Giovanni Battista Bronzini La letteratura popolare in Italia al bivio tra riforma e controriforma Bronzini izhaja iz razmišljanja Antonia Gramscija (1891-1937) in v nekaj poglavitnih črtah opiše odmeve nasprotja med reformacijo in protireformacijo v nekaterih pomembnih delih ljudskega slovstva. Ta razkrivajo dva, po vsebini različna, po strukturi pa precej podobna načina oblikovanja besedil, ki so značilna za ljudsko ustvarjanje oziroma dejavnost. The article is based on the reflections of Antonio Gramsci (1891-1937) about the common points and differences betiveen the religion practiced by the people and the religion of the church. In his article the author illustrates how contrasts between Reformation and Conter-Reformation are reflected in the elements of folk literature. He discusses two thematically different, yet structurally analogous ways of forming folk texts. Nell’analisi dei vari aspetti della cultura delle classi subalterne, che si pongono e si svolgono in dialettica contrapposizione con quelli della cultura della classe egemone, Gramsci sottolineava I’alterita della «religione di popolo» rispetto alia religione «organi-camente [elaborata e] sistemata dalla gerarchia ecclesiastica», aggiungendo come tema da approfondire:1 [...] e da vedere se una tale elaborazione e sistemazione non sia necessaria per mantenere il folclore disseminato e molteplice: le condizioni della Chiesa prima e dopo la Riforma e il concilio di Trento e il diverso sviluppo storico-culturale dei paesi riformati e di quelli ortodossi dopo la Riforma e Trento sono elementi molto significative In effetti i due contrari movimenti religiosi si contesero il coinvolgimento o dominio delle classi popolari con vari mezzi per inculcare maggiore puritä di fede o moralitä di ' Antonio Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi, 1953, p. 216. comportamento. 11 ritorno alla religione evangelica propugnata dalla Riforma protestante, in opposizione alla religione ecdesiastica, si accordava alle aspirazioni religiose e sociali dei ceti contadini, ehe ne furono altratti e ne divennero i piCi attivi sostenitori armati nella guerra detta appunto dei contadini. D’altra parte nel movimento di riforme che smosse l’Europa nel Cinquecento sfociarono forme di acceso fervore mistico a sfondo ereticale ehe si erano generate nei secoli precedenti nel seno stesso della Chiesa e ehe avevano riscosso un notevole proselitismo tra le masse popolari. Tali furono in Italia nel sec. XIII il moto dei disciplinah di Ranieri Fasani, ehe, se non determinö, alimentö fortemente la naseita del teatro drammatico religioso. La battaglia religiosa, morale e politica che nel sec. XV il domenicano Girolamo Savonarola ingaggiö contro la degenerazione dei costumi, l’immoralitä della vita pub-blica e la sopraffazione del potere di stato si tradusse sul piano letterario/ideologico in «una lotta tra la poesia ascetica e la oscena» come -lotta tra la libertä e la tirannide». II mito del frate domenicano ci ha trasmesso il senso storico culturale della nuova veste e diversa funzione che egli attribui e fece riconoscere dal popolo stesso alla cultura e poesia popolare. Rubieri ce ne ha dato una efficace illustrazione in questa pagina della sua Storia della poesia popolare:2 Il Savonarola si era prefisso di rigenerare il popolo mediante il popolo, ovvero non di contrariare le abitudini sue ma di volgerle al bene, secondandone da una parte e correggendole dall’altra, trasmodando bensi ed errando per opposta strada ancor egli. Il popolo desiderava i balli e le pazzie? E il Savonarola, come abbiamo veduto, lo faceva ballare e impazzare, ma innanzi