Fiorenzo Toso Saarbrücken 805.0(450.88) GONTATTO LINGÜISTICO E PERCEZIONE. PER UNA VALUTAZIONE DELLE VOCI D'ORIGINE SARDA IN TABARCHINO * Questo saggio intende approfondire il tema del contatto lingüístico e dei meccanismi percettivi connessi, esaminando criticamente il problema dell 'interferenza sarda nella parlata ligure-tabarchi-na di Carloforte e Calasetta. Malgrado l'esistenza di studi specifici su questa varietá, una valuta-zione complessiva della componente lessicale sarda nette sue motivazioni storico-linguistiche e socio-linguistiche non è mai stata avanzata; nondimeno, essa assume particolare interesse per quanto attiene non solo ai meccanismi di assunzione dei prestiti, ma anche alia percezione deifenomeni di contatto da parte dei parlanti. 1. «Pero, anche riuscendo a metiere insieme parecchie centinaia di voci accattate dal sardo, non si riuscirebbe per questo a dimostrare che il tabarchino non è più un dialetto genovese»: l'affermazione di Gino Bottiglioni, quasi a conclusione del primo saggio scientifico dedicato alia parlata ligure di Sardegna1 puô apparire scontata dal momento in cui, nella descrizione tipológica di un idioma, viene generalmente attribui-ta, piuttosto che al lessico, un'importanza determinante ai fattori strutturali, fonetici e morfosintattici. Per di più, la preponderanza dell'eredità genovese nella parlata tabar-china è tale2, da impedire comunque una diversa ipotesi classifícatoria3. Alberto Sobrero, in un suo saggio più volte pubblicato4, aveva individuato proprio in una progressiva «penetrazione del tipo sardo»5 la manifestazione di una «fase pre-agonica del dialetto»6: tale previsione, a distanza di tre decenni, pare oggi tuttaltro che confermata alia luce della singolare tenuta della fedeltà lingüistica dei parlanti7. 2. L'ipotesi del Sobrero era basata tra l'altro su una valutazione diacronica delPapporte lessicale sardo fondata su opinioni largamente accreditate relative alla realtà socioeconomica tabarchina: Carloforte e Calasetta «paesi di mare»8 sostanzialmente estranei alie pratiche agricole, avrebbero assunto solo alcuni sardismi di ámbito tecni-co-rurale che «potrebbero non essere cosi antichi come appare a prima vista»9, e ulteriormente incrementati, durante la recente fase di disgregazione, da un apporte in grado di «aumentare enormemente le interferenze»10 e di appoggiare quindi i fenomeni di interferenza che Sobrero riscontrava a livello strutturale. Tuttavia, non soltanto la struttura socio-economica di Carloforte e Calasetta non pare giustificare una simile lettura del fenomeno di prestito, ma neppure la prospetti-va diacronica, alia luce di una conoscenza più approfondita delle vicende storiche dei * Ringrazio per il sostegno e per i preziosi consigii la prof.ssa Antonietta Dettori e il prof. Vincenzo Orioles. 291 Tabarchini, consente di attribuire all'elemento sardo un carattere cosi recente e un effetto cosi dirompente nella realtà lingüistica e sociolinguistica delle due comunità. Una visione meno antagonistica dei rapporti di forza tra l'adstrato sardo e l'isola lingüistica ligure consente forse di rivalutare, oggi, l'apporto di prestito come elemento costitutivo délia spécificité tabarchina - rispetto alla madrepatria genovese, certo, ma anche al contesto isolano -, e di verifícame la fiinzione come elemento di vitalità e di tenuta ail'interno di un sistema che si rivela in grado di assorbire elementi lessicali strut-turalmente estranei, e di arricchirsi mediante apporti allogeni anche consistenti, senza con ció abdicare a un'originalità tipológica che rappresenta 1'elemento certamente più vistoso di una spécificité, che non si limita, peraltro, al solo dato lingüístico1 Alla valutazione di Bottiglioni dà crédito il più recente studio di Eduardo Blasco Ferrer12, che, recuperando e aggiornando la prospettiva classificatoria ripudiata da Sobrero, dimostra l'ineludibilità del dato comparativo anche a livello di valutazione sociolinguistica13. 3. Per una corretta interpretazione dell'apporto lessicale sardo in tabarchino, va chiarito innanzitutto che per certi aspetti, e malgrado il forte radicamento delle due comunità, Carloforte e Calasetta ebbero sempre la connotazione di insediamenti colonia-li, in un rapporta col retroterra basato principalmente sullo sfruttamento delle risorse, e, almeno in parte, délia manodopera indígena: attraverso l'intermediazione nella di-stribuzione dei prodotti di tonnara, ad esempio, o del minerale sulcitano, ma anche mediante il ricorso a giornalieri e stagionali sardi nella coltivazione intensiva délia vigna e in altre pratiche agricole, soprattutto a Calasetta. L'esclusività dei rapporti con gli ambienti economici e mercantili genovesi impli-cava inoltre l'assimilazione lingüistica di quanti — numerosi soprattutto nell'Ottocento - si trasferivano a Carloforte e Calasetta dalla stessa Sardegna, dalle regioni dell'Italia méridionale o da altri paesi14. Queste caratteristiche «coloniali» dell'esperienza tabarchina si protraggono a lungo, dal momento délia fondazione di Carloforte e Calasetta nel sec. XVIII15, in virtù di modelli di specializzazione economica sempre e comunque basati sul raccordo con una rete di distribuzione e di intermediazione sostanzialmente estranea al contesto sardo e facente capo per lo più a Genova e alia Liguria16: la vitalità - anche attuale - del dialet-to non soddisfa quindi esigenze meramente legate a un fattore distintivo e connotante rispetto al retroterra sardo, ma presenta, in diacronia, ben più consistenti motivazioni di ordine pratico: esse spiegano, del resto, il costante aggiornamento del tabarchino rispetto alie innovazioni prodottesi nel modello urbano genovese fino a tempi recenti17. Salvare l'intercomprensione rispetto alia parlata della madrepatria, espungendo progressivamente i caratteri «rurali» della parlata originaria e limitando a campi se-mantici specifici l'apporto lessicale esogeno (non soltanto quello sardo), rappresentô l'aspetto vincente della strategia lingüistica delle comunità tabarchine18, aspetto sul quale si sovrappose anche, com'è naturale, una prospettiva legata a fattori di (auto)ri- 292 conoscimento collettivo e a una presa di distanza dal contesto sardo, sempre legata tut-tavia a motivi di specializzazione economica prima che alia strutturazione/invenzione di un'alteritá étnica. 4. Proprio la prospettiva «coloniale» dell'esperienza tabarchina favori dunque un'assunzione precoce di voci sarde, limitate per lo piü ad ambiti semantici che non interferissero con la funzionalitá del sistema rispetto alie consuetudini linguistiche dei centri in rapporto ai quali si giustificava il mantenimento (e la promozione) della speci-ficitá lingüistica. Secondo modalitá ben note in altre realtá coloniali, il sardo penetro fácilmente, allora - e precocemente - nella terminología legata alia descrizione del-l'ambiente (a cominciare dal mantenimento parziale della toponomástica originaria)19, ai sistemi di produzione, ai rapporti con le istituzioni e i mercati locali, all'adozione di determínate consuetudini alimentari e domestiche conseguenti all'impianto delle comu-nitá in una realtá profondamente diversa da quella originaria; ma interferí assai poco nel lessico di base: i prestiti si connotarono essenzialmente come tecnicismi, per i quali, in molti casi, non si presentó neppure l'esigenza di un'assimilazione alie strut-ture fonetiche e morfologiche del genovese20; in altri casi invece, il rivestimento potrebbe forse riflettere una maggiore antichitá del prestito21. Che l'assunzione relativamente consistente di voci sarde sia piuttosto antica, lo dimostrano del resto anche la documentazione storica e alcuni aspetti conservativi della fonética di questo lessico rispetto all'evoluzione della varietá sarda sulcitana. II termine mustazáju 'guardia civica' é presente, ad esempio, nei verbali dei primi consigli comunali di Carloforte22, e paiono sarde due denominazioni locali di una pian-ta medicínale (Solanum nigrum) citata dall'Angius nel suo contributo per il Dizionario del Casalis: minea de lü per Carloforte e scala-báxiu per Calasetta, voce tuttora in uso23. Voci come kartálu 'tipo di cesta' o sivéla 'catino di terracotta' riflettono un adegua-mento automático -dd- > -l- successivamente sostituito, in altri prestiti, dalla mera equivalenza -dd- > -d- mentre il carlofortino kazáda 'colostro' é anteriore al passaggio -d- > -r- in sulcitano, documéntate invece dalla variante calasettana kazára24. Anche gwále 'giogo per i buoi' e 'filare di vigna' mostra uno stadio antecedente alia caduta di -l- nel sulcitano antiochese, che ha attualmente guái25. 5. II contatto lingüístico col sardo ha quindi inizio con la fondazione delle colonie, e fin da súbito si presenta variegato e consistente; esso si appoggia all'introduzione di qualche elemento sardo nella fonética e (forse) nella morfología del tabarchino: ma l'introduzione nell'inventario fonologico tabarchino di una r intervocálica polivibrante apicale26, ad esempio, non ha creato sostanziali rivoluzioni nella struttura del dialetto, e, soprattutto, non ha creato interferenze nell'intercomprensione con i parlanti geno-vesi; anche l'introduzione relativamente frequente di voci con -d- intervocálica non rappresenta una novitá dirompente in un dialetto nel quale le desinenze in -ádu, -áda sono, storicamente, tuttaltro che rare27. 293 Quanto alla neutralizzazione occorsa nel plurale dell'articolo indeterminativo fem-minile non è necessariamente imputabile a influsso sardo, come supposto, peraltro in forma dubitativa, da E. Blasco Ferrer28. 6. L'antichità e la quantità dei prestiti ridimensiona almeno in parte l'opinione, diffusa anche a livello popolare, di una maggiore ricettività verso i sardismi da parte délia sottovarietà calasettana rispetto a quella carlofortina: questa opinione, appoggiata a considerazioni di ordine geográfico29 appare smentita dalla presenza di un numero preponderante di sardismi comuni aile due località, e soprattutto dal rilievo dei sardismi specifici délia parlata di Carloforte, in parte antichi in quanto assunti verosímilmente nella fase (1738-1769) successiva all'installazione délia colonia tabarchina del-l'isola di San Pietro e prima délia fondazione di Calasetta30. Che a Calasetta i prestiti legati alla terminología rurale siano più numerosi e con-sistenti, sarà poi, in parte, conseguenza délia tradizionale specializzazione economica délia località, strutturata come si è visto sulla pratica intensiva délia viticoltura. Proprio a partiré dalla specializzazione agrícola di Calasetta è possibile ricostruire del resto, attraverso le fonti orali, alcune modalità di assunzione dei prestiti sardi. La constatazione dell'esistenza di diverse voci legate ai lavori di campagna, tra-dizionalmente svolti da stagionali sardi ancora fin verso gli anni Cinquanta e Sessanta del sec. XX si spiega infatti (e viene spiegata dai locutori) col fatto che questi opérai, dato il carattere precario délia loro presenza in loco, non avvertivano l'esigenza di una maggiore integrazione lingüistica nel contesto locale31: erano i prupyetâi tabarchini, in questo caso, a dotarsi di una conoscenza più o meno attiva del dialetto sulcitano o di quello délia zona di Teulada dalla quale provenivano molti lavoratori stagionali32; era dunque naturale che la terminología agrícola risentisse di questa particolare situa-zione di diglossia, arricchendosi progressivamente di elementi lessicali sardi. Attualmente quasi nessun tabarchino parla il sardo33, tranne, appunto, quegli an-ziani di Calasetta che lo appresero nei decenni passati per le esigenze di comunica-zione con i braccianti impegnati nella raccolta dell'uva e in altre mansioni: nyâtri i prími térjpi duváimu parlâge q sârdu, sérte páule ke nu sáimu se faimu kapí... 1 ea cu fásile pe nyátri parla w sàrdu ke lu w tabarkiq... ému páule k éq difisili, u fümayá, u bœ, u kœ, nu ge a fáq, g ému na páula ke lyâtri nu ge â fáq mái, própyu difisilisima: u scœpu34. Il carattere «técnico» dell'assunzione di molti prestiti trova quindi una spiegazione ancora in data recente, e appare significativo, in questo senso, il fatto che assai difficil-mente le voci d'origine sarda si riferiscano ad aspetti generali delle pratiche agricole o dell'allevamento, limitandosi per lo più a concetti estremamente caratterizzati: i nomi délia pécora e del gregge, ad esempio, rimangono genovesi35, ma sono d'origine sarda denominazioni più specifiche, come quelle delle diverse fasce d'età del bestiame36. 294 Un caso a sé è rappresentato in questo senso dal lessico vitivinicolo, che è quasi in-teramente sardo, probabilmente perché, a dispetto di un'opinione radicata, le tecniche di coltivazione e di produzione hanno sempre ripreso, come del resto è ovvio, modalité tipicamente sarde (di ascendenza catalana) piuttosto che continentali37. Análogamente, la relativa abbondanza di battesimi dialettali di provenienza sarda (o catalano-sarda) per i pesci, aiuta a ridimensionare un altro luogo comune ricorrente,. quello dei Tabarchini come popolo di consolídate tradizioni nel campo della pesca. In realtà, malgrado la fortissima specializzazione marittima dei Carlofortini38, o fors'anche in ragione di essa, la pesca fu sempre considerata - ad eccezione della pra-tica industríale della tonnara - un'attività di sussistenza, oppure praticata per lo più da professionisti algheresi (il che potrebbe spiegare in parte 1'abbondanza di sardo-cata-lanismi) e meridionali, Siciliani o Ponzesi39. Un altro settore caratterizzato da una presenza significativa di sardismi, soprattut-to a Carloforte, è infine quello del lessico espressivo, delle determinazioni di carattere, degli insulti e delle interiezioni, al quale sembra di poter associare la relativa frequen-za di appellativi d'origine sarda nell'ambito del sistema soprannominale40 e l'utilizzo frequente di suffissi di provenienza campidanese, principalmente diminutivi e affet-tivi41, ma anche peggiorativi42. 