Received: 2011-10-14 Original scientific article UDC 94:347.96(450.34)"18" IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE VENETE ASBURGICHE? Luca ROSSETTO Università Ca' Foscari di Venezia, Dipartimento di Studi Umanistici, IT-30123 Venezia, Dorsoduro 3484/D e-mail: franzkarl2002@yahoo.it SINTESI Il presente contributo si prefigge di abbozzare e di tratteggiare sinteticamente il profilo di unfunzionario dell'amministrazioneperiferica delle "Province Venete" asburgiche, il commissario distrettuale, dall'anno della sua genesi, il 1819, alla vigilia degli eventi rivoluzionari del 1848. Se ne indagheranno dunque l'origine, le caratteristiche, la funzione, ma anche la posizione istituzionale e sociale, elementi necessari per comprenderne il possibile ruolo di "terzaparte", nella veste di mediatore di conflitti. L'organizzazione del Regno Lombardo-Veneto, infatti, prevedeva che le attività, formalmente separate, e gerarchicamente strutturate, dell'apparato amministrativo, di quello poliziesco e in un certo senso pure di quello giudiziario, trovassero in tale soggetto un punto di raccordo essenziale proprio tra la periferia e gli organi di potere centrali. L 'azione di controllo del e sul territorio conferiva inoltre al commissario il compito di rappresentanza, a livello comunale, di una realtà statuale che agli occhi dei sudditi appa-riva talora ingombrante ed oppressiva, ma che si proponeva costantemente di ricomporre l'ordine sociale locale in un più ampio contesto di "pubblico bene". Parole chiave: Province Venete; comunità locali; commissario distrettuale; conflitti; ter-za parte; mediazione; controllo sociale THE DISTRICT COMMISSIONER: A MEDIATOR OF CONFLICTS IN THE HABSBURGIAN VENETIAN PROVINCES? ABSTRACT The following contribution aims to sketch the profile of a functionary of the peripheral administration of the Austrian "Provinces of Veneto", the district commissioner, from the founding of this role in 1819 to the eve of the revolutionary events of 1848. Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 The origins of this institution, its peculiarities and its function will be investigated, as well as its social and institutional position, all of which are elements necessary to understand its possible "third party" role as mediator of disputes. The organization of the Kingdom of Lombardo-Veneto foresaw that all the activities of the administrative apparatus, the police and in a certain sense the judiciary system as well, which were formally separated and organized into hierarchies, would find in this governmental representative an essential connection linking the periphery to the bodies of central power. Activities of control on and over the territory also conferred on the commissioner the duty to represent at the local communal level a state reality often perceived by subjects as intrusive and oppressive, but which constantly aimed to recompose the local social order within a wider context of "public interest". Keywords: Veneto Provinces, local communities, district commissioner; conflicts; third party; mediation; social control La 'gestazione istituzionale' della figura del commissario distrettuale fu piuttosto lun-ga e composita. Ebbe inizio nella Lombardia teresiana di metà Settecento, e più precisamente nel 1753, quando cancellieri delegati della giunta del censimento, di nomina imperiale, presero il posto dei cancellieri scelti dalle comunità, preesistenti alla giunta medesima, per l'espletamento dell'attività catastale (Mazohl Wallnig, 1988, 338). In età napoleonica, poi, a tali funzionari vennero attribuite pure mansioni di carattere amministrativo e di rappresentanza dell'autorità statale a livello cantonale. Infine, durante la cosiddetta 'seconda dominazione austriaca' delle Province Venete (1815-1848), nel 1819 appunto la denominazione di cancelliere del censo mutô in quella di commissario distrettuale perché già dal 1816, nel frattempo, nuove competenze in materia di polizia si erano aggiunte alla precedente operatività dei cancellieri stessi, essendo-si deciso a Vienna di non sdoppiarle attraverso l'introduzione di un'altra autorità a livello distrettuale, quella