alla Chiesa e ad onore di Dio, con versi di Girolamo Benivieni, il pili ardente tra i discepoli suoi. 11 popolo amava le carnevale-sehe baldorie? Ed egli nel Martedi grasso gliene apprestava una splendidissima, ma nella quäle facevano da combustibile quanti oggetti di mollezza e di lusso i devoti sapevano spontaneamente offerire in oloeausto al Signore, non escluso anche qualche impagabile tesoro o letterario o artistico; ne i libri di scostumate canzone popolari saranno stati gli ultimi a pagare il loro tributo; e chi sa che anche a ciö non debba essere attribuito il distruggimento della rarissima edizione delle ballatette. Il popolo aveva le arie sue preterite? E il Savonarola lo faceva cantare, e su quelle stesse arie nelle quali soleva esprimere idee o profane o anche oscene, ma inveee adattandovi delle laudi spirituali. II popolo aveva le sue predilette canzone? E anche queste parodiava o faceva parodiare il Savonarola, voltando le parole stesse a significare diversissime idee, tra-sformando in amorose preghiere verso Dio le licenziose galanterie di affetti carnali. Le cose giunsero a tale che, come narra il Burlamacchi, «per contado non si cantavano piü rispetti et canzone et vanitä, ma laudi et canti spirituali, che in quel tempo in gran copia si componevano; cantando alle volte insieme a vicenda da ogni banda della via come usano i frati in coro, mentre lavoravano in somma letizia, tanto s’era sparso et acceso per tutto questo gran fuoco». Nel rogo che Savonarola comminö a tutte le oscenitä poetiche entravano fra le prime le canzoni carnevalesche che celebravano il trionfo della vita. Ma il Magnifico e la sua brigata sventarono il colpo dell’avversario con le sue stesse armi, componendo cioe laudi sacre da cantarsi, secondo l’annotazione apposta in margine, sull’aria dei piü 1 Ermolao Rubihui, Storia clella poesia popolare italiana, Firenze, G. Barbera, 1877, pp. 502-503. spinti canti carnascialeschi di matrice medicea, che sono quelli äelle Cicale o delle Forese, o de’ Fornai, o de' Visi adietroo del Fagiano, riportati nell’esemplare maglia-bechiano dell’edizione quattrocentesca di Laude. II ritorno dei Medici al potere, dopo la morte di Lorenzo, e la condanna papale del frate eretico, -con la politica dei Compagnacci trionfö la loro poesia».-1 Un epigono della savonaroliana simulazione ascetica di quella poesia fu una specie di salmo carnascialesco cantato nella maschera-ta di carnevale del 1511 che rappresentava il Trionfo della morte: Su carri tratti dai cavalli piü magri che sapesse dare il contado, erano collocati de’ sepolcri che di quando in quando si scoperchiavano per lasciarne scaturir degli scheletri, i quali cantavano: Dolor, pianto e penitenza ci tormenta tutta via: questa morta compagnia va gridando penitenza. Fummo giä come voi sete, voi sarete come noi; morti siam, come vedete, cosi morti vedrem voi: e di lä non giova poi dopo ’1 mal far penitenza.'1 Firenze e la Toscana concentravano e rispecchiavano il protrarsi di una sfida tra i due fronti, laico e religioso, rappresentata in un confronto competitivo che si svolgeva anche altrove fra il volto carnevalesco e quello anticarnevalesco della cittä: una sfida e un confronto destinati a riaccendersi e ad acuirsi dopo la pausa controriformatrice del Concilio di Trento (1545-63). 