original scientific article UDC 737.1,04:27-36"12" ricevuto: 2008-05-12 I SANTI PATRONI LOCALI SU ALCUNE MONETE D'AQUILEIA, TRIESTE, LJUBLJANA, ST. VEIT E FRIESACH Andrej STEKAR IT-34151 Trieste, via degli Alpini 32 e-mail: andrej.stekar@tin.it SINTESI Nell'area tra il patriarcato d'Aquileia e l'arcidiocesi di Salisburgo (comprendente oggi il Friuli Venezia Giulia, la Slovenia, la Carinzia e la Stiria austriaca) nel XIII secolo oltre al patriarca d'Aquileia ed all'arcivescovo di Salisburgo coniarono monete d'argento anche diversi signori locali. Il presente contributo riguarda 8 monete frisacensi e scodellate coniate dall'arcivescovo di Salisburgo Eberhard II (1200-1218), dal patriarca aquileiese Gregorio di Montelongo (1251-1269), dai vescovi triestini Corrado Tarsot da Cividale (1213-1230) e Volrico de Portis (12331254) e dal duca carinziano Bernard (1202-1256). Le monete prese in considerazione, raffigurano in maniera abbastanza chiara alcuni santi patroni locali e anche se furono coniate in un arco di tempo abbastanza lungo (circa cinquant'anni), circolarono spesso mescolate tra loro in tutta l'area trattata. Pur differenziandosi per stile in due grandi filoni (frisacensi e scodellate) fanno parte dell'economia di allora e dal punto di vista iconografico hanno un denominatore comune: rispecchiano la forza della fede cristiana di allora. Parole chiave: monete frisacensi e scodellate, simbologia cristiana, Medio evo LOCAL PATRON SAINTS ON COINS FROM AQUILEIA, TRIESTE, LJUBLJANA, ST. VEIT AND FRIESACH ABSTRACT In the area between the Patriarchate of Aquileia and the Archdiocese of Salzburg (today including the Friuli-Venezia Giulia region, Slovenia and Austrian Carinthia and Styria), in the 13th century several local seigneurs, in addition to the Patriarch of Aquileia and the Archbishop of Salzburg, minted silver coins. This article discusses eight Friesach-style coins and trachies minted by Eberhard II, Archbishop of Salzburg (1200-1218), Gregorio di Montelongo, Patriarch of Aquileia (1251-1269), the Trieste bishops Corrado Tarsot from Cividale (1213-1230) and Volrico de Portis (1233-1254), as well as the Carinthian duke Bernard (1202-1256). The examined coins portray quite clearly several local patron saints, and although they were minted over a rather long time span (of some fifty years), they often circulated throughout the entire area under examination. Despite their differences in style, according to which they are classified into two large groups (the Friesach-style and the trachies), they are part of the economy of that era and possess a common denominator from an iconographic point of view: they reflect the power of the Christian faith of those times. Key words: Friesach-style coins and trachies, Christian symbology, the Middle Ages INTRODUZIONE1 Fino a noi sono giunte moltissime monete dell'epoca raffiguranti altrettanti simboli che spesso non riusciamo ad interpretare ma che certamente erano chiari alla gente di allora. Non esistono fonti originarie che parlano esplicita-mente dei motivi che spinsero i possessori del diritto di conio delle monete trattate a adottare determinati simboli sulle loro monete. Per quanto riguarda studi piu recenti, pochi ricercatori hanno analizzato seriamente la simbo-logia sulle monete frisacensi e scodellate dell'area trat-tata. Un testo di difficile reperibilita e stato scritto nel 1913 da Ferdinand Friedensburg (Friedensburg, 1913) nel quale l'autore ha cercato d'analizzare la simbologia sulle monete medioevali. Il testo puo servire come base per la ricerca, ma e molto generico e comunque non tratta le monete dell'area presa in considerazione. Alcuni numismatici come p.es. Luschin von Ebengreuth Arnold, Baumgartner Egon, Pogačnik Albin, Probszt Günther, Bernardi Giulio, Kos Peter, Šemrov Andrej, Oražem France ed altri hanno dato nei loro cataloghi2 in qualche caso alcune interpretazioni su certi simboli presenti sulle monete catalogate. Sono pero interpretazioni date di sfuggita senza un'analisi piu approfondita. Naturalmente era necessario catalogare metodicamente per la prima volta tutte le monete delle quali si conosceva ancora poco. Soltanto di recente qualche studioso ha cercato di dare delle interpretazioni piu approfondite sui simboli di queste monete. Tra questi citerei Alessandro Ruggia che ha analizzato eccellentemente alcune monete triestine ed aquileiesi (Ruggia, 1999; 2002; 2004). Altrettanto e riuscito a fare in alcuni casi Andrej Rant per una moneta di Otok (Rant, 1979) e una di Kamnik (Rant, 2001). Manca in ogni caso un testo che fornisca delle analisi piu approfondite e complete sulla simbologia cristiana uti-lizzata sulle monete frisacensi e scodellate dell'area trat-tata. Con questo breve articolo si e voluto provare ad analizzare i simboli presenti su queste monete e precisamente quelli che riguardano alcuni santi patroni locali. I SANTI ERMACORA E FORTUNATO PATRONI D'AQUILEIA Il denaro scodellato d'argento (Fig. 1; Bernardi AQ: 18) ha sul diritto il patriarca in piedi a capo scoperto, vestito con una dalmatica e che tiene tra le mani un Vangelo borchiato aperto. Intorno al patriarca corre la scritta .GREGORI ELECTVS. Sul rovescio c¡ sono due figure in piedi. La figura sulla destra rappresenta un vescovo barbuto, mitrato con indosso un pallio. Su alcune monete il vescovo tiene nella mano sinistra un libro. La figura sulla sinistra indossa una dalmatica e nella mano destra regge un libro. Ambedue tengono una ferula centrale. Intorno alle due figure corre la scritta CIVITAS AQUILEIA. La moneta in questione e particolare perché raffigura sul diritto il patriarca in piedi e senza attributi episcopali (tranne il Vangelo aperto sul petto). Il motivo di una simile raffigurazione anomala del patriarca dobbiamo cercarlo nel fatto che papa Innocenzo IV nomino Gregorio di Montelongo patriarca d'Aquileia il 24 ottobre 1251, ma Gregorio non ricevette la consacrazione episcopale che nell'agosto 1256 (Paschini, 1990, 377). A quanto pare, pero, gia il 19 febbraio 1249, il Montelongo compare con il titolo di vescovo eletto di Tripoli e di legato della Sede Apostolica (Paschini, 1990, 378). Forse era gia vescovo ma non ancora patriarca d'Aquileia. Tra l'altro sulla fine del 1254 il patriarca era colpito da scomunica, tanto che il papa Innocenzo IV, il 27 novembre, delego ai vescovi istriani la facolta di confer-mare Arlongus di Voitsberg come nuovo vescovo di Trieste. Tale facolta normalmente spettava solo al patriarca (Paschini, 1990, 380). La pena dev'essere stata transitoria anche perché non ci sono molte notizie in merito. La moneta in questione fu coniata durante queste vicende ed infatti, gia la leggenda sul diritto indica che il patriarca e soltanto eletto e non consacrato, ma forse era anche scomunicato. Fig. 1: Denaro scodellato d'argento coniato dalla zecca d'Aquileia dal patriarca Gregorio di Montelongo (12511269) (archivio personale A. Štekar). Sl. 1: Srebrn skledasti denar, ki ga je dal kovati v oglejski kovnici patriarh Gregorio iz Montelonga (1251-1269) (osebni arhiv A. Štekar). 