appunto dei commissari distrettuali di polizia (Mori, 2004, 570). I neonati commissari distrettuali tout court finirono quindi col diventare i rappresen-tanti dell'Impero a livello periferico nel Regno Lombardo-Veneto, che risultava infatti suddiviso nei 93 distretti delle Province Venete (ridotti a 78 dopo il 1848) e nei 127 di-stretti della parte lombarda (diminuiti successivamente a 102).1 1 II 7 aprile del 1815 il Lombardo-Veneto venne eretto a Regno, diviso in due territori separati tra loro dal Mincio ed affidati a due distinti governi (il viceré, che sino al 1848 fu sempre Ranieri, fratello dell'impe-ratore Francesco I, risiedeva sei mesi in una capitale, Milano, e sei mesi nell'altra, Venezia) i quali con-trollavano a loro volta province (quelle venete erano: Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza ed Udine), distretti e comuni. Il governo veneto, cosi come quello lombardo, era retto da un gover-natore, assistito appunto da un consiglio di governo e dipendente, a sua volta, in primis dallo stesso viceré e quindi da Vienna. Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 La nomina di questi funzionari spettava al viceré (l'arciduca Ranieri, fratello dell'im-peratore Francesco I) che sceglieva sólitamente sulla base di terne di nominativi di ag-giunti (una sorta di vice-commissari) selezionati dal governo medesimo (di Milano o di Venezia) attraverso un concorso. All'incirca sino al termine degli anni trenta la maggior parte dei funzionari distrettuali in attività aveva già operato in passato nelle cancellerie del censo; ma diversi erano pure coloro che provenivano da esperienze nelle prefetture e vice-prefetture napoleoniche e, anche se in numero minore, nelle amministrazioni comunali. Successivamente, invece, cominciarono ad aumentare in maniera progressiva quanti si erano formati sia scolasticamente che professionalmente in modo esclusivo nelle istitu-zioni asburgiche (ovviamente pure più giovani da un punto di vista anagrafico): ma sino al 1848 i 'vecchi'2 rappresentarono sempre la maggioranza dei soggetti in attività. La provenienza geografica dei commissari operanti nelle Province Venete del Regno era mista: inizialmente quantitativamente numerosi, anche se non debordanti, i Lombardi; maggioritari i Veneti; sempre nei primi anni non rari nemmeno g'li Emiliani e i Romagno-li; pochi invece gli originari degli ex territori veneziani di Istria e Dalmazia; pochissimi quelli delle altre province dell'Impero. Il background sociale che li caratterizzava mutô da una realtà piuttosto varia (che non vide mai, pero, la prevalenza di una componente urbana) ad un livellamento verso il basso, con la diminuzione di coloro che potevano essere ascritti alla categoría dei possidenti: anche se era comunque necessario disporre di una base economica di partenza discreta, soprattutto perché il tirocinio biennale che conduceva alla possibilità di accedere all'esame statale abi-litante non era in alcun modo remunerato (Mazohl Wallnig, 1993, 3-66). Ma una volta entrati in carica a tutti gli effetti, che tipo di funzioni si sarebbero dovute svolgere? Lo si è già accennato: compiti censuari (legati all'estimo ed alla riscossione delle imposte); compiti amministrativi (con l'attività di assistenza e di controllo della gestione dei comuni di medie e piccole dimensioni); compiti di polizia (e cioè prevenzione dei delitti e cooperazione con l'autorità giudiziaria); e proprio su questi ultimi, attraverso l'analisi di un case study, ci si concentrerà nel presente contributo perché più incisivi rispetto alla vita delle comunità, al controllo del territorio e, soprattutto, perché più caratterizzanti la potenziale attività di mediazione sociale del commissario stesso.3 2 La maggior parte di questi 'vecchi' aveva al massimo sostenuto un esame di abilitazione all'esercizio delle funzioni di cancelliere del censo post 1815 e quindi non era dotata di quei requisiti di legge fissati da Ranieri con un suo rescritto del 3 luglio 1820. In base a tale determinazione per diventare commissari distrettuali risultava necessario (prima di partecipare al suddetto concorso): possedere la cittadinanza di uno degli