Anno I della Nuova Serie Fasc. VI (XIII della Raccolta) Capodistria, novembre-dicembre 1922 PAG1NE ISTRIANE Rassegna bimestrale di Letteratura, Scienza ed Arte con particolare riguardo ali'Istria Una procura di Giuseppe Garibaldi La procura, che presentiamo ai lettori delle Pagine Istriane, si ricollega a un episodio ignorato, il quale, se nulla di notevole aggiunge alla biografia del Generale, ha tuttavia particolare importanza per noi come documentazione inoppugnabile di quel fervore d' italianita, che, nel travaglioso periodo del nostro politico servaggio, alimento di secrete speranze le nostre aspirazioni nazionali. Erario i tempi in cui il movimento irredentista non aveva che pochi seguaci; ma quasi ogni piu piccolo centro delle nostre regioni contava gia il suo apostolo. E la gioventu, non ancora avvelenata da settarismo partigiano, faceva eco alla parola fervida di qualche operoso intellettuale, e tutte le ideologie politiche si assommavano in un unico simbolo: Italia, monarchica o repub-blicana che fosse, pur che fosse Italia una. Al mio paese c' e ancora chi ricorda quei baldi giovani indossare, nei di festivi, la fiammante camicia rossa e intonare, pur sotto le insegne della bicipite, ardenti canzoni di guerra: dall'inno sabaudo «Delle spade il fiero lampo...» alla «Camicia rossa, camicia fina, garibaldina ..», che conchiudevasi con un caratteristico ritornello : «Un, due, tre, Garibaldi nostro re!» A dar esca a quel fervore patriottico contribui notevolmente anche 1'azione d'una compagnia drammatica, diretta dalFartista Giuseppe Moroni, seguace e ammiratore di Garibaldi, che un giorno gli aveva promesso di farsi padrino d'un suo figliuolo. Piu tardi, quando, in seguito al fatale maturarsi degli avvenimenti politici, ebbe ripresa la sua vita randagia di comico ne fu in grado di avvicinarsi all'antico suo Duce, il Generale, che non aveva aveva dimenticato la promessa, gli fe' pervenire la seguente autorizzazione: ') «Signor Giuseppe Moroni Artista Comico San Daniele Friuli Caro Moroni, Vi serva questa mia di procura per titolarmi Padrino di vostro figlio. Vostro G. Garibaldi Caprera, 12 Maržo 1872.. Come si rileva dalla soprascritta, la lettera raggiunse il Moroni, mentre si trovava con la sua compagnia a San Daniele del Friuli. Poco dopo partiva per la citta di Cherso, dov'egli contava larghe simpatie e aderenze; i vi giunto decise di assog-gettare alla cresima il figliolo gia grandicello. Un filodrammatico, amico del Moroni e grande ammiratore di Garibaldi, il signor Giuseppe Zencher2), accetto con entusiasmo Tofferta di rappresentare il Generale alla cerimonia religiosa. Alla prima favorevole occasione, il Moroni col figlio e il padrino-sostituto Zencher — che per la circostanza aveva indossato la camicia rossa •— si recarono a Veglia, sede vescovile, per le pratiche di rito. II giovinetto, che si apprestava a ricevere la sacra unzione, fu sottoposto ali'esame rituale da parte del parroco Zubranic senz'alcuna difficolta. II guaio venne quando al vescovo fu dovuto partecipare il nome del padrino effettivo, Garibaldi. Monsignor Vitezic, croato, preso da sacro orrore, dichiaro sde-gnosamente che per 1'eretico filibustiere non c'era pošto in chiesa! E la cresima non si fece. Per nulla sconcertato dalla villana ripulsa, il padrino-so-stituto Zencher persuase l' indeciso Moroni a traghettare il *) II prezioso autografo si conserva fra le memorie piu care della mia famiglia. 2) Giuseppe Zencher fu un bel tipo di caffettiere letterato. Sapeva a inemoria YAristodemo del Monti (I' aveva recitato col Moreni) e vari canti della Divina Commedia. In America aveva gestito una pasticceria e, ritornato fra noi, amava definirsi «il pasticciere dei due mondi». Indossava una specie di poncio e portava barba e capelli lunghi alla Garibaldi. canale della Morlacca e raggiungere Segna, altra sede vescovile sul litorale croato. Cio fatto, si presentarono aH'episcopio, dove Monsignor Soic li accolse benevolmente e nulla trovo da obiettare quando gli ebbero esposto il motivo della loro visita. La mattina seguente, nell'oratorio privato del vescovo, fu impartita la cresima al giovinetto Moroni, e sui registri ecclesiastici venne segnato il nome del padrino Garibaldi, legilmente rappre-sentato dal signor Giuseppe Zencher, oriundo di Palmanova, domiciliato a Cherso. Anzi, all'atto di congedarsi — com'ebbe a riferirci testualmente il signor Zencher — Mons. Soic, rivolto al Moroni, disse: «Saluti da parte mia il generale Garibaldi, che 10 tengo in grande considerazione, e Gli dica che da oggi noi siamo divenuti parenti ; poiche la Chiesa stabilisce che fra il cresimando, il padrino e il cresimante subentri una parentela spirituale.» Potra recar meraviglia il contegno cosi divcrso di due ve-scovi cattolici, croati entrambi; ma e facile spiegarne la ragione. 11 primo, mons. Vitezic, uno dei corifei deli'agitazione croata in Istria, informava la sua condotta a quei principi d'intolleranza politica, di cui si servi a lungo il clero austro-croato per conculcare 1'italianita delle nostre terre; 1'altro invece, scevro di pregiudizi politici, era altamente compreso del suo ministero evangelico e non malediceva nemmeno al nemico della Chiesa. JACOPO CELLA Cherso nel Ouarnero, settembre 1922. Appunti sul pensiero politico di G. R. Carli II conte capodistriano era venuto nella metropoli lombarda quando la parte migliore deli' aristocrazia milanese sotto 1'influsso delle idee nuove aveva gia iniziato quel processo di trasformazione spirituale che doveva, in ultimo, sboccare nel movimento liberale nazionale. 11 giusto senso di modernita di cui si vivificava la sua dottrina larga ed equilibrata, 1'aveva fatto accogliere nelia cerchia di quella societa in cui piu vigorosi erano i germi del rinno-vamento, la societa dei Verri, dei Lambertenghi, dei Beccaria, accostandolo anche al piu intimo cenacolo che prendeva quel nome «che accenna a voler risvegliare, ad un antidoto contro i narcotici e la cura del papavero«; e nel «Caffe» anche il Carli aveva lanciato il suo grido di aspirazione a tempi migliori. Ma, come s'era ter.uto lontano dal (ranquillo stagno in cui viveva il patrizio volgo parruccone, cosi s'era guardato dalTavvicinarsi troppo alle acque gia smosse dal vento d'o!tre Alpe. E da questa sua spirituale situazione, colTandar del tempo sempre piu guardingo, poteva osservare le classi aristocratiche trasformarsi «per l'azione occulta delle idee nuove che esse sono portate a conoscere, sia per amore di lotta che di coltura o per necessita di prevenzione* e la «Milano aristocratica strisciante verso Parigi*. Ma, con sempre crescente preoccupazione, s'accorgeva che, per contiene il «Contratto sociale», il libro 'piu formidabile di quanti siano usciti alla luce» e mira ad inspirare *subordinazione e rispetto verso le leggi, amore e obbedienza verso i propri genitorj, e verso i sovranb. Con la dissertazione accademica «Della diseguaglianza fisica, morale e civile degli uomini ossia Ragionamento sopra l'opera di Rousseau Discours sur 1'origine et le fondemens de l' inegalite parmi les hommes* (1792) composta sotto 1'impressione degli eccessi rivoluzionari, il Carli vuole ultimare la confutazione delle teorie del Rousseau fatta nell'opera precedente '). In questo egli era venuto *) Della diseg., p. 123-24; cfr. spec. p. 235-7. II Bettinelli ne elogiava L'A_ con questi versi : « Tu ammiri, o passaggero, quell' arbor si sublime, che spande e leva aliero le frondeggianti cime. Or mira il tronco addentro alla scavaia scorza, gl' inseiti in loro centro v'han nido, pasto e forza: In questo vil dappresso, superbo da lontano, in questo, Carli ha espresso il Sofo del Lemano,» (Carteggio scientif., lett. 21 nov. 1792). Ai quali il C. rispondeva con questi altri: «Quel grand' arbor, di cui parli, Bettinelli, onor de Vati, non fu spento dal tuo Carli, ma sfrondato un po' dai lati. Contro lui, tu vezzeggiando sino amor, fiero rendesti; che impugnd fulmineo brando e scoccd dardi funesti. A si insolite percosse, di colui che in pregio il mise la sdegnosa ombra si scosse, Gallia pianse, e Italia rise.