1 II presente studio é un estratto di alcuni capitoli della tesi in iconografía cristiana dal titolo "La simbologia cristiana sulla monetazione medioevale nellarea Slovena" sostenuta nel 2007 presso l' Istituto di Scienze Religiose della Diocesi di Trieste. Nella tesi originaria sono stati descritti ed interpretati una trentina di simboli coniati su quaranta monete diverse coniate nel XIII secolo nellarea compresa tra il patriarcato d'Aquileia e l'arcidiocesi di Salisburgo. 2 Per l'elencazione delle loro opere piu importanti vedi la bibliografia allegata. Fig. 2: Grosso d'argento coniato nella zecca di Venezia dal doge Pietro Gradenigo (1289-1311) (Lanz, 2006). Sl. 2: Srebrn groš, ki ga je dal kovati v beneški kovnici doz Pietro Gradenigo (1289-1311) (Lanz, 2006). Sul rovescio per la prima volta troviamo un'immagine particolare con raffigurate due persone delle quali una e sicuramente un vescovo. Bernardi (Bernardi AQ, 97)3 ha pensato che il vescovo barbuto dovesse raffigurare Sant' Ermacora che consegna la ferula al nuovo patriarca. Tale tesi puo essere supportata anche dal fatto che esistono delle monete molto simili coniate dalla Repubblica Veneta a partire dal doge Enrico Dandolo (1192-1205). Il grosso d'argento (Fig. 2; Biaggi 2794) ha sul diritto alla sinistra il doge in piedi a capo scoperto, mentre con la mano destra riceve un vessillo da San Marco che sta in piedi alla destra con capo nimbato, mentre tiene nella mano sinistra il suo vangelo borchiato. Intorno alle due figure corre la scritta PEGRADONICO S.M.VENETI DVX. Sul rovescio il Cristo nimbato in trono con la scritta IC XC. La moneta e stata coniata del doge Pietro Gradenigo (1289-1311 ) ma la raffigurazione e pressoche identica ai grossi emessi dai dogi precedenti. Queste monete ve-neziane sono conosciute come grossi d'argento o mata-pan. Sul dirotto dei matapan veneziani compare una rappresentazione simile a quella vista sulla nostra moneta aquileiese: San Marco consegna un vessillo al doge veneziano. Il tema della consegna del vessillo fu copiato dai veneziani dalle monete d'oro bizantine. Furono infatti i bizantini per primi ad utilizzare la raffigurazione di una persona assieme ad un santo sulle monete. Nel X secolo compaiono le prime monete bizantine raffiguranti la Santissima Vergine che benedice l'imperatore oppure li consegna una croce come per es. su un histamenom dell'imperatore Nicephorus II (963-969) (Sear, 1996, 342). Da questo momento in poi la raffigurazione sulle monete bizantine della consegna all'imperatore della croce o di un vessillo da parte di un angelo, oppure da parte della Madonna o da parte di qualche santo, diventa un tema molto diffuso e ripetuto. Fig. 3: Aspron trachy coniato in elettro dall'imperatore bizantino Giovanni II Comneno (1118-1143) nella zecca di Costantinopoli (Rauch, 2006). Sl. 3: Aspron trachy, kovan iz elektra v Carigradu pod vlado bizantinskega cesarja Ivana II. Komnena (11181143) (Rauch, 2006). Al diritto dell'aspron trachy (Fig. 3; Sear 1942) sono raffigurati in piedi alla sinistra l'imperatore che tiene nella mano una croce ed alla destra San Giorgio nimbato che con la sua destra tiene la croce e nella mano sinistra impugna una spada. Alla sinistra dell'imperatore e vi-sibile la scritta I© ÂEC no TH mentre la scritta alla destra del santo e illegibile. Dall'aspron trachy (elettro, un terzo della moneta d'oro hyperpyron) dell'imperatore Giovanni II Comneno (1118-1143), sul diritto del quale si trova San Giorgio che consegna la croce patriarcale all'imperatore (mentre al rovescio e inciso il Cristo benedicente seduto su trono), si potrebbe concludere che come sulle monete veneziane San Marco consegna il vessillo al doge, cosí sulla moneta aquileiese San Ermacora consegna al patriarca la ferula. Esiste pero ancora una possibilita sull'interpretazione delle due figure con la croce patriarcale. Le due persone potrebbero essere la raffigurazione dei Santi Ermacora e Fortunato ovvero i due patroni della chiesa d'Aquileia. Ermacora e Fortunato furono il primo vescovo d'Aquileia ed il suo diacono. Nella loro passio si racconta che l'apostolo Pietro mentre era a Roma incarico il discepolo ed evangelista Marco a diffondere il Vangelo nella citta d'Aquileia. Dopo diversi anni di missione ad Aquileia, Marco volle fare ritorno a Roma per rivedere Pietro (Ar-zaretti, 2001, 29). Marco porto con se a Roma Ermacora, che era considerato un uomo di salda fede e persona corretta, affinché Pietro lo consacrasse vescovo. Ermacora ritorno poi ad Aquileia dove continuo a predicare, battezzare ed ordinare sacerdoti. Con l'arrivo di un nuovo preside aquileiese ci fu un giro di vite contro i cristiani. A questi fu intimato di abiurare e di sacrificare 3 Le monete riprodotte nell'articolo sono catalógate secondo i principali cataloghi normalmente utilizzati per questo genere di monete: Bernardi AQ, Bernardi TS, CNA, Luschin, Pogačnik NV. agl¡ de¡ pubblicamente. II vescovo Ermacora fu ¡ncar-cerato e torturato. Sapendo che sarebbe stato condan-nato a morte, Ermacora dec¡se d¡ consacrare come suo successore ¡I diacono Fortunato. II preside aqu¡le¡ese Sebasto dec¡se allora d¡ far decap¡tare Ermacora ¡ns¡eme a Fortunato, ma volle che la condanna fosse esegu¡ta d¡ nascosto per t¡more d¡ tumult¡. I corp¡ de¡ due sant¡ fu-rono raccolt¡ e sepolt¡ ¡n un c¡m¡tero non lontano dalle mura della c¡tta. Non entro nelle d¡scuss¡on¡ degl¡ stu-d¡os¡ ¡ qual¡ affermano, che ¡l pass¡o de¡ due sant¡ e leg-gendar¡a (Arzarett¡, 2001, 30). In ogn¡ caso nel med¡o evo ¡ due sant¡ erano a tutt¡ gl¡ effett¡ ¡ patron¡ d'Aqu¡le¡a e molt¡ss¡me ch¡ese d¡sperse tra ¡l Fr¡ul¡, la Sloven¡a e la Car¡nz¡a sono consacrate a¡ due sant¡. Es¡stono pure al-cun¡ paes¡ o local¡ta ¡n Sloven¡a e Car¡nz¡a che hanno ¡l nome der¡vato da Ermacora o da ambedue ¡ sant¡ (Her-magor ¡n Car¡nz¡a, Smohor e Sv. Mohor ¡n Fortunat ¡n Sloven¡a). Un