stati della corona; avere una buona condotta morale; essere maggiorenni; disporre dell'assolutorio legale (e cioè dell'attestato di frequenza e degli esami sostenuti appunto presso il corso politico-legale delle università di Padova o di Pavia); aver effettuato due anni di tirocinio (chiamato alunnato) presso un commissariato; ed, infine, aver superato una prova abilitante. Possibili esenzioni (ma non per i primi tre requisiti elencati) erano previste per i quiescenti pensionati o per gli impiegati dello stato distintisi per meriti e servigi (un escamotage normativo proprio per non dover rinunciare a gran parte dei 'vecchi' funzionari). 3 Si rammenti che a Milano, a Venezia, nelle città regie e nei capoluoghi di provincia (ma non esattamente nei territori extraurbani facenti parte appunto dei loro distretti) il commissario distrettuale svolgeva esclu-sivamente compiti di natura censuaria. Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 Nel marzo del 1847,4 solo un anno prima degli sconquassi di metà secolo che avreb-bero colpito anche il Regno Lombardo-Veneto, a Tonezza, in comune di Forni, distretto di Schio (nella parte settentrionale della provincia di Vicenza), su denuncia5 di tre abi-tanti del luogo, inoltrata proprio alla pretura scledense,6 il deputato politico,7 il cursore e guardaboschi,8 il capo della squadra di sicurezza ed un componente della stessa,9 tutti di Arsiero (un comune contermine), ed un secondo guardaboschi, appunto quello di Forni, furono accusati di abuso dellapotestà d'ufficio}0 Le presunte vittime sostenevano che durante una perquisizione nella loro proprietà, alla ricerca di alcune tavole di abete rubate, gli imputati avevano tenuto un comportamen-to un po' sopra le righe ed in particolare il cursore di Arsiero non era riuscito ad evitare di pronunciare una serie di bestemmie nemmeno di fronte alla presenza di fanciulli (per questo avrebbe dovuto rispondere anche del delitto diperturbazione della religione11). La pretura di Schio, allertato il tribunale provinciale di Vicenza, ed incaricata dallo stesso di svolgere le opportune indagini, si trovó ben presto in un vicolo cieco (o volle ritrovarcisi, data la delicatezza del caso in quel turbolento periodo) e decise quindi di rivolgersi al locale commissario distrettuale,12 Nicoló Menin,13 affinché proseguisse le in- 4 Il fascicolo relativo al processo esaminato si trova nell'imponente fondo Tribunale Penale Austriaco dell'Archivio di Stato di Vicenza: e più specificamente nella busta 811 del 1847. 5 ASVI-TPA, 811, denuncia alla pretura di Schio del 12 marzo 1847. 6 La competenza ordinaria in materia di delitti era attribuita a organi disposti su tre livelli di giudizio; il sistema di prima istanza con giurisdizione in materia civile, penale e commerciale comprendeva preture e tribunali provinciali. Organi di seconda istanza erano i tribunali generali d'appello, istituiti nelle due capitali del Regno: Milano e Venezia. Al terzo livello c'era il supremo tribunale di giustizia, che, precedentemente a Vienna, dopo il 1816 venne insediato a Verona. 7 Il comune, la più piccola entità territoriale amministrativa, aveva una propria struttura di autogoverno che, in relazione al numero di abitanti, poteva essere il convocato, o, per i comuni con un numero di abitanti superiore a tremila, il consiglio, al cui interno si eleggevano tre membri che formavano appunto la deputazione comunale, con funzioni di giunta. Il deputato più ricco esercitava le mansioni di deputato politico, simili a quelle di un sindaco. Nei capoluoghi di provincia, invece, operavano un consiglio e la congregazione municipale (presieduta da un podestà). 8 Il cursore, presente in tutti i comuni, svolgeva principalmente la funzione di latore della corrispondenza tra le diverse autorità. In qualità di guardia boschiva, poi, si occupava appunto della sorveglianza dei boschi. 9 Il satellizio esisteva già sotto la Repubblica di Venezia e la 'prima dominazione austriaca' (mentre, nel 1809, durante il Regno d'Italia napoleonico, il corpo era stato soppiantato dalla gendarmería). Con la sovrana risoluzione del 26 settembre 1819 si confermava l'operatività di questa forza, che venne appunto sostituita dalle guardie di sicurezza e dalle guardie militari di polizia (queste ultime limitatamente a Venezia ed alle altre città capoluogo delle Province Venete) solo nel 1833. 