli esempi, tutt'altro che rari nei testi letterari, di "deissi dislocata", per usare la denominazione di Tucker [in stampa]; ossia gli usi "pseudodeittici" degli avverbi di deissi temporale [Bertinetto 1991]. E' noto infatti che ora e adesso, ed in misura minore ieri, oggi e domani (per non citare che i casi più evidenti) si prestano a comparire in contesti passati, con riferimento a momenti del tutto sganciati daU'origo del locutore. Qualcosa del genere si osserva anche con altri avverbi temporali di natura non deittica (o non necessariamente tale), quali già e ancora. Anche in questo caso, come mostra ad es. Fuchs [1988], si sono generati per estensione figurata ulteriori significati, derivati dal senso temporale di base e spesso pregni di sottili connotazioni pragmatiche. 102 secamente caratterizzato da cospicui fenomeni di interazione tra le diverse componen-ti [Bertinetto, in stampa]. Del resto, la stessa denominazione adottata per i fenomeni qui presi in esame, fondata sull'accostamento delle nozioni di Tempo e di Aspetto (si parla infatti di metafore "tempo-aspettuali") suggerisce la plausibilitá dell'ipotesi. In effetti, se ripercorriamo i casi sopra analizzati, ci rendiamo conto che in alcuni di essi si possono rintracciare delle interferenze intersettoriali. Per esempio, il dominio azio-nale e quello temporale interagiscono nel Presente e Imperfetto "di passato recente" (cf. § 5), nonché nel senso "imminenziale" e "conativo" posseduto dall'aspetto pro-gressivo nei contesti appropriati (cf. la nota 9); e possiamo cogliere un'interferenza tra il dominio aspettuale e quello temporale nel cosi detto Presente "inattuale" (cf. § 4, ess. [9-10]) e nel Perfetto Composto futurale (cf. § 5, es. [12]). Tuttavia, a ben vedere, il fatto che nei casi citati si riscontrino delle interazioni non significa necessariamente che (a parte gli ultimi due esempi) esse siano pertinenti anche rispetto al processo della metaforizzazione in quanto tale. Per chiarire il discorso, prendiamo il primo esempio, tra quelli appena riportati. II Presente "di passato recente" richiede, per ma-nifestarsi, un verbo trasformativo; tuttavia, il valore azionale serve qui da mero pre-supposto per la comparsa dell'effetto metafórico, che resta interamente circoscritto al dominio temporale. Le uniche eccezioni, a tal riguardo, mi sembrano proprio quelle del Presente "inattuale" e del Perfetto Composto futurale. Nel primo caso, la fittizia attualitá, indotta dalla perifrasi progressiva, crea un effetto congiuntamente valutabile sul piano aspettuale (progressivitá metafórica) e temporale (attualitá metafórica del-l'evento). Nel secondo caso, la dislocazione temporale dipende, in ultima analisi, dal forte valore di "compiutezza", ossia di anterioritá rispetto al momento di riferimento, che il Perfetto Composto conserva (anche in italiano) in simili contesti. Dobbiamo dunque concludere che, di tutti i casi analizzati nei paragrafi prece-denti, soltanto due rappresentano autentiche metafore intersettoriali. Ammesso che ció non dipenda dalla limitatezza deH'indagine esperita, si direbbe quindi che le metafore tempo-aspettuali tendano a consumarsi interamente entro un singolo settore. Sono anche emersi, peraltro, alcuni esempi di sconfinamento nell'ambito della "modalitá", da intendersi qui nell'accezione che tale parola assume in casi quali l'Im-perfetto "onirico/fantastico" e "stipulativo" (cf. § 4, nonché la nota 18), o gli usi "atte-nuativi" di Imperfetto, Piucheperfetto e Futuro (cf. § 5). Tuttavia, non credo che a questo proposito si possa parlare propriamente di metafore (per dir cosi) "tempo-as-spettuo-modali", perché gli esempi indicati sono tutti riconducibili, per quanto riguar-da la metaforizzazione propriamente intesa, all'ambito aspettuale o temporale. Valgono cioé, con i debiti aggiustamenti, le medesime considerazioni appena svolte circa alcuni presunti casi di metafore intersettoriali. Possiamo invece chiederci se esistono delle autentiche metafore "modali", facenti specifico riferimento alia categoría del Modo del verbo. A prima vista parrebbe di no, dato che l'uso di un Modo in luogo di un altro (típicamente, Indicativo invece di Congiuntivo) non viene sólitamente avvertito come un intervento creativo, ma piuttosto come libera oscillazione, quan-do non addirittura come violazione della norma, variamente tollerata o respinta dai 103 parlanti. Tuttavia, è possibile che sussista, a questo riguardo, un qualche margine d'azione, purché ci si rifaccia, ancora una vol ta, alla lontanissima fase aurórale di costituzione dello strumento espressivo, anziché alia prassi testuale consolidata. Ven-gono subito in mente, a questo proposito, l'Imperfetto e Piucheperfetto usati, nel periodo ipotetico italiano, in luogo dei più canonici Tempi del Congjuntivo e del Condizionale. E' chiaro che quest'uso è stato legittimato dal valore di inattualità che l'Imperfetto ha saputo sviluppare, a partiré dalle proprie valenze imperfettive di base (cf. quanto detto, al riguardo, nel § 4). Altre illustrazioni pertinenti potrebbero essere individúate in certi enunciati iussivi, in cui non viene usato il Modo Imperativo. Ció si osserva, típicamente, in enunciati che impiegano a tale scopo un Presente Indicativo (es. Ora mi dai quella roba, senza fare tante storieí) oppure, come puô accadere ad esempio in francese, il Futuro (es. Tu ne voleras pasf). E non vanno poi dimenticati gli sviluppi dei Perfetti verso accezioni "evidenziali", come si puô riscontrare, e non è un caso isolato, in búlgaro.20 Ma questo tema richiederebbe, certo, un apposito lavoro. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICA Berrettoni, P. [1972], "La metáfora aspettuale," Studi e Saggi Linguistici 12: 250-259. Bertinetto, P.M. 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Vendar pa se te oblike lahko znajdejo v sobesedilu, ki docela jasno kaže na to, da je dejanje časovno omejeno, zaključeno. Iz tega kontrasta ravno izvira stilna moč take rabe, tudi tukaj je podobnost z metaforo v semantiki, saj vemo, da je ta toliko močnejša, kolikor bolj sta si pomenski polji oddaljeni. Skupno črto med metaforo v semantiki in v morfologiji pa najdemo tudi v počasnem izgubljanju ekspresivnosti, torej stilne vrednosti: jezikovno sredstvo je v novi rabi izrazito učinkovito, s časom pa kot novost obledi. Glagolski vzorci nudijo bogato bero za tako primerjavo: poleg romanskega imperfekta tudi sedanjik z vrednostjo prihodnega dejanja ali tudi sedanjik, ki ne izraža dejanja tistega trenutka. Enako tudi sedanjik kot pripovedovalni čas, prihodnjik, ki izraža sodbo ali verjetnost; ali tudi vse glagolske paradigme za preteklost in za prihodnost, ki se nanašajo na dejanje v sedanjosti, pa mu s tem odvzamemo ostrino. Pojav je verjetno zaznaven v velikem številu jezikov. Avtor upravičeno misli, da gre za enak proces, kot ga poznamo iz semantike, in navaja kot protidokaz primer iz sintakse romanskega glagola: nima karakteristike metafore, npr., opuščanje konjunktiva in naraščajoča raba indikativa. Tu ne gre za neko kreativnost, gre samo za dopustno oklevanje ali celo za kršenje norme. 106