7. Nel tratteggiare un catalogo - certamente incompleto, ma nondimeno ampiamente rappresentativo - dei sardismi in tabarchino, è occorso tenere presentí alcune variabili significative, che arricchiscono la problemática della fenomenologia dei prestiti e intro-ducono ulteriori spunti di riflessione: la corrispondenza semantica e fonética tra voci li-guri probabilmente già presentí nel fondo tabarchino originario e analoghe forme campi-danesi; l'esistenza di ligurismi (non di rado «tabarchinismi») in campidanese e in parti-colare nella parlata sulcitana di Sant'Antioco; il ruolo recente dell'italiano regionale come eventuale veicolo di alcuni elementi lessicali (e non solo) sardi in tabarchino. Nel primo caso, le pur minime concordanze tra genovese e campidanese rischiano di creare equivoci tali da incrementare indebitamente il repertorio dei sardismi in tabarchino43; concordanze lessicali del tutto casuali, soprattutto se si verificano in campi semantici nei quali l'apporte sardo sia particolarmente ricco, assumono un'importan-za diversa, perché in tali casi il gioco delle sovrapposizioni e delle interferenze si rive-la più complesso del mero trapianto lessicale o del mero calco semántico44. Di particolare rilievo sono inoltre le concordanze nell'assunzione per via indipen-dente di elementi lessicali di provenienza ispanica (catalana o castigliana)45 o france-se46, che richiedono un'attenta considerazione della cronología e una riflessione accu-rata della fenomenologia generale dei sardismi in tabarchino, prima che si possa stabilire con suffíciente approssimazione se la voce in questione è provenuta dalla Liguria o se è stata assunta più recentemente in virtù dei contatti col retroterra. Per quanto riguarda i ligurismi in sardo, argomento toccato solo marginalmente dal Wagner con particolare riferimento al dialetto antiochese47, essi creano assonanze che 295 possono aumentare l'impressione di un apporto diversifícate e consistente dal sardo al tabarchino, ma che testimoniano piuttosto l'importanza economica e la rilevanza sociale assunta dai coloni liguri nel contesto sulcitano48. L'apporto dell'italiano regionale sardo, infine, códice pienamente condiviso dai locutori tabarchini, puó avere contribuito alia diffusione recente di modismi e di lo-cuzioni gergali che dovrebbero essere tenute su un piano diverso rispetto ai sardismi veri e propri49. 8. Glossario L'elenco che segue si basa sui materiali inediti da me raccolti presso le comunitá tabarchine di Carloforte e Calasetta per il progettato Dizionario etimologico-storico tabarchino (DEST)50. La presentazione che viene offerta é per forza di cose selettiva, ma puó essere con-siderata ampiamente rappresentativa, come si anticipava, del corpus delle voci di origine sarda presentí nel lessico tabarchino: come criterio generale, per la campionatura presentata in questa sede sono state scelte quasi esclusivamente voci che trovassero corrispondenza nei vocaboli inventariad in alcune opere fondamentali della lessico-grafia e della lingüistica sarda, il vecchio Vocabulariu dello Spano51, La vita rustica in Sardegna52 del Wagner, la giá citata opera dello stesso autore, La lingua sarda (= Ls) e, naturalmente, il suo Dizionario Etimologico Sardo (= DES)53: delle voci ci si limita a segnalare 1'origine sarda senza ulteriori approfondimenti etimologici che non risultino significativi per il commento della voce in questione e per la sua contestua-lizzazione nel lessico tabarchino. I sardismi cosi individuati54 sono stati classificati in categorie semantiche piü o meno ampie e corredati, quando necessario, di brevi commenti. La sigla TB indica che la voce é comune al lessico delle due comunitá, CA che é stata raccolta a Calasetta, CF a Carloforte55. II riferimento all'ALI segnala che la voce in questione é presente nei materiali dell'Atlante Lingüístico Italiano56 ma che risulta completamente uscita dal-l'uso vivo oppure (e in questo caso ció viene esplicitamente segnalato) che essa viene soltanto ricordata dagli informatori. La grafía delle voci tabarchine é quella, come anticipato, del LEI; per le corrispondenti voci sarde si é mantenuta la grafía delle fonti, con alcune semplificazioni, dovute a motivi tipografici, per il sistema fonético del Wagner57. Le sigle utilizzate sono di facile scioglimento. a) Suolo e ambiente. Animali selvatici di térra Nel campo del lessico relativo all'ambiente le voci d'origine sarda sono forse meno frequenti di quanto ci si potrebbe attendere in un ámbito semántico strettamente connesso ai luoghi, e quindi, almeno in teoría, suscettibile di arricchirsi di voci indigene al momento della colonizzazione. Va pero ricordato che la sede originaria dei Tabarchini in Tunisia non presentava forme del suolo e un tipo di vegetazione e di fauna troppo diversi da quelli incontrati in Sardegna, e che perianto il lessico ligure poté conservarsi in gran parte. É ancora quella originaria, ad esempio, gran parte della nomenclatu- 296 ra relativa alie essenze della macchia mediterránea, e anche i nomi di uccelli e altri animali, salvo adeguamenti semantici-^, sono prevalentemente liguri. Appartengono all'adstrato sardo, invece, alcune voci legate all'organizzazione del suolo. 1. benásu, s.m. CA (ALI) 'brughiera' - SpanoI,257 benázzu 'acquitrino, palude'. Forse l'informatore dell'ALI equivocó sul significato del quesito propostogli. 2. curíg, s.m. CA 'mignattino dalle ali bianche' - Pare una variante di zurruliu (SpanoII,426) 'nome di diversi uccelli', DES (11,602) tsurrulíu59, forse con influsso di cúrru 'zampillo', DES (1,455): il mignattino é una sorta di gabbiano che si tuffa in mare. Per la fonética sulcitana, come noto, ts del campidanese comune > c. 3. féwra, s.f. CF 'férula, pianta erbacea' - SpanoII,26 feurra, DES (1,514)féurra s.v. férula. 4. fíge muríske, s.f. pl. CF 'fichi d'india'; meno usato rispetto al tipo lig.fige diijdya. A CA preva- lentemente mustáci - Vr74, DES (1,520) figu muríska. 5. furyadrózu, s.m. TB 'fabbricato rurale': CF 'abitazione con podere', CA piuttosto 'magazzino'; voce di scarso uso, e riferita comunque al retroterra sardo - Spanoll,48 furriadroxu 'ritiro, tenu-ta', DES (1,561) furriadrózu 'capanne di pastori ed ovile, di cui molti divennero col tempo pic-cole popolazioni e comuni'. 6. gureu, s.m. TB 'cardo selvático' - SpanoII,69 guréu, DES (1,300) guréu. I. irjperdáu, s.m. CA 'selciato'; voce poco usata rispetto al sinon. risé di tipo lig., comune anche a CF - SpanoII,85 imperdai 'selciare'. 8. kugúra, s.f. CF 'gorgoglione, forfecchia'; voce di scarso uso - Spanol, 368 cugúrra 'forfecchia'; DES (1,419) 'braco, forfecchia'. 9. kukumeu, kuméu, s.m. CA 'un uccello notturno' o forse 'denominazione generale degli uccelli notturni' (ma la 'civetta' é suyéta come a CF) - Spanol,366 cuccumeu 'civetta', DES (1,416) kukkuméu s.v. kukkumiau 10. kusérza, s.f. CF 'distretto rurale'; non comune e riferito per lo piü all'ambiente sardo; a CA Cussórgia é una frazione abitata da un centinaio di persone di origine sarda - SpanoII,376; Vr68,259, DES (1,439) kussdrdza. II. Ida, s.f. TB 'varietá di euforbia' - SpanoII,196 lúa, DES (1,40) lúa. 12. muggédu, s.m. CF 'chiocciolina'; a CA il termine é conosciuto come voce sarda - SpanoII,231 mungiétta 'chiocciolina', DES (11,126) mondzétta, mongétta (s.v. móndzu). 13. nuárzu, s.m. CF 'nuraghe'; voce uscita dall'uso - dalla variante campidanese del tipo nuráke: nurázi, DES (11,176), con metatesi di -r-. 14. nurágu, s.m. CA 'nuraghe' e 'tipo di vitigno'; CF 'solo 'vitigno' - SpanoII,244 nurágus 'uva trebbiana', DES (11,179) nurágus. Per il sign. di 'nuraghe' deve essersi verificata una confusione tra il nome del vitigno e quello del manufatto architettonico. 15. nuzéda, s.f. CA 'nocciólo' e 'nocciola'; il sinon. di tipo lig. niséa é conosciuto solo come voce del dialetto di CF, ove é d'uso corrente - Lsl04-105, DES (11,174) nuzédda. 16. puvúpu, s.m. CA 'upupa'; forma d'uso corrente rispetto al tipo lig. galétu de mársu, comune invece a CF, che a CA é usato prevalentemente in senso scherzoso (u fa u galétu de mársu, 'vuol mettersi in mostra') - SpanoII,301 pubusa 'upupa', DES (11,327) pubúsa, mapuvúppa é forma sulcitana (nostre informazioni). 297 17. sésinu, sésine, s.m. CA, sésanu CF, 'giunco di padule' CA; 'loglio' CF - SpanoII,353 séssini 'cipero, caretto (erba)'; Ls263, DES (11,412) su séssini 'giunco marino'. 18. skagpyáu, agg. CF solo nella locuz. teréij skaypyüu 'radura' - SpanoII,340 scampidsu 'spazioso'. 19. táqka, s.f. TB 'podere chiuso'; voce di uso corrente - SpanoII,384 tanca 'podere' Vr68 tánka, DES (11,463) s.v. tankare. 20. tapáda, s.f. TB 'tipo di chiocciola' - SpanoII,384 tapada, DES (11,465) tappáda 'lumaca che sta sottoterra, chiocciola'. b) Agricoltura in generale. Aratro. Coltivazione dei cereali Quello agricolo é, come é stato anticipato, il settore del lessico in cui si riscontra con maggiore frequenza l'apporto sardo nel tabarchino. Le tecniche agrarie di tipo estensivo furono certamente apprese dai coloni dopo il loro trasferimento in Sardegna: nella Liguria costiera (e tanto meno a Tabarca, evidentemente) non veniva praticato l'uso dell'aratro, e di conseguenza tutto il lessico relativo é stato mutuato dal sardo, cosi come la terminología relativa alia coltura cerealicola, che non rientra minimamente nelle tradizioni agricole liguri. Significative anche alcune assenze, come il tipo prato, comune al lig. e al sardo, sostituito completamente da campo. 21. argóla, s.f. TB 'aia' - Spanol,210 arzdla, Vrll5, DES (1,112) argdla. 22. argoláda, s.f. TB 'aiata' - Vrll9 ardzoláda. 23. asurká, v. intr. TB 'far solchi' - SpanoI,216 assurcái; resta impossibile stabilire se sárku debba essere considérate o meno un prestito sardo, ma la forma verbale é assente dai lessici lig. 24. deqtále, s.m. CA 'ceppo dell'aratro in legno', 'vomere' - SpanoI,382 dentálv, Vr92, DES (1,461) sa dentóle-, il cambiamento di genere sará dovuto all'influsso dei numerosi nomi in - le di derivazione dotta. 25. fértu, agg. TB 'non sviluppato, stentato, detto di pianta' e in senso fig. anche 'di persona' - Spa- noII,25 fertu 'ferito, coito, vulnérate, scagliato, percosso', DES (1,513) part. pass. di ferrere, ferriri 'ferire, colpire' 26. kaminéa, s.m. TB 'estremo lembo non coltivato del campo' e, per estensione, 'sentiero' - Spa- noI,299 caminera 'androne, ándito, viale', DES (1,275) kaminéra, s.v. kam(m)ínu. L'adegua-mento fonético, con r > 0 potrebbe denunciare l'antichitá del prestito. 27. kána, s.f. CA 'stelo del granturco' - Spanol,303 canna de trigu, d'orzu 'stelo', DES (1,283) kánna de gáuli, de láttia; il tipo canna per 'stelo' non é noto in area lig. 28. krésta, s.f. CA (ALI) 'porca del campo' - SpanoI,363 crista, DES (1,406) krísta. 29. magdeferu, s.m. CA 'rastrello' - a Sant'Antioco üna mñu de verru 'rastrello con quattro o cinque denti', DES (11,69), s.v. mánu. 30. mánega, s.f. TB 'covone' - SpanoII,207 mániga de trigu 'covone'; Vrll2 mániga, cfr. anche DES (11,66) s.v. mánika. Calco semántico. 31. manúrjgulu, s.m. CA 'mannello di frumento' - Vrll2, DES (11,70) man(n)úgu. La mancata ridu- zione del proparossitono potrebbe denunciare l'antichitá del prestito. 32. manuqká, v. tr. CF 'scalzare' - SpanoI,147 ammanuncái 'malmenare, palpeggiare, brancicare, gualcire, toccar colle mani, comprimere'. Specializzazione semantica a partiré dal concetto di 'alterare, rimuovere'. 298 33. màra, s.f. TB 'zappa piana' - SpanoII,211 marra, DES (11,77) 'zappa, marra'. Il tipo mâra è noto anche in Liguria, ma non è usuale. 34. maraqcúq, s.m. TB 'zappone' - accrescitivo di marra 'zappa': cfr. marrâcéu, DES (11,77), s.v. marra. 35. muléni, s.m. CA 'termine di confine tra i campi'; concorre la forma lig. tërmine - SpanoII,231 mulldne 'limite, confine'; Vr87, DES (11,136) mulldni. Esempio tipico di sardismo non assi-milato morfológicamente (< cat. molió). 36. mustayóni, s.m. CA 'spaventapasseri'; in passato la voce era usata anche per indicare il 'fan- tocio di carnevale' - SpanoII,235 mustajôni 'spauracchio, fantoccio'; VrllO, DES (11,146) mustayôni. 37. nervédu, s.m. CA 'coltello dell'aratro di legno'; da informazioni indirette risulta che una ventina d'anni fa si conosceva anche la variante nervélu, con adeguamento alla suffissazione di tipo lig. - Vr92 nérbyu, cfr. anche DES (11,162) s.v. nérviu. 38. pasfêa, s.f. TB 'aiola', soprattutto di tipo decorativo, ma anche 'semenzaio' - SpanoII,264, DES (11,232) pastera 'aiuola, cassettone di fiori'. Con adeguamento al tipo lig. r > . 39. pizédi, s.f. CA 'cicerchia' - SpanoII,282 pisèddu, DES (11,283) piséddu, s.v. pisu. 40. purtazu, s.m. CA 'bica di fieno o frumento' - Voce assente nei repertori consultad. 41. skúba, s.f. CA 'scopa grossolana usata per puliré l'aia' - SpanoII,140 iscoba; Vrll6 iskôba 'scopa per puliré l'aia'. La forma skúba è presente in lig. per 'scopone, gioco di carte'. 42. stlve, s.f. TB 'stegola dell'aratro' - Vr92,94 stèva. 43. tegperadrézu, s.m. CA (ALI) 'coltello dell'aratro di legno'; il termine si ricorda, ma non viene più usato - SpanoII,386 temperadrdxu de orbada 'cappio del vomere', DES (11,473) tempe-radrózu s.v. temperare. 44. trabúsu, s.m. TB 'forcone' - SpanoII,399 trebuzzu; Vrll9 trebúttsu; DES (11,521) s.v. trivúccu cita le varianti campid. treúttsu, trebússu e, a Sant'Antioco, trafúccu. 45. vakágte, agg. CA (ALI) 'di terreno lasciato in riposo ma che viene rivoltato' - Vr70 bacantes (nei documenti antichi; mod. piuttosto vagantiu. La forma dovette appoggiarsi all'agg. vakáyte 'vuoto, svuotato in senso generico', che da più indizi sembra perô un prestito del siciliano penetrato in TB attraverso il lessico délia tonnara. c) Viticoltura e vinificazione La viticoltura rappresentô la principale fonte di benessere per Calasetta fino all'inizio délia seconda metà del sec. XX. Il vino prodotto veniva trasferito a Genova su imbarcazioni provenienti dalla riviera ligure (i cosiddetti rivùni) ed esportato in Italia e in Francia, dove veniva usato per «tagliare» prodotti più nobili. Le tecniche di coltivazione délia vite e di produzione del vino, che riflettono le modalità catalane diffuse in Sardegna, furono apprese certamente in loco dai coloni, e l'utilizzo mas-siccio di manodopera sulcitana e campidanese ebbe come conseguenza, secondo le modalità già chiarite, il radicamento di un lessico settoriale di prevalente origine sarda. Restaño tuttavia liguri, come in altri campi semantici, le denominazioni generali délia pianta, dei processi di produzione, délia maggior parte degli strumenti e dei recipienti impiegati per la vinificazione. 299 46. amelá, v. tr. CA 'scolmare un tino eccessivamente pieno mediante una cannuccia' - SpanoI,149, DES (1,81) ammellare 'cessare, placare' (voce logud.). Specializzazione semantica di un termine d'uso generale. 47. barbatá, v.intr. CA 'dissodare' - Vr78,83, DES (1,177) brabattai s.v. barbáttu, logud. (b)ar- battare. 48. brásu, s.m. TB 'il tralcio che viene lasciatodopo la potatura affinché germogli' - Vrll3,197 ráttu de íde (= 'braccio di vite') 'tralcio'; cfr. anche DES (1,224) s.v. bráOOu. Calco semántico: il tipo é assente in area lig. 49. buvále, s. m. TB 'varietá di uva ñera - Vr204, DES (1,221) bovále 'specie di uva ñera' (cat. boval). 50. cása, s.f. TB 'interfilare' - Vrl96 práttsa 'spazio libero tra due filari', cfr. anche DES (11,304). Non risulta in area lig. questa specializzazione di PLATEA. 51. filevéru, s.m. TB 'acquavite' - Viene considerata denominazione recente a partiré dalla nota de- nominazione sarda: in passato la grappa non era prodotta, né risulta che se ne facesse parti-colarmente uso. 52. giró, s.m. TB 'nome di un vitigno' - Vr206, DES (1,607) giró 'diversi tipi di uva'^l. 53. gwále, s.m. TB 'filare di vigna' - SpanoII,60 giuále ;Vrl96, DES (1,711) guáli de (b)ínga, s.v. yugu. 54. karegadréza, s.m. TB 'tralcio occhiuto, sopraccarico', ma CA anche 'qualsiasi tipo di carico eccessivo' - Vrl98 karryadróza 'tralcio che nella potatura viene lasciato intatto', DES (1,307) karríadróza 'tralcio pieno di gemme'. 55. kubedíga, s.f. TB 'tino, botte'; voce d'uso - SpanoI,366 cubedina; Vrl39 kubédda 'botticella'; Vr202 kubidína 'tino di legno', DES (1,434) kubedírta s.v. kúpa. 56. maruná, v. tr. TB, amaruná CA, v. intr. 