10 Tale delitto era normato dai paragrafi 85-91 della Parte I, Sezione I del Codice Penale Universale Austriaco del 1803 (d'ora in avanti citato semplicemente come codice). La versione del codice cui si fa riferimento è quella della ristampa anastatica, seconda edizione ufficiale, data a Milano nel 1815, che si trova in Vinciguerra (1997). 11 Tale delitto era contemplato dai paragrafi 107-109 della Parte I, Sezione I del codice. Per l'analisi di un caso specifico a riguardo in territorio vicentino, si rinvia a Rossetto, 2009, 513-526. 12 ASVI-TPA, 811, lettera requisitoria della pretura al commissario distrettuale di Schio del 23 aprile 1847. 13 Nicoló Menin, originario di Lonigo (nel basso vicentino), quasi sessantenne all'epoca dei fatti qui descritti. In età napoleonica aveva svolto le mansioni di segretario in diversi uffici. Era dunque un funzionario 'vecchio' stile, privo dell'assolutorio legale e della pratica dell'alunnato previsti dal rescritto di Ranieri del 3 luglio 1820, di cui si è detto alla nota 2. Aggiunto proprio a Lonigo dal 1823 al 1833, fu nominato Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 vestigazioni, fornendogli peró nel contempo una pista ben precisa da battere: quella della principale responsabilità del deputato politico di Arsiero, che aveva consentito, con abuso della propria autorità, una perquisizione domiciliare,14 tra l'altro al di fuori del territorio del suo comune. Dopo circa un mese di lavoro, lo stesso Menin fu in grado di inoltrare all'organo giu-diziario di Schio un rapporto molto dettagliato a riguardo,15 i cui punti salienti risultavano i seguenti: l'iniziativa della perquisizione era stata del capo delle guardie e non del depu-tato politico (entrambi, in ogni caso, non avevano partecipato direttamente all'evento); la titolarità del diritto di disporre tale perquisizione trovava comunque il proprio fondamen-to nel requisito dell'urgenza, perché i querelanti erano stati visti camminare con in mano delle tavole molto simili a quelle rubate poco tempo prima nella zona.16 Il commissario continuava poi la propria relazione comunicando che della questione avrebbe informato anche la massima autorità politica provinciale, la delegazione,17 la quale, peraltro, si era già mossa, interessandosi pure di precedenti dissidi intercorsi tra il deputato politico di Arsiero e quello di Forni. In fin dei conti peró, al di là di tutto, non era accertato che vi fosse stata una eccezio-nale animosità durante l'ispezione. Sulla competenza territoriale delle autorità di Arsiero si espresse anche il giudice rela-tore del tribunale provinciale di Vicenza nel proprio rapporto18 a quel collegio che avrebbe dovuto stabilire se vi erano indizi tali da poter avviare il processo;19 e scelse un termine commissario nel 1834 e destinato a Schio: vi rimase anche dopo il 1848. Nel 1851 venne trasferito a Portogruaro e nel 1853 nell'importante distretto di Treviso, dove mori nel 1855. 14 La perquisizione domiciliare era normata in generale dal paragrafo 272, Parte I, Sezione II del codice. 15 ASVI-TPA, 811, relazione del commissario distrettuale Menin alla pretura di Schio del 17 maggio 1847. 16 Queste, tra le altre, le parole usate dal commissario Menin nella sua relazione alla pretura di Schio, citata nella nota precedente:«Non v'ha una disposizione assoluta, che autorizzi i Deputati ad ordinare delle perquisizioni domiciliari, ma nella loro qualità di Deputati Politici deggiono prestarsi a tutte quelle pratiche che possono tornar utili pella scoperta de' malfattori in quella guisa istessa che sono in dovere di osservare le Politiche Autorità. Ció sta nella loro discrezione e secondo i bisogni e le circostanze. Le Guardie di pubblica sicurezza sono nelle loro facoltà guidate dal loro Regolamento disciplinare, il quale veramente esclude il diritto di fare perquisizioni senza un ordine della loro Superiorità, ma queste possono essere giustificate dai casi speciali ed urgenti contemplati in genere dal Regolamento suddetto. Non è cosi delle Guardie Boschive e Cursori, i quali non sono che chiamati puramente in sussidio». 