ARCHEOGRAFO V TRIESTINO RACCOLTA d t OPUSCOLI E NOTIZIE PER TRIESTE e PER L'ISTRIA. VOLUME IV. TRIESTE ium.a. tipografia di gioì marenigh 1 » 3 7. 39976 PREFAZIONE. La privazione in che siamo di opere sulla storia e sulla geografìa dell'Istria va ascritta alla mancanza di tipografìe nella provincia, ed alla povertà dei secoli passati, il perchè mentre pochissimi autori furono fatti di pubblica ragione, molte opere corsero manoscritte per le mani di pochi che degne sarebbero state della luce, e poche poterono trovare salvamento nelle biblioteche dei cenobìi, la soppressione dei quali fu causa se non sempre di deperimento, troppo spesso di smarrimento. Tra quelle stesse pochissime opere che girano impresse, vi fu taluna, come la Corografia del Coppo o la descrizione dell'Istria del Manzioli che rare si eran fatte quanto i manoscritti* A questa difficolia di avere sott' occhio le raccolte sempre laboriose di elementi, ascrivere si deve la deficienza di opere moderne, e le oltremodo erronee notizie che si vanno spargendo, pochi avendone i mezzi e pochissimi forse Y agio di farsi raccoglitori. Fu perciò intendimento dell'Archeografo di farsi depositario di materiali, fossero pure rozzi od imperfetti, perchè 1* ammasso di questi sproni quache nobile ingegno, di cui privi mai saremo, a farsi architetto, ed ordinandoli e completandoli sorga quell'edilizio di cui andiamo privi e che attesterà quali fossero un tempo e l'Istria e gli Istriani ; ed invogli pure ad aumentare questi materiali medesimi. Agli opuscoletti di geografìa o rari od inediti pubblicati net precedenti volumi , si è creduto di aggiungere una descrizione inedita dell'Istria del secolo XVII., di cui molli hanno parlato, che moltissimi hanno desiderato, ma che si compiangeva come perduta, l'Istria cioè del vescovo di Cittanova Giacomo Filippo Tomma-sini. A lui si è creduto di dare sovra ogni altro la preferenza, e perchè fu opera di uno scienziato di non volgare fama, e perchè sortì dalla penna di uno, che se non fu Istriano di nascita, lo fu per l'officio e per 1' amore in che tenne questa provincia, e perchè nessuno meglio di lui ci presenta la condizione ed i costumi di quei tempi, della cui verità pur troppo si scorgono traccie anche ai dì nostri. La menzione che da varj autori nè era stata fatta, la voce pubblica che la voleva completata e continuata da Prospero Petronio, il quale in Trieste ed in Ca-podistria esercitò la medicina, grandissimo desiderio aveva destato, nella speranza che come la seconda parte dell' Ireneo della Croce creduta smarrita, venne sotto altro nome ed in altra forma pubblicata, così potesse l'opera del Tom-masini colla continuazione del Petronio ricuperarsi e pubblicarsi, qualunque nome poi portasse in fronte. Ma la fortuna non volle esaudir le speranze; il Tommasini fu rinvenuto, ma solo ed imperfetto come il si vociferava, e mentre ora lo si consegna alla stampa quale è, si spera poter in seguito far dono al pubblico delP opera non meno desiderala del Petronio , la quale al dire dello Stancovieh (Uomini distinti dell'Istria II. 267.) esiste nelP Archivio generale di Venezia, sotto nome, già in antecedenza noto, di ps Memorie sacre e profane dell' Istria e sua metropoli, di Propercio Spenoro, o (come vuole lo Stancovieh) Sperono. Il manoscritto del Tommasini si trova nel-l'insigne Marciana di Venezia, e vi fu dato dall'illustre Apostolo Zeno. Ei forse lo ebbe da quel suo consanguineo Zeno vescovo di Capodi-stria, il quale raccoglitore ei medesimo di noti- zie sulla sua diocesi, amico del Tommasini, cui anzi comunicò i proprii scritti, lo ricuperò forse dagli eredi di lui che in altra terra l'avrebbero recato. L' opera non fu portata a compimento ; il nostro prelato si era, e ben avvedutamente, proposto di farsi piuttosto raccoglitore di memorie sui distretti date a suo eccitamento da persone che vi abitavano, nell' intendimento certamente di rifonderle, completarle, ordinarle; morte il prevenne , e lo scritto somiglia ad un' opera in più volumi, dei quali uno manca, l'altro è di poche pagine , il terzo imperfetto, tutti diversi per formato, per lingua, e per istampa. 11 manoscritto fu da altri prima di ora veduto, e diversi fra i quali si vuol citare il solo Coleli continuator dell' Ugheìli, vi trassero e documenti e notizie; ma nè queste espilazioni, nò le imperfezioni ne rendono meno desiderabile la slampa. Chi desidera una storia completa ; chi vuole una statistica foggiata alla moderna ; chi esige profondi ragionamenti politici ; chi pretende critica severa ; chi tiene a schifo la semplicità e l'idiotismo dei nostri maggiori, chi è intollerante di lingua, non legga il Tommasini, che per lui non fa ; ma chi dell' amica nostra topo- grafia, e della storia nostra si diletta vi troverà materiali sufficienti, e ne saprà buon grado. Avrebbe taluno desiderato che il Tommasini si mostrasse al pubblico in abito succinto alla moderna , e con quei soli arredi che oggidì servono; vi si è data mano, ma il vestito antico era incompleto, la stoffa insufficiente per una riforma, levandogli quegli antiquali arredi, dei quali non sappiamo se sempre a ragione si ride , non ravvisammo più in lui un' istriano di ; due secoli fa, ma un vecchio in aspetto di zerbinotto artefatto. S'aggiungono alcune notizie sulla persona e scritti del nostro prelato, favorite gentilmente dal chiarissimo F. Dott. Testa Vicentino, al quale si professa riconoscenza e per queste e per altre comunicazioni su personaggi Istriani di cui volle esser cortese. Non sarà discaro V annunzio, che nel prossimo volume si spera pubblicare il Lapidario romano di Trieste, illustrato dal chiarissimo Archeologo Dott. Labus. Gli Archivj domestici nella provincia contengono, come si ha ragione di credere, non solo vecchie carte, ma puranco manoscritti, di topografìe e crònache sia dell' intera penisola, sia di qualche distretto. Non siano i loro possesso- Vili ri avari di cose che solo per l'uso a tutti comune hanno valore , e col mezzo dell' Archeografo li rendano di pubblica ragione a loro decoro ed a generale soddisfazione. VITA DI GIACOMO FILIPPO TOMMASINI VESCOVO DI C ITT ANOVA. Tratta dal Libro intitolato « Le Glorie degl" Incogniti. » Venezia 1647. pag. 189. Tra le famiglie nobili, che scacciate da Lacca da Ca-struccio tiranno di quella città, passarono in Venezia, portandovi Varte della seta, si annovera anche la Tommasina ; la. quale fermata sua stanza in quest' augusta città, e cresciuta in breve a molte ricchezze, si distinse nella magnificenza di fabbriche pubbliche e private ; e sparse ì suoi rami anche nelle città di Padova e di Vicenza. Rampollo di questa arbore antica e nobile, e Giacomo Filippo nato in Padova Panno 1595. di Giacomo Tommasini, e cTIppolita Panizzola: e cresciuto alla fanciullezza apprese sotto la disciplina di Benedetto Benedetti da Legnago giureconsulto e teologo singolare a suoi tempi, le lettere greche e latine, coi primi elementi della Dialettica ; consacro se medesimo a Dio nella Congregazione dei canonici di s. Giorgio in Alga. Ma non perciò scordatisi per gli esercizj della pietà gli studii delle lettere, che sono l'ornamento della religione, datosi alla filosofìa, e alla teologia, n ottenne, dopo d'aver sostenuto con grandissimo applauso le sue pubbliche conclusioni, la laurea del dottorato. Avrebbe egli dopo volentieri impiegato la sua virtù nelle pubbliche lezioni ; ma dall' istituto della sua religione ritirato alla quiete domestica, adopero la sua penna a celebrare con diversi elogii la memoria di quegli uomini illustri, le cui immagini conservava nel suo nobilissimo Museo il dottor Paolo Tomusini suo fratello. Portato quindi alle prime cariche della sua religione ("nelle quali ha dato saggi chiarissimi deliri sua prudenza e parsimonia con notabili vantaggi dei luoghi da lui governati ) occorsegli di passare visitatore a Roma, dov'era già conosciuto da molti cardinali, ed in particolare da Francesco Barberini, a cui aveva dedicato il suo libro ; do Denariis Veterum. Presentò tutte le sue opere al sommo pontefice Urbano Vili, che benignamente Vaccolse, dicendogli di aver letto con suo gran gusto la Vita del Peti arca e di Laura da lui descritta. Quindi volendo il medesimo pontefice, e il cardinale Barberini collocare il merito di tant' uomo sul candelliere di santa Chiesa, perche dasse esempio di virtù al Cristianesimo, proposero d' innalzarlo al vescovato della Canea nel regno di Candia : al che non avendo potuto egli per molti riguardi acconsentire, si contento di accettare quello di Cittanova nell'Istria, ancorché d'assai minor rendita, e Paria insalubre : dove trattenendosi in esercizj proporzionati alla sua importantissima carica, curando con carità e zelo il suo gregge, passi) agli eterni lipasi Pan. i654< ; e la sua coadotta nasci d'una nuova prova : che quelli riescono migliori nel reggere e governare, i quali sono stati gran tempo avvezzi ad ubbidì' e, IL CATALLOGO delle di lui Opere guai'e soggiunto l'anno 1647. vivente ancora il Tommasini, nella suddetta Vira, è il seguente : Elogia illusi/ium Virorum. Patavii apud Donatimi Pasquar- dum et Socium MDCXXX. fìg. '\.to Titus Livius Patavinus. Patavii apud Vari senni de Variscis MDCXXX. Ito Oratio de D. Hieronymi laudibus. Ccnotkaplùum Maxi/ni Turani. Laureati Pignoni Vita, Biblioteca, et Musaeum, Veneta* MDCXXXII. apud Jo: Pctrum Vinellum. <\.to Xi Prodromus Athenarnm Patavinarum. Petrarcha Bedivivus. Patavii CIjJjCL. Typis Pauli Fram-botti 4-to M. Antonii Peregrini Vita. Patavii apud Paulwn Frambot- tum 1636. 4-t°' Cassandrae Fidelis cpistolae. De Donariis sive tabellis votivis. Patavii, tjpis Paidi Fram-botti. Laurae Cerretae Brixiensi* Epistolae. Annales Canonie. Reg. S. Geo/gii in Alga. Vitae, et Elogia Virorum clariss. iconìbus illustraiae. Patavii ex typographia Sebastiani Sardi MDCXLIV. fig. 4.to Istoria della B. V. di Monte Ottone. Sinodo Diocesano di Cittanova. Bibliothecae Patavinae mss. publica , e privata. L'tini apud Nic. Schiratti i6'49- 4-to Opere prossime a stamparsi. Accademia Veneta. De Tesseris Hospitalitatis ctc. lì tini ex typ. Nicolai Schiratti 1647. 4't° Urbis Patavinae sacrae et profana iscriptiones. Patavii typ. Sebastiani de Sardis. 1649. ì^9- Tom. la. 4/\S, 4.t& Opere principiate. De Episcopis Patavinis Historia. De ciarli Mulie/ibus, Causidibus, e Pictoribus Patavinis. Jnscriptioncs, et Elogia diversa. Istoria dell'Istria. Di Giacomo Filippo Tomasinì parlano molti ; il Niceron il Cinelli, il Bieco boni, ed il Vicentino Giovanni Imperiali, nel « Musaeuin Historicum, Venetiis apud Juntas 164^. « pag. 208., dove dice : Vivit Jacobus Philippus Tomasinus % Patavinus, luculentus Eia giovimi scriptor, pluribusque aliis « effaetus industriae monamentis Literatorum consortio peryu-« cundis. » Ne parlano il Facciolati, ed il Papadopoli nella sua « Historia Gjmnasii Patavini, Venetiis 1726. toni. II. p. 34« * in cui ne scrive la Vita a suo modo : ne parlano quasi tutti li Dizionarii biografici, copiati uno dall'altro. 13 E" COMMENTARI STORICI- GEOGRAFICI D K L L A PROVINCIA DELL'ISTRIA LIBRI OTTO CON APPENDICE d i MONSIG. GIACOMO FILIPPO TOMMASINI y ESCOVO DI ClTTANUOVA. LIBRO PRIMO. L' àrcheografo Voi. IV. CAPITOLO L Si» e nome della Provincia dell*Istria. o V^ucsta parte di paese, elio nella spiaggia del mare Adriatico tra il Golfo di Trieste, e quello clic volgarmente si chiama del Carnero, si estende sino all'Alpi Giulie, In chiamata Istria. E cosi appresso gli antichi Romani , come di noi Italiani conservò l'istesso nome d' [stria, la qual voce alcuni, senza aspirazione, onde Islri, ed Istria scrissero. Ma la maggior parte dei latini con l'aspirazione; il che vien confermato da molte antiche inscrizioni, come dal testimonio di Eutichio appresso Cassiodoro, dove insegna, che questi vocaboli vanno scritti con l'aspirazione, cioè Hispania , Hispo , Ilispidus , Historia , Histrio , Dista- , scu propriaai fluminis sit, seu gentis vocabulum. 11 medesimo vien approvato da Pomponio Eesto, che tra li vocaboli con 1' aspirazione pone llistviones dicti , qnod pvintum ex Histria vencvint. Li Germani poi la chiamano Isterreich. Dicono che fosse prima chiamata Giapidia da i monti , eh' ella tiene da oriente pieni di sassi, quasi Lapidea; ed adducono il luogo di Plinio nella X. regione d' Italia , ove parlando do' Carni dice, Cavnovum lave regio junctaque Ja-pidum. E Stefano ahhreviatjore : Japides gens celtica apud Jtlyvicum aneto ve Dionisio Lih. XVI. — Quindi P. P. Cerlio in Epitome Urbis Terme Sym>ptica : JH i/ri, se a Istvi alias Ja-piges , san Japides. Venuti poi li Colchi in questa regione , e coltivandola , fu da loro chiamata Histria. Se ne gloriano questi popoli esser discesi dai Colchi Greci, e fa per loro Pompeo Trogo Lib. XXXII. con la maggior porte degli altri Istorici. Histrorurn grntc/n fama est, origine/M a Colchis ducere ; missos ab Aeta fiege ad Avgo-naulas, vajìtovcsquc filiae, pevsequendos , qui ut a Paura intraverunt Histvum , alveo Sabi fluminis penitus invecti, vestigia Aigonautavum ìnsequentcs, naves suas Itumcvis per ■f fuga montium, usque ad littus Adriatici Maris translulerunt cognito quod Argonautac idem propter magni f uditimi ttavis priores fccisscnt : quos ut avcctos Colchi non reperitine, sive meta Begis , sice taedia longac muigationis, juxta Aquileiani cansederc ; Histrique ex vocabolo amnis, quo a mari conces-scrant, appellati. Che T Istria prenda il nome dell' Istro , che altrimenti Danubio si chiama, io vedo esserne la più comune opinione ; onde li Colchi , che di la vennero , li posero epiesto nome. Fu di questo parere V antico Geografo I-spano. Ma- Strabone mi mette qualche dubbio , benché alla line s' arrenila. Ulster a montibus saprà Adriaticuin ha-het originem , dice egli nel primo lib. Ncque tniacn. in. Adriaticuin defluiti cerniti in Politimi dumtaxat. Nominili tanniti jlimum quondam Histro coglionane esse arbitrati sunt, qui ab co dh'isus irrumpit in Adriani a quo et Natio Histra per quam defertili t appellatianem assiimpsil, et Jasonem a Col-chis revertentem liane nacigationeni ferisse. E nel principio del VII. lib. Oritur liistcr prope simun Adi in tienili procul ab co stadia circirter nulle, che sono 125 miglia; e Plinio nel III. lib. al cap. 18: Histriam ab Bistro, cognominatam tra-dunt in Adria defluente e Danubio a/ime. Questa opinione però non fdi aggrada ne pare simile al vero, Nullus enim , dice egli , ex Danubio amnis in mare Adria tieniti fffundit ; onde fattosi forte il Vitcrbiano sotto la maschera di Catone, disse audacemente: Grecatimi quidam credunt dictam Histriam ab Hisiro ninne cognomine Danubio, cui Daciae gentes nomen imposuere, jabulanturque ramenta ex co in Histriani, cfflucre, inque Adriaticuin i/tergi. Fittgunt ahi Argonavim in Histria prittittm ab Distro c montibus humeris vectam, et in Adriaticuin de/uissam. Videlicet tanta est in mentiendo Gre-corwn vanitas simul, et levitas, ut ab Histri ostiis ad cjus fontcs immensa gentium spada transvolaveritit, et humeris na-vigavitit ut ctiatn in Italia meiitiendi sibi hea invali aut. De- ccptos credo, qnoniam Argonanis flunùnc in mare Adriaticuin descendit, non procul Tergeste nec Jain constai, quo fìwnine. Humeris transuectani Alpes diligentiores tradurli : subisse antan Hi-tro dein Scwo , delti Nauporto. Che anche Nauporto fu detto, perchè esce fra Emonia, e T Alpi, cioè Nauporto, o Porto di Navi. Ma molti non senza ragione chiamano , che epiesto Nauporto sia 1 Istro antico , il qual surge appunto nel mezzo della provincia, e le dia il nome. Così Paolo Diacono in Historia Lib. XI, Gap. i5 Histria ab Histro flamine cognominata quae sccundum lìomanain Historiam amplitts, quatti mine est, fuissc. Onde se più anticamente , secondo 1' istorie romane » era più ampio del suo tempo , perdi' esso fiori circa l'anno 774» ed era noto in questi contorni, cioè in Aquileja, dovrete argomentare già al tempo dei Colchi di che grandezza potesse essere. Anzi questo stesso ritrovo, che anco Danubium fu chiamato da Isidoro, Origin., lib. XIV c. 4- Histriam Ulster amnis vocavitt qui eius terram influii, ipse est Dauubius , qui cfus terram influita E molto avanti di lui 1' antichissimo Seillace illustrato al presente dalla penna del Sig. Jaco : Voscio : Post Vetictos Histrorum est gens et amnis Ulster, qui in Portimi ctiarn effundit. Ma la sua traduzione è questa. Post Vctictos sniit Bistri, et Jlu-iius Ulster. Hic /limili quemadmodum et Nilus in Egypto per septan ostia in, pontum dilabitur. Nella qual opinione fu anco Cornelio Nepote abitante vicino al Po, e diceva che 1' Istria fosse chiamata da una parte del fiume Istro che sboccava nel mare adriatico dirimpetto !e foci del Po. Se ben al presente si sa che il Danubio (una parte del quale solo si chiama Lster) come nota il Piaconio sopra la colonna Trajana, noti scorre nel mare Adriatico ■ uè mcn per Istria , onde alcuni per questo ponevano duo fiumi Istri quello di là dai monti, e questo che scorre per il mc/.zo dell' Istria, di' è il Quieto. Ma stando li primi fermi nella loro opinione persuadono , che una parte del Danubio poteva venir a sboccar nelle fonti del Timavo : ed io dico perchè non nel nostro Quieto. Già abbiamo presso 1' antichità quanto questo fiume fosse celebre, che per esso si fanno scendere li Argonauti, e dietro a loro li Colchi ; onde convien credere che fosse in alno stato di quello è al presente, argomentando a similitudine del famoso Timavo, che Virgilio lo chiaro* Magno. Tu mi/ti i scu magni fam supera* sacca tonavi Sire oram Jllyrici legis aequoris. Si fa penetrare Antenore, non sottoscrivendomi però all' opinione che qui sboccasse questo eroe fondator della mia patria. Antenor potuti tncdiis elapsus Adi ivis. Jllyrìcos penetrare sinus , apatie intima tutus Regna Liburnorum et fmtetn superare 'Tintavi. Sopra il quale son tante controversie. E pur ora si passa a piedi asciutti, ed appena si scorge se non per un ruscello, che da cinque piccioli forami esce dal monte, e sbocca per un quarto di miglio nel mare, non avendo alcuna comparazione al nostro Quieto , che tra montagne tiene l' alveo , e fa mostra della sua ampiezza, e nel sboccar nel mare fa porlo per ogni gran vascello. Già a memoria de' nostri padri le galere andavano in sii otto, e dieci miglia , ora però è paludoso e innavigabile di so* pra in gran parte, tuttavia camminano sin sotto languente le sue acque ; chi sa che di la precluso d'alcun terremoto non restasse tronco. Perciò che le cose tutte col raggiro de secoli si vanno mutando. Leggiamo X autore delle cose maravigliose che ad Aristotile s' attribuisce. Juy.ta Mentoricen et 1 strani mons fertur esse quem Del-pluaui vocant', fastigio altissima, quod consccndentes qui ad Adriani habitant t pontum ac media intervalla quaequc in ìlUs gcrantur, contuerì possttnt, quo mercatum conjìuentes passim mercatorcs, politici Thalia , Chia ac Lesbia vina, Adriatici vero Corcyrenscs amphoras coemunt. Arnnem Istrum nomine qui ex Hercinys quercelis ajjìuit biduum esse prodit et partim quidem in Pontum, partim vero in Adriaticum mare dijfundi, argumcnto quod non solimi hac tempestate sed antiquis seculis multo ma iris notam fuisse, co quod loca imui'jigabilia ibi extant, ctenini cani Jasoii ad Cyaneas navigarct exitum e Ponto fuisse per Jstrumjama est. Di ciò discorrendo con 1' esimio filosofo Forlunio Licetti mi disse the ne aveva scrino in un suo libro di queste gran mutazion di fiumi succedute per li terremoti disunione, ed unione delle montagne, come successe anco ai nostri giorni 1' anno l5o5 circa il Rodano , che 1 a-que son accresciute in modo, che duo gran monti si disfecero: così scrive Mons.r Paolo Piasceino Polacco nella sua Cronica. Hòc anno jucrunt inundationes Jluviorum m Italia Parli , in Calila liliodani, in Germania libelli t et aliorum Jluviorum portentose cnumcrantur , et illud aulem uccidit fune horribilis, quoti circa liliodanum, ad pagUni 'Martcnachio impetus illius iiiundationis duos eminentissimas montes radicitus dcjecit cum suinmo pavore acolarum qui interi'tuin mundi iani adjuissc credebant. Olire clic per le céye dei monti poteva I' Istro scorrere vicino al nostro Quieto, anzi portare le sue acque in quello , vedendone le grandissime caverne che hanno questi istriani monti, per li quali si sentono le acque scorrere, e lilialmente sboccare al mare. An/i molti fiumi si sono trovati , elio nascondendosi nella terra per longhissimo spazio vanno sboccare altrove , ed a questo proposito scrive il Sig.r Filippo Cluverio approvando la della opinione. Quan coruni opinioneni miuus mirabilur cui constabit esse bisce in oris alia etiaia /lui/una quae terrai subCant, et ubi per longa spada mcaveriut suvswn emerga nt, quaedam e-fiam ubi semel se se al.didcrint, band amplias eoa/parere , ibidemque aliquot in locis esse caveae mon,tium spaciosissimae in qut'bus aquam cani impelli iwueniem fremitus cxaudiunt ; E seguendo parla del lago Cerkniz addottrinato di essere per questa provincia abbondanza di queste cave, che foibe le chiamano gli abitatori, delle quali ne parleremo a suo luogo, essendo quelle nello quali scorrendo le piovane dei monti, impoveriscono la provincia d'acqua, e di fonti, e di rivi con gran danno delle campagne, e popoli; argomento manifesto della varietà delle cosi;. Ma lasciando anco queste moralità .aggiungeremo di più quello che disse Strabone , che dopo aver detto , che secondo alcuni , era un ramo del Danubio, che nell' Adriatico si scaricava, il quale oggi non si vede, se non è il nostro Quietò, soggiunge. Perniiti'afiouem vero talium nulla sit admiralio, inundationum, et eiusmodi casuuni causas esse diximus , ut circa Siciliani, et Acolias Insula* , et Pi-thecusa dìctum est, le quali tutte erano già terra ferina, e continente d' Italia. Con questo concorse Eustatio antichissimo interprete d' Omero , ed il Voltolano a lui sottoscrive affermando //istruiti Imbuisse aditimi ad Mare Adriaticuin, posteri preclusimi , si ne a/ccu/u uni ta timi. Concludiamo con quello che dice Plinio del pesce Tri chi a o Sai della al lib. g c. i5. ìntranlium Pontum soli non remeant Tvickiac. Sed hi soli I Hat vani ai/man subeu/it : ex co subtevraneis cjtts venis in lln.lrinticum Mare defluitiit : taque et illlc descendentes nec unquam subeuntes e mari dsuntur. Ma Aristotile dal quale cavò Plinio la sua notizia scrive nell'istoria degli Animali lib. Vili, cap i3., che non per sotterranee vene , ina per l'aperto corso dell Istro questo pesce vien nell'Adriatico: Omnium piscium soli Trichiae intranlcs Pontum capitintur exeuntes nunquam cotispiciuntur, et si quis corum apud Uisantium aliquando ca* pittiti ptscatorcs retia lustrante quia exire minime consucvc-rutti : causa est quod hi soli suheuttt Histrum , ac lune ubi /lumen jutulitur de/luunt in li tuli in tu. Scorresse V Istro nell' Istria già , o questo fiume ilei Quieto unito fosse con 1' acque di quello, a tutti li modi li Colchi che di là discesero, diedero il nome alla Provincia , essendo comune l'uso che li paesi prendano il nome dalli abitanti, vien detta Venezia, Toscana, Umbria, Campania,, da Veneti, Toschi, Umbri , c Campani, mischiando l'antichità con le favole quello che per se stesso chiarissimo fosse. Catone nell'origine, o chi ne sia l'autore , pensa che I' Istria togliesse il nome da un Capitatilo mandato qui da Giano, tirando le cose all' oscuro. Abbiamo noi per sicuro , che li Colchi vennero e fabbricarono Pula, che in linguaggio de' Colchi significa Esilio: che quegli uomini che furono mandati a cercar Medea, seguendo la traccia dei rapitori, e non li trovando, non ardirono di tornare alla patria per tema del He Aeta, come dicemmo, qui si fermarono , e fabbricarono la sopradelta Città. Così Antenore fuggito «la Troja con la moglie, e figliuoli, e con gli Heueti popoli di Paflagonia passò nella Tracia, e «li là venne a fondar la città nostra di Padova, e benché qui fossero li popoli Euganei , tuttavia diede esso il uome con li suoi a tutta la provincia di Venezia. CAPITOLO IL Figura e suoi con fini. T J-^Ja figura di questa Provincia è quella che vien descritta da Plinio, cioè che sia a guisa di peninsula lib. III. Cap. jo, Histria ut peninsula excurril. Latitudincnt citts 4° m. p., circuitimi vero ia3 prodidcre quidam. Da tre lati vien bagnata dal mare, cominciando dal fiume Eormione ora Risano , e trascorrendo sino al fiume Arsa , cioè all', ultima concavità del Golfo Carner, ov' è Castello novo. IO Vero è, eh è la via più breve quella dei monti, the lungo la marina. Imperoehè per quella a pena "si misurano da un fiume all' altro 4° miglia , ma intorno vi sono da come si è detto. In vero è cosa molto vaga a vederi: V list rem ita dal mare Adriatico da Venezia a Capè d' Istria , e di là sino a Pola esser le riviere in più luoghi curve , e tortuose, e piene di porti, e seni. E talmente è curva, che varcando dirittamente, perii mare verso l'Italia il viaggio è forse la metà. Saranno dunque li suoi confini, secondo la sua forma antica dall' occidente il fiume Risano , e parte del mare Adriatico , ma allargandola con li moderni Geografi, come Pietro Coppo, ed altri fatti forti da antichi, come Scilace Carianda nel suo periplo , eh' e-Stende Venezia sino all' Istria ed il Oliverio afferma , che tutti gli antichi dicevano Venctorutn y Vcnetiacq. nomai ìli tra Tìmavuin itsquc annieni protuììmUS. Il che Strabone conferma lib. 5 dicendo: post T'unavum Histrorum usqitc Polam /itu.s est, quod ìtaliaé adiacct. Anco noi adunque , ila questo fiume così famoso appresso gli antichi faremo cominciare la nostra Istria , cioè a S. Ci io. di Duino , eh' è pur su la costa del Golfo Triestino, sino all'altro Golfo del Cantero, ove termina l'Italia, onde leggiadramente Dante cantò Si come a Puola vicina al Quarncro Che Italia chiude , e suoi termini bagna. G'ià Istria essendo posta comunemente nei conlini dell' Italia, avrà dunque da oriente, e settentrione li monti della Vena, e del Carso, quali cominciano a S. Gio. di Duino, e ^sempre aggrandendosi con raccostarsi all' oriente vien a farsi una montagna molto larga , e sassosa, chiamata dalli Istriani la Vena, e da i Crovati la Verchia, e da altri paesani, e volgarmente Monte Maggiore, il quale cresce sopra il Quarncro , richiudendo quasi forte muraglia I' Italia dalla Pannonia. Dal mezzodì e ponente è il man' che la circonda, e con Je sue marine da mezzo giorno serra Portolupo , e il Porto di Fianona, riducendola in una rea! penisola, facendole li suoi contermini da tre parti V acque salse , e dall' altra i monti. E per maggior chiarezza , si deve sapere the sovra Pinguentc camminando verso esterno sopra li Carsi 12 miglia in circa vi è il termine dell' Istria , che confina con la Pitica eh' è parte del Cragno , ovver Carniola, e che son fra questi confini Prem , Urem , S. Canciano. Ma verso il Carnero , il monte Maggiore poi termina il suo confine, e comincia la Liburnia. Gira adunque appresso miglia 200 ; e misurando la sua larghezza da Parenzo a Raspo eh' è sopra Pinguente m. 6'., sarà di m. 4° incirca. Si discosta 1' Istria circa 100 mig. da Venezia, ed altrettanti, e più dalle riviere di là dal Golfo Adriatico, Ravenna, Rimini, Ancona; da Aquileja mig. 12. Per il Carso è divisa dal Friuli; per il Quarnero dalla Schiavonia, la quale Liburnia già ed Illirico, e Dalmazia confusamente fu chiamata ; ma questo nostro contermine è la vera Liburnia , perdio solo quella di là del fiume Arsa, e Y Isole del Quarnero in quella drit-t ma sono liburnidie , e così per l'Alpi o Monti sovrastanti, per più chiarezza replico, l'Istria dalla Carnia, Pan-nonia e Liburnia resta separata , e tlivisa. Augusto ajffiiunse all' Italia 1.Istria, che divise in XI. ODO * 'c-ioni : Golzio ile August. pag. i44= Augustus cum Histriam Jta/iar uAi.-cisset, eam in XI. regione* Jluminibus montibus popuìisque distiaar.it, CAPITOLO III, Considerazione sopra una Medaglia antica con Vinscrizione d'Istria. ]N"clla gran quantità di medaglie, e monete antiche sin ora vedute , una sola d' argento vien pensato potersi appropriare a questa provincia per Y inscrizione greca, eh' ella tiene d' Istria , la quale si vede nello studio del Sig. Dottore Gio. Galvano Jurisconsulto celebre, è Lettor primario nello studio di Padova ed intelligentissimo d' ogni più rara antichità, e mio amicissimo. Pesa la terza parte d' uno scudo d'argento, ed altre simili se ne ritrovano nello studio Farnesiano in Moina. Molti giudicano sia meda» glia denotanti: questa provìncia per le lettere Istris , che nel rivescio con il delfino rappresenti il Tinaie, dal quale vien in gran parte circondata, ed il comereio die quelli popoli per il suo mezzo esercitavano. Per 1' Aquila insegna militare de* romani, 1' Imperio Romano, la quale con gli artigli preme esso delfino, denotando 1' acquisto fatto da i Colchi di questa provincia, quando questi popoli con le loro navi infestavano quelle de' Romani , come narreremo di sotto. Che l'aquila denoti l'insegne militari romane, oltre molti scrittori , lo vediamo nella medaglia tli Traja-no, ove l'aquila porta una corona trionfale e nella medaglia di L. Vero V aquila sovra il mondo , in quella di Macrino ed in altre molte. Come dunque è regina degli uccelli l'aquila, così il delfino tè de pesd, denotando il domìnio del mare, e della terra dell' Imperio Romano. Quelle due teste l'uria rivolta al rovescio dell' altra sembrano due maschere, ma però molto diverse dell'antica forma , onde io non mi sottoscrivo a questo pensiero , e tanto più ch'essi da qui vogliono cavar, the gl'Istrioni venissero dall' Istria rappresentando la prerogativa di quelli popoli per li quali poteano esser molto grati a' Romani. Se poi li Istrioni sieno venuti da questa provincia , dico brevemente, che ciò non è vero, ne in questa provincia mai è stata attitudine a quest* arte. La verità si legge in T. Livio al principio del Lib, VII., narrando come furono li Istrioni di Toscana condotti in Roma 1' anno Scfi di Roma per placar li loro Dei, e perdio in toscano parlare Ulster vuol dir gioco , così Istrioni furono detti. Lediamolo. Si/te cannine itilo , siile iinilaudorum carminimi actit, , liuliones ex E trarla aceiti, ad tibicinis modos salta n-tes haud indecoros motus , more Tusco dabant. Imitati delti-de eos Juventus , simili in condìtis Inter se jocalaria funden-tes versibus, coepcre : nec absoui a voce motus eiant acxepta ìtaque ics, saepiusque, usurpando excitata. Vanaculis arti-ficibus , quia Mister tusco verbo lutilo vocabatur, nomai lli-sti ioiùbus itiditum. Ma cessino tutto queste considerazioni perchè col parer dei più pratici antiquari \ questa medaglia, non della provincia dell' Istria, ne meno vogliono , die sia medaglia, ma una moneta battuta da una città dell' istesso nome, che sta in Ponto. Perciò Lodovico Nonni, che ha commentato la Grecia del Golzio scrive di questa moneta. JSTPBilN ìstros MeletìoJUtn ctiain Colonia quingentis stadi/s a. sacro Litri ostia disfa;/;, Plinio IstliopoUs , Arriano vero in Periplo Ponti liti.tini Istria dieta. Stridio ToXiKVlOV oppiduktm vacai , Plinius pulchcrriiiiam cjus tractus tubati , Aininiaiius Maicelli/tus potentissimam flasse ilrbem rc-1*rt% a M. Luculla ex pugnata juit Eutropio teste, varias posteti tnutalioncs cadetti, passa sud A mini ani Marce-Vini aetatc ad sunimum potentine calmai, videiur pervenisse. Scd Barbarorum assiduis iucursloitibus funditus postea cani plurimis cjus re-giottis urbis ileletant. Ensebius istruni in Ponto Olimpiade 3o conditimi re.feri. A me dispiace esser contrario alla volgale opinione che questa medaglia sia dell' Istria , bramando inalzare le prerogative della provincia , e non minuirle , ina più devo alla verità, perchè prima in qììesti luoghi, non ha fiorito la lingua greca, onde smeline cosa stravagante, che dovendo batter una moneta , o medaglia si avessero voluto valere di altra lìngua , che della propria, o della latina comune in quelli secoli all' Italia. Di poi quando le provincie battevano qualche medaglia le mettevano V imagine del suo Principe, e usavano questa forma di parole , come si vede in quelle della Macedonia fatta ad Alessandro Magno, Comniunitas Macedonum. E li nomi delle provincie si ritrovano, o per i viaggi degli Imperatori, e per essere state beneficiate, o pur soggettate, eh' era il principale ; cosi vediamo quelle in bel metallo, e di eccellente maestro di Adriano col rovescio della provincia della Dacia , eh' è un medaglione? con una figura sedente con parole Dacia, e S. G j così dell' Egitto. L' altre bellissime col titolo Restitutori Aehaiae, Restitutori Bithiniae , Restitutori Frisine , e Restitutori urbis terrarunt. Così di Antonino col rovescio della Città di Damasco con parole greche, cioè Metropolis Damascenorum , e quella fu battuta da quella Città , eh' è nella Siria ad onore di Antonio Pio. E molte altre simili, che tralascio per brevità, e potendosi vedere nei libri delle medaglie antiche. Quanto poi al rovescio, io penso per quelle due teste abbino voluto denotar Giano, ch'era consueto potici si nelle monete. Essendo opinione di Macrobio , che il primo che coniasse il bronzo fosse Jauo ammaestrato da Saturno al suo passaggio in Italia, da che egli vi signassc il suo viso, e la prova della nave. Servio Tullio sesto re de' Romani fu il primo che coniò il rame in Roma , che per avanti si spendeva il detto rame rozzamente senza segno veruno. Della qual formazione così Ovidio lib. III de FastiS. At bona posteritas Janum Jbrnuu-it in aere Hospitis addentimi certificata Dei. Onde si scrive ch'era usanza in Roma che i fanciulli fino al tempo di Adriano , che tenne 1' impero romano negli anni 877 dopo l'edificazione di Roma, con tali monete giocando insieme, le traevano in alto , e gridavano testa , o nave ; il che da segno , che tali monete di rame avessero Jano da una parte, e dall' altra la nave. E ben vero l(3 che diversamente qui appare Jane, perchè era una testa sola con due faccie unite insieme, ma questo si • può condonare all' ingegno dell' artefice , che in far questa moneta volesse partire alquanto dall' uso comune. CAPITOLO IV. Natura del cielo, e della terra delVhtria. "F^i posta 1' Istria in para ledo di Venezia , e di Pa-do va camminando per linea retta da levante a ponente , situata quasi nella stessa latitudine , e godendo dell' istes-sa elevazione di polo, specialmente li luoghi che sono nel mezzo della provincia , come Città Nova , il Quieto, e Parenzo. Contiene quasi un grado di latitudine , misurandola dal promontorio di Pola con 1' estremo del territorio di Trieste , il qual grado comincia dal 44 e min. 4° sino alli 4<> m. dopo il 45 grado. La sua longitudine secondo la nota del nostro Gio. Antonio Magini è dalli gr. 35 min. iti ove è posta Trieste, e li gr. 36. 4&ì ov' è collocata la Città di Pola che sarebbe un grado di longitudine, e min. ao. Ha li giorni , e le notti tutto 1' anno simili a quei , die Venezia , e tutta la Lombardia hanno. Per conseguen-M gode un aria temperata , anzi quella parte , chfl si discosta dalli monti, e dall'Alpi Giulie, e s'avvicina al mare , non sente molto freddo , fuorché con li venti , onde resta la campagna attissima tutto 1' anno al pascolo degli animali. Quindi occorre che 1' inverno li pastori si partono dalli monti del Cragno , della Carintia , ed altri luoghi alti, e vengono a svernare qui le loro pecore, e capre. Ma siccome questa parte marittima gode di questa temperatura , così resta peiò molto insalubre, e nemica della natura umana e ciò per i venti australi, siroco, ostro, garbino, come disse Strabone, che la distrugono. E quei luoghi che sono più esposti ai suddetti venti, restano miserabilmente per l' intemperia dell' aria affatto distrutti, e disabitati. Tra quali principali sono Uniago , Città Nova, Parcnzo, e Pola. Anzi è connine opinione de'più intendenti, che l'aria dell'Istria sia tutta poco salutifera ; onde monsignor Cardinale Agostino Vallerò che fu visitator apostolico di questa provincia soleva dire che 1' Istria era 1' ospitale degl' italiani, vedendosi in prova questo suo detto. Restano però d' aria più buona Capo d' Istria , Pira* no , Isola, o Rovigno, come esposti alla tramontana, e coperti dai venti cattivi. Quanto più s'avvicina ai monti, l'aria e più sottile, più purgata, e più sana , ma più fredda ; onde ben sotto i monti, e nei confini suoi gode quello che dicea Dione dell' imperatore Adriano lib. 60. Mie ertim unquam aut per nives Cclticas, aut. per calores Egjptios apertimi caput liabull. Ivi dunque protraono lungamente la vita , il che non fanno nelle altre parti ed ho osservato in questi paesi più cattivi non potersi allevar li figliuoli , e le donne come di natura più delicata , ma questi muojono facilmente. Onde tutto il popolo è straniero, e specialmente Schiavetti, é Slavi gente più forte , e più atti a resistere a quésta intemperie. Con questa temperie del Cielo vien questa Provincia a goder gl'istessi suoi favori comuni a tutt Italia ; ma con particolar encomio fu celebrata la fertilità dei suoi terreni dal Re Teodorico appresso Cassiodoro nel lib. XII. Vario-ru/n. Ep. 32. la quale così scritta : Piovincialibus Histriae Scnator Praefi Pret. Cotnmeantium igitur attestationc didici' mas, Histriam provinciam ma ti ibus egregia fructibns sub Illude riominatam divino muncrc gravidani , vini, olei vei tritici pracsenti anno foeciindltate gratulali. Il Terreno dell' Istria è di tre sorti conforme alli tre colori, ch'esso tiene, cioè rosso, bianchiccio, e negro. Abbonda assai del primo il territorio di Città Nova, e il Carso, ed è molto accomodato agli Olivi, se ben è meno frut- tiferò degli altri, essendo cretoso. Il secondo è assai nel territorio di Capo d'Istria, e sebben è bianchiccio e «'meticcio non è però sabbione, ma piuttosto cretoso ed è più Iettile del primo producendo tormenti migliori. 11 negro ò nella Po- » lesami, ma misto col rosso, che riesce fecondissimo di tutte le cose, e massime dei grani, come formento, segala, onde, si comunica a tutta la provincia , la qual in universale estendo di monti piena, e di sassi, non si può dir molto fertile, che però con quello, che in se stessa si cava dei grani, parcamente si nutrisce ; onde le ne somministra il Friuli, la Carinola, e quelli di Romagna, ed altri luoghi per via di mare. Delli frumenti nativi non si fa il pane bianco, ma bruno, e rossiccio, non stimato, solo da quei di Pin-guente nati nei terreni bianchicci, si fa pane bellissimo, e bianco come latte, ma portato fuori di là, non riesce così bianco, o sia la temperie di quell'aria, o pur 1' acque soavissime che ivi dalle lontane si raccogliono. CAPITOLO V. Primi abitatori delVhtrm. Causata Provincia secondo alcuni, tra quali F. Leandro Alberti nella sua Italia, fu prima abitata dalli Aborigeni. Questi vennero dall'Arcadia parte sotto le insegne di Eno-trto loro capitano nell'Italia, e scacciati gli Ausonii si allargarono versolo stretto di Sicilia. Altri col fratello Peueezio scorsero ad abitar nella Puglia , onde non vedo come venissero nella nostra, Istria, assai dai suddetti luoghi discosta. Altri come Marziano Heraclense pensano che questa losse abitata dai Traci scrivendo : Venetis contermini sani 1/uuces, Histri diati- che fu gran gente, onde Erodoto lib. V. Thracum genus post Indos omnium maximum est. E fu di questo Capo Thubale pronipote di Noè, ed abitò alle ripe dell'Astro donde ne vennero poscia li Colchi. L' Archeogràfo Voi. IV. 9 io Filippo Oliverio, diligentissimo scrittore, e geografo, pensa sieno stati Celti; al quale anche io mi sottoscrivo, perchè stimo che per la vicinanza dell'Illirico l'Istria camminasse con ristesse genti, stimando egli nei secoli antichi nomine Illj•fiorimi Compreliensos fulssc Vindelicos, Noricos, Pannonios atque Dalmatas, et eiusdcni originis gentem Celticam, e soggiunge esso Cluvcrio, seti vctustissi'vas quoque Graecorum seri" ptores sub Celtarum nomine Imbuisse nntiones ìlliricas. Ed essendo che due cose fanno conoscere che ristesse genti abbino avuto l'istessa origine, cioè la lingua, e li costumi, a lungo esso, e con grandissima sottigliezza nella sua Germania netti primi Cupi dimostra che gT Illirici, Germani, Galli, Ispani, e Bretoni abbino avuto l'istessa lingua. Appiano lib. de rebus Ittiricis narra questa origine, ben -che oscuramente; ma questa parola Celtica per la vicinanza dell'lllirio con la Grecia restò in tutto abolita, come di gente barbara, e però li Greci scrittori non ne parlano di questi. Ma ripigliamo più alto il discorrer per consolidare la nostra opinione. Per il parer comune degli scrittori a Giafet toccò l'Europa, e secondo li pronipoti di Noè dopo la varietà delle lingue si divisero, così si vennero a farsi diversi li popoli. Con lunghe, ed evidenti ragioni dimostra il nominalo Oliverio che li Celtici derivano da Aschenazc pronipote tli Noè, e questi sieno gl' Illirici, li Germani, e li Galli. E cosi come principe dei Cèlti e re li governò, soggiunge: Forsan nova Celtarum lingua post Babilonii ed,ificaiionem, naia Celtae idem significaverit quod vel primaeva ilici, vel Hnebteoruni lingua Asciienaze. Nè senza ragione alcuni dicono che li primi abitatori dell' Istria fossero li Iperborei. Strabone lib. XI. Veteres Graecorum Scrlptores unìversas gentes Septentrionales Scytbas, et Cucito Scytlias appellarunt, qui veruni anlchac adirne gentem diviscrunt supra Euxinum, Histriam, et Adriaticuin mare colentes (Ecco li nostri Istri) Hiperborcos et Sarmatas, jt Arimaspos vocaverunt. Parimenti Tauriaci tossoro i primi abitami detti, essendo elio come si dico ; omnes Àlpìnos popuhn, Tauriscos aict. Finalmente vennero ad essere ascritti per abitatori gli Argonauti, che io credo che qui in alcun tempo si fermassero con li ricchi tesori rubati al re dei Colchi, e che seguitati dà gran moltitudine dei Colchi, e con questi da A li-solo fratello di Medea. Allora gli Argonauti per non esser soperchiati da costoro si ritirarono nell' Illirico presso il re Alcinoo, che fece le nozze di Giasone con Medea, dicendo air instanze ratte dai Colchi, de iure passe uxoran virimi sequi ed ostò che insieme non combatterono. Iginio l'avola XXIII. elegantemente; /tetani resemi Medeam cimi Jasone più>j'ugisse, tane comparata inisit Absjrtum ami sateìdtis arntatis ad cani persecittendum qui cimi Adriatico mari in I fisi ria e um prosccutus esset ad Al emonia Regali, et velici contendere Alcinoiis eos itila posuit ut belliirent. l'i pin di sotto disse, che servo a chiarezza dell' Isola Absirli. Postero die. cani ad judicium verdssent, et Medea mulier esset inventa, Coniugi est tradita, A' ih iloti dnus (pumi, proferii essati Ah syrtus ietnens patrts praecepta persecutus eA in lnsulam Minavae, ubi cani sacri/icasset Miucrvac, Jasoti, et Absjrrtus iiifcrveuissait, ab .In sotte, est intafecttis; cititi s corpus Medea, se-pulittrae dedicatane inde proferii .ami Colchi, qui cuin Absir-to venerimi tlnicnfes Adam, il He rcuiaiiserunf, oppiduinque con-dtderuitl quod ab Absyrto nomine Absoron adpcllarttu (. Non stimerei mollo lontano dal vero, che quando venne Antenore fuggilo da Troja a sbarcare nei liti Liburni > come dice il Poeta: /////et/or putidi medijs elapsas Aclnvis /iiì-r/eos penetrare siuus atipie intima tutu* Regna Libtirnoriìin, et f.ntan superare Tintavi. avendo combattuto quei popoli, e penetrati li più intimi luoghi di questi regni dei Li bum i , che sono tra la Dalmazia, e l'Istria, dilatandosi di qua sino al Timavo, eh' è posto in un tato Triestino, si può creder necessario che passasse per questa provincia posta fra mezzo. Onde s è vero che nella Liburnia si fermasse , e superasse i regni dei Liburni, anco resta verosimile 1' opinione, clic con li suoi Ilenoti, e Trojani si spargesse nell'Istria. Da questo lu indotto il virtuosissimo si»'. Vincenzo Contarmi di venir a vedere questi luoghi avanti ponesse l'ultima mano al suo Antenore, ma essendo noli' agosto capitato a Pola, per la .stagione impropria aggravato di febbre, si lece condur a Venezia, la dove in brevi giorni mancò di vita, e con quello anco l'opera incominciata del sopradetto Antenore, che mai più è stato possibile sapere dove sia stata nascosa. Ha però supplito in molte cose il nostro Lorenzo Pignoria nel suo Antenore. Fiorivano li Euganei nella Lombardia, e nelle costiere del rotare Adriatico in tanto che Pierio Valoriano nei discorsi dell' antichità di Belluno fatti stampare dall'eruditissimo Monsignor Luigi Solimi Vescovo di Belluno , afferma aver essi fabbricato, Mantova, Verona, Vicenza, Bassano, Trevigi, Feltro, e molto torre del Bellunese. Cedendo queste alle forze militari di Antenore si ritirarono tra terra all' insù, parte sovra Bassano, ed intorno Follie, e Belluno, ed altri penetrarono verso la Carintia, e per conseguenza chi sa , che anco nella nostra Istria, e nelle vicino suo montagne. Ma ascoltiamo T. Livio Lib. I. Casibus deinde variis Ante* /lineai, cani multiiudine Ilciietum qui sedi/ione, e.r Vtipldaconiti pulsi, ei sedes et ducetti Bege Pjiemene ad Trojani aniisso quacrebant, venisse in intintimi matis 11 adriatici simun : lia-ganeisque qui Inter mare, alpesque incohbant pulsis, iicnetos Trojanosque eas tentasse terras: et in quem primum egressi suiti Imam Traja vocatur ; pagaque inde Troiano nomea est, gens universa Vcneti adpcllati. Laonde penso assolutamente, che quivi molti si ricoverassero, essendo paesi copiosi tli armenti, dei quali in quelli secoli consisteva il vivere, e le ricchezze, questi nelle campagne istriane conducessero, conio nell inverno non soggette a gran freddo. Convien anco credere, che li Toscani, che si diffusero tanto nel Friuli, anco qui trasportarono le loro stanze per la vicinanza, ed unione dei luoghi. Restò finalmente Colonia l'Istria dei Romani, li quali dopo che soggettata l'ebbero, l'accrebbero e nobilitarono di quelle grandezze, che la vastità dì tanto Impero ricercava, e ne restano anco le vestigia sino al presente. Ma questo osservo di notabile, ch'essa mantiene sempre il suo nome, il che non fecero l'altre Provincie dell' I-talia, le quali dalla invasione dei popoli stranieri andarono cambiando nomi. CAPITOLO VI. Viaggio dì Giasone e degli Argonauti e dei Calchi. Celebre è la navigazione di Giasone con gli Argo-* nauti, ed antichissima, ma dalle favole dei poeti tanto offuscata, che perduta ogni parte di credenza, vien tenuta da molti per una mera invenzione. Noi togliendola quanto più si potrà da questi invogli succintamente; per ampliare questi Commentarli a chiarezza maggiore di chi leggerà, la registreremo. EsOne re di Tessaglia essendo molto vecchio diede a Pelia suo fratello il governo del regno sino che Giasone suo figlio fosse all'età giunto, al qual dovesse consegnarglielo. Pelia adescato dal governo, ina anco atterrito da un oracolo che di cedui si guardasse, che vedrebbe venirli in caia con un piede scalzo ; avendo veduto a questa maniera entrargli un giorno Giasone, pensò tosto di levarselo d' avanti. Egli giudicò bene con alcuna ardua impresa esporlo adi perìcoli del mare, e della fortuna, e conoscendolo giovane pieno di a a ardila, e desioso di glòria, lo persuase che dovesse navigare in Coleo, dove diceva già Fritto aver gran copia d'oro portata, eh' ivi si guardava in un tempio, o pur l'animò alla composta del vello d'oro. Aggiungendo per maggiore eccitarlo, che oltre.la gloria di cosi grand'impresa , e il veder novi paesi, che di ragione quel tesoro li toccava , poiché Fritto che portato a Coleo l'avea, era nato d'AtaiiKinte fratello d'Esone suo padre. Gli offerse quelle ose che li bisognavano, e di fabbricargli una mirabil nave. Accettò il giovane l'offerta, e si preparò all'impresa. Uniti seco i principali della Grecia, fu fabbricato il legno di mirabil grandezza, e fosse il primo legno lungo, come vogliono, che solcasse il mare, il qual dal mastro, o dalla sua celerità fu chiamato Argo, donde furono gli Argonauti detti dalli Poeti, e con i titoli di eroi, e di semidei chiamati. Questi furono al nutneto di 44-> tra quali Ercole, Telamone, Orfeo, Peleo, Castore e Polluce, Teseo, ed Hyla, e Giasone, oltre li marinali. Partita questa fiorita compagnia da Tessaglia, fu dal vento primieramente condotta nell'isola di Santo, dove re» gnava in quel tempo Issifde con le sue donne, da quali raccolti, dicono che di Giasone restasse gravida. Partiti di (pia furono portati dalla tempesta in Frigia dove Ercole liberò Esionc. Quindi partendo sovrapresi da tempesta, dicono che col Votare Orfeo alcuni sacrifici! agli Dei della Samotracia si salvarono giungendo nel regno di Plincs,e liberatilo Olito, e Carambi. Navigando oltra nella Hi ti 11 ia lasciarono Ercole in terra, e costeggiando da man dritta, a Ponto finalmente arrivarono alla foce di Fuside per lo (piai fiume, che si può anco con grossi legni navigare montarono il Coleo. La cui amena contrada hi da occidente il mare, da mezzodì la Cappadocia con una parte dell'Armenia, da Oriente la Iberia, e da Settentrione li Sarmati, Vogliono che le genti di Coleo fossero una colonia di Egizi, perchè in molte cose loro rassomigliano. Quando Giasone vi giunse re gnava Aeta, e Perse suo fratello regnava in Taurica, l'uno e l'altro di natura crudele. Di Perse nacque Erate crudelissima clie avvelenato il marito fu tolta dal zio cioè Aeta in moglie, e li nacquero tre figli, Circe, Medea, ed Absirto. Fu accolto al principio contro l'uso suo, che faceva sacrificio degli ospiti, con assai lieto avviso, e intanto da Medea, che di lui si innamoro, li (u dato l'adito all'impresa, promessali di torla per moglie. Teneva in guardia dell'aureo vello nel tempio di Marte, che da nove miglia lungi dalla città alcuni gagliardi giovani di Taurica, che perciò li Poeti finsero, che tanto feroci fossero, che gettavano per il naso, e per la bocca fuoco. Medea il condusse sccretamente al suddetto tempio, il quale fatto aprire dalle guardie, che nulla di ciò sospettavano; onde tosto che entrati furono gli Argonauti col ferro ignudo ammazzarono alcuni di (pici Tauri ci ed altri fuggendo portarono al re la nuova del tradimento della figliuola. In questo mentre da questi levato il vello d' oro o il tesoro, se ne tornò con i compagni, e Medea alla nave. Dicono alcuni che Aeta sopraggiungcndo nella zuffa che si attaccò, restò morto , e i suoi in fuga ; e Giasone ferito, da Medea perita nell'arte fu medicato. E tosto daiii do dei remi in acqua passarono il Bosforo tracio senza piegare ad alcuna parte ed entrati nel fiume Istro, torsero poscia il cammino nel fiume Savo, secondo alcuni portarono il loro legno nel Nauporto, che nel mar Adriatico scarica le sue acque. Qui dimorarono tanto, che udendo li Colchi in gran moltitudine li venivano dietro, si ritirarono in Liburnia, e di s quondam subactu Germania interiore a Drusa, et Tiberio odo-ptieis filiis Cesaris per castra dispasitos in magnani conluissc gentem : atque ita, et iam notnen ex opere praesumpslsse, quia crebra per li/hitss habitacula con-'iuto burgos vulgo vo cant. Ch'era disse il Cluverio oppìdidum moenìbusporlisquc non clausum, che non era scpiinentutn conforme li varii linguaggi; che appresso li Germani si chiama Itnut e tenga ed altri è l'istesso con Gurdan , e nel parlar romano hortus, perchè anco quello ha le sue siepi intorno. E cosi li Slavi che abitarono la Sarmazia, chiamarono alcuni luoghi Visvegrad, Hunograd perchè Zagrad Ograd è l'istesso che Hortus. Ma io vedo da alcuni farne un dubbio. Perchè dunque T. Livio chiama nell' Istria Nesazio, Mutila, e Faveria oppida; al quale è facile la risposta, dicendoli che li luoghi fortificati, o chiusi di fosse, o di legnami, o d'altra materia per ostare ai nemici erano chiamati oppida ab ope datala ovvero secondo Festo quia, illuc hotnines opes suas conjìde-bant, derivato il vocabolo, perchè li abitatori uniti insieme l'uno all'altro servivano, e tutti insieme difendevano le loro mogli, i fijjli e le facoltà. Onde io credo che Nesazio, nel quale si ritirarono gì'latri, fòsse simile, al che fatte le sue muraglie di legnami, e le acque fortificate , subito restarono gl'Istri perduti. Aggiungo che nei primi secoli gli abitanti non fabbricarono città sovra il mare, ma piuttosto nelle cime dei monti, temendo ancora quello, che dai loro avi e proavi passava in tradizione del diluvio universale, col quale Iddio benedetto castigò il genere umano. E abbiamo di questo costume molti passi di autori celebri che per brevità tralascio. Onde cade a terra l'opinione d'alcuni, che le città marittime siino nell'Istria state prima fabbricate, che quelle dei monti, ovver dei colli, nò men li Colchi ne fabbricassero alcuna, abitando in quel secolo alla foresta, come abbiamo dimostrato. CAPITOLO Vili. GVIstriani accresciuti, s'eleggono un re. Come l'Istria vien al presente abitata da diverse sor -ta di genti, così credo che nella sua prima origine in essa calassero ad abitarla varii popoli, e finalmente li Colchi, ed Argonauti le diedero il nome, e più degli altri crebbero in modo, che nel corso di molti anni, ad imitazione di altri paesi uno di loro elessero per re, al quale obbedivano e servivano, ed esso governandoli tendeva alla loro conservazione. Tutti questi popoli erano divisi in quattro ordini, alcuni governavano li terreni, altri le mandre dei loro animali, parte a fabbricar vascelli onde navigare il mare, e per ultimo come soldati tendevano col loro re alla difesa della provincia, e bottinando pel mare riportavano alle loro case le rapine. L'esser il paese pieno di grandissimi! selve, vicino al mare, contiguo ai Liburni, che i primi furono a fabbricar le navi che si nomarono fregate e navi liburne, le quali mossi! da uomini robusti con la torza dei remi nell'acque, con gran velocità scorrevano il mare; causò che anco gl I-stiiani in quest'arte tanto crebbero, che dai guadagni tirati, si resero baldanzosi a segno di molestare le navi romane; e ne abbiamo un luogo di Eutropio lib. [IL, dal quale si cava, come gl'Istri, avanti i Romani, tendevano a corseggiare il mare, ed erano in tanto numero c tal valore, che ardivano d'assalire le istesse armate romane, onde la Repubblica fu costretta a decretargli per mezzo dei consoli la guerra, come diremo qui sotto. Histris belluni ìllatum est, quia ialiovinati naves Roinanorurn fuerant, quae Jrumenta, cxhibebant. Quale, e quanta fosse la potenza deglTstri, puossi congetturare da quello che scrive lo storico Giustino, che con le loro armi travagliavano il re dei Sciti, onde fu forzato a ricorrere a Filippo re della Macedonia, nel tempo avevano il loro re, diss'cgli dunque, lib. IX. Krat co tempore Bex Scjibarum Athea*, qui cuni bello ì lislriauoru/u pracme-vetur auxilìum a PfUlippp per Àppoloiiep es petit, in suc-cessìonem cani regni Scjtkiae udopfaturus, cimi, interim '.w,.'-anoììini rèse dcccdcus, è mela belli, et nu.rlllornm necessitate Scjtbacs- rolvit. Onde sino al tempo, ohe gl'Istriani furono soggiogati dai Romani, che fu l'anno 5j6. corsero questi anni, e quasi alti elianti avanti lloma li Colchi (iorirono, die uniti insieme superano i mille anni, che l'Istria visse in libertà e godono do' loro re. Quante e quali imprese adunque, di questi popoli con li vicini, ed altri, con vien credere, siino succedute, se ne hanno pèrdute le notizie, il che non poca calamità ne riceve la provincia per la povertà degli scrittori che di essa hanno scritto, di che è certa cagione la barbarie in che vivevano, e la privazione delle buone lettere,col cui mezzo le azioni vengono scritte, e portate a dispetto del tempo alla memoria degli uomini. CAPITOLO IX. L'Istria passa in potere dei Romani. Battaglie succedute ira questi. Crescendo questi popoli in gran numero, nel corso di molti anni, ed ardindo con le loro navi d'infestare quelle ile Romani, che aveano molta facilità nel fabbricarlo a motivo delle gran selve, e della inoltiplioità dei porti che attesta Provincia possedè, e tolte alcune navi cariche di fermenti ; indussero il Senato Romano, a colà spedire il console Minuzio Ruffo, e P. Cornelio (inde li travagliasse, come già fecero. Gran difficoltà però trovarono in essi onde ridurli sotto il giogo Romano, essendo uomini alpestri e feroci. I Romani vedendo, che tutta questa parte dell'Italia poteva apportar col tempo molti incomodi all' impero, essendo la strada della Germania; nel consolato di Q. Fulvio e P. Manlio propretore delle Spagne, fu mandata una quantità di tremila Latini in Aquileja, avvegnaché gl'Istri dimostrassero di ostarvi, non potendo per la loro ferocità so fiorire l'aumento dei Romani. Ma questi eoi favor del cielo e valor dell'armi dilatando sempre più l'impero, e soggiogata la Grecia, vedendo che li Istriani mal volentieri li Obbedivamo, anzi con 1' aver aiutato gli Ftolii restavano contumaci e degni di castigo; decretò il Senato, ! anno di Roma 572., che si domasse l'Istria, e che colà andasse il console M. Giuuio Bruto a soggiogarli, come toste» fece con le Legioni. Tenevano i domani in Ancona, lor porlo principale, 20 legni per sicurtà di quei mare, e crearono due capitani navali per frenare li Illirici, ed Istriani che lo scorrevano ; guardando, da mano destra, dicci le marine sino a Taranto, e da man sinistra li altri dipoi sino ad Aqu'deia. Questi dieci governati da C. Fulvio con molti altri, carichi di vettovaglie, essendo venuti fin verso il fiume Timavo, che Livio chiama, lanini Ti/navi, inuiiinct mari is laciis ; dove il console Romano venuto d'Aquileia,-aveva con le sue genti accampato lungi dal, mare 5 miglia, pur cui passando a prendere sui confini dell'Istria, il più vicino porto, 5 miglia fra terra andovvi anche il consolo. Livio diligentemente descrive questo campo, col dire: ///. pvitu emporium brevi peifrequcns facilini, onmiaque bine in castra iuppoìfakaiitur et quod id tulius ficrct, staìiotw ab omnibus caxtrorum partibus circumdatae sunt, in lstriamqm suum praesidium stativuni, repentino cohors Piacentina appo-sita inter mare et castra, et ut idem aquatórìbus ad fluviam esset praesidium, M. Aebutius tribunus mililum secundiin le-gìonis duos maulpulos mililuni adjicerc jussns est. I\ et C. Adii tribuni militimi legionem tertiam quae pabulafores, et Ugnature? tueretur .via quae Aquilcjam Jert duxeram. Ab ea- dem regione mille ferme passuum castra erant Gallo rum: Carmela* prò regulo erat tribù* aut amplius millibus arma-torum. Histri, ut primum (soggiunge) ad lacum Tintavi castra sunt Romana mota, ipsi post collein occulto loco conse-derunt, et inde obliquis itineribus agmen sequcbantur in omnem occasionem intenti; nec quicquam eos quae terra marique a-gerentur fallebaL Accortosi li Istri che i Romani, a grandi schiere andavano, e venivano dal campo al porto, e che le guardie degli alloggiamenti erano poche, uniti una gran copia di loro, e dei più feroci , una mattina che per la nebbia poco si vedeva le loro genti , sembrando in maggior quantità, con molto impeto li assalirono. A tale inaspettato assalto spaventati li Romani, che non sentendo a gridar altro nel campo che, alla marina, alla marina, voce vanamente detta da un soldato, e stimata per vera; senza alcun rispetto si posero a correre al porto, niente valendo li preghi del capitano per rattenerli. Perciò li inimici agevolmente entrati nel campo vi ammazzarono M. Licinio tribuno militare della terza legione con alcuni pochi che vi erano restati. Ma ritrovando essi in gran copia da mangiare e da bere, non curarono di proseguir la vittoria, e tutti sicuri sederono alle tavole per riempirsi il ventre. Sentiamo la positura degli alloggiamenti Romani, ed insième l'ubbriacchezza dcgllstri, diligentemente descritta dal nostro T. Livio. Practorio deiecto, direptis quae ibi fucrunt, ad quaestorium forum quinlanumquc hostes perve-ncrunt. Ibi cult omnium veruni paratam expositamque copioni et stratos lectos in quaestovio invenissent, vegulus accubans cpulavi coepit: max idem ceteri omnes avmovum hostiumque obliti faciunt : et ut quibiis insucttis libevalior victus esset, a-vlditts vino ciboque corporei onerante I soldati romani, che fuggiti erano in porto, vennero a contrasto coi marinari, che conoscevano i loro legni non esser capaci da soffrire tanta gente con quelli armati che vi erano, al numero di 3t mila e duecento. Si ritornò poi con questi, e con la cavalleria, che quivi era, a ricuperare gli alloggiamenti. E qui vien celebrata la diligenza del console, ordinando xhe per ogni cavallo montassero due soldati, che portavano la legna, ed ogni cavaliere prendesse in groppa un giovine per ricuperare la gloria dei perduti alloggiamenti. Nella qual fazione fa memoria Livio di L. Azio tribuno della seconda legione, e di R. lloculonio suo alfiere, di T. e G. Adio tribuni della terza legione; celebrando i soldati ammalati, che restati etano in campo, i quali sentendo venir i loro romani, presero le armi, e ne fecero gran strage. /Iute omnes (dice) insignì* opera fidi C. Vopilii equitis, Sabel'o cognornent crat ; is pede saucio relictus, longe plurima* ho-stium occidil, 11 che agevolmente ottenne ritrovando li nemici nel vino e nel sonno sepolti ; essendo tanto lo sdegno de' romani , che in breve tempo furono tagliati a pezzi ottomila istriani, non lasciandone alcun vivo. Alcuni, che meno avevano bevuto, fuggirono col re, che tutto ebrio, fu con molta fretta riposto dai suoi sovra un cavallo; e in questo modo ricuperò il console gli alloggiamenti, e la riputazione della sua milizia. Correva fama in Roma, che gl istri superati avevano i Romani, per il che nuove genti vi si erano ascritte, e dato ordine all'altro console M. Giu-nio, di volare con quante genti potesse aver in Aquileja, timore che cessato venne con 1' avviso delle nuove cose eh erano seguito. Cosi gl'Istri, che con grosso esercito ritornati erano in campagna, quand' intesero la venuta dell'altro mnsolo, e del nuovo esercito romano, se ne ritornarono alle loro città, e i consoli in Aquileja. Creati consoli nell' anno seguente C. Claudio Fulcro, e T. Sempronio Giaco, al primo toccò d'andar a guerreggiare con gl'Jstri, al secondo di passare con nuovo esercito in Sardegna. Furono con segnati a C, Claudio per l'impresa dell' Istria venti legni, due legioni di cinquemila, e seicento cavalli latini; e ritor- riandò in Aquileja M. Giunio, eli' era venuto in Roma per la creazione de' consoli, cominciarono con M'odio a invader le campagne d'Istria. Afflitti i paesani nel veder guastare le loro terre, unirono d'ogni sorta di gente, e opponendoseli un esercito, vennero al fatto d'armi, nel quale restarono morti quattromila, il resto fuggindo alle loro città, i quali ben tosto confessando il valor romano, mandarono a chièder la pace, ed ottenutala, dierono gli ostaggi. Tosto che .venne a Roma questa nuova ; il console Claudio Fulcro, temendo di rimaner privo dell' esercito e della provincia, parti di notte dalla città, e venne in Istria, dove non trovò chi volesse obbedirlo, non avendo, come al solito, in Campidoglio solennemente sacrificato. Al che venutone nella provincia, con li suoi littori in abito di capitano, tutto pieno di sdegno contro M. Giunio e Manlio, se ne ritornò a Roma (tanto poteva in quegli animi la religione). Quivi sacrificò e ricevuta con solennità la bacchetta di Magistrato, in capo del terzo dì con la medesima prestezza, fece ritorno in Istria. Alla sua venuta, Giunio e Manlio erano sotto Nesazio, nella qual terra, come principale, erativi il re con li primi dell Istria ridotti per difenderla. Il console con due nuove legioni rimandandone via questi due capi con i loro eserciti, restò esso a battagliare questa città. Rivolse egli il corso del fiume altrove, perchè impediva a lui, e dava al nemico la comodità dell'acque; ponendo egli tanto stupore e spavento agi' istriani, che come barbari ch'erano, non ricordandosi di chiedere altrimenti fi pace, disperati incominciarono ad ammazzare le loro mogli e figli, gettandoli di fuori per sopra la muraglia, in questo tumulto e strida entrarono dentro li Romani ; il re che intese presa la città, per non venir vivo in poter de' nemici, s'ammazzò; restando tutti gli altri prigioni o morti. Dopo questa furono prese a forza due altre terre, Mutila e Favoria, dandole a sacco al li soldati, avve- gnachò poca proda le fosse; di che le altre città spaventate, dando gli ostaggi vennero in poter dei Romani. lattosi morire gli autori di questa guerra, più di cinquemda, e seicento degl'Istri che si ritrovavano prigioni, furono ventiliti per servi. A ciò pertanto, onde resti memoria anco «lei più savii, di questo fatto con la loro barbarie in uccider le mogli ed i figli (indizio dell'i pessimi animi loro), lo registreremo come la descrive Livio nel lib. LI. Paucis ante diebus Junius Manliusqtie oppidum Nesanctium quo se prm-cìpes Hùtrorùm, et Regtthts ìpse receperant sui/una vi oppu* pliant. Eo Claudius a'uubus legionìbus novis adduclis, velcro e,cercini mis tlucibus dimissO) ìpse oppidum circumsedit, et vl-neis oppugnare intenditi amnemque praeteijluentem monda qui et impedimento oppugnantibus crai, et acqualionem fh-slris prebebat, mulloriim dierum opere exceptam novo alveo aver Ut. Ea res barbaros miraculo terital abscissac aquae, et ne tutu quidem memo re s pacis, in cu e tieni conjugam, ac Uberofunt versi, e/iaui ut spedando hostibus tata faedum ja-cinus n< et, patam in ttiuris trucidalos praecipilabant. Inter simili eompluralimicm foeniinarum piicrortunque , simili nefaii.-dam caedem, uiilites tramgressi murimi, oppidum ititiarunt ; ciuus capti tumultuiti, ut ex pavido clamore fugientiani ac-ecpit lìex, traiceli ferro pectus, ne vivus caperetur : caeteri OOptif aut occisi. Duo deinde opp'ula, Mutila, et Fave ria capta, et deleta.....Histria tota triniti ojtpidoru/n exci- dio, d morte regis pacata est. Si rallegrò sommamente il Senato Romano, e diede ordine al governo della provincia , in modo che sino al tempo di Giulio Cesare non leggiamo altro motivo, ne'quali giorni fu no[ accusata la città di Pola, dopo la morte di Ponipejo, di ammutinamento contro l' impero, e fu fatta distruggere perdonando al resto degl'Istri, ene in quella si ritrovarono. Di qua vedo che gl'Istriani, come tutta la Lombardia furono seguaci della parte di Pompeo. L-Archeocrafo Voi. IV. 3 Lucio Floro è diverso da T. Livio nel fatto, dicendo ohe il re degl'Istriani ubbriaco fosse preso , non sapendo per il vino ove fosse. CAPITOLO X. Quali fossero questi ire luoghi nominati dai Ilo/nani, Nesazio, Mutila e Faveria, e dove il loro silo. INfesactio o Nesanzio, luogo principatissimo in questa provincia al tempo che li Romani la soggiogarono, dove sia stato, sinora non si sa, e gli autori sono molto discordi del suo sito. Si crede sia stato una terra tra Sennino e Prade, poco distante da Capo d'Istria per dove soleva passare il fiunae Foninone, e venendo giù per l'Ara della lieta di Risano entra in mare; cosi vorrebbe il Man/nolo, che dall'apposito sito l'argomenta, dicendo di aver veduto in una carta dell'Istria Nesazio al dirimpetto di Capo d'Istria. Se così fosse sarebbe iiuita la controversia , quando perù quella carta fosse antica e buona di fede, se ben ne parla dubbioso dicendo. « Or non si sa, se da Keniani a quel ■t tempo fosse mutato il letto a esso liuuic , o se per il « cader del monte Sennino, come dice il Vergerlo, crollati to dal terremoto le fosse impedita per ili là I' uscita, e •< che poi da paesani fosse fatto volger dall' altra parte di « esso Sennino ». Ma vien il medesimo manifestamente a ricredere, e con esso parimenti gli eruditi persuadendosi ciascuno, che quella caria non portasse seco quelle probabilità veraci, che suol esser propria delle scritture antiche , e però soggiunge queste parole: « Ma certamente non si sa dove iosse il suo vero luogo. Pietro Coppo nella descrizione dell'Istria vuole che il Nesazio sia stato verso la Cisana, ch'è nella Polesana, e dico così. Tra Murazzo e Collone si estende una punta in mare chiamata Cisana sovra la quale in mar mirando si Vede muraglie ed edifici! rotti, cl»e dimostrano esservi stata una terra) e potria esser quella che Plinio nomina Ne» xaniio in latria, che fu rovinata dai Romani. Ma anco questo buon vecchio si contraddice con tal asseveranza, perchè prima stabili il silo di Nesazio nel Golfo di Trieste, dal quale è molto distante la Cesami, che col rjsto di Polesa-na, è piuttosto nel Golfo di Fiamma detto seno Flanatico o Ouarnaro, avendo detto cosi: Istriani facevano insulti alla (ina d'Aquileja acciò non venissero a crescersi potenti, rome civscevan, ad esserli subietti suadendoli questo la città Tergesttna all'ora opulente, e principal dell'Istria per mezzo di Novctio, Arupin Nexant'io, e Medolin , tenne a quel tempo parte alle cose mai itti me, chi; furono pirati del golfo Tergestino. Adunque colf esser pirati del golfo dì Trieste , e con essa collegati cade il fondamento , che siano stali di altro golfo più lontano. lui a quel luogo vicino a Cesami non è uè si vede segno, che sia stato alcun fiume, clic dai Romani fu rivoltato ad altro corso più lontano da Nesanzio 11 Cluverio s'appiglia ad altra opinione dicendo , che Nesanzio sia stato dove ora è Castel Novo alla bocca del nume Arsa, il che seguendo l'autor dell'Atlante, aneli esso pensa sii il medesimo con dire: Ultra hoc promontori-ani til-f inni ut llisliidc quondam Oppidum in Li/, ore fuit A cxandum seu Nesnc/um qua nane Castel Novo conspicilur. Di Mutila, e Faveria confessa questo celebre geografo non saperne il sito ; ma bene pensa fosser stati Medolino per Mutila, e Peara per Faveria togliendo l'argomento dalle lettere prime di quésti nomi. Ma se con il Coppo noi estendessimo i confini dell'Istria, che in questa provincia include alcuni luoghi del Norioo, Materia ch'esso pone tra Mocco e Schvvar/.eneg e Pò Véri a dopo Sanosez sarebbero più consimili. Però mi sia lecito dire, che se questi luoghi sono stati nel golfo di Trieste, può essere stata Muggia l'antica Mutila, perchè Fu anco chiamata MugUa, <• Mtigla, e sopra Itti munte poco distante , clic chiamano Muggii -vecchia son vestigia assai d' antichità , e se le mura danno materia d'osservare simili pensieri, non ne mancano di questo nei contorni del Quieto, e di Dittano va in più luoghi, e vicini al mare, e fra terra. Per non lasciar però irresoluto il sito di Nesanzio, ri-piglierò l'autorità che hanno considerato li predetti Scrittori moderni. Tolomeo nomina questo luogo nel lib. III. Cap. I. Tab. VI. di Europa dicendo : His/riac post flcxum Adriatici sinus TergèstUm Colonia, Forndonis fiumi ostia. Patentino/, Pala, JSesac/inn;Mediteli•ttiieae, Paelimm, Plngueii/um, Alcuni ; ma questo descrive per modo di numerazione, e per la larghezza , e altezza dei gradi del polo, nò porge fondamento ad alcuna opinione perchè nè anco le tavole delineate noti ne fanno menzione. Plinio poi lib. 1IL cap. XYTIl. enumerando i luoghi dell'Istria, cosi dice: Aegida, Parentium, Colonia Pola quae nunc Julia pietas quondam a Colchis condita, soggiungendo ; Abest a Tergeste e. m. p. Mo.r oppidum Nesactium e/c. Onde facendo io riflesso a queste , e all' autorità di T. Livio, non approvo l'opinione che Nesazio sia stato all'imboccatura dell Arsia, con buona pace ilei Cluverio, perchè Livio di sopra addotto dice, che succeduta la presa degli alloggiamenti al Timavo fatta dagl'Istri, e la ricuperazione, alla nuova di ciò in Roma, fu ordinato, che l'altro Console si portasse in Aquileja. Gllstri sentendo li due consoli uniti si ritirarono, tornando i Consoli a svernare in Aquileja. L'anno seguente M. Giunio, e A. Manlio, eh'eran stati consoli l'anno precedente, principio veris in fines Istrorum cxcrcltum iiiiroduxcruid. Fecero testa gì'Istri, e furono rotti. Claudio,eletto nuovo console, venne all'esercito dove nati dispareri, dovette tornare in Roma. I vecchi Consoli andarono sotto Nesanzio, onde eonvien dire che questo luogo esser dovea nel principio della provincia, o aliuen nel mez- zo, essendo quivi il re, e li principali, segno manifesto, clic fosse luogo cospicuo, nò trovo che i Romani passassero, 0 toccassero altri luoghi, come avrebbero fatto portando 1 armi sin all'altro confine dell'Istria, verso la Liburnia, il che sarebbe stato descritto da Livio, benché potesse esser stato di grande incomodo all'esercito il principiar gli assalti dall'opposta frontiera, o gir combattendo sempre per paese nemico nell'andar a quella lontana Nesanzio, dunque non può esser nel confine di là, ma si bene in questo di qua, o nel mezzo, essendo l'uso che le fortezze si fondano ai confilo, e le città principali nel mezzo. Mi perdoni dunque il sig. Cluverio, che ingannato dalla parola Castel nuovo , e non persuaso dal verosimile, l'ha affermato per Nesanzio, qual io penso fosse alcun luogo sul Quieto; e non sarebbe senza ragione che lisoletta Emonia fosse; stata Nesanzio, o almeu altro luo^o da essa non molto lontano, che non mancano vestigia rovinose. Ed è chiara cosa, che il Quieto, che in mezzo all'Istria, e la divide in due parti scorrendo fra il mezzo de' monti doveva esser porto degl' Istri molto feroci per combattete i Romani, e non facendosi alcuna memoria di altro console, ma solo che si ritirarono in questo luogo forte pare verosimile, ch'esso fosse di qua dal Quieto, e ih tal sito iu Emonia, avanti la «[naie scorrendo il fiume, vi si vede comi; una valletta in cui potevano li Romani aver ridotto il fiume tirandolo verso le rive de' monti dalla parte apposita, dove ora è il canale navigabile; dicendo Livio, amnemque praeterfluentem rnoenia, qui, et impedimento oppugìiantibus eratf et aquationeal Isfris pfèbebat, multorutn ilteìiau opere exveptum novo alveo avertit, con che cade a terra del tutto quello che dice il Coppo che sia alla Cisoia. Anzi considerato bene il sopradetto luogo di Plinio , mi confermo nel pensiero ch'esso Nesanzio sia stato in quei contorni, dicendo esso: Abcst a Tei gesto C. M, /', moa; Oppidum ISexac tinnì, perchè tanti miglia incirca è questo sito lontano da Trieste, dove Castelnovo è distanto circa duecento. Aggiungo che da Trieste a Città Nova per terra, non vi è luogo antico, che potesse ostare all'esercito romano, ch'Emonia, or Cittanova. Nò punto contraddice il primo luogo della descrizione del Coppo che pone questo tra i quattro luoghi nel golfo Tergestino infesti alti Aqui-lejensi, atteso che dividendosi questo mare Adriatico detto ora di Venezia, che bagna i lidi istriani, in due golfi, uno chiamato Quarnaro, o «eoo Flanatico, l'altro il Tergestino, in cpiesto sarà compresa Emonia , e non in quello avuto in considerazione al sito , ed alle distanze con queste ragioni così mi par di credere, se ben non ^ardisco d'assolutamente affermarlq per altre opposizioni, che mi potessero esser fatte, ancorché il Manzuolo non ne porti totalmente questa opinione. CAPITOLO XI. Accrescimento dell1 Istria satta i Bamarti. Tea/fio fabbricato a Net tutto. Osservo che Livio descrivendo la sopradetta guerra de' Romani con gl'Istri, li chiama sempre bai bari ora passali in potere de'Romani, e fatta 1' Istria colonia romana, cioè col trasmetter qui molti cittadini romani ad abitarla, cominciarono a imbeversi de' loro costumi mansueti, e a riceverne l'instruzione civile e domestica approssimandosi a poco a poco nel culto del corpo, e dell'animo a quello dei Romani, come usavano tutte le altre colonie, le quali ricevevano le leggi per l'instruzione del Senato, e sotto quello vivevano facendoli comuni sino i loro falsi Dei con i Sacerdoti, e ordine de' ministri, come osserva gentilmente Li-pso dicendo: Triumviri coloniis deduccudis graves, et prw dctites legì solcbant, qui et lai ri set Ics, agrosque, et ipsum oppìn tlutti si coiidenduni esset, disponeba/it, et èira, et forma no- 3.9 vite Rcipubiicae dabant, sic tanica, ni omnia ììoinam et urbe»! )'ferrea!,ipsi quoque loci fora capito/ia tempia, curine prò Ma immagine es^ent, et in gubernatìone duo viri p/cris-que locis, qUad duo cansules et aedilcs, ita, et Dccurioncs pio Sena tu. Degl'Istri dunque parte perseveravano nella malattia ma più proporzionata al vincer eoll'ingegno, the con l'impetuosità, parte ad apprender l'arti liberali si diedero, e nell'uno, e nell'altro fecero singoiar profitto. Esercitando altri l'agricoltura de'campi, e trovando molte vene di pietra si applicarono all'architettura, e conlinciarono ad eriger fabbriche, sontuose, che ancor si scorgono, indizj delle loro fatiche, o della fertilità, ed amenità che in breve, mercè il romano potere fu qui introdotta, la quale tirò a se molti riccio, e nobili romani a venirvi ad abitare per il traffico dell'Uà* gheria, ed anco a rolazzo, tome paesi dilettevoli, e specialmente il territorio di Pola in da questi frequentato, Come si può argomentate dalle fabbriche insigni, e sontuosi sepolcri, e dalle inscrizioni romane, che Ogni giorno si cavano. Dicono che tutti li musei delle statue, e deità che si Vedevano in Venezia, erano tutte spoglie della Dalmazia, e dell Istria, come principali eran quelli di Giovanni Grimani patriarca di Aquileia, di Gabriel Vcmlrainino, di Andrea Loredano, e di tanti altri, che a miei giorni ho veduto vendere, e portare in Inghilterra, ed in Amsterdam con mia grandissima inortifiea/.iotte vedendo privar quella città di così preziose gioie* Li sigg, Ratinisi ne avevano molte trasportale in Pa -dova, li quali mancanti, furono comperate dall'Ili. Giorgio Coularini, e collocale nel suo palazzo a l'Iste. StàQHO ancor in piede a Pola di tali edilicii , e tanti sepolcri sono sparsi per quelle campagne, che a sufficienza dimostrano la grandezza sua. Le colonne della cattedrale di Parenzo, e le sei di porfido, di marmo granito ivi nel bat- tisterio dovevano essere colonne, o di qualche mausoleo, essendo anche Parenzo colonia romana , e in questo vi fu fatto quel bel tempio a Nettuno, e alli Dei Augusti da T. Abudio Vero, dopo aver superata Tarmata a Ravenna, del qual tempio se ne vedono le colonne, e fogliami d'ordine Corintio verso la parlo del porto, ed il sasso che contiene l'inscrizione l'anno i6/[6 io lo vidi su l'acqua tra il Molo, e la porta detta Musafcrro, e dimostra che T. Abidio dopo edificato il tempio, fatto il molo, e costrutta la sua casa, innalzò quest' ara dedicandola all'istesso Nettuno, ed alli Dei del mare, come sedevano fare li Romani e registrerò qui sì bella inscrizione, qual non vedo che sinora sia pervenuta alle mani d'alcun scrittore. NÈPTTNO • DEISQ. AVG T. ABVDIVS • VEÌtVS POST • SVBPRiÉFECT CLÀSSIS ■ UAVINN TEMPLO M.STII VTO iUÒUBVS ■ EXTRVCT DOMO • EXCVLTA IN ■ AREA • I). I). CONCESSA • Siili DICAVIT Questo T. Livio Abdio Vero fu luogotenente dell'ai ina la a Ravenna, dove i Romani tenevano buona guardia come scrive Tacito nelli annali lib. X. Italiani utroqua mari duae classe* Misccnum apud, et Ravennani praesulebant. E Sveto-nio nella vita d'Augusto Cap. XLIX. Ex militarìbus copììs le-giones, et aitxllla proviaclatlni distribuir, eiasseni Miseni, et al-tanni Ravennae, ad tutelala superi, et Inferi maris collocavlt. CAPITOLO XII. Teatro di Pola, Anfiteatro, ed Arco trhru /ale. Da questi tre grandi edifici] che ancora si mirano nella città di Pola, ognuna può argomentare la inamidiceli. *a di chi li fece, e lo Splendore ohe dovevano rendere non solo a tutta la provincia, ina all'Italia tutta, poiché per rarità, ed artificio non invidiano a quelli di Roma. Sono stati essi disegnati dal sig. Sebastiano Serbo nel libro della sua Architettura stampato al libro III. in tutte le sue parti ■ dove egli dice che a Pola si ritrova gran parte d' un Teatro, che l'ingegnoso architetto accomodandosi al monte per Una parte dei gradi, fece nel piano la piazza del teatro, la scena, e gli altri edificii pertinenti a tal bisogno. E vera-niente le rovine, e le spoglie, che per quei luoghi si veggono, dimostrano che quest'era un edificio , in opere ed in pietre ricchissimo, e sopra tutto si comprènde un gran numero di colonne sole ed accompagnate ; aliami angoli con colonne quadre, e mezze tonde, legate tutte in uno, e ben lavorate d'ordine corintio, perciocché tutto il teatro cosi dentro come fuori era di opera corintia. Fu quest'edificio misurato con piede moderno diviso m parti dodici addimandalo oneie. La lungheria della piazza del Teatro, la quale è di mezzo Cerchio, il suo diametro è circa i3o piedi, li gradi che girano intorno quello due strade sono di pjU(lj settanta, una strada viene ad essere al piano del pulpito della scena, al quarto decimo grado. La lunghezza del [mitico intorno al Teatro di piedi i5., e la fronte de'pilastri intorno al portico con le colonne, è circa 5 piedi, e ed oneie 4- Dall' imbassamenti siti sotto la cornice è piedi ig. L'altezza della cornice e piedi 1 e ip , e questo è quanto al dritto dell' Anfiteatro. Sicché le cornici di quest'edificio sono meglio intese, e meglio disegnate. La maniera di questi' comiueiamonti è molto dil-lerente da quella di Roma, ma esso Serlio disse, che si tenirebbe più a questa maniera di Pola , clic far cornici come quelle dell Anfiteatro di Moina, essendo le pietre meglio incise, e pensa il sig. Serlio che fosse un architetto differente da questo, e per avventura fosse tedesco, perciocché le cornici del (Polisco hanno alquanto della maniera tedesca, per il che doppiamente s' inganna perchè a quel tempo la nazione era barbara, onde non poteva dar maniere di fabbriche uè meli maestri. Io penso che Pola concorresse con la città d'Ancona, e perciò essersi fabbricato quel superbo arco sovra un braccio del molo ; ower Ancona concorresse con la nostra Pubi, stimandolo esser stato questo nostro arco il primo che quello d Ancona, che fu fatto a Nervo Trajano , la cui immagine era a cavallo sopra l'arco, ma questo di Pola fu latto da Salvia postuma di Sergio con il suo denaro, e lutto di opera corintia molto ricco di ornamenti sì di figura? come di fogliami, ed altre bizzarie , talmente che da uno in sei piedistalli, non vi è opera, uè spazio, che non sia intagliato, così nullo faccio, come nei fianchi, e similmente nelle grossezze interiori, ed anco sotto 1' arco nel quale vi sono tante, e diverse opere d' intaglio clic occuperebbero gran spazio il volerle dimostrare; perocché esso Serlio si tenne di spiegare solo quel che tocca all'architrave. La larghezza di questo Arco è piedi 12 ila: l'altezza è circa 21: la grossezza dei pilastri per fianco nella pai le interiore piedi 4- La grossezza duna colonna è piedi 1, ed oneie y e ila. Fra una colonna, e l'altra piede I, oneie 3, e mezza: la pilastrata dell'arco è un piede e due oneie. L'altezza] del zoccolo sotto la base del piedistallo è uh piede; la base è alta 4 oneie ; il netto del piedistallo è 3 piedi, e la stia cornice 4 oneie. 11 zoccolo sotto la base della colonna è oneie 4, e l'altezza della base della colonna c once 10 e J|f, 1 altezza della colonna è piedi 16, o. 1, e q. 3., L'altezza ilei capitello p, ?.. o, 1.,l'altezza dell'architrave un piede ed un' oncia; l'altezza della cornice un piede ed oneie 10; l'altezza del zoccolo sopra la cornice è un piede e 2 oneie ; e quella della base del pedestallo col zoccolo sopra essa è i piede e :>. oneie. Così pure l'altezza, della baso, e la base sola è io oneie; quella del detto pe-déStallo, cioè il netto, piedi 2 ed oneie una ; la sua cornice oneie 6'; e quel cavetto sopra esse, che Vilruvio chiama corona lisisì è oneie 5. Le parole nel fregio sono queste; SALVIA • POST VAIA • SERGI • DE ' SVA • PECViMA Nel piedistallo sono notate le seguenti maiuscole : L. SERGIVS • C. FILIVS A ED. IIV1R L. SERGIVS « L. FILIVS LEPJDVS • AED TR. JMIL, LFG. XXIX 4fc C. SERGIVS • C. F A ED. 1IVIR . QVINQ Nell'Attico SALVIA ■ POSTVMA . SERGI Le descrizioni particolari delle parti di questo anello si leggo neH'isiesso Serlio, elio molto lauda la bellezza di <111«-sil capitelli corihtii, e l'altre sue pani. CAPITOLO XIII. featiy di triesté, ed altri Edifica antichi della Provincia. Sepolcri. Officìi dei Unitala pel governo della provincia. 1 tetro Coppo la menzione d'un teatro in Trieste, del quftle al suo tempo dovevans'i vedere maggiori vestigia di quello che si osserva al presente; pónendolo dove è Trieste Vecchio, aggiungendo che anticamente non si estendeva si-,,(> alla marina, ma solo Sul monte , od a costa di quello vepesi ancora parte d'un teatro, e di edilicii in altura. Din; marmi registrati da Grutero pag. i(>(>. n. ti., e p. n. 9.., (piali sono in Venezia in casa dell'Ili, sig. Francesco Mieliieli a s. Gio. Novo, possono essere stati in questo teatro , e specialmente il a., Q. Petronio, che mostra aver dedicata l'opera. Dai marini 'udì ascritti, da me trovali in Rovigno, con-vien credete che vi sia stato il tempio della Fortuna, cominciato da C. Vihio, e da Q. Cesio perfezionato e dedicato; qual tempio serviva anco ad essere dedicato all'Istria e poteva aver (lue parti, come argomentano questi due sassi, che sonò li soliali di esse porte. Di quest'edificio non se he vedon altre vestigia, per le rovine del castello, e riedificazione. IIISTRIiE ■ FANUM ap> ■ c. viìllo • varo ■ pàtre - [nghoatvm 0. ciesiys ■ macrìnvs • peri ec1t ■ et • dedicavi!1 ioiity.wk • [AiW.m Al! • c. VIBIO • PATRE • INCIIOATVM 0. CiESlVS ■ MACRLWS • PERFECIT • et • DEDICAMI' Ninna cosa più rende celebre questa provincia, quanto il veder ancora sparsi in essa tanti sepolcri , opere tutte dei Romani, e chiari segni di essere stati questi luoghi le delizie di quelli ; poiché in ciò molto gloriavansi, e sono pieni gli scrittori dello studio e cura, che ad edificar questi ponevano, in modo che si legge in (ìrosserio Itiner. p. i33. che Galio Fullonio comandò per suo testamento, the in termine di cinque anni dovessero esser portate le sue ossa di Lusitania, e nella via latina riposte, altrimenti privava gli eredi de' suoi beni, e comandava che andassero per riparazione del Dio Silvano. Erano questi sepolcri mausolei, e di due Sorta, altri in l'oiina rotonda, e come grotte, ed alcuni come arche o tombe. Nei primi sepellivauo le intiere famiglie , ed anche gli aulici, e li chiamavano co udito ritti n. ovver Hipogeum , nel qual dalle parti orativi molte concavità nel muro , cellette o nicchie, ed in ognuna di queste stavano due o tre olle di terra con le loro ceneri ed ossa abbruceiate affisse al muro. Dì questa sorla di sepolcri, stimo che sieno stati nel luofjo elfo ora sotto il coro di Cittanova vedendosi li con cavi, o cellette entro le (piali urinivi le urne di pietra con l'inscrizioni, segno delle pèrsone qualificate; che come urna ancor dui si conserva, mentre io credo che le altre due sieno certamente quelle poste nel parapetto di s. Stefano, e la quarta nella scala del vescovato , che va alla cisterna, ed un pezzo nella finestra del fabbro. 9U Al In quello di Pola, si vedono ogni passo cptalelioduno di pietra col suo coperto, e tassello della patte orientale, ov erano per |(, n;;, [e lettere. Evvi un luogo mezzo miglio ili-stante da Pola, che di piesenle si chiama il prato, lungo un mìglio, il (piale all'intorno è tutto di pietre sepolcrali, arrivando sin qui la città , essendo queste spezzate dagli abitatori per vedere s era vi entro alcun denaro, come talvolta ne sono stati trovati. Sovra li cinque scogli ilei porto ili Pola trovonsi alcuni sepolcri, e massime su quello di s. Andrea; nella villa d'A briga, su quello di Torre si ha trovato molte pietre sepolcrali con lettere romane, da me comperate, è portate in Padova, e Iranno pubblicate nel lib. del sig. Sei-torio Orsato, intitolato Monumenta Patavina, COtl la loro spiegazione, che noi daremo tutto insieme nel line dell'onerai Un bellissimo vaso di vétro, ini fu domito giii alcuni anni, che fu ritrovato sopra la villa di s. Pietro della Matta su quel di Capodistria, pieno ili ossa abbruc-ciate, il quale nel trailo inori dall'urna ov'era sepolto, si ruppe alquanto. Era dentro una pila di pietra tonda , che restò appresso la casa di quelli che la ir ivarotio, ed oravi d vaso di vetro coperto con lastra di piombo con lettere che essi conio rustici non intesero , e da altri non vedute, Se ne servirono per far pallini d'archibugio. Negli altri luoghi sono stali rotti, ed adoperate le pietre nelle case, ower nelle chiese, nelle quali soventi! si vedono lastre di bianchissimo marmo tolto da questi sepolcri, cancellate le lettere, ower rivolte alla parte, (ho nel muro si asconde. Non solo da' buoni autori, ma dalli marmi antichi caviamo molti offìcii sorliti appresso i romani per il governo i questa provincia, i (piali erano comuni a tutta l'Italia, e specialmente a Venezia, all'Illirico ed altri, e per il marmo 282. 2. del cn/isu/aris Venetianim et llistnac IIORTANTE ■ BEATITUDINE TEMIMdìY.YL I). J). 