« (lett. 27 nov. 1792). «analizzando lo stato d'un'isolata famiglia, che si va moltiplicando ne' figlioli in modo da formarsi una popolazione, e passo passo si conduce sino allo stato di Societa naturale, e di Societa civile, e sino alla diversa natura de' Governi, e delle reciproche rela- zioni fra questi, la Societa*1); nelTaltra sostiene che «l'uomo..... nasce senza volonta; e senza volonta non puo esistere, ne esiste libeita. Allorche poi con la forza comincia a svilupparsi la volonta, ritrovasi obbligato al dovere di dipendenza verso quelli, che gli somministrano il modo di alimentarsi. / doveri adunque, in natura sono anteriori ai diritti. Dunque l' uomo non nasce libero. Acqui-stata poi la forza e la potesta di agire o non agire, la volonta di esso e una conseguenza, ed una manifestazione del carattere, e deli' istinto1). Non esiste dunque la liberta come 1'intesero i filosofi d'oltr'Alpe che ne confusero il concetto con quello di arbitrio individuale che e anarchia, ma la «la liberta legale« o meglio «la liberta sociale, quella liberta che gode 1'uomo in societa d'altri uomini«; ne esiste 1'uguaglianza come vuole il Rousseau: dalla differente natura deriva negli uomini un diverso modo d'agire e dal conflitto delle differenti passioni sono sorte le classi sociali3). I due scritti s'integrano cosi vicendevolmente. Da queste premesse generali ampiamente svolte scaturiscono le dottrine politiche del Carli delle quali cercheremo di dare una succinta esposizione. *** 1. Lo Stato e sua genesi. — Le varie teorie dominanti al tempo in cui scriveva il Carli, dalla dispotica dell'Hobbes alla liberale del Grozio, del Puffendorf, del Locke e alla radicale del Rousseau, si assommavano nella teorica principale deli' origine contrattuale dello Stato, che e teorica essenzialmente individualistica. Contro queste scuole e i loro principali assertori il Carli combatte ricalcando il medesimo cammino, rifacendosi al medesimo punto da cui sono partiti i contrattualisti per giungere ad opposte conclusioni: esame della natura umana, dei rapporti umani attraverso tutte le forme del loro sviluppo da quelle semplici della societa naturale a quelle del governo naturale e alle piu complesse del governo civile e in ultimo a quelle della societa politicamente costituita. Al po-stulato della teorica contrattuale, all'idea cioe deli'individuo asociale 4) ibid., p. 122-3; L'uomo libero, p. 256. 2) Della diseg., pg. 221. 3) Luomo lib., pag. 11 ; Della diseg., p. 123, 223. che precede e domina quel!a dello stato sociale, il Carli contrappone il proprio: 1'uomo primitivo quale I'ha concepito il Rousseau e un parto della fantasia malata e delirante di romanzieri; l'individuo non puo concepirsi ne storicamente ne astrattamente al di fuori della societa ; lo stato e una derivazione naturale e progressiva — attraverso tutte le leggi che regolano 1'evoluzione, quale 1'adat-tamento aH' ambiente, la lotta per 1'esistenza e le regole generali che presiedono la vita individuale e familiare e «inerenti alle leggi della natura», quali la «forza d'imitazione« e quella della «sensibilita» — della primitiva societa naturale, la famiglia. L'af-fermazione e la dimostrazione di questo postulato importa 1'esame e la critica della teorica contrattuale e quindi delle dottrine con-tenute nel Contratto sociale e nei Discours sur /' origine et les fondemenis de 1'inegalite parmi les hommes. 11 punto di partenza, come accennavamo, e comune: il fondamento dello studio dei fenomeni naturali e delio svolgimento delle forme giuridiche sulla osservazione dei fatti naturali, muovendo, per via induttiva, da essi alle forme attuali e alle leggi fondamentali che li governano. Ma dai principi stessi del Carli si desume gia, e l'A. vi insiste piu d' una volta, la grande differenza che dal punto di vista metodico lo distingue dagli scrittori che esso confuta: la negazione di qualsiasi presupposto metafisico e la ricostruzione d'una teoria che non si fonda su basi puramente subbiettive ma sulla ricerca e sull'accertamento dei fatti «per via di necessaria conseguenza». Fermo nel principio deli'inconcepibilita deli'individuo anti-sociale, il Carli studia l'evoluzione della societa umana distinguendo tre stadi: societa naturale, governo naturale, governo civile. Nel primo si distinguono tre momenti: il primo nel quale la societa nel suo nucleo ch'e la famiglia sussiste per opera della natura e si hanno «i primi elementi della giustizia distributiva e punitiva«'); il secondo nel quale, per lo sviluppo della sensibilita e delle facolta effettive i vincoli familiari si rafforzano e nella societa naturale si ha un progressivo incivilimento ; il terzo in cui sorgono le prime forme di liberta e di diritto, di cui il primo e quello di proprieta dal quale nascono poi tutti gli altri che regolano i rapporti fra gli uomini3). L'esistenza del diritto di proprieta ci dice che e gia avvenuta la prima divisione nella societa, e quindi il «primo patto« ') L'uomo libero, p. 18-26. 2) L'uomo libero, p. 27-35. 3) id., p. 37-62. fra gli uomini non e «quello che gli uomini liberi fanno con la societa per unirsi; ma bensi quello che la societa naturale fa con gli uomini uniti, per iscioglierli e separarli»!') Ben altro dunque che il principio contrattuale ! Ma 1'istinto porta 1'uomo a riunirsi in societa, col progresso delia quale sorgono nuovi rapporti di diritti e di doveri che la religione modera e consacra col culto e che gli uomini tuttavia, per la diversita del loro carattere e per la loro «naturale sensibilita» — che e «princip:o d'ogni virtu e d'ogni vizio» — turbano con 1'offesa e la vendetta. Nasce allora il bisogno d' aver resa giustizia, il quale induce alla «formazione d'un centro di riunione, o sia d'un capo di societa con cui prende forma il naturale governo», forma semplice «in cui non si rappresenta altro che limmagine della prima famiglia applicata ad una piu estesa propagazione»2). L' idea di governo e gia concretata. Ora la natura umana — e cosi il Carli svolge anche il secondo suo principio, della diseguaglianza naturale degli uomini ha in se differenze fisiche e morali e «pero sono pure di natura le conseguenze e gli effetti che ns derivano* cioe le differenze di stato e di condizioni con cui nascono le prime disparita sociali, le classi sociali, la sperequazione nella distribu-zione delle ricchezze con tutte le conseguenze che porta seco. Ed ecco sorgere la necessita di un potere sovrano che sia come «l'equilibrio» della societa stessa 3). L'ultimo stadio dell'evolu-zione e cosi compiuto; dalla primitiva societa naturale — la famiglia — sviluppatasi nei tre stadi successivi; attraverso le forme del governo naturale e civile, si e pervenuti alTultima forma della societa politicamente organizzata. 2. La sovranita. Teoria delle forme di governo. — La carat-teristica che si nota nel pensiero economico del Carli si riscontra anche nelle sue teoriche della sovranita e delle forme di governo. Nel secolo in cui si formulavano e s' affermavano le dottrine piu radicali il Carli sostiene un principio che non e legittimista nel senso piu ristretto del termine, ma non e neppure radicale: una specie di eclettismo politico. 11 soffio dei tempi nuovi passa anche attraverso il suo spirito; ma in quello il mite Capodistriano sente anche un alito mefitico di vapori velenosi che s' innalzano sulforizzonte europeo. A' suoi tempi egli non poteva liberarsi del ') id., p. 58. L'uomo libero, pp 78, 101 sgg., 122 sgg., 153 seg. 3) id., p. 158 sgg.; «Della diseguaglianza- p. 149-203. tutto dal presupposto erroneo dominante nelle scuole che importava confusione di forma con contenuto intrinseco '). Quindi e che quelle che costituiscono le attribuzioni specifiche della sovranita sono studiate non in rapporto ad una idea immu-tabile nei suoi vitali principi di giuridica persona qual'e lo Stato, ma riferendosi alle forme eventuali che esso assume e, eviden-temente, alla forma monarchica; indipendentemente percio dalla indispensabile distinzione di metodo. "Per esaminare 1'origine della sovranita, scrive il Carli, ho tentato di conoscere T uomo quale doveva essere al momento — cioe in qual determinato stadio di civilta — in cui doveva accadere tale avvenimento» '). In questa ricerca 1'abbiamo seguito esaminando la sua teoria sulla genesi dello Stato: dobbiamo adesso stabilire che cosa sia il concetto di sovranita e sotto quali forme essa ci si puo presentare nelTatto in cui si esplica la sua attivita giuridica. La sovranita — sia che si raccolga ed impersoni in un solo, sia che si racchiuda nelle mani di piu individui — e sempre la conseguenza naturale della disuguaglianza fra gli uomini, i quali, nel processo continuo deli'evoluzione sociale per effetto della disparita di condizioni causata — dal loro «diverso carattere, genio, industria e tendenze«, per le differenze economiche e sociali e le loro conseguenze, s'indussero alla ricerca d'uno stato d'equilibrio morale e politico in cui fosse possibile il sorgere e 1'affermarsi di un morale organismo capace di esercitare la propria al di sopra delle volonta singole e indirizzarle ad un unico fine3). La sovranita e quindi una «necessaria conseguenza, inne-gabile come innegabili sono le iracce della natura e le di lei progressioni» 4) Disciplina e religione sono poi le basi su cui la sovranita si fonda '). Come 1' origine cosi anche 1'essenza della sovranita e conseguenza necessaria di naturali premesse: la ragion naturale e la regola indispensabile per la liberta fisica umana, la ragione civile e politica per la liberta morale. Ora questa *) Dico del tutto perche in un passo deli'Uomo libero (p. 189) il Carli scrive : «/ filosofi ed i giuspubblicisti anno certamente confuso l' idea della sovranita colla rappresentanza della pubblica autorita o delle volonta private o delle private forze degli uomini«. Ma la tesi e solo accennata. 