17 La regia delegazione era appunto composta da un delegato, da un vice-delegato e da uno o più aggiunti, a seconda dell'importanza della provincia stessa. Il delegato di Vicenza dal 1843 al 1848 fu il marchese Giulio Carlotti dell'Imperia, «veronese, già consigliere soprannumerario del governo di Venezia dal 1841 al 1843» (Meriggi, 1983, nota 50, 227). 18 ASVI-TPA, 811, referato di preliminare investigazione del giudice relatore Pietro Cassetti al collegio del tribunale provinciale di Vicenza del 13 luglio 1847. 19 Di volta in volta veniva scelto, tra i magistrati del tribunale provinciale di competenza, un giudice relatore che riassumeva gli atti costituenti proprio la prima fase del processo. Tale riassunto prendeva appunto il nome di 'referato di preliminare investigazione' e conteneva l'opinione dello stesso giudice relatore sul legale riconoscimento del fatto esaminato, cosi come sull'esistenza di indizi sufficienti per la continuazione del processo medesimo. In seguito alla lettura del succitato referato, gli altri membri del collegio giudicante si pronunciavano su quanto appena proposto dal loro collega. In base al paragrafo 418 Parte I Sezione II del codice, poi, il consesso che emanava la sentenza doveva essere composto da almeno tre giudici, più due assessori giurati ed un cancelliere. L'orientamento prevalente nel collegio poteva decretare sia un Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ., 173-182 Tonezza Parló infatti di perlustrazione, un vocabolo che non era certo sinonimo di perquisi-zione e che veniva usato generalmente per riferirsi a speciali azioni di pattugliamento; un vocabolo che peró richiamava anche le frequenti iniziative di controllo del territorio eseguite dagli austriaci subito dopo il ritorno nelle Province Venete, circa un trentennio addietro: un'attività di sorveglianza inconsueta, sicuramente connessa alla altrettanto difficile situazione esistente nel biennio pre rivoluzionario. I magistrati vicentini ritennero che il caso dovesse essere archiviato per la mancanza di elementi di prova sufficienti per incriminare gli accusati.20 In sostanza furono accolte le tesi proposte dal Menin: la perquisizione era stata legale perché avvenuta in situazione di emergenza; non era nemmeno configurabile il delitto di pubblica violenza21 perché che tali azioni comportassero un certo disagio ed un po' di trambusto per gli interessati era normale; infine, le bestemmie non si configuravano come delitto perché attraverso di esse non vi era stata alcuna «attribuzione di imperfezione alla divinità» (ASVI, 1).22 'conchiuso di desistenza' e la conseguente fine della fase istruttoria per la non sussistenza del delitto o per l'assenza di indizi sufficienti per il proseguimento dell'indagine, sia l'apertura della vera e propria fase inquisitoria del processo. 20 ASVI-TPA, 811, deliberazione del collegio giudicante del tribunale provinciale di Vicenza del 13 luglio 1847. 21 II delitto di pubblica violenza, normato dai paragrafi 70-82 della Parte I, Sezione I del codice, raggruppava in realtà più di una 'fattispecie di reato', tra le quali, appunto, il violento ingresso nel fondo altrui (con o senza danni arrecati alla proprietà). 22 Queste le esatte parole usate dal giudice relatore Cassetti nel proprio referato del 13 luglio 1847, cui si è fatto riferimento qui sopra in nota 18. Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 È chiaro che in questa sede, più che soffermarsi sulle motivazioni che spinsero i giu-dici (all'unanimità) a determinare il suddetto epilogo giudiziario, preme mettere a fuoco l'attività e soprattutto la funzione svolta dal commissario distrettuale nell'intera vicenda. La profonda conoscenza della comunità in cui operava23 e la propria capacità ed intra-prendenza24 diedero a Menin la possibilità (una volta sollecitato da una pretura in evidente 'stato confusionale' ed in palese difficoltà) da una lato di muoversi per ricercare elementi utili ai fini dell'indagine, ma, dall'altro, di restituire nel