11 Concilio di Trento, che concluse piü che aprire una fase nuova della battaglia, segnö la rivincita della Chiesa istituzionale, non di quella evangelica a cui si erano rifatti i moti ereticali e pseudo-ereticali che precedettero l’assise e a cui maggiormente aderivano le religioni popolari. E tuttavia il rapporto con il popolo fu stabilito dando forme nuove sia alle feste, processioni e rappresentazioni, sia alle credenze, ai canti e agl’inni. La festa assunse un aspetto piü festoso, perche acquistö un linguaggio sonoro e plastico alto a rendere percepibili alle orecchie e agli occhi della massa idee e sentimenti che l’awenimento celebrato suggeriva. Fino ad allora aveva tenuto il campo la festa del principe, qualche volta anche rivestita di panni religiosi, come nella Rappresentazione dei Santi Giovanni e Paolo (1489) di Lorenzo il Magnifico (1449-1492).’’ l’er emulazione e competizione con essa •1 E. Rubii-.ri, op. eil., p. 504. ' E. KuBiiati, ibidem. 5 Vincknzo Dr Bartholomaus, Origin! della poesia drammattca ilaliana, 2a ed., Torino, SEI, 1952 (19241), pp. 409-411; I’aoi.o Tosciii, La leoria del Principe nella Rappresentazione sacra di Lorenzo il Magnifico, in Id., L'antico teutro religioso ilaliano, 2a ed., Matera, F.lli Montemurro, 1966 (1940'), pp. 151-169; Cfr. Mario Martklu, La politica culturale dell’ultimo Lorenzo, in "II Ponte“, XXXVI, 9, 1980, pp. 923-950; Id, Politica e religione nella Sacra Rappresentazione di Lorenzo de’ Medici, in Milo e realla del potere nel teatro: si costmisce e si realizza con altrettanto sfarzo la festa della Chiesa. Una indicazione quanto mai esemplificativa del mutamento ideologico e della performance spettaco-lare di una processione liturgica ce la da il «Trionfo della dottrina cristiana» ehe si svolse nel 1599 a Siena in una forma animata in cui 1’allegorico si eombinava col folclorico nell’evidenziare con figure mitologiche e sfarzo harocco lo stupefacente della macchi-na-simbolo del trionfo, cioe il carro, e il carnevalesco del corteo. Trionfi ed edifizi, con nuvole, spiritelli e giganli sono apparecchi comuni a rappre-sentazioni sacre e profane, ehe si presentano entrambe nella forma ludica e piü accetta delle mascherate. «Cosi la festa-trionfo, la festa-prociama, la festa-evasione, la festa-esibizione si impone nello spazio cittadino come categoria del vivere quotidiano, non pili avvenimento sociale che conferma i legami di una comunitä civile, ma ’spettacolo’ manipolato di una realtä, al servizio di una ideologia».'1 La festa di carnevale, piü che per la sua lontana origine pagana, per il significato di posizione e il potenziale sociale che acquista nel medioevo, compressa come viene a trovarsi fra le due piü grandi celebrazioni mitiche della cristianitä, nascita e morte-resurrezione di Cristo, ha costituito in etä medievale e moderna (e costituisce ancora) un referente sensibilissimo dei movimenti riformisti e controriformistici della Chiesa cattolica. Quincli, fin dall’inizio del secolo XVI, quando si ebbero in seno alia Chiesa stessa le prime convergenze di autoriforma sull’ideale cristiano di vita, i rituali carneva-leschi vengono acclimatati a una parvenza di serietä. I.’anonimo Processo del squaquarante Carnevale, divulgato nel 1516 — un anno prima dell’affissione delle tesi luterane sul portale della chiesa del castello di Wittem-berg, che fu la miccia della riforma protestante — su una stampa della tipografia di Alessandro Lippo, pur presentando con una certa solennitä il severo tribunale di madonna Quaresima, proclaim nei riguardi dell’imputato Carnevale una sentenza piü modica rispetto alle precedenti condanne e con formule meno ridicole: Ad nome de Robba magra: et cussi possa essere et sia. Questa e una sententia corporale et de corpo afflictiva lata, data et nel presente scrittarazzo spolverazata squintanata et stempialmente fulminata per la illustrissima et excellentissima Madonna Quaresima di Miserabili da Magrinzano, Regina e Madonna per li