2) L uomo libero, p. 176. 3) L'uomo lib., p. 177 sgg. Della diseg., p. 202 sgg. 4) L'uomo lib., p. 188. Per 1'evoluzione deli'idea di sovranita v. pp. 181-85. 5) id., p. 210; Della diseg., p. 177. ragione civile e politica appunto e la sovranita «non depositaria — quindi — ma regolatrice delle volonta e delle passioni private», non «proprietaria» della terra, come vuole il Rousseau, ma tutrice delle private proprieta e dei diritti personali e reali; perche il suo scopo e quel!o di conservare e migliorare la societa '). In misura poi che «negli uomini si svilupparono le passioni, lo staio politico forma e perfezione ando passo passo acquistando '). Nozione, contenuto intrinseco e forma 6ono quindi I'effetto naturale e spontaneo di un processo d'evoluzione attraverso il quale, in successivi e determinati stadi di civilta, essi sono sorti e si sono affermati. Rimane il vedere quale sia stata la prima forma di governo e quale la migliore. Gia il problema politico della forma il Carli se l'era pošto trattando della questione se il primo governo sia stato monarchico o repubblicano ed aveva concluso che questo avendo bisogno di lungo tempo e profonda meditazione; di che certamente... non e mai capace una societa naturale», non e in origine possibile;3) ma ora che egli, per via alquanto diversa da quel!a battuta dai pubblicisti contemporanei, quale ad es. il Vattel — a cui peraltro in alcuni punti sembra accostarsi — ha condotto il suo esame fino al momento in cui il governo civile e gia costituito, il problema naturalmente si ripresenta e richiede la soluzione. Dato il postulato da cui il Carli muove, la nega-zione cioe del principio contrattuale, e evidente che l'A. debba anche respingere la teorica della forma e della precedenza di essa, quale la sostiene il Rousseau. «11 governo repubblicano per contratto reciproco» non puo essere stato il primo in natura «imperciocche secondo gli annali del genere umano, le Repubbliche tutte sortirono dalle viscere del dispotismo, qualora il Sovrano abusando della sua autorita ha sostituito la propria volonta alla legge, ed ha reso incerto e precario il destino della nazione: ed hanno poi terminato d'esistere allorche, perduti gli stimoli e le tracce della virtii, si sono gli uomini abbandonati alla intempe-rante soddisfazione delle loro sfrenate passioni» 4). II Carli non pretende stabilire quale sia la forma migliore di governo. II governo migliore e quello «dove si sanno conservare le idee del giusto e deli' ingiusto, del bene e del male; ove si L'uomo lib., p. 185-6. 2) id„ p. 180. 3) L'uomo lib., p. 83. f) Della dis., p. 204. mantiene /'equilibrio delle forze politiche, in modo che non se ne formi una preponderante; cosicche le resistenze sieno sempre proporzionate alle spinte; dove si alimenti l'opinione verso la Religione, e verso le Classi, nelle quali e divisa la Societa; e dove /'ordine, il rispeito ulle leggi, e la disciplina assicurano la liberta e la proprieta dei Cittadini, senza violenza e senza ingiustizia» '). Ma evidentemente la forma da lui preferita e la monarchia. Giusta contemperanza di tutte le forze sociali, essa si distingue dal dispotismo «potenza preponderante« e dalTanarchia «potenza deficiente«, e si afferma come «il vero politico morale equilibrio con la societa; e questo e l'oggetto unico del sovrano padre». E veramente questo «solo», il monarca, alla cui obbedienza gli uomini, trovandosi «in un umiliante confronto con pochi e per conseguenza nello stato di vera anarchia«, si ridussero, «e /'im-maginazione costante, e ad ogni generazione rinnovellata in cia-scheduna časa e tetto privato, del padre di famiglia, cominciata poi a realizzarsi in un governo naturale formato da piccole societa» ')• Neppure la legge e conseguenza del «patto» sociale: essa non e altro in origine che 1'applicazione delle leggi naturali rela-tivamente alle varie circostanze della societa e poi 1'ulteriore sviluppo e perfezionamento che quella forma originaria subisce col progresso sociale (legge razionale)3). Nella societa civile poli-ticamente costituita «Ie volonta riunite (dei cittadini) costituiscono le leggi« 4). In questo concetto il Carli si manifesta uno spirito di modernita veramente notevole: in esso c'e tutto; c'e 1'unita della volonta e della legge e c'e 1'accordo concreto dello spirito che scaturisce da questa unita, la realta morale; la realta morale come forza creativa, originale, consapevole, la volonta che si determina, la volonta razionale. 3. /poteri. — Avendo un concetto chiaro della nozione organica di sovranita, il Carli distingue anche nettamente le diverse funzioni che in essa sono implicite e la c.onseguente distribuzione di esse tra differenti organi, assommantisi sia le prime che gli altri nel principio della inscindibile unita. La teoria della disciplina dei id., pp. 210-11. 2) L'uomo lib., pp. 179-85. 3) id., pp. 23 sgg. cfr. p. 192. 4) id., p. 193. poteri e quindi nelle sue linee generali impostata. Ma la distin-zione che il Carli fa non ha un vero e proprio valore di contenuto scientifico perche egli la concepisce non in rapporto allo stato inteso come tale, cioe come istituzione giuridica, sibbene — e necessariamente per i fini per cui scrive — in relazione a quella determinata forma di governo che e la monarchia. Quindi si spiegano anche i termini che egli adopera per indicare le tre forme della funzione della sovranita: autorita, giustizia, paternita o, per servirci ancora delle sue parole, la potesta politica, legi-slatrice, esecutrice. 11 Carli vuol dunque la separazione di funzioni e di organi, indispensabile per la conservazione della monarchia '). Soprattutto la distinzione tra i due poteri, 1'esecutivo e il legislativo, e indispensabile. Nella potesta legislativa «e depositata la forza pubblica; ed unita alla forza, diviene sempre perico/osa l' esecuzione della legge. Per conseguenza non deve essere ne pure siiuata presso un corpo indipendenle. Questi corpi esecutori sono i santuarj delle leggi, degli ordini e delle regolarita stabilite. A questi appartiene il dettaglio deli'esecuzione, e l'applicazione delle leggi a i časi particolari. E pero la cura principale del sovrano consiste ne/l'invigilare, che dalla parte de' ministri componenti i detti corpi non si faccia abuso d'autorita e dalla parte de' cittadini non si manchi di rispetto e di dipendenza verso i corpi suddetti. A questi corpi dee dunque essere liberamente affidata l'esecuzione delle leggi, degli ordini e delle regolarita. Lo stabilire pero queste regolarita e diritto so/o della potesta legislativa; ma nel tempo medesimo il vigile e prudente sovrano conoscere dee T im-possibilita ed il perico/o ancora di scendere alla cognizione e definizione de i piccoli affari e de 11 agli d'una nazione« 2). *** Sono queste le linee generali del pensiero politico di G. R. Carli, pensiero maturato nella rettitudine deH'animo e nella rigida moralita dello scrittore, nella viva preoccupazione di quegli anni in cui si propagavano le dottrine rivoluzionarie affermantisi nella terribile crisi che ben presto dilagava anche in Italia; ed esposto senza pretese scientifiche e sistematiche, giacche 1'autore miro ') Luomo lib., p. 191. 2) id., pp. 234-36. unicamente a confutare le teorie del Rousseau fondandosi sui classici e soprattutto su Aristotile. 