'dissodare, sarchiare', detto in genere della vigna; - SpanoII,211 marronái 'zapponare'; Vr79, DES (11,77) marrai 'zappare', s.v. márra; Vr88, 189 marrone 'zappa'; cfr. la voce mára al punto b). 57. mónika, s.f. TB 'varietá di uva rossa' - SpanoII,226 mónica 'uva canaiola', DES (11,125) moni- ka. I vitigni coltivati a CA sono gli stessi che si piantano nel Campidano. 58. pilwíij, s.m. pl. CA (ALI) 'la parte della pianta rimasta nella térra, se mette nuovi polloni' - SpanoII,279 pilloni 'germoglio, rampollo, virgulto', DES (11,331) pilldni s.v. pudzdne. La forma registrata per l'ALI presuppone un sing. *pilúrj, e di conseguenza un tipo di adegua-mento morfologico piuttosto insólito nel passaggio dal sardo al TB. 59. pudéni, s. m. CA 'getto infruttifero della vite' - SpanoII,302 pudóni 'occhio a frutto del semien- to'; Vrl97. 60. sekrestá, v. intr. TB 'capitozzare, effettuare la prima potatura' - SpanoII,350 segrestare 'sfemmi- nellare, tagliar le viti inutili'; Vrl98, DES (11,400) segrestai (< cat. segrestar), s.v. segrestare. 61. sermfrjtu, s.m. TB 'sarmentó' - SpanoII,353 serméntu; cfr. Vrl96, DES (11,384). Tipo assente in Liguria. 62. sirá, v. tr. TB 'accorciare i tralci, diramare, spampanare' - SpanoII,345 scirrái; Vrl98, DES (11,343) sirrai s. v. kírra. 63. skarsá, v. intr. TB 'scalzare la vigna' - SpanoII,341 scarzár, Vrl98 skartsai. 300 64. zmamá, v. intr. TB 'tagliare parte dei tralci per daré forza alla vite' - SpanoII,154 ismamàre-, Vrl98 smammai. d) Allevamento degli ovini, dei caprini e dei suini L'accorpamento in un único paragrafo delle voci legate al bestiame di taglia media intende anche sottolineare la scarsa importanza economica, presso le comunità tabarchine, dell'allevamento delle pecore. Ancor oggi le greggi presentí a CA sono per lo più di propriété di pastori sardi, o possedute a sósyu (in société) fra agricoltori tabarchini e pecorai provenienti dal Sulcis. Di conseguenza, la terminología d'origine sarda è preponderante, malgrado siano genovesi i termini d'uso più generale. La presenza di alcune voci di area prevalentemente logudorese potrebbe essere legata, qui come nella sezione e), alia dinamica degli spostamenti interni delle greggi e dei pastori in Sardegna. 65. akurá, v. tr. TB 'radunare un gregge in luogo chiuso' e per estensione 'rinchiudere, precludere la fuga' - SpanoI,98 accorrài 'radunare, uniré il bestiame', DES (1,387) akkorrare, akkorrai, s.v. kórru 66. amirjdà, v. intr. CA 'far pascolare il gregge su terreni adiacenti ai seminativi, durante il lavoro agricolo' - SpanoI,149 ammendàre, ammindài 'foraggiare, pascere il bestiame dömito'; DES (1,103) ammindai (s.v. mendare) 'pascere il bestiame domito nella minda o chiuso riservato, vacuo nei seminativi', a Sant'Antioco. 67. aggönu, s.m. CF, atjgöni, aygunédu CA 'agnello'; aygunéda CA 'pécora appena nata' - Spanol,160 'agnello'; Vr242 angoni, 244 angonéddw, la variante di CF presenta un adegua-mento morfologico parziale. 68. cirótu, s.m. CA 'stalletta per i capretti' - SpanoI,332 cirra 'mandra degli agnelli e dei capretti'; Vr254, DES (1,343) cirra 'recinto coperto per mettervi i capretti', s.v. kirra. 69. có có, escl. CA 'richiamo per avvicinare il maiale' - SpanoI,331 ció 'voce con la quale si chia- ma il porco'; Vr256 co co, DES (1,453) co. 70. fui, v. intr. TB 'fuggire, essere irrequieti, detto del bestiame in amore' - SpanoII,45 fuîre 'fug- gire', DES (1,554) fuiri, s .v.fiúgere. 71. irjkrabistâ, v. tr. CF 'impastoiare' - SpanoII,99 incrabistài 'mettere il capestro'; cfr. DES (1,399) s.v. krapistu. 72. karaláti, s.m. CA 'malattia virale che fa calare il latte agli ovini' - da karái, variante sulcitana di kalâi, DES (1,266) 'calare' e látti 'latte'. 73. kérdula, s.f. CF 'treccia di budella di pécora'; la si considera una vivanda di tradizione sarda - SpanoI,355 Cordula-, Lsl39, DES (1,380) kórdula 'intestini délia capra o délia pécora arrosti-ti sulla cenere e intrecciati'. 74. krabistu, s.m. TB 'capestro' - Spanol,360 crabïstu; Vr226 krabistu, DES (1,399) krapistu. 75. kulQdu, agg. TB 'di animale (per lo più il verro) non castrato, atto alla riproduzione' - SpanoI,339 colludu 'intiero, non castrato'; Vr225,256, DES (1,395) kollúdu {pórku gollúdu), s.v. kodza. 76. kurfa, s.f. CA 'collare del campano' - SpanoI,356 corría, DES (I, 385) korría 'correggia'; spe- cializzazione semantica della voce nel passaggio al TB. 77. körte, s.m. CA 'spazio aperto dove pernottano le pecore' - SpanoI,358 corte de arveghes 'peco- rile'; Vr248 kört i 'ovile', cfr. DES (1,389) s.v. kôrte\ la voce significa anche 'cortile'. 301 78. lyunéda, s.f. CA 'zufolo di canne dei pastori' - Vr341, DES (11,16) liunèddas 'launeddas'; voce pressoché uscita dall'uso: per il típico strumento sardo, che localmente si conosce solo dopo la recente affermazione nell'ambito del folk revival, si usa la forma launeddas dell'italiano regionale. 79. meâ, intr. CA 'belare' - SpanoII,216 melare, DES (1,192) melare, mêlai s.v. belare: l'adattamen- to fonético fu forse facilitato da un'antica presenza del tipo lig. beS, sul quale la voce sarda si sovrappose. 80. medàu, s. m. TB 'ovile aperto'; voce conosciuta, ma utilizzata quasi esclusivamente con riferi- mento all'organizzazione pastorale del Sulcis - SpanoII,201 madàu 'ovile'; Vr249, Lsl30, DES (II, 98) medàu. 81. sakàya, s.f. TB 'agnella di un anno' - SpanoII,333 saccàju; Vr244, Ls256, DES (11,374) sakkáyu 'agnello di un anno'. 82. sementfiza, s.f. CA 'pécora di un anno che non ha figliato' - SpanoII,351 sementosu 'agnello di due anni'; Vr244 sementúsu 'pécora fino a due anni', DES (11,402) sementosu s.v. semertósu. e) Produzione casearia Fu sempre irrilevante nel sistema produttivo tabarchino, e legata all'uso domestico e locale; dal porto di Carloforte e dalla marina di Calasetta partivano periódicamente per Genova e per altre de-stinazioni del continente carichi di furmágu sardu, la cui denominazione chiarisce già, di per sé, tutta-via, la provenienza dal retroterra. 83. aisku, s.m. CA 'forma per il formaggio, fiscella' - SpanoI,127 logud. aiscu 'scodella, scodellino per mettere il formaggio fresco, cascino'; Vr268, DES (1,470) aisku logud. (s.v. dîsku) 'forma per il formaggio', campid. diskua. 84. furmágu màrsu, s.m. CA 'tipo di formaggio molle piccante' - Vr273 kásu márcu 'formaggio marcio' ; calco semántico. 85. gódu, s.m. CF 'ricotta fermentata' - SpanoII,58 giôddu 'latte coagulato cui si dà l'acido'; Vr273 góddu 'ricotta', DES (11,709) yóddu 'una specie di latte fermentato acido che si condensa in un coagulo molle e omogeneo'. Per 'ricotta' in senso generale si usa la forma lig. rekœtu 86. kalâ, akalâ, v. intr. CA 'cagliare'; forma d'uso corrente rispetto al più raro aprër/dise, tipo lig. diffuso a CF - SpanoI,297 calliài, DES (1,397) kallai s.v. kragare. 87. kálu, s.m. CA, kâlaw CF 'caglio' - SpanoI,297 callw, Vr267,274, DES (1,397) Milu. L'amplia- mente délia desinenza nella variante di CF, di carattere analogico, è caratteristico in genere dei nomi di piante o animali: futjzaw 'fungo', kúybaw 'colombo', ecc. 88. kazáda, s.f. CF, kazâra CA 'colostro' e ' il formaggio che se ne ricava' - SpanoI,313 casàda 'for- maggio cotto'; DES (1,317) kasáda 'formaggio cotto' s.v. kásu il diverso trattamento di -d-rivela l'antichità del prestito nella varietà di CF. 89. kàzu, s.m. CA 'formaggio fresco' - SpanoI,316 casu 'formaggio in genere'. 90. murígu, s.m. TB 'latte cagliato pronto per fare il formaggio' a CA; CF, CA 'tramestio' - Cfr. murigâ al punto t): murigai 'rimenare il formaggio' in DES (11,139) s.v. murikare. 302 f) Allevamento dei bovini Ebbe soprattutto in passato una discreta importanza a Calasetta, dove alia fine del sec. XIX si co-stitui persino, tra i proprietari di buoi da trasporto, la cosiddetta kuypañía di bá, una delle prime so-cietá di mutuo soccorso attive in Sardegna. 91. bai, escl. CA 'vai!, incitamento per i bovini' - Voce del verbo andái, usata solo in questa acce- zione. 92. beránu, s.m. CA, baranu CF 'la stagione agrícola', ma intendendo specialmente 'la stagione du- rante la quali i bovini crescono, sono all'ingrasso, pígay u b.' - Spanol,260 beránu, DES (11,571) veránu 'primavera'. Specializzazione semantica. Per 'primavera' si usa normalmente la forma lig. primaváya. 93. bónu, escl. CA 'calma!, esortazione per i buoi' - voce d'uso, penetrata talvolta anche nella con- versazione corrente: 'sta' calmo', detto a persona. 94. bwenárzu, s.m. TB 'bifolco, bovaro' - SpanoI,272 boinárgiu 'boaro', DES (1,216) boinárgu s.v. boínu; usato spesso come moderato insulto per 'persona maleducata, incivile'. 95. fustígu, s.m. TB 'spranga del carro a buoi' - SpanoI,49 fustigu, DES (1,563) fustiga 'fuscello'; rifletterá forse una denominazione lócale dell'area sulcitana. 96. grüminá, v. intr. TB 'ruminare' - SpanoII,67 grumiái, DES (1,368) aggrumiai s.v. rumigare 'raminare'; sembra essersi verificata la sovrapposizione della voce sarda sul tipo ruminare, non estraneo all'area lig. 97. gúqge, v. tr. CA 'aggiogare' - SpanoII,61 giüngiri; Vrl02, DES (1,713) gúngiri is bdis; la voce lig. (a)zúyze é d'uso corrente nel senso generale di 'uniré', 'congiungere'. 98. gwále, s.m. TB 'giogo per i buoi' - SpanoII,60 giuále; Vr100,140, DES (1,711) guálv, a Sant'An- tioco guáfé. 99. láku, s.m. TB 'truogolo in pietra per i bovini, abbeveratoio' - SpanoII,181 lácu; Vrl39, DES (11,4) lák(k)u; il tipo lig. trágu vale 'abbeveratoio' in generale. 100. lamúg, s.m. CA 'secchio per mungere' - Vr217, DES (11,6) lama; malgrado la probabile origi- ne continentale della voce sarda, questo tipo é sconosciuto in Liguria in questo specifico si-gnificato. 101. lóla, s.m. TB 'stalla'; anche 'loggia per riporvi il carro' - SpanoII,195 lólla 'loggiato, tettoia', DES (11,39) s.v. lódza\ con specializzazioni diverse ricorrono anche i tipi lig. stála e stágu. 102. léru, s.m. TB 'giuntoia di cuoio per legare il bue al giogo' - SpanoII,196 loru 'correggiolo'; VrlOl, Lsl29, DES (11,38) lórus 'corregge per fissare il giogo'. 103. maléru, s.m. TB 'giovenco, torello'; anche maldra 'giovenca' - SpanoII,205; Vr212 mallóru 'vitello di circa un anno', cfr. DES (11,55) s.v. maggólu. 104. malurétu, s.m. CA 'vitello di 9 o 10 mesi' - SpanoII,205 mallóru 'toro, giovenco'; si noti l'inu- suale adeguamento al suffisso dimin. di tipo lig. 105. manáda, s.m. TB 'budello bovino' - Vrll2 manáda. 106. masáme, s.m. CA 'interiora del bue' - SpanoII,215 mazzámini 'interame, interiora'. 107. mazídu, agg. CA 'mansueto, pacifico', detto di bovini e in senso fig. di persone - SpanoII,212 masédu; Vr226 masédu 'mansueto', DES (11,85) masétu. 303 108. muzúrjgu, s.m. TB 'cibo addizionale che si dà ai buoi per incitarli' e fig. allettamento'; CF anche 'bolo di cibo, masticamento continuo' - SpanoII,236 musùngiu 'razione dei buoi'. 109. ordinàgu, s.m. CF, ordenàgu CA, s.m. 'redini dei buoi' (pl. ordenàgi) - SpanoII,249 ordinàgus 'redini'; Vrl02 ordinàgus, cfr. DES (11,343) s.v. redrinákos. 110. strúrjbulu, s. m. TB 'pungolo' - SpanoII,372 strùmbulu, Vrl04, DES (11,436) strúmbulu, a Sant'Antioco strumbu (nostre informazioni). 111. tite, s.m. CA 'petto délia mucca' - SpanoII,392, DES (11,489) titta 'mammella'; termine di discre- to uso, adoperato talvolta anche per 'seno muliebre' in concorrenza con la forma lig. tetîij. g) Il carro All'epoca d'oro délia viticoltura calasettana, i carri per il trasporto dell'uva durante la vendem-mia venivano noleggiati nel retroterra sardo e soprattutto nella zona di Teulada. Cio provocava il trasferimento di decine e decine di lavoratori avventizi (irónicamente detti parigiij 'parigini in vacan-za'), che il più delle volte pernottavano sui loro veicoli parcheggiati lungo le strade délia cittadina^4. 112. ayôni, s.m. TB 'specie di cuscinetto infilato nel timone del carro e al quale si adatta il giogo'; voce uscita dall'uso - SpanoI,127 ajone 'gombîna, ordigno di pelle che si attacca al timone dell'aratro'. 113. ása, s.m. CA 'sala, asse del carro' - Vrl79,181, DES (1,142) asya. 114. bútu, s.m. CA 'mozzo délia ruota' - SpanoI,288 bùttu; Vrl82, Ls248, DES (1,249) búttu; in Vr, il Wagner proponeva una derivazione da cat. botó, in Ls e DES preferisce piem. but. Ad ogni modo, la voce è assente in Liguria. 115. mekánika, s.m. CA 'martinicca' - Vrl84, DES (11,98) logud. mekkânika, camp, matânika. 116. serdya, s.f. TB 'stuoia, graticcio che fa da sponda al carro a buoi' - SpanoI,321 cèrda; Vrl86, Lsll2-113, DES (1,446) cèrda. 117. tráka, s.m. CA 'carro a buoi che si prendeva in affitto per i pellegrinaggi a Sant'Antioco e a Tra- talias'; voce uscita dall'uso - SpanoII,395 traeca 'carro a baracca', DES (11,502) trâkkas 'carri coperti con tende'. h) Allevamento degli equini. Animali da soma e loro corredo Il possesso di un asino (più raramente di un cavallo) era frequentissimo in passato: occorre pensare che i coltivi e le vigne erano spesso a grande distanza dal centro abitato, sia a Carloforte, ove l'agricoltura era un'attività complementare (ma pur sempre importante), sia a Calasetta, ove essa rap-presentava l'attività principale délia stragrande maggioranza délia popolazione. Disporre di un mezzo di trasporto era quindi una condizione essenziale per il lavoro nei campi. 118. arbfiga, s.f. CA (ALI) 'barbazzale' - SpanoI,186 arbùle logud. 'barbazzale', DES (1,177) s.v. bârba cita le forme arbúle e arbúda. 119. blrtula, s.m. TB 'bisaccia, sporta, gerla' particolarmente quella dell'asino; CA anche 'vesciche, sacche di pus sotto la pelle' - SpanoI,261 bèrtula 'bisaccia'; Vr232, DES (1,198) bértula. 120. bestyólu, s.m. CA 'nome affettivo e familiare dell'asino' - SpanoI,262; Vrl40 bestyólu 'asino', cfr. DES (1,199) s.v. béstia65. 121. ëgwa, s.f. CA 'cavalla' - Spanol,410 ègua\ Vr222, DES (1,485) ègwa 'cavalla'; a CF kavâla. 304 122. mará, s.f. CA 'calcio dato dal cavallo con le zampe anteriori'; voce pressoché uscita dall'uso - SpanoII,211 marrada 'colpo di zampa'; Vr234 pesaisï a mmarrádas; Vr237 márra 'unghia, zoccolo'; DES (11,77) marrai 'scalpitare'. 123. retráqga, s.f. TB 'finimento sottocoda dell'asino o del cavallo' - SpanoII,324 retrànga 'poso- liera'; Vr227 (ar)retránga, cfr. DES (11,357) s.v. retránka. 124. strígula, s.f. CA 'striglia' - SpanoII,371 striggiula; Lsl90 striggulai, DES (11,699) stríggula. i) Apicoltura Le comunità tabarchine non vantano tradizioni nel campo dell'apicoltura, che in passato fu pra-ticata soltanto occasionalmente. II lessico relativo è quasi tutto d'origine sarda, a partiré dal nome stesso dell"ape' a Calasetta. Per un caso incerto, cfr. nota 41. 125. ábis CA (ALI), ábisi, ábizi, s.m.'ape' - SpanoI,85 abï, Vr208, DES (1,98) ábi s.v. ápe66. 126. abyóni, s.m. CA 'calabrone' - Tipo non documentato sui repertori sardi consultati. 127. kazídu, s.m. TB 'alveare'; CF fig. anche 'persona con la testa tra le nuvole, che ha qualcosa che gli ronza nel cervello' - SpanoI,315 casiddu; Vr208, DES (1,312) kasiddu^1. 128. máma di ábizi, s.f. CA 'ape regina' - Vr209 ábi mámma Oristano 'ape regina'. 