1). N. N. N. GHATIÀNI • VALENTI ANI ET • THEODOSI ' AVGG. STÀTVAM • IN • CAPITOLIO DIV • IAGENTÉM • IN • CELEBERRIMO ■ TORI LOCO ' CONSTITVI IVSSIT • VAL. PALLADIVS V- C. CONS. VENET» ET • IIIST Consoli e correttori pare che l'istesso importi, come? notano il Guterio, eri il Lazio; il primo nel libro de OJ/fì* cds domus Angustile Vòtf* Laziiis Coni. Rei]). Romane Lib. II. Cap. IL fogl- 96.Fuefunt in Italia quatuor consulares qui, inclinante imperio correctorcs appellati sunt. E dai coirei tori in genere passando a cpielli di Vene-zi.:, ed Istria; lo stesso Lazio lib. II. c. 8. Presides Italiac (ut sub /Irradio et tìonprìo fuerat) oc/a nume/ autur videiieet 1 eue/iac, et Illstriae ,, llcmlluu• y Liguriae, Flandniae, Tusciaé. Umbriae , Campanlae, Sìcitiaet et Piceni. Dal qual luogo si vede che un solo era il consolare di Venezia ed Istria torse unitamente; unendosi mediante il Timavo l'Istria con la provincia Veneta si ricevevano per un paese solo, come pure in una .sola tavola si rappresenta il Cluverio dell'antica Italia lib. I. cap. VI. , la qual veneta provincia (pianto ampia la rappresenta il nostro Giovanni Antonio Magini nella Cosmografia di Tolomeo comprendendovi in essa tutta la Marca Trevigiana. E però il Por-tenari nel suo libro della libertà degli antichi Veneti, divide la provincia veneta in superiore ed inferiore, concedeu' do che la parte inferiore contigua all'Istria avesse 11 consolare correttore romano, min già la superiore dov' è fondata la città di Venezia. Onde quanto ai procuratori ebbe questa provincia,quali varie di nomi sortivano nazioni, conforme la varietà di quello a che attendevano. I quali procuratori,od esattori delle imposizioni,avevano «n salario fermo, onde Tregelio Pollione in Claudio disse, che l'Imperatore assegnò ad un tale: Quarlum accipiet Cura-tot Illirici Medanìus. Questi procuratori dalla sola esazione ed amministrazione passarono ad aver giurisdizione, il che seguì sotto lo stesso Claudio, come attesta Tacito. CVRATORES ■ ILLIRICI In casa di Alessandro Passano in Padova nella contrada di s. Giovanni delle Navi si trovò un pezzo di marino con queste parole riportato dalloScardoue isterico padovano lib. V. Classe III. De autiquis notis, ed al presente dal sig, cavai. Sertorio Orsato nel libro pubblicato quest'anno i65z delle Memorie Antiche. CAPITOLO XIV. Religione degli antichi Istri. Per le barbare qualità dei Celti , e dei Colchi che abitavano questa provincia, si pensa che per un gran tempo vivessero senz' alcuna religione , non essendovi nazione cosi feroce, che, come scrive Cicerone, non abbi conosciuto una qualche Deità. Giova perciò credere, che i loro Numi fossero quelli stessi, che Giulio Cesare attribuisce ai Germani. Dea rum numero non solum ducunt , quos timent, et quorum opìbus aperte iuuantur , Salem . et Vulcatium, et Lunata, reliquos ne fama quidem acceperunt. Se bene tengo assii per vero clic avanti d' esser soggetti ai Romani , non vi avessero alcun tempio, come asserisce Luciano ; ma come gli altri popoli, venerassero i tronchi dejjV alberi , e i L'AUCHT.OGK.U-O Voi. IV. 4 sassi, e sovr' essi spargessero qualche sorta di adorazione. Tuttavia per la vicinanza alla Grecia si può anco credere che stante le discipline da loro apprese, nonché la moderazione dei costumi, edificassero qualche tempio, o con la greca superstizione sacrassero alcun bosco, dove a riverir i loro falsi Dei si conducevano. Venuti però sotto il dominio romano , ricevettero da loro con le leggi anche il culto degli Dei, che difondendosi per tutta la provincia, fabbricarono tempii, e luoghi sacri per venerarli, onde credo che quelle chiese, eh' ora si vedono sulle cime dei monti, dovevano essere anticamente tempii de' gentili , che fiutino poscia dai cristiani o dal tempo distrutti. Diccsi, anche in Oggi, che sullo scoglio dove ora è Ca-podistria, vi fosse un tempio della Dea Pallade conservata dalla superstizione dei popoli, eh' essendosi poscia convertiti al Cristianesimo, fecero di quella statua la Giustizia, è il suo disegno l'ho avuto da Mons. Pietro Morati vescovo di quella città, e studiosissimo prelato. Un'altra Pallade armala fu trovata sopra un altare a Co vedo, pur dallo stesso comunicatami, le quali son molto Ira loro diverse, essendo luna in sembianza di matrona lontana; onde a quella con-viensi piuttosto il titolo di Minerva Dea della Sapienza, c quella che dava leggi ai popoli , mostrando queste genti in questo, gran giudizio, Dell' altra dubito per la forma dello scudo, essendo l'uso degli antichi, che nello scudo di Palladi? ponevano la testa di Medusa, ed anco circa il cimiero talora le sfingi con due griffi. Ma essendo però varie le biz-zarie degli antichi, non voglio se non ammetter per tale l'ima c l'altra, e ciò conforme al genio e V intenzione di quei popoli, dopo che vennero coloni dei romani, denotando queste statue anco l'età di quei tempi. Sta anco alla porta della Cattedrale di Capodistria ima colonna fatta dalle rovine del sepolcro di L. Publicio 5i Sintropo, arehigallo sacerdote di Cibele, la qual Dea, io penso, nella provincia fosse in gran venerazione. 1 leoni sotto la colonne, e le due teste di vacca confermano che il tempio era dedicato a Cibele, eh'è la terra, il che è discosto da quello che descrive Cornelio Tacito, che alcuni popoli della Germania adoravano la madre terra come quella eh essi pensavano che intervenisse in tutte le cose de'mortali. In questa città eravi un marmo sacrato ad Osiride, che fu ultimamente disti utio dal vescovo Ingegnerò, e postavi in quello una memoria a Gregorio Xlll Sennino Pontefice. "Vi è nella cima di un colle sopra il territorio di Ca-podistria un luogo con molte rovine che indicano antichità, detto Castelbona, e in latino Costruiti bornie. Qui vogliono che fosse in gran venerazione un tempio dedicato alla Dea Bori a, e perchè introdotta la Religione cattolica si snervassero i concorsi alle false Deità, provvide il sommo Dio, che in questi luoghi restasse alcuna divozione concedendo molte grazie per mezzo de' suoi Santi, come succede in questo luogo, che molti ricevono segnalati favori nelle infermità "visitando un bel tempio e grande, dedicato a ss. Cosmo, e Dannano, ed è molto il concorso dei popoli, ed assai * voti ivi appesi. 11 castello di Venere sopra la valle di Skziole posto »n un alto monte dà indizio che anco questa Deità fosso oi venerazione agli antichi, avendo il luogo fuori della città, come vuole Vitruvio. Il tempio di Nettuno a Parenzo, come s'è toccato al trovo, dimostra la lor applicazione alte cose marittime. L' inscrizione trovata alla chiesa di s. Lorenzo poco discosta dal luogo dell'antica Feronia nel distretto di Villa Nuova, come ivi ho toccato, mi dà a credere che quivi fosse alcun tempio dedicato a Giunone Feronia, la qual Dea era tenuta dagli antichi romani per la Dea dei boschi ajtrem dis krbonfiut, Virgilio nel VII. dell'Eneide. Et viridi gaudens Feronia luco, E veramente questa chiesa eli s. Lorenzo, o v'era nella facciata l'inscrizione, è in mezzo un bel boschetto. La contrada in oggi si chiama in lingua schiava pagannlcca. CAPITOLO XV. Furie sorta di genie che si trovano nella provincia, lingue, abitazioni. X\itta la provincia dell'Istria è abitata da cinque na< zioni, supplendo all' universal desedazione cagionata dalle guerre e dall'aria, ehò hanno estinto in più luoghi gli antichi abitatori, la fortezza degli stranieri, parte di quali son tratti ad abbandonar li patri! lidi da quel poco di comodo che dà questo paese, congiunto con la grata libertà, e dalla lontananza, che si prova al presente, da civili e straniere guerre. Altri poi per fuggire il tirannico giogo ottomano qui si sono ritirali alla quiete. Li primi, e più numerosi degli altri sono li schiavoni che altri chiamano slavi, che vengono dalla Dalmazia o Schiavonia, antico Illirico, popoli forti ed atti alle fatiche, e sono sparsi per tutti i luoghi, anzi al presente la lingua slava si è fatta comune quasi per tutto, e le genti di molte ville non sanno nemmen pronunciar l'italiana. Questi l'anno q6G, invasero la proviucia, e distrussero principalmente il territorio di Pareuzo, onde nel privilegio di Rodoaldo patriarca di Aquileja al vescovo di Parcnzo vengono chiamati nefandi Slavi, e duri barbari. Questi possono dirsi la maggior parte agricoltori, ed aratori della terra, e perciò abitano le ville, e le campagne Gli altri popoli che abitano questo paese, sono quelli della Carnia uomini industriosi che lavorano la lana, tessono grisi, e rasse per vestir il basso popolo, e lavorano d'ai' tri mestieri simili, e di questi sono sarti, fabbri, scarpelli rih tagliapietre, magnani, ed altre arti manuali ; servendo nel paese esercitano i loro buoni ingegni e ne cavano grossi utili, a (piali aggiunta la loro parsimonia alcuni son dive-miti molto comodi e ricchi in breve tempo. Son uomini di bel sembiante, e con tali modi, e con i traffichi aiutano la provincia. Hanno questi sparsa la lor stirpe per 1 villaggi più grossi , ed anco nei castelli e terre murate, e non sono così antichi come sono li Scliiavoni. A questi Carrài detti comunemente Carpelli si uniscono molti Friulani, che sono popoli da essi non molto lontani; parte sempre si fermano nel paese, o nelle terre, ò «opra qualche possessione, parte si trattiene a lavorare in certi tempi dell'anno, poi ritornano al paese con li denari guadagnati. La terza generazione sono quelli di Grado , la dove nascono li pescatori, usi ed esercitati al mare , con le loro barchette; abitano questi li luoghi marittimi, ed in Umago, Cittanova, Parenzo, Oserà, ed altrove hanno seminata la loro schiatta. Traghettano con la mercanzia del Riesce a Venezia anco molte altre robe. Questi sono popoli semplici con un parlar mozzo eh è simile al veneziano antico, e cordonile al loro modo di vivere anco • parlano piacevole, e nemici dei rumori, e senza ira non istimano le fatiche e disagii del mare, sovra il quale fanno la loro vita pescando, sono di bel sembiante, ed in quello mostrano la loro semplicità , molti di questi con i traffichi si sono fatti ricchi. Io numero in Cittanova di a5 case o poco più che vi sono, dodici famiglie venute da Grado, oltre quelli che stanno per alcuni mesi, che poi vanno a casa loro. La quarta sono gli abitatori nuovi venuti dall'Albania, ed altri luoghi occupati dal Turco, invitati dalla Repubblica Veneta con molte esenzioni, e Specialmente di esser giudicati dal capitano di Raspo, eccetto quelli che sono nel territorio di Pola, che li giudicata il Provveditore, ed era fumato da essi gran privilegio Tesser liberi dalli podestà, e rettori di queste città e castelli. Hanno stanza questi abitanti nuovi di là dal Quieto dilatandosi da Torre per il resto del territorio di Parenzo, e per tutta la Polesana, nei luoghi piani. Ve ne sono anco altri sopra il territorio di Umago, e contorni; devono essere circa 100 anni dell introduzione di questi abitanti. Reslan per la quinta schiatta li nativi dei luoghi, quali nell'aria insalubre non arrivano le loro discendenze a due secoli, e però in queste terre sono mescolati li stranieri con li nativi, e l'abitano genti di tutte le nazioni , come Fiorentini, Bergamaschi, Vicentini, ed altri. Nei luoghi di buon' aria come Trieste, Muja, Capo-distria, Isola, Pirano, Rovigno, ed altri luoghi presso il mare, ed anco entro terra a Buie, Portole, Montona,e Pin-guente, ed in quelle sotto ai monti, vi erano alcune poche case nobili, ed antiche, quali per sicurezza dalle guerre sono passate alle Città di Capodistria, e Trieste , altre sono distrutte, e cadute in povertà , e molte nei secoli passati portaronsi nella città di Venezia, la qual nel suo crescere diede gran danno alla provincia. L'inverno calano dal Cra-gno, o Carniola, e da altre parti montuose dell'Alpi Nonché molti pastori con li loro armenti, e restano a pascerli sino a tutto il mese di aprile, accomodandosi sopra qualche possessione dei paesani ai quali contribuiscono certi utili detti erbatici. A motivo della guerra coi Turchi, molti Morlacehi sono stati condotti da quelle parti sopra i confini della Dalmazia infestata dal Turco ad abitar questa provincia , ma essendo avvezzi alla rapina che esercitano ordinariamente in quei paesi, inquietano tanto i contorni delle loro abitazioni, che riescono molestissimi e dannosi. Quanto alle abitazioni parlando dell© persone civili; eccome nel vestire imitano l'uso di Venezia così fanno il ornile nelle fabbriche loro. Onde a Trieste, Capodistria,Pi* rano, Rovigno, Dignano, Montona, e Buie, si vedono molte buone abitazioni, e ben intese, e due ne sono in Citta-"ova, già pochi anni costrutte dalli sigg. R'"gW, e Busini-Non avendo copia di pietre cotte, Usano invece di quelle v«ve, ed ogni altro sasso che cavano dalla terra, adoperano calcina fabbricata in alcune calcare, e perciò fanno 1 muri molto grossi, in diversi luoghi usando d' abbrucciar le pietre. Solo in Pirano, e Capodistria vi sono due 0 tre fornaci per coppi, tavelle, quadrelli e calcina. Hanno pietre vive per far le finestre, balaustri, ed altro in quantità, ma difetto di chi le lavora, ed a Rovigno vi è una cava di molte belle pietre bianche e rosse che servono per le fabbriche di Venezia, e che servì pure per la Chiesa della Salute, ed un'altra che v' è in Buje. Usano li pavimenti delle case fatti di tavole quasi per tutti i luoghi, e sopra li coperti da poco in qua hanno introdotto li coppi di terra cotta, che prima facevano con lastre di pietra viva cavate sottili in alcuni luoghi, e se ne vedono tutte le case antiche, ed anco le chiese coperte di queste te-Sole di pietra. Per l'angustie dei luoghi anco le abitazioni sono an-guste, e cresciuti i popoli in alcuni siti per la buona aria, e salubre, non potendosi allargare si sono ridotti ad abitar con molto incomodo, e strettezza, come vedesi in Bujc, Pirano e Rovigno. Non usano li necessarii condotti per le immondizie, come in altre parti d' Italia, il che riesce di molto incomodo. Hanno mediocremente fornite le case loro, ed ornate di quadri, e panni da muro , usando da poco li cuoi d'oro con altri fornimenti civili, ma per lo più le loro case spirano l'antica semplicità, c parsimonia istriana. CAPITOLO XVI. Qua/ita dei popoli civili, ingegno, applica" zio ni, ed csercizii. I primi Istriani, credo, che partecipassero dei costumi dei Norici e Friulani, per la vicinanza, e gli altri delle marine di quelli dei Lihurni , dai (pedi impararono I* arte tlel corseggiare il mare, onde il titolo di corsari ricevettero da alcuni autori, come Paolo llamusio De bello Costati-titwpolìtano , Histriam pirati, e per questo furono dai Romani debellati, scorgendosi tuttora un non so che in alcuni benché civili, quali assai si fanno lecito danneggiare le altrui vigne ed orti ,ed altri poderi con gran libertà. Non so se dalla Grecia traessero alcuna cognizione per il ben vivere avanti che venissero in potere dei romani, che allora l'Istria fatta colonia romana, e spenta la barbarie nativa, divenissero quasi Italiani, (piando Augusto, la provincia all'Italia congiunse. Ma lasciando le qualità degli antichi Istri parlerò dei presenti, e dico che la qualità dei corpi loro è simile a quei della provincia Veneta, essendo nell'istessa positura del cielo , godendo una complessione sanguinea, ed altri flemmatica, li corpi sono ben formati,, forti, e di bell'aria, e quanto sono i luoghi più sul mare, ed iti aria buona sono più belli di carnagione, ed umani, di buon ingegno proporzionato alli sludii, ed alle scienze; onde quelli che hanno comodità di esercitarlo nelle discipline, sono riusciti dottori celebri in legge, in medicina, belle lettere, e politica,, ed in tutti li tempi ne sono fioriti uomini di gran valore nelle cattedre, e nei fori, i quali saranno da me menzionati nell'ultimo libro di questi commentarli. Vero è che nei luoghi poco abitati, la gioventù non va fuori a studiare, e non possono coltivar i loro talenti Cd ingegni, per la tenuità delle loro tortane, non potendo i loro padri con le loro entrate spendere onde mantenerli agli studii sino all'intero ammaestramento; cagione che restano nell'ozio, e nella dapocaggine. Quelli dei luoghi ricchi come Capodistria, aiutati dal pubblico denaro per anni Cinque-, e dalle paterne facoltà, vanno fuori, e diventano ottimi dottori, legisti e medici. Il simile quei di Muggia e Pirano. Si vede nei luoghi frequentati , bella gente, gioventù amorevole, gentile e spiritosa, che vestono bene; cavalcano, applicano con riuscita e splendore al governo delle loro case; mentre in quei luoghi ove scarsa è la popolazione, sono insipidi ed incivili, verificandosi in loro ciò che scrisse G. A, Magino nella Geografia, cioè che gl'Istriani suno di corpo, ed animo poco prestanti, e per lo più poveri a motivo della vicinanza di Venezia, che a se trae tutto il traffico. E può esser che il Boterò di qua togliesse occasione di dire, che gl'Istriani sono gerite pigra, il che si Verifica assaissimo nelle persone plebee, e non civili e ben hate. Sono amici dell'ospitalità, la qual da ognuno si esercita con molta lode, ed essendo i luoghi disabitati privi di pubbliche osterie, ed alberghi vengono ricevuti li forastieri con cordialità ed all'etto. Nel mio libro de Tessetti* Hospita-ittaiis, non ho mancato di lodarli, ed io 1' ho esperimentata nel venir al vescovato, volendomi tutti quei gentiluomini di Cittanova suo ospite. Molti applicano alle Cancellerie pubbliche, altri ai traffichi, e governi pubblici delle loro terre, altri all'economia delle fino case, la coltura dei quali beni li tengono occupati tutto 1' anno, essendo necessaria per ben governarli la loro assistenza, o dei loro figliuoli, che così si prendono dietro all'opere, e a quel senso rurale, o del bere, o mangiare a tutte le ore. CAPITOLO XVIL Vestire, antico, e moderno, civile, é plebeo degli Istriani. D.. marmo della Chiesa di Buie, e da altre figure antiche, si vede che V abito civile degl' istriani, era simile al veneto, ed al romano antico, cioè, abito lungo con stola sulla spalla. Anco nei più remoti secoli appare la maestà del lor vestire, da un quadro in Capodistria nella Cattedrale ove sono dipinti alcuni cittadini vestiti nel predetto modo senatorio. Il sig. Stefano Manzolo nella descrizion dell' Istria, afferma, che al suo tempo ha veduti in vesto nera nell'abito soprascritto Alvise Puola, che morì Vicedomino con la zazera lunga, e li veniva detto che Nicolò suo bisavolo vestiva pavonazzo con veste senatoria, come quella dei nobili veneziani. Vestono essi al presente in diverse forme, conforme l'uso d' Italia. Andavano li dottori in toga, avanti li magistrati, ed anco di rado il resto in veste curta, ed abito scolaresco. La plebe veste male senza cultura, di grisi e rasse schiavone, che si fanno nella provincia , e più peggio le genti rurali. CAPITOLO XVIII. Qualità delle genti basse, ingegno, eser-cizii, vestire, vivere, ed abitazioni. Tutta la gente bassa è più atta alle fatiche, clic alle cose dell' ingegno, qual anco non lo sanno adoperare nelle arti loro rurali, non che nelle meccaniche, e puossi verificare il grosso loro sapere nei carri col resto della boaria. Nella provincia pochi sono i falegnami, muratori, e fabbri, non trovandosi alcun pittore, nè chi sappia accomodar gli orologi, ower qualche ingegnoso artefice. So Si applicano per lo più alla coltura dei terreni, vestendo da barbari, benché non lo sieno di costumi, essendo di buon cuore ed amorevoli, dando volontieri da mangiare, e bere sin che ne hanno, anzi sforzando ad accettare chi va alle loro stanze, e dimostrandosi soprattutto coi Sacerdoti assai caritatevoli. Non si dilettano della piantagione d arbori fruttiferi, nò hanno orti con insalate, fuorché il Verzo e la scalogna, che mangiano nell' estate , ma tutta la loro applicazione è nel governar le vigne, piantandone di nuove, e lavorando intorno agli ulivi. Rustiche sono le lor case, massime quelle di campagna, che sembrano piuttosto tuguri! d'animali che d' uomini di paesi colti com' è la provincia, spirando esse una semplicità , e rozzezza pastorale. Dormono per consueto sui pavimenti,e sopra la paglia, l'inverno intorno al fuoco, ed altri hanno lettiere di legno mal fatte, e con paglia , adoprano di raro i materazzi di lana, senza lenzuola, riposando entro le loro coltre, e dormendo per lo più mezzo vestiti. Mangiano in vasi di legno, e qualche piatto di terra. Cuociono le carni in pentole nere, che si fanno in Carnia , sino assai golosi, ma tutti amici del vino, ponendo in esso tutte le loro delizie. Bevono in boccali bianchi di Romagna, chiamati boccalone. Quando danno da bere, cominciano prima loro , porgendo poi la boccaletta all'altro; hanno qualche bicchiere di vetro, o cristallo per regalar le persone civili. Quanto al loro vivere, mangiano pane di formento sin che ne hanno, avendone assai poco, e al quale suppliscono con quello di segala, d'orzo, di pira, di sorgo e sa-rasino, facendo li pani rotondi. Allevano molti animali porcini, dei, quali salate le carni ne fanno lor cibo ; usano anche così dei bovi, e vacche, che ammazzano l'inverno per servirsene l'estate. Quando avvi delle ghiande nel paese allevano degli animali, che poi li vendono ai marinari con molto utile, chiamando il majale , filosofo , e tengono caro il suo lardo, ed ogni altra cosa per loro cibo; fanno U presciutti senza lardo con la sola carne, con poca fregagione di sale, e molto stimati. La carne di manzo, e vacca, viene seccata al fumo; mangiano assai latte, e non sanno far formaggio, nò burro che stii bene. Mangiano assai castrati, e bevono le zonte 1' inverno. Sono intemperanti col vino e mezzi vini nell' inverno, che poi T estate sono costretti di bevcr l'acqua pura, o con l'aceto. Allevano animali bovini, vacche, e pecore. Le donne fi' lano la lana per far rasse, e grisi per le loro famiglie. CAPITOLO XIX. Loro infermità, e modo di ornarsi. *\^"arie sono 1 infermità alle quali questi popoli sono soggetti, e specialmente s'osserva di frequente nella primavera ed autunno, che a motivo del soverchio bevere, partendosi dalle taverne ebri di vino, vanno all'aria aperta, che molto acuta essendo, lor cagionano forti punte e risipole. Nell'estate per lo sregolato vivere ed intemperanza di vino vengono colpiti da febbri ardentissime, e terzane, che li conducono a morte. In tutti i luoghi usano medicar la febbre in questo modo ; pigliano vino potente, e lo fanno bollire, ponendovi dentro un poco di canella , e pepe, lo danno cosi caldo al febbricitante, che facendolo star ben coperto acciò sudi, il più delle volte risanano a meraviglia. Sogliono anco per le febbri ricorrer ai Sacerdoti, che gli scrivono un breve col nome del Santo protettore di quel luogo, ovvero l'evangelio della suocera di Simeone febrici-tante. Alcuni bevono il decotto di centaura minore, e veramente con buon' esito. Per la punta usano mangiare tre grani d' incenso bianco arrostiti delitro un pomo , rimedio insegnato dai Capuccini, e le sementi di olonia. Più facile è il buon malestro, e fiori di rosmarino in aglio , posto caldo sul luogo offeso, e del quale ne ho veduto mirabili effetti. Altri adoprano li decotti, e fanno scriver in un cucchiaio di legno nuovo, le parole: et Vcrbum caro factum est ; e mettendo dentro un poco di aceto lo bevono. Per il morso d'un cane rabbioso segnano la fronte con la chiave di s. Bellino, dicendo prima di segnare, tre pater, e tre ave Maria, ed un Credo per ognuno. Per li cani poi seri-. Vono sopra una scorza di pane le seguenti parole : s A T 0 R A R E P 0 T E N E T 0 P E R A R 0 T A S la danno da mangiar al cane, ch'è sospetto d'esser infestato dal can rabbioso ; ma alcuni sacerdoti , invece di questo^ che stimano assai superstizioso, scrivono le parole del profeta Davidde: Ilomines, et iumenta salvami Domine quem-admodum multiplicasti super nos misericordiam tuam. Per la risipola segnano col dito grosso della mano destra facendo croci sopra il male, e dicendQ tre volte il pater nostri , solendo quei che segnano digiunar la vigilia dell' Epifania, Per il dolor dei denti scrivono il versetto del profeta, Et stetit Pldnces, et placava et cessavit quassatio, per li vermi delle creature quell'altro verso : Qui trdndunt me inimici mei, ipsi infirmati sunt. Quando hanno la febbre usano assai di ricorrer dal loro parroco pregandolo che gli faccia un polizzino contro la febbre, ed esso sovra una carta gli scrive il nome di Gesù, e di Maria con alcuni Santi protettori del luogo, ower dell'ammalato. A questa divozione corrispondendo, gli scrive quelle parole super aegros etc, e con tal fede, e divozione si consolano, e guariscono con l'aiuto divino. 6i In questa mia città per l'aria pessima si vedono tutta le creature con il ventre gonfio, e milza, e 1' istesso le donne divenendo nella primavera, e l'estate tutti gialli nel volto, ma vedo che la natura ha provveduto a questo, facen" do produr dalla terra gran coppia d'absinzio, e geccoli, e più qui nascono li cucumeri marini, ed altre piante le cui decozioni servirebbero contro queste opilazioni. Ma io do la causa ancor all'acqua che bevono questa povera gente > ed al pesce che mangiano, cose tutte nocive al lor male. CAPITOLO XX. Superstizione di questi popoli, J\Ostano assai superstizioni ancora negli animi di questi popoli o per li loro antichi, o per la loro semplicità. Quanto alli usi loro antichi, li Celti, e li Germani li comunicarono, e finalmente li Greci, della divinazione. Ma con la santa Fede cattolica distrutta la loro idolatria si è levala ogni loro divinazione, ma non si ha potuto fare che al giorno d'oggi non restino in loro alcune poche superstizioni; sebbene queste nella gente bassa, e massime nelle donne sieno più radicate. Hanno prima per gran cosa il bere, (al quale sono molto dediti) con il lume in mane, poiché dicono che viene il vino aceto, guardandosi dal non gettarlo mai sul fuoco per lo stesso effetto. Quando tuona, e lampeggia non vogliono aver cani, quando si maritano, temendo d'esser stregati procurano quel quel giorno di non portar adosso alcun nodo, e perciò portano le scarpe disciolte per tema dei diabolici sfregamenti, i quali nella lingua schiava chiamano lacegà'/na , e lo fanno in più modi che si tace. Pensano di chiamar le persone lontane, come pure gli animali con alcune parole. Pensano per far cader i vermi di qualsivoglia animale senza vederlo, nè toccarlo, nò applicargli alcun rimedio locale, ma solo col piegar un certo spino in terra, e mettergli sovra una pietra, dicendo per ogni pietra che mettono spino io non li voglio lasciare fino die tu non scacci li vermi dal tale, o tal animale. Fanno che i topi non rodano la paglia nelle mede col mettervi sotto tre pietre senza altre parole, quando cominciano a far la meda, e così si danno a credere si preserva intatta, e da topi, sino che altri non le pigliano. Quando alcun contadino si ammala , e questo presto non si sana, subito cominciano a darne la colpa alla fata , o bella donna che la chiamano, dicendo, che da essa è stato broato, cioè scottato, ower col piede gli ha calcato il piano a dette fate, e però mandano una scarpa, o la cintura a certe donniceiuole vecchie, le quali guardata la scarpa, o cintura, vanno a gettar nell'acqua dei carboni accesi cominciando a indovinar la causa dell' infermità , e mentre ne nominano, una gettano un carbone in acqua, ed osservano quel che fa più strepito in acqua , e quella dicono essere la causa dell' infermità. Allora rimandano il messo con avvisar l'ammalato, che debba raccoglier le spazzature, o polvere in quel luogo dove gli venne il male, e con quelle profumarlo. Tengono ancora che nascono certi uomini sotto certa costellazione, e quei principalmente che nascano vestiti chiamano quella membrana Fel uoldocchi i quali vadino di notte, e sulle strade incrocciate, o quadrivj , con lo spirito, ed ancor per le case a far paura o far qualche danno alle genti. Tenendo che si congreghino particolarmente in detti luoghi nelle quattro tempora dell'anno ed ivi contrattar gli uni con gli altri per l'abbondanza, o carestia di ciascheduna specie di entrate. Perciò molti per questo effetto in questi tempi, usano mangiar l'aglio credendo, che l'odor di questo li preservi dal timore, o nocumento di quelli. Ah cuni altii allacciano capelli, o carni, o scarpe vecchie, acciocché stiino da loro lontani questi stregoni. E tanto prevale nella inente di molti che ho udito senatori a raccontarlo come cose verissime. CAPITOLO XXI. Qualità delle Donne, costumi, servizi, e vestire. Sono le donne della provincia di onesta bellezza , e quelle dei luoghi marittimi di buon aria superati l'altre, con le quali gareggiano quelle dei monti, ricevendo nella su-' blimità dell'aria maggior candore nei volti e leggiadria, come a Euie, languente, Montona, e Grisignana. Quelle d* Trieste supeiano le altre di bellezza, e compitezza, come ch'è la città maggiore di numero di persone, trafichi, e ricchezze. Le nobili allevano le loro figliuole nei monasteri, sino alla età nubile come in Capodistria, Pola, e Trieste, ove imparano a cucire, ed i buoni costumi. In questa città più nu« mei-osa di nohiltà, risplende più d'ogni altro luogo il fasto delle donne, e luna ama a gara dell' altra pomposamente vestire, vesti di seta, e d' oro con perle, e gioie alla grande. Nelle altre terre ove non vi sono monasteri, si allevano in casa con molta diligenza, si applicano a tutte le facendo della famiglia, accomodandosi ai disagi , ed alla ristrettezza del paese, nel quale non è uso di tener molto serve, ma le figliuole aiutano le madri in tutte le coso servili. Sono di buono spirito, ed ingegnose, alte ad ogni arte, e lavori, di buoni costumi, savie, modeste , ed oneste , inclinate alla religione, e timorato di Dio. Comunemente gli nomini civili non tengono le loro mogli in molta delizia, e di raro le danno governi assoluti della casa, riservate ai domestici servizi! , e nell' allevare i loro figliuoli le resta poco tempo a far biancherie ed acciò m se le aggiungo por la penuria del lino olio poco so no raccoglie, servendosi poi delle telo ilei h'riuli, e della Carina che per onesto prezzo si comprano. Quanto al vestir delle donne civili, a Valle, Digitano, e tutta la Poh-sana^ le donne hanno gli abiti simili a quei delle monache. Vestono di rassc negre, cingendosi con cinture di curarne nero, che chiamano bruna, con veli m testa a guisa di monache, e le vedove in particolare pollano sopra la fronte una benda, di modo che le restano davanti coperti li capelli. Queste, come anco le maritate usano nel-l'andar alla chiesa di coprir il capo con una cappa nera di scolto , non già le zitelle, se non in occasione di duolo. Alle foste però ed in occasione di nozze ed altre allegrezze compariscono le più comode con le belle vesti alla loro usanza di panni «ciarlati, pavonazzì, ed altri colori, ed altra sorte di lane sottili. Gli abiti di seta quivi non sono mollo in uso, eccetto che nelle maniche, le quali si adornano con bottoni d'argento lavorali alla perugina. Vanno in queste occasioni cinte con bellissime cinture, specialmente adornano la lesta con concimi di seta seminati con copia di aghi d'argento semplice, ovvor indorato. L'uso di portar la vesto nera in capo è comune in tutti i luoghi, anco nelle civili di (pia dal mare ; ma da poco tempo in qua la vanno dismettendo, e le più giovani l'hanno posta giù affitto, o leggiadramente vestono. Le donne delle ville, che la maggior parto sono schiave rappresentano più gli antichi c'ostutni del paese. Sono di robusto temperamento, e sono applicate alla coltura dei terreni non meno che gli uomini fì dogli animali al governo; così riescono selvatiche, -ber-bare, lorde, e prive d'ogni buon costume, sin da fanciulle vanno dietro agli animali, ed ai carri. Vivono nelle capanno, rozzamente fabbricate, esposte alle intemperie del-I 'Oia senza niuna polizìa di casa. Portano sopra la carne Qitnicia ben grossa increspata al collo , e le più comodo L'Aiu in oc.i'.Aro Voi. Il', 5 l'hanno intorno al collo, ed avanti circa mo/zo palmo, sopra una veste di griso del color della lana lunga sin ai piedi, con le maniche strette , aperta d> avanti per lungo, la quale allacciano intorno al petto, e poi con una cintura di panno si cingono. Sotto questa all' incontro hanno una pelliccia d'i pelle tli agnelli sen/.a coperta. Portano 'in capo un fascìola involto iir modo che lor copra tutti i capelli; e le orecchie, e non fanno pompa di pettinature , od altra leggiadria femminile; hanno un turbante, e lo pottan in casa e fuori per r uso loro, uè mai se lo cavano se non per qualche necessità; Sarebbe grand' ingiuria per esse, che lor si gettasse di capo , e vi è rigorosa pena titilli statuti della città. Allevano i loro figlinoli rozzamente, dormono sopra la paglia, e vivono assai castamente, massime nelle ville, ove non vi siano case di cittadini ohe le possano corrompere. Applicano a filar il canape , e qualche poco di lino, e lane, con le quali fanno li grisi per vestire se slesse, e la famiglia. Portano in dito un anello matrimoniale di argento. 1/ eslate hanno una veste bianca, e massime le giovani s'adornano, andando alle chiese e sagre, più clic possono, trovandosene di queste di bellissimo sangue, capitolo xxii. Sp,Kuiìhj, Dole, Giuochi, ed ad di condirne le spose alle case dei loro inarili. JLji sposali/.j dei gentiluomini della provincia sono assai comuni con quelli della Lombardia, fuori che fatto il matrimonio in chiesa, tulli li convitati vanno a far offerta al pievano, qual uso si va dismettendo con farsi sovente li sposalizj in casa, ed in molli castelli in vece di darla ai pievano, li convitati la danno alla sposa, se sono però delle persone di più bassa o mediocre condizione, la qual allora la raccoglie nel grembiale, ed è primo il pi*> vano, poi lo sposo, ed gli altri a far l'offerta, e eh; le do- 81 na denari, altri roba, comò fazzoletti, fascioli, conforma la Sll-i possibikà. Si Viiiam assai dismettendo tra nobili le solennità, per le spese eccessive, che fauno in vestir le spose ed in canditi. Si osserva assai, che li nobili mal volon-t'eri s'imparentano con la plebe, e specialmente in Capo-disti ia ove di quelli nò maggior numero , c chiamano il basso popolo jioìcoìiiri. Quanto alla dote per consueto quei di mediocre condizione civile le danno 5oo ducati, e li! maggiori e rare sono di due, tre, ower quattromila ducati al più, e fanno il contratto fonie in Lombardia. Altri non danno dote alle loro-liidiuo- o •e, ma solo le vestono, e li loro vestimenti sono stimati "ci contratto; poi morto il padre, la figliuola ha la sua porzione nella facoltà con gli altri fratelli. Usano anco in al- acqua fredda, e 1' immergono in qualche fonte. Ma questa è bellissima usanza, e tolta dagli antichi. Dopo un mese o poco più, che'1 fanciullo abbi fatto un pochi di capelli in capo, invitano molti amici, e parenti a mangiare, e bere, e quello ette assiste a tagliar questi capelli, lo chiamano compare dePa prima tonsura. In questa cerimonia vi sono le sue onzioni, ed il salmo di Davvide hcce boaum, dove anco gli antichi offrivano li primi capelli a qualche nume, e IN crono dedito la prima volta, che si fece far la barba, quésta \ Giove : Svetonio Cap. XII. de Nerone. Barboni pri nani posai/, conditétmftffe in àuream pyxi-dem, et prctiosissimis mai-garitis adornata dovi Capitolino con-secravit. 27 CAPITOLO XXIV. Tutori con. c'uso della provincia la roba dei pupilli. Era consuetudine nell'Istria, che i tutori dei pupilli nobili mettevano in uso proprio tutto quello che avanzavano dell'eredità, dopo aver pagati i debiti, ed alimenti alli pupilli, di che ne tratta Gutier , e cita, il cav. Costati. Pietro Belli perzia, Bacsia, Menochio, e Dondilla, Credo che siau la causa le grandissime spese che si fanno nel lavorar li beni, e la necessaria assistenza de'padroni. CAPITOLO XXV. Scuole, Seminarli, ed Accademie della provincia. T -, X ulte le comunità di queste terre hanno buone entrate, ed usano condor maestri, che insegnano ai giovani le virtù, ma tal' è la trascura ggine ower 1' interesse loro, che di rado fanno elezione di maestro, che qui si fermi e faccia il debito suo ; onde si allevano questi in una grandissima ignoranza, cagione di tutti i mali, e della barbarie in cui vivono. Trieste non solo del pubblico denaro paga maestro, ma con le scuole de' Padri Gesuiti, ed altri claustrali sta molto bene. Era anco in questa città l'accademia defili Arrischiati or molto abbandonata. Capodistria stipendiò già un virtuoso soggetto, I). Francesco Bretnbo romano decano della cattedrale , poi un tal padre inquisitore, ed anco D. Aurelio del Bello canonico, ed altri che hanno fatti buoni soggetti, e molti sono riusciti dottori, oltre di ciò questa città dagli utili del Monte di Pietà, detratti i salarii de' ministri , usa cavar dugento ducati coi quali regala equalmente quattro scolari che studiano a Padova, e si adottorano; hanno stabilito questo con indulto veneto, e 1' elezione dei soggetti tocca al colleggio dei dottori, die poi li fanno ballottar in consiglio , e ciò causa che molti riusciscono buoni, perchè devono per conseguir tal beneficio perfezionar lo studio (Vanni cincpie. Al presente hanno epici virtuosi rinnovata un' accademia mercè l'eccitamento dell'cccell. Marc'Antonio Grimani podestà, e capitano di essa città, e gli hanno comperata l»na bella casa in cui al presente s' è trasferita la scuola pubblica, e col favor del medesimo dalla benignità pubblica hanno ottenuto un contratto perpetuo a stabilimento quella, sovra gl' istromenti, e sentenze ; sono entrati in essa oltre quelli della città, molti forestieri, e della provincia) e d'altri luoghi, e con buon vigore proseguiseono sotto «1 titolo di Accademici risorti, volendo alludere alla tradizione che hanno, che già anticamente sia stata un' altra accademia detta la Palladio, o tW Palladil, e perciò ora hanno elevato per impresa un tronco secco d' olivo, che scaldato dal sole, nel cui corpo è figurata f arma Grimani, dà fuori alcune fòglie, e germogli col motto Rediviva ca-loie, A Pirano la comunità assai ricca , mantiene due precettori, uno coti cettto ducati di stipendio, che insegna leg-bre»e, e scrivere, e pratica d'aritmetica, l'altro con cento 0 venti per le arti liberali, ed hanno avuto il padre Vincenzo Bochina da Cherso conventuale, che ha fatto alcuni buoni discepoli ; or è condotto il padre Matteo Sossichio pur conventuale di Cherso, soggetto assai valevole; e ad emulazione di Capodistria hanno nuovamente stabilito a quattro scolari l'istesso donativo perchè studino, e restino adottorati in Padova, come già alcuni hanno effettuato; e parimenti hanno voluto erigere un' accadoinia con entrate pubbliche, ma per scarsezza di soggetti si portano lentamente negli esercizi! della medesima. Muggia ancor essa tien pubblico maestro, ed ha avuto alcuni uomini dotti. Hanno i cittadini di questa un luogo nel collegio Englesco a Padova, come ne ho fatta memoria nel mio libro de Gjinnasìo Patavino Cap. LXIII. Puic ora solita ancor essa procurar il buon indirizzo della gioventù, con toner maestro pubblico ; ma consumandosi malamente l'entrate della comunità da alcuni, or bisogna che li padri spendino del proprio: onde perchè molti son poveri, restano privi dell' acquisto delle virtù, benché vi siino dei buoni ingegni, e per 1' addietro sia stato qualche soggetto virtuoso. Così è del resto dei luoghi, che non vi è cosa da sperarne gran frutto. In tutta la provincia non vi è seminario di chierici. Fu già fatta la *compartita, e con ducale concesso il tassar tutti i luoghi pubblici, come comunità, monti, vescovati, e confraterne, ed i vescovi si sono affaticati, ma per anco non vi è stato possibile ridur quest' impresa al fine, essendo questi popoli poco ossequiosi alli loro pastori, e perchè quelli che maneggiano li denari pubblici, godono di restarne padroni, o disposi tori a loro beneplacito ed arbitrio, sposso valendosene ne'propri! bisogni. Vi era un seminario sotto monsignor Trittonio vescovo di Parenzo, ma morto quel prelato , ed aggravato quel vescovato di grossissimc pensioni è affatto derelitto con danno della diocesi, e dei circonvicini. CAPITOLO XXVI. Rld, solennità di giuochi, e halli, JN*»n vedo ch'abbia più dell'antico, quanto il ballo che si chiama della verdura usato in questa provincia, cioè le donne c gli uomini ghirlandato il capo di fronde ed aranci insieme, quqpti si schierano da una parto, quelle dall'altra, cominciano li suoni, si muovono leggiadramente ad unirsi sotto gli archi schiera con schiera, sicché ciascheduu uomo si trova tra duo donne, ed ognuna di esse tra due uomini con un arco nella destra, ed uno nella sinistra con quali si uniscono ed annodano insieme, die pare difficile 10 slegarli; ma seguendo la danza con bell'ordine gli uni, e 1 altre incrociando le mani sotto gli archi, s'intrecciano, e poi si sviluppano ritornando alle loro schiere divisi come erano prima. Pensano questo costume esser loro derivato dagli antichi Argonauti, e Colchi , perchè stimano esser il giuoco istesso che Teseo instituì nel Labirinto, dopo ucciso 11 Minotauro in segno della ottenuta vittoria. E bello anco il ballo dei tre ultimi giorni di carnovale che si usa in Dignano nella piazza , chiamato il ballo delia coda, e mal gradito amante, che si fa in questo modo. Sogliono i giovani, accordatisi con i suonatori, dopo il mezzo giorno della domenica di carnovale in piazza cominciare il ballo pochi alla volta, sino eh' è ora di vespe-ro. Adunati i capi di ballo, o mazzieri, che per segno portano un bastone dipinto tutto annodato con cordelle di se t.a di varii colori, fatte cessar le leggiere danze, e mutar il tuono dei pifari in più grave, vanno a levar 1' amate giovani, e postele a capo così successivamente degl' altri sin all' ultimo, l'uno dopo 1' altro in vaga schiera, e prese per mano dai giovani s'incomincia il ballo, eh'è d'un passo, e mezzo nel quale finito il giro della piazza si fermano , e «piolla eh' era da capo del ballo è condotta alla coda dal mazziere, insino a tanto che ad una ad una vengono ad esser le prime; ciò finito al tardi, cangiano suono li pifa-11 IO più allegro di gagliarde, e quelle ordinate schiere Vengono a mischiarsi con diverse altre maschere, e ballano con fischi, e voci allegre che rassembra un attacco di guer. ra, ed in tre gagliarde si finisce tal festa. Le giovani per non mostrarsi ingrate a chi l'onorarono dell' invito al ballo, nei primi giorni di quaresima lor mandano a donar una cestella ili buzzolati composti con bianchissima farina, olio, vino, 7c zucearo, miele, quali cestelle son portate tutte ornate di fiori per ostentazione in giro per la piazza , poi presentate ai giovani amanti. Poco differente è il ballo, a Buie clic chiamano di san Giacomo, perchè lo solevano fare nella pianura di quella chiesa , e V ufficio del capo del ballo , ower mazziere si vendeva ali incanto, lo facevano però con diverse intrecciature non dissimili in tutto a quelle della verdura , ed anco qui le giovani e gentildonne, che sono persone cirili, potevan intervenirvi, mostravano l'aggradimento d'essere state favorite col regalar quelli che avevan invitate di buzzolati e canditi, ed essi le corrispondevano con presentarle delle bende da testa bellissime, chi con anelli od orecchini d'oro, e cose simili ; si facevano anco in palazzo alcuni altri vaghi balli in varii modi chiamati balli del jinv, del linguale', dell'acca, ma la gioventù moderna li ha tralasciati; usano però aucora il primo giorno di quaresima, molti giovani vestiti di bianco, come pistori , o molinai sopra cai retta accomodar un fornello da far fuoco , e vanno in giro pel luogo facendo delle buone fritelle, e con scherzo ridendo, parte mangiano fra essi, altre ne pongono a pratiche, a torme le van correndo dietro, usando fermar la caretta ne' luoghi principali e specialmente sotto i balconi delle amate, quali dicono invitar cosi alla quaresima. Anco a Dignano il giorno medesimo costumano i giudici o provveditori sotto la loggia far cucinar le frittelle mangiandole e distribuindole a chi lor pare , e se alcuno nel passar non li fa riverenza lo fanno trattenere, nò lasciano che parta se non paga una condanna che gli danno. Nel resto i balli del carnovale sono danze ordinarie con mascherate di varie foggie, secondo i capricci diversi usando a Capodistria, Trieste, Pirano, e Buie talor far recitar qualche piacevole favola, e commedia. Nelle feste, o sagre delle chiese specialmente, che ac- pi OdrTotlo l'estate sempre usano danzare nelle strade, e piaz-2C, massimamente ne' luoghi piccoli , e tra contadini elio non vanno a perdoni, se non si hai la ; onde anco quando ni alcuni luoghi fanno le pubbliche processioni in chiese campestri dopo finita la messa, ed il pranzo danzano, altri RHlocanO al hallo della botte, cosi detto anco iti Lombardia, non solo li giovani, ma antro quelli di quarant' anni, il tutto però senza malizia e con putita, anzi se alcun giovane stringesse un poco soverchiamente la mano ad nleu-essa le dà una buona guanciata, e quello rimane svergognato nè entra più nel ballo; e se ardisse inoltrarsi nelle insolenze sarebbe mortificato con fatti da tutti come alcune volte successe, che certi forestieri forse ignari degli USI si sono portati diversamente da quelli, e volendo sostener le loro azioni corsero pericolo d'esser ammazzati dalla moltitudine, che s'unisce a difesa dei loro costumi violati, come dicono. Nella solennità del Corpus Dentini usano quelli delle villo portar mazzi d'erbe odorifere, e Glori d'ogni sorta con ehe cuoprono ed ornano il suolo delle chiese e strade per dove ha da passar la processione, raccogliendole poi con divozione, e le conservano per abbrucciar od affumicar i tempi cattivi nell'estate, ed anco le stalle dei loro animali por W fascino. Nei luoghi più cospicui usano di adornar le strado, e finestre con tappezzerìe , vesti di seta , e quadri di varie So,'ta, ed in alcuni luoghi formano certe cappelletto, ed al-t;,,'i rappresentando intorno qualche mistero sacro, ed azio-ne> o martirio dei Santi, ciò a Capodistria , Tirano , Buie, e0 Isola specialmente; ma anco. questo termina in danze perchè dopo pranzo si vogliono dei suonatori, che hanno °norato il passaggio della processione , per alquanti balli c'i»e fauno quelli giovani con lo donzello della contrada, °he sono concorse nella fabbrica dell'altare, ed ornamento. In molti luoghi della provincia, conio a Capodistria il giorno di s. Nazario, e quello di s. Orsola si suol correr all'anello, alla Quintana, alcuni palli, o prendi degni, ed onorati, ed a Pirauo il primo delle Pentecoste, ove l'anno i643 il signor Giacomo Tommasini mio nipote lo guadagnò alla Guintana. A Buie giostrano il dì di S. Servolo , ed a Cittanuova di s. Pelagio, se ben da alcun rettore talvolta sono dismessi, siccome son tralasciati alcuni usi di banchetti che si facevano in pubblico, togliendo invece di quelli certi rettori un regalo in soldi, ed a Buie so che si danno dicci ducati per un banchetto, che si faceva a Tribano tra gentiluomini con le loro mogli il primo di maggio; altrettanti per quello si faceva sotto la loggia nel primo di agosto, ed un altro alla Madonna delle Vigne il venerdì delle legazioni, circa la festa di san Giorgio ; a Mondano sogliono andar sul monte grottoso di Cingarella armati, e con molte solennità, e gridi a prender il lauro, e portarlo alla lor chiesa, ed a Buie vanno nell'istcsso luogo a prenderne al 20 di maggio, giorno della consacrazione della lor collegiata, e raccontano il principio del medesimo uso così ; consacrata che fu la chiesa di s. Servolo volendo ornarla con festoni di lauro non ne avendo di più vicino andarono al descritto luogo di Cingarella, e così l'anno seguente di che accortosi quelli di Mondano , che avevano come pur hanno picca per i confini, si risolsero di opporsi armati, ma quelli di Buie non volendo cederli quell'istesso giorno, essendo vicini, corsero ad armarsi , e ributtarono quei di Mondano, togliendoli il custodito lauro, protestarono di ritornar ogni anno, e lo portarono al loro tempio rendendo grazie al suo Protettore della vittoria ottenuta nel contrasto, e così sempre continuarono. Or vedendo quelli di Mondano non poter contenderli, per alcuni anni deliberarono distruggerlo e portarlo via precedentemente come fanno tuttavia ogn' anno, e quelli di Buie ciò non ostante talvolta vanno ancor armati di moschetti anco a cavallo, e concorrono alcuni giovani civili, c con lo stendardo di san Servolo loro gonfalone prendono dei rami restali , e dopo aver con molte grida festa e colpi di fucile circondata la terra, posti i rami in chiesa, partono gli altri col gonfalo-"e alla casa del camerlengo, che lor dà una bella cena, al 'Inai effetto sono destinati denari di quell'entrate pubbliche. Corrono in alcuni luoghi i ragazzi, in altri le donne nude, e gli uomini, in altri i cavalli, e le barche a gara, che a Venezia si dice regata; in altri si balla, si tira al bersaglio con archi, e con archibugi, a tirar il collo all'oo-CIh al capretto, e ad altri giuochi per i quali sono distribuiti 1 palii ai vincitori. CAPITOLO XXVJL Fiere della provincia , e mercanzie che Iti quelle si trafficano. san Giovanni di Duino ai ->J\ di giugno si fa una bellissima fiera di molle merci, ed ivi concorrono molti belli cavalli, che sino dalla Lombardia vengono i gentiluomini a compiale. A Trieste si fanno due solennità con mercato pubbli-<:n) una il giorno del Coi pus Domini, l'altea il primo di novembre, e dura tutti li tre giorni seguenti per la festa di San Giusto suo protettore; in questa vi vengono gente, e mercanti assai d'Italia, e di Germania ancora, e comprano, 0 vendono assai legnami, ferramenta, panno, tela, curami, altre sorta di merci. Similmente Muggia nella fiera, che si fa il giorno dei ss- Giovanni, e Paolo protettore, e poi il dì di s. Martino vengono i legnami, e ferramenta, ed altre robe, che avanzilo al mercato sopradetto di Trieste del giorno di san «lutto, e dura questa fiera otto giorni avanti san Martino, ed otto dopo. 8o A Capodistria oltre la fiera del dì di s. Nazario ai 19 di giugno, anco si fa una bella fiera franca otto giorni a-vanti, ed otto dopo il giorno di sant'Orsola, nella quale si vende franco del dazio molto sale , e si fanno botteghe di legname nella piazza per i mercanti forastieri, che vengono a vender tela, e panno del Friuli, e d' altrove ; correndosi alla giostra. A Pirano ancora il giorno di san Giorgio ai 24 d' apri* le, c nelle feste della Pentecoste si fa mercato con giostre e concorso di mercanti, ma si principia tal solennità a Sai-vore, la seconda festa poi in Pirano» Il giorno di san Martino nel castello di Mondano , e poi ai 24 di g"igno nella Natività di san Giovanni in essa parrocchia ; a Merischie sopra il territorio fanno due fiere, e vien quantità di botti d'abete, tinazzi, ed altre cose simili, tele e ferramenta, e di questi bottami di abete quasi tutta la provincia si serve. In buie si fa fiera il giorno di sant'Antonio di Vienna alli 17 di gennajo; così alla Madonna dei Campi nel territorio di Visinada il giorno di santa Lucia ai 13 dicembre, nel giorno della Annunciata ai 23 di marzo, e la prima domenica di settembre, nelle quali fiere compariscono a vender quasi le stesse sorti di robe, cioè tele, bottami, gri-si, e ferramenta, e pavimenti li 16 di settembre il giorno di santa Eufemia, ma a questa concorrono molto più di persone, per la divozione di visitar il corpo di essa santa, e si fa grandi solennità, e giostre. Nel distretto di Pinguente si fanno, sette mercati, due alla chiesa di santo Spirito, distante circa due miglia, la prima nelle feste della Pentecoste, la seconda la prima domenica dopo san Giacomo. Poi si fa la terza a san Giovanni, chiesa lontana da Pinguente un miglio , nella Natività di esso Santo ai ìf\ di giugno. Nel castello si fa la quarta la domenica seguente alla Natività della Madonna, e 8t questa La chiamano in slavo la Sabbatino-, cioè la dedicazione della chiesa. Tic poi se ne fanno a Rozzo, cioè una ai 17 gennaro giorno di sant'Antonio, l'altra il giorno di santa Marina , e la terza la seconda domenica di ottobre, ed in questi si trafficano le merci che si sono toccate di sopra. Nella fiera predetta di san Giovanni li guardiani fanno un banchetto ali' eccellentissimo capitan io tli Raspo, ed a tutti li soldati a cavallo, e però quelli del castello lo dicono il pasto de1 snidati. Ai 28 di agosto nella solennità di san Pelagio è fiera franca in Cittanuova , si vendono molte cose che vengono dalla Marca d'Ancona, come massericcie di majolica, aglio, cipolle in quantità, e si suol giostrare all' anello, ed al Saracino. Delle robbe medesime venute dalla Marca se ne vende nella piccola fiera a san Lorenzo di Daila ai 10 di agosto. Il dì a3 di maggio , eh' è la festa di san Pellegrino protettore d'Umago si fa la fiera in esso luogo, e tra le altre cose, sono obbligati tutti quelli che hanno animali nel territorio, vender una pezza di formaggio a due soldi la libbra. Sono due fiere principali a Moutona 1' una ai 3 di agosto nell' invenzione di santo Stefano loro protettore , 1 altra di santa Margherita seconda protettrice, ed anco ne fanno una alla chiesa campestre tli san Rartolommeo nel giorno di questo Santo. Quasi tutto il resto dei luoghi ha simili mercati, e fiere nei giorni dei loro protettori, ed in esse vengono varie merci delle predette qualità. O rni sabbato si fanno mercati a Trieste con traffico o di legnami, e ferramenta, ed è questa città tra tutte le al-ll'e, mercantile, e degna. l'AUCHKOCKAFO Val. IV. 6 8a capitolo xx.viii. Riti, ossia maniera di scpcllire li morti dei presenti Istriani. Cjrli anticlii erano molto puntuali osservanti ed anco qualche buZzolato , dicendo , al morto porta questo a mio padre, o madre, o ad altri parenti, o amici Ria morti, e così gli riempiono il seno di pane , frutti, c eose simili. La qual usanza senza dubbio è molto antica, osservandola ancora li Moscoviti da buona parte dediti al rito greco , e li Romani ponevano in bocca un danaro Per dar a Caronte , che li doveva traghettar oltre il fiume, e tal denaro si nominava obolo. Fanno 1' Otficio il settimo, il trentesimo , e 1' anniversario, nei quali siccome nel giorno dell' obito finite 1' esequie, vanno con li preti a desinare , e vogliono usar ogni diligenza in darli ben da mangiare e bere, e stanno allegramente, donando alli Sacerdoti quando partono un pezzo di carne e foecacia, chiamando tali banchetti che fanno per P anima dei morti, pedinine. Avranno forse tolto dai Romani quest' uso, che ancor essi facevano due cene , una alla sepoltura, l'altra a casa, quale chiamavano epulum funebre. Non sogliono dispensar candele nò altro , ma con po-cbi lumi accompagnano i cadaveri al sepolcro. Hanno li più ricchi contadini le lor sepolture nelle Gftiese, ed anco sovra li cimiteri, dove si ripongono li loro morti, non però vuote come s'usa in Italia, ma ripiene di terra sopra i cadaveri , il che ho veduto in Piemonte an-°°r nei sepolcri dei più civili, che se bene son murati li ''empiono di terra, e la ricavano quando di nuovo devo-n° ripor altri in essi. Si vedono molti sepolcri dei maestri di varie arti, quali soprai coperti hanno intagliate manaje, vomeri, 2aPpe, falci, ed altri iStrumenti rurali, ed anco d' altri ar- w tefici, le forbici, rnallclli, tenaglie per dimostrare il Valor tli quei defunti, e l'industria, uso tolto dagli antichi. Qualche sepolta o rurale ha sopra inscrizioni in lingua e carattere slavo, ed anco in italiano, ma mollo semplici e mal composte. Le persone civili però hanno le sepolture con l'insegne della famiglia, e belle inscrizioni, alcune delle quali mi son venute a notizia. lo credeva che il costume iV andar piangendo i morti nelle chiese fosse solo dei rustici, ma intendo esser anco tra li più civili usitato, e vidi n% alcune occasioni, che morendo in questa mia città, nella mattina che si doveva portar il cadavere alla chiesa l'avevano posto nel mezzo tli una sala con alcuni lumi , ed a piedi della cassa eravi un secchiello con 1' acqua santa, e stavano ivi intorno le figliuole, e donne congiunte con i capelli sparsi piangendo e dall'altra parte gli uomini tutti lamentandosi con voce alta, venivano gli altri parenti di Inori , ed aspergevano il corpo con l'acqua santa dicendo bassamente alcuna orazione, poi si accostavano a quei parenti di casa, e con essi condolendosi aggiungevano le proprie lagrime ai piatiti di quelli, e venuta l'ora della messa fu portalo il morto in chiesa, seguitando li parenti tutti, eccetto le donne che restarono noli' istesso luogo; stettero assistenti i parenti all'Officio, qual finito andarono a baciar il defunto prima che si ponesse in sepoltura, e piangendo tornarono a casa accompagnati dagli amici che coti officii di condoglianza si licenziarono alla por (a. A Buie usano quasi lo slesso cerimonie, solo, che duo volte i parenti baciano il defunto, quando è posto sopra il catafalco prima che si comincia l'officio, poi quando è posto vicino alla sepoltura , e qui ho veduto figliuoli dei princi-pali cittadini seguitar il patire morto con pianti, e lamenti molto forti, e con parole piene di sommo dolore. Usano poi star lo persone civili in casa sino al settimo giorno, eh' escon di casa vestiti di corruccio, con i mantelli lunghi senza collaro in segno di mestizia , e così le donne con le vesti nere in testa, piangenti e higrimose accompagnate dai congiunti, ed amici loro , vanno alla messa ed olficiij e con tal aiuto vanno per un anno, nel qual tempo tengono spogliati i muri delle camere, e per alcuni mesi serrate le finestre sopra le strade pubbliche, usando sempre (piando le donne sono in chiesa andar alla sepoltura ad aspergerla d'acqua santa con orazioni che dicono. A Trieste si usa pagar un uomo nei tempi dei funerali, che vada a convitar il magistrato ed i gentiluomini all' esequie, ed una donna le gentildonne, e sono persone, che fanno tal professione,ed avvisano il precettore, dell'ora che si ha da levar il cadavere perchè Unite l'esequie vi si truvi ancor lui, avendo tal obbligo nella sua condotta quando tornati i parenti , ed altri che hanno accompagnato il morto, vicino alla porta della casa fanno tutti un bel circolo, ed esso precettore trattosi in disparte nel mezzo, dopo alcune lodi del defunto, e parole consolatorie delli parenti a loro nome deve render grazie a quelli che !vi sono, e ciò finito tutti partono; e mi ha detto il sig. Felice Fatterelli fratello del mio vicario , eh' essendo precettore ne aveva fatto di questi sermoni quattro in un giorno, di più il sig. Giacomo Tommasini mio nipote ini ha Barrato che l'anno i64'5 vide accompagnar un tal nobile (li detta città , oltre i parenti , e nobili anco dalla milizia, 0 dalle donne stesse piangenti con le vesti nere in testa , cbe si suonarono le campane per due, o tre giorni, e che sopra la sepoltura in terra nella cattedrale di san Giusto V| appesero in alto la spada, e speroni del defunto. E così vanno camminando per il resto della provincia queste cerimonie, chi più chi meno usando di farle con spesa e pompa. Nei luoghi ov' è stato ammazzato alcuno gettano tuoi- ti sassi, e tutti chi passa no mette uno, sicché in breve si fa un gran cumulo s' è strada pubblica, invece dell' uso d' Italia di mettervi una croce , la causa di ciò dicono alcuni esser perchè questi morti abbino memoria, e suffragio usandosi dirgli nel gettar il sasso : Requiem aetcrnam, etc.t od altra orazione. Nè reprobo in tutto il pensiero d' altri, che con quel monte di sassi s erge memoria detestabile dell'omicidio; delitto cosi nocivo alla natura umana; tolta 1' introduzione da quanto è scritto in Giosuè, che dopo lapidato Achor , che rapì le spoglie in Jerico contro il divin precetto : Congregaicrunt super illuni magnum nu-merum lapidimi, qui pcrmanet usque in praesentem diem. Le mogli dei contadini piangendo i mariti ammazzati si strappano li capelli , e li mettono in seno al morto, e così le madri, e le figliuole. Non sono scarsi anco in altri tempi dei suffragii per i loro morti; ma ogni domenica di luna nuova, usano nelle ville di far pregar Dio per quelli, e dopo messa donano elemosine al pievano che cavatasi la pianeta, va a dir il Deprofundis ed altre preci sopra le sepolture loro , o più solennizzate le contribuiscono nelle domeniche delle quattro tempora, e godono assai in farli celebrar delle messe. Anzi allorché donano ai sacerdoti qualche cosa per l'anime dei morti, quando vanno a casa a dire alcun evangelio, e benedire le vettovaglie , come carne salata , formaggio, sogliono anche dare ogni anno secondo la loro possibilta un orna, o mezza di vino, ower altra roba, perchè abbin memoria di andar con preti sopra i sepolcri a suffragar quell'anime, e tal contribuzione chiamano opomc-ni, che significa memoria, o commemorazione, e sono molto osservanti e diligenti nel dì della commemorazione di tutti li defunti, ed in alcuni luoghi come a Pedena, anco nel dì seguente a san Michele, a portar sopra la sepoltura loro chi una mastella di vino, chi pane, chi una gran foccac- eia, chi carne, e formaggio, le quali cose inile delle pelli di pecore e capre, che conciate l'anno delle coperte da letto, e pelliccio a loro stessi. Nella provincia vi sono poche mandre, e razze di cavalli, sul Polesano tre, ower quattro di 6'o, ower 80 luna che servono per trebbiare i grani. A Pinguente alcune poche cavalle, nè in queste vi solo stalloni, e di non molta considerazione. Vengono nel paese cavalli del Carso, della Dalmazia, della Carintia, e Stiria, ed anco di Germania, essendo qui la necessità grande per condurre tutte le loro entrate or qua ed or là. Già di Polesana mi scrisse il sig. Pinco gentiluomo virtuoso, che ivi per istalloni alcune mandrie di cavalli ne producevano di bellissimi, ma al presente perduti gli stalloni, danno qualche ronzino al prezzo di 20 ducati veneziani. CAPITOLO XXX. Altri animali, Fiere, Pollami, Uccellami e serpi. JL er la necessità dei poveri si allevano molti asini che portano legna, ed acqua nelle terre; muli di raro ne ho veduti. Vi sono belle caccio di lepri , le quali si lanno con bracchi, e qualche levriero; ma per il più le lepri si ammazzano con archibugi. Tuttavia s' adunano molti gentiluomini talvolta, e camminano a rastello facendone grandissime prede con volpi, che s' annidano in questi boschi. Si trovano assai tassi, che stanno nelle loro grotte, c buttano; non hanno paura dei cani, poiché da essi perseguitati si voltano con il ventre in su, e con le loro zampette pungenti si difendono , ma questo animale non pò* tendo correre, da ogni cacciatore vien ammazzato. Sono 9Q stimato le sue pelli, ed il suo grasso è salutifero per molto infermità. Molti conigli nell' isola di Figarola, tra Leme, q Rovigno. Qualche ghiro, e riccio, ed anco qualche fugina, Quanto alle fiere regnano assai lupi, e perciò si allevano bellissimi catii per custodia delle mandrie che stanno quasi sempre alla foresta. Qualche orso dalle montagne, ma di raro : in loro vece sonovi porci cinghiali nella Polesana, e vivono in questi boschi, e di questi ne ammazzano gran quantità, e li mangiano, Qualche gattopardo su quel di Pinguente, e nella valle di Montona, e nel bosco di Merischie, che vengono ammazzati, Regnano in alcuni luoghi del paese gatti selvatici, così feroci che saltando sul collo ai bovi con trarli dai fianchi con le zampe le budello gli uccidono, e su quel di Mondano se ne ritrovavano gli anni passati. Per tutto vi è qualche gatto selvatico , che distruggo lì topi delle campagne, ma non così feroci. Lì pollami della provincia sono piccoli, e vi sono quantità di galline, polli; e pochi capponi d'india, non volendo aver pazienza di allevarli. Ho io portato di qua la bella razza dei pollami di Polverara e padovani , e si è diffusa con molto profitto, Poche anitre domestiche, come pure ocche per la penuria di acqua: colombi in alcuni luoghi, nè quivi si veggono le colombare, come nella Lombardia : alcuni ne allevano di sottopanca, massime li preti delle ville, ed alcune altre famiglie, E' abbondanza de' selvatici, quali fanno li loro nidi entro le foibe, e caverne della terra , su quali corrono le acque. Quantità di pernici le quali però sono più piccole delle lombarde, vengono pigliate dai contadini la notte col lume, ed un campanaccio; qualche gentiluomo tien alcun cane, e colf uccello ne pigliano gran quantità, con gran danno de' contadini, che a ciò attendono. EH quaglio mediocre quantità, qualche cotorno, e gah li dì montagna di raro, Li fagiani sono distrutti , c parve ehq ve ne fossero molti ; onde mi raccontava il sig. D, Michele Fattarelli pievano dì Mondano, e mio vicario generale, che l'anno i63i,, ch'egli era canonico di CUtanuo-Va, andando a camminar dopo pasqua verso il mio bosco {li Gastagneda, sentì questi uccelli, che andavano in amore a stridere, anzi mi affermò, che furono trovati più di du-genio lagianini, li quali furono presi ed ammazzati , che se fossero restati vivi avrebbono riempito il territorio. Nella provincia si piglia gran quantità di tordi , e vi sono moke ottie a questo effetto nei luoghi alti, e siti di passaggio, nelle quali 1' ottobre con il vischio si attende. Specialmente le prese dei tordi si fanno sul territorio di Bilie, sopra il quale vengono enumerate più di quaranta ottie, e per consueto quarantamila tordi ne pigliano, come di ionio parlando di lìuie. L'inverno parimenti ne regnano per li olivati, e bacche di ginepro, ohe mangiano con gran stuolo di stornelli. Vi sono poi a suoi tempi heecaftchi, uccelli di gabbia, cardellini, montani, zaranti, ussignuoli, capineri, faga-nelli, finehi, ed altri simili uccelletti, Abbondano le rive della provincia'di uccelli acquatici, a Piscina sul Quieto vi è nell' inverno una infinità di anitre selvatiche, ocche, smerghi; qui venivano molti da Vene-*w a tirar di fucile, e ne portavano via delle barche piene. Uccelli di rapina come astori, terzoli, sparavieri, e nella villa di Zumesco sotto Montona ve ne sono di quali-t;i singolari, e solevano li duchi di Mantova , Modena , ed altri principi mandar gente a. posta a prenderne con li-eenzu delli padroni della villa. Aquile nere specialmente nelle grotte di Lanischie, e (luando hanno li figliuoli fan gran danno nei pollami, ma eresciuti li aquilotti vanno via, restando solo tre aquile vecchie ; se ne veggono anco nelle grotte di Sdregna. Quanto agli animali velenosi , la parte marittima, non ne ha, solo sopra il Quieto in quelle rovine di Emonia, vi sono marani grandissimi che spaventano, e dicono esser qual è la vipera. A Pinguente, e suoi contorni , come più montuosi vi si trovano vipere velenosissime, che li ciarlatani non le pigliano, dicendo, che non son buone per la teriaca vipere sì crudeli, e mi racconta il R. 1). Pietro Flcgo virtuosissimo uomo e pratico di cose simili, che già alcuni anni ne ammazzò una lunga un piede, la (piale aveva due teste. Quivi per li morsi di esse vipere adoperano 1' erba serpentina, chiamata coronopo selvatico , della quale per la provvidenza di Dio ve n' è in quantità ; la pestano , e bevono col vino, applicandone sui morso, e con questa si risanano meglio, die con qualsivoglia teriaca. Nel territorio di Capodistria si trovano due serpi velenosi corti con una puntina sopra il naso a guisa di cornetta di color cenericcio a tacche varie, mandano un fischio acuto, ed i loro morsi sono mortiferi. Di queste se ne trovano ad Oscuro, e Gimin , ed altrove in molta quantità, quali soffiano come i gatti , e sono corte. Nella valle di Sizziole, ove termina il torrente della Diagogna molti serpi quali vanno sopra il monte di Castel Venere, ed ivi veg-gonsi a suoi tempi in quantità. CAPITOLO XXXI. Formatti, segale, ono, pira , biave, legami, e loro iitotlo di l'accoglierli. Ija parte Polesana dell'Istria è più abbondante dei formuliti, a questa seguono i terreni di Pinguente, quei della valle di Molitoria, il resto è povero per li terreni aspri, e montuosi, molto soggetti alla siccità, per il poco numero di agricoltori, e per 1' uso dei popoli spaventati dall' incertoz- *a quattordici uomini fanno una trebbia di trecento staia **» fermento. Il padrone dello cavallo paga gli uomini, che aiutano e d' ogni undici ne riceve uno, con le spese ai bovi , che le fanno li padroni del grano. fi simile fanno delle misture. Negli altri luoghi ove non vi sono mandre di cavalle li battono, ower con bovi e cavalli uniti insieme li trebbiano. Le segale si tagliano basse a terra per la paglia, che salvano per coprir le loro case rurali e tugurii di animali. Seccati li grani al sole li crivellano, e poi li collocano tielli granai. Altri con la polve li ripongono; o nelle poste, o tinazzd. Si semina qualche poco di canape, e lino per uso delle case nelle Valli, e massime in quella di Montona. A Ver-teneglio un reV. prete seminò del bombacc, e fece buona riuscita già molti anni. CAPITOLÒ XXXI1. Alcuni mi detti presenti abitatori per la conservazione dei loro raccolti. Solenne, e pien di esquisita pietà è qui 1' uso che nel mese di maggio li popoli con li loro parrocchi, e sacerdoti processionalmente vanno a visitar i luoghi più divoti della provincia, come la B. V. miracolosa di Buie, di Campi, della Bastia, di Parenzo, ed altri Santi, talvolta si ritrovarono insieme da cento e cinquanta croci con popedo numerosissimo, come diremo parlando dei luoghi particolari. Ritrovandomi l'anno a Buie, ogni festa si vedeva ve- nir le ville intere e le terre, a riverir la B. V. di quel luogo. Dicono quivi messa, e dopo aver circuito la terra, pranzano, e di la tornano alle loro case, e tutti allegri persuadendosi a questa guisa d'implorar la Divina pietà, e di aver felici e fortunati i loro raccolti. Usano nei contorni di Pinguente, oltre le loro devozioni, a far certi fuochi la sera dopo l'Ave Maria in tutte le vigilie delle feste di Giugno, eccetto delle domeniche, cioè nella vigilia ilei Santissimo Sacramento, iti san Barnaba, di san Vito, di san Giovanni Battista, di san Pietro; ed anco di san Uldorico li quattro di luglio si fa fuOCO nel castello, ed alle Case d'ogni contadino, é Questo li chiama-» ho sedi attorno a quali sogliono molte ore cantare, ballare, k saltare oltre di essi fuochi, ina nessuno sa dir la causa, °d alcuni giudicano che siano ancora gli usi $ e giuochi degli antichi Romani, che facevano alla Dea Cerere J ma altri pensano che siano per una ottima ragione, cioè che Questi fuochi servino per scacciar via la nebbia, che a questi tempi suol nuocer alle biave, il che insegna Costantino Gesare nella sua agricoltura. 11 mese di inaggio , e seguenti mesi, quando vedono cattivo tempo, o sentono tUohi j corrono a suonar le campane, e fanno che li parrochi su la porta della chiesa, benedicano il tempo con la croce, e reliquie, ed alcuni sole-Vano portar il Santissimo Sacramento , e con quello stare alle porte le ore intere, che io V ho levato hella mia dio-cesij contentandomi che con inolte Candele lo espongano Sopra l'altare, convenendo li popoli a far orazioni. Sono di-''gentissimi in ciò per timore grandissimo che h?ntto delle tempeste. Nelle Rogazioni avanti 1' Ascensione di Nostro S'gttord , ogni terra procura che li sacerdoti dicano un evangelio alli loro campi, e gli donano qualche cosa. tfsano nei cattivi tempi , in tutti li luoghi abbracciar °rl>e odorifere, e specialmente di quelle che hanno raccolte per le Strade il giorno del Corpus Domìni, e fanno cro-Cl di cera benedetta. Usano da lor pievani far maledir le locuste quando l>er |a siccità ne nascono talvolta gran quantità , e con ai-tri vermicelli. E' cosa notabile, che a Pinguente alcuni narrano , avere detto i loro vecchi, che non sapevano , che cosa fosse tempesta, ed una volta che ne cadette su quei confini la raccolsero come cosa straordinaria. Al presente spesso tempesta in quei contorni, e non ne sanno la causa. Credono esser effetti dell'ira Divina conoscendosi da pochi anni in qua fatti cattivi. CAPITOLO XXXIIL Modo di coltivar li terreni, vigne, oli-vari. Diversità dell'uve, ed aiti loro rurali. ^Lavorano la terra con li bovi uniti a un legno rozzo, che serve per giogo, quid ha un legno lungo detto mango-lino col ferro di un'ala sola per rivoglier li terreni. Li bovi non hanno alla testa Correggio o cordo per esser guidati dal bifolco, ma così sciolti col giogo solo, vengono, gridandoli in slavo. Hanno li versori, lo ruote come in Lombardia, solo è diverso che il vomere ha un'ala sola. Arano la terra non molto profondo e malamente, nella quale a suo tempo gettano li grani , e la fanno eguale con romper i /.opponi di essa . Por li tormenti la voltano due, o tre volte; a Pinguente sul carso arano prima la terra, e poi seminano il formento, e lo aprono con l'arpico, poiché se arassero il grano sotto, per la tenacità del terreno ne venirebbe fuori poco. Ho osservato che li contadini vanno la mattina a sol levato ad orare , invece di andarvi due ore avanti , come usasi in Lombardia, volendo riposar i loro sonni, facendo un beverino prima d'andar al lavoro, segno della loro poltroneria , essendo dannoso pei bovi il farli affaticar nel caldo. Nei luoghi montuosi seminano con li zapponi li grani, e legumi. Quanto al governo dello vigne convien sapere, che nella provincia le vigne sono di due sorta : vigne basse, e vigne a pianlade. Lo vigne basse sono antiche del paese, e le piautado è cosa nuova , e le prime su (pici di lìuie «rono quelle pentade dalli monaci Cassinensi a san Pietro ad imitazione de'quali altri ne hanno introdotte nei loro terreni, e specialmente nelle valli, il che si diffuse per tutta provincia in grandissima quantità, ed utile. L'esperienza "a insegnato, che queste richiedono minor fatica, ma soggette agli animali ed alle prime brine della primavera, e r°perte dalle foglie degli alberi e dagli altri infortuni del c,elo. Gli alberi, ch'eleggono sono opii, ed alcuni su quel W Cittanuova hanno cotoniari dai quali ricavano frutti, onde è un bellissimo vedere piantate intere cariche d' uva, e gli alberi di cotoni. Vengono piantate le vigne dell' una e l'altra sorte protonde un braccio, perchè possino resister a'li caldi grandi the regnano. Vengono governate le vigne basse dai diligenti agricoltori ; prima sono discalzate dalla terra, ed appresso Natale bruscate, tirando niulti capi sotto terra, die chiamano far pmnegne. Nell'aprile anco le zappano di nuovo liberandole dall'erbe, ed a cadauna levano le radici olio gettano di sopra, ed alcuni portano 'a terra attorno alla vigna, massime di due anni piantata, perchè si fortifica, ed ingrossa tagliata a basso terra, avendo bei capi, e di quelli non facendo prouegne per esser il luogo ripieno di vigne. Usano nei primi di luglio la ter-2a volta zapparle, che chiamano occarc, e questo fa ingrossare le uve, e crescer i capi delle vigne, e queste tre '•appature usano a IMrano, o quei di buio ; li altri ne fanno due sole, una di Maggi'», e l'altra di Luglio, e li poveri agricoltori una sola. Le vigne a pianta si zappano il marzo, e si ara il terreno «ve sono, ed anco por entro si semina. Ih'useate si tirano ai suoi pali: alcuni sul principio di "•ar/o le discalzano, e poi sul maggio le rifondono la ter-e questo specialmente nelle protngne, ower refoschi, ab '■"ni anco le Qcvana, ma di raro. L' ArcHKOGUAFO Poi, IV. 7 Nel piantar le vigne ('osi basse come alte, pigliano dei capi delle altre vigne ower delle bilfe, che sono capi posti il mese di marzo sotto terra, e questi hanno radici, e più presto rendono frutto. Quanto alla diversità dell' uve, tre sorta di uve basse s'usano qui piantare; l'ima chiamata pelosa. Li Tiranesi la chiamano raleionesa, che piantata in grasso terreno riesce fortissima, ed è bianca. L'altra pur bianca, chiamata ribolla riesce in terreni mediocri , e fa vino più gagliardo della prima; la terza bianca pirella , die di bontà eccede !<■ ;d-tre, e piuttosto ama li terreni magri e sassosi, dove Ialite appena vogliono nascere, non the fruttare. Nelle vigne alte stimano la principale delle nere il re-/osco, chiamato te tran glande. L'uva cropèlla , è la eberna-tizza rossa ; delle bianche il cieidin quel più minuto, ed il tribiano, se bene vi si trova una infinità di altre uve, come moscato ohe ora molto si usa, le malvasie, imperatoria, uva grossa e lunga, ed altre. Le moscato migliori sorto quelle delle viti basse, e più raro il vino dette basso, massime delle vigne poste in monti, o terreni bianchi. Le vigne a pianta, che anco chiamano braide sono por lo più di uve nere. Quanto alli olivati vengono governali da questi popoli a questo modo. Si levano i rami secchi , e si tagliano i tanti più folti; poi si curano dallo polle sin al piede, osi cavano quei solchi vecchi dalle raditi , o scoperto pongono un poco dì letame, ower terra nuova iu alcuni luoghi magri. Li zappano intorno da febbraio sino maggio , e poi arano tutto il luogo , ower campo ovr sono piantati, fn alcune parti , e da diligenti , come Pira-nesi , Buiesì , e Capresani , la seconda volta li zappano ; il tutto fauno con mediocre spesa e legger fatica. Si usa dar a censo lire 4- r° j e *' istesso ad arar , così resi in buona coltura fanno olio in abbondanza , ma un anno P»ù dell'altro, talvolta due anni, e il terzo si riposano. V Istria è piena di grandissima copia d'olivi, massime la parte verso il mare, ov'è più calda l'aria ; ed ov' è aria malsana ,V| è pur maggior quantità. CAPITOLO XXXIV. Modo dà >erso die. mano a far il vini. VjCir'ea li vini, questi per consueto cri in tutti li luu-B'Ù si l'anno senza acqua* Alcuni, levata 1' uva dalle vigne 1 ottobre, la lasciano nei tinazzi, che cavicchi chiamano, una notte con le raspe, e la mattina cavano il mosto, e questo pongono nelle botti; sovra le raspe gettano dell'acqua, e fanno il secondo vino, detto zonta da loro. Altri l'istesso mosto imbottano, come fanno a Mondano; ed in altri luoghi lo fanno bollire con le sue raspe sette ower otto giorni, come a Piemonte, e Portole, e questi non fanno altre zontc, ma per 'e famiglie fanno vini con acqua, clic chiamano scaveziui, che sono buonissimi, e riescono dolci, I ciò al presente ria molti si usa , chiamandoli vini alla lombarda, ma questi nell estate non durano; in alcuni luoghi c°nte a Buie, diventando acetosi come fan le zonte. A Monconi li lasciano bollire tutta la stagione dell uva , e per Questo si conservano dui tinazzi, delle botti a quali cavano 11,1 fondo, e finito il bollire rimettono il fondo , e riem-P'ono, e sano jjrQ&sj» c buoni. Ad Isola dove si fanno buone rihu.nL, dopo il primo vino fauno le 'tonte, e le se-Coude tonte con gran utile, ed è cosa mirabile che queste '°r toiiic prime, e seconde dopo Pasqua e più tardi di-Ventano aceto fortissimo, il che non occorre in altri luoghi ('°ve divengono ruspine, e non passano più oltre ; così a '^nie succede, e ciò danno causa all'acque, e quella fontana d boia abbia questa proprietà. Si fanno buoni moscati in Capodistria di tulto mosto (he vanno Inori con gran ere-dito, e soavissimi al par di quelli di Claudia. Si l'anno altri moscati gentili in molti luoghi della provincia. Levata 1' uva delle vigne , la pongono su le tavole ower paglia per qualche giorno, e poi spremuta questa con le sue raspe fanno una coperta al vino bianco, e lo lasciano bollire poco, come un giorno e mezzo ; e così il detto vino che è di uve scelte piglia l'odore di moscato e la soavità, e di questi assai abbonda Buie, ed è con tal proporzione : a dodici balille di vino una balilla di mosto moscato. Vi è l'uso di travasar li vini il gennaro , ower febbraio a luna vecchia per conservarli l'estate sicuri. Non usano dare alcuna immaginaria concia, e restano così puri come sono fatti. Le botti che adoperano sono d' albeo, e vengono portate nella provincia da Los Castello. Cosi tinazzi lunghi e stretti, caratelli, orne, e brente, tutte cose, che si adoprano in far li vini. Costano lire sei senza cerchi, durano dodici e quattordici anni, sono cerchiate con quattordici cerchi di frassino, ovvero olmo, o carpano, sono leggiere, e cavato il vino usano lavarle con l'acqua, e Sgocciate le asciugano con una pezza , se entro fosse riinasta alcuna umidità. Li vini depongono, e si cava per gli speziali la gripola, che vendono due soldi la lira. Le canove sono in luoghi freschi, ina sovra terra. CAPITOLO XXXV. Qualità del vini istriani, è divo:. T X utti li vini d'Istria variano tra loro di qualità, come variano il sito, ed i terreni. Alcuni sono soavi, facili da passare, dolci ; altri grossi , e duri da digerire , e fumosi che offendono la testa più che lo stomaco. Se ne trovano anco di petrosi , e verso li monti delle alpi , acidi per il freddo. Universalmente vien il vino d'Istria lodato. ror Appresso gli antichi il vino primo , e più stimato era quello di Prosecco. Questa è una costa di monte, non molto lontana da san Giovanni di Duino, e posta al sole, divisa in tre contrade, Grigliano , Santacroce, e Prosecco, le gl'ali tutte tre producono copia di vini rari, che tutti camminarlo col titolo di Prosecco, celebrato da Plinio che scrive, Livia d'Augusto aver usato questo vino sino alli anni ottantadue della sua vita, chiamandolo li Romani PUcidó. Plinio lib. XIV. cap. I. de vinte generosis : e vogliono sii 1 istcsso , che li greci celebravano di tanta soavità e fragranza , che supera ogn' altro; e fosse come medicamento n°n solo dai sani usato per la conservazione della vita , ma anco concesso alli infermi come medicina. Racconta il Candido nell'Istoria di Aquileja, che Federico II. Imperatore venuto a Duino gustò di questo vino, qual conservato in una spelonca di sasso ower grotta avea anni cento , conservalo con aggiungervi sempre del nuovo vino in quella quantità, che se ne cava. Cosi si usa in Germania. Fu uso degli antichi Romani, ower ambizione il conservare i vini, e lo potevano fare per la loro grandezza, e perchè in quel tempo non tutti bevevano vino. Leggiamo appresso Plutarco de Sdla , che in un banchetto fatto al popolo , oltre le grandissime vivande , che in quello si dispensavano, eravi del vino di anni quaranta. Nel castello di Mondano ho veduto una botte, che poteva tener cento orne di vino delli signori Conti Rota *ad." del Castello, la qual penso che già anni set visse per questo effetto ; ma il vino di tanti anni , non viene stilato dai moderni perdendo sempre col tempo delle sue qualità. Dopo il vino istriano di Prosecco, ha il luogo il moscato di Capo d'Isdia anzi lo supera , poiché il signor «bate Grillo nella lettera ove descrive il suo viaggio in I<>2 Istria , gustato il vino tli Proseco disse, eh' era un vin grosso più tosto da zappa , che da zoppa. U moscato di tutto mosto di Capo li orti. Artemisia, nasco in terra buona. Acetosa lat. exalis, di due sorte, si Uova in terreno buono, e nei carsi. Anchiisa. Arellanè, lai. Nuces pontiere. Anemoni. Atriplice, hit. Atri pie I, e di più sorti, la detta dornesti- ca che si trova negli orti in terren umido, e ben coltivato , una di ioglie verdi, l'altra di foglie rosse la silvestre anco di più spezie ama terren buono , e sito caldo. Oltre di questo si è la marina. Alsine lat. Alsine, volgarmente pavarina, vuol orti, e terra g rassa. Aristolochia, in terra buona , e sito caldo. Abrotano, maschio e femmina , ne' monti e luoghi sassosi nasce il silvestre, e se ne coltiva negli orti ancora. Agrimonia, lat. Eupatori um, in ogni sito. Alio orsino, in luoghi ombrosi, e monti. Anagallide, in terra fèrtile, sassosa. A pai ine, nei campi coltivati, Aquileja, negli orti. Aster attico, ama il sito ombroso , ed inculto. Amaranto spicato, negli orli. Altea, in buon terreno. Asaro, appresso 1' acque. Anchusa, in terra sterile, e sassosa. Asaro, in sito montuoso , freddo, e sassoso. Aneto, negli orti. Angelica et Aniso, in luogo umido , e grasso. Apocino, appresso le siepi, e buon terreno. Assenzio politico, alla marina. Assenzio, in terren buono, aprice, e solivo. Ah hechengi, ne'luoghi campestri, e umidi. Bardana, lat. personata. Ballota, lat. marrubium nigrum. Bellis maggior, e minor, e minimo, nasce nei prati, e valli. Basilico, lat. ocynuni si coltiva negli orti, e ne'vasi. Brassica , cioè cavoli di molte sorti, ohe si coltivano negli orti dette crespe cappuccine etc. ; oltre i cavoli fio* ri, e forzuti. Blito bianco, e rosso, in terren grasso. log Morragine, negli orti. Bugloa ne'campi, e in ogni terreno, e sito. Borsa pastorale, la». Borsa pastori», negli orti, e ne campi grassi , e intorno le Ville, e Castelli in sito ealido. Buftalmo per lo più ne1 prati, e valli. Blatturia in ogni terreno , e sito. Bietole bianche, rosse, e nere, negli orti, bietola selvatica, in terra buona, bistorta, su le montagne de'carsi in terren grasso. Balsamina si coltiva negli orti. Balsamita, Betonica, ne' prati, e luoghi inculti, "«'ionia, fra le siepi, e siti ealidi. Caucalide, ne' campi in ogni terreno. Cauda equina, o coda di Cavallo, ovvero lat. Fquiseturn, appresso I' acque , e terren umido in valle. Centinodia, negli otti, e per le strade, Cimeli con certi fiori, come garofani, ma gialli, ed odor ingrato, si piantano negli orti, e rie'vasi per bella vista. Cimino, o Condno, su i Carsi in terra sassosa. Consolida maggiore o regale, nei prati e valli, la doppia negli orti. Calotte, negli orti. Cruciata, ne' monti e terra mediocre. Cimbalaria, ne 'muri scoperti. Capii Venere, lat. Polytriohuui, aut Gapilluui Veneris , in caverne ombrose, ed umide. Calendula, negli orti detta qui fior d'ogni mese. Camepitio, lat. Chaiuaepytis, nulli campi coltivati. Clematide di più spezie, cioè beltida prima, seconda delta anco, lat. Clciuatis peregrina areas, et Flamula Jovis , negli orti, e per le siepi. Canape, lat. Cannabis, si semina in terra grassa, e umida. Cardo santo, lat. Atratylis, et fusus Agrestis, q Cardus J IO benedietus, si semina, £ tli maggior viriti in sito caldo e solivo. Carpino, Cardo stellato. Carbina, nasce appresso le strade, e siepi, e mura di ville, e castelli. Canna , lat. Armido. Cocomero tli più spezie, lat. Caeuniis, il selvatico, e domestico ama terra grassa , ed umida. Calaminta, per lo più appresso le strade in abbondanza, ed intorno ai fòssi. Cappari, amano terra sottile nascono nelle mura, e rovine tli edificii. Cartamo, si semina negli orli. Carifiiata alpestre, nasce ne'boschi del carso. Carlina maschio, e femmina, nasce nella cima de'monti sterili. Calapiitia , è seminata negli orli dei contadini , è appunto medicina de'contadini, li quali da se stessi, non senza sconcerto dello stomaco, e pericolo della vita sogliono pigliarne per bocca tre grani, e se questi non operano sci, poi nove, per purgarsi, e ciò succede alcune volte bene, ma per il più riesce male, e spesso cagiona vomito anco del sangue, e periscono. Centaurea maggiore, o minore, nasce ne' monti , e terra sterile, e incitila e dà il fior giallo. Cerfoglio, negli orti, e ne' prati. Camedrio, in terra sterile, e buona. Camamilla selvatica, ne'campi coltivati , e la domestica negli orti. Camepitio, in campi coltivati. Celidonia, lat. Chelidonium rnaius, nasce fra le rovine degli edifìci i. Celidonia minore, appresso i fossi, e siepi ut luoghi umidi, e ombrosi. Cnndrilla, no1 rampi oppresso i fossi, e strade. □corea selvaggia, e ortense, la selvaggia in ogni terra, ma meglio nelle valli. Cicuta intorno, i Castelli, e Ville. Cinque foglie, lat. Pentaphilon, in ogni silo dì buona tèrra. Circio, sui monti, e ne' prali. Cisampellos , o Convolvulo, o Villuchio, nasce ne' campi, e vigne, e s'invoglie attorno i palli, e biade, è nemico tifila terra arida , e sterile. CIiinono, terra mediocre. Colchico, ne' prati, e luoghi umidi. Coniza, luogo umido, e appresso le strade. Coriandoli, negli orti. Croco , o Zaffarano negli orti in luogo solivo, e sassoso. Cuscuta, nasce sopra le altre piante , coinè sature includo, e simili. Ciano maggiore, e minore, ne'campi coltivati. Ciclamino, ne inonti , e luoghi sassosi , e solivi. Cinoglossa, terra arida, e soliva. Cinanco, son gli articiochì di più sorti. Ceci. Cisto femmina. Circea. Dente canino , o dente di leone, in ogni terreno inculto appresso i luoghi. Dragorizio, negli orti , così d Dragoncello, fhssaco , su gli argini de fossi appresso le siepi. Dauco silvestre. End ivia, negli orti la domestica oltre la silvestre, ^nula campana, nelle valli in terra umida, e grossa. Epitimo, ne'carsi sassosi. ^uca, o ruchetta ortense, e la silvestre in vigne, e luoghi solivi. Eringio, in luoghi inculti, e campestri per tutto. Erisimo, o Irio, nasce di sua posta negli orti. Eupatorio, per tutto in buon terreno. Eufragia, ne prati, e ne' monti. Emo. Elleboro negro ower Eleboiastro, per tutto, e il bianco ne* carsi su le montagne. Etliiapide. Fabazia, sopra sassi, e muri. Farfara, in luogo umido aquoso. Filipendula, ne' prati in buoua terra. Felce, lat. Filix inaoris in luoghi orninosi, e freddi. Fior di primavera, lo stesso sito. Finocchio , negli orti, e vigne coltivale. Fragaria, in ogni terra non troppo umida spezialmente ne' monti , e luoghi opachi. Frassinella, in sito sassoso, ed aprico. Fumaria, lat. Gapuos, et iumus terrai, negli orti, e terreni grassi. Funghi diversi, in vari luoghi, secondo le diversità delle spezie. Gallio, in luoghi umidi, e paludosi. Galega, in luogo umido appresso i fossi delle strade , lat. Ruta Capra/la Jlurc ceralo, Galiopsi, lat. llrtica Labeus, Urtlca faetida, appresso le strade , ed orti. Garofani, lat. Carjopldllusr, floridi varii colori fatti con artificio d' incalmi domestici ne' vasi, e orti , i sdvestri sono di tre sorti , amano terra arida , e soliva. Gariofillata. Ginestra, silo montuoso. Gentiana, su carsi, montagne, e luoghi alti. Gelsomini , di due sorti , cioè semplici negli orti , e di Spagna incalmati ne' vasi. Giunco , luoghi acquosi. Giglio bianco ortense, in sito aprico. Geranio , terra arida, e soliva , ed è di quattro spezie. Gladiolo, in campi e prati umidi. Gramigna , in ogni terreno. Ginepro, o Junipero. Gattaria, o erba gatta in solivo. Girasole si pianta nei giardini. Grano. Gallo. Hedera terreslre , ed arborea in luoghi inculli, ed aridi, e sopra le rovine, e fabbriche antiche. Hemerocalle, in silo montuoso, ed inculto. Hieracio , in sito alpestre. Hormino , o selarea , terren grasso, e solivo, ed uri' altra specie di ormino silvestre appresso le stiade e nei terreni non umidi inculti. •Iacinti, nei giardini e per salvarli T inverno si pongono nei vasi. Il Giacinto salvati co per tutto ne' campi. Josciatno , anco appresso le ville , e castelli in terra grassa. Ihipleuro , ne'campi coltivati, e buoni. Iperico, in terra sottile, e sito aprico. Issopo , ne' monti in terra sottile. idrolapato. Jride, lat. Jris , terra sottile, sassosa, e sito solivo. Kali, in terreno sovente bagnato dalla marina. lagrime di Job, o Litospermo, lai. milioni solis in terren mediocre, più tosto arido, che umido. Lattica hortense di più sorti, cioè crespa, capocchia'* romana. Latuca , silvestre ne' campi e orti. J-aniprana , ne'campi buoni e orti. Capato, terra umida, e orti. Lappa , terren grasso e grosso. lavanda o Lavandola, in sito solivo è caldo. L'AftcHr.oc.iiavo VoL 1V, 8 Lente cjornestica , ne1 campi seminata, silvestre in ogni terra , e silo caldo. Lencojo, cioè violari di viole bianche, rosse, rossane, gialle , e nei muri in sito solivo. Lilio oonvallio, ne' prati in valle. Limonio , ne' prati in luoghi paludosi. Linaria , terra buona , e grassa. Lino , terren grosso , grasso , e umido. Luppolo , nelle siepi in ogni sito , e terren grasso. Lisimachia , in prati umidi , e appresso l'acque. Lieti ini de , lat. Lichinis, sopra le pietre in luogo umido. Leucantha , lat. spina alta. Lingua serpentina. Latiti , lai. Lathyris. Lambrusca nelle siepi. Ligustro, nelle siepi, e ne" boschi. Lagopo. Lauro. Maggiorana, lai., sainpsaeum, e amarasius, in silo caldo, e aprico. Malva , e Malvoni di più sorti. Marrubio , sito aprico , e sassoso, Matricaria, negli orti e terreni grassi. Martagon , in alcune montagne del Carso appresso i boschi. Melunto , si semina negli orti , il silvestre detto pseudo meluntho non si vedo. Melissa, lat. Melissophyluni , od apiaslruni in ogni sito mo ntuoso. Monta rotonda , negli orli in sito aprico. Monta greca, in alcuni luoghi negli orli, in altri usano gf illirici piantarla sopra i Cimiierii allo sepolture de' cadaveri nuovamente sotterrali, cioè usano (nel 'retri-torio ili Pinguente, a Padella, ed in altri Castelli) piantarvi della lavanda maschio «letta spico Italiano, come 33 1*5 nella Villa Postuma nel Trevisano usano mettervi un cimo mbra, ne'colli magri, e gtarrosi. Tripha , nelle paludi , e aque morte. -l'hitiniali , di più sorti, cioè Sioscofilo , deudraide Cantera, e ciporisso etc., in ogni sito. Tragopogono, similmente. Trifoglio, pratense, e girgidio ancora l'acetoso, poi in silo montuoso, umido, selvoso, frigido, opaco, frinita» , sito montuoso, arido, sassoso, ed opaco. Tulipani persiani
