Abbuonamento annuo fiorini 4 semestre f.r 2. Pagamenti antecipati. Per un solo numero soldi 20. Rivolgersi per gli annunzi alVAmminis. Redazione ed Amministrazione Via EUGENIA casa N.ro 334 pianterreno. Il periodico esce ai 10 e 25 d’ogni mese. Lettere e denaro devono dirigersi franchi all’Amministrazione Si stampano gratuitamente articoli d’interesse generale. Avvisi in IV. pagina a prezzi da convenirsi e da pagarsi antecipatamente. Non si restituiscono i manoscritti. Excelsior____ Bella, magnifica, santa idea, ma idea. Ne’ difficili tempi che corrono, a nostro sommesso modo di opinare, il voler attuarla sarebbe non solo atto ardito, ma oltremodo pericoloso. Ne fornisce la prova più manifesta il fatto, che anche gli apostoli della grande Croazia, gli Starcevich in diciottesimo, che agitano e seminano discordie in Provincia, vagheggiano da lungo la progettata fusione, e attendono ansiosi che venga realizzata. I nostri confratelli dell’ “Istria,, e della “Provincia» hanno ragione, oggi conviene limitare l’affetto fraterno a stringere sempre più i vincoli morali, che ci uniscono a Trieste ed a Gorizia, per combattere il comune nemico, che forte di eccelsi sostegni, è più vivo e risoluto che mai. Di fronte alla guerra accanita che ci muove, convien prendere in seria considerazione i pericoli, che potrebbe recar seco l’amalgama delle tre Diete, affinchè i nostri figli non ci rimproverino un giorno di aver agito avventatamente, di non aver saputo preservare il paese da lotte, che costarono fatiche e sacrifici sommi ai nostri padri per difendere e serbare intatti i nostri diritti. Sappiamo che pel partito clericalecroato ogni arma è buona; onde schiviamo se possibile, di porgli in mano quella affilata a due tagli dell’ accomunamento delle Rappresentanze provinciali, di cui non si possono prevedere le conseguenze, che potrebbero riuscire funeste. Uniamoci, sì, moralmente ai nostri fratelli con tutta la forza che può derivare dalle stesse aspirazioni, ma intanto ci basti il mantenerci italiani senz’ abbandonare le attuali posizioni. Colle aure che spirano, limitiamoci a sostenere come assennatamente consiglia il nostro illustre Luciani, la lotta unguibus et rostris per difendere il patrimonio sacro della nostra lingua e della nostra nazionalità, coi mezzi che ci consente il presente stato di cose e la legge. „Lo esigono" egli dice, „il dovere, l’interesse e 1’ onore ; chè, come lasciò scritto Plutarco, maggiore infamia ad un popolo è il perdere la lingua che la libertà." Lo stemma di Capodistria illustrato dal lato mitologico e poetico. A tutti i cortesi miei Lettori sarà, senza dubbio, noto che la città di Capodistria, perchè situata sopra un’isoletta che ha la forma di un gigantesco scudo, fu chiamata anticamente Egida, voce greca che significa appunto scudo: e che perciò anche lo stemma della città si è F Egida, che sarebbe propriamente lo scudo di Giove, con suvvi la testa di Medusa. Non però tutti avranno un’ idea chiara e precisa del significato mitologico e poetico di quello strano ed orrendo ceffo. Ci lusinghiamo perciò che questi brevi cenni, forse non del tutto privi di qualche importanza, saranno generalmente graditi. Quando noi eravamo bimbi, e in cielo s’addensavano fosche nubi, foriere di tempesta, cariche di elettricità che sprigionavasi in lampi e tuoni, e ne seguiva dirotta pioggia o grandine, accompagnate da un subisso di vento ; allora impauriti ci stringevamo alle sottane della mamma o della nonna, le quali, atteggiando il volto a serietà, ci venivano dicendo che Iddio mandava il temporale perchè noi eravamo cattivi, e che il tuono era la voce di lui adirata per le nostre prepotenze, pei nostri peccati, e che bisognava promettere di diventare buoni, affinchè cessasse quel fracasso. E noi ci credevamo. Ad ogni modo noi non pretendiamo ad infallibilità e per ciò apriamo volonterosi le colonne del nostro periodico a chiunque brami sviluppare in un senso o nell’ altro i suoi pensieri nella questione, affinchè sia posta nella massima luce ed il paese possa giudicarne con piena conoscenza di causa. --------------------=3=^*3«===»-------------------- Riproduciamo integralmente dal giornale „La Difesa“ di Spalato (Anno I, N. 32, Venerdì, 1 corr. Agosto) il seguente sennato articolo, che riguarda le attuali condizioni politiche del Litorale e più specialmente dell’Istria nostra: COME IH DALIAZIA!.. „I meno eruditi di storia contemporanea austriaca possono affermare che il noto programma politico del conte ministro ha avuto un successo completamente negativo. La conciliazione — idealità da poeta umanitario e non da statista positivo — ha avuto per effetto immediato, logico, irrimediale la dissensione più acre, più intollerante fra le varie nazionalità, che costituiscono dell’impero un imparagonabile mosaico etnografico. La Boemia, la Moravia e la Dalmazia, tristamente addita-bili per fiere lotte intestine, avvalorano quest’ asserto. L’equiparazione, derivante dalla libera, incondizionata applicazione della forma costituzionale, è ormai divenuta un’ inverosimiglianza. L’ elezioni politiche, un po’ da per tutto, assumono il carattere di finzioni legislative. Ai liberali austriaci, di fronte alle reità, alle intemperanze, alle prepotenze avversarie non è consentito, infine, che un solo diritto : quello del silenzio. Come dunque si potrebbero spiegare gli ultimi, deplorevoli avvenimenti della Boemia, della Moravia e della Dalmazia senza ritenerli la probabile conseguenza della tacita approvazione e della palese protezione di chi è al potere ? Come si potrebbe essere ottimisti sul tanto vantato programma conciliativo, quando invece si è indotti ad arguire che le cause d’incompatibilità politica e di intemperanza rappresentativa cominciarono appunto a verificarsi dal giorno in cui esso venne inaugurato ? Di fronte a questo stato di cose, alla certezza, cioè, che la tutela dei santi diritti nazionali non deve essere comunque affidata a fattori autoritarii, tutti gl’italiani dell’impero hanno quindi l’obbligo rigoroso, imprescindibile di rendersi custodi zelanti delle proprie prerogative politiche e di non indietreggiare e di non cedere dinanzi alle intemperanze dei sostenitori, fortunati e protetti, della pretesa conciliazione. Da qualche tempo a questa parte aumentano se-curi, gravissimi indizii, atti a provare che 1’ agitazione slava, con tutte le sue esuberanti tendenze, con tutti i suoi parossismi d’intransigenza, accenna ad invadere anche le provincie del Litorale e a provocare quelle identiche, malaugurate dissensioni, per