129. régsa, s.f. CA 'farfalla parassita delle api' - SpanoII,320 renza 'lappa, insetto che ruba il miele', DES (1,104) arrèndza 'bruco délia farfalla dell'arnia che distrugge i favi' 130. skursfia, s.f. CF, skusáa CA, 'sciame d'api' - SpanoII,349 scussùra 'sciamo', Vr210 skussúra, DES (1,667) iskussúra; concorre occasionalmente la forma lig. sámu, di uso corrente per indicare un gruppo di animali di grossa taglia (gregge, mandria) o di persone; cfr. anche il deriva-to skusuá 'sciamare'. j) Pesci e pesca. Lessico marinaro e di tornara Sulla pratica della pesca presso le comunità tabarchine si veda quanto esposto nei paragrafi precedenti. Una parte consistente della terminologia relativa è d'origine sarda, importata dai pesca-tori algheresi che, scendendo lungo le coste occidentali della Sardegna, diedero un contributo essen-ziale al rilando dell'attività ittica a Carloforte e a Calasetta. Un altro apporto determinante fu quello méridionale italiano, legato in parte alia pratica della tonnara, ámbito nel cui lessico più sono fre-quenti i sicilianismi che le voci d'origine sarda. 131. bazúku, s.m. TB 'pagello occhialone' e spesso, in senso fig. 'ingenuo, stupido' - Ls214, DES (1,186) basúku 'pagello' (< cat. besúc, basúc)-, a CA è completamente sconosciuta la forma lig. bezügu, che a CF concorre col tipo sardo, ma soprattutto nel senso fig. 132. cfu, cié tu, s.m. TB 'tipo di barca a fondo piatto in uso nel tratto lagunare prospiciente Sant'An- tioco e nei bassi fondali'; era consuetudine far trovare una di queste imbarcazioni davanti alia porta delle ragazze che avevano rifiutato un corteggiatore, donde la locuz. arestá y sá c. 'rimanere zitella' - SpanoI,332 ciu 'specie di barca'. 133. dugâle, drugàle, s.m. CF 'fuñe che lega la corda del tonno all'appiccatoio nello stabilimento a terra della tonnara' - Spano 1,406 dugàli 'laccio, capestro'; Lsl96, DES (1,482) dugáli 'lac-cio col quale il carnefice strozzava il condannato alla força' poi 'cappio in genere'. 134. garétu, s.m. TB 'zerro' - SpanoII,57 giarrèttu; Ls214, DES (1,603) garréttu (< cat. gerret, xerret). 305 135. kañíqa, s.f. TB, kaníya CF 'orata' - Spanol,302 canina, DES (1,283) kanína68. 136. kócula, s.f. TB 'conchiglietta', 'arsella' - SpanoI,335 cdcciula 'chiocciola, arsella', DES (1,359) kó- ccula; normalmente vengono pescate nella laguna di fronte a Sant'Antioco da raccoglitori locali. 137. levizéda, s.f. CF 'levicella della tonnara' - Assente nei repertori sardi consultati. 138. macóni, s.m. CA 'ghiozzo' - SpanoII,200 maccidni', Ls214 maccóni (< cat. maxón)', a CF si usa il tipo lig. gigúij. 139. maricáda, s.f. TB 'mareggiata' - Forma che riflette la fonética sulcitana, in concorrenza col tipo lig. maygásu. 140. maricólu, s.m. TB 'maricino'; voce d'uso - Forma che riflette la fonética sulcitana rispetto al sinonimo mayzé di tipo lig. 141. pagélu, s.m. TB 'pagello, fragolino' - SpanoII,256; Ls215, DES (11,205) pagéllu (< cat. pagell o voce it.); concorre a CA la forma lig. págu. 142. paláya, s. m. TB 'sogliola' - Spanoü,256; Ls215, DES (11,207) paláya (< cat. pelaya o voce it. merid.). 143. risa, s.f. TB 'rete', intendendo precipuamente quella da pesca, ma a CA anche risa du létu 'rete del letto' - SpanoII,226 rézza, DES (11,358); il tipo lig. ré é completamente sconosciuto^. 143. rokalédu, s.m. CF 'tordo fischietto' - SpanoII,328 rocále 'tordo di mare', logud., DES (1,127) arrokkáli, campid. 144. skríta, s.m. TB 'tipo di razza' - SpanoII,347 scritta-, Ls215, DES (1,395) skrítta 'razza' (< cat. escrita)-, concorre ferása 'razza in genere', che é voce d'origine cat. presente sia in sardo che in lig. (VPL LSII,1, s.v.) 145. surélu, s.m. TB 'suro'; voce di uso corrente - Ls215, DES (11,449) suréllu 'specie di scombro' (< cat. surell, sorell). 146. taqkadú, s.m. CF 'cerchietto per la nassa' - SpanoII,384 tancadüra, DES (11,463) tankadúra 'serratura'. k) Pe si e misure, moneta, amministrazione 147. kagaize, s.m. TB 'moneta da pochi centesimi', nella locuz. unuvaij k. 'non vale nulla', d'uso corrente - SpanoI,294 cagliaresu 'la sesta parte del soldo sardo'; cfr. il nome di Cagliari in Tb, che é Kágay a CF e Káge a CA. 148. mustazáfu, s.m. CF 'antica guardia municipale', voce non piü usata se non in senso scherzoso - SpanoII,235 mustazzáffu; Lsl94, DES (11,147) mustattsáffu 'ufficiale della grascia' (< sp. ant. almutazafe, ar. al-mohtasib). 149. regadú, s.m. TB 'dirigente, direttore', ma usato quasi esclusivamente per 'direttore, organizza- tore di una festa' - SpanoII,317 reggidóri, Lsl94, DES (11,347) reggidóri 'consigliere comu-nale' 150. rumáqa, s.m. CA 'stadera'; non frequente rispetto al tipo lig. kaytá, d'uso corrente a CF - SpanoII,329, DES (11,362) romana. 151. ryá, s.m. TB 'moneta da pochi spiccioli' - SpanoI,199 arrialv, Ls208 arriális 'monete da due centesimi', cfr. DES (11,341) arriali, s.v. reále. 306 1) Arti e mestieri. Attrezzi di lavoro Si riuniscono qui voci non specificamente settoriali, ma penetrate nell'uso generale o come tecni-cismi legati ad alcune professioni. 152. byaróne, s.m. TB 'cemento allungato con poca sabbia' - SpanoI,263 biaróne 'calcina sciolta, allungata', cfr. DES (1,205) s.v. bieróne, biaróne. 153. gabelótu, s.m. TB 'tabaccaio' e 'tabaccheria', voce uscita dall'uso - SpanoII,50 gabellóttu 'tabacchino', DES (1,564) gabelóttu. Concorre, oltre al piü recente tabakíy, anche il tipo stárjku, largamente diffuso sia in Liguria che in Sardegna (cfr. nota 43). 154. kogcakoqkóne, koygagoygóne, kutjcapiñáte, s.m. CA 'ricucitore di conche, di pentole'; voci uscite dall'uso - Voci certamente sarde nel loro primo componente: cfr. SpanoI,96 acconcia-cardáxius, 345 concialapdlu, acconcia cardagiu, DES (1,371) akkontsalapiólu\ é probabile che gli ambulanti sardi che praticavano questo mestiere adattassero i loro gridi di richiamo alia realtá lingüistica tabarchina presentandosi come 'acconcia-conche' o 'acconcia-pentole', e che le voci cosi modifícate penetrassero nel lessico lócale. 155. palíta, s.m. TB 'paletta' in genere, e particolarmente 'pala del forno'; CF anche 'pala dei fichi d'india'; CA anche 'raschiatoio per l'aratro' - SpanoII,257; Vrl04,159, DES (11,205) s.v. pala. Denominazione entrata nell'uso generale in virtü delle molte specializzazioni nelle quali era piü probabile l'assunzione del prestito sardo. 156. prégsa, s.f. CF 'pressa'; a CA solo nella locuz. t é na bélap. 'sei un furbacchione'; non usuale - SpanoII,293, DES (11,307) prensa 'strettoio, torchio'. 157. skaráda, s.f. TB solo nella locuz. a s. 'a cottimo' - SpanoII,341 scaráda 'cottimo', DES (11,390) skaráda. 158. spadíg, s.m. CF 'mannaia del macellaio' - SpanoII,363 spadinu 'coltellaccio'. 159. verdugílu CF, verdugrílu CA, s.m. 'sega a due mani' - SpanoII,414 verdughigliw, DES (11,571) verdugñ'u, id. e Ls218 burdugíl'u 'sega lunga' (< sp. verduguillo) a Cagliari. m) Partí della casa. Oggetti di casa, suppellettili, masserizie, utensili vari ecc. Si segnala in quest'ámbito l'abbondanza di denominazioni relative a recipienti, sia in terracotta che di vegetali intrecciati. Tali produzioni provenivano in larga parte dal retroterra (le terraglie, in realta, anche da Livorno e da Tunisi fino ai primi decenni del sec. XX), e ció spiega la frequenza del-l'assunzione di sardismi. 160. barabág, s.m. CA 'soppalco nelle case di campagna' - Sembra la corruzione della voce logud. barandáu SpanoI,247 'pianerottolo', DES (1,176) barandáu 'ringhiera, parapetto', non senza richiami a una forma onomatopeica che evoca il rumore dello scalpiccio su un soppalco di legno. 161. bóvida, s.m. CA 'archivolto' - SpanoI,275, DES (1,221) bóveda 'volta'. 162. bukétu, s.m. CA 'mazzo di fiori'; voce inusuale - SpanoI,281 bucchéttu: cfr. anche Dettori, 1988: 304. 163. ciminfa, s.m. TB 'piano di lavoro della cucina, focolare' - SpanoII,423 ziminéa, DES (11,591) tsiminéa 'camino'. 164. gwantéa, s.m. TB 'vassoio, piatto da portata' - SpanoII,68 guantera. 307 165. kadírj, s.m. TB 'canestro piatto, spesso utilizzato per il pesce' - SpanoI,293 cadïnu 'vaso di le- gno a doghe'; Vrl27, DES (1,259) kadínu 'cesto', 'cestone'. 166. kanistru, s.m. TB 'graticcio, stuoia di canne' - Utilizzato solo in questo specifico significato, e soprattutto per il 'canniccio dei soffitti': cfr. DES (1,238) kanistru 'canestro'. 167. kartálu, s.m. TB 'paniere, cestino' - SpanoII,341 scartèddw, Lsl43, DES (1,654) (i)skartéddu\ L'adeguamento -dd- > -II- potrebbe denunciare un'antichità del prestito o una provenienza di esso dall'area logud., a meno che non si tratti, addirittura, di una voce ital. merid. penetrata attraverso il lessico della pesca. 168. kása, s.f. CA 'cassapanca' - SpanoI,314; Vr319 kása 'cassapanca'; la voce, fonéticamente lig., significa in primo luogo 'cassa' in senso generico; a CF è in uso kasabáyka, calco sulla voce it.; completamente assente il tipo lig. u barjká che ha assonanze nel sardo logud. bangàle 'cassa grande', SpanoI,247. 169. kátre, s.m. CA 'letto a una piazza di elegante lavorazione'; voce uscita dall'uso - SpanoI,317 catre 'letto di parata', DES (1,319) kátre 'letto di parata'. 170. lepa, s.m. TB 'scorticatoio, coltellaccio', in particolare (ma non solo) quello dei pastori - Spano 11,188 lèpa, DES (11,22) lèppa. 171. muconi, s.m. CA 'pezzetti di brace'; voce uscita dall'uso - SpanoII,229 mruccidni 'tizzone', DES (11,153) muttsioni 'tizzone' (s.v. múttsu). 172. parastágu, s.m. TB 'scaffalatura', sia di casa che di negozio - SpanoII,260 parastàggiu 'guar- daroba, scaffale'; Ls212, DES (1,222) parastággu 'scaffale' (< cat. parastatge). 173. safáta, s.f. TB 'vassoio' - SpanoII,334 sqffàta; Lsl90,211, DES (11,376) saffátta (< cat. safatá). 174. serízu, s.m. CF 'crivello, piccolo vaglio' - SpanoI,321 'vaglio, canestro grande', logud.; Vrl53, DES (1,330) cerrigu s.v. kerríkru. 175. sivéla, s.f. TB 'conca, catino di terra impiegato per preparazioni alimentad e usato anche come piatto da portata' - SpanoII,345 scivèdda 'catino'; Vrl54,155, DES (11,658) sivèdda 'bacinel-la in terracotta in cui si lavano le stoviglie' (s.v. iskívu); a Sant'Antioco. sifédda (nostre infor-mazioni); si noti -11- in luogo del consueto -dd- < -dd-. 176. spídu, s.m. TB 'spiedo' - Vr328 logud. ispídu. 177. strëzu, s.m. TB 'recipente in genere' - SpanoII,371 strèxu de cuxina 'stoviglia', DES (11,691) strézu s.v. istériu. 178. stucadinai, s.m. CF, stugadinái CA 'salvadanaio' - SpanoII,372 stuggiai 'conservare'. n) Abbigliamento e acconciatura Presso le comunità tabarchine non esistette mai un costume típico, ed era anzi un segno di distin-zione rispetto ai Sardi il vestire abiti di foggia continentale: «[Alla sagra di Sant'Antioco] si girava curiosi verso le esposizioni delle varie bancarelle in mezzo ad una gran folla in costume sardo che era il quotidiano abito di quegli abitanti; noi non distinguevamo certamente il costume feríale da quello festivo. Erano tutti vestiti alia sarda e questo distingueva i Calasettani ed i Carlofortini da loro»7®. 179. arbázu, s.m. TB 'orbace' - voce conosciuta principalmente in relazione all*abbigliamento típi- co sardo: SpanoII,249 orbàci\ Vr292, DES (1,68) orbáci, arbáci s.v. albáke. 308 180. bóti, s.m. TB 'stivaloni' - SpanoI,274 bottinu 'stivaletto'; Ls203,219, DES (1,220) bdttas 'sti- vali' (< sp. botas). 181. kanáka, s.f. TB 'collana' - Spanol,303 cannáca 'collana, monile, vezzo'; Vr313, DES (1,284) kannákka, Ls253. 182. magtéka, s.m. TB 'lucido da scarpe'; voce d'uso - SpanoII,208, DES (11,68) mantéga 'panna conservata', e mantegtt'a 'pomata'; in Liguria la voce é documentata dal sec. XVIII (Toso, 1993, 94), ma non in questo specifico significato. 183. pyúqku, s.m. CF 'pedule'; voce rara rispetto al sinon. skapírj, di tipo lig., d'uso corrente anche a CA - SpanoII,274 peúncu, DES (11,256) peúnku. 184. síqtu, s.m. TB 'cinta dei pantaloni'. Spanol,330 cintu, DES (1,341) cíntu, su zíntu s.v. kíntu\ con- corrono (piü diffuse) le voci lig. kuréza, sentüa. o) Cibi e loro preparazione Di particolare rilievo in questa sezione sono i nomi dei dolci, che presso le comunitá tabarchine sono quasi tutti di tipo sardo; discreto interesse ha anche la nomenclatura legata alia panificazione. 185. birikíti, s.m.pl. CF 'dolcetti fritti di pasta, olio e zucchero'; voce d'uso - pirikíttus Vrl76, DES (11,275) 'dolcetti globosi di pasta all'uovo'; Ls208; SpanoII,280 pirichittus 'zuccherini'. 186. gato, s.m. TB 'dolce di mandorle tostate' - SpanoII,52, DES (1,572) gattd; cfr. anche Dettori, 1988: 298. 187. gerdye, s.f. pl. CF 'pezzetti di sugna che avanzano dalla produzione dello strutto'; voce uscita dall'uso - SpanoII,54 gerda 'cicciolo'. 188. gígeri, s.m. pl. TB 'dadini di pasta fritti e caramellati' - SpanoI,333 cixiri 'ceci': il passaggio semántico si spiega con l'aspetto di questi piccoli dolci. 189. iqkazáu, agg. CF 'condito col formaggio' - SpanoII,94 incasái 'asperger con cario'. 190. kasóla, s.f. TB 'zuppa di pesce' - SpanoI,315 cassóla 'guazzetto, umido, stufato'; Ls209, DES (1,314) kassdla 'specie di umido fritto in casseruola, cosi con carne come con pesce' e 'guazzetto di pesci' (< cat. cassola). 191. kaskéte, s.f. pl. CA 'dolce con mosto cotto e sémola' - SpanoI,314 caschétta 'ciambella'; kaskétta Vrl77, DES (1,312) 'sorta di ciambella'; 192. kraká, v. tr. TB 'impastare in pane coi piedi' - SpanoI,361 craccáv, Vr267 krakkare 'calcare', DES (1,297) krakkái s.v. karka. 193. kukoi, s.m.pl. CA 'un formato di pane'; cfr. anche il dimin. kukuédi 'pezzi di pasta di pane cotti a parte per i bimbi' - SpanoI,335 coccói; Vrl67, DES (1,355) kokkdi 'tipo di pane' s.v. kókka 'pane a ciambella' 194. maravílye, s.f. pl. TB 'fritture di pasta dolce, tipiche dei rituali di comparaggio che si svolgo- no durante la notte di San Giovanni Battista' - Vrl74 maravñ'as, DES (11,72) maravíl'a. 195. mása, s.f. CA 'interiora, rigaglie del pollame'; la voce circola anche l'espressione ibrida nu te ne kale in sa mátsa 'non te ne scende nella pancia', 'non ci ricavi nulla', che non viene pero con-siderata squisitamente tabarchina (si noti infatti l'utilizzo deU'articolo sardo e l'aspetto fonético mantenuto in questo caso dalla voce) - SpanoII,214 mazza 'budella, interame, intestini'. 309 196. papasíga, s.f. TB 'pina d'uva passa', dolce típico - SpanoII,255 pabassinu; Vrl75 pabassínas, DES (11,215) pabassinu s.v. papássa. 197. sába, s.f. TB 'mosto cotto'; voce entrata anche nell'it. lócale - SpanoII,333 sába; Vrl75, DES (11,382) sába 'sapa' s.v. sapa. 198. sufráza, s.f. TB 'focaccia di cruscherello', anche nella forma dimin. sufrazéta - SpanoI,333 civráxu, Vrl46, DES (1,351) civrázu 'cruschello' s.v. kivárdzu. 199. sukítu, s.m. TB solo nella locuz. a s. 'in umido' - SpanoII,375 succhétte, succhittu, DES (11,439) sukkette, sukkíttu 'guazzetto' s.v. súkku. 200. sápidu, agg. TB 'insípido, scipito'; anche in senso fig. 'persona insignificante', 'priva di carat- tere' - Voce d'uso, ma meno diffusa della forma lig.fátu; SpanoII,344 sciapidai 'fare scipito' (il tipo desápitu non é sconosciuto neppure nell'estrema Liguria orientale, VPL). 201. sípure, s.f. pl. CA 'zippole' - SpanoII,423 zipula, Vrl74 tsíppulas 'speciedi frittella tonda'; tipo assente in Liguria. 