  • i altro che olmi, e su quel «li Buie vi sono poche no_ gare. Se ben vi sono tanti boschi , non vi è però coppia di castagne, e queste poche, cjme a bercia, riescono piccole- Pomi granati in alcuni luoghi no ho osservali, e noi torri-torio di Pinguente, benché sii più tosto alpe, e sonta più freddo, tuttavia godo tal privilegio, ohe ivi sono molte piante forestiero piantato d;d virtuoso Kev.'1" D. Pietro Fle-go, come fiori di varie sorti, carobo, palme, aranci, e pistacchi, i quali fanno anco il fiotto, od osso no ha nella sua possessione tre o quattro piantati , e possono aver otto, o dieci anni, ve ne sono molti altri ohe fecero frulli dopo li sette anni, 11 che è indizio della temperie dell'aria e cosa rarissima. 11 terreno produrebbo molto cose delicate, se gli abitanti vi applicassero l'animo. Onde io l'anno icvj/j. cominciai a far delli artiehiochi-cardi, ai quali piegando il tronco li seppelliva in terra , o venivano buoni ; ma I' anno seguente essendo sul novembre fatti smisurati j.di artichiochi del mio brollo, mi risolsi farli come fanno al lido di Venezia , stringendoli insieme, e legandoli in duo, o in tre luoghi, e poi ponendogli intorno la terra più alta elio si poteva, in termine di quindici giorni vennero bianchi , o soavi, e dolci. Ad altri ponea un poco di pagliazzo di stalla, e poi terra, ed anco quésti riuscirono cosi rari, che mi convenne a molti faine parte, quali comparandoli con quelli di Venezia di gran lunga li superavano. Cosi li Sig.ri Righi appresero il modo, e cominciarono a provar il gusto e f utile e comodo. E questo è mirabile, che io cominciando da Natalo seguitai ad averne sino ad aprilo facendoli in diversi tempi, onde finiti i cardi cominciai a mangiar li artichiochi. Produce la terra finochi in tutti li luoghi , e in gran quantità, ma selvatici, pur di buon sapore. Vi è gran quantità di Acari, quali fanno fichi di mediocre bontà, e l'estate è la delizia di questi poveri andar per quelli serragli a raccoglierne e mangiarne , e se le persone di questi contorni fossero industriose ne raccoglie- ■ebbono non meri che si fa in Dalmazia , particolarmente a Lesina famosa per i fichi suoi. Ma all' incontro cpieste genti li mettono sotto li porci, e li battono dagli arbori ^Tariti (die siino maturi, ne vi vai gridarli; ed il simile fan-,,n degli altri frutti die sono in campagna, onde molli cavano li frutteri dalle loro vigne per il danno che vieti Luto in quelle nel rubbar li frutti. CAPITOLO XXX IX. De* pesci dia si trovano nelle marine d' Istria. , e altri pesci delle acque didcl, e come li primi si conciano, e si mandano fuori. Essendo la Provincia in gran parte circondata dal nia-re , e tutta sinuosa, perciò è abbondante depesci, che. quivi si ricovrano in tutti li tempi dell'anno, ma spezialmente nell' inverno. Nelle peschiere del Quieto, che a suo luogo descriveremo, se ne raccoglie maggior quantità, e questi suno la maggior parte cevoli, che presi vengano spaccati per hi schiena, e tratte le budella fuori, di questi fanno °li per le lucerne, e i cevoli col sale riposti in barili, o mastelli di legno vengono condotti a Venezia, stabilito qui per il suo prezzo lire quaranta il cento sino a lite quarantacinque. Pigliano gran quantità di pesce bianco, e in que-sto sono compresi li vaioli o brancini , che conducono b'esehi a Venezia a vendere ovvero ne fauno qui zeladia. Sotto il titolo di pesce bianco vanno l'orarle chi; gran quantità l'anno se ne pigliano, e di grosse sino libbre dodici |' una. Dei dentali grandi di libbre venti. Il signor Giacomo Rigo, mi ricordo, qui l'anno l$44> «ver in una peschiera detta Cervara in Quieto, piglia-to sette gran barche di pesce, del quale toccò più di tre* 1,1 ilio cinquei culo ducati. Viene stimato più il cevolo perchè si sala; onde già alquanti anni sono, in una mia pe- schiera il signor Bartolomuieo Musino pigliò pesce, che poteva valere eia quindici in venti mila ducati, e perciò le mie peschiere che sono nido e pascolo di cevoli, vengono stimate per più che quelle del Vescovo di Parenzo. Tutte le pesche del Quieto consistono da San Michele sino li tre marzo, poiché il pesce dal freddo sbattuto e dal mare , viene in queste a pascolare , e trattenersi. Nelle peschiere di Leme cevoli, e vaioli, ed oratle. Nelle acque su quel di Pola, cioè nel porto si pigliano li toni grandi sino a libbre cinquecento. Anco a Trieste tal anno, e qualcheduiio per tutte queste marine, li quali tutti pesci sono da i pescatori chiamali col titolo di pesce bianco , al quale si aggiungono li barboni che qui si pigliano molto grandi. Gli albori, triglie , angusigole, cara-mali, sfogli, granchi , giacoli, che sono un poco più grandi delle anguelle che anco esse sono nel numero del pesce bianco con le sardelle , e sardoni, pesci molli, e sgombri , suri, e spari, e scarpene. Si piglia anco qualche lizza grande di libbre quaranta. Passere rare nel Quieto. La seconda spezie è del pesce negro come cevoli, corbelli , ombrella > sargi, che sono li più buoni degli altri, spici, lucerne, cantare, scarpene, lupi, saìpe, sporge, tene he, bobe, menole in gran quantità ordinario, e schiave, che sono più grandi. Il pesce San Piero è tloi rari tra il negro. Cagnici, porga, lam-busso, Sicilie. Nel terzo genere sono li pesci matti, come pesce can, gatto, squaene, barozo, raze, rospo, mattarti, o tremoli, eh' è simile allo squao, e (piando lo pigliano li pescatori vivo, li trema la mano e braccio, lo scorticano, e lo mangiano; e di grandezza al più circa due libbre grosse; il suo fegato è soavissimo al gusto. Il pesco porco. Vi sono li mattani, cioè pesce mantellina , manieri, colombo, che sino di libbre trecento se no pigliano, osino di libbre mila , ed ha una coda lunga più di tre braccia la 'S •Ulta spinosa come si vede nel mio studio. Vi sono stramazzi grandi come i pesci colombi. Si piglia a lìowgno sotto il monte qualche pesce vitello, che entra in bucce di grotta, e va a mangiar l'uva, e quando sente gente caccia 'a testa tra le gambe, e tombola giù nel mare. A questo simile è il pesce vecchio marino, ma ha le zampe con cin-(|"e dita attaccate insieme. Quanto ai pesci armati si trova gran quantità di asti-Si , grancevole, e graucipori nelle grotte, onde i luoghi che anno le rive di grotte sono ricchi di questi, quali sono grandi, e buoni. Di Conchiglie la Provincia è assai sterile , credo sii d mare, sbattendo con le sue onde di continuo le rive che "ori lascia, che il latte che gettai), come le ostriche, sovra 'e pietre, si tèrmi per la generazione, e così poche ostriche Uui si ritrovano. A Capo d' Istria qualche quantità di c'appesante, e per 'arila in questi contorni ancora. Caparozoli in queste rive, ma di ri imi sapore, o stima, sol nel Quieto alcuni caparozoli teneri molto gustosi. Quanto a boccali terrestri poca quantità perchè vengono distrutti nel maggio quando escono. Li migliori sono quelli dei monti. Si pigliano nelle grotte di Leme li dattoli, che Btftnno entro alcune pietre tenere, e sono buonissimi, e sani. Quanto alli pesci delle acque dolci, essendo queste Poche, per conseguenza anco queste sono in poco numero, tacque del Quieto a Piscina producono quantità di anguille; ma sono d' acque salse. Quelle di Quieto appresso Pinguente producono delle bellissime anguille, e già se nè pigliavano da un certo Stefano Gherbaz, e Giacomo Zuesio, che ancor vivono , che Tesavano libbre otto, e mezza. Così dclli buoni gambali, e marsioni, e barbi, che pesano fino libbre due, e tre; n,i» queste 1' estale non sono troppo buoni, In tutti li laghi della Provincia si trovano delti gambali , ma spezialmente su quel di Mondano , ove i laghi vengono l'alti dalle lontane, i quali sono più buoni, e in maggior quantità. Nel Fornitone qualche trolta di buonissimo sapore, qual non eccede la (piantila di tre libbre di peso, e viene stimata quasi migliore di quelle dei bigiù di Garda, e disco-Si pigliano margotti, anguille, e gambali. CAPITOLO XL. Miniere delle Pietre, e Metalli, e delle Gagate. Sono celebri le miniere delle pietre istriane per le fabbriche fatte a Venezia da due secoli in qua , quali pietre sono bianche, assai tenere per il lavorarle, e stando all' aria e pioggie diventano più dure e belle. Le più auliche stono fossero quelle dell' Isole ili Brioni, poi quelle di Rovigno al presente mollo adoperate non solo per Venezia, ina per le fabbriche delle Chiese di Padova, e altrove. Sonovi simili vene in altri luoghi dell' Istria, e massime su quel di Pinguente , ma per la lontananza delle a-cque per condurle nei vascelli non si cavano. Quanto alla miniera delle Gagate, questa è discosta da Pinguente circa due miglia verso il Levante estivo, congiunta alla vena del Carso , dalla quale pende scoperta questa miniera per lunghezza cento passa, e l'altezza può esser circa cinquanta passa nella mezzana, perchè alle bande vien declinando fino in terra piana, ma però non vi è per tutto la Gagate, ma solo in alcune poche, e piccole vene, distese ben per lungo da un capo all'altro, ma alte, ó grosse solamente tre ower quattro dita tra le grotte, o vene de' sassi , e nel mezzo in luogo alto si vede maggior grossezza di della miniera , però non vi si può ascendere per esser la grotta diritta in alto , e iti alcuni luoghi più tosto sporta in fuori di sopra, c di sotto incavata. Insogna dunque aspettare che le grotte, o sassi si distacchino, e cadano di sua posta, e così cadano anco le Gagate che s(anno fra quelli , e spesso ne cade come si vede, e perciò questo luogo è chiamato col vocabolo slavo Kespalizaa, c,'e significa un luogo dove qualche cosa si distacca, e c*d« da sua posta. Ve n'è ben dal lato siidstro in una caverna a basso Maggior quantità, e più grossa, dove si può cavare, e a-«esso chi la raccogliesse quella che si vede in terra, ne tro. *etebbe circa libbre cinquanta , poiché si disfà quando sta ,v' troppo all'aria, al sole, e alla pioggia. Di questa pietra Gagate ne parla il Mattinoli al lib. X. ^ap. io3., e dissi; che si ritrova. E' nera come bitume , e n' ha l'odore simile. Se ne fa olio molto medicinale del (piale soni) stalo favorito dal Uev.'1" 1). Pietro Elego più volti;, e serve mirabilmente a molte infermità. Nella strada maggiore che va sul Carso di Pin<ìuentc (Iti o appunto «piando si arriva in cima alle grotte, alcune pietre piccoli ne durissime, che han sembiante; di metallo, si ritrovilo, delle quali si servono quegli abitanti in vece di pai* n,,i per amazzar gli uccelli. Queste sono le pietre margherite Riamate dal Mattinoli Pirite, e dice che dove si trovano Queste vi è la minerà dell' oro , e dell' argento. Sono di varii colori , ma partecipano di sostanza metallica , e ferrea. Se ne ritrovano anco un miglio sovra lloz-*0 m contrada Chevius, grandi come palle di moschetto, e quivi da poco in qua si è scoperta una fonte limpidissima, ehe la chiamano acqua aurea , e in slavo slatnizza. Sovra con ducati 20 al mese. Podestà a Pirano sta mesi 16 con ducati 12 al mese. Podestà a Omago sta mesi 16 con ducati i5 al mese. Podestà a Cittanuova sta mesi 16 con ducati 15 al mese. Podestà a Grtsignana sta mesi 16 con ducati 8 al mese. Podestà a Di guano sta mesi 16 con ducati 10 al mese. Podestà a Valle sta mesi 16 con ducati i3 al mese. Podestà a Parenzo sta mesi 16 con ducati 12 al mese. Podestà a Rovigno sta mesi 16 con ducati 12 al mese. Conte a Pola sta mesi io' con ducati 21 al mese. Podestà in Albona, e Fianona sta mesi 3a con ducati 18 al mese. Capitano a Raspo sta mesi 32 con ducati i5 al mese. Podestà a Montona Sta mesi 32 con ducati 10 al mese. Podestà a Buje sta mesi 3a con ducati 10 al mese. Podestà a Portole sta mesi 32 con ducati 10 al mese. Podestà a S. Lorenzo sta mesi 3z con ducati 12 al mese-Provveditor dell'Istria sta mesi 24 con ducati too al mese. Questi salarti dei Sig.ri Rettori sono moneta di sazo > cioè li scudi d'argento, die al presente vagirono 1. 9. 6'., li scodono in zecca di Venezia a I. 7. 10., e così crescono ad utile del rappresentante. Ricevono dalle Comunità alcuni stipendi con regalie di molta considerazione, oltre la giudicatura, ohe da le sue sportule, così al rettore come al cancelliere. Le condanne sono della Comunità, ma gli aggiunti sono della signoria di Venezia , quali importano assaissimo. Li Rettori dei luoghi hanno dalli beccali le lingue degli animali bovini, che amazzano nella beccarla. In alcuni luoghi hanno tante che ogni gabbato , come a Rovigno , e in alcuni altri luoghi 1' hanno a più buon mercato. Le >4i condotte dello loi o robhe gratis dalla marina allo terre, carreggi , ed altro di loro utile. CAPITOLO IV. Particola»- governo d'ogni terra, loro giurisdizioni, e statuti municipali. Il governo particolare d' ogni terra dipende dal Consilio , che por il consueto è dogli abitanti vecchi dei luoghi» quanti sono per casa. In alcune terre è misto di citta* «Hli, e plebei, e de'nuovi abitanti aurora, in altri di al-cune case do' quali, so bone sono contadini e poveri mercenari! , riposte le loro arti, vanno in consiglio. Il resto chiamano del popolo a quali danno carichi per i quali sono in consiglio. Vieri il consiglio citato dal lettore del luogo, pubblico rappresentante, gentiluomo veneto, ed alla sua presenza Sì eleggono li loro officiali , che sono per lo più due giudici, un fon tega ro del frumento, e un altro della farina, li giustizieri e un segrestano, ove le sagrist'ie hanno dell' entrata. Questi hanno i loro salari, li giudici possono dimandar il consiglio , od il rettore è tenuto a convocarlo. Usano elegger altri officiali, così a Capo d'Istria due vicedomini , così chiamati perchè rappresentano lo veci del rappresentante, ch'è lo stesso principe, quali assistono a tutti gli atti notariali. I contratti, testamenti, e simili, che nella città si celebrano da notari con testimoni vengono assiditi per legge statuaria da uno di questi vicedomini, oltre tntte 1' altre solennità che più esattamente sogliono contenere li contratti suddetti. Sogliono durar tutti questi carichi un anno. Li giudici sonno quelli che accompagnano il rettore, e sedono essi ancor a giudicar insieme le cause, e ciò quasi in tutti ì 1*1 luoghi, come chiaro si leggo nello statuto di Città nuova ? e vi era pena di un grossetto (piando non sedevano , eccetto in cause di parenti. Il simile a fiuje , anzi eran presenti alli atti di tortura; cpial uso è stato dimesso con grandissimo danno dello terre, e solo si conserva in alcun luogo, come nel caste! di Valle. A Montona li giudici ed agenti decidevano il civile ed il criminale a voli con il rettore. Sol oggi conservano questa prerogativa, che nelle difficoltà tra il rettore, e chi paga il censo dello pode-starie, vien giudicato dai tre giudici e tre agenti senza appellazione. In alcuni luoghi eleggono il cancellieri; pretorio, come in Albona , Rovigno, Vallo. Nelle terre e villo ancora dal popolo vien elotto il zuppano, e pozuppi, ed altri officiali, quali giudicano sino a dieci lire, chi meno, chi solo le cause dei danni dati, e altro. SedonO due giorni alla settimana sotto la loro loggia , e spediscono i litiganti cosi popolarmente. Cadauna terra ha la sua leggo per la giudicatura , e vi stanno due gran ceppi per riponorvi li malfattori; così un ferro per porlo al collo, come per berlina, essendo che già giudicavano il civile , e il criminale. Quando ballottano usano sovra un legno far un taglio, ed alla fine numerando i tagli pronunciano l'eletto. Il simile noli' eleggere i loro pievani, e cappellani, nominando ognuno chi vuole per la carica. L' islesso modo di lare un taglio sovra un bastone, è quando scodono le praude, quali si pagano d'ogni casa, come a Mondano, ed ivi nello istes-so bastone , hannovi tutti annotati i debitori , e li trovano con gran facilità, e pagato che anno, li fanno il suo taglio. Ot-ni città e terra ha il suo libro delli statuti scritto in pergamena, con statuti municipali diversi in un luogo dall' altro ; qual libro si conserva nella cancelleria del luogo, e si porta nell'audience in occasione de'litigi, e con- lrovcrsie, al qual aggiungono le nuove leggi, che vengono «a loro stessi col consenso del rappresentante fatte. In alcuni ■nogltij come a Pirano, l'hanno fatto stampare con il be-"cplaeito del principe. CAPITOLO V. Entrate di ciaschcdun luogo , c dispense. T X utte le comunità delle tene, e castelli hanno par-Scolari entrate che consistono in peschiere, in ncque, in valli, palludi , saline, boschi, prati, dazi del vino, delle accuse, torchi, censi, poste d'animali, tesladeghi che Godono dai contadini, ed altre molte cose, che il povero paga ad esse comunità, che molti si chiamano col titolo W podestarie, e di regalie. Da questi sono liberi li zuppimi , e pozuppi, ed a JVlontona sono esenti lo vedove , e altre donne, ed il capo di famiglia maschio sino all'età d' anni 18. Con queste , prima si da il salario alli rettori, le contribuzioni al principe, poi li salari alli officiali ; pagano li censi, li maestri delle scuole , il cavalier del rettore, medici, e chirurgici ov'è V uso di condurre, si spendo-110 in far giostre , e balli, che poco colano nelle mani de' ministri maggiori. Il resto vien mangiato da chi le gover-Uli, quando non hanno termine d'uomo da beni1, ne af-b-ltt> alla patria. CAPITOLO VI. Milizia della Provincia, c sue qualità, 1 ja milizia della provincia consiste in alcuni bombardieri , alcuni pochi cavalli di Pinguente, e mille cemide Ile'qua|j è il nervo della milizia, e queste sono di persone P-ebee, e contadini , cos'i delle terre come delle ville, e possono essere al numero ili quattro mille in circa. Sono governate da sei capitani , e tolgono il nome dal luogo » ove risiedono, e fanno li loro soldati. E sono , il capitano di Capo d'Istria che può aver soldati 5oo; il capitano di Pinguente soldati 700; quel di Buje 600; quel di Monto-na 800; quello di Dignano 1000; e quello di Alhona 4oo. - Vengono eletti li soldati dalli anni 18 sino alli 36* dal Sig.r Podestà, e Capitano di Capo d'Istria, e servono i4 anni e poi vengono licenziati, e come l'eleggere, cosi il licenziare o dispensar dai rolli sta in esso Sig.J Podestà: vi è il suo collaterale, che tiene il registro dei nomi, e cognomi, ed ha il suo stipendio. Li sei capitani durano cinque anni, e sono eletti dagli eccellentissimi Savii di terra ferma in Venezia, alli quali comanda un generale, che per V istesso tempo dura nella carica, ed ha un buon stipendio , essendo gentiluomo forestiere il più delle volte. Questo elegge il sergente maggiore con ducati 80 di stipendio ; e ogni capitano può aver ducati tao e più all'anno di salario, qual tirano una parte dalla camera di Capo d' Istria, e l'altra da quella di Pinguente. Sotto li sei capitani, sono li capi di cento, hanno un non so che di piccolo salario. Esercitano a suoi tempi li sei capitani li loro soldati , ammaestrandoli, e facendoli trar di moschetto, arma datali dal principe quando sono eletti. Queste cernide si tengono nella provincia per sua difesa, tuttavia nell'occasione della guerra di Polesine l'anno i643 ne furono levate 5oo con molto incomodo della provincia, la quale è poverissima di abitanti, e ritornarono presto. Questo anno i645 con maggior difficoltà uè hanno levati altrettanti per Dalmazia travagliata dall' arme Turchesche; rna quanto a queste cernide, benché siino buone genti, poco atte vengono stimate alla guerra, per non esser molto disciplinate, e per esser genti poltrone, specialmente che scemata dì abitatori la provincia eleggono ognuno a questa carica. Quanto alli bombardieri , in Capodistria ne sono cento col loro capo, alcuni pochi a Pirano, ed a Pinguente, ed a Pola. A Pinguente vi è una compagnia di cavalli di quaranta incirca. A Pola tengono nella fortezza una compagnia di soldati ) ma di poco numero. Prendono li capitani le munizioni di guerra a Capo d' Istria , colà trasmesso da Venezia. Si enumerò I anno 1649 tutta la gente , eh' erano nelli luoghi soggetti alla serenissima repubblica, così uomini , come donne , e fanciulli , ed erano 4g'òo2 ; de' quali dai «5 anni alli 60 furono trovati i35»4; ma ora è assai scemato questo numero per la penuria degli anni 1651 e i6T)2 ed infermità occorse. Il danaro che si paga a questi capitato , od officiali è tutto della provincia conforme le contribuzioni delle terre, dazi, etl altre, onde non è il pubblico punto aggravato, CAPITOLO VII. lìobhe d'i cui d fa esito net/a provincia t quello vien introdotto. Cjonsiste il traffico di questi abitanti e Io robbe cm escono fuori, di salo, olio , vini , moscato, ribolle, ace-tl, pesce fresco, biave da cavallo, od al presente il nego-/lu delle legne per Venezia è il maggiore, che però a 4uesto molto si applicano , lasciando per tagliar legne dì coltivar i propri terreni. Di continuo si portano pietre vi-Ve per le fabbriche di Venezia, Anticamente nella proviti-p'* vi era tutto il negozio dclli grani dell' Ungaria per L'Auc.Hr.oGR.wo l''a fico. Il secondo benefizio concesso dalla temperie dell'aria proporzionata agli oli vari, è la copiosa raccolta dell'olio, °be quasi per tutti i luoghi dell Istria si raccoglie, onde, leva agli abitatori il cercarlo altrove con spesa, e rende un singolarissimo utile Li vendita che di quésto fanno trasmettendolo nel Friuli, ed altri luoghi dello stato Veneto , ed anco in parti straniere. Il terzo favore del cielo è la pescagione che gode la parte litorale e marittima della provincia , la quale è la maggiore. Questa dà tre utili , uno che le povere genti si Sostentano in questa , ed alimentano le loro famiglie di continuo pescando , e portando il pesce a Venezia e negli altri luoghi. L'altro che le persone ci vili ne fanno qual. che negozio di considerazione, per le peschiere ch'essi tolgono ad affitto, Il terzo utile è che per pochissimo prezzo hanno il pesce in tutti li tempi dell'anno, la qual agevolezza in terra ferma sarebbe una grandissima cosa, la dove mollo caro costa il pesce, anzi a Città nuova chi leva {' affittante della pesca della comunità ha obbligo dar il pesce per la città a due soldi la lira dalli tre di marzo sino alla fin di Quadragesima, qual obbligo vien corrotto dal rettore, togliendone una mancia dalli conduttori. Il quarto utile è la quantità del vino , che per tutti li luoghi con grandissima utilità si raccoglie, dal qual per la rarità si cava un grandissimo danaro, e vien stimata la più sicura entrata dell' abitante dopo le saline, se berte il coltivar le vili viene di molta spesa ove sono poche persone , e nelli luoghi montivi. Di questo vino ne va sino 1/fR in Germania ed altrove, con utile ilei privato, e dell' ist<*** so principe, e vieti sminuita la spesa, perchè li stessi abitanti coltivano le loro vigne, e quest'utile sarebbe maggiore, quando quei che il raccolgono ne bevessero meno. Il quinto utile sarebbero le biave co' frementi de'quali abbonda specialmente la parte l'olesana , quando l'uscita non lo togliesse. Lascio 1 abbondanza della carne, cosi di buovi, come di capretti, ed agnelli e porci, ma la cacciagione col diletto porta utile considerabile a cadauno. A tutti questi utili si aggiunge il maggiore , eh' è la poca occasione di spendere, E prima sono esenti dai dazi che abbiamo in terra ferma, e levalo il dazio del vino, e dell'olio, e dell'e-straerlo, non sentono molto aggravio. Si aggiunge il privilegio comune «li vivete con libertà , vestono modestamente, ed il vivere è di poca spesa, essendo buon mercato delle cose cibarie. Non tengono carezze nè eavalli di maneggio, non stalle, non paggi, nè servitù oziosa , ma cadauno è intento in accrescer le sue entrate, e pattar la vita piuttosto con qualche ozio, restando nelle loro terre non avidi della gloria , ed ambizione Straniera. Non tengono addobbi nelle case loro, e da poco tempo in qua da alcuni pocid è introdotto il corame d'oro. Non godono di biancherie di sonili, e cose simili di sontuosità e spesa notabile a quei dei nostri paesi. Avendo tutte le terre entrate pubbliche, e queste governandole, ne ricevono utili, e comodi, che molle volte per il mal governo tornano in pregiudicio notabile ; ma è singolarissimo l'utile dei publici fonteghi del frumento per i poveri i quali con questi vengono sostentati, riè possono ridursi nè a penuria , nè a pagar estremamente i grani; da questi anco le persone civili ne traono grandissimo comodo per li salari , e per servirsene anco loro stessi in dar ,r> Fonlego li loro grani, e ritraerli occorrendo, oltre il «ervirsi dell istesso danaro. CAPITOLO IX. Incomodi , e povertà dell' Istria. .Incomodi sono molti, tra quali l'esser la provincia montuosa e con poche genti, è il maggiore, poiché prima vien meno coltivata , secondo vengono genti straniere ad aiutarli a coglier i grani , e le olive , e si fanno ben pagare, e portano via il danaro. Su quel di Pinguente , <;b è terreno così proporzionato per frumenti, al presente non vi è alcuno che abbi più di cinquanta campi da seminare, e non raccoglie più di ottanta stara di formento, con le biave al più 200 stara , nè alcuno può cavar dalli suoi possessi, entrate che arrivino a ducali 5oo ; però computato le spese , e fatiche , vien a gran pena ad avanzarla metà; onde in ([insto proposito disse ben Plinio che pauportas digit ad llistros, che perciò molti elevati ingegni non possono esser mantenuti nclli studi, e restano depressi per la povertà, la qual non deriva total* nu'ute dalla sterilita del paese, che per se stesso è assai fertile, ina deriva dal poco esito, o spazzo dell'entrate, Particolarmente adesso per li tanti dazi che sono sulIi passi degli arciducali , onde se vi è abbondanza , convien goderla loro soli, e per (posto non trovandosi danaro pelle sue entrate, i contadini non si curano di faticarsi troppo Neil' agricoltura , e meno circa gli altri frutti di minor importanza , e perciò restano poveri ed oziosi , ma buoni Compagni , perchè sono liberali di quello non possono vendere. Ui più deriva tal povertà dalli governi , ed aggravi pubblici. E questo da continuo grandemente da pensine iDl serenissima repubblica Veneta, e le porge sommo tra-Vj«ho, non sapendo come ostale agli urgenti bisogni di i Se-questa provincia , ed alla sua periclitante fortuna. Non entrerò in questo pelago, ma rimetto il huou politico a leggere le parti fatte dagli illustrissimi provveditori generali , mandati sovente dal Senato, come merlici a provvedere all' infermità dell'Istria, e tra questi le terminazioni del Sig.r Francesco Friuli, e del Sig.r Zuanne Pasqualigo, della qual come più notabile delle altre riferirò il suo principio. Selle invenzioni con diaboliche esecuzioni, oltre altre infinite, che sono state ritrovate così nelli maneggi de'fon re* ghi, comunità, e scuole, come di fabbriche di chiese, e fra-terne , ospitali, ed altri luoghi pii di questa provincia, le quali siccome li sette peccati mortali, principalmente afri" mazzano le anime de'fedeli, e le riducono all'eterna dati-nazione , così queste, oltre l'esterminio , che causano dei detti luoghi, privano dei propri beni, li mali avventuriti popoli , e li necessitano a partirsi con 1' all'etto , con la persona , e con la famiglia , e disperati , maledicendo chi n' è la cagione, andar ad abitar in aliene giurisdizioni, che poi, a guisa de rinegati apportano a questi conlini per ordinario infiniti travagliosi accidenti. Aggiungo, che per questa provincia fu introdótto in "Venezia l'offizio dei Signori sopra i beni incolti per accrescer gli abitanti dando beni da lavorare, e molte esenzioni a quei, che qui vengono; tutto zelo della serenissima pietà Veneta , che brama accrescere il bene, e f utile a suoi sudditi. Ma concluderò dicendo, che la povertà della provincia nasce perchè tutta la parte montuosa, eh'è la maggiore, non fa grani se non per la metà dell' anno, onde li poveri contadini s'indebitano, e vendono i loro beni avanti , restando il più delle volte senza pane e vino , e così niiiojono talora in miseria , senza poter aver da alimentarsi. i5i CAPITOLO X. Quando, e da chi fosse introdotta la fede cristiana mila provincia. Dopo che S. Pietro l'anno 38 di Cristo ebbe fondata la chiesa d'Antiochia, come principe e pastore universale lasciato da Cristo in terra, camminò alquanti anni per le provincie dell' oriente , spargendo in quelle il seme del verbo «li Dio, ed in particolare fece progressi nel Ponte, nella Galazia, india Capadocia, Asia, e Bitinia; di poi se ne venne a Roma 1' anno 44 i ed avendo quivi posta ^a sede pontificale della Chiesa, rivolse l'occhio alle provincie occidentali, alle quali non era stato predicalo il santo Evangelio. Creò alcuni vescovi , e li inviò a queste, rome S. Appolinare a Ravenna, a Padova, Treviso, Vicenza, S. Prosdocituo , e ad Aquileja S. Marco a predicar la parola di Dio, che preso seco Frinagora lo sostituì suo successore, e vescovo di Aquileja, e lo fece confermare da San Pietro andato a Roma. Or dunque questi due non solo penso lusserò gli Apostoli d' Aquileja, e del Friuli, ma anco dell' Istria, dove S. Ennagoni mandò i suoi discepoli a predicare, ove li animi più semplici convettiva alla santa fede, più fàcili a lasciar V idolatria , e ne ebbe così ferme radici questa ne' popoli istriani , che non solo leggiamo, che gli uomini alle persecuzioni contro cristiani fatte dagl'imperatori opposero intrepidamente il martirio , come San Giusto sotto Manazio, S. Servolo sotto Juriilio presidente, SS. Pelagio e Massimo sotto Decio, ina anco per l'amor di Cristo le verginelle sacrificarono le loro vite, come si legge di S. Giustina da Trieste sotto Fabricio per comandamento di Decio , e Massimiano l'anno a54, « di Eufemia, e Tecla pur dell' istessa città di Trieste ai 17 di novembre i56 i ;,2 Sotto Valeriano e Gallieno , ue'quali tempi anco nell' Istria incrudelirono i severi decreti di questi persecutori, e ne tu molla strage di cristiani , per i meriti de'quali tanto più I avanzarono gli altri in seguir la fede e la religione cattolica. Ma qual fosse il primo vescovo dell' Istria , sin ora non l'ho potuto ritrovare ; solo il Candido nei fasti d' Aquileja disse che S. Ennagoni primo patriarca d'Aquileja j ordinò in Trieste e altri luoghi, vescovi e diaconi, sagrò vescovo di Pavia Siro d' Aquileja; ma non discende ad alcun luogo di questa provincia, onde resta valido quanto vien tenuto, che S. Massimo vescovo di Cittanuova martirizzato sotto Dccio Imperatore fosse de' primi vescovi dell Istria, e Cittanuova primo vescovato , e non Pedena instituila da Costantino Magno per 1' occasione del corpo di S. Niceforo vescovo di Sebenieo, come a suo luogo si dirà, essendo stato prima Decio Imperatore e la sua persecuzione nei cristiani, che Costantino Magno difensore e propagatore della nostra religione. Crebbe Sempre la religione in questa provincia, onde si vede come le comunità Sono divise in sei chiese episcopali, e tanti li santi tempi, e benefici ecclesiastici, onde non solo le terre sono con bellissime chiese, ma le campagne istesse abbondano di queste frutto della divozione de'po-poli, che all'ora dovean essere più numerosi, poiché io nella mia diocesi", che a gran pena ha anime cinquemila, ini ritrovo aver cinese indie terre ... ed in campagna . . . . Argomento della religione di questi popoli sono auro le molte reliquie e corpi santi , che qui si conservano oltre alcune spine della corona salatissima del nostro redentore, e del preziosissimo legno della santa Croce. Hanno li corpi di S. Giulio, S, Ulderico, S. Servolo, B. Ap-polinare, Lazaro, e beate Giustina, Eufemia e Tecla martiri I Trieste , S. Alessandro, S. Nazario, S. Elio confes- sore in Capodistria. In Cittanova il corpo di S. Pelagio, essendo stato portato via quel di S. Massimo. In Pirano quel m S. Massindliano vescovo e martire. In Umago S. Nicefo-ro vescovo di Pedena , e Massimiliano martire suo Diacono. In Parenzo S. Mauro, S. Giuliano, e Demetrio, e Propeso, e Accolito, S. Eufemia a Kovigno. A Montona San Huffo , e finalmente a Pola il 11. Fiore vescovo di Citta-nova , e il B. Tron. Al presente li contadini , e gente bassa sono mediocremente divoti. Ogni villa, anzi ogni altare ha una confraternità, i frutti della (piale mangiano, e bevono, congregandosi molte volte insieme in alcuni giorni , e quando fanno il nuovo Castaldo, e quando lavorano i campi, e le vigne della scuola , ed in altri tempi a mangiare, e bevere , e non se li può provvedere dai vescovi , perchè il principe ha tolto in protezione le dette scuole , e sono governate dai rettori. 1 più civili sono mediocremente divoti, e il simile delle donne; vivendo nello stalo dell'innocenza doverebbe esser in loro maggiore, ma è opinione universale che questi popoli temano più far contro il loro principe, o podestà, che contro Dio. CAPITOLO XI. Chiese, Abbazie, benefici, e loro rendite. ISfon è maggior segno della religione degli antichi istriani, che veder moltiplicati li tempi ad onor di Dio, •uà quanto alle entrate riconoscono li vescovadi le loro rendite dalli imperatori, e dalli patriarchi di Aquileja, ch'erano dell' Istria patroni. Sono dunque prima sei vescovati. Trieste, e Parcu/.n '•anno circa tremila ducati, sottratte le pubbliche gravezze, Pola verso li mille e cinquecento, Cittanova, e Pedena circa •nille, e Capodistria di sotto di qualche centinajo. Ma que- sti giù tempo avevano maggior richezza, mancati con li abitanti I' ossequia a loro , furono occupati i loro beni, e specialmente i fendi usurpati dalli stranieri. Vi sono su quel di Pola tre Abbazie, una di S. Michele , che al tempo del -vescovo Manilio , rendeva di affittanza ducali cento, ma ora si assai sminuita, l'altra di S. Giovanni della religione di Malta, la terza di S. Maria di Canedo di ragione della serenìssima signoria di Venezia. In quello di Montona nella diocesi Parentina vi sono f Abbazie di S. Dionisio, di S. Geltruda, e Petronilla , ma applicale alla mensa episcopale di Parenzo , col convento di S. Elisabetta, ch'era già dei padri di S. Paolo primo Eremita, the in questa provincia aveano vari luoghi, e ora solo godono il monastero di S. Pietro in selve. CAPITOLO XII. Incursioni fatte nelV Istria per le quali « stala piti volte distrutta, X.ja prima incursi >ne dì genti straniere nella provincia fu quella al tempo di Teutana sua signora della quale, come di essa Regina , non abbiamo notiate maggiori. La seconda incursione fu quando adirati li romani dai latrocini di questi, la soggiogarono circa gl'anni 5^6, secondo li fasti del Golzio. Acquistò assai l'esser venuta insito potere, e crebbe al pari delle altre provincie in negozi, ricchezze, ed aumento di popolo; ciò fu 1'anno 176, avanti la venuta di Cristo , secondo il computo che Cristo sia nato l'anno di Roma 752. La terza incursione fu 1' anno 208, che Massimino passò da Germania per rovinar Aquileja, e saccheggiò 1' Istria, onde la provincia avea goduto buona paco sotto romani anni. Voglio peto credere che quello non facesse quella rovina, che successe sotto Attila. 1 JD La quarta incursione, anzi desolazione dell'Istria lu anno di Cristo 45o , quando ie Attila flagello di Dio con 'nnunierabile gente venne a distruggere A.pdleja , e si diffuse come un folgore per tulli quei luoghi , e tutta l' Ita-'•■« Valentiniano se gii oppose a vietargli il passo, e ne successero sanguinose battaglie, ma esso entrò nell'Illirico, scorso la Dalmazia e l'Istria , e post? 1' assedio ad Aquileja , che dopo qualche tempo ebbe e rovinò, scórrendo poi tutta l'Italia. Ritornò in patria fanno 45*, e morì ranno 454. Enrico re dei Bavari afflisse 1' Istria , e sotto Capo d' Istria in due conflitti vinse li Pannoni , che arsero Citta-nova , eli costrinse abbandonar questi luoghi, e ritornai fri Pannonia. Fu occupata da Ottoearo re dt Boemia, ma Federico II, scacciò Lodovico, e tornò Aquileja a Yoloherio patriarca d' Aquileja , e così Rodollo imperatore costrinse Ottoearo a lasciar li luoghi dell' Istria occupati, di ragione della chiesa d' Aquileja. ia8o e 1290. Guerre dei Veneziani nella provincia per due anni, essendo ribellate alcune Città Botto Giovanni Dandolo Doge, essendo il patriarca unito con li Conti di Gorizia per difender il suo stato. Il Ramusio de bello Co-» staiitiuopolitano riferisce la ribellione di Trieste, di Muja , e degli altri lunghi marittimi sino alla Liburnia all' anno 1 uoa , che con li cavalieri crocesignalì, che andavano al Santo Sepólcro, il Doge Dandolo con l'armata accostatosi a questi luoghi, li fece ritornar all'obbedienza. 13-79. Ije b'ucrre de'Genovesi con li Veneziani àlllfissero l'Istria, poiché li Genovesi s'impadronirono di tutta la provincia , e saccheggiarono le città e terre, levando in-sino li Corpi Santi; e queste durarono sino all'anno i38i, e più. 1.J80. Sotto la condotta di llonioibey capitano di Ma- j56* homet IL, seguì la rotta de'Veneziani al Lisonzo, ed andò sotto le barbare scorrerie il Friuli e l'Istria, del che leggansi l'istorie Venete. 11 Sansovino pone questo fatto l'anno >477 > sotto il Doge Andrea Vendramino, eli nostri furono rotti con la morte del Conte Girolamo Novelli. Fu dichiarato il Conte Carlo da Montone capitano di Guerra, ci fu provveduto alla bastia di Gradisca, onde avendo l'anno seguente spinto il Turco gran cavalleria, il Capitano Carlo stando saldo negli alloggiamenti, li tenne in maniera a bada, che si partirono senza far cosa alcuna. 1499. Nel mese di Ottobre ad instanza del Duca di Milano Ludovico Sforza, Sultan Baiasette Re de' Turchi mandò Schender Bassa con diecimilla cavalli a scorrer il Friuli, e vi venne ammalato. Passò a sguazzo la grossa fiu> mana del Lisonzo, e Tagliamento, e venne come un folgore all'improviso sino appresso Treviso. Fece molti prigioni, che alla riva del Tagliamento fece decapitare. L' Istria patì l'istesso infortunio l'anno i5o9 e i5ii, e corse varie calamità , poiché avendo tutti li principi cristiani fatto lega per distruggere li Veneziani a Cambiai, avendo questi preso Trieste 1Ò07 , di là due anni fu riacquistato dal Duca di Francfort per nome dell'imperatore, il qual mandò anco Cristoforo Frangipani con 5oo cavalli ed altrettanti pedoni in varie parti della provincia, a guastar tutto il paese di qua dal Quieto , prese per forza Duino, Castelnovo, e Raspo, che poi fu ricuperato dal Trevisano provveditor ve* lieto. Il Frangipani andò sotto Dignano, ed ora in questo questo luogo , ora in quest' altro, in breve tempo, restò il paese desolato cosi da nemici, come da proprii soldati. 1.570 e ID71. Qualche l'usta dei Turchi corse in questi liti, come vedo dal libro del comun di S. Lorenzo in Dalla mia Contea, ed ivi arsero molte case, e feceio gran danni. CAPITOLO XIII. l„,;,r ione degli Arciducali, ed Uscocld l'anno 1616. ]N"on Ji barbari soli, ma forse più crudelmente li Uscocbi , e gli Arciducali afflissero questa povera Provincia , perchè l'anno 1616, per le continue infestazioni degli Uscocbi, essendo necessitati li signori Veneziani rimediar con 1' armi la loro fierezza , successe che li Uscocht 'miti con Benvenuto Palazzi possessore del Castel di S. Servolo , e Capo della gente Triestina cominciarono nella ter-•a venete a rubbare e portar li bottini nella Valle dì fodgaria , ov'era il ricetto loro. E di là poco congiunti con Volfango Conte di Tersalo, e eerta cavalleria di Croazia corsero tutta 1' Istria mettendo ogni cosa a ferro , e fuoco , e depredandole svaligiando tutto il paese. Restarono delle prime abbrugglate le Ville d'Ospo, Gabro-vizza, Besoizza, e Lonche, e in quella, ch'era ben abitata spogliarono le chiese , guastarono le immagini de* Santi, gettarono a terra il Santissimo Sacramento per a-sportare la custodia d argento , così scrive Monsignor Mi-"uccio MimiCCÌ arcivescovo di Zara, nell' istoria degli Usco-°bi. Fecero l'istesso nella terra di Marcenigla , e nelli territori W Rai buia, e S. Vincenti, ed abbruggiarono Salise, Gritnal-"«} Rosariolo, Figarolo, Rachitovich, Valmorosa, Graziseli,!, Socerga , Sdregna , e Raruto , e le ville del territorio di tignano, e molte di quelle tli Rovigno. Tentarono il Castello di Oraglieli, e quello di Colmo, e furono ributtati. E poi in maggior numero assalirono due Castelli , e da (|Uesto luoo'o scacciati, arsero tutte le ville vicine, durando questa incursione dodici giorni, sin che le genti dei Venerarti si unirono per resistervi ; e fu tale questa devastaaio-he3 che superò quelle degf infedeli, e pur erano arciducali, e dell» stessi si può dir contorni. CAPITOLO XIV. Degli antichi patroni ddi Istria di Tea-tana, loro signora, Epulo re, dominio lunghissimo de' Romani, come vivesse unita alle Isole venete, e terra di Grado, e onorata col titolo di marchesato, passasse alla Giurisdizione dclli Patriarchi d' Aquileja , e finalmente al dominio Veneto. Il più antico patrone mentovato nelle istorie non trovo essere stato die Teutana regina, che con il 1 itolo «li signora dell' Istria vien chiamata nel tempo che li barbari Scòrsero questi luoghi avanti il dominio de' Romani , e chi sa non sia quella stata sepolta a Montona , ove vive l'opinione aversi nel fabbricar la chiesa trovato un antico sepolcro di una regina. Quando fù assalita dai consoli l\oinani era governala dal re Epulone, che perduta la città si uccise come narra T. Livio , ed abbiamo riferito di sopra. Venuta nella potestà della repubblica romana fu fatta loro Colonia per nobilitarla , e tenerla in buona fede loro. Crebbe in molto credilo, e grandezza, come ne fan testimonianze le reliquie dell' antichità, che ancor si vedono , v. specialmente a Pola. Stette sempre sotto i Romani sino al declinar di quell' Impero. Dopo i romani come 1' Istria fosse governata ower si Sostenesse, con vien nell' antichità andare scorrendo gli autori più classici, non avendo particolari che abbino della nostra provincia scritto. Nella declinazione dell' imperio, declinò anco lo spen-dore di questo angolo dell' Italia. Trovo che nel 081 sitilo S. Dainaso Papa , regnando l eodosio imperatore fu fatto un concilio in Aquileja, ed lv' hi il vescovo di Emonia Massimo, per il clic si comprende non solo la provincia avea fermate buonissime ra-"-WÌ nella cristiana religione, ma aver avuto i propri vescovi, 1,1 a quali unico è questo della mia chiesa. Andò sotto sopra all'incursione de' barbari , tra quali 1 Coti nel 4o9., che vennero dalla Scandinavia in Italia sotto Ilario, e Uadagaisso ; li popoli spaventati corsero all' •sole del mare più paludose per esser sicuri, come li Padovani frequentarono Rialto, lasciata la loro patria. Gli altri del Friuli si ricovrarono verso Grado, e cosi anco degl' istriani convien credere. Questi vivevano in tal tempo sotto gl'imperatori, i quali si erano ritirati ad abitar in Ravenna, così fece Onorio, al quale 4*5 « d'Occidente, successe Valeutiniano l'anno 42'J> qual elesse parimente Ravenna non solo 1' anno della sua creazione ma aneoia questi altri seguenti, .{'.so', 27, 28, 29, óo , , 44, 48, e 44y. Venne Attila I' anno 4*>° j nel 4'>2i distrusse Aquileja, e l'Istria andò sotto l'incursione sue. Fu ammaliato l' anno 4'a a Yalentiniano , e seguì uno strano miscuglio d* imperatori sino al totale esterminio dell'impero occidentale. In tanto 1' Istria pas«ù sotto gl'imperatori greci, e crearono il tribuno col consenso del comune, e quei che pretendevano dignità maggiore, ambulabat cura Imperimi!, ed essendo ijito Ippalo veniva preposto alli tribuni, ed è belassimo questo passo cavato da certa esamina fatta in Istria dai commissari di Carlo Magno l'anno 904, che qui ad ,l'gistro , come la produce il Sansovino Ab antiquo tempore cium fuimus sub potestate granco-rnm Imperli, habuerunt parentcs nostri consuetudinein ha-bendi Tribunatos Domesticos seri Vicarios, noe non lociser vatores, et per ipsos honores ambulabant ad comunionem, et sedebant in consenso unuusqnisque prò suo honore. Et qui Volebat miliorem honorem habere de Tribuno , ambulabat 16o ad Imperiuni quod illuni ordinabat Hippatum , Tunc ilio qui erat imperialis Hippalus in omni loco secundum illuni Ma-gistratuin militimi procedebat. E più di sotto, Grecorum tempore omnis Tribunus habebat scyphatos, et amplius. Variarono poi ambi essi nel governo, come variò lo stato d' Italia , e dei suoi patroni. L' anno 4^6, avendo Odoacre Erulo ammazzato Oreste, e cacciato Augustolo ultimo dogi' imperatori occidentali, si fece padrone d' Italia. Genserico cedere dovette la Sicilia. 44p. Entrò Teodorico in Italia concessagli dall' imperatore Zenone per pragmaticam , dice il Diacono lib. 16 , e l'anno 4y3 i se ne fece con la morte di Odoacre assoluto padrone. Si assoggettò 1' Istria a questo imperatore , cavandosi argomento di questo, ch'esso imperatore (come Ennodio racconta ) Teodorico si fece coscienza di lasciar in mano dei Giapidi Sirmio città principale della Pannonia, perchè già fu riputato confine d'Italia. In questo tempo per la pace che godevano li popoli, parte ch'erano fuggiti all'isole, e paludi, ritornarono ad abitar le loro città, e terre. Così 1' istcsso penso occorresse a quei dell' Istria , colà discesi fuggendo il flagello della guerra , quali ripa-triando tornarono a coltivare i terreni, ed abitar le terre: portando con li loro legni li formenti , e le biave alle lagune , ove la nuova città amlavasi facendo maggiore, e scorrendo anch' essi, come i più vicini alla suaUgrandczza per mezzo del mare. Alcune case si può giudicare restassero ivi, come quella dei Tradonici di Pola , che si fermò in Equilio, e poi passò a Rialto, della quale ne leggiamo essere stato Pietro Tradonico Doge dell' anno 83^. A Teodorico successe 1' anno 026 , il Nipote Atala-rico fanciullo d'anni otto, ed ebbe la cura del governo Amalasvinta sua madre , donna valorosa , savia, e di grandissimo spirito. Costei fece creare Prefetto del Pretorio Cassiodoro gran letterato inalzandolo con ciò al primo grado dopo l,i persona del re, 1' anno 543, come si vetlc dalle 'attere stampate di esso Cassiodoro. Parte d' una di queste qui registreremo dalla quale si cava bellissima memoria , che 1' Istria già ridotta a coltura queil' anno avea prodotto gran copia di vino ed olio, clic bramava fosse portato a Uavenna, dove erari la corte dell'Imperatore, e però ricercava li tribuni veneti che glielo conducessero, descrivendo qui la nascente città di Venezia, dicendo: Tribuni? Maritimis Scnator Pncfectus Pretorio. Data pridem iussione censuimus, ut Istria vini, et °b species, que piacenti anno copia inarum dulta perfruitur, ad Ravennatem felicitcr dirigerei mansioucm. Scd vos qui numerosa navigia in eius confinio possidetis, pari devotionis gratia providete, ut quod illa parata est tradere, vos studea-tis sub celeritate portare; e descrive poi Venezia e parlando delle barche; proinde nave?, quas more animatomi vestris parietibus illigastis diligenti cura refìcite, e si cava dunque che l'Istria era sotto l'imperatore, e ad esso somministravano dei suoi vini, ed oli. Seguita la morte di Atalarico, e di Amalasuenta il primo anno della prefettura di Cassiodoro, restò Teodato al regno a cui Pelisario mosse guerra l'anno 535. Vi è una Epistola di Cassiodoro a nome di Teodato, nella quale comanda certa provvisione di grani. Il titolo è Industriosa? Liguria», devotisque Venetiis , soggiungendo, Vc-netis autem ex Tarvisino , atque Tridentino horreis ad de-finitam superbis quantitatein item dari facite tertiam portio-«em. 356. Fu ucciso Teodato da Vitige suo successore, ed a lui rubbò i tesori, che aveva, quae, disse Marcellino, in Insubri vel in Urbe Veneta congregaverat. 553. Fu fatto un concilio in Aquileja contra il quinto Simulo , e di la a poco i vescovi dell'Illirica fecero un'al-lr°; e gli affricàni sorsero contro quella S. Sinodo, ed i tre L AnciiF.oeu\i'o Vài, IV. ii ìG'A rapitoli contenuti in quella , cosi la chiesa Occidentale pn* »nava con V Orientale. Godeano intanto i Goti l'Italia quasi in quieta possessione, ma turbati da Costantino generale di Giustiniano loro tolse la Dalmazia, e la Liburnia, e tengo andasse seco anco l'Istria. Assediò Belisario Ravenna , residenza dei re Goti l'anno 54o, dicendo il Sabellico : Ritornarono i Goti a respirare quali furono scacciati da Narsete capitanio imperiale, qual fece voto di fabbricar due chiese a Venezia ? che eseguì nel 56'4. Di Narsete, leggiamo là lettera di Papa Pelagio; e nel Baronio Tom. XII. X. Rect. b(>8. Entrarono i Longobardi in Italia, ed occuparono molti luoghi nella Venezia ; onde scrive Diacono de gesti* long, lib, i, c. io, che il patriarca di Aquileja fuggendo questa procella si ritirò con li tesoli della sua chiesa all' Isola di Grado, ower palude, qual era come l'altre sottoposta al luogotenente imperiale residente in Ravenna col titolo di Esarco, e di ciò ne sia testimonio quello che 1' istesso Diacono, e il Rossi nella sua Istoria narrano che Smaragdo Patricio venne da Ravenna a Grado dispo-» ncndo ogni cosa a suo beneplacito. Si fecero poscia amici de' Longobardi , e nemici tli quei di Grado; onde scrive il Diacono lib. X. C. ij, che Lupo duca del Friuli scorse d Aquileja a Grado per un argine nominato dal sopradetto autore stratam qua; antiquitus per mare faci a fuerat e rub-bò , e saccheggiò quella terra. Da ciò cavò il cardinale Baronio Tom. 8. anno 63o, che li Patriarchi d' Aquileja, à del Friuli iurono sempre favoriti dai Longobardi , e quei di Grado dagli Esarchi, e I' istesso l'Istria, ch'era unitissima all' ora con Grado, che con 1' Isole vicine era di giurisdizione imperiale come nota il Sigonio de Regno Italia* lib. 2. Nell'anno 582 Elia Greco di vescovo creato patriarca di Grado da un concilio di 20 vescovi per ordine del Papa, quella città fu fatta Metropoli di Venezia, B del Istria , distendendosi i Veneti da Grado a Equii io, m •Tesoloi, Eraclea , Castello, Rialto, Malamoco, ed altre vi-°uie isole, che per esser luoghi paludosi, erano state latte sicure stanze degli abitanti. Il Sansovino narra al 586' che Severo patriarca di Grado con tre vescovi dell' Istria fu corretto degli Esarchi a sottoscrivere tre capitoli del conci-Ho di Calccdonia non creduti per veri, ma Tommaso por-Se il libello del suo pentimento e fu restituito nella sua sede che io credo sia quello , che V anno 5()o, trattò la riconciliazione di alcuni vescovi istriani scismatici , ed insieme del vescovo dell' isola Caprilense. L'anno 607, Martino da diacono fu fatto patriarca di Grado, al qual successe di la tre anni Candiano d' A ri ni ini. A questo danno per successore Epifanio: Candiano quoque defuncto apud Grados ordinatur Patriarca Epinhanius , qui fuerat Primicierius Notariusque, ab Episcopis qui erant sub Romanis, che disgiunge dai Barbari, e Longobardi, cioè dai vescovi dell'Istria, e delle altre Isole, ch'erano sotto l'imperatore. Altri in questo 616, pongono per patriarca Cipriano da Pola , che poteva esser vescovo di quella città, giovando credere che facendo li vescovi 1' elezione , sovente eleggessero de' loro medesimi. 63o. Papa Onorio sostituì a Grado Primogenio patriarca in luogo di Fortunato, che avveva occupata quella sedia , e si legge la bolla nel Baronio , eh' era diretta ai Vescovi di "Venezia , e dell' Istria. 638. Oderzo fu rovinata da Longobardi , e Magno Vescovo di quella città con li abitanti ricorse alle lagune, Vi edificò Eraclea in onor di Eraclio imperatore, qual fu uetta anco Cittanova prima sedia delli Dogi Veneti, sccon-"W il consiglio di Cristoforo da Pola, patriarca molti anni dopo. Questa era sopra la Livenza , fu distrutta chi dice •^all'acque, chi dagli stessi Veneti, e chi da Pipino. 65o. A Massimo dalrnatino patriarca successe Stefano da Parenzo l' anno 670, con la continuazione della supe-''orità ilei vescovi Istriani , li quali di là cinque anni mor- r.o questo gli fecero successore Agatone tli Capo d' Istria, t; nell' anno 68T), Cristoforo da Pola, onde ebbero gf istriani ire patriarchi l'uno dietro l'altro passando con buona intelligenza con li ministri dell' imperatore , ed accrescendo anch'essi la nascente repubblica di Venezia. 698. Scrive il Cori ola no nel suo cronico, (die in Aijni leja fu fatto un sinodo. Hoc tempore Sinodus Aqnilcjensis, qua; Ecclesia pluries in schisma lapsa. Successe Donato patriarca di Grado nell'anno 717, nel dogado di Marcello. Vi è una epistole di Gregorio secondo scritta: Dilectis fìliis Donato Patriarchi, et Episcopi!, atque Marcello Duci, et Plebi Venetiaruru et Istria* > nella quale mette queste parole , a Deo salvata comunità? vestra, che non si debbono applicare al solo comune di Venezia, ma a tutto il corpo degli ecclesiastici, e secolari di Venezia, ed Istria giimta mente, poiché la soprascritta non ricerca Episcopo in , et Plebem Venetiaruni; argomento manifesto dell' unione tli questa provincia con le paludi , etl isole di Grado , e di Venezia , e delta sua grandezza e riputazione appo il sommo pontefice, quasi, che (ossero un corpo istesso. Morto Donato , Pietro vescovo di Pola s' intruse per sua autorità nel patriarcato, ma privatone dal Papa dell' una, e dell'altra chiesa fu creato Antonino nel uìA di là poco Pietro fu restituito nel suo vescovato a preghiere dei Veneti. 7a5. Avendo Leone Isauro pubblicato decreto contro le immagini de' santi, e minacciando lo scellerato imperatore il papa se non il confermava, ne furono talmente concitati gli animi degl'imperiali nidi'Italia, che trattarono di elegger altro imperatore. Seguì dopo questo, che dal re Liutprando fu presa Ravenna 1' istesso anno , e 1' Esarca fuggì a Venezia. Ali ora il papa animò Orso all'ora Doge d'abbracciar l'impresa l6*5 por ricuperar si nobil città, e così segui con singoiar lode de Veneziani, e niun poteva dar maggior aiuto che gì* istriani per la copia dei legni, ed assuefazione al mare, perchè con 1' annata colà andarono, e presero Ravenna con Udob rando nipote del re, e vi misero in stato 1' Esarco. Xuosta fu la prima impresa di questi popoli dell isole Venete. Ma tornato a casa il doge si suscitarono le discordie c,vili per le cose di Jesolo, e fu ammazzato il doge, ed ucciso andarono in rivolta molte cose. Cominciò Pipino a favorir le cose d'Italia , c della chiesa romana, onde riavuta Ravenna con molte altre città, Pipino ne fece un dono alla sede apostolica. Il commesso, che le ricevette fu Ealtado abbate, qui come dice Anasta-Sl°: ipsas claves tani Ravcunatium Urbis (guata diversarum eivitatum ipsius Ravennatiutn exarcatus una cimi supraseripta donatioue de eis a suo rege emissa in confessione beati retri ponens , eidem apostolo et eius Vicario sanet issi ino l'apa* atque omnibus eius successoribus Pontilìcibus, perpetuo possidendas, atque disponendas tradidit. Leone Ostiense scrive che Pipino donò l'escreato cum provinciis Vene-t'arum, et Istria-. 11 Rossi narra che il Papa commise il g<>-verno dell' esarcato all' Arcivescovo di Ravenna in eoinpa-Pagnia di tre tribuni. 769. Eu patriarca di Grado Giovanni da Trieste, nel (Il«al tempo i vescovi dell' Istria si levarono dalla sua obbedienza, e In tanto stimata questa cosa, che il Doge M all'alo Galbano Eracleano eletto nel 764 , fu molto dolente di questa divisione, come anco che quella chiesa scemasse riputazione, e peto mandò il Papa, Magno prete, Scrinano , e Costantino tribuni suoi oratori per rimediare a tanto disturbo, nel qual tempo essendo pi orto il Papa, n°n si fece altro, ed in questo si creò il primo vescovo di Castello a Venezia. Ma successo a Maurizio Doge Gip va B-111 il fratello ch'era scellerato, onde dal buon Patriarca di Grado essendo ripreso, non potendo più sopportare, mandò Maurizio suo figlio ad uccidere il patriarca. Cosi all' improvviso presa la terra, e ferito il patriarca lo gettarono giù da un' alta torre l'anno 79A Per così scellerata opera Fortunato suo successore nel patriarcato e parente , congiurò contro il Doge , e nella congiura furono Obelerio tribuno di Malamoco, Felice tribuno, Demetrio Marimano , Foscaro Giorgi, e molti altri die uniti col comune li cacciarono dalla repubblica, e crearono doge Obelerio 7, in Treviso, di dove poi sentendo la fuga del doge in Malamoco condussero il nuovo principe alla sua residenza , e fu distrutta Eraclea dicono da essi Veneti, per l'odio clic portavano ai dogi Veneti mandati in esilio i cui popoli erano stati con il figlio del doge all' uccisione del patriarca. Altri dicono che Carlo imperatore, e difensore della chiesa in vendetta di si grande sceleratezza la distruggesse 774- In questo anno finì il regno Longobardico terminato con la presa di Pavia, e resa del re Desiderio. Venuto Carlo Magno in Italia, seguendo le pedate di Pipino suo padre, durante l'assedio di Pavia andò a Roma, e rinnovò la donazione di Pipino al sommo pontefice. Anastasio scrive. Et universum Exarchatum Havennatiuin sicut antiqui-tus erat atque Provincias Venetiarum, et Istri», nec non, et Venetum Ducatum, Spoletiutn , et Beneventani. In questo tempo 1' Istria viveva sotto 1' imperatore Carlo Magno col Friuli, ne mai si trovò che li pontefici si siano valsi di tal donazione. Peto 77^, Itadgaudo Duca del Friuli si ribellò dall'imperio de'francesi. Carlo l'anno seguente venne a castigarlo, sostituì ministri francesi, e po' ne ordinò Duca Erico, qual fu ammazzato appresso Tar-satica, che si crede che sia oggi Fiume , o non molto discosto. Ma molto più concesse al patriarca d' Aquileja, che era all'ora Paolino 36, qual andò a trovar l'imperatole , od a lamentarsi della rovina della chiesa d' Aquileja » e del paese. Dal qual benignamente accolto ebbe grandissimi privilegj, e molti villaggi del Friuli, dc'Norici, e dell' Istria li quali da Lodovico, Lottano, e dall'altro Carlo, da Berengario, Ottone, Federico, ed Ottone IV, e dagli altri tmperatori furono confermati ed ampliati. Confermò Carlo Magno la giurisdizione donate per consentimento di Desiderio re , e di Adalgiso per la fabbrica di due monasteri in Friuli, uno in Sesto terra, li quali instrumenti copiati conservo nel mio studio. Entrò dunque il patriarca in giurisdizione dell'Istria, é così in gara con quel di Crado. 791. Fu celebrato un concilio in Friuli sotto Paulino patriarca Aquilejense. 11 giorno tli Natale ebbe Carlo Magno la dignità imperiale, ed in esso trasportato 1' imperio dell' occidente, e giurò difender la chiesa romana. Nel 802, e 8o3, fu trattala pace fra i due imperi, come attestano li annali. Zona-ra, e Cedreno dicono che Carlo trattò di maritarsi con Irene imperatrice di Costantinopoli. Nel 8o3 , Paulino d' Aquileja patriarca lece il Sinodo ni Aitino, e ciò per la causa della morte del patriarca di Grado successa, e degli altri sacerdoti ammazzati, e ne scrisse a Carlo Magno per la vendetta. L' anno 804. il Sigouio nel lib. 4 del regno registra Un privilegio che Carlo Magno concesse al patriarca di Crado Fortunato. Ut i pai sacerdotes, servi, coloni in terra sua in Istria, Roman dì ola , et Longobardi^, et ubicuinque quiete degant eie. •789 die 24. Leggo una scrittura nell'archivio di Parendo, eh'è la più antica si trovi in questa provincia, nella qual i] vescovo di Parenzo Ettfrasio sotto Costantino imperatore, sedendo con esso Costanziu, e Lorenzo, manda» ll dall' imperatore da Roma, terminò che a se ed ai suoi successori quelli che lavorano il suo territorio, (lasserò la i6S quota , congregò un concilio in San Marco nel quale furono Orso Orseolo patriarca di Grado, Domenico Gradenico vescovo Olivolense, Vitale Orseolo vescovo di Tonello, Leone vescovo di Equilio, e molti altri, come dicono gli annali veneti. io43. Fu occupala di nuovo la città di Grado da Pop-pone patriarca di Aquileja fatto grande dall' imperatore , ed investito del Ducato del Friuli , e marchesato d Istria, già alcuni anni dall' istesso imperatore. Il Doge Domenico Conlarioo gliela tolse, e ristaurò quella città ; ma per molto tempo il patriarca restò patrone dell' Istria , anzi abitava , ed aveva un suo palazzo a Castel Venere sino 1' anno 1220, dove fece sentenza a favor del mio vescovato circa le decime di Buje , ed in altri instrumenti. Anzi Stefano patriarca abitò dodici anni in Capodistria per la persecuzione di Teodoro Ariano. 1061. Golopoldo patriarca di Aquileja ottenne da Alessandro II, la terra di Grado, gli fu confermato da Enrico imperatore il Ducato del Friuli, e marchesato dell' Istria con questo che fosse membro dell' imperio. In questo tempo Enrico volendo far fazione, per scemar l'autorità dei Papi, con Ugo ne Trentino Cardinale, e l'Arcivescovo di Milano, e molti altri Cisalpini, parendo loro, la Lombardia dovesse goder di far un Pontefice, elessero l'Arcivescovo di Ravenna Cadalao, e lo chiamarono Clemente ; non so se a questo concorressero li vescovi di questi paesi , che però per tale scisma patirono assai le chiese. 1103. Fù la guèrra sociale di Gerusaleme, la dove fù 1' armala Veneta per liberar il Santo Sepolcro , alla quale andarono molti popoli dell Istria , come solevano in tutte le armate de'Veneziani, come pratici del navigare , e assuefatti al mare , e durarono più amo sino sotto OnlclaHo, e Domenico Michel doge. 1106. Neil'investitura de! patriarca d' Aquileja Odori-co stando nella Villa d' Umago fu dato a Francesco da Guerci da Capodistria, il territorio di S. Giovanni della Cor-neda, che Odorieo Marchese dell' Istria aveva distrutto quid castello col consenso della Curia d'Aquileja, e però lu data a questo in feudo con obbligo di pagar cinque lire «li mira, ed altrettante di cera al patriarcato, edaltrettan-te al vescovato di Emonia. In tanto successe la persecuzione di Alessandro IH. le cui parti furono seguite da Gotofreddo patriarca d' Aquileja , dal (piale era stato confermato il Ducato del Friuli, e il Marchesato dell'Istria col contado di Japidia, aggiuntevi le terre sulle Piave, e Liveuza , e Monselice sul Padovano. Successe a Gotofreddo Vohlerico patriarca, che fu fatto prigione dal Doge Veneto con li Canonici, ed in questo tempo molte terre dell' Istria andarono sotto i Veneziani , stemala 1' autorità al patriarca. Io credo che la più antica dedizione dei luoghi fosse quella di Pola, Rovigno, Parenzo, ed Urnago l'anno n5o, come appare dalli quatto instrutnenti celebrati dal Doge "Vital Michele, e sottoscritti da un Viviano notaro veneto, che visse nel 1200, e bollato col bollo di piombo, la cui sottoscrizione è questa. Ego Vivianus Seriptor Notarius et Jtulex D. Henri ci imperatoria autenticum istum cura tribus sigillis cerae sigillatimi, et uno sigillo de plumbo per memoratimi Ducetti vidi, et cxcmplavi. Sebbene dicono che 1148, Pola, e Parenzo obbligati fossero a pagar tributo. 1177. Successe la famosa rotta all'armata d'Ottone figliuolo dell' imperatore a Sai v ori, e di qua la pace con il Sommo Pontefice, ed esso imperatore, condotto a Venezia con molta gloria della Serenissima nostra repubblica , che fu accresciuta di molti privilegi ed onori da esso Santo Pontefice. Durava intanto la patronanza del Patriarca in Istria, sino al 1252. Li Piranesi ebbero un podestà dal patriarca. 1192. Fu occupata Pola dai Pisani, ma la fu ritolta da Arrigo Dandolo Doge 4° ? 1202. Il Dandolo generale dell'armata de' francesi, ed altri cavalieri cristiani, che andavano al S. Sepolcro si accostarono con questa gran armata all' Istria, e massime a Trieste, e Muja che si erano ribellate , c subito spaventati si diedero e li obbligò pagar Muja 5o orno di vino alla republica, ed altrettante Trieste. Paulo Ramusio di Bello Costantinopoli!, lib. 1 p. 'àg , li chiama pirati istriani. Trieste sul principio essendo stata rotta la sua gente, con quei d' Umago , Parenzo , e di Pola si fecero tributari a S. Marco di 5o orne di vino all' anno eil altrettante Umago , e Pola 2000 , per la chiesa di S. Marco. Parenzo promise di dar soccorso al principe quando andava fuori alla guerra. Questo tributo era riscosso dai patriarchi di Grado , ma Trieste unito con il patriarca d' Aquileja , e i9s Conto di Gorizia si tolse dall' obbedienza , e mossero guerra nell' Istria, onde convenne a Giovanni Dandolo Doge ^7 , mortificarli con 1' armi , ed acquistato Pirano si lece la pace. 1368 Trieste si ribellò di nuovo, e fu pigliato l'anno i38i, fatto forte da Genovesi, dal patriarca e così a varie vicende si partì dal dominio veneto, dichiarandosi nemici del nome veneto, il che non successe agli altri luoghi , li quali in breve tempo yen-nero fedelmente alla divozione della republica. Cosi leggiamo che Parenzo 1267. i5, Luglio si diede totalmente, ed a suo esempio la terra di Montone fece l'istesso salve le ragioni del patriarca , con le altre terre delia provincia , Pirano 128.*)., Muggia , ed Albona, Dignano, Valle, e Rovigno i3»Q) 3o , 3i , 4*» delle quali, restò ella assoluta patrona. Dopo le lunghe guerre dei genovesi, che del I25a li travagliarono sino al i38o, che furono rotti a Chiozza, ed estòlsero quasi questa republica; l'anno 1/^20 divenne Signora del Friuli , ed entrò in luogo del patriarca al possesso di ([nel ducato, e dell'Istria, che cosi ora pacifica-mente tiene, restando Trieste Pedena, e la Conica di Pisino cpn altri luoghi alla divozione di Casa d'Austria. l34$. Vien nominato in un istrumento di questo vescovato di Cittanova I). Bertoldo marchese dell' Istria , e Ciovanni d' Austria conservatore Castri Sereni gradua. Che Istria fosse Marchesato, oltre i testimoni addotti di sovra con i nomi anco di alcuni Marchesi fanno per Ultima prova le parole che sono nell' estravaganti de pace Constantiae dove si leggi; che bertoldo Marchese dell'Istria giura come nobile e principale della corle regia , di mantenere la pace tra 1' imperio , e la città di lombardia. 14ÒQ. Un concilio in Aquileja per levar lo scisma, eh' era allora nella chiesa. i5q8. Concilio Aquilojense sono Clemente Vili., convocato dal patriarca. CAPITOLO XV. Dei rimedi con che si potrà accrescere questa provincia e degli abusi. Dell' infeimità hi clic si ritrova la provincia e va a poco a poco languendo, e distruggendosi , molte sono le opinioni dei più intelligenti, principalmente due. Che si conservassero le genti che vi sonore che queste si accrescessero con ricondurne delle altre. Che nei consigli fossero introdotti anche gli abitanti nuovi, e li stessi ecclesiàstici, a questi stessi dando facoltà di eleggere il cancellici- di rettore ogni sei mesi ballottandolo , e non potesse uno esser confermato in un istesso luogo più di anno uno , venendo da -questi tutto il male, essendo più tosto uomini eccitati a questi offizi , e quanto siano più tristi tanto più sono essi cari a rettori, che non pensano altro che trovar occasione di rubbare, e portar a Venezia, anzi vorrebbero portar le stesse muraglie, e terre, nonché legno, oli, farine, vino, sale, e carne e tante altre regalie, che non è immaginabile, in quale stato si trovi questa povera, ed afflitta provìncia. LIBRO TERZO. i I/Àl\r.HF.<)CRAFO Vol, IV> CAPITOLO 1, Primi fondatori d* Emonia ed antico suo sito. Si stima clic questa città d' Emonia sia delle più antiche dell'Istria , perchè gli Argonauti che furono i primi yCitatori della provincia la fondarono sul fiume Quieto , qual dalla loro venuta si rese celebre appresso 1' antichità. In memoria d' Emonia di Grecia lor patria dond'erano partiti le diedero il nome d' Emonia che tra le sue rovine •*H:or conserva. Vedi Appolonio lib. X. e Pomponio nel 'ib. IL, de sito orbis. Ma quelli che tengono per molto favoloso il viaggi > degli Argonauti, e non dissimile dal cavallo di Troja, negano insieme la venuta loro dietro i Colchi , asserendo che li primi abitatori di questa provincia, e specialmente quei che fondarono Emonia fossero li popoli della Macedonia, ower della Tessaglia , e che o gli uni, o gli altri in memoria delle loro patrie ponessero il nome a questa città. Eu la Macedonia chiamata prima Emonia, ed Amathia, ed eran celebri in questa li campi Emonesi , de' quali canta Claudiano in Rufino lib. a. Trista))- Aemoidis mìles digrcssus ab oris Tangebat Macedum jìncs , murosque subibat Tiiesaloniva tuos. E nella Tessaglia , che anco fu detta Emonia dal Re Emone, era famoso il monte Emo. Colà erano celebri i campi Emoniensi, de'quali parla Orazio, Remìs adurges accipitcr vcìut Mollcs coluta bai , aut leporem citius Venator in Cauiju's nivalis Aemoiìiae. Ne inferior luoeo ebbe il bosco di Emonia descritto ''a Ovidio lib. i., delle Metamorfosi parlando dei fiumi di Tessaglia. iRo Est aemus Aemoniae, praerupta quoti undìque claudd Sylva : ptoàant Tempe, per quae Peneus , nb imo Ejjusits Pindo , spumosis tudeitur undis : Eravi 1' Emonia nominata da Ovidio nel libro de Pont-Cacde puer Jacta Patroclus Opunta reiiquit Thessalicani quo adiit hospes Acìdllis humum. Eacul ab Aemonia .... Ed in un altro luogo descrivendo il suo sito dice. Junctior A emonia est Ponto , quatti Poma sit Istro. Forse fù loro motivo 1' orrendo diluvio d' acque successo in quella provincia, del quale ne parla Aristotile con altri celebri autori , per il qual diluvio ricovratisi i popoli con Deucalione nei monti , non ritrovando a se stessi sufficiente sostegno ne luogo per le mandre, si allargarono questi nella Macedonia, e parte anche discesero nell' Istria per i monti del Carso, calando giù in queste spiagge, al-letati dall' aria men aspra , e dalli buoni pascoli, elessero queste per loro stanze , abitando con li loro armenti tutto quel tratto, che dalle sponde ile' monti di Pinguente sino al mare Adriatico , e quivi nell' estremo ne fondarono poi la nostra Emonia. E concordasi finalmente queste opinioni per essere Giasone capo degli Argonauti stato in Tes-salia. Nè più bel sito potevano elleggere, poiché il colle ove h fabbricarono, è lontano dal mare, ove gli antichi aborrivano edificar acciocché gli abitatori attendessero all' agricoltura j che tanto era stimata, e non ai negozi marittimi, qual' sprezzavano come pieni d' inganni , e latrocinii ; onde solo a corsari parevano tali siti appropriati. Soprasedeva il fiume , per il quale vi potessero esser comunicate le altre cose, e godeva anco la bella vista del mare. E posta quasi nel mezzo della provincia , e come scrive F. Leandro nella sua Italia vicino ad una valle del Quieto lontana dal mare circa 3 miglia , fu fabbricata da Greci Argonauti, che portarono I" Argonaue nel detto fiume. i8i Pietro Coppo, che nacque in questa provincia a Iso-la descrive con simili parole; Cittanova non dimostra alcuna antichità, la qual vieti ■nicor detta Emonia da Emonia antiqua, che edificarono gli Argonauti, che portarono l'argo nave nel Quieto, quali venendo da Emonia region, e città di Grecia, dovè il monte Fino, dalla qual Emonia antiqua appajouo li vestigi dalla banda sinistra nell' andar in suso del Quieto, dove si vede fondamenta di abitazioni, e musaici che fu invenzione de* Qreci, e dimostra il nome, chiamandosi il Mosaico Grecati icum opus, la qual Emonia in alto è sopra un monte ad l,na valetta ower golfetto del detto Quieto circa miglia 4 ^ontano da Cittanova , che già fu chiamata Novozio, e poi rifatta , è sta mutato il nome chiamandola Cittanova. Io più volte sono stato in questo luogo , ho rimirati» quelle rovine , che in breve giro rappresentano quello doveva essere già tempo. 11 sito è mirabile in faccia alla bocca del Quieto primo porto della provincia per la sua ampiezza. Nel mezzo vi è una piccola chiesa dedicata a San Ciorgio, dalla quale poco discosta è una torricella parte ancor in piedi. Quel luogo nelle ultime guerre dei Genove si si chiamava il castello di Villanova. Si vedono parimenti • vestigi di due ricinti di muraglia, che calan giù verso le radici del colle sin alle acque. Ma alle rovine che sono intorno la chiesa essendo sovra cresciute le erbe ed i spini, I'han fatto inabitabile, pascolo Solo d'animali e nido di fìerissimi serpi, non lasciando di esso luogo considerar più oltre. CAPITOLO IL Opinióne di Filippo Cluvcrìo , che questa non sia V antica Emonia , ma Lubiana, (Questi poveri dirupi della nostra Emonia, che tati- to tempo già sono slati, e son comunemente era stala molla abbondanza ne hanno avuto orne quarantacinque. Vi sono poi gli scavezzi, vini ch'essi o.o5 fanno con moka acqua , e zonte , de' quali ingiustamente '"libano le vigesinrc alli canonici. Il simile fanno dell'olio; onde li canonici non anno più entrate, essendo clic quest' • stesso anno non arrivano a quattro stara di formento , e tutte lt: altre biave , e legumi a stara altrettante. Lì olivi per il consueto fanno un anno si ed un anno no , onde n maggior raccòlto faranno orne di olio cinquecento , così dalle note dei pubblici torchi ho cavato ; ne ha fatto questo territorio sino ottocento orne. Il territorio era più abitato , ed era di "più buoni anni quando aveva i suoi boschi, ed intorno alle stanze de' pastori stavano le altissime roveri. L' anno i538 nel bosco cavalier, che resta al presente solo in piedi, vi erano roveri segnati seicento settantasei : roveri di voltade traverse, duemille novecento quattordici: roveri di volta di gamba fin alla scorza, cento venti-tremille ottocento quarantaquattro, che fanno in tutto cento quarautaniille c cinquantotto. Nel bosco del monte ve n' erano quattromille e venticinque : nel monte de' peraii ottocento , e di semenzali ottondlle. Appresso il bosco in una contrada , che và alla strada cii pesone, semenzali scindile, e fu latto parte, che per otto anni niuno potesse far tagliar legne. CAPITOLO IX. Chiusa cattedrale, reliquie de* santi, sagrestia, canonici, e hattistcrio. Tjìì chiesa cattedrale è di grandezza , e d'assai moderna architettura, dedicata a San Massimo suo primo vescovo, e S. Pelagio martiri ; la sua lunghezza è di piedi eento, la larghezza dieci, divisa in tre navi. Monsignor Hieroriiino Vielmi vescovo di questa città riformò l'aitar maggiore, e procurò le fosse aggiunto l'organo, e l'ha abbellita in tutte le sue parti, levando via alcuni altari, eh'e- aotì rano alli pilastri , riducendoli a lor posti con ordine. Ha dietro l'cdtar maggiore in altezza di sette ower otto piedi il coro in semicircolo , ove officiano li canonici a suoi tempi ; a questo si ascende dai lati per scale assai comode, ma rozze, le quali unite al parapetto dell'altare chiudono con alcuni balaustri di pietra la cappella grande. Sotto il coro è una antica eri oscura cappella , ov' è un altare mal tenuto , e sovra quattro colonne di marmo sta un arca di macigno , il cui coperto è sotto il volto , e in questa stavano li corpi dei Santi Massimo e Pelagio con iscrizione. Ivi stettero sino al secolo passato, nel quale essendo vescovo un fratello del podestà, vedendo la poca custodia che di tal tesoro facevano queste genti , si risolsero levare il corpo di San Massimo , e portarlo a Venezia come fecero , collocandolo nella chiesa di San Canziano , ove al presente è tenuto con molta venerazione ; di qual mancanza accortisi li canonici , e rimorsi nella coscienza li giudici della città della loro negligenza deliberarono insieme di trasferir il resto delle reliquie in una cassa di noce con tre chiavi , una delle quali tenesse monsignor vescovo, l'altra un canonico, e la terza un giudice, e lasciati fuori due ossi delle gambe di San Pelagio , il resto collocarono nell' arca di pietra , e sopra vi fecero intagliar questa memoria dopo una solenne processione di tutte quelle sante reliquie che qui erano , cioè di San Pelagio pezzi numero 3q; e dei Santi innocenti numero 13. PELLAGII ET. INNOCENTIVM SANCTORVM . RELIQVIAE . BIG . POSITAK FVERVNT . XII . DECEMBRIS . ANN . MDCXXI . Quelle poi che riserhano fuori della detta arca in vasi d' argento , e stanno riposte nella cassa sono le infrascritte tutte degne di considerazione, e prima una spina della Corona di nostro signor Gesù Cristo , un osso di San Massimo vescovo , e martire , con un pezzo di carne che si eh he dai reverendi Sacerdoti di S. Canziano procurato dal signor Dartolommeo Busino; varii ossi dei santi innocenti ; reliquie di sant' Andrea apostolo , di santo Stefano protomartire, di san Lorenzo, di sant' Antonio da Vienna, di sant'Agapito, pezzetti cinque di ossi di san Pelagio martire in vasi d'argento; due ossi delle gambe di san Pelagio molto grandi e neri per il tempo sono fuori dei vasi ; una reliquia di san Crescenzio martire in vaso di vetro , in un altro di vetro assai grande, nel quale vi sono alcuni panni , o veli con li quali dicono fosse raccolto il sangue di san Pelagio , quando fu martorizzato fuori della città, del sangue se ne vede misto con terra. L'aitar grande antico era in mezzo del coro coperto di ciborio , sostenuto da quattro colonne di marmo , che ora sono appresso il campanile, e vi era anco quella palletta che vi è collocata di dietro l'altare, vi era una cattedra di pietra viva con alquanti scalini , come si vede in Torcello ed altrove sopra cui si dava il possesso a nuovi vescovi , vi era anco il suo pulpito di pietra simile, l'uno, e l'altro levati nel ristaurar della cappella , poi dispersi, e distrutti. Vi sono altri sei altari, uno sotto il coro, come s' è detto delle reliquie, chiamato degl' innocenti, e qui stavano due lumi continui, ma essendo il luogo scuro, e troppo riposto, fu risolto che quelle lampade si ponessero nella chiesa unite all'altra che si tiene avanti il santissimo sacramento acciò fossero tre , come ardono al giorno d'oggi. A destra sono due altari, uno della beatissima Vergine, la cui scola governa anco la chiesa della madonna di No-garedo vicin a Vertenegio, l'altro di san Carlo, fabbricato nuovamente, governato pur da confraterna. A sinistra vi è quello di santi Massimo , e Pelagio eon assai buona pittura, ed ornata mensa, governato i pur da scuola di laici ben comoda. Seguono nelle cappelle l altare de'santi Sebastiano e Rocco, di buona pittura, C quello di san Nicolò avanti il quale anno la loro sepoltura con queste parole li signori Righi. Quod olim kartista D. Paula construcrat prò se viro et /ìlio suo, vetustate confraduni Maximus Rigus protonota' rius apostolicus et decanus restaurandum propria impensa cu* ravit fratrlbus et parentibus anno salutis iG5o. E nel muro setto la finestra vi è quest'altra inscrizione. D . O . M . Pisanae natae Mendi ucciac amatis ; conjugi et matti, Cata-rinae, nec non Candidae suavissimis fìliabus , et sotoribus immatura morte peretntls , lacrimis tnaxitnis decoratls, Jacob us Rlgus moestlss : confuse et parens , Paulus et Rallini-dus piissimi filli, et fratres monumeutwn P. E. Abletunt non oblcrunt. Reparatae salutis anno 16Ò1 mensibus septembris , octobris , et novembris. Avanti l'altare di san Sebastiano sono due sepolture con tali inscrizioni. Sepoltura de s. Bortolamio dti Bergamo et suoi heredi i55i. E nel corpo della chiesa vi sono queste altre davanti 1' aitar maggiore sopra una sepoltura rotta. Castrus de Castris sibì. . . et conjratribus corporis Xpti P. P. C. 1558; 1' altra senza lettere. Ho rinnovata la prima, e dedicata alli canonici , e sacerdoti 1' anno 1654- Canoni* els , et sacerdollbus Jac. Piti. Thoniasinus cpiscopus lì. P-anno iG54> Avanti 1' altare di san Carlo vi è una senza lettere. Vi era l' altare di san Martino di Tripoli perchè le Monache di san Daniele di Venezia avevano col loro monastero una chiesa tra Vertenegio, e Villanova dove del monastero sin al di d' oggi se me vedono li fondamenti, e delle rovine di questo e della vecchia chiesa è stata fabbricata fabbricata un altra piccola cbiesola campestre, col titolo di san Martino. Ora tutte le reliquie loro furono portate in questa cattedrale, ed erettovi un altare con obbligo di «bue dodici ducati all' anno ai canonici con loro paramenti cbe 1' officiassero, il qual livello è andato in obblivione per negligenza de'preti, e l'altare parimente distrutto, ed eretto allora quel di san Sebastiano. E' anco 1' altare nel coro ove si celebra la notte di Natale, e nel venerdì santo» Ila la chiesa l'organo, e soleva stipendiarsi organista, e maestro di scuola insieme. Il campanile è entro la chiesa eon buonissime campane e sonore, principalmente una di nguardevol'e grandezza. Vicino al coro è la sacrestia con molti paramenti, argenti, ed altre suppellettili saere, specialmente quelle annoverate nella vita di monsignor vescovo Violini. La sacrestia ha la sua propria entrata , che si trae d' alcuni terreni , la metà dell' olio che si cava dalle acque dei torchi, c il grossetto d'ogni orna di vino, che si vende è applicato alla madonna , ma serve anco per la fabbrica della chiesa. Vien governata da un cittadino eletto ogni anno dal consiglio , qua! mette un plebeo alla custodia , e lui guadagna il resto dello stipendio, eh' è dieci ducati. Il capitolo di questa chiesa è di cinque prebende , Una delle quali è del vescovo, le altre dei quattro canonici. Consiste la loro entrata nelle v igeatine d' ogni sorte di grani ed uve che nascono di (pia del canale, d'agnelli, e capretti, e primizie de' formaggi, oltre alcuni pezzi di terreni con olivi, avevano l'entrate della pieve di Verte-neggio, che ora sono perse con altri livelli, e prerogative non potendo per l'aria pessima dimorare lungamente; onde per 1' absenza e varietà, la gran parte de' loro stessi beni vanno mancando. E tanto più si rendono deboli I' entrate , (pianto che il paese non vien lavorato nè seminato, per la mancanza d'abitatori, ed i gentiluomini si ap- L'ÀnCHKOGUAI'O Voi. IV. \\ 2 io pJicano ai negozi, ed a far governar olivi de' quali è abbondantissimo il territorio, e di questi non vogliono pagar v igeai ma ai canonici. Duravano li vescovi fatica in provveder di preti , e perchè la chiesa non patisse in divinis tenevano due strade, 1' una di non conceder dimissoria agli ordini sacri se non si obbligavano a servire per tanti anni nella cattedrale ; 1' altra di castigar i delinquenti relegandoli in Cittanova , ornandoli poi del titolo canonicale. Al presente è levata questa difficoltà essendone di nativi ed originarli. Il battisterio è una fabbrica antica larga quattordici in quindici piedi , nel cui mezzo sta tutto di marmo il vaso deli' acqua benedetta per battezzar li fanciulli. Questa aveva di sopra un bel ciborio, del quale se ne vedono alcuni fragmenti lavorati negli scalini all'intorno , e veniva sostenuto da quattro colonne , che sono al presente in chiesa, in quella guisa appunto , eh' è quello della cattedrale di Parenzo. Dalle parole imperfette si levano queste. BAPTJSTERIVM DIGNO MAR MORE MAV-RICIVS EPISCOPVS. In questa vi è anco un altare di san Giovanni Battista , che serve per l'esposizione de'bambini ed ha la mensa di marmo. E' unito il battisterio alla cattedrale con un portico di due archi assai bassi , coperto di lastre, nelli muri del quale verso la piazza vi è l'arma con tre rose, ed una sbarra, eh'è di casa Bembo, che doveva esser il podestà di quel tempo. r>. ai i La solennità maggiore di questa chiesa è il giorno di S. Pelagio ai 28 di agosto, e son tenuti tutti li pievani della diocesi visitarla con le loro croci, ed assistere dalli P^iriii ai secondi vesperi all' officio divino ed alla messa f sotto pena d'uno scudo d'oro, ed il vescovo 0 vicario, volendo, da loro il desinare , ed essi portano il cattedratico , eh' è un mocenigo , moneta che vale ventiquattro soldi. In tal giorno è fiera franca , e si suol correre alla giostra , quintana, ed «nello. CAPITOLO x. Altre piccole chiese della città, e territorio. c k7ono altre tre chiese in Cittanova , santo Stelano fella piazza; in questa è l'orologio pubblico, e nella facciata le inscrizioni romane sopra registrate; l'altra è sant. Andrea, che già soleva esser illuminata dai Sabini, or serve per cappella dei rettori essendo vicina al palazzo ; l'ultima è S. Salvatore sopra le porte della città, ha una bella palla nuova , e la sua fraterna. Vicino era il palazzi pubblico, come se ne vedono alcune finestre, e l'anno i5ai 1" asserisce Pietro Moscatello cancelliere della comuni-td> in certa relazione che fece al vescovo Marcello. Qui poco fuori di questa porta è la chiesola di santa Croce ove dicono fosse martorizzato S. Pelagio , come anco e accennato nell'antico antifonario della cattedrale, ove stanno registrate alcune cose del martirio di esso santo, che soleva'nsi cantar nell' uffizio della sua festa; tra le altre: aeta sunt haec apud civitatem Hemonia) et non longe a mare ejns sepultus est in nomine Domini Jesu Christi. Vicina a questa dall' altra parte della strada è la chic-sa della madonna del popolo di assai onesta grandezza con tfe altari ben adornata, tra quali un crocefisso molto antico R miracoloso. Sono stali ridotti ih buon essere dal signor ai 2 Barlolammeo Musini, e la sepoltura di questa famiglia, cu" altre, è io essa eliiesa. Vi è appresso un picciol convento de'padri di S. Domenico, ove dimoia ut) padre con un converso. Fu cominciata la chiesa Y anno 149-1 con licenza del sommo pontefice Alessandro Sesto , ed assenso del Doge di Venezia Agostino Barbarigo, come appare per '* ducale de' i3 giugno 1494 diretta al signor Girolamo de Prudi podestà di Cittanova. Ha le sue entrate d' olivi , e terre, e tra quelli un campo appresso sant'Agata, donatoli dal vescovo con obbligo di lire sedici d'olio ogn'anno, che più non pagano. Ora questo luogo della religione domenicana vien assii abbandonato dopo che molti padri qui mandati son morti l'uno dietro l'altro. Lungi da questa cento passa vi è la chiesa di Santa Agata ov'è il cemeterio delle genti povere, qual è stata rifatta a questi miei giorni i644- Dietro al mare dirimpetto alla città, vi è la chiesa di santa Lucia , ove anticamente eranvi molte case, e vigne , e se ne vedono più di sopra li fondamenti., anzi il vescovo aveva ivi vigne , die ora non vi è più cosa alcuna. F' governata dalla sua scola, e ha beni proprj di tene, ed olivi. Sant'Antonio ivi vicina al porto caduta è slata rifatta dal signor Bartolammeo Busino l'anno if>3r con una palla bellissima del nostro Varotarì pitlor famoso , e ciò fu per una gran pescagione avuta nella vigilia di questo santo nelle peschiere di questo mio vescovato , che fu stimata passare li dodici milla ducati. La chiesa di san Pietro verso il Quieto, lungi un miglio dalla città è frequentata i venerdì di marzo, e le domeniche, ha vicine alcune rovine, che dicono essere della chiesa vecchia. Santo Spirito è sopra le peschiere del Quieto, fu fabbricata da uno di casa Spinazzi di Venezia per una grossa pescagione. 