le quali vennero brutalmente compromesse le più belle e ridenti lusinghe del nostro avvenire morale e materiele. Il movimento slavo, per la constatabile predilezione del governo, si rende, in fatti, ogni giorno più sensibile, minacciando di alterare la tradizionale tranquillità delle tre provincie a preteso vantaggio dei pochi croati dell’Istria e degli sloveni dell’intero Litorale. Egli è così che circa un anno fa si sono potute realizzare le frenesie di Matteria ; così che si sono avverati i recenti disordini di Gorizia e le reazioni salutari del Castuano ; così che si spiegano le intemperanze polemiche dell’ Edinost e le assurdità ri vendicatrici del partito della grande Croazia; così che si comprendono le aberrazioni di un Klaicli, denominante l’Istria terra croata, e Kopra la romana Capodistria. Gl’ italiani del Litorale, educati alla scuola efficace e non dolorosa dell’ altrui esperienza, hanno però il vantaggio di prevedere chiaramente, senza incertezze o illusioni, quale diverrebbe la loro posizione di fronte ai croati e agli sloveni, ove non opponessero un’ azione energica, vigorosa e compatta alle irruenze di questi. La Dalmazia, teatro adattato alle più ardite prestigiazioni politiche, alle più inverosimili sorprese elettorali, ha offerto agli italiani del Litorale questa lezione pregevolissima in linea di partito. Siamo stati noi — e lo diciamo anche per l’assicurazione di un nostro egregio amico dell’ Istria — che abbiamo appreso ai confratelli istriani e goriziani 1’ obbligo rigoroso di premunirsi in tempo, e con risolutezza e con costanza virili, dagli attacchi mai leali, di coloro, che affrettano coll’opera e col pensiero la costituzione di una grande Croazia. Ogni qualvolta un’intemperanza avversaria minaccia di compromettere le serene idealità politiche dei confratelli dell’ Istria, essi richiamano, infatti, urgentemente alla memoria le nostre vicende tristissime, e, alla stregua dei fatti e misfatti avvenuti tra noi, informano il loro contegno, il loro operato. La frase : come in Dalmazia ! equivale per i nostri consenzienti del Litorale al memento più pratico ed opportuno. È, invero, all’ esempio delle altrui sconfitte che si apprendono i doveri più imperiosi del patriottismo e quelle solerzie e quelle coztanze, che sono così indispensabili all’ affermazione secura dei propri diritti politici in un paese letificato dal reggime conciliativo del conte Taaffe. E noi — estremo, modesto conforto — siamo orgogliosi di aver cooperato a questo potente risveglio, che renderà malagevole, o, peggio, impossibile ai croati e agli sloveni la non pacifica conquista dell’ Istria e del Goriziano. Poiché se è vero, come abbiamo detto, che i moti panslavisti si accentuano rumorosi nelle vicine provincie e minacciano di provocare disordini gravi e irreparabili, è pur vero che i patrioti migliori, i vigili campioni del-1’ autonomia, non si lasciano sopraffare un solo minuto nè dall’inerzia, nè dallo scoraggiamento. Essi non vogliono che — come in Dalmazia — si perpetui 1’ eccidio dell’ elemento italiano ; che — come in Dalmazia — le città italianamente monumentali subiscano i saccheggi croatamente amministrativi ; che — come in Dalmazia — si effettuino le più inconcepibili mistificazioni storiche, le meno confessabili baratterie elettorali; che — come in Dalmazia — si proscrivano dal campo della pubblica operosità i cittadini più benemeriti ed integri ; che — come in Dalmazia — si in- Or bene, ciò che avveniva di noi bambini, accadeva di tutta 1’ umanità ne’ primordi della sua esistenza. Quel sentimento che provavamo noi allora, quel senso di timore e di rispetto che s’insinuava nel nostro piccolo animo e ci dominava tutti, doveva sorgere vivo e gagliardo anche nei petti degli uomini primitivi, 1’ imaginazione dei quali vagava senza freno, perchè favorita dall’ assoluta ignoranza di quelle leggi naturali che provocavano siffatti fenomeni, meravigliosi in uno e terribili. E così avvenne che ignorandone la vera causa, li si attribuissero ad un essere soprannaturale, al dio che imperava nel-1’ aria e nel cielo, al turbolento dominatore dell’ atmosfera, il sommo Iddio dell’ Olimpo, Giove. Così nacquero gli attributi di Giove : tonante e pluvio, raccoglier di nubi, amante del tuono e dei fulmini, e simili. Giove, come divinità della luce, dovette necessariamente combattere contro i Giganti, che sarebbero una personificazione delle tenebre ; gli faceva quindi d’ uopo di una lancia e di uno scudo ; e la popolare fantasia vedeva la prima nel fulmine, il secondo nella nera e densa nube annunziatrice del temporale. Ecco pertanto 1’ origine spontanea e naturale dell’Egida (in greco A’rp?), lo spaventevole ed infrangibile scudo di Giove, dal quale guizzano raggi di sinistra luce, e che — secondo la leggenda che andò di mano in mano formandosi —■ era opera di Efesto (Vulcano) il dio del fuoco, il divino fabbro sotterraneo. Vediamo ora che ne dicessero i poeti dell’ antichità, e come a quest’ Egida andasse Unito il capo di Medusa, Omero, antico poeta greco, che si vorrebbe vissuto circa 800 anni prima dell’ E. V., ci dice che Giove „adunator dei nembi" quando scaglia colla destra il lampo, scuote colla sinistra 1’ abbagliante egida, guer-nita di cento fiocchi o frange, „...........................orrenda, „ Che il Terror d’ ogn’ intorno incoronava. „ Ivi era la Contesa, ivi la Forza, „ Ivi 1’ atroce Inseguimento, e il diro „ Gorgonio capo, orribile prodigio „ Dell’ Egioco signore. Così ce la descrive il sovrano poeta al canto V dell’ Iliade. Nel canto XVII ei ci presenta una lotta tra Greci e Trojani, e racconta che avendo un’improvvisa caligine ricoperto i combattenti, ed azzuffandosi questi al buio, Giove, mosso dai preghi d’ Ajace, rimuove la nebbia: „ Allor di nubi „ Tutta fasciando la montagna idèa, „ Giove in man la fiammante egida prese, „ La scosse, e fra baleni orrendamente „ Tonando, ai Teucri di vittoria il segno „ Diè tosto, e sparse fra gli Achei la fuga. Altrove (Iliade c. XV) la terribile Egida è nelle mani di Apollo, dio della luce, il quale, per volere dpi padre Giove, scende dall’ Olimpo a ravvivare le forze di Ettore in lotta contro i Greci aiutati da Nettuno, dio del mare. , Così descrive Omero la scena, che noi citeremo (com fligga il bando stolto e inesorabile della lingua italiana dalle scuole, dagli uffici, dalla rappresentanza provinciale. Ed è appunto a questa lodevole fermezza di propositi, a questo additabile civismo che devesi la costituzione, applauditissima, della Società politica istriana, istituto