santo patrono d'Aqu¡le¡a era dunque vescovo e l'altro era un d¡acono. Sul rovesc¡o della moneta ¡n quest¡one not¡amo propr¡o questo: una f¡gura e ¡ndub-b¡amente un vescovo, po¡ché ha la m¡tra ed ¡l pall¡o; l'altro veste una dalmat¡ca ovvero una veste a forma d¡ tun¡ca, bordata d¡ porpora. Tale veste d¡venne dal III secolo la veste eccles¡ast¡ca de¡ vescov¡, anche durante la celebraz¡one l¡turg¡ca. La veste era molto ampia e scendeva f¡no a¡ p¡ed¡ e aveva man¡che lunghe s¡no a¡ pols¡. A Roma fu dappr¡ma r¡servata a¡ pap¡, po¡ a¡ vescov¡ e d¡acon¡. Dal XII secolo fu r¡servata esclus¡va-mente a¡ d¡acon¡. Dunque le f¡gure sulla moneta con ¡ loro attr¡but¡ co¡nc¡dono con le vest¡ de¡ due sant¡ patron¡ d'Aqu¡le¡a. Non c¡ deve d¡sturbare ¡l fatto che anche ¡l patr¡arca Gregor¡o d¡ Montelongo, eletto e non ancora consacrato, vesta ¡n modo s¡m¡le al d¡acono Fortunato. La s¡ngolar¡ta della moneta sta nel fatto che forse su d¡ essa per la pr¡ma volta sono r¡pres¡ ¡ sant¡ patron¡ d'Aqu¡-le¡a. Dovremo aspettare quas¡ altr¡ cent'ann¡ aff¡nché su alcun¡ gross¡ con¡at¡ dal patr¡arca Bertrando (1334-1350) compa¡a d¡ nuovo soltanto Sant'Ermacora. Sulla moneta d¡ Bertrando ¡l vescovo raff¡gurato e certamente Sant' Ermacora perché n¡mbato ed ¡ntorno alla sua f¡gura corre anche la scr¡tta SHMACHOR AQVILEGHS (Bernard¡ AQ, 127). A sostegno della tes¡ che sul rovesc¡o della moneta aqu¡le¡ese sono rappresentat¡ propr¡o ¡ Sant¡ Ermacora e Fortunato agg¡ungo che sarebbe alquanto strano, che ¡l patr¡arca s¡ fosse fatto rappresentare su ambedue ¡ lat¡ della moneta. Se anal¡zz¡amo bene le monete b¡zant¡ne e venete not¡amo che l'¡mperatore b¡zant¡no o ¡l doge veneto sono raff¡gurat¡ solo su un lato della moneta. E anche questa raff¡guraz¡one e spesso cond¡v¡sa con qual-che santo. Lo stesso vale per tutte le monete patr¡arcal¡ aqu¡le¡es¡. Se ¡l patr¡arca e raff¡gurato sulla moneta, que-sto avv¡ene soltanto sul d¡r¡tto e ma¡ anche sul rovesc¡o. Sarebbe dunque l'un¡ca moneta aqu¡le¡ese e probab¡l-mente l'un¡ca d¡ una vasta area che raff¡gura su ambedue i lati ¡I titolare del diritto di conio. La lógica ci porterebbe a concludere che sul diritto e raffigurato il patriarca e sul rovescio i due patroni d'Aquileia. Se l'incisore avesse raffigurato anche l'aureola sui due santi oggi non ci sarebbe nessun dubbio in merito. SAN GIUSTO PATRONO DI TRIESTE Sul diritto del denaro scodellato d'argento (Fig. 4; Bernardi TS: C) e incisa la classica immagine del vescovo seduto sul faldistorio con, nella mano destra il pastorale e nell'altra il Vangelo. Intorno al vescovo corre la scritta CONRADVSEP. Sul rovescio e inciso un santo sotto una specie di nube o triplice arco, sopra il quale sono poste due torri laterali e una torre merlata centrale. Il santo e vestito con una tunica e tiene nella mano destra una ferula. Intorno al bordo corre in un doppio cerchio perlinato la scritta +CIVITAS TERGESTVM. Sul rovescio della moneta ci sono pochi attributi per definire con assoluta certezza che si tratti di San Giusto. Ovviamente tale santo e il patrono di Trieste e dunque Fig. 4: Denaro scodellato d'argento coniato nella zecca di Trieste dal vescovo Corrado Tarsot da Cividale (1213-1230) (Fontana, 1831). Sl. 4: Srebrn skledasti denar, ki ga je dal kovati v tržaški kovnici škof Corrado Tarsot iz Čedada (1213-1230) (Fontana, 1831). Fig. 5: Denaro scodellato d'argento coniato nella zecca di Trieste dal vescovo Volrico de Portis (1233-1254) (Fontana, 1831). Sl. 5: Srebrn skledasti denar, ki ga je dal kovati v tržaški kovnici škof Volrico de Portis (1233-1254) (Fontana, 1831). tutto sembrerebbe indicare che la persona sia proprio lui. Ma c'e almeno un'anomalia ovvero la ferula che normalmente competerebbe ad un patriarca o ad un ve-scovo. Si potrebbe anche azzardare un'ipotesi che la persona raffigurante sia il Cristo e che la nube con le torri rappresenti la Gerusalemme celeste, allo stato attuale e difficile essere piu precisi. Sul diritto del denaro scodellato d'argento (Fig. 5; Bernardi TS: VS) e inciso il vescovo seduto su faldistorio con, nella mano destra il pastorale e nella sinistra il Van-gelo. Intorno al vescovo corre la scritta VOLRI CVSEP. Sul rovescio e inciso un santo nimbato in piedi con un libro nella mano sinistra e una palma nella mano destra. Ai lati del santo due piccole torri a punta e sopra la torre destra una stella a sei punte. Intorno all'immagine del santo corre la scritta CIVITAS. TERGES. Se per la moneta precedente coniata dal vescovo Corrado c'erano alcuni dubbi sul fatto che la persona raffigurata sia proprio San Giusto, qui la questione e molto piu chiara. Il santo e nimbato e la palma nella mano destra conferma che si tratta di un martire. Inoltre su alcune monete piu tarde coniate probabilmente dal comune triestino (1254-1257), intorno alla stessa imma-gine e incisa pure la scritta .SANTVS IVSTVS. Secondo la passio (Arzaretti, 2001, 72), il governatore di Trieste fece arrestare San Giusto, poiché egli si dichiaro cristiano senza timore e si rifiuto di sacrificare agli dei. Il santo fu rinchiuso in carcere affinché riflettesse sulla sua sorte che gli era riservata se non avesse abiurato. Siccome San Giusto non tradi la propria fede, fu condannato alla pena capitale tramite annegamento in mare. Fu poi portato su una barca e le guardie lo condussero al largo dove lo gettarono in mare con legata al collo una fune a cui furono assicurati dei pesi di piombo. Il corpo non sarebbe dovuto riemergere mai piu a causa dei pesi, ma gia prima del tramonto fu mira-colosamente trasportato dalla corrente sulla spiaggia di Trieste, dove fu pietosamente raccolto da alcuni fedeli e seppellito decorosamente nel cimitero che si estendeva nelle vicinanze della stessa spiaggia. San Giusto e rappresentato in diverse opere d'arte custodite nella cattedrale triestina di San Giusto (Arzaretti, 2001, 73) tra le quali un ciclo d'affreschi (circa 1230) che orna l'absidiola del sacello e che oggi fa parte della cattedrale di San Giusto. Sicuramente la raffigur-azione del santo sulle monete triestine e una delle piu antiche raffigurazioni attualmente conosciute del santo. Come ha gia notato Bernardi (Bernardi TS, 72) l'effige di San Giusto doveva rappresentare un'immagine cara ai triestini, perché ripresa nelle monete del vescovo Leonardo, Volrico e in quelle attribuite al comune. Nel caso della moneta emessa probabilmente dal comune la raffigurazione e identica alla moneta di Volrico, ma la leggenda non lascia nessun