11 politico non e certamente alFaltezza deH'economista: gli fanno difetto 1'originalita e 1'elaborazione e soprattutto 1'esatta comprensione dello spirito dei filosofi francesi, del Rousseau spe-cialmente. Spaurito dalla piega sinistra degli avvenimenti, del pensiero del filosofo ginevrino non pote — come non poterono molti altri — cogliere che 1'aspetto esteriore e confondendo questo con 1'opera di quelli che in Francia Io travisarono ed eccedettero, rigetta unicamente sul Rousseau tutta la colpa dell'esagerazione demagogica e, naturalmente, lo coinvolge nella sua profonda avversione. Cosi il Carli che di buon'ora s'era accostato alle nuove dottrine se n'al!ontana anche assai per tempo e, a differenza del Parini e del Verri che si chiusero in saggio riserbo, finisce col cacciare quasi ogni soffio di modernita dal suo animo per rifu-giarsi in una specie di spiritualismo filosofico donde con 1'armi del buon senso comune, dello zelo di cristiano convinto e dalla disciplina d'ubbidiente cittadino combatte i principi che dovevano ormai trionfalmente affermarsi. FRANCESCO DE STEFANO ERNESTO GIOVANNINI L'eroica fine di Ernesto Giovannini di Alberto, prof. di rnusica al Conservatorio di Milano e di Elisa Bratti, ambidue di Capodistria, e narrata in un articolo commoventissimo, dettato dal comandante Fr. Camperio, con vivo affetto per la nostra patria e devozione sentita per il suo compagno ed amico, che lascio la sua vita nel fondo del nostro mare, a tre miglia da Capodistria, ch'egli tanto amava '). Ernesto Giovannini, comandante del sommergibile Ialea, in esecuzione di ordini ricevuti, navigava nelle nostre acque dalla mattina del giorno 17 agosto 1915; alle 14 e 30 il battello ricevette un terribile urto in chiglia dalla parte di prora. Solo chi ebbe campo di conoscere Tardente suo amor di patria, il rigido senti-mento del proprio dovere, Taffetto per la sua famiglia, puo immaginare quello che il Giovannini provo in quel momento ; al torpediniere Vietri, che lo esorto di passare a prora, donde era possibile di uscire dal battello, egli rispose eroicamente : »Vai... Vietri..., salvati; addio, io resto al mia pošto., e finita.» E poteva egli agire altrimenti? Egli amava il battello, che gli era stato affidato, sapeva di cooperare alla liberazione della sua terra dal servaggio straniero, e senza sua colpa, per crudele destino, še lo vide schiantato. Egli si sacrifico spartanamente con la sua nave. II comandante F. Camperio, amico di lui, che nella su citata rivista ricorda con intelligente affetto la sua fine lo dice «primo fra i primi, colto fra i colti, cuore fra i cuori»:i). A me, affine ed amico della famiglia, non sembra fuor di luogo far conoscere ai lettori della nostra rivista, una poesia giovanile di lui, scritta per 1'Album della sua madre adorata, quando giovinetto, appena compiuti gli studi alTAccademia Navale, jmprendeva il primo suo viaggio sur un veliero, e per la prima volta si allontanava dalla patria terra. l) 'dtalia! Questi sono i tuoi figli. L'uItimo quarto d'ora del sommergibile «Ialea». Marinai d'Italia A. I n. 9-10. Milano, 1 ottobre 1922. Larticolo e vMbrante di amor patria e di effetto per il comandante estinto. Marinai d' Italia, come sopra, pag. 4. ,!) Marinai d' Italia, come sopra, pag. 3. £ uno sfogo giovanile delTanimo, in un momento di nostalgia, che merita di esser conosciuto, perche attesta in lui V immenso suo amor di patria e il suo animo nobile e generoso e addimostra nello stesso tempo quale educazione dessero ai loro figli le madri istriane, che amorosissime pur sapevano sacrificarsi cedendo alla madre comune, alla cara patria, ogni diritto sui loro amati figliuoli. F. MAJER I (17 > $ icrif. ~ A MIA MAMMA <*/^ . / --C&kt* i ' ~ * '* e * ' Madre, mi porta rapido il veliero Lungi dal patrio verdeggiante suoi; Lungi mi porta... D'un terren straniero Vedro indorar le cime il nuovo sol. Spira fresca la brezza e dolcemente Sfugge il velier sull'increspato mar... Io dalla tolda ammiro il di morente E la terra lontana che scompar: S en to nellalma immmsa una tristezza, Una mestizia che m affligge il cuor... Oh ! giorni lieti della /anciullezza, Addio per sempre!... In terra tutto muor! Oh / dolci rimembranze ! Immagin cara Di mia madre che porto impressa in cor, Voi sole renderete meno amara la mia vita; piu lieve il mio dolor. Voi sole? Oh! no; lassu spiegato al oento Sta vigile il vessillo tricolor: Oh! madre mia, l'intendo in tal momento, V'e un amore piii santo del tuo amor! Tu stessa asciughi il tuo dirotto pianto E celi col sorriso, o madre, il duol: Tu stessa esclami... V'e un amor piu santo, L'amore del tuo patrio italo suo/. ERNESTO GIOVANNINI Z O N < > u tn O oo ^ oo o oo o o o oo r^ t^ o o cr* cr* CM oor^r^Ti—[^-^J-I^-OT—T—irjot^-tMt^-r^o c* lo lo t— tco^t t-cm cm ro CM O '53 C C 0» Ofi ro o CN oo CN C\ oo o ON ro (M i o o cm cm i o 00 oo oo i o 00 o cm c^ i cm ^r cr\ on oo oo oo oo oo o ■ o t cm cm ~ i— ooocmoo^tootroi—oocm O LO I OO CM lo to r^ o t o o 00 t cm cm ■ ■ 00 i— 00 OO 00 T 00 i * ' 00 CM 00 o rt C C V Gfi ro o o oo CM CN 00 o G-1 lO LO I OO CM LO LO o o oo 'e C -t-* C 01 > "S C < -J o o cn > d. o o .-S u E o a a u a. g. o. M u ■H E E £ E 1 * * * * s ° SH! S"3o. S. S eJS.5 rt rtrtrtOs.fc* .iddrtrt CJ _J co CO J2 CL c/5 CO C/) c/D O W O O O D —3 * m _ lo (X o iS ČO o rt -fcj rt 2 * e eL o « a. A A A A 3 A A « S ft O . c CS u J2 u S o c a o N1 N os 3 rt rt c OJ -U rt w> on 3 tO -"Il O * D C O 03 0_ rt rtO c ' rt rt Ofl u o (0 u ■» — . u m . — njwcoMQ;a.UQOQi o o (J _ C O 03 4> u d _c w 03 o n c cs - Ofl -4-» O- 3 M rt o 03 ii o .2 n d č u — N irr— o rt o o o . * •- C« ° -a /1 u . 3 Si O tO PO o PO (M a•n tO 00 t to t to U S a o c o —v C p~ «5 .O t>c o <0 C ca C c (U '(U > 'u 'C L. o iS C SPIGOLATURE STORICHE I. Satire patriottiche capodistriane Dal 1876 al 1880 fu capitano distrettuale (oggi si direbbe sottoprefetto) in Capodistria il barone Vittorio de Puthon. Era (cosi lo dipingono i vecchi che lo conobbero) un giovine uomo, di modi compassati ma cortesi, alFinizio di una brillante carriera burocratica (termino difatti luogotenente dell'Austria inferiore), fiero di appartenere ad una di quelle cospicue famiglie nobiliari tedesche, che costituivano per FAustria dei veri e propri serbatoi di alti funzionari amministrativi e politici. Sembra venisse in Istria piuttosto ignaro delle condizioni del paese, certo alFoscuro del movimento irredentista, che in Capodistria aveva uno de' suoi centri piu importanti ed attivi. Fatto sta che, imbevuto di lealismo absburgico fin sopra la cima dei capegli, dimostro un'incompren-sione assoluta dello stato d'animo de' propri amministrati e, ad ogni atteggiamento o gesto che gli puzzasse di ribellione, reagi violento e maldestro, creando in breve intorno a se un'atmosfera veramente irrespirabile. Giacche i capodistriani — incoraggiati anche dali'intensificarsi del moto irredentista nel Regno, dopo 1'avvento della Sinistra al potere — erano disposti a tutto, fuorche a cedergli. Proclami e scritte sovversive, dimostrazioni antiaustriache, scoppi di petardi non gli davano un istante di tregua. La sua vita era diventata un inferno. Guando abbandono 1'ingrato officio e Capodistria, gli parve di rivere. A lui e ai tribolati giorni del suo quadriennale governo si riferiscono i due componimenti satirici vernacoli d'ignoto autore, che stampiamo qui-sotto e che danno, palpitanti documenti storici, intera la misura deli' odio che il troppo zelante funzionario austriaco avea finito col tirarsi addosso. II primo, ch'e anche il piu breve, corse per Capodistria quel famoso 16 gennaio 1878, in cui La Provincia deli' Istria,1) il patriottico giornale di Nicolo de Madonizza, usci listata di nero ') A. XII, n. 2. Si veda nel numero successivo del giornale il decreto di sequestro emanato dal Puthon e la sentenza deli'I. R. Tribunale provinciale di Trieste, che respinge il ricorso presentato dal direttore della Provincia e conferma il sequestro. per la morte, avvenuta sette giorrti prima, di re Vittorio Emanuele II e il Puthon la fece pertanto immediatamente sequestrare. II secondo reca la data del gjugno 1878 e si scaglia contro i sistemi polizieschi del Puthon, per conchiudere col... ringraziarlo dei servizi da lui jndirettamente e involontariamente resi alla causa deli'irredentismo tenendo viva, col metodo delle cieche e brutali repressioni, 1'agitazione austrofoba. I. Messa in luto la Provincia per la morte de Vitorio, a Puthon ga salta 1'estro de onorarla de un sequestro. Questo Boiza in miniatura xe vignudo a Capodistria co 1'idea de farne tuti piu tedeschi dei tedeschi. Ma i leoni de San Marco che xe in piaza sul Palazo ghe risponde sbufonando: '■Marameo, sior vis de c...!» Un esotico Baron xe vignudo a Capodistria col bel nome de Puthon. Aleva ne 1'aule idrofobe de 1'italico riscato, el s'a messo qua da mato per distruger storia e amor a 1'Italia, al tricolor. El Ouarnaro e non el ludri xe '1 confine de 1'Italia; e in sto točo de passe che la teutona marmaglia lo pasegia da paroni ghe vol altro che Puthoni, ghe vol altro che sequestri, che denunzie, che processi o maligne insinuazion per cavarghe da la testa, II. per straparghe da le viscere I'amor santo de nazion. Ricordeve de Zajotti, ricordeve de Salvotti e dei sgheri tuti quanti che a Venezia, che a Milan a servio mirabilmente Carlo Alberto e re Vitorio per mandar in sua malora l'aquiIona con do bechi, le gran chiavi de San Piero, del re Bomba i gigli sechi. Grazie dunque, Sior Puthon, che laore con pari merto de quei birbi qua de sora, che sto sbrindolo italian megio ancuo che no doman Vada a[l re d'Italia?] Umberto.') ') L'ultimo verso, nell'esemplare della satira da noi posseduto, e lacunoso, forse per una svista dell'amanuense. L'andatura popolare delle due