202. stíqku, s.m. CA 'olio di lentischio, un tempo preparato artigianalmente e usato in sostituzione dell'olio d'oliva'; voce uscita dall'uso - Derivera da stingu 'sottile' (SpanoII,370), in quanto si trattava di un olio molto leggero. 203. tigbála, s.f. CF 'timballo' - SpanoII,391 timbála, DES (11,484) timbálla 'forma per maccheroni o polenta' e 'pasticcio di maccheroni'. p) Lessico infantile. Giochi e svaghi 204. bábu, s.m. TB 'babbo', 'padre'; anche (ba)bugráyde 'nonno', tipo quest'ultimó di impianto lig. (pwegráyde) - Spanol,240, DES (1,162) bábbu71. 205. baralíku, s.m. TB 'girlo, gioco del girlo' - SpanoI,247 baraliccu, DES (1,176) bar(r)alíkku. 206. cucú, s.m. TB nella locuz. a c. 'a passeggio' - SpanoI,332 andai ciuciu 'andaré a spasso', e cfr. DES (1,453) ciccíu 'beniamino di casa' 207. gwaduforti, kwáduforti, s.m. CA 'scavalcata in serie', letteralmente 'cavallo forte' - a CF kavalása. 208. kabésu, s.m. CA 'scapaccione dato ai ragazzi' - SpanoI,289 cabéssu 'schiaffo', DES (1,252) kabéssu s.v. kabessáda. 209. kugkéda, s.m. CF 'gioco del rincorrersi'; voce pressoché uscita dall'uso. 210. sagpitá, v. intr. CA 'far festa con canti e balli' - SpanoII,344 sciampittái 'scambiettare, far scam- bietti', sciampltta 'salto nel bailo, capriola', DES (11,454) sampittai. 211. strúqpa, s.f. CA 'un gioco di abilitá'; voce uscita dall'uso e comunque attribuita esclusivamente ai carradori sardi, che praticavano questo gioco nei periodi di riposo durante la vendemmia -SpanoII,372 pigai a strumpas 'lottare', DES (1,700) istrumpare 'gettare a térra'. q) Determinazioni di qualitá, carattere, provenienza riferite a persona 212. askeuzu, agg. CA, skeüzu CF 'eccessivamente scherzoso' - Spanol,207 ascherosu 'nauseante' (sp. asqueroso). 213. azuríu, agg. CF 'tirchio' e 'ávido' - SpanoI,218 asüridu 'ávido, ingordo'. 310 214. barézu, agg. TB 'seccatore, importuno, millantatore'; a CA anche 'nomignolo usato per indi- care gli abitanti di Sant'Antioco' - SpanoI,251 barrdsu logud. 'loquace, millantatore', DES (1,181) s.v. barra. 215. bibígku, agg. CF, pibítjku CA 'tirchio' a CF; 'sofisticato', 'eccessivamente lezioso', CA - SpanoII,275 pibincósu 'seccante, noioso', DES (11,258) pibínka 'seccaggine', pibinkai 'annoiarsi', s.v. pibiare. 216. famigézu, agg. CF 'ávido, famélico' - SpanoII,20 famigósu 'misero, affamato', DES (1,502) famigósu. 217. feminéda, s.m. CF 'individuo effemminato'. 218. maligtráña, agg. CA, málazir¡tráña CF 'cattiva disposizione dell'animo' a CA; CF 'musone- ria' e 'musone'; non comune - SpanoII,124 homine mal'intragnadu 'sleale, pessimo, di cat-tivo cuore', DES (11,640) malintrañádu s.v. intráñas. 219. ogyánu, agg. TB 'vorace, goloso' - SpanoII,247 ojánu 'ingordo', DES (11,183) ogiánu s.v. ókru. 220. pégu, s.m. CA 'tipo losco' - DES (11,238) pégus nel senso fig. di 'cattivo individuo' (cfr. it. buonalana), specifico del campid. 221. sperdisyá, v. tr. TB 'dissipare' - Cfr. la voce seguente. 222. sperdisyáu, agg. TB 'dissipatore, persona disordinata nei suoi interessi' - SpanoII,365 sperdi- ziai 'sperperare', DES (1,676) isperdíttsiu 'sperpero'. 223. strágcu, agg. CF, strár/gu CA 'straniero' e 'estraneo' - Si preferisce la forma lig.fwesté\ Spano 11,371 strángiu 'straniero', DES (11,696) strángu s.v. istrándzu. r) Stato físico; salute e malattie 224. asidíu, agg. CA, sidíu CF 'intirizzito' e 'impalato' - SpanoII,356 siddiu 'intirizzito', DES (II, 416) siddai is déntis 'stringere i denti' s.v. siddai 'stringere'. 225. basitédu, agg. CF 'piuttosto basso'. 226. cúrpu, agg. CA 'guercio' e anche 'cieco' - SpanoII,426 zúrpu 'cieco', DES (11,555) tsúrpu s.v. qúrpu; Vengono frequentemente confuse le voci che significano 'guercio', 'cieco' (gwérsu) e 'strabico'. 227. fúgale, s.m. CF 'irritazione all'ugola, alia gola' - SpanoII,34 fogále 'malattia dei porci, infiam- mazione alie ghiandole'; Vr259, DES (1,529) fogáli 'infiammazione delle ghiandole del eolio' e 'angina del maiale', s.v. fokále. 228. kaleqtfira, s.f. CF 'eccitazione febbrile'; voce rara, a CA conosciuta come sarda ma non usata - SpanoI,296 'febbre'; Ls221, DES (1,269) kal(l)entúra 'febbre'. 229. pilardéda, s.f. CF 'un malanno'; voce rara, registrata solo nella locuz. ke me veñíse a p. 'mi ve- nisse un accidente!' - SpanoII,278 pilardédda 'noce vómica', da pilárda 'pera secca', DES (11,125). 230. pistiqká, v. intr. CA 'essere balbuziente'; voce rara - SpanoII,283 pistincare 'scoccare il dito medio dal pollice per battere', logud., DES (11,282) pistínku 'buffetto' (s.v. pistdnka). 311 s) Religione e ámbito religioso 231. igkúgtru, s.m. CA 'cerimonia religiosa áe\l' encuentro durante la quale si raffigura, durante il Venerdi Santo, l'incontro tra il simulacro della Vergine e quello di Gesü' - Lsl97, DES (1,625) s'inkóntru72. 232. matráka, s.f. CA 'battola, raganella della Settimana Santa' - SpanoII,213 matrácca; Ls200, DES (11,88) matrákka 'tabelle della Settimana Santa'. A CF solo il tipo lig. batáila. 233. sfera, s.f. CF (ALI) 'ostensorio' - In questo significato, voce menzionata dallo Spano nella se- zione Italiano-Sardo, 11,157 (isfera) e DES (1,669) isfera. t) Lessico espressivo 234. acirá, v. tr. TB 'afferrarsi, abbrancarsi' - SpanoI,94 accirrái 'afferrare', DES (1,343) s.v. kírra. 235. agutóryu, s.m. TB 'aiuto', solo in contesti scherzosi o espressivi - SpanoI,122 aggiutdriu 'aiuto, ausilio'; Ls238 aggitóriu 'aiuto', DES (1,63) aggut(t)óriu. 236. amaróla, avv. TB 'malvolentieri', 'a malincuore' - SpanoI,142 amarolla 'di mala voglia'. 237. arosá, v. tr. CA, arusá CF 'infastidire' - Spanol,202 arrósciri 'annoiare, tediare'. 238. atugtáu, agg. CF 'istupidito' - Spanol, attontadu 'stupido, insensato', DES attontádu (11,496) s.v. tóntu. 239. avulótu, s.m. TB 'baccano, chiasso, confusione' - Spanol,233, DES (1,69) avolotu 'scompiglio, tumulto' s.v. alborot(t)ai. 240. avulutá, v. intr. TB 'schiamazzare' - Spanol,233 avolotái 'turbare, scompigliare'. 241. azíu, s.m. CA solo nella locuz. u g á a. 'hai voglia!' - A Sant'Antioco ténnizi azíu 'hai aceto!' nello stesso sign. 242. besída, s.f. CF 'battuta, motto di spirito' - Spanol,261 'uscita'. 243. budíku, s.m. TB 'pasticcio' - SpanoII,79 imboddicu 'imbroglio, intrigo, confusione', DES (1,615) s.v. imbolikare. 244. buruqbála, s.f. CF 'scompiglio' - Spanol,286 logud. burrumbáglia 'confusione, disordine, stre- pito', DES (1,245) burrumbálla. 245. filumlu, inter. CA 'caro mió', intercalare soprattutto femminile, di uso estremamente episódi- co - Da. fíllu méu. 246. fui fói, avv. TB 'detto di persona che fugge' - SpanoII,45 istare fui fui 'fuggiachiare'. 247. gargaléne, s.m. CF 'giovincello petulante' - Probabilmente da gregágu 'capretto', DES (1,589) s.v. gangádzu, voce introdotta nel Campidano nella forma gragállu attestata (cfr. anche Spa-noII,63; Vr254), e di qui in TB con metatesi. 248. iqbrusiná, iybusiná, v. tr. TB 'avvolgere in maniera sommaria e disordinata' - SpanoII,80 im- bruscinái 'rivoltolare', DES (1,616) imbrosinare 'ravvolgere'. 249. iqbudiká, v. intr. CF 'pasticciare, far pasticci' - SpanoII,79 imboddicai 'avvolgere, avviluppa- re', DES (1,615) imboddikare 'mbrogliare' s.v. imbolikare. 250. iqkaqkaráse, v. intr. pron. TB 'rimanere bloccato per un crampo, una fitta' - Spanol,301 canca- rái 'indolenzire', DES (1,281) kankarai s.v. kánkaru. 251. iqkrabau, agg. CA 'incantato, stupito' - SpanoII,99 incrabinare 'essere spiritato', DES (1,397- 98) inkrabinare s.v. krápa. 312 252. krástula, s.f. TB 'pettegola'; voce d'uso - SpanoI,361 crastula 'pettegola', crastulai 'spettego- lare', DES (1,400) krástula73. 253. ki d á kriáu, ínter. CA 'chi ti ha creato' per mandare al diavolo una persona e i suoi genitori - Elemento fraseologico non assimilato, ritenuto estraneo al tabarchino74. 254. malápa, ínter. TB 'imprecazione stizzosa', anche nella locuz. m. aw pekáu 'maledizione al pec- cato' - Sardo málu áppa, come it. merid. mannaggia. 255. murigá, v. intr. TB 'rimenare, rimestare' - Vr268 murigai 'rimestare', DES (11,139) s.v. murikare. 256. papadéri, s.m. CF 'mangione'; usato soltanto in contesti scherzosi - SpanoII,259pappái 'man- giare', DES (11,219) s.v. pappare. 257. rósa, s.f. CF 'fastidio, briga' - Spanol,202 arrdsciu 'annoiato, seccato', DES (1,128) arrósiri. 258. rudá, v. intr. CF 'bighellonare, gironzolare' - Spanol,201 arrodare 'andar in giro'. 259. sapuláse, v. intr. pron. CF 'strapazzarsi'; a CA atsapuláse 'arrangiarsela' non é considerata voce del dialetto (come del resto denuncia chiaramente la fonética), ma si tratta di una parola cono-sciuta, utilizzata in contesti scherzosi e gergali - SpanoI,237 azzapulái 'agitarsi, sbattersi', DES (1,144) attsappulai 'sbattere, scuotersi', s.v. attappare. 260. simíqgu, s.m. TB 'pensiero fisso' - SpanoII,344 scimingiu 'sbalordimento, stordimento', DES (1,555) sumíngu, simíngu 'sbalordimento', 'capogiro', s.v.fúmu. 261. skramyá, v. intr. CA 'miagolare', ma soprattutto 'imprecare' - SpanoII,347 scramiái 'gridare', DES (1,397) kramai s.v. kramare. 262. skutulá, v. tr. TB 'scuotere' anche in senso fig. per 'picchiare, daré una lezione', da cui il deriv. skutuláda 'ramanzina' - SpanoII,349 scutulai. 263. spramá, v. tr. CF 'anelare, desiderare ardentemente'; voce d'uso; spramáu CA 'di colore inten- so' - SpanoII,367, DES (1,681) ispram(m)are, spram(m)ai 'spaventare'. 264. traqpáya, s.f. TB 'frode, inganno' - SpanoII,396, DES (11,505) trámpa 'frode, tranello', ma cfr. le osservazioni alia nota 43. 265. traqpózu, agg. CF 'ingannatore' - SpanoII,396 tramposa, DES (11,505) trampósu 'truffamon- do' s.v. trámpa. u) Varia 266. akarjsá, v. tr. TB 'guadagnare, ottenere' - SpanoI,89 accansáre, 1,129 alcanzái 'conseguiré, per- petrare, ottenere', DES (1,69) akkantsai s.v. alkansare, akkansare. 267. akósu, s.m. CF 'punto d'appoggio' - SpanoI,99 accdzzu 'appoggio, sostegno', DES (1,393) akkottsai, akkóttsu 'appoggio' s.v. kd99a. 268. amuntuiiá, v. tr. TB 'ammucchiare' - SpanoI,152 ammuntonáre. 269. apazá, v. tr. CF 'pacificare' - SpanoI,173 appaxiái 'pacificare'; Vr264 appasare 'dividere in modo equo', Marghine, DES (11,202) appaziai s.v. páke. 270. azbasá, v. tr. TB 'scendere' e anche 'uscir di casa' - Questo particolare uso del verbo lig. sem- bra un calco semántico su campid. abbasái 'discendere'. 271. dezígu, s.m. CF, dizígu CA 'desiderio'; voce usata per lo piü in senso ironico - SpanoI,395 disi- giu, DES (1,471) disíggu s.v. disidzare. 313 272. gána, s.f. TB 'voglia', per lo piü in espressioni come ulé de mala gána 'non ne ha voglia'; di uso raro rispetto alia forma lig. kwé - SpanoII,51, DES (1,568) gana 'voglia'; a mala gana 'a cattiva voglia'. 273. kwitá, v. intr. CF, koytk CA 'camminare in fretta' - SpanoI,368 cuidái 'far presto', DES (1,363) koitare(si), akkoitai(si) 'affrettarsi'; il tipo káita 'fretta' é presente nella Liguria occidentale (VPL s.v. cuita). 21 A. ordiijgá, v. tr. TB 'allestire, preparare' e fig. 'conciare per le feste' - SpanoII,249 ordingiái, DES (1,191) ordindzare, ordingai 'allestire'. 275. pasadísu, s.m. TB 'vicoletto, corridoio tra le case'; indica anche 'l'istmo che congiunge l'isola di Sant'Antioco alia Sardegna' - SpanoII,263 passadissu, DES (11,230) passadíssu 'passa-toio, ándito, androne'; Ls212 passadíssu 'corridoio'. 276. saqprá, v. tr. CF 'allargare, dilatare' - SpanoII,344 sciamplái 'allargare, dilatare'. 277. siqbulá, v. tr. TB 'disturbare' a CF; 'svegliarsi presto' e anche 'spicciarsi, sbrigarsi' CA, CF - SpanoII,345 sciumbullái 'diguazzare, intorbidare'; Vr250, DES (11,446) sumbullai 'sconvol-gere' s.v. supudzare; sumbúlla! 'alzati!'; la -i- della voce TB potrebbe presupporre un precedente -u- > -ü- che confermerebbe l'antichitá del prestito. 278. skramegtá, v. tr. CF 'scottare' - SpanoII,347 scramentái 'scottare', DES (1,653) iskarmentare, skramentai 'imparare a proprie spese'. 9. Un aspetto importante della problemática legata all'assunzione di voci d'origine sarda in tabarchino é quello relativo alia percezione di tali fenomeni di prestito da parte dei parlanti. L'alteritá delle due comunitá tabarchine rispetto al retroterra é stata vissuta in pas-sato, come si é detto, in relazione a una profonda diversitá di specializzazioni eco-nomiche: é per questo che la locuzione ana in Sardéña 'andaré in Sardegna', con la quale i Tabarchini intendono tuttora 'andaré in qualsiasi localitá sarda', compresa la vicinissima Sant'Antioco, assume un valore che trascende completamente ogni consi-derazione di carattere étnico. Questa precisa consapevolezza di un'alteritá economica si appoggia peraltro agli elementi distintivi di carattere lingüístico e in senso lato culturale, che, per la loro stes-sa evidenza, diventano i facili blasoni di una «genovesitá» conclamata e per certi aspet-ti consapevolmente ristrutturata in alcuni dei suoi caratteri piü vistosi75. II concetto-base della costruzione identitaria tabarchina viene cosi riassunto dal detto se vágu pe má i türki m acápaq, se vágu pe téra i sárdi m amásaq76, nel quale é palese l'impegno di enfatizzare una differenza rispetto agli abitanti del retroterra, i Sárdi 'i Sardi', paragonandoli addirittura agli antichi nemici, i corsari bar-bareschi77. Come é dunque evidente, i Tabarchini rifiutano esplicitamente di considerare se stessi come Sardi, anche se questa distinzione perde valore nel momento in cui una 314 persona proveniente dalla Sardegna si integra in una delle due comunitá, assimilan-done in primo luogo gli usi linguistici78. II prototipo del 'Sardo' per il quale si nutriva (e in parte tuttora si nutre) un senso di netto distacco é piuttosto il Sardótu akurdáu il 'sardetto a stipendio' che si adattava a umili mansioni presso i proprietari o si metteva al servizio della borghesia imprenditoriale tabarchina79. É a questo tipo di manodopera scarsamente qualificata, precaria, per certi aspetti seminomade, che sembra adattarsi in particolare la locuzione amia k acámu w sárdu 'bada che chiamo il Sardo', con la quale si minacciano i bambini vivaci, a rappresen-tare ció che in italiano é correntemente 'l'uomo del sacco' o altra forma di spaurac-chio. Anche altre locuzioni quali éy kése da sárdi 'sono porcherie, é spazzatura' (anche dumárj éy kése da sárdi 'domani sará un disastro, saranno cose turche'), e vive da sárdu 'fare il fannullone', chiariscono meglio il senso di una contrapposizione legata piuttosto alie categorie urbano ~ rurale (pastorale) o stabile/accentrato ~ seminomade/ disperso che non a una categorizzazione di carattere étnico80. 10. Se si considera la valutazione fortemente positiva dell'uso del tabarchino, non sorprenderá allora che ad esso si attribuisca, rispetto all'apporto sardo, una impermea-bilitá e una purezza che appare ampiamente smentita dalla quantitá di prestiti penetrad dal sardo. Alia domanda ti di k ów sárdu u 1 á lasáu kwarkósa o tabarkíqe?, la prima risposta di un informatore calasettano cinquantenne coito, rappresentativa di un'opinione corrente, tende ad esempio a minimizzare: níqte. skwézi níqte. coé g é de páwle qta nóstra léqgwa ke certaméqte súq d origine sárda. e áwa li pe lí nu me n aregórdu máqk uqa kusí kúme espresúqe, nu só, áqke kúme eskramasyúq...81. Indicativo di questa mentalitá appare anche il giudizio di un cultore di cose calaset-tane, Giovanni Cabras, che in una sua operetta sul dialetto lócale approda a una sorta di improbabile purismo tabarchino: «Dobbiamo in ogni modo, riconoscere una nostra tara dovuta all'abusivo uso di parole del dialetto sardo incuneatesi nel nostro modo di parlare fin dai tempi lontani. E una grossa stonatura al nostro modo di esprimerci [...]