2l3 Vi è verso Castagneda , S. Vilo, san Vitale, e san Cosino, ed in Dada, san Giovanni al presente derelitta per 1* negligenza dei signori Sabini. La chiesa della Beatissima Vergine di Nogaredo vicina a Vertenegio molto ben tenuta, è di molta entrata, (he Sl confà con V altare della madonna nella cattedrale. Il signor Bartolamineo Busin fu assai benefattore a tutte queste chiese , e sino che visse si sono benissimo mantenute , e però merita , che ne facciamo memoria del suo affetto verso le cose di Dio ; mancato ora, tutte vanno in rovina per il ntal governo de'secolari a quali sono appoggiate. La chiesa di san Servolo è al presente caduta , e vi e un bosco chiamalo san Servolo. CAPITOLO XI. Palazzo i '.piscopale, c vescovi di Cittanova. I J abitazione del vescovo è posta a canto la chiesa cattedrale dalla parte di ponente sovra il mare, che le batte 'e mura, di fortissime grotte difesa dall'angolo di tramontana per tutta la (piarla sino al ponente, e si estendeva s'no alla piazza, qual albergo per 1 absenza de' pastori 8 pessima qualità dell'aria, che anco distrugge le fabbriche, fatto molto rovinoso, negava ai vescovi qui il suo ricovero; onde con si bella occasione fuggendo L'intemperie tu questa citta, lo ricercavano altrove. Monsignor Frauce-Seo Manilio 1' anno jo'07 essendo stato qui eletto vescovo c°n magnanimo cuore lo ristanrò nello stato , che al premute si trova , la (piale riesce assai comoda stanza , e di 110 se ne legge nella falciata di settentrione con 1 arma ^'anin questa memoria. F RANCISCUS MANTNL'S. Ullnensis Episcopo* Aemaniuc et Comes Sancii Laurea. lu ni Da.)la Arda Istas vetustcne collabeutcs ad suaui suo- ramque succcssorwn commodltatem profitta impunta Jeanne de Muro vicario generali, Bartholommeo Basino Cive Aenio-niensi procurante restaurava. M D C X I, Mende delizioso 1' albergo 1' aperto prospetto del mare, ed un assai ampio oli veto, e prato, quale io con la comprila di alcuni terreni vicini, Tanno iò'44 l'110 esteso sino al belvedere della citlà. Questo luogo, eh' era aperto e in abbandono, 1' ho chiuso con i suoi muri, ridotto il terreno a coltura , 1' ho piantato di vigne ed alberi a benefìzio ili chi verrà dopo di me , levandogli con molta fatica e spesa le rovine de casali caduti, l'ho reso finalmente a qualche delizia rurale, che raddolcisce a me questa religiosa solitudine, che io godo dal principio di novembre sino a mezzo maggio; il resto dell' anno nd trattengo a buje in aria men insalubre, e rincrescevole. Nè potendosi per l'umidità delle stanze dipingere la serie dei vescovi di questa mia chiesa , quei pochi , che io ho con molte fatiche ridetti insieme, qui registreremo per levarli quanto più si può dall' aria infetta di questa citlà, e conservarli nella memoria de'posteri. CAPITOLO XI1. San Massimo primo vescovo di Cittanova. Il vescovato di Cittanova ower Emonicnse è il primo di questa provincia per V antichità sua, non trovando essere stato alcun vescovo in Istria sovra l'età e secolo di Massimo venerato comunemente dalla cristianità per il pi'" mo vescovo d' Emonia ; cosi da un libro antico di Parenzo cavò la sua leggenda E. Francesco Gambarucci trasportata nell'istoria della provincia da Nicolò Manzuolo. Questo con san Pelagio martire sono protettori della città, ed a quelli dedicata la chiesa cattedrale. Visse san Massimo e patì il •2ib martirio sotto Decio Imperatore, che fu l'anno di nostro Signore 254 nel 0***1 tempo convien credere , che appena, 1' Istria fosse convertita alla fede di Cristo, e questo santo fosse il suo primo vescovo, e suo apostolo. Sostenne il martirio nella città d'Asia, la dove crudelissimamente ne seguiva la persecuzione di Decio , il quale acclamato Imperatore dall' esercito , ch'era nell' Illirico, vivendo Filippo, subito morto Macrino incrudelì sovra gli alni all' oste rari* tuo dei cristiani, specialmente dei pastori delle chiese. Onde può essere che san Massimo fosse condotto da questa provincia colà , o pur ivi andasse per consolar i cristiani oppressi da così fiero tiranno. Questo santo corpo ivi sepolto in progresso di tempo da divoti e pii cristiani, fu trasportalo a Cittanova ov'era vescovo, e lunghissimo tem-po qui intiero giacque. Lcggesi che Adamo vescovo l'anno 111$6 lo cavasse da luogo sotterraneo, e con l'ossa di San Pelagio martire lo rinchiudesse in una tomba tli macigno ben rozza , la quale al di d' oggi si vede sotlo il coro della cattedrale con queste breve inscrizioni. ANNO DOMINICAE INCARNATIOMS MCXLVI VI. ID OCTOB: RECONDITA SVNT HAIX SANCTOR CORPORA PEL AGII, ET MAXIMI TEMPORE DNL ADAMI EPISCOPI. Il santo corpo slette quasi tre secoli , quando un nobile veneto , eh' era podestà di Cittanova, secretamente lo cavò dalla tomba ov'era ancora intiero iti tutte le sue parti , e lo portò a Venezia , collocandolo nella chiesa di ■*n Canciano dove al presente illustrato da miracoli si riposa , ed ivi tengono la sua vita latina transenna (dicono) oa un libro vecchio ch'era nel vescovato, ower sacrestia della città di Parenzo , (piai al presente più non si ritrova. H martirio di detto santo si ha distesamente nelle lezioni "ci suo uffizio proprio, che già si recitava in detta chiesa ^' san Caimano , con messe proprie , e della transla/ionc ite del suo corpo, che cade alli 8 di ottobre, e della sua lesta, che si celebra la seconda domenica dello stesso mese. Vi è anco la messa dell'ottava, e la ottava di questo santo. Da alcune note registrate ne' libri di detta chiesa Sì cava, che nell'anno 1388 nel mese di aprile e di maggio fu rubbata la sua testa da uno che si ascose secretamente in chiesa a suasione di quei da {leggio i quali anco anno avuto un vescovo col nome di Massimo; il che saputosi, fulminata 1' cscomunica papale atl instanza del senato veneto, fu da persona incognita portata al vescovo di Chioggia adi a3 novembre dell'istesso anno, ho dato all'ora alla città di Reggio un dito d'un piede del medesimo sauto, e con maggior cura s'invigilò alla custòdia d' un tanto tesoro. Quanto al martirio del santo, nel suo corpo non si vede altro segno, solo che si ritrova senza unghie, le quali dai ministri li furono tratte dalle mani , e da piedi, il che comprende in queste parole contenute nelle lezioni del so-praccenato officio. « Proconsul jussit iterimi in eqiiuleo levatimi gravita', " ci: ungula ri, ita ai cai ars una cani sanguine in terra dc-« fluerent. Einindo poi la sua vita con ossei' lapidato come soggiungono le lezioni predette. « Couipclicntibus ergo cimi mini a tris diaboli, due ius est « extra civitatem dsiac ibique lapidibus cacsus redidit Deo « spiritimi, Neil' anno iC38 dalli signori Widmann fratelli dell eminentissimo cardinale fu fabbricata la sua cappella in bellissima forma tutta di pietre di finissimo marino con la cassa ove riposa il santo corpo, ove si legge la seguente inscrizione. DIVO MAXIMO EPISCOPO ET MARTIRI. Jo ' Paulus , Lodovicus , Marduus , Bertoldus , ChriAopharus , ei, David Widmann Fratres. Eamìllae requie lue constitnta Patris Votis Obiti. I). I). M. DC. XXXIX. La testa ili questo santo si celebra in Città nuova , e tinta la diocesi ai ventinove di inaggio nella quale fu mar-torizzato, comesi ha nella prima lezione del suo officio, nello stesso giorno in Verona vien onorata la festività di san Massimo vescovo di quella città fuori della quale vi è ™ chiesa dedicala al suo nome , ed anco è la conti ala, eosi dalle tavole dei santi vescovi Veronesi. « In Tabula sanctorum die 29 Mail de qua stfpra iVa-" velini Episcopi Veronensis, et coiifessoris dup: ma: ignota* " tur ubi sit. Extra portam Urbis extat etiain mine Ecclesia " raeedificata in honorem nominò Sancti Maxìmi in Pico qui " etiain sane/i Maxìmi appellatili-, et porta ìlici appellatur « Porta sancii Maxìmi. Ma questo non fu martire come il nostro , del quale il martirologio romano pone la lesta adi 28 settembre, dicendo. « Eadcm dici passio Sancti Maxìmi sub Decio Impera-" loie. Nel suo officio però, leggesi « Sub Decio Imperatore apud Asiani Cicilaicm , lìeatns « Maxunus Cù'itates Aemoniae in regione Histrine Episcopus " passus coi quarto Calendas Junii. Onde -essendo quel del martirologio martire, e non vescovo può essere errore col giorno accennato, come in altri santi è accorso, e quanto a (piello di Verona, giusta la serie dei santi vescovi di quella città , san Massimo fu il ventesimo vescovo, onde vien ad aver vivuto nel 4°° essendo successo a san Sergio, '•he fiorì al tempo di sant'Ambrogio del quale vi è una epistola scritta, che sarebbe molti anni dopo il martirio del nostro, ed evidentemente da quello diverso. Il che conferma Filippo Ferrarlo nel catalogo de' santi oV Italia H'ianto al nostro san Massimo come si dirà di sotto. 1*8 CAPITOLO XIII. Massimo secondo, Florio, e Giovanni vescovi di Cittanova. Cjhi succedesse a san Massimo primo vescovo di (mesta città non si ha potuto ritrovar sin ora per diligenze usate; onde dall'anno y.64> ehe morì sino all'anno 38o ]n circa, resta vacuo il luogo per quelli si ritrovassero. In quest' anno , ower poco avanti tu vescovo Emoniense un altro Massimo , come consta dalli atti del concilio d,'Aquileja celebrato l'anno 381 del signore, nel pontificato di S. Damaso, contro gli Arriani, e v' intervennero trentadue santissimi vescovi, essendo vescovo d' Aquileja S. Valeriano, e Graziano Cesare imperatore. A questo concilio fu presente esso Massimo uomo di singolarissimo valore, nè alcun vescovo si nomina d'altre città d'Istria, argomento evidente che allora quelle non godevano questo titolo. Solo conviene credere, che il vescovo Emoniense assisteva pastore della provincia , e però esso solo venne al concilio al quale per la vicinanza e per decoro dell' Istria unita sempre pn tutte le cose con Aquileja e Friuli, niun vescovo, se ne fosse stato, s' avrebbe scusato a non venire. Può essere che questo Massimo secondo fosse anco santo, dalla parola che al concilio v'intervennero trentadue vescovi santissimi, e chi sà non sii quello che li Veronesi riveriscono per suo > concorrendovi specialmente il nome ed il tempo. Successe con la venuta d' Attila in Italia che rovinò la provincia, e disfece Aquileja, una lunga privazione di pastori delle chiese , e perdute le scritture di questo vescovato , non trovo se non essere stato il beato Florio vescovo, il cui corpo è nella cattedrale di Pola in una cappella del vescovo Orsino , la cui festa si celebra a i 27 d' ottobre , e sin ora non ho potuto trovar scrittura per sa- aio, per il tempo, nel quale esso abbia fiorito. Resta vacuo il luogo di molti vescovi per la mancanza delle memorie. L ' anno 570 era vescovo di Emonia Patrizio , come appare dalla sotttoscrizione fatta da esso nel sinodo di Elia vescovo d'Aquileja, nel quale con V autorità di papa Pelagio secondo, trasportò la sede d'Aquileja in Grado, e fu dichiarato Grado metropoli di Venezia, ed Istria, e chiamato la nuova Aquileja, transportati nella chiesa di santa Eufemia li corpi di sant' JIlario, san Taciano, san Quirino con altri corpi di sante Vergini ; queste cose bitte nel sinodo, Tiberio secondò Costantino imperatore con il suo decreto a maggior validità coinprobò. Era li altri vescovi sottoscritti si leggono , Virgilio vescovo «li Padova. Patrizio vescovo di Emonia. Adriano vescovo di Pola. Manazio Vescovo di Opitergio. Severo Vescovo di Trieste. Giovanni Vescovo di Parenzo ; come nel Tomo V, dell' Italia Sacra del P. Abb. Ughelli pag. 37. Questo Patrizio credo avesse nome Leonardo Patrizio Dominato dal Padre Abbate Ughelli nel precitato Libro pag. 38, e fosse quello che con tre altri Vescovi condotto Severo Patriarca di Grado a Ravenna dopo 1' anno 089 io sforzarono giurare nell' eresia di Manicheo, di che poi pentito abjurò ritornato in Grado in un Sinodo a Marano nel quale intervenero dieci Vescovi, e all' ora fù ricevuto come legittimo Patriarca. Li Vescovi furono questi, Pietro d'Aitino, Ingenuo Sabionese, Angelo di Tridento, Ju-nioze Veronese, Rustico di Treviso, Fonseo di Eeltre, Angiolo d' Asolo , Lorenzo di Belluno , Masenzio Juliense, e Adriano di Pola. Nei tre seguenti secoli 600, 700, e 800, sino al 961 non si trova memoria alcuna de' Vescovi Emoniensi per la calamità de' tempi, solo per alcuni fragmenti del Cibo- 2 2tl rio dell'antico battisterio, quali sono negli scalini dell i-stesso luogo dedicato a San Giovanni Battista , bisogna che in questi tempi sia stato Maurizio Vescovo d' Emonia dicendo le lettere : Baptist aio digm Mar more Mauritius Episcopns E moti : et...... Parte di questi sassi lavorati sono in Chiesa nella Cappella di S. Sebastiano , ma è impossibile levar le lettere. 961. Giovatilo Vescovo di Cittanuova ritrovo come appare dall' lustramento della consacrazione della Chiesa tli Parenzo l'anno 961 a tli 8 Maggio nella quale con Rodo-ahlo Patriarca d' Aquileja vi furono assistenti dodici Vescovi, tra quali Giovatoli di Cittanuova, D. Gasparo di Pola, D. Giovanni di Trieste , I). Erederberto di Pedena , et altri come si leggerà nel breve che vien registrato ove si parla di Parenzo. L' istesso Giovanni vien nominato del 966. 22 Gennajo nella donazione che fece il Patriarca sopradetto al Vescovato di Parenzo , tli Rovigno , che in quel tempo essendo stato dagli Schiavoni saccheggiato il resto di quel territorio , ad disianza delli tre Vescovi d' Istria, Poh, Trieste, e Cittanuova glielo concesse per sovvenire alle sue calamità , 1 istesso Vescovo Giovanni : vien nominato 1' anno 994 un certo Oiudetio col Conte d'Istria Huerieuth ower Werchent circa il monte Rosario di Parenzo, • CAPITOLO XIV. Gim 'aiuti Vescovo tli Cittanova , donazione fattagli da Corrado imperatore , della Villa di San Lorenzo in Dalla , e della Terra di Umago. l_j anno MXXIX essendo asceso all' Imperio Corrado Secondo a guisa d' un altro Carlo Magno applicò I animo suo religioso ad ingrandire la Chiesa; onde dopo ampliale lui fitta di tutto il Marchesato d' Istria. FÙ fatto Y Instrumento l'anno MXXIK. a dì 17 d'Agosto essendo 1 Imperatore in Aquileja , che si conserva in carta perga-"una in buonissimo stato nell' archivio Episcopale; qual aggiungo per sottrarlo all' itiguria de'tempi, e servirai posteri l,(1r memoria (pianto gì' Imperatori erano pronti ad accrescere i beni delle Chiese; ///. nomine Saite tue , et Indi ridati ' Trinità tts-(inirudtis Divina j avente Cìeiticntia Ilomanorum Impera tar Àugustut* Quo circa notum sit omnibus S, Dei Ecclesia» 22 2 fidelibus prescntibus scìlicet ac futuris, qualiter Poppo Patri' archa Sanctac Ecclesia* Aquilejensis prò remedio animae suae S. Emon : Eccl. paupertati mìsericorditer compassila villani Sancti Latirentii juxta eandem Emonlen. Civita tern sitarti, quatti ipse per nostrum praeceptum, et privilegium\ Apostolìcutn usque nunc visus estpossidere,in nostrum Jus reflexìt,eo rationis tenore, quatenus prò Dei amore nostraeque animae tvdemptlo-ne atque suae petitionis intervenni S. Emon: Ecclesiae, et Joanni eiusdein Scdis Presuli suisque Successoribus memoratala villani Sancti Laurentii, cuni placitis districtìonibuf collectis , et augarijs , foro, suffragio, herbatico , et eschatì-co caeterisque publìeis fructibns cwn omnibus pcrtìncntijs suis prò ut ipse eam hua.isque visus est obtinere per nastrar (raditionis auctoritate largiti atque confìrmare dignaremar, quo stabitis et inconvulsa in cjttsd. Ecclesiae Iure pcrpctualiter deinceps permanerete Cujus digtus petitionibus aures nostrac cercatatis accomodante per hitjus imperialis praecepti pagìnani largitimi' et coti'oboramus S. Emoniensi Ecclesiae, et Joanni ejus-detti Presuli ; suisque Successoribus , qui prò tempore fuerint praelibatam villam Sancti Lamenti iuxta Emon: Civita tetti positatn cum placitis , et distri et iotiibus, colectis, et angarijs foro , et suffragio, herbatico , et Escatico tellquisque publicis fruiiionibus, et cum omnibus quae legali jtire ad eam pertinere vìdentur, secundum quod Poponi Patriarchi per percepii nostri paginata contulimus, co scìlicet ordine ut nullus Dux, Marchio, Comes, Vicecomes, nullaque Regni Mostri magna, vel pania persona in predicta villa piacila)c, vel collectas facerepraeterpraelibatum Joannem Episcopum,suosq. Successo-res. Sìquis vero hnjus nostri praecepti paginam infingere volàerity scìat se compositurum libras mille argenti, medìctatem Cam era e nostrae, et medìctatem Ecclesia? E/non. eiusque Rcctmibus. Quod ut verius credatur, et diligentius ab omnibus observeiur ma/iu prò. pria confìrmantes , sigillis nostri impressione insigniti iussiinus-Signum Domini Corradi Secundi invictissimi Rctnanorui/i Imperatiais Angusti. liutiilohns Epìscopo* , et Cancclìarìus. Nos frater Marcus deVenetìis Vicarius generalis D. fris Joannis Dei grafia Epìscopi Emon:preseus Instrumentum sive prìvileglum de nostra volutitate iussimus de verbo ad verbum de au tentico privilegio, quod apud nos est, extrahi, ut in eo pleidus contiiietur et per ftotunwn in* jrascriptum fìdeliter exemplarl. Data sexto Dexi/no Kal.Septemb, anno Dominicae Iticar-ottoni; millesimo vigesimo nono, anno autem Domini Corradi quintodecìmo Imperli. Actum Aquilejae feliciter etc. Ego Joannes Leovcico Imperiali auctoritate Notarius. et Cancellanus Civitatis Emonìae predieta omnia scripsi, mboravi de verbo ad verbum ut in privilegio Ecclesiae Civitatis Emonìae pletaius cotitinctur itti a cum honesto Viro D. Ere Marco Vicario generali suqvadicti D. Joannis Dei grada Episcopi* Emon; lecto, et autenticato et de ipsius voluntate etc. Essendo Vescovo di Cittanova Monsignor Marc' Anto-n«o Foscarini, ne fece cavar una copia l'anno 151 9 in Venezia con la presenza del Giudice L). Natale Regia Pie-vario di San Giovanni in Rialto, Notario Bonifacio Sellano. Con f istessa forma di parole è la donazione della ^'Ha d' [jntago fatta dall' Imperatore suddetto al medesimo ^•ovanni Vescovo di Cittanova , la quale qui aggiungiamo: In nomine Sanctae, et Individuae Trinitàtis. Contadus Divina favente clcmentla Romanorum Impcra-t(,r Augustus. Quo circa nottua sit omnibus S. Dei Ecclesiae /delibila presentibus scìlicet, et futuris, qualiter Poppo Pa-tiiarca S. Aquileia. Eccl.prò remedio animae suae S. Emonien-s' Ecclesiae pauperlatl miseiicordUer compassus, villani Urna-gin juxta candem Emon: Civitatetn sitam qualiter ipse per "ostruiti perceptum , et privilegium Apostolicum usane nunc ***us est passidere, in nostrum Jus refexit eo rationis tenore, quatenus prò Dei amore notracque animae redcmplioneyatqtU' suae petitionis intervcntu S. Emoni. Ecclesiae, et Joanni eius-tieni Sedls Presuli suisque Successoribus mcnuuatani villani Humaghi cum placìlls, et (list rie tionibus, collectis et angarys, foro, suffragio, ket bulico , et escbatico , ceterisqite /mblicis jructibus cum omnibus pei tinctitiis suis prout ipse eam. Iiucus-que visus est obtinere, per iiaslrac etradltioids auctorìtatcm laf-giri atque confermare dignaronur, quo stabili et iucon-vidsa in ejusdem Ecclesiae Jti re perj iet un li ter deinceps permane-ret, Cuius dignis pctitionibus aurei nostre Serenitatis accomandante S per liujits Iinperialis preceptl pagliumi largimur, et corroboratine, Emon: S. Ecclesiae, et Joanni ciusden Presuli, suisque Successoribus qui pio tempore fueritil prelibatimi villani ìluinaghì in Diocesi Emoniense eoclstcntem, ut cu pieno Jure tatti spirituali quam corporali perpetuo gaudere posslt cum placitis, et (listriedonibus, collectis, et angarys, foro, et suffragio herbatico, et escatico, lellsquisque publicis fructibw>, et ea omnia quae legali Jurem ad eam p ertine)e vide tur, se-cundum quod Poppo Patriarchìi per preceptl nostri pagiuaiu contulimus, eo scilt'cct ordine ut fluttui Du.v, Marchio, Comes, Vicecomes nullaque Regni nostri magna, vel parva per-, sona in predicta villa piaciuti e vel callectas facere, vel ho-mincs Angarizare praesumant,preier praclibatum Joannem Epi-scopum suosque Successores. Si quis vero Ituius nostri preceptl paginam Infingere voluerit sciat se composilurum algenti libra s udì le. medietatem Camerac no'trac et niedietatem Ecclesiae Emon: einsqiie rectoiibus. Quod ut verius credutili; et diligentins ab omnibus obscrvetur /nana propria confìrniantcs sigillo /insti o insigniti jussim US. Sigimi Domini Corradi secuudl Invitissimi Ronianor Jmperaimis Augustl. liutlclo/ins Episcopus , et Cancellarius. Nos frater Marcus de J'cnctiis l icari'ns generalis D, fra tris Joannis Dei grada Episcopus Emon: presens Instrumentum scn privilegium de nostra vidimiate jussimus de ver* "n ad verbum de autentico privilegio , quod apud nos est, e°ctrahl ut ineo plcnlus contlnetur et per Notatium Infrascri-P tutti ftdeliter excniplaii. Datimi XV i. Kal. Sept. anno Domitdcae Incatnationis Mdiesimo nono, anno aut. Domini Corradi XV. Actum A„ Vdlejac feliciter. CAPITOLO XV. Si enumerano altri vescovi di Cittanova . sino all'anno 1449- Seguì dopo Giovanni nel vescovato di Cittanova A/.o del quale non abbiamo per ora altra memoria se non cbe fosse presente all' erezion della chiesa d' Aquileja fatta da Poppone Patriarca l'anno MXXXIj dopo i due cardinali tra i vescovi, che si sottoscrivono , è questo. Ego Poppo S. Aquilcicns, Ecclesiae Patrt'arclia propria manti subsc. Ego ìoannes S. R. E. Cardinalis Episc. subsc. Ego Dodo similit. S. R. E. Cardinalii Epis. subsc. Ego Aistulpkns S. Ecclae Patavinae Epis. subsc. Ego Voldaricus Dei grat. Brixianus Epis. subsc. i'-go Azo Civitatis novae Epis. subsc., et C. Ego Voldaricus Petenens Eplsc. subsc., et C. L'Instrumento è posto nel Tomo V. dell'Italia Sacra del virtuoso P. Abb. I). Ferdinando Ughello. Ad Azonc vien nominato successore Nicolò vescovo di questa chiesa circa l'anno 1089, dopo il quale pei' alcuni anni non abbiamo chi gli succedette ma solo ne! 1146. leggiamo essere stato vescovo Adamo, come apPare dall'inscrizione della tomba dei corpi de'SS. Mas-S||i)t). e Pelagio sotto il coro della chiesa cattedrale. Cre-do che questo cavasse li santi corpi da qualche luogo sotterraneo , e cessate le rivoluzioni della provincia li ripo-•■•We in quest' arca, la quale è di sasso rozzo, e rappresen- V Akcjucografo Voi. IV. |5 la quei tempi , e fosse dei primi che fabbricasse questa chiesa riducendola da luogo gentile e profano , al sacro culto. R assembra questa cappella un sepolcro antico di alcuna famiglia , vedendosi nei muri le cellette ove erano riposte le urne cinerarie, de'quali una al giorno di oggi si conserva la sua iscrizione come abbiamo detto di sopra. lidi. Guidone Margone priore di S. Salvator di Rialto dei canonici regolari fu quivi vescovo, comesi ha nella cronaca dello stesso monastero di Francesco di Grazia che manoscritta si conserva in Vaticano. i«8o. Clemente vescovo, come scrive il padre abate Ughello nel predetto T. V. dell' Italia Sacra , scrivendo dei vescovi d' Emonia. 110,/b Olderico fu vescovo come appare per scritture del vescovato di Parenzo pag. 24, che questo con Prodra-no vescovo di Pola furono presenti a una sentenza di Bertoldo marchese dell' Istria sotto Enrico imperatore. i2a4- Gerardo fu eletto vescovo di questa citlà, così dallo scritture di questa chiesa, tra quali si ha la sentenza del patriarca d' Aquileja, data nel suo palazzo di Castel ve* nere , a favori; di questo vescovato al (piale concedette la chiesa di S. Eliseo, prati e vigne nel distretto di Buje. Più si trova una lettera di papa Gregorio IX. del 12.36', scritta al Sopradetto nel registro vaticano epist. 12. foglio a73 , anno XI, del pontificato. 12^7. Bonacorso succede vescovo, così dal registro del Vaticano , ed anco per un instrunicnto di comprila di due vigne ai 19 di agosto nel li confini di Cittanuova , una nella villa o riva della Val di Dada, e l'altra nella riva di Sterpeto da Giovanni Pendolo j e nelle memorie d' Aquileja si fa menzione di questo vescovo l'anno 1260. 1-269. Nicolò vescovo. Si hanno instrumenti, uno dei 6 novembre di quest'anno, l'altro del 1270, 12 febbrajo d* affitti e livelli; un'altro d'una comprila di terre nei con- fini di Cittanuova. E finalmente deiranno 1277 al i/\ giugno, con il quale compra da Maliardo cognominato Burlct-to qm. Soliman, alcuni prati sopra il laco, i quali credo siano quegli stessi che al presente si possedono. 1290. Simon vescovo di Cittanova come dall' instru-'Uento di questo millesimo il giorno 9 di giugno , eh' è c>rca le decime di Bujc contro Mando notaro di questo htogo. 1296. Agostino era vescovo, crune appare dalla Indulgenza che concesse di giorni quaranta a quelli che visitassero le reliquie di Sant'Antonio di Padova, scrivendo osso da Venezia il giorno 17 maggio, come si legge nelle 'neniorie religiose della chiesa del Santo di fra Valerio Pomidori al C. 48. Moti nel ijio, come dal registro vaticano. • 3to. Fu eletto Irà Pietro dell'ordine dei predicatori da papa Clemente V., come rial registro vaticano all'epistola 8o5 l'anno sesto del suo pontificato, come accenna il nostro amorevolissimo padre abbate Ughello nel sopra laudato libro , aggiungendo , che il capitolo della cattedrale di Cittanova aveva fatto tre elezioni, le quali il sommo pontefice predetto dichiarò di uhm valore. Mori Pietro lo stesso anno in Avignone, e fu sepolto ivi appresso i suoi Padri. l'ili. Sostituì al defunto vescovo papa Clemenie a questa chiesa per pastore fra Pietro dell'ordine eremitano ''•Sant'Agostino, l'ultimo di Iti-Ilo, conio dall'epistola 98o, fog, |fj3, del registro vaticano1, 13^8. Frediano eletto vescovo , come consta dal libro '"titolato Obli gationes PratlaL sub loaiin. X'XII, ove appa-,e che il sacro collèggio gli rimettesse per la povertà della s,la chiesa certe pensioni, e chi sa che questo non sia Conciano vescovo di Cittanova vicario generale del patriar-t:' d* Aquileja notato nell'Indulgenza di questa chiesa. t33q. Ffarafe vien nominate) vescovo di Cittanova, ài quale scrisse papa Benedetto XII a favor di Francesco di Ceneda fanno 1240, l'ultimo di marzo, ed è l'epistola 209, l'anno sesto del suo pontificato nel registro vaticano e ci conferma che Natale fosse vescovo nostro la sottoscrizione dell' Indulgenza di questa chiesa. Il padre righello pensa , che Natale fosse vescovo avanti Fridiano , e rinunciasse la chiesa , ritenendo il titolo, perchè ritrova che *rà Marco da Navara successe a Fridiano l'anno i34q , e fu dell'ordine dei predicatori, eletto da Clemente VI; qual dichiarò invalide due elezioni, una di fra Nicolò Morosini domenicano , e 1' altra di Costantino Loredano primicerio di San Marco, come nel registro vaticano Fpist. 4- 1 anno secondo del suo pontificato. i347« Domenico pievano di San Nicolò di Venezia, latto dal sopradelto Clemente VI, come nel registro vaticano Fpist. 60. fogl. 5o., che fu di breve vita. i348. Giovanni vescovo Emoniense, come dall' instrumento dei 18 ottobre della rinuncia fattagli per Merlo no-tajo di Buje del feudo delle decime d' esso luogo , e suo territorio. Così ritrovo i356 28 gennajo un' altro instrumento di concordia tra Giovanni de Verzi, ed Andriolo Michele Priscio. i36i. Guglielmo viene registrato nel libro delle obbligazioni dei prelati. Morì poco dopo consecrato, i36"2. Giovanni de Grandi padovano successe , del quale nell'anno 1364? 8 febbrajo vi è instrumento di locazione a Giacomo de Carlis del territorio di San Michele di Ceresario per anni cinque, per tre mozzone di frumento* e in quello vien chiamato Giovanili de Grandi da Padova vescovo. Questo luogo de Ceresari è ora la maggior parte goduto dalli monaci di San Benedetto di San Nicolò dal Lido, non si sa con che titolo, onde credo gli fosse concesso in feudo dalli vescovi. Vi è anco memoria di questo nel libro delle obbligazioni in Vaticano del 17 luglio. Moii T anno i364- A Giovanni segue 2 2Q t36j. Domenico Ballata veneto, qua! nell' anno 106*7 8 aprile ricevè la conferma dal doge Antonio Vcnerio del Privilegio fatto già per altro doge di Venezia Marco Cor-laro ad esso vescovo di Cittanova, delle acque del Fiumi-s,»o , Longarola , e Budena con tutti i suoi paludi c canali per livello di venticinque para di anitre all' anno , e di n°n poter alienarle. Queste sono nel territorio di Grado, e questa chiesa non le gode più , nè si sa come. i375. Marino Michele come per iii6trumcnto di que-st anno, nel quale Maffeo Giro da Venezia decano di Cit-'anova e vicario del suddetto monsignor vescovo, alfìtta certe tene su quel di Buje a Mariti de Castro. Questo fu canonico di Ravenna, come riferisce il padre abate Ughello, ed abbiamo anco altri instrumenti dell' alienazione special-niente della villa di San Lorenzo in Daila. ì3y(ì. Fra Nicolò di Agrigento, secondo il registro romano, qual nel 1377 gli sostituisce Ambrogio, e poi Tommaso eletto da Clemente VII antipapa, fatto nel 1378 da otto cardinali, e cominciò lo scisma che perturbò per molti anni la chiesa. Fil ippo successe a Tommaso pur eletto da Clemente. i38o. Pietro da Fano qui fu vescovo, non si sa se da Urbano VI, ovvero da (demente VII, creato. Ben scrive il padre abbate Ughello aver Ietto nell' archivio di ft'eherna in Siena lettere del cardinale Pietro Mala alla repnbblica di Siena nella transazione di questo Pietro Emo-mense vescovo alla chiesa di Messina. Nelle scritture di questo vescovato troviamo che nel 1383 all' 8 aprile , era qui-V| pastore D. Paolo conte di Monteferretro , e ciò appare 1,1 Una dimissione di prima tonsura nel Castel di Venere allora sotto questa diocesi a un tal Grismavo detto (Ilice da Sdregna abitante in Buje di questo tenore : Die ili ^P'ilcs 1383 in Ecclesia Sancti Michells de Castro Vèneri^ *3. Giovanni di Trieste, come dalla Bolla che impetrò da Bonifacio IX l'anno XIII del suo pontificato del-1 Indulgenza per la riparazione di epucsta chiesa, essendo per le guerre, e calamità della provincia il tutto sottosopra. In cpjesto tempo credo si rinnovasse la fabbrica delia chiesa che ora vediamo, poiché l'architettura dimostra «jueir età. E la serenissima repubblica veneta impossessata di questi luoghi con paterno zelo non pensava in altro che coadiuvar i popoli per la riedificazione e ristaurazione dei sacri templi, abbondando allora la città di popolo, e vieni-maggiormente di carità e di religione, ne diede principio alla fabbrica. l4o6\ Pare Cile questa chiesa fosse data in commenda ad Angelo Corraro cardinale, che fatto quest'anno al 3o ottobie sommo pontefice col nome di Gregorio XII, la diede ad Antonio Corraro suo nipote, che dopo due anni passò a quella di Ceneda, e così restò questa i4o8. a Giovanni da Tharesi siciliano monaco, e a-hate di Santa Maria d'Arco dell' ordine cistcrciense, fio* "ne scrive Rocco Pirro nella notizia seconda della chiesa di Sicilia. Questo riedificò il monastero di Santa Maria di Rocadia nella diocesi di Siracusa dell' istesso ordine. i4»o. Successe Pietro Nani canonico di San Marco e-letto da papa Giovanni XXII, che nel 141 ^ passò alla chie-8a di Torcello , avendo tenuta questa contro E. Tommaso Aommasini dell' ordine dei predicatori , eletto da Gregorio X-H , nel qual tempo ancora , vuole il padre abate TJghel-°> che per breve tempo Giovanni patriarca d' Aquileja a-vesse in commenda questa chiesa. Ma per le scritture di Questo archivio si viene in cognizione, che E. Tommaso ne ayesse il possesso, poiché vi è un instrumeuto del primo (J'ugno ijio di E. Antonio Veneto vicario generale d'isso F. Tommaso fallo io Buje , ed un' altro 14 < 5 in cui si legge la semenza di Giacomo Promanilo podestà di Cittanova di non poter cavar pietra su-quello del vescovato dicendo : Procuratore lìeverend. D. Thomae Episcopi, nobili et egregio viro i). Petro Cantarello. Qual fu approvato da Martin V. nel concilio di Costanza ov'era andato esso F. Tommaso , c da Sua Santità sotto all'8 aprile i4'7j ottenne il breve apostolico, che il feudo di San Lorenzo in Dada ch'era stato alienato, fosse riunito alla mensa episcopale di Cittanova, ridotta per le guerre della provincia in tanta povertà , che le sue entrate non arrivavano a cento e venti fiorini all' anno. Questa villa di San Lorenzo donata dall' imperatore Corrado al vescovato , fu goduta per molti anni sino che fu data in feudo a laici, come a Don Brachino , e a Don Diminusigliano, e dopo la rinunzia di questo a M. Bartolommeo Micheli veneto, dopo la cui morte fu data a M. Andreolo Micheli suo figlio , e successivamente ai discendenti di M. Bartolommeo. Finalmente cadette nel M. Lodovico Micheli, che morto senza figliuoli maschi ritornò il feudo alla mensa episcopale. Ma succeduto al vescovato Don Marino Micheli prenominato , lo concesse al signor Simon Micheli suo germano per se e suoi discendenti maschi. A questo fu anco dal presente F. Tommaso rinunciata V investitura 5 ma di là poco morì senza figliuoli maschi, ricadette il feudo alla chiesa, e nacque allora lite con Mar ietta Micheli pupilla di D. Simon sopradetto , e ne riportò il vescovo la pronuncia a favore al 20 marzo 1818, notaio Antonio de Vetalys pievano di San Silvestro di Venezia , giudice monsignor Giovanni Benedetto vescovo di Treviso delegato dal sommo pontefice per farne questa unione , il (quale fatte tutte le solennità legali che si ricercano, lo seguì con pubblica sentenza l'istesso anno l4»8 , al 14 ottobre proibendo totalmente ai vescovi il poterla più alienare ; notaio , e cancel- 'iere Pietro qm. Taddeo della Panviera , ed Andrea do Stor-Sa notaro, e cancelliere. Questo buon prelato nell'anno B4f»Q fu trasferito a Pola, di la ad Urbino, quindi a Ma* sciata, e poi a Feltre, ed a Belluno, ove mori l'anno '444 » uomo di grandissimo valore, e dottrina. 1420. Antonio cardinale Corraro fu commendatario di questa chiesa. f4ai. Daniele Cario dottore di legge da Treviso go-vernò questa chiesa sino all' anno 1426'; che fu trasferito a Parenzo. Quivi leggiamo un instrumento del 21 gennajo f4'i3 , ed un altro dei 2 ottobre , con il quale concede una parte di casa ed orto in Cittanova ad Andrea de Balleis, e suoi discendenti per il livello d'un ducato d'oro all'anno; ma in questo vien chiamato Daniele de Gorzis, e fatto vescovo a Parenzo , vien nominato Daniele sesto dottore di legge da Treviso. 1426. Filippo Partita fu eletto a questo vescovato , ma nel primo mese fu trasferito a "Porcello, e la chiesa fu data in commenda all' eletto di Costantinopoli pei breve tem-P°, che la resse F. Antonio Tiburzio dell'ordine dei minimi vescovo di Ti he e Micone, una delle isole dell'Arcipelago. Tuttavia in questo tempo si ritrova essere stato vescovo Giovanni Morosini del quale abbiamo molti iristru-'nenti , come nel if\27 concede un terreno a F. Antonio de Pauli, del 1428 invcstisce i Fusini di alcuni terreni su quello di Buje, e 1432 affìtta le peschiere per la terza parte di pesce, 14«^9> '7 luglio investisce di un casale in Cittanova M. Matteo Policano , e i44a dà ad affitto una vi Sua a San Lorenzo. Nel qual tempo il padre abate Ughello, pone Marco eietto di Cittanova, che passò all'arcivescovato di Taram tasia 1434 al 10 di maggio. Papa Eugenio IV, o per compiacere ad Angelo Cavacela vescovo di Parenzo , o per la tenuità dell'entrate di queste chiese, unì l'Emoniense a quella di Parenzo allora che il vescovato vacasse per rinuncia , o per morte del suo pastore. Ma questa Bolla fu senza effetto, e morto il vescovo passò in commenda a" patriarchi di Grado , e poi di Venezia, che per qualche tempo la tennero. CAPITOLO XVI. Passò la chiesa di Emonia in commenda. 1449> J3i questo vescovato era amministratore e commendatario monsignor Domenico Micheli patriarca di Grado, e suo procuratore era in questa citlà Domenico decano della cattedrale , e del i45o Pietro de Monaty canonico di 'Porcello era vicario, e visitatore ; e dell'uno, e dell'altro vi sono molte scritture. i45'. Essendo morto Domenico Micheli suddetto ultimo patriarca di Grado fu trasferita la dignità patriarcale nella persona del vescovo di Castello , eh' era allora il Beato Lorenzo Giustiniano , conforme la Bolla di papa Nicolò V., e così restò il patriarcato in Venezia, al quale restò unita questa chiesa, onde il Beato Lorenzo primo patriarca di Venezia può con giusto titolo chiamarsi vescovo emoniense commendatario, e tra le altre scrii ture si legge una investitura fatta da esso alli signori Giovanni, e Nicolò qm. Almerico de Verzi del feudo della villa di Gradina al io di ottobre 1453, in Venezia che principia: Rfio, P. D. Lati' rentius Justiiiianus misera tione Divina Primus Patriarcha Pe-netiurum, Dalmatlae Primus ad cuius Patriarckaìem Mensam special, et pertìnet de Jure Episcopato* ohm : Emon. , et cuius Jura , et bona omnia mobilia, et immobilia per unioneni, et annexloncm , et incoiporationem factum per S. D. N. Ni-colaum Duina Provvldentla Papa V. de praemlssis cisdem Patriarcha Vcactus volens praedecessorum suonati ollin Eplsco-porum Eiuoidcnslum liberalitalis vestigia indiali etc. etc. i455. All' 8 gennajo il Beato Lorenzo fu chiamalo ila Dio aHa patria celeste, e gli successe nel patriarcale Maffeo Conta-r,no suo discepolo , e anch' esso fu amministratore e commendatario emoniense, e vi sono varj instrumenti nell*archivio di questa chiesa. Questo morì nel 1460 al 6 di inarco come si può vedere nei nostri annali di San Giorgio d' Alga già stampati. Gli successe Andrea Condulmerio terzo patriarca di Venezia con I" istessa commenda, del quale vi sono le affittanze di Portole, Buje, e San Lorenzo dell'anno 1467 al 15 di aprile. 1460. Gregorio Corraro vescovo di Vicenza fu fatto Patriarca di Venezia , e commendatario del vescovato di emonia. Morì nel primo anno, e gli successe Giovanni Ba-rozzi vescovo di Bergamo con l'istessa commenda. Si leg gono alcune investiture fatte ai sigg. Venti del feudo di S. Giovanni della Corneda da questo breve tempo che visse. i46Y). Successe Maffeo Gerard! patrizio veneto genera, 'e dea camaldolesi patriarca VI., che fu fallo cardinale da Innocenzio Vili. In questo anno essendo Paolo 11. veneziano sommo pontefice, e bramando onorare molli soggetti della simpatia, essendo al 12 dicembre morto Andrea Bono vescovo di Kquihuo luogo di poca considerazione, uni questa chie-sa al patriarcato di Venezia , come più vicina, e disunì dal 1* stessa il vescovato di Cittanova , dandolo a Francesco ^omarini teologo e giuriscousulto, qual fu il primo vescovo elio lo ricevesse fuori di commenda, nella quale era stato anni diecisette. Il tutto appare dall' infrascritta Bolla Pontificia , che qui registro per soddisfare ai curiosi dell' i« storia , acciò sappiano quanto durò il vescovato di Equili-nìo, e chi fu il suo ultimo vescovo. Dlleeto /ìlio Albati Sancti Georgi/ rie Venetìjs , Bartho-torneo Parutac, Paulus Papa IL Dilecte fili saluterà, età- postoìicam bcncdictionem. Cum superloribus mcnsibus provi-disscrnus Ecclesiae Calo/non. de persona dilecti filii Fraucisci Conta reni Theologiac .... artiumque Doctoris , qW> prius qua in lìullac ipsìus Ecclesiae expedivisset, munere etiain consecrationis non suscepto, aut eoe redditibus ciusden Ecclesiae a llquld percepisse t, cum pei obitumque Andrene Episcopi Equii ini vacasset Ecclesia ipSa Equilina, camque i\os ex ccrtls ratio-nabilibus causis Patriarcatui Ven. univissetnus , ac ab co oh lui-iusmodi unionem Emon. Ecel. quae dudum, dieta Patriarcatui unita existebat segregassemus subitale ad hanc Emon, Eccles. cilindriti Eranclscum de Consilio Veti, frati uni nastrar. Sdì. E. Cardinalium proniovimus, Untle cum intellexerimus Exonmnos (lieti Patriarcatus, mine Pastore carentis piaesentis anni fcactus, et omnes recitiit us E mania e Ecclesiae exegisse, iddi co ne dic-tns Eranciscus damnum propterea patiatur ncc redditibus hoc anno careat, volumus , ac tibi per pracscntes committimus, et niandanius ut auctoritatc nostra faclas quod omnes fructus , redditus, et proventus Ecclesiae praefacte Equillnae Patriarcatui Peneto, utpraefertur,pcr nos unitac ad ipsum Francìscuni vel ciusdem legituiti Procuratorem non obstantc dieta unione, et quod ad Eccledain Emon, sit per nos promotus, vel trans-lattts, cacterisque contrari/^ quibuscumque, contradictores etiain per Censuras Ecclesiasticas alia opportuna remedia quantum opus esse novcris compcscendo. Dato Ro/wte apud S. Petrum sub annido Plscaloris dio j2. Dccembris tl\66. Pontl/lcatus nostri anno ferito. Questa chiesa era antichissima , onde Carlo Grosso imperatore scrivendo alla repubblica veneta commemorava alcune città del ducato. Cum kabitataribus Rlvoalti, distri Olivoli, Cluglac, Tot celli, Civitatis novae, Equili etc. Per Cittanova s'intende quella edificata in vece d'llcraclea distrutta , e non questa nostra dell' Istria. 2 ^7 CAPITOLO XVIf, Levata di commenda la chiesa riceve alcuna spoglie del vescovato d* Equillno distrutto. ]/^on eoritenlo il sommo pontefice di aver levato di commenda questa chiesa d' Emonia col darle proprio pastore, conoscendo la povertà a cui era ridotta, le fece dono dei mobili del vescovato d'Equilino, unito già come si è detto al patriarcato di Venezia, che di quelli per esser liceo non aveva bisogno, come nel Breve seguente, che per 'a sua antichità registro con Y inventario , e di questi mobili pur dopo il corso di due secoli si ritrova in questa sacrestia un Pastorale, ed una Mitra. Paula* Papa. 11. Dilecte fili sa latcui, et ApostoUcam ben. Litelleximus} et Episcopum Equllinuni superloribus annis de-cedentem e vita testamento vel verbo curasse, ut Mitra, et pontificale et alia ad usuin Episcopi necessaria, ad suc-cessorem suntii dcvenirciit. Et cum Ecclesiam Equillnaui ratto-nabilibus de causis Patriarcatui Vcnet. unìvcrlmus, et ab co Entouieiiìcm Ecclesiam segregaverimus, quae sicut praeccpimus où dieta cum diti unione supradictis rebus corei, Ecclcsia-(/uc Pa triti rchalis Penata cui Ecclesia E.quilini unita est 'c/iqtds non egeraf , imo opulenta sit, et plurima abundet : Polentes igi/ur indonnitati Ecclesiae Emon, providerc cotumi-H'nus , et mandamus (ibi per pracscntes , ut auctoritate nostraJacias , et mattdas quod pi (tedici n bona, quae ohm E-quilinus Episcopus successori rellquit suo etsi ei non reli-(juisset Francisco Cantarello ad Emon. Ecclesiam electo toh* firniatoquc, Infra certuni terminum. proptereaprefìgendum assl-ffnentur, cum prescrtim praedicto bona Ecclesiae Emon. ad quam ipse pranciscus Contarenus clectus est clargiamur, con-'l'adictores cadetti auctoritate ApostoUcam compcscendo. Non °hstantibus quod Ecclesia Patriarcalls Venet. eidem Equillno deftuteto pntpter praedictam unione.in succedere vldeatur , cae-ft>isque contrarijs (quibuscumque. Dot, Pomac apud S. Pe- trum sub A nimbo Pescatoti* die Ali. Dccembrls MCCCCLXV > Pontificata* nostri anno tertio E. Dathaiiiis. A tergo. DUecto /i/io Bartholoméo Parata Abb. S. Gregory P'eneì. E questo è 1' inventario dei mobili predetti. In Christi nomine Amen. Anno Nativitatls ejusdem 14-r,7« Inditi>ne quintadecima dei septima Melisi* Aprilis, Venetijs in Monastcrio S. Gregari/, praescntibus F. Jacobus qm.D. Joannis, Rado prò Michadis habitantibiis in dieta Contratti testi* bus ad haec habitis vocatis et rogatis, et alifs. Ibique Rea. in Christo Pater 1). Bart'iolomeus Parula Dei, et Apostolica* Sedi* grafia Abbas Monastcry Sancti Gregari/' de Veneta $ Comnùssàriut Apostolica* rogaci? carfani securitatis, et fini* M. Thadeo Otselli pene* quetn repcrta Juerunt infrascripta bona prò Rev. D. Andrene Bono Episcopo Equiliiu consigliata per eu/nde/n M. 7 biadatiti ips: Rev. D. Bartholoméo In e-xecutlone bull. Apostolica}:, et quia dictas res. Imbuii ab ipso M. Thadeo , ideo ipsuin , et heredes silos reddlt secit-ros perpetue et quieto* , et nihil inde reinansit, aride amplius dieta occnsione cogere seti molestare possit ipsuin Thadeuni in iudieio vel extra , et cantra liane carfani securitatis si temptaverit , tane cnimendare prondslt ami libra* quinq. nlhilominus haec Securitatis carta iti sua pcrmaneat /limitate. Infrascripta suiti res, et bona. Prim. una capsula pietà in qua est Mitra Pontifica lis frigia la cum auro, et perlis, et smalti* cum campancllls odo in fecies de argento desuper aurato cum suis involtatiliIs de Boschasino. Dan smini Pastorale Ebori* cum Christo passo in medio, et hnagine Virginls Mariae, et Sancti Joannis fulcitls suis necessarijs. ltan una Crux argentea cum Cruciflxo ad ponendum ad postum. Ponti-Jicis. ltan unum annulum de argento deaurato cum lapi-dibus contrafactis, et sex pei li* patvis. Itati tre* Mitrae albac antlquae. Item una hursa de velluto -vergato berctino cimi uno corporali antiquo. Item unum manipulum sitidanis ruba antiqui. Item unum paiiandalìor. cum suis calegis de serro viridi, Item Irla manutergia ab Altari litigata, item unum cossinellum varijs collo ris. Unum Pontificale coopertum col-^°'i rubeo adamischinum. Item una alia capsitia in modani Altari pnrtatills Scripturae Episcnpatus Eq ialini. Item unus kbcr in carta bona cooperius cario rubco, qui vocatur liber l'etri Novilae de artificio, et modo loquendi. Item unus li-^r incipiem novella tabula ma,rima , ci firut perita. Item •feft qui ìncipit, universum tempus qui est legeridar. Sanctor. , et faut per omnia saccaia sacculorutn. item unus liber sumae ^cretalium Magiftri Gofredi , incipit stimma finii qui sctipsit Scnbat. Item unus Ubcr iticìpieus ne dlxìstì Pilli. , et jìnìt staq- Item liber lagicìae incipiens dialettica ars artium, et fi*Ut crplicitint falaciac S. Tfiomae. Item liber incipiens regu-de Martini Papae, et finis, et cum claiisulis. Item liber cUm una tabula tantum incipiens quaestio est, et finii exph-ciUtit questiones. Item in una. Capta antiqua sant multae scripturae et buine et unum pittale derocca lo. Item liber intra-ctutn prafacti D. Episcopi. Item una bursa de cario rubeo antiqua. Unus Poleus niger falcitus sindone viridi cum broc-c's, etc JSotarius fui Paulus de Liberalìbus, Ora di queste suppellettili cos'i degne, ed antiche siane c,1gione l'ingiuria dei tempi , o V incuria degli uomini, eo-nie si è detto , non si vede che la Mitra ed il Pastorale. Questo buon pastore Francesco Contarino operò cose ^eflue, ed accrebbe 1'entrate della chiesa , che per la commenda e lontananza dei vescovi erano andate a male. Di rluesto buon prelato si trova che dopo aver governato mol-■"' Witti morì santamente. Per il registro del Vaticano a questo successe 1491 , postino , al qual tempo 1492 Nicolò Donato qual fatto ' anno seguente patriarca d' Aquileja , come dall' istesso re g'stro del Valicano. .491. Successe a questo Marc' Antonio Foscarini qm. Bernardo , che con l'istesso ardore portandosi verso la stia chiesa V a crebbe sommamente, con la sua autorità ridotti » feudatari all'obbedienza, agitò liti, con grande spirito le difese riportandone gloriosa vittoria , delle quali alcune qui registreremo su V anno i5oo : fece che li signori V orzi tagliassero l'investitura di San Giovanni della Comoda j che fece pagar otto scudi d'oro all'anno, e scomunicò quei di Portole, che non volevano pagar le decime , e si fece concedere, come nell'instrumento teneva, ragione a San Lorenzo, e ne sono molti atti. Lasciò andassero alla giudicatura dei podestà d' Umago, evi fu l'anno 1519, concedendogli a M. Bernardo Barbo di muover lite col vescovo di Trieste, che aveva occupato a questo vescovato la diocesi d' Umago nella ragione ecclesiastica, e dopo molte liti n'ebbe in Bota la sentenza, che io qui registro, acciò servi per eccitamento a'successo' ri una volta di ricuperar il suo. Chris ti nomine invocato pio tribunali sedentcs, et solimi Dcum prue occulls habentes pei liane nostrani dlffinitivam Seti-tentiam quant de D. Coadjutoruin nostrorum Consilio paritcr et asseristi feriatus in scriptis pronunciainus deccrnimiìs. et dcclaramus in causa, et causi* quae alias corani Rev. D. Ni' calao (V Arredo in prima , et Hugono de Spina in scemala, atque coadiutotibus, et corani Nobis in tertia Inter Marcum Antoniiirn Eplscopum Emon. princlpalem ex una et Petrum Episcopum Tcrgestinurn de et super Jurisdictione Ecclesiastica collegiatae Ecclesiae S. Pellegrini Oppidl Hurnagi illlus Ter'' rito ri/', et dlsttictus, et etiain Jure decimatali, et decimas col-ligendi, juraque Epalia exercendi in cisdetn sive Illorum sp<>' Uà . . , et modo , et corani Nobis de et super nullitatis senfentiae dcclaratlone per Nos praedicto Rev. P. D. Petto E/nscopo Tcrgestino , et contea prtufatum Rev, P. D. Mar' cum Antotdum Episcopum Emon. latae ac omnium, et singn-lotum inde scout'orniti ac edam Juristllctione Ecclesiastica, >hire decimandi, et decima* colUgcndi, et percipiendi Juraq. Rpàlia exercendi , ibidem praedictis ìebus ali/'sq tic , et ilio rum occasione in actls latina expressis in petitorio partibus, ex nltera in. prima vertuta instantia nidUter mah et perperam. fuissc et esse per Nos processimi, sent cu tintimi , et deffungini , huliismodi que processus nostros , et sentcntias per nos lata*, et littcras executoriales, ac decreta cum omnibus, et singulls inde secaiis fuisse et esse nullos , et nullas, ac nulla tndiiusque roboris, vel momenti, etnullltatis vltlo sublacidsse, et sublacere, cosque et eas ac dictarum Vittoarimi executo-t'ialium decreta, cu in omnibus, et singiiUs Inde seciltìs praedic-*is quatenus de facto processerunt rcvocandos, cassandos , ne annullandos foie , et esse prout revocamus , cassamus , et nnnullainus paiique nostra diffìnìtiva sentcntla pronunciamus decern'itnus , et declaramus , Gdleglalam Ecclesiam S. Pellegrini oppidì II urna gì , illius territorium, et dìstrictum. praedic: in. dioec: Emanlensi existisse, et existei'e, et intra illius limite* compraefiensa et compraeliendl , et illius dioec: et esse, ac et donationem , concesslonem , et elargiiioncniper Serenisi. Conradum Homan. Ilcgcni de villa terme et mine Oppidì lì ama gìj, illius territorio, et districlu praedlctac Eccl. Emon:, et illius Episcopi* prò tempore pie, et grado se ftc-i(itn f ct facto* , ac omnia , et s'iugula , inde secata fuisse °t esse Canoidcam , Canonica*, et Canonica suumque de •Iure debuissc, et debere sortili e■(feci uni ; nec non Jurisdictio-}iem Ecclesiasticam Coileg. Ecclesiae Sancti Pellegrini, et oppidì Htimagi, illius districtus , ct territori/' praedictorum ac efiam Jus decimandi, et decitnas colligcndì, et percipiendi, ''iiraquc Epalia in cisdem exercendi ad praefatum lì. P, D. Marcimi Antonium Episcopum Emon: dictainque Ecclesiam Emon: et illius Episcopos prò tempore spectavisse, ac spccta-lx'> ac D. Marco Antonio Episcopo dictae Ecclesiae Emon: , ac dlius Episcopis prò tempore pracfatls fuisse, et esse debi-t("n, et debita, illainque, et Illa Aden cum omnibus, et sin-V Archiìografo Voi. IV. 16 2,2 gnlis pei tinai, suis ndjudicanda , et judieanda fare et esse AC indicainus, ncc non praefacio D, Vetro Episcopo Terge-stino adceisario, Ecclesiae 'J ergesti/me et illius Episcopis prò tempore in , et od Jurisdictionem Ecclesiasticam CoUeg. Ecclesiale S. Pellegrini, et Oppidl ììamagìj illius d/'sfrictus, et territori/' praedicti, et decimas colllgendi, et percipiendi, et Jura Epalia praedicta In eisdem exercendi, nullum unquamJus com-petìlsse, ncc competere et eumdem P et min Episcopum pi a epitimi , ct Ecclesiam Terge si Inani ab Juiisdictionis Ecclesìasticae Juiis decimandi, et decimas colllgendi, et /terci/n'endi, juraque Epalia exercendi, ludusmodi, et pertincntiar. omnium corumque quasi occupatione, et detentione toUendum , et aninumendum foie, ct esse ac tolllmus, ct ammovcnius , et eumdem Domi-' lìiliu Marcimi Antonium Episcopum Emon: praefatum , et illius Ecclesiam, in quasi corporalem , realem , et actudlem posscssionem Juiisdictionis Ecclesia siiene Juris decimandi, decimas colllgendi et percipiendi, ac Jura Epalia exercendi praed,, et pertlnentiaram omnium, et singulorum ponendum , et indiicendum foce , et esse , oc panini us , ct ìiiduclmus , quosique occupatioiies , et detenzione* huiusmodi , ncc non molcstationes, intrusioncs, eontradictìonesf, et ini' (•dimenta ipsi Domino Marco Antonio Episcopo et illius Ecclesiae Emon: per /nefa: D. Pel rum Episcopum Tergestinum de et super JW lialictionc Ecclesiae Collcg. S. Pellegrini , et oppidi Huniagi illius districtus , et territori/', ac Jure decimandi, <'/ decimas collegendi, et percipiendi, Juraque Episcopalia in eisdem exercendi, et illorum occasione quomodolibet factas, et prestitas , ac fida, et prestito , fuisse ct esse temeraria*, UUcitas, indebita*, iniquas, et im'ustas, praèsumptas, et praesumpta, illasquc, et Illa dicto Domino Petto Episcopo pruefacto Ecclesiae Tcrgestiuac et illius Episcopis prò tempore de et saper ìllis, ac Jurisdictione Ecclesiastica, Jure decimandi, et decimas colllgendi, et percipiendi,juraque Episcopalia exercendi pi ned. perpetuimi silcn tinnì imponendum, et ùnponìmusy ncc non in jnictìbusa tempore moloc litis per nre-fatum Dominion Petrum Episcopum Tcrgestinum etiain ex eisdem perceptis, et in expensis in hujusmodi causa coram Nobis pio parte dicti Domìni Marci Anionii Episcopi Emon. P'ac/dti hactenus faclis eumdem D. Petrum Episcopum prac-fntum c.ondcmnandum fare , ci condemnamus (piaiuni (a-•Catione Nobis imponila rescriHimu;. Ita pronunciavi — Ego .lo: Autonius de..... Mcdiolancusis Potae Auditor. CAPITOLO XVIIf. Gli altri suoi vescovi. orto il Fosca ri no .successe nel vescovato F. Antonio Marcello da Cherso isola nel Carncro fu dell' Ordine dei M ini mi Conventuali di San Francesco dottor di teologia , ed arcivescovo di Patrasso , qua! venne al suo vescovato il giorno sesto di aprile l'anno iT)22, poco dopo il mezzogiorno che fu la domenica di passione. Questo pubblicò l'editto contro i fendatarj, acciocché mostrassero li Imo giusti titoli, e ribattè quei da Portole, che pretendevano di elegger i loro pievani , e cappellani, ed altre cose a favor del vescovato, ma anco all' incontro nelli primi tempi non so per qual cagione fece instrumento di concardia col vescovo di Trieste del luogo di Umago, e adducono che ciò fece per le grandissime spese eh' erano andate nella lite, e mediante un certo Lorenzo Campegugi *Uiico comune , 'cedendo quello che non poteva , cioè la tf'Urisdizione di Umago ed il jus delle decime , le quali imputano assai buona entrata ; cosa in vero molto dannosa u questa chiesa, e la qual concordia ripugnava alla sua au-l()rit.ì secondo i sacri canoni. Monsignor Francesco Mani-1,0 vescovo ne rinnovò la lite , citandone il vescovo di ••"leste; ma mancato questo buon pastore non fi ritrovava- no più i processi, ed atti, ma solo l'indice delle scritture, senza le quali , non è possibile introdurla , come io mi sono affaticato di fare, avendola consigliata a Venezia, ed a Rotila. Morì il Marcello e fu sepolto nella chiesa del suo ordine in Cherso col seguente Epitafio : Serapldco coetu . . . qui praefuit oliin , Dog/nate qui Patio . . . ore potérti, Marcellae genti* jacet hac Autonius urna Qui fuit et Patarac Piaesul et Aemoniae. Proli dolor! heu fucinili l no s tris mori invida ferrisi' Cur potuit Clicrsi gloria tanta morii t5a8. Mancato il Marcello V anno predetto fu eletto perpetuo amministratore il cardinal Francesco Pisani , clic dopo breve tempo rinunciò l'amministrazione ad Alvise suo nipote cardinale, e vescovo di Padova, sino all'elezione del nuovo vescovo che successe di là dm: amo. i53o. Giacomo Monctlo veneziano che lo tenne 2 anni. i532. Alessandro Urso, ovvero degli Orsi bolognese, successe a Bene Ito, e per molti anni fu vescovo di questa città. Fu intrinseco del sig. cardinale Alvise Pisani vescovo di Padova , anzi stette quasi sempre al suo servizio a Padova come appare nelli processi con li signori Verzi di Capodistria, che con il suo feudo di Giovanni della Corneda occupavano gran parte dei terreni della contea episcopale di San Lorenzo in Dalla, che finalmente con più giudizj fu deciso a favore del vescovo emoniense. Questo buon pastore avendo finito i suoi giorni l'anno 1561 l'ultimo di luglio in Roma, fu sepolto nella chiesa di Sant' Onofrio con questa memoria : O. M. A le xa udrò Crsio nob, Bonon. Civitatis novae in Istria Episcopo , ani/ni corporisque dotibus insigni, lo: Bapt, ltrengus Eoroscmpronicnsis oh diiiturtiain Clientelarti haeres Instltutus Patrono opti/no optirnequc de se merito H. M. F. C. Pridie Kalen: Angus: anno sai: MDLXl. Fu dato questo vescovato a monsignor Matteo Friuli Prelato di gran considera/ione, che al concilio di Trento, c°me appare Dell' Indice dei vescovi stampato nel fine del concilio l'anno i5C5, passò allora alla chiesa vicentina, e *u dì nuovo perpetuo amministratore il cardinale Alvise Pisani , che lo tenne sino all'anno 1570, nel quale mancò di vita; onde come al vescovato di Padova gli successe moii-s,gnor Nicolò Ormanetto da Verona , persona delle più qualificate di quel secolo, così a questa chiesa di Cittanova il padre Gieronimo Violini uomo di vita , e di dottrina cospicuo. Fra Gieronimo Violini veneziano dell' ordine di San Domenico teologo famosissimo dopo aver letto nello studio di Padova, metafisica l'anno i55i, teologia fanno 15545 tìd eletto di là alcuni anni alla lettura della scrittura sacra, essendo andato a Roma fu fatto vescovo d' Alcolica nell' Acaja da Pio V. , e fu al concilio di Trento, ed è nella nota di quei che intervennero col tìtolo del vescovo argo-ucense, e come vescovo, vogliono molti che anco leggesse nello studio di Padova. Fu in quest' anno promosso al vescovato di Cittanova, ed ebbe il possesso temporale li 3o agosto, come dalla ducale del doge Alvise Morenico , e qui segnata al 4 settembre dal podestà di Cittanova Trotta banale. Fu maestro di San Carlo Borromeo, e scrisse alcuno opere come De sex dlebus condili O/bis. Rispose alle o-Pere di Matteo Illirico Flaccio d' Alluma calvinista. De D. 'Phoniae doctrina Lib. a. Cootuicui. in Kpist. D. Punii ad Ilcbrco.ù i/fi De Resìdentìa Episcoponun. De Episcopis, quos titutares appellati! élucubratio. Una Apologia Oratoria contro i detrattori della Teologia scolastica. Oratio de optinio Episcopi tnuncre , ed altre. Aveva una bellissima libreria della quale De fa memoria il Sansovino nella sua Venezia, che eredo sia quella, eh è nel monastero dei Santi Giovanni e Paolo , da me registrata quanto ai manoscritti nelle biblioteche venete Stampale Tanno iò'4 . . . Fu suffragane© del vescovo di Padova per alcuni anni. Riformò questa chiesa nello stato eh'è al presente, e procurò le fossero falli molti abbellimenti , e lasciò alla sacrestia la cassetta de' suoi paramenti, che furono calice d' argento con sua patena, alcuni corporali, auimete , e borsa ricamata, una pace d'argento col bastone di avorio e d'ebano, alquanti cuscini, un pievale di damasco bianco con fregio d' oro , una pianella con le sue dalmatiche, e tonicelle bianche compagne con frangio d'oro, con li sandali compagni e pianelle. Cosi una pia-netta cremesina con le due tonicelle ornate d' oro , e i sandali, un'altra pianetta di damasco bianco, due camici bellissimi, due mitre, guanti di seta, un bossolo da argento da tener la cresima , e scottola ricamata da tener le ostie, due fascioli lavorati di scia, ed altre cose. Cosi cotte che parte al presente vi sono , e parte consumate dal tempo , e perdute. Onde veramente si può annumerar ita i primi benefattori di questo vescovato nel (piale dopo essergli stato anni otto fece suo coadiutore con futura successione A-lessandro Avvogadro trevisano dottor di legge vescovo di PriumiriO in partibus infldcUnmil1 anno 15^?B. Questo essendo stato qui due anni , nel ter/o si ammalò essendo a Venezia nel monastero dei Santi Giovantd e Paolo nelle stanze di monsignor Violino, ed ivi al i5 di agosto i58i morì. Tornò alla sua chiesa il vecchio Vielmi , donde verso il mezzo dì gennaio i58a, ammalatosi si fece eondur i» Venezia , là dove aggravandosi il male , al 7 di marzo mancò di vita I anno di sua età 63, e nella chiesa dei Santi Giovanni e l^aolo , avanti 1' altare maggiore sepolto con questa inscrittone. Prelato degno di ogni lode e per le .sue virtù , e per le sue fatiche, e per I' integrità della vita, ornamento di quel secolo. Die tace/ lu 1 et endiss: Episcopus A Emonìae Mag. Et', lliet(tiijtims Vieltttus Vetietus (Itdìn, Prctlieatorutii Qui iti ornili scictitiarum genere excclluit. Obìjl (tutto Domìni MD.LXXXIL die VII, Mariti Ac/a/is suae E MIE i58a, io marzo, successe Antonio Saraceno nobile di Vicenza giurisconsullo illustre, che aveva servito la coite in Roma, là dove tra gli altri onori se gli ascrive esse-fé stato cameriere secreto di papa Gregorio XIII, grato parimenti alla serenissima repubblica veneta ; ma ottenuto questo vescovato, assalito dalla podagra restò sempre infermo, e lontano dalla sua chiesa tutto il corso della sua vita y abitando nell'isola tli Murano vicina a Venezia; in Cittanova elesse suo vicario generale D. Paolo Diodo veneto dottore di legge, uomo di molto valore, qual con somma diligenza governò questa diocesi , costrinse i feudatari del Vescovato tor le loro investiture ; difese la giurisdizione e-P'scopale per i benefiej di Piemonte , e regolò tutte le altre cose con grandissimo giudizio, come si può vedere da-§1' atti sotto il suo governo nella cancelleria di questa chie-Sa > oltre i quali non abbiamo ninna cosa di momento, Mori monsignor vescovo, dopo di aver per ventiquattro anni tenuto questa chiesa, in Murano il settimo giorno ili novembre, e furono portate le sue ossa in Vicenza nella chiesa tli Santa Corona , ove si legge questa memoria. Antonio Saraceno , loanuls /ilio , GregOrU XIIf. Cubiculario , plurlbus honorlbus aneto In primis Civitatis novac Episcopato , probltatc , doctrina , prudentla admirando Anno MDCJ'I. XIX. Noccmb. Mariani de/uncto , MDC.XX XP1I. in sepulcro majorum translato Julius ex Paulo Acmi/io fratre nepos Polensis Autistes Mortis memor sibi eleglt Monumeutum. 1606, al n giugno, Francesco Manine) d'Udine conte, e Dottor di legge successe. Questo visse qualche tempo alla corte di Roma, e fu fatto abbate di San Michele di Pola, reffeiendario dell'una, e l'altra segnatura. Fu coetaneo e condiscepolo di San Carlo, prelato di buona vita, ed intelligenza , di statura piccola, che governò la sua dio cesi con molta carità, ed edificò la casa del vescovato eh' era andata in rovina, in questa forma che è al presente, e come abbiamo detto di sopra,' dopo aver governato anni tredici, inori in Udine a ventotto di settembre t6i§\ e al trenta fu sepolto nella chiesa della Madonna delle Grazie. Si bà di esso nell' archivio episcopale una bella visita che fece l'anno 1616*, nella quale sono notati i beni delle chiese, e scuole della diocesi. Lasciò un legato di ducati quattrocento di capitale al capitolo dei canonici di Cittanova per sovvenire alla loro povertà, ed essendo questo fondato sovra alcuni beni a Pola del sig. Geronimo Barbo, questi canonici al presente non possono riscuotere cosa alcuna per trascuraggine dei predecessori loro, perchè la te- ntutà delle rendite non proporzionate a far liti or lo vieta; si sono però con molta fatica impossessati della casa di detto livellarlo posta in Pola nella strada grande, onde si può ancor sperare qualche bene, Lasciò alla chiesa un paramento in terzo di damasco pavonazzo, con il suo pieva-'e, che ora si ritrova in buono stato. Contestò lite per le decime e giurisdizioni di Umago con il vescovo di Trieste e passò nelle prime citazioni; ma prevenuto dalla morte, restò il tutto imperfetto con la perdita delle scritture, e si deve con ragione annoverare tra i benefattori del vesco vato , vivendo tuttavia la memoria della sua pietà verso i poveri, e verso i canonici della sua chiesa. 161Q,val 21 ottobre, successe Don Eusebio Calmo di Ud ine dottor di ambe le leggi, ch'esercitò nella prima età l'ufficio di avvocato, nel qual tempo andò a congratularsi con il doge Giovanni Bembo , ed orò per la patria. Divenne canonico d' Aquileja , e di là a poco, da Paolo "V, fu eletto vescovo di questa chiesa, con il mezzo di Pompeo Caimo medico suo fratello in quel tempo a Roma. Questa dignità tenne venti anni , e sempre abbonì 1' abitudine di questa città conte contraria alla sua salute, in modo che per la sua assenza, e poca cura andò a male la v'gna , ch'era nel brolo, e la casa parimente patì danni notabili. Servì su i primi anni il patriarca d'Aquileja per suffiaganeo. Per memoria ai successori lasciò due pensioni una a Giacomo J. C., e l'altra a Eusebio suo nipote. Visse con buona salute sino agli anni settantacinque di sua età, dilettandosi sovra modo di uccellare. Morì nella pioemia casa del sig. Orazio Busino a Verteneglio al 19 di ottobre 1640, senza lasciar alcuna memoria alla sua chiesa. portato il suo corpo a Udine , e sepolto nella chiesa della Beatissima Vergine delle Grazie, appresso l'ossa di Pompeo Caimo con questa memoria che vivendo si fece. a5o d. a M Eusebio Caimo E C, Llineasi Epii capo Aemonù itisi Pro sua in Deutn divamque piotate Requiem eternarti dicas. Obijt Anno MDCKE. aetatis suae LXXP. Di questo si legge l'elogio nostro stampato nel secondo tomo delle vite degli uomini illustri, ove vi è anco I* sua elfi gif. 1641. Decembre, Io Giacomo Filippo Tommasino padovano dottor di teologia collegiato di Padova fui eletto da Nostro Signore Urbano Vili sommo pontefice a questo vescovato, benché indegno, e di niun merito a una tanta dignità, del che sia sempre ringraziato Dio, e la Beatissima Veigine, ed i miei santi protettori quali prego mi die-no talenti a non esser inutile in tutto a questa chiesa , ed a questi popoli. Registrerò qui queste sole righe , per memoria , e ine ne scuserà il lettore. Era nelf anno quarantasei della mia età con una carica di visitatore prima della mia congregazione dei canonici secolari di San Giorgio d' Alega in Venezia, e ricusato il vescovato della Canea in Candia per la lontananza , ricevute le lettere dell' Eoi.0 signor cardinale Francesco Bar-barino, e la nuova di monsignor Francesco Vittili nunzio di Nostro Signore in Venezia a premier licenza dal serenissimo principe, e dargli parte della mia elezione il giorno 28 dicembre; partii per Roma il primo di febbrajo 1642. Fui esaminato al 5 aprile, consecrato dal cardinale Marc' Antonio Bragadino ai 22 giugno. Partii da Roma al 20 settembre , e giunsi a Padova al 4 ottobre. Tolto il possesso temporale dal principe, mandai il signor Giacomo Tommasini mio nipote il primo di novembre * Prenderlo a Cittanova. Andai a collegio al v>6 aprile, dove dopo brevi parole di ringraziamento presentai al serenissimo Francesco Erizzo doge, ed a quegli eccellentissimi senatori il mio stampato degli Annali di San Giorgio d Alega dedicato a sua serenità, e serenissimo senato, dispensandone a tatto il collegio 1' opera. Il doge disse molte belle parole a mia lode, essendo mio antico padrone. Il giorno di Sant' Andrea partii da Venezia per questa chiesa , e giunsi \\ giorno seguente, ed ai a dicembre feci '1 mio ingresso , ciorno dedicato alla dedicazione della chiesa medesima. Ho procurato difender le ragioni di essa chiesa, fatte le visite nella diocesi , feci 1' anno 1644 il mio sinodo, che più non era stato fatto, e lo stampai con le Gl'istituzioni per ammaestramento del mio clero. Ilo fiancato le sue pensioni Caimo, e ridotti ìli coltura i terreni del vescovato, ed ampliati. Il tutto sia ad onore tli Sua Divina Maestà, di questa chiesa, ed utile all'anima mia. CAPITOLO XIX. Entrata del vescovato di Cittanova. , e nota dei suoi beni. I_je rendile di questo vescovato ne'tempi passali erano di qualche somma, onde la sua Stima nella cancelleria apostolica è tli fiorini cento , come anco le decime del principe erano più alte; abbassate; in aver conosciuto la diminuzione delle sue entrate, che al presente sono ridotte al meno, parte per l'usurpazione del territorio di Umago dal vescovo triestino , e per i terreni passati in persone che non vogliono più pagare al vescovo le giuste e dovute de-ernie, olire li molti campi elio vi restano incolti per la "lancanza tli coloni , e ciò per l'aria inietta, che li distrugge nella citlà e territorio. Consiste però la principale entrala in due peschiere una detta Ara de pò, l* altra Quièto , ambi poste nel principio della valle che fa il fiume ?5s Quieto, ove entra in mare, e vi è il suo casone di muro coperto di lavre. Sono ora sue le acque della punta delle Fornaci al luogo detto la Cadrega del vescovo sino appresso pissine al casone della comunità , ove alla prima borghcl-letta vi è il confine, ma io credo andasse sino al monte , ov' è 1' antica Emonia, la quale sta in faccia a questa valle, che già doveva essere tutto mare, ora per il fiume Quieto ingrossato dalle acque piovane tutto abbonito , sicché dove già anni, come manifestano i segni, vi andavano a piò del colle di Emonia le galere, ora appena possono arrivare h piccoli battelli dei pescatori. In Cittanova ha un prato, oliveto, e vigne, come si è detto di sopra, con orti tutto serrato, il prato avanti la casa sino all' orto Carlino, e confina con quello del sig. Giacomo Rigo; ed aveva sino case e livelli che si sono persi. Sopra il territorio di Cittanova ha il bosco di Casta-gneda con tutta la pianura sino al mare con quei terreni arativi contigui principiando dalla Muglila, e tutti i terreni di Val di Mezzo, la qual valle principia dalla strada e prato posseduto ora dalli signori Busini , fino alla strada, che va a Lama, ed Olivi, e dalla Salvella fino alli Olivi, e chiesa di San Vidal, come da una affittanza del 15o,8. Li prati al Laco vicino alla città. Quelli terreni arativi del prato del vescovo sino là su agli olivi sono parimenti suoi , e sono in gran quantità. Quel terreno ed olivi al capitolo. Il Vegal ; il terreno arativo appresso la foiba Colombaia, confina la stanza di D. Massimo Bigo col bosco vicino. Alquanti terreni arativi alla Madonna di Nogaredo contigui colle ragioni di Matteo Dizzurini da Verteneglio. Nel castello e territorio di Buje riscuote prima le vi-gesime de' grani , uve, ed animali minuti. Sono anco alcuni campi con olivi, ora posseduti dai signori Becochci a sotto la cbiesa di San Giacomo, obbligati a pagar la decima, così dei grani, come di olive. La casa di . . . . Paga per censo una barila di vino all' anno. 11 monte di San Pellegrino era della mensa episcopale; ma infeudatane 'a famiglia Busini, questa non solo di là a pochi anni negò il censo , ma ancora con pessima nota d' ingratitudine , 'a decima, sebbene un tal Cristoforo anco con pubblica scrittura a queste obbligasse per ottener 1'assoluzione della scomunica in cui per tal renitenza era incorso con dichiarazione di ricader in essa ogni volta eh' esso ed i suoi e-redi più la negassero. Ora però (questo per giudizio di Pio) non resta di questi alcuno perchè gli ultimi per loro misfatti sono morti in galera , il che serva di esempio ad altri , e specialmente a chi ingiustamente ora li possedè. Parimenti quasi lo stesso rappresentano le famiglie di Geru-saleme , e Rizzi za miserabili , che da grandissimi terreni sul medesimo territorio in contrada di San Pelaffgin di Pai-ci sopra il Quieto Carghel'tn concessi dal sig. Paolo Diedo vicario dei vescovi Saraceno , e Martino a Domenico Ar-maro di Grisiguana, poi passati nei predetti Gerusaleme e Razziza, ne hanno alienati molti come esenti ai Madellis, e ad altri. Dagl' in strumenti si cava anco che aveva una casa ed altri censi. A Portole si riscuotono le decime, che si cavano la maggior patte dal quindici con molti censi , e livelli. Ila le decime di tutte le cose come assoluto padrone m spirituale e corporale nella contea di San Lorenzo di Dada con piena giurisdizione d' investire nei terreni , chi gli piace quando per tre anni restano incolti. E per conservare la memoria dei terreni di questo vescovato nel territorio di Cittanova contro la calamità dei tempi ho pensato bene registrare rpiesto instrumento fedelmente cavato, ove si vede 1' autorità del vescovo dì vendere i vini delle sue entrate fatte fuori di questo territorio, e si vedono questi terreni, vigne, stanze, boschi, prati che possedeva questa mensa episcopale. Ex Libro Regi/ti inis Sp. IX Jacobì Premarino olim potestatis Aernoiitae cai: /{ò. In Cltristl nomine Amen. Anno clusdan IS'alivitatis tuli-lesinai , quadragenteslmo , quarto decimo , ludic/ione octava die 4 mensis Augusti in platea Civitatis Acmoniae declaratuni fult per tiomincs prò Consilio Acmoniae quod poslquam veti' diluni esset ulnu/u quod lio/ulties Acmoniae habent ile pos-scsslonlbus suis, fune posslt vendi ad spinata vlnwn quod Episcopus Acino ti: habet de decimis extra dlxtrictum Acmoniae, dum.'iiodo sit sufficit eus non aquosum., non versi uni, et quod nulla speciali* persona posslt vendere vlnuin forense anteqitani Episcopus posslt vendere praedictum Annui usque ad festuili Sancii Michaells , et non amplius, solvendo prò qualìbet urtiti de dado , illud quod solvunt vicini de vino suo. Et hoc jii" dicaturn per Nos Homitia Acmon: qui prestito Juramento Ie" slitti, si illud vimini sit sufficlens. Eisdem millesimo, et Indici io ne , ut die : N>s Jacobus Premurino Potestà* Aemoniae prò Serenissima Ducali douiiuatione Fcneta , notum facinius . . . . in-frascript. Domini.......qualiter per omnes homincs ......Et vacai per spoetimi sex vigna* Ùf efi......posteri sui. Omnibus de Consilio Aenion: fult vision, et cognitum orli-nus terras pertinentes ad Episcopum Aemonien: salvo Jure L" piscopatus, et communls 2 3. 1. In primis imam terram ad vergatoli per via/n Btdf Icarum et confinai cum vinea Mathei Volla , et terra Capi' tali, et via publica. 2. Item unum terram ad S. Luciani prope viam llunid' giù et confinat cum vinca ser Dominici quondam Marini, e* rum vinca Valch. 3. Item Vigiialem prope ICcclesiam S. Lucide, 4. ltan una ni terram in Con tra tu Slropedin, et confinat Cfini dieta ser Domenico , et licredibus Cosmae Scorzon. 5. Item imam Taravi de saprà S. Luciani, et confinai a lataitJiii via communi' , et incipit a vinca ser Fumine Pa-rantano continuando usque ad tres compostacas nouglene. 6. Item imam terram ad Sanctum Cosmàm saprà et infra Ecclesiam, ct confinai cum via. pubblica , et terra de Palme. 7. Item imam terram In medio viae quae vadit ad S. Co siimi 11. 8. Item una 111 pedani terrete in ter viam de Day la , et ^uncinili Cosmam usque ad terram ser Pauli de Maxi/no. 9. Item unum, terram in Valle post Castaguetum quae v"nfi'nat cum tugurio baiognae. 10. Item. tofani V alleni Marti/ per viam 11 mungili ad "lamini sinistrala, usque ad Salvellam. 11. lieta In Valle Martij terroni quae. est Inter viam Duma giti, et viam quae vadit ad la inani usque ad OUvarlos. 12. ltan unum Vallem quae confìnat cum Fumla, et cum via pubblica. 13. Item imam terram de saprà Locum didimi Stro-pedìn prope vìncani ser Joannis Covai. 14. ltan imam terram saprà.....Llcedum tu. qua. 'togati t, et ala [uà Putiva. 15. ltan unum al inni terram subfus Slropedin contro i'iam quae vadit Giìsìgiianam■., et viam quae vadit ad I.acuiti, Scendendo versus Stropum usque ad terram Stephani Pesalerno. 16. Item uiiani Ieri ani descaidendo per Villani Volai pechiade usque ad puteras , quo su/il supra lacuiti ascendendo Per imam corronam quae ascendi! prope viatii Giisignanac. 17. Item unum terram Incipiaulo a grumasio quod est s'ipra Tugurium Episcopi descendendo per viam quae vadit ad Pissitias usque ad la tu ni Capitali Vincanì Pauli Guelfi et Inter viam quae vadit ad Villani Pcclirada. 18. Ite ni imam terram incipiendo ah ollvarij's Petri del quale anco ho materia per scrivere piti diffuso, afio Questo castello con territorio buono , fu prima detto W CasteHania di Corneto distrutta col consenso della curia di Aquileja da Odorlieo, ovvero Olderico marchese dell' Istria, regnando 1'imperatore Enrico, L'anno fidò* al 6'di maggio ritrovandosi nella villa di Umago , Oderico patriarca di A-quileja, lo diede in feudo a Francesco de Guerci nobile giustinopolitano, come ledei vassallo, e per la sua antichità voglio qui soggiungere alcune parole dell' investitura. Ego quidem Oldaricus Patriarca Aquile]enst sedi* per consensum Situimi Pontificii , ct Corradi Corniti* Aquilcjensis, Do tritato t et concedo tibi Francisco de Gucrcjs nobili justino-politano civitatis praefati Patriarcatus tattquam fidali Vassoio Ecclesiae Del, et S. ìlennagore, et Curie Aquilelensls etc. 11 suo censo fu di libbre cinque di mira, ed altrettante di cere, così alla chiesa di Aquileja come a questa di Emonia, nella cui diocesi è il detto castello, come le seguenti righe esprimono : Pro quo quidem feudo annuatim canti ibucs tu et quilibet sUCCessor tuus in perpetuimi titilli et successori-bus mèi* vel praefatO Patriarcatui i/i /està Sancti llcrinago' rae libras quiuque Mira e , et totidem cerne albae , et stmilititei infesta Sancii Pelagìj Ecclesiae seti Episcopotui Aemattiai' sub citjtts Diocesis est ipsuin Castri/m. Appresso questa si leggono anco le seguenti investiture, ch'essi signori Verzi già presentarono in causa contro questo vescovato, che convenne litigar con essi per ridurli nei suoi confini quali avevano allargati in modo che occupavano buona parte della contea di San Lorenzo in Daila; ma gli costò 1' ingordigia , che come poco memori dei benefizj di questa chiesa contro di essa esercitarono con partito la lite , ina obbligati furono dopo restituito il mal tenuto terreno a contenersi nei loro termini. Si vedono in questi instrumcnH : i3o8, investitura di Oltobono patriarca tli Aquileja a Giovanni , e Pietro Guerci con la confermazione del medesimo patriarca a Giovanni pine de Guerci dell anno i^i.L «319. Pagano patriarca elètto, investisee Giovanni, i333. In sede varante del patriarcato Verso de Versi procuratore di essi Guerci , si presenta in Udine acciò non nasca alcun pregiudizio circa esso feudo di cui rinnuova del i336 1' investitura Bertrando patriarca. * 1351 , al 17 di giugno assunto Nicolò al patriarcato d' Aquileja si presentano i medesimi signori Guerci per esse-le di nuovo investiti. Ed esso patriarca tolse tempo a risolver, presente Giovanni vescovo d'Emonia, 1354, ai 4 maggio il detto Nicolò investi Almerico detto Guercio figliuolo di Giovanni de Verzi, 1361. Un procuratore di D. Andigaieda vedova del cpn. Giovanni de Verzi supplica per Nicolò pupillo , e lo iuve-stisce. Successe poi la rivoluzione nella provincia , e i sac-t:neggiamenti, specialmente per le guerre dei genovesi già narrate nel primo libro, credo andassero a male molle investiture, come andavano disparsi gli abitanti, onde non trovo altro che mentre intanto l'aiuto i4If> nel tempo appunto che restò annichilata I' autorità del patriarca d' A-qnileja che aveva in commenda il vescovato d' Emonia li suoi agenti affittano certi terreni nel distretto di San Giovanni della Cornetta per lire a5, onde si vede che allora li signori Verzi non possedevano il medesimo feudo, 1424- Essendosi la serenissima repubblica veneta impadronita del Friuli e dell'Istria, decaduta per ciò l'autorità del patriarca d' Aquileja stante i proclami con i (piali i Veneziani invitavano i feudatari a riconoscerò il loro dominio, li signori Versi con il mezzo di Costantino de Giuseppi da Verona loro procuratore comparvero avanti il signor ^rancesco Foscari luogotenente nella patria del frinii dimandarono rinvestitura dal senato, secondo la forma antica, presentando il primo instrumento di Uklarico patriarca , L' «lato il giuramento con la clausola (Salvo Jure inviai Domini/', et omnium personarum). Il che non fu sopportato 2Cì2 allora olio tornarono in sedia li vescovi d'Emonia, e però 1' anno 1419 > unito il vescovato al patriarcato di Grado nella persona di Domenico Micheli iu contradetto a questo, e si trova qualche investitura; morto poi nel i4^i, successo il Beato1 Lorenzo Giustiniano nel patriarcato di Venezia con T unione in commenda di questo vescovato che anche fece qualche rinnovazione dei feudi. 14G1. , ai 22 aprile , leggo che il patriarca di Venezia Andrea Comlulmerio parimente commendatario di questo vescovato concede il feudo della Corneda al signor Pietro Morosi ni qui. Marco di Santa Giustina di Venezia , ed al signor Marc' Antonio qm. Roberto suo nipote con certi patti circa i pascoli , ma allora poco curandosi essi signori Morosini di questi luoghi li rassegnarono nelle mani dell' istesso patriarca , acciocché investissi; Cristoforo Crisma di ('mago per se, e suoi eredi maschj legittimi con censo di a libbre di pepe, come ha fatto l'anno 14(12, al 4 agosto, e poi i4(k»; a questo fu rinnovata l'investitura al 17 di settembre dal patriarca Giovanni Barocci con censo di libbre 3 di pepe; 1468, al 27 febbrajo uscito di commenda il vescovato, e dato a monsignor Francesco Contarmi, Cristoforo Crisma rinuncia il detto feudo, e D. Balscmino de Proto decano, pievano ili Pirano, vicario generale di esso monsignor vescovo supplicato dai signori Verzi', avuto riguardo alle antiche investiture glielo concede di nuovo investendo Nicolò de Verzi, e poi Nicolò de Fabbiani loro pi oi oratore. 140,6 , al 22 settembre porge scrittura di supplica a irà Domenico di Venezia dell'Ordine dei minori, vicario di questo vescovato per rinnovare 1' investitura, ma nega il vicario di tarla', prima che monsignor vescovo ne sia arrivato, nè altro si trova dopo, sino all'anno l5oo, al 10 giugno clic monsignor Marc'Antonio Fo-m armi vescovo , riconosciuti per veri discendenti D. Alme- rico qm. Nicolò de Versi , e Pietro suo fratello che 1' aveva umilmente supplicato promettendo essi di pagar prontamente il censo impostogli di 8 ducati d'oro all'anno nella lestaidi San Pelagio. Fu fatto 1' instrunicuto in Emonia presente Girolamo de-Franceschi vescovo di Corone l'anno 151 Ti , al g di luglio, il sopradetto vescovo Foscarini in Cniago investì Pietro qm. Nicolò de Verzi , il quii Pietro eosì per intimazione fattagli l'ultimo di luglio , depositò prima lire io3 per censi decorsi. E tutti i precitati instrumenti si trovano nell'archivio nel processo A; con la sentenza favorevole al vescovato sopra l'accennato litigio di conline, l'anno 1361 , dal Quiri-ni podestà di Capodistria , giudice delegato , la quale fu confermata dalli delegati dal senato al 28 novembre 1' anno i366\ Wro è che questi signori Verzi declinando dal loro giuramento , e conosciuto che non meritavano essere rinvestiti per le accennate usurpazioni dei terreni di San Lorenzo, per il che ingiustamente agitarono il vescovato, e per farsi più avanti in alcun loro interesse, l'anno 1543 domandarono 1' investitura al serenissimo principe di Vene zia, ma ritrovarono l'opposizione dogi' intervenienti del vescovo , che lo riseppero; onde il principe commise a I). Girolamo Giganti; dottore famoso di quel secolo, e forse consultore di Venezia , del quale vedasi il Panzirolo de Claris Jurìs consulti^, che vedesse le ragioni, e decidesse corno fece rispondendo , che si dovesse ponce la clausola fine pregiuditio lUastrissinù Domini] et cuiusliòet alteriuSper-sonnc, e fu spedito l'instrumenlo l'anno predetto al 9.-2 settembre a Venezia, essendo doge Francesco Donato. In questa investitura resta salvo l'antico censo di 5 libbre di cera, e cinque di mira a questa mia chiesa, ed altrettante alla chiesa di San Marco di Venezia , in vece di quelle eh' erano obbligati già al patriarca d' Aquileja. Ma ritrovati io ■questi signori renitenti alla soddisfazione, dopo molte fatiche gli ho ridotti a pagar lire 7 e 1/2 dei piccoli all'anno a questo vescovato. CAPITOLO XXIIL Feudo della villa di Gradina. Sono parimenti li signori Verzi da Capodistria feudatari «-li questo vescovato per la villa di Gradina , che gli antichi vescovi, tutti amorevoli verso questi signori, gl» concessero. Consiste questo feudo in circa di 25 case di contadini , i quali hanno fertili campi, onde si cavano abbondanti decime, ed inoltre li medesimi feudatari hanno buone abitazioni con vigne e terreni. Di tal feudo si trovano prima 1 investitura del i463 , ai 10 ottobre fatta dal beato Lorenzo Giustiniano patriarca di Venezia, che aveva la commenda di questo vescovato alli signori Giovanni , e Nicolò figliuoli di Almerico Verzi che la ricevettero col mezzo del signor Girolamo Fermo loro procuratore, ed è citata la procura fatta da Melchior de Sabini qm. Giovanni di Capodistria in cui si accenna V investitura latta al sig. Almerico loro padre, eh'è in libro D. a carte 21. i465 5 al 14 di febbrajo, essendo vescovo di Cittanova monsignor Francesco Contarmi, che fu il primo ch'ebbe fuori di commenda questo vescovado, Giovanni e Nicolò Verzi predetti supplicano per nuova investitura di tutta la decima di Gradina con li loro discendenti portando instrumento delle antiche, e specialmente della precedente investita dal patriarca Giovanni Barocci , e cosi restarono graziati. i52i. Vi è ancora l'investitura fatta da monsignor Alt* tonio Foscarini nella persona del signor Pietro qm. Nicolò Verzi , e suoi legittimi discendenti maschi , che accenna altre investiture passate Finalmente di Gradina vi è l'inAeslitura latta dal Diodo vicario generale di questo vescovato 1' anno .... La villa di Maloccpich nella pieve di Sterna sotto la S'urisdizione di Pietra pelosa, marchesato dei signori Gra-Vlsi di Capodistria, che consiste in decime, e regali cavale ?• «lodici abitanti, prima fu da' vescovi data in feudo a Giovanni del Senno, il quale la godeva dal i52i, col cen-So di una libbra di pepe all' anno , la quale per molti anni decorsi fu astretto a pagare a monsignor vescovo Fosca-rmi come nel lib. D. a carte 8 ; è stata poi concessa alli ignori Gravisi predetti, e si vede l'investitura fatta dal vicario Diedo l'anno t$85 , al marchese Giovanni Nicolò in eni vien chiamato un altro instrumento del 15G4 , dei 29 novembre a D. Gio. Battista suo padre fatto dal vicario Tommaso Brunello. Vi è 1' obbligazione di due libbre di eera bianca in vece di una libbra di pepe sopra questa villa di Maloccpich , sebbene nelle investiture sono compresi alcuni masi, e parte della villa di Sterna pure posseduta da essi signori Gravisi a (piali, e insieme a certi dèi Bello di Sterna sola fu da me rinnovata l'investitura, eh'è graziosa , ma benché mi sia affatticato assai non U ho potuti ancor ridurre a pagare il censo dovuto per Maloccpich ri-eusandolo essi Senza alcuna ragione solo per durezza di a-"iino in pregiudizio delle coscienze. Il feudo grazioso delle ville di Topolovaz e Cuberton assai ampie di territorio , abitate da circa trenta contadini , era prima stato concesso a'la casa Vergerla nobile di Capodistria , ma poi se ne passò alcune porzioni netti signori del Bello, onde l'anno ' a85, al 26 di luglio, il già nominato Diedo Vicario, che !'hiriovò tanti altri feudi , anco investi di queste due ville c°n le loro decime li signori Girolamo e Vincenzo fratelli del Bello , e 1' istesso giorno investì il Bev.