cui fecero solerte adesione quanti sono gli istriani gelosi delle proprie prerogative nazionali e civili. E per questa necessità di legittima difesa che nel goriziano si sta egualmente istituendo una società politica, la quale ha già incontrate le più vive simpatie da parte di tutti i liberali. È per corrispondere a questa cosciente missione che il dr. Amoroso, a nome della maggioranza, nella quarta seduta dell’ ultima sessione di et al e istriana, fece la nota patriottica dichiarazione, tendente a guarire radicalmente le frenesie oratorie dell’ on. Spincich e compagni, frenesie che, tollerate, avrebbero, coll’ andar del tempo, convertita la Dieta istriana in arena di scandali. È, finalmente, per raggiungere questa nobile mèta che da tutti i giornali indipendenti del Litorale viene caldamente propugnata quella santa lega nazionale contro cui devono frangersi, inutilmente, i marosi del croatismo. L’opera iniziata dagli italiani del Litorale è, insomma, altamente encomiabile ; e noi ci auguriamo che sia feconda ai nostri fratelli di quelle ampie e legittime soddisfazioni, che per noi, tollerati stranieri in casa nostra sono divenute un lontano ricordo, una addolorante utopia. “ ---------------------------------------------------- La paga dei maestri Le frequenti e, pur troppo, fondatissime lagnanze del personale insegnante delle nostre scuole popolari per la povera e, quasi non dissi, ironica retribuzione che hanno le sue fatiche, stringo il cuore di doppio dolore, chi da un lato conosca le difficoltà economiche attuali, e dall’ altro le fatiche di un ministero,che non può imaginare chi non le abbia esperite. E l’impossibiltà in che versa la Provincia di elevare gli emolumenti dei maestri per lo meno alla stregua degli impiegati più umili dello Stato, degl’ impiegati dell’ undecima classe, rende la loro posizione disperata di ogni meglioramento, se forse non si venga alla risoluzione, che ogni Comune stipendii i propri maestri, e di questi quel tal numero soltanto, che esso Comune possa retribuire con un salario che non sia un insulto. Imperocché tutto il di più non sia che un far pompa di miseria ; non sia inoltre che uno spreco di denaro. Sissignori, anche uno spreco di danari; giacché un solo maestro bene retribuito, e però contento del proprio stato, e, ora che l’essere sta nell’avere, stimato dai cittadini, darà migliori risultati nella coltura di una popolazione, che tre maestri affamati, straccioni, avviliti. E che ciò non sia un paradosso, ve lo dica ognuno che sa che significhi istruire. Chi può vivere, ma niente altro che vivere, è il maestro che non ha famiglia. Qui parrebbe ovvia la conclusione, che dunque i maestri non prendano moglie. Ma per non dire che l’adoperarsi a questo scopo saria come parlare ai sordi, sarebbe di più un danneggiare la scuola, per ciò che un uomo, scapolo per necessità, non sia il più assiduo e paziente istruttore, nè molte volte, specie nelle scuole miste, il più adatto educatore ; e i lettori mi vorranno far grazia dei motivi. Che dunque? Pei maestri che hanno famiglia, non c’ è rimedio che nella generosità delle famiglie che hanno dei bambini a scuola. Credano queste famiglie, che i regali che faranno ai maestri (e qui si prega di crederci sulla parola, che chi scrive non le altre) dalla stupenda traduzione del Monti : „ Allor primieri „ E serrati fèr impeto i Trojani. „ Li precede a gran passi camminando „ L’ eccelso Ettorre, e lui precede Apollo, „ Che di nebbia i divini omeri avvolto, „ L’irta di fiocchi, orrenda, impetuosa „ Egida tiene, di Vulcano a Giove „ Ammirabile dono, onde tonando „ I mortali atterrir. Con questa al braccio „ Guidava i Teucri il Dio contro gli Achei. La lotta si fa sempre più accanita da ambe le parti: „ Infin che immota „ Tenne 1’ egida Apollo egual fu d’ ambe „ Parti il ferire ed il cader. Ma come „ Dritto guardando V agitò con forte „ Grido sul volto degli Achei, gelossi „ Ne’ lor petti 1’ ardire e la fortezza. „ . . gli Achivi costernarsi; e Apollo „ Tra lor spargea lo spavento, i Teucri „ Esaltando ed Ettorre. Allor turbata „ L’ ordinanza, seguia strage confusa. Anche la dea Minerva (la Pallade Atena dei Greci), la bellicosa figlia di Giove, combatte armata dell’ egida, la quale però le serve di corazza al petto. Tale ce la descrive Omero nel II libro dell’ Ilìade, mentri essa gira è un maestro) saranno atti di carità meritoria quanto qualunque altra carità, anzi più di qualunque altra carità, perchè il debito di giustizia è qui più forte e più evidente che negli altri casi. I maestri che non hanno ancora una famiglia, si contengano per qualche anno (via, diceva a Renzo don Abbondio, qualche anno non è poi 1’ eternità!) e non avranno a pentirsi. Ci sono in Istria parecchie buone giovani, econome e provedute sufficientemente a denari, nelle quali, se daranno tempo al tempo, può essere di leggeri che si avvengano, e alle quali per la posizione e il savio contegno riescano graditi. Cioè una capanna e il tuo cuore va bene, quando per il suo contrario s’intenda un palazzo senza il cuore : ma se poteste avere un cuore e una casetta ? Per non dire che le angustie della capanna impediscono maledettamente 1’ espansione del cuore, e che l’ideale, ridotto ad abitare un tetto di paglia, immiserisce, e diventa una ben povera cosa. Anche avviene, che a volte l’ideale faccia un buco nella paglia, e se ne vada a diporto in più spirabil aere, in più vasti orizzonti. Da parte nostra facciamo voti che le Autorità Scolastiche non permettano affatto ai Sottomaestri il matrimonio ; così avverrà più difficilmente che i giovani candidati al Magistero scelgano la sposa ancora studenti coi criteri manchevoli di quella età, e si rovinino economicamente per tutta la vita. La nostra gita a Umago La prima Domenica di agosto, all’ una e mezzo del pomeriggio, un centinaio di Oapodistriani partivamo di qui col P. P. Vergerlo alla volta di Umago, per assistere ad una publica festa di quella Società operaia di Mutuo Soccorso, e per fare in quell’ incontro una visita agli Umagliesi. La partenza seguiva al suono di una briosa marcia eseguita dalla banda cittadina, che prese parte alla gita ; e quella musica fu come la nota del buon umore, che in breve dominò la comitiva. La giornata era calda ; ma un fresco vento di Maestro serviva egregiamente ad ammorzare gli ardenti raggi del soffione, a rendere più mite il calore delle ore meridiane. In breve arrivammo a Pirano ; ed il Vergerlo poggiando lentamente lungo la riva, si fermò dinanzi al molo per mandar un saluto alla Città