satire non inganni. II pensiero che le informa, i riferimenti storici che vi si contengono, alcune voci pO. erudite che vi fanno capolino le dimostrano opera di qualche ^ < intellettuale, che, desideroso — e si capisce perche! — di 'Hl^f; giungere fino al cuore del popolo, fece suoi certi modi caratteristici della poesia popolare. II. II De Amicis irredentista Quindici anni fa, rievocando, in questa rivista medesima (fascicolo marzo-aprile 1908, pp. 49-55), i particolari della visita fatta dal De Amicis a Trieste e ali' Istria nel gennaio-febbraio del 1887, e pubblicando la bella lettera di ringraziamento che, per le accoglienze ricevute a Capodistria, 1'illustre scrittore ebbe a dirigere successivamente a quel podesta, signor Giorgio Cobol, avevo occasione di ricordare come il Municipio di Capodistria, a far pago un desiderio, se non chiaramente espresso, certo lasciato intendere dal De Amicis,1) volle donare a lui, raccolte in un albo il cui frontespizio fu elegantemente miniato da un distinto dilet-tante di pittura, il signor Elio Longo, le riproduzioni folografiche dei principali monumenti e vedute della citta. II dono, inviato al De Amicis nel settembre di quell'anno, fu da lui accolto con vivissimo piacere. Egli si trovava allora in villeggiatura nel Biellese, e di la scrisse subito al podesta Cobol la letterina seguente, che si conserva autografa nelI'archivio comunale di Capodistria e che, imperante 1'Austria, rion sarebbe stato ne facile ne opportuno rendere di pubblica ragione : «Illustrissimo Signor Podesta, Ringrazio il Municipio di Capodistria delTalbum bellissimo, che e per me ad un tempo un dono prezioso e un alto onore. Ma non aveva bisogno di quest'aiuto cortese la mia memoria, perche nulla potevo aver dimenticato; perche li porto tutti im-pressi indelebilmente nelTanimo gli aspetti di codesta citta illustre e gentile, dove ebbi la fortuna di provocare una dimostrazione daffetto cosi bella : bella appunto e solenne perche non mirava ad onorare 1'oscuro fratello presente, ma la gran Madre lontana. Ringrazio il Municipio, e Lei in particolar modo, caro signor Cobol, la ') II quale s' era, pare, limitato a chiedere una fotografia della piazza (cfr. la surriferita lettera del De Amicis; Pagine /slriane, fasc. cit., pg. 53). cui immagine e inseparabile per me da quella di Capodistria, com'e inseparabile questa dal sentimento d'una splendida e santa spe-ranza. Accetti un saluto fraterno dal suo dev.mo Edmondo De Amicis1) Campiglia Cervo (Biella), 22 sett. '87» [Soprascritta]: «Capodistria Istria Ali' Ill.mo Signor Giorgio Cobol Podesta» C' e in questa letterina quanto basta per far conoscere quali fossero relativamente ali'Istria i sentimenti del De Amicis; sen-timenti ch' egli, del resto, non si era peritato di manifestare anche a viva voce ai patriotti istriani negi' intimi colloqui avuti con essi in occasione della sua visita. Soldato deli'indipendenza, cuore aperto a' piu nobili ideali, scrittore altamente civile, il De Amicis non avrebbe potuto non aderire toto corde alTidea irredentista, ch'era idea di giustizia e di bellezza; ne consta ch'egli abbia mutato pensiero piu tardi, quando, sedotto da cio che di generoso e puro era ed e contenuto nella dottrina socialista, volle acco-starsi ad essa. La sua lettera non e priva adunque d' un valore documen-tario e storico, e rientra, per questo riguardo, nella ormai ricca serie delle testimonianze d'affetto e di consentimento venute senza tregua a noi dai migliori uomini di nostra gente durante i] nostro lungo servaggio; testimonianze che avevano soprattutto questo effetto pratico: di ripagarci' dei dolori sofferti e d'infon-derci nuova lena e nuova speranza. GIOVANNI QUARANTOTTO ') Si sa che il De Amicis aveva visitato nell' '87 1'Istria anche eol pro-posito di tenere poi su di essa delle conferenze nelle principali citta d'Italia. Se non che di coteste conferenze nulla piu si seppe. Che avvenne? Cangio divisamento lo scrittore, oppure obbedi 1' uomo e il cittadino a qualche piu o meno spontanea considerazione prudenziale ? Non si dimentichi che quella d' allora era 1' eta aarea della Triplice alleanza. BIBLIOGRAFIA ISTRIANA A. Libri ed opuscoli 178. Carlo Curiel: Trieste Settecentesca; Milano, ed. Sandron, 1922. La Trieste del Settecento, se allo storico delle lettere e delle arti offre ben poco interesse, attira a se lattenzione del sociologo e, se si vuole, anche dello storico dei costumi. Pensate: una citta che ancora nel 1758 era poco piu d'un villaggio da pescatori, con 630 čase e 6424 abitanti, «mal composta nelle stradde con fabriche antiche« — cosi il console veneto a Trieste, Marco de Monti — in mezzo secolo va crescendo smisuratamente e dopo un secolo diventa uno dei piu grandi empori commerciali d Europa! Vi affluiscono genti d'ogni lingua allettate dal miraggio di rapidi guadagni, e quel piccolo nucleo di indigeni le assimila tutte, ne fa una popolazione italiana che lotta strenuamente e vince in nome dell idea italiana! Tanta energia e gia in potenza durante il sec. XVIII e gia prorompe qua e la annunziando le future energie in atto. Venezia guarda preoccupata: i consoli e i confidenti notano e informano, ma alla Dominante manca la forza di correre ai ripari. Le relazioni di quelli sono tra le ottime fonti della nostra storia, e bene ha fatto Carlo Curiel a trarne qualcuna dagli archivi e a pubblicarle in questo volume, illustrandole di note copiose e diligentissime. Noi, al suo pošto, avremmo preferito di fondere la molta materia a pie di pagina con le notizie contenute nel testo, e trarne un quadro piu vivo e com-pleto, ed anche piu personale, di quell'interessante periodo storico; tanto piu che il volume doveva far parte di quella "Collezione settecentesca« che Salvatore di Giacomo vorrebbe «civettuola» e «il piu fine ornamento di ogni intellettuale salotto mondano«. Carlo Curiel ha preferito ritrarsi modestamente dietro le quinte e mandare alla ribalta, a parlarci di Trieste, quel furfante di molto ingegno e di molto spirito che fu Giacomo Casanova, e quell' ammirevole galantuomo che fu il Monti su nominato. Non v' ha dubbio che anche questo metodo ha i suoi vantaggi, perche ci porta in contatto diretto con le persone e con le idee del tempo, senza che si deformino comunque attraverso la personalita dello storico; ma d'a!tro canto avviene che al soggettivismo dello storico si sostituisce il sog-gettivismo del narratore contemporaneo ai fatti e che in luogo d'una narrazione organica e completa ci si trovi dinanzi a brani monchi e insufficienti. Ma a parte la questione del metodo, il libro del Curiel va salutato con entusiasmo: esso e una miniera di notizie una piu interessante dell'altra, tratte per la maggior parte dagli archivi o da fonti dimenlicate. E tutte sono scrupo-losamente vagliate e confortate di quante piu notizie parallele possibile, talche sono acquisite definitivamente alla storia della citta. II volume e poi un eccellente contributo agli studi casanoviani di cui il Curiel s' e fatto maestro. B. Z. 179. Alberto Boccardi: Memorie triestine ; figure della vita e deli'arte; con trenta ritratti; Trieste, Balestra, 1922. In questo volume, da lui messo amorosamente insieme negli ultimi tempi dell onesta e Iaboriosa esistenza, e che non pote essere pubblicato se non dalla sua vedova, Alberto Boccardi volle riunire, ultima offerta alla patria, tutti i principali scritti d argomento triestino usciti dalla geniale sua penna tra il 1886 e il 1921. Sono sei piccole monografie, una piii attraente e interessante dell'altra. Gia edite o in ispeciali opuscoli o su per le maggiori riviste paesane le tre prime (Della «Favilla», giornale triestino; Per un musicista triestino: Ruggero Manna; Memorie teatrali triestine: 1820-1855); nuove del tutto le restanti tre (II maestro Lionello Ventura e la sua «Roma»; Ugo Sogliani e il «Nuovo Tergesteo« ; Musiche della patria). Ottimo consiglio fu specialmente quello di ripubblicare lo studio su la «Favilla», ormai introvabile. Esso e pur sempre quanto di meglio fu scritto sul celebre giornale letterario fondato dal Madonizza e dali'Orlandini, anche dopo le ricerche del Caprin («Tempi Andati«), delle quali peraltro e peccato il Boccardi non abbia tenuto conto nel ristamparlo. II Boccardi non e uno studioso, diremo cosi, sistematico di cose patriei un ravvivatore e illustratore metodico, circospetto e preciso di documenti e testimonianze storiche: egli e piuttosto un interprete poetico della storia, come lo fu, su scala molto piu vasta, il__Caj>rin. Cio non ostante, per virtu deli'arte sua di ottimo narratore, i fatti ch'egli espone, i profili ch'egli disegna sono pieni di verita nmana. Quel maestro Ventura, ad esempio, sempre in corsa dietro all ammiccante e sfuggente fantasma della