° D. Domenico ^etgerio, ed il sig. Giovanni suo fratello nelle medesime v'"e, come in lib. B. a epe 10. Ora è confuso tutto l'ordine feudale. Topolovaz è alienato dalli signori Vergeri, e tenuto dai signori Crisoui, pur quasi una villa fu dai Belli data in do le ad una figliuola che si maritò in un tal Groppo da P>> rano, che illegittimamente, e senza vero titolo la possedè ancora. Cuberton solo eoo otto contadini, è rimasto nella famiglia de Belli. Nella pieve di Mondano, ma sotto la giurisdizione di Capodistria è la villa di Oscura* sopra.un monte abitalo da circa sedici coloni. Questa era stata data in feudo al signor Stefano Cantò , ma decaduto per non aver preso le nuove investiture dell'i vescovi è stata graziosamente poi concessa alli signori Lugnaui di Capodistria che pur la posse dono , e riscuotono le decime ed altri utili. Vi è di questa l'investitura l'atta dal già detto vicario Diedo l'anno l585, al 3o di luglio al sig. Tiso Lugnani quondam Manfredino, CAPITOLO XXÌV. Verteneglìo, LJontano da Cittanova miglia cinque è questa villa in un colle che domina il mare dalla parte di mezzogiorno e ponente, a mattino li monti di Grisignana e di Buje, ed a tramontana il resto dèi territorio di Buje, ed il castello stesso che le fa prospettiva. Il suo vero nome è Orto Negro, credo perchè quivi la terra comincia ad essere negra , essendo nel resto del territorio di Cittanova terra rossa, ora dai slavi , che chiamano l'orto Verthe fu corrotto il vocabolo in Vertenelio. Ila il bosco cavalier a mezzogiorno, qual vi leva molto del sirocco , ed essendo aperto, e dominato dagli altri venti viene stimato di buona aria ; e perciò il podestà con gli altri signori di Cittanova vengono ad abitar qui 1 eslate in buone case , e ve ne sono parimente degli abitatori della villa delle altre non poche. Le genti che qui si vedono hanno bel colore di volto , e godono Sanità, Il mio antecessore vi abitò per molli anni in un casino del sig. Orazio Busini , ove ancor io Stetti il primo anno , parte di maggio e di giugno , e prò vai grandissimo caldo , porcile percosso dal sole la grotta v'Va, ch'è il fondo di tutta la villa con "rati veemenza lo 'mantiene , e riverbera , come quei signori anco esperi mentano con detrimento loro , essendo che qui spesso si 6ftinalano. Ila una bolla chiesa nuovamente riedificata dedicata a San Zenone con cinque altari consacrati. Viene officiata dal pievano, eli' è perpetuo, e da due cappellani elettivi dal popolo annualmente , quali hanno le entrale deile vigesime di tutto quello che si raccoglie nel territorio , cioè tormenti , misture, vini, agnelli, e primizie dei formaggi. Già tempo era questa chiesa ed (Mitrate unita al capitolo della cattedrale, ed uno dei canonici la assisteva, ove tenevano un eappellano curato , che serviva quei popoli , non cosi numerosi nella villa me ti esima , ora accresciuti; dopo un lungo litigio, per negligenza quelli di Cittanova restò smembrata, e disunita con perdita, e della giurisdizione, e delle rendite. Prima della peste portatagli da marinari Panno i63o * era questa la prima pieve d1 entrata nella diocesi , ma per tale contagio assai essendo diminuita, quelli che sono restati uomini di cattiva qualità, e dediti al bere, scioperati, hanno lasciato gran parte del territorio incollo , onde li preti hanno pochissima entrata , sicché appena gli basta per il sostentamento. La chiesa ed altre fraterne per i legati sono ricche di terreni, olivari e vigne ; le (piali corrono del pari con i beni ilei privatj nel restar incolti , e perciò non hanno da Comprar le cose più necessarie ni Diviu cullo. Sono amministrate da laici con sovraiiitcndenza dei rettori di Cittanova , e del magistrato di Capodistria, come in tutta la provincia, eh'è soggetta alla serenissima repubblica. Intorno la villa vi sono tre chiese, San Giovanni, S. Hocco, ed Oguisauti, questa ha annesso un beneficio seni- plico, che ha due vigne, casa, bosco, divari, orto, ed aveva altri beni , ora occupati da cattivi cristiani. Le altre sono governate come s'è accennato di sopra. Tutta questa villa non ha cbe una fontana per uso degli Uomini, ed un lago per gli animali. Il suo territorio è pieno d'olivi, e vigne, è molto fecondo di grani per esser poco moni ivo , nò sassoso , ma incolto perchè li pochi restati dalla predelta peste sono neghittosi. Erano prima del i63o , più di cinquecento anime da comunione, ora sono appena la metà, e tutte persone rurali, da alcuni della Gamia in fuori, che nella villa lavorano lane per far panni di griso , ed è comune ad essi abitatori la lingua slava. Vi sono nel territorio medesimo molte caverne sotterranee dette volgarmente foibe, o fovee, nelle quali restano assorbite le acque, onde 1' estate estremamente patisce di siccità. In una di queste caverne poco distante dalla villa, sì va con una scala , poco lunga, ed entrati si trovano varj spazj, e strade divise da alcuni parapetti, e colonne diceria pietra bianca formala dalle distillazioni , e sembra che tali colonne , ed altre figure siano ([nasi formati! dall' arte. L'anno i643 , scavandosi per fare una sponda di sicurezza al campanile si trovarono alcune medaglie di rame e tra queste ve n'erano di Costantino Imperatore. Vi sono le buone abitazioni dei signori Righi, e I3u-siui con altre. CAPITOLO XXV. Villa-Nuova. Camminando verso mattina da Vcrteneglio un miglio passata la chiesa di S. Martino v' erano anticamente alberghi delle monache di S. Daniele da Venezia, the ivi intorno possedono ancora un bel bosco con vigne e terreni, si ritrova questa villa, che ha un'onesta chiesa dedicata alla Beatissima Vergine , officiata da un pievano eletto ora dal popolo, qual raccoglie il quartese dei grani, vini, ed -ìChj animali. Vi è qui la famiglia dei Manzini patroni delle decune , qual doveva già essere in molta considerazione per-el'è raccoglieva*! d' ogni cosa , e la villa era più abitata , e coltivata. Ora divisa la famiglia in più colonnelli, e co-S| I (Mitrate tanto diminuite, sono ancor essi declinati ad Uno stato poco dissimile dal rurale ed offendono l'onore-volezza antica in cui erano i suoi antenati. Posta Villa-Nuova in un colle , viene a godere leggiadra vista della campagna con terreni fecondi , sebbene incolti per la preaccennata causa , sono alquante case in essa di persone ni l'ali, ed altre poche aperse nel territorio abitato anco da certi pastori delti eranzi , die con animali concorrono, perchè i boschi , ed i terreni non coltivati gli porgono abbondanti pascoli. Hanno alcuni boschi del comune , e spesso impetrano licenza dalla serenissima repubblica di tagliai' i roveri per dividere tra essi 1' utile delle legna , e ciò li rende più mancanti nella coltura; e vi è un'altro difetto, che per ottener le licenze (-(dorano le suppliche con i bisogni delle chiese alle quali appena son provvedute alcune poche cose più necessarie. Qui possono essere circa cento e cinquanta anime di comunione. Ila Villa-Nuova nel territorio ahimè chiese, cioè S. Giorgio posto nei dirupi dell' antica Emònia, è poi chiesa nuova, senz'alcuna antichità, morchè i dirupi, e le mura sepolte dal tcreno verso il niare con il suo recinto, e due torricellc rovinate appresso b> chiesa , 1' altra pooo lontana. Ha questa chiesa una piazzetta dinnanzi, e guarda verso il mare. Vi sono ivi intorno molti olivari e pomi granati, era già coltivata, ma ora è tutto in abbandono. 11 sito, ed altre particolarità di questo colle son toccate ove s'è raccontato d'Emonia. Ila parimente un'altra chiesa dedicata a San Michele ov'è il ci-niitcrio della villa , qui dicono gli abitanti fosse prima Villa-Nuova abitata dalle reliquie del colle d'Emonia, ma poi Provando aria cattiva per la vicinanza del Quieto, si son r,dotti al luogo dov'è al presente. Poco discosto è un'al- KL tra chiesa di San Dionisio Areopagita, die molli visitano per divo/ione. La quarta chiesa è di S. Lorenzo entro un boschetto, e tiene nella facciata due notabili antichità romane; cioè un voto, o donarlo a Giunone feronia, che ([ni doveva avere il suo tempio, e Tallio colf effìgie ih Calpnrnio. Ecco il voto o donarlo a Giunone Feronia' IVNONI • FFBON..... BARDI A • L • V - SECVA A E DEM • SIGNVM POR CVS ■ D • P ■ S • P • A LPVRNFVS F PVP* TESTAMENTO FIERI ■ IVSS IT Le chiese sono governate dalle fraglie con gl' istituti di governar i terreni, e così cavar entrate a prò delle chiese ; ma il tutto alla (ine consumano, ed oggi sono ridotte ad estrema necessità di tutto , e quasi rovinano. Le persone sono bugiarde, e poi di poco credito appresso li circonvicini. Le donne vanno nelle paludi del Quieto, eh'è vicino, a cavar l'inverno certe conchiglie dette capa ruzzoli, quali purgati in un poco d'acqua sono gustosi, e li porta* iio a vendere a Buje , ed altrove , cavando con tale industria buon utile. E la villa sotto la giurisdizione del Rettor di Grisigna" "a se bone non è quasi confinante con quella , ed assai di. ■tante", Ila un bellissimo bosco tra gli altri , die gli leva parte dell'aria infetta del Quieto. Il territorio è, come s' e detto, con olivi e vigne, che producono vini preziosi. CAPITOLO XXVI. Gruigruma. X3a Villanova camminando per montagne molto alte °ra ascendendo ed ora discendendo, dopo quattro miglia, si vede il castello di Grisignana, che fa bella mostra, al quale finalmente dopo varj giri arriva. Tutto questo cammino montuoso tiene qualche casale ovvero albergo dèi po_ veri abitanti , circondato da loro terreni. Sta Grisignana sulla cima di un alto monte circondato d' altri simili da •re parti, mattina, settentrione, e ponente, aprendo al mezzogiorno la vista della valle del Quieto, e di Muntomi, Con apertura deliziosa per ponente sino a vedere la bocca del Quieto , e del mare. 'E la terra di piccolo circuito, circondata dalle sue mura di pietre all'antica , Che può sostener ogni scorreria di nemici. Ila due so-'c porte, ed avanti l'ingresso della maggiore vi è un altro portone, ov'era il ponte levatojo già tempo distrutto, °d ivi fra ambe le pòrte , vi è un ricovero adombrato da "fe altissimi e forti alberi detti lodogni, che invitano i pas-s,'ggieri alle sue ombre. Entro la porta a destra vi è la '°6gia da passeggiare con le sue colonne di pietra viva, coti Sopra il fondaco pubblico ove si conserva il grano e fari-Questo fondato era già molto ricco, e comprava più ('i otto cento staja di formento , ora assai si è diminuito avendolo donato mezzo al principe per disperazione, eh' essi dicono essere la rovina di chilo governa, tale e tan-t;i ò la cecità ed ignoranza. E questi popoli , ed altri Sltnili % che malamente governano li fondachi , si contenta* 110 distruggerli con tanto danno delle loro terre, e di loro O2 stessi. Nella facciata del fondaco in una cartella dorata si leggono le qui registrate parole : Hoc aedifitium a fundamcntis crectum per Clarissinium Dondniun Hieronimuni Erinni Clemcntcm Praetorem exìstit ad consci vationem granoni)n, bcnefieìum paupertatiscommodiim-que ci Anni et habitautìiun Castri, ct territorii, qui tanti "~ peris memores ad eius memonam , laudemque Altissimi Dei, ct Gloriosissìmae Virgoli* Marine hoc posueruut. ProvisbuS Honorandis Dominis lon : de Pìradis et Gregorio de Luca Anno Domini MDLXXVIL Il luogo angusto dà poca comodità agli abitanti di ag* gratulile le loro case , le quali sono fatte al di fuori di pietre vive a scalpello , ed unite senza calee esteriormente, il che spira un non so che di antico. In mezzo al castello sta la chiesa parrocchiale di mezzana grandezza incrostata fuori di grosse pietre vive. E dedicata alla Beatissima Vergine, ed ai Santi Vito e Modesto: ha una palla indorata e cinque altari ben adornati col suo organo, molti paramenti, croci d'argento e calici, ed un grandissimo e superbo o* stensorio per il Santissimo Sacramento fatto tutto d' argento con figure di tutto rilievo , e quattro cristalli, che costano da cento ducati, e pesa tutta questa macchina da dodici libbre. Fu lasciato in dono alla chiesa da pre Francesco Armano pievano di questo luogo. Ha una bella ed alta torre nel mezzo della piazza, con le suo campane, ed ivi vicino la chicsola di San Rocco , che ha oltre 1' altare del Santo anco quello dei Carmini, nuovamente fatto dal P. Domenico Armano, che ha lasciato un livello a cadauno dei tre reverendi, di ducali ventisei all'armo; ha pievano e due cappellani a' quali sta la cura di questa chiesa e governo delle anime, sì della terra come del territorio. Questi tirano il quartese di tutte le cose che nascono nel territorio, oltre alcuni pochi beni. Neil' istessa terra vi e anco la chiesa di San Martino , e sopra la porta si legge 2^3 questa iscrizione alla quale è stata tagliata V ultima riga del millesimo , ma i caratteri sono assai vecchi : Helena Domina edi/icavit intani Capelloni ad honorem lì. Marine et. Michaelis Archangelì, et Sancii Martini, et obitns Helenae est Fili, Kal, Novsmbris .... Fuori della porta dell;» terra è la chiesa di S. Cosmo e Damiano, e di poco lungi San Nicolò col suo cimite-''io , e calando nella valletta, San Vido parrocchiale col s"o cindterio , essendo l'uso di quel paese di portare li •noni fuori delle terre, e sopra questi cimiterj vi sono molte arche, cioè la sola pietra, ed in queste intagliati instrumenti rurali, come trivelle, incudini, mannaje, e cose S'Olili, conforme ai mestieri di ([nelle persone, che ivi sono sepolte. Lontano un miglio ha San Giovanni in Car Snelli , e più lungi San Vito e Modesto, S. Giovanni, S. Florian in Carse , S. Marco, S. Antonio, e verso la valle S. Maria della Bastia, eh'è beneficio semplice, come San Marco. La Bastia è il luogo sin dovi; il canal del Quieto è navigabile , e quivi è il palazzo della serenissima repubblica abitato da chi governa quel luo^o, e nella chiesa la 11. Vergine è miracolosa. Sopra S. Floriano si vedono le Vestigie d'una villa di nuovi abitanti, che si chiamava la ^illa amorosa già quarant' anni in essere, ed ora non ha neppure un' abitante. Ha un territorio parte montuoso , e l'aite piano, e fertile, tiene vigni; ed olivi, e prodùce forbenti ed orzi , e molti l'amano essendo i monti pieni di terre, e fruttiferi. Abbonda anco di nocelle. Viene lavorato c°n gran diligenza da questa povera gente, può estendersi più di due miglia per ogni confine, cioè verso Buje, Piemonte, e la valle di Montoua. Il luogo della Bastia Serve di grande comodità a questi popoli per vender le loro entrate, ovvero barattar i grani, ed altre cose necessarie *He barche, che ivi arrivano. Sono le genti di bell'aria, 0 assai belle donne che vestono alla slava , fuori di aleu- L' AllCllI-OGUAFO Voi. ÌV. l8 ne poche clic vestono all' italiana. Sono genti amorevoli) e di assai buoni costumi; si argomenta quivi esser buonissima aria per l'altezza del luogo. Il luogo al presente e in grandissima declinazione, non arrivando la terra, ed il territorio a fuochi novantaquattro , cioè capi di casa e vedove quaranta, che sono esenti d'alcune cose. La terra gode di due lontane fuori , ed alcune acque di dentro , ed in vicinanza acque vive, e sono in numero di a a. La comunità non ha alcuna entrata fuori del bosco, de palò di mezzo, ed alcuni altri che affitta, onde si tansano per le spese pubbliche. Ha il terzo delle condanne, ma li rettori ne fauno meno che possono. Fanno due provveditori per sei mesi col salario di tre ducati per uno; due sagrestani, due giustizieri, due fiscali , ed il fontegaro. Questo castello l' anno 1358 al a3 dicembre fu venduto dal sig. Chiarito q-Girolamo di Ilorfemberg alla serenissima repubblica per ducati 1777, la (piale vi manda un nobile veneto per rettore, che riscuote le decime dell'uva di tutto il territorio; ed il quartese riscuotono li preti, le decime dei tormenti, e grani , insieme con un molino di quattro ruote detto il gradole sopra il Quieto. Il rettore ha un' onesta abitazione in una parte del castello, che guarda fuori verso il marca settentrione, ma il lutto ili grandissima declinazione, essendo in 20 anni mancati i capi di casa, e distrutte te famiglie intiere, ridotti che non vi sono 3 0 4 che sappiano leggere e scrivere. Vicino un mezzo miglio vi era un luogo deliziosissimo dei signori Lippumaui , ora lutto caduto a terra, che rende lacrimevole spettacolo di se stesso, c del paese. Viltà-Nuova è sola sotto il podestà di Grisignana nella giudicatura, ed è oltre il suo confine, nè si confa con la comunità in cosa alcuna. 27 r> CAPITOLO XXVII. Piemonte Castello. Salendo per lungo spazio il nionre altissimo di Gri-s*gnana accostandosi ali' austro verso la valle, si ritrovano ('ue ciliege campestri , le; quali Inumo questo più delle al-tre , clic vi è vicino uno che ha cura delle dette chiese , e si chiama in isehiavo Optiti, cioè guardiano ; di qua scendendo dopo tre miglia si scuopre il castello di Piemonte, •il' è posto sopra un eolle assai eminente in mezzo a due *ltri monti che se gli innalzano da tu ili ina a sera, e serrandosi in borea con un'apertura alla parte di mezzogiorno verso la valle tli ÌVlontona che gli rende un bellissimo prospetto. Il colle è mollo elevato , e sopra qneslo è tutto il castello, con le case degli abitatori unite insieme, in modo che da lontano sembra un gruppo ovvero pigna, il cui centro è la chiesa parrocchiale , campanile, e palazzo «lei padroni del castello. Ila un poco di pianura alla porta , 9 in quella piazzetta vi è la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo assai grande, e a quel livello scorre una pie-cola valle nella quale sono gli orti dei terrazzani molto frurt-titeri. Il castello ha due porte, una a borea e l'altra a ■Mezzogiorno verso la valle ed il bosco di San Marco, suini quale da una parte si vede I' arma Contatimi , dall' altra n«i pezzo di marino con due ligure di basso rilevo grandi °nc si danno la mano, una sembra Fa-cole, 1' altra una don-ba che tiene una palerà in mano, tra esse un piccolo cane , e una tripode con una tazza da bere , sono alte tre Quarte in circa, nè hanno lettere di sorte alcuna, nè in (I,lel luogo ho trovato altre antichità, nè men arme d'alami cosa. Vicino a queste porte è la loggia del comune , °ve il zuppano tiene ragione , e giudica sino a lire venti, 0 vanno in appellazione all' affittitale Ovvero jurisdicente tH?l luogo. Ha la sua chiesa dedicata alla Beatissima Vergi-ne > e S. Primo, di onesta grandezza con quattro altari, e fa rinnovala per diligenza del sig. Giuseppe del Sello , 8 dei divoli parrocchiani, e si legge l'oltrcscritia memoria posia in lettere d' prò. Tempi uni hoc /ut su illusi rissimi ct cxccllcntissiud D.JU" Hi Conta lini 0. huius loci a spoetatili commutate e j'unda-meutis procurante 1). Josepko del Bello Abdense luti, din-CapitaneO restauratami juit tempore Peril/ustriss. Doiiu'U Armata PJehani, Joannis Angustiai Cappellani, et Antony Tessa rys Mansi'marti Anno a ! 'ergine MBCXXXJF. Prima Mali. Possedè la sacrestia diversi calici d' argento, e paramenti , tì noci. Per coi rispondere alla devozione di questo popolo , e, chiesa crisi bene tenuta , nella prima visita che io feci 1 anno i643 , conoscendo il suo titolare esser San Primo, nè essi avendo alcuna reliquia di questo, gliene (eci dono «1 un pezzo, eh' era dei sedici pezzi, che di sante reliquie ebbi da rnonsig. Altieri vicegerente di Roma nel mio partire di là l'anno iò'4vf al 20 dicembre; degnissimo prelato, ed ora cardinal*; di Santa chiesa. ali lece 1' insti omento il sig. Antonio Barbo. In questa chiesa vi è la memoria con I' arine , che sono tre teste bendale in triangolo col cimiero d'un cavallo campente, di Pietro Fiines di Portogallo in carattere antico. Itisigna Petri bY* nes. ìiujus rondi (or rp.....nobilis Fijnis extit Petrus, aiuto cwrenìe Pontini WCCCCLXXÌV , qui nativus fuitex incute Poitugaliae Pegno stia (t'iti.pie fidelitate lue domini Prof'" tor........................, .■ j.Jvii--* v* 4f4JÉÉ ...................... Questo Pietro fece I altare ili San Sebastiano con una rnansionaria a benefizio semplice, che ora gode |), Antonio de Fersaris , e serva COme terzo preti; nella chiesa, la (piale viene data dal vescovo, ed ha una casa in piazza, un campo di olivi di enea sessanta, un prato in valle di balli/.an che si affitta ['cl' sedici , un campii di terra di giornate sci alli tugurij 'lei Diouij. Una cavezza di terra dietro il castello, un altro pezzo di terra di una giornaLa d' arar in contrada Sciì-lit appresso il torrente. Un campo in valle di'Fiata, confina fon un prato della scuola della beatissima Vergine. Nella stessa chiesa vi sono altre sepolture, come quelli del Bello , ed ima degli Angustiai con queste lettere : Sì terrestris domiti nostra resolvetur habeamus domimi non Hiaiiufacium aeternam in Coelis : Dominus dugustinus de Aa-gustinis , et suis heredibus condidit, M, 1). C, /. Usano qui nelle sepolture, posto il cadavere, riempirle di terra, e (piando di la anni un altro gli occorre riponer, levano quella, onde a miei tempi ha occorso, che deposto li vecchio del Bello, e dopo alcun tempo dovendo sepellir 1 vi un altro, cavata la terra fu trovato 1' intiero corpo del Vecchio con gran meraviglia. Viene officiata la chiesa da un pievano che viene eletto dal vescovo ne'suoi mesi, ovvero dal pontefice. Un cappellano è di elezione delli suddetti. Hanno questi il quartesc delle decime, che riscuote l'affittitale del luogo, ed alcuni terreni con le primizie dei formaggi , e quartesc di agnelli , ed il comune dà casa al pie-Vano , e cappellano. Ila molle chiese campestri, tra le quali Santi Primo, e Feliciano lontane un migliò con li loro einiitcrj, sono unite insieme in una cima d'un monte alto Verso la valle, che ha una bella pianura , e le chiese sono serrate da un gentilissimo boschetto , che rende non so che di maestà, e venerazione. Di simile la chiesa di San Pietro è circondata da boschetto, e le altre di questo territorio; onde mi fa arrteordare dell' uso degli antichi romani ed altri gentili clic riverivano li loto idoli nei boschi , che àn-<(> tenevano per sacri; ma quei vengono nutriti perchè nelle solennità di queste chiese il popolo si possa ricoverare W ombra di ([negli alberi. Questo castello dicono fosse dc-ÉfK arciducali o del patriarca, [tassato nella Signoria di Ve- nezia per ragione «li guerra , e con la villa di Visiuaila , 8 Castagna , si affittava pei ducali 3oo all' anno; e in quel tempo il consiglio di Capodistria (afferma il Manzioli)? I* mandava il cancelliere. L'anno i53o li 7 luglio per li signori governatori dell' (Mitrate in esecuzione della parte di pregadi , tu venduto all' incanto con le sue ville Vigilia, Castagna , Santa Maria de Campo , Botteuegla , Medoliu , 8 llosariol con le sue giurisdizioni ed entrate, senza il molino del Battizan, con questo che le cause criminali fossero giudicate dal podestà , e capitano di Capodistria , e le ci vii* da lire venti in su andavano in appellazione al detto podestà, e furono comprati dal sig. Giustiniano Contarmi fu de 9. Zorzi Cavalier , e sig. Girolamo Griruani fu di s. Marin per ducati ó'oo. Questi poi furono divisi, e cavate le parti a sorte toccò alli Contarmi Piemonte con Castagna, Visi nà con le altre terre a'signori G ri mani. Mandano qui 1» signori Contarmi uno col titolo di giurixlicente , che ora si chiama capitanio; principiò questo nome dopo che il signor Antonio Sereno, eh' era capitanio dei schiavi, fu affit* tuale per molti anni di questo luogo. Questo agente affit-tuale ovvero giurisdicente a suoi tempi tiene ragione, governa, e riscuote le decime di tutte le robbe che si raccolgono in dello territori/), grani, uve, olio, animali ed altro. Questo castello al presente si affìtta ducati (>oo , ed ora 700. 'K stato qui 11 ffi11nule anni 3o il sig. Giuseppe del Hello da Chioggia , che venuto qui così gli piacque il sito, e I' aria gli conferì , che ne formò la sua casa , uomo di molli anni, di bella presenza, maniere soavi, ch'esercitò la carica di avvocato per la provincia con assai buona cogli i/ione delle leggi , ed usi del paese, fu questo con la sua affabilità il condimento della mia visita in quel luogo, e mi donò un dente di un gigante trovato in quel territorio , con alcune medaglie, arandovi. E l'anno icnó*, in contrada delle grotte cavandovi, si scopri un sepolcro di P'etre piccolo quadre , imito insieme con (alce, lungo piedi quindici, e largo per la metà, quale aperto vi trovarono dentro una lucerna di creta antica un un idoletto scolpito, ed ivi appresso le ceneri una testa di smisurata grandezza , la qual fu donata al S. M. Antonio Trevisano allora forse capitanio in Capodistria , dalla quale furono cava-11 undici denti, che furono divisi a diverse persone, ed nno testò ad esso, fu trovato nella isleSsa area una corniola, ove sono intagliali due capretti; ed alcune medaglie d' argento tra le quali una di Domiziano col cavai pegaso. Ritrovai nella chiesa di San Pelagio, verso la valle alcuni pezzi di cranio molto grossi che potriano formare una testa quasi simile. Dicono esservi in quei contorni un' arca di eguale grandezza. Qui le genti sono faticose, ed attendono a lavorare i loro terreni a gara l'uno dell'altro. Sono tutte basse genti, ma tutte hanno terreni proprj da'quali cavano buoni vini , ed olio, godono molti campi nella valle cdie fa abbondanza al luogo. Applicano molti ad acconciar le pelli dei buoi , e di queste ne fanno sempre con grande utile delle loro famiglie. Oltre le lane raccolgono molto miele , allevano molli porci, e s'ingegnano per campare la vita-9°dono assai buona aria , e si vedono assai belle creature. Palla prima visita sino al presente; , (die sono circa nove a'uii nudalo il luogo in grandissima declinazione , e itr Povertà ridotto, mancali per la morte molli uomini, ed ni tei andati in guerra spontaneamente, ovvero alla galera. **nò far anime di comunione numero 370, e fanciulli 100. fatto d' olio sino 5oo barile. Ha sotto di se Piemonte, Castagna piccola villa di Wochi 3o , lontana un miglio, posta in una pianura di niente , che riguarda la valle di Afontona , godendo buonissima aria, e buoni terreni, piantati di vigne, olivi, °d altri alberi fru iti Ieri, co'quali si alimentano gli abitati- ti, tra quali vi sono alcuni molto comodi con buone abitazioni, ed amorevoli. Ha la sua chiesa filiale di Piemonte, dedicata alla 15. V. con tic altre chiese campestri, dedicate una a S. Antonio, l'altra a S. Stefano, e la terza a S.Pelagio, eh'è tutta dipinta con figure antiche, che rappresentano il martirio del santo. Sin alcuni anni questi abitatori per il guadagno parte andavano a lavorar sul pirane-se , e parte con i loro beni attendevano carizzar le legna alla Bastia , lasciando andar incolti i loro terreni, onde in breve tempo si ridusse la villa ad una grandissima miseria del che accortisi tutti ri' accordo si diedero a lavorare eh nuovo i loro beni , e piantare quei colli fruttiferi , e seminar le loro vallette , in modo che al presente è delle buone , e ben coltivale ville ti ella provincia, facendo molti buoni vini, e raccogliendo copia di grani ed olio. CAPITOLO XXVili. Portole, Castello Da Piemonte per miglia tre sempre camminando per monti sassosi si trova Portole. In mezzo della strada vi e un ricovero di acqua che forma un piccolo lago abbondante di gambali. Si vedono per il viaggio due chiese campestri , S. Giovanni Battista, e S. Lucia. Il castello di Por-tede ò collocato sopra un alto monte, sopra il quale dopo piccola valletta a mezzogiorno s'innalza un altro monto , che si leva tutta quell'aria australe, onde il luogo gode buona aria , e da lontano mirandosi pare essere in pianura. Il detto castello è circondato ila muraglie all'antica , al presente in gran parte cadute. Ha una sola porta per 1' ingresso , avanti la quale vi è una lo7f condusse 4°° alleniamo , e servì fedelmente la serenissima repubblica veneta. In questa terra vi sono molti cospicui, li Manzioli e i Lughi , ed •uri, il resto persone mercantili, ed altri che lavorano li terreni, e molti altri che conciano le pelli di bove , e latino scarpe in quantità, che con molto loro utile portano per tutta la provincia. Qui l' aria è molto perfetta per 1' altezza del luogo, ed il freddo che vi regna, onde le genti sono di assai bel sembiante. Fa il castello co' territorio anime tli comunione 746; e nella descrizione di questo luogo fatta dall' illustrisi sig. Francesco Barbaro podestà qui l'anno 1646*, nel castello erano uomini 184 > 0 donne 10*4;.del territorio uomini 3oo, e donne 384; anime nel castello, e territorio compresi li fanciulli ninnerò 113■ • Tra'quali due di anni 80, ed uno di anni 90. Nella terra vi sono queste chiese oltre la parrocchiale, S. Maria piccola , e Santa Maria Maddalena; fuori ma vicine, Santa Maria nova, Santa Cecilia col suo cimitcrio, lontano mezzo miglio Sant' Flena , lungi due miglia S. (Ilo* dal palù nella valle, S. Silvestro, e Santa Croce sono lontane un miglio. Vi è anche S. Antonio in Gradina vicina alla valle, tutte governate dalle fraterne, ed hanno vigne, e terreni proprj. Il suo territorio è assai angusto, e montuoso, ond'è tutta diligenza degli abitatori anello che ne raccolgono* ^a assai buon'i vini , quali lasciano bollire alcuni giorni , e non homo come in altri luoghi, essendo a motivo del paese freddo le uve di meno calori: e (orza. Fa anco olio e biade, con poco formento che seminano nelle vallette dei monti. Non vi è acqua nel castello; ma la vanno a pigliare fuori ad una fontana vicina, eh'è assai copiosa. Pagano gli abitanti al vescovo le decime di ogni quindici uno. Ha il suo fondaco, e tutte le genti godono beni proprj, e s'ingegnano; onde è luogo assai buono della provincia. Ila un rettore mandato dalla repubblica , e vi sta mesi 3u. CAPITOLO XXIX. Sterna con le (dire ville, feudi del vescovato di Cittanova. JDa Portole ritornando verso Levante e Tramontana dopo tre buone miglia di cammino sempre per la pianura , ovvero schiena del Carso , si arriva a Sterna la qual villa KL '4 8 3 di poche case sta come in una (onta , e però Sterna viene Chiamala , che in schiavo vuol dire cisterna. Ila una piccola chiesa dedicata a S. Michele pan-occhiale, la quale ha sotto di se molte ville e cinese , allargandosi d' ogni Intorno verso sera e tramonta in una grande schiera di monti tutti feudi antichi del vescovato , coni' è anche la villa suddetta, e sono Cepich, Gradina, Topolovaz, Cuei-wegh , Cuborton. In Sterna sono circa quindici vicini, essendo quella villa andata con tutte le altre in una squallidi miseria a motivo dei forti aggravj che pagano li feuda-tarj , e pei* la loro povertà non si possono difender. In Cupidi vi sono due chiese, la prima è posta nella villa, dedicata alla Santissima Trinità , lunga e mal composta con il suo cimiterio, e là intorno vi è la casa dei signori marchesi Gravisi, ed altre case rurali di dodici contadini che fanno mostra da lontano. Vi si la qui solenne fiera la domenica dopo S. Michele. 1/altra chiesa è lontana dalla villa in un colle, dedicata alla Beatissima Vergine, ed è una blandissima chicca in tre navi con quattro colonne per parte , è lunga piedi -fi, e larga ?ì/\. Sopra la porla maggiore m lettere rozze si legge I' anno \/\j,ìu , e sotto le lastre a settentrione, 1492, in numeri rozzi. 'E di un*-architettura assai leggiadra, aperta, alta con una campana. Li capitelli delle colonne intagliati con varj animali , e in alto si ■egge questa nota : i/fcp. Die X Novembri* opus Magistri Pedi de Lubiana, et Magistri Mudici do Pola. Alta porta dell'evangelio nella cappella maggiori; vi è la sepoltura di;' signori Gravi-Sl con queste lettere : Antonio Gravido , et Elisabeth, pa-fèntibus f Ioannes Nicolaus filius posuit. Nel mezzo vi è la sepoltura del pievano passato con queste parole : liane Tu» mnluui sibi parauduui curava Presbiter Blaslus Sckeiigh ple- °anus Sternac, qui obli die lìl Julij Anno Valuti* iG/fi. 1\_|. S. Alcuni vecchi hanno detto clic questa chiesa tosse fatta di elemosine d' alcuni, che con miracoli falsi deludevano le persone, e pre Andrea de Medelis pievano di Grisignana vecchissimo afferma già 6\> anni che aveva inreso clic il popolo con innumerabil concorso offeriva bovi , vacche, vitelle, pecore, ed altri ti ori i in grandissima copia. Ha a-vanli una bella pianura verso Portole coti alcuni pochi alberi che fanno ombra. Vi è solo la casa del pievano pre Pietro FlegO attaccata alla chiesa ria esso ingrandita , abitandola con suo fratello cappellano. In questa bella chiesa, eh'è delle grandi della mia diocesi, il mio antecessore voleva che fosse portato il Santissimo Sacramento, e farla parrocchiale; ma quei di Sterna vi si opposero, nè io in* tendo fargli torto, essendo questa unica pieve di Sterna, e non di tiepidi , alla quale sono soggette le altre ville feudatarie nostre. L' aria però si slima più perfetta in Ce-pich che in Sterna posta nella valletta. Sono tutte genti rurali che lavorano terreni e vigne, ma al presente in grandissima diminuzione , essendo mancate le prime case delle ville. In assai alto monte è la villa di Gradina, lontana da Sterna miglia cinque , ovvero sei ; feudo antico del vescovato , concesso ad Antonio ([in. Pietro de Verzi aio, Alvise di Capodistria , che vi ha la sua casa circondata da 27 altre case di vicini che lavorano i terreni, ed hanno animali grossi e minati; e per i terreni e per l'aria è la più buona numerosa villa di questa parrocchiale. V-detta Gradina, ([nasi villa dei fauni alberi detti grailin in slavo. Ila una passabile chiesa dedicata a Santa Croce, governala dalla sua fraterna. In altro simile monte è Topolovaz, villa dei tal potili alberi che nascono in quei boschi, feudo del vescovato 5 concesso ai signori Vergerij , eli' estinto quel eolondlo vi sono in quello intrusi quei del Bello. Ila due chiese , San Zenone e S. Girolamo, e sono tre o quattro case di vicini , mancati gli altri. In Cucibregh, villa di sette ovvero otto vicini, vi è Una chiesa dedicata a Santa Giustina col suo cimiterio , è posseduta da quei del Hello. A (mesta unita è l'altra villetta di Sernovaz di tre vicini senza chiesa , the vuol dire Villa delle mole, 0 sassi in schiera. In altissimo monte sta Cuberton , che in lingua slava vuol dire scoperto, la dove volli andar l'anno i(>/j6; qui vi sono due chiese, una
  • ait. del Bello feudatario nostro, Che formano la piccola villa. 1/ altra in un'altra cima pur dell' istesso monte dedicata a Santa Margherita circondata da alberi. Qui è un' aria freddissima , e si scopre per la sua altezza gran paese , e il mare pure vicino. Abbraccia questa parrocchia tli Sicilia gran paese , ed è la più faticosa di tulle, così il pievano tiene un cappellano. Uaccoglie il quarte.se di tulli li grani, uve, animali minuti, formaggj ed altro, ha sempre da gridare con quei signori delle decime, che li usurpano il suo, come i feudi del vescovato, onde tutti pei' castigo di Dio, sono andati in grandissima diminuzione: circa l'anno ìo'oo , face- Tir o ' * vano di comunione , al presente 45o. In tutte queste ville non vi regnano olivi , eccettuato clic a Topolovaz, per il freddo che vi regna, e i vini men vigorosi per la stessa causa. Vi sono grandissimi boschi per le campagne, qualche nogara , castagne, pomi, ceresari , "iarascari, qualche peraro, e sorbolo, Godono molte fontane , e due laghi per gli animali. Si trovano copia di lepri e pendii, e nei boschi di Cuberton qualche capriolo. Per diligenze usate in tutti questi luoghi di Sterna , e Sl'e ville, Portole e suo territorio, mai si è trovata alcuna antichità romana in sasso o in bronzo, nè cavato alcun Riarmo , onde credo sieno tutti luoghi nuovi , tagliati boschi , nè all'età dei romani qui fossero abitazioni umane, n>a solo di fiere. , CAPITOLO XXX. Mondami castella, Da Sterna sempre per monti , passato il bosco Cor-naro dopo sei miglia si ritrova il bel castello di Mondano, discosto dal mare sette miglia, e da Buje quattro. Questo anche fu detto Momiliauo , come da scritture antiche, ed ìnstrumevito della vendita alli signori conti Bota , ed anco dalla sentenza nel sacro concilio di Trento, successa ai 17 di giugno 1653 , tra arbitri , che termina doversi restituire questo castello iure belli acquistato dalla comunità di Pirano , a Bernardino Baunicar nobile allemanno dicendo: Hp, irdcs D. Bernardini liaunicar restituendos esse ad Castrimi momiliani cuoi. ìurisditìune in prima instando , et alijs iuri-bus , redditibus, ci pertinentiis suis ac. subscriptam per spe* clabilcin D. Francescani Petranigram Arbitro rum sccretarium; exemplatum per I). Herculem Fcrrnricnscni JSot urlimi, et Vice Caliceli ariani Gradiscane 11 castello è fabbricato sopra una grotta di pietra viva che si erge in una valle. E circondato di buone muraglie di pietre con un alta torre e il suo ponte levatojo, per ogni batteria da mano ed incursione valido a sufficienza" in questo sono due palazzi bellissimi, ove abitano li signori conti, abbelliti da questi con fabbriche nuove alla moderna. Ha una bella porta con 1' armi ilota, ed inscrizione: Si/neon Comes Pota Eques decori, et comodo. Qui sono alcuni pezzi di artiglieria, ed è di cospicuo anche una botte di legno di smisurata grande** za al pari della maggiore oh' è alla Santa Casa di Loreto , ma più 'lunga, capace di cento e più barile di vino. Ha vicino dall una e dall' altra parte il monte. Da quella di mattina e mezzodì più se gli accosta, ma d'assai l' avanza sopra il castello medesimo col quale sta unito mediante un ponte di pietra viva molto alto , fatto con bellissima architettura, poco di sopra di qua dal ponte, sta la chiesa parrocchiale di S. Manilio con la casa, corte ed orti del pie- vatto, la qua! casa è chiamata dai paesani, rome sono tilt-te quelle dei pievani, Farus. Appresso questa, poco giù nella °osta del monte vi è un'insigne lontana, che dalla casa an °he si denomina Farus, di cui si servono tutti gli abitanti del busco, di sopra succede la chiesa, la loggia pubblica, "idi una piazza; cammina poi la strada il'ascesa , e di qua 6 di là vi sono le case assai buone con copia di abitanti, c°n la sua porta che chiudono. 11 borgo di sopra può essser lungo cento e cinquanta pertiche con una sola strada, in capo della quale all'oriente è la chiesa di San Pietro, e dall'altro capo dell' occidente quella di San «Occo, sicché Mondano è di l'orma di croce, tutto circondato da rivoli, orti e viti poste con beli'ordine* Il territorio è montuoso, e la terra è argillosa, e rossa, e ■'ara più presto che spessa , la (piale per autorità di Virgilio; //. Georg, opta est vitibus, et uleis , e perciò fertile così di questi come di altri, ed anche di grani, ed li a fecondi pascoli per gli animali. Si elevano d' intor-n° alla cima del monte alcuni monacelli , che hanno scuoto il nome delie chiese campestri, che ivi sono , come di Nicolò e di San Marco. Gode di una felice aria e vista, essendo collocato in altezza poco disuguale di buje. Gli abitatori hanno come li vicini la lingua slava , ed alcuni ' italiana; ancora sono di mediocre ingegno, e molti si troiano di una naturale fecondia alti a difender ogni contesa furale ; vivono lungamente, ma in gioventù sono vessali dal-'il pleuriiide, O male di punta, da cui gli anni passali 1640, lo"4i e i64a , ne perirono molti. Ha molti boschi tra qua- sono grandi e belli quelli di Scarglievaz , Cingarello, e di «anta Maria Maddalena. Assaissimo fontane, tra quali la dominata Fontarello esce d' alcuni marmi lavorati dalla na-ll,l'a alla rustica in modo da se, che si rende cospicua, e suole richiamar molti degli abitanti più civili a faine 1' c-Ml,,e le loto cene. Sono alcuni slagni tra quali si raccol- gono le ncque dei fonti , che dai monti discendono , cominciando al piò di Cuberton, ed accresciute si uniscono tutte sotto il castello con tanta abbondanza, che volgono alcUni mulini, e in quelle si prende il pesce. 11 luogo sotto il castello ove ora è una cantina , ed altre casette, viene detto il battiferro , e si crede che qui sia stata cavata qual" che miniera. In Mondano sta un corpo di cento soldati «Ielle cernide sotto il capitanio di Capodistria. Questo Castello fu venduto dal prenominato Raunicar al sig. Agostino Rota bergamasco cavaliere del redi Francia fanno i54$ al 9.7 di gennaio per ducati 555o, e ne tolse il possesso con le ducali del dojre Francesco Donato. Ora d detto ca-vabere Ilota compiaciutosi dèi sito ed amenità del luo^o, lo acquistò, ed in Pirano si maritò con la signora Andrena Veniera dalla (piale ebbe Giovanni ed Orazio* Il cont«' Orazio tolse per moglie la signora Caterina Amorosa , e ne nacquero Simon, Adriano, ed Orazio postumo, 11 conte Simon del 15y 1 , ai i3 novembre, si congiunse con la signora Al man tra Zane nobile veneta , e da questi nacquero Or azio e Giovanni Paolo, Modesta, Caterina, e Rodomonte, ed i tre primi ora vivono. Il sig. conte Orazio è gentiluomo pieno di singolari qualità, si è ammogliato con la signora Ingranata Siscortich nobile di Trieste , da cui sono nati Giovanni, Simon, Pietro, Nicolò, Caterina, Margherita, ed Armentia, eh'è morta. Questo sig. conte Giovanni mi fece nella prima visita 1' orazione con molta disposizione e bella maniera. Il aie*, (onte Gio. Paolo , eh' è il più giovine non è d'interior merito nò al fratello, nò 11 suoi antenati. Dalla signora Francesca Furegona sua con-sorte da Pirano ha avuto Simon , e Marco , il quale è morto nella puerilità, e passata ad altra vita anche la inaili e. Ora detto sig. conte con il figliuolo Simon hanno sposato due sorelle gentildonne di Pirano di casa Caldana. Sono questi signori conti miti cortesi, ed io ricevei molti favor» dalla sua generosità, Conservano, molli privilegi , tra quali quello in lingua francese «li cavalierato al primo conte A-gostino con la concessione ilei gìgli «V oro nell'arma col nioto Per ben far. Alli signori conti sono tenuti gli abitanti di pagar le decime di tutti li grani, uve, agnelli, con-duceridogliele al castello. Di più le praude dei tormenti, e vini, eh*'è una certa porzione piccola per ogni maso , cioè vicino ai contadi, inóltre un cuplenico di formento, éd uno di biava per maso; il cuplenico è una misura che capisce la sesta parte dello staro veneto. Ogni vicino gli la anche due giornate all'anno, cosi uomini , come donne, e sono tenuti a lavorare nelle fabbriche del castello, ed in tempo di guerra e peste fare la guai dia. Più gli danno di regalia una soma di legna alle feste del Santo Natale, 0 degli animali che ammazzano la lingua, od altro. Pagano anco i sudditi alli medesimi signori conti due volte all'anno, cioè a Sant1 Antonio di Gennaro, ed all'Assunzione della Madonna , le prosegue in danari, che sono tan-se sopra i beni in qualche somma , pagando ogni vicino venti o trenta soldi al più , le quali sono obbligati a riscuotere per rotolo. Per poter vendere liberamente i vini prendono dalli medesimi signori ceniti ventiquattro orne di vino al prezzo che corre il giorno di carnovale, qual pagano dopo certo tempo. Il giorno di S. Stefano protomartire , eh'è la solennità della chiestola nel castello, li signori eonti danno un pranzo al zuppano ed al pozzupo ed alle ■oco mogli, che per i icognizione gli portano una bella e larga focaccia di formento per una , e con essi convitano n "lue procuratori del comune, il pievano, e cappellano, alquanti del consiglio : il quale consiglio è di 25 , con quest' ordine , che morto uno ne viene subrogato un'altro U(l ele/ione. Il zuppano viene creato dal conte ogni anno n» domenica susseguente a S. Giacomo di luglio , ed è il Iginio dopo il conte, al quale è subalterno, primo nel \o- L'A RClll-OGIlAl'O Voi IV. io 2QO verno popolare , e municipale , obbligato i giorni non feriali, lunedì e sabato seder india loggia ad iureddenduttij giudica sino alle lire otto, nè si può senza disordine per detta somma introdurre le cause avanti il sig. conte, se non per appellazione. La chiesa parrocchiale di San Martino già nominata ha molti altari fra' quali quello di S. buffo martire, le di cu» ossa in una cassclla furono ritrovate l'anno [56*7 a' 21 di ottobre nella chiesa campestre di S. Nicolò, e fu scoperto in questo modo : una vecchiarella di casa Bolanzi frequentando la delta chiesa, e specialmente tutti i sabati, vide sovente un lume ad una parte del muro ove avevano (pulsi per tradizione che ivi fossero ne'tempi di guerra state ascose le sante reliquie, perciò inteso ciò da alcuni per* cuotcndo nel muro sentirono vacuo , lo riferirono a' religiosi , e fatto venire il vicario generale, ch'era allora IL Agostino Beali canonico di Cittanova, nel tempo che amministrava la chiesa il cardinale Pisani , premesso I' esame dei testimonj più vecchj , e divota orazione, fu aperto il muro, e trovato il santo corpo. Fu trasferito al ag ottobre da pre Giacomo Sengar pievano, nella parrocchiale in una cassetta di pietra, e poi gli fu fabbricato l'aliare, ove al presente è custodito e venerato devotamente da tutti. Dicono alcuni testimonj esaminati nel processo , eh' è in archivio nostro episcopale, che questo Santo fosse della villi di Lopar distretto di Capodistria. Nella chiesa vi sono alcune memorie di D. Paolo Diedo dottore delle leggi , pievano di questo luogo, che scivi molti anni per Vicario dei reverendissimi vescovi di Cittanova , e prima sopra la sua sepoltura che si fece vivendo. L' altra di dietro la chiesa all'oriente: Paulus Diedo* Imjns Ecclesiae Réctor Illustri D. Automi Saraceni Episcopi Aemoniae Vicarius Generalis in Dei Gioì inni, et ùenefacto-rum memoriam erigi curavit. Questo morì 168..« a'28 di mai- 2QI *0, Questa pieve è jus dèi vescovo, corno chiaramente mostrano le collazioni antiche specialmente del vescovo Fo Scarini l'anno 1J21 al primo giugno, che per rinuncia di D. Girolamo Foscarini investisse pie Luca di Ziltino dicendo nelle Bolle: Cujus colludo piovisio, ct quaevis alia di-sposito ditta vacare contigerit ad nos pieno jure spectat, et pertinet. Ora viene conferita dal serenissimo principe di Venezia, a cui è devenuto questo jus per le difeienze nate tra i contadini ed i signori conti di Mondano, i quali nelle assenze dei vescovi s' incapricciarono d' usurparlo , ma discordando insieme volsero portarne litigio a Venezia, e conoscendo il doge di quel tempo , che contendevano per cosa in cui non avevano ohe fare , si risolse di troncare le dissensioni con metter per allora un prete, e cosi seguitò. Non è però nella dueal esenzione contenuta questa pieve. Anzi Y anno iò'/ji , il serenissimo Francesco E-rizzo doge, interrogato tli questa chiesa disse, che non sapeva che il principe avesse questo jus patronatus nella diocesi di Cittanova', 11 che conferma (pianto ho detto di sopra, che l'altrui ambizione di usurpar il non suo in assenza dei vescovi ha levato alla chiesa il proprio jus. Fu pievano degno di commemorazione in questo luogo il Rè-Verend.0 D. Michele Fattorelli veronese pronotorio apostolico, eh'è Stato mio vicario generale sei anni , uomo tli buon ingégno, addottrinato nelle bèlle e sane lettere, e OD ' eon molta sagacità insegnava le medesime ai chierici , ed •tori, e mori l'ultimo di agosto nel I0*4<)'j e sepolto nel-'a detta parrocchiale in un arca di pietra rossa , con una "iscrizione fattagli dal signor Felice suo fratello. Il pievano ha sotto di se dm? cappellani, uno eletto (ia esso, l'altro dalle tre ville Oscurus , Merischie, e Sor-1);>r, che sebbene sono nella giurisdizione tli Capodistria, sono figliuoli di questa parrocchiale, e nostra diocesi. Le c' dall' altra parte leggiadre e fruttifere corsive di monti. E11 chiamato buje, che favoleggiar volesse dagli armenti di Ercole, ma da (piali, raccontano i più vecchi, prese m questa guisa il nome. Alcuni abitanti le colline di Gradina 5 villa già vicina al Quieto, essendo infestati dai Mat.elasi , gente fiera che stavano di là tlel fiume , si risolsero di ab bandonar ciuci posti , e ritirarsi più a lungi. Presa adunque la loro roba, e arrivati a questo colle, ponendo g'u le donne li loro fardelli, e riposandosi alquanto dicessero in slavo: tote boglie stati, che in italiano suona: qua sarà meglio stare, e da boghe derivò Duglie, e buje. Eressero qui alcuna capanna, e prestandogli il boschetto vicino comodo albergo, ed i prati pieni di erbe, soave pascolo ai loro poveri armenti , determinarono quivi fermare la loro 2Cp boitazione , e ogni giorno più riuscendogli il sito , con questi si ricovrarono degli altri , ed a poco a poco crescendone i figliuoli, e. da figliuoli in più case cominciarono a darle sembianza di villa , e dicono che per gran tempo la terra consisteva in quel poco di sito che è dalla chiesa maggiore, sino alle mura sotto la chiesa di Santa Croce, C dall' altra parte , che ancor si chiama Villa , vi era una villetta , e tra mezzo un boschetto , che cresciuta la terra fu poscia tagliato, ed unita la terra con la villa. Si può anche credere, che questo luogo togliesse il nome da alcuno venuto da Buja regno dell' Africa, di cui scrive il signor Gio. Battista Birago lib. i. pag. 23, clic Mazza fu creato re, e descrivendo la città di bugie dice che anticamente fabbricata fu dai romani sopra la costa di un'altissimo monte vicino al mare Mediterraneo piena di venticinque case benissimo formate , cri in esse vi erano collegi dei dottori della legge maomettana , ed altri professor i di lettere di fdosofia e di astrologia, ed ivi era un tempio di Ercole, ben può essere che per dissenzioui o guerre alcuno con ricche merci , ed amici passasse alle rive di provincia , ed elleggesse tra gli altri questo luogo per stanza dandogli il nome della patria I3uge , ovvero bugia , cosi essendo solilo di chi fonda nuovi luoghi, che sempre le dà il nome della patria che lasciano. Tuttavia per le inserì/ioni romane che sono nella torre e ne! muro della chiesa maggiore, ed in altre, penso che sia stato auto da romani abitato almeno il suo territorio, sebbene può essermi Opposto in questo, non sia Sufficiente argomento che può essere trasportato d'altro luogo, non apparendo altre vestigio di antichità , e vedendosi tutte le fabbriche moderne che di poco passano gli anni a5o> — Soggiungerò •e inscrizioni medesime, come degne da esseri: considerate c> vedute. Nella facciala della chiesa maggiore a destra della por- la glande vi è questo marmo di Cajo Valerio figliuolo di Cajo Gallo , con il compagno di Valerio figlio di Cajo Co-fio, e sono in abito senatorio con la suda sopra la spalla sinistra C ■ VA LENI VS L ■ VALEIUVS C • F ■ CALLVS C • F ■ COF1VS Nella torre di San Leonardo, eh' è una delle seconde porte dentro il primo recinto vi è un marmo con questo lettere: I ■ COR ■ NV1NVS • C • F ■ 10MMVS • VI VOS E perchè conseguono 1' una all' altra le romane inscrizioni qui soggiungo questi frammenti clic sono in alcune chiese del territorio. Nella chiesa tli Santo Stefano nella villa di Crassiza entrando nel coro a parte destra vi è un pezzo d' arca antica con le seguenti lettere: T • AN • XXXilll ■ M • X ■ D • VI • MINI V • S • VALERI AN US • MER ENTI • r • c • v • s • Un' altra porzione di questa pietra da cui sono slato spezzate le lettere , e dall' altra parte del coro. Nel pavimento vicino idi'altare della chiesa di San Pelagio, detto del Paliudo sopra il Quieto , pure si legge questa cosi mutilala : I • MAR • ARI ■ O • SEX • I * PAT • AX • SONIAE • IP ■ 01 • IlOMNAE • M EX • MARI A 11 IO 1 * F • FR 4 RIA E ■ L • .......SOR • Sopra la torre vecchia o campatole della chiesa di S« Pietro del Carso a cui è annessa la possessione dei monaci easinensi vi è eptesto frammento di lettele romane grandi , e hi pietra posta alla rovescia L • AIUOL..... MIL • PRAK ANNOR • X • • • • C ■ AIUOL..... Nè d'altre inscrizioni romane mi son pervenute a notizia, solo qui posso aggiungere, che nella predetta torre di San Leonardo sopra le porte, vi è una figura antica che tiene in una mano una tenaglia con un instruinento rurale e noli'ahi a un martello, ed in faccia di essa sono scolpili questi caratteri CGRNKi OIUS Ala non è questa del secolo dei romani , come nè anco è quella che è posta dall'altra parte che chiaramente si discerne essere ambedue a un tempo formate per la si rudi indine dei caratteri, tenendo in mano questo un breve con simili parole: SCS LEONARDVS ■ CONTCsSIA. Ora sopra le romane inscrizioni lasciando a ciascuno hir il giudizio proprio circa l'antichità di questi luoghi, Passeremo alla continuazione della storia. Per le scorrerie ''he sovente pativa la provincia negli anni i3oo, sino al guasto dato dai genovesi nel i38o, le genti si andavano ri-Ijjrando sulle cime dei monti, e qui si fortificavano, e vedendo da lontano i pericoli , mano pronti a difendersi o a ricoverarsi nei boschi ; onde ritengo che questo luogo sia Cresciuto così dal i4<>o in qua, perchè dal j/fi?. ai 27 di :igosto leggo alcuni passi con la serenissima repubblica rappresentati da questi popoli a conservazione dei loro privi-^ei>j , e m'avvalora parimente iti questo i' inscrizione eh' è sopra la porta maggiore della terra sotto il San Marco di pietra, che si leggo fatta l'anno i4">8 ai 10 novembre, e predo che allora fossero anco fabbricate le mura, e le torri tne la cingono. Contiene al presente 600 anime da comunione , e ioo fanciulli di ambo i sessi, gente di beli' aria tanto le donno 2Q8 come gli uomini. Vestono bene, e le donne specialmente alla veneziana , alcune solamente delle plebee ancora conservano l'uso antico di portar le vesti nere in lesta, eli e però comune nei eorrucej dopo la morte dei parenti, nel resto portano le più civili il la l'età , o zendado nero, le altre bei laccioli bianchi detti da essi lenzuoletti ben guer-niii con vesti di scia , e di lana , chi più , chi meno poni-posamcnle , così circa gli ori conforme alla loro possibili^. Gli uomini vestono all' italiana conforme le usanze che W mutano. Parlano tutti l'italiano, e non sanno troppo la lingua slava, che però si usa nel territorio. 'E popolo divoto, specialmente le donne, che frequentano i Santissimi Sacramenti. La serenissima repubblica manda un gentiluomo veneto per rettore col titolo di podestà, ed il primo fu l'anno 14' B. Si governa la comunità dal consiglio che consiste in alcune famiglie più vecchie, cioè: Fantini, Cittadini, Baiti, lliccochero , Ambrosj, Torini, Manzini, bonetti, creano cigni quattro mesi tre giudici, tre sindaci, tre avvocati, tre stimatori, un camerlengo di comunità, un soprastante per sei mesi alle opere pubbliche, un cancelliere per un anno, e il camerlengo, e sacrestano della chiesa annuali. Sono obbligati però ad introdurre ed elleggere in quegli uffici , che sono sostenuti da un solo a vicenda uno di dette famiglie , ed uno delie famiglie popolari, ed in quelle cariche che sono amministrate da tre: devono ammetterne pariménte uno di queste, ed inoltre sono do* dici deputali sopra il popolo , i quali hanno carico , che non vengano diminuiti i privilegi, uè aggravati da quclh del consiglio. Le famiglie che non sono delle prenominate, e veramente in queste famiglie del popolo sono persone più degne , formano il maggior numero di quelle clic vivono civilmente, dove quelli del consiglio sono la maggior parte lavoratori della terra. Sono inoltre (piatirò provveditori alla sanità perpetui, due del consiglio e dui; del pò" polo. Hanno quasi lo stesso prerogative clic il consiglio , entrandovene sempre in esso alcuni che necessariamente sono in officio, e quando elleggono i preti, dalli deputaci del popolo sono introdotti in consiglio altrettanti del popolo che eguagliano quelli che sono del consiglio. Stipendiano medico, ed ai miei giorni hanno avuto molti degni soggetti } tra quali 1' eccellentissimo Giovanni Guberni veneto, gentilissimo spirilo, e L'eccellentissimo Girolamo Vergerle» Soggetto molto virtuoso, che ora è lettor a Pisa; così pagano chirurgo, speziale, e alcune volte il maestro di scuota, e col danaro della chiesa l'Organista, e quello che insegna la dottrina cristiana, Elleggono annualmente predicatóre, al quale la comunità da lire 70, ed altrettante gliene contribuisce la chiesa (li San Servolo, ed anco le scuole sono tunsate prò rata a questo. La Comunità ancora paga al suo podestà lire 5oo, e i proprj stipendj agli uffizj predetti , e ad altri. La sua entrata consiste nei dazj del torchio, del vino, del forno, della mistura, terradeghi, cioè decime di alcuni beni, re-galie delle vigne, alcuni prati, il bosco di Vaiatoli, degli Oliati , e di più tutte le condanne criminali. In mezzo la terra vi è una piccola piazza col palazzo Uél rettore, e alla destra è la chiesa maggiore dedicata a San Servolo martire, divisa in tre navate con alcune cappelle a sinistra, che l'ampliano assai. Era chiuso il coro da un parapetto di muro , inaio nella visita dell'armo i65o 'ho fatto levare con li due altari, ch'erano dedicati a S. Pietro, e a Santa Caterina, trasportata la palla di questa u'ia chiesa campestre, e ([nello nella cappella a sinistra ov' eia l'altare del Santissimo Sacramento, facendo collocare il tabernacolo sopra I' aitar maggiore , e al coro così aperto fu latta un'ascesa con tre lunghi gradini di bella pietra bianca che lo rendono molto maestoso, e adornata tutta n» chiesa, col prospetto dell'aitar maggiore, eh'è una palla "intaglio dorata assai antica, fatta l'anno 1409 al 28 giti- 3oo gnp da Polo Campsa tli Boboli , e dio vanni suo cognato. Ha una reliquia di un tlito tli questo San Servolo martire a cui è dedicato, tenuta in un vaso d'argento, la quale per accompagnare, io gli diedi l'anno 1647,, un' altra di San Clemente col suo instrutuento, come io l'aveva ricevuta a Roma da monsignor vicegerente Altieri , ora cardinale di Santa Chiesa. Alla destra vi è {' altare della Beatissima Vergine del Rosario ben tenuto dalla fraterna , ctl ha il breve delle indulgenze. Alla sinistra il già detto tli San Pietro , segue tinello ili San Rocco. Nelle cappelle che formano quasi una quarta navata , poi è (niello del Nome di Dio, che ha molte indulgenze, e massime la plenaria il primo giorno dell'anno, che si fa una bella solennità, e comunione generale di abitanti, e dei luoghi circonvicini? che concorrono per ricevere tali indulgenze, e poscia quelle tli San Francesco, ben governato da una scuola di donne divote , e 1' ultimo è 1' altare di San Clio. Battista col battisterio; tutti sono adornati , ed illuminati dalle con-fratcrue proprie, ed hanno entrale lasciategli da fedeli con varj obblighi. Avanti la chiesa in buona distanza sopra la stessa piaZ za Uà un altissimo campanile ili belle pietre con buone 0 sonore campane, fu fabbricalo in diversi tempi coinè dall' armi tlei rettori veneti si vede. Dall'altra vi è la loggia ove si vende il pane, e qui vi erano tre arme delti patriarchi d» Aquileja/, seguo dell'antico loro dominio in questo luogo. Sopra la loggia vi è il palazzo del signor podestà , eh è una passabile abitazione, e dall'altra parte della chiesa vi è l'orto, e la cisterna di esso rettore. Viene officiata la chiesa da un pievano, due canonici, ed un mansionario; li tre primi eletti dal consiglio, insieme col popolo, come si è detto di sopra, ed il mansionario viene ballottato dal consiglio solamente conforme il jus lasci.itogli dall' iiislilulore Bernardi. Questo ha cullala separata, che cava da vigne, prati, campi con olivi , 3o i Oltre una casa ; e quelli V hanno nei quarlesi delle decime «lei vescovo, e della chiesa, cioè di biade, vini, ed animali minati, che si raccolgono nel territorio, oltre le pri-"tizie dei Formaggi, ed alcuni pochi beni, e negli incerti: • vi sono anco altri sacerdoti , e chierici che servono alla Chiesa, Nella terra vi sono tre altre piccole chiese , cioè : ';* Santissima Trinità, Santa Croce , e San Leonardo, quelle due sono governale dalle proprie scuole, la terza dalli •Ignori Bicochera. A queste al presente aggiungo la chiesa Cile io ho eretta in una fabbrica donata dalla pietà degli 'llustrissiuti Valter! ad onore della Beatissima Vergine del Carmine, dei Santi Filippo Neri, Carlo Boroineo, e Annido di Padova 1' anno i6\{tt, e con 1' elemosine si rende "'•din bene adornata. Fuori dtdle mina poco discosto sono le chiese di San Martino col suo eimiterio, e quella di San Giacomi0 da l'oiiente; dall'altra parto è la chiesa nuova della Beatissima Vergine miracolosa, fabbricata tutta di elemosine, la istoria è questa: fuori appena delle seconde pòrte sta-V:> una piccola chiesa con l'immagine delia Beatissima Ver* fimo sedente col Bambino sopra i ginocchi entro una palla "'tagliata e dorata da Polo Campsa di Bohoti, e Giovanni Suo cognato nel ai 21 di giugno, la qual chiesa era J"s patrouatus di Paolo Rezzi za, Questa dunque ai 20 di "'•u.'.o dell'anno i98i, fu veduta sudare, lacrimare, aprir B'i occhi, e le inani, come affermò aver veduto il signor Andrea Bicochera nel mezzo giorno, e lo stesso il signor Andrea Monetti , e Giovanni Pietro Za sari no , ed al 3o dèli' 'stesso, il signor Nicolò d' Alessandri osservò che moveva 'I piede destro , al (piale è appoggiato il Bambino , e pri-1,1:1 il Rev. Don Marco Basiaco canonico di Buje, Osservò ■sopl'adelli con altri segui, coinè anco l'aprirti la porta (''' se stessa acciò entrassero le genti che bramavano far '''"ione. Crebbe la fama di questi segui, e il concorso dai 81 3oa luoghi vicini si fece maggiore, ricevendo gl'infermi la sanità , ed i tribolati consolazione. Dalla pietà cristiana offerte molte elemosine, fu fatta una chiestola più grande, la quale di là ad alcuni anni aumentata con le continue grazie, di danaro si fondò l'anno......questa chiesa, che ora si vede , provedendo il consiglio della terra ai disordini dei padroni del jus patronatus, quali volontariamente gli cederono il governo, preservandosi 1* ellegger il cappellano come si usa sin' ora. il consiglio creò sei deputati del popolo, e sei di esso consiglio a'quali sta appoggiato tutto il governo, e questi si elleggono in luogo dei defunti con 1' istesso ordine. Vi era grande quantità di tavolette dei miracoli di' questa beatissima Vergine , e voti di stucco e d'argento, la maggior parte dei quali per negligenza dei governatori è andata a male , e molti dispersi nel rifabbricare la chiesa. Segue però la pubblica divozione di tutta la provincia, od Iddio benedetto in questa dimostra i suoi favori , ed al presente vi fabbricano un bellissimo campanile, e 1' immagine miracolosa è in un magnifico altare tutto di pietra bianca con marmi rossi di Verona. Viene olii* ciata da un cappellano eli etto da chi ha il jus in vita, e custodita da un guardiano secolare, che sta in una casetta ivi vicina. 11 cappellano ha le sue entrate particolari in beni stabili, cioè : case, campi, vigne, ed olivi, il capitolo della ondeggiata ha però jus di far ivi tutte le funzioni solenni, e tli cantar le Messe votive, e seppellire 1 morti, e noti il cappellano. La chiesa ha anche 1' organo, ed organista stipendiato. Vi sono nel territorio di buje molte chiese "campestri ? tutte governate dalle proprie con fraterne, ed hanno tutte beni stabili , e sono queste : poco sotto la Madonna muscolosa, Santa Orsola chiesiola , ed ha annesso un benefizio semplice, e poi San Cristoforo, e Santa Margherita, con un ciinitcrio molto atitico, ove dicono fossero i lazzaretti al tempo della peste, segue Sant' Antonio Abate, la Madonna delle Vigne, San bartolommeo, San Canciano, la Madonna di Gradina, Sauto Stefano ov'è il cimitcrio di quelli di Crassiza , Sant' Elena, San Nicolò, Santa Eufemia, Santa Maria Maddalena, San Pelagio nel Carso, S. Andrea , San Michele Arcangelo , San Pellegrino , Sant' E-*ipeo, San Sebastiano, San Giacomo , tutte fdiali della chie-sa collegiata. Ha il capitolo medesimo sotto di se li due curati del-'e ville di Tribano, e Carsete già officiate dalli canonici, ina avendo supplicato il vescovo l'anno 1553 , fu per maggior comodo dei contadini e sollievo dei canonici , concesso a quelli il curato proprio , dando a quelli di Trillano le chiese di San Giorgio col cimitcrio , e di San Pelagio del Pabulo con lutti gli abitanti in Tribano , Crassiza e Basedino , e a quello di Carsete la chiesa di San Pietro eoi cimitcrio, e quella di Santa Maria Maddalena nel Carso con i contadini dei luoghi medesimi. Nel tempo delle Borazioni vengono tutte le chiese visitate dal pievano e dal popolo processionai mente con Croci e stendardi, mentre vanno a benedire le vigne, ed 1 campi circondando i confini. Alla quale funzione sono molto solleciti, e sogliono andar uno per casa. Celebrano Messa ad una di queste chiese , poi fanno colazione , ad un' a'tra pranzano, ed anche più tardi ad un'altra merendano, e molle delle scuole portano pane e vino, ed insalata, cbe distribuiscono alle compagnie, e vi sono alcuni legati coe cosi dispongono. Vanno con divozione , tanto gli uo-nuni (pianto le donne, chi a cavallo , chi a piedi, portando le loro provvisioni. Nel ritorno poco discosti dalla ter-*a, sono incontrati da preti restati nel luogo con le altre Senti j c parte degli stendardi , suonano con festa le campane , t. circondano la terra tutti insieme con la processili 1)0 cantando le litanie, e dalle finestre, il primo giorno viene gettalo sopra le Croci e sopra il popolo «lei grani al fermento, e le Croci di spiche novelle sono inghirlandate, nel secondo, gettano dell' uva secca , e le Croci hanno hi corona di pampini ; nel terzo delle olive, e si l'ormano alle medesime Croci ghirlande di ramicelli di olive con gei-ine novello. Precedono sempre i fanciulli gridando , cento per uno, e quelli che sono stati fuori per il territorio W disccrnono dalle ghirlande di vaghi fiori che portano i" testa. 11 giorno dell' Ascensione parimenti dai balconi sopra la processione sogliono gettar delle rose e fiori come fanno il venerdì susseguente, che il pievano con le Crodi e compagnia «lei Santissimo Sacramento , e popolo usa andar alla Madonna delle Vigne, lontana un miglio, a celebrare la Messa della dedicazione, finita la quale, la scuola gli dà la colazione come pur usano, un pane, un soldo ed un bicchiere di vino a quelli che portano le Croci di alcune ville vicine, che con i loro preti e popolo, dopo avei visitata la chiesa collegiata , e quella della Beatissima Volgine miracolosa , ivi concorrono. Stanno intorno questa chiesa alcune tavole di pietra coi suoi sedili eli' ombra degli alberi, sopra le (piali già anticamente sole-vasi pranzare, e vi concorreva lo stesso rettore con li gentiluomini e gentildonne* Già si arricordano i vecchj che venivano sino Don ero* ci, ed era «.Ielle principali solennità di questi contorni, L' per il pranzo si comprava Uoo libbre di pesce, al preseli!"' tutto è diminuito non venendone più di 60 j la scuola del Santissimo Sacramento poi a quei fratelli che sono stati i tre giorni delle legazioni , ed in tal giorno a questa thieS* e così ai preti dà un bel pranzo per disposizione di legata* Si usa assai questo mangiare e bere alle scuole, e pc" jò (piasi tutte quando ululano i gastaldi danno da mangioi" ai preti , Chierici , e fratelli con qualche poca di elemosina ai poveri. Anzi soleva la scuola di San Cauciano ve- 52 stir ai poveri ogni anno, ma diminuita d'entrale s'è levato questo buon uso, conservato però quello di far tre solenni pasti all' anno. Li Fratelli del Santissimo Sacramento vestono di bianco di la na, cioè i-ossa, e scoto, ed ogni prima domenica del mese, ed in altre feste visitano le chiese dentro e vicine alla terra , ed il venerdì santo anco le più lontane, e già Usavano andarvi la notle. E poiché ho toccato le usanze i più non devo trascurar quella della seta di San Michele, che questi popoli hanno di pregar Dio per li loro mòrti ; onde si canta il vespro, e con orazioni circondano eiiniterj, e sepolture, e poi la mattina seguente si canta la messa con gli uffìcj, ed ognuno per sua divozione e possibilità, contribuisce elemosina, dicendo , che così vogliono lor che han fornite le raccolte far che i morti ne partecipano, perchè da essi gli hanno ricevuti , e parimenti esercitano, oltre il giorno della commemorazione dei morti, la medesima divozione l'ultima seta di carnovale, concorrendo alla chiesa Ove fanno orazione, danno elemosine ai preti, acciò cantino sopra le sepolture, dicendo che se essi sono stati allegramente ai banchetti, ed alle feste, così facciano i lori defunti carnovale 11 popolo di Buje è molto amorevole, ed amico dello Spitalita , amano i forestieri , e però qui molli ne son fermati, e maritati con buona fortuna, invitano gli stranieri alle loro case, e lor iauno ogni carezza. Usano gran carità ai doveri , e sono elemosinieri; onde al raccolto del vino, del £ranp, e dell'olio vengono qui da diversi luoghi, religios1 u questare per le chiese e conventi, e tutti restano soddisfatti da questa gente. Hanno un ospedale ben tenuto per i poveri viandanti con una, o due camere per Ì sacerdoti per i quali anco la scuola di santa croce mantiene casa e letto ; 1 istessa pietà hi ne' loro antecessori per i legati lasciali alle scuole. I* auckeogiueo Voi. IV, 20 La terra non ha acque, ed in tutto non vi sono che tre cisterne. Si vale delle fontane vicine una deità la Carrara che è la più antica. La seconda l'Fntiea, e tre però in Cerrari due buone, e la terza da poner nelle zonte. Non ha il territorio nè fuunieello, o torrente, se non alcuni piccoli che presto mancano. Le ville vicine hanno però buone acque di lontane. 11 territorio di Buje è montuoso la maggior parte con alcune piccole valli, non è molto grande, ma tutto pieno tli uve, olivi, tuie vien governato con molta spesa, ina 1* maggior parte di quelli della terra lavorano da loro stessi n proprj beni. Si seminano forni enti ed orzi , con alcuni pochi legumi, e tanto che non può alimentare gli stessi popoli. Li vien somministrato il formentone e la farina dai ]uoghi vicini , specialmente da Pinguente, e dal Friuli per la via tli Pirano. Raccoglie gran (piantila di vino, e qualche anno arrivano a sei mille orne nella terra sola, raccogliendosi questo dalle decime che pagano al vescovo, e parte alla chiesa di San Servolo, ed in questo' consiste le loro entrale , potendo per loro privilegio estrarlo e portarlo in ogni luogo , e venderlo in terra aliena, venendo qui da paesi lontani a comportarlo. Fanno ogni anno il daziaro del vino, qual' è obbligato mantener la terra di vino al prezzo ch'esso leva il dazio, ed ha autorità a levarlo da'di altri per il prezzo che lo possano vendere. Raccoglie* molt' olio , eh'è la seconda entrata di questi popoli. qual'è buonissimo , e lo portano la maggior parte nel Friuli. Hanno fuori della terra gli orti dei terrazzani con serraglio di spine per Pangustia del luogo, non essendo possibile farle dentro. Fanno questi bella vista , ma alcuni dei più bassi ed indiscreti dati al bevere di soverchio mischiati cogli slavi ed altri stranieri , hanno uso pessimo di fargli gran danni sicché per Y insolenza loro molli lasciano tli piantar arbori fruttiferi, anzi tagliano li piantati, perchè col rubar Boy 1 frutti gli sono involale le vigne, ed i campi, il che è causato anco dalla trascuragine dei guardiani detti saltari i quali si fanno per rotolo,, e benché siine obbligati dimorar nelle contrade di fuori, dimorano sempre nella terra, e lasciano andar a male il territorio, e perciò sono pochi frutti, ma gliene somministrano i luoghi vicini. L'anno i6/\H nell'estate, e nell' autunno in questo luogo regnarono infermità mortali, che uccisero più di cento venti persone, l'istesso anno seguente 164.9 ;omIe '1 luogo e assai diminuito, essendo morti li principali. CAPITOLO XXXllll. Vite di Santo Massimo Vescovo', e Martire, a di San Pelagio Martire protiettori di questa Diocesi. Oltre quello abbiamo diffusamente scritto di sopra di San Alassimo come primo vescovo e martire di Cittanova al Cap. XI , per la perfetta cognizione dei suo martirio e v>ta di questo Santo Pastore , due cose aggiungeremo. Una la vita, e morte di esso Santo Vescovo, come sì narra dalle •antiche lezioni del suo officio, eh'è l'istessa qual si confette nella leggenda tratta da un libro antico dalla sagrestia di Parenzo a pagine iifi. Poi brevemente ad essa aggiungeremo alcune note per Jlhistr;,r alla meglio , e levargli molte difficoltà il tutto per addisi are a erniosi lettori. Nel tempo che regnò Decio imperatore grandissimo, e severissimo persecutore de' cristiani , nel secondo ed ultinio anno ilei suo imperio , fu la settima persecuzione negli anni del mondo 5453, e di Nostro Signore l'anno 2^3, sotto papa Cornelio primo, che è il XXII Pontefice, ^olendo esso Decio imperatore distruggere, ed in tutto au-,||(;bilare i cristiani , e la loro santa legge, fece pubblicare UU severo, e crudelissimo editto contro di loro per tutto 3fl8 r universo, acciocché per tal timore, e spavento fti partissero da Dio vero, e vivo, e si accostassero e sacrificassero a loro falsi Dei, e quelli che a tal editto non obbedivano fossero prèsi e crudelmente flagellati, e con varie maniere tli tormenti scherniti stracciali e morti. Neil' istesso tempo il gloriosissimo San Massimo vescovo di Cittanuova udito tal decreto desideroso di patire, e morire per Gesù Cristo, per ia sua santa lede, e per il Santissimo suo Nome, volontariamente se ne andò nella citta d' Asia dove resideva il Proconsole di esso Decio , ed ì*^1 predicando Gesù Cristo, risanando molti di varie infermità, siccome nella città di Cittanuova ed altri luoghi aveva fatto , rendendo il lume ai ciechi , ed ai sordi f udito , a" zoppi il moto, agli Stropj e languidi la pristina forza, e liberando gì' indemoniati invocando sopra di loro 11 nome di Gesù Cristo , e segnandogli col seguo della Croce , s' manifestò cristiano. Per il che fu dagli scellerati ministri del Proconsole preso, strettamente legato, e condotto alla sua presenza, onde subito lo interrogò del suo nome, e m che gente fosse nato, e che ufficio fosse il suo. Rispos"eg"' io mi chiamo Massimo, nacqui di genite nobile, sono servo di Gesù Cristo, pastore, e custode del mio gregge. Illiquidisse il Proconsole tu sei cristiano ? replicò il beatissima vescovo, se bene io-son peccatore, non di meno io sono cristiano servo di Gesù Cristo, Rispose allora il Proconsole tutto furibondo, e pieno di sdegno: sai tu il decretò nuovamente fatto , che tutti i cristiani abbandonando la loro superstizione , conoscano per vero principe e signore colui al quale sono sottoposte tutte le cose di questo mondo, e che adorino li veri Dei '. Pur troppo rispose il glorioso santo ho saputo 1' iniqua e profana sentenza , e perciò sono venuto volontariamente a palesarmiti di esser cristiano, ed opposto di obbedire quell' iniquo decreto , anzi per persuader a te la cecità nella quale miseramente vivi, il che séO" 3oo llto dal Proconsole interrompe il parlar del Santo con gran voce. Or dùnque sacrifica a nostri Dei. A cui il Santo: Io non sacrifico, se non a Dio mio vivo, e vero, al quale continuamente ho sacrificato, e sin da miei primi anni ho evento. Di nuovo con maggior furore soggiunse il Proconsole. Sacrifica ti dico Massimo acciocché tu sii salvo , ed io non sia sforzato farti morire con diversi suppliej, e tor-nienti. Rispose il servo di Dio : questo è quello che io desidero, cioè di patire per il mio Signore Gesù Cristo, e per la mia santa fede, acciò mainando io da questa mise rahile vita, riceva vita più sublime, e corona eterna; Per qual risposta tutto acceso , ricevendo il tutto dalla mano di Dio, verso il quale aveva rivolto tutti li suoi pensieri. Restato priv° dei cari genitori, tanto più si raccomandò ad Uranio suo maestro , e si sottopose alla sua obbedienza, esercitandosi tutto nelle opere di mesericordia, soccorrendo ai bisogni de'poveri, sovvenendo alle chiese, elio in quid secolo cpuaSf primitivo della cattolica fede nella provincia dell'Istria, avevano gran bisogno, abbattute già poco della fiera persecuzione di Decio imperatore contro i cristiani. Andò col consiglio di Uranio dispensando le sue facoltà in queste sante opere , e col suo esempio tirando molli giovani alla religione cattolica , levandoli dagl' inganni in che vivevano immersi , e dalle mani del diavolo , li riconduceva per h siculi sentieri del cielo. Con questi santi esercizi arrivato all'età d'anni venticinque non aveva che desiderare il buon sacerdote di Uranio nel suo scolare e discepolo, ed esso in tutta la vita si era reso il più cospicuo, e virtuoso giovine di questi contorni. Era liberale ai poveri, ospetale ai pellegrini, lutto fervore verso le cose di Gesù Cristo, frequentava le sue chiese, serviva li suoi ministri, visitava gli infermi , e li provvedeva delle cose necessarie, con digiuni ed orazioni macerava il suo corpo acciocché ni^" giormente restasse soggetto alla ragione. Amava la solitudine, perchè in quella ineditava le grandezze del suo creatore, e li sommi favori che di continuo fa al gelici^ uinaiio. Si umiliava , e si diffondeva in lacrime tli pep.W" inculo ed amore verso Gesù Cristo. Marco Aurelio Carino nato in Roma, ma da parenti illirici che sono gli schiavimi e dalmatini , popoli crudeli ' anno della saluti; umana 28 \, ucciso Mi Aurelio Valerio ihobo imperatore , essendo nella Dalmazia dai traditori soldati i'a eletto imperatore, e tolse seco compagni dell' imperio Caro e Numeriano suoi figliuoli. Tutti due seguendo le vestigio del padre idolatra furono inimici dei cristiani. Scrivono che Caro all' espedizione di Persia andato fu dal folgore ucciso. Numeriano resta a sfogar li suoi cru-•leli talenti contro li Seguaci di Gesù Cristo, promulgò li decreti contro li cristiani , e mandò varii prefetti par le Provincie dell'imperio a farli eseguire, f'vilatio fu destinato prefetto a quest' effetto nell'Istria, qual venuto nella provincia, cominciò a travagliar li poveri cristiani, e fatta per principal sedia delle sue tirannie la città d' emonia , eonie principale della pro\inei:i, qui mngidorinente incrudelì , acciocché aitatilo distrutto fosse il culto del vero Dio , ('lti, e sassi, acciocché riaprendoseli le pièghe delle battiture venisse quanto prima a morire. Fu ciò eseguito con "lolla crudeltà , ma il santo martire più lieto che mai , predicava in quel tormento alli circostanti la fede di Gesù Cristo, e ringraziandoli dei tormenti, il che commovendo a pietà il popolo più barbaro, e così molli de pagani confessarono Gesù Cristo per il vero Dio. Ciò vedendo il LIBRO QUARTO. h Archeografo. Voi. JV, 3a3 tonuitctitariì della citta di Capo d'Istria, e sue prerogative con le sale del vescovi, e loro entrate. Delle terre d' Isola , e Pirano con tutte le altre ville, e luoghi di quella diocesi. CAPO D' ISTRIA (Questa città che latinamente si chiama Giustinopoli, fu detta Pullaria, Capra ria , cioè isola delle capre, Egida da Plinio, ed ultimamente tolse il nome di Capo d' Istria per esser il primo luogo dopo il fiume Risano, che gli antichi posero per principio della provincia ; e molto bene oggi questo titolo se le conviene per essere la più abitata delle altre che sono sotto il dominio veneto, perchè qui risiede •1 bello, il buono, ed il nobile di tutta la provincia. E la °ausa credo che sia stata il suo sito assai cospicuo, forte, e sicuro riservo a'suoi abitatori , e l'aria molto salubre, coperta dal siroeco , ed altro, ed in faccia della tramontana. A questo si aggiunge la stima, che di essa ne ha fatto sem-Pre la senerissima repubblica, facendole ivi risiedere il magistrato della provincia , che un senator veneto con due Consiglieri pur nobili veneti il che imporla assaissimo a Questa Cina di onorcvolezza, di aumento, e di utile. Fu questa fabbricata da Colchi che vennero in questi luoghi, come si ha detto nel primo di questi nostri coni-"lentarj, e per esprimere meglio le sue prerogative con prove veridiche, aggiungo qui quanto di essa ha lasciato dritto 1' erudito e dotto istorico Paolo Vergerlo suo cittadino , e clic sovra gì' altri poteva già duecento sei lauta anni aver cognizione maggiore di quella. Questo fragmento lU)n è stato però stampato, e per servire a curiosi qui Io r%ristro. Petrus Paulus Fcrgcriits de Sdii Urbis Justii/ojxditanac. Vrbs quae latine Justinop(dìs dicitur, ad iuta t'ora adriatic >nwis sita , olita per Cholcos condita est. Qui ab Euxino Ponto profcctl, (quod nunc mare ma ius appellatili-) ubi gentis sedes crat tnultis inirablllbus, ac praecipue unico ariete insignis, in eam regi: meni devenerunt. Quum cium Jasonrm persequerentur , qia abducta Medea. Begi* corani, fida, ac per eius opein aureo rapito veliere jugìebat ree tu mure secantes, Danubii ostia invecti sunt , ile via procul crraules. t\aiii iUe salva preda , et integro comitati* in Greciam , nude classali advexerat, declinavi t. ìli vero coeptum iter tenente* , spemque sequuti, qua/n primo conce.perunl, ad verso /lamine navigando, multimi terni'' inulto cum labore sunt anelisi. iXam et praeter ca quae in Danubius continetf dif/iciUa cuncta. superantes, Sabbimi ni' super /luvtuiu} qui in binod'iuoi //ai/, lungo sparto penetratimi-Jubcbantur caini Dcorum suor uni ornculls occidente ni spedare. Tandem spc frustati, ac labore fessi) luscqucndi curani aaiise-runt , quum nuli uni e.v/aret cornili quoti quaerebaut fug"1' i •cstlglum. Scd sivc toedio longae un ingafloais, sive dolore, a<' pudote amissae lìcglnae, ncc recepìae predae renai.i, ne dotali/// repcterent, sjxmtaiicum. e.ellium. clcgermit. Itaqtte naves , quibus aditetiJucrauf, liutiicris imponente* in adrialictini sin/iuh atque in eam maxime pai lem mai is, (pine proximior crat, eOS exposuerunt. Loca deinde contemplati, eomiuailltatcsipte loco-rum , non Histriam modo, veruni edam procul urbes , utqil° oppida, quae iticolerent, in UH* Hclmib:;* condidcre. Hlsttiae UH' lem noincn. ab Histro Jiuminc, nude venerali/ , natuin est, nani Danubius Ulsterquoque vacatiti, ad eam ma.rime plagam, ut"1 va /fa, qua Sabbi /i/i/aluls nuda daitubiuui incuriit. JustinopnW nero prlinuni appellala est Aegida, hoc est pcllis cuprite , tU* forma loci quod ad cani figura in. deClinat, sive ex pelle capri'1'1 Acgidis nomine vacata, (piani scciuulum gctt/lltum. fabitlas Pala** Dea sapcntlac quae ibi calcbatur gerebat lui bellls, queinn(l/n°-duiu et Hercules leonina usus asserilur. Atque ex hoc Ipso dirti1 Jart asse est insula caprarum ( ìnsula cium est ) sive quod cxteid la ca , atque ex terra promincaiit, a meridiana plaga presi't" tini, saxa quaedam albenlia, quae procul spectantibus speciem videntur hcbcre caprarum. Undecumquàe tandem sit hoc nomea natitia, iuccrtam est, Illud miteni est certuni, quod et apud diumanoS vìcinos et apud iuhabi/au/es pluiimos, a caprac nondne incolarum apjtcllafio derivata est. Gothi vero, qui mine sciavi dicuntur , vicinioresque circuiustant, ex propinqaitate lattai noiiiinis caprae Copium appellati! giacca vocabulo, quod stcrcus vel fiiuum significai , sive (pani mail a peli a ac nitido, emìiicus ubi ceniliur terra, ncc aedifteiis ai va teda est tanquam ex sordibus collecta in unum, congerie* apparet, sive quoti ubi vicina>r est continenti, ct inde est unus aiiguslus in uibcin per terram trausilus, foetidae sunt palude* lìmo terrac nquae salsae commiato , quae ex contìnuo il itici anlium mota tcl/u/u odorcin cxhulanl , tome/si strafa lapidibus est via sed non satis dilige/iter, aut. artificiose couiuiunita. I ' ntgari ait/cut vocabulo incolarum totiusproviuciac caput llislriae nominai'ar co quod ab amili Risano urbi prò.rima qui olita Formio dicebaiur tid-tiiini sit llistriae, quae usque ad drsiauiJlaviuni non grandi spurio in loti^iim protendi/tir. Risanus vero non multo procul a Timer vo (qui mine Usuili ius diciluij saxo crupcns ca acinoso , atque fnter monte* per XIV milita passuum defluens in mare se inge-'il, salini* in Utraque ripa ex limo fin miai s opere Itaiuiutuu m exitu jabricaiis, alveo tantum priore quasi semperperde/orto, wam Sennino monticalo qui imminet a/uni egredienti per ter-''aemaiuiu olim discusso, pars uudis impacia a primo solitoque itinere parumper diserti/. Est autetn Histria in cani portelli extrenia Italiae. /natio , in u aneti ac jus Italicum postremo a. romani* redaeta: nani pria* quidem testo Plinio, Ter» §e*te urbs ciani ac vetusta , finis crat Italiae in qua edam c"iuplara cxtaiit velustalis monumenta. Juslinoj/olis vero no mei t quod recentiu* est, nude orlimi habuciit, non satis constai, sive Q Jlistino imperatore (ut valga dicitur) cujustamen rei nuUum **Ctat indicium , ncque per stripttuas , iie/iiai Ponti/icis memoriam rcposuit iMDXXCll. Di quest'istesso vescovo si leggono due altre inscrizioni «atte una al cardinal Madrucci suo Patrone, e l'altra in *ala per ristaurazione di quella , che metterò in fine con le altre inscrizioni moderne e sepolcrali. Stanno vicine alla città le sue antiche saline principiando dalla parte di tramontana e continuando il giro sino alla parte d' Ostro. In queste si contengono tre nulle cavedini, che sono tanti quadri di fondo di saline, atte con le loro ragioni e requisiti a fabbricar il sale , benché al pre-Sente la maggior parte di queste per condizione dei tempi giacciono incolte con grandissimo danno dei cittadini <-he di qua traevano la maggior loro ricchezza, 11 fiume Risano mena ventini modini dei quali si serve la città, territorio, e la provincia. Dalla parte dell'ostro, lungo un miglio fuori della Città vi è un fonte di acqua rarissima , qui ridotto due miglia lontano per canoni , e questo luogo chiamano la colonna. Di qua la conducono nella città, ma per la glande •spesa scemate le entrate del pubblico è andato a male con molte altre cose simili di pubblico splendore. Il consiglio conduce un medico con salario di ducati trecento, parte datogli dalla camera del principe e parte della comunità, due maestri di comunità con salario di ducati cent' ottanta. La fabbrica della cattedrale dà all' organista ducali sessanta, e l'organo è assai buono, come anco l'orologio pubblico. Il Castel Leone , eli' è posto all' ingresso del ponte tu fabbricato da veneziani per tener in freno quelli di Capo d' Istria, che spesso si ribellavano, qua] può servire contro ogni incursione. Qui tengonsi da venti pezzi di artiglieria con molti moschetti ed anni per la difesa. Ed il luogo si potria difendere, avendo con l'apertura del mare sicuri gh ajuli e soccorsi da Venezia , qual per mantenerlo farebbe ogni cosa. 11 suo territorio è circa diciotto miglia in lunghezza ed otto in larghezza la maggior parte montuoso. Il pu* fertile è quello eh' è vicino alla ci ila pieno di colli dilette' voli e piantati. E' abbondante di vini, qualj sono rarissimi, tra questi il moscaio, il vin da re e refosco, dilettandosi tutti quelli cittadini di piantare a gara uno dell'altro. Al tempo del Man/uolo già trenta anni faceva trenta mille orne di vino, che sarebbero da duemille e ottocento botti , che queste basterebbero per tremille persone , dandosi per ordinario una botte per testa, onde se vi sono quattromila, convien che le zoute suppliscano, e che poco gliene resi ino da vendere per la foresteria che ogni anno ha e per esser amorevoli in dispensare. De'grani è scarso in modo, che tratta la semenza, non gli resi;' da viver per quattro mesi , eh è cosa in vero miserabile. Olio da tremille orne, delle quali ogni centesima ne pagano una al vescovo. Ha sotto di se quarantadue ville in dodici delle quali vi sono castelli all' aulica fondali sovra grolle e balze della natura fortificati. Li contadini sono rozzi per la loro povertà , e per una naturai loro pigrizia. Il loro vestire accompagna la loro naturalezza. Usano la lingua slava ed hanno abitazioni povere e ristrette, e sembrano le ville più tosto ridotti di deboli capanne , che abitazioni permanenti. La miseria del contadino è non aver pane , e s'indebita vendendo il vino avanti sia raccolta 1' uva , e convenendogli bevcr 1 acqua c mangiar misture pessime che gli troncano la vita , e lo tengono in miseria. E perchè il territorio ha pochi pascoli , perciò non vi è copia di armenti, così agnelli e lane. La povertà di questo territorio nasce anco eh' essendo le ville di varii cittadini e nobili della città, cioè padroni di scuotere le decime e vigesime de'grani, biave e vini, quanto sono signori, tanto sono loro nemici , che gli levano le sostanze con voler che paghino grandi , e cento altro angario compassionevoli, e pur sono tutti feudi graziosi datigli da vescovi o dal patriarca. Nè li poveri per la loro debolezza possono opporsi. Essi moltiplicano i inansi e gli aggravi sino all' ultimo estcrminio de villagj. Del che io ne conterei varii casi, se non credessi di offender alcuni pochi buoni e rari. Del vescovato e vescovi con le Inscrizioni sepolcrali nelle chiese. Alla nobiltà di questa città corrisponde anco la fabbrica del vescovato, come si ha accennato di sovra, elfo assai comodo e splendido. Ila il vescovato d' entrata , prima una possessione detta Episcopia, più un molino sovra Risano, alquante pievi della sua mensa le quali 1' afflitta; ha molti feudi che sono la comunità di Tirano per la decima di tutte le case di quella terra , della quale prima prendeva l'investitura; l'istessa per il Carso di Pirano; ha la centesima parte dell' olio che importa assai. Ma la donazione fu della decima dell' olio, come dall' Instrumento fatto stampare dal vescovo Rusca anni addietro, nella quale appare le unioni delle ville di Luparo, Padena, Pilo Roveredo, Costa bona, Isola di Risano e mille campi vigne qual qui aggiungo. Copia Instrumenti donationis et refutationis factae epìscopatui Justinopolitano de villis Lupari Padenae, Pillo lìoveicdl seti Cosfac Botine Insidae Risani, mille camporuin vinearum et decimaé old tot ius terrkora Justlnopolitunae civitatis. Ili flamine Domi)•ù Dei JÌ e terni. Regnante Domino Nostro Federico piissimo imperatore. Anno Domini Ii86\ Indictione IP". Mensis Julii (punto die iutrante. Art uni in delta te Jus-tlnopolltana in madori ecclesia , iti presentici fSuntlorum Domini papae sci'ice t magi stri (luiilandi Sanctae Rom. Feci, subdiaconi , et magistri Fino si Domini papae Capelloni, et corani uuuciis Domita Gotta/redi Suncte Aquìldensis Ecclesiae Patiiarcliae magistro lìti/nulo ci magistro Ubaldo et Domino 11 et in ano 7 '/tesaut ari >. Constai nos quidem Àlmericum Justinopolitanae civitatis Po testa tem , et Consules scìlicet Liti/redum Joannein Se* acetumi ct Lcaiicm de volitataleet conscnsu Communi* itosi ine civitatis (batatiouem , et omnis nostrae actioids quatti liabemus fiueitt, et refutationem super Altare Sanctae Marine piaedietae civitatis feciss e de possessionibtn nostro episcopo (ut assignatis qua* fiabe re , et tenere visi sumus videlicct de Lupara, de Padeaa et de Pillo Poverelli ac de Insula Risani, cum omnibus suis periiuentils In integrimi, et de mille campis vinearum in fmibus nostri*. Eo slquldem tenore , quod noster propriu* epicopus, et sui successores, ed ultlilatem suae mensac haberc, et tenere debeant in perpetuimi. Tali modo , quod non de? beoni babele poste* totem vcndciull, dona lidi, iu/euduudi , vel quoltbet tlttda cas possessioncs allcnandi. Et si in quoeuu-qtie tempore aliqua persona contra liane nostrani donationis , et ic/utat lonls cart ulani tre tentaverit, a ut allatto modo , velli t geni a corrumpcrc volucrit y a ut molestare vel inffingere prae-sumpserit, tutte quidem per nos, ct nosttos heredes ab oaitu flamine guarcutare , et deffendere piomlttimus. Quod si gua-rentarc, et defendere iure , et rationabilller non patuerimus ? sive viduetimus , tane quod ammissum jiterit sub e.rttmatlaitc honorum hominum in consimili loco restituire spondemus. Si vero restaurare iioluerimus , tana quod ammissum fue/it sub extana do ne honorum, per nos, et no.'tros haeredes /tosti o episcopo qui fune erit, Auri optimi libras centu/u compone re nos °bliganius. In super nddi/nus , et dure promisimus super ideiti altare deciniatìoties nostri olei, quod annuatlm nobis Deus concesseti y prò remedio anima rum uos tramiti, nostrorunìque paren-tum. Ut noster p rapi ius episcopus et sui successores de caetero ni proprìos usus liabeatit et possldeant , Ila quod non lleeat els kas decimatìones infeudare f ncque aliquo titolò a sua propria incuta allenare, nude dune enrtulue ua ndum. Ut si quo persona tam die tue civitatis quae. nunc habet vel habitura est vincaia ad cpiscopatum pertiuentem tam de redditibus S. Mìchaells quatti de communi elido episcopatui et annua/im tempore viudemiae non solverli episcopatui ex ip*a vinca, quum habet ab Ipso episcopatu , rectum, et integrili'1-redditum , vel deprachendi poteri, vel convinci rationabilit'i' in qualità tè, velia quantitate redditum defraudasse, deuub' vineam quum ab episcopatu habuerat slnc aliqua c.rccptione resti' inai. Episcopus vero qui pio tempore fucili, vel eius i\ lincili* vinca-u. ipsam inlroni'mcndl, et quidqùìd voltici it faciendi liberala habeat potestatem. Item si qua persona deiuceps usque ad festuili Purifìcationis S. Marine ammulini non solverli ncc solatimi habuciit dcclmatloncm totlus sui olei, quod sibl Deli* dederit ìpsl episcopatui, vel episcopo qui lune crit, vel eius cerio Nuncio, ex lune ipsam decimtttùmem in dapi uni rcstiiuat; nìsi jnerit de misericordia episcopi qui lune crit. Signum supradicti Alineiìcl , qui omnia pracscripta de communi Consilio ut super dicium est, togavit fieri. Ha il limilo della villi» ili Albuzzano dato alli signori Appollonii, Valmovrasa ai Vida con Figarola, Laverà, Terse-co possedute da altre famiglie. Cosi Padena, Morosina, cioè Villanuova , San Si ri co , Covedo , e Cristolia ai Vergerò e d' altri posseduto. Ai Grisoni Valmorosa , e Trebcz/.e, sono poi feudatari! li Bombi per Popetro Ulcigrado. Li Veri» per Antignano , Pattgnano , Lupaio , San Baldo parte di Valmorosa di Laverà , di Zabavia. Godcano le due prime M Nuli e Spezzati ricadute al vescovato, cosi scoperta per mancanza della linea, e monsignor Merari la diede al sign°r Giacomo Tarsia: Quanto ai suoi vescovi, San Nazario vien riverito per suo primo vescovo , non si sa in che tempo si vivesse , ne guanto vivesse nel suo vescovato. Il suo corpo miracolosa-mente ritrovato, dopo essere stato levato dai Genovesi'fu istituito dall'arcivescovo di Genova Pileo di Marini , come dalla sua lettera di attestazione al vescovo ed al popolo di Capo d'Istria a di 5 Giugno 14^2, registrata dal Manzuoli l)ella sua istoria. Fu gran favore di Dio concesso a questa c'ttà, che dopo essere stati alquanti anni queste sante reliquie del corpo di San Nazario, e di papa Alessandro m Genova, fossero preservate e restituite alla stanza primiera, col mezzo del signor Giacomo Langusehi amico oel sopradetto arcivescovo di Genova. Furono ricevute da questi cittadini con estrema allegrezza. Riposto fu il cor-Po di San Nazaiio apppresso un'altare della cattedrale, ,na succedute varie calamità a questa città , se ne perse la memoria ove giacesse il Santo Corpo, che filialmente l'anno i5yj miracolosamente si ritrovò riposto con molla solennità nell* altare maggiore a questo edificato , e nella sua °assa appresso le sante ossa in una lastra si leggono queste parole fatte «la tre riveder da monsignor Baldassaro Boto-Wcio meritissituo vescovo di quella città , e sono. S • NAZAR • PRAESVL . M • GRAV1T ANNO... XIII • VLII • E iptesto perchè nella lettera di chi portò le sante re-!'