consorella. — Un’ora appresso eravamo nel porto di Umago dopo un viaggio dei più deliziosi. ta Ricevuti con affettuosa accoglienza dai membri del Comitato, entrammo uniti in Città, preceduti dalla nostra banda, che vestiva l’elegante uniforme ; e sostemmo al Municipio. Dalle vicine città e borgate erano già arrivati numerosi ospiti, e tra questi vari amici e conoscenti; per cui uno stringer di mani, uno scambiar di saluti, una generale manifestazione di piacevole sorpresa di trovarci riuniti. Quindi, dieci di qua, venti di là, secondo che ci univa 1’ amicizia o la combinazione. Intanto era arrivata una gita di Piranesi, e si rinnovarono saluti e strette di mano ; la Città si animava d’insolita vita, era un via vai di forestieri, e ad ogni passo s’incappava in vecchie e nuove conoscenze. Da ultimo arrivò un vapore da Trieste con oltre ducente gitanti. co La festa incominciò con un publico giuoco di Tombola. La piazza del Duomo, dove era eretto l’impalcato col cartellone, riboccava di gente ; e le finestre delle case circostanti guernite di belle fanciulle attiravano gli sguardi e 1’ attenzione. — Il giuoco passò tra tra le file dei re greci, che stanno preparandosi alla guerra. „............................Errava „ Minerva in mezzo, e le splendea sul petto „ Incorrotta, immortai la preziosa „ Egida da cui cento eran sospese „ Frange conteste di finissim’ oro, „ E valea cento tauri ogni gherone. „ In quest’ arme la Diva folgorando „ Concitava ne’ petti, e li facea gagliardi „ A pugnar fieramente e senza posa. A questa descrizione forse s’ispirava Fidia, il sommo scultore dell’ antichità greca, del quale sono ricordate molte statue di Atena ; erano specialmente ammirate sull’ Acropoli di Atene due statue: una gigantesca in bronzo raffigurante Atena propugnatrice (Tupóga^o?), che sopravanzava col cimiero e colla punta della lancia gli edilizi vicini ; un’ altra che prendeva il nome di Atena Partenos (la dea Vergine) posta nel Partenone — meraviglioso tempio, chiamato dal Braun „il plastico poema di Fidia" — il petto della quale era coperto dell’ egida, nel cui mezzo era effigiato il capo anguicrinito di Medusa. Misurava questa colossale statua ben dieci metri di altezza, ed era tutta fatta d’ avorio e d’ oro, chiamata perciò crisoelefantina. Secondo Erodoto (nel libro IV, capo 189 della sua storia) l’origine dell’ Egida di Minerva è da cercarsi nella foggia di vestire delle donzelle libie, saeer- le solite emozioni dei giocatori e meglio delle gioentrici appassionate, e l’attenzione distratta dei più. Nè mancarono le sonore risate e le imprecazioni per i falli — ahi, troppo frequenti — di qualche strillone sfiatato, nè i soliti fischi per le vincite non pagabili ! Frattanto la banda dei Signori di Seghetto avea preso posto sulla piazza da presso alla nostra ; e quando il giuoco ebbe fine, incominciò il Concerto musicale che durò circa due ore, e fu sostenuto con programma alternato dalle due bande. Non facciamo qui confronti, che non reggerebbero, fra la nostra giovane banda e quella di Seghetto più numerosa, provetta in arte e già in fama di valente. Il nostro giudizio è presto fatto : superò ogni nostra aspettativa, quantunque prevenuti della sua valentìa. — E non possiamo a meno di plaudire ai Signori fratelli de Franceschi, i quali senz’ ombra di affettazione e colla naturalezza di chi lo fa senza uno sforzo, sonavano ad una cogli agricoltori loro dipendenti e dei quali è composta l’intiera banda. Simili atti di ben intesa democrazia non si riscontrano tanto di frequente, e vanno perciò registrati fra le molteplici benemerenze di quella illustre famiglia. La nostra banda fece del suo meglio per reggere al difficile paragone e sonò bene. Tant’ è che riscosse applausi ad ogni numero e 1’ ammirazione di tutti, quanti seppero che non conta ancora un anno di vita. E quando intonò il patriottico „Inno di S. Giusto“ s’ebbe un subisso di battimani. o) Nel mentre, era calata la notte e la gente si riversava alla riva per vedere l’illuminazione e i fuochi d’artificio. Il porto offriva un bel colpo d’occhio: la diga era illuminata da spessi fuochi di bengala, e tutto intorno la costiera era rischiarata da altri vivissimi fuochi. I razzi salivano frequenti, con manifesto stupore del popolo non troppo avezzo alle sorprese di quei fulgori, e 1’ allegria era generale. Intanto partiva la gita di Trieste ; mezz’ ora più tardi partirono i Piranesi. Noi fummo gli ultimi. to Sul largo della riva, fantasticamente rischiarata dalla luce confusa dei bengala a più colori, c’ era tutta la popolazione. Spiccava tra i primi la simpatica figura del Primo Cittadino, circondato dai membri del Comitato e dalle notabilità del luogo e dei paesi vicini. Presso al vapore s’erano riuniti intanto i Bujesi per darci essi pure un fraterno saluto, e facevano risonar 1’ aria dei loro canti prediletti. Le strette di mano, i saluti, i ringraziamenti per la festosa accoglienza non avevano fine. E poi che fummo sul vapore, incominciarono gli evviva a Umago, a Capodistria, a Buje, all’ Istria, alla Patria ; ed era un continuo agitar di fazzoletti q di cappelli, e un salutar di mani, mentre un coro di cento voci rispondeva ad ogni evviva. E quando il vapore prese il largo e più non giungevano distinte a terra le nostre voci, la banda intonò una marcia, e fu il saluto d’addio corrisposto dagli ultimi razzi gettati dalla diga. (JL) Era una bella notte di plenilunio, e l’astro romito nella pienezza del suo splendore specchiavasi superbo sulla tersa superficie del mare. Il Vergerlo avanzava veloce, e solo il rumore cadenzato dell’ elica rompeva il maestoso silenzio della notte. — Poi, quando ci riavemmo un po’ dall’ emozione provata nel separarci da quei cari conterranei, la conversazione si rianimò e non mancarono i canti e la musica. — Dinanzi a Pirano si accesero nuovi fuochi bengalici, a cui tosto risposero alcuni razzi dalla città ; e rinnovato il saluto, proseguimmo il nostro viaggio. A mezza notte il Vergerlo rientrava in porto ; e noi ci separammo pienamente soddisfatti della gita coll’ animo ricolmo di dolci emozioni. E ripensando alle belle ore passate nella giornata, ci augurammo un po’ più frequenti simili feste e simili entusiasmi. E necessario, per Dio, scuoter di dosso l’incubo di questa vita che ci insterilisce il cuore ! è necessario vivere almeno un’ ora di gioia e di oblìo, spaziando in più sereni orizzonti ! dotesse della dea stessa, le quali portavano sulle loro vesti pelli di capra con fìlaccica. Diodoro Siculo poi, nella sua Biblioteca storica (III, 