dubbio in quanto l'incisore e stato molto preciso scrivendo .SANTVS. . IVSTVS (Bernardi TS, 78). SAN VITO PATRONO DI SANKT VEIT IN CARINZIA Fig. 6: Denaro d'argento frisacense coniato nella zecca carinziana di Sankt Veit dal duca Bernard (1202-1256) (Luschin, 1923). Sl. 6: Srebrn breški denar, ki ga je dal kovati v kovnici v Šentvidu na Koroškem vojvoda Bernard (1202-1256) (Luschin, 1923). Il denaro d'argento frisacense (Fig. 6; Luschin: 200, CNA: Cb 14) ha sul diritto il duca a capo scoperto che tiene in ogni mano una bandiera; intorno alla sua immagine corre la scritta DVX BERNHARDV. Sul rovescio e visibile un mezzo busto di un santo vestito con una tunica. L'immagine e racchiusa da due torri con gigli ed un arco sopra il quale c'e una grande croce. Il tutto e racchiuso in un doppio cerchio perlinato. Sul diritto del denaro frisacense (Fig. 7; Luschin: 199, CNA: Cb 12) e inciso il duca vestito con armatura ed elmo in testa. Nella mano destra regge una spada. Intorno corre la scritta (visibile solo in parte) racchiusa in doppio cerchio + DVX CARINTHIE. Sul rovescio e visibile una testa ornata con una corona ed intorno all'immagine corre la scritta SANT VEIT. Il tutto racchiuso in doppio cerchio. Fig. 7: Denaro d'argento frisacense coniato nella zecca carinziana di Sankt Veit dal duca Bernard (1202-1256) (archivio personale A. Štekar). Sl. 7: Srebrn breški denar, ki ga je dal kovati v Kovnici v Šentvidu na Koroškem vojvoda Bernard (1202-1256) (osebni arhiv A. Štekar). Fig. 8: Sigillo cittadino di Sankt Veit an der Glan (archivio personale A. Štekar). Sl. 8: Mestni pečat iz Šentvida na Koroškem (osebni arhiv A. Štekar). Potrebbero esserci de¡ seri dubbi che ¡I santo raffi-gurato suI rovescio della prima moneta presentata (Fig. 7a) sia effettivamente San Vito. AI centro del sigillo cittadino di Sankt Veit an der Glan (Fig. 8) e visibile il mezzo busto di un santo nimbato che tiene nella mano destra una palma. Ai lati del santo le lettere S V. Il santo e racchiuso tra due torri ed una volta a punta. Intorno all'immagine corre la scritta SIGILLVM CIVITAT+IS DE SANCTO VITO. Ma per fortuna esiste un sigillo quasi identico al rovescio della nostra moneta, custodito nel museo cittadino di Sankt Veit, sul quale e presente la stessa raf-figurazione del santo ma con la chiara scritta di SIGILLVM CIVITAT+IS DE SANCTO VITO ed in piu due lettere (SV) ai lati del santo, che ovviamente significano San Vito. In ogni caso il patrono della citta di Sankt Veit e ovviamente San Vito e cosí come gia visto su altre mo-nete di questo capitolo la raffigurazione del proprio patrono era cosí ovvia che spesso non era ritenuto neces-sario scrivere intorno all'immagine il nome del santo. E' alquanto singolare che proprio nelle regioni slovene ci sia un gran numero di localita con il nome di San Vito. In Slovenia esistono ben 76 chiese (di cui 38 parrocchiali) (Miklavcic et al., 1970, 600) consacrate a questo santo. Non si conosce l'origine precisa del santo, anche se un "Passio", di nessun valore storico, lo fa nascere in Sicilia a Mazara del Vallo (Santi e beati, 2008c), in una ricca famiglia. L'unica notizia attendibile su di lui si trova nel Martirologio Gerominiano da cui risulta che San Vito visse in Lucania (Miklavcic et al., 1970, 601). San Vito fa parte dei 14 Santi Ausiliatori, molto venerati nel Medioevo, la cui intercessione era considerata particolarmente efficace per sanare determinate malattie. San Vito era considerato un potente in-tercessore per l'epilessia e per il fuoco di San Vito (corea di Sydenham o corea reumatica che e un tipo di ence-falite che compare in soggetti con patologie reumatiche). Il santo era invocato anche per scongiurare la letargia, il morso di bestie velenose o idrofobe. La leggenda rac-conta che Vito, da bambino, abbia guarito il figlio (suo coetaneo) dell'imperatore Diocleziano, ammalato d'epi-lessia. L'imperatore invece di ringraziarlo lo fece torturare perché Vito non volle sacrificare agli dei. Vito subí cosí vari tipi di tortura che troviamo elencati nella parte leggendaria del Passio, tra le quali la piu famosa e l'immersione in un calderone di pece bollente dal quale usci illeso. Nelle raffigurazioni barocche il santo e pre-sentato proprio, mentre viene "bollito" in un calderone. Nonostante le poche notizie sul santo e la poca at-tendibilita del passio, i piu antichi calendari cristiani sia orientali che occidentali riportano questo santo che dunque e esistito ed era molto venerato (Miklavcic et al., 1970, 600). Le chiese in Slovenia consacrate a San Vito risultano fra le piu antiche della regione e trovano origine agli albori del cristianesimo. Alcuni esperti (Miklavcic et al., 1970, 600) sostengono che le chiese consacrate a San Vito furono costruite sui luoghi dove veniva adorato il dio pagano degli slavi Svetovit. Nel Sacro Romano Impero San Vito era considerato il protettore dello stato e veniva raffigurato con le insegne regali (Miklavcic et al., 1970, 600). Fino alla riforma gregoriana, la festa del santo era celebrata il 28 giugno per l'equinozio d'estate. Dopo la riforma gregoriana, la festa slitto leggermente piu indietro e cade oggi il 15 giugno, ma in Slovenia ancora 400 anni dopo la riforma gregoriana del calendario la notte di San Vito era considerata la piu corta dell'anno. In tale occasione venivano accesi dei falo e la giornata era considerata festiva. Sul rovescio della seconda moneta e raffigurata la testa di San Vito con in testa una corona. Questa strana immagine s'integra benissimo con il fatto che San Vito oltre ad essere il patrono locale era pure il protettore del Sacro Romano Impero e come visto piu sopra veniva raffigurato con le vesti regali e dunque anche con una corona. SAN PIETRO PATRONO DI LJUBLJANA Fig. 9: Denaro scodellato d'argento coniato nella zecca di Ljubljana dal duca carinziano Bernard (1202-1256) (archivio personale A. Štekar). Sl. 9: Srebrn skledasti denar, ki ga je dal kovati v ljubljanski kovnici koroški vojvoda Bernard (12021256) (osebni arhiv A. Štekar). Il denaro scodellato d'argento con¡ato nella zecca d¡ Ljublj ana (F¡g. 9; Pogacn¡k NV: 346, CNA: Cm 7) ha sul d¡r¡tto ¡l duca seduto che t¡ene nella mano s¡n¡stra un g¡gl¡o e nella mano destra un oggetto d¡ forma tonda (uno scettro oppure un ostensor¡o). Il duca sta seduto tra due murett¡ con sopra una spec¡e d¡ vaso. Sopra ¡l "vaso" destro e v¡s¡b¡le una stella a se¡ punte. Intorno la scr¡tta BERNARDVS DVX. Sul rovesc¡o del denaro c'e ¡nvece una