(pue da Venezia li 2:") di Giugno i/jo2 fu registrata la 'astra in volgare senza la parola presili, ma solo San Naza-r'° parti da questa vita nel Signore all'i ìg di Giugno, e Però fu levata questa difficolta con la revisione di quella Cf)n mezzo di prelato tanto virtuoso e letterato. Dopo San Nazario non abbiamo altro , elio sull anno ?;)7 Giovanni vescovo annoverato dal Sigouio de regno ^nllac'xu quelle parole. //ilaliunus Patiiarcha (li-adensis cttm ^tcphanus Pont, roguntibus J usrinapolitauis episcopi ius Ita- 34o • bendi indulslsset r Joanncm a clero et populo creatimi confi''" mavlt et consacravit. Convien credere che Capo d'Istria stesse un gran temp0 senza vescovo , e forse fosse unita con la chiesa di Trieste, essendo che in tre azioni notabili , ove intervennero non solo li vescovi d' Istria, ma anco molti di Lombardia, non si legge esservi intervenuto alcun vescovo di Capo d'Istria. Lascio che 1' anno 381 della Natività d'i Cristo nel concibo di Aquilea ove intervenne Massimo vescovo di Emonia, non ne fosse alcuno di questa città, ne men delle altre? ma considero che nell'anno 5^5 quando Elia patriarca oh Aquilea trasportò il patriarcato in Crado col consenso del sommo pontefice, nello instrumento , sono sottoscritti j perdio v'intervennero li vescovi di Padova, di Veroni ? di Ceneda, d'Opitergio, di Parenzo, di Pedena, di Feltro ed altri con Severo vescovo di Trieste e penso ch'esso governasse a quel tempo come pastore anco Capo d'Istria. La seconda azione occorsa in questi parti fu la con*** crazione della chiesa di Parenzo, l'anno q6i a dì 8 Maggio, ove col patriarca intervennero tutti li vescovi della provincia con molti altri, tuttavia niun vescovo di Cape d' ìstria si legge. Convien credere che il vescovo tli Trieste rappresentasse la chiesa di questa città per alcun temp0, io3i Ter Un die Julìi, nella donazione fatta da Popp° patriarca di Aquilea alla sua chiesa, ove dopo «lue cardinali si vedono sottoscritti tanti altri vescovi , non vi è alcuno di Ciustinopoli, e pur v'intervenne quello di Pola? di Cittanuova , di Pedena , con Aldegero vescovo di Trieste, che io credo governasse quella città. Monsignor Pietro Merari vescovo di Capo d' Istria De ordine fra ti uni in in orum Quondam episcopus Justinopnli/anus. 1318 Tom masi no vescovo di questa città; di esso si leggono molte scritture di feudi concessi alli signori Vergerò-i3aS Fra Ugo elètto qui vescovo, come dal libi prov. prol. Fu di poi fatto vescovo Mazariense in Sicilia V anno 1335. Dal registro Vaticano. 1335 Marco Scndtecolo creato canonico di San Marco? così dal registro del Vaticano 566 an. c. morì I' anno i347 in Francia nella città di Arautiense. i34j tirso Delfino veneto, rettore di San Giacomo eli Rialto qui fatto vescovo, ma di là poco l'anno i34q a dì 3o di Marzo passò ad esser metropolitano di Candia come dal registro Vaticano E 258 f. 125, anno settimo di Clemente Sesto. 134p 3o Marzo. Francesco Quirino Veneto Pievano di Santa Maria Formosa, questo passò ad esser arcivescovo di Candia 1363 a dì Luglio. Dal registro vaticano. i363 Successe Lodovico Morosi no nubile veneto qual per lungo tempo con somma prudenza governò questa chiesa sino all' anno i3o,o. Di poi passò al vescovato di Morene , come si ha dal registro Vaticano. 1390 Successe Giovanni Lauredano nobile veneto primicerio di San Marco a questa chiesa , la qual governo ventini'anno. Morì a dì 22 Aprile 1411 e fu sepolto 1» questa cattedrale con questo ep ita fio. Iìic jacct Antlstes Fcnetus clarusquc Joaunes Quo Lauredana titillo domus alta rifulge t Mille quaterceutos undenos cursus habebat, Vlglntuiue duos mensis claudebat Aprilis. 1411 A dì io' Giugno fu eletto Cristoforo Zeno nobil* veneto mentre era vescovo di Chiozza. Morì dopo ani" nove di vescovato. i/\to a dì a Dicembre successe Ilieremia de Pola canonico, e diacono di Capo d'Istria, qual dopo anni quattro morì, cioè 1424 e fu sepolto nella cattedrale con epitaffio che attrito dalle pedate del popolo non si può leg" gere. i4^4 F. Martino de Bernardini priore di Santo Salvatore di Venezia dell' ordine di Sant' Agostino e di la passò al Vescovato di Modone. i4a8 A dì i3 Luglio fu eletto Francesco di Firenza Vescovo di Albe, e visse Vetit'anni in ([nel luogo. 144^ Gabriel Gabrieli nobile veneto, dal vescovato di Modone passò a questo avendoglielo però ceduto Paolo Per-gula che eletto qui vescovo dal sommo pontefice, rinunciò Questa onorevolezza. Pietro Bagnacavallo successe al Gabrieli. a 1475 Simon de Montona , che fu arcivescovo di Patrasso morì in Roma 1482 nel mese tli Agosto. 1482 Giaccomo Vallaresso nobile veneto fratello di Matteo arcivescovo di Zara, essendo protonotario apostolico uomo di altissimo ingegno e molta eloquenza , esercitò molti legazioni , governò il patriarcato cf Aquileja nella discordia Lia Ermolao Barbaro e Donato. Morì i5o3 , 9 Marzo sepolto nella sua cattedrale nel sepolcro che in vita Sl aveva preparato con questa memoria. Jacobus Faleressus Georgii filius, patritius venetus ponti* fece Justinopolitanuspost munerum variorum prò sancta romana ecclesia feliccm adminìstrationem. humanac sortls menior hunc Q&siènts suis quietìs locuni ad luce viccns pracstruendu/u curavi t «mio cristianac saltitis MCCCCI XX X F. i5o3 Successe Bartolomeo Assonica di Bergamo, fu al concilio Lateranense sotto Leone Decimo l'anno i5i3, n>orì 1529 nel mese di Aprile. 1529 Defendente de Valvasori da Bergamo fu suffra-(jànéo di Pietro Lippomano vescovo di Bergamo; di questo ne fa memoria Achilie Muzio nel teatro Bergomensc parte VI sehben erri nel farlo vescovo di Pola. Pietro Paolo Vergerlo di Capo d' Istria della famigli'1 di Pietro Paolo Vergerlo , che fu segretario dei principi cu Carrara signori di Padova uomo lctlcratissimo , anzi suo parente, qual colle sue virtù si fece così strada nelle cariche pubbliche, che dopo esser ritornato da Germania, dove fioriva T eresia di Lutero , meritò esser fatto vescovo nella sua patria : ma in questa dignità prevaricò e divenuto eretico fu scacciato, ed essendo per Germania, finalmente in Tubinga si ricovrò ed ivi l'anno 1565 morì in somma miseria; nell'istesso tempo vedendo il fratello Giambattista vescovo eli Pola cadde noli' istesso errore e lasciò miseramente la vita. Si leggan le Vegeriane dal Muzio stampate, ove si vedono gli errori di quello male sventurato uomo e come a poco a poco aveva convertita all' eresia mezza quella citlà e le monache si cominciavano a contaminare imbevute dalla sua falsa dottrina e perversa. L'anno \G5d a Cuberton aperti due altari , che non si adoperavano pei' non essere consacrati, fu in quei ritrovato due sigilli dì piombo con la membrana scrìtta, come l'anno 1543 die ^4 Agosto questo vescovo scismatico aveva consacrato la chiesa e l'altare in onore di San Lorenzo, essendo nominati per testimoni! Bon Vittore canonico arcidiacono Giu-stinopolitano, Ierouiuio Bratti canonico e vicario, do» Francesco Giasone dottore, don Francesco Vittore , don Giovanni Vergerlo, don Girolamo Zarotti e Giacomo Ot-taro, suo cancelliere Giovanni Vettore; E nell'altro sigillò trovato nell' altare di San Bartolomeo , oltre [i suddetti *' notano per testi pioni! ancora Vergerlo de Vergerli, Nicolò de Sabini canonico, Andrea de Medellis pievano di Grisignana, Girolamo pievano di Sterna, Marco Marcello Vittorio, Alvise Vergerlo, Aurelio Vittorio, Aurelio Vergerlo, Bonino de Bollini. i55o 3 Di Maggio dopo essere stata due anni senza pastore Capo d" Istria per l' eresia del sopradetto , successe ■Ionimaso Stella dell' ordine de' predicatori vescovo La-Vellino uomo dottissimo e di santi costumi, molto caro a papa Giulio HI. Questo con le sue prediche tornò al suo primo stato la cristiana religione in (pud popoli Eu al concilio di Trento. Morì l5'6ó scrisse de cantate Chris ti e fu amico del Muzio. |566 fra Adriano Valentico dell'ordine domenicano teologo successe, visse sei anni nel vescovato. Scrisse de inqui-rentlis liacrcticis, de Sacramento Eucharestìae cantra Calcinimi. Antonio Elio da Capo d'Istria vescovo di Pola, e patriarca Gerosolimitano fu promosso alla chiesa della patria, la qual tenne alcuni pochi anni, morì i5j6 e nella cattedrale Sepolto con epitalio ower elogio, aggiuntogli da amici e parenti dòpo molti anni: Autonius Elia attaquani maritili ne faelicitatis Mire omnibus morum ìntegritàtis candore baci, praeluxit A': eminein sacrae infida e Vci ardcnlius exquisière, vel carius amplexatae sunt Eucein se Jocnerari arbitratae\ Summor Pont. Clan. Eli Pauli III et IV Sina eia- tandem abstraclitm. Ubi intima Animi sansa penitus haurlebat Polensis Ecclesiae Et Riero solimitdni subinde Patriarchatus Sedes excepit. Irident. Sinodo usq. adeo erudita pietate piofuit Et duobus Piis 1E et ìr perquam charus cvaserlt; Jisdetu eltariss. ab revoeatos Basii, batic, riius Dani Ùl ea P'icarius praejait. Deu/um ut non unum haberet suarum Virtutam testem. Q tieni prof erre t pos terls ; A Gregorio A III suprema Justiaop Ecclesiae Dignità te decora tus Dum ad illius clitvum scdulus sedet Vitatn non tam cxuit, quam indidt mcliorem Anno Domini M • D • EX ATI Aetatis E XX. 1076 A dì 4 Dicembre fu eletto Giovanni Ingenero giurisconsulto, qual ristaurò assai la chiesa episcopale. Scrisse un libro de Celesti Vfdsonomia , moti 16*00. 1600 Li i3 Maggio successe F. Girolamo Contarmi veneto dell' ordine dei predicatori , qual in anni venti operò cose molto degne di memoria in quella diocesi. Morì 16*20. 1620 9 Aprile a questo successe Fra Giacomino Rusca padovano dell' istesso ordine de' padri predicatori , eh' era vescovo di Callaro. Questo era un buon teologo e servì qualche tempo monsignor Marco Cornare vescovo di Padova , dimorando nel suo palazzo ed esercitando le azioni episcopali come suo vicario generale e suffraganeo. Era uomo grasso, gioviale e di candidi costumi, moti i63o. i63o Pietro Murari da Chiozza li o Maggio fu costi-tuito da Urbano V1H papa , uomo di ottimo giudizio, che che di canonico passò a questa dignità , che sostenne ccn molte lodi venti tre anni e a me carissimo. i633 Baldassar Bonifacio da Rovigo arciprete di Treviso uomo nelle sacre, ed umane lettere versatissimo. Fu eletto da papa Innocenti! decimo , portato a questa dignità dal signor cardinal Chijzi amator dei virtuosi e celebri. Fu Bonifacio di molte virtù, che oltre la bontà della vita, ma specialmente è eminente nella poesia Ialina ed erudizione come si vede dalle opere stampate. Ville sotto Capo cV Istria, e prima delle del Cani, Coìte di Mare sego, Sani Antonio t 7/uscite. ~\l icino alla città di Capo d' Istria tre miglia è la villa dei Cani posta in pianura di terreni fertili , e parte pian* tati di vigne, molto numerosa di abitanti , e può far cento fuochi. Ila una bella chiesa parrocchiale , e una fontana appresso copiosa d'acqua, che però non si stima molto buona. Gode assai buon aria, e produce buoni vitd , oli e grani. Segue Coite di Maresego , mensa come le altre di monsignor vescovo, che la concede con pensiline in affìtto. E' parrocchiale ed è onesta villa posta sovra un monte lontana della Città miglia cinque in buon' aria, e bella vista. Ha le case sparse in qua e in là , e fa cinquanta fuochi. La chiesa è dedicata a Santa Croce e tien due altre chiese San Giovanni e la Madonna. Paga il parroco nelle tempora un orna di vino ed una quarta di formento ai coniadini, che lo godono insieme , e la chiamano la Quaterne/za. Villa Sant'Antonio segue due miglia discosta, mensa Episcopale, che già era sotto Covedo, ed ora è smembrata ed ha il suo pievano da parte, è una onesta villa, e frequentata, essendo per essa la strada, che ria Capo d'Istria va a Pinguente. Può far sessanta fuochi e di essa sono padroni li signori Petroni e Tacchi. Trusche parrocchiale sei miglia lontana della città, ha Sotto di se sette ville, ognuna delle quali consta di sette ovver otto case di contadini e sono ; Pregara del signori Tarsi, Lupar villa del vescovo, ove si dice clic fosse sepolto San Ruffo, il suo corpo è a Mondano e trasportato per f incursione in quel contorno. Zabavia , Laverà ville dei signori Gavardi. Fuori di Trusche vi è una beatissima Vergine miracolosa freqncntata assai li giorni 2 c a3 di Marzo. Covedo tien sotto di.se Cristoia e sono ville con alcun" castelli nella cima dei monti , tutti al prerente dirupati. Ha una bella chiesa ornata dal suo pievano ed è situata al castello, che tiene serrato , e ne ha la custodia uno con titolo di Contestabile. In Cristoia hanno giusisdizione civile li signori Zarotli. Sono abitate da poveri contadini. Carcauze villa posta in mezzo di un colle, sovra una bella valle e però ogni vicino appresso la sua casa ha acqua viva delle quali è abbondante. Tien circa trentasei fuochi e gente laboriosa. Ila la chiesa dedicata a San Michele, che è prolettole della villa. A questa sono soggette tre altre chiese cioè San Stefano nella valle , San Stefano sovra il monte e San Matteo sovra la valle. Serve qui un pievano con un cappellano, qual ha di entrata il quartesc di tutte le robbe e primizie. Sotto Carcauze stanno tre altro ville cioè San Pietro della Malta di fuochi ventiquattro con due chiese San Pietro e San Spirito. Villanuova ovvero Val TYlorosina con altro nome, di fuochi cinque, con la chiesa dedicata alla beatissima Verdine e Padena di fuochi ventotto con tre chiese San Bi aggio , Santa Ca Henna e San Saba, tutti luoghi montuosi con un poco di valle. Di Carcauze sono padroni li signori Vittori , come di San Pietro della Matta, e Villanuova li signori Vergerli, della Torre di Padena li signori Gravisi. Aniignan è sovra un alto monte fra Ospo e Villa dei Cani , contiene fuochi venti. Ila il suo parroco amovibile , che governa anche un'altra villa delta Scofia , che in slavo vuol dir vescovato per esser villa del vescovo , fanno qui buoni vini ed è sito allegro; è villa dei signori Verzi, che sono padroni delle decime. Socerga villa governata da un piovano amovibile, che paga alla mensa episcopale ducati cinquanta e cinque paja di pernici con altre regalie. Li signori Gravisi tirano le decime. Ha il pievano sotto di se Fi gamia e Movrasa Trebesse per le cpiali al pievano è aggiunto un cappellano per servir quei popoli. Villa di Sant' Antonio lontana della città miglia cinque contiene circa sessanta fuochi. Ha un pievano amovibile della volontà del vescovo, al qual paga di cattedratico lire sei e soldi quattro all' anno. Ita una sola chiesa dedicata a Sant' Antonio, è posta sovra un monte e di essa sono padroni li signori Petroli? e Tarsi. Paugnan villa curata dalli signori canonici di Capo d' Istria , il cui prete paga a loro quattro ducati all'anno, ha circa trenta fuochi. La chiosi è (bulicata a San Giorgio ed ha altre due chiese filiali, la Madonna, e San Stefano, e di questa villa situo padroni li signori Verzi, Costabona discosta dalla città miglia cinque posta in alto soVra la valle della Dragogna. Il pievano è amovi» bile , essendo mensa dei canonici di Capo d' Istria a (piali paga ducati dodici all' anno. Può aver venticinque fuochi. Ila sotto di se Puzzole e Plagnave ; onde tutte insieme arrivano a quaranta fuochi. Il luogo è unito e quasi serrato come un castello. Ha una porta con una torre e fuori di detta villa vi è una chiesa molto magnifica e di divozione, dedicata ai Santi Cosma , e Damiano. Qui è grandissimo concorso la seconda festa di Risurrezione ed il giorno di detti santi, facendosi una bella festa. La chiesa parrocchiale è dedicata a Sant' Andrea. Di questa villa è stato San Elio confessore uno dei santi protettori della città di Capo d'I. stria e quivi si trova ancora la casa ove egli nacque. Sono padroni di queste tre ville li signori Verzi , e fanno tutte un Zuppano solo. Credesi che il nome voglia dir Castroni bornie , Dea dei gentili- Contiene sei chiese. Ila boschi grandi ne quali si trova sovente qualche orso. Si fa qui buoni vini , e copia con olio assai. Gode un aria perfetta Il pievano tira il quartesc dei vini e biade , cioè di ogni quaranta una. Oltre il quartese ogni vicino gli da mezza orna di vino, cosiccchè il beneficio può arrivar a cento ducati d' entrata conforme alla valuta dei vini. Qui è copia di peri, pomi, castagne e ghiande, con quali nutriscono molti animali porcini con qualche copia di vacche. Sovra la chiesa di San Cosmo vi è una fontana copiosa di acque ed un'altra sotto, che serve a tutte le tre ville. Sono povere genti , e poco formento si raccoglie. San Nicolò d* Olirà , Santa Maria della Villa di Matite e San Pietro di Beo batta. I)i rimpetto alla città, oltre il mare ad un miglio vi è San Nicolò detto d' Oltra , membro della abbazia di San Nicolò del Lido di Venezia , eh' è un bel luogo con fabbriche alla moderna conforme alla grandezza della congregazione Cassinese. Qui venivano li padri monachi da Venezia l'estate a diporto, essendo di buonissima aria ed alle uccellazioni, che qua con libertà possono attendere ed alle pesche per essere il luogo solitario. Ma ora non più dal lido si partono per venir qui, trasportando ai luoghi più vicini a Venezia, ed alberga a questo luogo un padre o due e qualche volta qualche abate che si ritira qui per goder della solitudine monastica. La chiesa di Santa Maria della Villa di Monte altre volte fu donata da un vescovo ai padri di San Giorgio tli Venezia e perciò riconoscevano il vescovo ed il capitolo dei canonici di certo pepe che ora non pagano. Ora la chiesa, eh'è curata, è mensa del vescovo. La chiesa di San Pietro di barbano sopra un miglio, avanti la peste i6'3o era abitata da due romiti, ora è commendata da un canonico e frequentata li venerdì di marzo per l'indulgenza. ISOLA TERRA (Questa terra è posta lungi da Capo d' Istria miglia ciurme ed altrettanto da Pirano e così detta dal suo sito, essendo sovra uno scoglio e si unisce a terra con un ponte di passa cinque circa. Fu olim delta alieto, che vuol dir aquila, e si trova in una contrada una chiesa che si chiama la Madonna d' Alieto al giorno d' oggi. Gode di buonissima aria, vedendo qui gli abitatori con bellissimo volto, buona complessione, satdtà e lungamente prolungano la vita , essendo il sito coperto dalla malignità dei sirocchi e gabini. All'aria buona si aggiunge un territorio il più tortilo , e fecondo di quanti ne situo nella provincia, anzi pare un giardino , perchè qui vi sono degli orti bellissimi , che producono ogni sorta d1 erbaggj eccellenti, specialmente i meloni rarissimi con semenza senza scorza, frutti, ceriese, peri, pomi, persici, castagne e mandole con uva preziosa da mangiarsi. Il territorio è tutto pieno di ulivi e vigne delle quali si fanno le ribolle famose, che "Vanno per tutta l'italia e specialmente in Venezia. Fatto il primo vino per la dolcezza 'dell' uva, fanno sopra le vi-nazze la loro zonta , che riesce dolce e fanno ogni orna di vino due orne di zonta, per la bontà dell' uva , dopo la qual zonta ne fanno la terza , che bevono e serve per quelli contorni , ed è cosa matavigliosa che la seconda zotici , cli'e la più soave , tenendosi diventa aceto che viene Venduto ai marinari, e serve ai vascelli con grandissimo utile degli abitanti e si tla la causa all' aequa di quella Wo fontana , clic sta vicina alla terra così abbondante, che taj anno facendosi dieciotto sino a ventimi Ile barile di zunte, mai resta asciutta nelle vendemmie. La terra è circondata da colli e da monti , il territorio è in modo di mezzo luna da un capo del mare alla 1- tro e tutti quei terreni sono pieni di vigne ed oliveri. F copioso di fontane che scorrono dalla terra e per i campi ed orti , la terra circonda un miglio , le stanno quasi anlentu-ralì due monti l'un detto San Simon e l'altro detto caste-lier, che fu detto dai greci Urano e dei latini Castellac-rio ; eh' è lontano dalla terra tre miglia , e dicono , che anticamente era quivi luogo, al presente boschivo, ed allora celebre era il suo porto di San Simon registrato nella carta di navigare capace d'ogni naviglio, e sotto l'acqua si vede 1' antico suo molo con anelli di ferro a quali si legavano le funi delle navi : al presenie è qui una piccola chiesa. La terra è piena di belle abita/ioni con una chiesa di onesta grandezza divisa in tre navi , della quale ne fu l'architetto Domenico Vergerlo molto ingegnoso. Tiene undici altari cinque per parte, dei quali cinque sono con palio dal famoso pittore Palma il Veneto, ha due sagrestie con copia d'argenti, e suppellettili ecclesiastiche, segno manifesto della divozione di questi popoli. Vien officiata da un pievano e tre canonici ohe hanno le loro entrate , ed il centesimo del vino e dell' olio. 11 pievano ne tira una parte e mezza e ne riscuote sin orne cinquanta all' anno. Protettori della terra son San Mauro , e San Donato e nella chiesa maggiore vi sono reliquie della santissima Croce, dalla Croce di San Andrea, e del suo braccio, della veste e velo della beatissima Vergine, delle teste di San Pietro apostolo, di Sant'Anania, di Santa Lucia, di Santa Catterina, del piede di San Lorenzo, del Cranio di Sa"-J^atteo apostolo e delle vergini di Santa Orsola. Vi sono due monasteri dei religiosi, uno dei padri de» Servi fatta alla moderna con la sua cisterna, ed una he" adornata chiesa. L' altro dei padri minori conventuali d'1 San Francesco, che fu fabbricato come dalla seguente memoria posta sopra la porta della chiesa dedicata a San Francesco. Ex voti snonsione duni Venctìis veste funesta vasta' batur , ut nobis Deus in praccìbus et optaiis occurreret et Inuilarum oppidum singultiti praesidio tuerctur, novuni hoc delubrum coenoblumque, propria cum eleniosjnis con/lata pecunia Fr. Firmm Ulmus Fcactus theologus ini/unita, haere-ticae pravitalis inquisito/; mag/ds laboribus jandavit et extruxit MDLXXX11 plidie cai. Novcmbris. Ha due altre chiese ed una fuori della terra fabbricata di nuovo alla beatissima Vergine di Loreto da Zanin de Lise, e poi accresciuta dalle pubbliche elemosine dei di-Voti che di continuo quivi concorrono. In quella della Beatissima Vergine di Alieto molto sontuosa, vi tengono il Santissimo Sacramento per più comodità di portarlo agli infermi, essendo lontana la chiesa maggiore, Vi è un ospitale per i poveri molto ben regolato. La comunità ha . . . ducati d' entrata , ed il fonti CO con fabbrica pomposa sovra la piazza , ed il capitale è di quarantamille lire , clic vengono investite in tormenti e biade a suoi tempi, con molto Utile di quegli abitatori e buon governo. Salariano medico e chirurgo, e vi è lo speziale con quanto occorre alla conservazione del ben vivere. Può fare circa duemille anime. La serenissima repubblica veneta manda al governo un liobile veneto col titolo di podestà e dura sedici mesi , avendo per istipendio ducati venti al mese. Ila una villa sotto di se delta Corte, e sovra il suo territorio vi è un piccolo torrente detto Acquavi va, Di questa terra sono Usciti molli uomini illustri in diverse professioni , li quali liei libro nono saranno enumerali. La gente plebea è di Uiolto ingegno e si applica volontieri alle fatiche. PIRANO TERRA l^irauo, antica terra della provincia è situata in un colle allegro, godendo un'aria salubre, per la quale non men che L Ahchboghafo Voi. IV. a3 per i suoi porti e continuo traffico , è accresciuta da cento anni in qua in quella grandezza, che ora si ritrova, essendo delle più grosse, e ricche terre dell'Istria. Riluce quivi la prudenza dei suoi cittadini , mirabilmente nelle cose spettanti al culto di Dio e nel governo della sua comunità. E* la terra circondata da mare all'antica , con li suoi torrioni da una parte sola verso il monte , e 1' anno i645 b rifacevano per timor del turco. Ma un fortino alla porta di San Clemente con la sua casa contigua per l'ar-tijdiaria. Può far col suo territorio scindile anime tli sei condizioni , cioè civili, marinari, lavoratori, artigiani e contadini del territorio, dei quali duecento dei più giovani sono scelti per soldati. Ha tutte le strade selciate di pietre e per l'angustia del sito riescono le abitazioni piccole. Ila una bella piazza con due stendardi , uno di San Marco c l'altro di San Giorgio protettor del luogo, con le loro insegue per le feste più principali. In questa si fanno la fiera il giorno di San Giorgio e le giostre nelle feste delle pentecoste, e quivi concorrono anco le cose necessarie al vitto umano, eccetto la pcsearia , e la beccaria, che sono discoste. Vien adornata dal palazzo pretorio con la sua cancelleria, consiglio, vicedominaria, camera dell'armamento. Nel corpo di essa piazza si trova un porto piccolo cavato già pochi anni, il quale serve per brazzere e barche che si adoprano per il bisogno di condur 1' entrate del territorio alla terra ; e sono come quelle dei pescatori : vien assicurato da un bel ponte di sasso ; i grandi vascelli ** assicurano da un molo grande e comodo, per tal effetto fondato sopra una galera grossa mandata dalla signoria l'anno i54o:ed appresso questo un altro molo più piccolo per 1' istesso effetto. Discosto dalla terra alla Madonna della Rosa , vi è un altro porto descritto nella carta d» navigare, capace d'ogni grande armala. Nella sommità del colle della terra è edificata la chiesa maggiore , grande e di magnifica archittettura , incrostata al di fuori tutta la facciata di pietre vive da Rovigno, col campanile. Entro tiene bellissimi altari di marmi ed altri dorati, con sagrestia piena di ricche e sontuose suppellettili ecclesiastiche, e con molta argenteria. Dicono che la comunità oltre l'elemosine particolari abbia sin ora speso ducati trentamille in essa chiesa. Gli altari fabbricati da particolari , denotano la grandezza dell' animo di questi. Vien officiala da un pievano con sei canonici, che tirano il quartesc dei vini e la decima delle biave ed agnelli , con le peschiere e con molti altri privilegi Vi sono nella chiesa molte reliquie. Un poco del legno della Santissima Croce con del velo della Beatissima Vergine , parte della mascella di San Giorgio in una teda d'argento. Vi sono parte delle ossa di San Massimiliano vescovo che patì il martirio quando è venuto in Italia per andar in Aquileja ad Emona città nel piano a piedi delle alpi, ove fu martirizzato , come scrive il Candido nella sua istoria del Friuli. Alquanto delle stinco di San Giorgio posto in Una gamba di argento ; reliquie di Santo Stefano poste in Una mascella di argento ; un osso del braccio di San Leo-Ue papa; un dente di San Martino; un osso della schiena di Sant'Eusebio confessore; ossa degli Innocenti, di Sant' Orsola e dalli quaranta martiri, di San pellegrino martire. Fu consacrata l'anno 1747- foco discosto dalla piazza, Salendo, è il monastero di San Francesco dei minori conventuali , ove vi stanno quattro sacerdoti , e vi sono molto belle stanze per ogni forestiere , anzi qui sovente alloggia-1,0 li pubblici rappresentanti. Fuori della terra un miglio e '''C'zz.o nel colle delio di Santa Maria della rosa , vi è un 'utio di zoccolanti vicino al mare, in luogo allegro e salu- con una bella chiesa adornata di pitture con un co- modo convento , e bei orti , eretto per 1' instanze del Beato Giovanni Capistrano, del (piale si legge la supplica, ed una foresteria fabbricata con molta maestà. La chiesa è dedicata a San Bernardino edificata l' anno i/\$2 come da questa inscrizione. liane Sacram Aedem , ct Domani Relìgiosam Cìves Pjrane/ises Pifssimi Sancto Bernardino , et Fratrìbus iMinoiibus dedieaiunt mccccuL Appresso la chiesa vi è il cimiterio sacrato. Sono nella terra diverse altre chiese di molta divozione , come San Pietro in piazza , ove si tiene il Santissimo Sacramento per la comodità del popolo, e vi sono alcune pitture del Ventura; Santo Stefano ov'è un crocifisso miracoloso; nel borgo la beatissima Vergine di rilievo, donata dalla serenissima repubblica; fuori di questo luogo, quella della Madonna tli Strugnano miracolosa per W sua apparizione, e per le grazie che di continuo quivi ri-cevono li fedeli. Molte chiese vi sono per il territorio tutte benissimo tenute e ricche di paramenti, croci d'argento $ riportano i piranesi la lode sovra tutti gli altri della provincia in conservar le loro chiese. Ila la comunità, grossa entrata di ducati cinquemila all' anno che si cava dalle peschiere di Sizziole e Kasaua ? del dazio del vino, pesce, torchi , decime del carso, forni» prati, condanne, il settimo del sale ed altro, la qual con somma diligenza governata , si dispensa nel salario al lettor pubblico, suo cappellano, cancelliere, cavaiier ed altri officiali; nel salario d'un medico, d'un chirurgo e d' un precettore, del predicatore, d' un organista ed avvan-zano ancora più di ducati sei cento all'anno impiegati nella fabbrica della chiesa e pubbliche fabbriche. Tiene un ricchissimo fontieo di grani , principiato I anno i3oi ed è cresciuto a gran capitale, del quale ne hanoo fatto il monte di pietà, governato da un collegio di dodici cittadini. Tiene il suo ospitale benissimo all' oYdine. Tiene pure Un bellissimo registro delle sue scritture. Hanno stampato il loro statuto con gli ordini del quale si governano. Il loro consiglio si fa coli'intervento del podestà, ed almeno cinquanta consiglieri leggittimi, nè in quello si ammette alcuno illeggittimo, nemmeno discendenti da persone non leggittime uè minori di anni 20, Arrivano talvolta al numero cento sessanta , creano quattro giudici di quattro mesi in quattro mesi col camerlengo, e due giustizieri con sindaci , ed altri con bellissimo ordine, quali tutti a gara e con grandissima fedeltà governano le cose a se commesse, e non le distruggono e trascurano, come fanno in molti luoghi dell' Istria. Ha il pubblico cinque torchi per l'olio, quattro forni per cuocer il pane e nel territorio quattro fornaci. Ha tre valli di saline, Strugnan , Fasana, e la valle grande di Siz-ziole, molti prati, moliui e boschi della comunità. 11 suo territorio è tutto ridotto a coltura , e benché sia montuoso, mercè dell'assidua assistenza e fatiche degli abitanti, rende gran quantità di vino, olio ed altro. Ea di vino un anno con l'altro orne quimlicimille , olio tremille orne e sale mozza seimila. Ha il torrente DraffOgna che nasce dai monti di Capo d" Istria e sbocca in Sizziole ed abbonda di molte fontane. Sono li Piranesi molto amorevoli ed amici del foreste» e molti dediti ai traffichi. Fe donne hanno del virile e lattezzc da uomo. Vestono bene , sono stati sempre famosi Ito mare , anzi molti pensano , che il loro nome venga da Pirati che sono quei che corseggiano ii mare. Sotto il patriarca d'Aquilea sono vissuti fedelissimi e l'anno ia5r ebbero per podestà Cauavero Gillalto nobile di Capo d'Istria, come scrive il Mauziolo. L'anno 1283 si diedero volontariamente alla repubblica Veneta, la quale ha sempre cavato grandissimo utile da loro sali ; e della loro fedeltà dando sempre prove di estremo valore, furono conservati i loro privilegi, per i quah anco questi cittadini si affaticano affinchè non sieno defraudati, mantenendo libere ed illese le loro immunità; e specialmente dal magistrato di Capo d' Istria e visita del Pasenatico; ma di esser in appellazione giudicati dal capitanio di Raspo, al quale sta il visitar questa terra una volta nel suo reggimento e non più. Contesa agitata più volte a Ve' nezia e decisa sempre a favore di questa terra con conferma dei loro privilegj e prima foro condizione : tenendone in particolar protezione la repubblica , come di sudditi fedeli e valorosi e per l'utile del sale. Hanno fiorito molte famiglie illustri in armi e lettere in questa terra tra quali 1' Appollonio famoso per singoiar valore; quei di Castro, li Gravisi, cioè Vanto Gravise da Tirano; li Venieri, Tagliacozzi, Furigoni e Caldura. Lungo sarebbe annoverar qui tutte le imprese fatte da Tiranesi, potendosi queste leggere nell'istoria d'Italia e più distintamente in quella di Venezia. Dirò solo eh' essi una volta presero per forza la terra di Buje ed avevano autorità dalla repubblica di spianarla, ma per pietà si contentarono d'impadronirsi e levate alcune campane e le chiavi di esso castello , queste dicono esser appese al presente alla lancia del protettor loro san Giorgio, ch'è nella chiesa di Pirano. CASTEL VENERE k^otto Pirano è il Castel Venere posto sopra un monte in sito bellissimo con vestigio di muraglie , ed un castello di pochi fuochi. Vi era un palazzo del patriarca u*i Aquileja e vi ha un istrumento duna sentenza fatta in questo castello a favor del vescovo tli Città Nuova circa le decime di Buje l'anno 1218 oclava exeuntis Aprii». Questo con i suoi contorni nel presente bisogno della serenissima repubblica nelle guerre del turco è stato fatto contea, e venduto al signor Giovanni Furi goni da Pirano con giurisdizione civile e criminale , il quale vi ha cominciato a fabbricare una abitazione. La chiesa curata è fuori del castello e la villa è di pochi fuochi sparsi per quelle campagne. La giurisdizione si diffonde sino a Salvori. S A L V OR 1 -La punta di Salvori è principalissima nella provincia perdi'è porto, ma già doveva esser maggiore, perchè si vedono nel calar delle acque gran quadroni di pietre , che dimostrano esservi stato un molo e si vedono anche in quei contorni vestigie di edificj antichi. Comunque sia è famoso per la chiesa, eh'è ivi, alla quale si fa una solenne fiera nelle feste delle Pentecoste con indulgenza plenaria. E' dedicata a San Giovanni. Ma più famosa per 1 istoria che si narra della rotta data dai signori Veneziani ad Ottone figliuolo di Federico Barbarossa imperatore persecutore di papa Alessandro III, e presa di esso, per la quale nè sortì la riconciliazione che fece col sommo pontefice, essendo venuto il padre a Venezia a chiedergli perdono. Tutta gloria della serenissima repubblica Veneta. Questo è al presente tutta spiaggia con una chiesa assai grande sopia la porta della quale in una pietra vi sono questi versi che narrano 1' istoria di questa guerra lavale successa 1' anno H77 da me osservata con ogni diligenza per la controversia , che già alcuni anni era di quello fatto , da poco amorevoli del nome Veneto, ed assolutamente questa pietra c versi sono di quel secolo, cerne anco le fabbrica di essa chiesa , che per memoria dì questo fatto fu fabbricata. Hcu popoli celebrate locum qitcm Tertius ollin Pastor Alexander donis ccleslibus auxlt ; Hoc ctenim P elego Fenetae Victoria classis Desuper eluxìt ceciditque superbia magni Inde imperatori* Federici, et reddita sanctae Ecclesiae pax alma fult, quo tempore mille Septuaginta dabat centum sepiem supernus Paritcr adveniens ab origine carnis amictac. Così la riporta il signor Girolamo Bardi nel suo libro della venuta di Alessandro III, che scrisse averla ricevuta da Aldo Manuzio che in persona tolse già la suddetta iscrizione. Non so come il Manzuolo la scrive nel sesto verso e pur come vicino, essendo di C8po d'Istria, doveva averla letta. Ecclesiae pax tuncque fult. Cacio in tempora mille E il Muzio legge - Ecclesiae pax alma fult in tempora mille. Questa pietra è piccola, posta nella facciata appresso la porta in alto. L'anno i/po. da papa Pio II, fu confermata l'indulgenza alla chiesa di Salvori a richiesta dei Pi? ranesi ; come scrive il Sansovino nella vita del Doge Stefano Ziani. Vi è anche nel muro di questa chiesa , vicino alla porta mezzana, eh'è sotto al portico un marmo colla seguente iscrizione antica in belle lettere. P. Trosius C. P. Porcio JSaesna P. F. Quarta 1"rosici. C. F. Tertia. V. La chiesa è grande , e spaziosa in tre navi, e mostra essere stata risarcita da un secolo in qua, Sta attaccato alla chiesa un portico, quattro ower cinque volti e qui vi abitano il curato ed alcune povere genti, che fanno un poco di osteria per servizio dei passeggiori e marinari che quivi capitano. Sono le altre abitazioni di contadini lontani. INSCRIZIONI SEPOLCRALI Nel claustro de' pp. conventuali di San Francesco di Capo d'Istria. Vergerlo Patri Petrus Paulus Vergerlus Filius Posuit Situs est XXVUulij MCCCC1. MCCCLXXXXV IL Die Pruno Janunrij Sepoltura Nicolai Bonacurti De Vcrietijs et Suoruni llacreduin. Nobili ac Strenuo Viro Jacob Apollonio Ex Testamento Apollouij E. Ciarla Vergerla Nurus P. C. MDLXXXli. KAL MAIL Sepoltura Joaunes Cemiyani, et Suo rum llaeredum MDXXXV11I Alexio Baroncino , LA Magda leaae Parcnt. Opt. EU. Picntissind sili Posterisque suis Umani Pos. MDXXXVE Sepultura nobilis Militis Domini Alberici Brute et Duercdum Suor : de Jusliu * Ned muro di detto claustro lo Antonio Catelli Nobili cloro cjus partii Medi : qudm Greci llirurgiam vocani t Profess : max. qui ct idc cum 3o ann. ct ultra imbuco stipen. summa cjus laude et totlus populi satisfactione et admlr. /Iddi. exercuit Io : Petrus filius Petti Op. de se opt. merito P. Obìjt Anno Sai. MDLXV. Mense Feo. Die XXII. Aetat. Suae anno LXV. Sopra 1' Arca Sepoltura Exc. D Jo : Antony Catelli et Haeredum suorum Vir nobilis Romadimus Spclatus Livi/ Fr : cum ex Portu Naonis ad liane praeclar. gcntls suae sedem , Patriamque navigasse!, longa vetustate labentes jnmjamquc interitiiras llteras, ut Francisci Tritavi metnoriam redderct dittitirtt.lt>reni instaurati, curavìt. MDLXXVL In terra, cioè sopra l'arca Francisci Spelati Atque Suoi Ufn Haeredum Pomponij Ducaini, Et Suorum Haeredum. Haec est Sepultura......... Zarlj de Fedcrla Suorumque Haeredum MDEE 11 Kal Full Jacobus Lepori quo ad ai n Antonij Lepori suis antecessoribus posuit siblquc locum preparavit et. suis postcris. MCCCCLXllll : D • XV. Epitafi in chiesa Caesari Barbabianca Juriscons. qui a prima aetate Ingenium Mattkaei Barbab. Episcopi Poterti clusque Potrai amantlss. Altspìcìjs mirum in modani excoluit : tutti iis dolibus Patavij , Bononiae , ac Romite animum cxpolivit Justinop. ut reversus linguarum ìlle varietale , Rcthoricae , Dialeticae , et Lcgum disciplina aeque ac morum sanctitate insigni* sui ■ nominis glorlam longe , latcque extcnderit : Sed ad malora in dies cum per patria vestigia incomberei, cacio HI. et XX. Anno Nondum expleto evolavit.. Hierony. P. Mer. P. C. MDXC1II. Aurelio Vergerlo Jacob. F. Rom. Pont, ii sacr. Rornae mortilo Dum , ct munus cum sunima omnium Laude, et admirationc obiret. .........In queste due righe depenalevi .........vi era il nonio del Vergerlo fu vescovo di Capo d' Istria Eratres posucre MDXLPJ1L Vita Chris Ius , ct Mors lucrimi. Scipinni et Cjntio Adolescetttibiis opt. Miiique in Ut. profectus quos immeritos mors Acerba in ipso flore actatis diverso tempore huno Venet. et alterimi Jlistiti, extinxit. Bonus Victotius Pater Maestissimus posuit ct sibi Cogita quo animi cruciata rcliquum vitae exegerit Infelice parcns f'tl. cariss, orbatus. ScpuìcTum. Pracsbitcris Joannis De Joanne Canonici, at IIIustrissimi Just: Antistiti* Vicarij Glls et suorum Haeredum MDCVII. Pelro Gravino Qui maiorum esemplo ad rei belllcae gloriata Excitatus Ut aetate, sic virtù te florens Ad Scnense Bel. Project Militine disciplinam mlia Felicitate consecutus A Rep, Veti, Milit. muner. In se collatis summa cum Laude functus Prox. bello adversus Turcas Trìerarclius h Patria Delectus Terra marique militerà Se strenuum praestitit Lue re t ius Gravislus eques Vantili, Nicolaus9 Frane. Fr. Patino cariss. et amaut. Virtutis eximiae /non. PP. Vixit an. LXs oh sex. Kal. Mai. MDLXXXVlll. CI. Danielis Mauri Filiorum Antouij Sancti A/nantlss. lima MDXC1X- Christophorus Se/ eiuis Zoiae Coniugi Matro-naruni pvud. non. immemor UH sibique ac posteris Do. Itane perpetuata D. 11. M. lì. O. S. S. V. M .D. XXXVìll. Jacobus V nleressus Gcorgij FU. Patrie. Fette/. Poni. Jus/inopol. Post inuncruni vaiiorum prò S. Pont. Picco. Feliccm itdmiiiistrutiouem humanue sortii nicinor lume os)ibus suis Quieti* locurn adirne viccns pracstruend. cur. Anno Cbristianae salutis MCCCCXCF. Jacobo Suibonio Qui cum Clara eius Fa udì in desti S. V. Ilici: P. Confraterhitatis li. Nazari/ Pi •otectoris di ita tls MDCX11I. Mieli a eli , et Anselmo Frali ibtis incompurab. Almerico , et A Scanio FU. cariss. Joaunes Baptista Brutus Il or. pater, ili. Frater Moestissimus Posuit, et sili Ah. Sai. MDX1IX. Integerrimi Fili Bernardini Bario Tamia Ob vitac sanctitatcm aeterna memoria Digni Julianus Bello Nepos ex /illa Pìjssim. P. M . DC . Vii/. llieronijmus Vcfgerlus Maja rum lue clneres condidit Ubi eius, et haeredum ossa quiescerent M . DC . XF. Magnanlmus iacct lue Damianus Tarsius Ilcros Qui decus in Patria pracsidiumque fuit, Ductor enim Vcnetis popolos et castra subegit M . D . XXV . Die XII . Marti)'. Francesco Metello Metelli Juriscons. piudentlss. I Marito cariss. ac Voonicae Jiliae opt. atque unicae Catherina illius coidux jidellss. Ilujus Mater miserrima sibique et haeredibus M. A. P. C. M.D.LXXV. M. D. IL Joan. Vantus Cane. Justinop, Sibi altj'sque quos oìdinaverit V. P. Christophorus cognomino Scnis Cui praescriptus quem Legis Joaunes hoc sepulch. Moriens Legavit Filij ex asseh, quae nari cernis Educenda inscribendaque c. C. Anno D. M. D. IL LXXX. Sepulcrum Confemitatis Sancti Pochi M. D. XXX. In chiesa delle monache di Santa Chiara Angehcae Infanti bonae indolis unicae filine amantissime acerba violenti morte raptae ncc non Angus tato pio adolescenti ex sororc uepoti. Angustimi* Suzzago Patiitius Brixiensls , ct Leonora Longhena patres moestisslmi P. C. Anno Sai, Clj . IjC . XXXIL Nella chiesa di Sant' Arnia dei Zoccolanti. Bernardo Bortsslo Ad ropiarum Moldavarum suinmam Pracfccturam Virtttte evecto JPeculionlbus JustinopqUtaids mentis Cooptato Ilonoribus gloria decoro E ita Janeto Praia-. Borissius maestissimus frater Siiinml ampris exiguum monumentimi p. M . I). C. XXF. Josetpho Pliebeo Civi Justinop. Utrq. Juris consultiss t et in tota reliqua Philos. Divina pariter et huuiana absoluliss. Suniuiisque Poetis iure optano comparando purioiù Christ. vitac const. integrante nitidiss* Joaunes Zarotus amicus pos. Ohijt an. sai. M . D . LXXl. Actatis suae XLIJI. Et distar Phehi qui sub te/ras abijt, pai riunì Sinc luce , amlcos sine vita reliquit. In sala del vescovato Ludovici Madrutij S. lì. E. Cardinali* amplissimi cuius admirabileni sapientiam , et incredibilem clvltatcm Joaunes Ingeneriti Episcopus Justinop. per omncm vltam ....... perpetuai ooservantiae monument. CIj Ij XXCIL In altra parte della stessa Sala liane Acdium partem male materiatam Antequaui pene villitm faccrct, et tnagis minibus , quatti homìnibus accomodatemi Joaunes lngenerio Episcopus lustinopollt. Exornatani atipie auctam In clciìgatiorcm quem cci nis formatti restituii CIj lj XXCIL lo chiesa di San Donici)ico. Bainaldo Gottardo Justinop. qui Bartholo/naco Coicone Vcneti etere. 3GP Imperatala a secreti* . .... A quo od fondimi Burgundiae Duccm Ora lor missus , industria et etoquentid Principis animimi ad bella Galliae Cisalpinae inferendo propensum mitiga tj ab eodemque , ct ipse , et qui ab co proficisccrent cum ouini nobilitale.....postea A Pop. Veneta in Elrnriam copiaram moderator missus, Consilio et munii bos/es Judit' fugtivllque, OlympUS (io. rardi ìyepos pOSUÌt. In chiesa di San Martino de Servi, Auto/do Zaroto lui: liti: Doct. Canonico , et Vicario Justinop. P irò iniioc. in ipsomèt Ramatine Urbis ingresso quo profectus eiat a Cardinale Razlvlla in A udito rem suuin cooptato soavissimo fato praerepto Zarotus Zarotus Doct. ut CUIUS morientis oculos clauscrat eius mortai memoriam conservarct Frati i dm untissimi > Multis cum Incrini is P. I i.ril (inno X XX obyl idibus /Xovembris M I) L X X X V 1. In chiesa nuova de Servi, Leander Zarotus philasoplda^, et mcdicituie peritia Clariss, sed inorimi gravitate, et vitae inoocentla ciarlar Cum Venctijs pellendis tuoi bis principali lociini semper Obtlnuisset ad patriatw quani inartalls reliquerat post morlcm immortali* diletus caelestis pdtriae diem L' AllCIIEOGRAFO Voi. PV, a4 Eie sìtas expectat. Vix. an, Platnnicos ohijt XIF. tCal, Septemb. MDXCVE Antonio Zj aroto Eq ulti sj ì le ii duiiss, Qui bello contro turcas s/tsccplo Triremi Venctac prò JustinopoUtams Pracfectus Cretac Stanino cum totius Classis moerore. De qua optino-Meritus crat E vita disi-cs sit Anno I), M . D . XX X I X , Ae/afis L . F. Frane. Et. Et ex hoc Nepotei Nicol. Equcs Lea ade r Doctor Zar. FA .lo. Paulus maestiss. P. Natalls de Conciami, et Haeredum Ultima Corporis qules Ubi caeteror. omnium funus pai iter ct finis vitiwuc inimortalitaie resurgit. M . D . L XX XXIII. LIBRO QUINTO- Commentarli della citta di Parenzo e sua diocesi. (Questa infelice e desolata città di Parenzo è quella ohe cotanto vien celebrata dagli antichi scrittori e ne parlano di lei PI iuio , Tolomeo, Strabone e gì'itinerarii di Antonino con questo fastoso titolo: Parentiurn Civitas Ro~ tnanorum , e I' autore dell' epitome di Stefano : Parentium oppidum cum porta prope Histriam. Gentilltium inde Pareri-tinus. Li moderni Cosmografi tutti la lodano, e tra questi Giorgio Druino e Francesco Haggembergio nel libro de ci-vttatibus totius orbls ; e rimarcando la sua denominazione adduce le parole del brodebacchio nel suo viaggio Gerosolimitano, il di cui pensiero per esser unico qui lo registriamo : cioè che Paride Trojano, avendo rapito Elena regina della Crocia moglie di Menelao, qui pervenisse con tutta la flotta , e gli imponesse il nome di Paridinum. Che essa fosse colonia di Romani, non l'ardisco affermare, ma sibbene che da loro fosse assai frequentata e dalle loro abitazioni, e col commercio venne decorata ed arricchita ■ «on trovandosi enumerate in Istria tra le colonie romano altre che Trieste e Pola. Ma qual e quanta fosse questa città e dai romani amata, nè manifesto segno il superbio tempio che quivi fu edificato da T. Abidio Vero a Nettuno Dio del maro, ed alli Dei Augusti, del quale se ne vedono alcune cornici lavorate alla corintia, e stimo che le colonne di marmo granito della cattedrale fossero levate da questo edificio, e colà trasportate, distrutta che fu f idolatria, e subentrata la nostra religione; di questo tempio fie fa fede 1' ara di marmo fino , che il sopra detto capitalo, romano eresse, qual ora si trova nelle acque tra il molo, e la porta chiamata moraforo, e da questa pietra si cava che questo Abidio Vero non solo fabbricasse il tempio, ma che gettò li moli del porto, e che si fece quivi la sua casa , eleggendo questo bel sito per le sue delizie e per riposo della sua vita. Aggiungo qui però V in* scrizione eh'è delle belle che abbia veduto, e sin ora non annoverata d alcuno. NEPTVNO • DEISQ ■ AVG ■ T ■ ABVDIVS ■ VERVS POST ■ SVBPRAEFECT CLASSIS • RAVENN • TEMPLO • RESTITVTO MOLIBVS • EXTRVCT DOMO • EXCVLTA • IN ■ AREA ' D • D , CONCESSA • SIBI , DICAV1T . E quasi fosse dal cielo destinata a risplendere sopra lo altre, non solo a tempo de romani ricevette molte prerogative, ma anco declinato il loro impero, alcuni secoli dopo fu accresciuta la chiesa episcopale dagl' imperatori di giurisdizioni e di possessioni, e larghissima quantità di terreni, questi compartiti ai popoli , si sostenne con gran pietà la magnificenza sua, alla quale aggiunto Y ottimo porto fattole dalla natura che la rese sempre cospicua tra le città della provincia. E' posta la città sopra una penisola (piasi tutta bagnata intorno dal mare e fortificata di grosse mura con ordinati torrioni. Ha una nobilissima chiesa cattedrali col vescovato di cui diremo di sotto, vi è un convento dei frati conventuali di San Francesco , e vi sono altre ohiesiole. Il palazzo del rettore è sopra il molo, ed è assa rovinato. Questo rettore, o podestà, come si legge nello Statuto soleva condor seco, un vicario per giudicar le cause civili e criminali per la copia del popolo che vi eia. Ila delle belle contrade con fabbriche spesse di case alte fabbricate di pietra viva , ed intagliate eccellentemente , il che da indizio della ricchezza de' suoi antichi abitatori. Ora giacciono queste cadute e cadenti e affatto prive di gente con onore a chi entra in essa città , le cui pompe son chiuse dentro le numerose sepolture , che si veggono davanti la cattedrale, in San Francesco, ed altre chiese, ammonizione al nostro secolo del flagello dell' ira divina caduta Sopra questo popolo , dopo che contumace del suo Vescovo , a lui ed alla sua chiesa negando il suo diritto , 1 obbligò ad esco mimica rio, ed indi poi come da Dio maledetto per esempio ad altri se ne andò a poco a poco distruggendo , così che al dì d'oggi di tre mille , e più abitatori eh' erano, non ne sono a pena cento 5 tale è la tradizione dei presenti abitanti, e vien comprobata dallo scritture, che si leggono nell'archivio episcopale. Il giorno terzo di marzo 16*46 lui a vedere questa città, la quale fa spavento a chi vi entra. Si vedono le belle fabbriche di canonica, che maggiormente non poteva essere standovi in essa dodici canonici ed altri chierici , ed or amo questa è rovinata , e con due soli canonici poveri che a pena hanno entrate per vivere, negando li miovi abitanti di pagar le dovute decime, se ben ne hanno riportato i canonici le sentenze a loro favore , ostinati quelli in appellazioni, tirano la causa a Venezia, dove Uon potendo i canonici sostener la lite per la loro povertà, l'anno abbandonato la chiesa , e lasciano la loro causa a Dio. Ora però si spera qualche bene mediante lo zelo di Monsignor Giovanni battista del Giudice vescovo «li essa c'ttà, qual non pensa in altro, che risarcire le rovine della chiesa, e come nuovo ristaurator della sua sposa, di contiguo s' affatica non solo con le sue santissime prediche ti-alla buona via li suoi popoli , ma coti Y autorità pub- 37ò' blica dell'eccellentissimo Senato tenta ogni via por rentier abitabile questa citta, e render quod Caesaiis Caesari, *1 quod est Dei Dea. Il suo porto è capace d'ogni naviglio, vien fatto dallo scoglio di San Nicolò, qual è di circuito un miglio in circa, è tutto pieno di olivi, lauri, vaghi fiori ed erbe odorose; sopra vi è un monastero di monaci Cassinosi con con una bella chiesa dedicata a San Nicolò; al presente vl sta un solo monaco , e paga un picciol censo al vescovo , che n'era padrone; nell'alto dello scoglio è una torre rotonda antica sovra la quale già si teneva un lume per h,r segno alli marini di questo ricovero; vien anco 1' istesso porto assicurato e difeso da due altri piccoli scoglj, onde non viene troppo travagliato da venti. Ha fertile ed abbondante territorio con ricche ville accresciute da nuovi abitanti da un secolo in qua. Fuor' della città vi sono le chiese campestri di Santa Lucia, di San Eleuterio, della Madonna di Monte, di San Sebastiano, ed altre ivi intorno, ma la più degna, e più bella è hi Madonna degli Angioli miracolosa, alla quale concorre di continuo molta gente per divozione; vien governata dalla sua scuola ed ha molti belli ornamenti, e fornita tutta di cuori d'oro, con un beli'atrio , o antiportico fabbricato di nuovo. Patì questa città le calamità dei barbari comuni ali* provincia , e la rovinarono i Genovesi , che gli asportarono il corpo di San Mauro ; ina ultimamente, per la conto-macia del popolo, dall' ira di Dio fu affatto distrutta, come di sopra si è toccalo. La comunità vieti governata dal suo consiglio, al quale vien aggregato ognuno facilmente per la scarsezza dog» abitanti; ha poca entrata per la negligenza loro, avendo persole peschiere, ed altro. La serenissima repubblica vl manda un rettore , che dura sedici mesi, il cui palazzo va KL sempre più rovinando. Vi sono dentro molte cisterne di acque vive e di conserva e qualche antichità. Della chiesa episcopale di Parenzo , sue prerogative , vescovi e giurisdizioni. Lia grandezza della chiesa Parentina e 1' autorità a' suoi vescovi contribuita dagl' imperatori sino dai tempi che la provincia venne alla fede cattolica ed ampliala di tempo in tempo dagl' istessi si argomenta chiaramente dalla seguente scrittura dell anno 708; nella quale Kufrasio vescovo di questa città, seguendo le pedate dei suoi antecessori, al tempo di Costantino imperatore, sedendo seco Costanzio e Lorenzo mandali da Roma dall' imperatore e questi insieme comandando con tutto il clero e popolo decretò, a 24 di Maggio, che tutti quei che coltivano beni nel territorio di Parenzo pagassero il quarto alla chiesa , la decima alli canonici con dodici banchetti all'anno, come dalla medesima scrittura, che per la sua antichità qui registro, 70,8. Ex pruno tnduntine scripturnrum ecclesiae Parentiuae, In nomine Patria, ct Eilij, et Spiritus Sorteti. Imperante Costantino lìoinanorum imperatore, triumphulare Augusto Ai/no ìin perii eius XVI die vero XXIV tttensis Martij Jtulictio/ie VI felicitcr. Nos quidem Dei gratin Eufrasius J'ftrentinae Ecclesiae Praesul, Curator pupilli >rutn, viduarum, et orphanarum , postar In ecclesia, lì. Virgitiis , et S. Mauri Martyris, qui prò Coristi nomine nutrtyiii palitiami non. recu-sa vii acciperc, resldentlhus noldscumquc Con stantio , ct Latti rcutio directls ab Urbe Romana a Costantino Imperatore in simili nobis jttbcntibus, ct volentibus prttcscntc. Clero et Papilla Parenti/io, ct Claudio Archidiacono , et Ma aiuto Archi-presbitero , et Andrea S. Jo. Abbate, atque Jnanne Magistro niil.itum, Advocato Ecclesiae S. Marine, ct S. Mauri, et aliaruin quum pi unum , ■nolumus , praccipiinus ct staluiu/tts , Ut populus Pareutlnus, mtijotes ct nduares insilimi o/nuca ctiatn Patentini eo quod supra terroni no strae Ecclesiae resi' deant aut mansione ni habent vel terras laborarius exeolunt, tam de vinois quum de agris quarlas persolvant sicut antea antiqui praedecessorum suorum fecerunt sic faciant ipsi, et nullus Episcopus successo/uni iiostrorum aldini superpositam eis imponat, sed omnis Parentinus tam clerus , quain popit-lus , et haeredes corum in hunc modum quiete , secare et libere habeat et possideat slnc contradictione hominiini et etiain supradictus Clerus et Populus Parentinus praedictas teiras , mansiones , vineas et haeredes corum .... habeant potes' totem vendendi, donandi, commutatoti, aliena i idi, sou prò a/ama judicandi vel qulcquid eli placuerit facìcndi ad ccnswn piaedictum reddendum Ecclesiae S. Mariae , et S. Mauri. Et ìiisupei' tam per nos, qnani per succcssoivs nostros statuimus , ct orditiamus , ut Ponentini canonici praecipue in Catthed. Ecclesia Dei, et Sanctae Mariae et S. Mauri scrvientes de-> cimani omnium habitantium in Parentiua civitate sinc altqua contradictione habeant tam de omnibus Jrugibus terrac quaui anlmalibus et quiete et paci/ice possidenza. Vvlumus etiam ut ipsi canonici habeant tertiam partem. de salinis quas habemus ut Insula quae vocatur Briona, et habeant tertiam partem de piscatìone, quae perveuit ad Ecclesiam S, Maini de ripa Lenii, insuper habeant tertiam partem de niolendinis , quae habemus in aquis, quae vocantur Graduine. Item volumus, ct dispa-nimus quod Clerus Parentinus tam ma io re s, quam minores habeant XII convivio annuatlm cum Episcopo Parai/ino, prlmum in festivitate omnium Sanctorum, sccundum in so lemnitate Sancii Mauri, tertiam in natività te Domini} quar toni in Epiphania , quiutum in carnis laxalionc, sextum in Domenica de Palma , septiuiuni in Coeua Domini, octayiiui in Rcsurrectione , iionuni in Ascendane Domini, decimimi in Pentecoste, undecimuni in festivitate Sancii Petri Apostoli, duodecimuni in Assumptiane sanctissimac Mariae Pirgims. Volumus quod nullus Episcopus ex successoribus nos tris vm ahquls tymnus praesumant gravare vel molestare aliquem clericum parentinum ex confi atlbas i/ost/is , viclelicet de ipsls Old Ecclesiae sanctìssiinae Mariae Pirginis , et Sancti Mauri Martyris serviunt , ncc ipsi clerici parentali quartas, vel decimas alieni personae aliquo tempore dare teneantur. Nos quidem supra nominatus Eafrusius episcopus Parentinus sì in vita nostra, vel per obitum nostrum successores nostri, aut allqua submissa persona hoiniiium per aliquod ius, vel ingc-nium aut tempori» spatiurn contro liane ìnsùtutionis nostrae paginam aut corrumpere , aut confringere tentare voluerint, maledictionem Dei Oninipotentis, et Beatissiniae Mariae et Beator. Aposiolorum Petri, et Pauli, S. Mauri Martjris ct aliorum Sanctorum se novcrint incursuros. Et post haec omnia, componant auri libras XX clero ct popolo Parcntino et hoc prìvilegium nostrae ordinationis in perpetuum firmimi, et Inviolatum pei'mancai. Ego Petrus Parentìnae Civitatis Diaconus Tabellio scripsì compievi et roboravi. Ego Elias Episcopus mcis temporibus propria manu scripsì, Ego Joaunes Episcopus mcis temporibus propria manu scripsì. Ego Angelus mcis temporibus. Ego Stauratius Episcopus temporibus mea manu scripsì. Ego Laurentius Episcopus, Ego Julianus Episcopus, Ego Dominicus Episcopus mea maini scripsi. Ego Autonius Episcopus mcis temporibus etc. Ego Slaudenwndus Episcop. meìs temporibus mea manu sviij>. Ego Eripertus Episcopus mcis temporibus etc. Ego Andreas Episcopus meis temporibus, mea manu scripsì. Ego Adam Episcopus Ego Andreas Episcopus. Ego Sigimpuldus Episcopus etc. Ego Engllmcrtis Episcopus, etc. Ego Arnus Episcopus meis temporibus* Ego Visus Episcopus etc. 38o Ego Adalmarus Episcopus etc. Ego Cculolus Episcopus etc. Ego Paganus Episcopus etc. Ego Bcrtoldus Episcopus etc. Ego Terungus Episcopus propria manu. etc. Ego Rodemondus Episcopus mcis temporibus. Ego Eiucentius Episcopus. Ego Uòertiis Episcopus. Ego Petrus Episcopus totum istud confirmavi. Ego Joaunes Episcopus temporibus mas , mea manu. Ego Etdgeìius Episcopus temporibus mcis , manu mea. Asceso all'imperio Ottone primo l'anno 938, trovo nelle scritture
  • cheggiarono questa città ed è tradizione che non abbiano potuto spezzar i marmi degli altari ed arche nelle quali ancor si vedono li segni delle percosse di ferro. Si conserva però anco questa arca di San Mauro con alcune reliquie e nelle parti di dietro si legge questa inscrizione. Aloysius Tassius Episcopus Pnretitinus patria Bergomentis .... ltistauratum Anno M DE 111. Nella parte destra vi è quest'altra. Som sepultura Sanctorum pio vàia cura Martyiitm et Mauri .... tìtulus auri onorata fiele suiti clarificata caclia sunt lata factorihus atque parata. Vicino ed a dirimpetto della porta maggiore «Iella chiesa fu un superbissimo battisterio, di cui vi sono ancora le colonne di marmo granito, mostra essere stato construtto nella forma di quello eh è a Roma in San Giovanni luterano che frabbricò Costantino imperatore. Ora però resta tutto dirupato e sono appena alcune colonne in piedi, d resto tra rovine disteso insieme con li portici della chiesa eh erano già di bellissimi marmi adornati. Ottone che fece fabbricare questa chiesa la dotò anco di molti terreni, e giurisdizioni comprobate sempre dalli Seguenti imperatori, onde fu delle prime della provincia, '«a circa l'anno 966, si vede che dall' incursione de'barbari era ridotta a somma miseria e che perciò Kodoaldo Patriarca di Aquileja le dona il castello di Rovigno con 1' mfraseritto indulto, qual per la sua antichità qui si registra. ///. nomine Potrà, et Etiti ct Spirtius Sancii. Podoaldus Supcrno muìicre fretuì S. Aqnilcjcnsis Ecclesiae huntila li Archbografo Eoi. 1E, y_5 Patriarchìi legimus in Ecclesiastica Sanctionilms, quod Nos, qui non nostro merito, sed Dei [dono pastorwn ammarimi iinmo quia Pattes adorimi Episcoporum orthodoxa etìarn ji' des confirmat, curam, ct so Ilici tudinem erga nostros sub/cctos Episcopo* et eorum Ecclesias habere debeamus, atque illortuti damna, et iuopiam quasi propiìa deflere, ac postmodum iti quantum valeamus Dea largiente eis solatncn, ct auxìUuni cuncta publica et spccialia lucra remota ubìque afferre non dcsistatnus. Qua propicr haec Sunctu praccepta ct alia intuen-tes ddigcntiusque considerante: evadendo nostrorum Episcoporum Parentinorum scilicet Ecclesiam magna inopia et caduta iute oppressala cognoscent.es cideui prò Dei amore, àtquc Sancti Mauri niartyris corpus eius in lionore dicatum est, nec non pio peiìtione et oratìone sujfraganeoruni nostrorum Episcoporum Histricnuum Gaspaldi Polcnsis, Joannis Tergestini et Joannis Civitatis novae ac pio consulto omnium aliorwii nostrorum graduimi Ministrorum, noslrorumque fidetium Consilio, et prò consensu Advocati nostri /izonis quodam castrimi quod nostro episcopatui nobis nostraeque Ecclesiae pertìnet liubinensi nomine , quod edam heu proli dolor nupcr a ne* faridis sclavis , et duris barbaris destructum est, Adam prue* faine Ecclesiae eiusque successoribus praefatlim castrimi con* cedimhs , et militino in illorum dclegamus /totestate ac dorti-nio a nostri* remota Successoribus. Sancimus praoteroa si alius, ex no stris successoribus hoc privilegium a nobis factum , et apud nominatos ac veri: Episcopos liane nostrani securitatis privìlegtique paginani constipulatain per aliquod ingenui111 violare tentaverit praefatue Ecclesiae Parentinae ciusqnc Praesulibus qui prò tempore fuerlnt, coactus decern librns aiiri solutioitis paenam persolvat. Et lta.ee nostra privileg11, confirmat io, et formata securitas propria in so Udita te con" sistat. Actum in Civitate Aquileiae Sedis die XXII. inorisi* Jannuari!, indictione vero octava anno antan Incarnationis Domìni nostri DCCCCPXE felìeiter. Kodoaldus S. Aquil. Ecclesiae Patria/cita in hoc conslitu-to a me promulgato signwn S. -tj* feci, et suhscripsi. Gauspaldus Episcopus simil +f\ Ego lo : Episcopus simil : Fredebertus S. Ecclesiae Parentinae humilis Episcopus simil. Albertus S. Aquil. Ecclesiae Presbiter suhscripsi. Petrus Presbite/- m. m. suhscripsi. Gauspaldus Presbiter m, m. suhscripsi. Joaunes Presbiter ut. manu suhscripsi, Petrus Presbiter ni. m. subscripsi. Martinus Presbiter tu. tu. sub>icr/psi. Petrus Presbiter m. m. subscripsi. Benedlctus Presbiter in. tri. subsctipsi. Lupo Presbiter in. m. suhscripsi. Pero Diaconus S. Aquile]ne Ecclesiae tu. in. suhscripsi. Perius Diaconus m. m. subscripsi. Audorinus Diaconus ut. m. subsciip.u. Petrus Diaconus ni. m. suhscripsi. Io ; Diaconus in. m. Subscripsi. Argis Diaconus ut, ni. subscripsi. Ego Bcnedictus Zugo Subdiaconus ni. m. subscripsi. lo : Subdiaconus tu. ni. subscripsi. Ittgizo Subdiaconus tu. m. subscripsi. Thenphilus Subdiaconus ni. ni. subscripsi. Signuui manus Azonls S, Aquilcjac Ecclesiae Advoca-tus testìs. Signuìti manus Albini testis. +Jf Slgnum manus /liberti testis. -^f Siglium manus Gausonis testis. 4+ Signum manus Andreatis 1 carini testis. Joaunes Presbiter de Civitate tri. m, subscripsi. Gisiliarius Presbiter ni. ni. subscripsi. Petrus Presbiter m. m. subscripsi . Joaancs Praesbitcr m. m. subscripsi. Reginzo S. Aquilejae Ecclesiae Cancellarmi, et Diaconus hoc privilegium ab omnibus promulgatimi subscripsi, et coro* boravi. Auscultatum per me Joannem Evangclistam Mangosum Notarium Ravennae. Respirò maggiormente questa chiesa con la pace della provincia, e di là pochi anni ricevette nuovo aumento con la donaziono, e conferma de'Castelli di Montona, Rosaria, Nigrignano , Torre, Rovigno, Pisino, Medelano , fattale da Ottone X anno 983. a6. del suo imperio , essendo in Verona, quale per esser degna della curiosità dei lettori qui registriamo a perpetua memoria. In Nomine Sanctae et Individuae Trinitatis. Otto Divina /avente Clemcntia Rorn. Imperato/' Augustus. Si Ecclcsiarum Dei curam gerimus, easque dilatare studuimus, Nostri imperli /astigium augumentari minime ambigimus. Quocirca omnium S. Dei Ecclesiae Eidclium nostrorum praesentium scìlicet ct /uturorum noverit Univcrsitas, qualiter interventu ac petit io ne nostri dilecti Presbyteri Dudonis et Andra e Diaconi nostri benevoli cappellani , Adam. Parentinae Ecclesiae Antistes nostrani adiisse clementiani postulans nos quateniis Dei amore, nostraequac animae rcmedio nostra pracceptali autorità te omnia praedia suae Ecclesiae , quae unica a nostri* antecessoribus Imperaloribus , et Regibus prò suaruin animarum remedio prac/atae Piccia quod a Regibus seu Ugonc , largitimi est, Ridammi quantum ('d Episcopatiun sive Parcntinam Ecclesiam donatum estanostris antecessoribus. Item in loco qui dicitur duo castella , et Val-les cum omnibus purtiiietitiis suis iuste et legaliter ad praedi-ctum Castrum pertìnentibus , nec non villis , tetris , campls , vineis , pratis , aquis , uquarumque decursibus , piscationibus molendinis , venaUotdbus , montibus , plana iebus , villis cum omnibus rebus mobilibus et immobilibus quae dici, et nomi-nari possunt, reu in quocumque loco pruenominatus Episcopati terram habet per hoc praeceptum cotifirmanius eidem Episcopo Adue suisque successoribus et coi roba tainus. Prae-cipientes denique jubemus, ut nullus Dux. Patriarcha, Archic-piscopus, Episcopus y Marchio , Comes , Vicecotnes, nulhupic regni nostri magna nel parva persona pretaxatum Praesulem suosque successores de omnibus praedictìs rebus molestare tem-ptet, ncque ad alla placito hominibus super Terram cidetii Parentinae Ecclesiae t «sidentìbus qui ab Episcopo reclamatio-n.eiti furiant nec invite ducuntur, tdse ante praesentuim Eraesulis, suisque successoribus quiete et paci/ice cuneta sua praedictu. tenere , ct frinita' possidere omnium homi-nurn contradictione pcnitus remota. Si quis igitur liu/'us nostrae paginae violator fuetti, quod minime ciedimus , sciat se compositurum auri boni librus mille y mctlìetatan Camerae nostrae medìctatem praefato Pmestili y suisque successoribus. Quod ut vcrius credatur diligentiusque ab omnibus observere-tur Itane paginata propria inoliti corrid>orautes sigdloqtic impressione inferius cundein jussimus insigniti. Sigillati D. Ottonis Serenissimi 1/uperatoris invictissi/ni. Adalbertus Canonicus ad vlccm Petri Episcopi Arcliicancelarii. Datum VII. Mctisis Junii Anno Domini Incarnationis DCCCCLXXXUI. ìndictione XI. Pegni vero D. Ottonis XXVI. Aduni Veronaefelicita-. Amen. Ascultatum per me Julium Paisà Molestimi Notarium lìavenae. Tutu; questo terrò e luoghi furono confermati a questa chiesa ad instanza di Alemauo suo Vescovo da Enrico Ite l'anno 1060, e del suo regno venturo pur ritrovandosi ancora esso in Verona , come dall' aggiunto privilegio. In nomine S. et Individue Trinitatis. Henricus Divina javente dementiti Francorum et ljmgobardorum Box. Si he-desiaium Dei curam gaiinus, ipsnsque diligere studueriniu* nostri Impelli fastigium augnine/itati minime ambigii/ius. Quo circa omnium Sanctae Dei Ecclesiae fidelium, nostro-rumque praeseiitium scìlicet ct futurotum noverìt università* qualità Alemarus ( olii Icgunt Aldeniavus ) S. Parenlìnae Ecclesiae Episcopus nostrani postulavit clenientiain quatauis nos prò Dei amore, nosttaeque animae remedio, nostra pracceptali auctoritate omnia praedia suae Ecclesia* quae antea a nostris anteceswribus Jmpcratoribus Regibus pio suarum aniniarum remedio , praefatae Ecclesiae donaverunt qua in Basilica beatum corpus S. Manti requicscit sive quae ab aliquibus Deo devotis ftdelibus data sunt, cuìque daiida essent, confirmare, ei corroborare dignuremiu: Cujus dìgnis postulatiotiibus aures nostrae pietatis incluiantes , pretaxatac Ecclesiae prediti nominata Montona , Rosariam , Nigrigna-tium , Ttu lini quae est sopra piscatione Nonae et Cervariuin et Mcdilauuui et Castrimi Pisinum ct illud quod a nostris antecessoribus largitimi est indelìcet Ruviiium quantum ad Episcopaiiini S. Parentìnae Ecclesiae donatimi est, scìlicet in loco qui dicitur duo Castella , ct Falles cum omnibus perti-neutiis ius te et legaliter ad praedictum Episcopatum pertìnentibus ncc non villis, tetris, campis, vineis, pratìs , et aquis, aquarumque decursibus, Molatili nis , Piscationibus, V'enatio* nibus, Montibus, Planitieòus Villis cum omnibus rebus, mobf libus, et iitimobiltbus , quae dici, vel nominali possunt 1" quocumqiie loco jnaenoutinatus Episcopatus terram habet pcr hoc nostrum praeceptum conjìrmamus eideiti Episcopo Aleniate suisque successoribus et corroborartius , praecipicntcs dentaue Jubemus, ut nullus Dux , Patriarcha, Archiepiscopus, Epi-COpus, Marchio, Comes, Vìcccomes, nullaque. Regni nostri magna pel parca persona praetaxatum Episcopum suorumque successore» de omnibus praedictis rebus molestare ternptet, nec od alla placito ho minibus saprà terram S. Parentinàe Ecclesiae residentibus , qui ab ipso reclamationem habent sine A ri-coca to Episcopi nullam contrarietatem faciant, nec invite du-càntur , /usi ante praesentiani Episcopi sine legali judicio. Scd Uceat eidem Praesuli stdsque successoribus qitiete paci/ice cuucla, sua praedia tenere , et Jlrmiter possidere omnium hominum contradictione penitus remota. Si quis igitur nostrae hujus pagarne violator fuerit, quod minine crediinus, sciat se com-positurum ami bora libras mille, inedietatem Camerae nostrae et medietate/n prue fato Praesuli, suisque successoribus, quod ut verius credatur diligeritiusque ab omnibus observetur manu propria roborantes sigillo nostro insigniri jussimus Signuni Domini Henrici .... invitissimi Regis. Crcgorius Cancellarius.....Archiepiscopi recognovi hdelìter. Amen. Datum li II. b\on. Marti/ Anno Doudnicac Nutivitatis, millesimo sessagesimo , Regni vero Domini Henrici Tertij Regis o/mo vigesima primo Aduni Veronae. L'anno poi 1178 mentre Alessandro Terzo Sommo Pontefice si ritrovava a Venezia, confermò a Pietro vescovo di Parenzo molto chiese, castelli ed altro, come dal seguente privilegio si raccoglie. Alexander Episcopus , Servus Servar uni Dei, Veti. Era tii Petra Parentìno Episcopo eiusque Successoribus cànonice siibsliuendis in perpetuimi. Quoties illud a nobis pctitur quod religioni , et houesiati convenire dignoscitur animo nos decct Ubenter concedere, ct pcntentiiim desiderò» congruitm imperili-/"aorem. Eapropter Peri, in Christo frater Episcope tuis fa'ti» postai ut imdbus benigne aiiiiuent.es , Ecclesiam, cui ciucio re Deo, piacesse dignosceris, sub B. Petri, et nostra proctectione suscipimust ct praesentis scripti privilegio communimus, s$tt" tuentes ut quascumquo posscssiones quaecumque bona eadcm Ecclesia in praesentiaruni juste ct canonico possidet, aut ifl futurum concessione Pontlficum, largitione Rcgum , vel PrW-cìpurn , oblatlone fldeliurn, sou aids iustis modis praestant'' Domino, poteri t adipi sci, firma tibi tuìsquc successoribus, et illibata pcrmanetint. In quibus haec propriis duximus expri-menda vocabulis. Motiastetium S. Michaelis de sub terra. Monasteriuni S. Barbante, Monasterium S. Michaelis de Pisino, Monasteriutn S. Petroitillae in duohus Castcllis, Monasterium S. Michaelis de Valle , Ecclesiam S. Mariae de Tu/re culti capei us suis ; Ecclesiam de Nigiignaiio cum capcllis suis. Ecclesiam S. Mariae de Campo cum capcllis suis, Ecclesiam do Rosario cum capellls suis , Ecclesiam de Montona cum capcllis suis , Ecclesiam do Zumesco cum cupellis suis , Ecclesiam de Nebor con capcllis suis , Ecclesiam de Vìralta cum capcllis suis , Ecclesiam do Vermi cum capeilis suis , Ecclesiam de Pisino Maio re , et Minore cum capellls suis, Ecclesiam do Arecis , Ecclesiam de Eisinal, Ecclesiam de Antoniana, Ecclesiam de Curitico cwn Ecclesiis suis , E cele-siam S. Laurentii cum Ecclesiis suis , Ecclesiam de duohus Custellis cum Ecclesiis suis, Ecclesiam S. Vincentii cum Capcllis suis, Ecclesiam do Zemitio cum Capcllis, Ecclesiam de Valle cum Cupellis suis, Ecclesiam de Madelano, Cano-nicam de Rubino cum Cupellis suis, Ecclesiam de Ursario cum Cupellis suis , Castrimi Ursariae cum omnibus appcnderi-liis suis, Castrimi Castelleords cuoi appenditiis suis omnibus j Ecclesiam S' Ju>ti cum onini terra sua. Dccernirnus ergo ut nulli omnino hominum liceat supradictam Ecclesiam temere perturbare aut cjus posscssiones t auferre , vel oblatas retine-re, mutuerò, seti quibuslibet vexalionibus fatigare, sed illibata omnia, et integra consorventur corum prò quartini gu-bertiatione et substeutione concessa sunt usibus oinnimode j>>'" futura, Salva Sedis Apostolicae auctoritate. Si qua igitur in futurum Ecclesiastica saecularìsvc persona liane nostrae co nstitlitio nis pagliumi sciens contro eam} temere venire ten-taverìt, secundo et ter ilo commonita nisi presumptionem suam congrua satìsfactione correxerit, potestatis Itonorisque sui di-grdtate caveat, reaque se divino judicio de perpatrata iuiqui-tate cognoscat et a Sacratissimo Corpore et Sanguine Dei et Domini Rcdcmptoi is nostri Jesu Christi aliena fiat atque in extrenio cxamìne districto ultioni subjaceat. Cunctis eidem loco sua fura scrvantibus sit pax Domini nostri Jesu Christi quatenus ct hic jructum bonae actionis pcrclplant , et apud districtum Judìcem premia aeterna pacis inveniant. Amen. Ego Alexander Catholicac Ecclesiae Episcopus. Ego Joanncs Presbyter Cardinalis G. S. Anastasiac. Ego Azo Presbyter Cardinalis S. Pudcntianae et Paslons. Ego Maufredus Prenestlnus Episcopus S. S. Ego Ciuthius Diaconus S. Andriani S. S. Ego Ugo Diaconus Cardinalis S. Eustachij iuxta tcmpluni Agrippuc. Ego Ugo S. Angeli Diaconus Cardinalis S. S. Ego llanuncius Diaconus Cardinalis S. Geo/gii ad velimi tiurcum. Datimi Venctiis in Rivo alto per inanimi Bardi S. Roma-nac Ecclesiae Jud. et Not. Non. Aprilìs ìndietione A', locar-natlouls Dominicele MCLXXP III. Ponti/tea t us B. Alexandri P. P. anno eius XV IH. Auscultatimi per me Jtdlum Brusii Moluium Notarium li a venne. Le quali giurisdizioni e privilegii c terreni confinilo l^apa Innocenzo quarto , essendo in Lione di Francia. Finalmente l'anno 120,1. Rodolfo imperator romano a supplica del vescovo Bonifacio con amplissima benignità Confermò il privilegio di Ottone imperatore suo antecessore , di tutte le terre , e luoghi donatigli da altri impostori e re, e con l'imperiai sua animila le fè anco spe-L' Archeografo Vol. IV. 26 hi cial confermazione del castella d'Orsara, onde pur di di questo si pone qui sotto il registro. Rudolpbus Dei grafia Rom, Rex semper Aiigustus. Uni* versìs Sacri Imperli Romani ftilelibus pracscntes littcras inspe-cturis giuliani suam et onine banani. Imperiai is blxcellent'uu' dignità» tane vere laudi» titulis subiimior et eminenti de core pracjuìget, cum Ecclesiarum jura protegit, et augmcniul , et earum Praelatorum devotianem clemente}- alterniti, ct eis de sua liberalitate confirmat, quae a suis pr<>genito)-ilius rife et piste sibì collata videntur, cum in eoa u-ivandis bene/i tiis non ntiiius , quum in larglendis laus imperiali» dignitalis accrescili. i\'incrini igitur praesentis uctatis liomines ci fui urne , quod nos, venerabili» Bonifacio Episcopi Pareti tini devoti nostri rarissimi , devoti» supplicai'ianibus nobis oc parte sua porrec/is, consuetae pietatis nostrae favorab'dtier intendente») ipsi Boni' facto Episcopo Patentino suisque successoribus in Ecclèsia Parentina quoddam pi u ilegium coiifirinatum nec non (nuli-tutti et inditituin, per iticiytum et quondam D. Ottoucm Se-cundum Rom. Imperatore-m Augnstnm A due tinte Episcopo Po reatino, et successoribus suis sìgìUatum et munti um sig/U" cereo ipsius D. Otthonis Rom. Itnperatoris , vero , integro et mm vitiato, nec. in aliqua parie, sai. corrupto , viso , ex feti so et praclccto cenni nostrae prucseutiam. majestatis , cuius prt* vilegti tener talis est ut seguitar vìdeiic.et. Otto divina fa venie clcmentia etc. etc. et cum sigilo suo et verbi» iu/rascrip/is. Si* gnuin I). Ottonis Serenissimi imperato vis et invictissimì Augusti1 yfldalbcrtus cauouicus ad viceui Petri Episcopi et Arclticauccl* farti recognovi ct scripsì. Datuut. API II. Junii Amia DouiitU' eoe Incarnailonis 983. Indici. XV Regni vero D. Serenissimi Ottonis XX VI, Imperli vero eius XIII. Actum Vcromie lìciter Amen. Cum omnibus aids privilegiis, grafiti, liberalau" tibus , ct juribus universis ab ipso D. Ottone Rom. Imperato''' et ab aliti Iutjieraloribus , Regibus , seti Romanis Priiicipd'1'" divinne meni, praedecessoribus nostris iudidtis, tradii is, et concessa- in omnibus et singulis suis articulis Ubenter et libo-Calder confirmanuis et reno vumus, ct cani Castro (Jrsariae quod cum omnibus suis juribus quoquomodo sibi attinenlibus et permauentibus remedio animae nostrae nostrorumque Prue-decessorum, S. Pareutinae Ecclesiae de novo integraliter tra-diinus et donarnus ct ex plenitudine patcstatis Regine jam de praedictis omnibus ct singulis superius expressis , quam de ipso Castro Ursariae curri juribus suis ipsuin Botti/aduni Epis-Copum Parcntinum Successoresque suos Episcopos Parcutiiios de novo investtinus , et eidem concedimus et largiiniir ; quidquid autem de bonis , vel rebus praedictis alienatimi est liacte/ius illicite vel distractum , decernimus ct jubemus per pracscns privilcgium unitimi habere vel obtinere roboris flrmita-tem, et ad jus et proprietatem ipsius Ecclesiae revocamus pre script ione omni sine j usto facta titillo non obstante. Nulli ergo amniiia bomìiumi liccat. liane paginata nostrae confirma-tionis renovationis et concessionis in/tingere vel aliqtto tc-nierario ausa coiti/aire, quod si quis fcccrit gravem se nostrae Majestatìs offensam iwvcrit incursurum, nec non compostiuruni auri boni libras centuin pio quacunupic vice, medietatem Eccle-tiac Pareutinae et aliam medietatem fisco nostro, hi cujus rei testtinouium praesens privilcgium exinde conscribi et Ma-Jestatìs nostrae sigillo iussìmus communi/ti Signum Serenissimi Domini Rudolphi Rom. Regis invici issimi, lesta bujiis rei sunt Rudolphus Costantiensis Episcopus, Corradus Abbas S. Galli, principcs nostri carissimi. Nob. Vili Ebertus de Barabiclia , et alti quamplurcs testes fide digiti. Datimi Constautiae quarto id. jebruarii Eulictione E. Anno Domini 1291 Regni vero nostri anno XVIH. VESCOVI DI PARENZO. Dalle scritture di quel vescovato ritrovo questa serie dei vescovi cluz qui registro dati anno di Cristo 783 sino al nostro secolo. 783 Ijufrasio Elia. Giovanni. Catelano. Angelo. Staurasio. Lorenzo. Giuliano. Domenico. Antonio. Pasino. Eladernano, o rionde- ndndo. Eriperto. Andrea. 961 Adamo , come dalla consacrazione della Chiesa. Andrea. Uberto. ioo5 Suloinpaldo. 1026 Engclmano. Arno. Ureo. Aldelmano. Cadore Pagano. Bertoldo. Ferungo. Rodemondo. Vincenzo. Uberto 1191 Pietro sin 11 fj5. 1200 Giovanni. 1200 Fulcherio. Adelberto. Pagano. Giovanni. Otto Parenti no. Bonifacio. G rad eo. Gio. Sordello Bresciano. iò6y Gilberto sino 1388. 1389 Giovannni ves. 1410. i4''J Fantino Valaresso \/\:>.v\. Daniel Trevisano 1438-1439 Angelo Cavacela 1440. 144° Gio. da Parenzo Ì458 Placido Tosco 146*8. i46'8 Frane. Morosino i472-1472 Bart. Barbarico 1476. 1476 Silvestro Quirini 1477-1478 Nicolò Franco Padovano 1487. 1487 G. Antonio Bovaro Bresciano. 1499 Alv'se Tasso Bergamasco. i5i6 Gaetano Campegio Iiologne.se. i537 Giovanni Campeggio. i553 Pietro Qiitti. i574 Cesare de Noris Ci-priotto. 397 iSgS 29. giugno Giovantd Lippomano. 1608 21 febbrajo Leonardo Trittonio Udinese. 1631 Rugiero Trittonio fratello. 164^ C IL del Giudice da Collegllano UELLI VESCOVI Di PARENZO. Mi convien cangiar opinione nell annunciar cpiesti vescovi dopo che il p. abbate Ughello ha pubblicato il suo quinto volume dell' Italia Sacra , nel qual pone 1' istrumen-to di Elia Patriarca d' Aquileja , quando in un solenne sinodo di molti vescovi con 1' assenso del Sommo Pontefice transportò in Grado la sede patriarcale e fra quei vescovi fu Giovanni di Parenzo, e ciò fu dopo l'anno 577 ; onde questo Giovanni verrà ad ottener il primo luogo non avendosi notizie più antiche d' altri pastori di questa chiesa. Ne fa anco di questo vescovo menzione Paolo Diacono de Gestis Longobardor. lib. 3. Cap. 27. che fu uno di quelli, che con Smaraldo Patrizio e due altri vescovi d'Istria e Severo Patriarca di Grado andò a Ravenna e SÌ macchiarono dell' eresia di Manicheo da lui poscia ahjurata. 1. Giovanni dunque si registra vescovo di Parenzo. 2. Severo fu il Secondo e l'autor sopracitato dell Italia Sacra vuole fosse uno dei dieci vescovi , che intervennero nel sinodo di Marano , ove Severo Patriarca abjurò li tre capi dell'eresia, nella quale era caduto e questo visse nell anno 489, 3. Angelo vien pesto vescovo nell'anno 56*0:, conte dal Baconìo, addotto dal Padre Ughello. 4. Staurazio. 5. Aurelio che fu presente al Concilio Romano sotto Agatone nell' anno 6*79. 6. Eufrasio che nelle scritture di Parenzo vien posto per il primo pastore, sarà il sesto perchè di esso è la scrittura posta, fatta 1' anno 798 al tempo dell' ultimo Con-stantino. 7. Elia vescovo, come dalla sottoscrizione della sovraccennata scrittura. Seguita un altro Giovanni, stante che se le sottoscrizioni della scrittura ottengono indicio della verità , convien dire che un vescovo si sottoscrivesse dopo il precessore ; tal è 1' ordine in quella, il che lascio alla prudenza dei lettori, seguendo dopo Giovanni nella medesima scrittura 9. Rutclisco, ower Catelino , Angelo, Stauratio, ed Aurelio da noi collocati per successori di Eufrasio. 10, Lorenzo vescovo di Parenzo, a cui segue, ir. Giuliano ed a epiesto succede, 12. Domenico; poi vien notato 13. Antonio, il qual segue nella scrittura Slaudemoiulo, (piale il P. Ughello pone prima, dopo il qual è i4- Pasino vescovo, 15. Flandamano, ovvero Flandemaro, che Slaudemon-do leggiamo, 16. Eriperto , 17. Andrea, 18. Adamo del 9^8, che procurò la consacrazione della chiesa Parentina, e fu presente con altri vescovi, come di sopra abbiamo registrato. 19. Salipaldo , ower Sulpaldo , l'autor citalo pone nel ioo5 , al quale succede , 20 Andrea del 1010, che fece lite col Patriarca d Aquileja , circa Rovigno ed alcuni castelli usurpatigli , pero ricorse al sommo pontefice Silvestro II, dopo a Sergio IV*. dal quale ottenne 1' anno 1010 uu breve, nel quale la menzione dall' altro ottenuto da Silvestro a suo favore, qual perchè non lutti possono ricorrere al fonte del volume precitato qui si registra, coni' è in quello. Sergia1; Episcopus servus servorum Dei. Vonorabili Erutti Andrene Episcopo Sanctae Pareutinae Ecclesiae et prò te et suis successoribus in perpetuala. Con-gruitm valile namque est , ut ea quae u predecessorìbus no-stris secundum sanctorum institnta canonum, seti legum concessa, sive confirmata sunt, a nobis corroborentur et firmiter corri-gantur ne post longum annorutn curriculum instigante diabolo allquls contro. S. Matrctn Ecclesiam insutgere contea batic nostrani coiifìrniationcm conetur. Quapropter quum notimi nobis pluries fecisti quod Joaunes Aquil. Patriarclta ohm In va-sisset Punititi Parochiam ubi quondam Episcopatum diclini' fuisse, ncc non duo Castella cum quadam calle, tempore pi edecesso ris nostri Silvestri, atque privilegia quod ab Ipso acccpistl os tendere catasti nobis. In quo edam quo modo ter vocatus fuisset et qualità ipsam trinam citationcni prò idillio duxtiset reperititi', aut. quomodo ipse Silvester plac meni. Po manne Ecclesiae Praesul deprecasi et ìlenricum , qui co tempore ducutimi tcnebat lìaioariorum , ut. supradlc/um Pa-triarcham moneret, ut ab infes tallone S. Purcnfiuae Ecclesiae recederei. Quoti memoratus Henricas facero non potuti dunque ad se cacare fecit , sed tempore distuli/. iJtule ipse Silvester Papa pine memorine practestaìus cai rati attini libros atque legnili ; in quibus jnaeseutes cajillut'os reperti, hoc est in octuagesirno septimo titillo /Ij/iicnui Coucilii, Placet ut quivumque Episcopi plcbcs , quas ad suam Catìtcdr. caisliatat peri'mere , non ita rcpet.ant ut cauuis suas judlcantlbus Episcopis agant , sed allo romtitero merucrint , sive vo-loiitibw! sive non volentibus plcblbus doliimentum patian-lur. Ex inuuda/ia etiain lego hoc recto fa cere posse co-gnovit. Nani cinti de hoc alt Jtistitdanus Imperai or in V IH. Uh. List. Si aids ausns propriam rem oceuvavii , si sua osi 4oo amittat, si aliena , ipsam acstimationem rei reddat. Idcirco tanta auctoritate SS. Patrum, atque legum suffultus privilcgium tìbifaccie praecepìt, et eum in acternum valere comenda viti hoc ergo cognoscens supradicta loca, idest Ruvini parocldn et duo castrila ct valllS , privllegH paglnam libi ct sicut SU' vestcr prncdcccssor noster confirmavìt, confinilo atque in acternum volere praecipio. Quod si aliquis Patriarcha aut Episcopus vel quaclibet magna paivaque persona contraire, vel tuos successore» ultima de supradictis locis aliquam incori' suctudinetu faccie praesnmpserit, sit possus gladio mei ana-tkematis , ci /usi cito resipuerit , cuoi Judo. Domini mei traditore perpetualiter gemat. Scriptum per manus Benedirti gratin Dei notarli regionarii et scrinarli S. Poni. Eccles. in •nensc Martio Ind. Octava. Bene Valete. OR SE lì A. il castello di prsara lontano da Parenzo miglio cinque , con le sue acque e porto è sotto la tutela e giurisdizione delti vescovi , ai quali tu anticamente concesso dagli imperatori come si vede nel privilegio di Rodolfo dell'anno i3f)i7 che conferma altro simile di Ottone del p,83, ed è stato goduto per lunga serie d anni con confermazione dei sommi pontefici e dei patriarchi, come nel breve d'Alessandro terzo da noi qni registrato ; ed in questa giurisdizione il vescovo non ha superiore in seconda istanza altri che la Santa Sede, dichiarando così il Breve novissimo di Nostro Signore Paolo Terzo nell'anno i542 come tuttavia si conserva esente da Nnncii Apostolici, e da Metropolitani , insieme con il Castello di S. Vincenti. Nè si legge mai che questo luogo sia stato di Casa Orsina come pensa il Coppo. 