gloria, e una vera e propria creazione artistica, che lascia commosso e pensoso il lettore. Del pari tutto bello (e tutto pervaso come d'un sottile suggestivo fluido sentimentale) 1'ultimo scritto del libro, ove il Boccardi, parlando delle origini e delle vicende dei principali inni patriottici triestini («L'Inno di San Giusto» del Sinico, «11 maglio» del Rota, I' «Inno della Societa Ginnastica» del Boito, 1' «Inno della Lega Nazionale» del Leoncavallo) sembra quasi voler rivivere i giorni migliori della sua vita e voler risuscitare le figure di cari amici scomparsi, Iasciandosi dolcemente trarre alla deriva dalla soave fiumana dei ricordi. Ora, e fatto ricordo ed ombra anch'egli il nobile scrittore; ma resta di lui piu d una di quelle pagine in cui 1'arte sua serena— come fu serena, prima della'malattia che lo franse anzi tempo, la sua bella aperta faccia — ebbe ad incidere durevoli parole di commozione e di verita. G. Q. 180. Dott. Arturo Ca&tiglioni: La vita e l'opera diSantorioSantorio capodistriano : N\DLX.l-N\DCXXXVl; Bologna-Trieste, Licinio Cappelli ed., MCMXX. Ouesto volumetto, che il Castiglioni, autorevole e profondo studioso di storia della medicina, ha scritto sul celebre medico capodistriano, presenta veramente tutti gli aspetti e i caratteri di un'opera definitiva. Fatto direttamente ricorso alle fonti, il Castiglioni ha sottoposto a nuovo, esauriente, accuratissimo esame la vita e 1'opera scientifica del Santorio; e del valore di quest'ultima ha rintracciato con scrupolosa cura e vagliato con sano criterio critico tutte le testimonianze antiche e moderne; cosi da darci una chiara idea e una perfetta informazione dei meriti scientifici del Santorio e del pošto unanimemente riconosciutogli nella storia dei progressi dell arte medica. Piu e meglio che qualunque altro studioso del Santorio, il Castiglioni e poi giunto a stabilire in che consista la gloria e 1'importanza maggiore dell'insigne medico jstriano, ponendolo accanto a Giordano Bruno, a fra Paolo Sarpi, a Galileo Galilei e provando che «con loro ebbe comune la onesta e dirittura del carattere, la Iimpida visione, quasi profetica, dell'avvenire della scienza, vittoriosa di tutte le pastoie del dogma.» Ma soprattutto, come il Castiglioni egregiamente dimostra, il Santorio fu degno assertore e felice iniziatore del metodo sperimentale galileiano ; metodo, «al quale la scienza medica dovette i suoi maggiori successi: pietra fondamentale, sulla quale si e costruito tutto 1'edifizio della medicina moderna.« Suddiviso in cinque parti, il volumetto del Castiglioni contiene, oltre alla narrazione della vita e all'esame critico degli scritti e delle invenzioni cliniche del Santorio, una serie di aforismi tratti dalla sezione prima del De Statica Medicina, 1'opera principale del Santorio, alcuni documenti biografici (fra cui unesatta riproduzione del testamento di lui), le epigrafi che si leggono sulle lap'di murate in suo onore a Padova, a Venezia e a Capodistria, e una accura-tissima e completa bibliografia di quanto fu scritto dal Santorio e intorno al Santorio. Crescono infine decoro e valore al libretto parecchie incisioni, fra cui la riproduzione del ritratto del Santorio premesso alla edizione completa delle sue opere (Venezia, 1680) e la fotografia del busto in gesso del Santorio, che si črede calcato su quello di marmo che gia esistette in Capodistria nella or soppressa chiesa dei Serviti e che nel 1802 fu trafugato a Vienna dal tristemente famoso barone di Carnea-Steffaneo, mentre la lapide che ci stava sotto veniva dapprima ricuperata e poi fatta collocare sulla facciata del duomo di Capodistria dal conte Giovanni Totto fu Michele1). E pertanto destituita d'ogni fondamento la recente voce popolare, raccolta anche dal Castiglioni, la quale afferma aver in origine figurato il busto del Santorio sulla facciata del duomo di Capodistria. G. Q. 181. Ario Tribel: Prose musicali; Trieste, lib. ed. C. U. Trani, 1922. Chi Ieggeva, negli anni che precedettero immediati la guerra mondiale, i garbati scritti di soggetto musicale che Ario Tribel veniva pubblicando nel «Piccolo della sera» in qualita di critico dei concerti, godra di rivederli riuniti tutti in un unico volume; volume che 1'editore Trani pubblica nella collezione d autori paesani da lui coraggiosamente iniziata dopo I avvento d'Italia. II Tribel e scrittore chiaro, misurato, sincero; tale pertanto da piacere anche a chi non s intenda o non s appassioni di cose musicali. Queste sue «Prose Musicali® poi, benche dettate singolarmente ed in varie epoche ed occasioni, formano un tutto organico, quanto mai interessante e dilettevole, per una cert'aria di famiglia a tutte comune, la quale, piu che nelTaffinita degli argomenti, sem-brerebbe consistere nell' equanimita e nella spassionatezza tutta italiana dei giudizi critici del Tribel e nelle sue brillanti qualita di causeur e di narratore di significativi e saporosi aneddoti. ') Cfr. Gedeone Pusterla: I rettori di Egida Giustinopoli Capodistria; Capodistria, tip. Cobol & Priora, 1891; pag. 64. Per noi, studiosi anzi tutto di cose patrie, riveste particolare importanza quel capitoletto delle »Prcse Musicali«, in cui il Tribel discorre deli' inno «Viva San Giusto-, soggiungendo qualche notevole particolare finora sconosciuto a quanto scrive sul medesimo argomento il Boccardi nelle sue recenti «Memorie Triestine«. Si sa che nel 1893 il maestro Sinico volle, come dice il Tribel, »dar forma piu compiuta al suo inno», in occasione d'una festivita patriottica al!'«Unione Ginnastica Triestina«. II poeta che allora accrebbe d'una strofetta 1'inno e mutž la forma tradizionale del coro del WeIponer fu il Tribel stesso, il quale oggi, stampando la redazione autentica dei propri versi, anche per farla una buona volta finita con le storpiature e improprieta ond' essi apparvero bruttati nelle successive riproduzioni, puo con legittimo orgoglio riferire che fu il Sinico in persona a domandarglieli e che non manco loro 1'autorevole approvazione di Riccardo Pitteri '). G. Q. 182. Rodolfo Pucelli: Oberschlesische Mussestunden (die ersten deutschen Gedichte eines Italieners); Kattowitz, 1922. Non andiamo in cerca di quanto ci possa essere di realmente poetico in questi versi tedeschi scritti da un italiano che e alle sue prime armi pur come verseggiatore nella propria lingua: ci limitiamo a segnalare anche una volta, con sincera aipmirazione, la eccezionale forza di volonta che sorregge nei suoi contrastati studi universitari il Pucelli e la grande versatilita del suo ingegno. Non e da tutti il comporre un fascicolo di versi al solo scopo di esercitarsi in una lingua e in una metrica straniera! G. Q. 183. Arturo Galanti: / diritti storici ed etnici d'Italia sulle terre irredente; conferenza tenuta in Roma il 30 ottobre 1914; Roma, 1915 [s. n. t]. 184. Virginio Gayda: Gli slavi della Venezia Giulia («Problemi Italiani« Milano, Rava, 1915. 185. Carlo Errera: II confine fra Italia e Austria (»Problemi Italiani«); Milano, Rava, 1915. 186. Giulio Caprin: Trieste e l'italia (»Problemi italiani«); Milano, Rava, 1915. 187. Domenico Fragiacomo: A ricordo di Pio Riego Gambini da Capodistria, [Udine], Del Bianco, 1915. [Versi composti all'annunzio della morte gloriosa dell'eroe e falsamente datati dali' Istria\. 188. P. S. Leicht: Le terre irredente nella storia d'Italia, Udine. Societa storica friulana, 1916 (S. Lapi, Citta di Castello). 189. Francesco Coppola: La crisi italiana (MCMXIV-MCMX V); Roma «L'Italiana«, 1916 [da pag. 203 a pag. 214 un rapido e bel profilo di Ruggero Timeus-Fauro]. 190. Prof. Ettore Piazza: Commemorazione di Guglielmo Oberdan letta la sera del 20 dicembre 1916 a Como nella sala deli'Istituto Carducci; Como, Lit. tip. A. Volta di Caccia & Corti, 1917. [II Piazza fu amico personale dell'Oberdan ed e pertanto in grado di discorrerne con sicura competenza]. ') Un piccolo appunto: Tito Delaberrenga e anagramma di Adalberto Thiergen e va scritto percio con due e non gia con una r. 191. Salvatore Barzilai: L'Italia in armi; scritti e discorsi; Milano Časa ed. Risorgimento, 1917. [Vedere segnatamente a pag. 79, Per Giacomo Venezian; a pag. 133, Per Battisti e Sauro; a pag. 227, Per le vittime del-/'Imperatore; a pag. 241, Gugtielmo Oberdan]. 192. Antonio Palin: In /ode di Nazario Sauro; Roma, Časa edit. «L'Agave», 1918. [Bella e appassionata commemorazione del glorioso marinaio istriano tenuta con grande successo in Roma, nel primo anniversario del supplizio di lui, da uno che lo conobbe molto da vicino e prima e durante la guerra di redenzione]. 193. Girolamo Bottoni: II Trentino, la Venezia Giulia e la Dalmazia nel Risorgimento italiano; Roma, «L'Universelle», imprimerie polyglotte, 1918 [Cenni molto lacunosi e fugaci]. 