persona barbuta seduta. A¡ due lat¡ della persona sono ¡nc¡se due p¡ccole torr¡ a forma d¡ campan¡le. La persona seduta t¡ene sul petto nella mano s¡n¡stra un l¡bro borch¡ato e nella mano destra una ch¡ave. Sopra ¡l campan¡le destro e ¡nc¡sa una croce formata da 5 punt¡. Intorno la scr¡tta: CIVITAS LAIBAC. Il denaro lub¡anese r¡trae al rovesc¡o un uomo barbuto che sembrerebbe seduto con, nella mano destra una ch¡ave che e senz'altro un attr¡buto d¡ San P¡etro. E' d¡ff¡c¡le stab¡l¡re con assoluta certezza se ¡l santo e seduto o sta ¡n p¡ed¡. Facendo ¡l confronto con l'¡mmag¡ne d¡ San G¡usto v¡sta p¡u sopra d¡re¡ che l'¡nc¡sore abb¡a voluto ¡nd¡care con le due lunette poste tra le gambe ed ¡l busto le g¡nocch¡a d¡ ch¡ sta seduto. Lo stesso ovv¡amente vale per l'¡mmag¡ne del duca sul d¡r¡tto. Azzardando un'¡potes¡, le due p¡ccole torr¡ poste a¡ lat¡ del santo, po-trebbero essere ¡nterpretate come ¡ bracc¡ol¡ d¡ un trono. Se guard¡amo attentamente ¡l mosa¡co del Cr¡sto Panto-cratore (G¡org¡, 2004, 15) (¡n¡z¡o V secolo) nella bas¡l¡ca d¡ Santa Prudenz¡ana a Roma, not¡amo che ¡l trono sul quale sta seduto Cr¡sto ha effett¡vamente de¡ bracc¡ol¡ abbastanza alt¡ s¡m¡l¡ a quell¡ raff¡gurat¡ sulla moneta ¡n quest¡one. Per contro e da notare che le due torr¡ lateral¡ raff¡gurate a¡ lat¡ d¡ San G¡usto sulle monete tr¡est¡ne, sembrerebbero propr¡o due torr¡ ¡n quanto sulla loro parte ¡nfer¡ore l'¡nc¡sore ha voluto d¡segnare una spec¡e d¡ muratura. Lo stare seduto ¡n "Cattedra" e ¡l segno della potesta d'¡nsegnare, confermare, gu¡dare e governare ¡l popolo cr¡st¡ano (Sant¡ e beat¡, 2008a). Tale raff¡-guraz¡one avrebbe un senso perché rappresenterebbe San P¡etro seduto ¡n cattedra. Il secondo s¡mbolo p¡u conosc¡uto nel raff¡gurare San P¡etro, ma anche tutt¡ ¡ pap¡, sono le ch¡av¡ che s¡mbolegg¡ano la potesta d¡ apr¡re e ch¡udere ¡l regno de¡ c¡el¡ (Lurker, 1994, 52), come detto da Gesu a P¡etro. Es¡ste anche un terzo s¡mbolo del papato, che per completezza c¡to, ma che non e ut¡l¡zzato per raff¡gurare San P¡etro, e c¡oe la t¡ara, che e un copr¡capo esclus¡vo del papa comprendente tre corone sovrapposte (G¡org¡, 2004, 97). La t¡ara e ¡l s¡mbolo dell'¡mmensa potesta del papa che e ¡l padre de¡ pr¡nc¡p¡ e de¡ re, rettore del mondo cattol¡co e v¡car¡o d¡ Cr¡sto. San P¡etro nacque a Bethsa¡da ¡n Gall¡lea ed era un pescatore sul lago d¡ T¡ber¡ade. Il suo nome era S¡meone (D¡o ha ascoltato) e probab¡lmente era vedovo. A segu¡to d¡ una pesca m¡racolosa, P¡etro fu ch¡amato da Cr¡sto a segu¡rlo d¡cendogl¡ "Tu sei Simone il figlio di Giovanni; ti chiamerai Kefa." che tradotto ¡n lat¡no s¡gn¡f¡ca Petrus (p¡etra). P¡etro era ¡l p¡u ¡mpuls¡vo degl¡ Apostol¡ e d¡venne ¡l loro portavoce e po¡ ¡l capo r¡conosc¡uto con la famosa promessa fatta da Gesu: "E io ti dico che sei Pietro e su questa pietra edifíchero la mia Chiesa e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa. Ti daro le chiavi del regno dei cieli e tutto cio che legherai sulla terra sari legato nei cieli e tutto cio che scioglierai sulla terra sari sciolto nei cieli". Durante la pass¡one, P¡etro r¡nnego Cr¡sto tre volte, ma s¡ penti sub¡to. Non era un asceta o un d¡plomat¡co ma era un uomo sempl¡ce, sch¡etto, d¡ carattere ¡mpuls¡vo e sangu¡gno. Dopo la croc¡f¡ss¡one e la resurrez¡one, P¡etro s¡ conv¡nse def¡-n¡t¡vamente della m¡ss¡one salv¡f¡ca d¡ Cr¡sto e raduno gl¡ altr¡ apostol¡ d¡spers¡, ¡nfondendo loro coragg¡o. Ins¡eme agl¡ altr¡ apostol¡ r¡cevette lo Sp¡r¡to Santo ed ebbe cosí la forza d¡ pred¡care la ver¡ta della nuova fede. Ammet-tendo al battes¡mo ¡l centur¡one romano Cornel¡o e la sua fam¡gl¡a, P¡etro stab¡h che ¡ cr¡st¡an¡ potevano essere anche ¡ pagan¡ e ch¡ non era c¡rconc¡so. P¡etro fu ¡n-carcerato a Gerusalemme e m¡racolosamente l¡berato lasc¡o la c¡tta, ¡ntraprendendo var¡ v¡agg¡. G¡unse cosí a Roma d¡venendo ¡l pr¡mo vescovo della c¡tta ed ¡l pr¡mo papa. R¡mase a Roma per 25 ann¡ e dopo l'¡ncend¡o d¡ Roma fu crocef¡sso con la testa ¡n g¡u (nel 64 o nel 67 d.C.) sul colle vat¡cano nel c¡rco Neron¡ano. La grandezza d¡ P¡etro cons¡ste pr¡nc¡palmente nella d¡gn¡ta d¡ cu¡ fu r¡vest¡to e che s¡ perpetua nell'¡st¡tuz¡one del papato (Sant¡ e beat¡, 2008a). La festa d¡ San P¡etro cade ¡l 29 g¡ugno ass¡eme a San Paolo ed e una delle p¡u ant¡che e solenn¡ dell'anno l¡turg¡co. Tale g¡orno sembrerebbe essere la "cr¡st¡an¡z-zaz¡one" d¡ una r¡correnza pagana, che esaltava le f¡gure d¡ Romolo e Remo, ¡ due m¡t¡c¡ fondator¡ d¡ Roma. I due apostol¡ P¡etro e Paolo sono cons¡derat¡ ¡ fondator¡ della Roma cr¡st¡ana. Tenendo conto d¡ quanto esposto qu¡ sopra, l'¡m-mag¡ne del denaro lub¡anese ha un attr¡buto certo che def¡n¡sce la persona seduta come San P¡etro ed uno suscett¡b¡le d'ulter¡or¡ approfond¡ment¡. Quello certo e la grande ch¡ave che San P¡etro t¡ene nella mano destra. Quello ¡ncerto e lo stare seduto ¡n cattedra. Per concludere not¡amo che ¡l personagg¡o e barbuto e nell'¡conograf¡a cr¡st¡ana San P¡etro e sempre raff¡gurato come una persona barbuta; ¡noltre San P¡etro ha sul petto una croce o un l¡bro (Vangelo) che certamente non e h per caso. Da notare ¡nf¡ne che San P¡etro, pur essendo stato un vescovo e ¡l pr¡mo papa, raramente e raff¡gurato con ¡n testa una m¡tra. R¡cordo che f¡no alla creaz¡one della d¡oces¡ d¡ Ljubljana nel 1461, la ch¡esa parroc-ch¡ale della c¡tta era quella d¡ San P¡etro (ch¡esa es¡stente g¡a pr¡ma dell'anno 1000). Dal 1461 la cattedrale e quella consacrata a San N¡cola (Lavr¡c, 2003). Il duca car¡nz¡ano dunque r¡prese sulla moneta ¡l patrono c¡ttad¡no d¡ allora e tale raff¡guraz¡one r¡entra nello st¡le g¡a ut¡l¡zzato da¡ vescov¡ tr¡est¡n¡ per raff¡gurare San G¡usto. SAN RUPERTO E SAN VIRGILIO A Fig. T0: Denaro frisacense d'argento coniato dall'ar-civescovo di Salisburgo Eberhard II (T200-T246) nella zecca di Friesach in Carinzia (archivio personale A. Štekar). Sl. T0: Srebrn breški denar, ki ga je dal kovati salzburški nadškof Eberhard II (T200-T246) v kovnici v Brezah na Koroškem (osebni arhiv A. Štekar). Sul diritto del denaro frisacense d'argento (Fig. 10; Luschin: 13; CNA: Ca 13) c'e il busto di un vescovo con alla sua destra un pastorale; intorno alla figura la scritta EBERHARDS EPS (nella foto e visibile solo una parte della scritta). Al rovescio della moneta ci sono invece due teste vescovili e due stelle a sei punte; in ciascuno dei quattro spazi tra le stelle e le teste, quattro globetti disposti a triangolo. Il denaro frisacense d'argento (Fig. 11; Luschin: 28, CNA: Ca 22) ha al