4oi Siede questo castello sopra un monte ed è fabbricato a guisa d'una elevata rocca, in modo che scorge tutto il porto. Ha le case delli abitanti assai buone, e nuove, essendo questo luogo accresciuto da un secolo in qua, riducendovi quivi molti invitati dalla buon'aria e dalla libertà che godono sotto la benignità de' vescovi, anche li terreni fertili ed al presente ridotti a coltura e piantati di vigne, rendono molti utili ad essi abitatori, ai quali la vicinanza del porto ampio e sicuro aggiunge comodo d' esitar le loro entrate. Questo porto eh'è ilei migliori dell'Istria, vien chiuso da alcuni scoglj elevati come monticeli!, che lo assicurano d' ogni vento. Tien il luogo al presente cento anime di comunione, oltre li fanciulli. Erano già vicine al porto le saline , che al presente sono distrutte , ma con mediocri spese si rifarebbero. La chiesa parrocchiale in cui il vescovo mantiene un curato è dedicata a San Martino e di assai onesta forma ; in questa vi sono alcuni belli altari e la sepoltura di monsignor vescovo Trittonio. Si è dato anco principio ad altra bella fabbrica di chiesa ad onore di S. Fosca e vi sono anco altre chiese ben tenute. Vicino al porto vi è una chiesa dedicata alla Santissima Annunciazione di Maria Vergine, e già quindici anni monsignor Ruciero Trittonio fabbricò ivi alcune stan-ze, la diede alli minori Zoccolanti che 1'officiano ed abitano ivi tre ower quattro. A questa chiesa e annesso Ìl cimitcrio con le sepolture di quelli del castello, circa le quali nascono sovente contese e liti tra quei padri ed il curato a cui quelli pretendono levar 1' antica sua padronia , ed appoggiarla a se par la predetta concessione del vescovo. Il palazzo del vescovo è nel più alto del monte e quello tien veramente il nome, e forma di castello , con orti e comode abitazioni, il resto del luogo non è forte *na aperto. Lungi del castello vi è la villa di Orsara con ampli terreni. Nel territorio si raecogliono formanti, ed altri grani, vini buonissimi ed olii dei quali pagano la decima al vescovo con alcune regalie per ogni casa, in segno del dominio dei vescovi sopra il fondo del luogo. Vicine alla terra sono alcune vene di pietre vive bianche ? non inferiori a quelle di Rovigno, delle quali si servono a Venezia per le fabbriche. Gli abitanti sono di varie nazioni oltre li nativi e parlano italiano la maggior parte , alcuni pochi slavo. Sono di bel sembiante ed hanno buone facoltà essendo taf uno che suol raccogliere cento barille di vino. Il luogo ha il suo fornico con mille cinquecento ducati di capitale. Il fonticaro è eletto da monsignor vescovo il quale anco nomina li gastaldi, eancellari, e giudici quali giudicano sino a certa somma limitata , oltre quelli è il governatore eletto pur dal vescovo, al quale si portano l'appellazione di esse governatore iti seconda distanza, e dal vescovo immediatamente alla S. Sede Apostolica , come si è detto , il che dichiara il breve sopraccennato di Paolo III, che qui si registra. \ Paulus Papa IH. Dìlecte fili salute/ti , et ApostoUcam bcuedictionem. Cum sicut nuper expoui fecisti , Ursariae , et quod ad peaescns in jeudnm retinetur S. Vincentii Castra, tuae Diocesis ea tanto tempore , quod eius inilii hominuni memoria non habetur} ad mensani F.piscopalem Parentinam pertinticrint, nec ab codoni tempore cìtra , nostri aut Scdis Apostolicae in civitate Vene* tiarum et cum polestate legati de latere Nuntii, seu quivts ulius supcrior in eisdem Castris aliquod acttim superioritatis exercuerint, seu de corum causis tam priinae quam secundae aut ulterioris instantiae se iutrontiserit, sed castra praedicta, et eorum universitates sub Episcopi Parentinì prò tempore existentis, et post eum immediate Romani Ponte/iris et die tue Sedis Apostolicae protectione continuo remanserint, et perseve* raperini, ac ultra Episcopo» Parentinos qui prò tempore fucrint nemiuem alluni quum Romanum Pontijiecm prò tempore cxistentcni et Sedevi eatndem in supcrìorem recognoverint} et propterea ab ornai furisdictione, super io ritate , dominio , et potevate quorumcumque aliorum cxempta-, et soli Romano Pontifici , ac Sedi pracdictae , post eumdem Episcopum su-bìccta esse dignoscamur : nihilomitius Veti. Fr. Georgius F,piscopus Clusiae cium nostrum et diclae Scdis cum potestuie legati de àttere in eadeni cwitatem Nunciuoi ageret, de cxempùone huiusmodi notitiani non habens , appellatlone in quadam causa spirituali quotundani honiinum alterius castri hujusmodi sub ceriti modo ct forma Interponente , se judicem competcntem esse declaravit in ipso rum ct causar uni et iini-versitatum, ac Ecclesiae Pareutinae pracjudiciuui non modi-cum ; q uare nobis humiltier supplicati fretiti, ut tibi, et Ecclesiae tuae pracdictae in praanissti providere de beidgtdtatc, cathedralium indentratatiquantum cum Eco possimus tibai-tcr contultinus hujusmodi supplicationibus inclinali per inter-locutoriaui seu declarationcni Georgi Episcopi, et tane tiuncii nostri ut praefertur factum, ne inde quaccumqne .. . cxlstc.n-tibus pracniissls, nullum excnptìoni corum de Ursariae ct sancii Vincauti castrorum ac illorum unticrsitatimi t ct Ecclesiae suae praefalae prejudicium generaium fuisse aut generavi po-luisse, sed cut lem Castra piout prius ab orniti jurisditime , superioritate , dominio , et potestà/te ejusdem Georgii Episcopi tutte et prò tempore extitcntis, et praefalae scdis In cadati cictiate Venetlarum Nuncii, ne quorumcumque aliorum prc-terquum fui, et nostri, et prò tempore extitentium Episcopi Parentiiii, et Romani Pontificis , ac diclae Scdis exempta , ac libi, et nobis , et eidem Scdis dumtaxat subjecta rei tuoi -slsse , et reinanerc Apostolica auctoritate tenore praesentium deccrttimus, ct declaramus. Non obstantibus ptnanissis, ac cotistitutionibus ci Ordinationibus Apostolici» , nec non fiatila tibus et indultls eide/n Gregorio Episcopo lune , ct prò tempore extilente nuncio prò tempore, concessi» caetcrisque contrariti qulbuscumquc. Datimi Romcie S. Marcimi sub A'/mulo Piscatori» aie ultima Junii i542 Pontificatili sui anno 8. sub . . . $&> ...et Julgino, A tergo. Dilecto /ilio Joanni electo Parentino. Risiedono qui li vescovi tutto il tempo dell' anno ed assistono con la presenza loro all' aumento del luogo, e protezione degli abitanti e la settimana santa vanno far le funzioni episcopali a Parenzo , con quelli abitatori e del territorio hanno perpetue molestie. Monsignor vescovo de Noris trattò con 1' imperatore di riaver gli antichi suoi feudi, che sono incorporati con la contea di Pisino e vi sono molte scritture in questo proposito. FONTANE VILLA. Cresta è lontana quattro miglia da Parenzo , ed uno da Orsara , è così detta perchè a basso vicino al mare vi sono due fontane, le quali servono a quella villa, ed anco ad altri luoghi più lontani nelle siccità dell' estate con correndovi quelli del contorno a condurne le botti. Sono dette lontane nclli crescimenti delle acque del mare per li venti di sirocco talvolta coperte dalle onde salse , ina cessato il flusso, rigettano ogni salsedine e rimangono acque dolci, e perfette. E' villa nuova questa fatta abitare delli signori Borisi gentiluomini di Capodistria, che ne hanno V utile dominio e la giurisdizione con una buona casa e dalla parte di mezzogiorno si legge una loro memoria. Erano i terreni di questo villa dei canonici di Parenzo parte , ed altri del vescovo. La chiesa è di onesta grandezza dedicata a mantenuta dalla confraternità con altri altari e vien officiata da un eurato. In questa vi è auco la sepoltura dei medesimi signori Borisi. TORRE , AURIGA, FRATTA E VILLANOVA. ^Jomineierò a descrivere la diocesi di Parenzo dalle rive e costiere di Quietò verso Parenzo, e prima della punta di Belor mezzo miglio, si ritrova una chiesa di Santo Stefano sotto Torre e poi la villa di Torre , eli' è circa di fuochi novanta con onesta chiesa , il cui piovano tira il quartesc dagli abitanti, i quali sono soggetti nel temporale alli podestà di Cittanuova. Qui è buon terreno, e fertile per copia di fermenti, che abbondano ed ha assai buon aria, uomini forti atti alle fatiche della campagna, e vi sono molti vecchi, tra quali il pievano, che ha circa ottanta anni ed un fratello più vecchio di lui. Sono circa set-tant'anni che questa villa venne abitata dagli abitanti nuovi venuti dalla Dalmazia e da Zara vecchia , fuggendo la barbarie turehesca ; avanti, qui non vi era cosa alcuna, ora è piantata di vigne e buoni terreni. Ho sentito a narrare da alcuni di quei vecchj sul primo tempo che vennero questi abitanti cioè già quaranta ower cinquant'anni, si sentivano molti latrocini in tutti questi contorni forse per la povertà loro, ower 1' uso del paese d'onde venivano. Ora sono uomini da bene e di bel sembiante. L'istessa gente abita Abriga villa di quaranta fuochi , un terzo di miglio da Torre verso terra, come anco altrettanto è lontana Fratta, ma verso il mare e vicino al porto di Cervera. Pagano (pud di A briga il loro curato ed anco le decime dei terreni a certi cittadini veneti etl altri a certi ferraresi. Quelli di Fratta sono circa trenta fuochi, ower vicini, non è soggetta ad alcuna decima, ma solo contribuiscono un tanto per casa al loro curato. Queste due ville sono più nuovo di Torre. Confinano tutte con il territorio di Visinada ed ai loro confini prima vi è un luogo piccolo detto Plamiza e ili là un un pezzo a drittura una hucra detta Prapeeliimiza e di la altrettanto la foiba di Gabro-vich , eh' è una profondità spaventosa. Passata questa sul confine di Visinaila, entrando nel territorio di Montona vi è un Iago poco maggiore detto Sai, di là di Fratta paese boschivo, parte prativo, che li comuni godono, fattone ora villa sovra la quale vien esser dal lago Sai lontana a drittura pertiche i5oo; come da un disegno a Visinada appresso li Signori Grimani fatto f anno i54^. 29 luglio da Nicolo del Cortivo tli commissione della Signoria per causa delle differenze che vertevano tra la Signoria e la nobd donna Caterina Chersiania qm. Gaspare , quale afferma , che Villanuova poteva essere allora ai amo che si era cominciata ad abitare, che sarebbe al presente 120 anni , villa assai piena d'abitanti. Avanti Villanuova si trova un montieello chiamalo Montebrixin sovra il quale vi è la earazada che va a Cenerà • si vede chiaro che tutte queste quattro ville sono nate da cent'anni, perchè da Genovesi Parenzo col suo territorio lu distrutto. In Abriga già pochi anni fu cavata questa memoria sepolcrale arando li campi e fu la pietra portata a 'fono, dosi gli anni addietro nell' isiessa punta d'Abriga furono ricavali quattro marmi sepolcrali, ch'io comprai colla presente, e mandai a Padova, là dove dal Signor Sartorio Ursato sono stati registrati e stampati in rame nell' opera de Inscriptionibus Rom. D. M. IANVAR1AK MATRI. PIEN PISSIMA IANVARIVS AVG • N • AD1VT • TAI1 • F • C . 4«7 VISINADA, E M E DOLAN Visinad a luogo delti Signori Oriinani di San Luca , discosto da Montona miglia tre, da Portole cinque da Grisignana quattro, è posta in sito di buon aria con buonissimo territorio, che produce ottimi vini in quantità, tormenti e misture. Può far con la terra circa ottocento anime. Comincia questo territorio subito dopo villa di Torre, ed ha per ponente la bocca del Quieto col suo Palù di Piscina , da tramontana coti maistro tutta la valle del Quieto detta di Montona e sta dall'oriente, ed ostro circondato dal suo territorio. Camminando dunque sovra le costiere dei monti , che fanno sponda alla valle del Quieto , vi è prima la punta di Laiuail.» . eh è pur sovra lo acque salse e palù misto col Quieto. Di sopra alquante pertiche, per il disegno fatto già cent'anni «lai signor Nicolò Curtivo , il molin di Miaoon eh' era distrutto , s' avanza una man de monti, e poi s'apre la valle di Magnacaro, eh'è dirimpetto di San Dionisio di Villanova di qua del Quieto e calando giù la costiera al finir del Palù vi è Vocipom, monti e selva, ma ancora abbassandosi più di quattrocento pertiche vi è un' altra [ionia detta de 1\ixcvcìca, t \ ritornando di nuovo alzasi sino a seicento pertiche e quivi sovra Colle si vedono le vestigio di Nigìignan, che diede il nome a tutta la valle del Quieto, e però l'anno 1612 17 Agosto nel disegno fatto dal signor Camillo Bergami ingegnere di questa, la chiama la valle di Nigrignan, che già anticamente doveva essere qualche terra, o castello di considerazione. A dirimpetto comincia il territorio di Grasiguana, nell'opposta costiera del monti ed altra sponda della valle segue la costiera tli Lorcilou che sono monti e poi sorgono certe acque ('he fanno il molino di Gradelle, i quali si uniscono nel Quieto, che qui fa un gran ramo ed abbraccia il bosco di San Marco che qui comincia. Segue la costiera di Malfreda e vien giù la costiera sempre per tramontana a Glavinenti e rivoglie il monte, o si ritrova la costiera di Maluceda ( alla line della quale vi è la strada che va alla bastia luogo con chiesa ed osteria e palazzo di San Marco e sin qui il Quieto è navigabile. E' però la Bastia di là dal fiume verso Grisignana ; e quivi è una palada e questa strada va dirittura alla Beatissima Vergine di Campo e di là a Visina, da. Ma seguendo le istesse costiere de monti si trova il Geto del Saragiu , all' incontro del quale il Quieto fa un rarni-cello che chiamasi ramo del Saragin , pieno il suo mezzo di alberi ed al suo fine vengono da quei monti alcune acque vive e fanno il molino Malzevischia pur sul Quieto ( qui comincia il territorio di Piemonte ), che da qua comincia a piegare verso gabino e dal molino circa 38o pertiche si trova Potoc della Falonega, e nella valle sono i prati buonissimi di Fagenach sotto il Battizan che di là 3oo pertiche si trova un molino famoso , fatto d' acque copiose, che vengono da quei monti. Di qua per 3oo pertiche si va al bosco di San Marco, crescendo con grandissime praterie, essendo affatto abbonita la valle, sino alli confini di Visiuada , che vengono terminati da un ri-vezzo d'acqua detta l'ara de Bettazzo, che nasce nella valle di Crevara sotto Montona, quasi alla linea del levante. Quest' acqua voglie prima il molino di Scampichio un altro di Martin Raguzzi, il terzo di Monferaro di Montona e poi si unisce al Quieto. Giace la terra di Visinada in quest ultimo confine verso Montona, e di sovra il Battizan posta in gentilissimo colline piene di buone abitazioni con una bella chiesa dedicata a San Gei-omino, governata da un pievano e due cappellani , e fornita assai bene di sacra suppellettile. Ha otto croci di argento con diversi calici, ed un ostensorio 4°i) per il Santissima Sacramento di molta valuta. E' lontana la terra dalla Bastia da tre miglia, dalla quale riceve gran utile per il caricar di tutte le cose per Venezia. Il suo territorio è circa dieci miglia , e quella parte posta a tramontana e levante è fertilissima per essere terreni grassi, 1' altra verso mezzo giorno e ponente è sterile per essere il terreno rosso ed arenoso. Qui la gente è amorevole ma furiosa, tutto quello che qui si compra e si vende, è senza dazio, eccettuate le legne , che sono di ragione dei suddetti Gritnan i a quali si paga un certo censo. Tengono questi signori ivi un gentiluomo con titolo di Giurisdicente, il qual giudica ogni causa civile ed alcuni casi criminali con quattro giudici fatti dalla comunità. Qui si vedono molti vecchj e beli' aria nelle persone. Nel luogo vi sono cinque altre chiese ben governate , rette da confraterne, ed altre sette nel territorio soggette alla parrocchiale. Tra queste sovra un monticello è la Madonna di Bosara. Lungi un miglia vi è un bel convento de padri di San Francesco del terzo ordine, nel qual vi stanno da sei sacerdoti ed alcuni conversi. Hanno una Chiesa detta della Beatissima Vergine di Campo molto miracolosa, ed in divozione a tutta la provincia, e specialmente li venerdì di Marzo, e se le fanno quattro fiere franche , cioè la Madonna di Marzo , quella di Agosto, Settembre, e la fiera di Santa Lucia. Cavano da questo luogo di Visinada li signori Grimani d' entrata all'anno circa due mille ducati cavati dalle decime dei vini, biade ed olii, che li vicini li pagano, li quali ascendono al numero di ducento sessanta circa , e cadauno è tenuto pagar annualmente lire sei , e soldi quattro , il qual pagamento si chiama podestaria, e ognuno che si descrive; è tenuto pagar detto censo. Quasi per mezzo il territorio in andar da Visinada a Torre si trova la foiba di Goboiza, e di la seicento pertiche un' altra foiba detta di Brevoniza e di sotto a questo verso la valle un lago detto Taslac, L' Archiìografo Val IV. 27 4io Sovra la Madonna di Campo da quattrocento pertiche è la fontana di Poschiac, ed ivi vicino un piccolo lago di Gran-zaloeo, vicino al qual vi stanno quattro abitazioni di contadini, a dirimpetto della fontana verso Visinada è un sasso detto Scalmanila da cinque cento pertiche, ma questo è notabile, che sovra Visinada giusta in linea orientale, vi è un monticello ove 1' autore del disegno Nicolò Curtino già cent'anni avvertisce, che quei di Visinada dicevano esser luogo di Medelin con li suoi orti, ma allora non vi erano altro che terre arrate e vigne senza alcuna casa , ma sola la chiesa di San Luca, ove s'approva ch'esse sono al presente chiese campestri ; ivi intorno erano alcuni luoghi notabili. In Visinada vi sono delli Gavardi un Colonello, li Ragucci gentiluomini di Parenzo con altre buone casade ed è notabile che su quel di Visinada vi nascono diecisette fontane, così mi narrava il reverendo Giacomo Valentini, ol im mio vicario e canonico di Cittanova, uomo di buona intelligenza, nativo di questo luogo. Ha due ville Uragna-scello , e Cerelada , quali non hanno chiesa propria, ma si servono della parrocchiale. Raccolgono olio che serve per il luogo e le genti sono Slavoni. VILLE DI SAMBRIGI, DI SAN VI DAL DI BRENZ-CHINBRIGI, E SAN DOMENICO. Oltre subito i confini di Visinada sopra Medolìn nel territorio di Montona vi sono le tre ville in distanza tra loro, che formano un triangolo tutte con li suoi abitatori. La quarta è discosta da questa miglia due , e sovra il mezzo del territorio di Visinada, alla quale avanti che se le avvicina, si trovano due foibe dette Brexidamgi. E sovra il lago Sol discosto duecento pertiche vi era u» gran sasso, che l'autor del disegno disse che vi erano scolpite queste lettere maiuscole FIN1T, ch'erano segni essere stati li confini di Val di Torre con Montona. MONTONA Ijontana da San Lorenzo miglia otto , e da Portole tre sotto la giurisdizione del vescovo di Parenzo, è con-situita sovra un altissimo monte , nella sua sommità sta il castello al quale si va per due borghi posti dalli lati del colle, rinchiusa la strada dalle case, che sono dall'uno ali altro lato. Il primo borgo da oriente si chiama Gradi-dolo , ed in questo vi è la chiesa di San Marco, alla quale è dedicata una confraternita e l'altro si chiama il borgo grande nel quale vi è la chiesa della Madonna e di San Cipriano. Si entra nel castello per una porta sola , rinforzata da due porte e meno grosse, con saracinesca all' antica il tutto di terra cotta. E di circuito un quarto poco più di miglio. Neil' ingresso sta la piazza di piedi trenta con una cisterna e in taccia del palazzo del podestà assai antico, dirimpetto del quale è la collegiata di architettura moderna , essendo stata riedificata l'anno 1600 con il danaro della Zecca, ù più piccola dell'antica e in tre navi, e gli archi sono sovra colonne di pietra viva da Rovigno. Il suolo è di quadroni piccoli rossi, e negri, che fa una bella vista con sette altari ben adornati, un bellissimo organo. Ila due sagrestie Una dei canonici, nell'altra vi tiene g'i argenti il sagrestano secolare eletto dal consiglio, nella quale oltre molti ricchi paramenti ha di notabile un calice d' oro del valore di ducati cinquecento ed una palletta d' argento die si apre in due parti, eh' era del famoso capitanio Bartolomeo da Bergamo generale di genti venete, che si serviva a farsi dir ^essa con l'altare portatile in campagna, donato all'Alviano 4ia furlani, veneziani, e lombardi. Nella terra vi è una sola casa di ebrei, che sono li signori Abram, e Lucio Stella > il primo molto virtuoso é versato nella poesia, l'altro nei negozj , molto quivi amati per la loro modestia e civile trattamento, portando molto utile a quei terrazzani b» comunità porta per arma un pomo granato mezzo aperto per dinotar il suo popolo , dicendo in lingua latina Rubinoli i ; altri lo chiama Arupino del castello , anticamcn-era cosi nominato , che fu sovra Rovigno quattro migl'u dove si vedono edificj e muraglie. In questo castello di Ho* vigno ower ivi nei suoi contorni convien losse il temp'0 fabbricato alla Fortuna ed all'Istria, come appare delle due pietre clic qui sotto aggiungeremo per la loro curiosità e ber lazza,ritrovate nella piazza gettate in un cantone, che vedute c lette dal signor Giacomo Tommasini mio nipote, la con1' prò facendole portare 1' anno 1G48 a Cittanuova. Qjjef* sono gli solari ( diremo ) di due parti di detto temf"0 qual da Cajo Vibio Varo ne padre vi fu cominciato, e Cesio Macrino lo perfezionò e dedicò. Questo Quinto Ces»° è uno dell' illustrissima casa o famiglia Cesia che in ma al presente fiorisce con duchi ed emenentissimi card1' nali. Convien che questo Cesio essendo con Cajo Vibio in mare da qualche borasca gettato in questo porto , per voto cominciassero questa fabbrica dal maggiore e più vecch'0 non perfezionata, ina dal compagno terminata e finita. Chc alli luoghi e a loro genj si fabbricassero tempj non è dell'uso degli antichi romani, e ne abbiamo di ciò uiob*7 inscrizioni ed esempj. HISTRIAE . FAN VM AB . C . VIBIO . VARO . PATRE . INCHOATVM . Q CAESIVS . MACKINVS . PERFECIT . ET . DEDICAVIT . FORTVNAE . FANVM AB . C . VIBIO - VARO . PATRE . INCHOATVM . Q . CAESIVS . MACRINVS . PERFECIT . ET . DEDICAVIT . Sono dell' istessa grandezza ed alte pasi uno e mezzo , °d oneie cinque a misura del piede moderno veneziano , c'om'è posto nell'architettura del Serlio a p, yi, DEL CASTELLO DI SAN VINCENTE Il castello di San Vincenti feudo antico della cattedrale di Parenzo passato dalla casa Morosini al presente quella de'signori Grimani da San Luca, è situato in luogo piano da due parti circondato da due bellissimi bo-Schi, che gli sono discosti un quarto di miglio, che nel vacuo si vede come in un teatro, aprindosigli dall'altre due parti settentrionale ed orientale amene, e fruttifere C;mipagne. Si estende il suo territorio circa sedici miglia , Confina da levante col territorio di Barbana e Zimino, da mezzo giorno con quel di Dignano, da ponente con Valle, da tramontana con Duecastelli e Zimino. E' iruttifero di forbenti, legumi, biade e vini bianchi e negri in particolare per 1 estate che di raro e mai si guastono , e se ne può raccogliere *|tii anno incirca ottocento spodi, eh' è una misura parti-Colare del luogo capace di quattro secchi veneziani 1' uno. ^*Uò far formenti e biade sei ower settemille stara vene-•'anij gran quantità d'animali grossi e minuti, Vien tutto aitato da genti slave venuti ad abitar qui dalle montagne d' Mordacchia per l'incursion dei turchi, onde murlacchi an-^&i chiamano e qilCSti attendono alle terre e li cargneli alla mercanzia e tutti godono questi abitanti una somma quiete e pace sotto il dominio di questi illustrissimi Grimani, che li trattano con molta amorevolezza e carità, sovenen-doli nei loro bisogni e non permettendo che dai rettori ■veneti gli siano fatte estorsioni, del che molti abitanti dei luoghi vicini vengono ad abitar in questo. Li due boschi 1' uno vien chiamato la preseca di circuito miglia cinque con arboii di cerri altissimi , 1' altro d prostimio, la mela del primo con legnami di far istrumen-ti rurali. Qui è l'aria buonissima, ma è povero d'acque vive, servendosi solo dei laghi, o cisterne. La terra ha in mezzo una rocca fatta di pietre quadre lavorate con quattro torri che la fiancheggiano con le porte assicurate da un castello e ponte levatore , che la rende sicurissima d'ogni incursione, dentro oltre il vacuo capace di ducento uomini in ordinanza, vi è una buona abiti»" zione per il capitano, che con questo nome si chiama d rettor del luogo. Vi sono h magazzini per riporre 1' entrate pubbliche, abitazioni per li soldati, torno, luogo per 1* munizióni, con una sala d'armi per ducento moschettieri? oltre le picche ed allabarde, il tutto con buonissimo ordine tenute. Vi sono due grandi conserve d'acqua, un beli' orto dalla parte di tramontana lungo cento cinquanta passa con mura alte due passa e due torrioni. Da mezzogioi" no vi è la piazza del luogo molto capace circondata »* una bella loggia e casa fabbricata di pietra viva , e copei"" ta di lastre, e da levante la chiesa collejjgiata dedicata all'1 i DO Santissima Annunziazione ,'che ha una prospettiva di pie" tre vive, e dentro tiene cinque altari con pitture buone? un organo e sagrestia piena di molla argenteria, e aupP6'" lettili sacre con un dito di San Vincenzo martire prof*** tore del luogo. Stanno altre chiese nella terra, ed alti'e fuori in campagna tra quali San Vincenzo e la madonna di Latiar. Viene officiata la chiesa da un pievano, e d«e canonici quali hanno la quarta parte delle decime di tutto d territorio. Rendono molta maestà a questo luogo le stia ■ de larghe, che tutte riferiscono in piazza. Può far il castello 100 fanti ed anime 5oo. Ha sotto di se cinque piccole ville, che tutte insieme possono essere anime cento, tutte persone di bassa condizione e dati idi' agricoltura , eccetto alcuni pochi civili. Ha il fotitico di capitale trentamila ducati. Vi è il consiglio fatto d' alcune particolari case , il quale elegge i suoi officiali e dispensa i carichi come negli altri castelli della provincia. 11 dominio diretto resta ancora nel vescovo di Parenzo, così dopo molti liti , monsignor Campeggio vescovo di Parenzo nè investì l'illustrissimo Morosi ni e l'utile diviso per la metà, sottratta Iti spesa del capitano e di alcuni palli per le feste, il salario del capitano è di ducili cento cinquanta con regalie di biave da cavallo e fieno , che servono per fuso di due cavalli, e legne di far fuoco l'anno, oltre la giudicatura. Il patrone vi manda un cancelliere. Ha sotto di se due ville Radrigosa e Drizzi. DEI DUE CASTELLI. I_joulani cinque miglia da San Vincenti vi sono li due castelli, quali prendono il nome dall' essere stati già fabbricati sovra due colli , che siedono dall'una parte e l'altra della valle, per cui si va al porto di Leme. Quello verso ponente chiamato la fortezza Parcntina è tutto distrutto, e si vedono antichissime muraglie. Rimane solo abitato quel ila levante, che tiene il nome dei Due Castelli d quale per il sito forte e per la comodità del porto vicino di Leme fu sicuro ricetto avanti clic li Genovesi rovinas-fiero la provincia ed era pieno di abitatori come si congettura dalle vestigio di tante case rovinate, che vestivano non Mo il colle, ma parte della costiera contigua e tutta la valle, che si frappone tra l'uno e l'altro castello, onde li Genovesi rotta 1' armata veneta a Pola passarono nel canal di Leme discosto cinque miglia ed all' improviso presero questi due castelli e li rovinarono ahbrucciandoli, e sino al giorno d' oggi si vedono li segni dell' incendio. Fu dagli stessi portato via i corpi di San Vittore e Santa Corona Martiri che si ritrovavano nel castello di San Lorenzo il cui popolo era unito con li Genovesi. Crebbe ancora dopo il luogo e furono j istaurate le case in modo che si annoveravano da ducento fuochi, ina da cento anni in qua per varj casi o forse per 1'aria «attiva, è andato mancando , che al presente non vi è più alcuno naturale del luogo e solo è abitato da tre poveri contadini. E' in esso la chiesa tli Santa Soffia antichissima e grande di tre navi, e sovra la volta della nave di mezzo vi si vedono pitture antiche e cose longobarde, quali rappresentano la città di Gerusalemme combattuta , e vi si vede una armata di mare con forma stravagante di galere. Vi sono altre pitture del testamento vecchio con la vita e passione tli Cristo dipinto ali uso greco; dalla parte opposta li dodici apostoli ed altro. Neil'aitar maggiore la beatissima Vergine, con figure di basso rilievo antiche, l'altra di Santa Soffia con figure tli tutto rilievo segno di grande antichità ed è mirabile che questa chiesa vien conservata bene, caduto il resto del castello sino il palazzo del rettore. Vi è però la casa del fontico e «lei capitolo. Vi è un pievano e quattro canonici, ed è dei più antichi della diocesi, scodono di ogni cento otto, che tra loro si dividono con la sua prebenda al vescovo. Ha diverse chiese dentro e fuori, tra le quali vi è la Madonna del Cavazzo posta nel fonilo della valle latta tutta di pietre quadrate battute che tiene immagine «Iella Beatissima Vergine di rilievo. Alla sommità della valle verso mezzogiorno, è situata la chiesa di Santa Petronilla antichissima e grande di tre navi di molta divozione. Quivi si vede un monastero antico distrutto con una cisterna grande è bella la qual chiesa e monastero si ha per tradizione essere stato fabbricato da S. Romualdo, ora l'entrate di questo sono applicate alla mensa episcopale tli Parenzo. Lungi un miglio dal castello dulia parte di mezzogiorno è la villa di Caufanar dove si sono ritirati gli abitatori restati che con le persone forestiere può far fuochi cinquanta ed anime a5o. Qui abita il pievano e canonici e rettore, eh'è un gentiluomo da Capodistria, mandato da quel magistrato a questo governo. Questa villa fu rovinata nell' ultima guerra degli Uscochi 1616. E' bellissimo sito, e gode buonissima aria ed ha bella campagna. Ha vicino un quarto di miglia tre sorgive d'acqua viva, che per sassi corrono in altrettante pile di pietra grandi. Una di queste lontane è alla bocca di un antro capace di cento persone , che d'tigni parte è stillante d'acque, discende facendosi strada per un canale di pietra fatta cava della natura , e dal corso delle acque discende in una tli quelle pillo e queste mai mancano, ne altera il suo corso, o per estreme pioggie , o per estrema sicità. Queste acque sono perfettissime e sanissime, e cosa molto rara nella provincia , sovra queste fontane vi sono due chiese:, una di San Giacomo apostolo e 1' altra di Saul' Agata, dove si vedono le rovine di un castello distrutto. In questa parte del territorio , lungi cinque miglia dal castello vi è il monte di San Martino chiamato di Leme con una chiesa dedicata a questo santo, dove si vedono le rovine di un altro castello rovinato. Questo monte ù primo a vedersi, dopo il monte maggiore a chi viene da Venezia a retto tramite. A mezzo di esso monte alla parte che riguarda il canale di Leme vi è una caverna, che sta sotto d monte tli passi duecento circa e di un poco minor larghezza, della quale si passa in un altra simile. AH Quiti entrati con lumi si vedono delle ligure impellile dalle acque che stillano. In questa caverna nelle rogazioni, che si visitano le chiese campestri entrano li preti con le croci e torcie , ed alla fine di esse vi è formato un altare , al quale affìggono una croce di cera benedetta, leggono un Evangelio ed altre orazioni e si partono. L' ingresso è un piccolo buco come di un forno , ma entro è altissima. Il territorio suo è pieno di colli aspri e sassosi, e quelli parte eh' è coltivata è fertile e produce vini buonissimi , formenti e biade con abbondanza dei pascoli che servono per uso degli animali minuti , che vengono in tre ower in quattro milla nell' invernata. Vien diviso questo territorio da una valle di lunghezza miglia otto, che or si restringe a cento passi, or si allarga ad un quarto di miglio or meno or più , il fondo della quale è buonissimo terreno , e fruttifero di formenti e biade. Si unisce questa valle con quella che comincia dal monte maggiore, ed attraversando il contado di Pisino, quasi per lunghezza di 5o miglia, va nell'ultima parte dal canal Leme al mare. In mezzo di questa valle come in difesa s'innalzavano questi due castelli in due colli in altezza di duecento [tassi l'uno. Ila questo castello il suo consiglio di famiglie particolari, che creano li suoi ufficiali, ed il pievano, eleggono il cancelliere. Ha un fontico con un capitale di ducati mille. La comunità ha le sue entrate in due peschiere in Leme, officii di terre , erbatici d' animali forestieri, alla somma di ducati ottocento , con quali pagano il reltorc , e suoi officiali. La chiesa maggiore con 1' altre hanno beco ni stabili e capitale di aidmali minuti e grossi. Tutti gli abitanti del castello, ville, e territorio possono essere cento cinquanta fuochi ed anime circa sette cento, che attendono all' agricoltura, e vestono alla slava, come le loro donne, essendo tutti forestieri; morti li ria- turali, non vi sono persone civili, essendo queste estinte e ritirati ai luoghi più vicini e di miglior aria. Appresso alla chiesa di San Lorenzo verso Leme in un piano si trovava gran antichità, medaglie, bronzi, vetri e cose simili, anzi nell' aitar dì San Lorenzo vi sono alcune lettere antiche, che non si possano levare. Dieci passa lontano del mare vi è un gran pozzo con scalini, che scendono sino al fondo. Fuori della valle di Leme nella villa di Ungici si vedono le vestigio d'un gran castello tutto dirupato. VALLE. {Questo castello è lontano da San Vincenti dalla parte di Levante miglia sette , confina il suo territorio da mezzogiorno con Digitano, da ponente con Rovigno, e due castelli da tramontana. E' posto sovra un colle con muraglie antiche, esposto a venti di tramontana, che rendono 1 aria salubre e perciò è pieno di gente, onde in esso coi suoi borghi si enumerano più di ducento fuochi : quasi tutti pailano all' italiana, e godono questa giurisdizione, che due creati dal consiglio giudicano insieme con il podestà tutte le cause, come ancora era uso degli altri luoghi di questa provincia. Questo rettore è nobile veneio , dura il governo sedici mesi facendo in questo contumacia, essendo di poco utile. Tre miglia lungi ha il porto di Vestre, che se ne Serve per smaltire le sue entrate e legne. Ha il suo territorio di trenta miglia in circa parte piano , e parte con colli sassosi, fruttiferi quali servono per pascoli tutto l'anno agli animali che in copia si allevano , anzi vi sono molte mandre di vacche che producono bovi molto grossi e mandre di cavalle che con buoni stalloni hanno generato bellissimi poledri, ma al presente non vi sono che ronzini di prezzo al più di ducali venticinque veneziani e questi vengono impiegati al girar le mole da macinar il grano , fatica che li rende inutili ad ogni altro esercizio. La chiesa collegiata ha un pievano e tre canonici sotto il titolo della Visitazione della Madonna, è di mediocre grandezza con tre navi, senza alcuna antichità. Suo singoiar ornamento è il corpo del beato Giuliano, minor conventuale di San Francesco , riposto entro un arca di pietra bianca sovra il suo altare. E' in molta venerazione di questi : ma qui non vi ha alcuna scrittura, 0 memoria della sua santità, ma il tutto per tradizione, fuori di quello che si legge nelle croniche di questi padri. Fu esso di questo castello di Valle ed abitò a far penitenza in un monastero del suo ordine, posto in eminente luogo appresso la chiesa di San Michele, del qual oggi se ne vedono le rovine. Discosto dal castello un miglio vi è la chiesa chiamata della Madonna di antica fabbrica, e quivi si vedono molte rovine, e si dice essere stato un monastero di monaci, senza alcuna antichità. Oltre copia di lepri, volpi, tassi , qualche lupo cerviera, regnano dei lupi che fauno danno agli animali , che tutto 1' anno stanno alla foresta. E' penurioso il territorio d acque , come è tutta la Polesana. Questo luogo fu il primo che si diede alla serenissima repubblica veneta , come si legge nelle istorie del Salicilico e però gode molti privilcgj. Ila sotto di se due ville Moncalvo, e San Pietro. DI SAN LORENZO E SUE VILLE. Il castello di San Lorenzo è lontano dai Due Castelli rrtigtie cinque confinando il suo territorio, eh'è di venti quattro miglia in circa da levante con Antignana e Condito luoghi arciducali, da mezzogiorno coi Due Castelli c Rovigno, da ponente con Orsara, contea di Giraldia ■ Parenzo, da tramontana con Montona. Risiede in mezzo sovra un elevato, che sembra colle, ma di si facile salila, che è insensibile. Per un miglio intorno vedesi tutto circondato da olivi, e vigne con campi fertili e piccoli boschi abbondanti di erbe, che servono in tutto l'anno per pastura degli animali con grandissimo utile degli abitanti. Il castello è circondalo da grossa mura con spessi bastioni all' aulica forti con batteria da mano , con borghi che lo circondami di giro poco men di un (piarlo di miglio. Già soleva esser ricetto più di ducento famiglie ora da un secolo meno in qua, non si sa per rpial mala costellazione fatta i' aria insalubre non tiene quaranta fuochi, e le persone sono di cattivo colore. Gli abitanti sono distinti in cittadini, persone civili che parlano all'italiana ed i popolari olia parlano slavo, e vestono di panni di lana dell stesso paese. Questo fu l'ultimo luogo che volontariamente si desse sotto il dominio veneto, chiamasi San Lorenzo del pase-natico, che per l'opportunità del suo sito fu tanto caro al principe, che in quello vi pose rettore nobile veneto con autorità di visitar la provincia che oggi vien fatto dell' eccellentissimo magistrato di Capodistria , trasportò questa carica colà e però ancora serve il nome la Visita di questo tli Pasenatico. Si continua però mandar un rettore nobile che dura treiitailue mesi il suo governo, annoverato per gli utili tra li primi della provincia. Ila fontieo assai ricco. Il suo consiglio è di alcune particolari famiglie dal quale vengono fatti diversi officj, come giudici che assistono il rettore, al quale anco sottoscrivono la fede del suo regi-mcnto , di procuratori, fonteeari ed altri. La chiesa è di tre navi di mediocre grandezza dedicata a San Martino e collegiata da un pievano, tre canonici e la seconda prebenda il vescovo di Parenzo. In un avello tli pietra bianca vi sono reliquie insigni tli Santa Corona con la testa tli San Vittore martiri fatti qui riponer da monsignor Tasso vescovo di Parenzo. La chiesa di San Lorenzo (die ora serve per cimiterio della quale prende il nome il Castello è fuori delle mura, è di antica struttura con pitture gotiche. Il territorio è pe-nurioso di acque, come tutto il paese dalla Valle di Montona verso il Quarnero e si servono delle acque piovane e dei laghi. E' parte sassoso e serve a nutrimento dei boschi, pascoli d' animali. E' pieno di lepri, volpi e pernici. Ha due ville Monpaderno, eh'è di cento fuochi posta in buon'aria, e Villanuova di poche case e vengono abitate da Morlaehi, gente che benché abbino mutato cielo e luogo, conservano l'istessa barbarie, governano i campi e bestiami, e sono dediti ai latrocinj ed alla ebrietà. Il porto suo è il canale di Lemo e quivi è una continua scala dove dai vicini boschi sono condotte le legno per Venezia. DI SAN MICHELE DI LEME E DELLA GROTTA DI SAN ROMUALDO E CONTADO DI GEROLDIA. INfel territorio di San Lorenzo è il monastero di San Michele di Leme dell'ordine di San Romualdo sottoposto all' abbazia tli Murano. Questa chiesa fu fondata dall'istesso San Romualdo, che quivi qualche tempo dimorò con dura penitenza e non molto lontano dalla chiesa nella costa del canale tli Leme , veggonsi alcune grotte, dove .si ha per relazione , eh' esso Santo Padre si ritirava a far le sue meditazioni , così me lo attesto monsignor Benedetto Capello li ao dicembre i6'44 vescovo tli Concordia dopo essere stato a vedere la sua contea in Gcroldia ivi vicina. Che San Romualdo fosse nell'Istria, lo scrive nella sua vita 43.9 Giovanni da Castagnezza al Cap. 3 ed al Cap. 100 asserisce che esso abitasse in un monastero vicino a Parenzo tre anni ; ohe qui facesse acquisto della sapienza del dono della profezia e di quello della lagrime, anzi pregato dai monaci di biforchi di andarlo a visitare, mentre cercava barca per passar il golfo , il vescovo di Parenzo non voleva che partisse ed impedi più che potè il suo viaggio ; che anco il vescovo di Pola desiderava averlo nella sua diocesi e finalmente Tistesso al Cap. ic53. scrive che dopoché osso bealo fuggi il pericolo essere strangolato in Clessi, s' imbarcò per Parenzo per ritornare di nuovo a questo suo antico riposo; le quali cose sono levate da San Pietro Damiano Cap. 3i pag. 23^ in vita di San Romualdo e sono parimente distese noli' istoria Romualdina lib. I. rli Luca Dispailo. Queste notizie sono al presente così illanguidite che non vi è memoria rilevante nè è restato alcun ossequio a questo luogo. La Grotta piena d' immondizie, serve ora in tempo di pioggia per ricovero a pastori e loro armenti. Che questo fosse il luogo al quale nel principio della sua conversione si ritirasse San Romualdo, ove abitava quel tal Marino da Ravenna, dicendo nella sua vita , che in finibus Vene- torum se........ritrovando che a quel tempo l'Istria fosse in poter dei veneziani , non so che mi risolvere. Vero è che questo Marino fu maestro d'un principe e duca di Dalmazia e questo fu Pietro Orseolo doge di Venezia l'anno 0,76* secondo il Sansovino, qual avendo posto fine alle discordie col popolo di Capodistria si ritirò secreta-tnente con Onerino abbate di San Michele di Cusano nella Guascogna, e con Romualdo e Marino di Ravenna, e può esser , che questi si ritirassero in questo luogo dell' Istria all' ora assai più abitata e fabricassero questa chiesa e di poi andassero nella Francia. E' in vero li colli dell'Istria e monti per esser così in vista «lei mare adriatico sono assai proporzionati alla vita contemplativa. Nelle scritture tli Parenzo trovo che il vescovo Egelma-no di Parenzo donasse questo luogo a Camaldolensi , ma di poi molti anni ne nacquero gran controversie tra questi abbati ed il vescovo circa le decime etl enzemie cioè regalie e T anno 1014 a dì 14 di dicembre se ne legge una sentenza del Patriarca d' Aquileja Voldcrico con questo principio degno da registrarsi. Voldcricus Patriarcha Aquilejac nec non Dux Foroìullanus Histrìae ct Camiolìac Marchio. La contea di Geroldia è di pochi terreni e fu acquistata dalli signori Capelli nobili veneti, essendo mancato una tal gentildonna patrona di essa e per la poca gente cavano poco utile questi signori. L' Ahchbografo Voi. IV. COMMENTAMI! DELLA. CITTA' DI TRIESTE E SUA DIOCESI. Il disegno di questa città fu fatto lare dal signor conte Benvenuto Petazzi , che nei passati anni era capitano di essa e certo rappresenta esattamente Trieste. Città in vero antica, e di molte prerogative degna, sufficiente ella sola a rendei» celebre questa provincia essendo delle sue azioni così in mare cerne in terra, molte belle memorie nelle istorie. Alcuni pensano che fosse chiamata Tergeste quasi per essere stata tre volte riedificata ed adducono i versi del Fazio antico poeta : „ Vedi Trieste con la sua pendice; ,, E questo nome udii , che gli era detto „ Perchè tre volte ha tratto la radice. Al clie io non voglio opponermi, benché non legga quando queste tre volte sia stato edificata. Già nella piccola cronica, addotta dal signor Monfurlo, di questo non parla alcuna cosa ; ma ben conviensi osservare, che si chiamava Trieste anche quando i romani fecero intendere ai triestini , che rendessero obbedienza all' imperio loro. Stavano più lunge dal mare nel monte Muliano (seguendo essa cronica ) quali, negando soggettarsi, come genti alpestri e fiere, ributtassero anco le milizie romane colà ascese e non ben pratiche di quei dirupi e balze de'monti. Il che sentito dal senato romano colà mandasse maggiori forze dalle quali spaventati abbandonarono la patria e si ritirarono più verso la Germania nel luogo ove ora è Lubiana ; « dicesi fosse fabbricata da loro. Reso inabitato Muliano , bramando i romani, che questo posto di nuovo fosse ahi- tato, invitarono i sopradetti triestini a ritornare, promettendo loro ogni esenzione, ed essi per l'amor della patria volonlieri accettarono, fatti tributarli dei romani. Quivi furono mandate colonie e vi ebbe sempre V impero romano ogni riguardo , onde si legge nei co men tari i di Cesare al lib. 8 , che avendo li triestini molto patito per una scorreria dei barbari all'improvviso, anzi cpiasi oppressi, Cesare mandò la XII legione nella Gallia Togata per reprimere 1' audacia , e conservar le colonie romane , tra le quali era la triestina annoverata. Dice dunque Cesare : T. Laburnim ad se evocar, leglonemqur. duodecimam quae cuoi eo fuevat in hibernis e in togatam Galliam mittìt, ad colonias cieium romanorum tuendas : ne quod sindie ineomuuHlum ucciderei dccursionc barbaroruni ac superiore aestate. tergestinis atei* disset ; qui repentino latrocinio atque iuipetu corum era ut oppressi. E celebre anco il nome di questa città dal golfo che Triestino si chiama , qual contiene quel seno del mare dal Castel di Duino sino alla punta di Salvare. E una bella e ricca città e la più insigne della provincia , la quale gode la sua libertà, quasi picciola republica, riconoscendo però il serenissimo Arciduca d'Austria per signore, ed a questo ogni anno pagando un piccolo tributo di cento orne di vino. Si governa aristocraticamente. Elegge il consiglio tutti gli officii , e specialmente un magistrato di tre giudici mollo riguardevole. Questi eleggono un dottore ovvero gentiluomo straniero per le cause criminali , chiamandolo giudice del maleficio, ed un vicario per le civili; li quali due soggetti per lo statuto della città non possono in alcun tempo imparentarsi con alcuno della città , e neaneo loro è permesso essere compari alli battesimi. Durano un anno e spesse volte quello del maleficio vien fatto vicario. Li loro giudici si cambiano ogni quattro mesi. Hanno una bella sala pel loro consiglio , la quale tiene molte piccole statue e molle armi con i loro cimieri, il tutto antico; ed affermano esser queste I' armi d* alcuni grandi, che vennero con un imperatore in questa città , ed hanno sotto lettere tedesche. Per Y aria felice eh' ella gode, e per lo traffico che è quivi, è accresciuta sommamente e fa più di sei in sette mila persone, le quali godono qui con somma quiete le loro entrate e li loro traffichi con poche gabelle. Ha belli casamenti e dentro adornati, e la gente è di bello aspetto. Amano li forestieri ed i virtuosi , sono amorevoli e gentili, molto accostumati, libéralissimi , anzi prodighi nel convitare e banchettare. Non vi è forestiere che voglia fermarvisi il quale non trovi occasione di moglie , essendo questa città numerosa di questo sesso , e queste sono belle rosse e bianche , e partecipano del tedesco, anzi per lo più a quella guisa vestono, ed esse donne facilmente ingrassano, e sono feconde ed oneste. Vi è qui un accademia dei virtuosi detti li arrischiati che tiene per impresa una nave in alto mare con le vele spiegate e col moto : Tendit in Ardua. La comunità è molto ricca e le sue ricchezze consistono in gran copia de'cavedini di sale, che al tempo del Manziolo erano 800, ora sono molto accresciuti, fabbricati, dosene ogni anno dei nuovi , non mancandovi sito e comodo. Spesava un maestro pubblico con buon salario ed un medico ; ma dopo che li padri Gesuiti hanno aperto le loro scuole non conducono più maestro di grammatica ma solo uno di aritmetica. Ila un porto capace d" ogni naviglio, ed ha il castello vecchio sovra il monte , ove era già tutta la città , ed un altro più a basso per difesa di esso porto. Sbarcano qui co ntinue mercanzie che vengon dal mare , ed altre sono condotte dalla Stiria , Carintia ed Austria , e sono queste: ferro, 44fi accajo , legnami, argento vivo e piombo, che son poi caricate in vascelli per la Marca di Romagna, e dell'Istria, essendo questa città la scala per la Germania. Sono per tanto qui di ricche famiglie de' gentiluomini, ed anco di mercanti , e li più nobili sono li signori conti Petazzi, R signori baroni Fin, Marenzi , Francoli, Giuliani, che hanno gran privilegi •> e specialmente di essere denominati da Giuliano imperatore. Mi è parso bene qui registrarli nel line , come cosa degna da Leggersi. Vi sono li signori Marchesetti, Bonomi, Burlo, Baiardi, dell'Argento, Douadoni, Calò, Saurer , Prandi, Picardi, Bottoni, Brigidi, Capuani,.....ed altri molti: tutti arricchiti di molle prerogative dalla maestà Cesarea dell'imperatore, alla corte del quale per consueto vanno. Anzi li figliuoli di famiglia contro il voler dei parenti fuggono la patria e vanno a servire varii principi di Germania, e si avanzano negli onori. Sono i loro ingegni assai spiritosi a questo servigio, e di molto splendore alla città. Ila un duomo posto sovra il monto molto antico e di grandezza, nel quale sono dodici canonici, ed in essi tre dignità, cioè: decano, arcidiacono e scolastico. Nella fabbrica di questo non è di notabile che l' occhio di mezzo fatto con molta maestà. 'E dedicata la chiesa a San Giusto protettore della città. Qui si hanno le reliquie de Santi Apostoli Pietro e Paolo, Andrea, Filippo e Giacomo, dei Santi Sebastiano e Stefano , delle Sante Maria Maddalena, Lucia, Orsola, Caterina, col corpo di San Giusto, ed ossa dei Santi di questa città, Zenone, Lazzaro, Servolo e Sergio. Vi è un monastero di Monache, e di nuovo è stata fabbricata la Chiesa della B. Vergine del Rosario molto magnifica; e questo specialmente per la facoltà lasciatale dal signor Antonio Gastaldi. Viene ampliata ogni giorno più dai signori mercanti Locateli! fatti molto ricchi in questa città; li quali, oltre le opere di carità verso religiosi pove- ri , usano sempre eli dar a questa chiesa una certa quantità de' guadagni, die appartengono alla assicurazione de" loro vascelli, quali sovente assicurano a nome della B. Vergine del Rosario. Vi è anco la chiesa di S. Silvestro, concessa già alcuni anni alli Padri Gesuiti, che un monasterio vanno perfezionando molto alla grande ed introdussero le dette scuole con molto fruito. Vi è la chiesa di San Rocco nella Piazza; e vi dicono una messa a ora terza per quei di essa piazza. Fuori della città verso il mare sono quattro monaste-rii l'un dietro l'altro. Il primo dei Padri Cappuccini; il secondo dei Padri di San Francesco dei minori conventuali; il terzo dei Padri del B. Giovanni di Dio detti Fate-bene-Fratelli, che attendono all'ospidale j il quarto dei Santi Martiri di San Benedetto con una bellissima possessione. Ve ne era anco un altro dell ordine dei Padri Cruciferi, che essendo stalo abbandonato da quelli, al presente non ha altro che una chiesuola. In queste chiese non vi è altro di notabile; e nelle due facciate del duomo vi sono due epitafti, uno a Pio II. Sommo Pontefice ohm vescovo di questa città, e l'altro a monsignor Rinaldo Scarlichio vescovo passato, li quali aggiungeremo a' loro luoghi parlando dei vescovi. Vi sono nella città alcune antichità oltre li vestigli del teatro , del quale abbiamo parlato nel primo lib. Vi è una porta di marmo molto antica, chiamata la porta del re Carlo, la quale è vicina alla fabbrica nuova dei Padri Gesuiti. Molti altri marmi con inscrizioni romane erano in questa città, e furono lasportate a Venezia in casa Miohie-li a San Giovanni Nuovo, le quali daremo in fine dell' opera. La lingua di questi abitanti è forlana ceretta ; e vi iono molli che usano la lingua slava, e la tedesca, ma questi non sono quivi naturali. Vi sono ebrei che trafficano 1 quali portano il capello nero, onde non si conoscono dai cristiani. Ha buonissimo territorio, e fanno vini grossi, che li contadini vendono nella loro citlà molto bene, non lasciando che ne vengono de' forestieri. Epilogo di alcuni azioni dei Triestini. La prima quando ributtarono i romani , la seconda sotto Cesare, che oppressi dai barbari ritornò in piedi la loro città, la terza quando alla nascente repubblica veneta fecero insulto, se ben Pietro Giustiniano nella sua istoria disse li Istriani, è da credere che uniti insieme facessero l'impresa di rubbar a S. Pietro di castello le donzelle , che colà con la loro dote andavano, e ciò fu 1' anno 944? e della città di Venezia ròi/\. Usavano allora i veneti le donzelli nubili con la loro dote porle in una casa chiamata l'Anella, venivano in questa chiesa nella festa di Santa Maria di febbrajo ed ivi attendevano i loro sposi e benedette dal vescovo , tolte le spose e X anella se ne ritornavano a casa. Assalirono li triestini la festa, e rubbarono esse spose con le loro doti e ponendosi a remi con le loro barche si fermarono a Caorle tanto a bere e mangiare. Il rumor fu grande onde entrati incontinente alcuni legni di uomini per la maggior parte artefici di casse, e della contrada di Santa Maria Formosa, si pose dietro ai rapitori, e trovatili ivi che dividevano la preda, ne fecero strazii, e ricuperarono le doti e le donne. Hi qui tacque la solennità ... in Venezia e durò sino l'anno 1379 per la guerra di Chioggia e Genovesi. Del fatto di questi triestini e di questa solennità ne abbiamo benissimo nota di Bernardo Giorgio che io qui..... Questo fatlo altri lo riferiscono al doge Pietro secondo Candiano circa X anno 932. Altri che fosse sotto il terzo Candiano , ed altri sotto Pietro Polani molti anni di sotto. l.bbe il fatto emulazione a quello dei romani con le sabi- ne. Da qui si può comprendere quanto la provincia dell' Istria fosse di gente audace pratica del mare. Privilegio de' signori Giuliani. Fridericus Dei Grada Rontanorurn Rcx semper Aiigus-tus. Rccogtioscimus per presentes , quod nos admoniti de Arto tibus , meriti» , fide, et devotionis obsctvantìa erga nos , et Nostrum Romanorum Imperiarti t nobìlis } ct antiquae fami-liae de Julia/io in civitate Tergestae ex Rom. Imp. Didio Judo no nostro prodecess. ortae , omnes illius in familiare s nostro» continuos , et domesticos, et cum bonis suis omnibus in salvaguardiam} et protectionem nostrani ac Sue. Rom» Imp. assumpsimus et recepimus, ac per pracscntes assumimus promittentes ei et cuilibct eorum omnem gratiam, clernentiam , etfavorem nostrum apud quoscumque; insuper conftrmanteSy et approbarites arma antiqua et gcntilitìa Julianorum , et illtls-tr'tora reddentes, auctoritate nostra Romana et Regia Adeli-cet Aquilani itigram coronata in scuto et campo albo, et super galeoni auream coronarti, et intus Aquilac pectore lenii» indivisus illorum colorititi , at latiti» Itic in medio ap-paret. Et praefacta auctoritate nostra fucimus et cteamus omnes de fumilia Juliana in perpetuimi generosos ALquìtes ct milìtes auratos et comites Palatii nostri Regii cum potestate tantuintnodo legitimandi ubiqtie bastardo» , et spurio» ut mo-ris est, et doctos in Poesia Poetas laureandi curii solitis fa-rultatibus , et ita omnibus principibus et olii» nostris manda-mus sub paena XX F Marcarum auri dictam fatniliam de Jaliano tcneant, et habeant in his prpregativìs nostri». Datimi in lÀndowtcxto Nona» Maji Regni no»tri Anno primo. Nicolaus Paradisa» Tergestinus pub. lmpli Aucte Not. DEL VESCOVATO DI TRIESTE E SUOI VESCOVI. (Questo è il più degno vescovato della provincia per 1' amplissima diocesi che esso tiene, poiché comanda in J73 pievi, e taluna di queste agguaglia la diocesi d'un vescovato di questi contorni. Ila entrata più di due mila scudi e gode molti privilegii con il titolo di Conte di Trieste istesso. Batteva già anticamente monete, delle quali se ne trovano molte appresso diversi gentiluomini di quella città. Ha il vescovo il primo ballo che si celebra il giorno del Corpo di Cristo con gran solennità in questa città ; Monsignor vescovo con i giudici van a sedere nella piazza ed assiste a questo ballo, regalando il pubblico e le donzelle che danzano, e vien divisa confettura ai circostanti riempiendo il tutto di allegrezza. Un' altro ne celebrano il giorno del carnovale chiamato dei signori cacciatori , che comincia in palazzo del console e con esso vansi per tutta la città con le donne alla mano. Ha il vescovo un superbo palazzo vicino alla chiesa del duomo in bellissimo sito, standogli sotto tutta la città. Ha bellissimi giardini e qui si riceve ogni gran personaggio. Tiene nella sua sala tutti li vescovi dipinti, li quali sono gì' infrascritti. 680 Gaudenzio è il primo vescovo che si trova di questa città qual fu al concilio romano sotto Agatone papa. o,3i Taurino il secondo, che le istorie ci danno prelato che fu mollo caro a Berengario re dei Longobardi, dal quale ebbe in dono il castello, venuto da non molto da Palestina. 944 Giovanni successe al vescovato. Cosi grato fu all' imperatore di quel tempo che Lottarlo gli donò la città di Trieste , aggiuntogli il territorio per quindici miglia intorno alla città. io32 Aldogorio vescovo
  • 8 Successe F. Angelo di Chioggia , fanno i38o. Trieste fu levato dalle mani dei signori veneziani dal re «li Panuonia , morì 1383 12 Agosto. 1390.......F. Enrico terzo di questo nome nativo della Moravia di Vetildestein dell' Ordine delli Eremitani, che passò alla chiesa di Padova l'anno 1396' nel qual tempo quei tli Tiieste si diedero all' arciduca Leopoldo d'Austria. 1396* F. Simon Saltarello Fiorentino dell'Ordine di San Domenico teologo insigne, essendo vescovo Comaclcnse da Bonifazio nono fu promosso a questa chiesa dove a questi cittadini, che ne bramavano uno della patria, fu poco grato ed ebbe varie contese. Mori i4t>8. i4<>8. Giovanni Padovano Abb. di Santa Maria di Fraglia dell'Ordine Cassinense, da Gregorio duodecimo fu destinato qui vescovo e dopo d' Alessandro quinto eletto vescovo di Tripoli. Di questo ne parliamo nella nostra Atene Patavina. i4<>9 F. Nicolò de Cartari da Trieste dell' Ordine Minore , fatto vescovo della patria con molta allegrezza di questi cittadini , e fu uomo di gran virtù , che mossero Alessandro quinto ad onorarlo in questa dignità; morì t4'7> 1417 E. Giacomo Bel lardi da Lodi dell'Ordine Minore di S. Domenico maestro del sacro palazzo. Dalla chiesa di Lodi fu promosso a questa. Fu al concilio di Costanza. Passò alla eli lesa di Urbino. Per la renoncia tli Giacomo avendo Federico imperatore dei romani sforzato il capitolo ad elegger Nicolò Aldegardi cittadino tli Trieste vescovo, papa Martino dichiarò mal eletto per la suddetta violenza, y 1 v LI IHtO SETTIMO. L' Aagheochafo Voi. IV, So COMMENTARI DELLA CITTA! DI POLA E SUA DIOCESI. La città di Pola porta seco più di tutti gli altri luoghi dell'Istria le vestigie di essere stata colonia romana, e non solo città principale da loro abitata, ma essere stata per li sette colli, che in se richiudeva, quasi una nuova Roma, iratissima stanza, e tra le loro delizie stimata al pari d'ogni altra, che risiedesse sopra il mare. Di questo ne fanno ampia fede e prova evidente, li superbj edificj, che qui ancora sorgono vestigie della veneranda antichità, ohe sono: un teatro di composizione ammirabile, mi anfiteatro ed un arco trionfale di ricca, e maestosa architettura, dei quali di sopra nel primo Libro di questi Commentari abbiamo descritte le loro parti con ogni maggior esattezza. A auesti superbj edificj si aggiunge, una fontana che da lunge con grossissimi cannoni di metallo aveano per inacquare la città sovra la piazza condotta. Gli spessi ed altissimi sepolcri, che fuori di questa si vedono, danno segno dei ricchi, e generosi suoi abitatori. Che più si può desiderare per le sue prerogative? Che maggior se-gno può essere, che questa sia stata una città prediletta, e cara ai Romani? In vero considerandola attentamente, non ritrovo fuori di Roma, in tutta l'Italia tanto d'antico e maestoso, quanto è quello che in questa città ad onta del tempo, si vede; li sette colli, che anticamente chiudeva erano: il Castello, l'Arena, la Badia di S. Michele di Monte, s. Martino, Mondinola, e la Commenda di s. Giovanni del prato grande, e il porto ove è ora il castello che chiamavano il palazzo di Orlando. In questo gran circuito convien creder albergasse una gran quantità di popolo, e quivi fosse un grandissimo traffico di mercanzie che venivano condotte (jiù dall'Ungheria, di grani, cioè eli formento e biavo, di qua passavano con le navi ad Ancona , ed alle riviere romane. Nè dall' Ungheria solo, ma dalla Grecia, e sino da Costantinopoli venendo giù all'Alba Greca , che si chiama Belgrado, passavano per le ville di JNis, e Preup , e di qua a Soffia, e per lo ducato di Erzegouina nella Bos-sina a Bagnaluca riuscivan sulla strada piana e comoda per li carriaggi, donde disse Annidano Marcellino, che fu condotto per essa in carrozza da Petonia a Pola, Gallo fratello di Giuliano. Qui ancora tutte le merci del Friuli, formento e vini, dovevano essere condotte con piccioli vascelli in questa città, e di qua come abbiamo detto passavano a nutrire l'immenso popolo della gran città di Roma. Doveva esser Pola un emporio di mercanti, come ora è Amburgo nella Germania, ovvero un Amsterdam in Fiandra. Faceva invito a qui ricovarsi 1' ampiezza del suo porto, coperto da tutti li venti, lungo due miglia, e largo in bocca Coo passa, il qual da occidente vien coperto dal lungo scoglio dei Brioni, 1 altre parti di altissime rive, onde il mare è qui sempre tranquillo. Sono alte le sue acque, onde è capace d' ogni gran nave carica, e d'ogni galeone, che può poner scala ad ogni lato. Il fondo è terreno tenace , che ferma le ancore, che non arino li ferri. Non lungi dal mare venti passi, scaturisce una bella fonte d'acqua dolce. Dintorno vi sono boschi, che danno copia d'alberi per ogni ristauro dei navigli e vascelli che qui arrivano. Abbonda d'ogni sorta di pesci, e tra questi dei tonni, pesce grande, che la maggior parte vien pescato nel mese d' agosto. Le prerogative di questo bel porto , con altre cause a noi celate, convien credere che facesse crescere questa citlà ad una somma fortuna, ed a innuinerabil popolo e ricchezza, essendo che, non si fabbricavano teatri, ed anfiteatri, nè archi trionfali , se non in colonie più numerose, e più ricche. Scrivono che si chiamava un tempo Pietas Julia, dopo che Giulia imperatrice 1' impetrò il perdono da Cesare, e la chiami, dal suo nome. Ne ho discorso con molti eruditi dell'antichità, e dell' istorie donde poteva esser cresciuta a tanta magnificenza, e grandezza, e tutti concludevano essere stato il traffico, clic qui era dalle altre parti già di sopra accennate. Dalla sua origine parlando, dirò anch' io con gli altri, che fosse fabbricata dai Carichi, che le posero questo ninni: Pula, che vuol dir luogo dei banditi, ovvero secondo altro abbiamo fatto assai. DÌ questa tutti gli autori antichi, tra quali Strabone lib. XII. Opus antiqui!in Colchor. ad fth-dcmn inscquciuluin mls-soruin qui re infecta exìlium sìbì inducrant quod cxidum opidwn dixerit Graceus, ut inquit Callimacus, UH lingua sua Poloni dixere nani Fida colchica cxules significat, Coin.lsaa-cius Tzetza Poctae Lìcophroni, che così di Pola cantò tradotto il greco in latino a più faeil intelligenza. Cratkis vero vicinus et Mylacum flnibus Ager ciccolas excipit Colchoruin Polis Quos Jìliac mìsit inquisilores durus Acaiae Coiìnthiquc Prìncipe» Tojac Maritus Sponsiferam investigans nuvein Qui iuxta prof andina Di-cri Jlutnen hahitarunt Sebbene appresso Pola non vi è il fiume Dressero, noi nei (Houli Ceraunii, tuttavia per allusione il poeta avrà cos'i scritto. Da Pola per li suoi abitatori, polensi si sono delti, onde si legge quivi una iscrizione, che fa memoria di un certo parassito detto Sergio PoUnsis pauisitus. Tumulili ex-tans Polae. L'istesso Strabone parlando del suo sito: sita est Pola in sinu portuoso, exiguns continentes insulas stibdu-cendis navibus oppormnas atque fructiferas. Questi sono li quattro scogli, che nel porto s innalzano sopra l'acque pieni di fiori, di erbe sempre verdi. Tre sono in linea retta collocati traversai niente, il mezzo de' quali si chiama s. An- drea, maggior degV altri per aver cresciuto circa 4oo passi in figura romboide, ed in cpiesta si comincia una fortezza della serenissima Repubblica, l'altro s. Pietro, il terzo s. Gat-terina, il quarto si chiama lo scoglio degli olivi. Ma lasciamo slare di descrivere quello che sia stata, descriviamo ora come si trova. E' dessa una città piccola, mezza dirupata, con alcune mura deboli intorno che la cingono, le quali non mostrano alcuna antichità, con alcune torri senza ordine , che per certe finestre e fori vien creduto fatte nel principio die si trovò l'artiglieria. Ila quattro porte al mare poste in disugual distanza una delle quali sta chiusa, e due ve ne sono verso terra. Il suo porto ben conservato la rende ancora riguardevole, questo vico guardato da una piccola fortezza, fabbricata nuovamente, ma non ancor finita, presidiata da ottanta soldati. Conta la città circa trecento persone, e tra queste vi possono essere quattro ower cinque persone civili con gli ecclesiastici, il resto tutta gente nuova, plebea, rustica, e marinaresca, con alcune case dei Greci che hanno loro chiesa con uno o due Calogeri, che l'ofliciano col rito greco, e sono tenuti per scismatici. Parlando de' suoi abitatori ruSticati, e del territorio, il cavalier Antonio de Ville Francese ingegnere, fu colà mandato dalla Serenissima Repubblica Veneta, nel libretto intitolato : Descriptio portus et urbis Polae., scrive: Incoine Polne mendacesfraudulenti sibi invicem invidi, prodltores, ne credas illis facile pereraut. Plebi rustica, iners sine cultu ct rtisi necessita» urgerct, etiain ne-cessarìae agro rum culturae ave/sa, mirwn tamia , suprabun-dat ct exprecantur /rumenta, vina sufficìunt (pine delicata; oleum praecipuus redditus, pomorum rellquorum nulla cura practer paucos, ficus, quos credo spontae natos. L'aria pessima che da un secolo in qua infesta questa povera città, n'è la cagione della sua total rovina, di cui ne dan segno le immense rovine delle sue case , e Chiese', che a vederle l'animo inorridisce. Queste impedivano le stra- de, e rendevano impraticabile il luogo, onde gli anni addietro per ordine pubblico furono trasportate fuori, e resta al presente a qualche nettezza, che si stima assai riparar gli abitanti dall'aria insalubre. Il palazzo del Vescovo è assai comodo con orti, e vigne, ed ha un' appartamento che guarda sul porlo : la sua giurisdizione è assai ampia per la sua diocesi, che si estende in molti luoghi dell'impero, tra quali insigne è Fiume, terra popolata, opposta a Trieste, e qui talvolta per la perfezione dell'aria solevano abitare li vescovi , ed erano ben veduti e trattati dai ministri dell'imperatore. L'entrate del Vescovo consistono in legno, olio, vino, e gran copia di fieni per li prati che possedè, con terre dalle quali cava anco formento, e possono arrivare a mille e cinquecento ducati veneti. Ila molti boschi, e feudi di molta considerazione. Il palazzo del Rettore è caduto a terra, per cui la serenissima repubblica le manda un nobd veneto col titolo di Conte, e Provveditore, e già ne mandava due per il gran popolo, che vi era, ma ne ha conferita tutta l'autorità pio ad un solo, perchè tra questi nascevano molte controversie per il governo della citlà. La chiesa cattedrale è antica , adornata di belli altari, e vien officiata da dieci o da undici canonici, che hanno buonissime entrate, e sono li più vecchi della Provincia. In questa vi è una cappella del vescovo Orsino con l'arca, ov' è il corpo del beato Fiore vescovo di Cittanova, la cui festa si celebra il di 27 ottobre, e per tradizione antica si ha che nell'istessa arca fossero li corpi di s. Basilio vescovo, del b. Salomone re d'Ungheria, di s. Giorgio Martire, di s. Germano, di s. Demetrio, e di s. Teodoro, li quali quando li Pisaid la presero, anco quando li Genovesi arsero la città, dicono che fossero levati. Neil' i-stessa Chiesa vi sono due bellissimi reliquiari fatti lare da monsignor Vescovo Sozomeno nei quali si leggono essere reliquie del santo Sepolcro di Nostro Signore, dei ss. Basilio Vescovo, c Confessore, Clemente papa e martire, Sa- lomone d'Ungheria, Marcello papa, e martire, Biagio, Anastasio, Giovanni Battista, Cassiano martire, Martino, Vincenzo, Feliciano, Ignazio vescovo e martire, di s. Maria Maddalena, dei sant'innocenti, ed altri Santi. Oltre il duomo vi sono due chiese dei Padri Agostiniani con due o tre Padri, e qui conservano con molta riverenza in un' ampolla alcune lagrime di una immagine della Beatissima Vergine; l'altra dei Padri Conventuali di san Francesco ov' è il Corpo del b. Ottone, che fa molli miracoli a quelli che ad esso ricorrono. Vi è ua monastero di monache, la chiesa è dedicata a san Teodoro, molto ben tenuta, ed il luogo molto ben governato da quelle buone madri, rhe ivi vivono in numero di circa quaranta, ma l'anno 1645. di estate per l'aria pessima ne morirono in un mese sedici, con tanto spavento delle altre, e del prelato che le governava, e di tutta la città, che altre giovani non ardi- eie due, e lontano dall'altro cinquantotto piedi, e mezzo, eli' è quello del palazzo del Conte, e la iscrizione in lettere grandi si legge nell'arci)itrave in una linea sola: i\OMM. ET, AUGUSTO. C/ES. DIVLFILIO. PAX, PATII ITE. Dicono essere stati quelli dedicati a Pallade, V uno, e l'altro a Giunone, e che vi era anco il bagno di Diana, ma li marmi, li porfidi, e serpentini con le statue sono state portate a Venezia in varj tempi. Neil' ingresso della città alla prima si offerisce un bellissimo arco trionfale, ch'essi popoli chiamano la porta d' oro. 'E tutto figurato con co^ lonne, e trofei con archi trionfali di architettura ben intesa con l'ordine corintio con due colonne per parte, alte i4 piedi. Vi erano le sue statue che sono slate levate.Nel-1' architrave l'iscrizione: SALVIA POSTHUMA SERGI! F. DE SUA PECUNIA. Di sovra di essa nella base dovevan essere tre statue. L. SERGIUS. C. F. MD. IL VJR. In quella di mezzo L, SERGIVS. L. I. LEPIDVS. /ED. TR. MIL. LEG. XXIX. Alla sinistra C. N. SERGIVS. C. F. MI). IL VIR. QVINQ. Fuori della città circa duecento passi si vede l'anfiteatro, che chiamano l'Arena, delle più belle macchine che si ritrovano nell' Italia, la quale sola illustra questa provincia dell' Istria, essendo la più bene intesa, e di tutte le sue parti adorne, che si possa immaginare. Pensano alcuni che fosse nel mezzo della citlà antica, la quale allora con infi- nito popolo tanto si allargava. Da chi fosse fatta non vi è alcuna iscrizione, ower storia che ce lo additi, è certo quanto al tempo , fabbricata all' età di Augusto , o pur dopo quando si cominciarono a fabbricare simili sontuose macchine di pietra , che per avanti si facevano di legno. Rilevasi anche dall' Architettura del Serbo. 11 signor ca-valier Antonio de Ville la descrive anch' esso, e pone il suo segno , lodando sommamente quest' opera . Disse eh' è di forma ovale, di diametro 82 passi, e due piedi, larga circa 60, onde tutta la circonferenza era 2^7 passi , che potevano ivi starvi a vedere gli spettacoli ventimila persone. 1/ altro edificio fuori della città, dall'altra parte, che chiamano il Castel d'Orlando, era un bellissimo teatro, è stato disfatto, e di quelle pietre fabbricata la fortezza. Volevano disfar l'Arena, dicendo clie in occasione di guerra poteva esser riempita di terra dell'esercito nemico, e da quella parte batter la città, il che mostrò il contrario il suddetto inire^nere sig, de Ville, esortando la se-rettissima repubblica a non disfar cosa sì ragguardevole, e maestosa nel libro accennato, e che non si poteva riempir di terra per la debolezza dei muri d' immensa fatica, spesa e tempo. Vi sono molte iscrizioni in piazza , nelle facciate delle case, alcune delle quali registreremo in quest' opera. Fuori della città infiniti sepolcri, sparsi in varj luoghi, dimostrano ed attestano la grandezza di questa , nel cui territorio non già gran tempo si numeravano 72 ville , molte delle quali distrutte, al presente arrivano a sedici. Il suo territorio confina colf impero, ed è assai piano, bello, fecondo, massime di formenti, che questi se ne raccogliono in tanta quantità che ne somministra a luoghi vicini, e quasi a tutta la provincia. L'anno 1563 d'ordine dei Signori sopra i beni inculti fu fatta una descrizione dei campi da un tal ingegnere dall'Oca, e furono trovati campi i35632. Tiene gran copia di vigno, la pia parte a piantade, che vino in abbon- il a 11/a molto saporito rendono. Copia di olivati per ogni luogo si vedono, e li suoi olii sono stimati per gli olivi veechj. Varj salvatici ed uccellami v' albergano , e finalmente è dei migliori terreni dell' Istria, Ha molti boschi di roveri , che portano molti utili ai padroni. 'E povero d'acque, non ha fiumi, nò ruscelli, nè fontane, ma alcuni laghi <1' acque piovane, che nell' estate si seccano, onde convien che i poveri abitatori vadino a prender 1' acque lontane, ed adoperarle mal buono, e talvolta torbide, le quali fanno schiarire con le mandorle di persico. Erano in questa città già tempo molte famiglie cospicue dalle quali fiorirono uomini di molto valore, i nomi dei quali registrati saranno nell'ultimo libro di questa storia, e tra tutte le famiglie, famosa fu la Castropola, che con la forza abbattuta quella dei Notai , si fece padrona della patria, ma dopo molti anima///.amenti restato un solo Sergio q. Chiusco, per rimediare a tanti mali la serenissima repubblica Veneta lo mandò con i suoi discendenti ad a-bilare a Treviso, lasciandogli goder li suoi beni in Polesana. Allora la città per regolar meglio le cose del governo, inviò a Venezia due suoi cittadini , cioè Pietro q. Pietro, e Biagio q. Domenico detti ilei Capitani a supplicar il doge, ch'era allora Francesco Dandolo, a mandar un governatore eoi titolo di conte, qual dovesse amministrar giustizia con quattro nobili della città, che avessero un titolo di consiglieri da eleggersi per il consiglio ili Pola, con riserva al conte di quattro casi criminali principali, cioè: violenze di donne, incendio fraudolento, morte d' uomo, ed assassinio di strada; e questi eccettuati, che li quattro consiglieri avessero il giudizio comune, tanto in civile, quanto in criminale col conte, e che 1' opinione dei più prevalesse; la qual forma di giudizio credo fosse comune a molli luoghi dell' Istria nel principio che queste terre si diedero alla repubblica Veneta, come rilevai dagli statuti di Cittanuova» che i due giudici sedevano col rettore ad ascoltar le cause, e tutti tre decidevano. VESCOVI DI POLA. Il primo vescovo di questa città, secondo quello che scrive il cardinal Baronio ne' suoi Annali Ecclesiastici all'anno 590., è Massimo. a. Ciriaco nel 680, era vescovo di Pola , e fu al concilio sotto Agatone pontefice. 3. Pietro nel 724 secondo il Sigonio lib. 3. de regno italiae. 4. V. V. vescovo al tempo del re Lodovico, cosi riferisce l'abate Ughello nella sua Italia, che dice d'aver trovato scritto in fine della Cronaca Cassinese manoscritta di Leone Astiense, che trovasi nella Libreria di detto Monastero. Ecclesia Sanctae Mariae in dioecesì Polae in marchia istriar quam construxlt rex Ludovica», et dedit Ecclesiae Cassinensi, quam modo pnssidet V\ E. Episcopus Polae prò hoc scribeu-dumest patriot choc A quii densi cui praefuìt quondam abbas Joa-nes natione Longobarda» Mantuanas Motiacus Cassinensi». E I' anno 901 vien nella consecrazione della chiesa di Parenzo nominato tra gli altri primo vescovo I). Gaspaldo di Pola. 5. Gerboldo vescovo di Pola sottoscrive le lettere di papa Giovanni XIII. coti tra Herolfo Salzburgense arcivescovo, data l'anno q6j. 6. Nel io3i. Giovanni che fu testimonio; e sottoscrisse la donazione di Popone patriarca d'Aquileja,morì nel iojo. 8. Nel 1118. Hellenardo Vescovo viveva, apparendo che nel detto anno per le sue esortazioni Sigifredo ed He-liza sua moglie, donarono li loro beni all'abate e monaci del monastero di s. Michele e s. Clemente martire , posto nel monte avanti la città di Pola con questa condizione, che ogni anno per l'anime loro, e dei loro parenti dessero sessanta pani, ed un' anfora di vino alli canonici di s. Mauro di Parenzo; fu fatto ristrumento di questa donazione nella città di Parenzo. 1177. Filippo vescovo di questa chiesa fu presente quando in Venezia tra Alessandro III., e Federico si fece la pace. 1194. Podano vescovo, il quale con Ulderico vescovo di Cittanova, si legge , in tal anno essere stato giudice in una controversia in Parenzo. 1218. Un vescovo polense vien nominato in quest' anno, ma senza nome, e si trova una lettera nel registro Vaticano f. 63. n. 3o2. lib. 2. di papa Onorio III., alli vescovi di Feltre, e Belluno, acciocché la sentenza dell' eletto di Concordia con il vescovo di Pola dissipato!" dei beni della Sua chiesa la faccino ossarvare. 1221. Un altra epistola di papa Onorio III. dove parla del vescovo di Pola, diretta al patriarca di Aquileja, che viene registrata dal padre Ughello sopra la cessione di certo canonicato. 1237. Vien fatta memoria che avendo il capitolo eletto V. V. arcidiacono di Pola, e cappellano della cattedrale di santa Maria in Cosmedin , Gregorio IX cassata questa elezione, come non rettamente celebrata con la pienezza dell'autorità pontefìcia l'istesso elegge in vescovo 1. Febbraio 1238. Prout. 11. ex Reg. Fat., cap. 7>yo. fol. 355. 1246. Vilielmo vescovo, come dalla sentenza del patriarca d'Aquileja, Bertoldo che fece nelle cause del vosco» vo di Parenzo, e il comun di Parenzo. ia5i. Il vescovo si nomina di Pola nelle lettere d'Innocenzo IV., scritte da esso le quali sono nel registro del Vaticano, che sono le presenti , ove si vede , eh' esso scomunicò Galvano podestà di Pola, e il consiglio, perchè gli aveva imprigionato Pietro di Elen suo scrittore, e Rinaldo notajo, e sottopose la città all' interdetto, venendo alla pri- razione dei benefizj dei chierici, che celebrato avevano in quella città interdetta. i3o2. Matteo vescovo di Pola come dal registro del Vaticano. i3o4. Fra Oddo de Sala Pisano, vescovo , dell'ordine dei Predicatori, poco avanti vescovo Tessalense in Sardegna. Passò poi essendo uomo di grandissima stima all'arcivescovato Arhorense, e l'anno 1313 a quello di Pisa. Di questo ne fa memoria Serafino Razio nel libro de Vie. ìli. Ordini» s. Domatici. Par che seguisse un altro Oddone qui vescovo. i3ag. Fra Guido come appare dall' avviso offerto al sacro collegio il giorno 12 di marzo ex lib. oblig. passò alla chiesa di Concordia l'anno 1331. i33i. Sergio fu qui eletto rettore, morì in Avignone l'anno i342. i342. Fr. Grazia dell' Ordine de'MM. successe essendo vescovo di Dulcigno. Morì nel i34j). i34y. Leonardo parroco di s. Geminiano di Venezia fu eletto. Di poi per esser vicino alla patria cambiò col vescovato di Chioggia l'anno 1353. i353. Guido Memo nobile veneto fu eletto, il quale per molti anni governò questa chiesa, finalmente 1'anno 14^9 ai 26 decembre passò alla chiesa di Verona , nella quale visse anni ventisei come affermano le memorie veronesi, onde si crede che sia errato 1' anno che fu fatto a Fola , poiché essendo stato anni ventinove a Verona, non poteva essere staio quarantasette a Pola. Può essere, dicasi, r383. ovvero in circa. 1409. Bartolomeo Ricovrati Primicerio di s. Marco, successe, che l'anno seguente mancò di vila. 1410. Biagio Molino nobile veneto, ria Alessandro V. fu eletto a questa chiesa, di poi passò all' arcivescovato di Zara l'anno 1420. di poi fu fatto patriarca di Grado. i4ao. Tommaso vescovo tli Emonia a' 27 febbraio, e dopo quattro anni cambiò con quello di Urbino. i424' Francesco de Franceschi vescovo di Metone fu qui eletto. 1426'. Domenico, ower Dondeo de Luctery hi creato pastore di Pola, la qual città governò venticinque anni. i45r. Alvise da Buffarolli, passò alla chiesa di Belluno l'anno i465. i46"5. Gli successe Michele, qual visse due anni. 14y7- Altobello Averoldo bresciano nobiluomo benemerito della Sede apostolica, per la quale fece varie legazioni, e specialmente sotto Leone X,, e Clemente VII. Usuo elogio lo registra Ottavio Rossi negli elogii bresciani. Scrisse un libro intitolato de Bono Ep. Regimine, Nella sua vecchiezza rinnovò la chiesa di Pola, e si ritirò nei monti nostri di Padova, vicino a Tratti onte, edificato un palazzo sopra un colle, che si chiama al presente col suo nome Altobello, qual morendo lo lasciò alla B. Vergine di Monte Orione ivi vicino, ed a quei suoi padri; vedasi l'Istoria nostra della detta B. V. stampata nel 1642. Morì l'anno i532. i532. Giovanni Battista Vergerlo da Capodistria successe, qual prevaricò insieme col fratello vescovo di Capodistria dalla fede cattolica. Ebbe un fratello di nome Aurelio segretario di Clemente VII., che visse a Roma sempre con gran credito, ed è sepolto in s. Maria sopra la Minerva, del quale parleremo altrove in questa Istoria. 1558. Antonio Elio da Capodistria sostenne col suo valore al difetto dei Vcrgerj, ed al disordine con le loro eresie alla patria fatto, e fu quivi eletto vescovo. A questo vi sono lettere del Muzio. Fu anco patriarca Gerosolimitano. Matteo vescovo di Pola gli successe , morì 1' anno 1583, 1583. Claudio Sozomcno nobile di Cipro, perdutala patria fu consolato dal sommo pontefice eleggendolo pastore di questa chiesa, nella quale vi sono molte memorie del- 4&o ìa sua pietà , ira le altre specialmeute un bellissimo reliquiario. it)o5. Rodolfo Sforza nobile padovano figlio del sig. Gio. Antonio uomo erudito, ebbe questo vescovato ritrovandosi in Roma, dopo essersi dottorato in ambe le leggi. Vedasi il suo elogio da me stampato nel I. Voi., e dello stesso faccio diffusa memoria nella Athenae Patavinae, alla quale rimetto il cortese lettore. Mori in Albona 1' anno 16*26., essendo in visita nella sua diocesi. 1627, Giulio Saraceno nobile veneziano uomo di molta prudenza, che sostenne la giurisdizione ecclesiastica con gran valore. Scrisse un piccolo libretto de Off. curis virtutibus Postar, che dedicò ad Ippolito suo zio. Morì assai vecchio. 164 * - Questa chiesa stette vedova qualche tempo pelli dispiaceri dei signori veneziani con papa Urbano Vili, per 1' elezione di Papa Alessandro III. finalmente aggiustati l'impetrò il sig. cav. Angelo Contarini, che andò a Roma ambasciatore per la serenissima repubblica per il suo parente Marino Badoero monaco Cassinese, che allora si trovava in s. Giustina di Padova , qual ha tenuta anni sette. Accomodato il vescovato, ed abbellito, ma in età fresca tolto dal mondo nell'anno 1648 resta sinora eh' è l'anno 1G5U vedova , e derelitta in gran pregiudicio de' suoi beni, e della giurisdizione episcopale in questa provincia. Eletto però ila N. S. Innocenzo X. a questa monsignor Alvise Marcello ven., ch'era vescovo di Sebenico, qual finalmente è venuto l'anno 1654 al'a sua chiesa, e si spera buono aumento, e onorevolezza, assendo prelato di molta prudenza, e virtù. ISOLA DEI RIUOINI. Questa sta vicina al porto di Pola, e vien chiamata isola, e scoglio dei Brioni , nel quale la natura ha fatto quattro buoni porti per ogni vascello, onde qui se ne ri- covrano sempre molti. Può essere quest isola del circuito di circa miglia dodici. Ha cinquanta abitanti , clic stanno iu quattordici stanze a lavorar quei terreni, quali sono grassi e morbidi, e producono gran copia di grano e formento, ma poco vino fanno, e questo poco buono per la loro morbidezza. Ha una chiesa dedicata a s. Germano , officiata dal suo parroco, eh' essi popoli salariano. Vi sono anche altre chiese, come s. Rocco, s. Antonio, ov'è il cimitcrio,e la B, Vergine antica chiesa, che già dicono essere stato un monastero. Vi è un palazzo del sig. Agostin Canal nobile veneto, che ha lutti quei beni, e furono lasciati alla sua casa da un tal Dona, oh' era padrone. Vicino al palazzo vi è una torre con il suo ponte levatoio, e come in fortezza. Vi sono assai olivi. Qui si vedono le altissime caverne delle pietre cavate le quali mostrano che nel principio si cavasse la pietra istriana per servizio delle fabbriche di Venezia, ina sono queste più tenere di quelle di Rovigno. Vi erano due saline, ora disfatte. Ha un lago bellissimo che mai si secca, del circuito ci' un quarto di miglio, e nel mezzo , quando l'acque sono basse, vi si vede un pozzo. Vi sono poi molti pozzi, e cisterne. Si vedono grandissime muraglie e due sepolcri antichi, senza lettere , vicini alla chiesa. Vi sono dei boschi per legne necessarie agli abitanti , i quali sono poveri, e non vivono molto per l'aria poco salubre, parlano L'italiano. F ASANA. E tlessa una buona terra, e possono esservi cento case abitate da 5oo persene. Ivi è buon traffico di formenti.La loro chiesa è dedicata ai ss. Cosmo c Damiano, ha un organo, è ben tenuta, adornala di molti altari. 'E abitata da persone basse che lavorano quei terreni , ed altre civili. I vini sono poco buoni ed iu poca quantità. Ila anco olivi; L' Akchiìoghafo Voi IV. 3t havvi un piccolo porto, lontano tre miglia da Pola, ed altrettanti da Dignano. Vi è una chiesa della B. Vergine posta alla cisterna, intitolata del Carmine, alla quale il iG luglio vi è un grandissimo concorso per riceverne l'indulgenza, vien ben tenuta. Iti questa chiesa vi è un beneficio semplice posseduto l'anno 1635 con bolla di Roma da un tal Lorenzo di Mon-selice per cognome il Damiani, il qual cava due bagli d'olio. Vi è la chiesa di s. Giovanni ove il cimitero,ed un'altra di s. Eliseo. LO SCOGLIO DI VERUDA. Lo scoglio di Venula fa nella spiaggia un bello e sicuro porto, e questo gli serve per sicurezza , e per guardia; è lontano da Pola circa due miglia al Quarnero. Lo scoglio è grande circa tre quarti di miglio, ed è di forma d'un paio di scudi uniti insieme, ower occhiali. Sta nel mezzo il monastero dei pp. zoccolanti, dedicato alla Beatissima Vergine con una chiesa, fabbricato I* uno e 1' altra già da ventisette anni. Nell'altar maggiore vi è la B. Vergine di legno, e nel ventre vi è il SS. Sacramento. Vi stanno sette padri, ed hanno belli orti, con frutteri, ed erbami bellissimi, vi è una gran cisterna della quale prendono l'acqua H vascelli, ed un'altra ne hanno secreta. Qui è un'altra grossa torre per difesa del porto. Nel cimitero vi tengono una croce, e due figure di santi in legno coperti di rame. PROMONTORIO Dietro al monte si trova 1' altro seno dette» le Pro-montore, ch'era unito alla villa di Pomero , dalla quale fu disuuito l'anno i6'Ò2.y e fatta parrocchiale , si è fabbricata una nuova chiesa tli bella struttura nel sito ov' era la vecchia dedicata a s. Lorenzo, e va crescendo d'abitanti nuovi. ME DOLI NO. Lungi due miglia a settentrione vien il porto Medoli-no all' altra riva, del quale restano anco le vestigia dell'antico castello di Medolino. POMEKO. Ove si ritrova copia d'ostriche, e pesci armati, onde concorrono dei pescatori, Questa vi Ila può esser di fio case. CORIZA. Ower Casteluuovo verso il mare, vi è circa un miglio. Ha una chiesa con un bel soffitto, pavimento, e campanile. CARNIZZA. Villa lontana dalla sopradetta un miglio , popolata di nuovi abitanti, ha una bella chiesa. JMOMARANO. Dopo un miglio, segue Momarano castello, povero di popolo, e pieve di ducali centocinquanta, che tiene dei cappellani. Ha la chiesa di s. Margherita, s. Nicolò, e di s. Maria Maddalena. Lontano tre miglia vi è la chiesa di s. Dionisio, che soleva essere la principale con molte rendite. Resta qui un concorso, e divozione di quei popoli , quando sono morsicati da catti rabbiosi, e qui finita la messa pigliano delle raschiature del catenaccio della porta della chiesa, e poste nel calice sacrato le bevono per mano del sacerdote, e restano sani. Monsignor vescovo proibì, che adoperassero il calice consecrato, ma bensì un bicchiere. MARZANO. Da Momarauo un' altro miglio vi è la villa di Mar-/ano verso Pola assai piena di persone rusticali. Ha molte buone e be'le ville entro terra tra «piali la più abitala e florida è quella di Galisano ; discosta da Pola cinque miglia ove risiede l'estate per l'aria buona monsignor vescovo. MARZANA. Villa Parrocchiale, sissano. 