194. Bruno Coceancig: Guglielmo Oberdan: 1 febbraio 1858 - 20 di-cembre 1882; a cura del Fascio Nazionale, Trieste (tip. Lloyd), 20 dicembre 1918. 195. Enrico Aubel: Ai triestini, ricordo del 3 novembre 1918; Trieste tipografia della Societa dei tipografi [s. a., ma 1919]. 196. Ver bale della solenne seduta inaugurale del ripristinato Consiglio comunale di Gorizia, addi 1 maržo 1919; Gorizia, tip. S. Juch, 1919 ; editore il Municipio di Gorizia. 197. Celso Osti: VII gennaio MDCCCXIX: per la scuola e per la patria; discorso detto per 1'inaugurazione del nuovo anno scolastico ; Capodistria, Stab. tip. naz. Priora, 1919. 198. Amarilli de Palese Ridolfi: «La vien o no la vien ?»; Trieste, Stab. tip. Spazzal [1919].« 199. Enrico Aubel: XXIV maggio 1919; edito dal Comitato per le onoranze ai volontari ex-irredenti; tip. Nigris & Morpurgo, Trieste, 1919. 200. Giuseppe Štefani: IImovimento iugoslavo;L. Cappelli, Trieste, 1919. 201. Comitato nazionale per la glorificazione del fante italiano; sottocomitato di Trieste: Inno al Fante, raccolto e pubblicato per cura del tenente Finzi Umberto. Trieste, tip. Lloyd [s. a., ma 1919]. 202. Luigi Gasparotto: Diario di un fante; Milano, Treves, 1919. [L'ultimo capitolo, «11 crollo di un mondo», riguarda anche Trieste e 1'Istria, ma potrebbe essere piu esatto]. 203. Giulio Gratton: A Pio Riego Gambini nel quarto anniversario della sua morte eroica sul Podgora sanguinoso (MCMX V-MCMXIX) / Capodistria, Priora, 1919 [versi]. 204. C. Maranelli e G. Salvemini: La questione deli'Adriatico; II ediz., ampliata e corretta; Roma, Libreria della «Voce», 1919. [Si potra dissentire dalle conclusioni a cui giungono i due autori, ma bisogna riconoscere la somma diligenza delle loro indagini e la compiutezza delle loro informazioni bibliografiche. Di speciale interesse e per noi il capitolo I, interamente dedicato al Problema della Venezia Giulia e della Liburnia; pp. 1-83]. 205. Morello Torrespini : La canzone deli'offerta ; Milano, edizione de «L'Eroica», 1920. 206. Ciro Trabalza: Militi del lavoro; libro di lettura per il corso po-polare; vol. II per la VI classe; R. Bemporad, Firenze, 1920. [Da pag. 17 a pag. 21: «A Trieste!« di Maffio Maffii ; da pag. 113 a pag. 121: «11 martirio di Nazario Sauro nel racconto di sua madre», di Alighiero Castelli ; da pag. 121 a pag. 122, le ultime lettere di Sauro alla moglie e al primogenito ; da pag. 123 a pag. 124: «Ricordi istriani«, versi di Giuseppe Picciola]. 207. Attilio Brunialti:* Trieste e la Carsia (Collezione «Le nuove province italiane«); Torino, Unione tipografica editrice torinese ; 1920. [Compila-zione frettolosa e non sempre esatta. Certe incisioni illustrative del porto e delle vie di Trieste risalgono alla bellezza di... venti e trenta anni fa!] 208. Salomone Morpurgo: II «Dante» a Firenze; Carpigiani di Zipoli, 1921 ; ill. 209. Franco Savorgnan : Demografia di guerra e altri saggi; Bologna, Zanichelli, 1921. 210. La Chiesa e il Convento di Santa Marta in Capodistria; mono-grafia storica (1621-1921); Capodistria, Priora, 1921 ; ill. [Fascio d'utili notizie diligentemente raccolte]. 211. Numero Unico deli'Annessione : Trieste, 20 maržo 1921. [Contiene scritti di Haydee, A. Hortis, G. Reina, E. Dolcher, F. Babudri, N. Colajanni e d'altri, nonche il catalogo degl' Irredenti adriatici caduti e morti per la Patria nella quinta guerra del Risorgimento Italiano]. 212. Giuseppe Mastrolonardo : /l risorgimento economico della Venezia Giulia nella sua sintesi storico-illustrativa ; Milano, Pizzi & Pizio, s. d. [ma 1921]; con fregi di Guido Marussig e tavole di Ugo Flumiani. 213. Italia, Italia, Italia! Numero unico celebrativo del giorno della Annessione. Capodistria, III aprile MCMXXI [Contiene scritti di E. Longo, G. Baseggio, E. Perini, A. Scocchi, B. Astori, N. Belli, A. Bartolomasi, F. Bennati, A. Hortis, G. Lazzarini, G. Quarantotto, F. Paoloni, F. Pasini, U. Pizzarello, C. Riccobon, A. Sestan, S. Stringari, V. Zupelli e 1' elenco dei capodistriani che combatterono nelle guerre per 1'unita d'Italia]. 214. Scritti di Enrico Elia, triestino caduto sul Podgora il 19 luglio 1915; Milano, R. Caddeo & C. edit., 1922. 215. Ferdinando Pasini: «Quando non si poteva parlare..." ed altri discorsi; Trieste, C. U. Trani, 1922. [Particolarmente interessanti per noi gli scritti, del resto gia editi prima della guerra, su Pasquale Besenghi e su Filippo Zamboni, la Prima commemorazioue di Guglielmo Oberdan a Ronchi, il discorso su 1' Istruzione superiore a Trieste e 1' articolo commemorativo di Giart Rinaldo Carli]. 216. [Iginio Zucali]: Acune lettere di Cesare Battisti a Iginio Zucali; Capodistria, Pecchiari e Vascotto, 1922. 217. La Fiera campionaria di Trieste (3-18 settembre 1922); Trieste, Herrmanstorfer, 1922. 218. G. F. Guerrazzi: Ricordi di irredentismo (i primordi della «Dante Alighieri«: 1881-1894); Bologna, Zanichelli, 1922 [Volume assai importante e ricco di notizie poco note o affatto sconosciute]. B. Riviste e giornali 219. Antonio Fradeletto: / martiri nostri, in «La Lettura« (Milano), a. XVI, n. 11: 1 nov. 1916; pp. 945-956. [Vi si parla anche di Oberdan e di Sauro]. 220. Spartaco Muratti: Noi e gli Slavi, in «L'espansione italiana® (Milano), a. II, n. 14: 1 ott. 1917; pp. 31-36. 221. Ernesto Latnma: Un poeta irredento, Giuseppe Piccidla, in «L'espansione italiana« (Milano), a. II, n. 14: 1'ott. 1917; pp. 55-58. 222. B runoi A[stori]: Nell'anniversario del supplizio di Oberdan, in «Corriere della sera» (Milano), 19 dic. 1918. 223. Ugo Ojetti; Pei monumenti di Pola, in «Corriere della sera» (Milano), 12 dic. 1919. 224. Attilio Hortis: Gli študenti e il Comune di Trieste, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 1 : 1 maggio 1919; ill. 225. Giovanni Quarantotto: II padre deli'irredentismo istriano: Carlo Combi, in «L'Alabarda» (Trieste), a. 1, n. 1; 1 maggio 1919 [col fac-simile di un autografo carducciano e col ritratto del Combi]. 226. Sergio Gradenigo: Castelli e castellani nella Venezia Giulia, in «L'Alabarda» (Trieste\ n. I, n. 1 : 1 maggio 1919; ill. 227. Francesco Babudri: Folklore nostro, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 1, 1 maggio 1919; ill. 228. Piero Sticotti: Trieste monumentale, in «L'A!abarda> (Trieste), a. I, n. 2: 1 giugno 1919; ill. 229. Francesco Babudri: Marine 1striane, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 2: 1 giugno 19.19; ill. 230. Mario Stenta: La Stazione zoologica di Trieste, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 2: 1 giugno 1919; ill. 231. Attilio Gentille : Riccardo Pitteri, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 3, 1 luglio 1919, ill. 232. Salvatore Sibilia: Scrittori triestiniviventi: Haydee, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 3: 1 luglio 1919. 233. Giovanni Quarantotto: Nazario Sauro, in «L'Alabarda» (Trieste), a. 1, n. 4: 1 agosto 1919 [con un ritratto e un autografo inediti di Sauro]. 234. Francesco Babudri; Canti popolari istriani, in «L'Alabarda», (Trieste), a. I, n. 4: I ag. 1919; ill. 235. Salvatore Sibilia: Profili triestini: Silvio Benco, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 4: 1 agosto 1919; ill. 236. Arturo Castiglioni: Un pittore e miniaturista triestino del settecento, in «L'AIabarda» (Trieste), a. I, n. 5: 1 sett. 1919; iil. [Vi si parla di Domenico Bossi; 1767-1853.] 237. Giani Stuparich: Scipio Slataper, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, n. 5: 1 sett. 1919; ill. 238. Giovanni Quarantotto: Capodistria per Sauro e Gambini, in «L'Alabarda> (Trieste), a. I, n. 5: 1 sett. 1919; ill. 239. Enrica Barzilai-Gentili: Giglio Padovan, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, nn. 6-7: ott.-nov. 1919. 240. Vittorio Lana: La poesia eroica della redenzione, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, nn. 6-7: ott.-nov. 1919 [con un bel ritratto del Besenghi degli Ughi]. 241. Piero Sticotti: L'Archeografo triestino, in «L'Alabarda» (Trieste), a. I, nn. 6-7: ott.-nov. 1919 [riassunto storico]. 242. Nora Poliak: Poeti di terra istriana, in «La Vita Internazionale» (Milano), a. XXIII, n. 21 : 5 nov. 1920. [Sintesi dell'opera poetica degl'irredenti triestini e istriani dal Besenghi a Virgilio Giotti.] 243. Salvatore Sibilia: La vita politica di Attilio Hortis; in «L'Era Nuova® (Trieste), 7 novembre 1920 244. Giulio Cesari: Guglielmo Oberdan e un salotto triestino; in »La Nazione della Domenica», (Trieste), 19 dic. 1920. 245. S. O. Fangor : Nazario Sauro; in »Neues Wiener Journal« (Vienna), (a. 29, n. 9774) 22 gennaio 1921. 246. Paolo Mazzoleni: Revere e Tommaseo; in »Piccolo della Sera» (Trieste), 26 dic. 1921. 247. Romeo Neri: La vita e l'opera [di Giuseppe Revere\; in «11 Piccolo« (Trieste), 18 dic. 1921. 248. Ferdinando Pasmi: L'ideale artistico [di Giuseppe Revere ]; ibidem. 