. Sarebbe auspicabile una bonifica per eliminare questi suoni obrobriosi (sic!) dalla nostra parlata»82. Risulta allora quanto meno singolare che, in un repertorio di Antiche parole del dialetto calasettano annesso al suo lavoro, Cabras inserisca poi, con una certa abbondanza, voci di pretta provenienza sarda83. In realtá, negare o minimizzare l'evidenza della componente sarda nel lessico tabarchino non significa dunque promuoverne (al di la di velleitari proclami) la sistemática espunzione, o attuarne la rimozione dall'uso mediante la pratica di assurde forme di autodisciplina: significa in fondo evidenziare, sia puré a livello inconscio, l'ef-fettiva funzione storica e la reale portata sociolinguistica di tale apporto, che é quella 315 di un arricchimento lessicale necessario e inevitabile fin dalla fondazione delle comu-nità sardo-liguri, ma certo non tale da essere percepito come fattore dirompente, come elemento di crisi nella sostanziale fedeltà dei Tabarchini alie consuetudini linguistiche originarie. I parlanti, del resto, rivelano spesso una discreta competenza nella valutazione dei singoli lessemi di provenienza sarda. Più di una volta, nel corso delle inchieste, mi è capitato che gli informatori sottolineassero con decisione84 l'origine sarda di una voce, riconoscendone anche le diverse modalità di radicamento nelle consuetudini locali85. Anche a livello diffuso, quindi, la percezione del fenomeno di prestito come elemento di arricchimento del patrimonio linguistico sfuma in fondo, necessariamente, lo scénario di una conflittualità tra sistemi antitetici, ed evidenzia piuttosto, al tempo stes-so, una consapevolezza dell'alterità lingüistica tabarchina come fattore imprescindibile di una spécificité vissuta senza sindromi da accerchiamento, aperta alia contamina-zione e alio scambio appunto perché fortemente consapevole délia forza délia propria originalità. Note ' Bottiglioni, 1928: 74. L'intéressé per il tabarchino da parte di studiosi appartenenti alia cosiddetta dialet-tologia «prescientifica» è stato segnalato da Dettori, 1978-80. •y II genovese parlato nei centri di Carloforte e Calasetta nell'arcipelago sulcitano in Sardegna è noto come tabarchino in quanto le due localité furono fondate nel sec. XVIII da coloni provenienti dall'isola tunisina di Tabarca, ove una comunità ligure risiedeva a partiré dal sec. XVI. Un sintético riassunto delle vicende storiche, con attenzione ai fatti linguistici, è ora in Toso, 2000a: 336-340. ^ Un'analoga valutazione vale comunque, a mió avviso, anche per situazioni nelle quali il contatto linguistico ha prodotto fenomeni più consistenti (e vistosi) di commistione lessicale: rimando in proposito a quanto osservato sul lessico d'origine ligure nella parlata corsa dell'isola di Capraia in Toso, 1999. 4 Sobrero, 1971, versione ridotta in Sobrero, 1969; versione leggermente modificata Sobrero, 1974. 5 Sobrero 1974: 19. 6 Sobrero 1974: 30. Le valutazioni dello studioso vanno del resto contestualizzate in una fase della riflessione dialettologica che nella prima meta deglia anni Settanta, attribuendo una posizione intrínsecamente debole alie eteroglossie interne, ne riteneva ormai imminente il cedimento di fronte al progredire dei processi di koinizzazione in atto. Su un'analoga posizione sostenuta da G. Tropea, 1970, 31 relativa alia regressione del galloitalico di Sicilia, si vedano le osservazioni di V. Orioles, 1997, 11: «In verità dal 1970 ad oggi molte cose sono cambíate, dimostrando, qualora ce ne fosse bisogno, che non solo sui destini dell'umanità e sugli equilibri internazionali ma anche sulle sorti di una parlata è arduo formulare previsioni, dovendo qui fare i conti con una variabile che, da Weinreich in avanti, viene definita 'lealtà lingüistica', ossia con l'orgoglio di una comunità di rivendicare la propria alterità lingüistica». 1 Sulle altissime percentuali della dialettofonia nelle due comunità tabarchine si veda il recente saggio di Sitzia, 1998; su altri aspetti sociolinguistici, e in particolare sul prestigio del tabarchino presso i parlanti, Toso, in corso di stampa A. 8 «Ma l'economia delle due colonie ha una storia tutta particolare: per molto tempo fu legata esclusivamente (e lo è ancora precipuamente) al mare, mentre l'agricoltura fu intrapresa relativamente tardi e solo come atti-vità complementare» (Sobrero, 1974: 18). Un'analoga lettura viene proposta da Blasco Ferrer, 1994: 155: «L'attività tradizionale principale è certamente la pesca». In realtà Calasetta ha basato storicamente la propria economia sulla monocultura delle vite (fino agli anni Settanta del sec. XX), e comunque anche a Carloforte, come si vedrà più oltre, la preponderante attività marittimo-mercantile pose sempre in secondo 316 piano la pesca. Le colonie nacquero del resto, nel sec. XVIII, per l'esigenza del governo sabaudo di assicu-rare la coltivazione dei terreni incolti dell'arcipelago sulcitano. Si vedano in proposito i testi degli accordi di colonizzazione dell'isola di San Pietro (in Vallebona, 1988: 29-31) e di Sant'Antioco (Cabras - Rivano Poma, 1992: 15-18): la distribuzione dei terreni e il loro sfruttamento agricolo costituirono le condizioni essenziali per il consolidamento degli insediamenti. 9 Sobrero, 1974: 19. 10 Sobrero, 1974: 30. ' ' Intorno alla spécificité tabarchina e a quella delle altre eteroglossie interne in Italia si è recentemente inacceso il dibattito scientifico, che investe anche problemi contingenti come quello di una corretta applicazione delle norme di tutela delle minoranze etnico-linguistiche alla luce délia nuova legge 482 (in applicazione del-l'articolo 6 délia Costituzione). La richiesta di una tutela per varietà linguistiche come il tabarchino e il gallo-italico di Sicilia e di Lucania (le cosiddette «eteroglossie interne», è l'oggetto délia mozione finale del conve-gno intemazionale di studi Insularità lingüistica e culturóle. Il caso dei Tabarchini di Sardegna (Calasetta, 23-24 settembre 2000) che si leggerà nei Documenti del convegno stesso, in Orioles - Toso, in corso di stampa. 12 Blasco Ferrer, 1994. 13 Dello stesso autore si veda anche YIntroduzione (pp. VII-XXVII) a Sitzia, 1998. Sui problemi délia collo-cazione del tabarchino nel contesto ligure cfr. anche Toso, in corso di stampa B. ^ Un'analisi del sistema cognominale delle due comunità rivela come la componente tabarchina sia lontana da rappresentare la maggioranza délia popolazione di Carloforte e Calasetta. Oltre ai numerosi Liguri riviera-schi, non Tabarchini, stabilitisi nei due centri (soprattutto a Carloforte) al momento stesso délia loro fonda-zione, notevole fu la successiva immigrazione di pescatori e marittimi campani (soprattutto Ponzesi) e sici-liani, di Ragusei, di Livornesi, di tecnici minerari savoiardi e francesi e, naturalmente, di Sardi: questi incre-menti di popolazione non hanno avuto conseguenze apprezzabili dal punto di vista lingüístico, cosí come non ne ebbe il tentativo di trasferire a Calasetta, pochi anni dopo la sua fondazione, un contingente di famiglie piemontesi (per un certo periodo componente maggioritaria della popolazione), in gran parte rimpatriate per i contrasti coi Tabarchini e le difficoltà di ambientamento. Carloforte viene fondata nel 1738, Calasetta nel 1770 dagli ultimi Tabarchini residenti nella sede originaria e da altri che si erano trasferiti a Tunisi o in località della costa maghrebina, ove del resto, ancora per gran parte dell'Ottocento, la presenza tabarchina fu numerosa e diversificata (Toso, 2000a: 337-338). È impossibile riassumere qui, anche per sommi capi, la sostanza delle vicende economiche legate al popola-mento di Tabarca e ai successivi insediamenti sardo-liguri. Al di là delle motivazioni contingenti (l'aumen-tata pressione tunisina sull'unica comunità cristiana insediata sulle coste del Maghreb, in concomitanza con l'accresciuta presenza politico-militare francese), la diaspora tabarchina ebbe poi caratteri insoliti nel quadro dei ripopolamenti delle zone costiere della Sardegna incoraggiati dalla nuova amministrazione sabauda. Tabarca genovese aveva costituito per circa due secoli una importante realtà economico-commerciale, gestita da una popolazione che, al momento dei suo trasferimento, poteva contare su notevoli potenzialità e su capacità imprenditoriali, sostenute da capitali liguri che continuarono a supportare le nuove attività economiche dei Tabarchini - in particolare l'importantissima pesca del tonno -, favorendo anche una serie di rela-zioni con la Tunisia, dove, in particolare nel corso del sec. XIX, diverse attività erano in mano a imprendi-tori genovesi più o meno coinvolti nella gestione del regime beilicale prima, e del protettorato francese poi. La proprietà e l'appalto delle tonnare sarde e di quelle tunisine di Sidi Daud in particolare, gestite da mano-dopera ligure e tabarchina, fu in mano a operatori genovesi addirittura fino agli anni Cinquanta del sec. XX; Genova, Savona e La Spezia erano inoltre i porti di sbarco del minerale sulcitano imbarcato a Carloforte e del vino da taglio che per circa un secolo garantí la prosperità economica di Calasetta; genovesi erano le ditte di trasporti che gestivano nell'Ottocento i contatti tra Carloforte e Cagliari e tra Cagliari e Tunisi; Genova era ed è tuttora il porto d'imbarco per i marittimi carlofortini, che costituiscono una parte importante della popolazione attiva della comunità (sede non a caso di un Liceo Náutico). Non è da stupirsi quindi che Genova e la Liguria siano anche la meta tradizionale di una significativa emigrazione dai due centri sulcitani. ^ La conservatività del tabarchino rispetto al genovese comune, sostenuta dal Bottiglioni nel suo saggio, appare ampiamente ridimensionata alia luce della documentazione storica e all'analisi comparativa del tabarchino rispetto alie paríate liguri continentali odierne; emergono piuttosto tratti rurali e rivieraschi, legati all'origine dei coloni da Pegli e dai suoi dintomi, non tali tuttavia da pregiudicare una piena intercomprensione, negli ultimi duecento anni, tra i Tabarchini e i locutori che fecero e fanno uso della koinè genovese: cfr. in proposito Toso, in corso di stampa B. A dispetto della sua insularità totale, non a caso, Carloforte si dimostra più 317 aperta alie innovazioni provenienti da Genova proprio in virtù dei maggiori contatti commerciali e mercan-tili, mentre la peninsulare Calasetta, accogliendo tali innovazioni in maniera piü indiretta, conserva mag-giormente i tratti rurali e rivieraschi, dimostrandosi piü innovativa di Carloforte solo per quanto riguarda l'assunzione di sardismi. Ben diverso è stato, significativamente, il destino dell'altra comunità nata dalla diaspora tabarchina, quella di Nueva Tabarca sull'Illa Plana nei pressi di Alicante: il venir meno dei contatti con la madrepatria è certa-mente da annoverare tra le cause délia totale scomparsa dall'uso, già all'inizio del sec. XX, della parlata tabarchina, completamente sostituita dallo spagnolo e dal catalano. Anche l'antica isola lingüistica genovese di Bonifacio in Corsica (sec. XII), presso la quale il dialetto si dotó ben presto di un prestigio autonomo rispetto al genovese (Bonifacio godette di forme di autogovemo fino alia cessione della Corsica alia Francia, nel 1768) ha retto meno bene, alia lunga, al contatto lingüístico col corso, che è penetrato abbondantemente non solo nel lessico, ma anche nelle strutture fonetiche, morfologiche e lessicali. Per questi temi cfr. Toso, 2000a: 332-333, 340. ^ L'inventario toponomástico dei due comuni risulta bensi incrementato da un consistente apporto ligure, ma le forme indigene risultano numeróse soprattutto a Calasetta, il cui territorio, a diíferenza di quello di Cario-forte, era sfruttato dagli abitanti della vicina Sant'Antioco e del basso Sulcis per il pascolo e la raccolta di piante selvatiche. Denominazioni come Rio Tuppei, Regione Sisineddu, Mercureddu, Sa Scrocca Manna o la stessa Calasetta (Kâdeséda in tabarchino, Kalezéra in sardo) ecc. denunciano la loro inequivocabile apparte-nenza a una stratificazione precedente all'installazione della colonia. È da rilevare ad ogni modo una discreta tendenza a genovesizzare i toponimi d'uso piü frequente, come del resto avviene per le denominazioni di molti centri abitati esterni all'area di colonizzazione: ad esempio Igrézi, Towléa, Káge o Kágay, Báza e Steytùj sono rispettivamente, in tabarchino, i nomi di Iglesias, Teulada, Cagliari, Bosa e Stintino. Si coglie qui l'occasione per avvertire che la grafía utilizzata per le voci tabarchine è quella del Lessico Etimológico Italiano (LEI) diretto da Max Pfister. Si veda ad esempio il caso di voci come aijgéni 'agnello', muléni 'cippo di confine', mustayéni 'spaventa-passeri' ecc., nelle quali la vocale finale, dopo la nasale dentale, non tradisce il minimo sforzo di adattamen-to alia fonética ligure. Potrebbe essere, ad esempio, il caso di kaminéa 'sendero lungo i bordi del campo, con caduta di -r- intervocálica típicamente ligure (la voce sarda originaria è kaminéra), o di kadíy (< kaddínu). Significativamente, adeguamenti di questo tipo si rivelano piü frequenti nei sardismi presentí a Carloforte o esclusivi di quella località. 22 Vallebona, 1988: 48: «La funzione di polizia e di vigilanza fu affidata dal Consiglio all'unica guardia municipale, il "mustassaffo" [...]. Il lOgennaio 1740 il duca, da una terna di nomi presentatigli dal Consiglio, scelse come mustassaffo Antonio Danovaro, il quale prestó giuramento il successivo 10 marzo. II 31 marzo Giovanni Cipollina, scelto dal duca come mustassaffo aggiunto, prestava giuramento nelle mani del Capitano di giustizia». La voce ha assunto ormai una connotazione prevalentemente scherzosa (v. oltre). 23 Cit. in Cabras - RIvano Poma, 1992 : 57. II testo risale al 1844. 24 Su questo fenomeno in sardo sulcitano cfr. Piras, 1994: 105, 115-116, e Virdis, 1978: 19,43. Nostre informazioni. 26 In tabarchino è allofono del suono ligure «normale» (una r leggermente meno vibrante di quella italiana), e lo si incontra nella pronuncia individúale, soprattutto delle persone al di sotto dei cinquant'anni, a Calasetta (Blasco Ferrer, 1994: 188). Si potranno considerare d'influsso fonético sardo forme isolate come tagézu 'pettegolo', in cui si riscontra un'ipercorrezione rispetto a lig. dagezu 'litigioso' (sec. XVIII dagaresso 'che le dà, che picchia'), la cui d- fu sentita evidentemente come frutto della sonorizzazione della dentale iniziale in fonética sintattica. II fenomeno inverso si ha in dragétu 'traghetto', peraltro non generalizzato; più problemática la serie carlofortina gaybúza 'cambusa', garáfa 'caraffa', gardigúy (lig. kardigúrf) 'carotide', gamélu 'cammello', gazírma 'caserma', per la quale non mancano riscontri anche in area ligure. 