proprio rapporto una versione 'filtrata' degli avvenimenti accaduti e di conseguire ad un tempo, in un clima di incer-tezza quale quello del luglio 1847, in piena crisi agricola e, più in generale, economica,25 molteplici risultati. Innanzitutto richiamô il deputato politico ed il capo della squadra di sicurezza di Arsiero ad un atteggiamento più responsabile (con buona pace dei querelanti ed appunto della comunità, dati i frequenti eccessi registrati nei comportamenti dei rap-presentanti di tali pubbliche autorità in quel biennio di tensioni), segnalando la loro condotta alla delegazione, soddisfatta nelle sue aspettative di controllo più serrato del territorio (ed impegnata, come già ricordato, ad indagare su altri dissidi tra il deputato di Arsiero e quello di Forni), ma limitando nel contempo l'intervento diretto della stessa, molto assiduo in un periodo cosi turbolento e più che mai ispirato ovviamente ad una logica poliziesca di prevenzione piuttosto che di sanzione ex post dei compor-tamenti devianti. Ma il commissario riusci pure a fornire ai magistrati, titolari invece di quell'azione repressiva di tali comportamenti, attuata attraverso l'esercizio della giustizia punitiva,26 appunto un'esposizione dei fatti attenta proprio al turbamento sociale che il caso avrebbe potuto generare: si rammenti, ad esempio, l'uso del termine perlustrazione da parte del relatore, quasi a voler evidenziare il carattere eccezionale della violenta perquisizione domiciliare al centro delle indagini. 23 Per un breve profilo biografico e professionale del commissario Menin, si rimanda alla nota 13 del presente contributo. 24 Caratteristica, quest'ultima, non presente i tutti i suoi colleghi e non solo per ragioni legate ad inclinazioni personali, ma soprattutto di carattere generazionale. Si ricordi, a tale riguardo, da metà anni trenta, il già rammentato progressivo aumento di commissari formatisi sia scolasticamente che professionalmente in modo esclusivo nelle istituzioni asburgiche (ovviamente pure più giovani da un punto di vista anagrafico) e la cui condotta sembrava caratterizzarsi invece, proprio a scapito di tale intraprendenza, per un dinamismo attento agli equilibri ed ai rapporti con le altre realtà istituzionali operanti sul territorio (preture in primis). Per un approfondimento di questa tematica, oltre che alla nota 2 del presente contributo, si rinvia anche a Rossetto, 2011, 163-175. 25 Una descrizione sintetica dell'economia del Lombardo-Veneto è offerta da Meriggi, 1987, 215-237. Per una panoramica su tutto l'Impero, con specifico riferimento anche alla crisi, degenerata poi in recessione, che colpi industria e commercio europei proprio nel 1847, si veda Good, 1984. 26 Un'attività repressiva della giustizia punitiva che nelle Province Venete risultava comunque più 'garantista' dell'azione preventiva nei confronti dei comportamenti devianti che faceva capo alle autorità di polizia. E tale garantismo era principalmente dovuto ai limitati margini concessi nell'applicazione del principio del libero convincimento del giudice dal sistema di prove legali in vigore nella procedura penale e soprattutto dal complesso di controlli gerarchici cui i magistrati venivano sottoposti. Tutte queste problematiche sono vagliate ed approfondite da Povolo, 2006; Povolo, 2011. Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 Insomma, in sintesi, Menin cercó (con buon successo) di svolgere un'azione di ridi-mensionamento di una frattura, particolarmente pericolosa in quel contesto, tra comunità (a sua volta relegata ad una sorta di ruolo di terza parte silente e statica, ma tutt'altro che sorda e potenzialmente pericolosa), suoi rappresentanti ed autorità superiori. È pur vero che dal marzo del 1848 questo spazio di manovra dei commissari fu forte-mente limitato, per almeno un biennio, da una serie di provvedimenti legislativi speciali (su, tra l'altro, procedure sommarie, perquisizioni e ruolo dei comandi militari). Ma quanto accadde successivamente non inficia ció che la breve analisi di questo pro-cedimento ha tentato di rendere esplicito, e cioè come l'azione di controllo del territorio e di controllo sociale27 esercitata nel proprio distretto da un funzionario quale il Menin abbia fondamentalmente contribuito appunto alla mediazione dei conflitti (sicuramente tollerata, quando non incoraggiata dalle autorità superiori, per lo meno sino al biennio pre rivoluzionario) e quindi alla ricerca di un assetto calibrato tra il suo operare nella veste di rappresentante e di esecutore della volontà di un apparato statale burocratico e gerarchico e l'attenzione ad una realtà, come quella delle campagne venete, ancora profondamente intrisa di valori tradizionali. 