249. [Silvio Benco ]: II trasporto solenne delle ceneri di Giuseppe Revere: l'uomo e Vonoranza; in «La Nazione« (Trieste), 18 dic. 1921. 250. Bruno Astori: La vita del poeta [Giuseppe Revere], ne «L'Era Nuova« (Trieste), 18 dic. 1921. [Opportuna ristatnpa di un saggio primamente apparso nel 1912.] 251. Marino de 5zombatHely: Napoleone e /' Italia nel verso di un grande triestino, in «11 Piccolo della sera« (Trieste), 6 maggio 1921. [II grande triestino e Giuseppe Revere]. 252. Francesco Babudri: Dante e Trieste, in L' «Era Nuova« (Trieste), • 2 agosto 1921. 253. Francesco Babudri: Ricordi danteschi istriani, in «L'Era Nuova« (Trieste), 16 ottobre 1921. 254. II culto di Dante nella Venezia Giulia, in «11 Piccolo« (Trieste), 14 settembre 1921. • 255. Nelsesto centenario di Dante, in «L'EraNuova» (Trieste), 14sett. 1921. [Notevoli soprattutto gli articoli di F. Babudri: Terzine dantesche nella bocca del popolo giuliano e di T. Caenazzo: L'aw.ma dantesca nella musica istriana■) 256. Baccio Ziliotto : Gli študenti padovani del Cinquecento nella satira di un poeta capodistriano, in «11 Piccolo della sera« (Trieste), 3 ag. 1921. II poeta satirico e Ottonello de Belli, autore de Lo scolaro]. 257. L' Illustrazione delle tre Venezie; numero celebrativo del VII Centenario deli' Universita di Padova. Padova-Trieste, maggio 1922. [Vi collaborarono, dei nostri, il Benco, il Pasini e il Ouarantotto]. 258. Carlo Pignatti Morano: Nazario Sauro, in «Adriatico Nostro«; Milano, a. II, n. 20: ag. 1922. 259. Attilio Tamaro: II porto di Trieste e la sua crisi; in «Rassegna Nazionale« (Roma)/ fasc. LXVI, 1922. 260. Attilio Tamaro: L'esecuzione del Trattato di Rapallo; in »Rassegna Nazionale«; fasc. XLIX, 1922. 261. Prof. Fed. Sacco: Sulgigantismo di alcune forme fossili deliIstria, in «Atti della R. Accademia delle scienze* (Torino), vol. LVII, 1921-22-[L'illustre geologo piemontese descrive un mollusco bivalve chiamato «Septifer coitalicus var. Marchetti, Sacc.», trovato nel terreno cretaceo della Ciceria, fra Sapiane e Seiane]. Cronaca e notizie varie A Bruno Astori, che inoccasione della visita del Re a Trieste, offerse in omaggio al Sovrano le sue pubblicazioni, pervenne in dono da Sua Maest& la fotografia con firma autografa. * Don Giovanni Musner, professore al R. Ginnasio-Liceo «CarIo Combi» di Capodistria tenne una serie di conferenze ali' Universita popolare di Trieste. Tratt6 della scultura italiana dal Bernini alla fine del sec. XIX nei giorni 8, 15, 22 e 29 novembre; della pittura italiana durante il sec. XIX nei giorni 7 dicembre 1922, 3, 10 e 17 gennaio 1923, destando il piu vivo applauso dei convenuti. * II giorno 11 novembre alla Cassa di Risparmio Triestina ebbe luogo lo scoprimento di una lapide a ricordo della visita del Re. * La sera deli'11 novembre il comm. Mario Tedeschi della Direzione generale del Touring-CIub tenne un' applaudita conferenza su »Tipi e paesaggi del Turismo scolastico«. Vi assistette una rappresentanza della Commissione di Capodistria. * Alla Societž di Minerva di Trieste il dott. Doro Levi parlo il giorno 13 novembre su «Gli eroi sofoclei«. * 11 giorno 15 novembre il preside del Liceo di Capodistria prof. Giovanni Quarantotto tenne a Como innanzi a numeroso pubblico la commemorazione di Nazario Sauro. La commemorazione fu ripetuta il giorno dopo in Varese. * Addi 16 novembre il prof. Ferdinando Pasini lesse nell'aula magna del R. Istituto Superiore di commercio la su9 conferenza di prolusione «La parola e 1'azione di Gabriele d'Annunzio». Fu applaudito entusiasticamente. II giorno 26 alla presenza di sceltc e numeroso pubblico vi tenne la prima lezione del suo corso su Gabriele D'Annunzio. * In questo stesso mese avvenne la traslazione da Udine a Trieste delle ceneri di Giusto Moratti, eroico garib2ldino e patriotta fervidissimo, su! quale speriamo di poter pubblicare in breve alcune noti-zie tratte dai ricordi personali d' un suo amico e compagno di fede. * II giorno 7 dicembre il prof. Susmel di Fiume tenne a Trieste una conferenza sulla storia di quella cittž. & AH' Uninione Magistrale Triestina addi 9 dicembre il prof. Enrico Rosman tenne una conferenza su «Dialetto e lingua«. * 11 giorrio 13 dicembre Francesco Pastonchi tenne a Trieste davanti a scelto e numeroso pubblico la dizione della sua «Sinfonia in morte di Galileo Ferraris«. * 11 18 dicembre nelPAula magna del R. Ginnasio-Liceo di Capodistria, dinanzi alle principali autorita cittadine, dinanzi a parecchi cittadini e ai riuniti collegi dei professori e alle scolaresche del Ginnasio-Liceo. e del locale R. Istituto Magistrale, il prof. don Giovanni Musner con dotta ed tjlegante parola commemoro a mezzodl Antonio Canova, nella ricorrenza del I centenario dalla morte di lui. * II giorno dopo lo stesso professore, alfora stessa esegui una serie di bellissime proiezioni illustrative delle migliori sculture del Canova. * Ad iniziativa e cura della Presidenza Liceale delle Direzioni delle Scuole elementari e cittadine con intervento di tutta la scolaresca ebbe luogo addi 20 dicembre a Capodistria nella sala del Ridotto una pubblica solenne commemorazione di Guglielmo Oberdan. L'orazione celebrativa fu tenuta dal dott. Ettore Kers di Trieste. * Nella sala inassima dal Circolo Artistico di Trieste il giorno 2 gennaio 1923 numerosissimo ed eletlo pubbiico ascoltft con religiosa attenzione la commemorazione di Antonio Canova, fatta dal prof. Antonio Munoz. & Per incarico del Comitato regionale della Societa Nazionale per lo studio della Storia del Risorgimento, il preside del R. Ginnasio-Liceo di Capodistria prof. Giovanni Quarantotto convoco il giorno 3 gennaio 1923 nel suo ufficio il sottoprefetto march. Di Suni, il commissario straordinario per il Comune ten. Manzini, il senatore Bennati, gli ex podesta di Capodistria avv. Gambini, avv. Belli e cav. Sardos piii alcuni cittadini, per studiare il modo di mettere in esecuzione 1' idea di trasportare in patria i resti mortali di Carlo Combi, 1'infaticabile assertore della nostra italianit^, sepolto a Venezia nel 1884. L' Idea fu accolta con entusiasmo; i componenti la seduta si trasformarono in comitato promotore. L' esecutivo sara formato dai signori Piero de Manzini, prof. G. Ouarantotto e Piero Almerigogna. & A* Roma nell'aula magna del Collegio Romano fu tenuta addi 9 gennaio 1923 una dotta conferenza sulle «Grotte di Postumia« dal dott. Sergio (iradenigo, insegnante nella scuola normale di Trieste. & Atti della Accademia Roveretana degli Agiati. A. CLXX11 vol. V.: Cronaca Accadetnica. — Giacomo Cottini, Silvio Pellico e i Rosminiani. — A. Canestrini, I lavini di Marco. — Angelo Valdarnini, Dante Maestro aintalia e alle nazioni moderne. — C. Canovetti, Osservazioni e critiche su errori commessi nel modo di determinare la contrazione nel senso del moto nella teoria della relativita. — Guido Bertoldi, Irredenti in Russia. — Gust&vo Chiesa, La citt& di Rovereto in tempo di guerra. — Girolamo Cappello, il Museo Storico Italiano della guerra nel Castello di Rovereto. — Bollettino Bi-bliografico Trentino. * II Marzocco, A. XXVII n. 51, Aldo Sorani, Alla scoperta deU'America intellettuale. — Lector, Ex Ubris «vie errante« di Elena di Francia duchessa d'Aosta. — Giuseppe Ortolani, Un po' di Baretti e un pochino di Goldoni. — Ant. Munoz, Libri d'arte. Luigi Serra, pittore bolognese. — Marginalia. — Arnaldo Foresti, Commenti e frammenti: accomodamenti di poeta. — U. Norsa> 11 Petofi e 1' Italia. * N. 52: Bernardino Barbadoro, II rievocatore del Trecento Fiorentino. Le onoranze a Isidoro Del Lungo. — Aldo Sorani, II romanzo che ebbe il premio dei Goncourt. — A. Faggi, U «Saul» dell'A!fieri nella critica d'oggi. — Guido Ferrando, 11 primo centenario di Matteo Arnold. — Arturo Pompeati, Vita mantovana nel lstriana. Serie terza, vol. X1I-XII1 (1922): De Marchi L., Variazioni del livello adriatico in corrispondenza colle espansioni giaciali. — Teodoro G., Tintinidi del Plancton della laguna veneta. — Miiller G., Secondo contributo alla conoscenza della Fauna cavernicola italiana. — Bonomi A., Settima contribuzione all'Avifauna tridentina. — Teodoro G., Ulteriore contributo alla conoscenza dei Tintinidi planctonici della laguna veneta. — Zanolli V., Intorno alle dimensioni del cranio padovano (sviluppo e forma). - Fabiani R., Continuit& della serie fra 1' Oligocene e il Miocene nel trentino meridionale. — Gridelli E., Studi sul genere Quedius Steph. (Coleopt. Staphvl). — Castiglioni B., Osservazioni mor-fologiche in Val di Fassa. — Cornelius-Furlani Marta, Considerazioni orogene-tiche sul limite alpino dinarico in Pusteria. — Vardabasso S., 11 problema geologico di Predazzo in un secolo di ricerche. ooo □ M3 ooo Stabilimento Tipografico Nazionale CARLO PRIORA - Capodistria