diritto un mezzobusto di vescovo a capo scoperto che tiene nella sua mano destra una ferula e nella mano sinistra il pastorale; intorno la leggenda FRISAC. Sopra la testa del vescovo e incisa una mez-zaluna con croce. Al rovescio della moneta ci sono due teste di vescovo mitrate con in mezzo una croce. L'im-magine e racchiusa in un doppio cerchio perlinato. Fig. 11: Denaro frisacense d'argento coniato dall'arcive-scovo di Salisburgo Eberhard II (1200-1246) nella zecca di Friesach in Carinzia (archivio personale A. Štekar). Sl. 11: Breški denar, ki ga je dal kovati salzburški nadškof Eberhard II (1200-1246) v kovnici v Brezah na Koroškem (osebni arhiv A. Štekar). Riguardo alle monete prese in esame non c'e dubbio che siano state coniate a Friesach dall'arcivescovo Eberhard II il quale puntualmente compare sui due diritti. La raffigurazione sul rovescio indica quasi con certezza due santi - patroni e siccome sono entrambi mitrati, rappre-sentano due vescovi. La diocesi di Salisburgo ha come patroni proprio due vescovi e precisamente San Ruperto e San Virgilio (Miklavcic et al., 1968, 852-855). San Ruperto (anche Hruodoperht, Ruprecht, Hrodbert e Ruodpert) visse nel VII secolo (forse 620-718). Il santo e festeggiato oltre che nella diocesi salisburghese anche in Irlanda perché anch'egli faceva parte della comunita monacale irlandese. San Ruperto discendeva dai Robertini o Rupertini, un'importante famiglia comitale proveniente dal medio ed alto Reno (Santi e beati, 2008b). La sua famiglia era imparentata con i carolingi. San Ruperto rice-vette una formazione di stampo monastico irlandese. Fu anche vescovo di Worms, ma e probabile che fosse solo un vescovo itinerante che veniva mandato dove era ne-cessaria una presenza vescovile anche missionaria (Miklavcic et al., 1968, 852). Il vescovo si adoperava per un'umile e semplice vita cristiana. Era un profondo conoscitore delle verita cristiane e come particolarita dei missionari irlandesi si adoperava per una confessione personale e silenziosa e per una penitenza segreta a dif-ferenza della penitenza pubblica in uso in quell'epoca. L'evangelizzazione di stampo irlandese non aveva scopi politici, anche se negli stati nei quali si svolgeva la missione i monaci andavano prima di tutto dalla locale famiglia regnante. I missionari irlandesi diffusero l'evan-gelo tra i bavaresi e tra gli sloveni (nell'attuale Carinzia). Tra il 696 ed il 718 il duca bavarese Theodo invito San Ruperto nella Baviera per consolidare la fede cristiana. La famiglia dei duchi bavaresi era cristiana gia da cento anni, ma molte regioni del loro stato rimanevano legate ai culti pagani. L'attenzione missionaria di San Ruperto si rivolse verso il sud della Baviera ovvero verso le regioni dove meno era presente il cristianesimo. San Ruperto scelse come residenza della propria attivita le rovine dell'antica citta romana Juvavum che rifondo e alla quale fu poi dato il nome di Salzburg (citta del sale). Nel 716 il papa Gregorio II fondo in Baviera quattro diocesi e precisamente: Salzburg, Freising, Regensburg e Passau. Due di queste Freising e Salzburg (poste piu meridionalmente rispetto alle altre due) si adoperarono in particolar modo per la diffusione del cristianesimo anche nelle regioni slovene che confinavano con la Baviera. L'opera d'evangelizzazione tra gli sloveni fu portata avanti in particolar modo dal successore di San Ruperto e precisamente da San Virgilio (circa 700-784). San Virgilio era un irlandese. Ricevete un'ottima istruzione nel monastero d'Aghaboe presso Killarney (Irlanda) e grazie alla sua vasta conoscenza matematica era chiamato anche con l'appellativo di "geometra" (Smolik, 2000, 446-449). Nel 743 abbandono l'Irlanda ed ando nel regno franco alla corte del maggiordomo Pipino. Qui conobbe ¡I futuro duca bavarese Od¡lo ed ¡nsieme con lu¡ ando ¡n Baviera. Divenne abate a Salisburgo e po¡ vescovo della c¡tta. Per molt¡ ann¡ r¡f¡uto la car¡ca d¡ vescovo. Entro ¡n l¡te con San Bon¡fac¡o ¡l quale voleva sottomettere la d¡oces¡ d¡ Sal¡sburgo a quella d¡ Ma¡nz. Tra l'altro San Bon¡fac¡o lo accuso d¡ d¡ffondere dottr¡ne sbagl¡ate come p.es. l'es¡stenza degl¡ ant¡pod¡. San V¡r-g¡l¡o s¡ seppe d¡fendere talmente bene davant¡ al papa che r¡mase sul segg¡o vescov¡le sal¡sburghese. San V¡r-g¡l¡o s¡ adopero molt¡ss¡mo per la d¡ffus¡one del cr¡-st¡anes¡mo tra gl¡ sloven¡ della Carantan¡a ed e con-s¡derato ass¡eme al vescovo San Modesto l'apostolo della Carantan¡a. La ch¡esa ¡rlandese d¡ffondeva la fede con l'esemp¡o ¡nglobando le trad¡z¡on¡ pagane ¡n quelle cr¡st¡ane. Per la d¡ffus¡one della fede era ut¡l¡zzata la l¡ngua locale. Questo fu senz'altro uno de¡ pr¡nc¡pal¡ mot¡v¡ per ¡l quale ¡l cr¡st¡anes¡mo s¡ d¡ffuse molto rap¡damente tra gl¡ sloven¡ e c¡ furono poche r¡volte contro la nuova fede. V¡rg¡l¡o fu ¡nv¡tato p¡~ volte dal duca carantano Hot¡m¡r ¡n Carantan¡a ¡n modo da confermare con la sua presenza la nuova fede. San V¡rg¡l¡o non r¡usci a v¡s¡tare la Carantan¡a, ma ¡nv¡o ¡l propr¡o vescovo Modesto ed un gruppo d¡ pret¡ m¡s-s¡onar¡ (Smol¡k, 2000, 448). Con la sua att¡v¡ta m¡s-s¡onar¡a San V¡rg¡l¡o d¡ffuse ¡l cr¡st¡anes¡mo f¡no all'od¡erna Ungher¡a. Il santo era anche un uomo prat¡co e fece r¡apr¡re d¡verse m¡n¡ere ne¡ d¡ntorn¡ d¡ Sal¡sburgo e fondo ¡l monastero d¡ Kremsmünster. Nel corso de¡ secol¡ ¡l santo fu d¡ment¡cato. Nel XII secolo la ch¡esa che lu¡ stesso ed¡f¡co fu demol¡ta per far posto ad una nuova bas¡l¡ca ed ¡n quell'occas¡one fu r¡tro-vata la sua tomba. Da allora fu cons¡derato santo e la sua sant¡ta fu confermata dal papa Gregor¡o IX ¡l 10 g¡ugno 1233. Dal XII secolo ¡n po¡ s¡a San Ruperto che San V¡r-g¡l¡o sono cons¡derat¡ patron¡ della d¡oces¡ d¡ Sal¡sburgo. A test¡mon¡anza della d¡ffus¡one del cr¡st¡anes¡mo attraverso la d¡oces¡ d¡ Sal¡sburgo es¡stono nell'od¡erna Sloven¡a sette ch¡ese consacrate a San Ruperto ed almeno una qu¡nd¡c¡na d¡ local¡ta con ¡l nome der¡vante da San Ruperto. I due sant¡ ¡ncom¡nc¡ano ad essere raff¡gurant¡ sulle monete sal¡sburghes¡ ¡n modo netto e prec¡so dal XVI secolo (Probszt, 1959, 64), quando ¡l modulo delle monete s¡ fa p¡~ largo con l'¡ntroduz¡one del tallero. Tal¡ monete danno molto spaz¡o a belle ed elaborate raf-f¡guraz¡on¡ che rappresentano ¡ due sant¡ con ¡ loro r¡-spett¡v¡ attr¡but¡: San Ruperto con un bar¡le d¡ sale e San V¡rg¡l¡o con ¡n mano la cattedrale d¡ Sal¡sburgo da lu¡ ed¡f¡cata. Per togl¡ere ogn¡ dubb¡o r¡guardo a¡ due pa-tron¡, quest¡ vengono d'ora ¡n po¡ spesso attorn¡at¡ anche dalla scr¡tta: SANCT RVDBERTVS EPVS SANCT VIRGILIVS. S¡ccome San V¡rg¡l¡o fu proclamato santo propr¡o sotto l'ep¡scopato d¡ Eberhard II (Smol¡k, 2000, 448), potremmo anche azzardare l'¡potes¡ che le monete raf-f¡gurant¡ due teste d¡ vescovo volessero ¡n qualche modo celebrare tale ¡mportante evento. In ogn¡ caso due sono ¡ sant¡ (vescov¡) protettor¡ della d¡oces¡ d¡ Sal¡sburgo e due sono ¡ vescov¡ raff¡gurat¡ sulle monete del vescovo sal¡sburghese Eberhard II. Tale fatto lasc¡a poco spaz¡o ad eventual¡ dubb¡. CONCLUSIONI Il denaro oltre che essere un ¡mportante s¡mbolo d¡ per se stesso e anche un eccellente ve¡colo per ¡ s¡mbol¡. Le monete sono fatte per c¡rcolare fra la gente e ch¡ ha ¡l potere d¡ emetterle sa ben¡ss¡mo che quello che sara raff¡gurato su d¡ esse sara v¡sto da m¡gl¡a¡a d¡ persone. Nel med¡o evo, quanto non es¡stevano mezz¡ d'¡nfor-maz¡one d¡ massa, le monete erano senz'altro uno de¡ poch¡ strument¡ d¡ comun¡caz¡one che ragg¡ungevano quas¡ tutta la popolaz¡one. Nel XIII secolo ¡l cr¡st¡a-nes¡mo s¡ trovava all'ap¡ce della sua potenza. Quas¡ tutt¡ ¡ popol¡ europe¡ erano orma¡ cr¡st¡an¡zzat¡ e la teolog¡a, ¡nsieme all'arte cr¡st¡ana aveva ragg¡unto de¡ l¡vell¡ molto alt¡. Le monete dell'epoca anche nell'area trattata r¡spec-ch¡avano tale s¡tuaz¡one e furono ut¡l¡zzate spesso per d¡ffondere ¡l messagg¡o cr¡st¡ano. Su d¡r¡tto della moneta e normalmente ¡nc¡so ¡l possessore del d¡r¡tto d¡ con¡o. Sul rovesc¡o ¡nvece trov¡amo una lunga ser¡e d¡ s¡mbol¡ p¡~ o meno ch¡ar¡. La magg¡oranza de¡ s¡mbol¡ ut¡l¡zzat¡ sulle monete med¡oeval¡ sono ovv¡amente s¡mbol¡ cr¡-st¡an¡ e per la gente d¡ allora d'¡mmed¡ata comprens¡one. I s¡mbol¡ r¡mandano a Cr¡sto, alla Verg¡ne, alla Ch¡esa, alla Gerusalemme celeste o terrena, agl¡ angel¡, a¡ sant¡ ed a¡ patron¡ local¡. Per le monete fr¡sacens¡ c¡ fu un enorme produz¡one fatta ¡n d¡verse zecche, la magg¡oranza delle qual¡ opero per c¡rca un secolo. Questa enorme produz¡one forse peso sulla qual¡ta dell'¡nc¡s¡one che spesso non e delle m¡gl¡or¡. Al contrar¡o la produz¡one delle monete aqu¡-le¡es¡, tr¡est¡ne e lub¡anes¡ sp¡cca per la qual¡ta con la quale furono prodotte. S¡a le monete scodellate che quelle fr¡sacens¡ sono p¡ccole con un d¡ametro della larghezza d¡ c¡rca un cent¡metro. C'e dunque poco spaz¡o per delle raff¡guraz¡on¡ grand¡ o complesse o per delle scr¡tte lunghe. Gl¡ ¡nc¡sor¡ s¡ntet¡zzarono al mas-s¡mo ¡l messagg¡o che volevano dare. Questo fa si che a volte per no¡ l'¡nterpretaz¡one de¡ s¡mbol¡ ¡nc¡s¡ e alquanto d¡ff¡coltosa. Le monete prese ¡n cons¡deraz¡one sono quelle che sono d¡ p¡~ fac¡le ¡nterpretaz¡one anche se come v¡sto p¡~ sopra ¡n qualche caso non tutto e cosí ch¡aro come sembra. Es¡stono molte altre monete fr¡sacens¡ che quas¡ certamente raff¡gurano de¡ sant¡4 ma senza r¡fer¡ment¡ 4 Per citare alcune faccio riferimento al rovescio di alcune monete catalogate secondo Pogačnik NV ai numeri 71, 93 (e simili), 95 (e simili), 109 (e simili), ecc. scritti nella legenda, senza aureola e senza alcun at-tributo preciso. La venerazione dei santi era nel medio evo molto diffusa ed ogni comunita aveva un suo patrono. La raffigurazione dei santi e presente non solo sulle monete dei chierici ma bensi anche sul quelle dei nobili laici. Infatti sia per gli uni che per gli altri era importante raffigurare sulle proprie monete il santo protettore della citta (o della regione) nella quale le monete furono coniate. SVETI LOKALNI PATRONI NA NEKATERIH DENARJIH IZ OGLEJA, TRSTA, LJUBLJANE, ŠENTVIDA IN BREŽ NA KOROŠKEM Andrej ŠTEKAR IT-34151 Trst, Alpinska ulica 32 e-mail: andrej.stekar@tin.it POVZETEK Prispevek kaže na pomen, ki so ga v XIII. stoletju imeli krščanski simboli na srednjeveškem denarju, ki je krožil na območju, ki je zaobjemalo današnjo Furlanijo, Slovenijo, Koroško in Štajersko. V članku je predstavljenih osem breških in skledastih novcev, ki so jih kovali solnograški nadškof Eberhard II. (1200-1218), oglejski patriarh Gregorio iz Montelonga (1251-1269), tržaška škofa Corrado Tarsot iz Čedada (1213-1230) in Volrico de Portis (1233-1254) ter koroški vojvoda Bernard (1202-1256). Na teh novcih so precej jasno razvidni lokalni zavetniki in svetniki. Originalni viri, ki bi izrecno govorili o razlogih, ki so bili povod za uporabo določenih simbolov na srednjeveških novcih, kovanih na zgoraj omenjenem območju, ne obstajajo. V svoji študiji iz leta 1913, ki jo je sicer težko dobiti, je Ferdinand Friedensburg analiziral na srednjeveških kovancih upodobljene simbole, vendar je v razlagi precej splošen. Sodobni numizmatiki pa so se v glavnem samo bežno zaustavili pri razlagi simbolov na naših novcih. Na skledastemu denarju, ki ga je izdal oglejski patriarh Gregorio iz Montelonga, je na sprednji strani novca upodobljen patriarh, na zadnji strani novca pa sta vidni dve stoječi figuri, in sicer škof in diakon. Oba držita ferulo (križ). Bernardi razlaga, da ti figuri predstavljata zavetnika oglejske škofije, sv. Mohorja, ki izroča ferulo novoizvoljenemu patriarhu Gregoriu. Teza je slonela na razlagi beneških novcev iz istega obdobja, kjer v podobni pozi sv. Marko izroča zastavo beneškemu dožu. Upoštevajoč da bi bila upodobitev patriarha na obeh straneh denarja velika izjema, avtor prispevka razlaga, da predstavljata stoječi osebi zavetnika škofa sv. Mohorja (s škofovskimi atributi) in diakona sv. Fortunata (z atributi diakona). Na dveh tržaških skledastih denarjih, ki sta ju kovala škofa Corrado Tarsot in Volrico de Portis, je na sprednji strani novca upodobljen sedeči škof, na zadnji strani novca pa je v prvem slučaju upodobljen po vsej verjetnosti lokalni patron sv. -ust. V tem primeru je težko biti bolj natančen, saj upodobljena figura, ki stoji pod tremi stolpi, nima jasnejših atributov, razen ferule. Lahko bi bila tudi upodobitev Kristusa, medtem ko bi stolpi predstavljali Nebeški Jeruzalem. Na drugem tržaškem denarju je pečatorezec upodobil stoječo figuro s svetniškim sijem, ki v desnici drži palmovo vejco (simbol mučeništva), v levi pa na prsih drži knjigo. Svetnik je postavljen med dva stolpa. Zavetnik Trsta, sv. -ust, je umrl mučeniške smrti. Legenda pravi, da so ga Rimljani utopili, ker ni hotel zatajiti svoje vere. Zato drži upodobljeni zavetnik mučeniško palmo v desnici. Denar, ki ga je izdala po vsej verjetnosti tržaška občina v drugi polovici XIII. stoletja, ima na zadnji strani novca isto upodobitev tržaškega zavetnika, s tem da je v legendi jasen in nedvoumen napis SANTVS IVSTVS. Koroški vojvoda