'E lontano dal mare un miglio e mezzo, da Pola miglia cinque, da Digitano miglia dieci, è posta in piano e può aver cento cinquanta fuochi tutta gente che lavora i terre ni con utile loro. La sua chiesi è di onesta grandezza dedicata a san Felice e Fortunato ; il suo pievano ha il titolo di Arciprete, e tiene un cappellano. Questo beneficio è dei migliori della diocesi di Pola, può aver circa duecento ducati all' anno d' entrata, qual cava da terreni proprj , e pian-tade di vigne. In questa chiesa la Quadragesima si predica ed il predicator vien pagato da quei popoli che sono assai divo ti. Appresso la chiesa al di fuori a man dritta vi è una iscrizione in lettere grandi di piede e la pietra larghissima. CAPRIA.L. F. RVT1LA. TESTAMENTO. FIERI". 1VSSIT ARBITRATV. FLAMINVM. R. F. RVTILAE. Questa viUa è povera di acquo, e si serve di quelle dei laghi l'estate, che anco quelli si seccano, vanno a torla appresso la marina a Medolin ove è un pozzo ti'acqua viva. Qui dicono esservi assai buon' aria. Li terreni suoi sono in pianura, ed oltre le piantade anco molti olivi, con un bosco nominato san Marco. DIGNANO. i Questa è delle più belle, e popolate terre dell'Istria, . la quale è d'aria perfetta posta nel piano in un territorio fertile, ed è cresciuta da ottani' anni in qua a questa graffe* dezza, che si vede, sebben dicono, che dall'unione di altre ville sia questo termine, che furono san Lorenzo, Guran, san Quirin, san Michele, e Median delle quali se ne vedono le rovine, e ciò per resistere con maggior forza all' incursione dei nemici della repubblica veneta dai quali erano ogni giorno travagliali, risolsero di ritirarsi ad abitar unitamente, e di molte ville farne una buona terra, e perchè ognuno bramava che la pròpria villa godesse questo.favore, ed essendo tra loro discordi gittarono la sorte, e toccò questa, Dignano, ed il giorno d'oggi dai paesani vien dimostrato un luogo situato ira ville ed esso Dignano, dove si vede un gran cumulo di pietre , che in lingua loro vien chiamato grumazzo, e quivi dicono essersi gettata la sorte, onde il grumazzo delle sorli si chiama. Abbandonate ciascuno le loro abitazioni a Dignano .si ritirarono. Fabbricato per loro ritirata un forte con un alta torre di grosse muraglie in mezzo all'abitato, nel (piale forse fecero il palazzo del rettore, poiché dal corpo delle migliori famiglie for- domarono il loro consiglio. Ridotte le loro rurali consuetudini a statuto scritto, essendo venuti in Venezia per la conferma, si sottrarono dal dominio della città di Pola, ed ottennero dal senato un nobile veneto per podestà, che sta al reggimento sedici mesi, e conduce; un cancelliere, che col rettore vien pagato dalla comunità, la cpiale ha mediocre entrate, ma il suo fondaco ha un gran capitale , e dei migliori della provincia, governato da dodeci possidenti del corpo, sì del consiglio come del popolo, eletti annualmente con molta prudenza ed utilità da quei abitanti che godono abbondanza sempre nel vivere, causa che sempre fa crescere questa terra, la quale si estende con ampie, e spaziose strade, tra le altre una di lunghezza un miglio, riferendo tutte nella piazza, ed adornate di buonissime case fatte di pietra viva. Questa terra ha tre ben ornate chiese, ognuna antica, e la collegiata ha il titolo di san Biagio ricca di sacre suppellettili. Due altre ve ne sono, una di gran divozione, chiamata la Madonna della Traversa, da pochi anni in qua di piccola fatta grande alla moderna, ragguardevole, e bella, la terza che ora si fabbrica con moderna architettura ad onor della B. V. dei Carmini, che avanzerà tutte le altre di bellezza; il tutto dalle elemosine degli abitanti, onde si scopre di questo l'affetto, e divozione verso la B. V. ed t suoi Santi. Consta il capitolo della collegiata d' un parroco, e tre canonici. Di questi il jus elegendi è del consiglio della terra, che in mancanza d' alcuno, tre di questi che hanno più voti vengono presentati al vescovo di Pola, ed uno di questi elegge. Consiste la terra in 35o case , ed eccede il numero di tremille persone. Vi sono molte ricche famiglie, ed un traffico universale di tutte le cose. Il consiglio elegge il fonticaro , giudici , sindaci , camerlengo, ed altri officj, che tutti godono li loro salarii. Qui risiede il capitano delle Cernide col suo sergente, ed ha sotto la sua insegna oltre quei soldati di Dignano tutti gli altri delle Corniòle di tutta la Polesana, Valle, Rovigno, due Castelli con lor territorj, li quali ascendono a mille fanti, bella , e buona gente, la quale di continuo vien disciplinata da questo, e si portò con molta lode nel tempo della guerra con Uscochi, questi soldati comunemente qui levati vengono. Alcuni civili, vestono all' italiana, il rimanente veste un partico-lar abito, per il più nero fatto dalle rasse delle lane del paese, con calzoni stretti e lunghi sino passato mezza gamba, una camicia di panno rosso incrociata, sopra la quale portano un cusachimo cinto senza bottoni. Usano per lo più le scarpe chiuse alla spagnuola. Si dilettano d'aver l'armi a canto o pugnale, o stocco, o una ascetta nelle mani, o nelle feste veggonsi varj balli dei quali ne abbiamo parlato nel primo libro. Si applicano a far tutti qualche mestiero, e specialmente alla coltura delle viti, olivi, terreni, e bestiami. Ha un fertilissimo territorio, che si estende circa 4° miglia, e confina a levante s. Vincenti, e Barbana, da mezzogiorno e ponente Pola, e da tramontana Valle, e s. Vincenti. Ha campi fecondissimi, e quelli circa la terra un miglio, danno di rendita 25 per uno, ed è notabile che non vi è campo nel quale si semini la misura di uno stajo veneto, che non vaglia, e si venda sino a i5o ed anco 200 ducati veneti. Abbondante è di vino ; ha mandrie di vacche, e di cavalle. 'E discosto dal mare tre miglia, e il suo porto è Mari-chio che gli serve d'una grande utilità per caricar le legno per Venezia , ed altre robbe, ed ivi poco lontano vi è la chiesa di santa Fosca antica, e di molta divozione, dove il giorno 14 febbraio si festeggia la sua natività vi è un no-tabil concorso per lì miracoli fatti da Dio per intercessione di questa santa Martire in liberar quelli che patiscono attrazioni , e dolori di nervi. Lontano da Dignano un miglio vi è una piccola chiesa detta della Madonna di Gu- san, a pie dell'altare per scalino vi è una pietra con lettere romane: IN FRONTE PED. XXX. IN AGRO.P. XXXX.H. M. H. N. S. Ha una bella villa detta Fili pano abitata dai morbido. Del resto contiene penuria d' acque e si suol dire talora, che Dignano in alcuni tempi ha più vino che acqua. La valle di Filipano fu fatta in ducale dal serenissimo senato veneto l'anno i635. Conta 4°*> abitanti, e si governa sotto un znpano. Il cappellano che officia la chiesa vien eletto dal capitolo di Dignano. ALBONA E FI A NON A. Se bene queste due terre sono di là dal fiume Arsa, termine dell'Istria secondo gli antichi, tuttavia dai medesimi sono aggregate alla provincia , essendo sì può dire su le sponde del fiume, e di qua del Quarnero termine posto da loro. E sotto la serenissima repubblica veneta. Albona è lontana da Dignano miglia i4-, da Pola 20 è posta sopra un colle in aria salubre ben abitata, e cii persone civili ripiena, anzi quivi vi sono alcune famiglie ri-guardevoli, e ricche, tra le quali la Scampichia, e la Negra, Manzini con altre, e vi sono belle case , ed assai traffico. Hanno molte cisterne, ed a pie della terra sotto la chiesa di s. Giulio vi è una piccola fontana. Ha per protettori s. Giulio, s. Sergio, e s. Teodoro, e nella chiesa collegiata di buona forma, e ben adornata vi è un braccio di s. Teodoro, un dito di santa Chiara, e del latte della Madonna. Governa la chiesa un pievano con otto canonici che hanno il quartese delle decime, che vanno al vescovato di Pola. Nella muraglia di fuori della chiesa si osserva un epitafìo sotto una statua dì uomo con una corda, ed un'ancora in mano in questa forma : VESCLEVESI. PETRONIO , TRITI. E. IS. IN PROVINCIA D. E E. L. TVRVS. Vi sono altre chiese governate dalle scuole, come della Beatissima Vergine di s. Stefano, di s. Biagio. E l' anno 16Ò2 dal sig. Antonio Givrano provveditor generale in Dalmazia, ed Albania, per favorir quei popoli del territorio, che tutti venivano ir» Albona agli offici, fece erigere quattro parrocchie, ower dell'anime, e queste: quattro dai canonici uno per uno a governar la sua, ower cedessero ad altri preti assegnandogli da monsignor vescovo per cadauno i :> il tihrian, sebben si trova una infinità di altre sorta sì nere come rosse e bianche, ma le suddette sono quelle che riescono più di tutte le altre in questo paese. Usansi indifferentemente due lingue, schiava ed italiana, ma nel castello più 1' italiana, e la schiava di fuori. I morlacchi che sono nel Carso hanno urta lìngua da per se, la quale in molti vocaboli è simile alla latina. Havvi uno statuto antico municipale , nel quale vi è un capitolo che permette che il marito e la moglie possi-no legittimamente far insieme d'accordo un solo testamento, e sempre seguitavano tal costume finché già circa trenta anni fu tagliato in giudizio contradittorio un tal testamento per questa sola causa, nè mai dopo alcuno osò di far più testamento in simil modo dubitando della nullità di esso. Per lo passato andavano in consiglio solamente quelli che sono accettati almeno con due terzi di ballotazioni in favore, e ne andavano in consiglio cinquanta, ma sono pochi, anzi hanno fatto una parte che de cetero possono essere del consiglio tutti per legittima discendenza mascolina, purché i loro padri fossero stati di consiglio , quando però arrivano all'età di venti anni , e con tuttociò adesso non ve ne sono altro che trenta di consiglio. Fanno due giudici ogni quattro mesi, ai quali viene uno scudo per uno dal principe, e tli questo scudo ne pagano poi loro al principe una certa decima; e doppia decima, e questa è la principal dignità del consiglio. Di poi una volta all'anno, cioè di s. Giorgio fanno due sindaci, due gastaldi un della chiesa .maggiore, e l'altro della carità, ma questa carica tutti la schivano per il disturbo senza l'utile; due 'formicari uno del formento, e l'altro delle misture, e questi molti desiderano per futile che ne cavano; alcun anno del formento guadagna duecento ducali ; eleggono due giustizieri, due cataveri, due stimatori, un cancelliere della co- munita , uri eontraditor alle parti, ed un tesoriere che ha cura e custodia del tesoro della chiesa maggiore, che può valer gran somma, poiché vi sono tre croci d'argento con le foglie tutte lavorale ed alcune tutte indorate, dei quali alcune pesano dieciotto libbre; ventiquattro calici con altrettante patene di argento indorate , un tabernacolo , ovvero ostensorio di molto peso tutto d' argento indorato d' intorno pien di figure, e ricchi lavori; due specchj o re-liquiarj , quattro candellieri, una tazza, e due ampollette, una pace, e certe altre cose più minute "tutte d' argento , due stendardi di zendado doppio rosso grandi con san Giorgio dipinto, sene quadri eoo bellissime pitture sopra zendado doppio rosso con cordoni, e fiocchi grossi di seta d'intorno che costavano ottanta ducati l'uno, e molti paramenti, e pluviali d' ogni colore consueto tutti di seta, particolarmente alquanti di velluto rosso antichi e larghi. Sotto la parrocchiale di Pinguente vi sono duemille duecento abitanti. I contadini tutti usano maritarsi , non come i centi-luomini con contratti dotali alla veneziana, ma a comuni-cazion di beni, che chiamano a fra e suor, eccetto che a Rozzo tutti a dote. E sul Carso le donne non ereditano niente ab intestato del paterno nè materno, mentre vi sono fratelli , se non quanto ai medesimi fratelli piacessero darle in tlote. Ed in un'altra villa sotto la giurisdizione di Capodistria, chiamata Val Movrasa i figliuoli ereditano quello del padre e le fighe quello della madre. JNel maritarsi usano prima due persone d'onesta condizione a chieder il consenso della ragazza dai suoi più propinqui e parenti, i quali stimano gran indecenza di promettere alla prima/sia il partito quanto si voglia buonissimo, ma gli assegnano uno due e più termini di otto, quindici e pm giorni con tale stile che se hanno volontà di accettai il partito gli rassegnano termine breve , ina se nò gli danno un termine lungo. Finito il termine prefisso ritornano a nuova istanza di risposta, poi stabilito il consenso fanno venir lo sposo in un giorno prefisso a toccar la mano con portar seco da far collezione. Quando vanno a sposarsi invitano tutti i parenti alle nozze con banchetti sontuosi che durano tre o quattro giorni anche contro la possibilità loro, fanno un gastaldo ed una gastalda sì della parte di quei dello sposo come di quelli della novizza , il (piale ha cura del li uomini e la gastalda delle donne della sua compagnia acciò non facessero alcuna insolenza o altro inconveniente fin che durano le nozze, ed usano tal legge che (piante persone conduce seco lo sposo al convitto in casa della sposa, i parenti della Sposa sogliono raddoppiare altrettanto numero di persone che accompagnano la sera la Sposa in casa del marito, ed ivi stanno tutto il giorno seguente a balli e conviti. Ed il primo ballo sì in questa come in altre occasioni , è sempre tenuto il più onorato e da suonatori suol esser più apprezzato. Quando gli sposi vanno alla chiesa per ricevere la benedizione matrimoniale suole sempre condur la sposa il fratello dello sposo se ve ne ha e se non, esso elegge un [latente o amico che gli piace il qual chiamano devar, che mentre durano le feste nuziali ha cura della sposa e la governa. Nell'alto della benedizione, quando il sacerdote dice Ego vos coniando etc., nello stesso tempo il medesimo sacerdote piglia una estremità della stola, che gli pende dal collo, e la involge intorno le mani degli sposi, in atto come se volesse legarli con un nodo, onde alcuni dei circostanti, motteggiando dicono legateli bene, e ricevendo la benedizione stanno genuflessi anco a lutto il resto delle cerimonie in chiesa. Delle sanità e brindisi ed obbligo di risponder alli brindisi con altrettanta misura, non dico altro, perchè questa è Usanza o per dir meglio abuso non solo iu questa, ma in molte altre prò- 5i8 vincie non essendo usanza nuova, ma antichissima della quale ne scrive Tacito de moribus germanorum, e s. Giovanni Crisostomo in un sermone de ebiietate. La sera arrivati alla casa dello sposo, quei della sposa attraversano con le spade sfodrate la porta della casa fi neh' ella non vi entri, se prima lo sposo o suoi più propinqui parenti non as* segnano alcuna cosa per titolo di donazione alla sposa, ed ivi assid volte stanno quasi un' ora contrastando e burlando; fatta la donazione, mentr'essa entra in casa, la suocera od altra invece di essa le vien subito incontro con u-na tazza piena di vino, e dentro una moneta, le fa un brindisi e la interroga dicendo che cosa è qui dentro ? La sposa risponde pace ed amore, e così replica tre volte, poi ne gusta un poco e da il resto alla sposa, la qual bevuto tutto od in parte del vino, getta la tazza, con quello che vi è restato, sopra il suo capo dietro le spalle fuori della porta, ed allora la sposa fa i complimenti con quei della casa. Quest'altra ancora mi par cosa notabile che la sposa il primo giorno delle nozze non usa di portar indosso la sua persona alcuna sorte di nodo o gruppo, e però porta anco le scarpe diseiolte per tema di fattucchierie o legami diabolici, che spessissimo sogliono qui esercitarsi e renderli impossenti alla consumazion del matrimonio a chi a tempo, ed a chi in perpetuo, i quali legami chiamano in lingua schiava la ugliava, e questa fanno in più modi che non mi par convenevole a nominarli per non dar occasione al male. Molte altre superstizioni, e fattuchierie ancora si trovano, come in chiamar oltre una ruota o persona, od altro animale che sia anco in lontan paese e farlo venir in fretta dove lo chiamano, e questo quando lo fanno con quei debiti modi superstiziosi, dicono che sempre ne segue l'effetto. Un altro per far cader da qualsivoglia animale senza vederlo nè toccarlo, nè applicarsi alcun rimedio locale, DIQ ma solo col piegar un certo spino in terra e mettergli su tre pietre dicendo per ogni pietra che mette: Sputo io rum ti voglio lasciare Jin che non cavi i verini dal tale o tal ani-naie, anco questo dicono che sempre gli riesce. Fanno che i toppi non rodino la paglia nelle mede col mettervi sotto tre pietre, senza altre parole quando cominciano far la meda, e cosi sempre la preserva intatta dai sorci, finché altri non cominciano pigliarne. E quando alcuno dei conta-diii specialmente s' ammalano, se presto non risanano dicono che sono stati presi dalle fate o belle donne, come le chi?mano, ovvero che da esse sono stati trovati, cosi dicono, cioè scottate ovvero che col piede gli hanno calcato sopra di loro le dette fate ed altre tali fandonie, onde subito mandano una scarpa o la cintura a certe donuicciuo-le vecchie, le quali guardata la scarpa o la cintura vanno a gettar in acqua dei carboni accesi cominciando a indovinare la causa dell'infermità, e mentre ne nominano una gettano un carbone in acqua e osservano quello che fan più strepito in acqua, quella dicono esser la causa dell' infermità nominata allora quando faceva maggiore strepito, e così rimandano il messo con avvisar il paziente, che debba raccoglier le spazzature o polvere in quel luogo dove gli verno il male e con quella profumarlo. Tengono ancora, e non gli si può cavar dalla fantasia, che siano alcuni uomini, i quali nati sotto certe costellazioni, e quelli specialmente che nascono vestiti in una certa membrana (questi chiamano cresnidi, e quegli altri uncodlachi) vadino di notte sulle strade incrociate con lo spirito, ed anco per le case a far paura o qualche danno e che si sogliono congregar insieme in alcune più famose crociere, particolarmente nel tempo delle quattro tempora ed ivi combatter gli uni con gli altri per l'abbondanza o carestia di ciascuna specie di entrate, e perciò molti di tal credenza sciocca sogliono mangiar l'aglio ogni tempora, credendo che l'odor di quo- sto gli preservi dai timori e nocumenti di quelli. Alcuni altri a quest oggetto abbrucciano capelli o corni e Scarpe vecchie. Tanto può appresso i semplici una inveterata e tra loro spesso confermala, benché sciocca opinione. I contadini mandano i figliuoli a pascolar animili (in che arrivano all' età di poter maneggiare la zappa e l'aratro. 'E miracolo che più fratelli stiano uniti insidie senza dividerla robba, e non si accorgono che col moltipi-care le divisioni vengono moltiplicate le contribuzioni al principe ed altre gravezze ordinarie e straordinarie, per.; hè qui tanto paga il ricco quanto il povero mentre hanne un paro tli buoi, coltivando perù ancorché minima parte ti terreno, sicché tanto paga di prauda (cosi la chiamano) un che abbia una vaneza di terreno coltivandolo, ed adendo ionie ho detto una parte, o par tli bovi, quanto s' e^li solo possedesse, e coltivasse tutto il territorio tli Pinguente. Paganti quelli tali ogni anno al principe due spodi di formento, e due di avena, e se dalle loro vigne arrivano di cavar cinque somme d'uva pagano quattro mocenichi, ovvero due spodi di vino ad arbitrio loro, e tanto pagano come se avessero tutte le vigne del territorio, dell'uno dei quali spodi sì di formento come d'avena e vino, viene il quir-tese ai reverendi sacerdoti e curati. A Bozzo pagano meno, e le ville del Carso pacano un tanto per maso , che non cresce nè cala il pagamento. I figliuoli del castello quasi tutti vanno a scinda fini) ad una certa età, nella quale poi alcuni si applicano all'agricoltura, altri alle lettere, chi alle armi , altri alla chiesa, e varii ad altre arti. Non solo vengono qui a scuola quei del territorio, ma anco dei castelli e ville circonvicine, non essendovi in questi contorni per ordinario nessun maestro mantenuto con pubblico salario, altro che Pinguente, S(: ben alle volte anche a lìozzo lo mantengono ma con poco salario e pochi scolari. Adesso in Pinguente si trovano ses- saniu scolari che studiano di aritmetica , chi musica , chi grammatica, e chi rettorica. Il salario del precettore arriva da cinquanta sino a cento venti ducali, secondo i soggetti, c l'occasione die si può avere. Adesso danno novanta ducati insieme coli Organo. Molti di questi scolari si applicano alla chiesa, che adesso sono diecinove sacerdoti di questo paese allevati. Si esercitano le donne, oltre il governo di casa di cucire e filare, e le povere far il pane per vendere, e quelle più bisognose condor e portar legna, e frasche a vendere, sarchiar le biade nei campi, vendemmiare raccoglier le o-h ve. Il principal sostegno dei poveri contadini è il pane di sorgo e la zonta quando hanno finito di consumar o trac* cariar il vino, pochi usano il pan di formento, eccetto'i gentiluomini. Vivono lino settant'anni prosperosi, ve ne sono che arrivano ed anco passano li cento , ma pochi , che in ogni dieci anni appena se ne vede uno; già dieci giorni na inori uno il quale si crede che passasse i cent anni , ed era un contadino povero. Non si può saper la certezza dell' età dei vecchj, perchè non si teneva tanto registro uè conto del libro ile'battezzati iu questa chiesa, come a-desso dopo il concilio di Trento. 'E fama, che la religion cristiana e cattolica si sia sempre qui conservata intiera , dacché sant'Ennagoni apostolo dell'Istria l'ha qui dissennila ta. Era le altre infermità le più frequenti in primavera sudo le punte; nell'estate le febbri terzane, le quali per lo .-.regolato viver senza contenersi dal vino, fanno sovente cantar i preti e suonar le campane ; in autunno le quartane; e nell'inverno tosse e catarri. Per le febbri ci vengono spesso molestar i contadini, che gli scriviamo qualche breve ed usiamo scrivergli il breve di s. Vincenzo super ggros manus ila ponent, ovvero l'evangelio della suocera di Simon febbricitante. Alcuni bevono la decozione della centauia minore, veramente con buonissima operazione. Per la punta alcuni usano mangiare tre grani d'incenso bianco, arrostano un pomo, ed altri fanno scriver in un cuechiajo dì legno nuovo: et voibum caro factum est, e mettendo dentro un poco di aceto lo bevono. Per il morso del cane rabbioso, segnano la fronte con la chiave di s. Bolino. Per la risipola segnano col dito grosso della mano destra facendo croci sopra il male , e dicendo per tre volte il Pater noster, ma quelli che segnano sogliono digiunare la vigilia dell' Epifania. Per il dolor dei denti scrivono un versetto del profeta; come pure per i vermi delle creature. Le case nel castello sono coperte di tegole, o coppi di terra cotta, eccetto il duomo, quattro chiese e due case private che sono coperte di lastre sottili di pietra viva. Le case di fuori dei contadini, sono per lo più coperte di paglia di sorgo o segala. Delle famiglie sono sette le principali, V una dei sigg. Aerei, la qual sempre ha prodotto uomini insigni in lettere ed in armi. In lettere era il sig. Giovanni, ed il signor Annibale dottorati in legge civile; in armi al presente vi sono quattro capitani, Marco, Scipione, Rizzardo e Francesco, fra i quali Scipione nelle ultime guerre dell Istria s'acquistò fama immortale col valore della sua destra, e sempre dei loro antenati vi era qualche capitano dei soldati, la qual famiglia ha privilegio da Federico imperatore di poter creare notari, e sono chiamati in quel privilegio conti del sacro palazzo Lateranense. La seconda famiglia è quella dei Fleghi in latino Phlegus ancor essa ornata dal serenissimo principe d'un privilegio di esenzione di tasse, o gravezze reali e personali concesso per benemeriti d'un Er-macora Flego. La terza ò quella dei Gertnanis della qual Vive ora un capitano Francesco Germania. La quarta è dei dei Vicich della quale già qua Uro anni sono fu cancelliere in Capodistria il signor Giacomo Vicichio. La quinta è dei Sottolichi. La sesta dei Furiameli. La settima dei Cocchina, già trent' anni venuta da Cherso. Nelle montagne sono copiosissimi i pascoli, non solo per il paese, ma anco per gli animali dell' Istria inferiore, che ogni anno vengono l'estate a questi pascoli dai 24 di giugno fino alli a5 di agosto, dalle quali montagne ne cava l'eccell. capitano 5oo ducati d'affitto all'anno. Nascono su queste montagne molti semplici, come la gensiana, scorzonera, elleboro bianco, valeriana minore, saponaria ovvero cruciata, angelica distorta, il napello, asfa-dello, peonia ed altre. Nascono cavalli generosi bellissimi e forti che arrivano in buono stato fino ai venticinque anni. Si nutriscono assai lepri, lupi e volpi nei boschi, e nelle caverne vicine. Si piglia qualche gattopardo o lupocerviere. S'ammazzano degli orsi, si prendono poche faine, nutriscono assai cani da caccia, ma i contadini pigliano più lepri e volpi la notte con le reti sebhen proibite. Sonovi molti cotorni e pernici, ma per la quantità delle pernici che si trasportano in Venezia vendonsi a caro prezzo. S'annidano acquile nere specialmente nelle grotte di Lanischie, sempre si veggono tre vecchie sole, le quali quando hanno i figliuoli fanno gran danni su i pollami ed agnelli, e quando gli aequilotti volano fuori vanno via che mai più sì veggono, se non quelle tre prime. Ci sono vipere velenosissime, che i cerretani non le vogliono pigliare dicendo che non sono buone per la teriaca vipere così crudeli, e può esser circa trent' anni che io ho veduto ed ammazzato una che aveva due teste, ma era picciola e poco lunga meno d' un piede. Per i morsi delle vipere adoperano Terbi sarpentina, chiamata cornopo selvatico della quale n' è quantità, la portano e la bevono col vino, e ne applicano sul morso ed in questo è valoro- s issi ma più clic qual si voglia teriaca , od altro antidoto, Vi sono sette fiere e mercati principali, due a santo Spirito due miglia discosta da Pinguente, cioè una nelle Pentecoste che dura tre giorni, l'altra la domenica dopo s. Giacomo di luglio , a s. Giovanni un miglio discosto li 24 giugno, e nel castello la domenica dopo la natività della Beatissima Vergine; tre a Rozzo, una il giorno di s. Anto-ino li 17 gennaio, 1' altra s. Marina sotto il castello nel mese di luglio, la terza nella seconda domenica di ottobre nelle quali si vendono varie sorta di merci , ira le altre quantità di tele, e legnami, cioè botti, mastelli, mastellette, bottazzi, tazze, crivelli, tarnisi, falci da fieno e da biade, ed altre ferramenta minute, fornimenti da cavalli, scarpe, pentole ed altre cose tali. Alla fiera di s. Giovanni i guardiani fanno un banchetto al capitano ed a tutti i soldati a cavallo, ed il principe manda diversi preci! o palii, un altro banchetto sono tenuti far i Rozzani al detto capitano con dodici soldati per il primo giorno della fiera di luglio, che è la prima domenica dopo i diecisette di luglio. Quei di Verdi un altro banchetto insieme con tutta la compagnia dei cavallcggeri per gli otto di settembre, il simile quei di Sovignaco li due di agosto. Nessuno di tutto il capitaniato si diletta di tener bachi da seta ; qui non nascono lane fine ma grosse, però si radono le pecore due volte l'anno; tela se ne fa pochissima. Nessuno ha più di cinquanta campi da seminarvi, ed il più non passa ottanta stara di formento, ed in tutto duecento stara di biade, nè alcuno può cavai e dai suoi possessi entrate che arrivino alla somma di ducati cinquecento , (die però computate le spese e fatiche viene ad avanzarsi poco più della metà, onde in questo proposito disse ben Plinio, che paupcrtas fugit ad Istros. Che perciò molti elevali ingegni che vi sono, restano depressi per la povertà, la qual non deriva già dalla sterilità del paese, che per se stesso e assai fertile; ma deriva prima dal poco esito o smercio dell'entrate particolarmente adesso per i tanti dazii che sono su i paesi degli arciducali, onde «e vi è abbondanza conviene godersela soli, e per questo non trovandosi danaro per le loro entrate, i contadini non si curano di faticarsi troppo nell'agricoltura, e meno circa gl'i altri frutti di minor importanza, e perciò restano poveri, ed oziosi, ma buoni compagni perchè sono liberali di quello che non possono vendere. Di più tal povertà deriva anco dal cavarne il principe ed il rettore con gli officiali tanto utile, come s'è detto di sopra da sì poco circuito, sicché resta il paese esausto di quel poco che può avanzare, oltre quel poco ch'era della comunità, cioè dazii ed alcuni molini che arrivano ogni anno alla somma di tremila e cinquecento lire, sono venute tutte in possesso del principe, oltre anco i carizzi e tasse ordinarie e straordinarie, che sempre vanno crescendo, nò lasciano respirare, nè alzar il capo ai poveri contadini. Nel piangerli morti sogliono le donne usar una certa voce come se cantassero, ne mai si possono far tacere nemmeno in chiesa, perchè stimarebbero non aver fatto onorevole esequie senza tal pianto. Ma le morLeche del Carso, oltre il loro pianto, che par piuttosto u» urlare, quando vogliono metter il morto in sepoltura, esse gli mettono prima nel seno qualche pomo od altro frutto ovvero qualche buzzolatto dicendo al morto, porta questo al mio quondam fratello, e questo al mio marito, e questo a mio padre o madre e ad altri suoi amici e parenti più cari eh' erano per lo passato già morti, e così gli empiono il seno di pane e fruita od altre cose simili. Usa di più il sacerdote che fa l'esequie di gettai un poco di terra col zappone sopra il cadavere prima che comincino sotterarlo con dire queste parole: Sumae tetra quod tuwn est, spùitus de coelo "facttts est, varo de terra faci a est. Nel nostro duomo vi sono molte reliquie dei principali santi, ma minute, eccetto che il capo di una compagna di s. Orsola vergine e martire. Racconta il pievano di Carso), ch'è il miglior benefizio che ci sia nel capitaniato, poiché esso con un cappellano solo hanno sotto la sua cura quindici ville, la residenza è in Lanischie, e cava di benefizio quattrocento ducati per annata) dico che nelle ultime guerre dell' Istria un soldato arciducale pigliò nella chiesa di delta villa nn reliquiario con le reliquie dentro, e se lo pose in seno, ma per strada cominciandogli colare come un sudore giù dal seno, nè sapendo la cagione , pigliò il detto reliquiario e gettandolo in terra, ruppe in un sasso, il che avendo egli raccontato a certi preti di Vepri-naz castello arciducale; e datigli i contrassegni, andarono a levar quelle reliquie, che dopo le guerre ritornarono alla detta chiesa di Lanischie : ma quel soldato perdette il cervello e morì di morte subitanea. Due altri simili miracoli raccontano essere successi in due altre ville, 1' uno che pur nel tempo delle suddette guerre, quando tutto il Carso era derelitto, volendo alcuni arciducali pigliar le campane di s. Elena di Racievaz, cominciò subito tremar tutta la chiesa, ond' essi impauriti se ne fuggirono via; il simile pur altri arciducali conducendo via sopra un carro due campane della chiesa di Rergodaz in due o tre volte che si fermò il carro per strada, ogni volta si faceva in terra una voragine, per il che spaventati i sacrileghi ritornarono le Cani-pane al suo luogo. Un altro caso miracoloso vi aggiungono clic in un'altra chiesa di s. Elena, ma sotto la detta cura in tempo delle medesime guerre che non vi erano là sacerdoti, entrarono quattro villani in chiesa e postasi la cotta e stolla cominciarono come se volessero cantar vespero, ma subito slorditi caddero in terra e pentiti della temerità fecero notò di comprar alquante cere, ritornarono in se e si partirono; questo racconta uno che vive adesso ancora il quale fu presente, anzi egli suonava allora le campane. Sono due fondachi uno di formento, e Y altro di misture, che servono solamente per il castello e territorio di Pinguente, e fanno circa 800 stara per uno. Nel castello di Rozzo anco essi hanno il suo fornico. Vi è la casa dell'ospitale bellissima, lasciata già treutatre anni da un cittadino con molti altri possessi, ma però non sono entrate in sufficienza. Ne ha il governo un di consiglio , con titolo di governatore o gastaldo della carità; il qual si elegge e muta di nuovo ogni anno al tempo d'ogni santi. Si trovano pietre e lastre per le fabbriche in abbondanza, non durissime da lavorare di color cenericio, ci sono anco di bianchissime e tenere ma non ricevono il lustro, le quali sì per la lontananza di due miglia come per la malagevolezza di cavarle pochi le adoprauo, ma chi volesse far dei lavori tornerebbe assai più conto a cavar le suddette bianche perchè si avanza più di due terzi di spesa. Si trova in una vena sotto il Carso quantità di pietre gagate, dalle quali si può stillar l'olio assai medicinale. Nel castello non vi sono altri che nove o dieci orti, perchè ne sono assai fuori della mura intorno il castello, e solamente cinque cisterne, ed un pozzo che sempre sorge l'acqua molto fresca, ma non è buona da cuocere e meno da bere, solo per rinfrescar il vino, abbeverar i cavalli od inalbar gli orti, ma non mancano assai acque vive ai pie del colle tanto vicine che in meno d' un ora uno potrebbe portar dell'acqua da cinque fonti. Si dà solamente un soldo a ehi ne porta una scudria o mastella ma l'estate i più comodi si servono dell'acqua chiamata di s. Martino, perchè è vicina alla sua chiesa e si paga due soldi alla mastella. Del iò'ii i signori capodistriani mossero lite ai pinguenttm,e durò tre anni la lite tra in Capodistria e Venezia per voler essi aver in Capodistria la residenza del capitano di Raspo con la cavalleria, e che tutti gli emolumenti ed entrate che oao vanno al dotto capitanio fossero tenuti condurle in Capodistria , ma finalmente accortisi non potere riuscire la loro pazza ambizione, suonarono la ritirata senza aspettar la sentenza definitiva per non cader in maggiore spesa e confusione. Se ben al presente qui non si vede alcun edificio di notabile considerazione non di meno per tutto si veggono nelle mura sì pubbliche che private, frammenti di basi c capitelli corintii, d'imposte d'archi e di cornici ricche d'ornamenti sottilmente lavorati con tutte le sue misure e proporzioni, secondo i precetti dell'antica ed osservata architettura. Di più molte figure in pietre, parte già rozze dal tempo e parte che sono in pietra più forte ancora tutte insieme. Una ve n' è tutta intiera alta tre piedi sopra un muretto al scoperto dinanzi il duomo su la qual si suol mettere lo stendardo della comunità nelle feste più solenni; in questa sono scolpiti di tutto rilievo due leoni insieme del pari in atto di seder in terra con la bocca mezzo aperta, e sotto i piedi dinanzi tengono distesa in terra su la pancia una pecora o simile animale, che non è ben distintamente formato e la coda loro tengono involta sotto i piedi. Un altro animale lungo due piedi simile ad un orso, ma non ha assai pelata la testa nò attorno il collo come gli orsi, è posto di fuori in un cantone il duomo. In una parte dell'antichissima chiesa di s. Vito, dov'è il cimitero vicino al castello quanto è un tiro di sasso, è un animale con l'ali simile all' ipocrita fuorché la lesta ch'è simile agli altri quadrupedi, con l'unghie e corna piccoli come di capretto ma il collo peloso come di leone il quale co' piedi di dietro, sicché con la coda fra le gambe e col destro piede dinanzi sta scritto, ed il sinistro tiene sopra una testa spiccata di capra. Fuori delle porte piccole del castello sono fatte all'antica è nel muro una statua di due piedi che tiene nella sinistra una palma come i martiri. Alle porte grandi di dentro, che sono antiche e basse (perchè vi sono più in fuori di altra forma fatte alla dorica ) di dentro nel muro della scala del riparo è una grandissima testa di piede un e mezzo , come un mascarone, ma non si può ben discernere a qual animale ella più assomiglia , ma pare che si avvicini piuttosto alle fattezze del leone. E di fuori della detta porta vi sono poste al muro della torre , che s' innalza sopra la porta , molte figure di mezzo rilievo , e non eccedono la misura di un piede, fra l'altre vi è uno che con la corda involta in circolo, che tiene in mano, stando fra alquanti cavalli, è in atto di pigliarne alcuno di essi , i quali stanno in atto di fuggire da lui. Di più vi è un angelo con T ali e nudo con due partigiane su la spalla sinistra, in atto di camminate, e delP altro angolo su la medesima pietra è un altro pur nudo, ma senza ali, il quale par che vada fuggendo quel delle partigiane, e sta volto con la schiena in fuori, e nella mano tiene due grappoli d' uva, e la sinistra di dietro appoggiata sopra le natiche. Usano in tutti questi contorni a far certi fuochi la sera dopo 1' Ave Maria in tutte le vigilie delle Feste di giugno, eccetto delle domeniche, cioè nella Vigilia del Santissimo Sacramento, di s. Barnaba , di s. Vito, di s. Giovanni Battista, di s. Pietro ed anco di s. Ubaldo li 4 di luglio dove la sera si vedono assai fuochi non solo nel castello, ma quasi appresso la casa d' ogni conladino e questi fuochi li chiamano ladi, attorno i quali sogliono molte ore cantare, e ballare e saltar oltre di essi, ma nessuno sa dir la causa perchè così facciano. Ben mi ricordo d'aver letto in Cristoforo Landino sopra Virgilio , ma per adesso non mi ricordo il luogo precaso , che i gentili solevano far simili fuochi, circa il tempo di maturar i formenti in onor d' una certa dea, non so se Cerere o altra dea delle biade ed eglino similmente tutta la notte facevano L'Arculogiuvo. Fai, IF, 34 r>3o tali fuochi, e saltavano oltre di essi con dire cjie a quel modo purgavano i suoi peccati, onde da questo si può comprendere che tal usanza fosse derivata ancor dai gentili. Ma io giudicarci che ciò fosse per una causa naturale , cioè che questi fuochi servissero per cacciar via la nebbia, che a questi tempi suol nuocere alle biade, il che insegna Costantino Cesare nella sua agricoltura. In Pinguente si ritrova un armamento inunitissiiuo dei più segnalati dell' Istria con trenta pezzi d' artiglieria tra minuta e grossa, dipoi moschetti, spade e squadroni, corazze, usberghi, maglie, frezze e picche, con molte altre cose, in buonissimo governo, e con beli' ordine disposte, di maniera che quando l'eccellentissimo capitano vuol dimostrar cosa segnalata ad un personaggio lo conduce e gli fa veder la munizione. Non è ancora un anno che 1' eccoli. Condulmer sciasse in senato, se si dovessero astringer a pagar i carni alcuni , che per lo passato non solevano pagarli , come zuppato delle ville, i preti, e soldati di questa cavalleria, a cui rescrisse il senato, e rimesse il tutto alla sua prudenza; esso all' ora volle obbligar tutti a pagaie, onde vennero tutti a dir le sue ragioni prima due gentiluomini di Capodistria, cioè T ecc. Dottor Fino , ed il sig. capitano Giovanni Francesco Gavardo a nome di tutti i suoi concittadini, i quali tli subito hanno ottenuta la grazia. Vennero di poi alcuni zuppani, il sig. capitanio Marso con alcuni suoi soldati, ed alcuni preti, fra quali vi fui ancor io come interessato e tutti procurarono di portar le nostre ragioni alla meglio che sapevamo, onde dopo molte difficoltà e renitenze, tutti restarono consolati eccetto i preti, se ben a me in secreto promise di far che io non pagherò i carizi fin che sarò vivo , ma poi non ho veduto che facesse altro in questo proposito, solo che per ques.ta volta io solo fra gli altri son andato esente , benché quest' anno passato non abbia toccato a me ili goder il privilegio della casata. Può esser circa quindici anni, che un certo ingegnere chiamato il Mombini si volea obbligare di far un taglio su per il Quieto a fin che potessero venir le barche fino poco lungi da Pinguente, e richiedeva solo quattromil-le ducati dalla signoria in ajuto. Ci sono assai roveri segnati per l'arsenale. Quando vengono le processioni a santo Spirito il lunedi delle Pentecoste, che alle volte vengono centocinquanta croci da diveisi castelli e ville con quelle che vengono dai nostri Carsi; sogliono cantare anco le donne, certe loro canzoni spirituali. Non posso trovar memorie antiche, perchè dicono che s' abbrucciò una volta la cancelleria con tutti i libri e scrit-l tire. In Rozzo eh'è il priucipal castello dopo Pinguente, vi sono quaranta di consiglio, stanno quattro sacerdoti curati incluso il pievano. Fanno un zuppano ogni anno, il (piale come per tutte; le altre ville, e castelli può giudicar in civile fino alla somma di cinque lire ( eccetto che nel castello di Draguch, che può giudicar ogni somma in civile). Conta milletrecento abitanti compresi quelli del territorio. Il castello di Colino col suo territorio fan circa quattro cento ottanta anime. Altre tante ne fa Draguch col suo Territorio. Ed il simile il castello di Verdi. Discosta da questo castello due miglia verso il bosco è una chiesa di s. Ciriaco, nella quale mai si veggono tele di ragni, ed il curato di Verdi afferma, di non esser andato mai con la processione a questa chiesa per la pioggia senza essere esaudito, come ancor noi qui per il più alla chiesa di santo Spirito due miglia discosta da Pinguente verso Tramontana, dove Ì minori Conventuali I' altro giorno hanno cominciato a fabbri- rare un domicilio , ancorché non sia ancora decisa in Venezia la lite che pende tra essi ed il nostro capitolo per questa chiesa di santo Spirito. Le appellazioni delle sentenze del zuppano di Vcrch vanno al zuppano di Sovigna-co , ma li giudici di Pinguente ascoltano inapellabili le indolenze contro ambedue li detti zuppani una volta all'anno , cioè in Sovignaco li 2 agosto, ed in Verch gli S settembre, quei di Verdi per segno della antica soggezione sono tenuti in effetto che vanno o mandano a spazzar ogni anno il primo di agosto la piazza di Sovignaco e la strada lunga da una porta all' altra. Il castello di Sovignaco è discosto da Pinguente tre miglia verso occidente brumale. Il Zuppano di esso ha 1 autorità d' investir sopra i terreni delle cornimele del suo distretto le decime le quali vanno al medesimo zuppano attuale. L' acqua d un fonte discosto circa mezzo miglio da esso castello, al tempo d' agosto si guasta c diventa nera, tuttoché in altro tempo sia buonissima; a piò del monte di Sovignaco verso Pinguente è una miniera, dove già circa otlau^iiini Cavava quantità di vetriolo #» si dico che quei 'artefici avessero secretamente cavato qualche metallo prezioso perchè una notte di nascosto hanno fatto levala, andandosene al suo paese in Germania perchè i confini imperiali non sono lungi da noi più di sei miglia, ed appresso Iu quella cava, da essi artefici, nella loro partenza empita di sassi, avendovi voltato dentro 1 acqua da un torrente vicino. Si trovano alcune pietre fragili e gravi di color rosso con alcune vene mentre si rompono, di color nericcio e lucido nella qual miniera già pochi anni sono, si fece investire dal principe il q. sig. Giovanni Battista Cavanis da Venezia , ma la morte gì' interruppe i suoi disegni. A mezzo il monte vi è una cava di pietre da fabbrica bianche e teneri; vicino alla delia miniera quanto è un tirar di sasso vi sta un molino del conino di Sovignaco, che paga cinquanta ducati di livello all' anno al serenissimo principe. Sotto questa cura vi sono quattrocento novanta persone , oltre quelle di Segnach che sono cento tredici soggette in temporale al conte di Raciz-ze. Già cinquant' anni circa fù ritrovata dalla parte destra del campanile per entrar in Chiesa una sepoltura piena di speroni, spade e pugnali, ogni cosa indorata, e già dieci anni poco discosto dal castello in una contrada chiamata lessero Uavaz verso la chiesa di s. Stefano un fanciullo ritrovò una pentola rossa grande piena di danari, il qual pieno di allegrezza andò là vicino a chiamar alcuni uomini che zappano nelle vigne, i quali venuti ritrovarono la pentola si, ma piena di carbone, e zappando sotto non trovarono altro che un poco di carbone. Questo vaso è ancor in mano del zuppano. Circa il castello di Razzize, per la brevità del tempo le mando solo la lettera d'informazione scrittami dal signor Andrea Boltrestani, eccetto che ho dato di penna ad alcune cose, che mi pajono troppo ingorde e mi pare d'avvisarla, acciò non le rechi maraviglia o confusione in vedere che in questa lettera ci scrive d' aver 2;>i contadini , e che poi vi siano solamente 280. persone in tutto, perchè quei della sua villa di Segnach sono sotto la cura dei Preti di Sovignaco , e se ben anco egli scrive che alcuni dei suoi contadini sono forestieri, questi però sono molto pochi che potessero vaiiar di molto il numero delle persone. SONETTO. sopra V amenitu di Pinguente. (Questi che del tuo amor quasi zelanti Colli adorni di fior, prati ridenti Cingonsi sempre a rimirarti intenti Ch'altri allor non si tolga, e vada inaliti, Queste (o Colle animato ) aure spiranti, E questi ancor, che fra novelli accenti De i più vezzosi augei rapito senti Mover lubrici i piedi acque stillanti, Sì m'adolcir, eh' isprezzo altro diletto Onde de P alma pur sacrato stia Su l'aitar del mio cuor a te l'affetto, E questo ora da te spreto non sia Sin che mi grazii il Ciel eh' anco 1' effetto lo ti possa mostrar de 1' arte mia. Ilo copiato di nuovo le lettere dell' inscrizione di Clango come stanno. Dopo Clango non vi è distanza, ne punto anzi per la ristrettezza quell' 0 ultimo è fatto picciolo come si vede. L. CLANGOCo AD VENTO. ET BOVIADAE. MA XI MA E. LIB. PR ISCILLAE. MA XIMVS. F. PAR ENTIBVS. V. F. Tutti i suddetti cinque Castelli sono sotto la diocesi di Trieste; sopra Pinguente, camminando verso il levante estivo sopra li Carsi dodici miglia in circa vi è il termine dell' Istria , che confina con la Pitica eh' è parte del Cragno ovvero Carniola. Fra questi confini si trova Prem , Urem, e s. Canciano. Non vi è altra acqua notabile lino al detto Prem, la qual corre fino San Canciano, ed ivi si profonda in una gran cava sotterranea, la quale poi risorge, come elicono chi a Duino, e ehi sotto Popecchio, dove comincia il fiume Risano detto Formione. Oltre il monte maggiore l'Istria confina con la Liburnia. Da i nostri Carsi non si può discendere a cavallo se non in tre luoghi ed uno per volta; di sopra Rozzo in due altri luoghi, ed ivi uno per volta, ma a piedi anco per alcuni altri luoghi si può calare. Di sopra Rozzo tre nuglia è la villa di Savischie e fino alla villa di Mune eh'è fine dell' Istria, non vi è altro per l'asprezza dei luoghi. Raspo è sei ndglia sopra Pinguente, ma distrutto affatto, è vicina una villetta, che si chiama sotto Raspo un quarto di miglio discosta da Raspo, vicino è una chiestola tli sari Nicolò e non altro. Vi sono traportate d' ivi alcune pietre con arme di nobiltà Veneziana, e poste nei muri d' alcune Chiese. Non ho trovato nella nostra Cancelleria alcuna memoria dei Turchi, ma ben si dice, che furono una volta sotto Pinguente per alcuni pochi giorni, e eh' essendo passati sotto Carrozza abbeverarono a quell'acqua i loro cavalli stanchi, i (piali presto morirono per la maligna proprietà tli quell'acqua, onde si dice che perciò i Turchi fin al giorno d'oggi dicono che Dio li guardi più dalla valle nera, che così essi chiamano questa valle di Pinguente , lorse perchè in croato nero alle volte intendono infelice. Non so se questo fosse allora, che i detti Turchi furono nel Frinii, il che fu 1' anno 147^, 1478, e i499 j cotne vedo dalla storia del Tarcagnola, e di Gio. Batt. Vero storico latino. Qui in Pinguente è memoria di un certo Ghcichelich, die fu valoroso capitano , della qual casata ho veduto in certe bolle dei mendicanti esser il vescovo di Zagabria, e questo già due o tre anni. Capitani furono di questa cavalleria già un Domenico di Castro, un Antonio Lugnano, ma adesso vi è l'ili, casata de Verzi, dei quali al presente vive il sig. capitanio Marco e suo fratello sig. capitano Scipione famoso per il suo valore dimostrato nell'ultima guer ra dell'Istria, quattro figli del quale al presente s'attrovano al servigio della serenissima repubblica , cioè capitan Rizzarlo, con due altri fratelli in Candia, e capitan Annibale in Lombardia. Tutte le suddette relazioni di Pinguente e castelli vicini furono mandate a monsignor Tommasini dal sig. p. Pietro Flego da Pinguente fanno 1646. ROZZO. £ il principal castello dopo Pinguente da esso lontano miglia tre, posto più verso levante, verso li monti del Cragno, sovra un monticello circondato d' alte mura all' antica ; pieno di popolo, poiché la circa mille.e quattrocento abitanti, compreso il suo territorio. Ha una chiesa col pievano e tre altri curati, chiamati cooperatori, che hanno entrata di ducati trenta per uno del quartese e primizie, che è dedicata a s. Bartolommeo di onesta grandezza, con una capella del Rosario. Vi sono nel castello ancora la chiesa della B. Vergine , di s. Antonio , di s. Pietro , e s. Sebastiano. Vi sono quaranta di consiglio. Fanno ogni anno anco il zuppano, il quale come per tutte le altre ville e castelli può giudicar in civile fin alla somma di cinque lire. Il castello ha 9 torrioni come bastioni, sovra li quali tengono alcuni pezzi d' artiglieria, e del territorio vi sono cento contadini soldati. Vi è qui una famiglia molto onorata dei sig. Vigieri venuta da Bergamo, con una buona abitazione. Vi sono due porte ed una fontana copiosa, che serve tutto il castello. Di sotto al monte appresso la chiesa di s. Mauro, vi è un acqua che scorre, e porta seco dei gambali e pe-scetti. Nel territorio vi sono le chiese di s. Giorgio, di s. Tommaso, s. Elena, s. Andrea, s. Clemente, s. Lucia, s. Giovanni; Nugla villa è sotto Rozzo, ma di ragione del mar- diesato di Pietra pelosa. Il territorio produce tormenti, vino ed olio a sufficienza. A s. Marina vi è il cimitero poco lungi la terra, ed ivi vi è un'arca con alcune lettere scolpite. Nella chiesa di S. Pietro, a piede dell'altare eh'è sotto la lastra vi è un marmo antico con questa inscrizione in lettere romane. C B01CO. AVITO F. ANN. XVIII. C. BOICVS. S1LVESTEK. ET. LOTTICINA MARCIOLINA V. F. ET. SIBI Nel muro della chiesa della B. Vergine, di fuori nel Iato destro sta a livello una pietra con due nicchie con una testa di rilievo dentro per cadauna. LAEFOCA. DOM. LAEPOCA. MET MI. F. RECO. TELLI. F. TVLA METELLIVS. LEPO CVS. SV1U. F. Nel cimitero sopra una lastra rotta si leggono. GAVILLIO C. F. L. ANN. XX. Nel duomo del detto castello nel piede dell' altare dei santi Filippo e Giacomo, eh' è pur detto piede tutto d' un pezzo, ma posto giù alla rovescia, si leggono queste lettere romane. Gì LAIUOCVS RVFVS SIBL ET. CAESIAE M. F. MARCELL1NAE. VXORI. V. F. Qui aggiunto vi è un vaso e dall'altro lato un cati-uelto come da lavarsi le mani. DRAGUCH. Questo castello può far col suo territorio quattrocento ottanta abitanti. 11 zuppan fatto dal consiglio o per dir meglio dal comune giudica ogni sentenza in civile. SOVIGNACO. Questo castello è sotto Pinguente, ma da esso discosto miglia tre passando il Quieto verso ostro e si passa per un ponte di due archi. Buonissimo castello con quattrocento novanta anime, oltre quelle di Segnach die sono 113, soggette in temporale al conte di Razìzze. Ha una buona chiesa, in mezzo la quale è questa sepoltura antichissima con una figura di un sacerdote .... meifratres me pe* dilnis vestris calcante* mei mementotc, et Xto Regi recomen- date.........Fabvicator, ct piimus habitator praesbiter Albertus. VER CU. E' lontano da Sovignaco miglia e da Pinguente miglia....., fa col suo territorio 48° anime. Ha una o- nesta chiesa. COLMO. Per verso il levante dopo Verch sopra un monticello si trova questo castello. R AC IZZE. Altri scrivono Razzizze, castello lontano da Pincuente miglia quattro. La chiesa è posta nel borgo inanzi al castello, è intitolata la Ss. Trinità, alla quale presiede un curato, che ha sotto di se 280 abitanti in circa. Questo fu concesso dalla Maestà Cesarea, senz' alcun censo e solo per i loro meriti alli sig. Ballrestani, che ancora oggi lo godono. Conservano il privilegio di Carlo IV, imperatore in lettere doro col quale ne fu investito di questo castello il sig. Sigismondo Baltrestani conte di santa Croce in Francia. Un altro di Roberto imperatore a Gasparo figlio di Sigismondo. Il terzo di Federico imperatore a Baldissera. Jl quarto da Massimiliano imperatore a Cristoforo figlio di Baldissera. Successe che nelle guerre tra gì' imperiali e la serenissima repubblica di Venezia nel principato di Andrea Gritti, questo castello con altri vicini andò nelle mani Venete: ma nella pace fatta tra essi principi, dagli arbitri eletti dalle parti nella città di Trento ov'era il concilio, fu deciso che questo castello fosse tornato alli signori Baltrestani con la villa di Segnach, con questo che fossero essi sigg. sotto l'obbedienza di essa repubblica e cosi ne furono investiti dell'istessa contea dal serenissimo principe Gritti, e lo possedono al presente, rinnovate le investiture dal doge Francesco Erizzo l'anno i635 alli signori Andrea, Zuanne e Gasparo fratelli. Questi signori giudicano in prima istanza civile, e nella istanza criminale od in pena pecu* niaria, ed anco di formar processo in criminale, che viene spedito dal sig. cap. di Pinguente, e le appellazioni civili vanno al magistrato di Capodistria. RASPO. Nel principio delle ultime guerre eh'ebbe la repubblica con la casa d'Austria fu distrutto questo castello, il qual è posto sovra i Carsi ed ora non vi è restato altro che le misere vestigie ; però si veggono le mura sì di dentro, che di fuori essere state tutte fabbricate con sassi vivi squadrati, e mostra essere stato esso castello di molta considerazione. S. GIOVANNI DI LONCHE, POPECCHIO, CERNICAL, AN'JTGNANO, ROSAROL, OSPO. Sotto il monte di Lonche, nasce il Risano. Questa pieve è delle monache di s. Benedetto di Trieste, ed ha sotto di se sette, ower otto villette, tra quali Popecchio posto molto singolare per i buoni vini che si raccoglìono. Dall'altra parte più verso Trieste sta Rosarol eh' è onesta villa. Di sopra verso il Carso Cernical, qui si vede per un lungo tratto a drittura altissima grotta, che sembra un muro per dividersi dall'Alpi, è villa di pochi fuochi. Di qua si va verso Lubiana città posta di là dai monti. Di là però si trova Antignano dell' istessa qualità qnal è però sotto la giurisdizione del vescovato di Capodistria. In mezzo di queste è il castelletto di Ospo , qual ha vicino una foiba per salvarsi gli abitatori. SAN SERVOLO. 'E questo castello di giurisdizione dei signori conti Petazzi qual ha sotto di se alquante ville tutte benissimo abitate, mercè la diligenza di questi signori, che si assistono, e li terreni molto proporzionati a tutte le cose. Poco lungi dal castello è notabile la grotta di s. Servolo martire triestino, frequentata da tutti quei contorni e visitata con solenni processioni di quelli popoli nei loro bisogni. Vien chiamata la santa Giama in schiavo, che in italiano vuol dire voragine o foiba. E' situato l'ingresso nel piano del monte, ma subito si discende per una scala di pietra di circa quindici scalini, e calati giù in faccia vi è un altare di pietra antico, e a sinistra una fontana, allargandosi un gran spazio quel luogo sostenuto da alcuni gran colonna-mi, che vogliono siano dalla natura per sostentar il volto del monte. Alla parte sinistra incontro la fontana vi è una caneva dei sigg. conti Petazzi. A destra si ascende per alcu-cuni vicoli ad un picciolo capitello, ove dicono die s. Servolo stesse a far penitenza. L'acqua della fonte vien tolta per divozione, non vi è alcuna sacra immagine,ed in quelle pietre molti intagliano il loro nome. Da questa grotta da ambo le parti vi sono molte strade, che vanno come labe-rinli per quel monte, che dicono essere tutto incavato. SDREGNA. Non lungi da Portole pastello della mia diocesi sovra la cima di un monte del Carso nel marchesato di Pietra pelosa si trova Sdregna, villa al presente che può far 140 persone incirca, sotto cui vi sono tre altre ville cioè Pu-gnara, Salice, IMI un. che anch'esse possono avere 260 ahi- tanti, luoghi tutti montuosi e pieni di boschi, desolati di abitatori. Verso la parte del Quieto, cioè verso Montona, sono le antiche vestigia di muraglie, che mostrano esservi stato un castello, che li paesani dicono al giorno d'oggi il castello di Strklonia, patria del glorioso s. Girolamo, sotto alle cui mine vi è una grotta , che si profonda per 200 passi, quasi al piano della valle, nel cui fondo sorge un'acqua sulfurea tepida, ed in parte ove declina la grotta al mezzo dell'altezza vi è una chiesiola, dedicala a s. Stefano, Giace gran parte della villa in la pianura del monte, ove vi è anco la pieve dedicata a s. Giorgio, chiesa di onesta grandezza con quattro altari ed il suo cimitero serrato. Da questa discosta due braccia dalla parte di levante, vi è una piccola chiesa dedicata a s. Girolamo, sopra il cui altare, ch'è l'unico vi è la figura di s. Girolamo in legno di grandezza per più d'un braccio. Il santo ha il castello in mano e in capo il cappello cardinalizio. Appresso 1' altare dalla parte dell'evangelio vi è una pietra in terra, larga tre quarte e lunga cinque, senza lettere , che quei abitanti dicono aver per tradizione dei loro maggiori esser questa la sepoltura di Eusebio padre di s. Girolamo, onde con ragione Flavio Biondo, che fu segretario di Eugenio Quarto, e fiorì negli anni i43o dice nella sua Italia illustrata, parlando dell'Istria, che sino al suo tempo si vedeva questo sepolcro del padre di s. Girolamo, aggiungendo che sin allora, che sono duecento veniisei anni, in questo luogo di Sdregna si conservava la fama nella successione delle età, ed anco per alcune lettere che in una lama ili piombo erano scritte che sono: Visitili- apud Sdregna m sive Stridonem pracdicti Eiisebìi genitori» s. ììieionymi scpidrrum èt fama per aetatis sucoessj&nes tradita, ct ìittetis huninae inscriptis pluinbaeè in eo ut fcrunt rcpcrtae notissimum ; e convien credere al Biondo ch'era di patria del Friuli mollo vicino a questa provincia. 'E Sdregna posta in luogo mollo vicino a colà trasferirsi. \\ rev. Biagio Narselito pievano di Sterna mia diocesi l'anno i643, die era slato 23 anni a servir iti quella pieve di Sdregna, mi narrava esser opinione universale di tutti quei abitanti esser ivi l'ossa di Eusebio padre di S, Girolamo, e quel castello, dicono, era 1' antico Stiidone, e ini aggiungeva che in mezzo tra la chiesa della pieve e la piccola vi è un albero di more nere di mediocre grandezza diviso in due rami, l'uno verso la chiesa grande e l'altro verso la chiesiola, sopra la quale getti li suoi rami e vanno i fanciulli sopra essa chiesa a mangiar le more. Questa essendo tagliata più volte rinasceva o pullulava alla medesima forma ; anzi fabbricandosi la chiesa di nuovo per essere stata abbracciata, e allargandola fu tagliato lai biro, e fattoli in quel luogo i fondamenti; tuttavia da là poco tempo spumava di nuovo fuori l'albore in distanza di due braccia, e crebbe alla grandezza e forma primiera sparso in due rami. Ma quello che è maraviglioso dicono che nel tagliarlo, gettò copia d' umore come latti* in tanta abbondanza, che si poteva raccoglierlo nelle tazze; anzi afferma l'istesso buon sacerdote, che al suo tempo a-veva veduto molte volte levandosi dai abitanti vicino all' altare il terreno, ch'essi adoperano per poner sotto la testa dei loro morii, mentre tagliavano delle sue radici, gettare liquore bianco come latte. Morì al suo tempo una donna vecchia di ir4 anni qual diceva per tradizione, aneo dei più vecchi dell' istesso luogo, che mai "si ricordavano che li legnami che sostengono il coperto di essa chiesiola sieno stati mutati, ma si ben esso coperto accomodato. La riveriscono e tengono in grandissima stima, venendo da molle parli sacerdoti qui a celebrar la messa, e narrava che al suo tempo monsignor Con tarino vescovo di Capodistria fu quivi e lagliò di quei rami e si toccò gli occhi, e poi baciò «pici terreno con molla divozione. Ho riverito questo luogo l'anno presente »G46\ ai 2. di aprile. Che questo luogo sia stato la patria tli s. Girolamo con uni versai concetto di quegli abitanti, concorrerò ancor io più volentieri, essendo che anco il Biondo autore proba-lissimo fu di questa opinione, e per ragioni evidenti, che me medesimo persuadono. Fiorì s. Girolamo nell'anno di Cristo 070., e nacque al tempo dell' imperatore Costanzio figlio di Costantino Magno nei confini della Dalmazia e della Pannonia in luo-go detto Stridono ; ma esso non disse , che non esce nei confini di Dalmazia, ma nei confini dell'Illirico, e Pannonia. Sovra Abacuch commentando quella profezia delle desolazioni delle città, che il buon profeta vedea, disse san Girolamo: Nonne hoc impletum audivìmus in nostrae origini* regione finium Pannottine atque Illirici : uhi post varias bar-harorum incursiones ad tantatn desolationern est petventatn ut nec hutnana ibi remanserit creatura, ncc animai supercsse con-versariq. dicatur, et bis quae hominum amicati et convivere con-sueverunt. Lo stesso san Girolamo de viris illustribus, scrive di se stesso, o chi ne sia l'autore. Hierotiymus praesbiter patre flatus Eusebio ex oppido Stridottis, quod a Gothis eversum Daltnatiae quondam Pannoitiaeque con/tiduin futi usque in praesentem die/u. Si trovava allora s. Girolamo fuori di Betlem quando intese la rovina della patria. Anticamente per l'Illirico s'intendeva anco l'Istria, e così parlando dei vescovi dell'Illirico, pare che anco andavano gl' istriani. Onde essendo questo luogo di Sdregna posto su le cime dei monti del Carso, che sono vicine all'Alpi Giube, e confini della Pannonia, non è fuor di ragione che S. Girolamo la costituisca iuter con/Ines Punnoniae et Illìrici per allontanarlo dal ducato del Friuli. Anzi Tolomeo nella sua Geografia al lib. 3. parlando dell'Istria, la pone come parte della Schiavonia, dicendo: Histriae post jlexum intimi Hadrìatici sinus Sclavoniac pars olim Japigia. Secondo poi li Goti vennero ad infestar L'Italia, discesero dall'Ungheria ower Pannonia nell'Italia per la via di queste Alpi Giulie le quali immediatamente sovrastando all' Istria, tutta questa provincia andò sottosopra, e dalla loro barbarie fu distrutta. Così Attila che venne ad infestar X Italia, avanti ponesse l'assedio ad Aquileja, scorse tutta l'Istria, e la rovinò in modo che in vero la profezia di Abacuch si potea veder adempita in questa provincia, e ciò fu circa l' anno 44<>o «el qual tempo fu l'assedio per tre anni d'Aquileja. Da qui cavo la terza ragione, che al tempo-di s. Girolamo, che fu circa settanta anni avanti la venuta d'Attila la città d'Aquileja era in grandissimo fiore , e questi contorni d'Istria, che sempre camminava con la stessa fortuna del Friuli, dovevano esser ricchi, ed abbondanti di abitatori, e però di terre istesse e castelli, più di quello siino mai stati dopo li flagelli dei barbari. Era Aquileja la prima metropoli d'Italia risorta dalla caduta dell' impero romano a quest' altezza, onde li suoi contorni e riviere quali sono le nostre campagne istriane dovevano essere li giardini d Italia. Però non è maraviglia che Sdregna allora partorisse un soggetto di tanta letteratura, e così amico delle lettere dell'antichità. Leggesi nel Breviario crovato che usano li nostri preti slavi nella leggenda di san Girolamo , che questo santo fu da un piccolo castello detto da esso Gradas, che vuol dire in lingua italiana Sdregna posto nei confini della Dalmazia una giornata lontano dal mare, che appunto Sdregna è in circa una giornata dal mare lontana e posta in un sito bellissimo dell' Istria sotto pur ai monti che vanno nella Pannonia. Quelli che alfcrmano che san Girolamo fosse dalmata, L'Archeografo. Vid. IV. 35 Molo cavano anco da quello eh' esso abbellì la lingua slava di alfabeto, e varie opere ecclesiastiche, come Y officio divino, il che, se fosse stato italiano non avrebbe lasciato tanto ai preti. Al che finalmente si risponde, che s. Girolamo applicatosi alla varietà delle lingue, come con infiniti sudori ne tradusse dall'ebraico li sacri libri, così venendo la lingua slava ad accrescersi, volse di quella alcun uso, massime essendo dei popoli suoi vicini ch'erano gli Unghe-ri e Boemi, e chi sa che anco allora per la pace che go^ devano questi paesi, non fossero abitati dai Schiavoni antichissimi popoli, e ch'esso ne pigliasse la cura come di u-na lingua, ed un popolo, che si andava aumentando, come è successo, poiché questa lingua al presente è comune a molti popoli. Scrive il Biondo, eh' esso vidde l'officio slavo fatto da s. Girolamo qual fu portato a papa Eugenio IV., del quale era lui segretario, e fu dal sommo pontefice confermato. Concludiamo adunque, che s. Girolamo sia italiano, e quando esso scrisse, eh' era la sua origine là tra i confini della Pannonia, e dell'Illirico vuol dire, eh'esso nacque nel-l'Italia, la dove la Pannonia e f llliria cominciano, una da levante, l'altra dal mezzogiorno, che cosi appunto sortisce il sito suo Sdregna. Sotto Sdregna è la villa di Cernizza di pochi fuochi, più sotto l'Alpi. DUINO. Avanti il caste! di Duino vi è una piccola villa di s. Giovanni, ch'è posta sotto la giurisdizione delli signori conti della Torre padroni del castello e nello spirituale sotto il patriarcato d'Aquileja. Questa è famosa per la nobil fiera dei cavalli, che qui sì fa il giorno di s. Gio. Ball., il a4 di giugno, essendone qui condotti un grandissimo numero di tutti quei contorni e molti no vengono condotti da terre aliene, ed altri rubati ai poveri istriani. Il castello di Duino è fabbricato sopra un' alta grolla di un sasso durissimo, clic viene sbattuta dal mare, consiste in due rocche rese dal sito e dalla natura fortissime, entro le (piali vi è un buonissimo palazzo dei sig. conti della Torre, che albergano e qui tengono di continuo guardie e godono il misto e rcal imperio di riscuoter da tutti quei abitanti le decime di tutte le cose, ed altre regalie. Poco lungi dal castello vi è una costa di monte esposta al sole e privilegiata dal cielo a produr vino rarissimo, e divisa in tre contrade, Grigliano, santa Croce e Prosecco, che ha dato il nome al vino famoso appresso gli antichi romani, come di sopra di questo si ha ragionato. Questo castello è distante da Trieste miglia sette, INVENZIONE DE SEI CORPI SANTI IN POLA La Divina bontà, che lunghi anni non permette restino occulti i corpi dei suoi gran Servi , massime di quelli che furono altre volte venerati, con gran loro profitto degli uomini, ma solo a tempo in pena degli errori di questi, ha voluto il giorno d'oggi palesarsi anco in Pola per rallegrare questi umili avanzi d' un' illustre città. Ciò è avvenuto con l'invenzione di Stì' corpi santi, tre martiri, e tre confessori dei più insigni della santa chiesa cattolica , e perchè il miracolo successo è granile, e le conseguenze si sperano non dissimili a maggior lode e gloria di Sua Divina Maestà in onore dei santi medesimi, se ne farà sei ioso racconto per conservarlo a perpetua memoria nella cancelleria episcopale. Nella visita fatta da questo ili. e rev. monsig. Alvise Marcello degnissimo vescovo di Pola della sua cattedrale chiesa l'anno 1655, osservò non trovarsi alcun corpo santo in essa, il che non meno gli causava ammirazione e cordoglio, onde mandato a Roma monsig. rev. Francesco Barti-soma arcidiacono e suo vicario generale per visitare i sacri Li mini, gì impose dovesse umilissimamente supplicare sua Beatitudine a fargliene dono per decorare la predetta sua chiesa. Obbedì il sig. vicario, e gli riuscì felice il tentativo riportandone il corpo di san Uomporino martire, qual ricevuto in Pola con le solennità più cospicue e concorso dei popoli vicird. Per degnamente collocarlo si trattava porlo in un'arca marmorea, chiamata di s. Fiore, ma perchè dalle visite del Lì già illustr. vescovi Testa e Saraceno, e dalle voci varie del popolo era incerto quello che vi fosse in detta arca, molti dicendo esservi il corpo di s. Fiore vescovo di Pola, alcuni essere stato assieme con altri trasportato circa l'anno i!38o dai Genovesi, quando l'armi loro scesero in questi mari e distrussero quasi tutta la provincia in specialità Pola; altri in fine asserivano essere il cadavere di monsignor Biagio Molino vescovo di Pola, fondandosi sopra versi intagliati nell'arma, sua sig. ili. e rev. ritrovandosi al letto alquanto indisposto, per levare questa dubbi età ordinò al suddetto monsignor Bartisoma suo vicario, dovesse farla aprire; ond'egli tolto seco me infrascritto cancelliere episcopale, s'inviò alla chiesa vescovile accompagnato dalli molto rev. sigg. Giacomo Bonarelli Scolastico, Benedetto Bertucci, Marco de Meri, Agoslin Vio , Antonio Gobbo, Antonio de Marini, Damiano Vio, Giacomo Cipriotto, e Domenico Cipriotto tutti canonici, il p. f. Francesco da Pescara Baccil. Frane. Marco Datario diacono, e Vincenzo d'Asola subdiacono familiari di monsig. illustr. vescovo, Pasqual Fovigna subdiacono sacrestano, ed in oltre da rnissier Nicolò Magno, capo Simon Bessan, Giacomo Cittadini, Francesco Manucci, e Nicolò Nicchio operarj, ed ivi giunto comandò agli operaj che dovessero aprir l'arca, come prontamente eseguirono, dalla quale subito aperta lisci un odore gratissirno e soavissimo che consolò tutti gli astanti : osservatovi poi dentro si videro cinque cassette di cipresso, che aperte si trovarono in esse i corpi dei santi Teodoro, Demetrio e Giorgio martiri, e dei ss. Fiore e Ba-silio vescovi, e Salomone re d'Ungheria confessori. S. Fiore e s. Salomone erano in una sol cassa, onde subito latte suonar le campane e cantato il Te Deum, accorse tutto il popolo ad adorar Iddio benedetto e venerar i santi, e primo d'ogni altro l'ili, sig. Benedetto Contarmi contee provveditore, glorificando il Signore ognuno di tanto bene fatto in questo giorno alla città di Pola; te quali cose riferite a nions. ili. e rev. vescovo, esultando di giubilo, ne rese umilissime grazie a Sua Divina Maestà, dalla cui infinita clemenza si deve sperare, mediante le preghiere di si gloriosi campioni vogli protegger Pola da mali influssi e restituirla in parte alle sue antiche grandezze, acciò possi maggiormente esaltar il suo Ss. Nome. Ordinò poi il suddetto monsig. vescovo doversi di nuovo chiuder l'arca, e con ferri assicurarla bene per dover così stare fino a tanto che si prendano le proprie risoluzioni a miglior gloria di Dio, ed onore dei santi predetti. Dentro la cassa di s. Teodoro si trovò f instrumento, che in fine sarà registrato, nel quale si dice che monsignor ili. e rev. Michel Ursini dell'anno j4^7- novembre consacrò l'altare e pose li corpi sunti nell'arca ; ma dai versi nella suddetta intagliati si vede elio molto tempo prima furono in essa, onde si deve creder che monsig. Ursino solo consecrasse l'altare, e per maggior legalità delle sante reliquie abbi voluto attestare d' averle poste con le proprie numi nell arca. Pola fù edificata dai Colchi spinti infruttuosamente contro Medea nel isao prima della incarna/ione di Cristo in riguardo dell'opportunità del sito e del grandissimo porto, capace d' innumerabili navi. Fu da Augusto dedotta colonia dei romani per la sua grandezza ed immense ricchezze, emulò nei superbi edificj la stessa dominante Roma, dei quali oggi giorno sono venerabili memorie il famoso anfiteatro di figura ovata, di circonferenza passi 2?>y., edificato poco dopo i tempi del medesimo principato , nelli quali cominciarono a farsi di pietra ed era capace di ventimila uomini ; un arco trionla-le di esindo lavoro edificato da Salvio Sergio Postumo, e due templi dedicati a Roma ed Augusto. Pochi anni sono dell'immensa mole di un teatro restava in piedi un piccolo angolo, quale diroccato da un fiero fulmine, i soli marmi e sassi più degni furono sufficienti alla struttura della nuova fortezza. L'edifìcio in alcune scritture ecclesiastiche qui a basso descritte si chiama col medesimo nome di anfiteatro, ma hi tradizione comune, che fosse di forma lunga, fa credere che sia stato Ipodromo o Cira, ed aiuta il pensiero il nome del sito, che con voce corrotta oggi si dice Ciaro. Fiorì sempre Pola nel modo suddetto, anzi crebbe notabilmente dopo d trasporto della sede imperiale in Grecia fatta da Costantino Magno atteso il continuo passaggio degli eserciti ed armate di Pola al porto Candiano di Ravenna a quei tempi può dirsi capo d Italia , per la sede degli esarchi ed altri primi ministri dell'impero ; onde non è maraviglia se illuminati i polensi della verità evangelica, avessero modo d'arricchirsi di tanti gloriosi santi. Ben è vero che negli ultimi tre secoli, ed in particolare dopo il fiero incendio dei Genovesi per 1' intemperie dell'aria, è rimasta affatto derelitta, spogliata ed oscura, dicchè nacque l'obblivione di un tanto tesoro; documento ben grande delle umane vicende, quale non permette nel mondo diuturne felicità. Or lodato Iddio .si va purificando il clima, aurnen- tando il popolo, si gode assai buona salute, e mediante la intercessione di questi gloriosi martiri, e l'aiuto del serenissimo principe, può ognun vedere risorta una città del tutto estinta, fuorché nel nome illustre sempre riverito da tutte le nazioni. Ma inoltre possiamo sperare che come Dio con infallibili modi al tempo di maggior bisogno consola, e rohora i divoti suoi servi, così col mezzo di questi campioni d'infaticabile robustezza, quasi nuovo celeste presidio dopo il corso di tanti anni di guerra col nemico del nome cristiano, e dopo una campagna di grandi e in se stessi contrarj successi, voglia render più forte ed invincibile la serenissima repubblica antemurale fermissimo di tanti stati fedeli. Instrumento della consecrazion dell' altare. In Christi nomine Amen. Anno ejusdem natiAtatis 1487. Jndictione V. Die 18. mens. nov. Rei', in Christo P. et D. D Michael Prsiiuis Dei et Apostolicae Sedis grada digrtis. Ep. Polensis consecravit hoc aliare ad laudem, et honorem, stimmi, et magni Dei, sub vocabulo infrascriptor. Sanctor, quor. corpora manibus suis propriis in ipso altari posuit in Capsulis ex appresso ad laudem Dei. Corpus s. Thcodori martjrìs. Corpus s. Gcorgii martyris. Corpus s. Demetrii martjrìs. Corpus s. Fiori episcopi et confessoris. Corpus s. Basilii epìscopi et coifessoris. Corpus s. Salomonis regis Ungariae confessoris. Joannes de Tamhacis de Pola Noi. scripsì. Versi che sono intagliati nell'arca marmorea nella quale si sono trovati li santi. Exorat Thomas dltalus sedlbus aids Uulce cattiti jlorcs ad......sacra artis Pola Cluni spendimi templi nova forma oleina slra uitens jlagrat Biasio sub stirpe Molina lntus marmai- habet ossa conspicìs ecce fìguras Donec via partus quae fedi ad elhera puras Bìstulti aetates Fani lux prima moventis I ustra tenet decies odo sodata ducentis. LETTERE. Seremsstato p: iacipe. Nei tempi dei maggiori travagli la Divina misericordia con ineffabili modi consola i suoi servi, e robora le loro forze acciò non si abbandonino alla diffidenza : di che abbiamo esempj infiniti nelle sacre carte. Ora dopo il corso di tanti anni di aspra guerra con potentissimo nemico , e dopo una campagna piena di grandi azioni, e stessi contra-rj successi, Dio, nel felicissimo dominio di vostra serenità ha scoperto sei campioni d' insuperabile robustezza , che molti sscoli hanno riposato nascosti in questa cattedrale chiesa, per poter al presente indefessi combattere per la serenissima repubblica e difenderla. A me indegno vescovo di Pola e ledei cittadino, è toccato in preziosa sorte portare l'allegro nunzio alla serenità vostra, alla quale presagisce mediante questo nuovo celeste e valevole presidio di certa onorata pace o trionfi ben grandi. Dio benedetto e-saudisca i miei voli, mentre senza più rimettendomi alla in- giunta scrittura umilio me stesso a vostra serenità, ed alla sua real protezione mi raccomando ; Grazie Pola li y, dicembre 1657. Alvise vescovo di Pola. Al .\ignor cardinole Chigi nipote di Sua Santità Eminentissltno e 1 evcrendlssiino signore. Ben è vero die le grazie celesti moltiplicano a proporzione del cuore annichilato da chi le domanda. Cosi è venuto a questo divoto clero e popolo, che per mezzo delle mie intercessioni, essendo stato graziato da sua santità di un corpo santo, appena fu ricevuto in Pula con li debiti onori, che ha ritrovato sei compagni dei più insigni della cattolica chiesa. Il successo me parso degno della notizia di S. B., onde ho preso espediente supplicare umilmente vostra eminenza acciò si degni graziare me , ed una intiera provincia di fargli -vedere l'ingiunta scrittura, concernente l'invenzione dei santi pervenuta alla nostra notizia , mediante il prezioso suo dono, e le benedizioni. Supplico V eminenza vostra condonarmi 1' ardire , e onorare i ndei gran desideri! di veilcr ascritto nel numero dei suoi divoti servi, mentre umilmente prostrato bacio il piede a S. B. ed a V. eminenza augurando da Dio benedetto ogni più vera felicità profondamente m' inchino. Pola li 6. settembre 16*57, » Di vostra eminenza reverendissima. A monsignor Nuncio Illustrissimo e reverendissimo signore. Pola aveva un tesoro inesausto nascosto, benché fosse a pubblica vista per esser in vaso fittile non conosciuto. La Misericordia Divina ha voluto finalmente palesarlo e graziar ine minimo vescovo, che segui a mio tempo. Degno della notizia di V. S. ili. ho stimato il successo, quale negl' ingiunti fogli resta delineato. Supplico riverentemente la benignità di V. S. ili. , che nelle ore più oziose dargli una visita e ricever ciò in testimonio del mio ossequio, e della mia pronta volontà di servirla in tutte l'occorrenze, mentre senza più a V. S. ili. auguro le maggiori grandezze, e profondamente nY inchino. Pola ai 6. dicembre 1657. FINE. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO VOLUME. LIBRO PRIMO. CAPITOLO I. Sito e nome della provincia dell'Istria, pag. 3 CAP. IL Figura e &uoi confini ,.,,,..« 9 CAP. III. Considerazione sopra una medaglia antica con l inscrizione d1 Istria..........« 11 CAP. IV. Natura del cielo, e della terra dell' Istria « i3 CAP. V. Primi abitatoti deW Istria.......' *7 CAP. VI. Piaggio di Giasone e degli Argonauti e dei Calcili........•....« ai CAP. VII. Abitazioni degli antichi Istri.....« a4 CAP. Vili. GV Istriani s eleggono un re .... « 27 CAP. IX. L Istria passa in potere dei Romani. Battaglie succedute tra questi.......« a8 CAP. X. Quali fossero questi tre luoghi nominati dai Romani, IS esazio, Mutila e Faveria , e dove il loro sito..............«34 CAP. XI. Accrescimento dell Istria sotto i Romani. Tempio fabbricato a Nettuno........« 38 CAP. XII. Teatro di Pola, Anfiteatro, ed arco trionfale. « 4* CAP. XIII. Teatro di Trieste, ed altri Fdflcii antichi della provincia. Sepolcri. 0/ficÌi dei Romani pel governo della provincia......... « 45 CAP. XIV. Religione degli antichi Istri....."49 CAP. XV. Furie sorta di gente che si trovano nella provincia, lingue, abitazioni. . . . . . . « 52 CAP. XVI. Qualità dei popoli civili, ingegno, applicazioni , ed esercizi!......... . « 56 CAP. XVII. Vestito , antico e moderno , civile e plebeo degli Istriani..........pog, 58 CAP. XVIII. Qualità delle genti basse, ingegno, eser- cizii, vestire vivere, ed abitazioni. .... « ivi CAP. XIX. Loro infermità, e modo di curarsi . . « 60 CAP. XX. Superstizione di questi popidi. .... « 62 CAP. XXI. Qualità delle donne , costumi, servizi e vestire...............« 64 CAP. XXII. Sposalizj, dote , giuochi, ed usi di condurre le spose alle case dei loro mariti. . . « 66* CAP. XXIII. Battesimo , allevar figliuoli, ed altri usi in tagliar li primi cappelli...... . « 71 CAP. XXIV. Tutori con V uso della provincia sulla roba dei pupilli........... " 72 CAP. XXV. Scuole, seminarli, ed accademie della provincia..............« ivi CAP. XXVI. Riti, solennità di giuochi, c balli. . . « 74 CAP. XXVII. Fiere della provìncia , e mercanzie che in quelle si trafficano........."79 CAP. XXVIII. Riti t ossia maniera di sepellire li morti dei presenti Istriani..........« 82 CAP. XXIX. Aidmali grossi e minuti. Loro utili. . ■ 87 CAP. XXX. Altri animali, fiere, pollami uccellami, e serpi. . ...........« 89 CAP. XXXI. Formentir segale, oizo, pira, biave, legumi, e loro modo di raccoglierli. . . . « 0.2 CAP. XXXII. Alcuni usi dell'i presenti abitatori per la conservazione dei loro raccolti......« 94 CAP. XXXIII. Modo di coltivar li terreni, vigne, oli-vari. Diversità dell'uve, ed arti loro rurali. « 96* CAP. XXXIV. Modo diverso che usano a far i vini. « 99 CAP. XXXV. Qualità dei vini istriani e diversi. . « 100 CAP. XXXVI. Dell' olio che si fa nella provincia, ed il modo che tengono in farlo......, « io3 CAP. XXXVII. Degli alberi, arbusti, e funghi. pag. io» CAP. XXXVIII. Delti semplici pili rari della provìncia « 107 CAP. XXXIX. Frutti, ed erbami che nascono nella prò vincìa............. 11 n8 CAP. XL. De pesci che si trovano nelle marine dy Istria, e altri pesci delU acque dolci, e come li primi si conciano e si mandano fuori......« 121 CAP. XLI, Miniere delle pietre, e metalli, e delle gagate..............." ia4 CAP. XLII. Acque dolci , sulfuree, e bagni nella provincia. . ......... « 1 26 CAP. XLI II. Saline della provincia. . . . . , . « 129 CAP. XLIV. Fondachi per 1 abbondanza de luoghi in provincia.............« i3i CAP. XLV Misure diverse che si usano nella provincia. « i3a NB. In questo libro alla pagina io5, decimaquinta li_ nea , invece di Capitolo XXXVI. dev' essere Capitolo XXXVII. e così pure nei seguenti Capitoli si crescerà un numero come sta qui nell' Indice, terminando il Libro col Capitolo XLV, e non XLIV. LIBRO SECONDO. CAP. I. Sotto chi ora vive la provìncia.....« làq CAP, IL Governo pubblico della provincia. ...» ivi CAP. Ili Magistrati, e pubblici rappresentanti veneti nella provincia, tempo e salario. . . . . « 139 CAP. IV. Particolar governo d ogni terra, loro giurisdizione, e statuti municipali.......« l4> CAP. V. Entrate di ciascun luogo, e dispense. . . « 143 CAP. VI Milizia della provincia , e sue qualità . . « ivi CAP. VII. Robbe di cui si fa esito nella provincia e quello vien introdotto.........« ifó CAP. Vili. Utili che hanno li abitanti dell' Istria, pag. i46 CAP. IX. Incomodi, e povertà dell1 Istria. . . . « i4°. CAP. X. Quando , e da chi fosse introdotta la fede cri- stiana nella provincia.........« 15 i CAP. XI. Chiese, abbazie, benejieii , e loro rendite. « 153 CAP. XII. Incursioni fatte nell' Istria per le quali e stata pili volte distrutta........« 154 CAP. XIII. Incursione degli Arciducali ed Uscochi H anno 1616.............« CAP. XIV. Degli antichi padroni dell' Istria di Teuta-na , loro signora, Epulo re , Dominio longhissi-mo de Romani^ come vivesse unita alle isole venete, e terra di Grado, c onorata col titolo di marchesato, passasse alla giurisdizione delti patriarchi d Aquileja , e finalmente al doudrdo veneto..... ........« i58 CAP. XV. Dei rlinedj con che si potrà accrescere questa provincia c degli abusi.......« iy6 LIBRO TERZO. CAP. I. Primi fondatori d'Emonia ed antico suo sito « 179 CAP. II. Opinione di Filippo Clavària, che questa neri sia 1' antica Emonia, ma Lubiana.....« 181 CAP. III. Considerazioni della predetta opinione, e pio- ve che questa sia antica Emonia.....« 18*2 CAP. IV. Vestigia Romane.........« 187 CAP. V. Emonia ower Citta nova.......« 190 CAP. VI. Stato suo presente molto depresso, e de suoi abitatori..............«< 198 CAP. VII. Del governo della citta, rettore, giudici, camerlengo, segretario , ed altri officiali, entrate della comunità e spese.........« 20a CAP. Vili. Dell' acque e del suo territorio .... « 2o3 CAP. IX. Chiesa cattedrale, reliquie de santi, sagrestia, canonici, e battisterio......pag. 205 CAP. X. Altre piccole chiese della citta, e territorio. .< 21 x CAP. XI. Palazzo episcopale, e vescovi di Cittanova « 213 CAP. XII. San Massimo primo vescovo di Cittanova. « 214 CAP. XIII. Massimo secondo, Florio, e Giovanni vescovi di Cittanova. . *.......« 218 CAP. XIV. Giovanni vescovo di Cittanova, donazione fattagli da Corrado imperatore , della villa di san Lorenzo in Daila, e della terra di Umago « 220 CAP. XV. Si enumerano altri vescovi di Cittanova, sino all'anno i449........ * a2^ CAP. XVI. Passò la chiesa d Emonia in commenda « 234 CAP. XVII. Levata di commenda la chiesa, riceve alcune spoglie del vescovato d'Equillno distrutto. « a3? CAP XVIli. Gli altri suoi vescovi. ...... « ?43 CAP. XIX. Entrata del vescovato di Cittanova, e nota dei suoi beni............« a5'i CAP. XX. Contea di san Lorenzo in Daila. ...» CAP. XXI. Feudi di questo vescovato, e prima di san Giovanni in Dalla, . . . . . , . . . «259 CAP. XXII. Feudo di san Giovanni della Comedo. « ivi CAP. XXIlì. Feudo della villa di Gradina. . . , « 264 CAP. XXIV. Fertencglio..........« 266 CAP. XXV. Villa-Nuova.........n 268 CAP. XXVI. Grisignana..........«271 CAP. XXVII. Piemonte castello........275 CAP. XXVIII. Portole castello........« a8o CAP. XXIX. Sterna con le altre ville, feudi del vescovato di Cittanova, . .......« a8a CAP. XXX. Momiano castello........« a86 CAP. XXXI Berda, villa..........« 292 CAP. XXXII Umago , e sue ville Sipar e Mutaiada, « ivi CAP. XXXIII. Buie castello......... « 294 CAP. XXXIV. Vite di san Massimo vescovo e martire, e di san Pelagio martire protettori di questa diocesi. .*.,....,.. pag. 3°7 Annotazione alla suddetta Ata........« 3n San Pelagio...............» 3i3 LIBRO QUARTO. Commentarli della citta di Capodistria, e sue prerogative con la serie dei vescovi t e loro entrate. Delle terre d1 Isola, e Pirano con tutte le altre ville e luoghi di quella diocesi. Capo d Istria. ......«323 Del vescovato e vescoA con le inscrizioni sepolcrali nelle chiese..............« 335 Ville sotto Capo d1 Istria, e prima delle dei Cani, Coite di Marc-sego , sant' Antonio e Trusche. » 347 San Nicolo cP Olirà, santa Maria della Villa di Monte e san Pietro di Barbarla . . . . • . • « 35o Isola Terra...............« 35 I Pirano Terra...............«353 Castel Venere..............« 358 Salvori................"359 Inscrizioni sepolcrali............* 36 f LIBRO QUINTO, Commentarti della citta di Parenzo e sua diocesi . « 373 Della chiesa episcopale di Parenzo, sue prerogative, ve- scovi e giurisdizioni........ " ^77 l'escavi di Parenzo. , . . ........ « 396 Onera................. * 4<>o Fontane villa. '............ " 4°4 Torre, Abriga, Fratta, e P Ulano va...... « 4<>5 L'AfLCHfioaftAvo. Voi. IV. 36 Visinada e Mcdolan , . . . .....pag. 4°7 Ville dì Sumbrigi, di san Vidal dì Brenzchinbrigi, e san Domenico............ « 4'° Montona............... « 411 Del contado di Pisino........... «4*8 Di Gemino............... « 4'io Vermo................. « 4 2 * Treviso................ « ivi Antignana............... « 4^ 2 Coridigo................ « ivi Di san Pietro in Selve........... «ivi La Alla di Glandoselle........... «■ 4^3 Botegla............... « ivi Cosi ruga................ «4a4 Rovigno. « ivi Del castello di san Vincenti......... - 429 Dei due Castelli............. « 431 Valle................. ™ 435 Di san Lorenzo e sue Ville.......... « /fitì Di san Michele di Leme e della grotta di san Romual- tio , e Contato di Geroldia. . , , . . . .i 438 LIBRO SESTO. Commentarti della Citta di Trieste e sua diocesi. . « 443 Epilogo di alcune azioni dei 'Pricstìm...... « 44°* Del vescovato dì Trieste e suoi vescovi..... « 4bo LIBRO SETTIMO. Commentarti della citta di Pola e sua dioceu. . . « 4"7 i cscovi di Pola......... ..." 47°' Isola dei Elioni............. •< 48o Easana......,......... - 481 Lo scoglio di Vcruda..........pag. 48a Promontore............... « ivi Meda lino................ «483 Fornero..........•..... « ivi Gonza................ « ivi Carnizza................ « ivi Mornarano............... « ivi Marzano................ ■ 484 Mar zana................ "ivi Slssano................ » ivi Dignano................ « 485 Albona e Fianona............. « 488 Fianona...... .......... "489 Barbanti................. " 49» LIBRO OTTAVO. Commentami della citta di Pedena e sua diocesi. . . « 495 Gallignarla............... « 49°* Linda tv................ « 497 APPENDICE. Di san Ruffo............. « 5oi Muggia................ « 5oj Pinguente............... « 5o8 Sonetto sopra V amenità di Pinguente...... « 533 Rozzo................. « 536 Draguch................ « 538 SoAgnaco................ « ivi Ferch................. « ivi Colmo................ ■ 539 Racizze................ « ivi Raspo................ « 54o S. Giovanni di Lonclte, Popeccltio, Cernical, Antignano Rosarol, Ospo........... « ivi San Servolo............... «54' Sdregna............... « ivi Duino................. ■ 546 Invenzione dei sei Corpi santi in Pola...... « 547