quaranta sei giorni proximi che vignirano de tutto el magro, herbato el salato: et delli contadi, forze et districti de quilli; per li serenissimi et squalentissimi Fiscatori el Ortolani della inclita et excelsa cittä di Paniza. [...] Io Costanzastro giä de Ser Falopola delli Ravanelli da Fastanaga cittadino della dicta Cittä de Paniza: frulante Notaro per auctoritä della sguiza che me abbrazza al presente Notaro del dieto misser lo Iudice dal malofficio che senza beneficio et senza utilitä delle predicte sono stato rogato: et de esse facto copia a voi perche matto e colui che stracciasi per dare dilecto ad altrui.7 dall’Antichitä classica al Rinasciniento, a cura di Myriam Chiabö e Federico Doglio, Alti del convegno (Roma 29 ottobre - 1 novembre 1987), vol. XI, Koma, Centro Studi sul teatro medievale e rinascimentale, 1988, pp. 189-216. 6 Mauriwo Faqiolo Di-ll’Arco i: Silvia Carandini, L’effimero barocco. Scritture della festa nella Roma del ’600, 2 voll., Roma, Bulzoni, 1978, II, p. 288. 7 Giovanni Livi, Carnevale e Quaresima condannati il marledi Grasso de1146S, in "Archivio storico italiano“, V serie, tomo XI, 1893, pp. 122-128: 126-127; Libro di Carnevale raecolto da Luigi Manzoni, Bologna, G. Romagnoli Editore, 1881 (Commissione per i testi di lingua), pp. 239-240. Da questo Processo — giacche ogni testo e rappresentativo di un ramo della tradi-zione con proprie propaggini che si sviluppano nel tempo — sembra derivare piü o meno direttamente un’anonima Tragicomedia cli squaquarante Carneval e di Madonna Quaresma, cosa piacevole da intendere, con i suoi advocali cheparlano per l’una et per l’altra parle, etc., «ristampata in Brescia nel 1714 da Policreto Turlino, con inclusa una sentenza (in prosa) pronunziata dai “Signori Tutori dell’inclita cittä di Paniza”, all’occasione della comparsa di "Madonna Quaresima, figliuola di Messer Trissano de’ Miserabili da Magrinzano». «La qual sentenza» - riferisce Livi7 - «manda il Carnevale alia forca, e finisce con un viva alia Quaresima; poi vien la grazia al condan-nato, cioe l’esilio invece della morte, poi ancora un viva alia Quaresima». La riforma protestante in se non produsse in Italia quell’effetto dirompente che ebbe in Germania, dove essa determinö una vera e propria rivoluzione sociale e culturale, tanto da essere indicata giustamente come una data capitale per la periodizzazione storica della Volkskunde. In Italia l’azione riformatrice fu sentita, come di fatto fu, progressivamente radicale soprattutto nel movimento che la Chiesa cattolica aveva avviata sin dalla fine del secolo XV indipendentemente dalla riforma protestante e che poi accelerö e rinforzö, per reazione a questa, con il Concilio di Trento. Ragione per cui la riforma cattolica, considerata dal momento del suo piü forte sviluppo istituzio-nale, viene a segnare una svolta nella produzione e fruizione della cultura popolare. Posta in relazione con essa, la vittoria alternativa data ai personaggi di Carnevale e Quaresima assume un significato ideologico attuale per il suo tempo e un valore storico di termometro di una controffensiva ecclesiastica mirata al rivestimento religio-so dei testi carnevaleschi, che erano i piü soggetti a porsi come modelli di vita per le masse. E il caso emblematico del Transito del tanto lascivo et desiato Carnovale col tollerabile et osservanle testamento lassato a l’anlita et sfrenata gioventü, considerato a giusto titolo il piü rappresentativo testamento di Carnevale dell’epoca controriform-istica. E un cantare in ottave della seconda metä del XVI secolo che si riallaccia, per i consigli spinti e arditi che da alle ragazze, a un genere di