Bernard je koval v svoji kovnici v Šentvidu na Koroškem breške denarje, na katerih je na sprednji strani novca upodobljen vojvoda, ki drži v obeh rokah zastavi, medtem ko je na zadnji strani novca upodobljeno doprsje z rimsko tuniko. Doprsje je upodobljeno pod obokom, ki ima na obeh straneh lilijo. Nad obokom je graviran križ. Na drugem breškem denarju, ki ga je ravno tako koval vojvoda Bernard, je na sprednji strani novca upodobljen vojvoda v vojaški opremi s čelado na glavi, na zadnji strani novca pa je upodobljena glava s krono in napisom SANT VEIT. V zvezi z upodobitvijo sv. Vida na prvem novcu hrani mestni muzej v Šent Vidu na Koroškem pečat, na katerem je ista upodobitev svetnika, kateremu je pečatorezec upodobil tudi dve črki SV na vsako stran doprsja, kar nedvomno pomeni Sanctus Vitus. Kot zanimivost navaja avtor dejstvo, da je v Sloveniji kar 76 cerkva posvečenih sv. Vidu. Pasijon sv. Vida nima nobene zgodovinske vrednosti, čeprav se zdi, da naj bi se svetnik rodil na Siciliji. Nekateri izvedenci trdijo, da so bile cerkve, posvečene svetemu Vidu, zgrajene na krajih, kjer so Slovani častili poganskega boga Svetovita. V Svetem rimskem cesarstvu je bil sv. Vid državni zavetnik in kot tak upodobljen s kraljevimi insignijami. Na zadnji strani novca drugega breškega novca je vidna prav taka upodobitev svetnika s kraljevo krono. Koroški vojvoda Bernard je koval skledaste denarje v ljubljanski kovnici. Na enem izmed teh denarjev je na sprednji strani novca upodobljen sedeči vojvoda, ki drži v levici lilijo, v desnici pa nedoločen okrogel predmet. Na zadnji strani istega denarja je upodobljena sedeča moška figura z brado, ki drži v desnici ključ, v levici pa ima knjigo s petimi pikami, in ki naj bi predstavljala sv. Petra. Ob straneh svetnika sta upodobljena dva manjša stolpa in nad desnim stolpom križ. Ni povsem jasno, če svetnik stoji ali sedi. Dve luneti, ki sta vtisnjeni na višini kolen, naj bi dajali vtis, kot da je graver hotel upodobiti sedečo osebo. Avtor postavlja tezo, da bi lahko dva stolpiča interpretirali kot naslona prestola. Podobna upodobitev je vidna v mozaiku cerkve sv. Prudenziane v Rimu (V. stoletje). Sedeti v »katedri« pomeni imeti oblast in moč učenja, potrjevati in voditi krščansko občestvo. Drugi simbol sv. Petra so ključi, ki predstavljajo odpiranje in zapiranje vrat v nebeško kraljestvo. Sv. Peter je vedno upodobljen z brado in tudi na ljubljanskem denarju je tako. Do ustanovitve ljubljanske škofije leta 1461 je bila župna cerkev posvečena sv. Petru. Koroški vojvoda je torej upodobil na svojih novcih mestnega patrona tako, kot so tržaški škofje upodabljali svojega. Solnograški nadškof Eberhard II. je na nekaterih svojih novcih, ki jih je koval v Brežah na Koroškem, upodobil dve škofovski glavi. Na prvem novcu, ki je opisan, je na sprednji strani novca upodobljen škof Eberhard, na sprednji strani novca pa sta upodobljeni dve glavi s škofovsko mitro in dve okrasni šesterokraki zvezdi. Drugi novec ima na zadnji strani upodobljenega škofa s škofovsko palico in s ferulo. Nad škofovsko glavo je upodobljen polmesec in nad njim majhen križ. Na zadnji strani novca sta upodobljeni dve škofovski doprsji in med njima večji križ. Upodobitev dveh škofov skoraj gotovo predstavlja dva svetnika - zavetnika solnograške nadškofije, sv. Ruperta in sv. Virgila. Oba svetnika sta prihajala z Irske, čeprav je bil sv. Rupert po vsej verjetnosti doma iz Porenja. Sv. Rupert je bil misijonski škof, ki je ustanovil mesto Salzburg. Sv. Rupert se je zavzemal tudi za pokristjanjevanje Slovencev, ki so mejili na Bavarsko. Evangelizacija Slovencev se je nadaljevala tudi pod sv. Virgilom, ki je nasledil škofovsko mesto sv. Ruperta. Virgil je bil pravi Irec in je med drugim poslal sv. Modesta v Karantanijo. Na sv. Virgila so skozi stoletja pozabili. V XII. stoletju so cerkev, ki jo je dal zgraditi, podrli, da bi zgradili novejšo. Ob tej priliki so odkrili njegov grob. Od takrat se je njegovo čaščenje znova razširilo in od XII. stoletja dalje sta sv. Rupert in sv. Virgil čaščena kot zavetnika solnograške škofije. Svetnika sta jasno in nedvomno upodobljena na solnograškem denarju šele od XVI. stoletja dalje, ko so začeli kovati večji oziroma širši denar, to je tolarje, in je bilo na razpolago več prostora za jasno in lepo upodobitev svetnikov in njihovih atributov. Sv. Virgil je bil javno razglašen za svetnika ravno v obdobju, ko je škofovsko mesto zasedal Eberhard II. Iz tega bi lahko sledilo, da je škof Eberhard želel proslaviti razglasitev svetnika z izdajo denarja, na katerem sta upodobljena oba zavetnika solnograške škofije. V XIII. stoletju je bilo krščanstvo na višku svoje moči. Skoraj vsa evropska ljudstva so bila pokristjanjena in krščanska umetnost in teologija sta dosegli zelo visoko raven. Denar iz tega obdobja izraža to stanje in kot takega so ga uporabljali za širjenje krščanskega sporočila. Na sprednji strani novca je ponavadi upodobljen imetnik kovne pravice. Na zadnji strani novca pa so gravirani razni krščanski simboli. Večina teh simbolov je bila za ljudi tistega časa jasna in razumljiva. Simboli na denarju so predstavljali Kristusa, Marijo, Cerkev, Nebeški Jeruzalem, angele, svetnike in lokalne zavetnike. Breški denar je bil skovan v zelo velikih količinah. Kovalo je več kovnic, izmed katerih je večina delovala približno stoletje. Velika količina je mogoče botrovala dejstvu, da je kvaliteta skovanega denarja slaba. Zelo kvalitetni in oblikovno dovršeni pa so bili skledasti novci, ki so bili skovani v Ogleju, Trstu in Ljubljani. Vsi ti novci so zelo majni in imajo premer približno enega centimetra. Na tako majhni površini je seveda malo prostora za večje upodobitve ali za daljše napise. Kovničarji so morali zato zelo sintetizirati simbol, ki so ga želeli upodobiti, kar pa nam otežkoča pravilno interpretacijo. Ključne besede: breški in skledasti denar, krščanska simbologija, srednji vek FONTI E BIBLIOGRAFIA Bernardi AQ - Bernardi, G. (1975): Monetazione del patriarcato di Aquileia, Trieste, Edizioni LINT. Bernardi TS - Bernardi, G. (1995): Il duecento a Trieste. Le monete, Trieste, Giulio Bernardi Editore. CNA - Koch, B. (1994): Corpus Nummorum Austriaco-rum, Band I. Mittelalter, Wien, Kunsthistorisches Museum. Luschin - Luschin v. Ebengreuth, A. (1922): Friesacher Pfennige, Beiträge zu ihrer Münzgeschichte zur Kenntnis ihrer Gepräge, Wien, Numismatische Zeitschrift, 56. Pogačnik NV - Pogačnik, A. 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