27 «Per intrusione della sequenza sarda con cacuminale interna (lunga), si hanno anche prestiti con una dentale» (Blasco Ferrer, 1994: 188). Il tabarchino non limita peraltro la presenza di -d- intervocálico ai prestiti dal sardo e agli esiti regolari liguri dell'assimilazione del nesso romanzo -Id- (káda < CAL'DA): amplia il repertorio delle forme di tradizione semidotta o di provenienza straniera del tipo fursádu 'forzato', despétádu 'di-spettoso', sprezádu 'irriverente', dzádu 'audace', maycinádu 'mancino', agáda 'salsa all'aglio', vergáda 'bastonatura', sakáda 'schiacciatura', assai diffuse già in genovese, con formazioni del tipo pasada 'per- 318 cosse', ver/tuláda 'colpo di vento', süsáda 'soffiata', durmída 'dormita', fatigada 'faticata', facáda 'faccia-ta' che non possono evidentemente attribuirsi a influsso sardo. Qui si pone anche il caso specifico di kapuná-da, un piatto típico a base di galletta, tonno e verdure che si ritrova idéntico in Liguria, in Sardegna e presso le comunità tabarchine. L'origine catalana délia voce non aiuta a chiarire l'area originaria di espansione del termine e del piatto stesso. no ^ Blasco Ferrer, 1994: 189. L'estensione di i al femminile plurale anche davanti a consonante (i skárpe 'le scarpe') nella sottovarietà calasettana (ove è tuttaltro che generalizzata) e presso alcuni locutori carlofortini, si spiega più fácilmente con un'estensione dell'analogo fenomeno che si riscontra in genovese davanti a vocale (i áe 'le ali', i amfge 'le amiche') che con l'influsso della forma invariabile is del campidanese; lo stesso studioso rilevava del resto, giustamente (p. 176), la generalizzazione della neutralizzazione dell'arti-colo nell'accoppiamento con preposizione (ay stèle, day muge) sia a Carloforte che a Calasetta. 7Q Calasetta è a pochi chilometri da Sant'Antioco, lingüísticamente sarda, con la quale si divide il territorio del-l'isola omonima. Tuttavia, fino a tempi recenti, i contatti commerciali si svolgevano prevalentemente con Carloforte (vendita di prodotti agricoli, acquisto di generi vari, masserizie, articoli di lusso importati diretta-mente da Genova); per le antiche dispute legate alia divisione del territorio, tra Calasettani e Antiochesi vige-va una tradizionale rivalità, destinata a esplodere periódicamente durante le sagre paesane. Ció spiega anche perché, come si vedrà più oltre, la manodopera avventizia impiegata nella viticoltura, venisse reclutata principalmente nel basso Sulcis e nella zona di Teulada. Su 278 voci d'origine sarda inserite nella nostra selezione, 85 sembrano esclusive di Calasetta e 47 di Carloforte, ma tutte le altre sono comuni alie due comunità tabarchine, a volte con leggere varianti o con sfuma-ture di significato. A Calasetta paiono prevalere voci legate a settori specialistici, soprattuto nel campo del-l'agricoltura, a Carloforte sono più diffusi sardismi d'uso generale, oppure voci legate a un lessico di carat-tere espressivo. I sardismi nella varietà di Carloforte appaiono a volte meglio assimilati alia fonética e alia morfología del tabarchino, fatto che porta a ipotizzare stratificazioni diverse, e oggi difficilmente ricostru-ibili, lungo assi non solo diatopici, ma anche diacronici e diastratici. Una considerazione più approfondita di queste problematiche potrà essere affrontata dopo una più ampia sistemazione del lessico tabarchino nel pro-gettato Dizionario Etimologico-Storico del quale si dirá più oltre. 1 Ció a differenza dei veri e propri immigrati dal resto della Sardegna, che ancor oggi sentono immediatamente l'esigenza di apprendere il tabarchino per integrarsi pienamente nella realtà locale. rij Cfr. nota 30. I lavoratori stagionali sardi provenivano per lo più dalla zona interna del basso Sulcis (Giba, Narcao, Piscinas, Masainas). Non sembra aver avuto conseguenze linguistiche la presenza di una frazione, Cussorgia, abitata da famiglie di lingua sarda: gli abitanti, generalmente mezzadri presso i proprietari calasettani, sono ed erano tutti bilingui. «Irj po 1 akapímu u sárdu ma 1 e difísile k u se parle» ('un po' lo capiamo il sardo, ma è difficile che qualcu-no lo parli', informatrice calasettana di circa 50 anni). 'Nei primi tempi bisognava parlare loro in sardo, e per le parole che ignoravamo, ci facevamo capire... era più facile per noi parlare sardo, che per loro imparare il tabarchino... Abbiamo certe parole difficili, noi,fitmaio-lo, bue, cuore, non riescono a pronunciarle, abbiamo una parola che proprio non riescono a pronunciare, pro-prio difficile, fucile' (testimonianza di un agricoltore calasettano, classe 1912). Un informatore di circa ses-santacinque anni sostiene: «Mi párlu u tabarkíi] e w sárdu árjke, sí, mi só parla áqke w sárdu e w sárdu ke 1 ó rjparáu day karadwí de tôléa kwárjde veñfvaq ki pê verjdéñe» ('io parlo tabarchino e anche sardo, si, so parlare anche il sardo che ho imparato dai carradori di Teulada quando venivano qui per la vendemmia'). ^ Pegwa, sámu de pegwe. Alio stesso modo, è genovese la denominazione generica dei principali tipi di 'cesta' (kúfa, kaváñu), sarda quella legata a particolari specializzazioni (kartálu, kadír¡)\ è genovese il nome genérico del 'truogolo' (árgu < ALVEU), sardo quello di un tipo particolare di abbeveratoio in pietra, usato per i bovini (láku < LAQUEU), è genovese come si vedrà subito la denominazione della vigna, sarda quella relativa al suo impianto e alla sua coltivazione. Cfr. ad es. sakàya 'agnella di un anno', semeytúza 'pécora di un anno che non ha figliato'; qui rientra anche l'acclimatazione di aygéni 'agnello', forse facilitata dalla debolezza semantica della forma ligure bé, di origine onomatopeica. ^ La vulgata storica locale, appoggiandosi anche a una certa tradizione orale, attribuisce ai coloni piemontesi l'introduzione a Calasetta della viticoltura. In realtà il precario insediamento subalpino, oltre a non avere la-sciato apprezzabili tracce linguistiche (di piemontesismi non comuni al sardo conosco soltanto la voce bregéa 319 'vagabonda', che potrebbe riprendere bargéra 'pastora': purché non si tratti di un francesismo importato dalla Tunisia) non sembra avere introdotto neppure pratiche vitivinicole specifiche: sia i vitigni (a partiré dal principale, il carignano d'origine catalana), sia le tecniche di coltivazione e di produzione del vino rimandano inequivocabilmente al Campidano. 38 Si veda in proposito la ricerca di De Francesco - Leone, 1996. ^ «U peskáu de Kâdeséda u nu 1 é stétu mai t] peskáu adésu, iij peskáu d amyà luqtáq. U kópye sülu. L éa veñüw de kwéli de Póqsa, da kwéle pàrte li, ky así s éq misy a fà w kwalà. Ma pói aq lasá pérde...» ('Il pesca-tore calasettano non è mai stato sveglio, un pescatore lungimirante. È solo capace a copiare. Quando arriva-rono i Ponzesi, gente di quelle parti, anche qui cominciarono la pesca del corallo. Poi, hanno smesso...', infor-matore calasettano di sessant'anni). Le testimonianze orali sulla vita dei pescatori, sia a Calasetta che a Carlo-forte, si soffermano sulle dure condizioni di questa categoría, i cui membri erano costretti a lavorare a gior-nata presso i ricchi prupyetài contadini o a compiere emigrazioni stagionali: «U peskáu w 1 éa i] mórtu dâ fáme. Se g éa na famíga de gérjte ky áyva bezéñu éaq i peskwái perké tutu 1 iqvérnu i peskwái nu fàvan níqte, barkéte picír|e, téqpi katïvi, e alúa pigávaq a téra, tiávar) i bârke rj téra e se n anàvaq a fâ w kuqtadirj...» ('Il pescatore era un morto di famé. Se c'era una famiglia bisognosa era quella del pescatore, non facevano nulla tutto l'inverno, per via delle barche piccole, del cattivo tempo, e allora stavano a terra, tiravano le barche a secco e facevano i gioraalieri in campagna', informatore calasettano, classe 1912). La frequenza di cogno-mi siciliani (Sgrô, Ventagliô, Cincotti, Scopelliti) o ponzesi (Aversano, D'Amico) conferma la provenienza forestiera di molti pescatori, che sceglievano poi di trasferirsi presso le comunità tabarchine attratti dalla possibilité di partecipare stagionalmente alla tonnara o di arrivare a possedere un terreno. Ancor oggi a Calasetta si verifica una significativa migrazione stagionale di pescatori da Ustica e da Mazara del Vallo. Xra i soprannomi raccolti a Carloforte e Calasetta numerosi, anche attribuiti a persone o famiglie di pretta origine tabarchina, utilizzano materiale lessicale sardo, scelto evidentemente in ragione di una particolare espressività, che si riconosce in genere nell'utilizzo di suffissi vezzeggiativi o peggiorativi: basti ricordare per Carloforte Bacucéda, Badádu, Balay céda, Biriygéda, Biseijtiku ('Vincenzino'), per Calasetta Bepizédu ('Giuseppino'), Belizédu, Kazarédu, Pulitédu, ecc. Curioso è il nomignolo Pitanédu attribuito a Carloforte alla statua del re Carlo Emanuele III, sul lungomare délia cittadina. L'utilizzo di suffissi d'origine sarda riguarda sia sostantivi d'uso comune (ciléda 'pene del bimbo', zigítu 'giocattolo', papelítu 'pezzetto di carta', forse veijtizólu 'venticello', lebecólu 'venticello di libeccio', ratjgítu 'zoppetto'), sia, soprattutto, i nomi propri e i loro ipocoristici, come Balita 'Isabella', Bepíka 'Giuseppina', Cicitu 'Francesco', Andrizíy 'Andrea' ecc. Per completezza, va osservato che il suffisso -ólu ha una discreta diffusione anche in Liguria, ove è comunque d'origine non locale. Quanto a -itu, è frequente in terraferma nei nomi propri importati dall'America Méridionale in seguito a consistenti fenomeni d'emigrazione di ri-torno (Terezíta, Markítu, Kwaysíta 'Juancita', Kelítu 'Angelito'), e lo si incontra saltuariamente anche in sostantivi d'uso (papelítu). Sulla diffusione popolare délia suffissazione d'origine spagnola in Liguria si veda Toso 1993. 49 ,. , • , .,. < Es.prevacu pretaccio , pwiaca grosso spavento . Tra le concordanze di natura fonética o morfológica citeremo solo la desinenza del participio passato in -üu e la presenza ricorrente del fono z- Tra i sardismi elencati da Blasco Ferrer, 1994: 189-190 per il tabarchi-no, l'occasionale somiglianza di forme lessicali liguri e sarde ha prodotto qualche interpretazione meritevole di approfondimento: ad esempio il tipo kü de sene 'colore di cenere' per 'grigio' è di larga diffusione in Liguria (cfr. Petracco Sicardi - Toso et Al., d'ora in avanti VPL, s.v. curù) e non va quindi considerato, ne-cessariamente, un calco sul campidanese kolóri (d)e zinízu. Lo stesso autore (p. 190) attribuisce a influsso sardo la voce túydu 'piatto', attribuendola a specializzazione semantica dell'agg. sardo túndu 'rotondo', ma la voce è da sempre l'unica nota in Liguria in questo significato (VPL s.v.), ed è quindi arrivata in Sardegna coi Tabarchini. Anche un caso di concordanza casuale come briska 'favo', presente in ligure (VPL s.v.) e in campidanese rende problemático l'accertamento dell'origine del tabarchino briska, che appartiene peraltro a una sfera semantica interessata da vistosi fenomeni di prestito (v. Glossario). C'è da chiedersi se una voce come de báda 'gratis', di antica e diffusa presenza in Liguria, abbia visto rafforzata la sua vitalità in tabarchino grazie all'influsso del sardo de bbádas. Oltre al caso già citato di briska è particolarmente significativo, tra gli altri, quello di pwása 'potatoio': la voce compare idéntica in gran parte della Liguria, ma appartiene a un campo semántico, quello della viticoltura, nel quale il lessico tabarchino è in gran parte improntato al modello sardo. Un adattamento o sovrapposizione del campidanese pudása 'id.' non è quindi da escludere. Per il loro carattere di termini dell'uso generale non 320 dovrebbero invece esservi dubbi sull'appartenenza al fondo originario del tabarchino di voci di antica e docu-mentata presenza in Liguria come baysigáse 'dondolarsi', éíkera 'tazza' (e cikerútj),frazá 'consumare', sé da búka 'palato', tiárj 'tegame', malgrado la corrispondenza riscontrabile coi tipi sardi bantsigái, éíkkera, fradzái, kélu dessa (b)úkka, tiánu. ^ Un caso típico é quello di státjku 'tabaccaio', voce d'origine spagnola ben documentata in Sardegna (e per-tanto indicata come sardismo in Blasco Ferrer, 1994: 189), ma altrettanto ben attestata in Liguria (Toso, 1993: 116); lo stesso si puó diré per múñu 'crocchia' (in area ligure dal sec. XVII, Toso, 1993: 97) e per skabécu 'modo di preparare il tonno', radicato sia in Liguria che in Sardegna (skabéccu) e da connettere con sp. escabeche, cat. escabetx. Voci come traijpáya e trarjpüzu tra le altre sembrano presupporre un tramite sardo (v. Glossarió), ma non va dimenticato che l'ispanismo trampa é documéntate in genovese del sec. XVII (.Ibid., p. 121). Piü complessa é la vicenda di bastásu 'facchino specializzato nel trasporto dei tonni nello sta-bilimento a térra': la voce é presente in sardo, ma la specializzazione semantica pare connetterla all'influsso lessicale siciliano, piuttosto consistente nel lessico della tonnara. In ogni caso la voce dovrebbe risalire, in ultima analisi, al cat. bastaix; tuttavia bastaxo si incontra anche in genovese del sec. XIII (anonimo Genovese, 1994:549, rima 71, verso 34): l'esistenza di bastásu nel dialetto di Alassio (Pezzuolo, 1989: 17) renderebbe allora plausibile l'ipotesi di una sopravvivenza dell'antica voce ligure anche in tabarchino, se non fosse noto che da Alassio aveva luogo in passato una consistente migrazione stagionale di tonnarotti verso Cario-forte e l'Isola Piaña, da dove la voce sará risalita sulla riviera ligure assieme a qualche altro termine tabarchino. Un esempio per tutti: la locuzione a ícu (cu 'appena appena', che corrisponde ad Alassio al tipo ligure comune a isa a isa (Pezzuolo, 1989: 40), trova riscontro solo nel tabarchino a ícu ícu, che ha tutta l'aria di un «cavallo di ritorno» sulcitano in concorrenza col tipo genuinamente ligure (presente nella variante a l ísu a l ísu). Altro caso interessante é quello dell'arabismo raize 'rais, capo della tonnara': il sardo arráis viene ascritto dal Wagner all'influsso siciliano, e ció lascerebbe pensare che la voce tabarchina abbia seguito un analogo percorso: tuttavia proprio la forma ráixo é presente nel senso di 'capo di un equipaggio turco' in un testo genovese del 1781 (Toralbo Armonico in Toso, 2000b: 260), fatto che ne attesta la diffusione in area ligure indipendentemente dalla rete dalle relazioni sardo-sicule in cui i Tabarchini si trovarono coinvolti. ^ Sui francesismi in sardo cfr. Dettori, 1988. Una voce tabarchina come géna 'imbarazzo' corrisponde sia a forme genovesi documéntate giá nel sec. XVIII, sia al sardo géna 'noia, fastidio'. ^ Wagner, 1997:246-247 (d'ora in avanti: Ls. La classica opera del maestro della lingüistica sarda, del 1950, verrá citata nel prosieguo sulla base di questa recente, ottima riedizione, con riferimento al numero delle pagine). I miei informatori tabarchini sono in genere convinti, ad esempio, che la voce libar; 