27 Un concetto interpretativo efficace ma complesso quello di social control, elaborato dalla storiografia anglosassone; ben indagato da Roodenburg - Spierenburg, 2004 ed appunto da Povolo, 2011. Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 OKRAJNI KOMISAR: MEDIATOR V SPORIH V HABSBURŠKIH BENEŠKIH PROVINCAH? Luca ROSSETTO Universita Ca' Foscari di Venezia, Dipartimento di Studi Umanistici, IT-30123 Venezia, Dorsoduro 3484/D e-mail: franzkarl2002@yahoo.it POVZETEK Cilj pričujočega prispevka je skicirati in na zgoščen način prikazati profil funkcionarja periferne administracije habsburških »Beneških provinc«, okrajnega komisarja, od njegove geneze leta 1819 do predvečera revolucionarnih dogodkov leta 1848. Raziskovali bomo torej različne elemente, kot so izvor, značilnosti, funkcija, pa tudi institucionalni in družbeni položaj, ki nam bodo pomagali pri razumevanju morebitne vloge "tretje strani" in posrednika pri konfliktih. Organizacija Lombardsko-Beneškega kraljestva je namreč določala, da lahko formalno ločene in hierarhično strukturirane dejavnosti administrativnega, policijskega in na nek način tudi sodnega aparata ta subjekt uporabijo prav kot povezavo med periferijo in osrednjimi organi oblasti. Poleg izvajanja nadzora nad teritorijem je komisar, na lokalnem nivoju, obenem predstavljal državno realnost, ki se je podložnikom včasih zdela nerodna in zatiralska, je pa bila vedno uporabna pri ponovnem združevanju lokalnega družbenega reda s širšim kontekstom »splošne blaginje«. Ključne besede: Beneške pokrajine, lokalne skupnosti, okrajni komisar, konflikti, tretja stranka, mediacija, družbeni nadzor Luca ROSSETTO: IL COMMISSARIO DISTRETTUALE: UN MEDIATORE DI CONFLITTI NELLE PROVINCE ..., 173-182 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASVI, 1 - Archivio di Stato di Vicenza (ASVI), Fondo Tribunale Penale Austríaco (TPA), busta 811 del 1847. Vinciguerra, S. (ed.) (1997): Codice Penale Universale Austríaco (1803). Padova, Ce-dam. Good, D. F. (1984): The Economic Rise of the Habsburg Empire, 1750-1914. Berkeley, University of California Press. Mazohl Wallnig, B. (1988): Presenza dello stato alla periferia: il commissario distrettua-le nel Lombardo-Veneto. In: Martinengo, E. (ed.): Le Alpi per l'Europa. Una proposta politica. Milano, Jaca Book, 333-358. Mazohl Wallnig, B. (1993): Österreichischer Verwaltungsstaat und administrative Eliten im Königreich Lombardo-Venetien 1815-1859. Mainz, Verlag Philipp Von Zabern. Meriggi M. (1983): Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto (1814-1848). Bologna, Il Mulino. Meriggi M. (1987): Il Regno Lombardo-Veneto. Torino, UTET. Mori, S. (2004): La polizia fra opinione e amministrazione nel Regno Lombardo-Veneto. Società e storia, 105. Milano, 559-601. Povolo, C. (2006): La selva incantata. Delitti, prove, indizi nel Veneto dell'Ottocento. Saggio di etnografia giudiziaria. Sommacampagna, Cierre. Povolo, C. (2011): Il movente. Il giudice Bernardo Marchesini e il processo per l'omici-dio di Giovanni Rama (1831-1833). Sommacampagna, Cierre. Roodenburg, H., Spierenburg, P. (eds.) (2004): Social Control in Europe. 1500-1800. Columbus, The Ohio State University Press. Rossetto, L. (2009): Una delle ultime sere di Carnevale. La giustizia criminale asburgica nella piccola comunità rurale veneta di Lisiera (1832). Acta Histriae, 17, 3. Capodi-stria, 513-526. Rossetto, L. (2011): Il commissario distrettuale nelle Province Venete: un profilo (18191848). In: Mori S. - Tedoldi L. (eds.): Forme e pratiche di polizia del territorio nell'Ot-tocento preunitario. Soveria Mannelli, Rubettino, 163-175.