70), spiega altrimenti 1’ origine dell’ egida di Minerva. Egida sarebbe stato un mostro ignivomo, nato dalla terra, il quale desolava la Frigia, l’India, l’Egitto e la Libia. La dea lo avrebbe ucciso, e del vello di lui si sarebbe servita come d’un’ arma difensiva. Se poi riguardiamo all’ origine etimologica della parola, i moderni filologi la fanno derivare dal verbo greco aisso (àtaato) che significa alzarsi celermente, affrettarsi, slanciarsi, muoversi o volare con impeto, vibrare; e nel caso nostro vorrebbe alludere all’ impetuosa burrasca ed al temporale. Però in origine 1’ egida sarebbe, come abbiamo già detto, la veste burrascosa di nubi onde ama cingersi Giove, e quindi lo scudo, del quale egli si arma. Da ciò 1’ attributo consueto di Giove, che viene chiamato in Omero, Egioco (Aigiocìios o Aigi-clouchos), ciò che significa „ colui che tiene 1’ egida. “ Ma 1’ egida viene anche prestata, come abbiamo veduto, da Giove ai suoi prediletti figli Apollo e Minerva per propria e per altrui difesa. Origine ad alcune leggende posteriori ad Omero diede la falsa etimologia della parola fatta derivare da aix (od'i), capra; secondo la quale etimologia, il vello della capra — onde i popoli primitivi solevano coprirsi le braccia ed il petto per difendersi nei combattimenti — sarebbe stato usato anche da Giove nella lotta contro i Giganti. (Continua) Sonetti. I. I’ ai perdu ma force et ma vie de Musset Come mi tedia questa vita mia, questa vita noiosa e così grulla, or che non ridi più, bianca fanciulla, al tuo cantor, serenamente pia ! E se un gentil pensiero ancor mi frulla intiSichisce presto d’ anemia: fiorir non suole per la landa brulla il caro tiorellin della gaggìa. Eppur non tesso il funeral mio canto, ma con la fronte china dell’ obblìo mi stendo e avvolgo nel ghiacciato manto e contemplo così senza un desio, senza un sorriso qui seduto intanto il lento tramontar del giorno mio. II. FANTASIA Posar vorrei la testa affaticata fra le bianche tue braccia e addormentarmi e sognar nuova vita, ma beata di leggiadre vision, nè più destarmi. E volare ad un’isola incantata fra palagi di diaspro e danze e carmi, dove venisse qualche bianca fata colle dita sottili accarezzarmi. Nè di Calipso, no, le glauche grotte stolto fuggir vorrei per 1’ ampio mare dando il vento alle vele infide e rotte, ma di rose intrecciato il crine, obbliare Penèlope piangente nella notte vedova ai piedi del paterno altare. III. Pone me ....... quod latus mundi nebulae malusque luppiter urguet. Orazio Navighiam, navighiam sull’ onda oscura nel silenzio solenne e misterioso, ma lontano, lontan dall’ aria impura che col soffio letale il cor ci ha roso. Che importa dove? Non aver paura, o nocchiero canuto e silenzioso: io mi son un che va cercar riposo, di sorrisi 1’ oblìo e d’ ogni cura. E 1’ aria intanto per la notte porta un cantare lontan come un lamento, quando ogni gioia, ogni speranza è morta ... Alla barca, nocchiero, questo accento alla mia barca servirà di scorta, mentre il mare si tace e tace il vento. (Pinguente, agosto 1884.) Vittore Matteicicli -----------------— ZBiToliog'rsufìEu Ricordate che non dev’ essere la vostra rappresentazione, nè narrazione schietta ; — nessun personaggio parli, ma voi soli che rappresentate e narrate le vostre impressioni in quell’ ora, mescolandovi i vostri sentimenti e dipingendo le cose, voi stessi e i vostri affetti secondo lo stato dell’ anima vostra in quel momento. — Badate soltanto, per mostrare gentilezza d’ affetti a non dare in ismancerie.* E non abbiamo scelto i migliori, ma i più brevi. Se fossimo dell’ arte, azzarderemmo il parere che questo lavoro si confaccia più presto alle scuole medie e professionali che alle scuole popolari. Vedano i sopracciò. Del rimanente 1’ autore non ne determina l’uso, dacché non parla che delle scuole. Il Programma di questo Ginnasio Sup. ha Un cenno storico sulle recenti riforme delle scuole medie in alcuni stati d’Europa, studio del Direttore prof. Giacomo Babuder. Il eh. Autore, come colui che per lunga esperienza e lungo e intelligente amore è molto addentro nell’ argomento, discute con profondità di vedute il prò e il centra delle quistioni che gli occorrono nel processo del suo lavoro, e più precisamente delle seguenti : „Bastano le scuole classiche, come in sullo stampo secolare, si vennero mano mano riformando, fino ad assumere la forma presente, o convien riformarle ancora e come ? — ampliando 1’ una e l’altra delle due sezioni di studj, che attualmente si trattano nelle medesime, o 1’ una soltanto e quale, a scapito dell’ altra? — conviene o no dar spicco all’ elemento classico nei ginnasi ed imprimere un indirizzo essenzialmente scientifico alle scuole tecniche, con esclusione, pressoché assoluta della coltura rigorosamente scientifica nei primi e della coltura classico - letteraria nelle seconde ? -— oppure si ha da abbinare 1’ una e 1’ altra in eque proporzioni nell’ uno e nell) altro dei due istituti, il classico ed il tecnico ? — È possibile o meno concentrare 1’ uno e l’altro elemento, il classico - leterario e lo scientifico in un solo istituto, dando vita ad un che di simile a quello che da molte parti si vagheggia, vale a dire, la scuola media unica deU’avvenire, o si devono lasciare separati come sono ? — È possibile eliminare la grave difficoltà della scelta della vocazione, a mezzo di uno stadio preparatorio comune per ambe le carriere di studi, al termine del quale debba subentrare la così detta biforcazione ? —Baciando come sono le scuole mezzane, s’ha da lasciare aperto 1’ adito alle università ai soli studenti classici, com’ è oggidì, o si può renderle accessibili anche ai tecnici ? — ed in questo ultimo caso, per quali facoltà, ed in seguito a quali modificazioni del piano d’insegnamento nelle scuole reali ? Verso la fine del suo lavoro il eh. Professore si adopera con lodevole impegno a scagionare i Docenti ginnasiali dell’Impero dalle accuse della „Neue F. Presse1. Noi gli dobbiamo credere sulla parola, anche perchè non ci è dato di sincerarcene colla propria esperienza. Certo è che se tutti sono come il prof. Babuder che abbiamo avuto maestro, e che però conosciamo benissimo, si potrebbe passarsi e di piani e d’ispettori e di consigli, contenti alla intelligenza e allo zelo dei docenti. "XT* aria. Dal vero — Temi di composizione italiana di Pietro Dal Ponte. — Cividale, presso Fulvio Giovanni 1884. — La utilità e i criteri di quest’opera che a prima giunta si crederebbe che porti vasi a Samo e nottole ad Atene, stanno nelle seguenti parole della