componimenti schernevoli e satirici sulle donne trasmessi per via orale e scritta dal XIII al XVI secolo e oltre, del tipo della ballata trecentesca «Done, siatene pregate, / se volete eser oneste, / quando vengon le gran feste / non andate si lissate», la cui successiva logorata tradizione orale fu fissata in scrittura tra la fine del secolo XV e l’inizio del XVI da Carlo di Giuliano de’ Ricci fiorentino in un codice personale dei Trionfi (Palatino 201 della Nazionale di Firenze).8 11 suddetto cantare mostra di aver perduto il nesso rituale col mitico Carnevale. II personaggio e reale e viene presentato dal cantastorie come un godereccio padre morente, consigliere di vita contenta e beata all’insegna della giovinezza e dell’amore: Non mi euro fare altro testamento, perö che niente ho da lassar per via: che sempre alia mia vita hebbi in talento di spender quant’io hebbi in cortesia, ma parlo sol per darvi documento, il quäle o maschio o femina che sia, " Libro cli Carnevale eit., pp. 135-153. ch’osservi quel, si troverä in tal tempre che sia contento et sia beato sempre. (st. 9) I suoi lasciti non eonsistono in beni materiali, ma in consigli rivolti alle fanciulle sull’arte dell’amare bene e presto, quali si convengono in un clima ancora pregno di spirito laurenziano all’etä fuggente della giovinezza: E questa giovinezza e proprio come la colorita ros’ e a primavera, ehe sparge al vento le frondute chiome, parendo stia di sua bellezza altiera e manca di beltä l’effetto, '1 nome, in quanto spazio e da mattina a sera, e in un momento piü non si fa stima di cpiel ehe si apprezza e poco stima. (st. 41) La tematica piü diffusa della lirica tardo-quattrocentesca ha coinvollo qui, direi casualmente ma appropriatamenle per il tempo in cui siamo e per ciö ehe il dio della festa rappresenta nella societä fiorentina dell’ultimo scorcio del Cinquecento, il «tanto lascivo et desiato» Messer Carnevale, ritratto letterariamente, con nilidi echi danteschi (ed e questa Lunica nota artificialmente drammatica), nell’ora della sua estrema lotta con la Morte: Si come huom ehe d’hora in ora attende correndo morte sopra lui ne gionga, c’hora una gamba, hor una mano stende el con ogni sua forza il fin prolonga, cosi il gran padre col morir contende palido vecchio con la barba longa, gl’occhi languidi volge e ’n ciel e ’n terra vedendo presso l’ultima sua guerra. (st. 2) Sullo stesso piano letterario e da porre, cronologicamente vicino ma ideologica-mente a distanza, come espressione di una diversa epoca, Il grazioso e piacevole testamento cli Marco Barbariccia dal naso Unto, attribuito al poeta e pittore rornano Giovanni Briccio (1581-1646), autore anche del Testamento di Togno villano e del Lamento che fannogli Ebrei il Carnevale? I connotati del testatore sono forse ancora piü carnevaleschi nel nome (il vecchio morente dalla barba longa del cantare e qui Barbariccia, che ha nell’Inferno dantesco il suo antenato diabolico) e nel mascheramento (dal naso tinto), ehe e il segno di un ■’ P. Toscm, Le origint del teatro italiano, 2 voll., Torino, Universale Ilollati Boringhieri, rist. 1999 (1955'): 1, p. 262 ss.; Giovanni Battista Bron/.ini, Ori/>ini ritualistiche delte forme drammatiche popolari, 3a ed., Bari, Adriatica, 1974 (1968'), pp. 69-77. abito diavolesco; ma il suo messaggio moralistico e sentenzioso, rivolto, con lasciti e precetti diversi, «al proprio medico, agli amici tutti in generale, ai ricchi, ai poveri, ai dottori in legge, ai notari, agli spioni, ai litiganti, ai procuratori, agli ammalati, ai falliti, ai signori, alle signore, ai cortigiani, ai villani, ai giovani scapestrati, alle savie