'corda di sparto utilizza-ta in ámbito marinaro' sia un prestito dal sardo su libánu, ma non sembra affatto improbabile il contrario, visto che libáy é voce genovese ben documentata nei vocabolari ottocenteschi: tale sembra essere anche l'opi-nione di Wagner, 1960-64: II, 25 (d'ora in avanti, DES): «il punto d'irradiazione sará stato Genova». Anche la voce mareta 'matassa di filo di foglia di palma nana' é presente in dialetto antiochese (nostre informa-zioni), ma non pare particolarmente diffusa in sardo: occorrerá verificare una eventuale derivazione della voce sarda dal tabarchino, visto che mareta (VPL s.v.) é largamente attestato nella Liguria occidentale. Cer-tamente c'é da chiedersi quale sia il rapporto tra lig. vaselía 'rastrelliera per i piatti' e il sardo antiochese faselláu (con -//-!) prima di ammettere che il tabarchino vaselá derivi dalla parlata sulcitana e non viceversa. La voce malurédi 'gnocchi' segnalata per Carloforte da Blasco Ferrer, 1994: 190, é conosciuta (ma poco usata) con riferimento alia pasta di fabbricazione industríale, mentre per quella casalinga si continua a usare il termine ligure kasúli\ essa pare quindi penetrata recentemente, attraverso l'italiano regionale. C'é da chiedersi se anche l'attuale (e, pare, piuttosto recente) diffusione deH'affermazione éya non sia stata veicolata dal-l'italiano regionale piuttosto che dall'adstrato sardo, e lo stesso potrebbe forse dirsi dell'uso enfático di ga (ga w sókelé tárdi 'so bene che é tardi'), che, soltanto in quest'uso specifico, rappresenta comunque un elemento non assimilato rispetto al genuino za. Riguardo alia fonética, sembra da attribuire all'influsso dell'ita-liano regionale (o al sardo direttamente?) la propagginazione che si riscontra in voci piü o meno recenti come lápizi 'lapis', grátizi 'gratis', ténnizi 'tennis': l'assimilazione dei forestierismi di questo tipo passa in ligure attraverso la caduta della -s e Fallungamento di compenso della vocale precedente: u lápi, agráti, u téni. II DEST ordinerá, commentandole, le voci raccolte a piü riprese, nel corso di soggiorni variamente protrat-tisi nell'arco di dieci anni e attualmente ordinate in circa quindicimila schede. I materiali sono stati raccolti quasi esclusivamente attraverso la técnica della conversazione libera, ma si é tenuto conto, a titolo di confronto, di fonti edite e inedite, come i materiali ALI raccolti da Ugo Pellis nel 1933, le voci calasettane inserite nel VPL (che peraltro espungeva programmaticamente i sardismi) e Topera di Vallebona, 1987. 321 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 Spano, 1998 (riedizione dell'originale, Cagliari 1851; d'ora in avanti: Spano, con indicazione del volume in numeri romani e délia pagina in cifre arabe). Wagner, 1996 (ripresa dell'originale Das ländliche Leben Sardiniens im Spiegel der Sprache, 1921); l'opera verra d'ora in poi citata con la sigla Vr seguita dal numero di pagina dell'edizione italiana. Le citazioni dal DES fanno seguire la sigla dall'indicazione del volume e, dopo la virgola, dal numero di pagina; quando Tapice di lemma sia una forma diversa da quella riportata, ciö viene indicato espressamente. In linea di massima non sono stäti riportati i derivati privi di reale autonomía semantica (es. zmamatûa < zmamâ) e in particolare quelli che, per essere di conio locale, appartengono piuttosto alla storia del tabarchi-no che a quella dei rapporti di tale parlata con il sistema sardo. E stato naturalmente effettuato un contrallo incrociato tra le attestazioni che in una prima fase risultavano esclusive delle due comunità: esso ha consentito di compiere interessanti osservazioni e correzioni; non si puö tuttavia escludere che alcune delle voci presentate come esclusivamente calasettane o carlofortine siano in realtà conosciute, a vario livello, anche nell'altra comunità tabarchina. Ringrazio la direzione dell'ALI e il dr. Giovanni Ronco per avermi consentito e agevolato la consultazione di questa fonte preziosa del lessico tabarchino. In particolare, sono stati ridotti a b, d e g i tre segni sbarrati che indicano, rispettivamente, la fricativa bilabiale sonora, la fricativa dentale sonora e la fricativa velare sonora. Si avverte che le forme tabarchine regístrate non tengono conto di varianti idiolettali (es. la pronuncia di r polivibrante apicale in posizione intervocálica a Calasetta, la tendenza al passaggio s,z>s,z presso le giovani generazioni calasettane, la develar-izzazione di à presso molti carlofortini o, al contrario, la sua pronuncia come ó, fenomeno quest'ultimo di ampissima diffusione. Come in sardo, il nome del 'corvo' (krou), ad esempio, è passato a indicare anche il 'cormorano'. Su questa voce cfr. anche le osservazioni di Dettori, 1993: 217, 222. La variante potrebbe riflettere un influsso di lig. kumëlu 'un tipo, un tale' usato con funzione apotropaica per non citare il vero nome del rapace notturno, considéralo apportatore di malasorte. In Liguria la 'civetta' ha infatti, accanto al nome vero, una serie di nomignoli e ipocoristici che evitano di fare ad essa riferimento diretto. Per questa voce il Wagner (Vr206) risale ad alcune voci catalane; non escluderei comunque qualche collega-mento con eirá 'nome di un vitigno calabrese coltivato nella zona di Ciro Marina'; in questo caso perö, il TB potrebbe essere il tramite per la diffusione della voce in area campid.: in TB è infatti piuttosto frequente il passaggio c > g in voci d'origine forestiera o semidotta (es. gisterna 'cisterna'). Cfr. anche il sardo regóttu Vr273 'ricotta': la concordanza potrebbe avere contribuito al mantenimento di rekátu in luogo del sinonimo presirjséa. Di estremo interesse è lo slittamento semántico subito dal termine lig. originario, zú, passato ad indicare a Calasetta il 'pungolo per l'asino'. La voce è pressoché caduta in disuso. «Erano per lo più braccianti i quali, esaurite le fatiche agresti ai loro paesi (e dopo la trebbiatura del grano, dell'orzo e dell'avena il lavoro di chi viveva nei campi, in Sardegna, si riduceva pressoché a zéro), si muove-vano alia volta di Calasetta come verso il Texas, il Colorado e l'Arizona puntavano le carovane dei cercatori d'oro. Una volta giunti, se s'erano già accordati con qualche contadino durante la stagione precedente (e tale impegno era sacrosanto per entrambi i contraenti) si recavano direttamente al magazzino del datore di lavoro, ove sostavano col carro in attesa che la vendemmia avesse inizio. Se l'accordo mancava, oppure era la prima volta che si raggiungeva Calasetta, secondo un'usanza invalsa nel tempo, i carri si schieravano l'uno dietro l'altro, come per una rassegna, sul Lungomare. Li i carrolanti attendevano che qualche padrone di vigne sta-bilisse con loro un accordo, per lo più verbale e sancito da una stretta di mano, del valore di mille patti sot-toscritti» (Rombi, 1998: 88-89). Un'altra denominazione familiare dell'asino, buríku, di probabile ascendenza spagnola, è presente sia in sardo (SpanoI,285, Vrl42) che in lig. (Toso, 1993: 61), fatto che rende problemático definirne la provenien-za in TB. Di estremo interesse la distribuzione delle varianti lungo l'asse cronologico: l'informatore dell'ALI (trenta-duenne nel 1933) proponeva il prestito non assimilato, una mia fonte ottantenne introduce la vocale di appog-gio ma mantiene la -s- sorda, mentre l'uso attuale (informatore cinquantenne) presenta la sonorizzazione, sin-tomo di un definitivo adattamento del prestito al sistema TB. A CF si usa esclusivamente ápya (che è a sua 322 volta un italianismo con adeguamento morfologico: il tipo lig., sconosciuto in TB, é áva) o si confonde l'animale con la 'vespa'. Qualche informatore propone anche kaséta di ábisi, di ápye 'cassetta delle api', che sembra un adeguamento semántico a partiré da materiale lessicale lig. La seconda variante denuncia un fenomeno típico della sottovarietá carlofortina, ossia la confusione di -ñ-, -ne -tj- intervocaliche in un suono intermedio -fj- che viene spesso autocorretto dai parlanti per evitare omofo-nie fastidióse del tipo kaijpáfja 'campzgna' Ikaypáya 'campana'. Da qui forme ipercorrette come quella ri-scontrabile in kaníya, ma anche, ad esempio, in vírja 'vigna', che si sta diffondendo presso le giovani genera-zioni. In realtá occorrerebbe verificare il significato del lig. ant. rixa, che ricorre in documenti quattrocenteschi, prima di escludere del tutto che la voce TB non rifletta piuttosto un arcaísmo; né é da escludere che il termine sia penetrato dai dialetti it. merid. indipendentemente in TB e in sardo. 70 Cabras, 1989, 185. Potrebbe appoggiarsi all'influsso del sardo kaltsónes la fortuna di TB káswíy, voce certo non sconosciuta in area lig. ma assai meno diffusa del sinonimo bráge, che in TB é poco usato e considérate arcaizzante. Incerto é il caso della voce gipúy 'giubbone', ben documéntate in area lig. ma corrispondente anche al sardo gippone (SpanoII,59); depone a favore della sua appartenenza al fondo lig. del TB l'esistenza del dimin. gipunétu 'panciotto', anch'esso di antica e diffusa presenza in Liguria. 71 Unico caso tra le determinazioni di parentela, la voce sarda ha completamente sostituito altre forme affettive, e si é sostituita in pratica anche alia forma lig. non marcata affettivamente, pwé 'padre', che appare oggi di uso assai limitato, soprattutto a CA; analogamente, máma ha in pratica estromesso dall'uso mwé 'madre'. 79 «La processione si divideva in due gruppi: uno col povero Gesü trafitto sotto il baldacchino, e l'altro con la madre, la Madonna María, col velo ñero sul capo, in cerca del figlio»: Rombi, 1988: 57. Va avvertito che la cerimonia, di origine spagnola, tuttora praticata in Sardegna, fu ampiamente diffusa anche in Liguria durante il sec. XVII: gli encuentros di Genova e di Sanremo vengono paragonati dai viaggiatori dell'epoca a quelli fastosi di Milano e delle grandi cittá iberiche. Andrebbe verifícate un eventuale rapporto tra le voci sarde e la locuz. TB tiá de krúste, lett. 'tirare la sfoglia', ma in senso fig. 'spettegolare'. 74 Nel caso di espressioni idiomatiche non assimilate é necessario mantenere una certa prudenza, in quanto alcu-ne di esse potrebbero appoggiare la loro fortuna ad assonanze e concordanze lessicali col códice ricettore. Un caso per tutti é rappresentato dall'esclamazione tóka líku riscontrata da Blasco Ferrer, 1994: 159-160) in una registrazione fomitagli a Carloforte. Lo studioso la inteipreta come sardismo: «Campidanese [tok:ái] é utilizzato come espressione di congedo o per interrompere una conversazione [...]; [lík:u] é un vezzeggiati-vo accorciato del nome di persona [sarbadorík:u]; [...] l'intera espressione puó equivalere a: "e cosi basta!", "e non c'é bisogno d'altro"». Pensó di poter proporre un'interpretazione non meno convincente alia luce di una interiezione del tutto analoga che si ritrova in un testo genovese del 1746: «Ro convóio o l'é chi vexin,/ o s'é partió da Portofin,/n'á portao d'ógni mercanzia:/íocc , r Vi figurano tra l'altro aísku, kazara, parastágu, trabúsu. Análogamente, un'appendice di «Parole da salvare» pubblicata in Simeone, 1992: 107-113, accoglie volentieri voci di provenienza sarda. 84 - ' Tipico il commento «ma a nu 1 é paula nostra» 'non é una nostra parola' o «sta ki 1 ému pigá da lú» 'questa l'abbiamo presa da loro (dai Sardi)', che accompagna il commento di una voce d'origine sarda. OC r ^ ± , «Ale na paula da viña» 'é una parola legata alia campagna', «Se ge dize kusí táijtu pe ríe» 'é un termine dell'uso scherzoso'. Nel controllo incrociato tra i materiali di Carloforte e quelli raccolti a Calasetta, gli informatori commentavano i sardismi esclusivi dell'altra comunitá tabarchina con espressioni del tipo «é, sta ki a kunúsu ma da nyátri a nu se dávye» 'si, é una parola che conosco, ma noi non la usiamo', «érj páwle sarde k á pigá y kádesedfi» 'sono parole sarde in uso a Calasetta', e cosi vía. Bibliografía ALI = Atlante Lingüístico Italiano (materiali). Anonimo Genovese (1994), Rime e ritmi latini, ed. a cura di J. Nicolas, Commissione per i testi di lingua, Bologna. Blasco Ferrer, E. (1994), Contributo alia conoscenza del ligure insulare. 11 tabarchino di Sardegna, «Zeitschrift für romanische Philologie», 110, 1/2, pp. 153-194. 324 Bottiglioni, G. (1928), L'antico genovese e le isole linguistiche sardo-corse, «L'Italia Dialettale», IV, pp. 1-76. Cabras, G. (1989), Calasetta anni Venti, in proprio, Roma. Cabras, G. (1993), Calasetta. Difesa di un dialetto. 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Povzetek SARDSKE JEZIKOVNE PRVINE V LIGURSKEM GOVORU TABARKINOV Prispevek skuša osvetliti govor, imenovan tabarchino; to jezikovno enoto tvorijo prebivalci dveh naselij, Carloforte in Calasetta, na otokih San Pietro in San Antioco ob jugozahodni obali Sardinije: koloni, ki so poprej bivali v Tuniziji kot ostanki genoveške kolonizacije iz 16. stoletja, in sicer na otoku Tabarca, odtod ime govora, so v 18. stoletju prinesli s seboj ligursko-genoveški govor. Ohranjanje originalnega govora kaže z ene strani kolektivno sposobnost prebivalstva, da se obdrži jasna razlika s sardščino na otoku, z druge pa socioekonomski prestiž tabarkinske skupnosti in pa stalne vezi z matično deželo in te so utrjevale genoveško narečje. Kljub temu, da so bili Tabarkini docela v sard-skem okolju, seje njihov val obnašal kot vsi kolonialisti: izrabljanje in izvažanje krajevnih virov za življenje. Ta dejavnost pa obenem v dobri meri utemeljuje iz sardščine prevzete besede in tudi potek prevzemanja: čeprav jih je veliko in kažejo, daje prišlo do prevzemanja že v prvi dobi naseljevanja, so prevzete besede v glavnem omejene na agrarno življenje in nanj vezano dejavnost; ali pa kažejo posebnosti okolja (krajevna imena, oblike tal, rastlinstvo), torej to, česar doseljenci niso mogli prinesti s seboj. Sardsko besedje je kdaj pa kdaj pogojeno z močno izraznostjo, vendar hi prevladalo nad ligursko komponento v govoru Tabarkinov v vseh tistih situacijah, ki so zahtevale jezikovno skladnost z genoveškim narečjem, torej povsod tam, kjer posebnih razlogov ni bilo, kjer je tradicija obstala. Študija obravnava v svojem prvem delu nekaj splošnoveljavnih ugotovitev o jezikovnih posledicah stičnosti dveh jezikovnih variant; ugotavlja pa, da mogočno število sardizmov ni načelo glaso-slovno in oblikovno-skladenjsko podobo tabarkinskega govora: izposojenke iz sardščine so se vanj vklopile, ne da bi povzročile kakršno koli nelagodnost v fonološkem sistemu ali v skladenjskih strukturah. Sledi izbran seznam izrazov, ki so sardskega izvora, z etimologijo in semantičnimi opombami, kjer je bilo to potrebno. Končni del študije je namenjen podrobni obravnavi sociolingvističnih problemov, ki se porajajo, ko tabarkinsko govoreči prebivalci sprejemajo izraze iz sardščine. K temu se še dodaja, da sta obe jezikovni skupnosti, tista v Carloforte in tista v Calasetti, na različen način izpostavljeni tujim jezikovnim vplivom - misli se na italijanščino, uradni jezik in jezik v javni rabi -in da prihaja v besedju celo do neke težnje k purizmu. 326