prefazione : „Le traode propriamente dette che fanno dello scolaro una macchina, che gli danno bell’ e fatto in mano il lavoro fantastico e distributivo, che gli fanno empire i vuoti, ristuccare i buchi e allacciare le commessure dei pensieri, senza che egli ci metta nulla di suo, sono dannose e io le rifiuto. — Vorrei mettere le giovani menti sulla buona via insegnando a considerare le cose, guidandole nel mondo, nella viva regione dei sentimenti e degli affetti, commovendole e infiammandole. — Io ha mirato soltanto a stimolare le forze produttive dello scolare, cercando di parlare al suo cuore e indurlo a sentire prima di scrivere.1 E ci pare che l’autore attenga la promessa. A darne un saggio, il quale invogli il lettore che ci ha interesse a procurarsi questo aureo volumetto, citeremo, secondo che ci si presentano, gli argomenti di alcuni temi. Crudele disinganno. — „Un soldato ottiene licenza di andare a baciare suo padre ; — per via pensa di rivederlo, di raccontargli le fatiche della guerra ; — e giunto,, sente che è morto. E una scena tenerissima di famiglia; e le figure di questo quadro commoventissimo voi dovete rappresentarcele in pochi tratti, senza indugiarvi in particolari inutili. — Il soldato entrerà sbigottito in casa ; la sua visita rinnoverà il pianto e i singhiozzi ; —■ muto sarà 1’ abbracciare del fratello e della sorella - E la madre? ..“ Un’ ascensione sulle Alpi. — „Si espongano i pericoli di quegli arrischiati esploratori delle più ardue cime; i disagi inauditi - i diuturni patimenti di chi dà la scalata a quelle cime. — Forza d’animo, energia di volontà, prudenza e coraggio di chi s’arrampica sulle più ardue vette non già per mero diletto, ma per amore doliti scienza.u D’Ave Maria. — „È un" ora di sentimento e d’incanto. È quell’ ora così soavemente descritta da Dante : . . . „L’ora che volge il desio „Ai naviganti e intenerisce il core1 Suona una campana ; e in quel momento che cosa vi dice il vostro cuore ? Domenica 3 corr. Grisignana era festante : la Rappresentanza comunale facendo pago un voto della popolazione, eleggeva unanime a Podestà 1’ onorevole signor Nicolò Cor va-Spinotti. — L’ espansione di giubilo della popolazione era al colmo. Dalla sede Municipale, alla sua casa di abitazione, il neoeletto Podestà, preceduto dalla Banda musicale della locale Mutua, era seguito da una massa di popolo che lo salutava con grida di evviva. L’onorevole Corva-Spinotti, uomo colto e civile, di sentimenti onestamente liberali, saprà certamente condurre a buon porto la nave del Comune ; e dando esecuzione al suo buon volere, si dedicherà con premura al bene pubblico. Sia adunque ben venuta la di lui nomina a Podestà di Grisignana, carica cui egli saprà degnamente sostenere. * * * La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Vi-signano. Quella Spettabile Presidenza Sociale, cui porgiamo i nostri migliori ringraziamenti, si compiacque favorirci un esemplare del Resoconto sulla gestione economica di quel sodalizio, per l’anno sociale 1883-1884 compiutosi addì 22 maggio p- P-, resoconto che veniva discusso ed approvato nella ordinaria adunanza generale dei soci addì 29 giugno ultimo decorso. Stralciamo da esso le seguenti cifre. Gli introiti durante l’anno, in carte di pubblico e privato credito ascesero a f. 662,49 in danaro a f. 846,19 %, compresi f. 390,12 % d’ e-sistenza di cassa al principio dell’ anno. I contributi settimanali in N. di 3091 a sol 10 importarono f. 309,10. Gli esiti montarono in denaro a f. 642, 02 % compresi f. 464, 95 investiti. Il civanzo di cassa a fine d’ anno risultando in f. 204,17, le spese sociali propriamente dette figurano in f. 177,0?1/^- R patrimonio sociale, che alla fine dell’ anno precedente era rappresentato da un valore di f. 607,62%, aumentavasi di f. 370,23% raggiungendo così un attivo netto di f. 977, 96. Lo che è promettente per un sodalizio che conta appena due anni di vita. * * La Società Operaia Dignanese. Siamo grati alla Spettabile Direzione di questo sodalizio, per la comu- nicazione fattaci del Resoconto sulla gestione per 1’ anno sociale 1882-1883. Apertosi l’esercizio con una esistenza di cassa portata a nuovo dall’ anno anteriore, in f. 202,82 gli incassi raggiunsero la somma di f. 2597,58 compresi i prestiti restituiti ed i capitali realizzati da privati in f. 521, 87 complessivi. I pagamenti ascesero a f. 2239, 47 ed il civanzo cassa a fine d’ anno per conseguenza a f. 358,11. Nella prima cifra le investiture ammontano a f. 904,72 e le spese sociali propriamente dette a f. 1334,75 di cui fini 812,97 in sovvenzioni per 766 giorni a soldi 40, in assistenza medica e somministrazione di medicinali. Il patrimonio sociale al 31 dicembre 1883 è rappresentato da un attivo netto di f. 3166,91. Come si vede, anche la Società operaia Dignanese batte sicura la sua via, ed a lei come alle altre sue consorelle della Provincia auguriamo prospere sorti. * * * La N. F. Presse portava giorni sono una corrispondenza di Gorizia nella quale si riferiva quanto segue: „Gli attriti di nazionalità nel Litorale e segnatamente gli ultimi fra gli Italiani e Sloveni nel Goriziano, hanno indotto l’Arcivescovo di Gorizia, Mon. Zorn, ad indirizzare una Circolare al clero della sua diocesi, con la quale vieta a quello di esercitare la minima influenza sui fedeli in questioni politiche o nazionali, e li esorta ad astenersi da qualsiasi agitazione e provocazione in questo senso, non essendo affatto nelle attribuzioni dei sacerdoti di intrattenersi in tali materie coi parrocchiani.1 E sullo stesso argomento scriveva il Corriere di Gorizia : „Un onorevole signore della nostra città si presentò dal nostro Principe Arcivescovo e gli fece presente che nel giornale sloveno s’ erano pubblicate molte inesattezze in fatto di nomi di firmatarii, fra altro v’ era stato posto erroneamente il suo. Il degno Pastore chiaramente espresse il proprio malcontento in generale per 1’ agitazione panslavista che si fa dai pergami delle comuni slovene e per l’ingerenza funesta alla pace che il clero sloveno prende in queste controversie nazionali, sia colla parola sia coi giornali.1 Ne avessimo noi pure dei Vescovi che imitassero 1’ esempio dell’ Arcivescovo di Gorizia !! ------------------- ----------------------------- CRONACA LOCALE L’ ultimo numero del nostro periodico (N. 14. d. d. 25 Luglio 1884) fu sequestrato per ordine della locale I. R. Autorità Politica. * * * Ieri è giunto qui Mons. Vescovo, per incombenze del Suo ministero. La Città, come sempre, è lieta di ospitare il suo venerato