zitelle, alle donne maritate, alle vedove, alle serve, fantesche e garzoni, alle corligiane e concubine, ai ruffiani, ai medici e ai chirurghi, ai soldati, ai vecchi, ai mercanti, agli artigiani, ai negozianti, merciai e bottegai, ai pescivendoli, macellai, pastai, fruttaroli, pizzicagnoli e fornai, agli osti, ai marinai, ai giudici, ai commedianti, agli architetti e pittori, ai ciarlatani, ai poeti, ai ladri e di nuovo agli ammalati»,IH suona come una specie di giudizio universale all’ombra della Controriforma. Vi e assente la dimensione paradossale dei testamenti animaleschi del medioevo, che rispunterä nel testamento ottocentesco di Menchi, in cui questi lascia agli amici, i monti e i boschi dell’Abetone e le Campagne della Maremma, ai contadini la zappa e la vanga, ai fattori i pensieri e i raggiri, ecc. ecc. 11 testamento cli Barbariccia tlal naso tinto, «nel quäle si vede» - come prosegue il lungo titolo - »con quanto giudizio lascia a tutte le persone lo Stabile e Mobili del suo cervello», e una pungente e amara satira della societä seicentesca fatta da un cervello che si dice stravagante con la rapacitä di un barbagianni, teso a ingoiarsi talpe e vermi: Scrivi Notaro questo testamento fatto dal stravagante mio cervello l’anno mille ventuno con sei cento stando nel letto accanto al caratello, mi chiamo Barbariccia naso tinto, figlio di Mastro Cucco da Formello, e mi trovo due volte quarant’anni, e sto in cervello piü di un Barbajanni. (st. 1) Lascio, ehe il corpo mio sia sotterrato dentro la terra, dalla quale e uscito, e ehe di li non sia mosso, e cavato sinehe la tromba non fara 1’invito, voglio ehe dentro a lui sia preparato per li vermi un grosso, e buon convito e le mie čarni servino per esca, sinche li vermi faran la moresen. (st. 3) Alcuni comportamenti di vita seicentesca, qui ritratti dal vivo, coincidono con quelli che la storica invenzione manzoniana ricostruira nei Promessi sposi (1827-1840). Ascol-tiamo Barbariccia mentre ci proiettiamo in avanti (puo essere anche questo un utile modo di lettura di testi siffatti per rilevarne 1’agibilita teatrale) nel romanzo manzo-niano e ci ritroviamo con Renzo e i suoi quattro capponi a bussare alia porta di Azzeccacarbugli: Giovanni Giannini, Lapoestapopolare ci stampa tlel secolo XIX, 2 voli., Udine, Edizioni Accadeiniche, 1938, II, p. 493. Lascio un consiglio ancor ai litiganti, che visitando il lor procuratore, nessuno ardisca comparire avanti alia sua porta senza il portatore, e non s’accosti con le man vacanti, e ehe mai hattin con il picchiatore, ehe sol chi bussa con piedi, e ginocchi, sarä introdotto, e visto con buon’occhi. (st. 12) E grazie ai capponi di Renzo eccoci dinanzi ad Azzeccacarbugli: Lascio a’ Dottor la mente avviluppata tra mille libri, e tra mille scritture, lascio a’ Notari, ehe gli sia intronata la testa con strumenti, e con procure, lascio agli sbirri una voglia arrabbiata di levar pegni, e far delle catture, ma lascino da parte l’insolenza, ehe questa non sarä poc’avvertenza. (st. 9) La strofa finale conferma il carattere inquisitorio del testamento di Barbariccia: Ecco finito questo testamento, nel qual ho dimostrato il bene, e il male, il riso il pianto, l’affanno, e lo stento, i debiti, le spese, e '1 capitale; la gioja, l’allegrezza, ed il contento, il saporito e quel ehe non d tale, a chi li piace, lecchi alia buon’ora, a quel ehe non li piace, sputi fuora. (st. 36) Se l’attribuzione a Giovanni Briceio e esatta, si deve pensare ehe, come scrive Apollonio," per le capriceiose e divertenti pazzie conviviali, nella Roma di Leone X, di singoli patentati buffoni (di tutti il piit famoso fra’ Mariano Fetti) e per gli spettacoli carnevaleschi di massa ehe vi si svolgevano, «nessuna cittä grande o piccola d’ltalia o del mondo poteva offrire alio spettacolo della trionfante bestialitä un contrasto altret-tanto significativo quanto la presenza del Pontefice e della Curia: propositi di un’umanita universale e sacra». La cittä papale costituiva la sede piu idonea per un messaggio del tipo di quello di Barbariccia, che, piü che alle masse e ai destinatari dei lasciti, era diretto e si prestava ad esser recitato alle tavole signorili. Intorno ad esse si esibiva la " Makio Ai’ouonio, Stotia dal teatro italiuno, 2 voll., Firenze, Šansoni, 1951: II, 36: e cfr. pp. 268-269. multiforme schiera di huffoni, mirni e istrioni, dai vari tratti caratteristici di cittä, regioni e nazioni, come denunciava Tomaso Garzoni nel discorso 119 De’ buffoni, o mimi, o histrioni della sua Piazza universale:'2 Quivi il huffone recita i testamenti villaneschi di barba Mengone, e di Pedrazzo; adorna l’instromento, ehe fa sier Cecco di parole piCi grosse, ehe quelle del Cocai: narra le fuse torte che lece la moglie del medico la notte di carnevale; racconta il dialogo di Mastro Agreste con la Togna di s. Germano; discorre di legge come un Gratian da Bologna; parla di medicina, come un Mastro Grillo; favella da pedante come un Fidentio Glotocrisio; fa del Bergamasco a spada tratta, come se fusse il primo della vallata. E Magnifico nel sporgere, e spagnolo nel gestire, e todesco nel caminare, e fiorenlino nel gorgheggiare, e napolitano nel fiorire, e modenese in fare il gonzo, e piemontese nel languire; e la simia di tutto il mondo nel parlare, e nel vestire. Povzetek Ljudsko slovstvo v Italiji na razpotju med reformacijo in protireformacijo Protestantski reformisti in katoliški protireformisti so se med seboj,bojevali za prevlado med ljudskimi sloji, pri čemer so se oboji sklicevali na analogne evangelijske zglede krščanske pravovernosti, tako da so skorajda zabrisali relativna teološka nasprotja. Prvi (med temi junaki je bil najbolj dejaven Savonarola) so se strinjali, da se ljudstvo lahko prepušča petju, plesu in zabavam ob praznikih, dokler se tovrstne radosti odvijajo v slavo božjo. Na ta način bi se ljudstvo samo izobrazilo ter bi izbiralo besedila in vsebine duhovne narave, ki bi se ujemala z ritmom pustnih pesmi. In res se je celo Lorenzo il Magnifico, tudi sam avtor takšnih pesmi, ki so se močno razširile med ljudstvom, posvetil temu, da je zlagal svete uprizoritve, kot na primer Uprizoritev sv. Janeza in Pavla (1489), ki vsebuje aluzije na pomembne osebnosti iz njegove družine ter sporočila makiavelistične politike. Zato je v cerkvenem obrednem ciklusu prišlo do nekakšne nevtralne oblike in mirnega sožitja med laičnimi in verskimi praznovanji, med diaboličnimi in angelskimi liki. Mitični obredni spopad med Pustom (Carnevale) in Postom (Madonna Quaresima) je izgubil svojo zagrizenost na življenje ali smrt. Obsodba izrečena na Procesu 1. 1516 proti Pustu je bila mila. V takšnem tonu zmernega veselja do življenja in nenapadalne meščanske satire na obrti in poklice se odvijajo tudi druga besedila ljudske dramatike (zmagoslavja in oporoke), ki jih prikazuje Bronzini ter vzporedno analizira njihovo vsebino in obliko. u Tommaso Garzoni, La Piazza universale' cli tutte Iv profession i del mondo, a cura tli G.H. Bronzini, 2 voli. Firenze, Olschki, 1996, II, pp. 994-997: 996. V dneh zborovanja Alpes Orientales 8, Rezija, maj 1975. M. Matičetov z Minko Santič (glej: Prostor in čas 4/1972, 281-286) in njeno nečakinjo Mafalclo. (Levo: H. Podlogar iz ISN SAZU z rezijansko korpo (oprtnjakom). - Foto R. Wildhaber