Pastore. * * * Nei giorni 22 e 23 p. p. Luglio ebbero luogo in questo Ginnasio gli esami di maturità sotto la presidenza dell’ Ill.mo Sig. C. Hoffmanu, Direttore del Ginnasio dello Stato in Trieste. Dei dodici candidati che si presentarono all’ esame, sette furono dichiarati maturi e sono i Sig. : Barsan Antonio di Pola, Cambiagio Cesare di Trieste, Kersevany Giovanni di Capodistria, Lach Giuseppe di Capodistria, Mantovan Giovanni di Sovi-gnaco, Pogotsclmigg Fra Luigi (al sec. Francesco) di Trieste, Zernaz Francesco di Trieste. Tre candidati furono rimessi a due mesi in una materia, due furono rimessi a ripetere 1’ esame al termine di un anno. * * * Venerdì della passata settimana arrivava qui, proveniente da Marsiglia, il marittimo Pietro Pecenca, dopo aver passata una quarantena di sette giorni al confine franco - italiano. La Commissione Sanitaria, avuto notizia dell’ arrivo e ritenuta insufficiente la fata contumacia per l’esperienza dei casi ultimamente avveratisi nel Regno vicino, assoggettò il Pecenca ad un’ ulteriore sorveglianza di sette giorni in apposito locale. In pari tempo Ordinò la chiusura della casa abitata dai parenti del Pecenca, presso i quali era stato la sera del suo arrivo, depositandovi gli effetti di vestiario e lingerìe, che furono poi rigorosamente disinfettati. Brava la Commissione sanitaria ! Proceda sempre con tali rigori, seguendo la massima „melius abbundare quam deficere.1 * * * Sappiamo che i Capodistriani che presero parte alla gita d’ Umago, lasciarono a mani di quel Podestà l’importo di f.ni 30, da distribuirsi tra i poveri del luogo. XXIII. Protocollo di Seduta della Bapp. Com. di Capodistria 2 marzo 1884 ore 4 pom. Presidenza Podestà Avv. Gambini. Bapp. presenti 22. Ordine del giorno. 1. Comunicazioni officiose. 2. Approvazione di mutui proposti dalla Direzione del Civico Spedale. 3. Proposta di rassegnare a Sua Maestà mediante il Podestà ed il Consigliere anziano, il memoriale già diramato a stampa, in merito alla concorrenza fatta ai nostri artieri ed opera) dai detenuti nella locale Casa di Pena, coll’ incarico d’instare insieme per la pronta Sanzione Sovrana delle addizionali comunali. 4. In merito alla rimostranza del Comando delle guardie Campestri comunicata nella seduta precedente. — Il Podestà - Presidente dichiara legale ed aperta la seduta ed al I. Punto dell’ ordine del giorno comunica quanto segue : “ — Fino dal 31 Gennajo a. d. il Comune deveniva ad una transazione coll’ i. r. Fisco nell’ antica vertenza riflettente 1’ uso e la proprietà del Palazzo Comunale. La transazione in parola al N. 476 de a. c. non fù ancora sancita dalle Superiori Autorità competenti ed ho tardato di renderne consapevole questo Spettabile Consiglio, in quanto da lungo pendono delle trattative semi officiose sulla vendita di questo palazzo al Sovrano Erario, verso cessione da parte sua del palazzo Tacco. Mi sono risolto a farlo oggi, vedendo come le pratiche per lo scambio vadano troppo a rilento. — Con atto sub N. 396 de c. a. la locale i. r. Autorità Politica a sensi di legge, invita il Comune ad assumere in servizio suppletorio un altro medico, durante la malattia del Medico Comunale, Signor Antonio Dr. Paulovich. — La Direzione della Civica Banda ha rassegnato due Regolamenti, che sottoporrò alle deliberazioni di questa Spettabile Rappresentanza. Con rapporto sub N. 379 de a. c. partecipa, che domenica 2 corrente il Concerto civico si produrrà in publico. — L’inclita Giunta Provinciale con decreto sub N. 201 de c. a. ha rejetto i ricorsi prodotti contro il deliberato consigliare 31 Dicembre p. p. — Il Signor Giovanni Rozzo con rescritto al N. 26 presle. de 1884, a festeggiare un lieto avvenimento di famiglia, rimettevami a beneficio dei poveri, l’importo di fior. 20. — IL Punto dell’ ordine del giorno Avverte il Podestà - Presidente, che in precedenza la Direzione del Civico Spedale produsse altro progetto di mutuo sub N. 3006 de 1883, il quale le fu restituito perchè vi sia allegata la relativa reversale di trattenuta da parte di un creditore intavolato. Invita poscia il Consigliere referente, Gnor. Dr. Bratti a preleggere il Rapporto N. 463 de c. a. della stessa Direzione, chiedente l’autorizzazione di stipulare i mutui ad a per fior. 500. — ad b per fior. 500 ad c per fior. 300, — ad d per fior. 150. — Letto il rapporto e constatate le prammaticali ipoteche offerte, in seguito a riferta favorevole del referente, si propone da parte delila Deputazione di accordare la chiesta facoltà di contrarre i mutui indicati, verso riproduzione dei relativi contratti per l’omologazione, a condizione però, che i mutuatarj abbiano col denaro mutuato di sanare i passivi degli enti dati a pegno affinchè l’Ospedale conseguisca priorità d’ipoteca, assicurino le case da ipotecarsi consegnando la polizza di sicurtà alla direzione del Pio Luogo e debbano annualmente consegnare alla medesima le quietanze di saldo delle publiche imposte. In quanto al mutuo ad b del rapporto, fù rimandato alla Direzione dello Spedale per informazione. Aperta la discussione sulla mozione delegatizia, F Gnor Rappresentante Antonio Marsich chiede ed ottiene alcune dilucidazioni riguardo alla località del fondo, che deve garantire il mutuo ad a. L’Gnor. Andrea Marsich fu Giammaria, chiesta ed ottenuta la parola, vorrebbe che gli enti da colpirsi d’ipoteca fossero assicurati presso le Assicurazioni Generali, siccome quelle che offrono ogni garanzia. Appoggiato 1’ emendamento dell’ Gnor. Marsich, viene aperta anche sovr’ esso la discussione. Alle vedute dell’ Gnor, preopinante si oppone 1’ Gnor. Pio Dr. Gainbini, il quale non reputa consulto fissare la massima di valersi delle sole Assicurazioni Generali, mentre molte altre Società hanno le loro agenzie nel paese e sono solvibili e puntuali quanto quelle. Nè certo giova alla città il creare un monopolio per le Generali, bensì che le altre Associazioni di simil genere prosperino e facciano affari. Subemenda perciò 1’ emenda udita, nel senso che gli enti in questione siano assicurati presso qualunque Assicurazione, che offra tutte le garanzie e sia di soddisfazione alla Direzione dello Spedale. L’ Gnor. Marsich Andrea fu Giammaria ritira la sua emenda ed accede a quella dell’ Gnor. Gam-bini Dr. Pio. Chiusa la discussione, la proposta delegatizia resta a voti unanimi accolta, come emendata. L’ Gnor Andrea Marsich interpella il Podestà-Presidente sul motivo per cui non vengono oggi preletti i Verbali delle anteriori tornate. Rispondegli il Podestà avere 1’ esecutivo da tempo adottato di far precedere ed al caso sostituire alla lettura dei protocolli la diramazione a stampa dei medesimi ai singoli Rappresentanti, i quali per ciò possono agevolmente esaminarli e quindi nelle posteriori tornate farne eventuali rettifiche. L’ Gnor, interpellante si dichiara in parte soddisfatto e raccomanda di sollecitare la publicazione in discorso, — III. Punto dell’ Ordine del giorno Il Podestà - Presidente rammenta il deliberato preso ancora nella seduta consigliare 6 Novembre 1882, in inerito al memoriale già publicato a stampa, contro la concorrenza del lavoro carcerario a danno di questi artieri ed operaj, da umiliarsi — come votato — a S. M. l’Imperatore, da apposita deputazione, a cui restava libero alla Società Operaj a locale di associare uno de’ suoi membri. Rileva ancora la comunicazione officiosa in argomento, esposta nella seduta della Rappresentanza 9 Giugno a. d. Son troppo noti — soggiunge — i reiterati tentativi fatti dal Municipio fin dall’ anno 1858 per iscongiurare la grave concorrenza, ma sempre indarno. Altra via non restava che quella tracciata dal voto magnanimo di questo Spettabile Consiglio, il rivolgersi alla Corona umiliando al Capo Supremo dello Stato il memoriale a voi noto. La Società Operaja di Mutuo Soccorso, analogamente interpellata, rinunciava a delegare un proprio mandatario e demandava al Podestà l’incarico di farne le sue veci, patrocinando gl’ interessi sensibilmente pregiudicati dei suoi membri. — Correva tuttavia fama insistente che il Governo intendesse erigere un ergastolo nella Dalmazia, cosa non improbabile sotto l’influenza della corrente slava, che domina nelle sfere ministeriali. Quando si fosse realizzato tale progetto, questa carcere avrebbe perduto di molto della sua importanza e del numero dei delinquenti per la maggior parte dalmati. Gli è quindi perciò, che venne finora procrastinata la missione a Vienna, ma non apparendo dai bilanci dello Stato preventivata alcuna somma per siffatto oggetto, ho creduto di dubitare dell’ e-rezione del nuovo stabilimento carcerario e mi sono indotto a portare di nuovo 1’ oggetto dinanzi a questo Spettabile Consiglio, tanto più in quanto si possa abbinare alla presentazione del mentovato memoriale un’ altro mandato di eguale se non superiore momento. Lo Spettabile Consiglio deve ricordare come i Conti preventivi del Comune sieno stati nell’ anno decorso approvati nel Novembre e come appena nel Giugno successivo le relative addizionali abbiano conseguito la Sovrana Sanzione con grave danno delle finanze comunali. Quest’anno i conti stessi, rassegnati da me già ai primi di Settembre ed affidati ad una Commissione per la revisione, in seguito a ripetuto dissolvimento di questa, non furono votati che nel Dicembre e chi sa quando otterranno il Supremo Placet. Io per sollecitarla non ho mancato rivolgermi direttamente ed indirettamente a personaggi influentissimi, tra cni S. E. il Ministro Barone Pino con ispeciale ricerca, ma finora tutto fù indarno. In codesto stato di cose la Giunta Comunale si determinò di proporre, che la deputazione, che si recherà a Vienna per la presentazione del memoriale in discorso, abbia anche l’incarico di implorare da S. M. la pronta Sua Sanzione alle addizionali e, se possibile, con effetto retroattivo fino al I. Gennajo a. c. In argomento è aperta la discussione. L’ Gnor. Rappresentante Nazario De Mori loda ed ammira l’idea di tutelare comunque gl’ interessi de’ nostri operaj, tuttavia per viste d’economia reputa fuori di luogo che il comune, nelle attuali condizioni delle sue finanze, si sobbarchi alla spesa di spedire a Vienna una Deputazione. Desidererebbe che la deputazione Comunale si ponesse d’accordo colla Presidenza della Società Operaja affinchè questa, in oggetto di precipuo tornaconto per la classe artigiana, concorresse nella spesa del viaggio. Per 10 meno che il Podestà trattasse colla Presidenza della Società Operaja, affinché questa avesse a delegare un proprio Commissario speciale per la presentazione del Memoriale, sia pure mandando una sua commissione verso concorrenza del Comune nelle spese entro il limite delle sue forze. Riguardo poi al provocare la sollecita approvazione delle addizionali, reputa più ovvio in linea economica, rin- caricare persone intuenti, quali i nostri Deputati al Consìglio dell’ Impero, perchè si adoperino presso S. M. per ottenere l’intento. — Ne’ sensi esposti fa speciale mozione. Dietro preghiera dell’Onor. Rappresentante Bel-lussich, il Podestà-Presidente legge le deliberazioni prese nella seduta 6 Novembre 188e e la comunicazione fatta addì 9 Giugno a. d. Uditone il tenore 1’ Gnor. Rappresentante Bel-lussich propone, che prima di tutto sia votata la massima di riconfermare alla Spettabile Deputazione il mandato anteriormente conferitole. Le proposte De Mori e Bellussich confortate dal relativo appoggio, vengono poste in discussione. L’Onor. Dr. Pio Gambini dice : Dopo che questa Spett. Rappresentanza con entusiasmo prese a proteggere la classe operaia contro la concorrenza delle carceri, dopoché generosamente deliberava che una Deputazione del Comune si recasse a Vienna per tutelarne gl’ interessi, mi meraviglia troppo il subentrato scoramento, nè so spiegarmi come dopo voti solenni si possa lasciare in propria balia il ceto operaio e rifiutargli il nobile patrocinio, che mesi or sono gli si votava. Forse che lo Spett. Consiglio è pentito del passo fatto o reputa forse non più esiziale la concorrenza dei carcerati al libero operaio ? Ma in tal caso abbia almeno la sincerità di rinvenire senz’ altro sul primo deliberato e di affermare così, che i carcerati col loro lavoro più giovano di quello nuocciano. Pensi però all’affetto, che in città farebbero le sue manifeste contradizioni, vi pensi seriamente e poi decida se non sia assoluta-mente necessario di mantenere il voto preso. Se non si potrà raggiungere lo scopo, avremo almeno fatto il possibile per conseguirlo, nell’ interesse della puhlica moralità e dei nostri bravi operai. ( Continua) per la spremitura delle Uve pronti in molte migliaja di Esemplari per tutti i Paesi del Mondo ; di costruzione nuova riconosciuta per ec-celente e dotata di grande solidità ; di tutte le grandezze e del contenuto dai 90 ai 1600 Litri, e a prezzi modicissimi, Chi desidera provvedersi di questi torchi a pressa, può verso richiesta avere istruzioni e disegni. Si ricercano poi solidi Agenti per la vendita ; indirizzare le offerte alla Ditta : Ph. Mayfarth et Comp. Vienna II. 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